SUCCESSIONI – DIRITTO DI ACCETTARE L`EREDITA` – ART. 524
by user
Comments
Transcript
SUCCESSIONI – DIRITTO DI ACCETTARE L`EREDITA` – ART. 524
SUCCESSIONI – DIRITTO DI ACCETTARE L’EREDITA’ – ART. 524 C.C. [Tribunale di Brindisi, 19 dicembre 2012] Fatto. Con atto depositato in data 6.12.2006, il ricorrente affermava di aver prestato, ininterrottamente dal 15.10.1981 al 15.08.2005, la propria attività lavorativa (con mansioni di operaio)alle dipendenze del resistente. Deduceva altresì che per alcuni periodi aveva lavorato in nero. Lamentava che per l’attività prestata non gli erano state corrisposte somme a titolo di differenze retributive, tfr, lavoro straordinario, festività, tredicesima. Sosteneva di aver percepito una retribuzione inferiore a quella a lui spettante in virtù del ccnl applicabile, chiedendo la condanna del resistente, anche ai sensi dell’art. 2112 c.c., al pagamento della somma di euro 247.576,79, oltre rivalutazione e interessi. Il resistente si costituiva, contestando gli assunti del ricorrente e concludendo per il rigetto del ricorso con vittoria di spese. Il giudizio veniva interrotto per decesso del resistente ed i chiamati all’eredità del resistente si costituivano eccependo il proprio difetto di legittimazione. La sentenza dichiara il difetto di legittimazione passiva dei convenuti. MOTIVI DELLA DECISIONE La sentenza accoglie l’eccezione del difetto di legittimazione dei convenuti, sulla base delle seguenti motivazioni. La prima convenuta aveva rinunciato espressamente all’eredità con dichiarazione rilasciata presso la Cancelleria del Tribunale di Brindisi. Gli altri due convenuti non potevano considerarsi eredi, ma semplici chiamati all’eredità, non avendo essi proceduto né all’accettazione dell’eredità né alla rinuncia della stessa. In particolare, per giurisprudenza pacifica (Cass. Civ. 113571/06 e Cass.civ. 7517/2011), i chiamati all’eredità non acquistano la qualità di eredi fino all’accettazione, espressa o tacita, dell’eredità. Né la loro costituzione in giudizio comporta accettazione tacita dell’eredità ed il conseguente acquisto, in capo ai medesimi, della qualità di eredi, ove i convenuti, come nel caso di specie, si limitino ad eccepire il proprio difetto di legittimazione in quanto non eredi. 1. I CREDITORI POSSONO ACCETTARE L’EREDITA’ DEL DEBITORE DEFUNTO? La sentenza in oggetto consente di focalizzare l’attenzione sulla sussistenza o meno, in capo ai creditori, della legittimazione ad accettare l’eredità del proprio debitore. Nel caso de quo, infatti, il debitore resistente, contro cui aveva agito il creditore, decede nelle more del processo, causando l’interruzione del giudizio. I convenuti ai sensi dell’art. 111 c.p.c. eccepiscono il proprio difetto di legittimazione, rivestendo essi la sola qualità di chiamati all’eredità. Una delle resistenti, infatti, aveva rinunciato espressamente all’eredità. Gli altri non avevano né accettato l’eredità né rinunziato alla stessa. Ora, alla luce del vigente sistema normopositivo civile, il creditore del de cuius, in caso di mancata accettazione dell’eredità, non ha diritto di accettare la delazione del proprio debitore, ai fine di soddisfare il proprio interesse creditorio. Il diritto alla delazione ereditaria è, infatti, un diritto potestativo di natura personale ed indisponibile, il cui esercizio è rimesso esclusivamente alla discrezionale volontà dei chiamati all’eredità. I creditori del de cuius, quindi, non possono agire in giudizio per accettare l’eredità in luogo dei chiamati. La natura personale del diritto di accettare l’eredità trova la sua conferma anche con riferimento ai creditori del chiamato. La dottrina maggioritaria 1, infatti, non solo nega che l’accettazione dell’eredità possa essere realizzata dai creditori personali del de cuius, ma esclude anche che i creditori dei chiamati possano accettare la delazione del proprio debitore-chiamato, mediante esercizio dell’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.). Il diritto di accettare l’eredità è un diritto di natura potestativa, come tale incompatibile con l’art. 2900 cc., che presuppone un obbligo e non una mera soggezione. D’altronde, se si consentisse al creditore di accettare l’eredità devoluta al proprio debitore, il chiamato-debitore perderebbe il diritto di rinunziare all’eredità a lui devoluta. 