arrestati due funzionari del genio civile e i dirigenti della safab, l
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arrestati due funzionari del genio civile e i dirigenti della safab, l
È “Un comitato d’affari per saccheggiare le risorse pubbliche” il 4 agosto 2009, a Palermo viene presentato in pompa magna il parcheggio sotterraneo di piazza Vittorio Emanuele Orlando, davanti al palazzo di giustizia. Subito dopo l’inaugurazione, però, gli agenti della mobile arrestano gli amministratori della Safab, la ditta appaltatrice del parcheggio. Già dal settembre 2008 le attività dell’azienda romana sono sotto osservazione da parte degli inquirenti per una presunta corruzione nell’ambito dei lavori della diga di L’inchiesta è partita per il coinvolgimento di Sandro Missuto, presunto mafioso, nei lavori per il parcheggio del tribunale. Dalle intercettazioni, però, è emerso l’affare legato alla diga Desueri di Gela, realizzata dalla Safab di Andrea Cottone Arrestati due funzionari del Genio civile e i dirigenti della Safab, l’azienda che ha realizzato il parcheggio davanti al tribunale di Palermo: avrebbero distribuito mazzette per ottenere due milioni dal Consorzio di bonifica 5 di Gela 76 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Il pizzino trovato nell’esofago di Daniele Emmanuello che inchioda Sandro Missuto. Nella foto grande, il nuovo parcheggio del tribunale di Palermo Gela. In più, intercettando i protagonisti della vicenda, gli investigatori avrebbero qualcosa di più grande, che va al di là della corruzione: un “comitato d’affari”, come l’hanno descritto i giudici di Palermo. In manette finiscono Luigi e Ferdinando Masciotta, rispettivamente amministratore delegato e direttore dell’azienda romana; gli ingegneri Fabio Vargiu e Paolo Ciarrocca, dipendenti della Safab; Santo Giusti e Antonio Castiglione, funzionari del Genio civile di Caltanissetta. Chiamati a rispondere delle accuse davanti al gip di Palermo, Piergiorgio Morosini, gli indagati hanno confessato quanto contenuto nelle intercettazioni. Solo Castiglione si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha confessato anche Santo Giusti, personaggio chiave dell’inchiesta. Difeso dall’avvocato Filippo Maria Gallina del il magazine che guarda dentro la cronaca - s 77 A opere completate l’azienda romana aveva chiesto al Consorzio di bonifica oltre 11 milioni extra. Dopo il “no” del Consorzio, sarebbe scattata la ricerca di relazioni favorevoli: “Ma lei lo fa un tentativo estremo... estremo di provare a farlo ragionare ‘sta persona, oppure no?” foro di Palermo, ha ottenuto gli arresti domiciliari dal tribunale del Riesame di Caltanissetta. Il giudice del capoluogo si è infatti dichiarato incompetente visto che la presunta corruzione si sarebbe consumata nel Nisseno. Paolo Ciarrocca Luigi Masciotta 78 s - il magazine che guarda dentro la cronaca La diga Desueri a Gela Le indagini sulle attività della Safab nascono dal coinvolgimento nei lavori per la costruzione del parcheggio del tribunale di Palermo della ditta Igm srl di Sandro Missuto, nonostante il divieto imposto dal Comune di Palermo. Missuto, arrestato di recente, è indagato per reati riconducibili alle attività di associazioni mafiose e sarebbe vicino ai vertici mafiosi della Cosa nostra nissena. Basti pensare che nell’esofago di Daniele Emmanuello, boss della famiglia di Gela morto dopo un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine, sono stati trovati alcuni pizzini in cui il nome di Missuto è indicato come referente di alcuni appalti. I rapporti fra la Safab e Missuto sono di vecchia data e per conto della ditta romana Missuto ha svolto numerosi lavori. I microfoni accesi sui responsabili della ditta, però, li colgono alle prese con un’altra faccenda. La Safab, nel 2001, si è aggiudicata l’appalto per