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Cercatori della fede in coppia

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Cercatori della fede in coppia
CENTRO DIOCESANO DI PASTORALE FAMILIARE
Diocesi di Verona
Cercatori della fede in coppia
Incontri per coppie di sposi
a cura del Centro Diocesano di Pastorale Familiare
Anno pastorale 2012-2013
Dio conduce Eva ad Adamo – Duomo di Monreale
In questo mosaico del Duomo di Monreale “Dio conduce Eva ad
Adamo”, Dio non è rappresentato nel suo mistero imperscrutabile, ma è
illustrato nelle fattezze di Cristo Verbo incarnato. Adamo ed Eva sono simili nei lineamenti e qualificati nella differenza del loro essere uomo e
donna. Il volto del Verbo incarnato è somigliante a quello di Adamo, poiché Dio nel plasmare l'uomo aveva dinanzi agli occhi il volto di Cristo (S.
Agostino). Il mosaico illustra così bene il mistero della creazione di Adamo (uomo e donna) ad immagine del Verbo incarnato, che è l'unica Immagine del Padre. Cristo appare così anche Colui che unisce in due nel
mistero della sua carne, della quale il oro essere "una sola carne" è simbolo e nella nuova alleanza sacramento. Il mosaico illustra così anche il
mistero della redenzione, nel quale Cristo unisce a sé la natura umana e
si partecipa, risorto e vivente, all'umanità dell'uomo e della donna, donando alla loro unità, ferita dal peccato, di partecipare alla sua Umanità,
riprendendo il cammino del paradiso perduto e godendone in lui il frutto
dell'albero della vita.
Cercatori della fede in coppia
1. L’esperienza dell’amore come “porta della fede”
Don Francesco Pilloni
2. Una Fede Incarnata
Don Antonio Scattolini
3. Il cammino di santificazione nell’amore coniugale. “Come
sposa adorna per il suo sposo”
Maria Luigia e Piergiorgio Roggero
4. L’amore di Cristo ci spinge (2Cor 5,14)
Elisabetta e Alberto Golin
5. Convertirsi in due tra progetto di Dio e vissuto incarnato: riconciliarsi nella vita di coppia
Mons. Gianni Ballarini
1
L’esperienza dell’amore
come “porta della fede”
a cura di don Francesco Pilloni
PREGHIERA iniziale
Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo
Invocazione allo Spirito
Vieni Santo Spirito, Donaci occhi limpidi
Vieni Santo Spirito, Donaci un cuore semplice
Vieni Santo Spirito, Donaci il perdono gioioso
Vieni Santo Spirito, Donaci il desiderio di amare
Vieni Santo Spirito, Donaci la fiducia dei bambini
Vieni Santo Spirito, Donaci la passione del tuo amore
Vieni Santo Spirito, Donaci fedeltà nel cammino
Vieni Santo Spirito, Donaci la pace delle tue opere
Vieni Santo Spirito, Donaci amore nella sofferenza
Vieni Santo Spirito, Donaci generosità nella fatica
Vieni Santo Spirito, Donaci confidenza in Dio
Vieni Santo Spirito, Rendici via della tua Grazia.
Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo
Come era in principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
2
Salmo 100
2
Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
3
Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
4
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
5
poiché buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione.
Gloria …
Gn. 2, 4-25
4
Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero
creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo
5
nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c'era uomo che lavorasse il suolo, 6ma una
polla d'acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo.
7
Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere
vivente.
8
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi
collocò l'uomo che aveva plasmato. 9Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da
mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della
conoscenza del bene e del male.
10
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si di3
videva e formava quattro corsi. 11Il primo fiume si chiama Pison:
esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l'oro
12
e l'oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa
e la pietra d'onice. 13Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso
scorre attorno a tutta la regione d'Etiopia. 14Il terzo fiume si
chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate.
15
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse.16Il Signore Dio diede questo
comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del
giardino, 17ma dell'albero della conoscenza del bene e del male
non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".
18
E il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda". 19Allora il Signore Dio
plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe
chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20Così
l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo
e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto
che gli corrispondesse.
21
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che
si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al
suo posto. 22Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. 23Allora l'uomo disse: "Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La
si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta". 24Per questo
l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i
due saranno un'unica carne. 25Ora tutti e due erano nudi, l'uomo
e sua moglie, e non provavano vergogna.
4
Salmo 8
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,
con la bocca di bambini e di lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo
Come era in principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
5
L'Amore Umano Porta della Fede
don Francesco Pilloni
Introducendoci all’ascolto
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-
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L’anno della fede vuol essere un richiamo a vivere la nostra
relazione con il Padre, in Cristo e nello Spirito. Nel contesto
del nostro tempo e della cultura nella quale viviamo immersi cerchiamo di rendere la nostra personalità adulta
nella fede, secondo le dimensioni della fede, della speranza
e della carità. (Cfr. G. LAITI, “San Zeno insegna la fede al
popolo di Verona. Fides maxime res propria nostra est”, in
Annuario Storico Zenoniano 2012, 29-47).
Il nostro cammino per essere adulti nella fede, forti di una
testimonianza vissuta e capaci di rendere ragione della nostra fede non può lasciare in ombra la condizione esistenziale dell’amore, che coinvolge ogni uomo e ogni credente.
Essa concerne in ogni caso la capacità di amare che ogni
uomo e ogni donna portano in sé e si esprime ecclesialmente nelle due vie dell’amore umano redento: la verginità e il sacramento del matrimonio.
Soffermandoci sull’amore umano in questo contesto di spiritualità coniugale e familiare poniamo l’accento sulla dimensione coniugale e familiare, ma dobbiamo essere consapevoli sempre che la grazia del sacramento del matrimonio sta in dialogo con la grazia della verginità, con la quale
esprime un unico mistero: quello dell’amore umano redento e santificato.
Ci soffermiamo sull’amore umano come scaturisce
all’origine dalle mani del creatore, facendo così riferimento
6
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-
alla Parola di Dio che illumina e guida e, come voce del Risorto, riscalda il cuore. Poniamo dinanzi ai nostri occhi il
capitolo secondo della Genesi, che narra la creazione
dell’uomo della donna dalla mano di Dio (Gn 2, 4-25).
Il primo racconto della creazione dell’Uomo (Gn 1, 26-31)
pone l’accenno sulla creazione dell’uomo ad immagine e
somiglianza di Dio, proprio nell’essere uomo e donna.
Questo secondo capitolo, più arcaico, ci pone dinanzi alla
dinamica che sta all’origine dell’uomo e in certo modo ne
illustra “il progetto”.
 Dio creò l’uomo (Adam) a sua immagine
 A immagine di Dio lo creò
 Maschio e femmina li creò (Gn 1,27)
Già nelle affermazioni del primo racconto noi vediamo come l’essere umano custodisca proprio nell’essere “maschio” (zakar) e “femmina” (nebeka) l’immagine di Dio. La
sessualità umana, che caratterizza, non è un neutro elemento della natura ma ha a che fare con la sorgente divina
da cui veniamo, dalla “roccia da cui siamo tratti” (Is 51,1).
Il secondo racconto della Genesi costituisce la nostra attenzione di oggi.
7
Ascoltiamo la Parola
Gn. 2, 4-25
4
Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero
creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo
5
nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c'era uomo che lavorasse il suolo, 6ma una
polla d'acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo.
Teniamo conto che siamo dinanzi ad un testo arcaico e
mitologico, ma anche ad un testo ispirato che, con linguaggio umano, rivela le profondità del disegno di Dio sulla
creazione. L’uomo deve per forza immaginare cosa fosse la
terra prima di lui e la immagina senza vita, come un vuoto.
La terra senza l’uomo è un deserto. La vita e la creazione
iniziano veramente con la creazione dell’uomo, senza il
quale non hanno il loro significato. In certo senso senza
l’uomo la creazione è come una promessa che deve compiersi, un futuro. Come il resto del testo chiarisce è l’uomo
il vertice e il disegno della creazione, che sussiste per lui e
per la sua regalità.
7
Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere
vivente.
Questo testo importante ci dice tre cose.
Innanzitutto Adam (e Adam già in Gn 1 è carico del significato della sessualità e della comunione dell’amore) è
plasmato da Dio. Dio vi mette “le mani” mentre ha creato
tutte le altre cose con la sua parola (Gn 1) o con la sua
azione creatrice. Solo Adam Dio crea “familiari manu” (Ter-
8
tulliano).
In secondo l’uomo è tratto dalla “adamà”, la polvere del
suolo. Adamà significa terra, terra coltivabile, abitabile ed
anche patria. Il “progetto-Uomo” che Dio mette in essere
comprende tutta la povertà della “polvere” e vive del e nel
proprio essere “materiale”. Questa materialità dell’uomo è
“plasmata” dalla mano di Dio. L’uomo non è uno spirito, un
angelo, ma è caratterizzato dal proprio essere anche materiale, che appartiene alla struttura intima del suo essere.
Questo elemento è contrario all’antropologia greca che
vede nella materia in generale (e questo comprende il corpo, la sessualità e la generazione) un rinnegamento della
spiritualità dell’uomo. Al contrario è nella provenienza dalla terra che l’Uomo trova patria.
Il terzo elemento è che l’Uomo riceve da Dio il “soffio
della vita” divenendo un essere vivente. L’uomo è condotto ad essere “vivente”. L’azione di Dio ora passa per il respiro, indicativo dell’intimità della vita: Dio “insufflò”
nell’uomo alito di vita. E’ la vita stessa di Dio che viene donata all’uomo. Questa creatura legata alla materialità creata è però animata e guidata (la descrizione contiene una
idea di movimento) a vivere e partecipare della vita di Dio.
Al fondo, anzi “al principio” del progetto che l’Uomo porta
in sé sta Dio, alla cui vita l’uomo è orientato a partecipare.
Comprendiamo naturalmente meglio questi aspetti alla luce della rivelazione intera. Vi è dunque qualcosa che unisce
Dio e l’Uomo fin dal principio, fin dall’origine della creazione. La chiamata ad orientarsi a Dio non è estrinseca
all’uomo ma gli appartiene come la sua più profonda natura.
8
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi
collocò l'uomo che aveva plasmato. 9Il Signore Dio fece germo-
9
gliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da
mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della
conoscenza del bene e del male.
La creazione del giardino (paradeison) è per l’uomo e in
vista dell’Uomo. Dio colloca la sua creatura in un luogo di
bellezza, di vita, di abbondanza e di fecondità. L’uomo e il
giardino formano ora un’unica creazione. Egli coltiverà il
giardino, coltivando se stesso. In certo modo l’uomo, nutrendosi del giardino, coltiva proprio se stesso, il progetto
che Dio ha posto in lui. Due alberi, due nutrimenti
dell’Uomo sono messi in risalto: “l’albero della vita” e
“l’albero della conoscenza del bene e del male”. Del primo
deve nutrirsi ma dal secondo deve guardarsi.
10
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. 11Il primo fiume si chiama Pison:
esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l'oro
12
e l'oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa
e la pietra d'onice. 13Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso
scorre attorno a tutta la regione d'Etiopia. 14Il terzo fiume si
chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate.
Il testo mette in risalto da un lato che si tratta di un luogo cosmico e dall’altro che si tratta di un luogo fecondo di
acque. Dio ha chiamato l’uomo a occupare la patria della
fecondità in un terra deserta.
15
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse. 16Il Signore Dio diede questo
comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del
giardino, 17ma dell'albero della conoscenza del bene e del male
non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".
10
L’uomo è responsabile del creato nel senso più profondo. E lo è per iniziativa di Dio. Sia lui che il creato dipendono dall’orientamento al Dio della vita. Coltivare il giardino
è proprio il compito dell’uomo: il destino suo proprio e il
destino del giardino gli sono affidati. L’uomo non è un automatismo, né materiale né spirituale: è affidato alla propria libertà. E’ partecipe del dono che Dio gli fa in modo cosciente e consapevole, dono da coltivare (c’è un progetto
da far crescere e condurre alla sua pienezza) e custodire (vi
è possibile corruzione di questo progetto).
Il comando divino, letto troppo spesso nei termini legalistici del divieto, è piuttosto un atto di affidamento
dell’uomo a se stesso. L’uomo non è chiamato a giungere
fino alla “conoscenza del male”, perché questa uccide in lui
la vita. “Non c’è sapienza nella conoscenza del male” (Sir
19,22). La autentica coltivazione della vita non comprende
l’esperienza del male, nella quale incorrerà con il peccato
(Gn 3). La vita che è nell’uomo viene da Dio ed è orientata
a Lui. La separazione dall’orientamento al Dio della vita è
generatrice di morte.
18
E il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda". 19Allora il Signore Dio
plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe
chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20Così
l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo
e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto
che gli corrispondesse. 21Allora il Signore Dio fece scendere un
torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole
e richiuse la carne al suo posto. 22Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo
11
23
Allora l'uomo disse:
"Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall'uomo è stata tolta".
24
Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a
sua moglie, e i due saranno un'unica carne.
25
Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.
Siamo al cuore del testo. Quest’Uomo che Dio ha creato
non è solitudine, ma comunione di persone. Nel cuore del
giardino è creato l’amore interpersonale. Il contrario della
solitudine è aver dinanzi a sé qualcuno che ti sta di fronte
come aiuto. Aiuto a coltivare il progetto di Dio per l’uomo
stesso e per la creazione. Questa è la donna. Ma a questo il
testo guida con una catena di passaggi.
La creazione degli esseri viventi coinvolge l’uomo e la
sua regalità. E’ chiamato a dare un nome agli esseri viventi
(v. 19). Dare un nome significa la comprensione intima
dell’identità. L’Uomo è reso partecipe della creazione e del
senso che Dio dona ad essa. Ma anche il testo (v. 20) mette
in luce una differenziazione profonda dell’uomo dagli esseri viventi. Proprio per il “soffio divino” l’Uomo è diverso da
ogni altra creatura. L’uomo non trova il compimento della
progettualità divina che porta in sé (18 : l’aiuto che gli stia
dinanzi) in nessuna delle creature, né vivendo il proprio essere la creatura depositaria del significato (logos) delle altre.
Per questo serve un intervento divino (v. 21). L’uomo lo
vive come un’estasi (tardemà / ek-stasis), cioè come uno
stato di mistica consapevolezza del mistero-più-grande-dilui che accade. Questa estasi viene da Dio e non ha il carat-
12
tere di una suggestione umana: si tratta del mistero oggettivamente posto in essere da Dio e che giunge alla consapevolezza dell’Uomo.
Dio prende una “costola” (v.22): possiamo ritenere che
prese una parte dell’intimità personale della carne di Adamo (ciò che sta vicino e attorno al cuore). Tra uomo e donna vi è identità di carne. L’iniziativa è di Dio. Questo fece
considerare ad alcuni Padri della Chiesa che la donna aveva
una maggiore perfezione rispetto all’uomo, non venendo
tratta dalla terra, ma “edificata” dalla carne dello sposoAdamo.
L’alterità è edificata da Dio e da Dio successivamente
condotta all’uomo. E’ iniziativa divina. La differenziazione
sessuale sta all’origine e non viene posta dall’uomo come
una differenziazione di natura o di cultura, ma lo precede e
di fatto gli appartiene in totalità.
Inoltre Dio “edifica la donna”. Ci si aspetterebbe un diverso verbo (fece, plasmò, creò) e invece inaspettatamente
si utilizza il verbo edificare (oikodoméo / aedificare). La cosa fu notata da sempre e dagli antichi commentatori posta
in relazione alla edificazione della Chiesa quale Sposa di
Cristo nella nuova creazione (cfr. F. PILLONI, “Edificare la
donna – edificare la Chiesa” in Anthropotes 26 (2010/2)
289-317). All’origine del mistero della creazione sta non solo il mistero di Cristo, ma il mistero di Cristo e della Chiesa.
E’ una nozione importante per comprendere il senso del
matrimonio cristiano come sacramento e la sua dimensione come “sacramento delle origini”. Il mistero di Cristo e
della Chiesa infatti, mentre redime l’amore, anche lo compie. Le Nozze sono dall’inizio il progetto di Dio per
l’umanità.
La donna è dunque un dono per l’uomo, come l’uomo
per la donna. Dio pone l’uomo e la donna nell’incontro (v.
13
23). Essi sono legati dall’unità di provenienza nella carne e
dall’unità di azione di Dio. Il linguaggio umano utilizzato è
quello della cultura patriarcale antica, e non impedisce le
nostre riflessioni sulla parità. Ma anche nello stesso tempo
dice un ordine dell’amore che sussiste nella differenza sessuale.
Il linguaggio dell’Uomo nasce dall’incontro con la donna. L’Uomo, signore del logos, diviene ora signore del dialogos. La differenza sessuale investe l’interezza
dell’umanità. Ish/issha stanno uno di fronte all’altra, donati
l’una all’altro da Dio.
E’ questa chiamata, che precede ogni cosa ed è il mistero che fonda, che dice delle nozze e le motiva: l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i
due saranno una sola carne (v 24). L’Uomo non è chiamato
alla solitudine, né solo all’intelligente signoria sul creato,
ma all’amore ed è profondamente orientato all’unità. Unità dei due. In modo nascosto vediamo già l’itinerario della
vita dell’uomo: nascere figlio e figlia, divenire sposo e sposa, e infine diventare padre e madre.
[NB – Una lettura di questo testo ho proposto anche altrove.
Vedi: F. PILLONI, “Lo Spirito santo come pienezza di vita nelle Nozze” in R. BONETTI – F. PILLONI, La Grazia del Sacramento delle
Nozze. Nello Spirito santo pienezza di vita, ed. Cantagalli, Roma
2012. 185-194]
14
Alcuni spunti di riflessione
Cerchiamo ora di meditare alcune conclusioni che possono essere tenuti presente nel dialogo i coppia.
-
L’uomo è creato da Dio come maschio e femmina, segnato
dalla sessualità e orientato all’amore.
