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la contenzione del paziente
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PREVENIRE GLI ERRORI, IMPARARE DAGLI ERRORI
LA CONTENZIONE
DEL PAZIENTE
Definizione di contenzione
Introduzione
IL DIRITTO DI POTERSI MUOVERE LIBERAMENTE,
inteso come libertà del proprio corpo, è qualcosa di più
forte di un diritto, è una condizione necessaria
alla vita umana stessa. Anche gli autori di gravi reati
hanno la libertà di potersi muovere, sebbene entro i limiti
del carcere e delle sue regole. Eppure basta una malattia,
uno stato mentale alterato da patologie organiche,
da alcool o droghe, o semplicemente dall’invecchiamento,
perchè questo diritto venga messo in discussione.
Troppo spesso in passato la contenzione fisica dei pazienti
ricoverati nei reparti per acuti, in strutture residenziali,
ma soprattutto in servizi psichiatrici è stata pratica comune,
con la sola giustificazione che veniva attuata
“per il bene del paziente”, proprio da coloro che dovrebbero
essere garanti della tutela della salute dell’individuo.
Oggi, nell’ambito del risk management, l’argomento
della contenzione delle persone assistite è molto dibattuto
e tale problematica assume un’importanza rilevante
per i professionisti infermieri, soprattutto in campo
geriatrico e psichiatrico. Il ricorso alla contenzione,
tuttavia, viene rilevato anche in “setting” per acuti,
(come degenze mediche e chirurgiche, pronto soccorso,
centri di rianimazione), settori in cui può manifestarsi
una minore considerazione del problema.
Questo non solo dal punto di vista etico-deontologico,
ma anche da quello medico-legale, per tutte le implicazioni
che possono derivare dall’uso improprio e dall’abuso
delle forme di contenimento del paziente.
Nell’attuale numero, grazie alla nuova e preziosa
collaborazione della collega Giovanna Casciarri,
approfondiremo tale tema, che ci riguarda da vicino
nel quotidiano agire professionale e che ancora viene,
troppo spesso, sottovalutato.
Marco Zucconi
professioneinfermiereumbria3/07
a contenzione può essere
definita come “l’insieme di
mezzi fisici-chimici-ambientali che, in una qualche maniera, limitano la capacità di movimenti volontari dell’individuo” (Belloi, 2000),ma, ponendo l’accento solo sui mezzi necessari a porre in atto tale pratica, si rischia di darne un’interpretazione riduttiva, quindi attraverso il completamento logico del precedente enunciato, applicato all’ambito sanitario, si può definire la contenzione come “un atto sanitario-assistenziale che utilizza mezzi fisici, chimici, ambientali, applicati direttamente all’individuo o al suo spazio
circostante, per limitarne i movimenti”. Anche se per controllare e contenere i pazienti si
possono usare farmaci specifici, questo articolo considera
solo la contenzione fisica.
L
Origini della contenzione
Il diritto alla libertà del proprio corpo è il più elementare
lerubriche
D I G I O VA N N A C A S C I A R R I
14
lerubriche
dei diritti ed è solennemente
garantito dalla Costituzione
Italiana che, all’art.13, sancisce: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna […] di restrizione
della libertà personale, se non
per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e
modi previsti dalla legge […].
È punita ogni violenza fisica e
morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di
libertà […]”. Tale dichiarazione è rafforzata dall’art. 32 che
recita “[…] Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non
per disposizione di legge. La
legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
La contenzione ha origine
in psichiatria, dove un tempo
era dato per scontato che gli
infermi di mente potessero essere contenuti e, non esistendo una norma esplicita, l’utilizzo di mezzi coercitivi appariva lecito. Solo a partire dal
Novecento tale pratica è stata messa in discussione e si
è cominciato ad indagare
sul fenomeno. Il regolamento manicomiale del 1909 (R.D.
n. 615), all’articolo 60, legittimava tale pratica solo se subordinata ad “[…] autorizzazione scritta del direttore o di
un medico dell’istituto”. Questa norma, assieme ad altre
relative all’organizzazione dei
manicomi, è stata abolita con
la Legge 180 del 1978 di riforma psichiatrica, ed attualmente nel nostro ordinamen-
to non c’è nessuna disposizione di legge che implicitamente o esplicitamente, autorizzi
l’uso di mezzi di contenzione.