la realizzazione della “Rete irrigua dipendente dall’invaso Disueri” bandito dal Consorzio di Bonifica 5 di Gela. I lavori vengono consegnati l’anno dopo e, con questi, vengono anche trasmesse 7 “riserve” contabili. La ditta avrebbe, infatti, sostenuto costi aggiuntivi al di fuori del contratto di appalto, di cui chiedeva il rimborso. Ma la richiesta era esagerata per il consorzio (circa undici milioni e mezzo) e tutto finisce davanti al tribunale di Gela. La pratica delle “riserve”, come sottolineato dalle autorità competenti, è ormai divenuta quasi una prassi. Una ditta che vuole aggiudicarsi un appalto presenta un forte ribasso rispetto alla base d’asta, per poi recuperare le somme iscrivendole nelle riserve contabili. Gli investigatori in ascolto alla squadra mobile di Palermo assistono alla composizione “extragiudiziale” della controversia. La Safab si stava dando da fare per ottenere delle relazioni tecniche “favorevoli”. Il 4 settembre 2008 Paolo Ciarrocca parla con Fabio Vargiu a proposito di “quel cretino di Dimino (dirigente del dipartimento Interventi infrastrutturali dell’assessorato regionale all’Agricoltura e attuale amministratore del Consorzio 5 di Gela, ndr) che si è fatto inscatolare dal... dall’’interruttore’, quindi, lui mi ha detto che sta prendendo appuntamento, probabilmente domani venerdì, mi doveva far sapere, con Cartabellotta, perché va da Cartabellotta (…) e gli dice, ‘di’ a quel cretino, e dicesse che deve firmare’ e quindi… adesso mi faceva sapere”. L’“interruttore” a cui fa riferimento l’ingegnere sarebbe – secondo le indagini – Vincenzo Caruso, attuale direttore del Consorzio bonifica 5 Gela, che appare contrario alla composizione “extragiudiziale” della controversia con la Safab. Cartabellotta, invece, è direttore del Dipartimento interventi infrastrutturali, colui che secondo gli interlocutori era in grado di imporsi. Per convincere Vincenzo Caruso viene tirato in ballo anche Enrico Romano, direttore dei lavori della rete irrigua della diga Disueri, “ma lei lo fa un tentativo estremo... estremo di provare a farlo ragionare ‘sta persona, oppure no?” chiede Ciarrocca a Romano che fa chiaramente capire che servono diversi pareri favorevoli per convincere Caruso: “Certo se il Genio Civile non vi tocca niente, la transazione non ha modo di esistere” risponde all’altro. Nei primi giorni di dicembre cominciano a palesarsi agli occhi degli investigatori le intenzioni dei due ingegneri dipendenti della Safab. “Ieri sera alle 8 ho parlato con Masciotta – dice Ciarrocca a Vargiu – e gli ho detto ‘guardi qui bisogna dare una risposta’… gli ho spiegato ‘anche perché c’è sta novità che il Consorzio vuole riscrivere di nuovo al Genio Civile’ quindi lui ha detto ‘allora gli portiamo ventimila per l’ingegnere capo... ventimila per lui e poi dice... se vuole intanto diecimila... glieli do a buon fine’... dice”. Il riferimento, secondo le indagini, è a Santo Giusti e Antonio Castiglione, funzionari del genio civile di Caltanissetta. “Gliel’ho detto io che il Genio Civile che ci è costato 100 mila euro (...) vediamo di riuscirli a contenere... Poi Giusti si accontenterà” dice Ciarrocca a Vargiu. Il 10 dicembre l’incontro decisivo negli uffici palermitani della Safab. Luigi Masciotta chiede esplicitamente: “Quanto?”