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Attilio Speciani, Marina Necchi, Michela Speciani Colazione e brunch per il BENESSERE Libro_ColazBenessere.indb 2 17/09/14 09.33 Attilio Speciani, Marina Necchi, Michela Speciani Colazione e brunch per il benessere Libro_ColazBenessere.indb 3 17/09/14 09.33 Responsabile Editoriale Libri: Costanza Smeraldi Responsabile Redazione Libri: Paola Sammaritano Responsabile Produzione Libri: Michele Ribatti Copertina: Roberta Venturieri Immagini: di pag. 27, 41, 51, 55, 56-57 Fotolia © LSWR Srl – Tutti i diritti riservati 2014 - Prima edizione (settembre) 2014 - Ristampa (ottobre) ISBN 978-88-6895-020-0 eISBN 978-88-6895-021-7 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org. AVVERTENZA IMPORTANTE Tutti i consigli e le indicazioni riportati nel presente libro sono stati verificati accuratamente e secondo scienza e coscienza dagli autori. Non pretendono di sostituirsi al consiglio competente del proprio medico curante. Ogni lettore è responsabile delle proprie azioni. Gli autori e la casa editrice non si ritengono responsabili per danni e problemi derivanti dall‘esecuzione dei consigli pratici contenuti nella presente opera. LSWR Srl Via G. Spadolini 7, 20141 Milano Tel. 02 881841 www.lswr.it Printed in Italy Finito di stampare nel mese di ottobre 2014 presso “L.E.G.O.” S.p.A., stabilimento di Lavis (TN) PrimePagine_Speciani.indd 4 09/10/14 13:45 Colazione e brunch per il benessere, Indice 5 indice Presentazione8 Gli autori 9 Parte 1 - introduzione generale Introduzione generale Erbe aromatiche e spezie 12 16 Parte 2 - pronti? Via... Capitolo 1 - Grassi e oli: il buono e il cattivo (Con video esplicativo)20 Capitolo 2 - I lieviti e la fermentazione 22 Capitolo 3 - Proteine… anche a prima colazione 25 Capitolo 4 - Semi oleosi cotti o no 26 Capitolo 5 - Latte, latti e lattosio 28 Capitolo 6 - Lo zucchero e gli zuccheri: cosa comportano e come imparare a conoscerli e a sceglierli 30 Capitolo 7 - Modulare l’impatto glicemico, anche quando si sceglie il dolce 32 Capitolo 8 - Calorie sì o no: capire cosa scegliere e perché 33 Capitolo 9 - Frutta e verdura: come sceglierla, 34 quanta e in quale forma Capitolo 10 - Le uova: benvenute in tavola e soprattutto a colazione 36 Capitolo 11 - Tutto il buono di caffè, tè e cioccolato 38 Capitolo 12 - Meno sale in generale 40 Capitolo 13 - Autonomia in cucina: preparare latti e yogurt vegetali 42 Capitolo 14 - L’infiammazione da cibo: come guarirne (Con video esplicativo) 44 Capitolo 15 - Il biologico e l’integrale 48 Capitolo 16 - Importanza attuale della gluten sensitivity per la cucina italiana 52 Parte 3 - organizzazione Cottura e metodi di cottura I tempi della prima colazione: l’organizzazione è tutto Come organizzare il frigorifero e la dispensa 58 59 61 Parte 4 - ricette di base Crêpes (Con video esplicativo)64 Pancakes65 Waffles66 Piadina67 Pizza con farina integrale 68 Loaf al cioccolato 69 Libro_ColazBenessere.indb 5 Pane integrale classico a bauletto 70 Pane integrale a lunga lievitazione con le olive 71 Pane integrale ai semi o alle noci 72 Pita o pane arabo integrale 73 Polenta74 Pastafrolla75 Pasta brisée 76 77 Marmellata senza zuccheri aggiunti Crema al gianduia fatta in casa 78 79 Crema pasticcera Glassa al cioccolato 80 Uova al tegamino 81 82 Uova strapazzate Uova sode e alla coque 83 Maionese 84 Salsa verde senza glutine 85 Ketchup 86 Guacamole87 88 Hummus Castagnaccio89 Parte 5 - menu Introduzione ai menu 92 Menu Colazione Internazionale Menu scozzese 96 Uova strapazzate con salmone Fagioli stufati Funghi, patate e pomodori Menu inglese English muffins Cookies inglesi 96 96 96 98 98 98 Menu irlandese 100 Menu americano 102 Menu arabo 104 Menu continentale 106 Menu tedesco 108 Menu orientale 110 Scones100 Coppa di avena con frutta di stagione 100 Bagel ripieni al formaggio, prosciutto e pomodori Loaf cake al cioccolato Frutta con fiocchi di cereali Formaggio con menta (labneh) Polpette di ceci (falafel) Torta di cocco (harrissah) 102 102 102 104 104 104 Involtini di bresaola o prosciutto 106 Macedonia106 Patate con uova, prosciutto e cipolla Strudel di mele Noodles di soia con pesce 108 108 110 17/09/14 09.33 6 Colazione e brunch per il benessere, Indice Menu giapponese 112 112 112 Polpo con verdurine Sformatini di zucca Tortino di pane con nocciole 144 144 144 Menu cinese 114 Menu con curry (autunno) 146 Menu messicano 116 Menu con castagne (autunno) 148 Menu greco 118 Menu con polenta (autunno) 150 Menu africano 120 Menu con kiwi (autunno) 152 Menu indiano 122 Menu con riso (inverno) 154 Menu con caco (inverno) 156 Menu con broccoli (inverno) 158 Menu con arancia (inverno) 160 Menu con frittatine (inverno) 162 Menu Vegani Menu vegano con crema di soia 164 Pancakes giapponesi Frittata dolce giapponese (tamagoyaki) Noodles di riso con pollo e verdure Porridge di patate dolci e miglio Tortillas farcite (burritos) Salsiccia con uova (chorizo con huevos) Banana burritos 114 114 116 116 116 Tzatziki118 Breakfast moussaka 118 118 Yogurt greco e miele Couscous dolce (o con stufato) Porridge di riso o miglio conditi (la bouille) Dolce di banana e cocco Limonata indiana (nimbu pani) Semolino con lenticchie (rava upma) Mint chutney Menu 4 Stagioni Menu con crêpes (primavera) Crêpes di farina di ceci Frittata di riso 120 120 120 122 122 122 124 124 124 Menu con cereali croccanti (primavera) 126 Menu con omelette al prosciutto (primavera) 128 Menu con centrifugato di spinaci (primavera) 130 Menu con frollini integrali (primavera) 132 Frullato di frutta Carpaccio di carciofi Cereali croccanti 126 126 126 Centrifugato128 Omelette con prosciutto 128 Budino alla vaniglia 128 Frullato130 Pollo cotto al vapore con salsa verde 130 Barrette di fiocchi e frutta disidratata 130 Frullato/centrifugato132 Uova sode al tonno 132 Frollini integrali 132 Menu con pesce (estate) Frullato di anguria Sformatini di pesce con crema di formaggio Tortina di frutta veloce Menu con albicocche (estate) Albicocche con granella di mandorle Pesce al vapore con salsa rosa Plumcake al limone Menu con bresaola (estate) Gazpacho di melone Bresaola con olio, limone e maggiorana Biscotti ai cereali Menu con formaggio (estate) Pesche con ripieno di fiocchi e yogurt Formaggio di capra alle erbette Dolce freddo al cioccolato Menu con uova ripiene (estate) Frullato Uova ripiene Tonno al sesamo Torta di cacao e albicocche Menu con zucca (autunno) 134 146 146 Frittata di verdura 148 Castagnaccio148 Frutta cotta con miele Crema pasticcera Verdure autunnali saltate con pollo e crostini di polenta 150 150 150 Frullato/centrifugato152 Involtini con verdura 152 Torta di zucca 152 Rotoli di crêpes alla frutta fresca Roastbeef al sale Budino di cioccolato Yogurt con frutta di stagione Involtini di prosciutto con formaggio e salvia Torta di caco Filetti di salmone all’arancia Broccoli al vapore con acciughe Biscotti al miele 154 154 154 156 156 156 158 158 158 Frullato/centrifugato160 160 Petti di pollo con riso integrale e verdure Crêpes farcite 160 Frullato162 162 Torta salata di frittatine con finocchi e noci 162 Torta di castagne Frutta di stagione con la crema 164 Verdure di stagione con tofu aromatizzato all’aceto balsamico 164 Yogurt di soia con fiocchi di cereali e noci 164 Menu vegano con involtino 166 Menu vegano con burritos 168 Menu vegano con torta 170 Menu vegano con tofu 172 142 142 142 142 Menu vegano con crêpes 174 144 Menu vegano con waffel 176 134 134 134 136 136 136 136 138 138 138 138 140 140 140 140 142 Centrifugato144 Libro_ColazBenessere.indb 6 Mousse di frutta Curry di verdura o carne con patate o con riso integrale Hummus con pane integrale e crêpes Involtini di verdura con ripieno di seitan in salsa di pomodoro Budino di soia al cioccolato Frullato di yogurt di soia con banana e anacardi Tofu strapazzato, anacardi, pomodori freschi e verza Crema di avena, zucca e semi di zucca Frullato di avocado, frutta fresca e spinaci Pane integrale alle noci con crema di avocado Torta allo yogurt di soia Frullato di banana, spinaci, ananas, latte di cocco Tofu strapazzato con contorno Crêpes all’acqua farcite Frullato di avocado, frutta di stagione e verdura Involtini di verdura con ripieno di lenticchie Crêpes alla crema di gianduia 166 166 166 168 168 168 170 170 170 172 172 172 174 174 174 Centrifugato176 17/09/14 09.33 Colazione e brunch per il benessere, Indice Tofu strapazzato con pomodorini e capperi su galletta di riso o fetta di pane Waffel di avena e mirtilli 176 176 Menu vegano con omelette 178 Menu vegano con polenta (gluten free) 180 Carpaccio di frutta Omelette con soft tofu Banana muffin Centrifuga Crostini di polenta Ragù di tofu e verdure Biscotti al cocco Menu Gluten free Menu con biscotti Frullato in giallo Uova al tegamino con prosciutto, patate e fontina Biscotti al cioccolato Menu con riso integrale Centrifugato o frullato di arancia, carota, limone e mela Riso al vapore con pesce o gamberetti e verdura di stagione Quinoa cake Menu Ipocalorici Menu uova (primavera) Uova sode con salmone Uova sode al profumo di origano e timo Menu pesce (primavera) Fiocchi di avena o cereali ai sapori di primavera Gamberi saporiti Spadellata di gamberi allo zenzero 178 178 178 180 180 180 180 182 182 182 182 184 184 184 184 186 186 186 188 188 188 188 Menu manzo (primavera) 190 Menu pesce (estate) 192 Yogurt fantasia Roastbeef al gusto pizzichino Frullato di anguria Filetti di merluzzo in rosso Pesca alla piastra Menu crostacei (estate) 190 190 192 192 192 194 Centrifugato di cetriolo 194 194 Spiedini di gamberi Crêpes194 Menu vegano 196 Menu salumi (autunno) 198 Menu uova (autunno) 200 Menu pesce (autunno) 202 Passato di zucchine e cetrioli Involtino di melanzana 196 196 Centrifugato198 Bresaola condita 198 Carpaccio di mela 198 Omelette di spinaci Terrina di banana Frullato di banana Frullato di ananas Galletta di riso farcita Carpaccio di arancia 200 200 200 202 202 202 Menu pollo (inverno) 204 Menu pesce (inverno) 206 Menu uova (inverno) 208 Frullato Petto di pollo farcito Carpaccio di salmone marinato Insalata di finocchi Crêpe farcita Uova strapazzate con contorno Libro_ColazBenessere.indb 7 204 204 206 206 208 208 Menu Senza Zuccheri Menu con torta di patate (gluten free + alternativa vegana) Frullato di cetrioli, carote e latte di soia Torta di patate e formaggio Filetto di petto di pollo al vapore Menu con zucchine (vegetariana gluten free + alternativa vegana) Centrifuga di pomodoro e limone Frittata di zucchine, formaggio e pinoli Frittata al tofu (alternativa vegana) Menu con tortino (vegetariana gluten free + alternativa vegana) Spremuta di arancia Tortino di riso al forno Tortino di riso (alternativa vegana) Menu con crêpes (gluten free + alternativa vegetariana e vegana) Centrifuga di sedano, carota, finocchio e zenzero Crêpes al prosciutto e crema di carciofo Crêpes alla crema di carciofo (alternativa vegetariana e vegana) Crema di carciofo Menu con pancakes (con alternativa vegana) Centrifuga di finocchio, carota e germogli di soia Pancakes di patate Pancakes con scarti di centrifuga (alternativa vegana) Menu ogni occasione è buona (con alternativa vegana) 7 210 210 210 210 212 212 212 212 214 214 214 214 216 216 216 216 216 218 218 218 218 220 Frullato con vaniglia e cacao 220 Rotolini di pesce con ripieno di verdura 220 Rotolini di zucchine grigliate con ripieno di tofu (alternativa vegana) 220 Menu Occasioni Menu di Natale Salmone con crostini di pane integrale Gamberetti olio e limone Biscotti speziati di natale Menu di Capodanno Centrifuga di semi di melograno, mela verde, arancia, zenzero Crema di lenticchie Insalata belga del buon augurio Crêpes farcite con paté di castagne Menu di S. Valentino Frullato di ananas, vaniglia e frutti rossi disidratati Pane integrale con speck e paté di olive Dolce cuore di cioccolato con riso soffiato Menu di Pasqua Frullato di nespole guarnito con fiori di rosmarino Insalatina pasquale con uova sode Torta pasqualina Colombelle all’arancia 222 222 222 222 224 224 224 224 224 226 226 226 226 228 228 228 228 228 Parte 6 - Situazioni Particolari E suggerimenti Viaggi, scuola e albergo Usare al meglio rosticceria e panetteria Quando i ritmi del lavoro sono diversi Cibi con glutine Cibi con nichel 232 233 234 235 236 Indice delle ricette 238 17/09/14 09.33 8 Colazione e brunch per il benessere, Presentazione Presentazione Leggere e usare questo libro significa entrare direttamente nella realtà della nostra famiglia. Vuol dire conoscere Marina, Michela e Attilio attraverso i colori e le emozioni delle loro ricette e le fotografie dei piatti (tutte e tutti realizzati da Marina), che ne anticipano il gusto, il sapore e il profumo. E, in parte, vuol dire conoscere anche Alessandro e Mila, che in più riprese (anche senza contribuire al libro) hanno espresso a noi “autori” pareri, giudizi e consigli sul risultato finale delle ricette e sulle loro possibili varianti. Per molti mesi la nostra casa è stata invasa da micro-piatti