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peciale latte vaccino da UPPA - Dott.ssa Anna Lucia Bernardini

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peciale latte vaccino da UPPA - Dott.ssa Anna Lucia Bernardini
SPECIALE
Il latte: chi è costui?
Bevete più latte?
La forte raccomandazione (e la pressante pubblicità)
spingono al consumo di latte: ma siamo sicuri che sia giusto?
C’
è un film famoso, che
probabilmente la
stragrande maggioranza dei nostri lettori non ha mai visto, si chiama Boccaccio ‘70: un film
“a episodi”, come si
usava allora, che
Lucio Piermarini
ormai ha più di 50
Pediatra, Terni
anni, ma che è rimasto nella storia
del cinema italiano,
anche perché i suoi quattro episodi erano diretti da quattro grandi registi, uno dei quali era Federico Fellini.
LE TENTAZIONI DEL DOTTOR ANTONIO
Il protagonista di questo episodio, il dottor Antonio Mazzuolo, era un dottore, ma non un pediatra: era un moralista bacchettone e intransigente, fustigatore di liberi costumi, che si ritrova, progressivamente e inesorabilmente, vittima della suggestione di un enorme gigantografia
di un’altra icona del cinema dell’epoca, la procacissima
Anita Ekberg (la bella attrice svedese che fa il bagno nella fontana di Trevi nel film “La dolce vita” – chi non ha
mai visto questa scena alzi la mano!), piazzata proprio
davanti alle sue finestre, che pubblicizza una marca di
latte. Dopo aver tentato inutilmente di resistere, alla fine
dell’episodio viene portato in manicomio, ormai in preda
all’insana passione (per Anita, non per il latte), mentre
viene diffuso per l’ennesima volta un orecchiabile motivetto: “Bevete più latte, il latte fa bene, il latte conviene,
a tutte le età, bevete più latte, bevete più latte!”.
Se siete curiosi, puntate il vostro
smartphone su questa immagine
vi troverete immersi nell’atmosfera
dell’Italia degli anni sessanta e probabilmente riconoscerete anche
quel motivetto.
Potenza del cinema! Dopo cinquan30
ta anni, contrariamente al dottor Antonio, che saggio
nella sua follia aveva tutt’altra passione, noi pediatri ancora cantiamo la stessa canzone. I miti sono duri a morire, soprattutto quando hanno dietro il dio denaro, così
come il mito della carne, le proteine, i fanta-fermenti, le
vitamine, il ferro, il magnesio, il selenio, lo zinco, la carnitina, e Dio sa cos’altro, tanto che per mantenersi in salute, oltre a dover accendere un mutuo, non basterebbe
un intero giorno per ingurgitare quanto raccomandato.
Con questo non vogliamo dire che tutte queste sostanze
nutritive facciano male, ma semplicemente suggerire che
spesso vengono usate a sproposito. Partendo dal dato di
fatto che sono indispensabili per il buon funzionamento
del nostro organismo, senza tener conto che a questo
scopo ne bastano quantità limitate ben definite, ci si vuole indurre a credere che se ne assumiamo quantità più
elevate l’effetto benefico sarà sicuramente maggiore. E
passi che ci credano i profani, non è però ammissibile
che noi tecnici ci si renda complici dell’inganno. L’unica
SPECIALE
giustificazione che abbiamo è che all’università è raro
che qualcuno si sia preoccupato di insegnarcelo, ma immagino che come scusa non vi basti affatto.
MA TORNIAMO AL LATTE
In questo speciale ci occuperemo di latte e derivati, anche perché gli studi più recenti ci hanno fatto capire meglio perché si tratti di alimento da prendere con le molle.
Per essere subito chiari, come abbiamo già avuto occasione di affermare ripetutamente nella rubrica “Posta e
risposta” del sito di Uppa, anticipiamo che non esistono
studi che ci possano indurre a raccomandare l’assunzione di latte e latticini. Le sostanze nutritive che contengono le possiamo trovare facilmente nella varietà degli altri
alimenti, quindi, in sostanza, potremmo anche farne a
meno.
