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articolo progetto bello - Istituto Comprensivo Biella II

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articolo progetto bello - Istituto Comprensivo Biella II
Progetto “Bello!”
Il progetto nasce dalla collaborazione tra tre classi di scuola primaria (XXV Aprile, M. Sella e G
Pascoli dell'Istituto Comprensivo Biella 2) e tre studenti del Liceo delle Scienze Umane Avogadro
della stessa città: Erica (classe IV), Nicolò e Simone (classe III).
Finalità: promozione della capacità di cogliere il senso della bellezza a partire dalle esperienze
quotidiane, sviluppo della capacità di ascolto e condivisione.
I contenuti: la ricerca della bellezza attraverso il dialogo ed il confronto tra pensieri ed opinioni
differenti; la lettura del bello attraverso le diverse discipline scolastiche; la costruzione dell’idea
del bello come ordine e armonia; l’esperienza del bello come risposta alle esigenze più profonde
dell’uomo.
Nello svolgimento del lavoro si è tenuto conto delle indicazioni del Progetto “La bellezza salverà il
mondo”, dell'Università Cattolica di Milano, cui gli allievi del Liceo hanno partecipato con un
video (consultabile sul sito dell'Istituto comprensivo Biella 2): la bellezza è un valore primario che
non può essere subordinato ad altri valori: bellezza del mondo che ci circonda, bellezza capace di
salvare il mondo e su cui scommettere per costruire il futuro.
Il percorso si propone di avvicinare il tema dell'estetica, del gusto, della cultura e dell'arte per
esplorarne le molteplici sfaccettature.
Tempi: l’attività è stata svolta nei pomeriggi del martedì, mercoledì, giovedì. La presenza degli
allievi del L.S.U. : 18 incontri (6 per classe) di 2 ore ciascuno.
Il progetto
L'estetica di bambini e ragazzi è un tema sconosciuto per gli adulti: capita che si chieda loro di
trovare bello ciò che è bello per noi; allora forse è giusto indagarlo, utilizzando suggestioni per
scatenare una tempesta di idee.
Bello è per i piccoli spesso ciò che è gigantesco o minuscolo, ciò che è brillante o rutilante, ma
anche ciò che conoscono o riconoscono, bello è ciò che è speciale, unico, segreto, emozionante,
poetico, strano o sorprendente riguardo a persone, cose, ambienti, paesaggi, situazioni. Qualcosa di
importante da poter rappresentare perché racconta quel che si è: i propri pensieri, sentimenti,
emozioni,..
Il percorso è stato pensato in maniera differenziata sulle tre classi:
- capacità di riconoscere i propri luoghi come qualcosa di cui siamo eredi e in cui abbiamo la
fortuna di vivere (classe terza del quartiere di Chiavazza). In questo senso, con il gruppo classe
abbiamo percorso i luoghi conosciuti alla scoperta di ciò che è “invisibile”, a partire da uno sguardo
panoramico sul quartiere sino a visitare alcuni luoghi belli (il vivaio) e buoni (il biscottificio). I
bambini sono stati sollecitati ad indagare la loro memoria, riproducendo la facciata della loro casa
ed utilizzando il prodotto del loro lavoro per costruire un plastico.
- Come percorso nell'interiorità di ogni persona, ciò che aiuta a rintracciare itinerari educativi
originali, lontani dal conformismo nei modi di pensare, agire e sentire (classi quinte).
Invitare i bambini ad esprimersi circa argomenti quali la creatività e le emozioni, inventando
racconti e confrontandosi, aiuta ad allontanarsi per un attimo dal metodo tradizionale della lezione
frontale, motivando anche gli “irrequieti” a lavorare costruttivamente con il gruppo classe.
Le domande poste dagli educatori hanno lo scopo di suscitare una ricerca che parte dal bambino e la
comunicazione nel gruppo aiuta a valorizzare i pensieri dell'altro, rendendo consapevoli che i
diversi punti di vista arricchiscono la capacità di comprensione di ciascuno.
