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Secondo la leggenda, Pisa sarebbe stata fondata dai profughi

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Secondo la leggenda, Pisa sarebbe stata fondata dai profughi
PISA
S
econdo la leggenda, Pisa sarebbe stata fondata
dai profughi troiani provenienti dall’omonima
città greca posta nella valle del fiume Alfeo, nel
Peloponneso. Antica repubblica marinara, rivale di
Genova e Venezia, Pisa è nata e cresciuta lungo le insenature dell’Arno, che rendono suggestiva la vista
del fiume e dei maestosi palazzi di epoca granducale
che si riflettono nelle acque. Il cuore pulsante della
città è costituito da Piazza dei Miracoli, che è stata
dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e
ospita i monumenti più importanti della città (Duomo, Battistero, Camposanto Monumentale e Torre
Pendente) definiti per la loro bellezza e originalità
“miracoli” da Gabriele d’Annunzio. La presenza di
un’altra personalità illustre aleggia nella città: quella
di Galileo Galilei. E sono infatti numerosi i luoghi
della città che si possono visitare sulle tracce dello scienziato, a partire dalla Torre Pendente, dove
Galileo effettuò l’esperimento della “caduta dei
Gravi”, per arrivare fino alla casa dove nacque nel
1564. Pisa è, ancora oggi, un centro di eccellenza
nel campo della ricerca con la sua prestigiosa università fondata nel 1343; la Scuola Normale Superiore, voluta da Napoleone all’inizio dell’Ottocento;
la Scuola Superiore Sant’Anna; il Consiglio Nazionale
delle ricerche (CNR). Tutto questo fa di Pisa una città
giovane, frequentata da studenti provenienti da
tutta Italia e caratterizzata da una movida notturna
frizzante e sempre in evoluzione. E se sui verdi prati
di Piazza dei Miracoli, dove si adagiano i capolavori
del romanico pisano, c’è sempre un gran via vai di
turisti a caccia del souvenir della Torre più originale,
esiste anche una Pisa dove le attrazioni sono modernissime: come il murale Tuttomondo, l’ultima opera realizzata in Europa dall’artista americano Keith
Haring, sulla parete del Convento di Sant’Antonio,
o la fontana della stazione, opera del celebre scultore Arnaldo Pomodoro. Da vedere
TORRE DI PISA O TORRE PENDENTE: è il simbolo
della città nonchè uno dei monumenti più famosi
del Bel Paese.
DUOMO: è la cattedrale della città dedicata alla
Santa Maria, è un vero e proprio capolavoro
dall’architettura romanica pisana.
BATTISTERO: si trova davanti al duomo ed è un edificio romanico a pianta circolare iniziato nel 1152 da
Diotisalvi e rimaneggiato oltre un secolo dopo, da
Giovanni Pisano.
CAMPOSANTO MONUMENTALE: è l’ antico cimitero
della città, circondato da una lunga galleria a pianta
rettangolare.
SIENA
L
a città è universalmente conosciuta per il suo
patrimonio artistico e per la sostanziale unità
stilistica del suo arredo urbano medievale,
nonché per il suo famoso Palio; il centro storico è
stato infatti dichiarato dall’UNESCO patrimonio
dell’umanità nel 1995.
Il Palio, il fascino delle contrade e Piazza del Campo, l’ Archivio di Stato e la Pinacoteca. Siena è una
delle città più affascinanti d’Italia. Il centro medievale è ricco di edifici maestosi come il Palazzo
Comunale mentre nelle numerose chiese e piccoli
musei è custodito un vero e proprio patrimonio
di opere artistiche. Siena è anche buon cibo e ottimo vino. Il Palio non è una manifestazione riesumata ed organizzata a scopo turistico: è la vita del
popolo senese nel tempo e nei diversi suoi aspetti e sentimenti. Esso ha origini remote con alcuni regolamenti ancor oggi validi dal 1644, anno
in cui venne corso il primo palio con i cavalli, così
come ancora avviene, in continuità mai interrotta.
Il territorio della Città è diviso in diciassette Contrade con dei confini stabiliti nel 1729 dal Bando di
Violante di Baviera, Governatrice della Città.
Tra i piatti più antichi che compaiono sulle tavole
senesi, vi sono la pappa con il pomodoro, la minestra di pane, i fagioli in umido, la zuppa di fagioli e
quella di ceci.
Tradizionalissimi anche i pici (spaghetti) alla senese.
Tra le pietanze che hanno portato in alto il nome
della tradizione culinaria chiantigiana ci sono però
gli arrosti di selvaggina, il cinghiale in umido, i risotti
con i funghi porcini, le bistecche di manzo, cacciagione alla brace, gli stracotti e i sughi di fegatini.
Non si possono poi tralasciare i famosi insaccati di
maiale, come il salame, il prosciutto, la finocchiona,
la soppressata, la salsicce e il buristo, uno dei più
antichi insaccati del mondo. Da mangiare sorseggiando un buon rosso, come quelli serviti all’enoteca
italiana.
