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Per educare al bello : la dimensione estetica dell`oggetto nell
LAVORO DI DIPLOMA DI
SYLVIA SKABAR
MASTER OF ARTS IN SECONDARY EDUCATION
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
PER EDUCARE AL BELLO
LA DIMENSIONE ESTETICA DELL’OGGETTO
NELL’AMBITO DELL’EDUCAZIONE ALLE ARTI PLASTICHE
RELATRICE
CRISTIANA CANONICA MANZ
S. Skabar
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Indice
1. Introduzione ....................................................................................................................... 5 1.1 Motivazione della scelta ............................................................................................... 5
1.1.1 Il percorso ............................................................................................................ 6
1.2 Le mie aspettative......................................................................................................... 7 2. Quadro teorico.................................................................................................................... 9 2.1 Dall'etimologia della parola estetica al suo significato oggi ........................................ 9
2.2 Il valore estetico dell'oggetto...................................................................................... 12
2.3 Cosa significa educare all'estetica.............................................................................. 14
2.4 La mia domanda di ricerca ......................................................................................... 16
3. La metodologia ................................................................................................................ 17 3.1 Analisi del Piano di formazione di educazione alle arti plastiche (UIM, 2010) ........ 17
3.2 I campioni di riferimento............................................................................................ 19
3.3 La messa in atto di una ricerca-azione ....................................................................... 19
3.4 Gli strumenti per la rilevazione dei dati ..................................................................... 21
3.4.1 I questionari ....................................................................................................... 21
3.4.2 Le interviste ....................................................................................................... 21
4. Analisi dei dati raccolti .................................................................................................... 23 4.1 Le mie osservazioni personali .................................................................................... 23
4.2 Analisi dei questionari ................................................................................................ 24
4.3 Analisi delle interviste ................................................................................................ 26
5. Conclusioni ...................................................................................................................... 29 6. Bibliografia ...................................................................................................................... 33
7. Allegati ............................................................................................................................. 35 1
Sylvia Skabar
7.1 Il questionario d’entrata distribuito agli allievi. ......................................................... 37
7.1.1 Le risposte al questionario degli allievi di prima media .................................... 39
7.1.2 Le risposte al questionario degli allievi di seconda media ................................ 41
7.2 Il questionario distribuito agli allievi di prima media al termine di tre progetti ........ 43
7.2.1 Le risposte al questionario degli allievi di prima media .................................... 45
7.3 Il questionario distribuito agli allievi di seconda media al termine di tre progetti ..... 47
7.3.1 Le risposte al questionario degli allievi di seconda media ................................ 49
7.4 Il modello d'intervista semi-strutturata ....................................................................... 53
7.4.1 Intervista a Orio Galli ........................................................................................ 55
7.4.2 Intervista a Flavia Zanetti .................................................................................. 59
7.4.3 Intervista a Renato Folini .................................................................................. 65
7.4.4 Intervista a Angela Contarin .............................................................................. 69
7.4.3 Intervista a Dante Laurenti ................................................................................ 73
7.5 Progetto per la prima media: l'uccellino ..................................................................... 77
7.6 Progetto per la prima media: il porta cd ..................................................................... 83
7.7 Progetto per la prima media: l'astuccio ...................................................................... 89
7.8 Progetto per la seconda media: la lampada ................................................................ 97
7.9 Progetto per la seconda media: il forza 4 3D ........................................................... 105
7.10 Progetto per la seconda media: la maschera ........................................................... 115
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
“Rispondere a queste domande di estetica è più difficile che fare una verifica di matematica”.
Silas, seconda media.
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Sylvia Skabar
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
1. Introduzione
1.1 Motivazione della scelta
Per motivare la scelta del mio tema di ricerca, devo spiegare il mio percorso formativo.
Dopo aver svolto le scuole dell’obbligo, scelgo di frequentare il liceo linguistico ed
intraprendo in seguito gli studi di comunicazione visiva presso il Dipartimento Ambiente
Costruzione e Design (DACD) alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera
Italiana (SUPSI). Nel corso di questi tre anni di formazione imparo a leggere le immagini e
a crearne di nuove seguendo regole precise, con una logica e un senso. Sarà la mia prima
esperienza lavorativa in un rinomato studio grafico a Londra, metropoli multietnica, a
confrontarmi per la prima volta con quella che è stata una formazione, in ambito grafico,
rigida e rigorosa. I miei progetti, caratterizzati da senso e rigore, vengono qui modificati a
favore di una creazione di immagini prettamente cool. Solo allora mi rendo conto di
rispecchiare appieno, nei miei progetti, i canoni estetici di una grafica svizzera, un po’, per
così dire, quadrata.
Il rigore e la ricerca di un senso che caratterizzano i miei progetti grafici si sono quindi,
nel corso di questi due anni di formazione per divenire docente al Dipartimento Formazione
e Apprendimento (DFA) della SUPSI, rispecchiati nella mia metodologia di ricerca per
l’ideazione di progetti da presentare ai miei allievi.
Può sorprendere, in un primo momento, che la mia scelta sia ricaduta sull’estetica
dell’oggetto piuttosto che sull’estetica nell’educazione visiva. A questo proposito posso
affermare che nell’educazione visiva, pur mantenendo le mie caratteristiche e la mia
influenza grafica, a volte i miei progetti sono stati messi in discussione da parte degli
esperti poiché troppo grafici; ho allora capito di dover lavorare di più verso una dimensione
meno rigida. Per contro, nelle arti plastiche ho scoperto, anche grazie alle osservazioni da
parte dei miei formatori, che le scelte dei miei progetti, rigorose, essenziali e pulite,
corrispondevano a delle scelte estetiche importanti. La mia formazione di grafica mi ha
dunque permesso di trasformare i miei modelli di rigore e di senso bidimensionali in quello
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Sylvia Skabar
che risulta essere un importante potenziale nella creazione di oggetti tridimensionali. Ho
quindi voluto approfondire questo percorso, ponendo la mia attenzione sull’estetica
dell’oggetto nell’ambito delle arti plastiche; in particolare anche dopo aver osservato
approcci didattici diversi in rapporto agli oggetti di studio. Questa ricerca vuole dunque
soddisfare da un lato la mia esigenza di comprensione di ciò che sto facendo, anche un po’
inconsapevolmente e scoprire quanto è importante la trasmissione di una sensibilità estetica
agli allievi del primo biennio di scuola media; e dall’altro analizzare se esistono delle
regole da applicare nell’ideazione degli oggetti di studio affinché questi risultino validi.
1.1.1 Il percorso
Per cominciare a sviluppare la mia ricerca ho deciso di curiosare dietro l’etimologia del
termine estetica, senza voler però addentrarmi in studi filosofici specifici ma
semplicemente per cogliere il significato che questa parola, così difficile da spiegare, cela.
La sua storia, che ho riassunto in breve, secondo i tratti più interessanti dal mio punto di
vista, è stata una sorpresa che mi ha affascinata e motivata nella mia ricerca. Dopo aver
cercato di chiarire la complessità del termine estetica ho posto la mia attenzione
sull’estetica dell’oggetto ripercorrendo il modificarsi del valore dell’estetica dell’oggetto
nel corso del tempo. Ciò mi ha portata a volgere uno sguardo al rapporto tra uomo e natura,
specchio del contesto in cui viviamo.
Per visualizzare meglio il mio ambito di ricerca, le arti plastiche, ho cercato di cogliere
il significato effettivo dell’educare all’estetica. Ho quindi preso in esame il Piano di
formazione di educazione alle arti plastiche (PF)1 mettendo in luce le sue caratteristiche
principali.
Contemporaneamente ho svolto per i miei allievi di prima e seconda media una ricerca
ideativa e progettuale volta a creare degli oggetti di studio che si sviluppassero in percorsi
didattici atti ad identificare quella che è la mia idea di estetica, essenziale, pulita e rigorosa.
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Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport – Ufficio dell’insegnamento medio. (2010). Piano
di formazione di educazione alle arti plastiche. Bellinzona: UIM.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Partendo da questi progetti e dall’osservazione di alcuni di essi da parte degli esperti,
ho deciso di mettere in atto un progetto didattico annuale che mi permettesse di capire se le
mie scelte metodologiche, progettuali e realizzative applicate agli oggetti di studio fossero
idonee a trasmettere un senso estetico agli allievi.
Il mio target di riferimento sono gli allievi del primo biennio di scuola media. In
particolare ho attuato due diversi piani annuali di arti plastiche, uno per una classe di prima
e uno per una classe di seconda media; attraverso questi ho potuto osservare le reazioni
degli allievi alle mie proposte didattiche e verificare se le mie scelte progettuali si sono
rivelate efficaci o meno.
Questa ricerca empirica è avvenuta nella sede della scuola media di Bedigliora ed in
particolare nelle aule stesse di arti plastiche, quindi in luoghi protetti dove mi è stato facile
tenere sotto costante osservazione l’operato degli allievi. La sede, ubicata nel verde della
natura è frequentata da allievi che abitano nel Malcantone e che vivono quindi ancora in
stretto contatto con la natura.
A lato della mia ricerca-azione ho intervistato diverse personalità che lavorano in
ambito estetico per raccogliere diverse opinioni riguardo all’estetica e per verificare se
attraverso queste opinioni è possibile definire delle caratteristiche fondamentali per rendere
un oggetto esteticamente valido.
1.2 Le mie aspettative
Questa ricerca, come in parte già accennato, vuole rispondere ad una mia esigenza di
comprensione circa la possibilità di trasmissione di una sensibilità estetica nell’ambito
dell’educazione alle arti plastiche.
In particolare attraverso la ricerca-azione, voglio verificare la validità delle mie scelte
progettuali; attraverso l’analisi dei questionari distribuiti agli allievi mi aspetto di trovare
quindi un riscontro, positivo o negativo, alle mie scelte ideativo-progettuali. Con le
interviste ai professionisti del settore invece mi interessa raccogliere opinioni diverse
riguardo il tema dell’estetica in generale ed in particolare nell’ambito dell’educazione alle
arti plastiche nel primo biennio di scuola media, per poter verificare se vi sono opinioni
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Sylvia Skabar
simili o contrastanti fra di loro. Un’accurata analisi dei dati raccolti dovrebbe permettermi
di ripondere alla mia domanda di partenza: è giusto e possibile trasmettere una sensibilità
estetica agli allievi del primo biennio di scuola media nell’ambito delle arti plastiche?
Penso che la risposta a questa domanda potrà essere utile a tutti i docenti di arti
plastiche sensibili a questo tema, in quanto, come nuova materia e come analizzato nel
corso della ricerca, nel PF figurano ancora pochi elementi fondamentali per mettere in atto
dei percorsi didattici mirati ad ottenere risultati di una qualità estetica verificabile.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
2. Quadro teorico
2.1 Dall’etimologia della parola estetica al suo significato oggi
Malgrado il termine estetica abbia il suo significato etimologico riferito ad una parola
greca e dunque antica, aisthesis, che significa sensazione, percezione, risulta tutt’oggi
apparire come un termine moderno. Si tratta dunque di analizzare in quali termini veniva
considerata l’estetica nell’antichità e in quali termini viene concepita oggi (Franzini &
Mazzocut-Mis, 2003).
Se svolgessimo una ricerca volta a scoprire quali tradizioni ci hanno influenzato
maggiormente nella nostra idea di bellezza non potremmo certo trascurare la prima e quindi
fondamentale idea di misura e di ordine. La prima idea di misura e di ordine nasce nella
Grecia arcaica con Pitagora. La scuola pitagorica prende come modello di misura e di
ordine la natura, considerando l’universo nei suoi fenomeni di ciclicità e uniformità
assolute. Sarà dunque questa scuola la prima a riflettere sul bello.
È interessante notare che Pitagora, come scrive Bodei, (1995) diede al mondo la
definizione di kosmos, termine che in precedenza era stato attribuito al maquillage delle
donne, la cosmetica. Per lungo tempo e ancora oggi, ponendo gli occhi al cielo, la sua
visione notturna densa di stelle, ha fatto restare gli uomini con il naso all’insù di fronte ad
un spettacolo meraviglioso. Quest’apparente caos nel cielo stellato è così divenuto
sinonimo di bellezza e soggetto di studio per Pitagora. La sua lunga ed attenta osservazione
del cielo stellato, che inizialmente gli appariva tanto caotica, si rivelò avere un ordine
ripetitivo preciso. Ecco dunque che secondo Pitagora, le misure del mondo, kosmos,
obbediscono a leggi che sono dimostrabili attraverso l’utilizzo di numeri: essendo allora il
mondo governato da leggi che il nostro intelletto ed i nostri sensi sono in grado di cogliere,
esse appariranno belle e veritiere poiché basate su misure calcolabili. Nasce così l’idea che
ciò che è vero, calcolabile e dimostrabile secondo leggi numeriche, è bello (giusto e buono)
mentre ciò che è falso è brutto (e cattivo). Il concetto di ordine cosmico è così diventato il
modello di bellezza, di verità e di bontà in tutta la tradizione occidentale. Infatti, gli uomini
da sempre sono stati attratti dai fenomeni di ordine e simmetria, in quanto questi sono
prima di tutto presenti nell’essere umano stesso e in secondo luogo poiché sono fenomeni
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Sylvia Skabar
osservabili nella natura ad esso circostante. Ordine e simmetria suscitano per questo
nell’essere umano sensazioni quali sicurezza ed equilibrio (Bodei, 1995).
Sarà con Platone che il valore di trinità pitagorico – vero, buono e bello - perderà di
significato. Secondo Platone infatti, il bello e il buono non sempre coincidono con il vero.
Egli osserva a lungo l’uso improprio della parola da parte dei sofisti che con i loro discorsi
cercano di persuadere i loro ascoltatori. In realtà i sofisti, non comunicando
necessariamente il vero, sono maestri dell’inganno, nel tramutare cioè qualcosa di ingiusto
nel giusto. Platone diffida così di tutte le arti, dalla poesia alla musica, poiché nell’arte
l’inganno sta nel dare credibilità ai desideri e ai sentimenti e al loro potere di fascinazione
che l’intelligenza non è in grado di afferrare (Bodei, 1995). Con il pensiero di Platone
vengono messe in discussione la calcolabilità e misurabilità del bello che diviene per lui
apparenza e perde così la sua verità oggettiva. Di conseguenza, cambia il rapporto con
l’oggetto, che diviene soggettivo, dettato cioè da un sentimento definito di piacere o di
dispiacere che quest’ultimo suscita nel singolo (Bodei, 1995).
Senza voler ripercorrere i secoli che separano la Grecia arcaica al XVIII secolo, mi
riallaccio ora al primo filosofo che introdusse nel 1735 il termine estetica nel suo
vocabolario: Alexander Gottlieb Baumgarten. Interessato soprattutto allo studio della
metafisica egli definì la teoria della conoscenza divisibile in due parti: la conoscenza
intellettuale - logica - e la conoscenza sensibile che chiamò estetica. Attribuendo nel 1750
al termine estetica la definizione di scienza della conoscenza sensibile, Baumgarten
chiarisce subito l’idea che l’estetica è legata ad un pensiero filosofico. Questo nuovo
termine accomunerà diversi temi che si ritroveranno per la prima volta uniti in un unico
ambito disciplinare: la teoria della conoscenza, la psicologia, l’antropologia empirica, la
poetica e la retorica. L’estetica avrà come territorio di esplorazione un ambito che si definì
confuso ed incerto in quanto non era ancora divenuto oggetto di una riflessione sistematica.
“Essa avrebbe dovuto essere l’arte (o scienza) di perfezionare la sfera delle facoltà
conoscitive inferiori, delle facoltà che cioè non producono conoscenze distinte” (Böhme,
2001/2010, p. 41). Baumgarten istituzionalizza quindi il carattere polisemantico della
parola estetica che da un lato verterà alla scienza della conoscenza intellettuale mentre
dall’altro farà riferimento alla conoscenza sensibile legata allo studio del bello in tutte le
sue forme, alla teoria dell’arte, all’immaginazione, alla poetica e alla retorica (Franzini &
Mazzocut-Mis, 2003).
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Dopo Baumgarten il termine estetica viene subito ripreso da Kant, secondo cui
l’estetica, a differenza del pensiero di Baumgarten, rispecchia sempre un ambito soggettivo.
Il giudizio nasce cioè da un piacere soggettivo che non ha nessun riferimento alla
conoscenza scientifica. Emerge la soggettività, in particolare l’attenzione viene posta al
sentimento individuale che raccoglie gli stati affettivi dell’essere umano e le sue emozioni.
Termini questi che furono sconosciuti nell’antichità dove fino al Seicento prevaleva il
termine passione. Kant definisce l’estetica come una percezione sensoriale, basata sui sensi
e la loro percezione nello spazio e nel tempo, due condizioni fondamentali, per lui,
irrinunciabili (Franzini & Mazzocut-Mis, 2003).
Secondo Böhme (2001/2010), filosofo contemporaneo, l’estetica tradizionale ha
trascurato la componente emozionale da parte dell’osservatore dell’oggetto. Böhme come
Kant, sostiene che la forma di piacere o di dispiacere non è sufficiente per poter esprimere
un giudizio estetico. Se si parla di percezione occorre tener presente e non sottovalutare la
corporeità dell’oggetto e del proprio coinvolgimento affettivo in relazione ad esso. Di
rilevante importanza per questo filosofo contemporaneo è l’ambiente inteso come spazio
che ci circonda. Se estetica significa percezione, percepire significa per Böhme essere
consapevoli dell’ambiente in cui ci si trova. Non si tratta più di osservare semplicemente la
natura, il bello, ma bisogna interrogarsi su come ci si sente in mezzo alla natura, sulle
singole reazioni corporee che l’essere umano ha trovandosi in un dato luogo.
Il rapporto tra uomo e natura è cambiato nel corso del tempo fino quasi ad annullarsi.
Questo progressivo allontanamento dalla natura nasce nell’era dell’industrializzazione
quando l’uomo dalla campagna viene chiamato a spostarsi verso i centri urbani e ad
abbandonare il proprio lavoro che un tempo era strettamente legato alla natura e quindi alla
manodopera. Con l’era della globalizzazione, il vertiginoso incremento della popolazione e
quindi dei consumi, ha portato ad una graduale distruzione della natura a favore del
cemento per la costruzione di case, uffici, palazzi e fabbriche. Se oggi consideriamo il
rapporto dell’uomo con la natura, notiamo che il deterioramento di quest’ultima pone
l’uomo di fronte ai danni che egli stesso gli stà infliggendo e va quindi a colpire la sua
sensazione, le sue emozioni di fronte a questo scenario. Ciò significa che oggi l’uomo è
spinto a modificare il suo atteggiamento nei confronti della natura non per il bene della
natura in quanto tale, ma perché pone al centro dell’attenzione il suo stare in mezzo ad
essa, quindi per la sua dimensione affettiva (Böhme, 2010).
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Sylvia Skabar
Cito infine Dallari (2005), “Non si può parlare […] dell’estetica come di una scienza
empirica: la dimensione estetica della conoscenza è, da un lato fisica, riferita ai sensi e alla
percezione, mentre, dall’altro riguarda la sensibilità, la possibilità, cioè di operare selezioni
e formulare giudizi sugli avvenimenti e sulle cose sulla base della reazione emotiva che
succede alla percezione” (p. 55). Ciò riassume bene quanto affermato sia da Platone, che da
Kant che da Böhme.
2.2 Il valore estetico dell’oggetto
Nelle società tradizionali l’ambiente influenza sotto tutti gli aspetti la vita delle
persone. Gli oggetti sono infatti il prodotto immediato del lavoro umano, gli utensili
prolungano gli organi, le abitazioni si integrano perfettamente nel paesaggio naturale. Gli
uomini si tramandano di generazione in generazione i loro comportamenti facendo in modo
che l’uomo viva in un ambiente stabile e coerente. In queste società gli oggetti che vengono
creati sono oggetti che hanno un importantissimo valore funzionale.
Per spiegare il grande cambiamento da un sistema manifatturiero di tipo artigianale ad
uno di tipo industriale occorre rifarsi al rapporto tra uomo e natura che, come abbiamo
visto, con l’era industriale entra in crisi. L’uomo si allontana progressivamente dalla natura
e la natura viene progressivamente invasa dall’uomo per costruire. Questa è una risposta
alla crescita demografica del paese e alla conseguente domanda di beni di largo consumo
che gli individui chiedono per soddisfare i loro bisogni anche più elementari, bisogni che
accomunano ora grandi masse e non rispecchiano più l’esigenza del singolo. La produzione
dell’oggetto viene quindi messa in relazione al profitto e non più ai bisogni dell’essere
umano. Si inizia così a produrre in serie ed iniziano di conseguenza ad acquisire importanza
i valori estetici.
Con lo sviluppo del capitalismo al valore d’uso di un oggetto e al suo valore di
scambio si aggiunge quello che Böhme (2001/2010) chiama il valore di messa-in-scena.
Questo nuovo valore può essere spiegato in riferimento agli altri due valori già citati. Il
valore di scambio aumenta nel momento in cui l’oggetto in questione diviene attraente per
il suo cliente e questa attrattività può riflettersi, per esempio, nella sua forma, nel suo
colore, ecc. Dunque, per quanto banale, questi valori che oggi possiamo in qualche modo
definire estetici e che Böhme chiama valori di messa-in-scena, piuttosto che aumentare il
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
valore d’uso dell’oggetto influenzano il valore di scambio. Possiamo dunque affermare che
l’estetica può aumentare il valore materiale dell’oggetto.
Il periodo storico postumo alla rivoluzione industriale caratterizzato dalla
meccanizzazione dei sistemi produttivi e da una crescita del proletariato, permise poi lo
sviluppo di una razionalizzazione ed una riduzione dei costi delle merci.