Il latte è indispensabile soltanto nei primi anni di vita,
perché ha il preciso compito di promuovere la crescita
nel periodo immediatamente successivo alla nascita, una
crescita veloce, impetuosa, che si svolge con un’intensità
che mai più si verificherà nella vita, e di assicurare la
giusta programmazione del metabolismo dell’organismo
del bambino e del futuro adolescente e adulto. Ma attenzione, l’effetto è specie-specifico; cioè un cucciolo di donna avrà stimoli idonei solo dal latte di donna e un cucciolo di vacca solo dal latte di vacca.
Anche la durata dell’allattamento è diversa per ogni specie di mammifero. Nella specie umana la durata dell’allattamento materno è strettamente collegata alla durata
dell’inibizione dell’ovulazione legata all’allattamento e
alla lunghezza del periodo in cui la mamma sta a stretto
contatto fisico con il figlio. L’allattamento materno inibisce l’ovulazione e di conseguenza il concepimento di un
nuovo figlio, e così, prima ancora che fossero inventate le
pillole anticoncezionali e gli altri contraccettivi, la natura
aveva previsto che ogni donna dovesse avere più o meno
un parto ogni due-tre anni: nove mesi di gestazione e
due anni di allattamento (che è anche, secondo logica, la
durata dell’allattamento naturale consigliata dalla OMS):
il nuovo arrivato sloggia il vecchio.
GIÀ, IL LATTE, MA QUALE LATTE?
Oltre questa età potremmo ipotizzare un effetto biologico benefico del latte sul bambino ma, pur non avendo
dati scientifici certi in proposito, questo effetto appare
plausibile solo per il suo specifico latte (il latte di donna),
assunto per di più in quantità limitate e adattato fisiologicamente alla sua maggiore età. Ma cosa può accadere
se invece il bambino assume quantità simili o, come
spesso avviene perché autorevolmente raccomandato (“il
latte fa bene, bevete più latte”), molto superiori, fino a
due o tre porzioni al giorno di latte vaccino o di suoi derivati?
Come avete ormai capito, anche il latte di vacca, come
quello di donna, per noi esseri umani potrebbe non essere semplicemente un alimento, ma anche un potente
strumento di programmazione dello sviluppo, se pure di
un’altra specie, quella bovina, che ha una velocità di accrescimento notevolmente superiore alla nostra. E per
quanto la nostra tecnologia possa essere in grado di modificarne la composizione, il latte di mucca non potrà
mai mettere in moto una programmazione metabolica fisiologica in un cucciolo di uomo, e un suo consumo eccessivo e continuato nel bambino più grande, nell’adolescente e nell’adulto potrebbe addirittura avere effetti negativi sulla salute.
[email protected]
LA MUCCA E IL VITELLO, LA PECORA E L’AGNELLO,
LA CHIOCCIA COI PULCINI, LA MAMMA COI BAMBINI
Il latte di vacca fa bene ai vitelli, il latte di donna ai
bambini. Sono tutti e due “latte” ma, pur condividendo molti principi nutritivi e sostanze biologicamente
attive, gli effetti sul metabolismo sono fisiologici solo
se ogni cucciolo prende il latte della sua propria specie. Una diretta conseguenza di queste differenze è
che è assolutamente un grave errore considerare il latte di vacca, in quanto “latte”, un accettabile sostituto
del latte umano, quando, dopo il primo anno di vita,
non viene più considerato potenzialmente lesivo della
mucosa intestinale. Se volete usarlo fatelo tranquillamente, ma consideratelo alla stregua di un qualsiasi altro alimento, premurandovi, senza scendere troppo nei
particolari, di conoscerne la composizione e imparando
così ad inserirlo correttamente nelle abitudini alimentari di tutta la famiglia. Chissà, potrebbe aiutare anche
chiamarlo con un altro nome.
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SPECIALE
Il latte: chi è costui?
Il latte fa bene?