Tuttavia, nella realtà sanitaria, la contenzione fisica
rappresenta ancora oggi un
evento possibile e non infrequente in diversi contesti: dal
dipartimento di salute mentale, ai reparti ospedalieri e
alle residenze sanitarie assistenziali per anziani. Si tratta di una pratica che propone
un’immagine contraddittoria
dell’intervento sanitario, al li-
la frase
La libertà dell’’individuo
va limitata esattamente
nella misura in cui
può diventare
una minaccia
a quella degli altri””
(John Stuart Mill,
filosofo ed economista
inglese, 1806-1873)
mite tra il pretesto terapeutico e la cultura del diritto, tra
l’ideale del principio di beneficialità e il controllo del comportamento e dell’autonomia.
I mutamenti avvenuti nei
modi di sentire e di affrontare il disturbo mentale e l’alterazione grave del comportamento, non hanno determinato, nonostante tutto, il superamento di questa contraddizione e la riduzione significativa di questo fenomeno,
di particolare rilevanza sociale e giuridica.
La contenzione fisica si
pone, inoltre, come problema
di malpractice sia in campo
sanitario, per le conseguenze
che da essa ne possono derivare quando non si rispettino
determinate procedure nella
valutazione diagnostica e nell’esecuzione pratica, sia quando essa esprime una ridotta e
carente capacità di affrontare e gestire le possibili alternative sul piano della relazione con il paziente e su quello della scelta dell’intervento
terapeutico.
L’intervento di contenzione può rischiare di rappresentare un automatismo operativo che non tiene conto sufficientemente delle sue implicazioni sul piano della responsabilità dell’operatore sanitario nei confronti dell’ottemperanza al rispetto della
Costituzione, delle norme del
Codice Penale, del Codice Civile e del Codice Etico e Deontologico in tema della violazione della libertà individuale, del consenso alle cure e
della tutela della salute. Per
tutto questo la formazione
dell’operatore sanitario deve
prevedere conoscenze adeguate sui criteri di utilizzo della pratica della contenzione
e sulle linee guida che la regolano, al fine di poter valutare in modo sufficientemente adeguato le situazioni che
potrebbero legittimarne l’impiego, anzi, l’adeguata formazione del personale rappresenta una delle maggiori mi-
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e rimuovere medicazioni e dispositivi, come cateteri, tubi
o drenaggi. Tuttavia il ricorso
alla contenzione va effettuato solamente su prescrizione
medica previa:
MOBILITÀ
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Bastia Umbra (PG)
da ASL 2
a USL N. 8 Arezzo
Quantificazione
del fenomeno
Una revisione sistematica
del Joanna Briggs Institute, effettuata nel 2002, mostra che
nei reparti per acuti il 10% dei
pazienti è soggetto a forme di
contenzione fisica per una durata media che va da 2,7 a 4,5
giorni. Nei reparti residenziali
la percentuale dei pazienti
contenuti varia dal 12% al
47%, con una media del 27%;
in questo ambito la durata della contenzione è estremamente variabile, ma il 32% degli
ospiti è trattenuto per almeno 20 giorni al mese.
Le ragioni
della contenzione
Tra le ragioni addotte dagli operatori sanitari per giustificare il ricorso a pratiche
contenitive la principale è riferibile al disorientamento del
paziente, quindi è segnalato
professioneinfermiereumbria3/07
• valutazione dell’esistenza di
fattori che possano aver indotto lo stato di agitazione,
• tentativo di modificare o eliminare i fattori di rischio.
Pierotti Simonetta
3200488079
Via della Rocca, 3
Scandriglia (RI)
da S. Orsola Malpighi (BO)
a Azienda Perugia
il mantenimento in sicurezza
della persona e, in successione, il trattamento dell’agitazione e dell’aggressione, il
controllo del comportamento, la prevenzione del vagare
ed il fornire sostegno fisico ai
soggetti con alterazioni della postura.
Spesso la contenzione è
anche usata per obiettivi
organizzativi: per mantenere un ambiente socialmente
confortevole, trattenendo gli
ospiti che importunano, o per
facilitare trattamenti sanitari, impedendo alla persona di
alterare dispositivi medicali
Qualora, nonostante i tentativi, il comportamento pericoloso o lesivo del paziente
dovesse continuare ed il medico abbia prescritto la contenzione più adatta, è opportuno che l’infermiere la applichi seguendo protocolli e linee guida validate dalla letteratura internazionale e riporti il proprio operato sulla
documentazione infermieristica specificando che:
• prima della contenzione sono stati tentati altri interventi meno restrittivi (indicare quali),
• sono state considerate le
condizioni del paziente (dettagliare),
• la contenzione è stata prescritta dal medico (indicare
il nome).
