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come SAreBBe AndAtA Se… non ci foSSe StAto iL porceLLum
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come SAreBBe AndAtA Se… non ci
foSSe StAto iL porceLLum
pAoLo feLtrin
Università di Trieste, politologo
ALdo criStAdoro
Tolomeo Studi e Ricerche srl, Direttore Dipartimento Politico
Elettorale
I
risultati delle ultime elezioni
politiche hanno messo in luce la
fragilità del sistema partitico italiano, del bipolarismo che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni e
della legge elettorale vigente che
ne è per certi aspetti figlia.
Dal 25 febbraio tutti i passaggi politici cruciali, quali l’elezione del
Presidente della Repubblica e la
nomina del Presidente del Consiglio, sono stati segnati da un richiamo
esplicito
e
forse
vincolante alle riforme istituzionali.
Dalla sua rielezione Napolitano
con cadenza quasi settimanale richiama all’ordine partiti e Parlamento, invitandoli a trovare un
accordo su una radicale riforma
P O L I T I C A
istituzionale che abbia al suo centro il cambiamento della legge
elettorale.
L’intesa tra le parti sembra però
ancora lontana e ogni attore pare
perseguire obiettivi difficilmente
conciliabili: si va da un revanchismo proporzionalista a un revival
del Mattarellum; dal parlamentarismo più assoluto alla svolta
(semi) presidenzialista.
Difficile capire in questo momento quali possano essere possibili punti di convergenza. L’analisi
dei risultati delle ultime elezioni
però può aiutare a comprendere
quali siano i limiti del sistema politico italiano e di conseguenza
l’efficacia di alcune riforme elettorali che si propongono.
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Gli elementi costitutivi dell’attuale sistema elettorale
Prima di entrare nel dettaglio proviamo a definire meglio il campo
d’analisi a partire da una disamina
dell’attuale legge. Occorre ricordare
che il cosiddetto Porcellum rientra
all’interno della categoria dei sistemi misti, i quali combinano in
vario modo elementi proporzionali
e maggioritari. Nello specifico si
tratta di un sistema “proporzionale
con premio di maggioranza”, caratterizzato da una competizione proporzionale tra liste partitiche
(bloccate) in cui si innesta la previsione di un premio di maggioranza
a favore della lista o della coalizione
di liste con il più alto numero di
voti. Come noto il premio è attribuito a livello nazionale alla Camera
e a livello regionale al Senato.
La legge nazionale è peraltro molto
simile alla legge con cui si vota alle
elezioni in gran parte delle Regioni,
con la sola differenza dell’elezione
del Presidente e della possibilità di
esprimere un voto di preferenza.
Le principali critiche che vengono
mosse all’attuale sistema elettorale
si sono finora concentrate principalmente sull’efficacia delle liste
bloccate e la conseguente impossibilità di scegliere il candidato da
P O L I T I C A
parte dell’elettore. In altre parole la
critica è andata spesso più sui meccanismi di selezione dei parlamentari e meno sull’efficacia della legge
in termini di rappresentanza e di
governabilità. Gli esiti delle elezioni
politiche invece hanno chiarito,
come vedremo, i problemi di questo
sistema in uno spazio politico tri- o
quadri-polare.
Un nuovo elemento di critica è
inoltre rappresentato dalla sentenza
con cui la Corte di Cassazione definisce come “rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di
costituzionalità sollevate in giudizio, tutte incidenti sulle modalità di
esercizio della sovranità popolare"
relative al Porcellum. La sentenza
12060 critica soprattutto il premio
di maggioranza: “Si tratta di un
meccanismo premiale che, da un
lato, incentivando (mediante una
complessa modulazione delle soglie
di accesso alle due Camere) il raggiungimento di accordi tra le liste al
fine di accedere al premio, contraddice l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che,
anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del
premio si sciolga o i partiti che ne
facevano parte ne escano (con l'ulteriore conseguenza che l'attribu-
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zione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo
all'inizio della legislatura, potrebbe
invece ostacolarla con riferimento
ai governi successivi basati un coalizioni diverse); dall'altro esso provoca un'alterazione degli equilibri
istituzionali, tenuto conto che la
maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi
di garanzia che, tra l'altro, restano
in carica per un tempo più lungo
della legislatura”.
Senza voler entrare nel merito di
questioni giuridiche che non ci
competono, è importante sottolineare come la Cassazione evidenzi
effetti di disproporzionalità che a
certe condizioni possono sfavorire
la nascita di un governo come testimoniato anche dalle vicende che
hanno caratterizzato lo stallo post
elettorale.
Tornando agli effetti meccanici
della legge e all’analisi dei risultati,
occorre sottolineare che molte delle
critiche mosse finora alla legge nazionale (e alle leggi regionali) danno
per scontato il consolidamento in
Italia di un sistema politico bipolare. Il risultato emerso dalle urne
inadeguatezza dell’attuale legge (e
delle leggi regionali): i forti elementi
di disproporzionalità prodotti dal
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premio di maggioranza di fronte a
un sistema tripolare.
