Comments
Transcript
ATTENTI ALL`ORA DI DIO - Frati Minori Rinnovati
ATTENTI ALL’ORA DI DIO E confessino di essere cristiani (RegNB 16,7) Il compito del frate minore è quello di rendere visibile e credibile il carattere divino del Vangelo, vivendo una vita cristiana autentica. Così, la vita del frate minore fa sì che le persone si chiedano: “Perché sei così?”. Chiunque al giorno d'oggi si mette in discussione quando vede un uomo o una donna che vanno per il mondo senza litigare, senza fare discussioni o giudicare gli altri; anzi al contrario essi sono "tranquilli, pacifici, miti e umili, parlando onestamente con tutti". A coloro che chiedono loro il perché di questo modo di essere, il frate minore – come san Francesco – risponde dicendo semplicemente: “perché sono un cristiano” (cfr Selecc. de Francis. 42, 1985). È con queste parole dalla rivista Selecciones de franciscanismo che voglio raccontarvi la nostra missione nel circondario del convento “El Tabor”, in cui ci siamo insediati il 7 ottobre 2013. Mi sembra interessante la figura del minore che deve essere un testimone del suo incontro con la persona viva di Gesù Cristo e in che modo la nostra forma di vita favorisce continuamente l’intimità e il rinnovamento interiore, in continuo spirito di preghiera e di devozione, alle quali tutte le altre cose devono essere sottomesse. Personalmente rimasi sorpreso quando il nostro parroco (don Jhon Jairo Londono) ci chiese inaspettatamente questa missione, sospinto dalla richiesta del vescovo della Diocesi (Mons. Fidel León). Io rimasi un po’ male a tale prospettiva, tanto più che avevamo fatto di recente la nostra missione annuale a Rionegro e avevamo ancora in sospeso vari lavori di manutenzione della casa. Dopo un consiglio di famiglia e con il consenso dei fratelli in autorità fu deciso che anch’io avrei partecipato a questa missione. E perché ? Perché sono cristiano! La quarta domenica di Quaresima venne al convento il nostro parroco per celebrare l'Eucaristia e annunciare la missione nella vereda. Ricordo ancora le parole della sua omelia: "Possiamo vivere come condannati o come salvati", riferendosi alle parole di Gesù a Nicodemo: "Chi crede in lui non sarà condannato; ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome del Figlio unigenito di Dio ". In realtà fu una celebrazione e una predicazione “contagiosa” o per lo meno così l’ho vissuta in prima persona. Così sono stato preparato alla missione. E perché ?Perché sono cristiano! Attenti al passaggio di Dio, che ci aveva espresso il suo disegno attraverso la sua Parola confermata dai pastori della Chiesa, abbiamo iniziato la visita alle famiglie in quella stessa quarta settimana di Quaresima. Uscivamo ogni pomeriggio, sacrificando il riposino pomeridiano. L'esperienza fatta durante tutta la missione è stata davvero arricchente. La sera ci incontravamo all’ora della cena per condividere le esperienze vissute, facendo l’esperienza di quanto insegna il Magistero della Chiesa: "La fede si rafforza donandola agli altri". La base della nostro annuncio era il KERIGMA. A questo scopo erano stati preparati dei volantini a modo di materiale di supporto. "La parola profetica del missionario francescano prepara il terreno per la Parola. Quando il frate avverte che la parola sarà ben accolta, allora apre la sua bocca e il suo cuore per condividere la sua fede nel Vangelo di Gesù Cristo. Questo momento cruciale non può essere determinato dall’impazienza umana o da un qualunque interesse personale, ma piuttosto dall’attenzione alla volontà di Dio, al suo progetto e alla sua “agenda missionaria”. La caratteristica del missionario francescano è pertanto quello di essere docile allo Spirito del Signore e la sua santa operazione, rimanendo sottomesso ad ogni umana creatura umana per amore al Regno di Dio "(Selecc. Francis. 42, 1985). La sera la fatica si faceva sentire, ma anche la gioia di aver compiuto la nostra missione. I commenti e gli aneddoti fiorivano sulla bocca dei frati: "Ci siamo imbattuti con cani feroci"; "non volevamo aprirci"; "c’era un cane di nome Luisito"; altri sono si grattavano con il presentimento di aver portato a casa un piccolo souvenir poco gradevole, delle pulci; altri arrivavano bagnati e pieni di fango... e così si avveravano le parole di Papa Francesco: “ Preferisco una Chiesa incidentata ad una Chiesa malata”. Abbiamo incontrato in ogni casa delle realtà molto diverse. La gioia degli uni faceva da contrasto con la tristezza degli altri. Con fra Juan abbiamo visitato Claudia, che vive con il suo compagno Jhonatan e la loro bambina Manuela. Sono una giovane coppia (all’incirca 25 anni); lui sin da bambino è cresciuto in un ambiente cristiano protestante, mentre lei appartiene ad una famiglia cattolica. La mamma di Claudia era stata