Informazione e consenso
Il primo atto che si richiede al medico per la prescrizione della contenzione è l’acquisizione del consenso. Il paziente, o chi lo rappresenta legalmente, deve essere coinvolto nel processo decisiona-
lerubriche
sure per ridurre l’uso della
contenzione stessa.
Una prassi operativa corretta fonda il processo della
scelta dell’intervento terapeutico sulla comprensione e la
gestione della relazione operatore-paziente e sulla collaborazione dei membri dello
staff curante, orientata al monitoraggio degli stati mentali ed emotivi emergenti; ciò
comporta una risorsa insostituibile per trovare una via
alternativa all’intervento senza il ricorso alla contenzione
fisica.
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lerubriche
le, spiegando in modo chiaro
e comprensibile i rischi ed i benefici della contenzione.
Spesso il soggetto non è
in grado di esprimere validamente il proprio consenso,
trovandosi in condizioni di difficoltà nell’intendere e volere, in questo caso il coinvolgimento del legale rappresentante non dispensa il sanitario dal ricercare, in qualche
modo, un’espressione di volontà del paziente, fermo restando che si deve comunque
fare in modo che il soggetto
non percepisca la contenzione come un atto punitivo ma
solo come un ausilio al trattamento sanitario. I familiari
di soggetti sottoposti a contenzione spesso vivono l’esperienza in modo estremamente negativo ed una corretta
comunicazione può mitigarne la rabbia emergente ed il
disagio, soprattutto se è illustrato il ricorso alla contenzione come ultima alternativa, in caso di rischio potenziale di suicidio, violenza o per
l’esecuzione di un trattamento salvavita.
Prescrizione medica
La prescrizione della contenzione deve riguardare un
episodio specifico e non essere prevista per un futuro indeterminato, inoltre deve essere esplicitato il motivo della decisione, il tempo di inizio
e di fine della contenzione,
nonché il mezzo contenitivo
da utilizzare.
La prescrizione medica deve seguire certi criteri:
• la durata massima della contenzione deve essere prevista per non più di 12 ore,
• il momento della rimozione
degli strumenti contenitivi
deve essere esplicitato,
• la sospensione della contenzione deve comunque
avvenire nel momento in cui
non sussistano più i motivi
che hanno indotto alla prescrizione.
Se, dopo il primo periodo
di contenzione, il paziente si
presenta ancora aggressivo o
pericoloso, la restrizione può
essere riapplicata senza nuovo ordine medico, a patto che
una nuova valutazione medica avvenga entro le 24 ore.
La prescrizione medica va
sempre rivalutata ogni 24 ore
soprattutto se la contenzione si rende necessaria per un
periodo di tempo superiore al
limite oppure se sopraggiunge un comportamento diverso da quello che ha condotto alla prima prescrizione.
Controllo infermieristico
Il paziente contenuto deve essere osservato ogni mezz’ora ed il controllo non deve
limitarsi alla sorveglianza superficiale, ma deve comprendere il monitoraggio delle condizioni cliniche, il rilevamento dei parametri vitali, dell’orientamento spazio-temporale, del corretto posizionamento dei presidi contenitivi,
della motilità e della sensibilità delle estremità legate.
Ogni controllo va riportato
nella documentazione infermieristica.
Il paziente deve essere rilasciato dalla contenzione almeno ogni due ore, per circa
10 minuti, necessari per prevenire i danni da immobilizzazione. Durante questo periodo il paziente deve essere
attentamente osservato, ed il
tempo di rimozione dei mezzi
contenitivi va documentato.
Esistono vari presidi per
mettere in atto la contenzione fisica, tra quelli più usati si
ricordano:
❙ SISTEMI DI CONTENZIONE PER IL LETTO: fasce che
si fissano trasversalmente al
letto e che limitano moltissimo la mobilità, sono costituite di materiali diversi e
prevedono vari tipi di chiusura (velcro, cintura, ecc…);
❙ SISTEMI DI CONTENZIONE PER LA SEDIA O PER
LA CARROZZINA: i più usati sono la cinghia pettorale,
i fissaggi a bretelle, i corsetti morbidi, le imbracature inguinali;
❙ SISTEMI DI CONTENZIONE PER I SEGMENTI CORPOREI: si tratta di polsiere e cavigliere imbottite,
che vengono generalmente collegate a strutture fisse come il letto, o presidi
reggibraccio per infusione
venosa.