gustosi e succulenti che non si potevano toccare fino a quando non fossero state perfezionate fotografie e valutazioni. Questo è un libro profondamente sensuale, che trasforma uno dei bisogni più intimi di ogni essere umano (nutrirsi e assorbire l’energia del Sole che arriva sulla Terra) in piacere del cibo, stimolando il raggiungimento del benessere e la gioia per la propria salute. È l’espressione di un cammino di conoscenza che inizia da lontano e che fa parte da sempre della nostra famiglia. Attilio scriveva il suo primo libro proprio mentre conosceva Marina. È un libro che racconta lo sviluppo della nostra attività scientifica e delle nostre ricerche, applicate nella quotidianità di ogni pasto, perché traccino direzioni che tutti possano seguire o almeno conoscere. La prima colazione è ormai diventata indispensabile per molti, ed è considerata “mitica” da tutti quelli che si sono “convertiti” a questa abitudine. Nel corso di questi ultimi anni, con lo studio progressivo dei segnali infiammatori e le maggiori conoscenze sulle diete di segnale, l’importanza della prima colazione (o del brunch) ha ottenuto un riconoscimento sempre più vasto, affermandosi come una certezza scientifica. I nostri pazienti continuavano a richiedere esempi, indicazioni e suggerimenti per miscelare fantasia, gusto e benessere nel rispetto del proprio profilo alimentare. In molti cercavano indicazioni per prime colazioni che, tenendo conto delle personali infiammazioni da cibo e delle eventuali intolleranze alimentari, consentissero di mangiare in modo variato e senza mai annoiarsi (basti pensare alla sensibilità al glutine). Così è nato questo libro. Michela e Attilio continuano ad applicarsi ogni giorno nello studio e nella ricerca scientifica e medica su questi temi (insieme a tutto lo staff di medici e nutrizionisti di SMA e di GEK), rendendo possibile oggi una nuova conoscenza alimentare che si sta sviluppando ed espandendo in tutto il mondo. Tutta l’introduzione generale è frutto della pratica clinica condivisa e dell’intenso scambio di informazioni tra padre e figlia. Marina ammaestra ingredienti per rendere possibile e gratificante, sulla tavola di ogni giorno, l’applicazione di una filosofia legata al cibo e all’energia. Una filosofia rispettosa della salute e dei bisogni di ognuno, che sono anche espressi dalle “coccole” dolci e dal piacere. Libro_ColazBenessere.indb 8 Tra gli obiettivi di questo libro vi sono anche quelli di creare un mix di principi che guidino verso la conquista del benessere e la ricerca della salute, accettando con il buon senso la trasgressione e il rispetto dei bisogni dell’uomo moderno, e di aiutare a variare alcune abitudini alimentari per migliorare la propria salute, indicando strade che sviluppino la consapevolezza alimentare e educhino ad apprezzare e gustare nuovi sapori. È un libro da tenere in cucina e da usare per preparare un brunch o una ricca prima colazione (come suggerisce il titolo), ma anche per cucinare un pranzo o una cena, facendo esperienza di sapori, colori e gusti nuovi. Nell’introduzione ai menu, in cui spieghiamo come utilizzare nella pratica tutta la parte dedicata alle diverse ricette, scriviamo con convinzione che il percorso dell’energia passa dalla prima colazione. Quando si comincia a utilizzare quello spazio per nutrirsi bene, cambia il rapporto con l’energia (stanchezza e fatica si riducono), che diventa una parte irrinunciabile della propria esistenza; la prima colazione (o il brunch, per quelli ancora un po’ pigri) fornisce l’energia per entrare nella giornata. Abbiamo preparato ricette adattabili ai bisogni di ciascuno (allergie, infiammazioni da cibo e intolleranze), scegliendo ingredienti di qualità e segnalando varianti vegetariane, vegane e onnivore, per dare a tutti la possibilità di modificare a proprio piacimento le indicazioni suggerite. Ci sono menu dedicati al “gluten free”, alla cucina “vegan”, all’attivazione metabolica attraverso “short fasting” (periodi brevissimi di controllo calorico, una nuova tecnica di segnale per il dimagrimento che stiamo sviluppando con successo), menu stagionali, senza zucchero e altri ancora per le occasioni speciali. Invitiamo tutti a cucinare (ci sono, comunque, ricette anche per chi non vuole mettersi ai fornelli) e a provare le ricette presentate in queste pagine. Sono tutte eseguibili a casa propria e, per la maggior parte, sono semplici. Anche quelle un po’ più difficili non raggiungono mai difficoltà insormontabili. Vi invitiamo a integrarle e a entrare nella storia di questo libro, descrivendo le vostre prove e le vostre varianti anche su Facebook, comunicando con Marina sulla sua fanpage www. facebook.com/marinanecchispeciani o sul blog di Eurosalus “Le ricette di Marina”. È il sito su cui anche Attilio e Michela scrivono quasi ogni giorno. Per noi la prima colazione è energia e gioia ed è un’abitudine che deve diffondersi: è uno spazio di vita che può diventare uno strumento di benessere per tutti, un momento gratificante, piacevole, in grado di dare soddisfazione all’occhio e al palato e di contribuire al mantenimento della salute. Attilio Francesco Speciani Marina Necchi Speciani Michela Carola Speciani 17/09/14 09.33 Colazione e brunch per il benessere, Gli Autori 9 Gli autori Attilio Francesco Speciani È riuscito a portare la sua passione per la moderna immunologia e le sue ricerche sull’infiammazione da cibo nel mondo della nutrizione. Con oltre 35 anni di esperienza in questi ambiti, due docenze universitarie e due specializzazioni (tiene molto a quella in Allergologia e Immunologia Clinica), lavora oggi sia a Milano sia a Londra. Direttore scientifico di SMA srl e GEK srl, due strutture polispecialistiche milanesi, è autore e coautore di oltre 30 libri e ogni giorno scrive su www.eurosalus.com, sull’inglese www.docsalus.com e sulla sua fanpage www.facebook.com/speciani. Marina Necchi Speciani La prima scuola di cucina di Marina Teresa Necchi è stata il “Dolce forno”, gioco con il quale, da bambina, ha iniziato a preparare le sue torte preferite. Da adulta, dopo una laurea in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, con specializzazione in Marketing, ha scoperto il piacere di riproporre i piatti di famiglia tipici della tradizione lombardo-piemontese. A fianco del marito Attilio, ha curato le ricette per intolleranti del libro Le allergie: Cause, diagnosi e terapie (Tecniche Nuove). Grazie alla sua passione per il cibo sano (e buono) e per la fotografia, gestisce su Eurosalus il blog di ricette http://www.eurosalus.com/blog/le-ricette-di-marina/, fonte di ispirazione per tutti coloro che soffrono di infiammazioni da cibo o intolleranze, e su Leiweb il blog “Benessere con gusto”. La sua fanpage www.facebook.com/marinanecchispeciani è un luogo dove creatività, piacere, salute e tecniche di cucina si intrecciano con gusto. Michela Carola Speciani Laureanda in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano, è consulente nutrizionale presso lo Studio Medico SMA di Milano. Si è occupata per lungo tempo della sezione ricette sane di Wellness, mensile di salute del più celebre Donna Moderna. È tra gli autori di punta del sito online www.eurosalus.com. Da sempre considera la cucina un modo di espressione rilassante, utile e gustoso. Crede fermamente che la via della salute passi per le cose buone e che nulla faccia bene davvero se non lascia gli occhi più felici, le labbra più sorridenti, il cuore più leggero. Libro_ColazBenessere.indb 9 17/09/14 09.33 Libro_ColazBenessere.indb 10 17/09/14 09.33 Introduzione generale 1 Parte 1 Libro_ColazBenessere.indb 11 17/09/14 09.33 12 Colazione e brunch per il benessere, Introduzione generale Introduzione generale Introduzione Generale Per un italiano, mangiare non è solo nutrirsi: è stare in compagnia, condividere i piatti preferiti con le persone care, essere curiosi e godere del cibo. Una cucina che faccia bene davvero non può prescindere dal gusto e dal piacere di quello che si mette in tavola. È il motivo per cui in questo libro si lascia spazio a preparazioni sane, ma anche e soprattutto buone: quando ci si mette a “giocare” con qualcosa di commestibile, è importante che il risultato sia gradevole, per tutti e in tutti i sensi. Perché la prima colazione? Per l’italiano medio, fare colazione vuol dire prendere il caffè. Senza nulla togliere al buon espresso nazionale, un po’ di cultura alimentare non può che fare bene. La colazione è uno dei momenti che segnano una svolta nelle giornate, nella forma fisica e nella salute delle persone. Farla significa predisporsi a una vita sana; saltarla, vuol dire percorrere la via del disastro metabolico. La colazione è uno dei pochi momenti della giornata in cui ha senso assumere qualche caloria, dello zucchero o un vizio in più. Chi a colazione si limita al solo caffè o tè, magari con la bustina o il cucchiaino di zucchero, si fa un danno davvero grande. Pensiamo al caso di Maria. Maria è un’impiegata. La mattina si sveglia, ha giusto il tempo di infilarsi maglia e pantaloni, lavare i denti e uscire col cappotto in mano. Maria è ben cosciente dei suoi sette chili di troppo e probabilmente anche questo è uno dei motivi che la spingono, erroneamente, a non mangiare nemmeno un biscotto. Maria sa che la sua è una scelta. La domanda è: i suoi geni, ne sono a conoscenza? Colazioni paleolitiche Immaginiamo Maria qualche decina di migliaia di anni fa, a metà del paleolitico. Maria-paleolitico, con cui Maria-oggi condivide gran parte del genoma, ovvero dei suoi cromosomi, si sveglia al mattino e davanti a sé ha due possibilità: la prima è avere del cibo a disposizione e mangiarlo, la seconda è andare a cercarlo, per nutrirsi. La strada percorsa da molte donne di oggi – “scelgo deliberatamente di non mangiare perché agosto si avvicina e devo mettere il bikini” – non era decisamente tra le opzioni a disposizione di Maria-paleolitico ed è assente anche nei cromosomi di Maria-oggi. L’unico motivo per cui Maria-paleolitico alla mattina potrebbe non mangiare è la carestia, e carestia significa fame, deperimento, morte certa, salvo che l’organismo non metta in atto strategie di conservazione del grasso. Millenni di selezione naturale hanno fatto sì che l’organismo di ciascun Homo sapiens sapiens rispondesse alla carestia Libro_ColazBenessere.indb 12 mattutina (che significava carestia potenzialmente durevole) con uno stimolo lipogenetico (produttore di grasso come scorta) e con un abbattimento del metabolismo (conservazione delle forze per tempi migliori). Ecco che la nostra Maria-oggi, uscita di casa quasi senza mettersi le scarpe per la fretta, avrà la mente molto annebbiata per tutta la mattina, fino ad arrivare all’ora del pranzo. A quell’ora (o a quella del primo spuntino), Maria dovrà poi fare i conti con un metabolismo più basso e con una reazione di risparmio energetico attuata dal suo organismo che, per paura di morire di fame, metterà in grasso molto più di quanto necessario. La mossa “credo-che-così-sarò-pronta-per-la-provacostume” o “sono-troppo-pigra-per-salvarmi-la-vita” di Maria-oggi l’ha messa nella condizione di ingrassare, e anche, potenzialmente, di vivere male il proprio lavoro e la propria mattinata. È anche una questione di grasso o magro, ma le carte in gioco comprendono temi molto più profondi e, non facendo colazione, Maria si è davvero fatta del male. Il buono del primo pasto della giornata Sono innumerevoli gli studi che, negli anni, hanno valutato gli effetti della presenza e dell’assenza della prima colazione, ed è giusto, a questo proposito, riportare alcune scoperte che coinvolgono adulti, così come adolescenti e bambini. L’impatto della prima colazione è innanzitutto metabolico. Anche attraverso un’azione negativa sull’utilizzazione degli zuccheri, in coloro che saltano il primo pasto peggiorano tutti gli indici di sindrome metabolica (grasso viscerale, pressione arteriosa, colesterolo, resistenza insulinica). Tali conseguenze hanno i loro effetti sul rischio di incorrere in qualunque tipo di malattia, da quelle cardiovascolari, al cancro, passando per il diabete e per le malattie infiammatorie croniche, e questi meccanismi esistono sin dalla primissima infanzia. Ecco come fa una prima colazione a salvare la vita. Sono poi moltissimi gli studi che correlano la prima colazione (soprattutto se ricca di una parte proteica) col miglioramento del tono dell’umore, dell’attenzione e della prestazione (a scuola e al lavoro). Una buona prima colazione riduce il rischio di incorrere in ulcera gastrointestinale e, nelle donne, si correla a una riduzione dei problemi mestruali, dell’osteoporosi, delle problematiche legate alla funzione riproduttiva e alla fertilità. Anche soggettivamente, le persone (bambini e adulti) che mangiano appena sveglie, stanno meglio: si sentono più felici, più socialmente partecipi, più sane, con maggiori energie. Inoltre, la prima colazione non ingrassa e, anzi, stimola il dimagrimento, anche attraverso i meccanismi di prevenzione della sindrome metabolica. La prima colazione stimola il metabolismo: dopo aver mangiato al risveglio, l’investimento giornaliero in energia, attenzione, calore sarà molto maggiore. 