. E Vargiu risponde: “Quanto dobbiamo dare? Lui almeno (secondo le indagini il riferimento è a Giusti, ndr)... perché lui intanto si prende... poi il suo discorso... lui si è arrabbiato ah qua... il mio intervento è stato fondamentale come diceva lui perché chiaramente io conosco (...) lui si ricorda per un “Ieri sera alle 8 ho parlato con Masciotta e gli ho detto ‘guardi qui bisogna dare una risposta’… quindi lui ha detto ‘allora gli portiamo ventimila per l’ingegnere capo... ventimila per lui e poi dice... se vuole intanto diecimila... glieli do a buon fine’” accordo iniziale per 80... qualche migliaio di euro... la sua richiesta però... la cosa per cui poi ne parliamo non... però lui sostanzialmente per la parte sua dovrebbe essere 100... sostanzialmente (...) lui quello che mi diceva che in settimana degli 80 iniziali”. Più avanti nella conversazione i toni si fanno ancora più espliciti. “Siccome fra l’altro abbiamo capito che al Consorzio c’è un po’ di maretta... a ‘sto punto... cioè... chiudiamo questo aspetto adesso qualificato della... e a loro non so quanto vogliamo dare però almeno ventimila euro... secondo me bisogna darglieli... a ‘sto punto per poter chiudere il discorso... e poi in caso dice si vede un attimino” suggerisce Vargiu. “Secondo me risponde Fernando Masciotta - è un segno importantissimo perché noi stiamo dando una cosa a fronte del quale noi non abbiamo avuto nulla di fatto... e sì, c’è stato quel parere... ma se non viene firmato dall’amministrazione... ed esce prima la sentenza... quel parere è carta straccia.”. Nel discorso interviene anche Ciarrocca: “Ingegnere Vargiu... adesso parlando del problema... gli dice a questi... guardi... pigliati questi qua... è un regalo quindi... inutile che uno dice... che è in grado di fare... il prezzo... siamo galantuomini, siamo disponibili... a me sembra una cosa ragionevole”. I Masciotta puntano a contenere il prezzo e dilazionarlo, dando un acconto con “saldo alla fine della transazione firmata...” come afferma Ferdinando Masciotta. Inter- Santo Giusti Antonio Castiglione il magazine che guarda dentro la cronaca - s 79 “ “Quindi io farei... senza che stiamo a fare... trenta... e sono 120... poi vedi tu come distribuirli... questi sono i 30... flow chart... fino a 80... altri 30 fino alla transazione... altri 50... flow chart... tranquilli... 10, 20... con la crisi che c’è... trovarli già è stato... abbiamo dovuto fare l’elemosina...” Ferdinando Masciotta Fabio Vargiu 80 s - il magazine che guarda dentro la cronaca viene l’altro Masciotta, Luigi: “Io direi... concorderei... così... 110... vedi tu come dividerli”. “Gli 80 glieli confermiamo... praticamente...” aggiunge Vargiu; “ne restano 80... ed il resto... altri 30 nel momento in cui firmano la transazione” chiude Luigi Masciotta che, verosimilmente, distribuisce banconote. “Quindi io farei... senza che stiamo a fare... trenta... e sono 120... poi vedi tu come distribuirli... questi sono i 30... flow chart... fino a 80... altri 30 fino alla transazione... altri 50... flow chart... tranquilli... 10, 20 (...) con la crisi che c’è... trovarli già è stato... abbiamo dovuto fare l’elemosina... quindi abbiamo detto a tutti insieme di fare il giro dei semafori di Palermo”. Il passaggio delle mazzette Uscito dall’ufficio Vargiu parla al telefono con Giusti concordando un appuntamento per il giorno dopo. “Quello già il profumo, aveva sentito l’odore della... dei soldi, appena abbiamo finito con il dottor Masciotta, mi ha chiamato” racconta l’ingegnere a Ciarrocca che chiede: “Ma ci stanno i soldi?”. “In borsa li ho già – risponde Vargiu – non li ho contati, vabbè , non c’è bisogno”. E nella stessa conversazione si lascia scappare un altro nome. “Gli diciamo – dice Vargiu riferendo il discorso che avrebbe fatto a Giusti – abbiamo visto i tempi... che sono abbastanza lunghetti, mi hanno chiesto ‘sta cortesia... poi c’è Benfante...”