Le situazioni problematiche proposte permettono di creare un percorso di ricerca e scatenano
ulteriori domande; molti interrogativi rimangono senza una risposta immediata, ma “lavorano
dentro” i bambini che spesso ripropongono negli incontri successivi i quesiti rielaborati
personalmente.
Diverse le accortezze necessarie agli educatori: proporre interrogativi accessibili per comprensione
e formulazione, cogliere le difficoltà degli alunni a riformulare i quesiti, lasciare il tempo necessario
all'elaborazione degli argomenti proposti, accompagnare il processo di esposizione.
Nel percorso ci si può avvalere di vari supporti: citazioni di testi, poesie, immagini, canzoni,
produzioni artistiche, sempre invitando gli studenti ad esprimere il loro pensiero. Spesso questo
processo fa emergere modi di pensare, conflitti e dubbi: ciò che non avviene in situazioni classiche
di frontalità e permette di far crescere la responsabilità e la sicurezza di ognuno, educando alla
libertà.
Durante gli incontri può capitare di non accorgersi del tempo che passa: le domande suscitano altre
domande, investendo percorsi interdisciplinari e, dalla somma delle conoscenze messe in comune,
nascono riflessioni e idee che non erano ancora nella mente di nessuno, capaci di stupire anche gli
educatori per la loro novità e profondità.
Si notano differenze di approccio all'interno dei gruppi e tra le diverse classi: vi è chi è consapevole
del valore del proprio contributo e dunque è più deciso e chi è meno sicuro della propria capacità
comunicativa; talvolta i temi vengono accostati in maniera esagerata, quasi da “sbruffoni”; quando
si instaura un clima di tranquilla fiducia ognuno trova il modo di maturare e formulare il proprio
pensiero.
Alcuni esempi di incontri a tema
Incontro sul tema delle emozioni, classe III, Scuola primaria XXV Aprile
Parlando di emozioni emergono gioia, felicità, tristezza, rabbia, amore, solitudine, amicizia,
allegria, odio, risentimento, paura, noia, malinconia, invidia, angoscia (“la mamma la prova sempre,
me la spieghi?»), solitudine, dolore, orgoglio.
L'emozione è “una cosa astratta, che non si può disegnare”, così proviamo a rappresentare
graficamente un'emozione a scelta. Le macchie di colore, alcune spigolose, altre tonde
rappresentano la rabbia di essere costretti a far qualcosa contro la propria volontà; la felicità è
rappresentata da facce sorridenti; anche, un bimbo in bici per la prima volta senza rotelle: felicità è
provare a fare cose nuove; tre persone (che sono anche una persona sola) rappresentano felicità,
tristezza e rabbia provati nello stesso momento; un grande viso piangente (“è stato preso in giro”):
tristezza è rendersi conto di un difetto; un espositore di emozioni, un bambino che sospira (le
emozioni nascono dal cuore”); ricciolini di vento, un ragazzo che offre un fiore ad una ragazza:
amore; amore è anche l'eleganza degli abiti; l'amicizia raccontata in un sogno ricorrente (un omino
meccanico combinaguai); la felicità nasce da dentro: il disegno rappresenta un omino che corre e
ride; gioia: una mamma giovane circondata dalla “famiglia dei gioiosi”, omini blu che vivono nel
cuore; l'angoscia e la tristezza in un personaggio fantastico che arriva da un mondo speciale: ha due
cuori spezzati.
E la tristezza? “Quando uno è triste a volte vuol stare da solo e la solitudine ha i suoi vantaggi”; la
tristezza passa, come quando muore un nonno, non torna per quel fatto: lascia come una cicatrice;
“fa riflettere, aiuta a pensare: dopo stai meglio”; si impara anche a combattere, perché star male non
è bello.
Anche la paura fa ragionare, aiuta a mettere nel giusto ordine le paure che vengono dopo.
