Per un latte senza aflatossine meglio analizzare gli alimenti
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Per un latte senza aflatossine meglio analizzare gli alimenti
Zootecnia IL PERCORSO DELLE AFLATOSSINE DAL CAMPO AL LATTE Per un latte senza aflatossine meglio analizzare gli alimenti L’andamento climatico caldo e secco del 2003 ha determinato sul mais la produzione di elevate quantità di aflatossina B1 (AFB1) già nella fase di campo. L’analisi degli alimenti utilizzati in razione e l’esclusione di quelli contaminati, parallelamente all’utilizzo di zeoliti, permette di mantenere sotto controllo l’aflatossina M1 nel latte Giorgio Borreani, Ernesto Tabacco I livelli di aflatossina B1 (AFB1) che si stanno riscontrando in diversi alimenti zootecnici hanno portato in alcuni allevamenti al superamento del limite europeo di aflatossina M1 (AFM1) nel latte, pari a 50 ppt (parti per trilione (ηg/kg); limite fissato in Italia dal decreto n. 241 dell’11 maggio 1998. Tale decreto fissa inoltre a 5 ppb (5 µg/kg) il livello massimo di AFB1 nei mangimi finiti e a 20 ppb (20 µg/kg) il livello massimo per le materie prime utilizzate sulle vacche da latte (Amodeo, 2002). Le aflatossine sono dei metaboliti secondari prodotti da funghi filamentosi del genere Aspergillus e in particolare da A. flavus e A. parasiticus. Nell’ambiente italiano tradizionalmente queste due specie sono da considerare funghi da magazzino, che quindi si sviluppano prevalentemente nelle fasi successive alla raccolta dei prodotti e particolarmente pericolose sulle granelle di mais. Nell’annata agraria trascorsa le elevate temperature registrate durante lo sviluppo del mais (tabella 1) hanno trasferito parte del problema nella fase di campo, come tipicamente avviene negli Stati Uniti del sud (Texas, Betrán e Isakeit, 2002; North Carolina, Moss, 2002). Essendo l’Aspergillus flavus un fungo da ambienti tropicali predilige alte temperature e si insedia prevalentemente su colture in stato di stress. Infatti le temperature ottimali di sviluppo di questo fungo sono intorno ai 35 °C con minimo di 15 e massimo di 44 °C. Le condizioni di quest’anno hanno accentuato il problema in campo per la concomitanza di alte temperature (ampi periodi con valori superiori ai 30 °C) associate a carenza idrica e attacchi violenti di piralide che frequentemente hanno determinato stati di forte stress del mais, predisponendo le colture all’infestazione da Aspergillus con la produzione di aflatossina B 1 già in campo. Infatti le spore di A. flavus e A. parasiticus possono germinare sullo stimma della pianta di mais in fioritura e penetrare fino all’ovario simulando il tubo pollinico. Il micelio può quindi stabilire una relazione endotrofica con la cariosside che non risulta dannosa per una pianta sana in condizioni di crescita ottimali (Moss, 2002). Quando intervengono condizioni di stress dovute alla siccità o alle alte temperature, può accadere che il fungo produca aflatossine durante la crescita della pianta. In queste situazioni il mais sia da granella sia da trinciato risulterà contaminato da AFB1 già alla raccolta e, anche se il grado di contaminazione non è mai così elevato come per le derrate conservate, può risultare economicamente significativo. L’aflatossina B 1, classificata come contaminante cancerogeno per l’uomo, se ingerita da animali in lattazione passa nel latte come suo metabolita, l’aflatossina M1, classificato come possibile cancerogeno (Pietri e Piva, 1999). Quindi la contaminazione di AFB1 degli alimenti zootecnici causa problemi a due