L’essere dono l’uno/a per l’altra/o è dono di Dio e compie
la progettualità che l’Uomo porta in sé.
E’ proprio il rapporto con la donna che fa vivere l’uomo e il
rapporto con l’uomo che fa vivere la donna.
In questa progettualità si dona Dio stesso, partecipando la
propria immagine e somiglianza (Gn 1,26-28).
L’amore umano è orientato a Dio perché ha in Dio la sua
sorgente. Dio ama nella carne in ish e issha. E nel contempo ish e issha sono specchio dell’amore di Dio. Non ne sono la sorgente ma il dono partecipato (immagine dello
specchio e della luce).
La fede ci porta a riscoprire o a dare pienezza al disegno che Dio
ha su di noi e che è un progetto che ci coinvolge totalmente. La
sponsalità della persona umana, il suo essere chiamata all’amore
dice quale sia il progetto di Dio per ogni uomo e ogni donna. Ma
esso è un progetto specifico per ogni coppia, dove la mia umanità
(di uomo o di donna) è interamente coinvolta. Questo progetto,
che trova in Cristo e nella Chiesa il suo compimento, è promessa
ed attesa.
Volendo collegarsi con il Sermone di San Zeno possiamo orientarci alla speranza.
Vivendo l’amore umano viviamo il progetto di Dio. In essa troviamo la base umana d universale del rapporto che Dio vuole costruire con l’uomo-donna. I due comandamenti dell’amore di Dio e
del prossimo sono uniti sin dal principio. Amando Eva Adamo ren-
15
de vivo nella sua carne l’amore di Dio che lo dona a Eva, e così Eva
con Adamo. L’amore umano invera il dinamismo dell’amore divino. L’orizzonte ultimo dell’amore umano è quello dell’agape, della
carità.
Volendo collegarsi con il Sermone di San Zeno possiamo orientarci alla carità.
Scoprendoci orientati a Dio nella totalità della nostra persona,
da lui creati e della sua vita resi pienamente partecipi in Cristo e
nello Spirito Santo siamo chiamati a vivere il matrimonio nella fede. In essa l’amore umano in ogni suo momento e aspetto e nel
suo intero dinamismo trova il suo significato. Diventando adulti
nell’umanità diventiamo adulti della fede e la maturazione della
fede non è in contrasto con la nostra umanità sponsale, bensì la
compie e la perfeziona.
Volendo collegarsi con il Sermone di San Zeno possiamo orientarci alla fede.
Per chi volesse a casa approfondire
per maturare una consapevolezza sempre più adulta e piena
(studio = amore)
G. LAITI, San Zeno insegna la fede al popolo di Verona. Fides maxime res propria nostra est, in Annuario Storico Zenoniano 2012, p.
29-47).
F. PILLONI, “Lo Spirito santo come pienezza di vita nelle Nozze” in
R. BONETTI – F. PILLONI, La Grazia del Sacramento delle Nozze.
Nello Spirito santo pienezza di vita, ed. Cantagalli, Roma 2012, p.
185-194.
F. PILLONI, “Edificare la donna – edificare la Chiesa” in Anthropotes
26 (2010/2) 289-317.
16
TEMPO DI COPPIA CON IL SIGNORE
Spunti di riflessione da leggere insieme
e cose da vivere insieme, con il Signore
La Fede e lo Sguardo di Dio tra gli sposi
Gli sposi sono nudi ciascuno all'altro anche se non vogliono. E'
la condizione reciproca degli sposi. Sì, possiamo tentare di nasconderci all'altro, ma alla fine ogni maschera cade, perché le opere
sono la forma ultima della comunicazione, e pongono tutto di
fronte alla lama tagliente dell'amore che discerne ogni verità, che
illumina ogni cuore.
Gli sposi sono nudi l'uno di fronte all'altro, e sono esposti allo
sguardo dell'altro sin nel profondo dell'intimità. Come sarà questo
sguardo? Uno sguardo critico o uno sguardo di accoglienza? Uno
sguardo estraneo od uno sguardo di tenerezza?
Qui si gioca la fede tra gli sposi, e qui si gioca la loro possibilità
di essere sposi. Per essere sposi, essi devono accogliere dentro di
sé lo sguardo di Dio, che è lo Spirito.
Solo l'accogliere dentro di noi lo sguardo di Dio ci consente di
essere sposi. Perché lo sguardo di Dio per il nostro sposo, per la
nostra sposa, è uno sguardo di un amore che sempre accoglie, che
sempre spera, che sempre ritenta, che sempre vede bellezza, che
sempre dà tenerezza, che di tutto ringrazia, che sempre dà perdono, che sempre dà possibilità di amare e di essere amati ancora,
nonostante tutto, che sempre benedice.
Senza questo sguardo dentro di noi, dono di nozze di Dio agli
sposi, come potremmo mai essere sposi?
 Meditate con il Signore e poi raccontatevi l'uno all'altro quali
tenere lodi dice il Signore al vostro cuore della vostra sposa, del
vostro sposo.
17
La nostra Fede è un dono?
La fede che Dio suscita in noi è un dono, ma non dobbiamo vederla solo come un dono per noi. La nostra fede è vera fede se diventa "Euanghelion", Vangelo. Se la nostra fede non è una Buona
Notizia per chi ci sta intorno, per quelli che il Signore ci ha affidato,
allora non è una fede piena.
La nostra fede, la fede che è consegnata alla nostra coppia e
che ci è dato di vivere in Dio e l'uno per l'altra, ci è data perché sia
un motivo di gioia per la gente in cui siamo immersi. La nostra fede
ci è data perché sparga intorno a sé tutta la bellezza della vita che
Dio vuole per i suoi figli, tutti i suoi figli. Così che anche chi non
crede possa essere felice della nostra fede, toccato dalla gioia, dalla consolazione, dai doni, dagli umili miracoli che essa porta, per
loro. La nostra fede ci è data perché ognuno possa dire: " ... ma loro sono cristiani, loro ci vogliono bene! ..."
La nostra Fede è chiamata ad essere quello squarcio dei cieli,
attraverso il quale, in Cristo, chiunque e ciascuno possa sentirsi
addosso quello sguardo di Dio, quel desiderio di Dio, quella parola
eterna di Dio che dice: "Tu sei mio figlio, l'amato, in cui è tutta la
mia gioia" (Mc 1,10-11).
 Scegliete insieme qualcuno da amare insieme questa settimana,
qualcuno che ha bisogno, anche se magari non vi piace, mettendovi nel cuore l'uno nell'altro lo sguardo di Dio su di lui/loro,
e iniziate dicendo subito di cuore una preghiera per lui/loro.
Cosa consegniamo di noi con la nostra Fede?
Cosa consegniamo di noi alla nostra sposa, al nostro sposo? Cosa diamo di noi stessi al suo desiderio? Non possiamo consegnare
un cestino vuoto, un frutto rachitico, un fiore morto. Dobbiamo
essere belli dentro, per lei, per lui, perché ciò che consegniamo di
noi sia bellezza, gioia, desiderio.
18
Perché ogni sposo è mandato per essere l'amore di Dio per la
sua sposa, ed ogni sposa è mandata per essere l'amore di Dio per il
suo sposo.
E non è forse il nostro Dio che attraverso Cristo, nello Spirito,
Parola dopo Parola, Eucarestia dopo Eucarestia, preghiera dopo
preghiera, consiglio dopo consiglio, colloquio dopo colloquio, nonostante i nostri limiti, oltre i nostri limiti, ci insegna, anzi, ci genera ad essere dono profumato, bellezza luminosa, forza d'amore?
 Raccontatevi come vivete la vostra vita quando siete lontano da
lei, da lui, ad esempio al lavoro, cosa ci mettete dentro per
amore suo e del Signore, o cosa volete metterci dentro
(Se vi accorgete di non farlo, ringraziate il Signore di questa avvertenza, e decidete come volete vivere la vostra vita, per lui,
per lei.)
La nostra Fede di sposi ed i Figli
La fede dei nostri figli passa per l'amore del Signore che essi vedono in noi; cosa Egli fa della nostra vita, come lo amiamo, come
lo desideriamo, come lo viviamo presente.
Cosa consegniamo di noi stessi ai nostri figli? Qualche parola distratta o lo sguardo di Dio? Che cosa affidiamo del nostro intimo ai
nostri figli? Rare azioni spente, senza amore e senza luce? O Amore vissuto, fonte di gioia?
 Cosa possiamo fare con i nostri figli perché essi vivano che la
nostra vita di sposi è una vita piena dell'amore di Dio? Progettate insieme una piccola cosa, piccola, da fare insieme in semplicità, guardando in faccia il Signore, da fare questa settimana.
19
Preghiera conclusiva
Magnificat
L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.
Perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore,
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza per sempre.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Amen.
20
Una Fede Incarnata
A cura di Don Antonio Scattolini
PREGHIERA iniziale
Salmo 23
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
21
MATTEO 2, 13-15
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:
«Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e
resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuol cercare il bambino per ucciderlo».
Giuseppe si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si
rifugiò in Egitto,
dove rimase fino alla morte di Erode,
perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo
del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il figlio mio.
GENERALE
In un’atmosfera di pace e di serenità, in cui sembra che il tempo
si sia fermato e che la natura si sia fatta silenziosa, un Bambino
dorme in braccio alla sua mamma, cullato dalla ninna-nanna suonata da un angelo: questo abbraccio delicato attira subito il nostro
sguardo, anche se non sta al centro della tela. Dall’altra parte della
scena, un uomo ed un asino ascoltano come rapiti questa musica
celestiale. Le figure sono immerse in un paesaggio agreste autunnale, al riparo di una quercia, nella luce diffusa ma tenue della sera. E’ così che il giovane Caravaggio, all’età di 25 anni, realizza questo incantevole capolavoro, una delle sue rare opere ambientate in
un paesaggio di sapore veneto, un paesaggio che conferisce al dipinto un marcato tono pastorale. Gli stessi colori impiegati giocano su morbidi passaggi, dai toni bruni e quelli verdi, dal bianco del
velo che avvolge l'angelo ed il grigio argenteo delle sue ali, dai ri22
flessi netti dei dettagli fotografici in primo piano (cfr. damigiana,
occhio dell'asino) e le sfumature delicate dello sfondo bucolico.
Qui non c’è ancora il forte contrasto tra luci ed ombre che caratterizzerà in seguito la pittura di Caravaggio e lo renderà celebre, ma
ritroviamo già un’altra delle qualità artistiche più celebrate di questo pittore, cioè la capacità di portare in scena gli eventi biblici in
una forma di dramma sacro in cui vengono esaltate la dimensione
più terrena e concreta al pari della illuminazione più soprannaturale e teologica … o come in questo caso, l’umana sofferenza alla pari della divina dolcezza; i personaggi della Storia della Salvezza
creati dai suoi pennelli ci appaiono immediatamente vicini, come
un nonno, un ragazzo di strada, una donna di casa … ciascuno con
le sue paure, con le sue speranze, con le sue fatiche. Per questo il
tono della nostra partecipazione emotiva cresce con il progredire
dei suoi dipinti, da questi della gioventù, fino a quelli formidabili
della maturità (cfr. Vocazione di Matteo, Conversione di Paolo, Incredulità di Tommaso, Deposizione, Decollazione del Battista, Davide e Golia…). Certamente anche Caravaggio raffigura dei santi in
estasi, dei fedeli in preghiera, degli apostoli eroici, oppure degli
angeli alati, come questo che sta al centro della scena, con le lunghe ali e la veste leggiadra; ma quello che lui rivoluziona è il punto
di vista, l’intensità dello sguardo che sa cogliere la concretezza dei
vissuti, l’Hic et Nunc in cui si rivela il mistero del Dio-Uomo, veramente Emmanuele, Dio-con-noi! Il soggetto della Fuga in Egitto,
più che allo scarno racconto dei due versetti del vangelo di Matteo
(2,13-15), è ispirata ai vangeli apocrifi, e precisamente allo Pseudo
Matteo ed al Protovangelo di Giacomo (che fece da base anche
per il ciclo della Cappella degli Scrovegni Giotto), in cui abbondano
i dettagli miracolistici ed aneddotici che sono serviti come spunto
per numerosi artisti lungo i secoli. Ma il nostro artista ha lasciato
libero spazio alla sua immaginazione: il fatto che si veda qui inserito un angelo musicante è un’invenzione caravaggesca senza precedenti, che potrebbe manifestare l’influsso del cardinal Pietro Aldobrandini grande cultore della musica e collezionista di strumenti
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musicali, che partecipava alla vita del circolo intellettuale di Palazzo Madama, presso il cardinal Del Monte, che sarà poi uno dei patroni più influenti di Caravaggio.
1. ALBERO CENTRALE
Al centro della composizione sta un albero che separa la scena:
alla sinistra di chi guarda, sta l'anziano Giuseppe col volto segnato
dalle rughe, che rappresenta il peso dell'età della vita; sotto di lui il
terreno è arido e coperto di pietre, con foglie secche, ormai senza
vita; dalla parte opposta invece, appena al di là del lembo del
bianco manto dell'angelo, la natura rifiorisce feconda ai piedi di
Maria e del Bambino; ancora, dietro l’asino a sinistra il cielo appare buio, mentre sopra l’orizzonte sulla destra si vedono dei riverberi di luce, che si riflettono anche nelle acque del fiume che sta
alle spalle del gruppo. In tal modo, questa costruzione artistica
evidenzia un contrasto che rivela l'intenzione di alludere al passaggio pasquale dalla morte alla vita (come già avevano fatto i maestri
veneti Tiziano e Tintoretto, di cui Caravaggio aveva potuto vedere
le opere, in un viaggio a Venezia, da giovane apprendista al seguito
di Simone Peterzano, suo maestro, che si definiva alunno di Tiziano). Notevoli sono le foglie dentellate ed ingiallite della quercia,
che sono dipinte con la massima cura, poiché Caravaggio era convinto che gli aspetti naturalistici fossero degni di massima attenzione (cfr. i “cesti di frutta”, i “vasi di fiori” e le “nature morte” inserite nei suoi dipinti giovanili); affermava infatti che “vuol tanta
manifattura per fare un quadro buono di fiori come di figure”.
2. ANGELO
Così scriveva il Bellori, un critico d’arte del Seicento, a proposito
della delicata figura dell’ angelo violinista, così celeste e così terrestre allo stesso tempo: “Evvi un angelo in piedi che suona il violino,
san Giuseppe sedente gli tiene avanti il libro delle note, e l’angelo
è bellissimo, poiché volgendo la testa dolcemente in profilo va di24
scoprendo le spalle alate e il resto dell’ignudo interrotto da un
pannolino”. Questo angelo, presenza abituale nell’iconografia della Fuga in Egitto, conferisce alla scena un tono soprannaturale;
egli fa da fulcro alla tela, poiché l’asse luminoso del suo corpo adolescenziale si sovrappone al tronco della giovane quercia che sta
nel mezzo. L’abilità incomparabile di Caravaggio nello studio del
nudo qui si manifesta in maniera eclatante nella resa straordinaria
del fisico di questo essere angelico, un autentico vertice di eleganza e di pura bellezza che sembra spuntato dalla terra come per incanto. Il leggero ancheggiamento è dovuto alla posa caratteristica
che assumono i suonatori di violino durante un’esecuzione.
3. ALI
La sua pelle emana dei riflessi di madreperla e le sue ali dal
piumaggio lucido evocano quelle dei cherubini, custodi del paradiso, sono quelle menzionate anche nei Salmi, là dove vengono
menzionate per esprimere la cura e la protezione di Dio per si suoi
fedeli: Tu che abiti al riparo dell'Altissimo e dimori all'ombra
dell'Onnipotente, dì al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio
Dio, in cui confido». Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla
peste che distrugge. Ti coprirà con le sue penne sotto le sue ali troverai rifugio. (Salmo 91, 1-4). L’ala destra infatti sembra sovrapporsi alle mani di Maria e di Gesù come per accarezzarle, con le
sue piume vellutate.
4. SPARTITO MUSICALE
L’angelo sta suonando una ninnananna del compositore fiammingo Noel Bauldewijn, interpretando uno spartito stampato a
Roma nel 1520. Il brano era composto a partire dal testo biblico
del Cantico dei Cantici 7,7: Quam pulchra et quam decora carissima in deliciis, che significa "Come sei bella e leggiadra, carissima
per le tue delizie" (nello spartito del dipinto si distingue molto bene l’iniziale Q). Questi versetti del Cantico dei Cantici godevano di
25
grande popolarità in epoca rinascimentale e barocca e furono inseriti nei testi liturgici delle feste mariane: proprio all'inizio del Seicento, venivano pubblicati a Venezia i Vespri della Beata Vergine
Maria di Monteverdi. Il dipinto di Caravaggio quindi assume volutamente una intonazione lirica, come annota il critico Eberard Konig: "Il significato del Vespro è quello dell'ora del tramonto, della
fine delle fatiche giornaliere al calare della notte, quando il pensiero del devoto va alla fuga in Egitto o alla Deposizione del Cristo
morto dalla croce. I quadri del vespro mostrano la madre dolorosa
con il figlio al petto ... Caravaggio, facendo trasparire attraverso le
note il contesto liturgico, mostra Maria che durante la fuga in Egitto vive il suo primo dolore, un presentimento del suo pianto sotto
la croce".