Il gioco “Piccoli filosofi”, classe V, Scuola primaria G. Pascoli
In questo gioco viene assegnata ad ogni alunno della metà della classe un argomento da difendere
(ponendosi a favore o contro), quindi, ad estrazione un altro compagno difende la tesi opposta dello
stesso argomento, anche contro il proprio pensiero. Entrambi devono risultare il più convincenti
possibile.
(Pace): sentimento che provo, ad esempio, quando ho finito di fare i compiti: è positiva perché
allontana la sofferenza.
E' negativa perché un mondo in pace è piatto, (voce fuori campo: i giornalisti sarebbero
disoccupati...), noioso, se ci fosse solo pace non potremmo mai sbagliare.
(Arte): è positiva, infatti la trovi in natura, praticare l'arte fa bene
E' negativa, ci sono cose più importanti che ballare, recitare, dipingere...
(Collaborazione): è una cosa pratica, positiva, si lavora insieme
E' negativa, può far nascere litigi.
(Studio): è fondamentale per imparare le cose ed affrontare la vita con sicurezza.
E' molto negativo, sottrae tempo ai piaceri!
(Tecnologia): E' positiva perché ti mette in contatto con il mondo: molti programmi sono e rendono
intelligenti, e poi è rilassante.
Negativo, non mi piace, non me ne importa, le cose le so; poi è pieno di virus ed è costoso.
(Religione): è positiva perché dà speranza e insegna a comportarsi bene.
E' negativa perché è troppo impegnativa e se poi non esiste niente sprechi un sacco di tempo.
Incontro sul tema della libertà, classe V, Scuola primaria M. Sella
Nel terzo incontro gli animatori accolgono in silenzio i bambini in aula insegnanti, dove sono state
spostate sedie e tavoli a lasciare un ampio spazio vuoto. Sulla lavagna campeggia un grande “ciao”,
si accende musica; i bambini sono invitai a ballare: dapprima un po' titubanti, poi sempre più
partecipi, iniziano questa festa inattesa. Ogni tanto qualche bambino si affaccia dal corridoio;
Francesco di III si ferma e rimane un po' con noi, ballando al centro del cerchio, cosa difficoltosa
per gli altri. Dopo qualche minuto, seduti su tappeto e cuscini: “Cosa abbiamo fatto?, Come vi siete
sentiti?” “Liberi!” è la risposta di tutti.
La libertà, infatti, è il tema di oggi.
Esprimono ciò che hanno provato: “ho iniziato con timidezza, poi qualcosa è cambiato”, qualcuno
si è sentito sempre intimidito,...
Ma cos'è la libertà? Quando ci si sente liberi?
Poter urlare quando ci si deve sfogare; “fare quel che ho voglia”; prendere decisioni autonome;
poter fare ciò che appassiona, senza limiti; disegnare; fare una cosa e scegliere le regole; fare una
cosa senza mettere regole; pensare, perché nessuno sa leggere nella testa di un altro; guardare il
mondo dall'alto; svegliarsi la mattina di domenica; sognare.
Gli educatori si rifanno ad una lezione sulla filosofia orientale e propongono “Si può essere
veramente liberi nella vita?”
Una bimba pensa che non sia possibile, a causa dei legami familiari: prima i genitori, poi il
marito...; alcuni sostengono che l'uomo è libero con gli altri per la necessità di comunicare, ma altri
oppongono che la libertà si esercita meglio in solitudine, perché unicamente da solo l'uomo trova se
stesso.
Ma la libertà è sempre positiva?
“Si e no, perché ad usare la libertà ci si può far male”
La libertà è naturale o si deve creare? Una persona sceglie di essere libera?
“Quando devo scegliere i compagni per fare una squadra, sono libero fino a che chi vorrei scegliere
è già stato inserito in un altro gruppo”.
La libertà sta in un libro, in una musica, in una danza, nel dipingere, nella montagna, nella fatica per
ottenere qualcosa, nel sognare... Ma dove sta la libertà? “Nel sogno ad occhi aperti!”
