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5. Punto vincolato
5. Punto vincolato I vincoli sono una restrizione di tipo geometrico al moto di un punto materiale e modificano le equazioni di Newton introducendovi le reazioni vincolari. Contrariamente ai campi di forza ordinari le reazioni vincolari dipendono dallo stato di moto e non sono note a priori; le restrizioni cui sono soggette emergono quando si realizzano i vincoli come limite di campi di forze elastiche. Il vincolo restringe il moto di un punto su una varietà, vale a dire su una superficie o su una curva, che debbono essere parametrizzate attraverso coordinate indipendenti, dette lagrangiane. Le equazioni del moto in queste coordinate si ottengono proiettando le equazioni di Newton sullo spazio tangente alla varietà e non contengono la reazione vincolare, che è normale alla varietà. Queste equazioni, introdotte da Lagrange, costituiscono il nuovo quadro formale della meccanica. 5.1. VINCOLI E REAZIONI VINCOLARI Il moto di un punto o di un sistema di punti è descritto dalle equazioni di Newton se solo le forze in gioco limitano le regioni accessibili nello spazio. Se queste sono o una superficie o una curva, si può introdurre direttamente il vincolo geometrico che la definisce, anche senza conoscere esattamente le forze che ne sono responsabili e che, in questo caso, vengono chiamate reazioni vincolari. A titolo di esempio consideriamo una pallina che scorre senza attrito tra due lamine piane la cui distanza è uguale al suo diametro oppure una pallina all’estremo di un’asticella sottile ma rigida e di massa trascurabile il cui secondo estremo è imperniato in un punto, attorno al quale può ruotare senza attrito. Il modello meccanico che si propone sarà quello di un punto materiale vincolato a muoversi su un piano e su una sfera rispettivamente. Se 124 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato invece il moto del nostro punto materiale è limitato dalla presenza di una parete piana o di una sfera impenetrabile si introdurrà un vincolo che limita il moto ad un semipiano o all’esterno di una sfera. I vincoli che limitano lo spazio delle configurazioni accessibile ad una varietà od un dominio di R3 di dicono olonomi. Se la condizione di vincolo è espressa da un’equazione nelle coordinate f (x, y, z) = 0 (5.1.1) oppure da due equazioni f1 (x, y, z) = 0, f2 (x, y, z) = 0 (5.1.2) con la condizione che grad f1 e grad f2 siano linearmente indipendenti, allora il vincolo si dice bilaterale. La equazione di vincolo (5.1.1) definisce una una superficie o varietà dimensione 2, che può essere compatta oppure no, vedi figura 5.1.1. Le equazioni (5.2.2) definiscono una curva o varietà di dimensione 1 come intersezione di due superfici, vedi figura 5.1.2. Figura 5.1.1. Varietà M di dimensione 2 non compatta (lato sinistro), compatta (lato destro). Se la condizione di vincolo è espressa da una disequazione g(x, y, z) ≤ 0 (5.1.3) il vincolo si dice unilaterale. La disequazione (5.1.3) definisce un dominio che ha come frontiera la superficie di equazione g = 0; se la superficie è chiusa il dominio sarà interno o esterno a seconda del segno della disuguaglianza. Combinando (5.1.1) e (5.1.3) oppure (5.1.2) e (5.1.3) si ottiene ancora un vincolo unilaterale olonomo costituito da una superficie con bordo o da un arco di curva. I vincoli sulla velocità del punto, espressi da f (x, y, z, ẋ, ẏ, ż) = 0 (5.1.4) si dicono anolonomi. Il vincolo tipico è quello lineare v · b(r) = 0; se b(r) · dr non è un differenziale esatto il vincolo si dice propriamente anolonomo, mentre se b · dr = df (r) c 88-08- 9820 5.2. Realizzazione di vincoli olonomi 125 f =0 2 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC grad f CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC grad f CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC f =0 1 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 1 2 Figura 5.1.2. Curva come intersezione di due superfici. esso equivale ad una famiglia ad un parametro f (r) = c di vincoli olonomi dove c è fissata dalla condizione iniziale. Un vincolo si dice reonomo se dipende dal tempo, scleronomo se è indipendente dal tempo. I vincoli senza attrito si dicono lisci, quelli con attrito scabri. Convenendo però di inserire le forze di attrito tra forze attive assumeremo sempre che i vincoli siano lisci. In presenza di un vincolo bilaterale l’equazione del moto si scrive m dv = F + F vinc dt (5.1.5) dove F è la forza attiva e F vinc la reazione vincolare. Le equazioni del moto, scritte con la sola forza attiva F, sarebbero incompatibili con la condizione di vincolo (5.5.1); se ad esempio F è costante le traiettorie, soluzione di (5.1.5) con F vinc = 0 sono parabole e non appartengono alla varietà definita dal vincolo. Le tre funzioni Fxvinc , Fyvinc , Fzvinc componenti del vettore F vinc sono a priori indeterminate e rendono le equazioni del moto compatibili con la (5.1.1). Quando il vincolo è unilaterale l’equazione del moto si scrive ancora nella forma (5.1.5) con F vinc = 0 quando la particella si trova in un punto interno al dominio D definito da (5.1.3) e F vinc 6= 0 quando si trova in un punto di confine cioè sulla frontiera di D. Le reazioni vincolari dovute a vincoli unilaterali hanno perciò un carattere discontinuo. 