17/09/14 09.33 Colazione e brunch per il benessere, Introduzione generale Nelle nostre conferenze citiamo spesso gli studi dello statunitense John de Castro (J.M. de Castro, Journal of Nutrition, 134, 2004), che afferma: “Quanto più è calorica la prima colazione, tanto meno è calorico l’introito dell’intera giornata; quanto meno è calorica la prima colazione, tanto maggiore sarà l’introito calorico alla fine della giornata”. La realtà è anche più interessante, perché una buona prima colazione non solo riduce la fame che porta a rimpinzarsi poi durante il giorno, ma stimola anche gli ormoni che facilitano il consumo di calorie. 13 alimentari naturali. Olio di perilla, inositolo, oli di pesce, mandorle, nocciole, noci, mirtilli e altri frutti di bosco sono tutte sostanze contenenti antiossidanti o antinfiammatori naturali, in grado di regolare e controllare molte delle azioni negative delle citochine. In pratica, si sta verificando che un’alimentazione sana e la scelta di alcuni particolari cibi (come viene proposto in questo libro) possono determinare, in molti casi, effetti positivi sulla salute molto più evidenti di quelli ottenuti grazie all’uso di particolari farmaci, evitando così i possibili effetti collaterali di questi ultimi. Il fattore più importante da tenere in considerazione è che questo tipo di regolazione avviene attraverso messaggi e segnali. L’orario della prima colazione è un segnale ormonale. Il giusto bilanciamento di proteine e carboidrati all’interno del singolo pasto determina un segnale di specifiche adipochine che vanno a interferire con la regolazione e con l’assorbimento di zuccheri e carboidrati. La ricchezza o la scarsità della prima colazione attivano un messaggio nervoso che arriva ai nuclei di comando della tiroide, facendola funzionare correttamente o provocandone un malfunzionamento – e tutti sono a conoscenza dell’impressionante aumento dei disturbi tiroidei negli ultimi anni. Si potrebbe continuare a elencare i vari effetti di questi segnali; l’importante, tuttavia, è sapere che proprio di segnali si tratta: segnali regolabili e modulabili con semplici scelte di stile di vita e con la composizione di menu semplici come quelli che indichiamo in questo libro. Il fatto di scegliere mandorle o semi oleosi per la colazione, di inserire un uovo al posto di una fetta di pane, di evitare di cuocere un grasso sono azioni che non dipendono solo da una scelta estetica o di gusto, ma dal fatto di dare all’organismo i segnali migliori per conquistare la salute e mantenere il proprio benessere. Impostare la giornata partendo dalla prima colazione A fronte di alcune calorie assunte in più durante la prima colazione, quindi, anche tutte quelle introdotte durante le ore residue della giornata saranno “bruciate” con maggiore facilità. Le calorie assunte durante la prima colazione hanno, per di più, a disposizione il resto della giornata per essere consumate. Il terzo meccanismo attraverso cui la colazione stimola il dimagrimento è quello, appena segnalato, del giusto controllo della fame: sono numerosi gli studi che hanno evidenziato come, mangiando più calorie in occasione della prima colazione, si tenda ad assumerne complessivamente meno durante tutta la giornata. Il meccanismo di regolazione della fame è legato a quegli stessi geni che controllano la sopravvivenza di Maria-paleolitico (o anche di un ipotetico Marco-paleolitico): non si può rischiare, in periodo di carestia, di trovarsi davanti a qualcosa di potenzialmente commestibile, senza mangiarlo. Senza la prima colazione, l’organismo si sente “in carestia” e si butta “giustamente” su tutto quello che è commestibile, talvolta senza alcun ritegno. Se, invece, la prima colazione è stata ricca, l’organismo è sicuro della presenza e della disponibilità di cibo e può mettere in atto dei processi di consumo calorico. Citochine infiammatorie e messaggi Questi segnali arrivano all’organismo grazie alla produzione di particolari molecole chiamate citochine o adipochine. Molte di queste sono prodotte in risposta all’infiammazione da cibo (assunzione di cibi non tollerati) oppure a orari alimentari non adatti all’organismo (come nel caso del “salto” della prima colazione). Negli ultimi anni si sta approfondendo la ricerca sull’azione delle citochine infiammatorie, soprattutto perché si sta scoprendo che la loro azione può essere modulata da prodotti Libro_ColazBenessere.indb 13 Regolare i segnali L’azione della prima colazione è, comunque, soprattutto regolatrice: oltre a stimolare il consumo del grasso corporeo, facendo dimagrire chi ne ha in eccesso, essa contribuisce alla strutturazione della massa magra in chi ne ha poca o è sottopeso. Non fare una prima colazione adeguata (eventualmente dopo l’allenamento), ad esempio, è davvero una scelta negativa per chi si sta impegnando nella costruzione della “tartaruga” o del sedere “da showgirl”. La disponibilità di cibo, per Maria e Marco-paleolitico, significava, qualche centinaio di migliaia di anni fa, la possibilità di cacciare o raccogliere, e la loro necessità era quella di avere muscoli da usare ed energia da spendere. Non è da escludere che la prima colazione sia correlata anche con lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari (la misura del seno per la donna, ad esempio) e con il desiderio sessuale 17/09/14 09.33 14 Colazione e brunch per il benessere, Introduzione generale Introduzione generale Introduzione Generale in entrambi i sessi: il contesto migliore per mettere al mondo felici creaturine giustamente affamate e insaziabili era caratterizzato da ricchezza alimentare. Una buona prima colazione Una prima colazione in grado di muovere tutti i meccanismi sopra descritti è ricca, completa e sufficientemente abbondante. Come si definiscono questi criteri? La presenza di cereali (integrali), abbinati a proteine e grassi (che riducono l’impatto glicemico), è il primo elemento. Le proteine possono essere contenute in uova, prosciutto, pesce e pollo (i menu che seguono declineranno le varie possibilità), ma anche in semi oleosi e frutta secca. Frutta e verdura fresche sono sempre e comunque una componente importante per cominciare la giornata con la giusta quota di antiossidanti e vitamine e per portarsi avanti, in questo senso, sul conteggio giornaliero (si veda il capitolo 9). I dolci possono essere consumati con maggiore libertà durante la prima colazione, rispetto agli altri pasti, ma vanno comunque tenuti sotto controllo in un’ottica di gestione della salute personale. La variabilità è un altro elemento utile per il controllo efficace dell’infiammazione generale di base, che ha un ruolo così importante nella prevenzione di ogni patologia e nel mantenimento della salute (chi non fosse interessato a questi ultimi argomenti sappia che ridurre l’infiammazione contribuisce anche alla riduzione della cellulite). È importante, quindi, variare il latte vegetale usato, le farine, la frutta, così come la parte proteica. Libro_ColazBenessere.indb 14 Due considerazioni sulla Gluten Sensitivity Per molti anni si è pensato che l’unica forma di reazione alimentare al glutine fosse la celiachia. Dal 2010, invece, si hanno conferme crescenti dell’esistenza di una forma di ipersensibilità al glutine diversa dalla celiachia. Il nome di questa condizione, indicata come NCGS, è infatti preso direttamente dall’inglese e significa Non Celiac Gluten Sensitivity, cioè “intolleranza al glutine non celiaca”. In pratica, ciò significa che molte persone devono regolare la loro assunzione di glutine o di frumento (oltre che di kamut, farro e orzo) per non riceverne un danno. Nelle prossime pagine, almeno due capitoli del nostro libro (capitoli 14 e 16) sono dedicati al tema della reazione agli alimenti in generale, quella che per anni è stata classificata come reazione da “intolleranza”, e alla reazione al glutine. È importante segnalare che in Italia quest’ultima condizione va tenuta in seria considerazione (vista la diffusione di alcune abitudini alimentari), tenendo a mente, come illustreremo, che, di fronte a fenomeni di infiammazione da cibo (le vecchie “intolleranze alimentari”), la scelta più corretta non è certo quella di eliminare l’alimento, ma di mantenerne un consumo controllato per riportare l’organismo ad assumerne con serenità attraverso un processo simile a quello dello svezzamento infantile. Nessuna paura, quindi, anche in caso di reazioni di intolleranza al glutine (non celiaca) o a qualsiasi altro gruppo alimentare. La nostra esperienza scientifica e clinica in questo campo ci consente di dire che queste reazioni possono essere diagnosticate (RecallerProgram) e guidate verso la guarigione attraverso scelte alimentari positive, recuperando il gusto del cibo, la varietà delle composizioni dei piatti e il piacere di mangiare. Partendo da ottime prime colazioni o da brunch piacevoli e gustosi, come quelli proposti in questo libro. 17/09/14 09.33 Libro_ColazBenessere.indb 15 17/09/14 09.34 16 Colazione e brunch per il benessere, Erbe aromatiche e Spezie Introduzione generale Erbe aromatiche e spezie Nelle pagine di questo libro troverete spesso ricette arricchite da erbe aromatiche e spezie. Il fascino misterioso di questi ingredienti riporta con il pensiero a immagini di sapori antichi, di pozioni e rimedi curativi, cercati e trovati nella magia della natura. I profumi del curry e della cannella, ad esempio, fanno volare verso l’Oriente e ricordano i colori e gli aromi intensi di quelle regioni. Di certo si può parlare di piante dalle molte proprietà curative (come la salvia e la curcuma), ma anche di erbe usate solo per insaporire i cibi e donare loro quel gusto e quell’aroma, un po’ particolare, in grado di esaltarne le qualità (come, ad esempio, qualche seme di cardamomo). Nel libro sono raccontate le une e le altre. La soddisfazione è massima quando, per preparare un piatto, si possono usare le proprie erbe, raccolte nell’orto o sul balcone, come salvia, rosmarino e timo. La salvia riporta il pensiero all’antichità, quando, ai tempi dell’Impero Romano, le erano riconosciute numerose virtù (serviva, in pratica, per curare qualsiasi malattia…) e in molti casi era addirittura usata come moneta di scambio per altre spezie o mercanzie. Il mondo femminile è particolarmente sensibile alle virtù della salvia, spesso usata per la sua azione di controllo delle vampate della menopausa e per le sudorazioni profuse in genere, ma ancor prima è bene ricordare la sua azione depurativa e tonificante. Per capire il rosmarino bisogna raccoglierne qualche ago e strofinarlo tra le mani, poi metterle “a conchetta” e annusare l’aroma e la forza che si sprigionano dai suoi oli essenziali. Insieme al timo, ha un’azione stimolante, energetica e antinfettiva; il suo effetto diretto più immediato è quello di ridurre la fermentazione intestinale. Per questo, ad esempio, quando troviamo delle patate al forno cotte con il rosmarino, cerchiamo di mangiare, con le patate, anche tutti gli aghetti usati per cuocerle. Ecco, allora, che questi aromi possono servire per insaporire un roastbeef, un arrosto o altre carni, preparati la sera precedente per essere consumati freddi la mattina. Senza usare il sale, si può dare un gusto diverso ai petti di pollo passati sulla piastra calda, aggiungendo una manciata di questi “sapori” e ottenendo un profumatissimo piatto preparato con pochi e sani ingredienti. Una frittata diventa meno banale arricchita con maggiorana oppure con qualche fogliolina di menta. Tra le erbe profumate che abbiamo nel nostro orto in campagna, si espande, fin troppo, la menta, regina dell’estate; essa finisce spesso per accompagnarsi con le zucchine passate in padella, oppure con l’acqua e limone per ottenere una bevanda dissetante, o, ancora, con lo yogurt per creare una salsina in cui intingere le verdure crude. Senza dimenticare che è possibile farla essiccare e utilizzarla per preparare un ottimo tè. Libro_ColazBenessere.indb 16 Sia la maggiorana, sia la menta hanno una cosiddetta proprietà antispasmodica; riescono, cioè, a ridurre gli spasmi e le contratture della muscolatura liscia. In caso di colite o di dolori addominali sono quindi sicuramente utili. Nel caso di piatti ricchi, che possono coinvolgere in modo complesso la digestione, la presenza di menta e maggiorana (anche da sole, ovviamente), aiuta a rendere i cibi più “freschi” e sicuramente più digeribili. Entrambe le piante sono anche degli ottimi tonici nervosi ed energizzanti. Nel nostro orto delle erbe coltiviamo due varietà di menta: la menta piperita e la menta glacialis (che hanno due gusti lievemente differenti). Oltre a usarle fresche, o a farle essiccare per i tè alla menta invernali (rigorosamente senza zucchero!), le impieghiamo insieme per prepararci (due volte all’anno) un mojito, un cocktail a base di rum e lime, oltre che di menta fresca. Nelle centrifughe e nei frullati ci piace aggiungere lo zenzero fresco; se non lo trovate, si può usare anche quello in polvere. Dello zenzero ci piace ricordare l’efficace azione sul sistema digestivo: è un rimedio antinausea, stimolante della digestione, antifermentativo. Poi, grazie alla sua azione antiossidante, possiede importanti virtù antiartritiche. In casa nostra non manca mai ed è un ingrediente insostituibile per i nostri centrifugati di frutta e/o di verdura. Sui formaggi e sulle carni ci piace il sapore dei semi di finocchio, che uniamo anche all’impasto del pane fatto in casa. Finocchio e anice sono tra le piante con il maggior potere antifermentativo. Tutti i piatti che potrebbero “gonfiare” l’addome possono essere miscelati con i semi di finocchio per ridurre il possibile fastidio che ne deriva. Il basilico, compagno di avventura e di stagione dei pomodori, finisce per esaltarne il sapore sia da cotti sia da crudi, in insalata. L’erba cipollina è invece un ottimo sostituto della cipolla; è più semplice da pulire e non fa venire le lacrime agli occhi. Entrambe le piante hanno un’azione antispasmodica; l’erba cipollina, in particolare, aiuta a riequilibrare la flora intestinale. In cucina usiamo anche molte spezie, e Marina adora sentire il loro profumo riempire la casa come una magia, mentre cuociono i dolci che ha preparato. La cannella è spesso presente nelle torte di mele, ma esercita tutta la sua azione salutare anche solo aggiunta alla frutta cotta insieme a qualche seme di garofano. Nei budini, nelle creme e nei gelati rende i sapori classici più intensi e intriganti e aiuta a diminuire le dosi di zucchero usate. 