Cerchiamo su Wikipedia la definizione di questa libertà, così sfuggente... Troviamo una frase dalla
Repubblica di Cicerone, che sottolinea l'importanza non tanto dell'avere un “buon padrone”, ma del
non averne affatto...
Molte domande rimangono senza risposta, speriamo che il pensiero ritorni spesso a queste
riflessioni e ci insegni ad insistere nella ricerca!
Reports degli alunni del plesso XXV Aprile di Chiavazza
circa il lavoro sul quartiere
La sequoia costale
Siamo partiti un mercoledì pomeriggio, il tempo era bello.
La strada , l’abbiamo fatta a piedi . durante il tragitto abbiamo imparato cose nuove
e interessanti
ad esempio come ci si comporta per strada.
Dopo un cammino abbiamo superato il monastero e siamo arrivati alla sequoia.
La sequoia è la maggiore d’Italia, è sulla strada del Bottegone verso Ronco. Le abbiamo portato dei
regali: il concime, l’acqua e l’humus.
Abbiamo scoperto che la chioma si apre salendo verso l’alto fino a 35 metri e ha una circonferenza
di 775 centimetri.
LA PAROCCHIA DELL’ASSUNTA E DEI SANTI QUIRICO E GIULITTA
CHIAVAZZA
LE ORIGINI DELLA CHIESA SI COLLOCANO INTORNO AL MILLE: NE TROVIAMO
NOTIZIA NELLA BOLLA DI INNOCENZO III DEL 1207.
I DUCUMENTI STORICI RACCONTANO DEL PRETE GIACOMO: EGLI SCRIVE DI UN
ALTARE DEDICATO A SAN NICOLA NEL 1338 DOVE SI CELEBRA LA MESSA
QUATTRO VOLTE ALLA SETTIMANA E SI RECITA L’ UFFICIO DELLE ORE (
MATTUTINO, MESSA, VESPRI).
NEL 1495 IL BEATO GIOVANNI GROMO VUOLE PER SE’ LA PARROCCHIA DI
CHIAVAZZA PER INTRODURRE I MONACI GEROLAMINI NEL BIELLESE; FA DUNQUE
ABBATTERE L’ANTICA CHIESA PARROCCHIALE, PERICOLANTE, E AFFIDA LA CURA
D’ANIME A DON SIMONE GRACIS DI SANDIGLIANO, CHE L’ESERCITA FINO AL 1506.
LA CHIESA VIENE RICOSTRUITA A TRE NAVATE, DIVISE DA COLLINE DI GRANITO E
FA INNALZARE UNA NUOVA CASA PARROCCHIALE. LA CHIESA DIVIENE DUNQUE
PRIORATO E CINQUE MONACI NE PRENDONO POSSESO 1505, QUANDO I MONACI SI
TRASFERISCONO SUL “COLLE DI BETLEM” (SAN GIROLAMO) NEL 1517, PUR
MANTENENDO LA CURA D’ANIME PER OLTRE TRE SECOLI.
NEL 1606 LA PARROCCHIA CONTA 200 FAMIGLIE E 1906 ANNI, VI E’ ANCHE LA
SCUOLA TENUTA DA G. B. GUALA DI BIOGLIO.
NEL 1649 CHIAVAZZA SUBISCE, CON IL SACCHEGGIO DELLE TRUPPE CHE
DISTRUGGONO E RUBANO OGNI COSA, COME RIPORTANO I DUCUMENTI
DELL’EPOCA: ANCHE L’ARCHIVIO PARROCCHIALE VIENE SACCHEGGIATO.
NEL 1664 IL COMUNE VENDE IL MULINO (LA POPOLAZIONE E ‘DIMINUITA A 850
PERSONE) E QUASI TUTTI I BENI DELLA CONFRARIA DI SANTO SPIRITO, CHE HA IL
COMPITO DI DISTRIBUIRE IL PANE ALLA POPOLAZIONE ALLA PENTECOSTE E
NELLE FESTE.