In questo contesto, nascono in Europa dapprima i laboratori fondati da William Morris
dove si producevano artigianalmente sedie, tavoli, bicchieri, brocche, ecc. definiti nello
stile Arts and Crafts, che segnarono una reazione all’industrializzazione considerando
l’artigianato come un’espressività dell’uomo che rispecchiava i suoi bisogni e che aveva un
valore durevole nel tempo; poi nel 1917 nasce una scuola, il Bauhaus, che come obiettivo
principale vuole unificare arte, artigianato e tecnologia a favore di un’unione disciplinare
tra tecnica ed arte, che potremmo oggi definire con il termine di design (Fiedler &
Feierabend, 1999). Questa scuola si distinse in particolare per il suo tratto razionalistico. Il
razionalismo dettato dal Bauhaus prevedeva sostanzialmente una perfetta identificazione tra
forma e funzione dettata da volumi semplici e netti, da una predominanza della linea e di
angoli retti e d’altro canto l’abolizione di qualsiasi decorazione e lo studio della
standardizzazione. Questi tratti caratteristici e verificabili soprattutto nelle costruzioni
architettoniche del Bauhaus, segnarono la nascita di un nuovo stile che fu comprensibile e
uguale per tutti, emblema di una democraticità che voleva rompere tutti i legami con il
passato. Razionalismo e funzionalismo divennero importanti caratteristiche innovative che
fecero parte del movimento moderno che si delineò in quegli anni e che voleva la
funzionalità, criterio più importante dell’estetica (Fiedler & Feierabend, 1999).
I tratti caratteristici del Bauhaus sono rimasti degli importanti punti di riferimento per
chi tutt’oggi lavora nel campo del design. Se questo è avvenuto e sta accadendo è perché i
modelli di razionalismo prodotti da questa scuola rispecchiano un’essenzialità delle forme,
delle linee, del colore, ecc., che valorizzano la funzionalità dell’oggetto e risultano sempre
attuali. Nell’era moderna c’è infatti un ritorno all’essezialità, al razionalismo e alla
funzionalità dell’oggetto. Tutto ciò che è superfluo lascia spazio alle forme essenziali
favorendo un’estetica che per certi aspetti si può definire minimale. Oltre a questo, un’altra
importante caratteristica da sottolineare nel design attuale è l’attenzione all’uso dei
materiali che sempre più sono di riciclo o comunque volti a mantenere uno sviluppo
sostenibile. Si riconosce quindi, oltre al desiderio di essere all’altezza di un’accurata
estetizzazione della realtà (ambiente), l’esigenza di un rinnovato rapporto con la natura.
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Sylvia Skabar
Questo avviene, attraverso la scelta dei materiali per la produzione degli oggetti da un lato,
e la valorizzazione dell’artigianato, quindi del lavoro manuale, dall’altro. Come ben
sappiamo l’artigianato inteso come prodotto di cultura che un tempo era testimonianza
proprio di un modo di essere, di uno stile di vita e di un fare legato al luogo e alla
tradizione storica, oggi sta scomparendo. L’artigianato oggi viene inteso come produzione
di oggetti unici, che malgrado non hanno necessariamente ancora una loro utilità,
rappresentano, rispetto agli oggetti prodotti in serie, un valore aggiunto.
2.3 Cosa significa educare all’estetica?
Per rispondere a questa questione occorre prima rispondere brevemente alla domanda:
cosa significa educare? Il significato etimologico della parola educare viene dal latino educere che significa letteralmente condurre fuori, in altre parole, far uscire alla luce
qualcosa che è nascosto. Questo significato risale al pensiero platonico secondo il quale
“[…] apprendere significa ricordarsi, rendere esplicito quello che non era che implicito. È,
inoltre, accedere alle forme latenti di conoscenze che si trovano nascoste nel più profondo
di ognuno di noi” (Crahay, 2000, p.13). Oggi possiamo dire che se da un lato educare
significa insegnare ad un individuo ad avere un comportamento consono al contesto sociale
di riferimento quale in primis la famiglia; dall’altro - quello che a noi più interessa - è
trasmissione di conoscenze e strutturazione delle identità personali.
Poniamo ora l’accento su quest’ultima dimensione: la strutturazione dell’identità
personale. Mi sembra infatti che l’educazione estetica miri, in parte, a questo. Vista l’età
degli allievi di riferimento per questa ricerca, che va dagli undici ai tredici anni, posso
affermare che essi sono ancora privi di una propria identità e che per costruire e formare
quest’ultima gli stessi necessitano di conoscenze.
Una conoscenza, un concetto, un’informazione, persino una regola scientifica non sono mai uguali a se
stesse prima e dopo essere state “insegnate”. Perché nel processo di elaborazione personale divengono
soggettivamente vissute e intersoggetivamente ri-negoziate rispetto agli orizzonti di senso che investono
e rappresentano, e basta una parola in più originalmente utilizzata dall’insegnante, una metafora o un
esempio originale perché il protocollo oggettivato di quel sapere non sia più lo stesso, e perché nel
dialogo-dibattito all’interno del quale il nuovo sapere sarà commentato e per la prima volta utilizzato
all’interno del setting educativo saranno senz’altro quel nuovo termine e quell’esempio originale ad
essere rievocati (Dallari, 2005, p. 26).
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Questo significa che il docente ha un ruolo molto importante nell’educare gli allievi e
che attraverso il suo modo di farlo, i suoi esempi, le sue parole o le attività da lui proposte,
potrà influenzare e quindi formare l’identità personale di ciascun allievo. A questo
proposito riporto un altro pensiero di Dallari (2005) che afferma: “[...] non si dà pratica
educativa senza Aisthesis, perché emozione e stupori non solo accompagnano, ma fanno
indissolubilmente parte di ogni invenzione e di ogni scoperta che sia consapevolmente e
intenzionalmente vissuta per quello che è: una scoperta e un’invenzione, appunto, e non un
semplice «apprendimento»” (p. 26).
Se educare significa implicitamente educare all’estetica, credo che l’educazione
all’estetica nel ambito dell’educazione alle arti plastiche, materia in cui gli allievi si
confrontano con un sapere e un saper fare molto pratico, acquisisca ancor più la sua
importanza.
Nelle arti plastiche non si può certo trascurare la parte emozionale che è presente nel
fare – nel costruire, comporre e modellare – previsti dalla materia. Accanto alla costruzione
di conoscenze, gli allievi vengono toccati sul piano della sensibilità, ciò che sentono ed
imparano va a toccare le loro emozioni che entrano poi in gioco nell’apprendimento.
Un’emozione estetica può nascere durante una lezione, durante la lettura di una poesia o
anche durante la visione di un evento naturale come un tramonto. È un dono – come
sostiene Dallari - a volte inatteso (2005).
Saper porgere e narrare la conoscenza in modo esteticamente efficace, avere familiarità con le
dimensioni visuali e audiovisive della creazione e della comunicazione, essere in grado di confezionare
il sapere in forma di messaggi, di progetti, di proposte coinvolgenti ed emozionanti è senz’altro un arte
applicata, qualcosa che ha a che fare con un artigiano creativo, con competenze consolidate e originali
che vanno molto al di là di una mera «professione» o dell’oggettivazione tecnicistica di una «didattica
scientifica» (Dallari, 2005, p. 10).
Ecco dunque che inizia a delinearsi una competenza necessaria al docente per educare
gli allievi ad una sensibilità estetica.
Questo breve ma denso percorso, mi ha permesso di focalizzare i concetti chiave che
sono alla base della mia ricerca: il significato della parola estetica, il rapporto tra uomo e
natura, l’evoluzione del valore dell’oggetto nel corso della storia, l’influenza del
razionalismo come modello di riferimento estetico e il significato di un’educazione
all’estetica. Attraverso questo quadro teorico, sono ora in grado di chiarire la mia tematica,
di sviluppare la mia domanda di ricerca e quindi di formulare un’ipotesi di lavoro.
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Sylvia Skabar
2.4 La mia domanda di ricerca
La tematica della mia ricerca è ormai chiara: si tratta dell’estetica in ambito scolastico,
in particolare dell’estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche nel
primo biennio di scuola media.
L’interrogativo di ricerca che nasce dalle considerazioni fin qui fatte è dunque il
seguente: è giusto e possibile trasmettere una sensibilità estetica agli allievi del primo
biennio di scuola media nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche?
L’ipotesi di lavoro vuole essere la seguente: se i ragazzi di prima e seconda media
vengono confrontati con dei progetti ben presentati ed esteticamente molto validi saranno in
grado di riconoscere il bello e buono dal brutto e cattivo e di sviluppare quindi un’identità
personale che si avvarrà di un gusto estetico proprio?
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
3. Metodologia
Per cercare di rispondere alla mia domanda di ricerca ho innanzitutto preso in esame il
PF di educazione alle arti plastiche per analizzare quanto l’estetica dell’oggetto di studio è
tenuta in considerazione; in secondo luogo ho messo in atto con gli allievi di due classi
diverse, una di prima e una di seconda media, una ricerca-azione mirata a verificare se le
mie scelte didattiche e realizzative rispondono alla mia domanda di ricerca. Per aiutarmi
quindi a comprendere l’efficacia o meno della mia ricerca-azione ho sottoposto agli allievi
presi in esame due distinti questionari, uno d’entrata e uno conclusivo distribuito al termine
di un percorso definito. Accanto al lavoro svolto in classe con gli allievi ho intervistato dei
professionisti nell’ambito dell’estetica per raccogliere diverse opinioni riguardo al tema
della mia ricerca.
3.1 Analisi del Piano di formazione di educazione alle arti plastiche (UIM, 2010)
L’educazione alle arti plastiche permette l’esplorazione e la conoscenza del vasto ambito e patrimonio
culturale del “fare manuale” (arti applicate, artigianato, mestieri) attraverso lo sviluppo delle abilità
manuali. La disciplina non si riferisce esclusivamente ad un campo operativo pratico ma è comprensiva
di un’innegabile componente di pensiero e intelligenza e di una componente culturale (UIM, 2010, p.1).
Prendendo in considerazione quanto sopra citato e quanto sin qui raccolto, mi sembra
di poter tradurre queste considerazioni da un lato in una particolare attenzione allo sviluppo
delle abilità manuali dell’allievo attraverso un fare che si rifà all’artigiano come ad un
modello di riferimento e dall’altro mira invece ad una dimensione estetica della
conoscenza.
La disciplina pone l’accento sull’importanza della manualità come risorsa e possibilità di espressione
dell’individuo con le sue attitudini e capacità personali e si iscrive nelle esigenze di sviluppo di capacità
tecnico realizzative di primaria importanza per i giovani in età di scuola media e in particolare del primo
biennio (UIM, 2010, p. 1).
17
Sylvia Skabar
Credo che l’importanza che qui si vuol dare alla manualità è dettata, come nell’era post
industriale, da un bisogno di contatto con i materiali e dalla possibilità di espressione
dell’individuo. Oggi infatti, le tecnologie stanno sostituendo sempre più il fare manuale ed
anche i mestieri più antichi si stanno modernizzando a tal punto da lasciare sempre meno
spazio alla manualità e quindi all’espressione creativa.
La manualità rappresenta, in una scuola che privilegia l’attività intellettuale astratta rispetto a quella
concreta pratico manuale, un momento importante e insostituibile per una crescita armoniosa degli
allievi, in quanto questo fare stimola la scoperta di capacità e sensibilità sensoriali e motorie che nella
nostra società e di conseguenza anche nella scuola si stanno perdendo (UIM, 2010, p. 1).
Stimolare la scoperta di capacità e sensibilità sensoriali significa in altre parole
stimolare gli allievi alla scoperta dell’estetica intesa come sensazione, percezione. Si
intravvede dunque nel PF di educazione alle arti plastiche l’esigenza di una
sensibilizzazione estetica che nasce e si sviluppa proprio attraverso il fare manuale. Questo
significa anche far riconoscere agli allievi un sentimento di piacere nel creare.
Un altro aspetto della manualità importante da tenere presente è quello della dimensione antropologica,
intesa come necessità e piacere dell’uomo, la sua dimensione ludica, la gioia di lavorare, di creare e di
scoprire. L’innata predisposizione dell’uomo a produrre fa interagire la mano con la materia non solo per
soddisfare dei bisogni primari ma anche per il desiderio di creare nuove forme dalla materia inerte (UIM,
2010, p. 1).
Far riconoscere un sentimento di piacere o di dispiacere e cercare di portare l’allievo ad
esprimere le proprie emozioni significa dargli la possibilità di crearsi una propria identità
basata - anche - sulle percezioni sensoriali che egli è in grado di distinguere.
Infine la manualità e il fare tecnico hanno la facoltà di promuovere una crescita personale armoniosa e lo
sviluppo di un’identità completa dei giovani, sia per il piacere e l’arricchimento che possono infondere
sia per le richieste di rigore, di responsabilità e di rispetto che esse emanano (UIM, 2010, p. 2).
Parafrasando il pensiero di Dallari (2005), non si può educare senza estetica, senza cioè
l’emozione e lo stupore che si manifestano nel creare. Grazie alla sua sensibilità l’allievo ha
la possibilità di esprimere un giudizio e sarà in grado di farlo perché gli abbiamo permesso
di sviluppare un’identità personale. Il rigore, la responsabilità e il rispetto vanno, dal mio
punto di vista, a completare gli obiettivi di un’educazione estetica nell’ambito delle arti
plastiche.
In conclusione, posso dunque affermare che il PF di educazione alle arti plastiche
sollecita una forte attenzione ad un’educazione estetica.
18
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
3.2 I campioni di riferimento
Gli allievi del primo biennio di scuola media sono il mio target di riferimento poiché
solo nei primi due anni di formazione della scuola media sono previste le ore di educazione
alle arti plastiche. In particolare, ho attuato due programmazioni annuali distinte per classe.
La classe di prima media presa in esame è composta da nove allievi suddivisi in cinque
ragazze e quattro ragazzi, di età compresa fra gli undici e i dodici anni. Conosco molto bene
questi allievi in quanto ne sono la docente di classe. Posso affermare che si tratta di
raggazzi vivaci ma con i quali si lavora molto bene poiché tutti sono molto motivati e
curiosi verso la materia. Tutti i progetti svolti sin dall’inizio dell’anno sono stati accolti e
realizzati con interesse e motivazione.
La classe di seconda media invece, è composta da undici allievi suddivisi in sei ragazze
e cinque ragazzi, di età compresa fra i tredici ed i quattordici anni. Seguo questa classe
anche durante le ore di educazione visiva, per cui, mi sento di dire di conoscerla abbastanza
bene. È una classe però, che non ho avuto l’anno precedente ma che ho acquisito solo
quest’anno. Quindi si tratta di allievi con un vissuto esperienziale in ambito disciplinare con
modelli di riferimento diversi dai miei.
3.3 La messa in atto di una ricerca - azione
Dopo aver individuato il mio target di riferimento, quindi una classe di prima media e
una classe di seconda media, ho svolto una ricerca personale per ideare e progettare degli
oggetti di studio che si sviluppassero in percorsi didattici atti a mettere in luce
un’educazione al senso estetico dell’oggetto. Questi percorsi didattici si sono tradotti in
cinque progetti per la prima media e quattro per la seconda media. Quelli presi in esame per
la ricerca-azione sono però tre per classe2.
Ho scelto di far realizzare agli allievi oggetti che avessero una funzionalità e che
2
Allegati pp. 77-115
19
Sylvia Skabar
potessero quindi vantare di un’utilità anche nella motivazione degli allievi durante la loro
realizzazione. Un unico progetto introduttivo3 al corso di educazione alle arti plastiche in
prima media è stato caratterizzato dalla sua inutilità, in quanto rappresentava
semplicemente un oggetto estetico che come vedremo si è distinto dagli altri anche a detta
degli allievi.
Dopo poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico, dopo aver quindi conosciuto
meglio i miei allievi, ho sottoposto loro un questionario a domande aperte, mirate a
focalizzare le preconoscenze degli allievi riguardo l’estetica. Ho consegnato il medesimo
questionario sia agli allievi di prima media che agli allievi di seconda media.
Ho quindi messo in atto la mia programmazione annuale sia in prima che in seconda
media, osservando in entrambe le classi le reazioni e la partecipazione degli allievi durante
le diverse fasi di lavoro previste da ciascun progetto; dalla fase introduttiva a quella
ideativa, alla fase progettuale e quindi a quella realizzativa. Una particolare attenzione l’ho
rivolta anche alla dimensione emozionale legata all’essere e al fare che gli allievi mi
trasmettevano durante le ore di lezione. Mi sono quindi posta alcune domande: le emozioni
degli allievi erano ben visibili e sono quindi state esplicitate dagli stessi? Oppure la
realizzazione dei progetti non ha creato nessuna emozione negli allievi? Queste domande
mi hanno permesso di avvicinarmi alla sfera più sensibile dell’educazione estetica.
Ho infine atteso il tempo necessario affinché entrambe le classi svolgessero almeno tre
progetti previsti dal mio piano annuale prima di sottoporre loro un secondo questionario,
sempre a domande aperte ma questa volta mirato a focalizzare l’attenzione degli allievi
sull’oggetto di studio e le sue caratteristiche.
3
Progetto per la prima media: l’uccellino, pp. 77-82
20
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
3.4 Gli strumenti per la rilevazione dei dati
3.4.1 I questionari4
Come precedentemente descritto, oltre alla mia personale osservazione degli allievi in
classe, per raccogliere i dati necessari all’analisi della mia ricerca, ho scelto di utilizzare
due questionari. Il primo per focalizzare le preconoscenze degli allievi riguardo all’estetica
e al gusto estetico e il secondo per mettere in luce i progetti più riusciti e quelli meno
apprezzati e per cercare di capire il motivo di tale riuscita o meno.
Ho formulato per gli allievi delle domande aperte in quanto queste mi hanno permesso
di recepire meglio, attraverso le loro risposte, in primo luogo le loro conoscenze ed in
secondo luogo le loro emozioni nelle risposte. Per me è stato importante poter leggere come
si sono espressi gli allievi in quanto la mia ricerca verte appunto su una dimensione
sensibile non propriamente calcolabile. Essendo una ricerca qualitativa non era nel mio
interesse raccogliere delle informazioni sotto forma di risultati quantitativi.
3.4.2 Le interviste5
Per aiutarmi e per poter approfondire la mia ricerca in ambito estetico ho scelto di
intervistare dei professionisti che lavorano nel campo dell’estetica quotidianamente e che
fossero al contempo persone accomunate da esperienze nel campo dell’insegnamento. Ho
dunque selezionato cinque personalità molto diverse fra loro al fine di scoprire se, malgrado
le differenze, vi fossero delle opinioni comuni o meno. La mia scelta è dunque ricaduta su
un’artista ticinese, Flavia Zanetti, che conduce Officinaarte, spazio espositivo e luogo
d’incontro a Magliaso, formatasi come docente di scuola maggiore; Renato Folini,
collaboratore gallerista alla galleria Folini Arte Contemporanea di Chiasso e docente di
4
Questionario d’entrata p. 37. Questionario distribuito agli allievi di prima media al termine di tre progetti
p. 43. Questionario distribuito agli allievi di seconda media al termine di tre progetti p. 47
5
Allegati pp. 55-76
21
Sylvia Skabar
educazione visiva ed educazione alle arti plastiche; Orio Galli, graphic designer, pittore,
illustratore e calligrafo nonché insegnante di calligrafia; Angela Contarin costumista e
curatrice d’immagine e docente di arti plastiche ed infine Dante Laurenti, docente di
educazione visiva ed arti plastiche nonché esperto in entrambe le materie.
Ho incontrato le persone sopra citate e le ho intervistate utilizzando un’intervista semistrutturata6, che mi ha permesso di porre le stesse domande a ciascun interlocutore e allo
stesso tempo mi ha garantito una certa flessibilità e la libertà per eventuali approfondimenti,
percezioni ed opinioni da parte delle persone intervistate (Coggi, Ricchiardi, 2005). Le
domande che ho selezionato concernono naturalmente l’estetica, in particolare
l’acquisizione di un gusto estetico, la possibilità di trasmettere un gusto estetico e il
tentativo di farlo attraverso degli espedienti precisi. Ho, inoltre, colto l’occasione per
mostrare a queste persone alcuni dei miei progetti e per raccogliere le loro opinioni in
merito.
6
Allegato p. 53
22
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
4. Analisi dei risultati raccolti
Ho suddiviso le analisi dei risultati in tre diversi sottocapitoli per concentrarmi prima
sulle mie osservazioni personali, raccolte durante le ore di educazione alle arti plastiche, poi
sulle risposte più significative rilevate dai questionari sottoposti agli allievi e da ultimo ho
messo in luce i dati più interessanti che ho individuato dalle interviste ai professionisti in
ambito estetico.
4.1 Le mie osservazioni personali
Le mie osservazioni si sono concentrate su due aspetti prioritari: da un lato ho
osservato la comprensione da parte degli allievi di quanto andavo spiegando ed illustrando
e dall’altro ho posto la mia attenzione sull’atteggiamento degli allievi rispetto ai lavori
proposti e durante il loro svolgimento.
Per quel che concerne il primo aspetto, legato alla comprensione delle attività proposte,
posso dire che non ho rilevato particolari difficoltà e credo che il merito di questo successo
sia dovuto al mio frequente utilizzo di selezionati sussidi didattici al fine di facilitare la
comprensione di determinati compiti e soprattutto per poter mostrare anche praticamente
alcuni concetti teorici. Anche il prototipo da me realizzato ha permesso in determinate fasi
di lavoro di semplificare certe questioni e motivare gli allievi nella realizzazione
dell’oggetto.
D’altro canto, osservando gli allievi nelle diverse fasi di lavoro, ho potuto costatare che
nei progetti a lungo termine, che durano in media più di cinque settimane, gli allievi vivono
fasi altalenanti di piacere e di noia mentre in progetti più brevi l’entusiasmo degli allievi si
mantiene costante lezione dopo lezione. Questo credo accada in quanto ogni lezione è
strutturata in modo diverso dalla precedente per cui non vi sono momenti ripetitivi e gli
allievi non hanno modo di annoiarsi.