17/09/14 09.34 Colazione e brunch per il benessere, Erbe aromatiche e Spezie La cannella è una spezia con un forte potere euglicemizzante, tende cioè a riportare rapidamente verso la norma le variazioni di glicemia. Il suo destino è evidentemente quello di essere abbinata ai dolci. Soprattutto a Natale, il suo profumo non ha solo la funzione di riportare alla memoria la magia della festa, ma anche quello di aiutare gli amanti dei dolci a resistere efficacemente agli eccessi del periodo. Le bacche di vaniglia vanno aperte tagliandole a metà ed estraendo dal baccello i profumati semini con l’aiuto di un cucchiaino. Si aggiungono alle creme e ai gelati e anche nel condimento delle insalate condite con olio e aceto di mele o limone. Il cardamomo è altrettanto interessante e ha un sapore intenso; ci piace unirlo al caffè, alle tisane e alla cioccolata calda. La noce moscata si usa per insaporire le verdure, come ad esempio la torta di spinaci. Una sua spolverata sta molto bene anche sulle uova al tegamino e con la frutta cotta; nei dolci e nelle marmellate solitamente si accompagna alla cannella e ai chiodi di garofano. Non possiamo dimenticare il curry, un fantastico insieme di spezie che, a seconda del luogo di produzione, cambia composizione e sapore. L’ingrediente più rappresentativo è la curcuma, cui sono poi aggiunte spezie diverse che specificano spesso per quale preparazione sia indicato il mix. Il curry va assaggiato e provato, per conoscerlo. A questa spezia di origine indiana sono riconosciute qualità di grande interesse sul piano medico. La curcuma longa ha dimostrato una potente attività antinfiammatoria naturale e proprietà antinfettive di estremo interesse (appartiene alla stessa Libro_ColazBenessere.indb 17 17 famiglia dello zenzero). È quindi un prodotto di spicco sul piano della modulazione naturale del sistema immunitario. Molte ricerche recenti hanno dimostrato una sua attività sul piano antitumorale; questo tubero ha inoltre un ruolo importante nella prevenzione di malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Già così è una meraviglia, ma ora sappiamo che ha anche proprietà antidepressive, agendo sul sistema nervoso centrale nella regolazione di due importanti neurotrasmettitori, come la serotonina e la dopamina, coinvolti nella modulazione degli stati emotivi. L’azione dei curcuminoidi (tra le sostanze attive della pianta) è pienamente sinergica a quella degli antidepressivi chimici e permette di ottenere una migliore modulazione della concentrazione di serotonina e dopamina. Noi acquistiamo curry in tutti i Paesi orientali in cui ci rechiamo. Suggeriamo a chiunque ne abbia l’occasione, durante un viaggio di lavoro o una vacanza, di acquistarne piccole quantità di diversa composizione. Lo aggiungiamo alle preparazioni salate a base di carne, ma anche al pesce e alle verdure, e persino in alcuni dolci. Il curry che preferisce Marina è quello più speziato e meno piccante. Quello preferito da Attilio è sicuramente il più “hot”. A Michela piacciono entrambi. Il “tallone di Achille” di Marina è il piccante, e ritiene che chi lo desideri deve poterlo aggiungere (a ragione), in qualsiasi piatto proposto nel libro, anche se nella ricetta non è stato menzionato. Per quanto riguarda il peperoncino, l’unico cibo per il quale Marina lo accetterebbe è il gelato al cioccolato, e infatti lo metterebbe volentieri, sempre in quantità moderata, anche nella cioccolata calda. Il peperoncino è un po’ come il prezzemolo: si può aggiungere ovunque e, per chi lo ama, diventa una presenza indispensabile. 17/09/14 09.34 Libro_ColazBenessere.indb 18 17/09/14 09.34 Pronti? Via... 2 Parte 2 Libro_ColazBenessere.indb 19 17/09/14 09.34 20 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 1, Grassi e oli: il buono e il cattivo Pronti? Via... CAPITOLO 1 GRASSI E OLI: IL BUONO E IL CATTIVO Grassi buoni e grassi cattivi La “colpa” dell’idrogenato Di solito i grassi (di cui fanno parte anche gli oli) sono distinti in “buoni” e “cattivi”, con una separazione che risulta già abbastanza immediata. Il punto è: quali siano da definire “buoni”, quali “cattivi”, e quali siano i motivi effettivi di tale giudizio. Il discrimine dipende, fondamentalmente, dal fatto che gli stessi siano dannosi o benefici per le arterie dei mammiferi. All’inizio non era proprio così: fino a qualche anno fa, la principale distinzione era tra grassi vegetali e animali. Questo ha fatto sì che nel primo dopoguerra molte persone preferissero friggere qualsiasi cosa nella margarina invece che nel burro, convinte di agire bene. Nelle preparazioni industriali i grassi saturi o idrogenati sono generalmente preferiti poiché “meglio addensanti”: a temperatura ambiente, essi sono solidi e non liquidi, come i grassi tendenzialmente insaturi, e permettono quindi di comporre creme dense e omogenee che non rilasciano olio, mescolandosi meglio agli altri ingredienti. Il costo etico di una crema siffatta è tuttavia alto, soprattutto se si tratta di creme e di prodotti indirizzati ai bambini: i grassi saturi (tendenzialmente i grassi animali, messi dalla parte dei “cattivi”) alzano l’LDL (il colesterolo che fa male) lasciando invariato l’HDL (il colesterolo che protegge dal danno cardiovascolare); i grassi idrogenati (quelli di cui ci stiamo occupando) fanno anche peggio, alzando il primo e abbassando anche il secondo, producendo danno cardiovascolare in maniera più potente. Le differenze tra “saturo” e “idrogenato” non finiscono qui: ci sono studi che mostrano chiaramente che i grassi saturi (come quelli della carne) non sono così deleteri per le arterie e per il cuore quando vengono associati a un almeno modesto consumo di oli buoni (insaturi) e frutta e verdura in abbondanza (che hanno un effetto protettivo sulla stessa mortalità cardiovascolare) (Artaud-Wild S.M. et al, Circulation. 1993; 88: 2771-2779). [http://circ.ahajournals.org/ content/88/6/2771.short]. In teoria, un principio simile potrebbe applicarsi anche al consumo di grassi idrogenati, ma, di fatto, non si evidenzia, quindi è meglio in genere evitarli. Il motivo è probabilmente da ricercarsi nel fatto che, per chi mangia carne, risulta più facile abbinarvi dell’insalata o qualche goccia di olio crudo; la merendina ricca di grassi idrogenati è, invece, solitamente il sostituto di uno spuntino potenzialmente sano che potrebbe essere fatto con frutta o con qualche noce (grassi buoni); questi alimenti, quindi, vanno persi e non partecipano all’alimentazione. Riassumendo, meglio i grassi insaturi dei saturi e meglio i non idrogenati degli idrogenati, tenendo comunque presente che anche i grassi considerati “cattivi” possono essere consumati con relativa serenità, qualora si desse generalmente la preferenza ai grassi “buoni”, e se gli stessi si consumassero in un contesto comprendente anche gli antiossidanti e i fattori protettivi di frutta e verdura. Le margarine e il burro Oggi sappiamo che la margarina, un grasso che è, sì, vegetale, ma anche “idrogenato”, è dannosa per le arterie e le membrane cellulari esattamente quanto il burro, e anche un po’ di più: in essa manca, infatti, la vitamina D; inoltre, le catene di cui sono composti i suoi grassi sono più lunghe e quindi meno metabolizzabili rispetto al corrispettivo animale (un grasso che non viene metabolizzato resta nelle arterie e fa danno). Inoltre, di partenza, la margarina contiene più grassi “trans” (grassi super cattivi che generalmente si sviluppano con la cottura) rispetto al burro. In realtà esistono diversi tipi di margarina, secondo il livello di idrogenazione che si è voluto ottenere: margarine più dense e solide a temperatura ambiente saranno più idrogenate e quindi potenzialmente più dannose. Quelle più morbide saranno, invece, meno idrogenate e quindi preferibili, qualora si desideri usarne. Cos’è un grasso idrogenato? La margarina è in partenza uguale a un olio e viene “idrogenata” per farle acquisire, alle normali temperature, una consistenza più compatta, spalmabile e simile a quella del burro, naturalmente “idrogenato”. Il termine si riferisce al modo con cui si modifica la molecola del grasso perché, a temperatura ambiente, resti adesa alle altre in una forma più o meno solida. E un grasso saturo? Un altro modo per dire “idrogenato” è “saturo”, e un altro modo per dire “non idrogenato” è “insaturo”. Il primo termine si riferisce alla presenza o assenza del processo chimico sopra accennato, mentre il secondo prende in considerazione la struttura definitiva del grasso (saturo, con tanti idrogeni, e insaturo, con pochi idrogeni). I due termini possono essere usati, quindi, come sinonimi, ma un grasso saturo può essere sia idrogenato (ottenuto per procedimento chimico, come la margarina) sia non idrogenato (naturalmente saturo, come il burro). Libro_ColazBenessere.indb 20 “Grassi vegetali non idrogenati”, bene ma con cautela I grassi “buoni” sono generalmente identificati con i grassi vegetali “non idrogenati”. Tale identificazione è spesso sfruttata dalle multinazionali che usano tale dicitura (legale) in etichetta senza specificare il tipo di olio in realtà utilizzato. Non tutti gli oli vegetali sono necessariamente buoni, anche se non idrogenati. L’olio di palma, con una percentuale di grassi saturi che arriva anche a superare l’80%, è, ad esempio, sconsigliato, così come lo è l’olio 17/09/14 09.34 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 1, Grassi e oli: il buono e il cattivo di colza, che contiene acido erucico, dimostratosi tossico per i mammiferi (oggi esso è utilizzabile in Italia in miscela con altri oli, in quantità però non superiore al 5%). Un caso particolare tra gli oli vegetali non idrogenati e comunque riccamente saturi è quello dell’olio di cocco, contenente un’alta quantità di grassi saturi che però sono a catena di media lunghezza (come quelli del burro), e quindi tutto sommato abbastanza facilmente metabolizzabili. Meglio insaturi, ma dove li trovo? Gli oli davvero “buoni” sono quelli per lo più insaturi (sia mono che polinsaturi), di cui fanno parte anche i celebri Omega 3 e Omega 6, entrambi polinsaturi. Questi ultimi sono detti “essenziali” perché l’uomo non può costruirli e deve assumerli dall’esterno. Gli Omega 3 sono presenti in grandi quantità nel pesce, ma anche negli oli più svariati (anche se l’olio di lino, tra gli oli che si trovano nei supermercati, è quello che contiene in assoluto più Omega 3, che sono un po’ più difficili da trovare rispetto agli Omega 6). È bene, comunque, sapere che Omega 3 e Omega 6 sono presenti nei semi oleosi e nella frutta a guscio più tipica (da scegliere fresca) e quindi negli oli di qualunque tipo, dall’extra vergine di oliva al mais (purché spremuto a freddo), anche se in quantità variabile. Tali grassi si trovano, tuttavia, anche nei cereali integrali e in alcuni tipi di frutta e verdura. Una dieta varia, che contenga questi tipi di alimenti, di solito, soddisfa già tale bisogno. Perché meglio insaturi, l’attenzione alla cottura e non solo Prediligere l’uso di grassi mono e polinsaturi rappresenta un importante fattore di protezione cardiovascolare e non solo: essi possono svolgere un’azione antinfiammatoria generale e si rivelano importanti nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi, delle patologie neoplastiche e dei dolori articolari, nonché, più semplicemente, del mal di testa, dell’acne, o delle reazioni allergiche. Attenzione, però: essi vanno tendenzialmente consumati “a crudo”. Consumare “a crudo” significa evitare la cottura dell’olio stesso: gli Omega 3, soprattutto, tendono a modificarsi molto facilmente a mano a mano che la temperatura si alza. Tutti i grassi (anche quelli saturi) tendono a modificarsi con il calore; in particolare, l’effetto è quello di una parziale deidrogenazione (perdita di atomi di idrogeno), con la concomitante acquisizione di una forma cosiddetta “trans” (per la nuova posizione degli idrogeni sulla molecola). Questa particolare forma del grasso (cotto) è proprio quella che prima abbiamo definito “del grasso super cattivo”, con un’azione molto simile a quella spiegata per i grassi vegetali idrogenati (innalzamento del colesterolo che fa male e abbassamento del colesterolo che fa bene, con tutto ciò che ne consegue). Come usare l’olio in cucina La scelta migliore per cuocere qualsiasi piatto è quella di farlo senza oli, aggiungendo, se possibile, dell’acqua di tanto in tanto (in questo modo la temperatura di cottura non supera i 100 °C dell’ebollizione e si proteggono anche i grassi naturalmente contenuti nella preparazione), e usando gli oli preferiti, senza Libro_ColazBenessere.indb 21 21 cuocerli, una volta terminata la cottura. Ciò permette di dare gusto, omogeneità e sapore al piatto, lasciando intatte le proprietà nutritive dell’olio e di ciò che si è cucinato (gli Omega 3 contenuti in un eventuale piatto di pesce sono risparmiati se la cottura è a bassa temperatura). Grazie a particolari sostanze antiossidanti presenti in varia misura nei diversi oli, ognuno di essi possiede comunque una diversa reattività all’azione degli agenti fisici e quindi del calore. Gli oli che conservano maggiormente le loro caratteristiche, se sottoposti a più alte temperature, sono l’olio extra vergine di oliva (in quanto ricco di antiossidanti) e l’olio di arachide (che resiste bene fino a temperature un po’ più alte degli altri). Questi sono gli oli da preferire quando “ungere” la padella è “assolutamente necessario”, ricordando che, anche in questo caso, è meglio limitare la cottura dell’olio a brevi periodi e che la temperatura di cottura deve essere mantenuta la più bassa possibile. Riassumendo È meglio preferire gli oli vegetali non idrogenati (scegliendoli “spremuti a freddo” ci si assicura che le modificazioni che preferiamo evitare in cottura non siano già avvenute durante l’estrazione: questa è quindi l’opzione ottimale), leggendo, dove possibile, i valori nutrizionali dell’olio o del prodotto, per meglio comprendere la quantità di grassi saturi (da evitare) e insaturi (da preferire) che essi contengono realmente. I grassi animali non sono necessariamente cattivi. Senza voler diventare “burrivori”, il burro rappresenta una scelta eccezionale spalmato su una fettina di pane integrale o appena sciolto su un pancake. I grassi resteranno saturi (ricordando, peraltro, che quelli del burro sono a catena di media lunghezza come quelli dell’olio di cocco), senza tuttavia diventare dannosi come quei grassi “trans” di cui abbiamo parlato prima, mantenendo le caratteristiche di golosità utili e apportando anche qualche vitamina positiva per la memoria, l’umore e le ossa (vitamina D). È utile ricordare che la loro azione negativa è molto mitigata se sono assunti in concomitanza con altri grassi insaturi (come, ad esempio, qualche noce o una fettina di salmone affumicato) e con gli antiossidanti di frutta e verdura. Una notazione calorica Un’ultima notazione riguarda le calorie: i grassi sono gli elementi nutritivi con il maggior numero di calorie per grammo. Come si leggerà nel Capitolo 9, è bene ricordare che esse non sono l’unico metodo per valutare la “forza ingrassante” di un alimento, e che anzi, talvolta, risultano fuorvianti. L’esempio tipico è quello del piatto di patate con e senza olio: una persona alla quale non sia stato ancora posto l’indovinello tenderà a pensare che il piatto con l’olio ingrassi di più di quello senza. Nella realtà dei fatti accade invece il contrario: l’aggiunta dell’olio sulle patate riduce la velocità di assorbimento degli zuccheri e degli amidi presenti nelle patate stesse e modula, quindi, sia l’appetito successivo sia la secrezione di insulina (che, tra le altre cose, è anche l’ormone dell’accumulo). Ecco che le calorie non sono l’unico parametro di cui tenere conto e che l’aggiunta di qualche goccia di olio (preferibilmente a crudo) può diventare un’alleata importante nel controllo della forma fisica e nel supporto della salute. 17/09/14 09.34 22 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 2, I lieviti e la fermentazione Pronti? Via... CAPITOLO 2 I LIEVITI E LA FERMENTAZIONE I lieviti: fermentato o non fermentato? Si tratta di uno dei temi che affrontiamo più spesso quando si tratta di discutere o di proporre uno schema alimentare personalizzato. L’infiammazione da cibo dovuta alle sostanze fermentate o ai lieviti, insieme alle reazioni al glutine e ai derivati del latte, è tra quelle più diffuse nel mondo occidentale, e la necessità di conoscere quali siano i cibi sostitutivi è sempre più elevata. Quando si prepara un piatto o si organizza un pasto, anche una prima colazione, volendo controllare la quantità di sostanze fermentate introdotte con gli alimenti, è necessario avere compreso molto bene che cosa significhi “fermentazione” e quali sono gli alimenti in cui possiamo trovarne traccia. Fermentazione: avviene anche senza lievito aggiunto Per chi cucina, questo è il primo scoglio da superare. I cibi da controllare nel caso di una reazione ai lieviti non sono solo quelli che contengono lievito, ma anche quelli che portano in sé gli effetti di una precedente fermentazione: sostanze, cioè, che hanno comunque subito un naturale processo di trasformazione o anche una lievitazione naturale, senza che vi sia stata aggiunta una specifica sostanza lievitante o fermentante. Classicamente, dopo poche settimane di dieta “corretta”, molte persone sono tratte in inganno dalla scoperta (al supermercato, in farmacia o in erboristeria) di prodotti da forno “senza lievito aggiunto” e credono erroneamente di avere finalmente trovato il pane “giusto”. Questo non è vero, e nella maggior parte dei casi chi comincia un tale tipo di sostituzione si ritrova, in poco tempo, a riprovare quei sintomi dai quali stava magari guarendo. Si deve, quindi, prestare la massima attenzione all’acquisto e all’uso di pani, biscotti, crostini o altro per i quali venga sbandierata l’assenza di lievito, senza che nulla sia detto della fermentazione naturale che in essi si sviluppa. Fermentazione: anche in prodotti inaspettati Lo sviluppo della conoscenza passa sempre attraverso l’esperienza, quella che negli anni abbiamo maturato nei nostri centri clinici di Milano (SMA e GEK), presentando i nostri dati su Eurosalus.com e RecallerProgram.com, i siti di riferimento per chi studia l’infiammazione da cibo. Nel corso del tempo, il dettaglio degli alimenti fermentati si è gradualmente accresciuto grazie alla verifica sul campo di reazioni ad alimenti che inaspettatamente si dimostravano “fermentati” anche se, fino a 20-25 anni fa, nessuno se lo sarebbe aspettato. Libro_ColazBenessere.indb 22 In particolare, facciamo riferimento al miele, che contiene lieviti osmofili (come ci hanno insegnato gli apicoltori) e che quindi, pur essendo un alimento sano e ben composto, può contribuire a mantenere elevata la reazione nei confronti di questo gruppo alimentare. Lo stesso vale per il tè nero, che deve il suo caratteristico aroma alla presenza di lieviti e muffe particolari (tipici del luogo di produzione del tè) che si liberano a contatto con l’acqua calda. Come amiamo spesso dire, una tazza di tè contiene un infuso di Camelia sinensis cui si aggiunge un “bagnetto” di quelle muffe e lieviti che danno l’aroma caratteristico di un “Earl Grey” o di un “Lapsang Souchong” o di infiniti altri. Va ricordato, inoltre, che il fatto di avere a disposizione un prodotto biologico e sano (ad esempio, aceto di mele biologico) non elimina il problema della sua fermentazione. Anche i migliori aceti di mele biologici, nonostante in molti siti internet siano spesso indicati nelle diete contro la Candida (si dice lo stesso perfino dello yogurt), sono comunque fermentati e devono essere controllati all’interno di un piatto in cui si voglia evitare la fermentazione. Lievito chimico e pasta madre a lievitazione naturale La fermentazione in sé non è né buona né cattiva. Semplicemente, esiste, e bisogna prenderne atto per quello che ci serve. Se abbiamo la necessità di ridurre l’assunzione di sostanze fermentate, va ridotta anche la fermentazione naturale indotta dalla pasta madre, per buona e naturale che sia. Sappiamo perfettamente che la fermentazione naturale è preferibile a quella indotta dal lievito chimico o dalla presenza del lievito di birra, ma questo non toglie che sia comunque una fermentazione, a contatto con la quale un organismo manifesta una possibile reazione infiammatoria. Spesso, infatti, dobbiamo discutere a lungo con le persone che ritengono che la lievitazione naturale non possa essere che positiva per l’organismo. Quando esiste la necessità di controllare la lievitazione in alcuni giorni della settimana, questo va fatto anche nei confronti di quella naturale. A seguito dell’effettuazione di RecallerProgram, il test che oggi utilizziamo specificamente per capire quali alimenti inducano una infiammazione da cibo, in una settimana di controllo intenso della lievitazione (lo schema più rigido che viene attuato in questi casi) ci sono comunque ben sette pasti liberi alla settimana, e normalmente l’evoluzione verso la guarigione porta in qualche mese al controllo dietetico da applicare in soli due giorni della settimana. Non si elimina mai un cibo, e chiunque può usare i suoi prodotti preferiti anche nelle settimane di dieta “stretta”. 17/09/14 09.34 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 2, I lieviti e la fermentazione Un ripasso della scheda dei prodotti fermentati Oltre ai cibi che contengono direttamente lieviti, nei quali è nota e chiara la presenza di lievito di birra, di lievito chimico o di lieviti madre, l’evidenza clinica ci ha indicato che la maggior parte delle persone con una infiammazione da cibo dovuta ai lieviti e alle sostanze fermentate trae giovamento dalla rotazione o dal controllo nella dieta anche di tutti i prodotti variamente fermentati. I lieviti vanno ritenuti presenti negli alimenti di seguito indicati. a. Tutti i prodotti lievitati da forno: pane, cracker, grissini, fette biscottate, biscotti, dolci, prodotti di pasticceria e di panificazione in genere, compresi quelli detti “a fermentazione naturale”, per i quali si usa comunque una pasta madre lievitata (che passa giornalmente da un impasto all’altro). La restrizione sui prodotti da forno va estesa anche ai cibi cotti in forno in cui sia contenuta farina. Anche in assenza di lievito aggiunto, infatti, durante la cottura le farine subiscono una parziale lievitazione. Questo significa che anche il pane azzimo o altri tipi di pane e fette, anche se riportano la scritta “senza lievito”, vanno inclusi nell’elenco (la miscelazione e la cottura del pane azzimo determinano comunque un parziale processo di fermentazione, anche se ridottissimo): le fette tipo Wasa, il pain croustillante, le piadine, la carta da musica sarda; sono, invece, ammessi gli estrusi e le fette di cereali soffiati. Un ridotto processo di fermentazione avviene anche quando si lasci la pasta fatta in casa, umida, a seccare naturalmente. Potrebbe essere necessario, in alcuni specifici casi, controllare anche l’assunzione di questi alimenti (tagliatelle, orecchiette ecc.), mentre spaghetti, farfalle o altra pasta di grano duro sono perfettamente utilizzabili dalle persone che reagiscono ai lieviti. b. Funghi (essendo essi stessi miceti come i lieviti): sia che si tratti di champignon, porcini, funghi secchi o altro. c. Miele d. Seitan: prodotto proteico ottenuto dalla fermentazione del glutine. e. Tutti i formaggi: sia freschi (compresa la ricotta, in un primo tempo) sia stagionati, il tofu (formaggio di soia), lo yogurt anche se a fermentazione naturale, sia di latte vaccino sia di soia. f. Le bevande fermentate: la birra, il vino, tutti gli alcolici, il tè, che viene fatto fermentare nei luoghi di produzione per acquisire il suo particolare aroma (sono utilizzabili, invece, il tè verde, che non è fermentato, gli infusi di erbe e il karkadè). In questo gruppo rientrano anche il bortsch, la tipica minestra russa a base di barbabietole lattofermentate, e il miso, da controllare perché è preparato per fermentazione dalla soia. g. Condimenti: l’aceto (anche quello di mele), i dadi da brodo (in quasi