5.2. REALIZZAZIONE DI VINCOLI OLONOMI Una condizione di vincolo olonomo può essere realizzata tramite di un campo di forze elastiche nel limite di intensità infinita, corrispondente ad un dispositivo, che diventa completamente rigido. Vincoli bilaterali Supponiamo per semplicità che le forze attive siano conservative e che il loro potenziale 126 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato sia inferiormente limitato; scegliamo il minimo uguale a zero V (x, y, z) ≥ 0 (5.2.1) Dato il vincolo bilaterale f (x, y, z) = 0, consideriamo un campo di forze elastiche, vedi figura 5.2.1, il cui potenziale Vǫ è definito da Vǫ = 1 2 f (x, y, z) 2ǫ (5.2.2) Questo campo limita il moto ad un intorno della superficie f = 0. Infatti se E > 0 è l’energia del sistema, che manteniamo costante al variare dell’intensità del campo di forza, dalla sua conservazione 1 (5.2.3) E = T + V + f2 2ǫ e da (5.2.1) segue che il moto è confinato nella regione limitata dalla due superfici f = ±(2ǫ E)1/2 . Infatti f 2 = 2ǫ(E − T − V ) ≤ 2ǫE =⇒ 1 |f | ≤ (2ǫ E) 2 (5.2.4) Nel limite ǫ → 0 le due superfici tendono alla superficie f = 0 che è la quella su cui il punto é vincolato, come mostra la figura 5.2.2. Figura 5.2.1. Andamento del campo di forze elastiche. La forza corrispondente al potenziale Vǫ è data da Fǫvinc = − f grad f ǫ (5.2.5) Il limite f /ǫ è indeterminato per ǫ → 0 perché del tipo 0/0 ed il punto è animato da un moto oscillatorio trasverso alla superficie f = 0, con una frequenza che cresce come ǫ−1/2 . La direzione di F vinc in ogni punto è nota a priori mentre la sua intensità non lo è perché dipende dallo stato di moto. Quindi si scrive F vinc = λ grad f (5.2.6) c 88-08- 9820 5.2. Realizzazione di vincoli olonomi 127 V ε ε ε ε !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!! 1 2 3 E f Figura 5.2.2. Potenziali Vǫ per vincoli bilaterali con ǫ1 <ǫ2 <ǫ3 . dove λ è è una funzione di t che può essere valutata dopo aver determinato il moto del punto sulla superficie. Il vincolo che obbliga un punto a muoversi su una curva definita da (5.1.2) si realizza mediante il campo di forze elastiche il cui potenziale è Vǫ (x, y, z) = 1 1 2 f1 (x, y, z) + f22 (x, y, z) 2ǫ 2ǫ (5.2.7) In questo caso la reazione vincolare appartiene al piano normale alla curva ma la sua direzione e intensità non sono noti a priori. F vinc = λ1 grad f1 + λ2 grad f2 (5.2.8) Vincoli unilaterali Se la condizione di vincolo è espressa da f (x, y, z) ≤ 0 accanto al campo delle forze ordinarie consideriamo un campo conservativo di potenziale Vǫ definito da f <0 0 (5.2.9) Vǫ = 1 f2 f > 0 2ǫ ε ε ε V !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! ε !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! E !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! f !!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! Figura 5.2.3. Potenziali V per vincoli unilaterali con ǫ 1 ǫ 2 3 1 <ǫ2 <ǫ3 . 128 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato 1 Se E è l’energia totale, si trova che f ≤ (2ǫ E) 2 e nel limite ǫ → 0, si realizza la condizione imposta dal vincolo, come mostra la figura 5.2.3. La forza Fǫvinc corrispondente al potenziale Vǫ è data da (5.2.5) e risulta sempre diretta in verso opposto a grad f poiché f > 0. Nel limite ǫ → 0 resta definita la direzione ed il verso di Fǫvinc F vinc = λ grad f, λ<0 (5.2.10) 5.3. COORDINATE LAGRANGIANE Per i vincoli bilaterali olonomi si introducono coordinate indipendenti qi , dette lagrangiane, tramite una trasformazione r = ψ(q), che soddisfa identicamente le equazioni di vincolo. Una sola equazione di vincolo (5.1.1) definisce una superficie o varietà M (in inglese manifold) di dimensione d = 2; se f è una funzione lineare M è una varietà lineare, cioè un piano. Quello che localmente distingue una superficie da un piano è la curvatura; una superficie è identificabile con il piano tangente nell’intorno infinitesimo di ogni punto, con il piano opportunamente deformato se l’intorno è finito. La corrispondenza tra piano e superficie sancisce il cambiamento locale delle proprietà geometriche. La estensione globale della corrispondenza non è possibile nel caso di una superficie chiusa; la sfera ad esempio si può deformare in un dominio piano soltanto se la priviamo di un punto o di suo intorno qualsiasi. Quando le equazioni di vincolo sono due (5.1.2), esse definiscono una curva, o varietà M di dimensione d = 1; se f1 , f2 sono lineari M è una retta. Una curva si identifica con la la retta tangente nell’intorno infinitesimo di un punto, con la retta opportunamente deformata in intorni finiti. La corrispondenza tra la curva e la retta ha carattere locale se la curva è chiusa. Un cerchio è deformabile in un segmento solo se lo priviamo di un punto o di un suo intorno (un elastico si trasforma in un segmento solo dopo averlo tagliato). Un segmento i cui estremi siano identificati è deformabile in un cerchio del quale assume la topologia pur mantenendo le proprietà geometriche (curvatura nulla) del segmento ordinario. Le coordinate lagrangiane si usano anche in assenza di equazioni di vincolo e sono coordinate curvilinee sulla varietà lineare M = R3 di dimensione d = 3. Diamo per completezza, la nomenclatura essenziale per le varietà differenziabili. Varietà differenziabili Sia M una varietà di dimensione d ≤ 3 immersa in R3 . Localmente M ha la stessa topologia di una varietà lineare (il piano se d = 2, la retta se d = 1) se è definita una corrispondenza biunivoca tra aperti A di M ed aperti A di Rd . Carte. Dicesi carta ogni aperto A di Rd ove sia definita una applicazione ψ invertibile con un aperto A di M, vedi figura 5.3.1 r = ψ(q) r ∈ A ⊂ M, q ∈ A ⊂ Rd (5.3.1) q = ψ −1 (r) c 88-08- 9820 5.3. Coordinate lagrangiane 129 Se una applicazione ψ è continua con inverso continuo viene chiamata omeomorfismo, se è differenziabile con inverso differenziabile viene chiamata diffeomorfismo. Nel seguito le applicazioni ψ e ψ −1 saranno di norma indicate con la notazione r = r(q) e q = q(r). CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC BBB BBBCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC P CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC A CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC M CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 2 7777777777777777777777777777 A Q R 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 7777777777777777777777777777 P M CCC CCC R Q Figura 5.3.1. Carta: A=ψ(A) per una varietà M di dimensione d=2 (in alto), d=1 (in basso). Scelto un riferimento cartesiano in Rd il vettore q è identificato da d coordinate qi , che vengono dette coordinate lagrangiane. La carta fornisce una rappresentazione locale della varietà attraverso una parametrizzazione, che soddisfa identicamente le equazioni di vincolo fk (r(q)) ≡ 0. Le carte geografiche, che rappresentano sul piano regioni della sfera terrestre, sono un esempio significativo. Come per la sfera terrestre, per rappresentare