Proviamo a concentrarci sui numeri. Alle ultime elezioni politiche
il premio di maggioranza del 55%
alla Camera è stato assegnato alla
coalizione di centro-sinistra con
una percentuale inferiore al 30% e
uno scarto minimo sul centro-destra (come nel 2006) di appena lo
0,4%.
Se ci concentriamo sull’assegnazione dei premi di maggioranza su
base regionale al Senato il discorso
è del tutto analogo. In Piemonte, ad
esempio, la coalizione di Bersani ha
raccolto il 29,8% dei voti validi,
quella di Berlusconi il 29,3% e quella
di Grillo il 25,7%. Con questo scarto
ridotto il centro-sinistra ha ottenuto comunque il 55% dei seggi. Dinamiche analoghe si sono verificate
in Friuli Venezia Giulia, Liguria,
Marche, Abruzzo, Calabria, Sicilia
e Sardegna.
I dati e gli esempi relativi a quanto
accaduto alla Camera e al Senato
spingono a domandarsi se abbiano
ancora senso sistemi elettorali privi
di una soglia minima per poter accedere al premio di maggioranza. E
l’obiezione si può estendere ai sistemi elettorali regionali.
Ma l’introduzione di soglie minime
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non è però di per sé risolutiva in
termini di stabilità di governo e a
determinate condizioni può risultare come un ritorno al proporzionale tout court riducendo
l’incentivo dei partiti a coalizzarsi.
La performance dei sistemi elettorali alternativi
Quali sono le possibili soluzioni alternative? Lasciando da parte alcune formule che presuppongano
modifiche parziali all’attuale legge
(come ad esempio l’introduzione
della soglia minima per il premio di
maggioranza), abbiamo concentrato le nostre analisi sulle alternative finora emerse nel dibattito
pubblico:
- riforma in senso proporzionale;
- riforma con collegi uninominali a
turno unico;
- riforma con collegi uninominali a
doppio turno;
- reintroduzione del cosiddetto
Mattarellum.
Nella tabella 1 sono riportate alcune
simulazioni della composizione
della Camera dei Deputati se si fossero adottati sistemi elettorali diversi. Come si può osservare un
elemento balza subito in evidenza:
nessun sistema alternativo a quello
esistente sarebbe in grado di garantire al vincitore una maggioranza
anche minima in Parlamento. In
altre parole il Porcellum con il suo
Tabella 1 – Simulazione dell’esito elettorale alla Camera in base al sistema elettorale adottato
maggioritario maggioritario mattarellum
porcellum proporzionale
“puro”
turno unico doppio turno
Centro Sinistra
340
183
242
307
234
Centro Destra
124
180
280
215
258
M5S
108
180
95
95
108
Centro
45
65
-
-
17
-
31
-
-
-
617
617
617
617
617
Altri
1
Le simulazioni relative ai collegi uninominali (turno unico e doppio turno) e al Mattarellum sono fatte sulla base dei collegi previsti nelle
elezioni politiche 2001. Nel caso dell’uninominale si è provveduto a proiettare il risultato dei 475 collegi sui 617 necessari a definire i
seggi del Parlamento (escludendo quelli esteri e la Valle d’Aosta).
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premio di maggioranza a livello nazionale ha il pregio di essere l’unico
a garantire la governabilità in questo ramo del Parlamento.
Procediamo con ordine e vediamo
nel dettaglio i risultati. Se ipotizziamo di introdurre un sistema di
voto proporzionale puro senza soglie di sbarramento e con un’unica
circoscrizione elettorale nazionale
(in altre parole il sistema più garantista dal punto di vista della rappresentanza parlamentare), il risultato
in termini politici non sarebbe cambiato. Il Parlamento avrebbe visto
presenti buona parte dei partiti
esclusi dalle soglie di sbarramento
dell’attuale legge elettorale (Rivoluzione Civile e Fare in primis) e
avrebbe visto diminure il peso del
centro-sinistra (quasi dimezzato) a
tutto vantaggio delle coalizioni guidate da Berlusconi, Monti e Grillo.
Dal punto di vista sostanziale il risultato non sarebbe però cambiato:
nessuna maggioranza in Parlamento e governo di larghe intese
ineludibile.
L’esito sarebbe del tutto analogo, in
termini di governabilità, se il proporzionale venisse modificato introducendo soglie di sbarramento
più o meno alte o circoscrizioni più
piccole (come nel sistema spa-
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gnolo).