5. GIUSEPPE
Nella umile figura di Giuseppe noi possiamo accogliere ancora
una volta una delle caratteristiche fondamentali della pittura di
Caravaggio, e cioè questa sua attenzione a manifestare il divino, o
la santità, senza idealizzazioni o costruzioni troppo cerebrali; al
contrario, egli privilegia un’arte certamente più popolare e aderente a quegli intenti di immediatezza e di comunicazione catechistica indicati dal Concilio di Trento e che Caravaggio aveva recepito
nell’ambiente milanese, per merito della azione pastorale di san
Carlo Borromeo. Era stato proprio questo grande arcivescovo a
raccomandare agli artisti di abbandonare le aristocratiche e complicate composizioni del Manierismo per assumere un linguaggio
pittorico di forte impatto affettivo e devozionale, che potesse essere accolto anche dalle persone dei ceti sociali più umili. Questo
san Giuseppe è dunque un personaggio ordinario; sappiamo che
per i suoi ritratti di questa fase giovanile Caravaggio prendeva i
suoi modelli dalla strada (Zingarelle che leggono la mano, Giocatori
di carte da osteria etc…). Forse a qualcuno, oggi come allora, questo fatto può risultare sconveniente, mancante di decoro e di di26
gnità (cfr. nostalgie per l’arte bizantina o per stili più tradizionalisti,
classici e sacrali): conosciamo le critiche ed i rifiuti che l’artista dovette subire più volte per queste ragioni (es. Morte di Maria): ma
egli ci aiuta così a comprendere che per il cristianesimo, il divino si
rivela proprio nella piccolezza e nella fragilità. E la bellezza commovente di questo san Giuseppe, raffigurato come un vecchio contadino scalzo, sta tutta nello sguardo incantato ed interrogativo, in
questi piedi nudi posati l’uno sull’altro, e soprattutto in questa sua
posa un po’ goffa con cui rinuncia a dormire per vegliare e sorregge lo spartito così da permettere all’angelo di suonare la ninnananna per Gesù bambino e favorire il sonno ristoratore della sua
sposa. È così che Caravaggio vuole esprimere la semplice nobiltà e
la sincera generosità di questo servo fedele nel cooperare al disegno di Dio, mostrandoci non un eroe, ma un compagno di viaggio
... ed è proprio per questo che noi lo sentiamo vicino.
6. ASINO
Un particolare di questo quadro che nessuno può dimenticare è
lo scorcio del muso dell’asino con il suo grande occhio che sembra
seguire incantato i movimenti armoniosi della mano dell’angelo
che fa danzare l’archetto sulle corde del violino. In altri quadri di
Caravaggio gli animali giocano un ruolo di protagonisti; si pensi allo
straordinario cavallo della Conversione di san Paolo, o al capro che
ritorna nel san Giovanni Battista come pure nel Sacrificio di Isacco.
In questo caso l’asino, umile cavalcatura che introdurrà il Messia
nel suo ingresso a Gerusalemme, esprime la partecipazione
dell’intera creazione al cammino del Figlio di Dio, dall’inizio alla fine. La sua testa accostata a quella di Giuseppe rimarca la fedele
obbedienza di quest’ultimo alla volontà di Dio; il suo occhio è uno
specchio buio e profondo in cui tutti noi possiamo ritrovarci per
essere accompagnati nella contemplazione di questo mistero che è
stesso tempo di dolore e di amore.
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7. BAMBINO
Caravaggio, già dalla giovane età, si era mostrato abilissimo
nell’esplorare le diverse emozioni umane: il dolore, la sorpresa, la
fatica etc … Dal volto di questo Gesù Bambino traspare certamente
la stanchezza ma soprattutto la serena fiducia di poter riposare
“tranquillo e sereno in braccio a sua madre”, come afferma il salmo 131 al versetto 2, un testo pieno di speranza. Abbiamo già intuito tuttavia che il sonno viene interpretato come un simbolo della morte: dunque, in questa immagine, che evoca una Pietà, noi
dobbiamo cogliere anche una profezia del mistero pasquale; per
rafforzare questo richiamo allegorico della Pasqua, dietro al braccio sinistro di Maria che regge il Bambino spunta anche un ramo di
spine. La dolce scena pastorale che appare davanti ai nostri occhi,
Caravaggio la trasforma dunque, da genere ameno a immagine di
grande serietà e profondità spirituale: la tela va interpretata come
un'esegesi sapiente del testo del Vangelo di Matteo, in cui la minaccia di Erode e la sua violenza omicida, gettano un'ombra sul futuro del Bambino, al momento ignaro di tutto, che nella Settimana
Santa noi vedremo strappato da queste braccia materne per essere consegnato nelle mani degli uomini: allora, al posto del caloroso
abbraccio materno, Cristo sperimenterà l'impatto doloroso con il
duro legno della Croce. Ma dopo questo dramma segnato dal pianto, incontreremo un altro angelo, che dalla pietra rovesciata del
sepolcro annuncerà la vittoria de Cristo sulla morte … e farà ritornare il canto e la lode. Intanto lo spettatore viene però come rapito in estasi, mentre rivolge lo sguardo su questo bambino bellissimo, il cui corpo ed il cui respiro si unisce a quello della madre, in
un clima di pace che scende nel cuore di chi sa contemplare in silenzio questo capolavoro. È grazie a questo bambino che il mondo
sarà pacificato, e già fin d’ora chi a lui si rivolge può pregustare un
anticipo di quella pace messianica che Caravaggio ha saputo magistralmente rappresentare in questo suo capolavoro.
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8. MARIA
Stupendo e davvero commovente è il dettaglio di Maria, dipinta
come una vera mamma che coccola il suo bambino; con la sua attenzione caratteristica alla resa naturalistica delle cose, Caravaggio
con questa immagine viene in un certo modo a santificare ogni
gesto d’amore materno. È interessante infatti osservare che
l’artista interpreta un tema sacro con la stessa modalità di adesione al vero con cui realizza le scene di soggetto profano: egli infatti
non ha esitazioni nel mostrarci la figura di Maria stremata dalla fatica del viaggio, mentre dorme anche lei col capo appoggiato a
quello di suo figlio, offrendogli col suo corpo totale protezione.
Questo realismo però non scade in grossolanità: la Madonna e Gesù bambino sono infatti resi con un disegno elegante, costruito
con delle dolcissime linee curve. L’artista con la netta divisione in
due della composizione, allude anche alla contrapposizione tra lo
sposo terreno, Giuseppe, e lo Sposo divino, il Cristo, come già suggeriva la citazione del Cantico dei Cantici. È risaputo come il culto
di Maria fosse particolarmente sentito nell'ambiente romano della
Controriforma: Caravaggio stesso realizzerà in seguito alcune delle
Madonne più belle della Storia dell’Arte (cfr. Madonna dei Pellegrini, Madonna dei Palafrenieri), ma già da questo capolavoro giovanile noi percepiamo l’intensità della rappresentazione di questa
figura femminile materna dai capelli ramati, così umile e popolana,
eppure così poetica ed emozionante. Questa Madonna è discesa
dagli altari, così come suo Figlio è disceso dal cielo, ed è seduta su
quella stessa terra che è sta fatta dimora del Verbo incarnato: madre e figlio, insieme a Giuseppe con l’asino, ci appaiono come gente modesta, figure che compongono una scena di dignitosa povertà segnata però da relazioni vere di presenza, di vicinanza, di sostegno reciproco, di resistenza nella prova, di fedeltà. Caravaggio
riassume in questa donna, quella accoglienza e quella cura che
stanno al centro del messaggio del quadro e che sono pure le attitudini mariane che caratterizzano la vita del vero cristiano.
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9. IL FIASCO ED IL SACCO
Come già aveva fatto Tintoretto alla Scuola di San Rocco, anche
la Fuga in Egitto di Caravaggio viene accompagnata dalla presenza
di un sacco e di un grosso fiasco: si tratta di due elementi solo apparentemente decorativi, perché in realtà sono caricati di forte valenza simbolica, in quanto richiamano l’eucaristia, riferimento importante al tempo della Controriforma. Nel sacco infatti sta la farina per fare il pane, mentre nel fiasco è contenuto il vino (Tintoretto aveva dipinto una botticella). Questi simboli delle specie eucaristiche erano presenti già nell’iconografia medievale della Fuga in
Egitto (a Verona, nella sola basilica di San Zeno sono conservate
due testimonianze: l’una nella formella marmorea di Guglielmo
che sta accanto al portale e l’altra in un affresco della cripta: in entrambi i casi è Giuseppe che porta questi due “bagagli a mano”).
Questo cibo feriale e questa bevanda festiva sono il “viatico” che
accompagna il cammino dei discepoli, come segno della presenza
del Signore sui passi dell’umanità.
10. GENERALE
Il mondo del giovane Caravaggio, artista lombardo, cioè “straniero”, da poco arrivato a Roma ed ancora sconosciuto, è come
quello del piccolo Bambino di Betlemme: gli mancano punti di riferimento sicuri, resta ai margini della gloria mondana, lontano dei
palazzi del potere con le sue logiche, le sue cerimonie, le sue ipocrisie e le sue crudeltà. Perciò questa tela, nella sua originalità seducente e graziosa, racconta allo stesso tempo un episodio del
vangelo, ma anche ci parla dell’autore … e parla anche di noi, di
ogni uomo e di ogni donna che sperimenta la fragilità della vita.
Caravaggio, tra le altre doti che lo rendono uno dei massimi maestri della pittura, va riconosciuto come un grande perché sa rileggere la propria vita nel dramma della narrazione delle Scritture e
perché sa fare della sua pittura religiosa l’espressione della sua
tragedia del quotidiano, in cui la parola di Dio si rivela con tutta la
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sua carica di illuminazione ma anche di denuncia e di appello alla
conversione. Caravaggio ha dipinto questa tela con tutto il suo
anelito per una religione più umana, con la sua fede nel Cristo vero
Dio e vero Uomo che ha scelto di sperimentare la nostra debolezza; e ci ha consegnato un’immagine eccezionale della semplice bellezza della maternità … che sarà poi da lui ripresa nella Natività di
Messina del 1609 pochi mesi prima della tragica fine della sua vita.
A Roma come in Sicilia dodici anni dopo, l’artista ha creato queste
opere con il suo cuore d’uomo ferito, il cui furore, tanto nella vita
quanto nell’arte sembrano trovare riposo davanti a Maria col
Bambino, trasformandosi in affetto sincero ed ammirazione per
queste due figure inseparabili: quando Caravaggio li dipinge, il suo
pennello si carica di rispetto, di tenerezza, di compassione, di devozione intensissima. Così, la verità umana, semplice e quasi dimessa dei suoi personaggi (evidentemente lontanissima dalle idealizzazioni della pittura classicista) ci fa ritrovare le luci e le ombre
dei giorni autunnali dell’esistenza umana, quelli in cui potrebbe
prevalere lo sconforto, la paura, la voglia di arrendersi. Ma il passaggio che abbiamo visto accadere nella tela tra l’aridità ed i colori
terrosi del lato sinistro e il contrastante fiorire di vita e di verdi del
lato opposto, apre una prospettiva di speranza e di salvezza legata
alla venuta in mezzo a noi di questo bambino, bisognoso di tutto,
ma portatore di vita.
-------------------------Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima
volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano; davanti
a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori
non posso promettere nulla. Una cosa però diventa sempre più
evidente per me, e cioè ch tu non puoi aiutare noi, ma che siamo
noi a dover aiutare te, ed in questo modo aiutiamo noi stessi.
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L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica
che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio
Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori
devastati di altri uomini. Sì mio Dio sembra che tu non possa fare
molto per modificare le circostanze attuali, ma anch’esse fanno
parte di questa vita … E quasi ad ogni battito del mio cuore cresce
la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te,
difendere fino all’ultimo la tua casa in noi.
DAL DIARIO DI ETTY HILLESUM, 12 LUGLIO 1942.
Natale ci dice che Dio, infinito ed eterno, al di sopra di tutto, si
è preso cura fin dall’inizio di quest’ultimo nato dalla creazione
che è l’uomo; si è chinato verso di lui, ne ha voluto fare un “tu”
capace di dialogo. Dio si è congiunto all’uomo in maniera così mirabile ed imprevedibile da far sorgere sulla terra una creatura
umana, Gesù, che ha in sé la pienezza irraggiungibile della divinità. Vi è di più. La presenza di Dio all’uomo non si è verificata in un
cosmo che l’uomo ha rispettato e custodito, facendolo una dimora abitabile ed appetibile, ma si è verificata in un ambiente, in un
cosmo degradato dallo sfruttamento che l’uomo ha fatto della
natura e dei suoi simili, in una storia lacerata dalla crudeltà e dalla guerre, in una umanità in stato di degrado e di declino. Dio ha
dunque in sé una inclinazione amorosa e misericordiosa così
grande verso la creatura uomo, da voler partecipare da vicino
non solo alla nostra storia felice, bensì pure alla nostra storia disgraziata, per prenderla su di sé e riportare ciascun uomo alla sua
verità, al dialogo filiale con lui, Creatore e Padre. Il significato
della presenza di Gesù in mezzo a noi è allora il seguente: egli è
Dio-con-noi, Dio da sempre con noi, Dio nella nostra storia, nelle
sofferenze e nei dolori della nostra storia. L’amore di Dio non ha
abbandonato il nostro universo; Gesù partecipa alla nostra sofferenza ed al nostro dolore per portarci, insieme con lui, nella pienezza della vita del Padre. Nel Natale Dio manifesta in maniera
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inequivocabile la sua inclinazione e propensione a favore
dell’uomo, della nostra storia di dolore, perché essa diventi storia
di salvezza mediante Gesù.
Dalla contemplazione del mistero che è questo bambino, Figlio
di Dio, nato per noi possiamo allora trarre due conclusioni:
1. Se nel Natale Dio si rivela non come colui che sta in alto e
che dalla sua trascendenza domina l’universo, ma come
colui che si abbassa e discende, assumendo l’aspetto di un
povero, piccolo e servo, dobbiamo concludere che caratteristica divina nell’uomo, non è la nostra capacità di trascenderci, di metterci al di sopra degli altri, bensì la capacità di abbassarci, di servire per amore, di farci poveri con
i poveri.
2. Se Dio, in Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da farsi
come uno di noi, ne consegue, secondo la parola stessa di
Gesù, che qualunque cosa avremo fatto ad uno dei più
piccoli l’avremo fatta a lui (Mt. 25, 40ss). Chi avrà nutrito,
vestito, accolto uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli
uomini, avrà nutrito, vestito, accolto il Figlio di Dio. Al
contrario chi avrà respinto, cacciato, dimenticato, trascurato uno dei più piccoli e più poveri tra gli uomini, avrà
respinto, cacciato, dimenticato, trascurato Dio stesso, lo
stesso Figlio di Dio.
DALL’OMELIA DI NATALE 1988
DI CARLO MARIA MARTINI
Com’è che non hai pianto figlio mio, com’è che non hai pianto? Non è che non puoi piangere, non è che non potrai parlare?
Meglio sarebbe, saresti in salvo, meglio sarebbe se fossi muto;
si dà troppa importanza alle parole. Finisce che costringono
all’esilio, alla prigione o peggio.
DA “IN NOME DELLA MADRE” DI ERRI DE LUCA
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Dentro la vita
Avere fede significa avere la capacità di affidarsi. Ogni giorno
sperimentiamo questo in tante occasioni e nelle piccole cose, come ad esempio quando saliamo su un autobus e su un taxi; alla
base di questo affidarsi stanno da un lato la fiducia che noi riponiamo nell’autista e dall’altra la nostra capacità di superare la diffidenza e la paura.
La maggiore manifestazione della fede è nella coppia, dove c’è
la possibilità di misurarsi ogni giorno con l’affidarsi uno all’altra,
nelle piccole cose come nelle grandi scelte della vita.
Ma questa fede reciproca da sola non è sufficente a far “volare”
la coppia e ciò diventa più evidente nei momenti di difficoltà e
nelle prove che la vita ci riserva. Difficoltà che nascono anche
dall’aver perso di vista che l’origine del nostro amore è un dono di
Dio.
-
Affidare la nostra vita di coppia a Dio. Quando abbiamo capito che la nostra vita è nelle mani del Signore si è compiuto
il cambiamento.
-
Fede incarnata è vivere la vita quotidiana secondo i valori in
cui crediamo, cercare Dio nell’altro ed incontrare Dio attraverso l’incontro con l’altro. E quale persona ci è più vicina
del nostro sposo/sposa? La spiritualità del singolo, attraverso la comunione con l’altro diventa spiritualità di coppia e
pregare insieme rappresenta il momento più alto di questa
comunione.
-
Affidarsi uno all’altra e affidare i nostri figli a Dio. Come genitori ci sentiamo responsabili dei nostri figli e vorremmo
proteggerli sempre ed evitare loro qualsiasi pericolo o dispiacere. Mano a mano che crescono essi hanno bisogno di
più autonomia e di sentire la nostra fiducia in loro. Non
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possiamo tenerli per mano tutta la vita e dobbiamo lasciarli
andare e affidarli a Dio.
-
Vivere la nostra corporeità come esperienza di affidamento
al nostro sposo-sposa: l’incontro con l’altro è inizialmente
un incontro fisico fatto di sguardi e gesti: una stretta di
mano, una carezza, un abbraccio, un bacio, mettono in gioco il linguaggio del corpo umano a cui diamo sempre poca
attenzione. Anche l’abbandonarsi all’altro nel rapporto sessuale è un atto di fede e se vissuto nella convinzione della
sua sacralità diventa una forma di preghiera.
Per il dialogo di coppia e/o di gruppo
1. Ci sono stati dei momenti della nostra vita di coppia in
cui abbiamo fatto esperienza dell’affidarsi a Dio?
2. Riusciamo ad affidarci l’uno all’altra tutti i giorni? Cosa
ce lo impedisce?
3. Riusciamo a donarci completamente all’altro nella nostra intimità?
Note:
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atto di fede
Ci alzeremo in piedi
Ci alzeremo in piedi ogni volta che
la vita umana viene minacciata...
Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita
viene attaccata prima della nascita
Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha
l'autorità di distruggere la vita non nata...
Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso
o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione
e grideremo che ogni bambino
è un dono unico e irripetibile di Dio...
Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio
viene abbandonata all'egoismo umano...
e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale...