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❙ LESIONI DIRETTE: riguardano quelle provocate dalla pressione eccessiva del dispositivo di contenzione sul
corpo del paziente e si distinguono in:
• nervose: riguardano generalmente il plesso brachiale
ed insorgono quando la contenzione è esercitata mediante l’uso combinato di
corpetti per il torace e polsini; la risalita del corpetto
verso le ascelle esercita una
pressione sul plesso brachiale provocandone la lesione;
• ischemiche: sono dovute a
contrattura dei muscoli delle mani, quando le stesse sono immobilizzate contro il
bacino per 48 ore;
• asfissia: sono stati descritti casi di persone rimaste intrappolate o appese al dispositivo di contenzione nel
tentativo di liberarsi;
• morte: due studi descrivono la morte improvvisa in
seguito a prolungato stato
di agitazione e lotta contro
la contenzione; inoltre indagini sui certificati di morte hanno dimostrato come
possibile il decesso in conseguenza dell’applicazione
di dispositivi fisici di contenzione.
professioneinfermiereumbria3/07
Gli ultimi eventi
a commissione E.C.M. della Regione Umbria
ha deliberato i crediti formativi degli ultimi due eventi
organizzati dai Collegi IP.AS.VI. di Perugia e Terni.
Di seguito sono riportate le descrizione degli incontri,
i crediti attribuiti e le modalità di consegna degli attesti
L
“LA GESTIONE DEGLI INTERVENTI AVVERSI
NELL’INFERMIERISTICA CLINICA”
– organizzato dal Collegio IP.AS.VI. di Perugia
tenutosi Centro Congressi Quattrotorri di Perugia,
il 3 febbraio 2006, assegnando all’evento stesso:
N° 7 Crediti Formativi E.C.M. per l’anno 2006
(Determinazione Dirigenziale n° 1011 del 7/02/2007)
Gli Attestati saranno spediti agli indirizzi dichiarati
dai partecipanti al momento dell’iscrizione al corso
a partire dal 1-10-2007
“LA PROFESSIONE INFERMIERISTICA IN UMBRIA:
FORMAZIONE - MODELLI ORGANIZZATIVI STRUMENTI OPERATIVI”
• organizzato dal Collegio IP.AS.VI. di Perugia
tenutosi a Ponte San Giovanni (Pg), Hotel Decò,
il 24 novembre 2006, assegnando all’evento stesso:
N° 8 Crediti Formativi E.C.M. per l’anno 2006
(Determinazione Dirigenziale n° 1011 del 7/02/2007)
• organizzato dal Collegio IP.AS.VI. di Terni tenutosi a Terni
Sala Conferenze Azienda Ospedaliera “S. Maria”,
il 23 novembre 2006, assegnando all’evento stesso:
N° 8 Crediti Formativi E.C.M. per l’anno 2006
(Determinazione Dirigenziale n° 1011 del 07/02/2007)
Gli attestati devono essere ritirati personalmente
o su delega scritta con copia di un documento
presso le segreterie dei rispettivi Collegi IP.AS.VI.
a partire dal primo ottobre 2007
lerubriche
La già citata review del
Joanna Briggs Institute, ha
analizzato i tipi di lesione collegati alla contenzione e le ha
distinte in dirette e indirette.
formativi
stop alle e.c.m.
cadute
prevenire gli errori, imparare
deliberati
dagli
i crediti
errori
Lesioni
e contenzione fisica
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lerubriche
❙ LESIONI INDIRETTE: sono
dovute all’immobilità forzata e comprendono l’insorgenza di:
• lesioni da pressione,
• cadute,
• infezioni nosocomiali,
• allungamento del periodo
di degenza,
• aumento del tasso di mortalità.
Questo soprattutto in soggetti anziani, anche se non
è sempre facile dimostrarne
il legame con la contenzione.
Comunque, è certo che i residenti in strutture assistenziali sottoposti a contenzione subiscono un declino del
comportamento sociale, cognitivo e della mobilizzazione, oltre ad un aumento del
disorientamento ed allo sviluppo di lesioni da pressione
ed incontinenza urinaria ed
intestinale.
In letteratura sono descritti suggerimenti su come ridurre il rischio di lesione, ad esempio si raccomanda:
• l’applicazione dei dispositivi seguendo scrupolosamente le indicazioni dei
fornitori,
• la formazione dello staff sul
loro utilizzo corretto e sui
pericoli ad essi correlati,
• il mantenimento di un’adeguata osservazione durante il periodo in cui la persona è contenuta.