23
Sylvia Skabar
In generale ho sempre visto però di fronte a me, sia in prima che in seconda media,
allievi curiosi all’inizio della lezione e motivati nel corso di quest’ultima. Alcune
affermazioni da parte degli allievi stessi, per chiedere ad esempio se è già suonata la prima
campana, pronunciate quasi al termine delle due ore di lezione, lasciano intuire il loro
piacere nel fare manuale durante le ore di educazione alle arti plastiche.
4.2 Analisi dei questionari7
Dopo aver sottoposto agli allievi il primo questionario per verificare le loro
preconoscenze relative all’estetica devo ammettere di averli visti, sia in prima che in
seconda, in difficoltà. C’è persino chi ha definito il questionario più difficile di una verifica
di matematica. Questo fatto è assolutamente normale considerando che anche per gli adulti
parlare di estetica risulta complesso.
Analizzando le risposte alla prima domanda del questionario distribuito in prima media
concernente il significato della parola estetica, le risposte degli allievi possono essere
riconducibili ad una definizione di bellezza esterna.
Fra gli allievi di seconda media sorprendono invece in particolare due risposte:
Amina Secondo me l’estetica è solamente l’aspetto esteriore che non riguarda niente con chi l’ha fatto e
che origine ha. L’estetica interiore è invece chi l’ha fatto, con che pensiero e per chi, se mi piace o meno
non importa.
Gabriele La qualità di un oggetto. Il gusto per un oggetto.
Queste risposte lasciano intravvedere lo sviluppo di due identità personali che si stanno
formando. Riconoscere un’estetica interna ed una esterna significa percepire le emozioni e
distinguerle da una mera osservazione. Così come parlare di qualità di un oggetto significa
andare oltre alla sua apparenza, quindi paragonando queste risposte a quelle degli allievi di
prima media possiamo osservare un’evoluzione.
7
Risposte ai questionari degli allievi di prima media, pp. 39-40, pp. 45-46. Risposte ai questionari degli
allievi di seconda media pp. 41-42, pp. 49-51
24
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Riguardo invece al gusto estetico, gli allievi di prima media si trovano d’accordo nel
definirlo un buon gusto nel vestirsi, nel decorare, nel truccarsi. Fra gli allievi di seconda
media invece stupiscono nuovamente alcune risposte:
Damien Ognuno ha uno stile. Avere un gusto per gli oggetti, saperli apprezzare e non apprezzare.
Francesco Sapere cosa ti piace e cosa non ti piace.
Amina Avere un gusto estetico è sapere giudicare in modo preciso e raffinato l’estetica di qualcosa o
qualcuno.
Analizzando queste risposte intravvedo alcuni concetti esplicitati nel quadro teorico.
Saper apprezzare o non apprezzare un oggetto, sapere cosa ti piace e cosa non ti piace,
tradotto in altri termini significa saper distingure il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il
vero dal falso. Significa dunque avere un’identità formata su dei valori, che in questo caso
possiamo chiamare estetici.
Riguardo agli oggetti creati durante le ore di arti plastiche, gli allievi di prima media ne
definiscono caratteristiche comuni la bellezza ed il colore mentre gli allievi di seconda vi
riconoscono la pulizia e la precisione.
In generale, gli allievi hanno apprezzato particolarmente gli oggetti a loro utili, quindi
funzionali quali la lampada, il gioco, il porta cd e l’astuccio. Ciò che sorprende è come tutti
gli allievi di prima media hanno descritto un animale da loro creato con la carta multistrato,
come brutto ed inutile. Questa affermazione, se paragonata alla descrizione del porta cd,
lascia sorpresi poiché il primo progetto rispetto al secondo era più libero e creativo, ma gli
allievi hanno preferito l’oggetto a loro utile, di un’estetica essenziale, realizzato seguendo
un percorso articolato nel quale la precisione e la pulizia erano concetti fondamentali da
rispettare per ottenere un lavoro esteticamente valido e funzionante.
25
Sylvia Skabar
4.3 Analisi delle interviste8
Dopo aver registrato le singole interviste, le ho trascritte per poterle analizzare meglio
e soprattutto per poterle paragonare le une alle altre e raccogliere i pensieri comuni o
contrari riguardo alla stessa domanda.
Parlare di estetica risulta complesso per tutti anche per chi lavora a stretto contatto con
la materia quotidianamente; è difficile dare un significato preciso ed univoco a questa
parola che appare soggettiva ma se alla fine tutti gli intervistati si sono trovati d’accordo su
alcuni aspetti essenziali significa che l’estetica si può definire anche attraverso dei dati
oggettivi.
Laurenti L’estetica corrisponde ad una qualità di vita, un senso di benessere…
Galli Qualcosa che ti fa star bene.
Laurenti Dato dai valori umani quali il bello, il brutto, il giusto, l’ingiusto, il buono e il cattivo.
Galli È etica perché non ci può essere estetica senza etica e viceversa.
Zanetti Il bello è qualcosa di interessante, qualcosa di vero che passa attraverso il sentire.
Folini È la filosofia che si occupa del concreto sensibile. Una cosa è bella quando è intelligente e
razionale, quando funziona ed ha un senso.
Contarin È un’armonia tra forma e colore.
Dai dati raccolti una definizione di estetica potrebbe essere dunque la seguente:
l’estetica è l’etica che ci permette di distinguere, attraverso l’intelligenza sensibile, il bello
dal brutto.
Per quel che concerne invece il gusto estetico, le risposte degli intervistati l’hanno
definito innato, lo possediamo cioè sin dalla nascita e lo sviluppiamo nel corso della vita
attraverso le esperienze che facciamo; in particolare lo possiamo arricchire attraverso la
cultura, la visione di mostre, la partecipazione ad eventi culturali, la lettura, la musica ed il
cinema. Ma a fianco a questo lo influenzano pure l’ambiente in cui viviamo, la famiglia in
8
Intervista a Orio Galli pp. 55-57. Intervista a Flavia Zanetti pp. 59-63. Intervista a Renato Folini pp. 65-68.
Intervista a Angela Contarin pp. 69-71. Intervista a Dante Laurenti pp. 73-76
26
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
cui cresciamo e le amicizie che coltiviamo. Nella definizione di un buon gusto estetico tutti
sono d’accordo su un aspetto: l’essenzialità.
Contarin L’eleganza è data dal togliere, diceva un mio maestro.
Galli L’essenzialità delle forme rende un oggetto bello ed interessante.
Zanetti L’autenticità.
Folini Eliminare invece di mettere, fare meno invece che di più, usare pochi colori invece che molti.
Laurenti L’essenzialità legata alla sua funzionalità rende un oggetto interessante.
Dietro questa parola sembra dunque definirsi la caratteristica principale che un oggetto
proposto nell’educazione alle arti plastiche deve possedere. Non è dunque aggiungendo
particolari ed utilizzando diversi materiali contemporaneamente che si ottengono oggetti
più interessanti, ma togliendo e ricercando l’essenzialità data dalla pulizia, da un uso
corretto del materiale e di rispetto verso lo stesso, dal rigore e dalla precisione esecutiva.
Ciò che dà risalto alla funzionalità dell’oggetto e ne mette in mostra il suo valore di
autenticità. Dietro molte “decorazioni” si rischia invece di nascondere o addirittura
eliminare la funzionalità dell’oggetto stesso e quindi di farlo perdere di valore e credibilità.
E allora, se da un lato siamo tutti d’accordo che si può trasmettere un gusto estetico
agli allievi proponendo loro oggetti essenziali, dall’altro ad influenzare la trasmissione di
una sensibilità estetica viene citata l’autenticità propria dell’insegnante e di conseguenza la
sua passione per i lavori che propone e per la materia stessa. Ma sensibilizzare all’estetica
significa anche educare gli allievi al sentire, insegnare loro a riconoscere le emozioni
positive che provano modellando, componendo, costruendo piuttosto che ascoltando un
docente parlare o osservando un oggetto piuttosto che partecipando ad una presentazione.
Mi interessa ora prendere in esame le risposte concernenti le opinioni degli intervistati
riguardo ad un progetto che ho portato in classe ed ho realizzato con i miei allievi di prima
media. Si tratta di un porta cd, in legno, montato ad incastro9. A proposito di quest’oggetto
gli intervistati hanno espresso osservazioni simili. A loro parere proporre agli allievi un
oggetto utile che quindi utilizzeranno è senz’altro un tentativo di avvicinarsi al loro mondo,
un buon modo per entrare nella loro vita. Si tratta in particolare di un oggetto sul quale si
vede l’applicazione dell’estetica, definito bello, originale, razionale e concettuale, dai più è
9
Schede pp. 83-88
27
Sylvia Skabar
stato riconosciuto immediatamente come un Mondrian. Questo artista ricercava infatti nelle
sue opere quell’armonia data dall’equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici
(Deicher, 2004).
L’armonia di cui parla Mondrian è […] prima di ogni altra cosa, un’armonia dell’uomo con se stesso,
un’armonia estetica ed etica insieme che l’individuo raggiunge superando la propria esistenza
particolaristica nella coscienza, tuttavia intuitiva, che il ritmo della propria vita interiore è identico al
ritmo dell’intero universo. [Ed aggiunge] La bellezza di cui parla Mondrian è […] intrinseca all’utilità,
ma non si esaurisce in questa. Gli oggetti che ci circondano devono perciò essere «belli per la loro forma
elementare, dunque per se stessi» (Menna, 1999, pp. 48-49)
28
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
5. Conclusioni
Considerando in primo luogo il contesto di questa ricerca che ci vede proiettati in una realtà
in cui siamo costantemente bombardati da immagini, slogan e modelli di bellezza
ingannevoli, ritengo molto importante sensibilizzare gli allievi alla lettura delle immagini al
fine di non trasformarli in vittime del disorientamento generale che stiamo vivendo. Gli
allievi di oggi crescono in una realtà in cui i valori morali che un tempo erano considerati
importanti, oggi vanno scomparendo. Se l’estetica, come abbiamo visto, è l’etica che ci
permette di distinguere, attraverso l’intelligenza sensibile, il bello dal brutto: educare
all’estetica significa anche fare in modo che gli allievi non cadano nell’inganno della
fascinazione tanto temuto da Platone.
Se le tecnologie da un lato hanno creato dei modelli di riferimento sbagliati ideando
realtà virtuali perfette, dall’altro hanno fatto sì che ci si allontanasse sempre di più dalla
natura reale. La tecnologia ha permesso, prima la produzione in serie, poi tempi ridotti,
velocità incredibili, incentivando il tutto e subito e contrapponendosi così al lento lavoro
manuale di un tempo, che oggi acquisisce di conseguenza, un valore aggiunto. Dobbiamo
dunque cogliere l’opportunità che ci offre la materia di educazione alle arti plastiche per
trasmettere agli allievi l’importanza di un fare lento, con tempi lunghi al fine di ottenere
buoni risultati e allontanarli, anche se per breve, dal loro essere pressapochisti (Contarin,
2011).
Riducendo ora il contesto generale nell’ambiente scolastico in cui si svolge questa
ricerca, dai dati emersi dalle interviste e in particolare dal pensiero di Böhme (2001/2010),
lo spazio che ci circonda è fondamentale per farci sentire a nostro agio, per farci dire, qui
sto bene. Si potrebbe allora affermare che un’aula ben disposta, nella quale figurano anche
degli interventi da parte degli allievi, come per esempio una parete di raccolta di immagini
interessanti o l’allestimento di un angolo in cui vengono esposti i lavori degli allievi, può
favorire il clima di lavoro e stimolare gli allievi al piacere dello stare in quell’aula, in quel
momento, a svolgere due ore di lezione.
29
Sylvia Skabar
Naturalmente questo compito spetta al docente, del quale emerge una figura di
insegnante motivata ad accrescere la sua dimensione culturale frequentando mostre,
esposizioni e quant’altro possa placare la sua sete di curiosità; una persona sensibile, capace
di cogliere ciò che è invisibile agli occhi e di trsmetterlo con parole, immagini o gesti che
possono rimanere nella memoria di chi guarda o ascolta. Perché educare gli allievi ad una
sensibilità estetica significa anche insegnare loro a riconoscere le sensazioni - o emozioni e a distinguerle nel bene e nel male, nel giusto e nell’ingiusto, ciò che gli permetterà di
crearsi un’identità personale che comprenderà, fra altre cose, un gusto estetico proprio.
Se finora abbiamo risposto in parte alla domanda di ricerca parlando di aspetti che
possiamo definire secondari, per rispondere appieno alla mia questione è necessario
mettere in luce gli aspetti che concernono l’educazione estetica attraverso la creazione di
oggetti.
Mi sembra di fondamentale importanza riconoscere in primo luogo al docente di
educazione alle arti plastiche la responsabilità della scelta dell’oggetto di studio da portare
in classe. Questo significa che compito del docente è eseguire un lavoro di ricerca al fine di
creare per gli allievi un oggetto che miri, nella sua estetica, ad un’armonia data
dall’essenzialità delle forme, dei colori e dei materiali affinché possa essere riconoscibile in
esso la bellezza dello stesso. Gli oggetti di studio devono, dal mio punto di vista, rifarsi a
modelli di un’alta qualità estetica di modo che gli allievi comprendano a cosa aspirare. Il
modello di riferimento è pur sempre un valore – positivo - importante, che va insegnato, a
casa e a scuola.
Per quel che concerne le mie scelte personali nei lavori proposti agli allievi, posso
affermare di aver scoperto che al di là della mia formazione in comunicazione visiva, quello
che credevo un mio operare inconscio, nella scelta e nella realizzazione dei progetti portati
in classe, in realtà è influenzato da un lato dal senso estetico innato che c’è in me e che
ricerca nella simmetria e nell’ordine l’idea di perfezione; dall’altro, è impregnato
dell’influenza del razionalismo dettato dalla Bauhaus e dall’influsso che questa scuola ha
avuto nel corso degli anni fino ad oggi sull’estetica degli oggetti, dei mobili e
dell’architettura che ci circonda.
30
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Oltre a tutte le influenze esterne che un docente di educazione alle arti plastiche
inserisce nei suoi lavori per renderli validi, ad aiutarlo nel suo operare vi è e vi deve essere,
il PF che
[…] aspira ad essere una mappa che, esprimendo lo spirito della formazione e indicandone il senso
generale, possa aiutare la scuola e i suoi operatori ad orientarsi nel complesso mondo dei saperi e delle
esigenze culturali, sociali ed economiche […] [oltre a specificare] i propri orientamenti didattici […]
elenca le competenze a cui l’attività didattica deve mirare. (DECS, 2004, p. 8)
Considerando questa citazione si potrebbe ipotizzare un ulteriore sviluppo del PF di
educazione alle arti plastiche. Viene infatti sollecitata una forte attenzione alla cura estetica
degli oggetti ma non vengono descritte le caratteristiche principali alle quali porre
attenzione, ad esempio, l’essenzialità, l’importanza cioè del togliere piuttosto che
dell’aggiungere, la forma, che dev’essere legata alla funzionalità dell’oggetto e deve
risultare proporzionata nelle sue parti per apparire armoniosa, oltre che la scelta dei
materiali ed un loro uso coerente da un punto di vista estetico e di rispetto per l’ambiente.
Quel che permetterebbe ai docenti di orientarsi meglio verso un’idea di estetica comune.
Infine, come osservato personalmente e come risulta dall’analisi dei questionari, posso
affermare che gli allievi, nel corso dei due anni di formazione previsti per questa materia,
acquisiscono una capacità di giudizio fondata sullo sviluppo di un’identità personale che
nasce dall’ascolto e dalla visione dei modelli proposti dal docente, ideati in percorsi
didattici che permettono di acquisire una cura nello svolgimento dei lavori dettata dal rigore
e dal rispetto nell’uso degli attrezzi, del materiale e della precisione esecutiva.
Se durante il primo anno questi importanti fattori estetici vengono frequentemente
sottolineati dal docente, nel corso del secondo anno divengono per gli allievi più spontanei
in quanto acquisiti. Quindi, da tutte le considerazioni fatte, sembrerebbe che non solo è
giusto, ma è possibile, durante le ore di educazione alle arti plastiche, attraverso la
creazione di oggetti, educare gli allievi anche ad una sensibilità estetica.
Ora sarebbe interessante sviluppare una ricerca al fine di comprendere attraverso quali
mezzi si possa fare in modo che tutti i docenti abbiano lo stesso approccio alla materia.
31
Sylvia Skabar
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
6. Bibliografia
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Deicher, S. (2004). Piet Mondrian. Köln: Taschen.
Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport – Ufficio dell’insegnamento
medio. (2004). Piano di formazione della scuola media. Bellinzona: UIM
Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport – Ufficio dell’insegnamento
medio. (2010). Piano di formazione di educazione alle arti plastiche. Ambrì: UIM.
Fiedler, J., & Feirabend, P. (1999). Bauhaus. Köln: Könemann.
Franzini, E. & Mazzocut-Mis, M. (2003). Breve storia dell’estetica. Milano: Bruno
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Menna, F. (1999). Mondrian. Roma: Editori Riuniti.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7. Allegati
In questo documento figurano:
7.1 Il questionario d’entrata distribuito agli allievi
7.1.1 Le risposte al questionario degli allievi di prima media
7.1.2 Le risposte al questionario degli allievi di seconda media
7.2 Il questionario distribuito agli allievi di prima media al termine di tre progetti
7.2.1 Le risposte al questionario degli allievi di prima media
7.3 Il questionario distribuito agli allievi di seconda media al termine di tre progetti
7.3.1 Le risposte al questionario degli allievi di seconda media
7.4 Il modello d’intervista semi-strutturata
7.4.1 Intervista a Orio Galli
7.4.2 Intervista a Flavia Zanetti
7.4.3 Intervista a Renato Folini
7.4.4 Intervista a Angela Contarin
7.4.5 Intervista a Dante Laurenti
7.5 Progetto per la prima media: l’uccellino
7.6 Progetto per la prima media: il porta cd
7.7 Progetto per la prima media: l’astuccio
7.8 Progetto per la seconda media: la lampada
7.9 Progetto per la seconda media: il forza 4 3D
7.10 Progetto per la seconda media: la maschera
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.1 Il questionario d’entrata distribuito agli allievi
L’estetica dell’oggetto
1. Cos’è secondo te l’estetica?
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2. Cosa significa “avere un gusto estetico”?
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3. Qual è l’oggetto più bello che hai o che hai visto?
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4. A scuola hai mai imparato qualcosa relativo all’estetica? Se sì, cosa e in quale materia?
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7.1.1 Risposte al questionario d’entrata degli allievi di prima media
1. Cos’è secondo te l’estetica?
Meli È come una bellezza esterna.
Simon È la bellezza esterna.
Noemi Abbellisce l’aspetto esteriore.
Natalie L’estetica è l’esterno di una persona, la bellezza.
Dana L’esterno di una persona o di un oggetto.
Yannick L’estetica è la bellezza esteriore di un oggetto.
Davide Estetica è: gli autocollanti di un auto.
Ben L’estetica è la bellezza da fuori.
Simea La bellezza che si vede con gli occhi.
2. Cosa significa “avere un gusto estetico”?
Meli Avere un buon gusto.
Simon Significa avere un gusto per l’estetica.
Noemi Sapersi abbigliare riuscire a far diventare bello l’aspetto esteriore.
Natalie Avere un gusto estetico significa avere un buon stile per l’abbigliamento o di truccarsi
decentemente.
Dana Il nostro linguaggio e un gusto nel vestito.
Yannick Avere un buon gusto nel decorare.
Davide Avere una bella moto.
Ben Significa che uno ha dei vestiti rosa e l’altro blu o uno ha il cerchietto e l’altro no.
Simea Sapere cosa è bello da vedere, avere un gusto di cosa è bello.
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3. Qual è l’oggetto più bello che hai o che hai visto?
Meli Segnalibro.
Simon La mia casa perché ci abito.
Noemi Le mie punte (per ballare) perché quando le guardo mi piacciono, sono belle. Mi piace il colore
come sono quando le metto.
Natalie A me piace la mia camera perché ci sono dentro tante belle cose, per esempio il mio divano
perché quando arrivo a casa mi butto sul divano e mi riposo.
Dana Il poster del cavallo. Perché il cavallo è il mio animale preferito.
Yannick La balestra e la mini moto perché è veloce.
Davide Il mio go-kart perché è veloce. Ci sono belli autocollanti.
Ben È la mustang perché va veloce, è bella. Mi piace anche il suono del motore.
Simea L’astuccio che hanno fatto quasi tutti della scuola perché serve ed è bello.
4. A scuola hai mai imparato qualcosa relativo all’estetica? Se sì, cosa e in quale
materia?
Meli No.
Simon Non saprei.
Noemi A arti plastiche e a visiva (tecnica dell’abbigliamento) quando crei qualcosa guardi come viene
alla fine, se è bello, sei soddisfatto, se no lo migliori.
Natalie No.
Dana No.
Yannick No.
Davide No.
Ben Era l’esercizio a visiva perché abbiamo cercato di migliorare i disegni.
Simea Si a visiva perché abbiamo cercato di rendere i disegni più belli da vedere.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.1.2 Risposte al questionario d’entrata degli allievi di seconda media
1. Cos’è secondo te l’estetica?
Sara La bellezza di una persona fuori.
Damien La bellezza di un oggetto per esempio un auto truccata ha un certo valore estetico.
Alessia La bellezza di qualcuno o in questo caso qualcosa.
Sara B. Qualche cosa di bello.
Céline La bellezza di un oggetto o persona.
Francesco L’estetica è la precisione e la bellezza.
Amina Secondo me l’estetica è solamente l’aspetto esteriore che non riguarda niente con chi l’ha fatto e
che origine ha. L’estetica interiore è invece chi l’ha fatto, con che pensiero e per chi, se mi piace o meno
non importa.
Gabriele La qualità di un oggetto. Il gusto per un oggetto.
Fabio L’estetica è quello che si vede (fuori).
Silas La cosa bella o la cosa brutta di qualcosa.
2. Cosa significa “avere un gusto estetico”?
Sara Uno stile diverso dagli altri, di una persona, di un oggetto e di un corpo.
Damien Ognuno ha uno stile, avere un gusto per gli oggetti, saperli apprezzare e non apprezzare.