Ecco come progrediscono le nostre conoscenza
a proposito di proteine e calcio
L
atte e derivati
sono un ottimo
alimento, molto ricco di proteine e calcio, e nessuno può contestare l’importanza delle proteine, i mattoni dell’organismo, e del calcio, il cemento delle ossa. Resta però qualche dubbio a proposito di quanto
si sente raccontare, da esperti e profani, sulle quantità
veramente necessarie per il buon funzionamento del nostro organismo e per la crescita dei bambini di questi nutrienti.
Lucio Piermarini
Pediatra, Terni
QUANTE PROTEINE? E QUANTO CALCIO?
C’è chi studia il funzionamento del nostro organismo e
cerca di comprendere di cosa abbiamo effettivamente bisogno per crescere e vivere in buona salute: si tratta di
studiosi, di scienziati e la scienza, si sa, è in continua
evoluzione e cambia spesso parere. Abbastanza di recente abbiamo scoperto che il nostro organismo ha bisogno
di una quantità di proteine molto inferiore a quello che
fin ora avevamo immaginato: circa il 30% in meno. E abbiamo anche capito che troppe proteine fanno male: ad
un bambino, dopo il compimento del primo anno, basta
1 grammo di proteine per ogni kg di peso al giorno. Viceversa per il calcio oggi sappiamo che il fabbisogno è
maggiore di quanto non avessimo immaginato: fino a
700 milligrammi al giorno da 1 a 3 anni e fino a 1.0001,300 successivamente (sono dati pubblicati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana nel 2012, che potete
trovare qui:
http://www.sinu.it/html/pag/nuovi_larn.asp). Quindi, i
bambini da 1 a 3 anni, che pesano da 10 a 14 kg, avranno
bisogno di 10-14 grammi di proteine e di 700 milligrammi di calcio al giorno.
Se vi voleste divertire a fare quattro conti (consultando
in rete una qualsiasi tabella di composizione degli alimenti), vi rendereste conto che senza latte e formaggi
al massimo si riescono a raggranellare non più di 300
milligrammi di calcio; per gli altri 400 che mancano, a
meno di ingozzarsi di basilico, salvia o pepe nero, ci
vorrebbero circa 350 grammi di latte o 35 grammi di
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parmigiano, che, da soli, apportano 11 grammi proteine, praticamente quasi tutto quel fabbisogno giornaliero oltre il quale non è consigliabile andare. Ma nel conto dobbiamo mettere anche tutte le altre proteine contenute nella pasta, legumi, verdure, frutta, etc. che necessariamente devono far parte della dieta; quindi il rischio di far danno assumendo tutto quel latte o quel
parmigiano sarebbe inevitabile. Che facciamo allora, ci
decalcifichiamo o subiamo gli effetti metabolici negativi dell’eccesso di proteine?
FORTUNATAMENTE LE COSE
NON STANNO PROPRIO COSÌ
Sembrerebbe che sia proprio l’eccesso di proteine contenute nella dieta che noi tutti, che abbiamo la “fortuna” di
vivere bei paesi ricchi, assumiamo a rendere indispensabile l’aumento dell’apporto di calcio, che verrebbe sottratto
alle ossa per tamponare la produzione di sostanze acide
derivanti dal metabolismo delle proteine stesse (le animali
più delle vegetali). Nello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), condotto su
520.000 europei, si è visto che l’incidenza delle fratture
dell’anca aumenta con il consumo di carne, diminuisce
con il consumo di verdure (che apportano calcio, magnesio, potassio e soprattutto vitamina K, ritenuti indispensabili per la buona salute delle ossa), e non cambia con il
consumo di latte e formaggi che, come abbiamo constatato, apportano molto calcio, ma anche molte proteine.
D’altro canto non esistono studi che dimostrino che consumando molto latte e molti derivati del latte si ottenga
una riduzione del rischio di fratture ossee.
La conclusione di tutti questi calcoli può anche essere di
decidere di fare completamente a meno di latte e derivati
ma anche, senza alcun rischio, di limitarne l’assunzione,
così come da sempre suggerito dal rispetto delle indicazioni della cosiddetta “piramide alimentare mediterranea”, che tutti i nutrizionisti magnificano, ma che pochi
mettono poi effettivamente in pratica negli schemi di
diete per bambini e adulti. E non dimentichiamoci che
danni metabolici possono venire dall’eccesso di proteine
di qualunque provenienza.