NEL 1770 LE FAMIGLIE SONO 226, LE PERSONE 1160: NON SONO RIPORTATI DAI
DOCUMENTI CATTIVI COMPORTAMENTI DEGLI ABITANTI; IL PARROCO FA
CATECHISMO PER ADULTI E BAMBINI TUTTE LE DOMENICHE.
SCOPRIAMO UNA TRADIAZIONE CHIAVAZZESE: QUANDO D’ESTATE SORGE TEMPO
CATTIVO CHE MINACCIA TEMPESTA, SI DA’ SEGNO CON LA CAMPANA MAGGIORE;
IL PARROCO,CON COTTA E STOLA, SI RECA SULLA PORTA GIORNO E NOTTE: ORE E
ORE IN MEZZO ALLA PIOGGIA A «BENEDIRE IL TEMPO»!
L’orologio italico
Mercoledi pomeriggio siamo andati in gita per Chiavazza e abbiamo visto l’antica sede del
comune di Chiavazza. Sul muro c’è la meridiana con un bello gnomone ; sulla meridiana c’è
disegnato l’antico stemma comunale .Un tempo esisteva il “Sistema italico” di misurazione del
tempo, detto anche «a ore boeme», il giorno era diviso in 24 ore, ma a partire dal tramonto, cioè il
giorno nuovo iniziava al calar del sole.
L’unico orologio era pubblico, sul campanile oppure sulla torre; c’era un incaricato che adeguava la
“lancetta” ogni 5 o 6 giorni, secondo le stagioni. Sull’orologio italico si guarda sotto la punta dello
gnomone: un asta sul muro fa l’ombra segna l’ora giusta.
Con la maestra abbiamo costruito la meridiana che segna il passare delle stagioni.
I vivai Pozzi
Siamo partiti per visitare il vivaio Pozzi con i compagni alle 14 : 00 di un mercoledì pomeriggio,
abbiamo fatto un lungo percorso e, arrivati al vivaio, siamo entrati,abbiamo visto alcune piante che
non conoscevamo.
Camminando nei sentieri abbiamo trovato il cranio di un animale e dopo poco anche un fungo
«mazza di tamburo”; abbiamo preso una stradina e un giardiniere ci ha guidato al laghetto, dove
c’era un cane che si chiama Rufus.
La famiglia Pozzi ha deciso di comprare un grande pezzo di terreno e di coltivarlo per vendere le
piante. Per venderle fanno una procedura che richiede un po’ di tempo: scavano una buca intorno
alla pianta e poi avvolgono le radici in un sacco fatto di juta che poi viene caricato in un camion: il
vivaista è un lavoro importante e utile a tutti perché le piante fanno diventare l’aria più pulita.
Ad un certo punto la maestra Monica ha guardato l’ora e ha detto che era tardi quindi abbiamo
salutato il vivaista e abbiamo preso una scorciatoia rifacendo la strada fino a scuola.
Riflessioni di Erica, Nicolò e Simone sull'esperienza alla Scuola primaria
Credo che quest'esperienza con i ragazzi sia stata importante sia per noi che per i bambini. Le tre
classi pur essendo molto diverse tra loro mi han dato spunti su cui riflettere e stimoli. Penso che sia
stata una ricchezza per loro fare delle lezioni diverse dalle solite schematizzate perché han potuto
far uscire la loro creatività, originalità e unicità che spesso a scuola viene repressa in diversi modi.
Parlare della bellezza per molti potrebbe sembrare uno spreco di tempo, ci sono cose molto più
"utili" ma io credo nella bellezza, credo che se riuscissimo a trovare il bello nelle cose di tutti i
giorni, se imparassimo a rinascere ogni giorno e meravigliarci della vita, del bello della vita,
saremmo più felici.
Erica
Se la libertà esistesse, penso che l’unico mezzo attraverso cui è possibile giungere ad essa sia il
Pensiero.