2. I PRESUPPOSTI DELLA ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’ IN NOME E IN LUOGO DEL RINUNZIANTE (art. 524 c.c.) Si è detto che il creditore del de cuius non ha la legittimazione ad accettare l’eredità in luogo dei chiamati. Ci si chiede, quindi, se nella fattispecie oggetto della sentenza in commento possa trovare applicazione l’art. 524 c.c. ai sensi del quale “se taluno rinuncia, anche senza frode, ad un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti”. Detta norma, pur parlando espressamente di “autorizzazione all’accettazione dell’eredità”, non comporta il conseguimento del titolo di erede né da parte del rinunziante né da parte dei suoi creditori. La norma, piuttosto, disciplina, secondo unanime giurisprudenza 2, un’azione di natura cautelare e strumentale alla tutela degli interessi creditori. Ed infatti, essa consente ai creditori, in virtù di autorizzazione del giudice competente, di procedere esecutivamente sui beni ereditari, fino al soddisfacimento dei propri crediti. L’azione dell’art. 524 c.c. è un’azione autonoma, non assimilabile né all’azione surrogatoria (art.2900 c.c.) né all’azione revocatoria (art.2901). È differente dall’azione surrogatoria, in quanto: - non ha finalità recuperatorie dei beni ereditari; - non ha come presupposto l’inerzia del debitore. L’azione dell’art. 524 c.c., infatti, è azione strumentale all’esecuzione individuale sui beni del de cuius. Differisce, poi, dall’azione revocatoria, in quanto: - non ha come presupposto la frode del debitore (la norma espressamente afferma “anche senza frode”); - non produce come effetto la dichiarazione di inefficacia dell’atto di rinuncia nei confronti dei creditore procedente. 1 BIGLIAZZI-GERI, Della tutela dei diritti. Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Comm. cod. civ., Torino, 1980, pag. 42; FERRI, Successioni in generale, Art. 456-511, in Comm. Cod. Civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980, pag. 227; GROSSO-BURDESE, Le successioni. Parte Generale, in Tratt. Dir. civ. it., diretto da Vassalli, XII, Torino, 1977, pag. 256; CICU, Successioni per causa di morte. Parte generale, in Tratt. Dir. civ, e comm., diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1961, pag. 176. 2 Cass. Civ. 24 novembre 2003, n. 17866; Cass. Civ. 29 marzo 2007, n. 7735. L’azione in esame può essere esperita unicamente ove vi sia stata un atto di rinunzia del chiamato all’eredità. Non anche, invece, se il chiamato abbia perso il diritto alla delazione ereditaria per prescrizione (art. 480 c.c.), decadenza (artt. 481-487 c.c.) o se non vi sia stata alcuna manifestazione, da parte del chiamato, in ordine all’eredità a lui devoluta. A seguito dell’esperimento vittorioso dell’azione dell’art. 524 c.c., colui che, in subordine, ha accettato l’eredità, in luogo del rinunziante, diventerà erede ed acquisterà i beni del de cuius, vincolati a garanzia del debito altrui. L’erede potrà sottrarsi all’azione esecutiva attraverso il rilascio dei beni ereditari (così come è consentito all’erede beneficiato ai sensi dell’art. 507 c.c. e al terzo acquirente di immobile ipotecato ai sensi dell’art.2858 c.c.) oppure potrà soddisfare i creditori procedenti, surrogandosi nei loro diritti, ai sensi dell’art. 1203 n.2 e 3 c.c.. Ove subisca l’espropriazione, infine, l’erede ha diritto di regresso contro il rinunziante. Ciò detto circa la ricostruzione giuridica dell’istituto in esame, occorre specificare che, a ben vedere, l’art. 524 c.c. non può trovare applicazione nella fattispecie in esame. Come detto, legittimati attivi all’azione ex art. 524 c.c. sono coloro che, al momento della rinunzia del chiamato all’eredità, risultano essere creditori del rinunziante. La sentenza in commento, invece, si riferisce alla differente ipotesi del ricorrente-creditore del de cuius. Il ricorrente non è, quindi, creditore dei successibili del de cuius, rinuncianti all'eredità (come richiesto per l’applicazione dell’art. 524 c.c.). Né può immaginarsi un’applicazione analogica della norma de qua alla fattispecie in esame, sia in base a considerazioni di carattere interpretativo sia in base a valutazioni di carattere logico. La norma dell’art. 524 c.c., in effetti, disciplina un’azione di carattere eccezionale, implicante necessariamente una preventiva autorizzazione del giudice adito. La natura eccezionale e cautelare della misura de qua esclude categoricamente la sua applicazione analogica ad altre fattispecie similari (art. 14 delle preleggi). Peraltro, anche dal punto