tutti, anche in quelli naturali, sono presenti lieviti), la maionese industriale (che quasi sempre contiene anche aceto). Libro_ColazBenessere.indb 23 23 h. Salse macrobiotiche (sono quasi tutte fermentate, come la salsa di soia e tamari e il miso). i. Frutta o verdura essiccata: pomodorini, olive, uvetta, albicocche, prugne secche ecc. In genere, anche se potrebbe essere richiesta una maggiore attenzione anche per i semi oleosi essiccati (noci, arachidi, nocciole, mandorle), nelle normali condizioni di uso e di conservazione, il deposito superficiale di miceti e funghi è molto ridotto ed è considerato accettabile per l’uso in chi manifesta reazioni specifiche. j. Tra i farmaci: gli estratti di lievito, ma anche molti integratori vitaminici (in particolare quelli del gruppo B) perché vengono spesso estratti da lieviti. k. Avanzi di cibo: cibi lasciati a fermentare oppure ortaggi conservati molto a lungo. Quando un cibo comincia a diventare acidulo dopo essere rimasto conservato più o meno a lungo, o perché già in partenza era stato acidificato anche se con solo limone, significa che sta producendosi una fermentazione acida. Alimenti che tendono ad avviare rapidamente questo tipo di fermentazione sono alcune verdure cotte, il couscous, le minestre di fagioli, la frutta a pezzi e la macedonia zuccherata. Dopo alcuni giorni, anche la frutta e le verdure conservate all’aria aperta (ma anche i succhi di frutta conservati aperti in frigorifero) iniziano un processo di ossidazione che può interferire con l’efficacia della dieta. Anche le piccole macchie scure che si formano su frutta e verdura devono mettere in allarme: si tratta di miceti che in questo tipo di dieta vanno evitati. Il riso scolato può essere conservato abbastanza a lungo in frigorifero senza che subisca specifiche fermentazioni e lo stesso vale per le patate bollite: entrambi questi alimenti possono essere usati come sostituti del pane, quindi è bene sapere che se ne può fare una “relativa” scorta. l. Acido citrico: è un conservante contenuto in moltissimi alimenti in sostituzione del succo di limone e utilizzato in moltissime bevande industriali. Deriva dall’Aspergillus (un fungo) geneticamente modificato. m. Attenzione alla masticazione: è bene masticare il più possibile i cibi prima di deglutirli, perché i pezzi di cibo ingeriti e non sminuzzati a sufficienza rimangono inevitabilmente nello stomaco più a lungo, dando luogo a un inizio di processo di fermentazione. Non mangiare pane per evitare i cibi fermentati ha la stessa importanza del non lasciare che un cibo fermenti dentro lo stomaco a causa della mancata masticazione. Ricordiamo di aiutarci cercando di “posare la posata” dopo ogni boccone per rendere consapevole il gesto di portare alla bocca il cibo, un atto che troppo spesso viene fatto senza pensare, d’istinto o per fretta quando non abbiamo ancora terminato di masticare il boccone precedente. È un semplice cambiamento, ma di grande aiuto per chi fatica a mangiare più lentamente. 17/09/14 09.34 24 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 2, I lieviti e la fermentazione Pronti? Via... Particolari attenzioni per chi cucina Gli aspetti più pratici da tenere a mente sono quelli che riguardano l’aggiunta di sostanze fermentate che fanno parte della consuetudine culinaria italiana. La semplice aggiunta di un po’ di formaggio grattugiato non può essere fatta. Una sostituzione con un po’ di latte, oppure con un po’ di mandorle grattugiate sarà ottima. L’uso di un po’ di vino o di aceto nella preparazione di un cibo va considerato critico (in realtà dopo un po’ di tempo queste aggiunte saranno perfettamente tollerate dall’organismo, ma in fase iniziale è bene che l’attenzione sia più precisa). L’uso di farine di cereali inserite in preparazioni liquide lasciate in attesa possono determinare fermentazione. Se si prepara una crêpe (vedi pag. 64) immediatamente dopo aver miscelato uova, farina e liquidi (latte o acqua), non si sviluppa fermentazione. Se si prepara la miscela e si aspetta a usarla, è possibile che la fermentazione inizi a svilupparsi. Libro_ColazBenessere.indb 24 Generalmente farine di ceci, castagne, patate, usate da sole, non determinano una specifica lievitazione o, quantomeno, questa rimane nei limiti dell’accettabilità. Se, invece, sono miscelate con altre farine di cereali, la fermentazione avviene. Ricordiamo che vanno considerati fermentati anche: 1. prodotti da forno con dicitura “senza lievito aggiunto”; 2. prodotti inaspettati, come il miele, l’aceto di mele, i diversi tè neri; 3. frutta essiccata (albicocche, prugne ecc.); 4. prodotti a base di farine di riso o avena (simili agli estrusi), fatti però con farina. Essi traggono spesso in inganno perché sono in realtà prodotti da forno, descritti senza aggiunta di lievito, che assomigliano però alle confezioni di estrusi. 17/09/14 09.34 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 3, Proteine… anche a prima colazione 25 CAPITOLO 3 PROTEINE… ANCHE A PRIMA COLAZIONE Gli italiani e le proteine Perché assumerne? Per noi italiani le proteine sono spesso un grande punto interrogativo: anche persone di cultura o laureate fanno talvolta fatica a ricordare che cosa sia una proteina e quale sia il suo valore. Le informazioni da cui si è bombardati sono spesso contrastanti, così l’idea che ciascuno si fa sulle proteine è talvolta diversificata e discutibile, fino ad arrivare alla convinzione dei più: “Proteine? Io ne assumo tantissime, perché bevo sempre il latte a colazione”. Affermazione che giustifica l’introduzione di meno del 10% di quelle richieste dall’OMS per una persona di 70 kg di peso. Il latte, infatti, contiene circa 3 g di proteine per 100 g di prodotto. Assumendo una tazza abbondante di latte, si assumeranno circa 8 g di proteine del latte, all’incirca il corrispettivo delle proteine presenti in due fette di pane integrale, che nei casi migliori ne contiene 14-15 g per etto. Il latte, quindi, non è forse esattamente la fonte proteica primaria su cui fare affidamento (si consideri, in ogni caso, che il latte di soia ne contiene generalmente ancora meno, anche se la quantità di carboidrati in esso presente è percentualmente minore). Tutte le nostre cellule sono costituite da composti proteici e da aminoacidi (tanti aminoacidi insieme formano una proteina). Il nostro ricambio cellulare è altissimo (soprattutto se è in corso un processo infiammatorio), ed ecco che le proteine diventano essenziali per rendere questo ricambio possibile e funzionale e per mantenere in salute i tessuti (dalla pelle, all’intestino, ai legamenti). Assumere una giusta quota di proteine accanto ai carboidrati usuali permette, inoltre, di bilanciare l’impatto glicemico di quello che si sta mangiando. Per dirla in parole facili, aggiungere qualche proteina farà venire meno fame, farà ingrassare di meno e controllerà il processo infiammatorio che avrebbe luogo con l’assunzione di soli carboidrati. Assumere qualche proteina in più darà energia, stimolerà il metabolismo e manterrà l’organismo tendenzialmente più in salute… e con più gusto di quello che ci si potrebbe aspettare. Dove e quante sono? Di solito si considerano alimenti proteici quelli che contengono più proteine che carboidrati; in particolare, si tratta di uova, pesce, carne, crostacei, semi oleosi e frutta a guscio, formaggi (di latte vaccino o vegetale) e seitan, che è il prodotto della fermentazione del germe di grano, ad alto contenuto di glutine. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le proteine da assumere ogni giorno dovrebbero essere circa un grammo per ogni chilogrammo di peso corporeo. Ciò significa che una persona che pesi 60 kg dovrebbe assumere almeno 60 g di proteine pure. Non poco, se si considera che in 100 g di alimento “proteico” (come il pesce o la carne) ci sono circa 20 g di proteine pure (sono un po’ di più nei semi oleosi e nella frutta a guscio). Ecco, quindi, che, per arrivare ad assumerne ogni giorno la quantità sufficiente, è utile cominciare a introdurre qualche proteina fin dalla prima colazione e usare abitualmente carboidrati integrali e leguminose come parte carboidratica (le leguminose e i cereali integrali hanno circa lo stesso quantitativo di proteine, per entrambi più alto di quello dei cereali raffinati). Libro_ColazBenessere.indb 25 La questione economica Tra le fonti di proteine a basso costo, generalmente denigrate, ci sono, ad esempio, le uova: a conti fatti, un piatto composto da due uova, riso integrale bollito e qualche verdura a lato costa esattamente quanto un caffè con brioche al bar. La differenza sta nel diverso apporto energetico, nel diverso sostegno alla salute, nell’evitare di spendere altro in spuntini alle macchinette e nell’ottenere una maggiore capacità di attenzione sul posto di lavoro o a scuola. Un vero guadagno per chi abbia scelto la colazione “più proteica”, allo stesso costo di quella che non lo era. Una considerazione in più? Un piatto di carne bianca costerà tendenzialmente un po’ di più di un piatto di pasta con passata di pomodoro, ma, se cercato con un minimo di attenzione, quello stesso piatto di carne costerà meno di un pacchetto di caramelle gommose o di altro tipo. Le proteine, in fondo, dedicando un po’ di attenzione alla loro ricerca, possono essere molto più economiche di quanto si pensi di solito. 17/09/14 09.34 26 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 4, Semi oleosi cotti o no Pronti? Via... CAPITOLO 4 SEMI OLEOSI COTTI O NO Una semplice noce, oppure qualche seme oleoso, sono integratori naturali che possono arrestare il declino cognitivo e aiutare a prevenire l’Alzheimer (come pubblicato nel 2012 su Neurochemical Research) e la demenza senile (British Journal of Nutrition, 2011). L’uso di mandorle per sostituire il 20% delle calorie della dieta (50-80 g al giorno) da parte di persone in sovrappeso, diabetiche e con una notevole infiammazione diffusa consente di ridurre le necessità farmacologiche di insulina (e di altri farmaci) grazie al netto miglioramento della sensibilità insulinica e alla riduzione dell’infiammazione, facilitando quindi lo spontaneo riequilibrio delle anomalie degli zuccheri (European Journal of Nutrition, 2013). Omega 3 e Omega 6 Tutto questo avviene perché i semi oleosi sono una delle fonti primarie di Omega 3 e Omega 6 vegetali “buoni” e contengono una elevata quota di proteine (anche fino al 30-35%), che regolano il rapporto con i carboidrati, troppo spesso presenti in eccesso nella dieta, facilitando la resistenza insulinica. L’importante è che mandorle, nocciole, noci, arachidi, pinoli, pistacchi e semi di girasole siano al naturale, cioè non siano tostati, arrostiti o salati, procedimento che altera profondamente la loro ricchezza nutritiva. La prevenzione dell’Alzheimer, ad esempio, sembra dovuta specificamente a un’azione di segnale intercellulare e, contemporaneamente, di controllo dell’infiammazione; tale fattore spiega anche l’azione protettiva nei confronti della degenerazione cerebrale ad opera di sostanze come l’olio di pesce, la vitamina D3, l’olio di perilla e l’olio di ribes nero. Mangiare semi oleosi non cotti Gli oli che assumiamo con i semi oleosi sono, perciò, in grado di mandare segnali salutari alle cellule dell’organismo, a patto che siano ben conservati, senza ossidazione e non cotti. Le mandorle, semplicemente seccate e, possibilmente, biologiche, sono quindi degli alimenti funzionali importanti. I fantastici gherigli delle noci sono in grado di rallentare e, a volte, di opporsi alla progressione della demenza e dell’Alzheimer, forse per la loro forma, che ricorda gli emisferi cerebrali, o semplicemente per l’analogia di composizione legata agli oli che la compongono. Nel momento in cui i semi oleosi sono cotti ad alte temperature, la maggior parte dei loro benefici si riduce. Per questo suggeriamo, nelle nostre ricette, di usare temperature controllate nella cottura o di aggiungere i semi oleosi (ove possibile) nelle ultime fasi di preparazione. Libro_ColazBenessere.indb 26 Reazione al nichel: attenzione ai grassi cotti Da anni, grazie all’esperienza clinica accumulata nei nostri centri allergologici, segnaliamo che, in caso di intolleranza o di ipersensibilità alimentare ai composti che contengono nichel, vanno inseriti nel controllo dietetico anche i grassi idrogenati vegetali e i grassi vegetali cotti (fritti, soffritti ecc.). Limitandosi al controllo dei soli prodotti classicamente ricchi di solfato di nichel (come i pomodori, i kiwi, l’avena e gli spinaci), spesso non si ottengono i risultati cercati con una dieta, mentre il controllo effettuato anche sui grassi vegetali idrogenati e sui grassi vegetali cotti consente di raggiungere l’obiettivo. In parte questo è spiegato dal fatto che, nella preparazione dei grassi idrogenati e delle margarine, possono rimanere dei residui di nichel dovuti alla lavorazione industriale; in molti casi provocano reazione anche i semi oleosi, soprattutto se tostati, sebbene il loro contenuto in nichel non sia elevato. Conferme scientifiche La ricerca scientifica ha confermato la nostra esperienza pratica e clinica. Riteniamo che l’organismo riconosca una conformazione simile a quella spesso associata al nichel (come avviene per i grassi vegetali idrogenati) e reagisca anche nei confronti di miscele di oli che gli assomigliano; per questo nelle nostre diete di controllo del nichel invitavamo alla cautela nell’uso dei semi oleosi, soprattutto se cotti o tostati. Un lavoro pubblicato su Allergy nel 2013 ha precisato che la reazione allergica nei confronti, ad esempio, della noce brasiliana, può avvenire solo quando vi sia la contemporanea presenza di una particolare miscela di grassi correlati con la stessa noce. Sta facendosi strada, in questo modo, un concetto di reazione al cibo legato più a teorie evoluzionistiche di riconoscimento dell’alimento completo piuttosto che all’identificazione pura della singola microcomponente. Mandorle, diverticoli e colite Si ritiene, comunemente, che i semi oleosi non siano da utilizzare in caso di colite o diverticolite, ma alcuni studi (JAMA, 2010) hanno invece dimostrato il contrario e, salvo nelle fasi acutissime di questi disturbi, questi alimenti possono essere assunti con tranquillità anche da chi abbia o abbia avuto diverticoli o altri disturbi intestinali. Questo avviene probabilmente proprio perché le mandorle e gli altri semi oleosi hanno una forte e naturale azione antinfiammatoria. 