Ci alzeremo quando il valore della famiglia
è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...
e riaffermeremo che la famiglia è necessaria
non solo per il bene dell'individuo
ma anche per quello della società...
Ci alzeremo quando la libertà
viene usata per dominare i deboli,
per dissipare le risorse naturali e l'energia
e per negare i bisogni fondamentali alle persone
e reclameremo giustizia...
Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti
vengono abbandonati in solitudine
e proclameremo che essi sono degni di amore,
di cura e di rispetto.
Giovanni Paolo II
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Il cammino di santificazione
nell’amore coniugale
“Come sposa adorna per il suo sposo”
a cura di don Francesco Pilloni
Preghiera
Il matrimonio è più del vostro amore reciproco.
ha maggiore dignità e maggior potere.
Finché siete solo voi ad amarvi, il vostro sguardo
si limita nel riquadro isolato della vostra coppia.
Entrando nel matrimonio siete invece un anello
della catena di generazioni che Dio fa andare e venire
e chiama al suo regno.
Nel vostro sentimento godete solo il cielo
privato della vostra felicità.
Nel matrimonio, invece, venite collocati attivamente nel mondo e
ne divenite responsabili.
Il sentimento del vostro amore appartiene a voi soli.
Il matrimonio, invece, è un’investitura e un ufficio.
Per fare un re non basta che lui ne abbia voglia,
occorre che gli riconoscano l’incarico di regnare.
Così non è la voglia di amarvi,
che vi stabilisce come strumento della vita.
È il matrimonio che ve ne rende atti.
Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio:
è il matrimonio che d’ora in poi,
porta sulle spalle il vostro amore.
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Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa.
Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte
ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’esterno.
Dio è il garante dell’indissolubilità.
È una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena,
nessuna tentazione, nessuna debolezza
potranno sciogliere ciò che Dio ha unito.
(Bonhoeffer, lettera a due sposi)
(Dal salmo 85) a cori alterni
Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
perché grande con me è la tua misericordia.
Ma tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole,
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,
volgiti a me e abbi misericordia:
dona al tuo servo la tua forza.
Gloria al Padre e al Figlio…
38
Chiamata universale alla santità
In un mondo caratterizzato da un approccio difficile alla fede, la
santità non è immediatamente percepita come una meta. La santità non dipende dai nostri meriti, ma è un dono gratuito, dono di
Dio, dono sponsale e concreto.
Con l’aiuto di Dio dobbiamo mantenere e perfezionare nella nostra
vita la santità che abbiamo ricevuto. Come ci ricorda San Paolo viviamo come si conviene a santi (Ef 5,3) e rivestiamoci “come si
conviene a eletti di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di modestia e di pazienza” (Col 3,12).
Pensiamo allora alla nostra condizione di vita. Siamo coniugi e genitori.
Cosa vuol dire per noi essere santi? In un certo senso noi coppie
siamo privilegiate nella risposta perché la nostra via della santità è
ben chiara. È quella di essere uomo e donna che abbiamo scelto di
unirci, di essere “una caro”, una sola carne come leggiamo in Genesi: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”. L’amore di uomo e di donna
contiene, dice, annuncia e profetizza il mistero dell’amore di Dio.
Questa è la vocazione alla santità: la chiamata a diventare vero
uomo e vera donna, pronti a giocarsi tutto, con maturità e consapevolezza, nell’obbedienza al disegno d’amore pensato da Dio per
noi, in un progetto che attiva e mobilita tutte le nostre energie in
funzione del servizio e della testimonianza dell’amore. La nostra
comunione è cammino di santità.
Fra le varie tappe del cammino ve ne proponiamo tre: la preghiera,
la sessualità, la parola.
La preghiera
Pregare è entrare in intimità con Dio. Per imparare a pregare bisogna pregare, per imparare a pregare bene bisogna pregare tanto.
La preghiera è accogliere la proposta di fidanzamento che il Signo39
re ci fa. Pregare insieme non solo perché diciamo le stesse cose,
ma perché ci sentiamo in comunione.
Possiamo pensare che la preghiera sia un po’ come il pane quotidiano
La sessualità
Parlare di sessualità come strada alla santità è inusuale ai nostri
giorni. È un binomio a cui non siamo abituati, quasi stridente che
non manca però di un suo misterioso fascino.
La sessualità è un mistero, è la nostra capacità di metterci in relazione con l’altro/a, dove la singolarità diventa relazione. La sessualità si pone come condizione per l’esistenza e fondamento
dell’identità personale. È una porzione di eternità affidata
all’uomo e alla donna da condividere negli angusti spazi del tempo.
Il nostro corpo si pone in relazione con l’altro attraverso i sensi: vista, tatto, gusto, olfatto e udito.
La parola
La parola nasce dall’incontro di Adamo con Eva. Le prime parole
che Adamo pronuncia sulla terra sono rivolte alla donna: “Osso
dalle mie ossa, carne dalla mia carne”.
La parola è come un fiume che scorre da una parte all’altra.
Questo andare da uno all’altro si chiama, in modo più preciso, dialogo.
Quali sono le caratteristiche del buon dialogo, quello che arricchisce e non quello che ferisce la nostra unione?
Umiltà, ascolto, stupore, lingua comune, silenzio, perdono e verità.
Maria modello di santità
Maria incarna il modello della santità umana. Umana come noi,
regina e sposa in piena comunione con Cristo che scende nella sua
carne e la trasfigura.
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Maria realizza la piena nuzialità per ciascuno di noi.
- Maria accoglie il Verbo nell’annunciazione
Il suo, è un sì nel cuore e nella carne. È un sì che coinvolge tutta la
sua persona. È l’altro che ci dà la nostra identità perché noi esistiamo solo in relazione.
- Maria genera il Verbo nel Natale
La generatività necessita un taglio, necessita di una distanza. Maria
sposa diventa madre.
Per una coppia la prima generatività è nei confronti del proprio
sposo o della propria sposa. Generare l’altro alla verità di se stesso, del suo essere pienamente uomo, del suo essere pienamente
donna che è poi uniformarsi a Cristo.
- Maria crede in Gesù alle nozze di Cana
Maria crede in Gesù, sa chi è, conosce quello che può fare e lo
rende evidente a tutti.
Credere nell’altro non è pretendere che l’altro cambi per adeguarsi
alle mie aspettative, ma è cercare di capire cosa c’è dentro l’altro,
è camminare con le scarpe dell’altro, è cercare di capire il suo
mondo.
- Maria è fedele a Gesù sotto la croce
“Ecco tua madre”. Qui si inaugura la maternità spirituale di Maria
come Madre della Chiesa. Maria è presente da sempre nella vita
della Chiesa.
La croce diventa la misura del nostro amore. L’altro è la mia croce
perché mi rivela la mia capacità di amare.
- Maria accoglie e testimonia lo Spirito nella Pentecoste
Nella Pentecoste Maria ha offerto il suo grembo alla Chiesa nascente. Maria è testimone della fedeltà di Dio alle sue promesse, è
testimone della speranza.
Maria accoglie e testimonia lo Spirito nella Pentecoste: Spirito come fuoco che purifica e santifica, Spirito come acqua feconda, Spirito come vento che manda, Spirito che è presenza che rimane.
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Nel compiere la nostra umanità, la coppia vive la sua santità. Nel
vincolo nuziale non esiste una santità se non è di coppia. Nel giorno delle nozze portiamo a Cristo il nostro amore umano che da Lui
viene trasformato e ridonato a noi: la santità consiste nella vita di
Lui in noi, nel lasciare agire lo Spirito, la Grazia del matrimonio, nel
nostro quotidiano. È la partecipazione all’umanità divinizzata di
Cristo, non è un aggiustamento, ma una novità, una trasformazione completa che si realizza nella nostra storia, nel nostro quotidiano, nei nostri gesti, nei nostri sguardi, nel nostro perdonarci, nel
nostro amarci. È proprio grazie all’azione dello Spirito, grazie alla
resurrezione di Cristo che diventiamo Chiesa in miniatura, Chiesa
domestica
Bibliografia per approfondire
Antolini G., Avanti G., Siamo troppo diversi, Paoline, Milano 2010
Avanti G., Non solo sesso, Paoline, Milano 2004
Bassi G., Zamburlin R., L’intimità nel rapporto di coppia, Paoline,
Milano 2009
Bonetti R., Felici e santi, Paoline, Milano 2011
Bonetti R., Gillini G., Zattoni M., Quattro settimane in coppia, San
Paolo, Milano 2011
Fossati A., La sessualità come strada alla santità, Bonomi, Pavia
2011
Laffitte J., Melina L., Amore coniugale e vocazione alla santità, Effatà, Torino 2006
Oreglia N. e D., Dire, fare, pregare, Effatà, Torino 2012
Pilloni F., Se tu conoscessi il dono di Dio…, Effatà, Torino 2011
Pilloni F., Danza nuziale, Effatà, Torino 2002
42
Il cammino di santificazione
nell’ amore coniugale
Canto
Insieme:
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo.
Amen
Lettore 1:
Ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e
parlerò al suo cuore. (Os 2,16)
Lettore 2:
Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo
sul tuo braccio; perché forte come la morte è
l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una
fiamma divina. (Ct 8,6)
L’ incontro toglie dalla solitudine
e proietta i due in una piena condivisione
Lettore 1:
… ma l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un
torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse
una delle costole e richiuse la carne al suo posto.
Il Signore Dio formò con la costola, che aveva
tolta all’uomo, una donna e la condusse
all’uomo. Allora l’uomo disse:
«Questa volta è osso delle mie ossa, carne della
mia carne. La si chiamerà donna, perché
dall’uomo è stata tolta».
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno
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un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi,
l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.
Lettore 2:
Insieme:
La mia gioia sta nel poterti guardare negli occhi,
e vedere dentro i tuoi occhi la mia persona completa. La mia gioia sta nell’averti di fronte e condividere con te le gioie e le fatiche della vita. Ti
ringrazio per avermi tolto dalla solitudine e aver
accettato di condividere con me i tuoi progetti
perché ora sono diventati i nostri progetti.
Signore, facci sentire una profonda nostalgia di te
Lettore 1:
Ti ringraziamo, Signore, perché hai scelto
l’amore tra l’uomo e la donna quale prima immagine per presentarti e farti rappresentare.
Lettore 2:
Abbi misericordia di noi se l’immagine del tuo
Amore sbiadisce e la tensione verso l’una caro si
indebolisce.
Signore, facci sentire una profonda nostalgia di te
Lettore 1:
Ti ringraziamo, Signore, della tua costante presenza fra di noi.
Lettore 2:
Abbi misericordia di noi se ci perdiamo nel labirinto del quotidiano e non sappiamo più cercarti,
scoprirti e riconoscerti.
Signore, facci sentire una profonda nostalgia di te
Lettore 1:
Ti ringraziamo, Signore, per il dono della fecondità e per i nostri figli, verità del nostro amore.
Lettore 2:
Abbi misericordia se il nostro amore non è sinfonico, non educa e non fa crescere chi ci sta vicino.
Signore, facci sentire una profonda nostalgia di te
Canto: Ubi caritas et amor, Deus ibi est
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L’ incontro degli sposi fa scoprire Gesù,
senso e significato della loro vita
Lettore 1:
E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»;
e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo:
«Ora prendetene e portatene a colui che dirige il
banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe
assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove
venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano
preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse:
«Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e,
quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono
finora».
Lettore 2:
Tu, Signore, sei lo Sposo dei tempi ultimi, Tu hai
l’iniziativa, quella che dà il senso, il significato alla nostra vita. Eri un semplice invitato. Gli sposi
avevano cercato di fare tutto da soli, avevano
creduto che bastasse amarsi, nel senso banale
del termine, cioè che bastasse
l’intesa,
il
dialogo, l’attesa che l’altro capisca, che funzioni
come me…
Insieme:
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
- Tutte le volte che abbiamo creduto di fare a meno di te.
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
- Tutte le volte che Ti abbiamo sentito un di più, un dovere
da esplicare per sentirci a posto.
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
- Per tutte le volte che abbiamo creduto che il coniuge fosse il
nostro dio, cioè colui che doveva capirci, farci sentire amati,
riempire le nostre attese, indovinare i nostri bisogni.
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
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- E quella volta che uno di noi due ha detto “basta, mi hai deluso”.
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
- E quella volta che uno di noi due ha trascurato il coniuge
perché credeva che i suoi impegni fossero necessari.
Ti preghiamo: sii tu l’invitato nascosto
Canto: Ubi caritas et amor, Deus ibi est
L’ incontro con Gesù trasfigura gli sposi
e li incammina verso le nozze eterne
Lettore 1:
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano
in cammino per un villaggio di nome Èmmaus,
distante circa undici chilometri da Gerusalemme,
e conversavano tra loro di tutto quello che era
accaduto. Mentre conversavano e discutevano
insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Lettore 2:
A volte i nostri occhi sono incapaci di vederti
camminare con noi, abbiamo occhiali che nascondono l’essenziale. Ci piacerebbe essere nei
panni dei discepoli di Èmmaus e scoprirti risorto
e vivo in mezzo a noi, ci piacerebbe sentire ardere il nostro cuore, ci piacerebbe vivere il loro
immenso stupore che sospende e ci fa contemplare Gesù risorto per rimetterci di nuovo in
cammino trasfigurati.
Insieme:
Signore, rendici capaci di stupore
- quella volta che ti sei ricordato del mio profumo preferito
Signore, rendici capaci di stupore
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- quella volta che non hai messo il muso perché ho portato
ospiti a cena
Signore, rendici capaci di stupore
- quella volta che ti sei accorto della mia camicetta nuova
Signore, rendici capaci di stupore
- quella volta che mi hai abbracciato di sorpresa
Signore, rendici capaci di stupore
- quella volta che hai distribuito carezze a tutti
Signore, rendici capaci di stupore
- quella volta che abbiamo preso con noi il nonno malato
Signore, rendici capaci di stupore
Canto: Ubi caritas et amor, Deus ibi est
Insieme: Ti preghiamo, Signore, donaci un cuore nuovo
Lettore 1:
Signore, Tu sei l’eterno, Tu sei il crocifisso risorto.
Tu hai pensato fin dalle origini del mondo,
per l’uomo e per la donna, un patto d’amore dilatato sull’eternità e forte come la morte.
E’ scritto nel tuo Vangelo: “Mariti amate le vostre
mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato
la vita per lei”.
Lettore 2:
La tentazione è spesso quella di introdurre uno
scarto da questa radicalità, puntando più a pareggiare costi e ricavi che fare spazio all’altro
nella mia vita.
E così i giorni di festa si sfaldano in un gioco al
ribasso dove si finisce per essere sempre perdenti.
Ti preghiamo, Signore, donaci un cuore nuovo
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Lettore 1:
La logica divina e impopolare del dare la vita si
scontra con l’imperativo che la vita va goduta…
Ci sposiamo in Chiesa confondendo la navata di
un tempio con una scelta di vita.
Lettore 2:
Una formula liturgica non può supplire l’incontro
con Dio.
Da sempre il profeta ammonisce: questo popolo
mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano
da me.
Ti preghiamo, Signore, donaci un cuore nuovo
Lettore 1:
Il matrimonio non è un punto, non dura lo spazio
di una cerimonia.
Tutti i giorni sono il tempo necessario per una
cosa così grande…
Anche quest’oggi appartiene al tutti i giorni e,
così, la mia promessa diventa tremendamente
seria e impegnativa.
Lettore 2:
Il segreto sta nel capire che il sacramento del
matrimonio non mi fa solo sposa/a, ma Gesù
sposo/a.
Da Te imparo a dare la vita e in Te trovo la forza
di farlo.
Ti preghiamo, Signore, donaci un cuore nuovo
Lettore1:
Tu sulla croce hai sentito, assommata insieme, la
delusione di una umanità che tu avevi amato a
fronte di una risposta molto lacunosa.
Ricordami nei giorni bui del nostro rapporto che
io, sposandomi in chiesa, ho scelto di essere e di
fare come Te.
Lettore2:
Allora la piccola o grande delusione che scopro
nell’altro non spegnerà il mio amore, ma lo spingerà ad un sì più grande perché quando ci si
ama la cosa più bella è poter fare anche il suo
pezzo.
Ti preghiamo, Signore, donaci un cuore nuovo
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Canto: Ubi caritas et amor, Deus ibi es
Insieme:
Il Signore ci benedica,
ci preservi da ogni male
e ci conduca alla vita eterna.
Amen
Canto mariano
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Invocazione allo Spirito Santo
Vieni, o Spirito Creatore, visita le nostre menti,
riempi della Tua grazia i cuori che hai creato.
O dolce Consolatore, dono del Padre Altissimo,
Acqua viva, Fuoco, Amore, santo Crisma dell'anima.
Dito della mano di Dio, promessa dal Salvatore,
irradia i Tuoi sette doni, suscita in noi la parola.
Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite, col balsamo del Tuo amore.
Difendici dal nemico, reca in dono la pace,
la Tua guida invincibile ci preservi dal male.
Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.
Sia gloria a Dio Padre e al Figlio che è risorto,
allo Spirito Paraclito nei secoli dei secoli.
Amen.
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L'AMORE DI CRISTO CI SPINGE
a cura di Elisabetta e Alberto Golin
Invocazione allo Spirito Santo
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen
Vieni, Santo Spirito
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Senza la tua forza
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Consolatore perfetto;
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.
Nella fatica, riposo,
nella calura riparo,
nel pianto conforto.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
0 luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen
51
L’Eucaristia fonte del Matrimonio cristiano
Don Francesco Pilloni
La Familiaris Consortio al n. 57 afferma:
L'Eucaristia è la fonte stessa del Matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza di amore di Cristo con
la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce (cfr. G1/
19,34). É in questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i
coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata, la loro alleanza
coniugale. In quanto ripresentazione del sacrificio di amore di Cristo per la Chiesa, l’Eucaristia è sorgente di carità. E nel dono eucaristico della carità la famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima della sua “comunione” e della sua “missione”: il Pane eucaristico fa dei diversi membri della comunità familiare un unico corpo,
rivelazione e partecipazione della più ampia unità della Chiesa; la
partecipazione poi al Corpo “dato” e al Sangue “versato” di Cristo
diventa inesauribile sorgente del dinamismo missionario ed apostolico della famiglia cristiana.