livelli: ■ danni diretti agli animali, se ingerita Tabella 1 - Temperature e precipitazioni durante il periodo di crescita del mais nel 2003 e confronto con la media dei 12 anni precedenti (1991-2002) T max 2003 Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Totale (*) Pannocchie di mais in campo contaminate da aflatossine 25,0 29,6 35,2 34,5 38,1 29,2 19912002 24,6 28,8 31,8 33,3 32,6 28,6 Giorni con T max > 30 °C 2003 0 0 23 25 30 0 78 Pioggia (mm) 199119912003 2002 2002 0 63 93 0 24 110 5 29 90 12 40 48 11 3 67 0 70 102 28 228 510 Fonte: Carmagnola (Torino). (*) La somma terminca (> 10 °C) dal 1° aprile al 30 settembre è risultata pari a 1.854 nel 2003 e 1.533 quella media del periodo 1991-2002. L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 2/2004 53 Zootecnia Calcolo dell’AFM1 nel latte Nelle figure 1 e 2 vengono presentati due esempi di calcolo per determinare la contaminazione da AFM 1 nel latte partendo dalla contaminazione di AFB1 dei diversi alimenti che compongono la razione. Per il calcolo del carry-over nel latte bisogna conoscere con precisione il contenuto di AFB 1 nei singoli alimenti e l’esatta quantità di ogni alimento utilizzata nella razione. Deve poi essere ben chiaro se il contenuto in micotossine delle analisi a nostra disposizione è espresso sul tal quale o sul secco perché, soprattutto per gli alimenti umidi (ad esempio insilati), può essere la causa di errori grossolani per la stima della pericolosità della razione. Molti- 54 L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 2/2004 Grafico 1 - Relazione tra produzione di latte e tasso di passaggio (carry-over) dell’aflatossina nel latte Grafico 2 - Relazione tra ingestione complessiva giornaliera di AFB 1 e concentrazione di AFM1 nel latte 6 100 AFM1 nel latte (ppt) Carry-over (%) in dosi elevate, determinando affezioni sia croniche sia acute; ■ contaminazione del latte del metabolita AFM1. Parte dell’AFB1 ingerita con gli alimenti si trasforma in AFM 1, e passa (carry-over) nel latte e nei suoi derivati destinati all’alimentazione umana (Munksgaard et al., 1987). Il limite di 5 ppb di AFB1 negli alimenti zootecnici fissato nel dicembre 1991 dall’Ue si basava sulla considerazione che in media il passaggio di AFM1 nel latte fosse intorno al 2%. Ma studi successivi (Veldman et al., 1992) hanno messo in evidenza che tale limite non sempre è cautelativo per ottenere latte con AFM1 inferiore a 50 ppt. Infatti, il tasso di passaggio dell’AFM1 risulta correlato prevalentemente con due fattori: livello produttivo degli animali e fase della lattazione. Tassi intorno al 2,0-2,5% fanno riferimento ad animali mediamente produttivi (16-25 kg/ capo/giorno) in lattazione avanzata. Siccome molti allevamenti hanno produzioni intorno o superiori a 30 kg/capo/giorno, il tasso di carryover risulta essere più elevato e indicativamente intorno al 4% (3,7% con vacche che producono 35 kg/giorno) (Veldman et al., 1992) (grafico 1). Inoltre, all’inizio della lattazione le bovine manifestano un tasso di carryover dall’8 al 30% superiore rispetto alla lattazione avanzata. Infine gli stati patologici dell’animale, quali le infezioni mammarie, aumentano il tasso di passaggio dell’aflatossina (un aumento della conta cellulare corrisponde a un maggiore passaggio di AFM1 nel latte). Ne deriva che, in vacche da latte con produzioni giornaliere intorno ai 30 kg, l’ingestione di AFB1 tramite gli alimenti non deve essere superiore ai 40 µg/capo/giorno per contenere l’AFM1 nel latte al di sotto di 50 ppt, come chiaramente evidenziato nel grafico 2. 