17/09/14 09.34 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 4, Semi oleosi cotti o no Uso in cucina Semi oleosi come antifame La scelta dei semi oleosi deve cadere su preparazioni che non abbiano subito ossidazione. Delle noci sgusciate e lasciate per un anno in un barattolo esposto alla luce, oltre ad avere sapore di rancido, non hanno più il loro potere. Le mandorle, nella loro buccia scura, sono più protette. È importante acquistare prodotti possibilmente biologici, mantenerli protetti e usarli per tempo. Ove possibile, vanno aggiunti alla fine della cottura (ad esempio, preparando una torta, è buona norma aggiungerli come guarnitura finale) oppure predisporre la cottura a temperatura non elevata. L’aggiunta di una pasta di mandorle o di pistacchi in un sugo è più salutare se fatta alla fine della cottura. Nelle prime colazioni i semi vanno aggiunti così come sono alle numerose preparazioni che abbiamo presentato in questo libro. Si tratta di una scelta vantaggiosa per il futuro di tutta la famiglia. Forse, grazie a produttori del biologico che ci aiutano a conoscere meglio le produzioni del nostro Sud, riusciremo a capire che le mandorle non servono solo per fare l’orzata... Tutti i semi oleosi hanno un ottimo contenuto di proteine e aiutano chiunque debba bilanciare meglio il rapporto con i carboidrati a comporre piatti che abbiano un minore impatto sull’aumento del peso e aiutino a ridurre la resistenza insulinica. Alcuni dati scientifici relativi ai semi oleosi sono ben noti: l’elevato contenuto di proteine li rende uno spuntino ideale, in grado di spezzare la fame. Mentre uno snack a base di carboidrati (una barretta, un pezzo di focaccia, un pacchettino di cracker) determina un immediato picco glicemico, i semi oleosi hanno un indice glicemico sicuramente basso e, grazie al loro contenuto di oli vegetali, attivano anche la colecistochinina, una sostanza in grado di ridurre la fame senza provocare picchi glicemici che facilitano l’ingrassamento. Libro_ColazBenessere.indb 27 27 17/09/14 09.34 28 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 5, Latte, latti e lattosio Pronti? Via... CAPITOLO 5 Latte, latti e lattosio La possibilità di soffrire di una intolleranza al lattosio o di una reazione infiammatoria alle proteine del latte (due condizioni spesso associate, ma completamente diverse una dall’altra) è oggi notevolmente diffusa. Spesso la confusione tra queste due condizioni è mantenuta volutamente dalle comunicazioni di marketing dell’industria lattiero-casearia. Intolleranza al lattosio L’intolleranza al lattosio (lo zucchero presente nel latte) non riguarda il sistema immunitario, ma dipende dall’incapacità del sistema digerente di digerire completamente il lattosio (formato dall’unione di due molecole di zuccheri diversi) e di trasformarlo in uno zucchero semplice. L’unico effetto che può provocare a chi ne soffre è dato da diarrea e mal di pancia, e dipende dalla dose assunta. Consumando poco lattosio, non succede assolutamente nulla: per avere una reazione reale è necessario assumerne in buona quantità. Persone che dicono di avere diarrea per il semplice contatto con una goccia di latte non devono indagare l’intolleranza al lattosio (si usa di solito un Breath test), ma una possibile infiammazione da cibo dovuta alle proteine del latte vaccino (indagabile oggi, insieme alla evidenza del livello di infiammazione, attraverso un RecallerProgram, ad esempio). Reazione alle proteine del latte L’allergia alle proteine bovine (dipendente dalle Immunoglobuline E) e la reazione infiammatoria al latte (spesso correlata a un livello elevato di Immunoglobuline G) dipendono, invece, da una reazione del sistema immunitario e possono causare sia una reazione allergica (nel caso delle IgE) sia tutti i sintomi dell’infiammazione da cibo, che vanno dal meteorismo all’emicrania, dall’artrite al reflusso, dalla diarrea alla dermatite. Tale reazione non dipende dalla dose introdotta nell’organismo: a scatenarla possono bastare piccole quantità di sostanza. Qualche confusione di termini Il vero problema nasce dalla terminologia utilizzata. Per anni la gente ha chiamato “intolleranze alimentari” i fenomeni infiammatori da cibo dovuti a una reazione immunologica ritardata; per una condizione come la “Gluten Sensitivity” (vedi Capitolo 16), infatti, si usa oggi la definizione di “intolleranza al glutine non celiaca”. Per questo il termine “intolleranza” resta comunque legato, nella memoria, alla reazione immunitaria che genera infiammazione da cibo. Libro_ColazBenessere.indb 28 L’espressione “intolleranza al lattosio”, invece, fa riferimento solo all’aspetto digestivo di uno zucchero e non coinvolge minimamente la reazione immunitaria o infiammatoria. Così la confusione è totale e capita che anche persone che ruotano intorno al mondo sanitario siano incerte sul significato e sulle implicazioni delle diverse terminologie. Cosa fare Un intollerante al lattosio può bere tranquillamente del latte delattosato (ad esempio, latte HD e Zymil) o mangiare formaggi stagionati (in cui il lattosio è stato consumato), senza più avere diarree, ma continuerà ad avere mal di testa o dolori nel caso di reazione alle proteine del latte, ben presenti in qualsiasi latticino, anche se privo di lattosio. Per contrastare l’intolleranza al lattosio (quella biochimica digestiva) basta il controllo della dose introdotta o l’uso di enzimi contenenti lattasi, mentre per la guarigione da una reazione dovuta alle proteine del latte serve la corretta individuazione delle reattività alimentari dell’organismo e l’impostazione di una dieta di rotazione che gradualmente consenta il pieno recupero della tolleranza alimentare. In definitiva, quindi, se si è intolleranti al lattosio può essere suggerita l’assunzione di latte speciale ad alta digeribilità, o di yogurt e formaggi delattosati, o di formaggi stagionati a lungo che non ne contengono quasi più. In caso di infiammazione da cibo dovuta alle proteine del latte, anche questi alimenti (come i biscotti che contengono latte o i gelati) devono essere assunti con una dieta specifica per recuperare la tolleranza verso i prodotti. In alcuni casi dalla dieta di rotazione potrebbe essere esclusa perfino la carne bovina. Nella dieta per l’infiammazione da cibo (intolleranza) dovuta alle proteine del latte, vanno eliminati/ruotati anche i derivati presenti in numerosissime preparazioni dell’industria alimentare, come quelle che riportano in etichetta la presenza di siero di latte, lattoalbumina, lattoglobulina, caseina o proteine del latte. Le scelte alternative al latte Molti sostituiscono il latte vaccino con il latte di altre specie animali, come quello di capra. Si tratta di una scelta che non dà buoni risultati in quanto nel latte di qualsiasi animale è presente una parte terminale della molecola della lattoalbumina che sembra in grado di determinare una reazione crociata nel giro di pochissimo tempo. A fronte di un problema di reazione alle proteine del latte, appare allora preferibile la reintroduzione controllata del latte vaccino piuttosto che la sua sostituzione con prodotti di difficile reperibilità che possono dare un vantaggio solo transitorio. 17/09/14 09.35 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 5, Latte, latti e lattosio Latti vegetali E il calcio? La disponibilità di latti vegetali è oggi molto aumentata rispetto al passato. L’industria sta presentando numerose varianti adatte a tutti i gusti, necessità o profili alimentari. I latti vegetali sostitutivi sono da ricercare senza aggiunta di zuccheri (assolutamente inutili) o oli, che li rendono inadatti alla cottura. In genere i preparati non sufficientemente calorici vengono addizionati di olio di girasole spremuto a freddo e la cottura li rende inadatti a chi abbia reazioni al nichel. I più diffusi sono il latte di soia, di avena, di riso, di miglio, di kamut, di farro e di cocco. Si trovano anche degli ottimi latti di mandorla, che spesso sono addizionati di sciroppo d’agave per una ulteriore inutile dolcificazione. Ognuno di questi latti può aiutare a risolvere un problema per chi abbia reazioni al latte vaccino; vale la pena, tuttavia, di fare attenzione al latte di soia, perché anche la percentuale di individui che reagiscono alla soia e ai suoi derivati è in crescita tra la popolazione. Siamo talmente convinti dell’attuale eccesso di calcio nella dieta umana che non ci spaventa certo il fatto di dover limitare l’uso di latticini. Come indicato in tutte le nostre precedenti pubblicazioni, anche nel caso di una reazione infiammatoria alimentare, fin dalla prima settimana di impostazione dietetica è possibile usare latticini almeno il mercoledì, il sabato sera e la domenica, e poi proseguire con la reintroduzione lenta e progressiva nel corso di qualche settimana o mese, a seconda delle condizioni cliniche di partenza, fino ad arrivare, alla fine, a una dieta in cui latte e lattosio (in modo discreto) possano essere reintrodotti anche nella metà dei giorni della settimana. Siamo invece contrari all’impiego dei latti vegetali addizionati di calcio; si tratta di una manovra puramente legata al marketing dei prodotti, e a tutt’oggi i dati contrari all’eccesso di calcio nell’alimentazione sono molto più evidenti di quelli che lo valorizzano. Libro_ColazBenessere.indb 29 29 17/09/14 09.35 Pronti? Via... 30 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 6, Lo zucchero e gli zuccheri: cosa comportano e come imparare a conoscerli e a sceglierli CAPITOLO 6 LO ZUCCHERO E GLI ZUCCHERI: COSA COMPORTANO E COME IMPARARE A CONOSCERLI E A SCEGLIERLI Lo zucchero e l’indice glicemico “Zucchero” è il nome che generalmente si dà al saccarosio. “Zucchero” è anche un modo per dire “carboidrato” e il saccarosio è generalmente quello più usato in cucina; da qui l’appellativo. Il saccarosio è composto di due molecole più semplici, il glucosio e il fruttosio. Il saccarosio è uno zucchero, o un carboidrato, che, da solo, è assorbito molto rapidamente e si rende quasi immediatamente disponibile nel sangue, provocando un rapidissimo incremento della glicemia (che è la quantità di zuccheri presente nel sangue). La velocità di aumento della glicemia, a seguito dell’assunzione di un carboidrato, è il celebre “indice glicemico”, che per il saccarosio è di circa 70 su 115 (massimo valore) sulla scala di Montignac. Il valore si colloca tra i più alti della scala. La conseguenza di un rapido innalzamento degli zuccheri nel sangue è un altrettanto rapido incremento dell’insulina presente, con lo scopo di far entrare lo zucchero nelle cellule per liberare il circolo. Le cellule usano lo zucchero per produrre energia. Quello eccedente (in questi casi la maggior parte) è prontamente trasformato in grasso. Troppo zucchero a livello vascolare provoca quelle alterazioni del microcircolo tipiche del diabete, con i temibili danni che ne conseguono a livello vascolare, del sistema nervoso, renale. Le conseguenze di una produzione di insulina così rapida sono diverse e, tra queste, le più preoccupanti sono: la riduzione degli zuccheri sotto la soglia di normalità (“ipoglicemia reattiva”) e la necessità di quantità sempre maggiori di insulina perché le cellule, che si sono abituate allo stimolo, rispondano (la cosiddetta “insulino-resistenza”). Il primo di questi due processi porta alla riattivazione della fame e alla nuova ricerca di zuccheri in un tempo breve; il secondo alla persistenza