Sebbene la contenzione sia
spesso usata con lo scopo di
prevenire le cadute, gli studi
effettuati sull’argomento mostrano che i pazienti contenuti hanno un rischio uguale
o superiore di caduta rispetto
ai non contenuti e le lesioni
che riportano sono generalmente più gravi. Sembra inoltre che la sospensione della
contenzione, nei pazienti costretti in modo permanente,
riduca il rischio di lesioni correlate alle cadute.
È lecito o consentito
usare la contenzione?
La review del Joanna Briggs
Institute comprende una sezione dedicata all’esperienza
di essere sottoposti a contenzione. Le dichiarazioni sottolineano chiaramente l’impatto negativo di questa pratica:
“sono in una prigione, bloccato”, ”sono come un uccello in
gabbia”, “sono bardato come
un somaro”, “è una cosa per
matti, io non lo sono mai stato”. Il disagio si riferisce sia
alla decisione di essere sottoposti a contenzione sia al fastidio fisico, che spesso diventa dolore, determinato dalla
immobilità forzata.
Quindi è lecito o consentito usare la contenzione?
Il Comitato Nazionale per
la Bioetica, nel 2006, si è
espresso sull’uso della contenzione nel documento Bioetica
e diritti degli anziani, dove ha
sottolineato come la maleficienza verso l’anziano possa
essere ricondotta anche alla
pratica della contenzione e ad
un ingiustificato isolamento.
Il Codice Deontologico degli Infermieri stabilisce che la
responsabilità dell’infermiere
“consiste nel curare e prendersi cura della persona”, inoltre
sancisce che “il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e
dei principi etici della professione è condizione essenziale
per l’assunzione della responsabilità delle cure infermieristiche” e che “nell’agire professionale, l’infermiere si impegna a non nuocere, orienta
la sua azione all’autonomia e
al bene dell’assistito, di cui attiva le risorse anche quando
questi si trova in condizioni di
disabilità o svantaggio”. Tale Codice si occupa esplicitamente di contenzione con
l’art. 4.10 che recita: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione fisica
e farmacologica sia evento
straordinario e motivato, e
non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri
l’interesse della persona e
inaccettabile quando sia implicita risposta alle necessità
istituzionali”. Allo stesso modo l’art.1 del profilo professionale, Legge 739 del 1994
stabilisce che è l’infermiere
“…il responsabile dell’assistenza generale infermieristica” e la Legge 42 del 1999
recepisce appieno questi principi e delinea l’infermiere come il responsabile dell’intero
processo assistenziale.
19
• art. 13 - Prescrizione e trattamento terapeutico,
• art. 18 - Trattamenti che incidono sulla integrità psicofisica,
• art. 20 - Rispetto dei diritti
della persona,
• art. 35 - Acquisizione del
consenso,
• art. 37 - Consenso del legale rappresentante,
• art. 51 - Obblighi del medico.
La contenzione risente anche di una difficoltà di approccio, vista la percezione, comunque negativa, di cui si
connota, essendo questo un
atto estremo sia per chi lo deve applicare sia per chi lo subisce. Tuttavia la contenzione
non è un atto da rifiutare a
priori, ma una pratica di cui è
necessario definire precisi ambiti di liceità, che si possono
connotare nelle finalità proprie dell’atto medico e che deve essere contraddistinto dal
professioneinfermiereumbria3/07
carattere di prudenza, diligenza e perizia e dalla condizione di necessità.
Aspetti legali
Attualmente, nel nostro ordinamento non esiste disposizione di legge che, in modo
implicito o esplicito, autorizzi
l’uso di mezzi di contenzione:
il tramite per cui si legittima
la contenzione è lo stato di necessità, che sussiste allorché
il danno o il pericolo a cui si
espone il paziente sia inferiore a quelli che ci si prefigge di
evitare mettendo in atto la
contenzione. La facoltà di ricorrere alla contenzione sussiste quando altri mezzi non
siano realisticamente efficaci,
in casi in cui sia riconoscibile
ed evidente il carattere dell’eccezionalità.
L’art. 54 del Codice Penale tratta dello stato di necessità ed afferma: “Non è punibile chi ha commesso il fatto
per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne altrimenti
evitabile, sempre che il fatto
sia proporzionato al pericolo”.