5 4 3 2 1 0 0 10 20 30 40 50 Latte/capo/giorno (kg) Fonte: Veldman et al., 1992. 80 60 50 40 20 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Ingestione AFB1 (µg/capo/giorno) Fonte: Veldman et al., 1992. Il trinciato di mais utilizzato nell’alimentazione delle lattifere può provocare danni diretti all’animale e/o contaminazione del latte di AFB1 plicando questi tre parametri (µg/kg di AFB1, sostanza secca dell’alimento in percentuale e chilogrammi di alimento tal quale utilizzati in razione) possiamo calcolare il contributo dei singoli alimenti alla contaminazione della razione. Per il silomais si ottiene: 25 kg di silomais × 0,33 (tenore di s.s./100) = 8,3 kg s.s. ingeriti dall’animale 8,3 kg s.s. × 1 µg/kg (AFB1 sulla s.s.) = 8,3 µg, quantità di AFB1 ingerita dalla vacca con il silomais Ripetuto il calcolo per tutti gli alimenti della razione si determina per semplice somma l’ingestione giornaliera totale di AFB1 per vacca: 8,3 µg (silomais) + 3,9 µg (farina mais) + 5,3 µg (concentrato) = 17,5 µg/capo/giorno A questo punto entra in gioco l’animale che trasforma la AFB1 in AFM1 che finisce nel latte in quantità variabili a seconda del livello produttivo e dello stadio di lattazione, come illustrato precedentemente. Negli esempi si è ipotizzata una produzione media giornaliera di 35 kg di latte, che determina un tasso di passaggio (carryover) del 3,7% come evidenziato nella figura 1. Moltiplicando l’AFB1 ingerita per il carry-over otteniamo la quantità di AFM1 passata nell’intera produzione di latte prodotta giornalmente: 17,5 µg/capo/giorno × 0,037 (carryover 3,7%) = 0,65 µg/capo/giorno di AFM1 passati nel latte Zootecnia Figura 1 - Situazione a basso rischio aflatossine nel latte Silomais 33% s.s. (AFB1 1,0 ppb s.s.) Farina di mais 87% s.s. (AFB1 1,3 ppb s.s.) Concentrato 89% s.s. (AFB1 1,0 ppb s.s.) Tal quale in razione 25 kg Secco in razione 8,3 kg AFB1 ingerita 8,3 µg 3,5 kg 3,0 kg 3,9 µg 6,0 kg 5,3 kg 5,3 µg Figura 2 - Situazione a rischio aflatossine nel latte Silomais 33% s.s. (AFB1 3,5 ppb s.s.) Farina di mais 87% s.s. (AFB1 8,0 ppb s.s.) Concentrato 89% s.s. (AFB1 1,0 ppb s.s.) Tal quale in razione 25 kg Secco in razione 8,3 kg AFB1 ingerita 29,1 µg 3,5 kg 3,0 kg 24,0 µg 6,0 kg 5,3 kg 5,3 µg Ingestione totale di AFB1 58,4 µg Ingestione totale di AFB1 17,5 µg Carry-over AFM1 (3,7%) in vacche da 35 kg/giorno AFM1/totale latte 0,31 µg AFM1/kg latte 8,6 ηg 0,14 µg 4,0 ηg 0,20 µg 5,7 ηg Carry-over AFM1 (3,7%) in vacche da 35 kg/giorno AFM1/totale latte 1,08 µg AFM1/kg latte 30,9 ηg In caso di razioni «a rischio» è possibile addizionare all’alimentazione giornaliera delle lattifere le zeoliti, in grado di adsorbire le aflatossine e così ridurre i loro metaboliti, anch’essi dannosi, nel latte 0,65 µg × 1.000 = 650 η g di AFM 1 contenuti nella produzione totale giornaliera La quantità di AFM1 per chilogrammo di latte sarà quindi: 650 ηg/35 kg = 18,3 ηg/kg Questa quantità è equivalente a 18,3 ppt, cioè parti per trilione, valore ben al di sotto del livello massimo di legge. Si ricorda che è corretto utilizzare questa unità di misura (ppt) solo nel caso si voglia indicare una concentrazione e non una quantità assoluta. Compreso il meccanismo di carryover, nella pratica il calcolo della con- 0,20 µg 5,7 ηg nel latte 62,0 ppt AFM1 nel latte 18,3 ppt AFM1 che, espressi in nanogrammi, corrispondono a: 0,89 µg 25,4 ηg taminazione di AFM1 nel latte (espresso in ppt) può essere più semplicemente stimato con una buona approssimazione moltiplicando per 1,25 la quantità di AFB1 ingerita