Alessia Avere un bel gusto per esempio avere un bel gusto in vestiti, che ti piace.
Sara B. Essere alla moda nel senso che se vanno di moda delle cose li metti.
Céline Un gusto raffinato.
Francesco Sapere cosa ti piace e cosa non ti piace.
Amina Avere un gusto estetico è sapere giudicare in modo preciso e raffinato l’estetica di qualcosa o
qualcuno. Ma può essere anche che una persona ha un gusto estetico per come si veste o che gioelli,
collane... indossa.
Gabriele Avere un gusto su qualsiasi oggetto.
Fabio Avere un gusto per uno stile o una forma.
Silas Avere un gusto bello o brutto su un oggetto.
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3. Qual è l’oggetto più bello che hai o che hai visto?
Sara La lettera di una mia amica a casa è bella perché ha delle meravigliose parole.
Damien La Camaro, la forma dell’auto, specialmente quando è nera.
Alessia Le vetrine dell’HM perché sono piene di bei vestiti. Il mio quadro di NY perché mi piace NY
come città. Los Angeles perché ci sono molti attori famosi.
Sara B. I miei cuscini, le tende, la mia parete, i miei microfoni, il mio stereo, i miei trucchi, i vestiti, le
vetrine piene di vestiti, le scarpe, i cappelli, Hollywood, gli USA.
Céline Una chitarra elettrica perché mi piace il colore (lilla), suono e forma.
Francesco La mia tuta da sci perché mi piacciono i colori.
Amina Dei disegni. A Novaggio c’è un artista e tutti i suoi quadri o disegni mi attraggono, sono fatti col
carboncino e sfumati. Sono un po’ fantastici e altri no, oppure rappresentano una situazione penosa.
Quando li guardo dimentico tutto e me li godo.
Gabriele Computer, si possono fare miliardi di cose. Chitarra, mi piace suonarla e mi piace la musica.
Fabio Le piramidi dell’Egitto perché sono belle.
Silas Il mio snowboard perché ha una bella estetica e ha dei colori belli.
4. A scuola hai mai imparato qualcosa relativo all’estetica? Se sì, cosa e in quale
materia?
Sara Si, a visiva.
Damien No, non ho mai trovato robe tanto belle, non me ne hanno mai parlato.
Alessia A visiva con i disegni, certi avevano un bell’aspetto.
Sara B. Si, che è una cosa che è esterna. A visiva e tecnica.
Céline Si, i disegni a visiva, precisione e fantasia.
Francesco Si a visiva.
Amina Non mi pare, ma a volte l’anno scorso il docente di visiva ci parlava di Picasso, di come lui
interpretava l’estetica e che non c’è “bello” o “brutto”. Non so se questo si può dire come imparare
qualcosa dell’estetica. Ma non ricordo altro.
Gabriele No, non ho mai sentito la parola E-S-T-E-T-I-C-A.
Fabio A visiva i lavori devono essere puliti.
Silas Si a visiva.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.2 Il questionario distribuito agli allievi di prima media al termine di tre progetti
L’estetica dell’oggetto
1. Pensa al primo lavoro che abbiamo svolto in classe quest’anno: l’uccellino con la carta multistrato.
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi l’uccellino da te creato con 5 aggettivi.
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2. Concentrati sul porta cd.
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi il porta cd da te creato con 5 aggettivi.
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3. Ora stai terminando la creazione di un astuccio. È stato un progetto impegnativo? Ti ha divertito? Perché? Pensi
che ti piacerà quando l’avrai terminato? Perché?
Descrivi questo progetto con 5 aggettivi.
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4. Dal punto di vista estetico i progetti hanno delle caratteristiche in comune? Motiva la tua risposta.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.2.1 Le risposte al questionario degli allievi di prima media.
1. Pensa al primo lavoro che abbiamo svolto in classe quest’anno: l’uccellino con la
carta multistrato. Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi l’uccellino da te creato con 5 aggettivi.
Meli No, perché mio uccellino è andato male. Mio uccellino – brutto, leggero, sporco.
Simon Si mi è piaciuto costruirlo ed è anché uscito bene, l’uccello è simpatico, colorato, creativo.
Noemi No, non mi è proprio piaciuto perché alla fine il lavoro non è venuto bene come lo volevo io.
Brutto, inutile, orribile, blu, appeso.
Natalie Non mi è proprio piaciuto perché mi sembra un po’ da mettere nell’asilo. Brutto, inutile, orribile.
Dana Uccello – no perché non serviva a niente e néanche esteticamente, brutto basso, simpatico
Davide No, non mi è piaciuto perché era noioso farlo. Brutto, colorato, deformato.
Ben Non mi è piaciuto tanto perché abbiamo lavorato con la colla pesce e non era bello da vedere, è
strano.
Simea Si, mi è piaciuto perché è uscito bene. Colorato, bello, creativo.
2. Concentrati sul porta cd.
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi il porta cd da te creato con 5 aggettivi.
Meli Mi è piaciuto perché era divertente, bello, colorato.
Simon Si mi è piaciuto perché si può usare, pratico, legnoso.
Noemi Si perché era divertente costruirlo. Bello, incantevole, utile, carino, adorabile.
Natalie Il porta cd mi è piaciuto perché era molto utile. Utile, bello, carino, incantevole, adorabile.
Dana Bello, simpatico, alto, largo, colorato. Mi è piaciuto perché è molto utile e molto colorato.
Davide Si, bello, creativo, perché è di legno, grande.
Ben Mi è piaciuto perché ci puoi mettere su i giochi per la Wii, super bello.
Simea Si perché era pratico, utile, colorato, bello, carino.
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3. Ora stai terminando la creazione di un astuccio. È stato un progetto impegnativo?
Ti ha divertito? Perché? Pensi che ti piacerà quando l’avrai terminato? Perché?
Descrivi questo progetto con 5 aggettivi.
Meli Mi diverte perché non avevo fatto l’astuccio in elementare. Astuccio – bello, carino.
Simon Si, però non so cosa metterci dentro, è bello.
Noemi Si perché mi piace il modello e non vedo l’ora di finirlo per vedere il risultato. Bello, utile,
carino, impegnativo, adorabile.
Natalie A me piace il modello e non vedo l’ora di finirlo. Utile, bellissimo, carino, impegnativo.
Dana Si mi è piaciuto perché è molto utile, bello e creativo. Bello, utile, colorato, grande, basso.
Davide Si impegnativo, si mi diverte, si mi piace. Bello, creativo, colorato.
Ben Si mi piace perché la forma è speciale e i disegni. Quando sarà finito è utile per mettere dentro le
penne e i colori.
Simea Non è impegnativo e mi diverte perché lo facciamo quasi tutto noi. Si, penso che mi piacerà
perché è diverso dagli astucci che hanno fatto gli altri.
4. Dal punto di vista estetico i progetti realizzati hanno delle caratteristiche in
comune? Motiva la tua risposta.
Meli Non lo so.
Simon No, perché hanno aggettivi diversi.
Noemi Sono tutti colorati e molto belli.
Natalie Sono tutti molto belli e utili.
Dana Tutte le cose che abbiamo fatto sono colorate e belle.
Davide Perfetto, preciso.
Ben La cornice perché tutti erano differenti.
Simea Sono tutti colorati, sono tutti utili perché li vedo e li uso spesso, ecc.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.3 Il questionario distribuito agli allievi di seconda media al termine di tre progetti
L’estetica dell’oggetto
1. Pensa al primo lavoro che abbiamo svolto in classe quest’anno: la lampada.
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi la lampada da te creata con 5 aggettivi.
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2. Concentrati sul gioco del forza4 tridimensionale. Hai realizzato la scatola ed il gioco.
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi il gioco da te creato con 5 aggettivi.
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3. Ora stai terminando la creazione di una maschera. È stato un progetto impegnativo? Ti ha divertito? Perché? Stai
intravvedendo il risultato finale della tua maschera, come ti sembra? Ti piace? Perché?
Descrivi questo progetto con 5 aggettivi.
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4. Dal punto di vista estetico i progetti hanno delle caratteristiche in comune? Motiva la tua risposta.
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7.3.1 Le risposte al questionario degli allievi di seconda media.
1. Pensa al primo lavoro che abbiamo svolto in classe quest’anno: la lampada
Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi la lampada da te creata con 5 aggettivi.
Sara Mi è piaciuta perché è utile, bella, particolare, diversa dalle altre, rotonda.
Damien Mi è piaciuta per la forma, alta, circolare, fatta a mano.
Alessia Mi è piaciuta perché la uso spesso. Bella, opaca, utile, luminosa, originale.
Sara B. Un po’ ma è inutile perché non ha stile. Inutile, abbastanza carina, senza stile.
Céline Mi è piaciuta perché è una cosa creativa e semplice. La lampada è originale, utile.
Francesco Non mi è piaciuto perché era troppo preciso. Rotonda, bianca, alta, personale, lungo da fare.
Amina Si mi è piaciuto molto perché è una cosa utile, non che quando fai pulizie la butti. Per esempio ho
visto un pinguino, quello è solo bellezza. È stato piacevole fare la lampada anche perché si tagliava poco
e io non sopporto il rumore del traforo. Utile, bella luce, opaca, leggera e di una bella stoffa.
Gabriele Si perché mi piace lavorare con l’elettronica e il legno. Luminoso, bianco, legnoso, circolare,
alto.
Fabio Si perché ha una funzione ed è bella. Bella, bucata, utile, decorativa, interessante.
Silas A me è piaciuta perché si lavora con legno e con la cucitura. Elettrica, rotonda, bianca, luminosa e
grande.
Carolina Si, come idea è carina perché è utile ma per me era un po’ difficile cioè potevo farla meglio. La
lampada è utile, bella, originale, difficile e bizzara.
2. Concentrati sul gioco del forza4 tridimensionale. Hai realizzato la scatola ed il
gioco. Ti è piaciuto? Se sì perché? Se no perché?
Descrivi il gioco da te creato con 5 aggettivi.
Sara Non molto perché è tridimensionale ed è difficile giocarci. Si perché è stato divertente fare i dadini,
colorato, legnoso, quadrato, rotondo.
Damien Mi è piaciuto molto crearlo, è divertente, fatto col das, di legno, decisione della forma.
Alessia La scatola non mi piaceva ma il forza 4 si. Scatola: senza senso, inutile, non bella. Forza 4:
divertente, non troppo difficile, divertente da creare, belle pedine.
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Sara B. Si è carino ma non ho mai giocato. Bello, utile, comodo, ingombrante, troppi pezzi.
Osservazione: era meglio colorare la scatola.
Céline Mi è piaciuto perché è divertente. Il forza 4 è originale, divertente, sono belli i colori.
Francesco La scatola non mi è piaciuta ma il forza 4 si perché ci gioco molto a casa. A incastro,
originale, bella, di legno e a forma ottagonale.
Amina Mi è piaciuto di meno perché si faceva spesso la stessa cosa. Nel senso, tagliare le 6 pareti della
scatola, fare 64 palline per giocare, colorarne 32. Scatola: noiosa da fare, un po’ inutile, tutta uguale,
brutta. Forza 4: ripetitivo, bello da giocare (divertente), carino, fa ridere.
Gabriele Si e no, perché non mi piace lavorare con il das ma con il legno si. Cubico, legnoso, basso,
colorato.
Fabio Si perché si può giocare. Divertente, bello, tridimensionale, alto, colorato.
Silas No perché non mi piace il gioco e ha secondo me una forma brutta. Quadrata, colorata, brutta,
legnosa e fatta di das.
Carolina Mi è piaciuto abbastanza, è un po’ meno utile della lampadina ma è stato divertente costruirlo.
È divertente, colorato, originale, personalizzato e poco utile.
3. Ora stai terminando la creazione di una maschera. È stato un progetto
impegnativo? Ti ha divertito? Perché? Stai intravvedendo il risultato finale della tua
maschera, come ti sembra? Ti piace? Perché?
Descrivi questo progetto con 5 aggettivi.
Sara Abbastanza impegnativo ma è divertente perché si usa la fantasia. La maschera in sé è bella ma è
troppo grande e non serve perché a carnevale io non uso maschere. Troppo grande, inutile, colorata.
Damien È molto impegnativo ma è divertente e si intravvede qualcosa, il risultato si comincia a
intravvedere.
Alessia Si un po’. No non mi diverte perché è un lavoro troppo lungo. Non bella perché non è colorata.
Inutile, non molto bella, un po’ difficile da creare, troppo lunga.
Sara B. Mi piace molto perché uscirà una cosa divertente. Colorata, simpatica, divertente, allegra, bella.
Céline Si, è impegnativo, mi diverte perché è una cosa nuova e mi piace fare cose con le mani. Mi
sembra simpatica. Si mi piace per tutte le cose che ho scritto.
Francesco Si è un progetto impegnativo ma mi diverte perché è grande. Mi sembra bella e mi piace
perché si usava il cartone.
Amina Si è impegnativo ma mi diverte perché posso scegliere tutto. Non riesco immaginare il risultato
finale ma per ora mi piace perché fa ridere. Divertente, carina, strana, personale, simbolica.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Gabriele No perché non mi piace lavorare con il cartone, soprattutto ritagliarlo. Cartonoso, cubico, alto,
grigio, spaventoso.
Fabio Si, ma non mi diverte, è noioso. Mi sembra un po’ grande, mi piace solo un po’ perché non lo
trovo molto interessante.
Silas Si è un oggetto impegnativo, si mi diverte perché c’è da usare quasi tutto. Esempio: legno, cartone,
colla. Bella, si mi piace perché è molto fantasiosa. Fantasiosa, bella, divertente, creativa e grande.
Carolina Si è impegnativo e sinceramente non mi piace molto perché so che non la metterò mai. Uscirà
comunque una cosa divertente. È divertente, grande, difficile, originale e di cartone.
4. Dal punto di vista estetico i progetti hanno delle caratteristiche in comune? Motiva
la tua risposta.
Sara La precisione.
Damien È divertente costruirle. Sono fatte a mano.
Alessia Sono tutti creati da noi.
Sara B. Céline Si, hanno in comune la precisione.
Francesco Si, erano tutte costruzioni in 3D.
Amina Si e no. Si perché tutti sono fatti (o almeno dovrebbero) con precisione. No perché sono tutti altri
oggetti e con altre forme. È relativamente difficile da spiegare, ma nonostante la differenza hanno
qualcosa in comune.
Gabriele Legno, colla.
Fabio Si, dovevano essere puliti, precisi.
Silas No, perché è stato fatto da dei oggetti non colorati.
Carolina Sono tutti precisi.
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7.4 Il modello di intervista semi-strutturata10
Intervista a …
1. Cos’è l’estetica?
2. Cos’è un gusto estetico?
3. Lei, come ha acquisito il suo gusto estetico? Cosa pensa l’abbia influenzata?
4. Secondo lei è possibile trasmettere una sensibilità estetica?
5. Ritiene importante la trasmissione di un gusto estetico?
6. Secondo lei, questo processo di assimilazione di una sensibilità estetica è possibile già a partire dalla
scuola media?
7. Le viene in mente, un’idea? Un possibile metodo o un esempio che possa aiutare ad avvicinare i giovani ad
una sensibilità estetica?
8. Secondo lei cosa rende un oggetto bello ed interessante? O attraverso cosa si può definire un oggetto
bello ed interessante?
9. Le mostro due esempi, sono un lavoro che ho fatto realizzare ai miei allievi di prima, e uno che ho fatto
realizzare a quelli di seconda media, cosa ne pensa?
- Il primo è un porta cd. L’obiettivo di questo progetto è quello di insegnare agli allievi il principio
dell’incastro. Attraverso l’incastro si possono “mettere assieme” due pezzi senza l’ausilio di colla, chiodi o
altro. Inoltre con questo progetto gli allievi imparano a leggere una scheda tecnica e a riportare delle misure
precise sul legno quindi a ritagliarlo con l’uso del traforo elettrico.
- Il secondo è una maschera di carnevale. L’obiettivo di questo progetto è insegnare agli allievi come un
oggetto tridimensionale nasce da un disegno bidimensionale. Quindi l’allievo impara a disegnare lo sviluppo di
vari solidi dal parallelepipedo, al cubo, al cono, ecc. Fa un progetto della propria maschera partendo da una
fotografia di un oggetto comune che “nasconde” un viso. Disegna in seguito sul cartone tutti i pezzi che gli
occorrono per creare la maschera, li ritaglia e li monta e poi passa ad una fase di rifinitura, colorazione e
decorazione della maschera.
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Nella preparazione dell’intervista ho selezionato una decina di domande da porre agli intervistati. Qui
riporto le domande strutturate che ho posto a tutti gli intervistati. Le interviste che figurano di seguito
comprendono anche le domande che sono nate dalla discussione.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.4.1 Intervista a Orio Galli
Data: 26 marzo 2011
Nome: Orio
Cognome: Galli
Anno di nascita: 1941
Professione: Grafico
O. I primi anni del ginnasio è stato il periodo dove si cominciava a riprendersi dopo la
guerra. Io ricordo, le prime immagini che mi hanno influenzato a Mendrisio. A Mendrisio
c’erano le processioni storiche. Io abitavo nel centro storico. Sono stati creati da tre artisti
che ormai sono scomparsi, Gino Macconi, forse uno è ancora vivo, poi il Giuseppe Bolzani,
che hanno creato questi nuovi trasparenti, queste nuove tele luminose negli anni ‘50. Poi
dopo, i libri, illustrati, ma una cosa che mi ha influenzato, non soltanto per le immagini, ma
per i testi, questi testi delle rime, è stato il Corriere dei piccoli. E poi i manifesti. C’era
Hans Falk, poi Celestino Piatti. Io ho percepito che c’era la possibilità di esprimersi a
livello di disegni, di immagini in un modo molto essenziale. Il concetto del Bauhaus, del
razionalismo, non era ancora entrato nella cultura. Nel ‘41 Tami aveva costruito la
biblioteca cantonale. È stato il primo esempio di razionalismo che è stato poi l’architettura.
La grafica, in fondo, nessuno sapeva cosa volesse dire. Io avevo intuito che c’era qualcosa,
una professione che probabilmente esisteva. Le cose che si vedevano magari in qualche
chiesa erano queste vetrate, dove in queste vetrate l’essenzialità era una questione formale,
richiesta dalla tecnica. La questione tecnica/estetica è molto importante. La tecnica in molti
casi ha condizione sull’estetica. Una tecnologia che permette tutto, se non è controllata, se
non è diretta, se non è gestita da persone che possono compiere delle scelte di tipo estetico,
rischia di sfuggire di mano e di creare un inquinamento. Oggi tutto è permesso, tutto è
concesso, tutto è possibile. Chi compie una professione di educatore dovrebbe proprio
avere quella preparazione di mediatore, far da filtro tra la massa, far capire che esistono
diversi modi, presentare tutto. Le scelte infine deve farle il ragazzo. Quando una cosa
diventa interessante? Quando abbiamo tantissimi modelli. Si tratta di saperli distinguere.
Partendo dal segno calligrafico si può, secondo me, partire da una base comune a tutti. La
penna biro, la penna sfera per non parlare adesso del computer, tutto questo ha mandato a
48 tutto. Non c’è neanche più la consapevolezza di che cosa c’è stato dietro.
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S. Cos’è l’estetica?
O. Per me l’estetica è qualcosa che ti fa star bene, certo, è importante. L’estetica è
anche etica, nel senso che non ci può essere estetica senza etica o viceversa. Perché
qualcosa di bello dev’essere anche qualcosa di buono e di giusto. L’estetica è anche
un’acquisizione culturale. C’è un’estetica primaria innata ma c’è anche un’estetica che è un
fatto culturale, è un percorso, un raggiungimento. C’è un’evoluzione dell’estetica. Da una
prima rottura della figurazione fino alla rottura totale, da lì si è incominciato ad assistere a
questo cambio di generi, queste commissioni. La Pop Art no, la scatola dei pomodori è
diventata un’opera. Si è compiuta un’azione che è anche filosofica. Marcel Duchamp aveva
detto che non è l’opera in sé, ma lo spettatore che fa l’opera. Aveva già introdotto la
dimensione più filosofica che estetica. Comunque il 50% di quello che stà nel campo
dell’arte visiva è oggettivo. Sulla base di questi principi oggettivi si può cominciare a fare
una preparazione all’estetica che non è il bello è bello perché piace, ma perché è giusto. Ci
sono degli elementi razionali che possono essere messi in pratica.
S. Cos’è un gusto estetico?
O. È un fatto di cultura, di confronto, di paragone. Perché uno arriva ad avere un gusto
estetico? Leggendo tanto, guardando tanto. Gillo Dorfles, è stato quello che mi ha fatto
capire. Per quello che riguarda l’estetica mi sono trovato tutto sui libri di Dorfles. Lui
spiega il giusto e lo sbagliato.
S. Come ha acquisito lei un gusto estetico?
O. Dipende un po’ dall’ambiente familiare.
S. Lei l’aveva già in casa?
O. Ma probabilmente sì, in una certa misura, ma neanche eccessivamente.
S. Ha imparato a scuola?
O. Quell’essenzialità degli anni ’50-‘60 si è persa. Dopo è stato un deterioramento.
L’evoluzione alla sintesi si è avuto dagli anni ’20-‘30 fino agli anni ’50-‘60.
S. Secondo lei è possibile trasmettere un gusto estetico?
O. Sì è possibile. In teoria sì. Una fonte di ispirazione oggi potrebbe essere questa
gestualità degli orientali. Il principio del marketing e del consumismo ha tolto spazio
all’individualità, alla qualità, all’essenza stessa dell’estetica. È tutto basato sui principi
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
commerciali. L’estetica deve essere un fatto che si possa allargare più possibile, deve
comunque diffondersi.
S. Però è importante poterla trasmettere?
O. Infatti, penso che si vive anche meglio.
S. È possibile insegnare qualcosa di estetica alla scuola media?
O. Si, facendo vedere, portandoli alle esposizioni, spiegando. Sì, qualcosa sì, magari
col tempo. Si deve vedere se dietro c’è un retroterra della famiglia.