L’attività del pensare può essere considerata scontata, mediocre e in alcuni casi superflua. Sostengo,
però, che essa sia vitale per condurre un’esistenza vissuta nell’autorealizzazione- la quale comporta
felicità- nell’emancipazione più totale dell’essere, nella consapevolezza degli altri, di noi e del
mondo. Pensare significa possedere integrità individuale, sicurezza e non reputerei fuori luogo
aggiungere coraggio, che è indispensabile per lottare in difesa dei propri pensieri, ideali e valori. Le
persone che pensano non si fanno ammaliare da parole suadenti, non si fanno imprigionare da
stereotipi, non si lasciano manipolare. In conclusione, le persone pensanti non permettono ad un
esperto persuasore di farsi ammansire.
Un buon pensatore è consapevole di essere motivato dalla curiosità, che si alimenta dalla meraviglia
nutrita nei confronti della realtà e degli enigmi che la caratterizzano. Il dubbio è fondamentale per
interrogarsi su ciò che si sperimenta e tutto ciò di conseguenza rimanda all’azione del pensare.
Pertanto essa rimane un’attività ardua da compiere e nella maggior parte dei casi non si possiede
nemmeno il presupposto dal quale è possibile intraprendere la ricerca orientata alla libertà. Mi
domando, quindi, quale sia lo strumento attraverso il quale è possibile annientare tale concezione e
condizione, facendo sì che il pensiero libero non sia un privilegio riservato ad un’ èlite, bensì un
obiettivo da conseguire appassionatamente, che permetta di pervenire al raggiungimento
dell’irreprensibilità, la quale non deve essere percepita come un’ideale utopico, piuttosto come una
conquista tangibile.
Mi è stato possibile giungere alla risposta di tale quesito attraverso un progetto realizzato dalla mia
scuola- il Liceo delle Scienze Umane- insieme a persone programmate per insinuare il dubbio
nell’esistenza di un individuo. Questo percorso era, è e sarà improntato sulla ricerca filosofica
conseguita insieme a diverse classi della scuola primaria. Esso attinge ispirazione nella speranza di
poter eliminare l’uggiosità nella vita dei bambini, in modo tale che essi non si affaccino al mondo
con noncuranza bensì con curiosità e motivazione nel modificare quelle situazioni che ritengono
dannose per se stessi e per la collettività.
Il nome del progetto è Bello, proprio perché ha come fine ultimo l’assunzione di consapevolezza nel
fatto che la bellezza risieda in ogni dove ed è compito dell’ Uomo nutrire l’interesse nel riscoprirla
e nel farla risplendere agli occhi di tutti, in primis ai propri. Tutto ciò può sembrare molto
difficoltoso considerato che è un bambino a farsi carico di questa missione “civilizzatrice”, tuttavia
nel tragitto è emerso come sia naturale per un giovane filosofo dotato di uno stupore ineguagliabile,
elaborare soluzioni a quesiti mirati, accrescendo così la propria sicurezza e la propria capacità
espositiva, consolidando personalità, moralità e mente. I bambini, trattando temi quali creatività,
emozioni, giustizia, passione, libertà, hanno condiviso le loro ideologie, che in alcuni casi potevano
essere fragili, in altri solide e in altri ancora inesistenti; ciò, però, ha permesso ai bambini di
collaborare tra loro, ogni pensiero ne creava e ne potenziava un altro, alimentando il desiderio per la
ricerca e di conseguenza stimolando l’azione del pensare.