una varietà occorrono in genere più carte tra loro compatibili, che diano cioè rappresentazioni equivalenti delle regioni comuni. Carte compatibili. Siano dati gli aperti A ⊂ Rd e A′ ⊂ Rd e le applicazioni invertibili ψ e ψ ′ . Se le immagini in M date dagli aperti A = ψ(A) e A′ = ψ ′ (A′ ) hanno intersezione non vuota e se B, B ′ sono le controimmagini di A ∩ A′ , cioè ψ(B) = ψ ′ (B ′ ) = A ∩ A′ allora è possibile definire una applicazione biunivoca tra B e B ′ , vedi figura 5.3.2. r = ψ(q) = ψ ′ (q′ ) ∈ A ∩ A′ , =⇒ q′ = ψ ′ −1 Se l’ applicazione ψ −1 (ψ ′ ) é differenziabile in B ′ e ψ ′ dicono compatibili. (ψ(q)), −1 q = ψ −1 (ψ ′ (q′ )) (5.3.2) (ψ) lo è in B, allora le due carte si Atlante. L’insieme delle carte compatibili forma un atlante. Per varietà quali superfici e curve, definite da (5.1.1) e (5.1.2), che si dicono immerse in R3 , c’è un numero minimo @@@ @@@ 130 5. Punto vincolato CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC AAAAA P CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC AAAAA AAA A’ A M CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC AAAAA AAA CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@@@@@ @@@ AAAAA AAA CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@@@@@ @@@ −1 −1 AAAAA ψ’ ψ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@@@@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!!!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!!!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!!!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC ψCCC CCC ψ’ CCCCCCC !!!!!!! 777777777777777777 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!!! CCC CCC 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!! AAAA AAAA !!!!!!! CCC 777777777777777777 777777777777777777 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!! AAAA AAAA Q’ A A’ Q 777777777777777777 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!! AAAA AAAA @@@ AAA 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!! AAAA @@@@@ 777777777777777777 AAAA @@@@@ AAA @@@ 777777777777777777 777777777777777777 CCCCCCC !!!!!! AAAA @@@@@ AAAA @@@@@ AAA 777777777777777777 777777777777777777 CCCCCCC 777777777777777777 777777777777777777 Figura 5.3.2. c 88-08- 9820 Carte compatibili. di carte che formano un atlante: due per la sfera, quattro per il toro, due per il cerchio. Una varietà può anche definirsi in modo astratto come classe di equivalenza di atlanti (due atlanti sono equivalenti se loro unione è un atlante). Spazio tangente, spazio normale Data una superficie risulta definito in ogni suo punto un piano tangente ed una retta normale; in ogni punto di una curva è definita una retta tangente ed un piano normale. In ogni punto di una varietà di dimensione d è definita una decomposizione di R3 in uno spazio tangente di dimensione d ed uno spazio normale di dimensione 3 − d. Indicheremo con T M lo spazio tangente, cioè la varietà lineare (piano o retta) tangente ad M nel punto considerato e con N M lo spazio normale, cioè la varietà lineare ortogonale a T M, vedi figura 5.3.3. Una base nello spazio tangente è data da ∂r , ∂qi 1≤i≤d (5.3.3) Una base nello spazio normale è data da grad fk , k ≤3−d (5.3.4) Se v è un vettore dello spazio tangente la sua rappresentazione nella base di T M è data da d X ∂r ui (5.3.5) v= ∂q i i=1 BBB BBB c 88-08- 9820 5.3. Coordinate lagrangiane 131 e ui sono le sue componenti; se v rappresenta il vettore velocità allora ui prendono il nome di velocità generalizzate. L’unione degli spazi tangenti in tutti i punti della varietà è anch’essa una varietà differenziabile, che prende in nome di fibrato tangente ed ha dimensione 2d. Anche il fibrato tangente è localmente in corrispondenza biunivoca con una varietà lineare di dimensione 2d ed al vettore (r, v) del fibrato si associa un vettore di (q, u) ∈ R2d . BBB BBB NM BBB CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 777777777777777 TM CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 777777777777777 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 777777777777777 P CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 777777777777777 M CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@@@@@ 777777777777777 CCC @@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ @@@@@@@ 777777777777777 CCC @@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ @@@@@@@ 777777777777777 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!! 777777 777777 NM 777777 777777 T M 777777 M P 777777 777777 777777 777777 777777 Figura 5.3.3. d=1 (in basso). Spazio normale N M e spazio tangente T M a una varietà M di dimensione d=2 (in alto), Curva tracciata sulla varietà Il problema del moto di un punto vincolato equivale geometricamente allo studio di curve tracciate sulla varietà. La legge del moto q = q(t) definisce sulla carta una curva la cui immagine r(q(t)) su M è la traiettoria del punto nello spazio delle configurazioni. La derivata di q(t) rispetto a t è la velocità generalizzata u, le cui componenti ui = q̇i definiscono tramite (5.3.5) la velocità del punto vincolato v ∈ T M. L’accelerazione ha componenti sia sul piano normale sia sul piano tangente d d X ∂2r dv X ∂r + ui uj = u̇i dt ∂q ∂q ∂q i i j i,j=1 i=1 (5.3.6) La proiezione delle equazioni del moto mdv/dt = F+F vinc sullo spazio tangente T M fornisce un sistema di 2d equazioni differenziali del primo ordine in q, u (coordinate locali del fibrato tangente) la cui soluzione determina il moto del punto sulla varietà. La successiva proiezione sullo spazio normale N M permette di determinare la reazione vincolare. 