S. Secondo lei, cosa rende un oggetto bello ed interessante?
O. Ma io penso l’essenzialità delle forme, decisamente, e l’uso corretto del materiale,
la forma e la funzione. Se la funzione è giusta, anche la forma è bella. L’estetica è un fatto
di giusta forma. L’estetismo è un magnetismo. La manualità è un elemento fondamentale
da conservare. Avere una competenza manuale è sempre un arricchimento.
S. Le mostro il porta cd…
O. Questo è un lavoro molto interessante. Questo fa capire diverse cose, la
tridimensionalità, l’incastro. Questo è un tipo di lavoro razionale, concettuale. Qui c’è un
concetto, un analisi logica.
S. Ho fatto vedere ai ragazzi un immagine di Mondrian.
O. Mondrian per me è proprio l’artista ideale sul piano didattico, ma bisogna fare tutto
il percorso per far capire come da una figurazione si può arrivare a un percorso molto
coerente. Ecco, l’estetica è coerenza. L’estetica è gerarchia, capire le subordinate.
S. Le mostro la maschera…
O. Interessante. Non bisogna esagerare, magari far vedere due percorsi anche opposti,
una più razionale, uno più espressivo. Picasso lavorava in un senso opposto. Mondrian fa
un percorso molto razionale e Picasso non cercava, ma trovava. Mondrian cercava.
S. […]
O. […]
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Sylvia Skabar
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.4.2 Intervista a Flavia Zanetti
Data: 30 marzo 2011
Nome: Flavia
Cognome: Zanetti
Anno di nascita: 1945
Professione: Docente di scuola maggiore, artista, gallerista
S. Cos’è per te l’estetica?
F. Diciamo che l’estetica è la scienza del bello. L’estetica è qualcosa legata ad una
filosofia di vita, ad un pensiero. L’estetica è la ricerca del bello direi. Questo è la
definizione classica. Dopo però, è cosa significa per le singole persone la parola bello. E
qui sta tutto lo scibile, qui tutto è possibile, per me è bello quello che mi piace. Ma quello
che mi piace non è solo da un punto di vista estetico. C’è un’estetica di fondo, perché il
bello significa qualcosa di interessante, qualcosa di vero, qualcosa che ha qualcosa da dire,
qualcosa per gli altri, non è il bello in senso canonico.
S. Per te, cosa è bello?
F. Ma in che ambito? Se la domanda è che cosa è bello per le scelte che faccio, per me
deve essere per prima una bella persona che mi presenta delle cose interessanti, non è che è
una persona estetica ma una persona con dei contenuti. Perché altrimenti che bello è se è un
bello superficiale, per me dopo diventa completamente insensato. Alla fine si rovescia
completamente il senso di questa cosa. Se qui passa la persona che mi porta delle cose
splendide ma che non le appartengono, non hanno più senso.
S. Quindi c’entra anche il sentire, questa percezione, che poi è la definizione della
parola estetica…
F. È vero. Sì, il sentire, se non passa attraverso il sentire… Io non avrei mai potuto fare
il commerciante d’arte, assolutamente. Anche quando ho comprato, quei pochi lavori che
avevo comprato, era sempre la scelta in funzione di quello che sentivo.
S. Il gusto estetico invece?
F. Quello è diverso. Un gusto estetico tu lo costruisci, guardando, vedendo, pensando.
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Sylvia Skabar
Perché il mio gusto estetico, come il tuo gusto estetico, si costruisce sulla tua esperienza. Il
mio gusto estetico l’ho cominciato a coltivare senza saperlo per modo di dire, fin da
piccola, andando in giro per la natura. Questo è fondamentale per me, andando a spasso in
mezzo ai boschi, vedendo i colori, sentendo gli odori, queste cose. E poi, nell’adolescenza
ho cominciato anche ad andare a vedere le mostre, a incontrare artisti, andare nelle loro
case. Questo a Locarno era ancora possibile ai tempi. Ho incominciato a disegnare molto
volentieri, perché ero una timidona e quindi preferivo questo modo d’espressione. E forse è
da questo che nasce. E poi nella magistrale il G. Bolzani mi faceva lezioni private. Allora
come è nato il gusto estetico? Coltivandolo, non c’è nient’altro da fare, ma lo coltivi solo,
non come una cosa che appiccichi da fuori, ma perché la senti da dentro. E probabilmente
con un po’ di sensibilità, che bom… Le persone ce l’han tutte la sensibilità, dopo certi la
tirano fuori e certi non la tirano fuori.
S. C’è qualcuno che ti ha influenzata più di altri?
F. Giuseppe Bolzani, una persona schiva e sensibile, mi ha aiutato ma non mi ha
imposto nulla. Era presente. Poi ho cominciato ad insegnare, mi sono spostata, ecc. e ho
continuato ad andare a vedere mostre e così…
Parlando di estetica io mi sono creata la mia facendo dei passi sempre ricercando, non
dico la verità, ma cercando l’autenticità nelle cose fino ad arrivare a cercare di capire quel
che è più difficile, chi vive nello stesso tempo, cioè l’arte contemporanea. L’arte
contemporanea è snobbata dal 95 % delle persone perché non è comprensibile, come la
musica contemporanea, come tutte le forme d’arte contemporanea perché ci vuole uno
sforzo. Anche la storia contemporanea, l’economia contemporanea, la vita contemporanea è
di una difficoltà immane come comprensione. E quindi anche l’arte contemporanea. Perché
quando tu vivi accanto ad una cosa è più difficile capire. E questa per me è un po’ una
sfida. Certe persone e certe cose però riesci a capirle ma riesci andando a vedere, andando e
confrontandoti e coltivando questo interesse. E cerco il bello, quello che dice qualcosa.
S. Cos’è per te l’autenticità?
F. Se corrisponde a quanto l’artista sta cercando, dev’essere autentico in quel senso lì.
S. Secondo te è possibile trasmettere, insegnare una sensibilità estetica?
F. Sì, devi sentirla tu però. L’insegnante deve averli questi contenuti. Non è come
andare ad insegnare…non so…un teorema di geometria, no? L’estetica invece non deve
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
essere solo una teoria che tu dai. La parola estetica mi blocca un po’. Nelle arti plastiche sei
tu che fai una scelta proponendo un oggetto. Ma tra il programma e te stesso devi saper fare
anche una sintesi. Ci sono oggetti ed oggetti e ci sono mezzi e mezzi per arrivare a fare una
tal cosa.
S. Secondo te anche solo proponendo un oggetto trasmetto un gusto estetico?
F. Sì, secondo me sì. Però non devi lasciar perdere te stessa, non devi annullarti. Tu sei
tu. Io ti considero una persona di questo tipo, che può dare, come ti conosco, non sei la
persona che va fredda, ma viene fuori lo spessore della persona.
S. Anche l’allievo percepisce l’estetica come una sensazione?
F. È importante ma non è l’unica cosa; ma come base ci deve essere questo. Siamo
sempre sul discorso dell’autenticità. Se non c’è autenticità non lo senti tuo quello che fai,
non puoi trasmetterlo.
S. Un conto è insegnargli a fare un oggetto e l’allievo lo impara, ma io cerco di capire
se anche dal punto di vista estetico impara qualcosa…
F. Questo secondo me si deve coltivare e io penso che con una coerenza durante gli
anni, due anni, può essere importante mettere in chiaro quali sono i tuoi obiettivi. Magari
sarebbe interessante portare avanti questa cosa anche con altri docenti. Vuol dire portarli a
farsi un’idea loro. E vale per tutte le persone. Uno impara a farsi un’idea. Puoi cambiare la
vita delle persone in questo modo. Secondo me è importante. Se riesci poi ad influire solo
su 2 o 3 è già qualcosa.
S. Bisogna toccare le emozioni degli allievi?
F. Sì, secondo me sì. Non puoi essere un docente distaccato.
S. L’estetica però?
F. L’estetica invece secondo me non deve essere solo una teoria che tu dai.
S. Si può trasmettere agli allievi un gusto estetico?
F. Secondo me si. Se non lo senti tuo, questo, non puoi trasmetterlo. Vuol dire portarli
a farsi un’idea loro.
S. L’estetica, quindi la sensazione, è legata all’emozione…
F. Io non ho dubbi.
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Sylvia Skabar
S. Quindi per gli allievi è importante capire l’estetica?
F. Per me è importante. Però anche questo può essere soggettivo. È importante che
capiscano il bello che è nello stesso tempo anche il buono e il corretto, il giusto, il valore
vero e tutto sta roba qua. Che sia poi un gusto estetico che ti venga dalle arti visive, dalla
musica o dalla letteratura… È importantissimo! Altrimenti se ti guardi in giro nel mondo ti
vien paura. C’è disorientamento. C’è gente che ha troppo e chi non ha niente. Bisogna
insegnarli ad apprezzare. Bisogna insegnarli a capire che loro sanno capire. Lavorare su
quel poco di positivo che hanno.
S. Poi i giovani oggi sono davanti al computer… I loro modelli sono: il personaggio tal
del tale, il cattivo perché è più forte…
F. Chattano in tutte le direzioni…Tante ore stanno lì.
Sì potrebbe partire da questi spunti e modificare. In fondo il programma è la formazione
delle persone e lì dentro prendi gli spunti della loro vita.
Dove non c’è la famiglia, la scuola in quei pochi anni bisogna dargli qualcosa. Bisogna
avere un certo carisma. Si può dire loro impariamo insieme, mettersi sul loro piano… Tu
sei una che ha imparato più di loro ma che con loro cerca una strada…
Noi ai tempi, avevamo la parete piena di giornali, ecc. bisogna pur farli vivere…
S. Quindi l’ambiente è importante, influenza? Anche solo un’aula?
F. Eh sì, è pur sempre una scelta estetica. Ma tu sei una scelta estetica, già come entri,
già chi sei. Tu sei una coerentissima quando ti si vede. A me dai questa impressione.
S. Però anche l’ambiente centra.
F. Eh sì, lavoriamo in un luogo che è stimolante, è estetica questo. Il circolo è grande e
devi far funzionare l’insieme. Si può chiedere ai ragazzi: Cosa facciamo per lavorare
meglio qui dentro? Poi sei tu che tiri il gruppo.
S. Ti mostro il porta cd…
F. Questo è un buon modo per entrare nella loro vita. Col colore. È un bel oggetto. Può
trasmettere un senso estetico. Mi viene in mente Mondrian, e gli si può fare un discorso.
Questo è una dimostrazione di come si può applicare l’estetica ad un oggetto che può
servire loro. Questo è importante. Questo è buono.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
S. Ti mostro la maschera…
F. C’è lo stesso approccio. È un oggetto sensato. C’è tanto rigore che è tuo. Questo è
sfruttabile. Tu parti da qualcosa che sai, che conosci bene. Non vuol dire che non sia valido.
È un approccio personale non puoi far violenza su di te. Parti da qualcosa su cui sei sicura.
Se non riesci ad uscire sempre da questa rigidità, ma se tu ti rendi conto che esistono altre
cose, va bene. Lo considero positivo. Ma poi cambi tu. Tu sei rimasta al tuo tipo di
formazione di grafica. Se tu avessi avuto uno sviluppo tuo in questo lavoro, avresti
probabilmente presentato altro. Invece non c’era. Invece con loro ti modificherai. Perché
ascolti loro, i loro bisogni e questo diventa vivo. Non vedo il problema.
S. […]
F. […]
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.4.3 Intervista a Renato Folini
Data: 30 marzo 2011
Nome: Renato
Cognome: Folini
Anno di nascita: 1959
Professione: Docente di educazione visiva e arti plastiche, collaboratore gallerista
S. Che cos’è l’estetica?
R. Ah, siamo sul difficile. È una parte della filosofia che si occupa del bello, del
concreto sensibile. Si occupa del bello, o del senso del bello di un’epoca di un periodo
storico.
S. Per te in particolare, che cos’è?
R. Sono assolutamente d’accordo, è questo. Il senso del bello, dell’intelligente, del
razionale, del positivo.
S. Dell’intelligente in che senso?
R. L’intelligente in relazione alla razionalità. Una cosa è bella quando è intelligente e
se è razionale. Un ponte è bello quando costa poco, è fatto bene e funziona. Quel ponte è
anche assolutamente bello.
S. Allora per te una cosa bella è quando funziona e ha un senso?
R. Si, quando funziona e ha un senso. L’arte è il superamento dell’artigianato.
L’artigiano è quello che fa molto bene una cosa. Mentre l’artista è quello che supera il
problema del farlo molto bene.
S. Cos’è invece un gusto estetico?
R. Avere competenze, abitudine in un campo, in una materia, in questo caso aiuti a
creare un gusto estetico. Un senso, uno stile. Questo ce l’hai tu nel vestire, un altro no.
Quindi vedi che ha una personalità, vedi qualcosa che lo contraddistingue, è un certo tipo di
stile.
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Sylvia Skabar
S. Tu, come hai acquisito il tuo gusto estetico?
R. Io ci vivo in mezzo dalla mattina alla sera. Sono convinto di avere un altissimo
gusto estetico, per la qualità delle cose che amo e apprezzo.
S. Ma come è nato in te il gusto estetico?
R. Si impara. Un po’ per caso. Io per la prima volta in vita mia ho comprato delle
litografie quando avevo 13 anni e sono rimasto folgorato. La priorità per me è comperare
dei quadri e disegni.
S. Avevi un hobby da piccolo?
R. Mi è sempre piaciuto disegnare, quello mi ha aiutato. Mi sentivo a mio agio con la
matita. Dopo pensavo di fare il pittore. La mia grande aspirazione era di diventare un
grande artista. Le persone più importanti sono gli artisti, poi i letterati, ne sono convinto
ancora oggi. Sono più importanti dei medici, dei ricercatori. La cosa che mi ha dato più
piacere in vita mia è leggere certi libri, vedere un film, una mostra, un quadro.
S. Allora forse dalla lettura è poi nato tutto questo amore?
R. Si si, dalla lettura, dalle opere d’arte. Libri, mostre, musica.
S. Secondo te, è possibile trasmettere un gusto estetico?
R. Se tu veramente ami il tuo lavoro e i ragazzi lo sentono e se ti stimano, riesci a
trasmettere qualcosa. Il mio terrore da sempre è che ti destino, e sapere che quello
probabilmente odierà per sempre il disegno, i colori.
[…]
Oggi, se potessi tornare indietro, studierei biologia o un'altra cosa, ma proprio per fare
l’artista. Perché oggi, l’esigenza stessa nel mondo dell’arte non è più quella del materiale
tradizionale del pittore.
S. È importante trasmettere un gusto estetico?
R. Ma è fondamentale. Perché viviamo meglio, perché è fondamentale capire che ci
sono delle cose buone e meno buone. Ci sono delle forme che ci fanno del bene e delle
forme che ci fanno del male.
[…]
66
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Se non altro sono sicuro che quasi a tutti gli allievi dò un gran piacere di fare due ore
piacevolissime. Difficilmente qualcuno si annoia.
S. Tu cerchi con i lavori che proponi di trasmettere anche un senso estetico?
R. Si, allora cerco con delle piccole strategie che sono quelle di eliminare invece di
mettere, di fare meno invece che di più, usare pochi colori invece di molti. Queste sono
piccole strategie per riuscire a rendere decente anche l’indecenza.
S. Lasci molto libertà agli allievi?
R. Metto molti paletti perché altrimenti fanno casino. Io sono dell’idea, che questo
imparare prima tutte le tecniche, le cose, oggi non servono più molto, servivano nel passato.
Oggi, l’ultima cosa che serve è saper disegnare, saper usare i colori. La cosa che mi serve
alla fine è vedere un’immagine, capirla o crearla no.
[…]
Il trattore è kitch, i trattori di una volta erano delle macchine essenziali, 4 ruote, un
motore, un sedile, hanno incominciato a mettere un’estetica anche lì. Imitano dei missili,
imitano qualcosa che non sono. Quello è un inganno anche proprio etico. È veramente un
distruggere la personalità di una persona.
S. La natura che cos’è?
R. La natura può essere prolissa mentre invece l’arte non lo deve mai essere. Sarebbe
meglio se la natura imitasse l’arte. Ma sai perché? Quando vedi un bel paesaggio, non è il
paesaggio brullo cosi, è quando c’è stato l’intervento dell’uomo, un intervento intelligente.
S. Se noi prendiamo solo una foglia e la guardiamo nella sua forma?
R. Si, può essere bellissima, ma è solo una foglia. Ma se noi quella foglia la
trasformiamo, diventa più interessante. Io sono dell’idea che sia così.
S. Quando proponi qualcosa agli allievi cerchi di appassionarli così tanto?
R. Cerco di appassionarli tantissimo. Io penso sul serio che visiva è la materia più
importante. Uno nella vita può vivere molto meglio se sa disegnare, sa apprezzare un
immagine, un quadro. Viviamo in un mondo dove tutto ci viene comunicato attraverso
l’immagine, tutto!
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Sylvia Skabar
S. Anche nelle arti plastiche cerchi di sensibilizzare ad un’estetica gli allievi?
R. Ma, io direi sempre, in tutto. È fondamentale. L’essenzialità è una forma molto
basilare per arrivare a qualcosa di decente.
Il gusto si affina anche proprio frequentandolo. Se non lo frequenti, non puoi solo
spiegarlo.
S. Cosa rende un oggetto bello ed interessante?
R. Queste sono le domande, domandone! Bello ed interessante quando una cosa ha la
sua logica, una sua razionalità. Siamo tutti vittime del Bauhaus, comunque del
razionalismo. Quindi quando un oggetto è ben fatto, è essenziale, ha una logica, ci sembra
bello.
S. Ti mostro il porta cd…
R. Ah, bello. Hai inventato tu la forma?
S. Sì.
R. È bella, vedi questo è razionale. Questo in fondo è un Mondrian.
[…]
L’artigiano è uno che ripete sempre la stessa cosa e diventa bravissimo. Io detesto
l’artigianato. Non sono opere d’arte quelle. Bisogna essere scemi per fare per 30 anni
l’intarsio così bene!
S. Ti mostro la maschera…
R. Ti assicuro, che Castellani ha lavorato tutta la vita usando solo una tela e dei piccoli
rilievi e combinandola nelle più incredibili, possibili, immaginabili situazioni di luce,
quindi ha lavorato esclusivamente solo con la luce tutta la vita, facendo secondo me dei
capolavori. Ed è questo, esattamente lo stesso atteggiamento.
S. […]
R. […]
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.4.4 Intervista a Angela Contarin
Data: 31 marzo 2011
Nome: Angela
Cognome: Contarin
Anno di nascita: 1963
Professione: Costumista, curatrice d’immagine e docente di arti plastiche
S. Cos’è per te l’estetica?
A. Io l’ho sempre definita un’armonia tra forma e colore. Io ho sempre dato quella
definizione lì. Quando penso a qualcosa e definisco l’estetica, per me deve essere armonia
comunque.
S. Un armonia visiva o una sensazione?
A. No. Solitamente la prima cosa per me è visiva. Quando vedo un oggetto, se mi
piace, come può essere un quadro, una scultura, un mobile, una lampada, io sento sempre
l’esigenza di trovare dell’armonia. Di solito, quando mi disturba, dico: ma che brutto, no?
Poi, analizzando, mi rendo conto che manca di armonia; per me, ovviamente.
S. Quindi è una sensazione, parte da un’emozione che provi?
A. Si, ma sempre con gli organi, vista in questo caso, poi di riflesso l’emozione per me.
S. Che cos’è un gusto estetico?
A. Ha, ha, eh forse, partendo dalla mia esperienza di costumista e curatrice di
immagine per tanti anni, io mi sono spesso scontrata con persone che confondevano il
proprio gusto con il gusto estetico. Secondo me il gusto estetico deve essere ubicato in un
luogo, nel senso, tu non poi “estrappolarlo” da qualcos’altro. Per ogni ambiente c’è la sua
estetica. Per me il gusto estetico non va confuso con un gusto personale. È importante
l’ambito in cui tu vedi qualcosa. Penso anche all’arredamento di una casa, tu vedi a volte
delle case bellissime e arredate senza un gusto estetico, sempre l’armonia fra le cose, no? In
un lavoro dall’inizio alla fine ci deve essere un fil rouge. Se parliamo di gusto personale
allora lì può esserci qualsiasi cosa, perché quello è il mio gusto personale. È importante fare
la distinzione.
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S. Come hai acquisito il tuo gusto estetico? Che cosa pensi che ti abbia influenzata?
A. Il mio gusto estetico credo che sia stato influenzato dal mio vissuto. Io ho vissuto
per anni con un papà che adoravo, che aveva questa abitudine di portarsi a casa il “rütt” di
tutti. Una mamma che non aveva niente, anche per la situazione economica, lei si vestiva
con i vestiti smessi di mia zia. Io nel tempo ho sviluppato questo senso dell’essenziale. E
quindi ho imparato anche dalla mia costumista (sono stata per tanti anni la sua assistente),
mi diceva sempre che l’eleganza è dettata dal togliere invece che dall’aggiungere. E questo
in fondo mi ha caratterizzato. Negli anni si capiva che erano i miei lavori dall’essenzialità
delle cose. Io non metto mai fronzoli. Se vieni a casa mia, si capisce che è casa mia, perché
ci sono 4 mobili in croce. Anche a scuola faccio fatica, io amo molto l’essenziale. Mi dà il
permesso di metterci del mio, come pensiero, come emozione. Se c’è troppo, mi confonde.
S. Secondo te è possibile trasmettere una sensibilità estetica agli allievi?
A. Sì, però bisogna aiutarli a guardare le cose senza togliergli la fantasia, facendo dei
paragoni. Io tengo sempre presente il loro gusto poi però dò dei suggerimenti. Non ti
piacerebbe di più così? È un’età difficilissima. Ci vuole tanto tempo. Pure con gli adulti a
volte è difficile. Nella scuola tanto fa cosa hanno a casa. Non è indispensabile avere questa
sensibilità. Ho incontrato delle persone che del senso estetico proprio non sapevano cosa
farsene e sono comunque persone strafelici. Lo è per le persone che hanno un lavoro… Per
me è fondamentale, io sto male se sto in un posto dove non c’è armonia, non è che sto male
ma non mi sento a mio agio, ma non credo che sia fondamentale. Poi se uno fa l’architetto e
non ha un senso estetico prima o poi si confronterà con il problema.