sempre per lei un punto di riferimento per la sua tenerezza e la sua bontà. Sono quelle mamme che educano nella fede e nella verità. Claudia ci aprì il suo cuore dicendoci che aveva battezzato la sua bambina pochi giorni prima fa, e in quel momento scoppiò a piangere, con la commozione di tutti. Le sue lacrime esprimevano il dolore di aver fatto tutto da sola, senza il supporto di Jhonatan rimasto indifferente se non in contrasto con la fede della Chiesa. Quest’atto eroico è degno di un applauso. E perché l'ha fatto? Perché è cristiana! In queste visite abbiamo incontrato situazioni così difficili nelle famiglie che solo le parole di san Alberto Hurtado (un santo cileno) possono descriverle bene: "Voglio prendere in considerazione prima di tutto la miseria del popolo. È quella meno meritata, la più tenace, quella che più opprime e la più fatale. E il popolo non ha nessuno che vegli su di lui e possa portarlo fuori da questo stato di miseria. La miseria del popolo è quella del corpo e quella dell’anima. La prima cosa da fare è amare i poveri. Amare il bene che c’è in loro, la loro semplicità, la loro rudezza, il loro coraggio, la loro forza, il loro candore, la loro gioia". Questo prete certo che può dire che fa tutto questo perché è un cristiano. Egli conclude così: "Il loro dolore deve farmi male: la scarsa igiene nelle loro case, la cattiva alimentazione, la mancanza di educazione dei figli, la tragedia delle ragazze madri. Tutto ciò che li umilia deve destabilizzare anche me..." (San Alberto Hurtado, Un fuoco che accende altri fuochi). Così si concluse la settimana del visiteo e si diede inizio agli incontri serali di catechesi, che per nostra sorpresa furono piuttosto partecipati. Abbiamo scoperto come lo Spirito Santo ha soffiato sul frate che doveva fare la catechesi, suscitando in lui creatività, spontaneità, metodicità, contagiando con la sua gioia e la sua testimonianza tutta l'assemblea, facendo palpitare i cuori di tutti. Ed io dicevo al Signore nella mia preghiera: "Grazie a te, o Dio, perché anche loro possono dire: Lo faccio perché sono cristiano!”. Personalmente mi ha davvero toccato la testimonianza di fra Bernardo: la sua vita passata di peccato e con quella sensibilità che lo caratterizza, ci spiegò come Gesù Cristo lo aveva salvato da questo mondo di tenebre. Quando ci raccontò i numerosi debiti che aveva contratto e la sua disperazione nel non poterli onorare, guardai con attenzione gli ascoltatori e le loro reazioni: alcuni tenevano la testa tra le mani, altri si lamentavano, altri si identificavano con la sua vicenda, alcuni guardavano al cielo altri verso terra… Ci fu anche lo spazio per le risate quando raccontò le sue peripezie economiche per tappare un buco e aprirne un altro. Al momento della benedizione ascoltai con attenzione ciò che disse fray Elias: "Come potete vedere i frati non sono santi, sono uomini in carne e ossa che hanno anche avuto l'esperienza forte del peccato, e che per la grazia di Dio ne sono venuto fuori. E devono ancora lottare". Perché sono cristiani! Da questa riunione si costituirono due gruppi per avviare il SINE (Sistema Integrato di Nuova Evangelizzazione), un gruppo di circa 15 giovani e un altro composto da circa 35 adulti. Ci incontriamo una volta alla settimana per adorare Dio, pregare, formarci nella fede, leggere la Parola e crescere insieme. Uomini e donne che hanno sete di Dio, nulla di più. C’è per esempio don Eliecer, muratore che ora vuole lavorare alla costruzione del regno dei cieli, insieme con la sua famiglia; c’è la signora Consuelo, casalinga, che oltre a servire suo marito vuole anche servire il grande Sposo con la dolcezza che la caratterizza; c’è Marilyn con la sua gioia spontanea che ha coraggiosamente ha deciso di cambiare i suoi orari di studio per andare a scuola ogni mercoledì con il migliore insegante che ci sia. E che dire dei giovani come Monica, la figlia della signora Juana: è un vero leader che si prende cura della casa delle riunioni perché sa che il suo talento senza l'aiuto di Dio potrebbe portarla alla rovina. Vedere tutti questi volti provoca in me una gioia immensa e mi chiama alla conversione. Dare loro il vangelo è una grande responsabilità. Essi arrivano puntuali alle riunioni in cui cominciano a scoprire la gioia di essere cristiani. Essi hanno iniziato a recuperare la loro identità di battezzati nella speranza di essere veri testimoni di Gesù Cristo e di poter un giorno dire agli altri che possiamo essere cristiani migliori. Al vedere tutta questa "opera di Dio”, cos’altro posso aggiungere se non ripetere con san Francesco: “Signore, io non ti chiedo di togliere loro la povertà, ma di dare loro la gioia oltre alla povertà; perché laddove c'è povertà e letizia, lì non c’è cupidigia e avarizia”(cfr Adm 27).