132 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato 5.4. LAVORI VIRTUALI Le condizioni sulle reazioni vincolari ottenute nel precedente paragrafo 5.2 sono sintetizzate dal postulato dei lavori virtuali per le reazioni vincolari. Definizione. Dicesi spostamento virtuale δr uno spostamento infinitesimo compatibile con i vincoli, considerati fissi all’ istante t se essi dipendono dal tempo. Lo spostamento è invertibile se −δr è ancora uno spostamento virtuale, non invertibile altrimenti. Dicesi lavoro virtuale δW di una forza attiva F e lavoro virtuale δW vinc di una reazione vincolare F vinc per uno spostamento virtuale δr il corrispondente prodotto scalare δW = F · δr, δW vinc = F vinc · δr (5.4.1) Per i vincoli bilaterali gli spostamenti virtuali appartengono al piano tangente δr ∈ T M. Spostamenti non invertibili si hanno in presenza di vincoli unilaterali se si passa da un punto di confine a uno interno. Per vincoli indipendenti da t gli spostamenti reali infinitesimi sono spostamenti virtuali. Notiamo che se i vincoli dipendono dal tempo ciò non è vero. Infatti da d X ∂r X ∂r ∂r δqi , vδt = q̇i δt + δt (5.4.2) δr = ∂qi ∂qi ∂t i i=1 segue che δr = vδt solo se ∂r/∂t = 0 scelti q̇i δt = δqi ; il vettore ∂r/∂t non appartiene a T M. Postulato. Il lavoro virtuale δW vinc di una reazione vincolare è nullo per tutti i possibili spostamenti invertibili, positivo per spostamenti non invertibili. Se il vincolo è bilaterale allora δr ∈ T M e la condizione δW vinc = 0 implica F vinc ∈ N M. Quindi se un punto è vincolato su una superficie, la reazione F vinc è diretta lungo la retta normale, se il punto è vincolato su una curva F vinc appartiene al piano normale. Se il punto è vincolato all’interno di un dominio D la cui frontiera è una superficie chiusa M, in un punto interno lo spostamento δr è completamente arbitrario e quindi da δW vinc = 0 segue F vinc = 0. Su M gli spostamenti invertibili appartengono al piano tangente e da δW vinc = 0 segue che F vinc è normale a M; infine spostamenti non invertibili δr sono quelli che vanno da M a un punto interno e da δW vinc > 0 segue che F vinc è orientato come la normale interna a M. Dal postulato precedente segue una formulazione per le condizioni di equilibrio e di moto di un punto vincolato che non fa intervenire le reazioni vincolari: tutte le informazioni sui vincoli sono contenute negli spostamenti virtuali. Principio dei lavori virtuali. Condizione necessaria e sufficiente per l’equilibrio di un punto è che il lavoro virtuale δW della forza attiva sia nullo per tutti i possibili spostamenti invertibili, negativo per gli spostamenti non invertibili. c 88-08- 9820 5.5. Equazioni del moto δW = F · δr ≤ 0 133 (5.4.3)) Infatti, se un punto è in equilibrio si ha F + F vinc = 0 e δW = −δW vinc ≤ 0 segue dal postulato. Dimostriamo la sufficienza della condizione solo per spostamenti invertibili e procedendo per assurdo. Sia r0 un punto in cui δW è nullo. Supponiamo che a partire dalle condizioni iniziali a r(0) = r0 , v(0) = 0 si abbia, in un intervallo di tempo infinitesimo δt, un moto incipiente che comporta uno spostamento δr dato da δr = r(δt) − r(0) = 1 a(0)δt2 + O(δt3 ) 2 Poiché δr è anche uno spostamento virtuale dal postulato dei lavori virtuali δW segue δW = δW + δW vinc 1 = (F + F vinc ) · δr = ma(0) · a(0)δt2 + O(δt3 ) > 0 2 (5.4.4) vinc =0 (5.4.5) Tale disuguaglianza è in contraddizione con l’ipotesi fatta. Il moto è riconducibile ad un equilibrio nel sistema solidale con il punto. Principio di d’Alembert. Il moto di un punto vincolato è tale che il lavoro virtuale della forza attiva e della forza d’inerzia −m dv è nullo per tutti i possibili spostamenti dt invertibili, negativo per gli spostamenti non invertibili d2 r (5.4.6) δW = F − m 2 · δr ≤ 0 dt Infatti nel sistema solidale con il punto la condizione di equilibrio è espressa da F−m dv + F vinc = 0 dt (5.4.7) e la (5.4.6) è conseguenza del principio dei lavori virtuali. 5.5. EQUAZIONI DEL MOTO Nel caso di vincoli bilaterali olonomi il punto si muove su di una varietà di dimensione d parametrizzata dalle coordinate lagrangiane. Si suppone che la varietà sia liscia e la sua parametrizzazione r = r(q) sia una funzione regolare (con derivata terza continua). Punto non vincolato: d = 3 È data una applicazione invertibile r = r(q) da R3 a R3 . Per ogni punto di r ∈ R3 (in cui la trasformazione non sia singolare) passano tre curve, immagini delle rette parallele agli assi coordinati che passano nel punto corrispondente q ∈ R3 . Le tangenti ∂r/∂qi a 134 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato queste curve formano una base nello spazio tangente T M = R3 e le equazioni del moto nelle coordinate qi si ottengono proiettando su questa base m dv ∂r ∂r =F· · dt ∂qi ∂qi i = 1, 2, 3 (5.5.1) Punto vincolato su una superficie: d = 2 Se il punto è vincolato su di una superficie definita da (5.1.1) e con r = r(q1 , q2 ) indichiamo la sua rappresentazione parametrica, le equazioni del moto nelle coordinate indipendenti q si ottengono proiettando l’equazione (5.1.5) sullo spazio tangente T M. Infatti tenuto conto di (5.2.6) la (5.1.5) si scrive m dv = F + λ grad f (r) dt (5.5.2) e insieme con (5.1.1) costituisce un sistema di quattro equazioni per le quattro variabili x(t), y(t), z(t) e λ(t). La proiezione elimina il contributo della reazione vincolare che appartiene allo spazio normale e porta ad un sistema di due equazioni differenziali nelle due coordinate lagrangiane, q1 , q2 . m ∂r dv ∂r =F· · dt ∂qi ∂qi i = 1, 2 (5.5.3) La traiettoria r = r(t) sulla varietà M è l’immagine della traiettoria q = q(t) sulla carta. Alla stessa equazione conduce principio di d’Alembert, con lo spostamento virtuale δr = ∂r ∂r δq1 + δq2 ∂q1 ∂q2 (5.5.4) dove δq1 , δq2 sono arbitrari e indipendenti tra loro. Punto vincolato su una curva: d = 1 Nel caso di un punto vincolato su una curva definita da (5.1.2) con grad f1 e grad f2 indipendenti, l’equazione del moto (5.1.5) tenuto conto di (5.2.8), si scrive m dv = F + λ1 grad f1 (r) + λ2 grad f2 (r) dt (5.5.5) La (5.5.5), (5.1.2) costituiscono un sistema di cinque equazioni nelle cinque incognite x(t), y(t), z(t), λ1 (t) e λ2 (t). Introdotta una rappresentazione parametrica della curva r = r(q), che soddisfa identicamente le (5.1.2), la proiezione della equazione del moto elimina i contributi delle reazioni vincolari si scrive m d2 v ∂r ∂r 2 · ∂q = F · ∂q dt (5.5.6) c 88-08- 9820 5.5. Equazioni del moto 135 Se si parametrizza la curva tramite la sua ascissa curvilinea e si scelgono i versori del triedro principale τ e n, b come base sulla retta tangente e sul piano normale, detto ρ il raggio di curvatura, vedi paragrafo 