S. Tu provi a trasmettere un senso estetico agli allievi?
A. Sì, io si. Insegnando loro anche osservare le cose da punti di vista diversi. È
importante portarli ad assaggiare, nella vita, in tutti i sensi. Quando tu hai la scelta, poi
decidi tu. Se li fai andare solo in una direzione secondo me non li aiuti a crescere. Se
dovessi fare qualcosa che andasse contro il mio modo d’essere, io non trasmetterei
probabilmente quell’entusiasmo, quel piacere di insegnare una materia.
S. Tu sicuramente fai fare ai ragazzi delle scelte che siano esteticamente “corrette”,
come fai?
A. Perché gli stimoli che prendo comunque partono da me. Poi si ruba di qua e di là.
Quindi è chiaro, è il mio gusto che poi influenza le mie scelte. Cerco di fare delle cose
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
curate, pensando a loro. Le “sperimentazioni” non le faccio con i ragazzi di prima e
seconda media. Nella semplicità io trovo la bellezza. La precisione per me è importante. Io
trovo che loro devono partire con delle cose non facili, ma semplici. Ho imparato a
chiudere un occhio, a volte anche due. Io sono una perfezionista. Diventa anche nella vita
importante non curare troppo il dettaglio se no diventi maniaco. Cerco di dare un’utilità a
quello che faccio.
S. Cosa rende un oggetto bello ed interessante?
A. L’emozione che ti dà. L’armonia, il luogo, la sensazione anche dei ricordi a volte.
Anche il simbolismo.
S. Ti mostro il porta cd…
A. Io quando l’ho visto, mi sono innamorata del tuo porta cd. A me è piaciuto
moltissimo perché mi ha ricordato subito Mondrian e soprattutto la semplicità, c’è
l’incastro, è un oggetto utile. È proprio bello.
S. Ti mostro la maschera…
A. Io parto dalla mia sensazione. Questo è un lavoro che avrei potuto fare anch’io. Io e
te abbiamo sempre trovato dei punti in comune. Il primo impatto pensando agli allievi:
forse è un po’ difficile come concetto. Loro cercano sempre l’utilità nelle cose che gli fai
fare. Sono pressapochisti. Mi piace l’idea della pulizia della carta. No, è bello, è molto
bello.
S. […]
A. […]
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.4.5 Intervista a Dante Laurenti
Data: 1 aprile 2011
Nome: Dante
Cognome: Laurenti
Anno di nascita: 1949
Professione: Docente ed esperto in educazione visiva e arti plastiche
S. Cos’è per lei l’estetica?
D. Bella domanda. Allora, io sono abbastanza sintetico: è qualità di vita.
S. Possiamo provare a descriverla un po’ meglio? È forse un senso di benessere?
D. Sì, è un benessere. Anche solo il fatto di vivere in un ambiente brutto significa che
non c’è armonia. Manca una certa armonia.
S. Quindi cosa influenza la qualità di vita? L’ambiente, e poi? Le viene in mente
qualcos’altro?
D. I valori, una cosa che stiamo perdendo sono i valori umani. Secondo me creano
come dire… Inducono una certa qualità di vita, anzi… I valori umani sono oggettivi, non
fanno parte del mondo delle idee. Per esempio il bello e il brutto, il buono e il cattivo, il
giusto e l’ingiusto sono tutte cose che fanno parte dell’educazione estetica. L’educazione
quindi dovrebbe essere educazione estetica… portandola ad un livello ideale fra educando
ed educatore.
S. E che cos’è invece un gusto estetico? Che cosa significa avere un gusto estetico?
D. Qui diventa un po’ più complesso.
Per estetica prendiamo per esempio il problema dell’armonia, qualcosa di armonico ed
equilibrato. Per esempio se faccio vedere a un ragazzo di scuola media qualcosa di bello e
qualcosa di brutto, lui lo riconosce.
Fa un esempio.
Vuol dire che c’è questo senso, che ce l’abbiamo. È innato. Questa necessità di
armonia fa parte di noi. Tra riconoscere e il fare però poi… Centra il dove si vive e cosa mi
viene presentato.
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S. Quindi centrano la famiglia e l’ambiente. E con cultura intende anche in un certo
senso l’intelligenza? Quello che si conosce, il sapere?
D. Mah, non so se è l’intelligenza, conta più l’affettività.
S. Conta di più l’affettività a livello di sensazioni, di emozioni?
D. È intuito. L’intelligenza intuitiva.
S. Lei come ha acquisito il suo gusto estetico? Da cosa crede di essere stato
influenzato?
D. Dunque, dalla famiglia mica tanto, ma qualcosa di innato c’è. Poi ci sono le
amicizie e una certa curiosità. A mia mamma sono sempre piaciute le cose belle. Non ho
quasi mai avuto roba kitsch in casa. Se doveva scegliere un tappeto per esempio, lo
sceglieva bene, per tutta la vita. Ma anche la musica, i libri, l’arte.
S. A lei piaceva già da sempre disegnare?
D. Sì. Poi qualcosa di innato c’è. Chi non ha niente di innato lo può anche acquisire
attraverso degli stimoli.
S. La natura non l’ha influenzata in qualche modo? Stava volentieri in mezzo alla
natura?
D. Sì, certo. La natura è già armonia. Dopo devi sviluppare le immagini della natura.
Eh sì, penso che a tutti piace stare nella natura…
S. Pensa che anche i giovani d’oggi apprezzano? Quelli che vengono qui (Malcantone)
a scuola si, perché vivono in mezzo alla natura e vanno a giocare nel bosco…
D. Penso a quelli che non hanno la possibilità. Non gli diamo la possibilità.
S. Sono rinchiusi in casa davanti al computer…
D. La struttura fa molto. Devono uscire nella natura ed osservarla.
S. Secondo lei è possibile trasmettere una sensibilità estetica o è innata?
D. Ai ragazzi?
S. Si, ma anche agli adulti, il problema potrebbe essere il medesimo…
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
D. Per me sì. Il problema è il problema di continuità. Gli allievi di quarta media son
ben pochi quelli che poi continuano, anche i ragazzi molto bravi… E poi però viene il
dubbio di cosa hai fatto.
S. Ma non servirà comunque nella vita?
D. Secondo me sì.
S. Perché? Lei spera che i suoi allievi seguano la strada dell’arte?
D. No, però che abbiano un senso critico su cos’è bello, cos’è brutto, se è fatto bene, se
è da prendere in considerazione o no. Spero che almeno la fruizione sia minimamente
attiva.
S. Quindi lei prova ad insegnare ai suoi allievi a leggere le immagini, a capire cos’è
bello e buono e che cosa è invece un cattivo esempio, o lo fa in un altro modo?
D. Lo faccio empiricamente. Non è che faccio molti confronti. Di esempi d’arte ne
porto pochissimi. Piuttosto vedo di strutturare il lavoro in modo tale che lo possano fare
pulito.
S. Quindi nei lavori che fa fare ai ragazzi la qualità estetica si distingue da una pulizia
e…?
D. Dando molti paletti!
S. Questo processo di assimilazione di una sensibilità estetica secondo lei è possibile a
partire dalla scuola media? Cioè, lo proviamo a fare?
D. Secondo me si dovrebbe incominciare già alle elementari.
S. Ma alle elementari in che modo, penso che disegnano già, no?
D. Alle elementari è molto espressivo, molto libero È giusto per l’età... Lì son tutti
belli, sanno cosa fare, non ci sono problemi. Poi tutt’un tratto vengono alla scuola media e
non sanno più fare niente. Però accanto a quello, qualcosa… Piccoli giochi di percezione
visiva, si potrebbero introdurre.
[…]
D. Io mi considero abbastanza rigido, sono rigido nelle consegne, ma poi non vuol dire
che non hanno più nessuna libertà. Si devono poter muovere dentro lì. Sono d’accordo che
la nostra visione, la nostra attesa del lavoro che gli diamo è condizionante. Noi vogliamo
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Sylvia Skabar
che arrivino qua. Magari non sempre ci poniamo il problema del perché vogliamo che
arrivino qua. Anche se è abbastanza insito il fatto del perché li faccio fare una cosa, cosa
devono imparare... Io voglio solo dei bei lavori alla fine dell’anno.
S. Ecco per bei lavori intende lavori eseguiti con precisione, rigore, semplici, semplici
nel senso di essenziali?
D. Una bella immagine prima di tutto. Quando fanno tutto impasticciato, paragono ad
un’immagine bella e chiedo quale scegliereste. La prima cosa da fare è farlo bene. Qualsiasi
immagine, anche la più insignificante, se fatta bene è già qualcosa.
S. Per lei cosa rende un oggetto bello e interessante?
D. L’essenzialità legata alla sua funzionalità, scelta e rispetto del materiale.
S. Lei usa il design come esempio nelle arti plastiche?
D. Sì, è un buon esempio, più facile dell’arte da capire.
S. Questo è un lavoro che faccio fare in prima media. È un porta cd.
D. Sì, è piacevole da guardare. È bello da guardare… Si può avvicinare ad un gusto
estetico…. Colorare lo spessore… Bello!
S. Questa è una maschera…
D. Questo qui va bene, qua il problema è già molto complesso. Devono lavorare con le
forme geometriche, regolari quindi. Esteticamente è molto bella, dalle forme geometriche
possono uscire delle belle cose. Quello che mi mette paura sono le decorazioni. Se no, è
funzionale. Li devi convincere a non appiccicare qualsiasi cosa. Il rischio è qua. Non nella
costruzione, dalla costruzione possono uscire delle cose bellissime.
S. […]
D. […]
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.5 Progetto per la prima media: l’uccellino
Educazione alle arti plastiche
Prima media
L’uccellino
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Sylvia Skabar
RP
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RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
Per introdurre gli allievi alla nuova materia di educazione alle arti plastiche ho scelto
di far realizzare loro un uccellino con la carta multistrato. Questa tecnica permette
di lavorare con tutti gli allievi riuniti attorno ad un tavolo e quindi facilita, all’inizio
dell’anno scolastico, il conoscersi, inoltre, non rappresentando un lavoro complesso,
introduce l’allievo ad una dimensione manuale legata al plasmare quindi al lavoro
vero e proprio di creazione attraverso le proprie mani.
La scelta dell’animale è dovuta a due fattori principali: da un lato perché gli uccelli
d’esempio portati in classe sono uccelli che tutti conoscono, ciò permette all’allievo
di visualizzare più facilmente l’animale che deve riprodurre. Ne conosce le grandezze
e le proporzioni reali e gli è così più semplice riprodurne uno in carta multistrato.
Dall’altro l’anatomia dell’uccello è relativamente semplice da realizzare. Inoltre questi
animali diventeranno motivo di decorazione dell’aula e sono stati pensati per essere
appesi.
A chi mi rivolgo
Questo progetto è rivolto ad una classe di prima media. Rappresenta il primo lavoro
di arti plastiche.
Nella realizzazione dell’animale in carta multistrato viene richiesto agli allievi un primo
approccio al plasmare e al modellare. Per introdurre questi due concetti il materiale
che è stato scelto è la carta da giornale. Tutti abbiamo già tenuto fra le mani un giornale, tutti abbiamo già appallottolato un foglio di carta prima di gettarlo nel cestino.
Senz’accorgerci abbiamo plasmato, dato forma alla carta. Ecco dunque il perché
della carta da giornale: è un materiale disponibile nelle case di tutti, materiale comune a tutti gli allievi e inoltre è tra i materiali che vengono riciclati.
Scopi e finalità dell’attività
Questo primo approccio al modellaggio della carta permette all’allievo di capire i
volumi, di riconoscere le proporzioni, lo spinge all’osservazione piuttosto che al semplice guardare, l’allievo impara così a lavorare un materiale semplice come la carta e
ad assemblare diversi elementi fra loro per ottenere un animale tridimensionale con
le giuste proporzioni ed i corretti volumi.
Agli allievi viene inoltre chiesto di portare a scuola diversi giornali vecchi in modo
da accumulare materiale in abbondanza per tutti e in modo da mostrare agli allievi
che certi materiali possono venir riutilizzati anche una volta considerati “vecchi”. Vi è
dunque una sensibilizzazione da parte del docente sul tema del riciclaggio.
Scelte didattiche
Quest’attività si rivolge in un primo momento ai singoli allievi, si tratta cioè di un
lavoro individuale, ogni allievo sceglie quale uccello riprodurre e lo riproduce con caratteristiche singolari. Gli allievi sono però chiamati a lavorare tutti intorno allo stesso
tavolo e quindi a collaborare aiutandosi nella visualizzazione di proporzioni corrette o
forme più consone.
Questo primo progetto vuole infatti aiutare gli allievi a conoscersi meglio e permette
anche al docente di avere un approccio con il singolo e l’intera classe molto efficace.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Prima
Educazione alle arti plastiche
Tema
L’UCCELLINO
Argomento
Il modellare. Ciò che permette all’allievo di sperimentare il piacere nel dare forma
alla carta con le proprie mani.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
L’allievo dev’essere in grado di osservare con attenzione l’immagine di un uccello e
quindi di visualizzare le proporzioni e le forme che lo compongono al fine di ricrearle
modellando la carta ed assemblandola con l’ausilio del nastro di carta adesivo.
personali
(saper essere)
Questo progetto invita l’allievo ad addentrarsi in una nuova materia attraverso il
modellaggio, lavorando a stretto contatto con i propri compagni per apprezzare e
sviluppare le proprie ed altrui capacità ideative e realizzative.
sulle conoscenze
(sapere)
- imparare ad osservare con attenzione un immagine
- capire l’anatomia di un animale: l’uccello
- imparare a modellare la carta
Materiali
- matita HB
- foglio da schizzo A4
- giornali
- nastro adesivo di carta
- un legnetto, rametto
- filo trasparente
- tempere
- pennello
- colla
- gancio
Sussidi didattici
Modello già eseguito.
Immagini di uccelli.
Prerequisiti
-
Difficoltà dell’allievo
Nel realizzare i volumi dell’animale.
Nel riconoscere le giuste proporzioni.
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Sylvia Skabar
SF
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 1
Per introdurre il lavoro con la carta multistrato ciascun allievo viene invitato a dare
forma ad un foglio di giornale. Si cerca di creare forme diverse riconoscibili. L’allievo
sperimenta in questo modo il plasmare e verifica la difficoltà dell’operazione.
FASE 2
Dopo aver sperimentato un primo approccio alla tecnica della carta multistrato vengono distribuite delle immagini di volatili e ciascun allievo sceglie quale uccello riprodurre.
Fatta la scelta ogni allievo prova a ridisegnare il volatile scelto individuandone i volumi.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 3
Nella terza fase di lavoro gli allievi iniziano a modellare il corpo dell’animale cercando
di dargli una forma che sia il più verosimile possibile. Per far ciò l’allievo deve osservare attentamente la fotografia che riproduce l’uccello scelto e il proprio disegno dei
volumi dell’animale.
FASE 4
Una volta ottenuto il volume del corpo, l’allievo deve prestare attenzione alle proporzioni e quindi inizia a realizzare, ali, testa, ecc. tenendo in considerazione le dimensioni relazionate al corpo.
Per assemblare le singole parti al corpo l’allievo utilizza il nastro di carta adesivo che
gli serve anche per dare la giusta forma alle singole parti in quanto con l’ausilio di
quest’ultimo le forme si possono modificare e mantenere.
FASE 5
Dopo aver dato forma al proprio uccellino e aver posizionato ciascun elemento al posto giusto rispettando le proporzioni e l’anatomia dell’animale, l’allievo inizia a ricoprire, lisciando la superficie dei volumi, con la carta bagnata nella colla da tappezziere.
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SF
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 6
Nella sesta fase, dopo aver lasciato l’animale asciugare. L’allievo è pronto per colorarlo. In questo caso specifico, ho lasciato che gli allievi potessero colorarlo con
colori fantasiosi, che non rispecchiassero cioè la realtà, ma eseguendo un lavoro
pulito e preciso che mette in risalto i particolari dell’animale.
FASE 7
Terminato l’uccellino, si esce con gli allievi nel bosco a cercare un legnetto che lo
possa sostenere per appenderlo.
Il rametto viene colorato come l’uccellino e quindi si appende con del filo trasparente
l’animale cercando il giusto equilibrio quindi il punto esatto dove mettere il gancetto.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.6 Progetto per la prima media: il porta cd
Educazione alle arti plastiche
Prima media
Il porta cd
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Sylvia Skabar
RP
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RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
Ho scelto di far realizzare agli allievi un porta cd in legno. La scelta dell’oggetto non è
del tutto casuale ma nasce dalla mia volontà di far costruire agli allievi un oggetto che
sia a loro utile e che rappresenti un primo approccio ad un discorso più importante
relativo all’estetica dell’oggetto.
Il progetto risulta interessante in quanto gli allievi sono immediatamente confrontati
con la realizzazione di un disegno tecnico che li porta a lavorare con precisione e
pulizia per la realizzazione di un progetto che pur potendo apparire un po’ complesso,
in realtà, come pure osservato dagli allievi, è semplice.
Quest’unico progetto attraverso un’introduzione e determinati passaggi permette
agli allievi di imparare a leggere una scheda tecnica, usare il taglierino correttamente, capire cos’è e a cosa serve l’incastro, l’uso del traforo a mano, il traforo elettrico
e altri processi basilari nella lavorazione del legno.
A chi mi rivolgo
Questo progetto è rivolto ad una classe di prima media. Rappresenta il secondo
lavoro di arti plastiche.
Ho introdotto i miei allievi di prima media alla materia di educazione alle arti plastiche
attraverso la realizzazione di un animale in cartapesta, ho quindi toccato con gli allievi
un primo ambito importante che è quello del plasmare.
Questo secondo progetto vuole invece avvicinare gli allievi all’ambito del costruire.
Scopi e finalità dell’attività
Questo lavoro permette agli allievi di confrontarsi con un progetto piuttosto articolato rispetto al precedente. Da un primo approccio all’incastro con i cartoncini,
al disegno tecnico sul legno fino alla realizzazione e costruzione del porta cd con il
legno compensato. Questo percorso va a toccare tre diversi argomenti il progettare,
il costruire, fino all’assemblare, ciò che permette all’allievo una pratica diversificata
delle sue abilità manuali. L’allievo impara a lavorare in modo preciso, rispettando
delle indicazioni date dalla docente e soprattutto imparando a leggere una scheda.
Ha inoltre modo di conoscere e prendere dimestichezza con tanti attrezzi e materiali
diversi necessari per lavorare con il legno compensato. Impara ad utilizzare in modo
appropriato il traforo a mano, il traforo elettrico, la lima e la carta vetrata.
All’allievo viene richiesto un lavoro preciso ed ordinato al fine di poter ottenere il
risultato ottimale per assemblare i pezzi ed ottenere una costruzione solida.
Scelte didattiche
Questo progetto prevede un’introduzione durante la quale gli allievi lavorano in un
primo momento singolarmente, imparando a leggere la scheda e a riprodurre un
disegno fedele e preciso e una seconda parte nella quale lavorano in gruppo per
creare una costruzione fantasiosa. Nella realizzazione del porta cd gli allievi lavorano
invece individualmente in quanto devono imparare ad usare le macchine e gli attrezzi
autonomamente. Naturalmente quando un allievo ha terminato il proprio progetto
può aiutare un compagno.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Prima
Educazione alle arti plastiche
Tema
IL PORTA CD
Argomento
Il costruire con il legno compensato, ciò che permette la sperimentazione diretta di
operazioni di base come misurare, tagliare, assemblare.
L’incastro.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
L’allievo dev’essere in grado di leggere la scheda tecnica consegnata e ridisegnare
la figura geometrica rappresentata riportando le medesime dimensioni ed i medesimi tagli sul legno compensato. Una volta disegnati i pezzi dev’essere in grado di
ritagliarli con l’uso del traforo elettrico e con il traforo a mano.
personali
(saper essere)
Questo progetto sviluppa nell’allievo il senso e la consapevolezza dell’operare
ponendo un’attenzione particolare alla propria e all’altrui sicurezza. Sviluppa inoltre
la fiducia in sé e la consapevolezza delle proprie risorse in quanto è confrontato con
un nuovo attrezzo e un nuovo materiale da lavoro.
Introduce l’allievo ad una metodologia di lavoro vicina alla realtà.
sulle conoscenze
(sapere)
- imparare a leggere una scheda tecnica
- sviluppo di una sensibilità verso i materiali
- imparare a disegnare in modo preciso e pulito
- imparare a lavorare con il traforo elettrico
Materiali
- matita HB
- riga
- legno compensato
- traforo elettrico
- traforo a mano
- lima
- carta vetrata
- tempere
- pennello
Sussidi didattici
Modello già eseguito.
Immagini d’esempio.
Prerequisiti
-
Difficoltà dell’allievo
Nell’eseguire un disegno tecnico preciso.
Nel ritagliare gli incastri con il traforo a mano.
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Sylvia Skabar
SF
FASE 1
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Per introdurre il lavoro ad incastro agli allievi viene fatto svolgere un lavoro analogo
con il cartone.
Si osservano alcune costruzioni insieme al fine di far giungere gli allievi al termine
“incastro”. Il docente spiega in seguito che si svolgerà anzittutto un lavoro di gruppo.
Gli allievi cercheranno di capire e spiegare al docente come si possono assemblare
dei pezzi fra loro senza utilizzare la colla, i chiodi o altri elementi di assemblaggio.
Agli allievi viene ora spiegato l’esercizio da svolgere. Ciascuno di loro deve produrre
due forme geometriche, un quadrato e un triangolo osservando una scheda tecnica
che il docente avrà precedentemente distribuito agli allievi.