Cerchiamo di cogliere alcune delle dimensioni eucaristiche fondamentali che possono illuminare il rapporto con il matrimonio.
L'Eucarestia è il vertice dell'alleanza che Dio ha stipulato con l'umanità. Dio è lo Sposo dell'umanità, Cristo è lo Sposo dell'umanità;
nell'Incarnazione noi abbiamo questa unità d'amore tra il Creatore
e la creatura, unità che Dio ha voluto realizzare nella sua propria
persona, perché quando Dio si comunica, non vuole dare all'uomo
qualcosa, ma vuole dare all'uomo se stesso. Il desiderio profondo
del cuore di Dio è parteciparsi, lui che è Dio, a noi che siamo creature, libere e capaci di amare.
Noi abbiamo un'intelligenza per capire che siamo amore, che
siamo persone che non si spiegano per se stesse, ma in riferimento
all'altro, alla totalità umana che è diversa da me (maschile e fem-
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minile). Questo significa essere persone, ossia essere capaci di comunione, che si spiegano e si realizzano solo all'interno della comunione. L'intelligenza conduce alla libertà e la libertà conduce
all'amore, questa è la forza e la grandezza dell'uomo. La rottura
dell'articolazione di queste componenti umane che costituiscono
l'immagine di Dio nell'uomo è la conseguenza del peccato, che disgrega l'uomo conducendolo su una via che è contraria alla nuzialità nella quale per amore di Dio siamo stati creati. L'amore che Dio
è, comunica se stesso all'amore creato che siamo noi, costituiti a
sua immagine, ma la nostra libertà resiste spesso profondamente
a Dio tanto da creare un tessuto storico in cui l'uomo non si capisce, non si spiega più nell'amore, ma cerca di capirsi e spiegarsi
nell'egocentrismo, nelle dinamiche dell'io e dell'egoismo. In questo modo l'amore di Dio viene rifiutato, ma Dio, superando tutte le
resistenze dell'uomo, si fa carne, diventa carne, e la carne è l'elemento debole, fragile dell'uomo. Egli, assumendo la nostra umanità nella sua pienezza, ha unito le due diversità di ciò che è ricreato
e di ciò che è creato, di ciò che è assoluto e di ciò
che è contingente, di ciò che è puro e divino e di ciò che è impuro nell'unica Persona del Verbo incarnato, Gesù Cristo fatto uomo per noi. Questo è il progetto di Dio. Gesù Cristo è l'uomo che
compie la pienezza del disegno di Dio Padre sull'uomo. Egli è il
nuovo Adamo perché il primo Adamo, parola che significa “colui
che viene dalla terra” ed è costituito di terra, è stato recuperato
nella sua sconfitta dal nuovo Adamo che è Cristo, che pure viene
dalla terra perché è figlio di Maria. In Cristo però non c'è la divinità
più l'umanità, ma la divinità e l’umanità nella totalità di un’unica
persona. Il nuovo Adamo apre una nuova creazione, quando torna
con tutta la sua umanità al Padre, sapendo che questo momento
sarà segnato dal tradimento, dal rifiuto dell'uomo e dalla morte
violenta in croce. Ma il dono di Dio è talmente grande che non viene fermato nemmeno dalla morte e dal rifiuto, perché mentre noi
dipendiamo nell'amore dai rifiuti che riceviamo, Dio non dipende
dal nostro rifiuto perché lui è l'amore assoluto e rimanendo fedele
53
al suo amore scende nella morte che noi gli procuriamo, nel rifiuto
che gli diamo con un amore talmente grande e infinito che è come
la luce che scende nella più oscura delle tenebre. Lì si consuma il
miracolo: l'amore di Dio scende nella morte, nel peccato e nel frutto del peccato che è la violenza che Gesù subisce. Egli porta su di
sé come Agnello e Sposo dell'umanità il peccato dell'umanità. Ecco
la dinamica redentiva dell'amore di Dio. L'amore di Dio è un fuoco
talmente ardente da spegnere, assorbire in sé il peccato. Il peccato, rimbalzando su di lui, non rimbalza come nuovo peccato, ma
viene assorbito dalla realtà profonda dell'amore di Dio. Non c'è logicità in tutto questo, ma c'è l’immenso Amore che parla e fa sentire la sua verità: non è logico che un pastore lasci novantanove
pecore per andare a cercare l'unica che si è perduta, è solo il grande amore per la pecorella che lo porta, perché se fosse un buon
amministratore venderebbe a caro prezzo le altre pecore e riguadagnerebbe il prezzo della pecora perduta. La logica dell'amore vivifica la realtà, ma spreca, perché l'amore si spreca, l'amore non
ha la misura della quantità, ha la misura della sua qualità, e la qualità dell'amore è il dono che si effonde fuori di sé. Ecco quindi che
Dio ha realizzato questa logica di desiderio, di accostamento, di
unità, di redenzione e di resurrezione e l'ha compiuta.
Tutto questo sta dentro al mistero dell'Eucarestia.
La sera dell'ultima cena Gesù desidera comunicare ai suoi la verità di se stesso apertamente. Prima di tutto egli si cinge del grembiule e si china a lavare i piedi dei discepoli. Si china a purificare la
sua Sposa quasi in un bagno nuziale, come quello che si faceva
prima delle nozze in Oriente e che serviva a presentare la sposa
nel giorno delle nozze, lavata, monda, casta, abbellita di gioielli,
profumata per lo sposo. Egli lava e purifica la sua Sposa nel bagno
del suo sangue. Il suo sangue significa che egli è venuto a dare la
vita proprio perché questa stessa vita sia per noi purificazione di
tutta la falsità, l'egoismo accumulato. Gesù purifica la sua Chiesa
perché la rende capace di amare, amandola per primo fino alla
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pienezza. Gesù, incarnazione del volto di Dio, ama e purifica la sua
Sposa e si china ai suoi piedi per lavarli. É il gesto umile dello
schiavo, Dio si proclama schiavo del bisogno di amore che egli ha
dell'umanità. Se Dio avesse voluto rivelarsi come un essere potente, come un giudice sovrano, non gli sarebbero mancate, come dice Gesù, le schiere degli angeli che venissero a liberarlo da Ponzio
Pilato o dai vari tribunali della terra, ma Dio è amore, si compie
nella forza dell'amore. I Padri della Chiesa credono che Dio sia
“manicòn eros”, un innamorato folle di amore per l’umanità. I Padri dicendo “eros” attribuiscono a questo amore tutta la carica del
desiderio. Sembra che Dio non sia soddisfatto finché non riceve
dall'umanità la sua risposta d'amore, perché ci ha fatti per questo.
Dio davanti a noi è come un innamorato che attende la risposta di
amore dall'amata e che vede questa risposta messa in discussione
dalle distrazioni terrene degli uomini.
Qui c'è già la prima analogia: nel sacramento del matrimonio
l'accoglienza di ciò che è diverso si fa totale, si fa esigenza d’amore
che accoglie l’altro così com'è. L'esigenza d'amore si china a lavare
i piedi all'amato, cioè a servire con la propria vita la pienezza della
gioia e dell'essere nella persona dell'altro. L'amore è accoglienza
nella verità, non finge di non vedere il limite, sa che c'è, ma l'assume. La logica dell'accoglienza è la logica della redenzione eucaristica che è dentro il matrimonio. Accolgo non solo ciò che è diverso da me nella reciprocità che si dona, ma questo si fa logica di
amore che scende al servizio della gioia dell'altro, io esisto per la
sua gioia. Questa è la verità dell'amore oblativo. In secondo luogo
Gesù, dopo aver lavato i piedi dei suoi, nel contesto della grande
cena pasquale ebraica che è anamnesi di tutta l'alleanza che Dio
ha fatto con il suo popolo dalla creazione a Giovanni Battista, il
precursore dello sposo, il paraninfo che ha presentato Gesù all'umanità, pone una grandissima novità: egli è l'alleanza, egli è lo
Sposo venuto per dare la pienezza di sé all'umanità affamata
dell'attesa e della comunione di Dio. Egli è il pane della vita. Egli
dona un nuovo senso a tutta la cena pasquale che diventa profezia
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della sua passione che si compirà il giorno dopo. Gesù dona se
stesso nel pane e nel vino: «Prendete, questo è il mio corpo››, anzi
dice «accogliete››, questo è il mio corpo. Il corpo è la persona nella
sua comunicatività storica, la persona non può comunicare che nel
suo corpo e Gesù vuole comunicare con noi con il suo corpo. L'alleanza avviene quindi nella persona di Gesù, nella sua carne e nel
suo sangue, che è dono perfetto di amore nella totalità del suo essere, perché Gesù comunica il suo corpo, tutta la sua umanità, psicologica, affettiva, intellettiva e il suo Spirito. Lo Spirito è quel luogo centrale dell'anima nel quale noi siamo costituiti immagine di
Dio e che costituisce il nostro legame con Dio. Fare memoria non
vuol dire ricordare un avvenimento passato, ma ogni volta che facciamo memoria «annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo
la tua risurrezione nell'attesa della tua venuta». Fare memoria significa rendere attuale e presente: questo è il senso della liturgia.
Chi fa memoria è lo Spirito Santo, che è la memoria di Dio, il cultore eterno di ciò che Dio ha fatto ed eternamente fa per noi. Lo Spirito Santo fa memoria con noi, in noi, nel nostro spirito, di ciò che
Cristo ha operato. Nell'Eucarestia lo Spirito fa memoria per noi,
rende presente e attuale il dono d'amore per noi nella totalità in
cui Cristo l'ha vissuto. Nell'Eucarestia, banchetto nuziale, la Croce
è anticipata profeticamente. In essa si compie l'Eucarestia storica
di Cristo, la sua vita donata liberamente fino in fondo. Lì Lui sperimenta per noi la totale lontananza da Dio: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?››, questo misterioso grido di Cristo significa che egli è sceso nella profondità dell'inferno umano che è quel
luogo dove noi, avendolo abbandonato, ci sentiamo abbandonati
da Dio, dove sentiamo l'angoscia tra la chiamata all'amore che abbiamo dentro e l'impossibilità di realizzarlo a motivo del peccato
originale. In questo inferno Cristo è sceso perché, come dice la liturgia orientale: «Sei sceso, o Signore, per cercare Adamo sulla
terra e, non avendolo trovato, sei andato a cercarlo perfino negli
inferi». Sulla croce Cristo compie la pienezza del suo passaggio nella pienezza della sua divino-umanità, non esiste più per se stesso,
56
ma esiste solo per noi. Ciò che Dio ci chiede di vivere è un impatto
di amore con Lui, per cui Dio tocca l'esistenza umana e se ne fa
toccare, diventa carne; Egli lascia che la pienezza della sua divinoumanità si svuoti sulla croce per noi, che il suo cuore trafitto dalla
lancia del centurione, emani quell'acqua e sangue che costituiscono, nella pienezza del suo sacrificio, la sua Sposa che è la Chiesa,
ossia Maria e Giovanni che sono ai piedi della croce, la Chiesa nel
suo principio costitutivo apostolico e materno. La Chiesa è la Sposa
e la Sposa si riceve dallo Sposo. Ora noi siamo nella risurrezione di
Cristo e ogni volta che partecipiamo all'Eucarestia partecipiamo di
questa sponsalità, partecipiamo del Cristo morto e risorto, del suo
Mistero pasquale, facendo quella memoria che Cristo ha fatto
prima di morire perché noi potessimo farla dopo la sua morte e
portarci fino all'eternità.
57
Adorazione Eucaristica
LA CARITÀ DI CRISTO CI SPINGE
Canto: ADORO TE
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
sei in questa brezza che ristora il cuore.
Roveto che mai si consumerà,
presenza che riempie l’anima.
Rit. Adoro Te, fonte della vita,
adoro Te, Trinità infinita.
I miei calzari leverò su questo santo suolo,
alla presenza Tua mi prostrerò.
Sei qui davanti a me, o mio Signore,
nella Tua Grazia trovo la mia gioia.
Io lodo, ringrazio e prego perché
Il mondo ritorni a vivere in Te. Rit.
Mio Signor.
O Signor, oh…
I miei calzari leverò su questo santo suolo,
alla presenza Tua mi prostrerò, mio Signor
QUESTO È IL MIO CORPO DATO PER VOI
Preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:
«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria
di me». (1 Lc 22, 19)
Signore Gesù, quel pane che hai preso in mano è la Tua stessa vita
e hai reso grazie al Padre per la grandezza della Tua vita. Una vita
grande non perché vissuta nello sfarzo o nel lusso, non perché
avessi chissà quale potere politico o economico, non perché avessi
la maggioranza dei consensi popolari ma perché, nella piena
58
libertà, l’hai donata per amore. Quella sera avevi deciso di
spezzare la Tua vita pur di dire l’amore. Non è successo per caso
ma lo hai desiderato ardentemente e nessuna sofferenza fisica o
morale, nessun chiodo, nessun rinnegamento o rifiuto poteva
fermare quel desiderio ardente di donare il Tuo corpo per amore.
Oggi, in questo momento, quel mistero di amore si rinnova
nell’Eucaristia e lo stesso desiderio ardente si manifesta attraverso
l’Ostia Santa.
Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano! (2 Ct 1, 2-4)
Signore Gesù ti chiediamo il dono dello Spirito Santo che ci
introduca nelle Tue stanze per gustare le Tue tenerezze, gioire
della dolcezza dei Tuoi baci, sentire la soavità della Tua vicinanza e
rallegrarci con Te.

Momento di silenzio -
VIENI O SPIRITO CREATORE
Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.
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O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell’anima.
Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.
Sii luce all’intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.
Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.
Luce d’eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore. Amen
Canto: INVOCHIAMO LA TUA PRESENZA
Invochiamo la tua presenza, vieni Signor,
Invochiamo la tua presenza, scendi su di noi.
Vieni Consolatore, dona pace ed umiltà,
acqua viva d’amore questo cuore apriamo a te.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
60
Vieni su noi Maranathà, vieni su noi Spirito.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi,
scendi su di noi.
Invochiamo la tua presenza, vieni Signor
Invochiamo la tua presenza, scendi su di noi.
Vieni luce dei cuori, dona forza e fedeltà,
fuoco eterno d’amore questa vita offriamo a te.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
Vieni su noi Maranathà, vieni su noi Spirito.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.
Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi,
scendi su di noi.
Ripetiamo insieme:
R. C’introduca il Re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo
con Lui.
- Signore Gesù aprici gli occhi del cuore per riconoscere, oltre il
segno del pane, la Tua Presenza reale nell’Eucaristia. R.
- Signore Gesù, donaci il Tuo Spirito affinché ciascuno di noi possa
sperimentare la dimensione Nuziale che Tu esprimi in modo
mirabile attraverso l’Eucaristia. R.
- Signore Gesù, donaci il Tuo Spirito perché guardando l’Eucaristia
sappiamo vedere il Tuo volto di Sposo che continua a donare il
corpo per amore alla sua Sposa, la Chiesa. R.
- Signore Gesù dona a tutti gli sposi cristiani la gioia di contemplare
nell’Eucaristia lo stile di amore Nuziale che sono chiamati a vivere
nella propria Chiesa domestica. R.
61
- Signore Gesù dona alla Chiesa Tua Sposa di contemplare in ogni
Chiesa domestica l’anticipazione delle Nozze definitive
nell’Eternità. R.
“FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME” - L’EUCARISTIA –
Signore Gesù, quella sera, “giunta l’ora”, sei salito al “piano
superiore”, nella stanza nuziale, hai “deposto le vesti” e hai lavato i
piedi ai tuoi discepoli. Attraverso questo segno, anticipo del
“lavacro di rigenerazione” scaturito dal Tuo costato sulla croce, hai
purificato la Chiesa Tua Sposa e l’hai resa degna delle Nozze con
Te. Durante la cena, che hai desiderato ardentemente vivere con i
tuoi discepoli, accanto al dono del Tuo corpo dato per amore,
affidi a loro un compito, una missione: “Fate questo in memoria di
me”.
“Tutto è compiuto” ma nello stesso tempo ancora da compiersi in
modo definitivo. Quel Gesù che continua oggi ad unirsi a ciascuno
di noi nell’Eucaristia, desidera che, con Lui, collaboriamo a
“preparare la Sposa”. Chi si è lasciato lavare i piedi da Gesù e si
unisce a Lui nella Comunione Eucaristica partecipa del Suo
desiderio che tutti gli uomini siano salvati e siano uniti a Lui. Gesù
che dona il Suo corpo per amore nell’Eucaristia, si unisce a me per
giungere, attraverso di me, a chi ancora non lo conosce e non lo
ama. Insieme abbiamo ricevuto il “dono” di essere Sposa di Cristo
in quanto Chiesa ed insieme abbiamo ricevuto la “missione” di
“preparare la Sposa”, di lavarne i piedi e farle gustare la fragranza
del Suo profumo.
Oh se poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo,
voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia
divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale
vergine casta a Cristo. (2Cor 11, 1-2)
62
- Momento di silenzio –
Canto: POPOLI TUTTI
Mio Dio, Signore, nulla è pari a te.
Ora e per sempre voglio lodare
il tuo grande amore per noi.
Mia roccia tu sei,
pace e conforto mi dai.
Con tutto il cuore e le mie forze
sempre io ti adorerò.
Popoli tutti acclamate al Signore,
gloria e potenza cantiamo al Re,
mari e monti si prostrino a Te,
al tuo nome, o Signore.