SAN GIMIGNANO
CENNI STORICI
San Gimignano si erge con il profilo delle sue torri, su di un colle del Val D’elsa. La città dalle belle
torri, è uno dei siti medievali meglio conservati
della Toscana. Sede di un piccolo villaggio etrusco
del periodo ellenistico iniziò la sua storia intorno al
decimo secolo prendendo il nome dal santo vescovo
di Modena. Ebbe un grande sviluppo durante il medioevo grazie alla Francigena che lo attraversava.
La pestilenza del 1348, e la successiva deviazione
della rotta dei pellegrinaggi, portarono al declino
economico. Il suo magnifico profilo, irto di guglie, si
staglia contro il cielo: delle originali 76 torri ne sono
rimaste oggi 14, la più antica delle quali risale al XIII
secolo. Queste torri, tutte senza finestre, furono edificate dalle grandi famiglie del periodo comunale a
simbolo della loro ricchezza.
CHIESA COLLEGIATA
Detta anche comunemente il Duomo, consacrata
nel 1148, è considerata uno dei più prestigiosi esempi di stile romanico toscano. E’ stata costruita su
tre navate, le pareti sono interamente affrescate.
Tra le opere pregevoli ad affresco: San Sebastiano
di Benozzo Gozzoli e le Storie di Santa Fina di Domenico Ghirlandaio nella Cappella di Santa Fina.
CHIESA DI SANT’ AGOSTINO
Anche questa chiesa contiene numerosi affreschi, in
particolare la Cappella di Santo Bartolo (Benedetto
da Maiano), e altri resti di affreschi, tavole e tele di
autori diversi (Benozzo Gozzoli, Piero del Pollaiolo,
Pier Francesco Fiorentino, Vincenzo Tamagni, Sebastiano Mainardi).
MUSEO CIVICO
Cortile e Sala di Dante con la Maestà di Lippo Memmi. Museo Civico e Pinacoteca con opere di Filippino Lippi, Pinturicchio, Benozzo Gozzoli, Domenico
di Michelino, Pier Francesco Fiorentino, Sebastiano
Mainardi, Lorenzo di Niccolò di Martino, Coppo di
Marcovaldo. Inoltre dal museo civico si può visitare
la Torre Grossa o del Podestà costruita nel 1311 ed
alta 54 metri.
VOLTERRA
V
olterra, gioiello d’arte etrusca, romana, medievale e rinascimentale, domina da un colle
di 550 metri tutta la valle del Cecina, fino al
mare. A Volterra la storia ha lasciato il suo segno con
continuità dal periodo etrusco fino all’ottocento,
con testimonianze artistiche e monumentali di grandissimo rilievo, che possono essere ammirate semplicemente passeggiando per le vie del centro storico, ma anche visitando i tre musei cittadini: il Museo
Etrusco, la Pinacoteca Civica e il Museo d’Arte Sacra.
Accanto a queste un paesaggio incontaminato, una
qualità della vita ancora a dimensione umana e un
artigianato artistico unico al mondo: l’alabastro.
Una città da vivere intensamente, da scoprire a poco
a poco, con le sue atmosfere, i suoi contrasti, il pulsare di una civiltà e di una cultura che la rendono
“unica” e irripetibile. La meta ideale per un soggiorno in Toscana, alla scoperta di una delle zone
più incontaminate della regione che è nello stesso
tempo a un passo dal mare e dalle più importanti
città d’arte.
Volterra oltre a trovarsi in un’area paesaggistica
notevole con diversi percorsi naturalistici, vanta
un patrimonio culturale inestimabile, enorme rispetto alle dimensioni del piccolo e raffinato centro della Val di Cecina. Questo perché ogni angolo
della città racchiude in sé testimonianze ancora
intatte del passato. Un passato che vanta la presenza di diverse civiltà, da quella etrusca a quella
romana, da quella medievale a quella rinascimentale, visibile non solo nelle antiche vestigia a cielo
aperto, ma anche nei molti e vari musei della città
che completano ogni desiderio di approfondire.
Etrusche sono le sue mura, l’imponente Arco, l’unico
esistente, e i numerosi e preziosi reperti archeologici del Museo Etrusco Guarnacci, uno dei più antichi
musei d’Europa, al cui interno emergono l’“Ombra
della Sera”, dal profilo davvero unico, e i bellissimi
gioielli finemente lavorati.
CURIOSITA’
Panforte
Intorno al Panforte si confondono numerose leggende miste a frammenti di storia, una cosa però è
certa, le sue origini sono assai remote. La leggenda
più antica lo ricollega alla Notte Santa della Nascita
del Cristo, quando in omaggio al Redentore un bambino portò i suoi poveri doni: un po’ di pane e delle
mandorle che, dopo la benedizione di S. Giuseppe,
si trasformarono in un meraviglioso Panforte. La formula moderna di questo dolce nasce verso la fine
dell’ottocento con il Panforte Margherita, dove si
introdurrà l’impiego dei canditi di cedro, arancio e
limoni in aggiunta a droghe dolci come la cannella
o la vaniglia.