. Ludovico Benfante è uno dei membri della commissione di collaudo, altro organismo che ha emesso un parere preliminare alla stipula dell’accordo. L’incontro fra Vargiu e Giusti avviene l’11 dicembre. “Ci resto a mani vuote io! Ce li devo dare tutti” esclama Giusti mentre in sottofondo si sente qualcuno che maneggia carte. Secondo le indagini la somma non era quella richiesta e Giusti sosteneva che l’avrebbe versata per intero ad Antonio Castiglione, l’ingegnere capo. Vargiu spiega che il pagamento sarà dilazionato. “Ma una morta, ma una morta l’abbiamo salvata (...) Fabio, vedi che era morta, se io mi mettevo di traverso, era zero, puoi fare causa quanto cazz... (...) io ho valutato la situazione a livello macroscopico, ho la coscienza assolutamente tranquilla” diceva Giusti facendo intendere che, senza il suo intervento, la Safab non avrebbe avuto possibilità di spuntarla e gira a Vargiu alcune richieste: “Vedete se mi fate trovare qualche collaudo, qualche minchiata (...) se c’è la possibilità tramite politica di avere... Di avere il collaudo, io posso recuperare con il collaudo quello che diciamo”. La transazione arriva a conclusione. “Oh... m’ha chiuso a un milione 922 mila (...) che cosa abbiamo fatto a fare tutta la pratica al Genio Civile... eh... perché se la pratica del Genio Civile non chiudeva a due e tre... col cazzo che chiudevamo a uno e 9... se chiudeva a uno e nove... chiudevamo a uno e tre... giusto? Sarà difficile a farglielo capire” dice Ciarrocca a Vargiu. Poi aggiunge: “Il problema è che ci vogliono 5 anni... questo è il problema ingegnere... perché... lo sappiamo... è vero che la vinceremo... in appello la vinceremo secondo me non 800, mille euro, ma 2 milioni di L’aggiunto Leo Agueci, che sta coordinando le indagini euro... (incomprensibile) ma fra 5 anni... quanto durano le cause civili? Quello è il problema... allora pochi e maledettti... il principio è quello”. Quindi la transazione sulle 7 riserve contabili è stata chiusa a 1.920.000 euro, grazie all’indicazione di 2 milioni e 300 mila fatta dal Genio civile. E non solo quello. “Sarebbe il caso di sdebitarci per questo parere, perché Cartabellotta è stato fondamentale, siccome l’altro o oggi o domani” dice Ciarrocca facendo riferimento al dirigente regionale che ha emesso un parere sulla controversia. Il comitato d’affari Da questo momento, però, si apre un capitolo ancora tutto da scrivere. Chiuso quello della diga di Gela, infatti, gli investigatori lavorano per svelare la rete di contatti con funzionari pubblici, politici e mafiosi intrattenuti dagli indagati che per gli inquirenti avrebbe “l’obiettivo di dar vita ad un comitato d’affari in grado di ‘saccheggiare’ una fetta consistente della risorse destinate alla collettività” scrivono i giudici. La squadra mobile ha accertato contatti fra Luigi Masciotta e Giovanni Avanti, presidente della Provincia di Palermo, che in una telefonata con l’imprenditore chiede il pagamento di una fattura. L’ipotesi della squadra mobile è che Avanti sia legato alla Safab per il tramite di Giuseppe Li Calsi (direttore dei lavori del parcheggio del tribunale), socio dell’esponente Udc nella “Centro Studi Progetti Ingegneria Integrata srl”. Gli indagati hanno spiegato che si trattava di un “Oh... m’ha chiuso a un milione 922 mila... che cosa abbiamo fatto a fare tutta la pratica al Genio Civile... eh... perché se la pratica del Genio Civile non chiudeva a due e tre... col c... che chiudevamo a uno e 9... se chiudeva a uno e nove... chiudevamo a uno e tre... giusto? Sarà difficile a farglielo capire” sollecito per il pagamento di una fattura a Li Calsi. Accertati anche diversi contatti fra Masciotta e il segretario regionale dell’Udc, Saverio Romano. L’imprenditore laziale va a casa sua a fine luglio del 2008 e i due si sentono più volte, oltre a trovarsi a Lipari nello stesso periodo. Masciotta, inoltre, avrebbe avuto rapporti anche con esponenti dell’Mpa e in particolare col presidente della Regione Raffaele Lombardo. “Ieri mi sono incontrato con Lombardo – racconta Ciarrocca a Vargiu nel febbraio scorso – il quale finalmente stavolta ha capito l’importanza della cosa (...) allora abbiamo appuntamento domenica mattina all’hotel Marriot con l’ingegner Ragusa... a Roma... perché