Canto di gioia per quello che fai,
per sempre Signore con Te resterò,
non c’è promessa non c’è fedeltà
che in Te
“FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME” NELLA CHIESA
DOMESTICA
Come nell’Eucaristia la Presenza di Gesù è “dono” e “missione”,
così nella Chiesa domestica la Presenza di Gesù, per la grazia del
sacramento del matrimonio, è “dono” e “missione”. La missione è
unica; ricondurre ad unità tutti gli uomini nell’essere Chiesa Sposa
di Gesù Sposo.
Lo stretto legame tra Eucaristia e Matrimonio viene espresso in
modo mirabile da Benedetto XVI :
In forza del sacramento, il vincolo coniugale è intrinsecamente
connesso all’unità eucaristica tra Cristo Sposo e la Chiesa sposa. Il
63
reciproco consenso che marito e moglie si scambiano in Cristo, e
che li costituisce in comunità di vita e di amore, ha anch’esso una
dimensione eucaristica. Infatti, nella teologia paolina, l’amore
sponsale è segno sacramentale dell’amore di Cristo per la sua
Chiesa, un amore che ha il suo punto culminante sulla croce,
espressione delle sue “nozze” con l’umanità e, al contempo, origine
e centro nell’Eucaristia (Sacramentum Caritatis n. 27).
Signore Gesù nel prendere coscienza che Tu ci chiami, come sposi,
ad una missione importante, il rischio è quello di cercare di viverla
in modo “solenne” fuori dalla quotidianità, nelle occasioni
particolari, in una attività pastorale, in un ritiro, in un momento di
preghiera particolare… Eppure Tu hai sempre pensato la Chiesa
domestica come luogo dove si celebra il donarsi, luogo della Tua
Presenza così com’è, nella quotidianità, potenzialmente capace di
vivere una perenne liturgia fatta di gesti semplici ma pieni di
amore.
“Il matrimonio cristiano… è in se stesso un atto liturgico di
glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella chiesa. ”
(Familiaris Consortio n. 56)
Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si
salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la
morte e per gli altri odore di vita per la vita.(2Cor 2, 15-16)
64
1 - La Chiesa domestica vive l'Eucarestia nella stanza al piano
superiore
Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata;
là preparate». Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro
detto… preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e
distribuitelo tra voi… Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo
diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate
questo in memoria di me». (Lc 22, 12-19)
La missione di vivere l'Eucaristia inizia nell’intimità della relazione
degli sposi chiamati al dono totale l’uno all’altro. Come Gesù
continua a donarsi alla Chiesa sua sposa attraverso l’Eucaristia, gli
sposi rispondono al “fate questo in memoria di me” con il dono
reciproco, senza riserve. Il “piano superiore” non è,
evidentemente, un luogo fisico ma è lo stile di vita, che 24 ore su
24, anche nella lontananza fisica, continua a dire comunione,
dono, amore.
Il “piano superiore” è il luogo dell’intimità non solo degli sposi ma
anche dei figli che il Signore dona. Vivendo la fraternità illuminata
dalla Presenza di Gesù, l’intera famiglia sperimenta la gioia
dell’amore vicendevole.
Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e
insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare,
intessuta come dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di
concretezza e di testimonianza quotidiana. (Familiaris Consortio n.
53)
- Momento di silenzio –
Preghiamo insieme:
Signore Gesù, oggi desideriamo riconfermare la nostra piena
disponibilità ad accogliere con amore i figli che ci hai donato e che
vorrai donarci. Consapevoli che non ci appartengono ma sono tuoi,
65
ti chiediamo di sostenerci nel difficile compito di educarli alla fede
in Te, unico Salvatore e Signore. La nostra Chiesa domestica possa
vivere quella comunione di amore che realizza in pienezza il nostro
essere sposi, genitori e figli.
Canto: SONO QUI A LODARTI
Luce del mondo, nel buio del cuore
vieni ed illuminami.
Tu mia sola speranza di vita,
resta per sempre con me
Sono qui a lodarti, qui per adorarti
qui per dirti che Tu sei il mio Dio
e solo Tu sei santo, sei meraviglioso
degno e glorioso Sei per me.
Re della storia e Re nella gloria
Sei sceso in terra fra noi
con umiltà il Tuo trono hai lasciato
per dimostrarci il Tuo amor
Sono qui a lodarti….
Non so quanto è costato a Te
morire in croce lì per me…
2 - La Chiesa domestica vive l'Eucaristia tra le mura di casa
Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue
angosce.(Sal 33, 7)
Preghiamo con il Salmo 127
Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
66
2
Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
3
Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
4
Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
5
Beato l'uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
Gloria al Padre….
In famiglia si approfitta del pranzo e della cena per potersi
scambiare opinioni, notizie, esperienze e ricevere il dono del
vissuto altrui. Così era per Gesù; Egli approfittava di quei momenti
per trovare il terreno fertile per confidare i suoi pensieri, le sue
meravigliose parabole e mettere in evidenza alcuni tratti del suo
messaggio che forse in altri contesti sarebbero stati difficili da
recepire. Anche oggi, Gesù Eucaristia entra nel vivo dell'amore
coniugale, spezza il Pane per gli sposi, illumina le menti, riscalda i
cuori. Facciamo spazio per Gesù alla nostra tavola, nei gesti e nelle
parole, perché sentiamo sempre che Egli, abitando con noi, è la
sorgente della nostra gioia, e si renda visibile a quanti vengono a
sedere alla nostra tavola.
Animata dallo spirito missionario già al proprio interno, la Chiesa
domestica è chiamata ad essere un segno luminoso della presenza
di Cristo e del suo amore anche per i «lontani», per le famiglie che
non credono ancora e per le stesse famiglie cristiane che non
vivono più in coerenza con la fede ricevuta: è chiamata «col suo
esempio e con la sua testimonianza» a illuminare «quelli che
cercano la verità».
(Familiaris Consortio n. 54)
67
- Momento di silenzio
R. La nostra chiesa domestica desidera essere
strumento di amore nelle tue mani Signore Gesù.
- Signore Gesù, Tu che hai guarito i sordi e fatto parlare i muti,
vieni a guarire il nostro essere sordi nei confronti di chi soffre e
sciogli la nostra lingua alla lode per le meraviglie del tuo amore. R.
- Signore Gesù, che tante volte Ti sei commosso per la sofferenza
di chi hai incontrato e hai ascoltando il loro grido di aiuto, continua
quest’opera attraverso la nostra chiesa domestica. R.
- Signore Gesù, dona alle nostre famiglie un grande amore per la
Tua Parola perché impariamo a confortare, incoraggiare,
suggerire, guarire, con la tua Parola che salva. R.
- Signore Gesù, donaci di conformare la vita delle nostre famiglie
alla Tua, affinché chi viene nelle nostre case, possa gustare il
fragrante profumo della Tua Presenza di amore che salva. R.
Canto: È PACE INTIMA
Le ore volano via,
il tempo s'avvicina,
lungo la strada canto per Te.
Nella Tua casa so che t'incontrerò
e sarà una festa trovarTi ancora.
È pace intima la tua presenza qui,
mistero che non so spiegarmi mai.
È cielo limpido, è gioia pura che
mi fa conoscere chi sei per me.
68
3 - La chiesa domestica vive l'Eucarestia durante la cena
Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:
«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria
di me». (Lc 22, 19)
Preghiamo con il Salmo 15
Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?
2
Colui che cammina senza colpa,
agisce con giustizia e parla lealmente,
3
non dice calunnia con la lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino.
4
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia;
5
presta denaro senza fare usura,
e non accetta doni contro l'innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.
In famiglia il pasto acquista una particolare sacralità e ritualità.
Attraverso i gesti comuni dell'apparecchiare la tavola, cucinare,
gustare, porgere i cibi, i coniugi rimandano, anche senza
avvedersene, al mistero dell'Eucaristia e lo rendono comprensibile
ai figli. I genitori che chiamano i figli a tavola ricordano l'invito di
Gesù: “prendete e mangiate” (Mt 26,26). Essi convocano a raccolta
la piccola Chiesa domestica. Così fa Gesù con la grande Chiesa,
rivolgendosi a tutti, invitando l'intera umanità, in piena libertà a
prendere parte al pasto Eucaristico. E lì avviene il dono. Lì, i figli
possono comprendere meglio il gesto.
69
Non si ama veramente se non lasciandosi spezzare e facendosi
cibo per gli altri. Il segreto dell'amore è sempre amare, aprirsi,
donarsi per saper ricevere.
Le famiglie cristiane che nella fede riconoscono tutti gli uomini
come figli del comune Padre dei cieli, verranno generosamente
incontro ai figli delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli non
come estranei, ma come membri dell'unica famiglia dei figli di Dio.
(Familiaris Consortio n. 41)
- Momento di silenzio -
Preghiamo insieme:
Signore Gesù, Ti offriamo le nostre vite, prendile nelle Tue mani,
donaci la Tua benedizione. Fa’ di ogni chiesa domestica un “pane
spezzato” che si lascia “mangiare” da chi ha bisogno di gustare la
fragranza del Tuo amore. In forza della Tua Presenza in noi, prendi
le nostre braccia per abbracciare chi si sente solo, il nostro sguardo
per dire amore che accoglie, il nostro sorriso per ridare vita, le
nostre mani per rialzare chi è caduto.
Sottofondo musicale
In questo momento di silenzio ci
comunichiamo in coppia alcuni motivi per essere grati al Signore
che ci ha fatto Chiesa domestica e cerchiamo insieme alcune azioni
concrete per rendere visibile l’Amore che viviamo
4 – La Chiesa domestica vive l'Eucaristia nel mondo concreto
Gesù, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione
per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i
discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda
la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma
Gesù rispose: «Non occorre che vadano; date loro voi stessi da
mangiare». Gli risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due
70
pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qua». E dopo aver ordinato alla
folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli
occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai
discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e
furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati.
(Mt 14, 14-20)
“Nella vita degli sposi, spesso, quando la loro unione sembra raggiungere l'apice, le circostanze e le necessità interrompono l’idillio
e invitano a tornare alla vita concreta: uno squillo del telefono, un
campanello della porta, un bambino che piange. Una chiamata
dall’ufficio. Essi devono lasciare, essere pronti a ringraziare dei
momenti di unità vissuti insieme e andare dove l’evento li chi ama.
Può capitare anche di dover interrompere un rapporto di particolare intimità con Dio o di dover rinunciare ad andare ad un incontro a cui tenevamo tanto, per restare vicino al letto del bimbo che
ha la febbre o per preparare i documenti necessari ai figli per iscriversi a questa o quell’altra trafila della vita... Sarebbe opportuno
non avvertire questi cambiamenti come dei capitomboli dall’alto
della spiritualità alla scialba vita delle occupazioni profane.
L’Eucaristia divinizzando a materia, ricorda che tutto ciò che è stato creato è amato da Dio, che se Dio si è identificato in un pezzo di
pane, tanto più lo farà in ogni persona di cui ci si prende cura. Non
ha importanza fare questo o quel lavoro, impegnarsi in questo o
quel settore dell’attività pastorale. Sarà lo Spirito a suggerire ad
ogni mamma e ogni papà il modo migliore di occuparsi dei figli,
degli amici, delle opere di solidarietà, dando la Grazia necessaria a
portare avanti con dignità il compito affidato “1
1
G.P. De Nicola - A. Danese, Eucaristia celebrata ed Eucaristia
vissuta, in R. Bonetti Ed. Eucaristia e Matrimonio, unico mistero nuziale,
Città Nuova Roma 2000
71
La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il
Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia… E una simile
famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e
dell'ambiente nel quale è inserita. (Evangelii Nuntiandi n. 71)

Momento di silenzio -
R. Diamo noi stessi da mangiare
- A chi vive la solitudine e l’abbandono. R.
- A chi non conosce l’amore che Dio ha per lui. R.
- A chi ha fame di infinito e si nutre solo del fango del mondo. R.
- A chi perso il senso della vita. R.
- A chi è schiacciato dal peso della croce. R.
- A chi non riesce a perdonare un torto ricevuto. R.
- A chi si chiude nel proprio guscio e non si lascia amare. R.
- A chi ha perso ogni speranza. R.
Canto: LUI VERRÀ E TI SALVERÀ
A chi è nell’angoscia tu dirai: non devi temere,
Il tuo Signore è qui, con la forza sua.
Quando invochi il Suo nome, Lui ti salverà
Rit. Lui verrà e ti salverà, Dio verrà e ti Salverà
Dì a chi è smarrito che certo Lui tornerà.
Dio verrà e ti salverà,
Lui verrà e ti salverà, Dio verrà e ti Salverà
Alza i tuoi occhi a Lui presto ritornerà,
Lui verrà e ti salverà.
A chi ha il cuore ferito tu dirai: confida in Dio,
Il tuo Signor è qui, con il suo grande amore.
Quando invochi il tuo nome Lui ti salverà. Rit.
Egli è rifugio nelle avversità, dalla tempesta ti riparerà
72
È il tuo baluardo e ti difenderà, la forza sua Lui ti darà. Rit.
GLI SPOSI LETTERA DI CRISTO
La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori,
conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete
una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro,
ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle
tavole di carne dei vostri cuori. (2Cor 3, 1-3)
A sua volta la famiglia cristiana è inserita a tal punto nel mistero
della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di
salvezza propria di questa: i coniugi e i genitori cristiani, in virtù del
sacramento, «hanno nel loro stato di vita e nella loro funzione, il
proprio dono in mezzo al Popolo di Dio» («Lumen Gentium», 11).
Perciò non solo «ricevono» l'amore di Cristo diventando comunità
«salvata», ma sono anche chiamati a «trasmettere» ai fratelli il
medesimo amore di Cristo, diventando così comunità «salvante».
In tal modo, mentre è frutto e segno della fecondità
soprannaturale della Chiesa, la famiglia cristiana è resa simbolo,
testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa. F.C. n.
49
Nella lettura della seconda lettera ai Corinzi, San Paolo, mette in
luce una bella immagine: “Voi siete una lettera di Cristo composta
da noi.” Se è vero che ogni battezzato è chiamato ad essere lettera
di Cristo, è altrettanto vero che, ogni Chiesa domestica è chiamata
ad esserlo in modo proprio.2
2
Due altri sacramenti, l’Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla
salvezza altrui. Se contribuiscono alla salvezza personale, questo avviene
attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare
nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio. CCC 1534
73
Il giorno del Sacramento delle nozze noi, sposi cristiani, abbiamo
ricevuto questa missione di essere segno reale dell’amore di Cristo
per la sua Chiesa.
Non possiamo mai dimenticare che ogni chiesa domestica è parte
viva ed organica della grande Chiesa e non agisce mai fine a se
stessa. Ogni famiglia, piccola chiesa domestica, diviene scuola di
iniziazione alla grande Chiesa che ogni domenica si riunisce
attorno all’Eucaristia. La missione della chiesa domestica va vissuta
in comunione con l’altro sacramento della missione che è l’ordine.
Come il sacerdote è costituito per esercitare il ministero di Gesù
capo, così gli sposi agiscono nella Chiesa per tessere il corpo della
Sposa.
74
RINNOVO DELLA PROMESSA FATTA IL GIORNO DELLE
NOZZE
“L’Amore di Cristo ci spinge”
Davanti a Gesù Eucaristia, tenendoci per mano, rinnoviamo la
promessa che dal giorno delle Nozze ci ha reso una cosa sola con
Cristo
Lo sposo si rivolge alla sposa con queste parole:
Io N., accolgo te, N., come mia sposa.
Con la grazia di Cristo
prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita.
La sposa si rivolge allo sposo con queste parole:
Io N., accolgo te, N., come mio sposo.
Con la grazia di Cristo
prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita.
Ora, ogni coppia che lo desidera viene ad inginocchiarsi davanti
all’Eucaristia e presenta le proprie fedi nuziali al Signore. E’ il modo
per riporre in Lui il nostro Amore.
Sottofondo musicale
75
….
Canto: Mi affido a Te
Come la cerva anela ai corsi d'acqua
così il mi cuore cerca Te.
L'anima mia ha sete del Dio vivente
del Dio della speranza
Vieni e manda la tua luce sui miei passi
Vieni e guida il mio cammino
Rit: Mi affido a Te Gesù, alla Tua fedeltà
tu sei il sole che rischiara le mie tenebre
Mi affido a te Gesù e in te riposerò
perché so che la mia vita Tu rinnoverai
Volete sognare? Ne avete diritto. Una famiglia divinamente
costruita. Costruire una famiglia divina. Avete la struttura
portante: il Sacramento del Matrimonio… Il Sacramento del
Matrimonio è la potenza d'amore della natura... Il Sacramento del
Matrimonio è l'innesto della vita della Chiesa: la Chiesa che vive in
voi e voi che fate vivere la Chiesa. Il Sacramento del Matrimonio è
la trasfigurazione dell'amore.
L'amore non è più fisico o solo fisico: è un amore estatico, vi fa
vivere l'estasi dell'amore.
Il sacramento dell'amore, del matrimonio, è una ininterrotta
Celebrazione eucaristica nelle vostre famiglie. Oso dire che nei
momenti più intimi e più sacri dell'amore, non è più soltanto una
Celebrazione eucaristica, ma una Concelebrazione eucaristica.
Il Sacramento del Matrimonio vi introduce nel mistero d'amore e di
comunione della Santa Trinità. Ora vedo questa famiglia fortunata,
beata, felicissima. Ora comprendo che sia presa quasi ad invidia,
che la lode di questa famiglia risuoni sulle labbra di tutti, alle porte
stesse della città (Da un’omelia di Mons. Luigi Bosio, sacerdote
veronese.)
76
Canto: COME TU MI VUOI
Eccomi Signor, vengo a te mio Re,
che si compia in me la tua volontà.
Eccomi Signor, vengo a te mio Dio,
plasma il cuore mio e di Te vivrò.