giornalmente per capo (espressa in µg). La situazione ipotizzata nella figura 1 rappresenta le condizioni medie riscontrabili nelle aziende della Pianura Padana in anni in cui il mais non ha subito stress termici e idrici durante la crescita. In questi casi i rischi di contaminazione del latte possono derivare dall’eventuale acquisto di alimenti quali ad esempio cotone, farine di estrazione di soia o arachidi prodotti in Paesi tropicali. Utilizzando i valori medi di contaminazione da AFB1 riportati da Bertoncini et al. (2002) per alimenti analizzati in annate considerate non peri- colose si ottiene una contaminazione potenziale da AFM1 del latte pari a circa 20 ppt, confermando i dati di una indagine aziendale condotta nel Bergamasco da Caggioni e Pietri (1999) che riportava valori tra 15 e 25 ppt nel 47% dei casi analizzati. Ipotizzando una situazione più a rischio (figura 2) per i medesimi alimenti sono stati adottati valori di contaminazione da AFB1 rappresentativi della situazione media di quest’anno. Con la medesima procedura si ottengono valori di ingestione totale di AFB1/capo/giorno prossimi a 60 µg, ben al di sopra del limite di 40 µg/capo/giorno indicato in precedenza come soglia di sicurezza. A questo valore contribuiscono per il 49,8% il silomais con una contaminazione media di 3,5 ppb sul secco e per il 41% i 3,5 kg di farina di mais contenente 8,0 ppb di AFB1. La situazione non può che aggravarsi quando siano previsti in razione quantitativi superiori di farina o semola glutinata di mais, spesso caratterizzati da valori più elevati di quello considerato. Benché l’insilamento sia considerato la condizione ideale per preservare i foraggi dalla contaminazione con micotossine, poiché prevede la conservazione in condizioni di anaerobiosi incompatibili con lo sviluppo dei funghi filamentosi, in annate sfavorevoli si possono avere insilati di mais con livelli di contaminazione preoccupanti. Infatti, la contaminazione da AFB1 che si verifica in campo non può essere ridotta con l’insilamento. Gli insilati di mais effettuati a maturazione cerosa (50-60% linea lattea) con un tenore di sostanza secca tra il 33 e il 38% contengono circa il 50% di granella che, in annate calde con stress idrici già in pre-fioritura, presenta al momento della trinciatura livelli di AFB1 elevati. L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 2/2004 55 Zootecnia Poiché il silomais entra in razione sempre in quantità molto elevate (da 20 a 35 kg di tal quale/capo) occorre porre particolare attenzione alla contaminazione di questo alimento. L’analisi per questo prodotto a matrice acida va effettuata con il metodo Hplc (High performance liquid chromatography) in quanto il test Elisa (Enzyme linked immuno sorbent assay) senza particolari protocolli di estrazione e purificazione può fornire valori sovrastimati (quindi creare allarme in situazioni che potrebbero essere non a rischio!). Il silomais contaminato, essendo il principale alimento della razione, apporta sempre una quota significativa di aflatossina alla razione anche in annate considerate non pericolose. Attenzione particolare va quindi posta soprattutto quest’anno dato che sono stati trovati valori compresi tra 1,7 e 5,0 ppb sul tal quale su una percentuale elevata di silomais analizzati (comunicazione personale Paola Amodeo del Sata Lombardia; Donato Costa dell’Ersaf di Mantova; Daniele Giaccone dell’Associazione regionale produttori latte Piemonte). Questi valori corrispondono a contaminazioni sul secco comprese tra 5,0 e 15,2 ppb e possono