1.5, l’ equazione (5.1.5) diventa ms̈ = Fτ ṡ2 m = Fn + Fnvinc ρ 0 = Fb + Fb vinc (5.5.7) avendo posto F vinc = Fnvinc n + Fb vinc b. La prima equazione, equivalente a (5.5.6), determina il moto s = s(t), le altre due la reazione vincolare. Equazioni di Lagrange Introduciamo le componenti ui = q̇i della velocità v sulla base dello spazio tangente T M, vedi (5.3.5), e, per un vincolo indipendente da t, scriviamo la energia cinetica d 1 X m Tij ui uj , T = v·v = 2 2 (5.5.8) j,k=1 dove Tij sono definiti da Tij = m ∂r ∂r · = mgij ∂qi ∂qj (5.5.9) e gij sono i coefficienti della metrica sulla varietà M, vedi paragrafo 5.A. Le 2d coordinate (qi , ui ) indipendenti nello spazio delle fasi, soddisfano un sistema di 2d equazioni differenziali del primo ordine, che possono essere scritte nella forma dqi = ui dt (5.5.10) ∂T d ∂T − = Qi dt ∂ui ∂qi dove Qi = F · ∂r/∂qi sono le componenti covarianti di F sulla base dello spazio tangente, dette anche forze generalizzate di Lagrange. La derivazione da (5.5.6) è basata sulla seguente identità dv ∂r d ∂r ∂v ∂r ∂v d d m −v· − mv · v· v· · =m =m (5.5.11) dt ∂qi dt ∂qi dt ∂qi dt ∂ui ∂qi ove si è usata la dipendenza lineare di v da ui che implica ∂r/∂qi = ∂v/∂ui e la regolarità delle funzioni che consente di scambiare le derivate d/dt con ∂/∂qi . In termini geometrici le equazioni (5.5.10) individuano una traiettoria sulla carta locale del fibrato tangente T M ove (qi , ui ) sono le coordinate. 136 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato Le equazioni del moto possono essere scritte come un sistema di d equazioni differenziali del secondo ordine nelle qi . Convenendo di considerare qi e q̇i come indipendenti queste equazioni, note come equazioni di Lagrange, assumono la forma ∂T d ∂T − = Qi dt ∂ q̇i ∂qi (5.5.12) Vincoli unilaterali In presenza di vincoli unilaterali del tipo f (x, y, z) ≤ 0 il problema del moto si divide in due problemi distinti a seconda che la traiettoria appartenga all’interno del dominio D o alla sua frontiera M. Nei punti interni la reazione vincolare è nulla e quindi (x, y, z) sono coordinate indipendenti. Se il punto iniziale r(0) è un punto interno di D, allora si risolve il problema di Cauchy determinando la traiettoria fino all’istante t∗ in cui avviene il contatto con la frontiera r(t∗ ) ∈ M. Consideriamo dapprima il contatto non tangenziale v(t∗ ) 6∈ T M. Nei biliardi (domini del piano in cui il punto si muove non soggetto a forze attive) con frontiera convessa, questo è l’unico possibile poiché le traiettorie sono rettilinee. Il contatto con la frontiera è un urto, per il quale vale la legge della riflessione. La reazione vincolare agisce infatti come una forza impulsiva diretta lungo la normale; pertanto può alterare solo la componente normale della velocità Z t∗ +ǫ Z t∗ +ǫ 1 I 1 vinc [F (t) + F(t)]dt = F vinc (t)dt = n v(t∗ + 0) − v(t∗ − 0) = lim lim m ǫ→0 t∗ −ǫ m ǫ→0 t∗ −ǫ m (5.5.13) dove n è la normale interna, I l’impulso della reazione. Le forze attive sono non singolari ed il loro impulso in un intervallo di tempo 2ǫ per ǫ → 0 è nullo. Pertanto la componente tangenziale della velocità è continua mentre la sua componente normale cambia di segno vn (t∗ + 0) = −vn (t∗ − 0). Infatti la norma di v è continua come conseguenza della conservazione dell’energia se le forze sono conservative poiché r(t) è continua T (t∗ + 0) = E − V (r(t∗ + 0)) = E − V (r(t∗ − 0)) = T (t∗ − 0) (5.5.14) Se il contatto è tangenziale allora, il moto avviene sulla frontiera ed obbedisce alle equazioni di Lagrange nelle coordinate q che parametrizzano la frontiera. Il punto può tuttavia abbandonare la frontiera; il distacco avviene nell’istante in cui la reazione del vincolo si annulla. Se il punto si muove in un dominio D del piano, detta s l’ascissa curvilinea sulla frontiera di D, la prima equazione (5.5.7) determina il moto, la seconda la reazione vincolare. Se D è il piano privato di un dominio convesso con normale interna n, la reazione vincolare sulla frontiera di D è data da F vinc = −F vinc n, dove F vinc ≥ 0. La condizione di distacco Fnvinc = 0 ha una forma semplice se la forza F è conservativa con potenziale V e si scrive 2 v2 (5.5.15) F vinc = Fn − m = Fn − [E − V (s)] = 0 ρ ρ c 88-08- 9820 5.6. Pendolo ed altri esempi 137 5.6. PENDOLO ED ALTRI ESEMPI Se un punto è vincolato su una curva parametrizzata con l’ascissa curvilinea, le equazioni del moto proiettate sulla terna intrinseca sono date da (5.5.7). La prima equazione coincide con quella di Lagrange e fornisce la legge del moto; infatti T = mṡ2 /2 e Q = F·∂r/∂s = Fτ . Come applicazione consideriamo un punto soggetto a forza peso ed a forza dissipativa F = −mgj − β0 v, vincolato su una circonferenza x2 + y 2 − R2 = 0 nel nel piano verticale xy, vedi figura 5.6.1. Detta s = Rφ l’ascissa curvilinea misurata rispetto al punto di minima altezza con verso positivo antiorario, si ha r(s) = R sin(s/R) i − R cos(s/R) j. La forza generalizzata di Lagrange è Q=F· s ∂r = −mg sin − β0 ṡ ∂s R (5.6.1) da cui segue che ms̈ = −mg sin s − β0 ṡ R (5.6.2) oppure usando la variabile angolare φ = s/R φ̈ + ω 2 sin φ + β φ̇ = 0, ω2 = g , R β= β0 m (5.6.3) Per determinare il valore della reazione vincolare F vinc = F vinc n si considera la seconda delle equazioni (5.5.7) che fornisce F vinc = mg cos φ+mrφ̇2 ; quindi la reazione del vincolo bilancia la componente normale della forza peso e la forza centrifuga. y !!! !!! !!! x φ Figura 5.6.1. Pendolo. 