di vista logico si giunge alle medesime considerazioni. In effetti, il creditore del chiamato, in caso di rinunzia dell’eredità da parte del proprio debitore, vedrebbe ingiustamente leso il proprio interesse creditorio. A mezzo dell’azione dell’art. 524 c.c., invece, egli può agire esecutivamente sui beni ereditari, nei limiti di quanto necessario a realizzare i propri diritti. Il creditore del de cuius, invece, è tutelato a mezzo di altro e differente istituto giuridico: l’eredità giacente (art. 528 e ss. c.c.). Detta figura si ha quando, non avendo il chiamato accettato l’eredità e non essendo egli in possesso dei beni ereditari, il tribunale del circondario dove si è aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio, nomina un curatore dell’eredità giacente3. Presupposti sono quindi: - Esistenza di un chiamato all’eredità che non abbia ancora accettato la delazione4. - Chiamato non in possesso dei beni ereditari (per possesso si deve intendere quello strettamente materiale, essendo il chiamato, in quanto tale, possessore ex lege dei beni 3 Su tale istituto si veda ZANNI, L’eredità giacente: classicità dell’istituto e attualità delle problematiche, in Riv. Not. 2003, pag. 925 e ss. 4 Per chiamato attuale si intende chiamato a cui favore sussista una attuale e valida delazione. Non vi è quindi giacenza se non sussistono successibili legittimi o testamentari o vi sia incertezza assoluta sugli stessi, oppure se i chiamati sono nascituri o vi sia un’istituzione di erede sotto condizione sospensiva (la delazione in questo caso, secondo la dottrina maggioritaria, non è attuale, divenendo tale solo con il verificarsi dell’evento nascita o con il realizzarsi dell’evento dedotto in condizione). ereditari fin dall’apertura della successione). Se il chiamato fosse in possesso dei beni ereditari, infatti, egli avrebbe un termine breve per dichiarare la volontà di rinunziare all’eredità ovvero per accettarla puramente e semplicemente ovvero, ancora, per accettarla con beneficio di inventario. In caso contrario, diviene erede puro e semplice (ai sensi dell’art. 485 c.c.). - Nomina del curatore dell’eredità giacente (ha efficacia costitutiva della giacenza). I creditori del de cuius, nominato il curatore, troveranno idonea tutela delle proprie pretese creditorie. Ed infatti, uno dei compiti essenziali del curatore dell’eredità giacente è quello liquidativo. Ai sensi dell’art. 530 c.c., il curatore può pagare i debiti ereditari e i legati 5, previa autorizzazione del tribunale. Se poi taluno dei creditori o dei legatari si oppone, il curatore dovrà procedere ad una liquidazione concorsuale, secondo le norme stabilite per la liquidazione dell’eredità accettata con beneficio di inventario (art. 498 e ss c.c.). 3. CONCLUSIONI Alla luce di quanto detto nel presente lavoro e facendo riferimento alle circostanze fattuali oggetto della sentenza in esame, il creditore procedente, stante il difetto di legittimazione dei resistenti chiamati all’eredità (ma non eredi): 5 - non avrebbe potuto accettare l’eredità del proprio debitore, ai sensi dell’art. 2900 c.c., essendo il diritto alla delazione di natura personale ed essendo l’azione surrogatoria incompatibile alla struttura del diritto alla delazione; - non avrebbe potuto agire ai sensi dell’art. 524 c.c. per farsi autorizzare dal giudice ad accettare l’eredità del de cuius e ad agire esecutivamente sui beni del medesimo, a causa del difetto di legittimazione attiva a detta azione; - sussistendone i presupposti (chiamati all’eredità non in possesso dei beni ereditari),avrebbe potuto agire ai sensi 528 c.c. per la nomina di un curatore dell’eredità giacente, onde soddisfare i propri interessi creditori; - in caso di chiamati all’eredità in possesso dei beni ereditari, avrebbe dovuto attendere il breve termine dell’art.485 c.c., decorso invano il quale, il chiamato all’eredità, divenuto automaticamente erede puro e semplice, deve rispondere dei debiti gravanti sull’eredità accettata. Si discute in dottrina se il pagamento dei debiti ereditari sia per il curatore una mera facoltà (CICU, in Successioni per causa di morte. Parte Generale, cit., pag. 155; FERRI, in Successioni in generale, art. 512535, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1968, pag. 178 c.c.) o un vero e proprio obbligo (SANTARCANGELO, in La volontaria giurisdizione, III, Scomparsa, assenza e uffici successori, Milano, 2006, pag. 291).