SPECIALE
UN ALIMENTO COME GLI ALTRI
Da quanto esposto sopra possiamo dire che, se lo consideriamo un alimento come gli altri e lo inseriamo in una
dieta equilibratamente variata (sempre la solita piramide
mediterranea), non c’è ragione di demonizzare il latte.
Anche se va sottolineato che il latte che si produce oggi è
molto diverso da quello di 50-100 anni fa. Mentre allora
le vacche mangiavano erba, venivano munte solo dopo
che avevano partorito, davano 5-7 litri di latte al giorno e
non producevano più latte durante la gravidanza successiva, oggi con la selezione genetica e con una dieta iperproteica (assolutamente innaturale per un bovino) si riescono a ottenere oltre 30 litri di latte al giorno anche durante la gravidanza, e il latte munto nella seconda parte
della gravidanza è molto più ricco di estrogeni.
Su questo e altri aspetti nella letteratura scientifica si
trova una abbondanza di studi che si occupano della possibile relazione del latte e derivati con tutta una serie di
patologie. I dubbi che agitano il sonno dei ricercatori derivano anche proprio da quelle caratteristiche uniche che
il latte possiede, di potente promotore della crescita: caratteristiche indispensabili nei primi mesi e anni di vita
ma fuori luogo e, forse, dannose nell’adolescente e nell’adulto. L’effetto negativo finale dell’azione di tutte le sostanze biologicamente attive presenti nel latte di vacca,
assunte fuori tempo massimo, sarebbe un eccessivo accumulo di grasso e quindi un aumentato rischio aterosclerotico, un eccesso di produzione di insulina, e quindi
il rischio di diabete, un ridotto controllo della riproduzione cellulare, quindi il rischio di tumori, oltre ad altre
quisquiglie. Questo, tuttavia, lo deduciamo da studi fatti
in laboratorio; ma in pratica, studiando le condizioni di
salute di popolazioni sufficientemente numerose che
consumano latte cosa si è potuto concludere?
DATI CONTROVERSI E SCARSE CERTEZZE
Finora possiamo azzardare che latte e latticini possono
ridurre il rischio di cancro del colon (qualcuno esclude il
formaggio), di malattie cardiovascolari e di diabete, ma
purché assunti in quantità limitata (non più di 400 ml di
latte o 50 gr di formaggio al giorno) e possibilmente a
basso contenuto di grasso. Non ci sarebbe relazione con
il cancro dell’ovaio mentre è molto probabile un effetto
favorente quello della prostata. Nel caso della mammella, nelle donne in pre-menopausa un consumo di
latticini a basso contenuto di grasso riduce il rischio di cancro, mentre non vi sono evidenze
per quanto riguarda il periodo post-menopausa.
Qualche ricercatore solleva però dubbi riguardo
le donne con predisposizione genetica. Infine,
nelle ragazze in fase prepuberale un elevato
consumo di latte aumenta la velocità di crescita,
ma in quello studio le quantità erano veramente
spropositate, superiori ai 600-700 grammi al giorno.
A questo punto non aspettatevi le nostre conclusioni o
particolari raccomandazioni. Avete tutti gli elementi necessari a decidere da soli, e di questi molti vi sono già
stati esposti in altri articoli di UPPA. E se volete approfondire trovate le indicazioni nelle pagine che seguono e… buon lavoro.