Questo viaggio volto alla contemplazione della conoscenza, suprema nel suo essere, mi ha
permesso di fortificare la mia empatia, attraverso la quale ho compreso quanto sia complesso, in
determinati momenti, esprimere le proprie emozioni e pensieri; ciò mi è stato utile per comprendere
immacolate teorie che io stesso non avrei mai elaborato, pertanto ne ho apprezzato l’essenza che
mi ha portato a rispettarne il contenuto e la provenienza. Ho realizzato quanto sia indispensabile la
ricerca indirizzata ad ogni meta, poiché non è importante possedere risposte concrete, pragmatiche,
certe, che in alcuni casi si rivelano “preconfezionate” e logore, bensì è essenziale plasmare dubbi
trasformandoli in interrogativi e cercare, discutere, collaborare e adirarsi per le proprie convinzioni
che, prima o poi, dovranno entrare in conflitto con altre idee. Percorrendo questo iter filosofico ho
realizzato quanto sia enorme il mio amore per la conoscenza e per l’arte, alla quale ho ricorso più
volte per esprimere i miei pensieri nel migliore dei modi. Infine ho capito, attraverso sensazioni
inesprimibili, quanto possa giovare il dialogo, soprattutto con i bambini, che, lontani da qualsiasi
intenzione nel giudicare, motivano a voler mettere in discussione i propri schemi mentali per
cercare nuove vie, anche bizzarre e inusuali, attraverso cui approcciarsi alla Filosofia.
Tutto ciò, volontariamente, conduce all’azione del pensare e mi ha permesso di giungere alla
risposta attraverso cui è possibile rimuovere il velo nero e intriso di luoghi comuni che caratterizza
il pensiero comune. Il modo attraverso il quale è possibile sfatare stereotipi, la chiave con la quale
è possibile aprire la porta della riflessione individuale... è l’educazione. Se nelle persone, sin dalla
nascita, fosse incorporata la concezione che incrementa l’unicità del pensiero e ne attribuisce il
valore che permette di consolidare la propria identità, ogni singolo individuo sarebbe motivato a
ricercare risposte all’interno di sé, non affidandosi a soluzioni deteriorate dalla tradizione, dalla
religione, dalla società. L’educazione è un’arma potentissima, può far fiorire un individuo
motivandolo a pensare e di conseguenza permettendogli di conquistare una posizione che gli rechi
felicità, affidandosi a criteri che guidano il suo agire, frutto di una riflessione nata dalla fiducia
recata dal percorso educativo nel quale è stato orientato; o, se attuata scorrettamente, può
determinare un individuo assoggettato al cosiddetto velo di Maya, un individuo in cui la differenza
recata dal pensiero singolo, è percepita come un disvalore che comporta l’allontanamento dal Sé
collettivo, piuttosto che una virtù indispensabile per il corretto funzionamento della società.
Attraverso il percorso affrontato ho potuto constatare quanto l’educazione possa influire sull’attività
del pensare e come sia fondamentale per il valido conseguimento di essa. Pertanto credo che
occorra educare i bambini al pensiero, solo così facendo essi saranno indirizzati sulla via giusta per
concorre al raggiungimento della libertà.
È consueto sentire l’affermazione: “ I bambini sono la nostra speranza, il futuro dipende da loro!”
Bazzecole! Io sostengo fermamente che noi siamo la speranza per i bambini e il loro futuro è nelle
nostre mani. Essi si trovano in un mare infinito e necessitano di un faro che faccia loro da punto di
riferimento. Il buio spaventa e può comportare l’allontanamento definitivo dalla ricerca.
Conformiamoci al loro essere. Diveniamo un fascio di luce per i loro occhi. Inneschiamo la
scintilla.
Nicolò
L'esperienza fatta grazie a questo progetto è stata emozionante, indescrivibile, quasi. Un'esperienza
che mi ha lasciato senza parole, sia per ciò che mi hanno trasmesso i bambini e sia su ciò che essi
pensano a questa giovane età! La loro curiosità va oltre quella di noi adulti ed è questo «IL
BELLO»! Noi sottovalutiamo questi ragazzi e solitamente non sfruttiamo le loro potenzialità, pur se
solo in questo modo si creeranno dei veri pensatori, ed è una piccola battaglia per combattere
l'ignoranza, il menefreghismo. Non si meritano l'appellativo di «bambini», e se proprio lo si deve
fare, a questo punto voglio essere chiamato «bambino» anch'io.
Simone
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