138 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato Anche i sistemi vincolati soggetti a forze conservative hanno come integrale primo l’energia H = T + V . A tal fine è sufficiente osservare che F vinc · v = 0 poiché v ∈ T M e quindi moltiplicando per scalarmente per v la (5.1.5) si trova dT /dt = F·v = −dV /dt. La energia H si esprime come funzione delle coordinate lagrangiane che parametrizzano M e delle velocità generalizzate. Nel caso del pendolo si trova H = 12 mṡ2 − mg cos(s/R) Vincoli unilaterali Come primo esempio consideriamo un punto P appoggiato sul bordo di un disco verticale, di centro O e raggio R (condizione di vincolo x2 + y 2 ≥ R2 ), inizialmente fermo in un punto arbitrariamente vicino al punto N di massima altezza, vedi figura 5.6.2. Detto φ l’angolo formato dalle semirette ON e OP le equazioni del moto proiettate sulla tangente e sulla normale (interna) alla circonferenza sono mRφ̈ = mg sin φ (5.6.4) 2 vinc mRφ̇ = mg cos φ − F y F vinc N P AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA φ P* AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAA !!!!!! AAAAAAAAAAAAAAA !!!!!! !!!!!! Figura 5.6.2. Distacco da un disco. !!!!!! x La prima equazione ha un integrale primo che si valuta con la condizione iniziale φ(0) = 0, φ̇(0) = ǫ m 2 Rφ̇ + mg cos φ = mg cos ǫ (5.6.5) 2 e sostituendo nella seconda delle (5.6.4) si ottiene F vinc da cui la condizione di distacco F = mg(3 cos φ − 2 cos ǫ) vinc (5.6.6) = 0 si ha per φ = arc cos(2/3) nel limite ǫ → 0. c 88-08- 9820 5.6. Pendolo ed altri esempi 139 Un secondo esempio è costituito dai biliardi: si consideri una particella non soggetta a forze che si muove all’interno di un dominio convesso nel piano z = 0 definito dalla equazione f (x, y) ≤ 0. La traiettoria sarà formata da segmenti rettilinei con estremi sulla frontiera. Nel caso del bigliardo circolare, vedi figura 5.6.3, detta s è l’ascissa curvilinea sulla frontiera, la traiettoria è definita dalla successione (sn , αn ) dove sn è l’ascissa dell’i-esimo contatto con la frontiera e αn l’angolo formato con la normale, dove sn = sn−1 + R(π − 2αn−1 ) αn = αn−1 (5.6.7) La condizione perché l’orbita sia chiusa e costituita da una poligonale con n lati è che esista un intero k tale che sn = s0 + k 2πR e tenendo conto che da (5.6.7) segue sn = s0 + n(π − 2α0 )R si ha 1 k (5.6.8) − α0 = π 2 n @@@ @@@i punti di contatto sono densi sul cerchio e l’orbita è densa su di Se α0 /(2π) è irrazionale un anello di raggi R @@@ e R sin α0 . @@@ @@@ @@@ !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! α AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! π-2 α α AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! AAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAA Figura 5.6.3. Biliardo. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 140 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato 5.A. GEOMETRIA DELLE SUPERFICI Consideriamo una superficie M parametrizzata da r = r(q1 , q2 ) (5.A.1) Con i vettori di base ∂r/∂qi , i = 1, 2 dello spazio tangente T M costruiamo la matrice metrica ∂r ∂r g11 g12 , gij = G= · (5.A.2) g12 g22 ∂qi ∂qj e un vettore unitario m ∈ N M come prodotto vettoriale tra i due vettori di base 2 in T M. ∂r ∂r × ∂q Con l’identità vettoriale ka×bk2 = kak2 kbk2 −(a·b)2 si verifica che ∂q = det G 1 2 e quindi il versore normale m è dato da ∂r ∂r × ∂q ∂q2 m = √1 det G (5.A.3) La trasformazione è invertibile in tutti i punti ove la matrice G è non singolare. Infatti se det G 6= 0 i due vettori di base non sono allineati; il loro prodotto vettoriale ha almeno una componente non nulla, che coincide con uno dei minori della matrice 2 × 3 che ha come ∂x ∂y ∂x ∂y − ∂q righe le loro componenti. Se ad esempio la terza componente è non nulla ∂q 1 ∂q2 2 ∂q1 allora la trasformazione x = x(q1 , q2 ), y = y(q1 , q2 ) localmente è invertibile. CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC Pa CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC Pb M CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 77777777777777777777777777 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 Q 77777777777777777777777777 CCC 2 a 77777777777777777777777777 CCC Q R b 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 Figura 5.A.1. Curve tracciate sulla carta e su M. Le famiglie di rette ortogonali q1 = c1 , q2 = c2 nel piano hanno come immagine famiglie di curve tracciate sulla superficie, vedi figura 5.A.2. Ai vettori infinitesimi ortogonali c 88-08- 9820 5.A. Geometria delle superfici 141 ∂r ∂r dq1 e1 , dq2 e2 nel piano corrispondono i vettori infinitesimi ∂q dq1 , ∂q dq2 sulla superficie 1 2 p 2 2 ed all’elemento d’arco dq1 + dq2 e di superficie orientata dq1 dq2 e3 corrispondono sulla superficie l’elemento d’arco ds = q g11 dq12 + g22 dq22 + 2g12 dq1 dq2 (5.A.4) e l’elemento di superficie orientata definita dal vettore dS, vedi figura 5.A.2. BBB BBB dS = q ∂r ∂r 2 dq dq dq1 × dq2 = m g11 g22 − g12 1 2 ∂q1 ∂q2 (5.A.5) grad f r dq CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 2 q CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 2 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC BBBBBBBBBB CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC BBBBBBBBBB M CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC BBB r BBBBBBBBBB CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ BBB BBB BBB BBBBBBBBBB dq 1 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ @@@ BBB BBB BBB q 1 CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ @@@ CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC @@@ !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC e3 !!!! CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCC 77777777777777777777777777 !!!! 77777777777777777777777777 e 2 dq 2 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB CCC 2 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB CCC R 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB e 1 dq 1 77777777777777777777777777 BBBBBBBBB 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 77777777777777777777777777 Figura 5.A.2. Elemento di linea e di superficie. Prima e seconda forma fondamentale Consideriamo una curva tracciata sulla carta, di equazione parametrica q = q(t), e sia r(q(t)) la sua immagine sulla superficie. La derivata di r rispetto a t è un vettore tangente alla curva espresso da (5.3.5) mentre la sua derivata seconda è data da (5.3.6). Detta s l’ascissa curvilinea la velocità ed accelerazione son date (1.5.14) e (1.5.15) che richiamiamo v = ṡτ , dv ṡ2 = s̈τ + n dt ρ (5.A.6) c 88-08- 9820 5. Punto vincolato 142 dove τ ∈ T M mentre n ha componenti sia su T M sia su N M. La proiezione della accelerazione (5.3.6) sullo spazio tangente è data da 2 2 ∂r dv X ∂gij ∂gjk 1 X ∂gik · + − uj uk gij u̇j + = ∂qi dt 2 ∂q ∂q ∂q j k i j=1 (5.A.7) j,k=1 dove i