[email protected]
LATTE AL MICROSCOPIO
La abbondante presenza nel latte di alcuni particolari
aminoacidi costituisce un stimolo alla aumentata produzione di insulina e fattori di crescita che, a loro volta, attivano un complesso di proteine speciali, cui ci si
riferisce come “mTORC1”, che ha lo specifico compito
di regolare l’utilizzazione dell’energia e la sintesi delle
proteine e dei lipidi, in sostanza la riproduzione delle
cellule e, quindi, la crescita. Oltre a ciò, sono stati trovati nel latte anche diversi tipi di “microRNA”, una
specie di parente minore del RNA, stretto collaboratore
del DNA, che tutti ormai conoscete, nella realizzazione
del progetto genetico di ciascuno di noi. I microRNA,
presenti in ogni sistema vivente, piante comprese, oltre ad essere indispensabili per lo sviluppo del sistema
immunitario dei cuccioli, avrebbero anch’essi un effetto di stimolo sul complesso mTORC1.
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SPECIALE
Il latte: chi è costui?
Il latte conviene?
Il latte “di crescita” non è meglio di quello del supermercato,
ma costa di più
I
genitori sono
bombardati da
messaggi pubblicitari sempre più
pressanti che invitano a far consumare ai loro bambini
più latte. Ma attenzione!, non un latte qualsiasi.
Penserete “più latte della loro mamma…” No, no! Sono i
super latti, quelli che fanno crescere meglio, che hanno i
perfetti nutrienti, esattamente bilanciati per farli crescere sani e forti. Certamente molto diversi dall’eventuale
latte che si prende dal banco frigorifero del supermercato per condividerlo col loro bambino di due o tre anni;
giammai!
Sergio Conti Nibali
Pediatra di famiglia, Messina
IL LATTE “SPECIAL”
Per questi bambini c’è bisogno di un latte special; lo dicono anche tanti specialisti, pediatri della nutrizione, che si
guardano bene tuttavia dal dire che anche dopo un anno
il latte ideale sarebbe sempre e ancora quello della mamma. In un recente congresso alcuni di loro hanno confermato, davanti ai microfoni e alle telecamere, che oltre
l’anno di vita è preferibile dare ai bambini un latte speciale, quello “di crescita”; nel video (ma questa è pura malignità) si vedeva al collo di uno degli esperti un badge legato con un nastrino in cui campeggiava il nome di una
ditta che produce uno di questi latti, mentre sullo sfondo
compariva lo stand colorato di un’altra di queste ditte,
affollato da pediatri in amichevole conversazione con il
rappresentante della ditta. Ma… sempre per pensar male.
Del resto, quale latte fareste bere al vostro bambino da 1
a 3 anni dopo aver visto enormi cartelloni pubblicitari,
prodotti in collaborazione con uno dei più grandi Ospedali Pediatrici, che idealizzano il latte di crescita descrivendolo come “ricco di natura” o “formulato per crescere”, nonostante esistano prese di posizione autorevoli
che li dichiarano quanto meno inutili?
Appare singolare che la promozione di un prodotto artificiale venga “autorizzata” proprio da parte di una Istituzione sanitaria pubblica, dalla quale, semmai, ci si aspetterebbe la promozione dell’allattamento al seno. Questa
iniziativa ci sembra quanto meno inopportuna perché di
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fatto antepone i presunti vantaggi di una formula artificiale all’allattamento materno, che l’OMS consiglia di
proseguire fino al secondo anno e oltre. Insomma, un’iniziativa dal sapore commerciale al posto di una corretta
e trasparente educazione alimentare sui vantaggi di una
dieta diversificata composta da cibi freschi e naturali, a
partire dal latte materno. Per di più sul tema sensibilissimo delle migliori scelte per l’infanzia.
ALLORA DICIAMOLA TUTTA
I latti di crescita sono inutili; non esistono Studi (con la
“S” maiuscola) che ne provino l’utilità per bambini di età
superiore all’anno di vita. Al contrario esiste la presa di
posizione dell’EFSA (vedi box), e una dichiarazione della
stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, che indicano come non vi siano elementi per ritenere utile l’uso di
questi latti formulati.