Se dai sistemi proporzionali passiamo ad analizzare quelli maggioritari (o misti), non vediamo
aumentare di molto le probabilità
che dalle urne emerga un vincitore
assoluto. Se ci concentriamo sul sistema uninominale a turno unico
osserviamo che la distribuzione dei
seggi muterebbe sensibilmente
escludendo dal Parlamento la coalizione di centro e riducendo il numero di rappresentanti del
Movimento 5 Stelle. Ad avvantaggiarsi sono, in questo caso, sarebbe
soprattutto la coalizione guidata da
Berluscon che sfiorerebbe la maggioranza assoluta alla Camera. Ad
ogni modo anche in questo caso
l’unica soluzione praticabile per assicurare un governo al Paese sarebbe
quella
della
grande
coalizione.
La valutazione dell’esito di un sistema a doppio turno di collegio è
più complicata sostanzialmente per
le seguenti ragioni:
- è difficile simulare il comportamento (anche strategico) al
secondo turno degli elettori il
cui candidato non è arrivato al
ballottaggio;
- è difficile ipotizzare l’impatto
di alleanze e di accordi fra i
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partiti;
- solo in pochi casi un candidato
otterrebbe il 50% necessario
per essere eletto al primo
turno e non si definirebbe
quindi una tendenza delineata
al primo turno in grado di
condizionare l’esito del secondo.
Nella tabella abbiamo riportato la
composizione del Parlamento nel
caso in cui al secondo turno Monti
avesse deciso di appoggiare il centro-sinistra (e gli elettori avessero
seguito le indicazioni del partito) e
nel caso in cui le scelte degli elettori
di Grillo non avessero influenzato il
risultato del secondo turno dove
non fossero arrivati al ballottaggio.
Siamo ben consci che si tratta di un
caso di scuola e delle difficoltà a
esse connesso, ma a nostro avviso è
comunque importante valutarne gli
esiti. Anche in questa situazione,
evidentemente più favorevole al
centro-sinistra, l’esito non avrebbe
infatti garantito una maggioranza
assoluta dei seggi in Parlamento a
nessuna coalizione.
In questo periodo si parla anche di
un possibile ritorno al passato con
la reintroduzione del Mattarellum,
senza però dire che il sistema non
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ha dato grande prova di sé quando
era in vigore e che non garantisce in
termini di governabilità data l’attuale distribuzione tripolare del sistema
italiano.
Le
nostre
simulazioni indicano infatti che il
Mattarellum avrebbe di fatto avvantaggiato la coalizione guidata da
Berlusconi garantendogli la maggioranza relativa dei parlamentari,
ma come nei casi analizzati in precedenza non avrebbe garantito la
formazione di una maggioranza assoluta e di conseguenza anche con
il vecchio sistema elettorale il governo di larghe intese (o il ritorno
alle urne) sarebbe stato ineludibile.
il rendimento del sistema elettorale
I dati riportati ci spingono a dire
che di per sé nessuna forma di ingegneria istituzionale finora analizzata garantisce sulla possibilità di
formare un governo omogeno. Il
motivo di quanto detto, soprattutto
per i sistemi maggioritari o misti,
sta proprio nella natura e nella distribuzione ‘geografica’ del voto italiano. Come indicato più di 40 anni
fa da Giovanni Sartori, probabilmente in risposta a Duverger, un sistema elettorale uninominale ad un
turno produce esiti maggioritari
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certi se e soltanto se la distribuzione
delle preferenze politiche è tendenzialmente equidistribuita a livello
inter-circoscrizionale, ovvero a
patto che non ci siano aree numericamente molto rilevanti a forte insediamento sub-culturale. Ebbene
proprio la presenza di forti aree
sub-culturali con precise caratteristiche in termini di orientamento di
voto è una delle peculiarità del sistema politico italiano.
L’Italia, come hanno confermato le
ultime elezioni politiche, è divisa
politicamente in tre aree e lo è in
misura così rilevante (sotto il profilo della distribuzione dei voti nelle
varie aree del Paese) da rendere non
solo possibile, ma anche probabile,
esiti non maggioritari sia in caso di
adozione del collegio uninominale
ad un turno, sia nel caso di adozione del collegio uninominale a
doppio turno.
Una possibile soluzione a questa
specificità tutta italiana potrebbe
essere il doppio turno nazionale (e
non di collegio) che da una parte
potrebbe garantire sul fatto che le
elezioni in ogni caso possono fornire un chiaro vincitore in grado di
formare il governo (come avviene
con il Porcellum alla Camera) e, dall’altra, consentirebbe a chi vince di
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avere la legittimazione della maggioranza dei votanti. L’unico reale
rischio di un siffatto sistema è un’ulteriore drammatizzazione eccessiva
della campagna elettorale. Per ovviare a questo pericolo, si potrebbe
pensare alla possibilità di esprimere
il primo e il secondo voto in un
turno unico, come in alcuni sistemi
elettorali vigenti altrove. Senza
voler indicare una soluzione predefinita ci limitiamo ad avvertire della
necessità di tenere ben a mente nel
ridisegno del sistema elettorale italiano anche i problemi relativi alla
concentrazione inter-circoscrizionale delle preferenze politiche.
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