Se tu lo vuoi Signore manda me
e il tuo nome annuncerò.
Rit. COME TU MI VUOI IO SARÒ,
DOVE TU MI VUOI IO ANDRÒ.
QUESTA VITA IO VOGLIO DONARLA A TE
PER DAR GLORIA AL TUO NOME MIO RE.
COME TU MI VUOI IO SARÒ,
DOVE TU MI VUOI IO ANDRÒ.
SE MI GUIDA IL TUO AMORE
PAURA NON HO,
PER SEMPRE IO SARO’ COME TU MI VUOI.
Eccomi Signor, vengo a te mio Re,
che si compia in me la tua volontà.
Eccomi Signor, vengo a te mio Dio,
plasma il cuore mio e di te vivrò.
Tra le tue mani mai più vacillerò
e strumento tuo sarò. Rit.
Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete
nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel
mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia
in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un
amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi
siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più
servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho
77
chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto
conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho
costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga;
perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo
conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.(Gv 15, 9-17)
“Mane nobiscum Domine!”-Rimani con noi Signore
Tutti insieme: Come i due discepoli del Vangelo,
ti imploriamo, Signore Gesù: rimani con noi!
Tu, divino viandante,
esperto delle nostre strade,
conoscitore del nostro cuore,
non lasciarci prigionieri
delle ombre della sera.
Sostienici nella stanchezza,
perdona i nostri peccati,
orienta i nostri passi sulla via del bene.
Benedici i bambini, i giovani, gli anziani,
le famiglie, in particolare i malati.
Benedici i sacerdoti e le persone consacrate.
Benedici tutta l’umanità.
Nell’Eucaristia ti sei fatto “farmaco d’immortalità”:
dacci il gusto di una vita piena,
che ci faccia camminare su questa terra
come pellegrini fiduciosi e gioiosi,
guardando sempre al traguardo
della vita che non ha fine.
Rimani con noi, Signore! Rimani con noi!
Amen.
(Giovanni Paolo II)
Reposizione del Santissimo
78
Canto E sei rimasto qui
Perché la sete d’infinito?
Perché la fame d’immortalità
Sei tu che hai messo dentro l’uomo
il desiderio dell’eternità.
Ma tu sapevi che quel vuoto
lo colmavi Tu,
per questo sei venuto in mezzo a noi.
E sei rimasto qui, visibile mistero.
E sei rimasto qui cuore del mondo intero,
e rimarrai con noi
finché quest’universo girerà.
Salvezza dell’umanità.
Si apre il cielo del futuro
il muro della morte ormai non c’è.
Tu, pane vivo, ci fai uno:
richiami tutti i figli attorno a Te.
E doni il tuo Spirito che
lascia dentro noi
il germe della sua immortalità
BIBLIOGRAFIA
Pilloni F. , Conversazioni sulle Nozze, Introduzione al mistero nuziale, Effatà Editrice
Pilloni F., Se tu conoscessi il dono di Dio... Camminare insieme nel
mistero nuziale, Effatà Editrice
Bonetti R. ed. Eucaristia e Matrimonio, unico mistero nuziale, Città
Nuova
Gusmitta P.L. Abbandonati all'amore, mistero pasquale e mistero
nuziale, Cantagalli
79
CONVERTIRSI IN DUE
tra progetto di Dio e vissuto incarnato:
riconciliarsi nella vita di coppia
a cura di Mons. Gianni Ballarini
Preghiera per la conversione del marito / della moglie
O Padre ti lodo e ti benedico per (mio marito/mia moglie).
Riconosco i suoi lati positivi, ma anche i suoi limiti.
Desidero perdonarlo/a se non sempre è stato/a
(un buon marito/una buona moglie) nei miei confronti.
Desidero chiedere a lui/lei perdono
se non sono sempre stata/o
(una buona moglie/un buon marito)
nei suoi confronti.
Ti chiedo perdono, o Signore, per tutte le volte
che sono sorte delle situazioni di tensione tra di noi
in occasione delle quali pensieri, parole e azioni non buone
sono state compiute da me e da lui/lei;
tutte cose non conformi alla tua volontà.
Padre, nel nome di Gesù, per intercessione di Maria
e di San Giuseppe, manda su (mio marito/mia moglie)
il tuo Spirito Santo di conversione,
affinché scopra la tua paternità,
ti chieda perdono dei suoi peccati,
si riconcili con te e anche con me,
perché assieme a te possiamo ricostruire
il tessuto della nostra famiglia,
riscoprire la grazia di stare insieme,
di aiutarci nelle difficoltà,
di vivere nella santità e nella pace,
nell'adesione alla tua parola
e nell'obbedienza alla tua volontà.
80
LA PAROLA DI DIO
Dal libro del Siracide
"Tutte le cose sono a due a due, l'una di fronte all'altra; Egli non ha
fatto nulla di incompleto; l'una conferma i pregi dell'altra: chi si
sazierà di con-templare la sua gloria? (Siracide 42,24-25) ... Di
fronte al male c'è il bene, di fronte alla morte c’è la vita; così di
fronte all’uomo pio c'è il peccatore. Considera perciò tutte le opere
dell'Altissimo: a due a due, una di fronte all'altra" (Siracide 33,1415).
È la "sapienza" del due. Il due è sì il simbolo di conflitto e di
opposizione, ma anche di richiamo reciproco. La più alta
espressione di questa dualità, nel piano di Dio, è la creazione
dell'uomo e della donna, nel loro riconoscersi reciproco, come
dono l'uno per l'altro. La donna è un dono straordinario di Dio, non
è il frutto di un operare umano o espressione di un qualcosa su cui
l'uomo può accampare dei diritti. L'immagine mitica del sonno
attesta che l'amore resta mistero, un segreto di cui Dio solo è
l'origine e che Egli solo conosce ed è in grado di svelare. E' in
questo momento che l'uomo esplode in un vero e proprio grido di
giubilo: "Questa volta essa è carne della mia carne, osso delle mie
ossa" (Gn 2,23). L'uno di fronte all'altro, vicini ma distanti, uniti ma
separati, divergenti e convergenti.
Il progetto di Dio
Esso consiste nel creare un tu che sia “corrispondente” ad un altro
tu, perché il pericolo mortale che minaccia l’uomo nel giardino è la
solitudine. Essere solo vuol dire essere lontano dal fiume della vita
che è comunione, condivisione, fecondità, benedizione. E per
fornire all’uomo l’aiuto necessario, la donna deve essere pari al suo
partner. Adamo chiama per nome la compagna che Dio gli crea,
81
riconoscendola come sua corrispondente in tutto, pur nella
diversità, si chiamerà Ishah perché da Ish è stata tolta.
La donna è tratta da Adamo e non dalla terra perché è la sola che
può liberare l’uomo dalla solitudine: i due infatti potranno ricongiungersi e formare una sola carne.
Il cammino della coppia è un cammino che deve sempre essere
riaperto, il giorno delle nozze ci siamo promessi di impegnarci in
una relazione unica, insostituibile, senza equivalenti. Ci siamo
impegnati ad accogliere tutto l'altro, non una parte. Non quando
tutto va bene, quando i rapporti sono distesi e gioiosi. Abbiamo
promesso di sposare gli alti e i bassi, i momenti di slancio e i
momenti di pausa, gli invecchiamenti e i rinnova-menti dell'altro.
Non ci promettiamo, dunque, di riuscire sempre, di essere sempre
scattanti e desiderabili, ma di impegnarci perché l'amore cresca e
riesca.
E' certo che vivere questo è difficile. A volte nella realtà gli scontri
divengono inevitabili, non siamo più alleati. Gli sguardi sembrano
non incrociarsi più. A volte siamo troppo occupati, affaccendati,
non riusciamo a capire che l'amore è attenzione, comprensione, è
dinamico come dinamica è ogni persona.
Anche se lo ripetiamo continuamente ci resta difficoltoso
"incarnare" questo nei momenti della nostra vita quotidiana. In
alcuni momenti siamo così affezionati al nostro modo di pensare,
alle nostre abitudini, alla nostra sensibilità e ai nostri gusti, che
abbiamo paura di cedere e di non ritrovarci più: "Devo fare sempre
quello che piace a lei/lui", "Cedi oggi, cedi domani e l'altro se ne
approfitta"... Non riusciamo a vedere la bellezza del percorso fatto
insieme, le negatività e i litigi ci accecano.
 Riconciliarsi con la propria storia personale
Siamo inseriti in una storia di salvezza. Dio fa la strada con noi e
continuamente ci chiama. Tuttavia noi siamo tentati di far tacere
Dio, di non riconoscerlo come “il Signore”, di non accettare la
nostra dipendenza da Lui.
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Dio ci ha posto nel mondo con una originalità che ci fa essere unici.
E’ importante imparare a conoscere ed accogliere noi stessi per
quello che siamo e per quello che valiamo, anche con le nostre
ferite profonde e i lati negativi della nostra personalità. Se non
amiamo noi stessi, accettandoci così come siamo, è un’illusione
pensare che sapremo amare l’altro.
Riconosciamo con umiltà la nostra incapacità di accoglierci sempre
come un dono di Dio.
Occorre riconciliarsi con la propria storia per poter accogliere tutti
come un dono di Dio. Esplora perciò le pagine della tua storia,
cominciando dall’infanzia: le persone che hanno influito di più; i
fatti che ti hanno segnato più profondamente; le crisi affettive,
scolastiche, nel lavoro; gli sbagli e i peccati che ancora non ti sei
perdonato: accetta tutto con la fede nell’amore del Signore e
stendi un velo di pace sopra il campo di battaglia della tua vita con
le macerie del tuo passato.
 Riconciliarsi come coppia e in famiglia
La nostra casa, come chiesa domestica, è comunità di vita e di
amore, in un cammino costante di comunione tra tutti i
componenti. A volte facciamo fatica a saperci tutti in crescita,
imparando a dialogare e a scambiarci non solo i beni materiali, ma
anche quelli spirituali che sono propri di ciascuno. Da qui nasce la
fatica a fare comunione: noi vorremmo diverso il coniuge o un
figlio, causa di tensioni e conflitti, e sperimentiamo come un
blocco per la riconciliazione nella nostra famiglia.
Dalla lettera di San Paolo ai Romani 12
[1]
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad
offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a
Dio; è questo il vostro culto spirituale. [2]Non conformatevi
alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi
rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà
di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. [3]Per la
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grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non
valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma
valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione,
ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato.
Dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi 3
[12]
Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di
sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di
mansuetudine, di pazienza; [13]sopportandovi a vicenda e
perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che
lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha
perdonato, così fate anche voi. [14]Al di sopra di tutto poi vi sia
la carità, che è il vincolo di perfezione. [15]E la pace di Cristo
regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un
solo corpo. E siate riconoscenti!
Cos’è una conversione se non una rivoluzione spirituale?
Si tratta di un orientamento nuovo e radicale della vita, mediante il
quale avviene un cambiamento di signoria: dalla signoria di Satana
si passa alla signoria di Dio. Convertirsi significa consegnare la
propria vita nelle mani di Dio; dunque è questo vivere la
conversione all’interno della famiglia: trasformare radicalmente la
nostra capacità di amare, liberandola dai pericoli dell’egoismo
personale e da quelli, ancora più pericolosi, dell’egoismo di coppia.
Vivere la conversione in famiglia significa renderci capaci di amare
anche quando emergono le sfide dell’incomprensione, dell’aridità,
della sofferenza e del peccato.
Il contenuto centrale della salvezza annunciata da Cristo, sta
proprio nella rivelazione dell’amore misericordioso del Padre; un
amore che ha le caratteristiche di forza e tenerezza; la conversione
a Dio consiste sempre nello scoprire la sua misericordia.
Ciò che completa l’amore coniugale, umanamente inteso, è un
supplemento di misericordia e perdono che consente di passare
con amore attraverso la croce; infatti l’unità coniugale e familiare
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sono costantemente sotto minaccia, ma la Parola di Dio, oltre a
richiamare la fecondità dell’Alleanza resa sempre viva dal
Battesimo (che dona un cuore tenero aperto a Dio e ai fratelli) e
dall’Eucaristia (che radica profondamente nella carità e nella
comunione), insegna anche come camminare nella vita nuova
battesimale e come tradurre l’Eucaristia facendoci dono
quotidiano a Dio e ai fratelli. La Parola di Dio ricorda che il
Battesimo e l’Eucaristia operano una continua conversione del
cuore, provocano una quotidiana riconciliazione; infatti, il peccato
non è vinto in noi una volta per sempre, ma è ricorrente e va
combattuto ogni giorno con le armi della fede, della speranza e
della carità. E non sempre nella battaglia siamo vittoriosi; anche la
comunione sponsale è quotidianamente minata dall’egoismo e da
tante contrarietà, sia esterne che interne. Non siamo sempre
coerenti con Dio, non siamo sempre accoglienti con gli altri.
La Parola di Dio ci assicura, tuttavia, che in questa fatica ci
accompagna un Dio fedele, che nel penitente, ricrea un cuore
nuovo, dona uno spirito rinnovato e la gioia del salvato (Sal 50).
Dunque si chiede alla famiglia di mettersi in stato di conversione
permanente alla misericordia, una conversione cioè che non si
esaurisce in un episodico momento interiore, ma diventa stile di
vita, disponibilità a mettersi in discussione, a rompere il circolo
delle rivendicazioni reciproche, a riconoscere i propri limiti ed
errori. Questo porta a vivere l’amore coniugale come dono e
perdono, imparando ad abbattere i muri di separazione.
La famiglia che vive, in virtù dell’unità espressa dai coniugi, questa
vocazione, viene edificata, avendo Cristo come pietra angolare, per
diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.
 Conversione antropologica e spirituale
Un problema così statisticamente rilevante come le coppie che si
sep-rano non può essere imputato semplicemente alla cattiva
volontà della singola coppia. Sono convinto che sia conseguenza
del clima culturale che ha oscurato e cancellato il fondamento
85
antropologico e spirituale della coppia. Mi pare di individuare
almeno tre errori fondamentali: la visione della coppia, la visione
della sessualità, l’idea di felicità.
 La visione della coppia
Nella cultura contemporanea l’accento è posto sull’individuo. Io
devo essere felice. L’attuale dibattito, in corso a tutti i livelli, su
coppia, coppia di fatto, coppia omo/etero, e sulla congerie di
acronimi che tentano di definire le situazioni più al limite, in effetti
non sottende una preoccupazione relazionale. Si parla di coppia
ma di fatto siamo sempre di fronte al grande tema della felicità
individuale. Guardando con un occhio attento si scopre che alla
fine il problema è sempre: Quale tipo di relazione è maggiormente
funzionale alla mia felicità personale? La controprova più evidente
è che non c’è nessun dibattito sul fidanzamento, radicalmente
lasciato all’iniziativa individuale con il pretesto di evitare ogni
indebita ingerenza nella sfera del privato.
Ma il noi non è la somma di un Io e di un Tu: è fondativo di una
realtà nuova che la Bibbia esprime con le parole di Genesi riprese
dal Vangelo di Matteo; Non saranno più due ma una carne sola.
 La visione della sessualità
L’approccio disinibito alla sessualità caratteristico dell’uomo d’oggi,
alla prova dei fatti, evidenzia una pesante fragilità. Di fronte alle
grandi sfide della vita questa sessualità facile si rivela incapace di
attingere gli scopi essenziali della sessualità stessa; non riesce più a
tenere insieme la coppia, non riesce più a fare dei figli. Nello
sviluppo dell’umanità prima di imparare il linguaggio verbalizzato
l’uomo e la donna hanno imparato a dirsi le cose fondamentali
della vita nel linguaggio erotico.
Per chi crede c’è qui la possibilità concreta di dirsi tutto il progetto
di Dio sulla coppia. In negativo si capisce che una bugia detta nella
carne ha un potenziale distruttivo enorme.
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Proviamo a contemplare una tale sessualità in una coppia sposata.
Avere un rapporto vuol dire dirsi qualcosa di importante del tipo:
Io sono tutto tuo, io sono tutta tua. Se qui non possiamo dirci
bugie, domani mattina quando ci alziamo rimane vero che Io sono
tutto tuo e che tu sei tutta mia e la vita quotidiana diventa un
confermare quello che ci siamo detti nel momento erotico.
 La felicità
Per capire la verità della felicità nella coppia riprendiamo, da un
altro angolo prospettico, la parabola del figlio. Decidere di fare un
figlio vuol dire, da un certo punto di vista, rovinarsi la vita. Bisogna
concepirlo, si comincia spesso subito a star male, bisogna
portarselo dentro per nove mesi, partorirlo, perdere un numero
consistente di notti e poi e poi…. non si finisce più. Spesso con il
crescere dell’età c’è un parallelo crescere delle preoccupazioni.
Eppure il figlio normalmente è la cosa più bella che abbiamo e
l’intensità dei sacrifici richiesti non intacca la gioia della nostra
genitorialità. L’esperienza del figlio ci dice subito che la felicità non
è, come spesso crediamo, l’opposto del sacrificio. Qui emerge una
verità a tutto tondo che diventa preziosa per la famiglia: il sacrificio
appartiene indissolubilmente alla felicità.
 Conversione del linguaggio negativo
Occorre che “convertiamo” il nostro linguaggio, che significa:
“non dire più parolacce” nella vita di coppia.
 ormai!
“Ormai tra noi è così. Non si cambierà più!” Parolaccia bruttissima!
In Dio non esiste l’”ormai”. Egli crede sempre alla possibilità che
abbiamo di migliorare e ricominciare.
 va dove ti porta il cuore.
No! Vai dove ti porta la volontà di Dio. E non sempre coincide col
cuore. Sempre coincide con l’Amore.
 la mia libertà finisce quando inizia la tua!
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È il contrario! Io sono libero solo quando entro in relazione con te!
La relazione è il luogo della mia libertà, non il suo limite!
 non rompermi!