SCHEDA 1
1. tracciare le diagonali del quadrato (cartoncino)
2. tracciare le mediane
3. costruire un quadrato di lato 10 cm
4. fare i segni di ritaglio per gli incastri (2mm)
SCHEDA 2
1. tracciare le diagonali del quadrato (cartoncino)
2. tracciare le mediane
3. costruire un quadrato di lato 10 cm
4. un lato del quadrato sarà la base del triangolo
5. fare i segni di ritaglio per gli incastri (2mm)
Verrà fatta una dimostrazione dell’uso del taglierino sul cartone da parte del docente
e quindi verrà data grande importanza al uso, al rispetto e alla sicurezza nel lavorare
con determinati strumenti.
FASE 2
Gli allievi iniziano a disegnare le due figure geometriche proposte osservando la
scheda e riproducendole su cartoncino.
FASE 3
Quando hanno terminato il disegno iniziano a ritagliarle con l’uso del taglierino.
Da ultimo quando tutti gli allievi hanno terminato di ritagliare le due figure geometriche il docente chiede loro di assemblarle per formare con tutti gli elementi a dispo
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 4
sizione un’unica costruzione.
FASE 5
All’inizio della seconda lezione il docente introduce il lavoro che si svolgerà, un porta
cd, mostrandolo agli allievi. Smontandolo mostra loro che si tratta di una costruzione
ad incastro come quella studiata e realizzata da loro durante la lezione introduttiva.
Gli allievi ricevono una scheda che leggono prima individualmente e poi assieme al
fine di accertarsi che tutti abbiano compreso cosa fare. Sulla scheda sono indicate
tutte le misure necessarie per la realizazione del porta cd.
Ciascun allievo riceve un pezzo di legno compensato dalle dimensioni di 60 x 40 cm.
Lo spessore del legno compensato è di 1 cm.
L’allievo deve ora riportare il disegno delle parti sul legno compensato seguendo le
indicazioni date dal docente e scritte sulla scheda.
Dopo aver riportato tutte le misure ed aver ottenuto il disegno preciso dei pezzi che
compongono il porta cd, gli allievi tracciano un margine di 2 mm attorno a ciascun
pezzo. Questa misura servirà come linea di rifermento da seguire al momento del
taglio con il traforo elettrico.
FASE 6
Nella seguente fase di lavoro gli allievi possono iniziare a ritagliare i pezzi con l’uso
del traforo elettrico. Il docente darà le giuste indicazioni in riferimento all’utilizzo del
macchinario e gli allievi avranno modo di provare ad utilizzare la macchina su un
pezzo di legno di scarto. Quando si sentono pronti possono passare al taglio del
porta cd.
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Sylvia Skabar
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 7
Dopo aver ritagliato il contorno dei singoli pezzi il docente spiega agli allievi come
utilizzare la carta vetrata per svolgere il lavoro di levigatura. Con questo procedimento
gli allievi possono correggere eventuali errori e perfezionare il loro lavoro.
FASE 8
Il docente spiega in seguito agli allievi come procedere per il ritaglio degli incastri.
Se alcuni allievi hanno lavorato in modo impreciso al ritaglio dei pezzi grandi il docente inviterà loro a lavorare con il traforo a mano per la realizzazione degli incastri.
FASE 9
Quando gli allievi hanno terminato di levigare tutti i pezzi e hanno ritagliato gli incastri
possono passare alla fase di levigatura degli incastri con la lima.
FASE 10
Nell’ultima fase gli allievi passano alla colorazione del porta cd.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.6 Progetto per la prima media: l’astuccio
Educazione alle arti plastiche
Prima media
L’astuccio
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Sylvia Skabar
RP
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RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
La scelta di far progettare agli allievi un astuccio nasce in parte da una loro stessa proposta. Avendo visto altri compagni creare un astuccio durante le ore di arti
plastiche mi hanno chiesto di realizzarne uno. Così ho progettato un astuccio che
si adeguasse alle loro capacità. Gli allievi prima di eseguire questo progetto hanno
realizzato una cornice attraverso la quale hanno imparato imparato a cucire con la
macchina per cucire. Questo lavoro, più complesso si articola in più fasi e prevede
prima alcune fasi di stampa. Ciò permette agli allievi di non annoiarsi e di svolgere
sempre attività diverse.
A chi mi rivolgo
Questo progetto è rivolto ad una classe di prima media che ha già svolto altri progetti
nell’ambito del modellare e del costruire, rappresenta dunque un lavoro nuovo di
stampa e cucito. Gli allievi che precedentemente avevano ccito solo la carta imparano ora ad applicare le loro conoscenze nella cucitura della stoffa.
Scopi e finalità dell’attività
Questo progetto inizia con la costruzione di alcuni pennelli con l’uso di materiali
naturali trovati nel bosco. Questo permette di avvicinare gliallievi alla natura e di renderli creativi attraverso la creazione di pennelli artigianali. Ogni pennello sarà unico e
produrrà un segno unico. Ogni allievo produce più pennelli di modo che tutti possano
sperimentare i vari segni.
In una seconda fase del lavoro gli allievi si confrontano invece con la realizzazione
di un astuccio partendo da un cartamodello, ciò che permette all’allievo di capire i
diversi procedimenti alla base di creazioni tessili. INoltre l’allievo potrà mettere in
pratica le conoscenze acquisite in precedenza nell’uso della macchina per cucire.
Scelte didattiche
L’attività si divide in una prima fase in cui gli allievi si ritrovano a lavorare tutti assieme
attorno ad un tavolo, creando i pennelli artigianali, vi è quindi un momento importante
di condivisione e di lavoro di gruppo. Poi ciascun allievo stmpa la propria stoffa e
nuovamente i risultati vengono messi in comune al fine di trovare pregi e difetti nei
lavori. Gli allievi imparano così ad apprezzare le qualità dei compagni e a collaborare
al fine di trovare la miglior soluzione. Per le fasi di cucito ciascun allievo si dedica
al suo lavoro individualmente. Questo progetto permette quindi di altalenare diversi
momenti di lezione dal lavoro individuale al lavoro di gruppo.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Prima
Educazione alle arti plastiche
Tema
L’ASTUCCIO
Argomento
Il comporre e il cucire.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
L’allievo impara a stampare la stoffa con la tecnica monoprint. Crea il proprio cartamodello per la realizzazione dell’astuccio. Applica delle cuciture libere decorative e
cuce la cerniera.
personali
(saper essere)
Questo progetto invita ad una certa autonomia e capacità critica propria. L’allievo
impara a riconoscere i propri errori ed eventuali correzioni oltre a decidere in modo
consapevole la scelta di alcune applicazioni.
sulle conoscenze
(sapere)
- imparare a stampare
- imparare ad utilizzare un cartamodello
- impara ad imbastire prima di cucire con la macchina
- impara ad applicare una cerniera all’astuccio
Materiali
- matita HB
- carta per il cartamodello
- colore deka
- rami, rametti e filamenti
- stoffa colorata
- biadesiva
- ovattina adesiva 640
- cerniera
- cursore
Sussidi didattici
Modello già eseguito.
Cartamodello d’esempio.
Stampe d’esempio.
Prerequisiti
L’allievo è già in grado di utilizzare la macchina per cucire.
Difficoltà dell’allievo
Nell’eseguire una bella stampa.
Nell’applicazione della cerniera.
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Sylvia Skabar
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 1
La prima fase di lavoro prevede la costruzione di alcuni pennelli realizzati con rami,
rametti, fili d’erba, ecc. ed assemblati fra loro con del filo di rame.
FASE 2
Dopo aver spiegato agli allievi la tecnica di stampa monoprint, ciascun allievo prepara
una postazione dove stampare. Ritaglia quindi dal proprio pezzo di stoffa un quadrato
di 15 cm x 15 cm e prova a stampare.
FASE 3
L’allievo, quando la stoffa è asciutta, fissa il colore stirandolo.
Terminata questa fase potrà valutare cosa migliorare. Troppo nero?
I segni sono poco interessanti? La docente invita a discuterne assieme per arrivare
alla conclusione che loghi e disegni risultano meno interessanti che segni spontanei
ripetuti. Gli allievi eseguono allora una seconda prova con gli accorgimenti.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 4
Nella quarta fase del progetto l’allievo stampa definitivamente il pezzo di stoffa che
diverrà il suo astuccio. Al termine fissa il colore stirandolo.
FASE 5
L’allievo può ora procedere alla creazione del cartamodello per la realizzazione dell’astuccio. L’allievo predispone di due modelli dell’insegnante. Può dunque scegliere
quale forma dare al suo astuccio e lo disegna sulla carta.
Realizza in seguito anche il modello per l’imbottitura seguendo la medesima forma
ma rimpicciolita di 1 cm.
FASE 6
Nella sesta fase l’allievo può posizionare, fissandolo con degli spilli, il cartamodello
alla sua stoffa stampata e ritagliarla. Fa lo stesso con l’imbottitura (carta biadesiva e
ovattina) e la stoffa nera prevista per l’interno dell’astuccio.
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Sylvia Skabar
SF
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 7
L’allievo può ora passare alla fase di cucitura. Dapprima studierà ed in seguito proverà sul proprio pezzo di stoffa di prova ad eseguire delle cuciture decorative che
seguano il disegno realizzato sulla stoffa attraverso la stampa
FASE 8
Ora l’allievo è in possesso della stoffa e della sua imbottitura.
Posiziona l’imbottitura al centro della stoffa stampata (a rovescio) e della stoffa nera,
la fissa con gli spilli e quindi la stira in modo che le tre parti si fissino.
FASE 9
Nella nona fase l’allievo imbastisce l’orlo e quindi lo cuce con la macchina per cucire.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
FASE 10
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
La decima fase prevede l’imbastitura della cerniera e quindi la sua cucitura con la
macchina per cucire.
L’allievo può ora chiudere il suo astuccio.
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Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.8 Progetto per la seconda media: la lampada
Educazione alle arti plastiche
Seconda media
La lampada
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RP
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RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
È sempre più buio la sera, è sempre più buio la mattina quando suona la sveglia.
Accendiamo la luce!
Come primo progetto per la classe di seconda ho scelto di far creare ai ragazzi
una lampada da tavolo. La scelta di tale lavoro è dovuta al fatto che si tratta di un
oggetto indispensabile, conosciuto e usato quotidianamente dai ragazzi, un oggetto
che può apparire, ai loro occhi, molto complesso ma che farà crescere in loro una
certa fiducia e sicurezza in quanto essi stessi saranno in grado di creare una lampada
personalizzata e funzionante.
A chi mi rivolgo
Questo lavoro è rivolto ai ragazzi di seconda media e vuole rappresentare un primo
approccio al passaggio dalla bidimensionalità alla tridimensionalità.
Vista l’età giovane dei ragazzi verrà loro insegnato il valore di rigore e precisione per
ottenere un determinato risultato. Questo progetto li avvicina dunque ad una certa
disciplina nel lavoro.
Il progetto è personale, per cui ogni allievo lavorerà in modo indipendente alla realizzazione della propria lampada.
Scopi e finalità dell’attività
Questo progetto permette di sviluppare nell’allievo una particolare attenzione alle
tre fasi importanti di lavoro che sono: l’ideazione, la progettazione e la realizzazione.
All’allievo verrà inizialmente chiesto di ideare e creare un modello personale per il paralume della lampada dal quale sviluppare poi l’intero progetto. Verrà posto l’accento
su questa prima fase, importante per la realizzazione di qualsiasi progetto. Tutto
parte da uno schizzo su un foglio di carta, da un’idea abbozzata.
Gli allievi verranno chiamati a lavorare con due materiali distinti come il compensato
e la stoffa, un materiale il primo che già conoscono e che oltretutto hanno già utilizzato. Impareranno l’importanza del saper misurare, tagliare e assemblare in modo
preciso e rigoroso. Verranno dunque toccati due importanti ambiti della disciplina
delle arti plastiche: il comporre (prima fase della creazione del modello per il paralume) e quello del costruire, attraverso l’utilizzo del traforo elettrico e del traforo a
mano i ragazzi costruiranno la base della lampada, in una terza fase poi cuciranno e
assembleranno i vari pezzi per costruire la loro lampada.
Scelte didattiche
La realizzazione manuale di un progetto è un modo per riflettere, strutturare il pensiero e organizzare il lavoro in modo consequenziale. Gli allievi devono pensare e ragionare in modo da progettare una lampada a partire da un modello da loro composto.
Nella fase di ideazione l’allievo osserva gli esempi, sceglie la forma del motivo che
vuole riprodurre e pensa a come ripeterlo. In una seconda fase verrà aiutato a strutturare il pensiero verso un’organizzazione del procedimento lavorativo. L’allievo dovrà
essere abile a lavorare con diversi materiali in diversi ambiti, dal cucire al traforare al
tagliare all’assemblare.
Al termine del lavoro l’allievo avrà così acquisito una certa precisione nelle diverse
fasi di progettazione e nel lavoro che ne consegue; ed avrà realizzato un primo oggetto tridimensionale, funzionante e personalizzato: la lampada.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Seconda
Educazione alle arti plastiche
Tema
RAGGI DI LUCE ATTRAVERSO LA LAMPADA
Argomento
Il comporre e il costruire.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
L’allievo studia e crea un modello per il paralume attrverso l’utilizzo di forme geometriche. Impara a misurare, piegare e tagliare con precisione. Utilizza il traforo
elettrico ed il traforo a mano per la costruzione della base della lampada.
L’allievo imparerà inoltre ad assemblare le varie parti della lampada con cuciture,
chiodi e colla.
personali
(saper essere)
Questo progetto sensibilizzare l’allievo al tema del risparmio energetico.
L’allievo impara inoltre a lavorare conconsapevolezza nel rispetto dei materiali e
dello spreco.
sulle conoscenze
(sapere)
- imparare a conoscere le caratteristiche di una lampadina
- viene sensibilizzato ad un risparmio energetico generale
- impara a collaborare con i propri compagni di classe
Materiali
- matita HB
- foglio di carta A4
- riga
- compasso
- taglierino
- osso
- legno compensato
- stoffa CS 800
- supporti elettrici
- colla
- ago e filo
Sussidi didattici
Modello già eseguito.
Immagini di esemoio di lampade, illuminazioni e tagli
Prerequisiti
Saper lavorare con precisione usando in modo corretto, riga, compasso e taglierino
Difficoltà dell’allievo
Nel ritaglio preciso con il taglierino.
Nella fase di assemblaggio delle parti.
99
Sylvia Skabar
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 1
Dopo aver introdotto il lavoro che si andrà a svolgere l’allievo è chiamato a realizzare
dei tagli nella carta al fine di provare a scoprire come ottenere una tridimensionalità
interessante.
FASE 2
Dopo aver provato a realizzare alcuni tagli il docente mostra tre semplici tagli realizzabili da tre figure geometriche semplici: il quadrato, il triangolo e il cerchio.
Invita quindi l’allievo a provare a riprodurre alcuni tagli.
Il docente invita ora l’allievo a ragionare su una disposizione logica degli elementi.
Per esempio facendo in modo che tutti i tagli delle figure guardino nella stessa
direzione.
FASE 3
100
Ad ogni allievo viene ora consegnato un foglio di carta sul quale deve disegnare una
griglia secondo le indicazioni del docente. Il disegno dev’essere preciso e pulito.
Diventerà il cartamodello per il paralume della lampada.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 4
Nella quarta fase l’allievo sceglie la disposizione finale dei propri elementi cercando
di ripeterli a modulo. Li disegna all’interno della griglia del suo cartamodello, sempre
con molta precisione.
FASE 5
A questo punto ogni allievo riceve il tessuto per il paralume della lampada che andrà
a posizionare sotto il suo cartamodello in modo da poter lavorare con precisione sul
cartamodello per la fase di ritaglio. Il tessuto viene fissato con delle graffette o degli
spilli.
L’allievo inizia quindi ad eseguire i suoi tagli là dove le figure vanno tagliate.
FASE 6
Dopo aver ottenuto i tagli sulla stoffa, l’allievo, aiutandosi con l’osso, esegue le
piegature che danno tridimensionalità alla superficie e creano le fessure attraverso
le quali fuoriesce la luce.
A questo punto il paralume della lampada è terminato.
101
Sylvia Skabar
SF
102
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 7
Nella settima fase l’allievo comincia a realizzare la base della lampada.
Dopo aver ricevuto un quadrato di legno compensato, al centro di questo, dovrà
disegnare un cerchio esterno (misure date) e un cerchio interno.
FASE 8
Con il traforo elettrico, dopo una dovuta spiegazione, ritaglieranno il cerchio più
esterno. In un secondo momento verranno chiamati a bucare il cerchio interno con
un punteruolo ed a ritagliarlo con il traforo a mano.
FASE 9
Con la carta vetrata lisceranno l’esterno del cerchio grande e l’interno del cerchio
piccolo in modo da ottenere un cerchio il più possibile perfetto e senza schegge.
La base della lampada è ora terminata.
FASE 10
Ad ogni allievo viene ora consegnato un rettangolo di compensato sul quale disegnerà a sua volta due rettangoli uguali (misure date).
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Tagliati i due rettangoli con il traforo elettrico e in seguito lisciati con la carta vetrata,
l’allievo ottiene i piedini per la base della lampada.
FASE 11
I piedini verranno fissati alla base della lampada con quattro chiodini.
FASE 12
Ottenuta la base della lampada, l’allievo potrà, con l’aiuto di un compagno, assemblare il paralume mettendo un filo di colla bianca o colla per il legno sul bordo della
base e avvolgendo lentamente il paralume al cerchio. Terminato il giro fisserà la
stoffa con una puntina alla base.
103
Sylvia Skabar
SF
104
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 13
Dopo aver messo la puntina alla base per fissare il paralume, l’allievo fisserà la
seconda estremità della stoffa con una graffetta, in questo modo una volta che la
colla sarà asciutta, potrà iniziare a cucire le due estremità del paralume. La cucitura
sarà eseguita a mano con un punto lungo semplicissimo ma efficace per affrancare
il paralume.
FASE 14
Ora potrà procedere ad inserire il porta lampadina con il cavo elettrico ed avrà così
ottenuto la propria lampada da tavolo.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.9 Progetto per la seconda media: il forza 4 3D
Educazione alle arti plastiche
Seconda media
Il forza 4 3D
105
Sylvia Skabar
RP
106
RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
Ho scelto di far realizzare ai miei allievi un gioco al quale sicuramente hanno già
giocato, e dunque conoscono, in una versione più complessa: tridimensionale. Il
gioco è il FORZA4.
Il classico gioco che tutti conoscono si basa sostanzialmente sulla realizzazione di
un susseguirsi di 4 pedine dello stesso colore in orizzontale, verticale o in diagonale.
In questo gioco in versione 3D vi sono maggiori possibilità di realizzare una fila di 4
pedine dello stesso colore in quanto conta anche la profondità del gioco.
Questa scelta è nata innanzitutto dalla necessità di far lavorare i ragazzi con il legno
compensato, materiale che finora non hanno ancora utilizzato, ed in secondo luogo
perché ritengo che oggigiorno i ragazzi siano sempre più proiettati di fronte a giochi
elettronici, computer e via dicendo. Questo gioco di coppia permette ai ragazzi di
incontrarsi ed avere un “confronto” reale con il compagno o il genitore e dunque
di dedicare il proprio tempo al gioco e ad un amico senza isolarsi ad osservare uno
schermo ma divertendosi insieme uno di fronte all’altro. La scelta del gioco inoltre, è
caduta sul Forza4 3D poiché non è un gioco fine a se stesso ma permette un’attività
di ragionamento, calcolatore, al fine di sviluppare nell’allievo una strategia di gioco
risultando così nel complesso sia divertente che costruttivo.
A chi mi rivolgo
Questo progetto è rivolto ad una classe di seconda media. Gli allievi hanno i prerequisiti necessari per affrontare questo progetto che si articola in una fase di progettazione nella quale l’allievo è chiamato a fare un disegno di precisione sul legno
compensato, una fase di realizzazione nella quale si trova confrontato all’uso del
traforo elettrico; capacità che gli allievi hanno in parte acquisito nel corso del primo
anno, e che gli permette dunque di sentirsi maggiormente a proprio agio con tale
strumento. Vi è inoltre una fase di modellaggio con il Das nella quale l’allievo è chiamato a modellare le pedine del gioco.
Scopi e finalità dell’attività
Questo lavoro permette agli allievi di confrontarsi con un progetto piuttosto articolato. Da un primo approccio all’incastro con i cartoni alla costruzione della scatola
con il legno compensato ed infine la costruzione del gioco con l’utilizzo del trapano
a colonna e del Das per modellare le pedine di gioco. Questo percorso va a toccare
diversi argomenti dal progettare al costruire al modellare fino all’assemblare, ciò
che permette all’allievo una pratica diversificata delle sue abilità manuali. L’allievo
ha modo di conoscere e prendere dimestichezza per utilizzare in modo appropriato
gli attrezzi ed i macchinari di base per svolgere un lavoro di costruzione con il legno.
Viene richiesto un lavoro preciso ed ordinato al fine di poter ottenere il risultato
ottimale per assemblare i pezzi ed ottenere una costruzione solida. L’allievo impara
a realizzare un oggetto partendo da un progetto, tenendo conto delle proprietà dei
materiali e dell’organizzazione necessaria per svolgere il lavoro secondo le fasi previste, sia singolarmente che in piccoli gruppi.
Scelte didattiche
Le diverse competenze richieste nella realizzazione del progetto favoriscono la scelta da parte del docente di far lavorare gli allievi individualmente durante le fasi di
progettazione e di disegno progettuale-tecnico, mentre nelle fasi di creazione può
suddividere la classe per favorire un lavoro diversificato a gruppi di rotazione.