c’è il congresso dell’Mpa”. I due parlano di Si- gonella, la base militare americana nei pressi della quale la Safab ha un terreno in cui ha costruito residenze per i dipendenti della caserma. Salvatore Ragusa, invece, è l’ingegnere capo del Genio civile di Catania, “politicamente a contatto con Lombardo” secondo l’informativa della polizia. “M’ha detto pure con Ragusa... sì però... ho detto... sì... onorevole... tenga presente che l’ingegnere capo c’ha purtroppo un geologo... sì lo so... un bastardo” racconta Ciarrocca a Vargiu rispetto all’incontro con Lombardo e poi aggiunge: “Oh... m’ha detto... Munafò... lui... problemi non... Munafò è dei loro (...) oh ma siamo a cavallo... stavolta ce la facciamo... vaffanculo (...) lui m’ha detto con Munafò non c’è problema”. Manlio Munafò è stato recentemente nominato diil magazine che guarda dentro la cronaca - s 81 Avanti e Lombardo: “Estranei alla vicenda” “Non mi sono mai interessato dell’appalto per la diga Disueri, né di altri. A mia memoria, nulla mi dicono i nominativi dei fratelli Masciotta né degli altri indagati. Sconoscevo fino ad oggi l’esistenza della ditta Safab”. È il commento del presidente della Regione, Raffaele Lombardo, in merito a suoi presunti contatti con rappresentanti della Safab, l’azienda appaltatrice dei lavori per la diga Disueri di Gela, coinvolti nell’inchiesta della magistratura. “Poiché pare che in alcuni atti venga menzionato il mio nome - conclude Lombardo - una volta conosciuti gli atti dell’indagine, intraprenderò le opportune azioni legali a mia tutela”. Il presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti, anche lui chiamato in causa come uno dei contatti politici della Safab, si dichiara “totalmente estraneo alla vicenda”. Avanti afferma di conoscere i titolari dell’azienda “da oltre dieci anni per ragioni esclusivamente professionali” e aggiunge: “Sono convinto che riusciranno presto a chiarire la loro posizione. Mi addolora - conclude apprendere che i miei contatti ancorché sporadici con i predetti possano essere equivocati o, ancora peggio, strumentalizzati”. 82 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Il nuovo parcheggio del tribunale di Palermo Dalle indagini emergono anche contatti con il fratello del presidente della Regione Raffaele Lombardo, col presidente della Provincia Giovanni Avanti e col segretario dell’Udc Saverio Romano. E secondo il pentito Fabio Manno sarebbe stato versato il pizzo anche per il parcheggio del tribunale rigente generale del dipartimento Lavori pubblici con l’interim dell’Ispettorato da Raffaele Lombardo. Gli indagati hanno risposto alle domande del gip di Palermo riferendo che il Lombardo a cui si fa riferimento nelle intercettazioni è il fratello del presidente della Regione. Il pizzo “Nessuno, ma proprio nessuno, era esentato dal pagare il pizzo a Cosa nostra. Neanche la ditta che sta realizzando il nuovo parcheggio di piazza Vittorio Emanuele Orlando di fronte al palazzo di giustizia di Palermo”. Le parole sono del collaboratore di giustizia Fabio Manno di fronte ai giudici della quarta sezione della Corte d’Appello di Palermo. Secondo Manno, la richiesta di pizzo alla Safab sarebbe stata avanzata da un imprenditore di Gela di cui non ricorda il nome. Ad avvicinare la ditta romana sarebbe stato Gerlando Alberti, ‘u Paccarè, boss di Porta Nuova. Il vigile del fuoco Nelle indagini – coordinate dall’aggiunto Agueci e dai sostituti Paci, Di Matteo e Marzella della Dda di Palermo – è stato coinvolto anche Antonino Randazzo, ingegnere in servizio presso il comando provinciale dei vigili del fuoco di Palermo, con la qualità di vice-dirigente. Avrebbe, infatti, fornito un parere per il rilascio del certificato prevenzione incendi ancor prima che le opere fossero ultimate. il magazine che guarda dentro la cronaca - s 83