determinare una potenziale ingestione giornaliera nelle vacche ad alta produzione di oltre 40 µg per capo di AFB1, che si traduce in un rischio di contaminazione da AM1 nel latte superiore ai limiti consentiti. Poiché il silomais prodotto in azienda non può essere lasciato da parte occorre porre particolare attenzione agli altri prodotti utilizzati nella razione, in particolare alla granella di mais e ai concentrati. Di seguito vengono riportate alcune indicazioni su come agire nel caso in cui gli alimenti presentino contaminazioni da AFB1 a rischio. Rimedi al rischio AFM1 Se l’analisi del latte di massa ha dato esito positivo con valori di AM1 vicini o superiori ai limiti di legge occorre individuare l’alimento o gli alimenti che determinano l’elevata ingestione di AFB1 e apportare alla razione le giuste correzioni. Si consiglia quindi di agire nel modo seguente: ■ effettuare l’analisi dell’AFB1 in Hplc per ognuno degli alimenti sospetti: è meglio spendere un po’ di più e avere la certezza assoluta del valore della contaminazione piuttosto che basarsi su analisi meno attendibili e rischiare di agire in modo non corretto; ■ se la granella di mais presenta livel-li di contaminazione elevati si può tentare di ridurre la presenza di AFB1 con una ventilazione in essiccatoio per eli- 56 L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 2/2004 Tabella 2 - Interventi sulla razione (kg tal quale/capo) (1) Quantità in razione (kg tal quale) prima dopo intervento intervento Insilato di mais (38% s.s.) 20 18 Farina di mais 6 – Fieno 3° taglio 3 4,5 Nucleo per vacche da latte 4 4 Soia 1,5 1,5 Mangime complementare (2) – 5,5 Zeoliti – 0,1 AFM1 nel latte (ppt) 87 32 Alimento (1) Di un’azienda che superava il limite di 50 ppt nel latte. (2) Componenti: orzo, sorgo, crusca di frumento tenero e duro, frumento tenero, farinaccio di frumento tenero e duro, buccette di soia, semi di soia tostata, melasso di canna da zucchero, carbonato di calcio, bicarbonato di sodio, fosfato bicalcico minerale, ossido di magnesio. minare le polveri e i frammenti di rottura che sono normalmente quelli più contaminati. Quest’anno purtroppo, poiché il mais è stato raccolto con un tenore di umidità molto basso (1415%), è accaduto in molte situazioni che la granella venisse stoccata direttamente senza il passaggio in essiccatoio, quindi senza l’eliminazione delle impurità più umide (frammenti di tutolo, semi di infestanti, ecc.). Varie esperienze indicano che la ventilazione è in grado di ridurre in maniera significativa la contaminazione da AFB1. Alcune sperimentazioni hanno inoltre dimostrato che può risultare efficace la spazzolatura della granella con una riduzione media della contaminazione da 15 a 3-4 ppb nei casi migliori. Qualora non sia possibile effettuare queste operazioni è necessario sostituire la granella o la farina di mais con altri concentrati a base di frumento tenero e duro, orzo o sorgo, prodotti meno soggetti alla contaminazione con AFB1; ■ se l’insilato di mais ha contenuti di AFB1 elevati occorre ridurne il quantitativo nella razione, sostituendolo in parte con altri foraggi (fieni, insilati di erba), avendo però l’accortezza di non ridurre troppo l’avanzamento giornaliero del fronte di taglio per non incorrere in problemi di deterioramento aerobico; è inoltre necessario utilizzare l’insilato avendo cura di scartare assolutamente tutto il cappello e le parti evidentemente deteriorate, potenzialmente più cariche di aflatossina (Borreani et al., 2003); ■ in ogni caso pretendere dai mangimifici la fornitura di