termini tra parentesi graffa prendono il nome di simbolo di Christoffel. Per provare la (5.A.7) usiamo dapprima la seguente identità P ∂r j,k ∂qi 2r k ∂qj · ∂q∂ P uj uk = ∂ j,k ∂qk ∂r ∂qi ∂r · ∂q j uj uk − P j,k ∂r ∂ ∂qk ∂qi ∂r uj uk · ∂q j Sfruttando la regolarità di r(q1 ,q2 ) che consente di scambiare l’ordine delle derivate seconde e scambiando successivamente tra loro gli indici di somma j,k la seconda sommatoria diventa P j,k ∂r ∂ ∂qi ∂qk ∂r · ∂q uj uk = 12 j P ∂ ∂r ∂qi ∂qk j,k ∂r · ∂q uj uk + 12 j P j,k ∂ ∂r ∂qi ∂qj ∂r uj uk = 21 · ∂q k Scambiando ancora gli indici jk nella prima sommatoria si ottiene infine la (5.A.7). P jk ∂gjk ∂qi uj uk La proiezione sullo spazio normale è data da m· 2 2 X X dv ∂2r m· hjk uj uk = uj uk ≡ dt ∂qj ∂qk j,k=1 (5.A.8) j,k=1 dove hjk sono i coefficienti di una matrice simmetrica (G è definita positiva mentre H in genere non lo è). H= h11 h12 h12 h22 , hjk = m · ∂m ∂r ∂2r =− · ∂qj ∂qk ∂qj ∂qk (5.A.9) L’ultima relazione si verifica derivando rispetto a qj il prodotto scalare tra i due vettori ortogonali m e ∂r/∂qk . Il quadrato della velocità è espresso da una forma quadratica, detta prima forma fondamentale di Gauss, la cui matrice dei coefficienti è G; la proiezione della accelerazione sulla normale m a M è una forma quadratica, detta seconda forma fondamentale, la cui matrice dei coefficienti è H. ṡ2 = v · v = u · Gu, m· dv = u · Hu dt (5.A.10) Moltiplicando la (5.A.6) scalarmente per m ed usando (5.A.10), il rapporto tra m · n ed il raggio di curvatura ρ risulta uguale al rapporto tra la seconda e la prima forma fondamentale. u · Hu m·n = (5.A.11) ρ u · Gu c 88-08- 9820 5.A. Geometria delle superfici 143 Indicando con φ l’angolo tra m e n, consideriamo una famiglia di curve che abbiano la stessa tangente τ e quindi stesso u ma normale n variabile. La curvatura della curva, la cui normale n ha la stessa direzione di m, si chiama curvatura principale ed il piano (τ , m) si chiama sezione principale. Per ogni famiglia di curve con la stessa tangente (stesso u) n·m/ρ ha sempre lo stesso valore che indichiamo con ±R−1 dove R è la curvatura principale (il segno è legato al verso n = ±m della normale sulla sezione principale). Detto φ l’angolo tra n e m da (5.A.11) segue la relazione tra la curvatura ρ e la curvatura principale ρ = R cos φ (5.A.12) nota come teorema di Menusier, il cui significato geometrico è illustrato, nel caso di una sfera, dalla figura 5.A.3. CCCCCCCCCCCC ρ φ CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC R CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC CCCCCCCCCCCC m n !!!!!!! !!!!!!! !!!!!!! Figura 5.A.3. Curvatura ρ=R cos φ. !!!!!!! !!!!!!! !!!!!!! Curvature principali Consideriamo come varia la curvatura della sezione normale quando varia la tangente della famiglia di curve tracciate per il punto considerato. Abbiamo cosı́ 1 u · Hu G1/2 u · (G−1/2 HG−1/2 ) G1/2 u = = R u · Gu G1/2 u · G1/2 u (5.A.13) Quindi se con S indichiamo la matrice ortogonale che diagonalizza G1/2 HG1/2 e poniamo G1/2 HG1/2 = S̃ΛS, si ha 1 = w · Λw, R G1/2 u w = S 1/2 , kG uk (5.A.14) Se indichiamo con 1/R1 e 1/R2 gli autovalori di Λ e notiamo che kwk = 1 poiché S é ortogonale, allora possiamo scrivere w = (cos θ, sin θ) e quindi 1 cos2 θ sin2 θ + = R R1 R2 (5.A.15) 144 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato Il vettore |R|1/2 w, le cui componenti sono (|R|1/2 cos θ, |R|1/2 sin θ), appartiene ad una conica, detta indicatrice di Dupin. Si distinguono tre casi: i) ellittico se det H > 0 e quindi R1 , R2 hanno segno uguale, ii) iperbolico se det H < 0 e quindi R1 , R2 hanno segni opposti iii) parabolico se det H = 0. Gli invarianti per la matrice G−1/2 HG−1/2 sono la traccia ed il determinante. La curvatura di Gauss R1 R2 è definita da det H h11 h22 − h212 1 = det G−1/2 HG−1/2 = = 2 R1 R2 det G g11 g22 − g12 (5.A.16) e la curvatura media 1 1 1 1 g22 h11 + g11 h22 − 2g12 h12 1 1 = Tr (G−1/2 HG−1/2 ) = Tr (G−1 H) = + 2 2 R1 R2 2 2 2 g11 g22 − g12 (5.A.17) Una famiglia di superfici vicine ad una superficie data è rappresentata da r′ =r(q1 ,q2 )+ν(q1 ,q2 )m(q1 ,q2 ) ove ν è infinitesimo. Usando l’identità vettoriale (a×b)2 =kak2 kbk2 −(a·b)2 , al primo ordine in ν si ottiene ′ ′ 1 2 ∂r ∂r k ∂q × ∂q k2 =(g11 −2νh11 )(g22 −2νh22 )−(g12 −2νh12 )2 da cui segue dS ′ =dS[1−ν Tr (G−1 H)] La differenza di area si ottiene integrando S ′ −S=− R ν 1 R1 + R1 2 dS Una conseguenza è che la superficie con bordo assegnato che ha area minima è quella con curvatura media nulla (teorema di Plateau). Infatti se una superficie ha area minima S e curvatura non nulla in una data regione scegliendo ivi ν dello stesso segno si avrebbe S ′ <S . Geodetiche Si dice geodetica una curva la cui normale coincida in ogni punto con la normale alla superficie cioè per cui si abbia n = m. La traiettorie che un punto non soggetto a forze descrive su una superficie cui è vincolato sono geodetiche. Infatti la equazione del moto si scrive ms̈τ + m ṡ2 n=F ρ vinc m (5.A.18) ed è immediato provare che n = m. Infatti poiché entrambi sono ortogonali a τ ne segue che s̈ = 0 e quindi ṡ2 vinc (5.A.19) n = m, F =m ρ Allora s risulta proporzionale a t e l’equazione per la geodetica si scrive annullando l’accelerazione tangenziale le cui componenti sulla base in T M sono date da (5.A.7). c 88-08- 9820 5.B. Varietà rilevanti 145 5.B. VARIETÀ RILEVANTI Come applicazione delle considerazioni generali fatte in precedenza descriviamo alcune tra le varietà che si incontrano più comunemente nei problemi di meccanica. Circonferenza È l’ intersezione del cilindro x2 + y 2 = R2 con il piano z = 0, ortogonale al suo asse. Scegliendo come parametro l’angolo φ, misurato nel verso antiorario a partire dal punto (0, R) si ha la seguente rappresentazione x = R cos φ y = R sin φ (5.B.1) L’immagine dell’intervallo [0, 2π] è l’intera circonferenza, ma i punti φ = 0, 2π hanno la stessa immagine (R, 0). A A A A A A A Fa 5.B.1. Equivalenza topologica tra il toro T ed il cerchio. La trasformazione è differenziabile e la sua inversa è data da x y≥0 arc cos R φ= 2π − arc cos x y<0 R (5.B.2) La trasformazione è biunivoca e continua solo