Sostanzialmente si può affermare che il ricorso alla contenzione è giustificato dalla
necessaria la presenza di alcuni requisiti:
• l’evidenza di un pericolo attuale, ossia che la possibilità che si verifichi l’evento temuto sia concreta,
• il pericolo deve prevedere un
danno alla vita o all’integrità della persona,
• la gravità del possibile danno deve potersi stabilire su
basi oggettive,
• l’evidenza che solo con il
mezzo coercitivo si può evitare il danno,
• la coercizione deve essere
proporzionata al pericolo da
evitare.
La decisione di mettere in
pratica la contenzione è un
atto medico a cui dover ricorrere quando necessario e, come tutti gli atti medici, la
scelta del trattamento prevede, da parte di chi lo prescrive, l’assunzione di responsabilità penale, civile e disciplinare. Allo stesso tempo
l’operatore sanitario preposto alla applicazione della
contenzione risponderà dell’uso corretto dei dispositivi e del controllo dei pazienti contenuti, in relazione a
quanto previsto dalle regole
della buona pratica clinica. La
decisione di applicare la contenzione dovrà quindi essere
presa come extrema ratio, al
termine di una disamina, effettuata dall’equipe assistenziale, delle condizioni del paziente nel suo aspetto multidimensionale.
Naturalmente possono verificarsi situazioni talmente
urgenti da non consentire la
possibilità di seguire la procedura sopra descritta o addirittura che il medico non sia
presente fisicamente in re-
lerubriche
Il Codice di Deontologia
Medica, anche nell’ultimo aggiornamento del dicembre
2006, non fa riferimenti precisi alla pratica della contenzione ma diversi articoli esortano al rispetto dei principi etici e delle regole della professione: tutela della salute fisica e psichica, sollievo dalla
sofferenza nel rispetto della
libertà e della dignità umana.
Gli articoli del Codice di Deontologia Medica cui si può
fare riferimento riguardo alla
contenzione sono di seguito
elencati:
20
lerubriche
parto. In questo caso, perché
l’infermiere possa contenere
il paziente, sia attraverso coercizione tramite contatto fisico, sia attraverso dispositivi di immobilizzazione, dovrà sussistere, come già illustrato, il cosiddetto stato di
necessità.
Sarà poi cura del professionista dettagliare accuratamente l’accaduto e rivalutare insieme al medico il
perdurare dello stato di necessità.
Questo perché l’indicazione di un preciso confine fra uso
ed abuso della coercizione fisica e dei mezzi di contenzione a volte è mal definibile ed
il limite fra il lecito e l’illecito
assume spesso interesse giudiziario, potendosi individuare diverse ipotesi di reato, contenute nel Codice Penale:
• art. 605 - sequestro di persona,
• art. 610 - violenza privata,
• art. 572 - maltrattamenti in
famiglia o verso i fanciulli,
• art. 571 - abuso dei mezzi
di correzione o disciplina,
• art. 589 - omicidio colposo,
• art. 591 - abbandono di persone minori o incapaci,
• art. 581 - percosse,
• art. 582 - lesioni personali,
• art. 586 - morte o lesioni
come conseguenza di altro
delitto.
Si ricorda anche una sentenza della IV sezione penale della Corte di Cassazione
(sent. 2-3, 2000, n. 447): “Gli
operatori sanitari sono tutti,
ex lege, portatori di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti […]. posizione che va sotto il nome di
posizione di protezione, la
quale è contrassegnata dal
dovere giuridico incombente al soggetto di provvedere
alla tutela di un certo bene
giuridico contro qualsiasi pericolo atto a minacciarne
l’integrità”. Infine il Codice
Penale all’art. 40 conferisce
addirittura l’obbligo giuridico di intervenire: “Non impedire un evento che si ha
l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo”.
Conclusioni
In buona sostanza si può
riassumere affermando che,
per la clinica come per la giurisprudenza, la contenzione
di per sé non va esaltata né
demonizzata, essendo compresa tra gli atti medici cui
è possibile ricorrere se necessario. La condizione da cui
non si può prescindere perchè tale pratica sia da considerare un atto accettabile
si basa sulla corretta prescrizione e sulla altrettanto corretta applicazione.
È necessario che gli operatori siano consapevoli del
carattere di estrema necessità o di urgenza che tale atto assume, e che il ricorrervi
presuppone che prima si siano tentati, per il tempo necessario alla risoluzione del
problema specifico, tratta-
menti consoni e più usuali,
ma che non abbiano ottenuto l’effetto sperato. ✑
Bibliografia
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Fly UP