Anche alcune associazioni di consumatori, in Italia e
Gran Bretagna, e il “Bundesinstituts für Risikobewertung” che, in Germania, fa da consulente per il Ministero per gli Alimenti, l’Agricoltura e la Protezione dei
Consumatori, sono giunti alle stesse conclusioni e mettono addirittura in guardia contro possibili effetti negativi dell’uso dei latti di crescita: l’alto contenuto di zuccheri, e il conseguente sapore dolce, che potrebbe influenzare le preferenze del bambino per i cibi dolci e favorire sovrappeso e obesità. Queste agenzie sfidano
chiunque, produttori e rivenditori di latti di crescita o
esperti in nutrizione infantile, a dire il contrario e a dimostrarlo.
I latti di crescita sono poi anche costosi; il problema economico è oggi centrale per le famiglie e non è giusto che
aziende pubbliche incentivino i genitori all’acquisto di
un prodotto di cui potrebbero fare a meno e per il quale
dovranno spendere anche di più: mezzo litro di latte di
crescita costa come un litro di latte fresco intero.
TRE BUONI MOTIVI PER DIRE DI NO
AI LATTI “DI CRESCITA”
La diffusione dei latti di crescita può interferire con l’allattamento materno: la spinta commerciale verso l’ac-
SPECIALE
quisto di questi prodotti, al di là di quanto scritto in etichetta, inevitabilmente crea incertezza tra i consumatori
e condiziona negativamente l’allattamento materno, che
invece, come abbiamo già detto, sarebbe raccomandato
anche oltre il primo anno di vita, sia dall’OMS che dal
nostro Ministero della Salute. La promozione dei latti di
crescita è anche in contrasto con il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno; difatti promuovere il consumo di un latte artificiale nei bambini di una fascia di età in cui è ancora raccomandato l’allattamento naturale, non è consentito dal
Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno e quindi questo genere di pubblicità non dovrebbe essere consentito.
La promozione dei latti di crescita è in contrasto con l’educazione alimentare; i latti di crescita non sono prodotti “ricchi di natura”, ma vere e proprie formule
industriali grazie all’aggiunta di acqua, saccarosio, lattosio, aromi, vitamine, minerali, ferro, fibre, acidi grassi
essenziali. La loro promozione ha ben poco a che fare
con quella di sane abitudini alimentari che devono partire dall’infanzia, che dovrebbe invece far parte delle politiche di ogni regione, di ogni istituzione sanitaria e di
ogni pediatra, con modalità sia pure diversificate, ma
coordinate e indipendenti da interessi commerciali.
Messaggio finale: se allattate vostro figlio, continuate,
finché ne avrete voglia, il più a lungo possibile; se non lo
allattate, dopo il primo anno, se il bambino vuole bere
latte, dategli latte di mucca fresco e intero.
E quando non lo vorrà più… amen!
[email protected]
EFSA
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) è
la chiave di volta dell’Unione europea per la valutazione
dei rischi relativi alla sicurezza di alimenti e mangimi.
L’EFSA, in stretta collaborazione con le autorità nazionali e in aperta consultazione con le parti interessate, fornisce consulenza scientifica indipendente e comunica in
maniera chiara su rischi esistenti ed emergenti.
L’EFSA è un’agenzia indipendente, finanziata dal bilancio dell’UE e operante in modo autonomo dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo e dagli Stati
membri dell’UE. A proposito dei latti di crescita scrive:
“L’uso dei cosiddetti “latti di crescita” non apporta alcun valore aggiunto rispetto a una dieta bilanciata nel
soddisfare il fabbisogno nutrizionale dei bambini nella
prima infanzia nell’Unione europea”. Per consultare il
documento completo: http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/3408.htm - Scientific Opinion on nutrient requirements and dietary intakes of infants and
young children in the European Union, 25 Oct. 2013.
OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) scrive sui
latti di crescita: “I latti di crescita non sono necessari.
La loro commercializzazione oltre a creare incertezze
tra i consumatori, esercita un impatto negativo sull’allattamento materno ed aggiunge difficoltà economiche
alle famiglie”. Per consultare il documento completo,
divulgato il 17 luglio 2013 che ribadisce la posizione
già adottato nel 1986:
http://www.who.int/nutrition/topics/WHO_brief_fufandcode_post_17July.pdf “Informazioni sull’uso e il
marketing dei latti di proseguimento e di crescita”
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