se si identificano gli estremi dell’intervallo 0, 2π su cui φ è definita. Il segmento [0, 2π] con gli estremi identificati è il toro unidimensionale T1 , topologicamente equivalente alla circonferenza, cui si riconduce per deformazione continua, come mostra la fa (5.B.1). Il toro T1 è ugualmente definito come la retta reale, ove si identifichino i punti traslati di multipli interi di 2π, e si scrive T1 = R \ (2πZ). Quando l’angolo varia sulla retta reale, il punto corrispondente sul toro T1 è dato da φ − 2πn, dove n è la parte intera di φ/(2π). L’intero n indica in numero intero di volte che la circonferenza è percorsa nel passare dall’origine ad un dato punto. Se φ ∈ T1 l’applicazione inversa è continua ma non differenziabile nei punti x = ±R, y = 0 come mostra la (5.B.2). poiché dφ/dx = −(R2 − x2 )−1/2 se y > 0 e dφ/dx = (R2 − x2 )−1/2 se y < 0. Il passaggio da T1 a R, detto sollevamento, non altera le variabili dinamiche, che sono funzioni periodiche di φ con periodo 2π. 146 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato φ !!!!!! !!!!!! !!! 2π !!! !!! !!! !!! y φ y<0 π x y>0 −R 0 R x Figura 5.B.2. Grafico di φ=φ(x). Proiezione stereografica Una rappresentazione differenziabile della circonferenza necessita di almeno due carte. Consideriamo la proiezione stereografica, che consiste nel proiettare un punto P da punti diametralmente opposti N, S, detti poli, sulle rette tangenti in N, S rispettivamente. La trasformazione r = r(q), che definisce la prima carta, si scrive notando che tra gli angoli φ e α, definiti in figura 5.B.3, intercorre la relazione φ = π/2 − 2α e che cos α = q(q 2 + 4R2 )−1/2 , sin α = 2R(q 2 + R2 )−1/2 q 2 − 4R2 , q 2 + 4R2 (5.B.3) ′ In modo analogo la trasformazione r = r(q ), che definisce la seconda carta, si ottiene notando che nella seconda figura 5.B.4 φ = 2α − π/2 x = R cos φ = R sin(2α) = R 4qR , 2 q + 4R2 4q ′ R , x = R ′2 q + 4R2 y = R sin φ = R cos(2α) = R 2 4R2 − q ′ y = R ′2 , q + 4R2 (5.B.4) Le trasformazioni inverse q = 2R x , R−y q ′ = 2R x R+y (5.B.5) seguono dalla similitudine dei triangoli QN S, P N A e dei triangoli Q′ SN, P SA della prima e seconda figura 5.B.4. Da (5.B.5) segue la relazione qq ′ = 4R2 che prova la compatibilità delle due carte. N Q’ N β β α P O φ O β α S Figura 5.B.3. φ β Q S Proiezione stereografica per una circonferenza. P c 88-08- 9820 5.B. Varietà rilevanti N N P A P O Q Figura 5.B.4. Q’ A’ O S 147 S Trasformazione inversa. Il cilindro Questa superficie è data da x2 +y 2 = R2 e viene parametrizzata da r = R cos φi+R sin φj+ zk dove q1 = φ, q2 = z. Per la normale m e le due matrici G, H si trova 2 cos φ R 0 −R 0 m = sin φ , G= , H= (5.B.6) 0 1 0 0 0 sicché i raggi principali sono R1 = −R, R2 = ∞ e tutti i punti sono parabolici. La parametrizzazione data è un omeomorfismo con T1 ×R. Un diffeomorfismo richiede almeno due carte. La sfera La sfera definita dalla equazione x2 + y 2 + z 2 = R2 ammette la seguente rappresentazione parametrica con q1 = θ, q2 = φ ( x = R sin θ cos φ (5.B.7) y = R sin θ sin φ z = R cos θ con 0 ≤ φ ≤ 2π, 0 ≤ θ ≤ π. Il calcolo del vettore m e delle matrici G, H fornisce sin θ cos φ 1 0 1 0 2 G=R , H = −R m = sin θ sin φ , 0 sin2 θ 0 sin2 θ cos θ (5.B.8) Da G−1 H = −R−1 I segue che dunque tutti i punti sono ellittici con curvatura R; il segno − si ha perché m = R−1 r = −n. Da det G = R4 sin2 θ, segue che la trasformazione è non invertibile per θ = 0, π. Identificando φ = 0 e φ = 2π si trasforma il rettangolo [0, 2π] × [0, π] in un cilindro, ma per ottenere la sfera occorre ridurre ad un punto ciascuna delle due basi, vedi figura 5.B.5. 148 c 88-08- 9820 5. Punto vincolato B B BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB A B A A Deformazione di [0,2π]×[0,π] nella sfera. Figura 5.B.5. Una rappresentazione regolare della sfera necessita di due carte come quelle fornite dalla proiezione stereografica da due poli sui rispettivi piani tangenti. Toro Il toro si ottiene facendo ruotare una circonferenza attorno ad un asse del piano cui appartiene. Se (R, 0, 0) è il centro della circonferenza di raggio r < R ruotandola attorno all’asse z si genera un toro la cui equazione è 2 p x2 + y 2 − R + z 2 = r 2 (5.B.9) Consideriamo il piano x′ z ottenuto ruotando il piano xz attorno all’asse z di un angolo φ. Sia P un punto sulla circonferenza di centro C e raggio r in cui il piano x′ z interseca il toro e θ l’angolo poloidale, che la semiretta CP forma con l’asse x′ , vedi figura 5.B.6. Da z = r sin θ, x′ = R + r cos θ, tenendo conto che x = x′ cos φ, y = x′ sin φ si ottiene la seguente rappresentazione parametrica con q1 = θ, q2 = φ ( x = (R + r cos θ) cos φ y = (R + r cos θ) sin φ z = r sin θ (5.B.10) dove φ ∈ [0, 2π], θ ∈ [0, 2π]. Il calcolo di m, G, H fornisce cos θ cos φ m = − cos θ sin φ , sin θ G= r2 0 0 (R + r cos θ)2 , H= r 0 0 (R + r cos θ) cos θ (5.B.11) c 88-08- 9820 5.B. Varietà rilevanti 149 z CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC φ CCCCCCCCCC BBBB CCCCCCCCCC BBBB θ CCCCCCCCCC BBBB CCCCCCCCCC BBBB CCCCCCCCCC BBBB CCCCCCCCCC BBBB CCCCCCCCCC BBBB !!!!!!!!!!!!!! CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC!!!!!!!!!!!!!! parametrizzazione CCCCCCCCCC!!!!!!!!!!!!!! del toro CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC!!!!!!!!!!!!!! CCCCCCCCCC!!!!!!!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!! CCCCCCCCCC x’CCCCCCCCCC CCCCCCCCCC Figura 5.B.6. Parametrizzazione del toro. x y E le due curvature principali sono r e r + R/ cos θ. Essendo det G = r2 (R + r sin θ)2 > 0, la trasformazione risulta invertibile ed è continua se nel quadrato [0, 2π]×[0, 2π] identifichiamo i lati opposti cioè φ = 0 con φ = 2π e θ = 0 con θ = 2π. Questa identificazione porta con deformazione continua il quadrato in un cilindro e quindi nel toro, vedi figura 5.B.7. Se nel piano identifichiamo tutti i punti ottenuti per traslazione del vettore 2π(n1 , n2 ) otteniamo il toro T2 = R2 \ (2πZ)2 , che è una varietà senza curvatura, omeomorfa alla superficie definita da (5.B.10). B BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB BBBBBBBBBBBB A B A A Figura 5.B.7. Deformazione di [0,2π]×[0,2π] nel toro. B