Panpepato
Intorno al Panforte si confondono numerose
leggende miste a frammenti di storia, una cosa però
è certa, le sue origini sono assai remote.La leggenda
più antica lo ricollega alla Notte Santa della Nascita
del Cristo, quando in omaggio al Redentore un bambino portò i suoi poveri doni: un po’ di pane e delle
mandorle che, dopo la benedizione di S. Giuseppe,
si trasformarono in un meraviglioso Panforte. La formula moderna di questo dolce nasce verso la fine
dell’ottocento con il Panforte Margherita, dove si
introdurrà l’impiego dei canditi di cedro, arancio e
limoni in aggiunta a droghe dolci come la cannella
o la vaniglia
Ricciarelli
La leggenda vuole che i Ricciarelli siano comparsi per la prima volta ad opera di un reduce
dalle Crociate, che importò dalla Turchia dei piccoli dolci di noci e mandorle impastati con il miele.
Altre testimonianze, sicuramente più attendibili, ne
ricollegano le origini ai “marzapani” senesi, assai
famosi in Toscana nel XVI Secolo.Inizialmente chiamati dolci di “marzipane”, verranno rinominati Ricciarelli solo alla fine del cinquecento, momento in
cui si introduce nelle cucine più fornite lo zucchero
bianco.
Cantucci (disponibili anche alle Nocciole e Cioccolato)
Detti anche biscotti di Prato da dove pare che siano
nati ad opera di alcune massaie che dopo aver preparato alcuni dolci decisero di impastare alcune noci
tritate con le “chiare” delle uova avanzate.Il cantuccio è diffusissimo in Toscana e particolarmente a
Siena dove l’accostamento “cantucci e Vin Santo”
è ritenuto uno dei modi migliori per completare un
buon pasto.
IL PALIO
Il Palio è molto più che una semplice manifestazione
per i senesi, fa parte della loro vita fin dalla nascita.
I contradaioli, così si chiamano gli appartenenti ad
una Contrada, partecipano alla vita della loro Contrada ed all’ organizzazione del Palio tutto l’ anno. I
senesi vivono il Palio con grande passione e trasporto e certamente ve ne renderete conto se avrete
l’opportunità di assistere ad una corsa.
Il giorno del Palio
Il giorno della corsa del Palio la città è in pieno fermento e tutta la giornata è dedicata alla manifestazione.
Verso le 8 nella Cappella accanto al Palazzo Comunale, viene celebrata dall’Arcivescovo la “Messa del fantino”. Subito dopo in Piazza del Campo
si svolge l’ultima corsa di prova, la “provaccia”.
Alle 10,30 in Palazzo Comunale, alla presenza del Sindaco, viene effettuata la “segnatura dei fantini”, che da questo momento in poi non potranno essere più sostituiti.
Attorno alle 15 in ogni Contrada si svolge la benedizione del proprio cavallo ed ha quindi inizio il grande
corteo storico, composto da oltre 600 figuranti.
Il corteo arriva in Piazza del Campo verso le 17 (per
terminare al palco delle autorità attorno alle 18,3019 e successivamente uno scoppio di mortaretto annuncia l’uscita dei cavalli dall’ Entrone. All’uscita ad
ogni fantino viene consegnato un nerbo di bue, col
quale potrà incitare il proprio cavallo o infastidire gli
avversari nella corsa.
La corsa
La corsa parte dalla “Mossa”, zona della piazza delineata da due canapi (funi). Il “Mossiere” ha il compito di chiamare le Contrade, secondo l’ordine che è
stato sorteggiato, e controllare che le posizioni assegnate vengano rispettate. Le prime nove Contrade
vanno a posizionarsi tra i canapi, mano a mano che
vengono chiamate, la decima entra invece “di rincorsa”, stabilendo di fatto l’ inizio della gara.
Nel caso in cui la partenza non venga giudicata valida
(ad esempio perchè i fantini non hanno rispettato la
loro posizione), uno scoppio di mortaretto ne darà
l’avviso e si dovrà ricominciare tutto da capo. La fase
della “Mossa”, può essere estremamente lunga e
durare anche fino a buio. Questo è comprensibile se
si pensa che la competizione tra le Contrade è molto
forte e veder vincere una Contrada “nemica” è in assoluto il peggior risultato possibile.
I cavalli devono percorrere tre giri della piazza, superando anche punti pericolosi, come la stretta curva di San Martino, dove spesso avvengono scontri e
cadute (questo motivo è uno dei motivi per cui da
anni gli animalisti si dichiarano contrari al Palio).
Il primo cavallo che arriva al traguardo vince, anche se “scosso”, ovvero senza fantino, ed alla Contrada vincitrice viene consegnato il Drappellone.
Terminata la corsa i contradaioli vittoriosi si recano
col Drappellone nella Chiesa di Provenzano (nel
palio di luglio) o nel Duomo (nel palio di agosto) per
il “Te Deum” di ringraziamento.
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