concentrati e mangimi non contaminati o con contaminazioni da AFB1 molto ridotte (non è sufficiente accontentarsi di valori inferiori a 5 ppb se abbiamo altri alimenti aziendali con contaminazioni medioelevate, eventualmente non contenenti mais o sottoprodotti del mais); ■ se la razione rimane a rischio, poiché il tasso di passaggio dell’AFB1 è strettamente correlato al livello produttivo delle bovine, è possibile ridurre la produzione giornaliera per capo riducendo potenzialmente la percentuale di passaggio nel latte della micotossina; ■ l’adozione di captanti (zeoliti) nel caso di razioni al limite è in grado di ridurre, anche del 30%, la contaminazione (alcuni studi riportano fino al 70% in condizioni ottimali), mentre risulta meno efficace nei casi di contaminazioni elevate (Ramos e Hernández, 1997). Il principio su cui agiscono è prevalentemente fisico, cioè sono in grado di adsorbire le molecole di aflatossina con le quali vengono in contatto rendendole inattive. Possono essere usati da 50 a 300 g/capo/ giorno, con un costo addizionale della razione da 6 a 15 centesimi/capo/giorno. Come intervenire sulla razione In un’azienda dove il limite di 50 ppt di AFM1 era stato superato si è eliminata la farina di mais, risultata contaminata con valori da 15 a 18 ppb, si è ridotto il silomais di 2 kg utilizzando al contempo 100 g/capo di zeoliti e di un mangime complementare che non conteneva mais o suoi derivati (tabella 2). Il contenuto di AFM1 del latte nel giro di alcuni giorni è calato da 87 a 32 ppt. Il caso riportato indica che in un anno di emergenza come questo è comunque possibile in molte situazioni risolvere il problema. Questo però può essere fatto solo se si dispone delle analisi di tutti gli alimenti componenti la razione. Conclusioni Il clima del 2003 ha portato a una situazione simile a quella di alcuni Stati caldi del Nord America caratterizzati da alti livelli di contaminazione di AFB1 nel mais già alla raccolta. Il rischio di superare i limiti di AFM1 nel latte è alto per cui bisogna fare molta attenzione a tutti i componenti della razione per quanto riguarda la contaminazione con questa micotossina. Si suggerisce di porre particolare attenzione alla scelta del laboratorio a cui rivolgersi per le analisi e per alcuni alimenti come il silomais di richiedere l’analisi in Hplc in quanto più precisa. Giorgio Borreani Ernesto Tabacco Dipartimento di agronomia, selvicoltura e gestione del territorio Università degli studi di Torino E-mail: [email protected] La bibliografia verrà pubblicata negli estratti. Zootecnia BIBLIOGRAFIA tossine nel latte. L’Informatore Agrario, 58: 65-70. Amodeo P. (2001) - Rischio di aflatossina nel latte: linee guida per la produzione e l’acquisto di alimenti zootecnici negli allevamenti da latte. Regione Lombardia, Quaderni della Ricerca, pp. 24. Borreani G., Tabacco E., Cavallarin L. (2003) - Contaminazione da micotossine negli insilati di mais. L’Informatore Agrario, 59: 49-55. Betrán J., Isakeit T. (2002) - Aflatoxin contamination of early, intermediate, and late maturing maize hybrids. Mycopathologia, 155: 86. Bertoncini G., Amodeo P., Verderio A. (2002) - Prevenire il rischio di afla- Munksgaard L., Larsen J., Werner H., Andersen P.E., Viuf B.T. (1987) Carry-over of aflatoxin from cows’ feed to milk and milk products. Milchwissenschaft, 42: 165-167. Caggioni C., Pietri A. (1999) - Le aflatossine nel latte: dove nasce il problema e come prevenirlo. L’Informatore Agrario, 55: 45-50. Ramos A.J., Hernández E. 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