Non è necessario precisare l’oggetto (sferico non sferico) che si
vuol preservare. È già una parolaccia ritenere che chi ho di fronte
sia uno che possa voler del male o che possa darmi fastidio. Come
se Dio lo avesse creato per quello e non a sua immagine e
somiglianza…
 fatti i fatti tuoi
E tu sei uno di questi “fatti” che ho avuto la fortuna di incontrare
sulla mia strada. E mi interessi. Se così non fosse, sarebbe una
parolaccia. Appunto.
 non sono mica un santo!
Proprio questo è il guaio. Che non siamo santi. Ma tutti siamo
chiamati ad esserlo!
 siamo incompatibili di carattere.
Forse qualcuno lo è ? Nessuno! Solo ci è chiesta la fatica di amare
l’altro così come è. La fatica. Di ogni giorno e di sempre!
 è colpa tua!
Nella coppia non esiste colpa: le cose sono sempre al 50% e senza
la parolaccia della “colpa”
 come è brutto diventare vecchi!
Provate a dirlo ai giovani che devono morire di un male incurabile
in una corsia di ospedale. Poi ne riparliamo.
 Conversione del linguaggio d’amore
I cinque linguaggi dell’amore comunemente conosciuti sono:
il contatto fisico, i momenti speciali, i gesti di servizio, le parole di
incoraggiamento e i doni. Sei riuscito(a) ad identificare il tuo
principale linguaggio e quello della persona vicina a te?
Imparare a conoscere se stessi e il partner persone è molto
importante.
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Altrettanto importante è comunicare alla persona come ti
piacerebbe essere amato(a), qual è il tuo primo linguaggio, quello
che riesce a farti sentire unico(a).
Pensando a questo inizia oggi stesso ad amare i tuoi familiari nel
modo in cui si sentono maggiormente amati da te!
Ci sono margini di miglioramento: questa è la conversione a cui il
Signore ti chiama in positivo.
 Conversione degli sguardi: guardare con gli occhi di Dio
Tutto questo è possibile quando i nostri sguardi sono protesi verso
l'infinita tenerezza di Dio e si aprono ad essa nella realtà concreta.
Non possiamo avere la pretesa di eliminare i contrasti e i differenti
punti di vista, ma possiamo aiutarci a plasmare le nostre "crisi" in
momenti di crescita e di maturazione reciproca. Nella formula del
matrimonio, oltre a quella umana, è insita un'altra scommessa.
Ogni amore, ciascun amore, questo amore, divengono
"sacramento".
Gesù scende verso questa realtà per assumerla. Nell'amore umano
s'innesta l'amore di Dio per l'umanità, di Cristo per la sua Chiesa.
"Sono due le cose più brutte, condurre una vita senza speranza e
vivere una speranza senza fondamento". E' Cristo il nostro
fondamento e la nostra speranza. La centralità di Cristo ci dà la
prospettiva dalla quale dobbiamo partire. Quella che Gesù ci apre
è la strada della speranza: siamo amati nella nostra debolezza e
finitezza. La vita umana che ha origine da Dio è da Lui sostenuta
con lo stesso amore con cui è stata creata.
La fedeltà diviene, quindi, scuola di umiltà, spazio lasciato ad un
Altro. Nella nostra relazione Dio è vicino. Il Dio cristiano è il Dio
fedele. E' un Dio che è pronto a scommettere di nuovo anche
quando umanamente tutto sembra perduto. Non abbandona il suo
popolo, lo cinge d'affetto e di tenerezza. Egli è un Dio, innamorato
follemente di noi. Anche quando non lo percepiamo e non lo
comprendiamo, ci protegge e ci sostiene con il suo amore, la sua
tenerezza, la sua comprensione.
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La tenerezza, quindi, non è un sentimento o un semplice moto
dell'animo, ma è un atteggiamento preciso, che implica decisione e
maturità. La tenerezza è tenace, resistente, capace di tenere e
trattenere, di imprimere e di toccare, di sostenere e accarezzare,
non è opprimente, fa sentire l'altro desiderato e desiderabile, lo
rende un valore senza il quale la nostra esistenza risulta vuota. Dio
chiede, quindi, ad ognuno di noi, ad ogni coppia, all'interno della
nostra famiglia di guardare con i suoi occhi.
Comprendere fino in fondo quanto detto è sentirci figli di un
amore che si è donato fino in fondo, un amore crocifisso che si è
donato totalmente, gratuitamente e per sempre!
RICONCILIAZIONE SACRAMENTALE
La parabola del Padre misericordioso è l’icona della nostra
vita personale, ma anche di coppia (sposo-sposa sono due
figli di Dio) e della comunità cristiana, nella famiglia di Dio
non c’è posto per figli unici, né fatti con lo stesso stampo,
tutto è giocato sulle relazioni familiari. Ciò che risalta è che il
figlio ha trattato male il padre, che il rapporto padre-figlio è
stato logorato per sfiducia, perché il figlio ha creduto che si
sarebbe trovato meglio fuori. E il rapporto viene rifatto
attraverso una ricostituzione di fiducia.
Il peccato è qui riportato proprio alla radice, alla tentazione
originale: l’uomo è chiamato a fidarsi di Dio Padre. E non
essendosi fidato, l’uomo ha rotto il rapporto.
Il racconto è sotto il segno della festa finale: è il ritrovamento
di un legame, la ricostruzione di una speranza. Solo se vissuto
così il sacramento del Perdono ci immette in un rapporto
personale con Dio Padre e non diventa più un peso, una
formalità, un bisogno per eliminare certe macchie, nella
ricerca di una migliore coscienza. Invece questo Sacramento è
un incontro personale con Dio.
90
Come vivere allora questo sacramento da adulti e non più
come le confessioni che ricordiamo fatte quando eravamo
bambini?
Viviamolo come un colloquio penitenziale in tre momenti di
“confessio”, che non vuol dire solamente andare a confessare
le colpe, ma anche lodare, riconoscere, proclamare.

Il primo momento: la Confessio Laudis, cioè la
confessione di lode.
Cominciando la confessione si può dire: Signore, ti ringrazio
per… Spesso non ci accorgiamo dei tanti doni di cui la vita è
piena e così non ci viene da ringraziare. “Ti ringrazio, per
esempio, perché mi hai dato la salute, perché finora ho un
lavoro per la mia famiglia in questo periodo di grave crisi, per
avermi fatto capire di più mio figlio, per…” dobbiamo saper
cavar fuori due o tre motivi di lode riconoscente.
 Il secondo momento: la Confessio Vitae, cioè la
confessione di vita.
In questo senso: non semplicemente un elenco dei miei
peccati, ma la risposta ad una domanda di fondo: dalla mia
ultima confessione, che cosa non vorrei aver fatto, che cosa
mi da disagio e mi pesa? Allora vedremo che entra molto di
noi stessi. La vita non solo nei suoi peccati formali, ma un
andare alle radici di ciò che vorrei non fosse. “Sento dentro di
me un’antipatia invincibile, causa di malumore e di
maldicenza. Sento da un po’ di tempo in me delle tentazioni
che mi trascinano, sono distratto da un/a collega e ho paura:
Sento un’apatia do fondo per la preghiera, per le relazioni con
i miei figli. Sento delle paure per la salute, per la morte di uno
che conoscevo da vicino. Far emergere i sentimenti e le
emozioni profonde ci aiuta a capire certi risentimenti,
tensioni, amarezze, gusti morbosi, vizi che mi tolgono
91
progressivamente la mia libertà. Mi metto davanti a Dio in
sincerità e umiltà: solo Lui può guarirmi con il suo perdono.

E il terzo momento: la Confessio Fidei , cioè la
confessione di fede.
Non serve a molto fare uno sforzo nostro. Bisogna che
accanto alla volontà di cambiare uniamo un profondo atto di
fede nella potenza risanatrice del perdono di Dio e dell’azione
dello Spirito. E’ deporre il nostro cuore ferito nel Cuore di
Cristo, perché lo cambi con il suo amore misericordioso. La
Confessio fidei è dire al Signore: “Signore, so che sono fragile,
so che posso cadere ancora, ma Tu cura la mia fragilità,
custodisci la mia debolezza, dammi di vedere il cammino che
devo iniziare a percorrere con costanza, sostenuto dal tuo
Spirito.
Allora nasce la preghiera di pentimento: “Signore, so che ciò
che ho fatto non è soltanto un danno per me, ma anche ai
miei familiari, ad altre persone da me strumentalizzate e
un’offesa a Te che sei fedele e buono”. Una confessione così
non annoia e ci porta a rientrare nel profondo del nostro
cuore, alle radici di certi miei comportamenti in cui commetto
il male e ometto il bene…
Oggi davanti al Signore che scruta e conosce il nostro cuore
viviamo un momento di grazia e di Riconciliazione come
coppia. Viviamolo come il momento favorevole per riavere la
gioia del perdono e la grazia per rinnovare il nostro cammino
nella fedeltà dell’amore sponsale e genitoriale.
Tratto liberamente dal Cardinal Carlo Maria Martini
92
CELEBRAZIONE PENITENZIALE
Canto: POPOLI TUTTI
Mio Dio, Signore, nulla è pari a Te.
Ora e per sempre, voglio lodare
il tuo grande amor per noi.
Mia roccia Tu sei, pace e conforto mi dai,
con tutto il cuore e le mie forze,
sempre io ti adorerò.
Popoli tutti acclamate al Signore,
gloria e potenza cantiamo al Re,
mari e monti si prostrino a Te,
al tuo nome, o Signore.
Canto di gioia per quello che fai,
per sempre Signore con Te resterò,
non c'è promessa non c'è fedeltà che in Te
Guida: Siamo qui riuniti in preghiera per celebrare insieme il
Sacramento della Riconciliazione che Gesù ha lasciato alla Chiesa
per accogliere il dono del suo amore e della sua misericordia. Il
peccato non lede solo la comunione (carità) con Dio, ma anche
quella con i fratelli e sorelle e tra questi, in primis, per noi sposi,
ferisce proprio il rapporto di coppia e la carità che esso esprime.
Ferisce la Chiesa domestica, così come ferisce la Chiesa.
Gesù ci ricorda che ci ama: ama personalmente ciascuno di noi,
vuole il nostro bene, ci segue nel nostro cammino, ci viene
incontro e perdona i nostri peccati quando torniamo a lui con tutto
il cuore; rinnova la nostra vita con il dono della sua grazia.
Celebrante: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Tutti: Amen.
93
Esposizione del Santissimo
Sia lodato e ringraziato ogni momento
il Santissimo e divinissimo Sacramento
Gloria al Padre, …
Primo momento: LODARE
Salmi 138
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: «Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte»;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
94
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita
Celebrante: Il Padre del Signore Gesù, e Padre nostro, ci ama da
sempre. Ci ha creati e redenti. Ha mandato il suo Figlio per
liberarci dal peccato e donarci di vivere in comunione con lui. Per
questi doni grandi, vogliamo ringraziarlo e innalzare a lui una
preghiera di benedizione usata dai primi cristiani. (Cf. Efesini 1,3-7)
Guida: Ad ogni espressione del Celebrante proclamiamo:
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Benedetto sia Dio!
Celebrante: Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù
Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione in Cristo.
Tutti: Benedetto sia Dio!
Celebrante: In Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo
perché siamo, davanti a lui, santi e puri nell'amore.
Tutti: Benedetto sia Dio!
Celebrante: Ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi
per opera di Gesù Cristo, secondo il suo disegno.
Tutti: Benedetto sia Dio!
Celebrante: In Cristo abbiamo la redenzione mediante il suo
sangue,
la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia.
Tutti: Benedetto sia Dio!
Celebrante: A Dio, Padre del Signore Gesù e Padre nostro,
che ci dona il suo amore e il perdono dei peccati,
a lui ogni onore e benedizione nei secoli dei secoli.
Tutti: Amen!
Secondo momento: RICONOSCERE
Guida: E' il momento di metterci davanti a Dio Padre in atteggiamento di sincerità e umiltà: solo Lui può guarirci con il suo perdono.
Ora ognuno singolarmente e poi in copia può seguire lo schema
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proposto per un particolare esame di coscienza .
Traccia per l’esame di coscienza: quando ho tradito il matrimonio.
QUANDO?
 Quando ho spento il tuo diritto alle emozioni, ho tradito il
matrimonio.
 Quando ho trasformato il dono di me nel tentativo di possedere
te, ho tradito il matrimonio.
 Quando non ho prestato attenzione alle tue esigenze e ai tuoi
tempi, ho tradito il matrimonio.
 Quando ti ho imposto ciecamente il mio punto di vista, ho
tradito il matrimonio.
 Quando non ti ho ascoltato prima di decidere qualcosa
d’importante, ho tradito il matrimonio.
 Quando ho fatto di te un oggetto per soddisfare le mie
ambizioni, ho tradito il matrimonio.
 Quando non ti ho ringraziato per le cose che mi doni
gratuitamente, ho tradito il matrimonio.
 Quando non ho permesso a Dio di parlarti e di amarti attraverso
di me, ho tradito il matrimonio.
 Quando ho educato la mia mano ad afferrare e non l’ho
educata ad essere lieve come un volo di farfalla, ho tradito il
matrimonio.
 Quando il mio abbraccio ti ha impedito ogni movimento di
libertà, e non è stato gesto dell’accoglienza, ho tradito il
matrimonio.
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 Quando ti ho rinchiuso in una confortevole gabbia dorata, ho
tradito il matrimonio.
 Quando ho risposto con la ragione agli appelli del tuo cuore, ho
tradito il matrimonio.
 Quando non ho incoraggiato la preghiera e la tua crescita
interiore, ho tradito il matrimonio.
 Quando ti ho donato cose e non valori, ho tradito il matrimonio.
 Quando abbiamo intrapreso la via facile e non quella giusta e
difficile, ho tradito il matrimonio.
 Quando la mia preoccupazione è stata rimproverarti e non darti
il buon esempio, ho tradito il matrimonio.
 Quando non ho trovato il tempo per guardarti in faccia, parlarti
e sorriderti, ho tradito il matrimonio.
 Quando non ho cercato la verità perché faticosa e scomoda, ho
tradito il matrimonio.
 Quando non ti ho fatto venir voglia di Dio, ho tradito il
matrimonio.
Per tutte queste ferite dell’animo che ci siamo procurati, sentiamo il bisogno di perdonarci, e sull’esempio di Cristo, che è medico e medicina accingiamoci a offrirlo noi per primi.
Chi ama fa il primo passo… e ancora uno e poi un altro, e un altro….
Confessioni individuali
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SEGNO: il sacramento vissuto si riflette sull'essere della coppia,
arricchendone il vissuto, sia per la riconciliazione che per l'effusione
dello Spirito che il sacramento comporta.
Dopo la confessione individuale la coppia si reca al fonte battesimale e ciascuno, intingendo l'acqua benedetta fa un segno di
croce sulla fronte dell'altro. Così segnati si recano davanti all'Eucaristia per un breve momento di ringraziamento.
Terzo momento: PROCLAMARE
Guida: Dopo aver ricevuto il perdono, lodiamo il Signore e chiediamo l'aiuto dello Spirito per avere la forza della conversione, del
cambiamento di vita per essere nel modo davvero segno visibile
dell'Amore di Dio per gli uomini.
Salmo 31, 1-7.10-11
R. Gioite nel Signore ed esultate, o giusti.
Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa,
e perdonato il peccato.
Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male
e nel cui spirito non è inganno. R.
Tacevo e si logoravano le mie ossa,
mentre gemevo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano,
come per arsura d'estate
inaridiva il mio vigore. R.
Ti ho manifestato il mio peccato,
non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto : « Confesserò al Signore le mie colpe »
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e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. R.
Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell'angoscia.
Quando irromperanno grandi acque
non lo potranno raggiungere.
Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo,
mi circondi di esultanza per la salvezza. R.
Molti saranno i dolori dell'empio,
ma la grazia circonda chi confida nel Signore.
Gioite nel Signore ed esultate, giusti,
giubilate, voi tutti, retti di cuore. R.
PREGHIERA CONCLUSIVA DI RINGRAZIAMENTO
Dopo la preghiera di lode, il sacerdote così conclude:
Dio onnipotente e misericordioso,
che in modo mirabile hai creato l'uomo
e in modo più mirabile l'hai redento,
tu non abbandoni il peccatore,
ma lo cerchi con amore di Padre.
Nella passione del tuo Figlio
hai vinto il peccato e la morte
e nella sua risurrezione
ci hai ridato la vita e la gioia.
Tu hai effuso nei nostri cuori lo Spirito Santo,
per farci tuoi figli ed eredi;
tu sempre ci rinnovi con i sacramenti di salvezza,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
siamo trasformati di giorno in giorno
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nell'immagine del tuo diletto Figlio.
Noi ti lodiamo e ti benediciamo, Signore,
in comunione con tutta la Chiesa,
per queste meraviglie della tua misericordia,
e con la parola, il cuore e le opere
innalziamo a te un canto nuovo.
A te gloria, o Padre, per Cristo,
nello Spirito Santo, ora e nei secoli eterni.
Benedizione finale e reposizione
Canto finale Sono qui a lodarti
Luce del mondo, nel buio del cuore
Vieni ed illuminami
Tu mia sola speranza di vita
Resta per sempre con me
Sono qui a lodarti, qui per adorarti
Qui per dirti che Tu sei il mio Dio
E solo Tu sei santo, sei meraviglioso
Degno e glorioso sei per me
Re della storia e Re nella gloria
Sei sceso in terra fra noi
Con umiltà il Tuo trono hai lasciato
Per dimostrarci il Tuo amor
Sono qui a lodarti, qui per adorarti
Qui per dirti che Tu sei il mio Dio
E solo Tu sei santo, sei meraviglioso
Degno e glorioso sei per me
Non so quanto è costato a Te
Morire in croce, lì per me
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Centro Diocesano
di Pastorale Familiare Verona
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