Le diverse fasi, (introduzione all’incastro, disegno tecnico della scatola, creazione
della scatola e del gioco, assemblaggio) hanno caratteristiche diverse l’una dall’altra
e per ciascuna fase il docente richiede agli allievi oltre alle diverse abilità diversi tipi
di organizzazioni di lavoro per favorire il lavoro di gruppo in alcuni casi piuttosto che
per agevolare il lavoro del singolo e dei compagni senza creare inutili attese e per diversificare il lavoro in modo da stimolare gli allievi ad essere curiosi ed intraprendenti.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Seconda
Arti plastiche
Tema
FORZA4 3D
Argomento
Il progettare, il costruire, il modellare e l’assemblare.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
Questo progetto richiede un uso attento e consapevole degli attrezzi come il traforo
e il trapano a colonna oltre ad avere una parte progettuale di disegno di precisione
e una parte di modellaggio delle pedine da gioco, infine comprende l’assemblaggio
delle varie parti.
personali
(saper essere)
Questo progetto sviluppa nell’allievo il rispetto, il rigore e la disciplina necessari
nell’uso degli attrezzi, dei macchinari e dei materiali. L’allievo è inoltre chiamato a
lavorare con attenzione e responsabilità verso il proprio progetto. È inoltre strettamente necessario da parte dell’allievo un rapporto di rispetto e sicurezza nei confronti dei compagni in quanto sono chiamati a lavorare con macchinari pericolosi.
sulle conoscenze
(sapere)
- saper leggere una scheda tecnica
- conoscere le tecniche di lavoro basilari, misurare, tagliare, carteggiare, assemblare
- capire il concetto di incastro
- conoscere gli attrezzi e i macchinari così come la loro funzionalità
- conoscere la terminologia di base
Materiali
- matita HB
- riga
- squadra
- compasso
- taglierino
- legno compensato da 0.6 cm
- legno compensato da 0.4 cm
- bacchette di legno
- Das
- colla per il legno
- chiodini
Sussidi didattici
Il modello della scatola e del gioco eseguiti
Prerequisiti
Saper lavorare con precisione e saper utilizzare il traforo elettrico.
Difficoltà dell’allievo
Nell’eseguire i disegni con la precisione necessaria.
107
Sylvia Skabar
SF
FASE 1
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
All’inizio del progetto gli allievi svolgono un lavoro introduttivo per capire gli incastri.
Il docente spiega agli allievi la seconda fase del lavoro mostrando loro la scatola che
dovranno costruire. La scatola viene smontata di fronte alla classe al fine di far comprendere agli allievi la costruzione attraverso gli incastri da loro appresa la lezione
precedente. Gli allievi hanno il tempo necessario per osservare la scatola ed i suoi
componenti, possono toccarla e provare a montarla e smontarla. In questo processo
gli allievi prendono consapevolezza del progetto da svolgere.
Il docente distribuisce poi delle schede tecniche sulle quali figurano le parti che compongono la scatola con le loro misure e una scheda con la disposizione delle parti
sul legno compensato. Le schede vengono lette individualmente e poi con il gruppo
classe in modo da permettere a tutti di comprendere quanto vi è rappresentato. Gli
allievi hanno così modo di porre delle domande dopo aver analizzato individualmente
i dati.
COSTRUZIONE DEI LATI E DEL COPERCHIO DELLA SCATOLA
22 cm
1 cm
SCHEDA TECNICA2
COSTRUZIONE DELLA BASE DELLA SCATOLA
0.6 cm
SCHEDA TECNICA 1
1 cm
0.6 cm
1 cm
0.6 cm
10.5 cm
10 cm
lato
10 cm
12 cm
base
22 cm
22 cm
20.5 cm
10 cm
19.7 cm
10 cm
0.6 cm
108
22 cm
1 cm
FASE 2
0.6 cm
1 cm
coperchio
19.7 cm
Dopo aver ricevuto un asse di legno compensato di 50 cm x 80 cm ciascun allievo
inizia a disegnare le singole parti che compongono la scatola osservando e ricavando i dati necessari dalle schede distribuite. Per svolgere questo tipo di lavoro
occorrono concentrazione e precisione, in quanto l’errore al millimetro può costare
la non riuscita dell’incastro al momento dell’assemblaggio. Questo aspetto è già
stato sperimentato dagli allievi nella lezione introduttiva con i cartoncini: chi aveva
eseguito un taglio più largo di quello dato non riusciva ad incastrare i propri pezzi con
quelli dei compagni.
Gli allievi dedicano in media due lezioni al disegno tecnico sul legno compensato.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 3
Prima di procedere al ritaglio dei singoli pezzi, il disegno va terminato riportando
un margine di 2mm a ciascuna delle figure disegnate. (tratto tratteggiato in verde).
Questo margine servirà all’allievo durante la fase di taglio per evitare di commettere
errori e rovinare le figure disegnate. Risulterà dunque essere la linea di taglio da
seguire con il traforo elettrico.
Due ulteriori linee da tracciare sono le due linee tratteggiate in rosso. Queste linee
vanno poste a 2.5 cm dalle figure disegnate e servono a dividere l’asse in tre parti
che risulteranno più maneggevoli nel lavoro di ritaglio con il traforo.
FASE 4
Nella fase succesiva sarà il docente a ritagliare l’asse di legno in tre parti per l’allievo. Infatti, l’allievo non ha ancora acquisito le competenze e la sicurezza necessarie
per ritagliare un asse di legno di tali dimensioni.
FASE 5
Dopo aver provato ad utilizzare il traforo su alcuni materiali di scarto l’allievo si
concentra nel ritaglio dei propri pezzi seguendo la linea di contorno di 2 mm.
109
Sylvia Skabar
SF
FASE 6
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
L’allievo ora deve levigare le parti ritagliate con la carta vetrata ricordandosi di
tenere un’inclinazione del supporto della carta vetrata di 90° affinche i bordi non
vengano arrotondati.
Una volta terminata la levigatura del contorno delle figure, l’allievo può cominciare a
ritagliare gli incastri.
FASE 8
Un altro gruppo di lavoro nel frattempo si prepara a lavorare con il Das, materiale
per modellare. Dal grande pezzo di Das l’allievo ne stacca una piccola parte.
DAS
La parte di Das presa viene inserita nel beccuccio di una bottiglia che serve per
misurarne la quantità, questo è utile per non sprecare materiale e per riuscire a
realizzare tutte le pedine della stessa grandezza.
Una volta ricavata la quantità giusta il Das viene lavorato fra le mani per creare una
pallina.
110
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Una volta ottenuta la pallina, con una bacchetta in legno si fa un buco al centro di
quest’ultima allargandolo un po’. Abbiamo così ottenuto una pedina per il nostro
gioco che essicherà in breve tempo all’aria aperta.
FASE 9
Sul quadrato di legno compensato di 1 cm di spessore ricevuto gli allievi tracciano
un margine di 5 cm su ogni lato in modo da formare un quadrato interno di 12 cm
di lato.
Il secondo passaggio è quello di tracciare le diagonali del quadrato grande di legno
compensato, le medesime risulteranno essere anche le diagonali del quadrato al
centro. Dopo le diagonali, tracciano le mediane.
A questo punto dal quadrato centrale vengono a crearsi 4 quadrati, all’interno di
ciascuno gli allievi devono tracciare le diagonali e le mediane.
Nascono così 16 quadratini.
111
Sylvia Skabar
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Ai 16 quadratini si tracciano le diagonali mancanti.
Il centro di ciascun quadratino rappresenta la posizione da forare con il trapano a
colonna.
Dal quadrato centrale gli allievi misurano ora 3 cm e tracciano i margini che andranno a formare un quadrato tutt’attoro di lato 18 cm.
Tra il quadrato centrale ed il quadrato esterno gli allievi possono scegliere quale
forma dare alla base del gioco.
Una volta scelta la forma, la ritagliano con il traforo elettrico.
FASE 10
112
Una volta ottenuta la forma della base del gioco, gli allievi posizionano quest’ultima
sul pezzo di legno compensato che è loro avanzato dalla costruzione della scatola.
(Legno compensato di spessore 6 mm).
Ricalcano il contorno ed in seguito ritagliano anche quest’ultimo con il traforo
elettrico.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 11
A questo punto gli allievi possono iniziare ad utilizzare il trapano a colonna per forare la base del gioco. Il buco verrà eseguito al centro di ciascuno dei 16 quadratini
disegnati.
Verrà forata solo la base con il quadrato centrale disegnato.
(Legno compensato di 1 cm di spessore).
(Punta del trapano 6.5).
FASE 12
Ogni allievo riceve due bacchette di legno sulle quali deve riportare la misura di 9
cm per creare 16 bastoncini.
Una volta segnati i 9 cm le tagliano con l’uso del traforo elettrico.
FASE 13
L’ultimo passaggio comporta l’assemblaggio delle parti. Per prima cosa si incolla la
base forata alla base di legno compensato di 6 mm di spessore.
Il secondo passaggio è quello di incollare, utilizzando poca colla, i 16 bastoncini
all’interno dei buchi.
113
Sylvia Skabar
114
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
7.10 Progetto per la seconda media: la maschera
Educazione alle arti plastiche
Seconda media
La maschera
115
Sylvia Skabar
RP
116
RIFLESSIONI PRELIMINARI
Scelta dei contenuti
Ho scelto di far realizzare agli allievi una maschera. Quest’idea è nata nel momento
in cui mi sono confrontata con la stesura del piano annuale. Ho cercato di suddividere l’anno e le attività in base alle vacanze. E così da Natale a carnevale ho scelto
di far progettare una maschera agli allievi, al fine che anch’essa avesse una sua
finalità: la potessero cioè indossare una volta terminata.
Il progetto è liberamente ispirato ad un progetto che ho scoperto quest’estate nel
corso della giornata di presentazione del nuovo piano annuale di educazione alle arti
plastiche. Ricordo che sbirciando tra le pagine del progetto, che se non erro non era
stato realizzato dagli allievi, avevo colto diversi punti interessanti e ho così deciso
di renderlo mio. La maschera, ho pensato, è un oggetto che può entusiasmare gli
allievi poiché richiama ad un tema divertente che è quello del carnevale.
A chi mi rivolgo
Questo progetto è rivolto ad una classe di seconda media.
È il terzo progetto che realizzano. In precedenza hanno lavorato con il legno compensato e si sono confrontati con l’uso degli altrezzi quali il traforo, il trapano, ecc.
Questo progetto invece li vuole spingere ad avere un contatto più diretto con la
materia, in questo caso la carta e il cartone. Materiali con i quali si può costruire e
allo stesso tempo materiali che possono essere plasmati. Il cartone si può piegare
con un taglio o meglio un intaglio ma lo posso piegare anche con le mani. Ho scelto
dunque di lavorare questi materiali poiché si differenziano dai precedenti e permettono di sperimentare una manualità diversa.
Scopi e finalità dell’attività
Questo progetto lo definisco un progetto completo. All’inizio del progetto l’allievo
collabora con i compagni svolgendo un lavoro di gruppo in cui impara a svolgere
una ricerca e a presentarla alla classe. Dal lavoro di gruppo al lavoro individuale.
Ciascun allievo in una seconda fase scopre e realizza lo sviluppo di un parallelepipedo ed impara in seguito lo sviluppo di altri solidi. In una terza fase che si distanzia
dalle precedenti e chiamato ad osservare gli oggetti e i luoghi che lo circondano
quotidianamente per trovare, scoprire, all’interno di questi una faccia, attività che
spinge l’allievo a a sviluppare un diverso senso d’osservazione. Nella quarta fase
l’allievo partendo dalla propria immagine sviluppa un progetto per la realizzazione
della maschera per passare in seguito alla fase di realizzazione della stessa mettendo
in pratica quanto acquisito e sperimentando il lavoro con un materiale diverso dal
legno quale il cartone.
Scelte didattiche
Questo progetto è composto da diverse fasi di lavoro ben distinte che permettono di
dare un senso a quanto l’allievo dovrà svolgere. Si inizia con un lavoro di gruppo per
poi passare ad un lavoro più individuale che ha però come scopo finale un amessa
in comune delle proprie “creazioni”. Tutti i materiali (solidi) creati dagli allievi vengono
messi in comune per essere presi d’esempio dall’intera classe nella fase successiva.
Nella fase di progettazione della maschera ciascun allievo lavora al proprio progetto
individualmente ma nella fase di realizzazione della stessa sarà chiamato a collaborare con i compagni in quanto dovranno aiutarsi a vicenda nella costruzione della
maschera.
Questo agire differenziato nelle diverse fasi mi piace molto e credo che stimoli gli
allievi sotto diversi aspetti. Nell’originalità del loro prodotto così come nella collaborazione e socializzazione con i compagni.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SD
SCHEDA DIDATTICA
Classe
Materia
Seconda
Educazione alle arti plastiche
Tema
LA MASCHERA
Argomento
Il costruire con carta e cartone, dallo sviluppo dei solidi alla creazione di una maschera. Dallo schizzo di un progetto alla realizzazione tridimensionale dell’oggetto.
Il modellare per amalgamare le parti e fissarle.
Obiettivi generali
competenze
(saper fare)
L’allievo sviluppa un senso d’osservazione che va oltre l’immagine e diventa creativo. Impara a fare un progetto (disegno progettuale) in base al materiale che ha a
disposizione e sviluppa la capacità di ragionamento che questo gli offre. Partendo
dal suo progetto prende le misure necessarie per costruire i pezzi che gli occorronno senza che tutto ciò venga già fornito dall’insegnante. Apprende lo sviluppo dei
solidi e attraverso la sua creatività trasforma quest’ultimi in parti del viso.
personali
(saper essere)
Questo progetto sviluppa nell’allievo il senso e la consapevolezza dell’operare.
Questo agire progettuale si avvicina ad un metodo di lavoro reale e rende l’allievo
responsabile del proprio prodotto. Sviluppa inoltre un atteggiamento positivo per
risolvere problemi pratici. Spinge inoltre l’allievo a collaborare con i compagni per
aiutarsi nei processi di costruzione.
sulle conoscenze
(sapere)
All’inizio del progetto l’allievo scopre i diversi significati della maschera nelle diverse
culture.
S’interroga sulla realizzazione di manufatti ed impara così lo sviluppo dei solidi.
Acquisisce lo spirito di lavoro di gruppo, ciò che gli permette di mettere a disposizione degli altri le proprie capacità.
Materiali
- matita HB
- strumenti del disegno tecnico
- 2 cartoni grigi 110 cm x 80 cm per allievo
- nastro di carta adesivo
- listelli in legno
- giornali
- colla da tapezziere
- colla a caldo
- tempere
- traforo
Sussidi didattici
Modello già eseguito.
Immagini d’esempio.
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Sylvia Skabar
SD
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SCHEDA DIDATTICA
Prerequisiti
- l’allievo conosce le basi del disegno tecnico
Difficoltà dell’allievo
Nel ritagliare in modo preciso con il taglierino.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
FASE 1
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Per introdurre il lavoro di creazione di una maschera ho deciso di far svolgere agli
allievi una ricerca a gruppi su temi diversi ma correlati fra loro. Avendo una classe
composta da 11 allievi ho suddiviso la classe in due gruppi di quattro allievi e uno
di tre. Ogni gruppo ha scelto uno fra i tre temi proposti: la storia della maschera, la
maschera africana e il carnevale ed ha svolto una ricerca in aula di informatica. Gli
allievi hanno stampato i materiali che gli occorrevano e una volta in classe hanno
collaborato alla realizzazione di un cartellone che presentasse in sintesi quanto scoperto in relazione al tema di ricerca.
Ho richiesto alla classe la realizzazione di un cartellone per poter meglio presentare
ai compagni quanto scoperto e per invitarli a svolgere una presentazione di fronte
alla classe.
Nella prima fase dunque gli allievi hanno accumulato il materiale necessario per poi
redigere un breve riassunto e presentare attraverso la realizzazione di un cartellone
quanto scoperto alla classe.
la maschera africana
FASE 2
Nella seconda fase ciascun allievo riceve una scatola. Ogni allievo ha una scatola di
dimensione diversa dalle altre. Agli allievi viene chiesto di ragionare sulla costruzione della scatola e quindi di provare a smontarla eseguendo il minor numero di tagli
possibili. Una volta aperta la scatola gli allievi ne scoprono lo sviluppo.
Ciascun allievo disegna lo sviluppo della propria scatola utilizzando gli strumenti del
disegno tecnico e la realizza in seguito ritagliandola con il taglierino ed incollandola
con la colla.
Gli allievi imparano lo sviluppo del cubo, del parallelepipedo, del prisma a base triangolare, del tetraedro e del cilindro. Disegnano lo sviluppo dei solidi e li mettono in
comune. I solidi vengono raggruppati ed incollati su un foglio A2 che poi divverà un
loro punto di riferimento.
119
Sylvia Skabar
SF
120
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 3
Nella terza fase di lavoro il docente invita gli allievi ad osservare alcune immagini e
quindi ad esprimere ciò che vedono. Ben presto i ragazzi scoprono che l’immagine
mostrata nasconde al suo interno un’altra immagine: una faccia. A questo punto
il docente chiede agli allievi di osservare attentamente i luoghi che lo circondano
quotidianamente come la propria casa o il tragitto casa - scuola e di fotografare le
facce che vi scoprono.
La lezione succesiva c’è una messa in comune delle facce trovate che si trasforma in
un breve gioco per i ragazzi. Infatti non viene subito mostrata la fotografia con il volto
nascosto nell’oggetto ma l’ambiente dove questo è stato trovato. Gli allievi devono
così scoprire dov’è nascosta la faccia.
FASE 4
Nella quarta fase gli allievi partendo dalla loro immagine devono fare un progetto: il
progetto per la propria maschera. Ecco dunque che agli allievi viene svelato il motivo
per cui all’inizio hanno imparato lo sviluppo dei solidi e ne hanno realizzati alcuni. I
solidi diverranno infatti occhi naso e bocca delle loro maschere.
Gli allievi possono decidere di realizzare una maschera con base quadrata o circolare. Il diametro della baase circolare sarà di 40 cm così come il lato del quadrato per
la base quadrata misurerà 40 cm.
Osservando la fotografia gli allievi disegnano in scala 1:2 il loro progetto cercando di
rimanere abbastanza fedeli alla faccia dell’oggetto fotografato. Dopo aver disegnato
una vista centrale della faccia si invitano gli allievi a realizzare uno schizzo di una vista
laterale in modo che possano decidere gli spessori di occhi, naso e bocca rifacendosi ai modelli da loro creati nelle lezioni precedenti.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
SF
FASE 5
STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
Nella quinta fase di lavoro gli allievi ricevono una scheda tecnica sulla quale figura
la disposizione degli elementi per la creazione della base della maschera sul cartone
grigio. Ciascun allievo riceve un cartone grigio dalle dimensioni di 110 cm x 80 cm.
In base alla loro scelta, quindi se realizzare una base con il parallelepipedo o una
base con il cilidro riportano le misure sul cartone e ne disegnano le facce.
40 cm
40 cm
30 cm
scheda tecnica per la costruzione della base della maschera
Come posizionare gli elementi di base sul cartone grigio (80 cm x 110 cm):
il parallelepipedo
40 cm
40 cm
30 cm
40 cm
40 cm
40 cm
30 cm
40 cm
10 cm
10 cm
il cilindro
40 cm
40 cm
30 cm
40 cm
10 cm
30 cm
30 cm
FASE 6
Una volta ritagliati con il taglierino i singoli pezzi, il docente invita gli allievi a ragionare
sulla creazione delle singole parti quali occhi naso e bocca della loro maschera. Hanno un progetto sul quale figurano già alcune misure ma alle quali devono aggiungere
gli spessori precisi per poter disegnare lo sviluppo dei singoli solidi.
Gli allievi decidono ciascuno i loro spessori, mantenendo come punto di riferimento i
solidi da loro creati in precedenza e realizzano in seguito il disegno sul cartone grigio.
Si invitano gli allievi a ragionare sulla disposizione degli elementi sul cartone, al fine
di creare il minor spreco possibile di materiale.
Una volta disegnato lo sviluppo del solido l’allievo lo ritaglia e lo monta. L’allievo
impara ad incidere leggermente il cartone nei punti di piegatura al fine di poterlo
piegare con precisione. Lo assembla poi con il nastro di carta adesivo.
In questo modo ciascun allievo procede alla realizzazione delle singole parti che gli
occorrono ragionando sullo sviluppo delle stesse.
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Sylvia Skabar
SF
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STRUTTURAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN FASI
FASE 7
La settima fase prevede l’assemblaggio delle singole parti. Gli allievi assemblano
dapprima i singoli solidi che formano naso, occhi e bocca con l’uso del nastro di
carta adesivo. In seguito tagliano dal proprio listello in legno sei pezzi dalle seguenti
misure: 4 x 24 cm e 2 x 38 cm. Ne fisseranno tre all’interno delle due basi della maschera al fine che il cartone non si onduli con l’uso della colla da tapezziere. Fissano
i listelli con la colla a caldo e il nastro di carta adesivo. In seguito possono chiudere
il cilindro o rispettivamente il parallelepipedo.
FASE 8
Nell’ottava fase gli allievi ricoprono la maschera con la cartapesta. Questo procedimento permette agli allievi di modellare la propria maschera nel senso di creare
uniformità fra le parti in modo che non si distinguano più le singole componenti che
formano il volto ma queste si amalgamano alla faccia della maschera.
Questa fase prevede quindi l’uso della carta da giornale stropicciata la dove per
esempio gli occhi sono fissati alla base della maschera. Per eseguire un bel lavoro
pulito e corretto gli allievi devono essere precisi e non troppo frettolosi. Inoltre essendo la base in cartone dovranno prestare attenzione a non utilizzare troppa acqua al
fine di non creare piegature. Ricoprono con la cartapesta solo le giunture.
FASE 9
Una volta asciutta la maschera è pronta per essere decorata e poi colorata.
Le decorazioni possibili sono ciglie, sopracciglie, lingua, ecc. che gli allievi possono
creare modellando la carta.
Essendo questo lavoro un lavoro di rigore, anche la colorazione dovrà mantenere
questa linea, per cui consiglio agli allievi di scegliere un solo colore o al massimo due
colori per la colorazione.
Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito dell’educazione alle arti plastiche
Questa pubblicazione, Per educare al bello. La dimensione estetica dell’oggetto nell’ambito
dell’educazione alle arti plastiche, scritta da Sylvia Skabar, è rilasciata sotto Creative
Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.
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