dei suddetti zuccheri per un tempo maggiore, con il conseguente aumento di probabilità del danno al microcircolo di cui sopra. A basso indice glicemico, è meglio? La deduzione naturale è che, per avere meno danni, si debbano scegliere zuccheri con una velocità di assorbimento e quindi un “indice glicemico” più bassi. Il ragionamento di base funziona. Tuttavia, esistono altre variabili in grado di influenzare le reazioni che non solo lo zucchero, ma la “dolcificazione” in generale hanno sull’intero organismo. Così si arriva al paradosso di avere dolcificanti artificiali a indice glicemico “zero”, che provocano violentemente insulino-resistenza e, dall’altra parte, zuccheri a indice glicemico piuttosto alto, come quelli contenuti nella frutta fresca, che però, quando vengono assunti insieme al resto del frutto, praticamente non variano la Libro_ColazBenessere.indb 30 glicemia. Per valutare lo zucchero e la sua velocità di assorbimento, all’interno del suo contesto di assunzione, entra in gioco l’“impatto glicemico”. L’impatto glicemico L’impatto glicemico rappresenta la velocità con cui l’alimento nel suo insieme innalza la glicemia. In termini pratici, come si diceva, i soli zuccheri della carota hanno un indice glicemico mediamente alto (40); se, però, si considera la stessa quantità di zucchero nella carota “intera”, con il suo corredo di fibra e di acqua, la velocità di variazione della glicemia (a questo punto “impatto glicemico”) diventa bassissima. Modi di dolcificare alla moda: il fruttosio Il fruttosio ha un indice glicemico più basso rispetto al saccarosio (zucchero bianco). Ciò nonostante, i nostri antenati primitivi, con cui condividiamo una gran parte dei geni e dei modi metabolici, erano abituati a trovarne in concentrazioni molto basse. Per questo, oggi non esistono nell’organismo umano sistemi di blocco metabolico per la trasformazione di questa molecola in grasso, cosa che invece è programmata per lo zucchero classico (saccarosio). L’utilizzo del fruttosio puro come dolcificante fa salire i trigliceridi (grassi) nel sangue, con il potenziale danno vascolare e metabolico che ne consegue, molto più del saccarosio; in laboratorio, questo stesso dolcificante è usato per far ingrassare rapidamente i topini da esperimento. Buono il fruttosio, quindi, ma solo quando è nella frutta o dove è naturale che stia. La frutta, d’altra parte, è un ottimo metodo per dolcificare naturalmente un dolce o una preparazione. Il fruttosio lasciato integro, con il suo corredo di fibra, acqua, minerali e (in parte) vitamine, usato come parte del frutto intero, porta dolcezza, mantiene il suo basso impatto glicemico ed evita l’eccessivo innalzamento dei grassi nel sangue. Per capire come il fruttosio debba essere considerato con attenzione, basti pensare che, a una analisi dell’indice glicemico, tre bei bicchieroni di vino figurano con un indice glicemico molto basso, quasi assente, perché in realtà non innalzano immediatamente la glicemia, ma, contenendo fruttosio e i prodotti della sua trasformazione (alcol), arrivano direttamente al fegato, dove favoriscono l’innalzamento dei trigliceridi. Nell’esperienza di tutti, però, l’assunzione a ogni pasto di tre bicchieroni di vino, anche se a basso indice glicemico, porta a un sicuro aumento di peso e all’ingrassamento. Reazioni allo zucchero della frutta Merita una segnalazione il fatto che, in alcune persone, compaia una reazione infiammatoria all’impiego della frutta, dovuta verosimilmente a una relativa intolleranza al fruttosio. 17/09/14 09.35 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 6, Lo zucchero e gli zuccheri: cosa comportano e come imparare a conoscerli e a sceglierli In queste persone l’uso di succhi e spremute deve essere ridotto al minimo e, nella preparazione di piani nutrizionali che aiutino il dimagrimento, la stessa frutta intera deve essere limitata a qualche unità anziché essere consentita liberamente, come spesso avviene quando si applicano diete di stimolo del metabolismo e di segnale. Sciroppo d’agave, sciroppo d’acero, stevia, succhi concentrati d’uva, di mela o altro frutto Sono spesso utilizzati per dolcificare. Essi contengono per lo più fruttosio e, benché più ricchi del fruttosio puro dal punto di vista nutrizionale (contengono anche qualche sale minerale), è bene non abusarne e utilizzarli con cautela per gli stessi motivi sopra descritti. Il miele e lo zucchero integrale Lo zucchero integrale è di base molto simile allo zucchero bianco raffinato per quanto riguarda la velocità di passaggio in circolo e anche perché è composto prevalentemente di saccarosio; è trasformato in grassi in maniera più bilanciata del solo fruttosio. Non si tratta, però, di saccarosio al 100%, come è invece per lo zucchero raffinato: lo zucchero integrale è più ricco di sali minerali (calcio, fosforo, potassio, zinco e magnesio) e vitamine (A, B1, B6, C), il che lo rende una scelta di miglior valore nutrizionale rispetto alla controparte bianca. Lo zucchero integrale non va confuso con lo zucchero grezzo (generalmente entrambi si trovano “di canna”). Quest’ultimo è raffinato esattamente come lo zucchero bianco di barbabietola e addizionato di melassa o caramello per guadagnare il tipico colorito beige-marroncino. Il miele ha le stesse proprietà vitaminiche e minerali dello zucchero integrale e un indice glicemico un po’ più basso. È una buona alternativa allo zucchero, da usare però con cautela: come succede per i malti (assolutamente da evitare, poiché hanno anche un indice glicemico molto alto), rientra tra gli alimenti che contengono lieviti. L’uso di prodotti fermentati o contenenti lieviti è stato correlato a un maggior rischio di ingrassamento e di ciò che ne deriva. Il miele rappresenta, perciò, una scelta buona, da tenere in ottima considerazione, ma usando un minimo di attenzione, poiché contiene lieviti. 31 lo zucchero bianco. Alcuni dolcificanti artificiali, testati sperimentalmente, hanno non solo stimolato l’accumulo di grasso, ma anche inibito lo scioglimento del tessuto adiposo (il che è una cosa nuova). Tutti i dolcificanti artificiali testati hanno comunque stimolato l’ingrassamento del campione che ne faceva uso. I dolcificanti a calorie zero sono da utilizzare con estrema cautela; in uno dei prossimi capitoli sarà affrontato il tema dell’importanza del conteggio calorico al fine di mantenersi sani, in forma e in linea. Sembra che, a prescindere dalle calorie contenute, il gusto “dolce” sia uno di quei segnali che portano allo sviluppo di insulino-resistenza e all’accumulo di grassi. La dolcificazione è quindi un processo che va tenuto ben sotto controllo, a prescindere dal metodo impiegato per farlo. È opportuno scegliere con attenzione quando dolcificare e quando no, preferendo comunque i segnali veri e ricchi (miele, zucchero integrale, frutta) a quelli che ingannano il cervello e poveri di vitamine e sali minerali (dolcificanti, fruttosio, zucchero raffinato). Anche le torte e i dessert descritti nelle pagine a seguire, benché costruiti con sapienza e in modo da abbassare il più possibile l’impatto glicemico dell’insieme, sono da assumere con cautela e non tutti i giorni, in quanto si tratta comunque di segnali “dolci”. I dolcificanti artificiali e il “dolce” in generale I dolcificanti artificiali sono quella categoria di molecole a indice glicemico quasi nullo, che però stimolano l’ingrassamento e l’insulino-resistenza almeno quanto Libro_ColazBenessere.indb 31 17/09/14 09.35 Pronti? Via... 32 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 7, Modulare l’impatto glicemico, anche quando si sceglie il dolce CAPITOLO 7 MODULARE L’IMPATTO GLICEMICO, ANCHE QUANDO SI SCEGLIE IL DOLCE Tutti i modi per assorbire uno zucchero Come si è detto nel capitolo sulla dolcificazione, “zucchero” è anche un modo popolare per intendere “carboidrato”, e i carboidrati (o gli zuccheri) presenti in frutta, verdura, pasta, pane, cereali, leguminose (oltre che nei dolcificanti di cui si è trattato) hanno indice glicemico diverso, secondo la velocità con cui sono assorbiti. Tendenzialmente, più alto è l’indice glicemico dello zucchero contenuto nell’alimento, maggiore è il danno. Ci sono, tuttavia, diverse eccezioni a questa regola, per la quale è bene introdurre il calcolo dell’impatto o carico glicemico. Quest’ultimo valuta l’alimento nel suo insieme e non solo gli zuccheri in esso presenti. Indice glicemico e impatto glicemico sono diversi perché altre parti dell’alimento o del pasto, oltre alle caratteristiche dei soli zuccheri presenti, modulano la velocità con cui questi passano nel sangue. La presenza di oli, grassi, proteine, fibra rallenta questo passaggio e rende i carboidrati meno dannosi e più utili. Quando gli zuccheri sono assorbiti più lentamente, la glicemia (quantità di zuccheri presenti nel sangue) resta stabile a lungo, mantenendo così il senso di sazietà, e non provoca danni alle arterie e al microcircolo. Sono inoltre preservate le funzioni del pancreas, che può produrre e rendere disponibile l’insulina in maniera più fisiologica. C’è dessert e dessert Quello dell’abbinamento dei carboidrati con altri nutrienti che ne rallentano l’assorbimento è un sistema che funziona bene in ogni circostanza e le colazioni proposte nel libro modulano molto bene questo aspetto. Ai carboidrati sono sempre abbinati le proteine, la fibra e i grassi buoni, con lo scopo di nutrire bene e in modo il più possibile salutare (e gustoso). Quando gli abbinamenti sono fatti con sapienza, la glicemia resta bassa, l’insulina è modulata, così come l’infiammazione, l’ingrassamento e il danno metabolico. Libro_ColazBenessere.indb 32 Lo stesso meccanismo può essere utilizzato (come avviene nelle ricette di questo libro) per la costituzione di una torta che sia a basso impatto glicemico. Si è detto, nel capitolo riguardante la dolcificazione, che l’assunzione di dolci di qualsiasi tipo va limitata. Esiste, tuttavia, una profonda differenza tra una classica merendina industriale e una fetta di torta o di dolce fatto a regola d’arte. L’alcol e lo zucchero contenuti nelle tipiche merendine diventano zuccheri nel sangue a una velocità quasi sorprendente (gli sciroppi di fruttosio, di mais, gli amidi modificati sono tra i dolcificanti con l’indice glicemico in assoluto più alto). Se la loro assunzione non è bilanciata (e, a tale scopo, non bastano certo l’elevata quantità di grassi idrogenati, né le scarsissime proteine o la quasi inesistente fibra), l’organismo si trova in breve tempo con gli zuccheri nel sangue anche più bassi del normale, perché l’ormone insulina è stato richiamato in maniera massiva, provocando l’insorgenza di nuova fame e del desiderio di dolce. Tale situazione di bassi zuccheri nel sangue, o di “ipoglicemia reattiva”, ha peraltro conseguenze negative anche sul rendimento scolastico, lavorativo e mentale in genere. Una torta ben bilanciata evita questo susseguirsi di eventi spiacevoli e mantiene la glicemia negli opportuni livelli grazie all’associazione di ingredienti intelligenti. In una torta di questo tipo sono presenti non solo oli o grassi (comunque tendenzialmente migliori di quelli presenti nelle merendine), ma anche fibra, uova, semi oleosi, frutta a guscio (proteine). Così l’assorbimento degli zuccheri presenti è modulato e un dessert buono, piacevole e soddisfacente diventa anche un amico migliore di altri per la salute, il benessere e la linea. Quando si vuole il dolce, è meglio sceglierlo bene. Se è vero che il gusto dolce è comunque da limitare, è vero anche che un dolce ben fatto, in termini di completezza, salute e benessere, fa molto meglio della merendina industriale o del cucchiaino di zucchero nel caffè. 17/09/14 09.35 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 8, Calorie sì o no: capire cosa scegliere e perché 33 CAPITOLO 8 CALORIE SÌ O NO: CAPIRE COSA SCEGLIERE E PERCHÉ Quanto vale una caloria Le calorie sono spesso al centro di una vera e propria ossessione: ovunque uomini e donne in cerca di uno snack osservano la confezione per trovarne il contenuto calorico. “120 kcal?!” è l’espressione scandalizzata che si legge spesso sulle labbra o sul volto di chi compie il gesto descritto, a prescindere dal contenuto calorico dell’alimento in questione. Le calorie rappresentano la quota dell’alimento trasformabile in energia e spesso si è pensato che per dimagrire bastasse inserire meno calorie di quelle consumate. Così nascevano le diete ipocaloriche. In realtà, sono altre le variabili che influenzano quanto di ciò che si mangia è o non è trasformato in grasso. Diversi studi hanno dimostrato come il valore di forza ingrassante di uno stesso alimento sia, ad esempio, più basso la mattina appena svegli o dopo un’ora di corsa, rispetto alla sera prima di andare a dormire. D’altra parte, le bibite “light” o a “zero calorie” si sono dimostrate ingrassanti in maniera molto simile a quelle con lo zucchero (si veda il Capitolo precedente). La composizione degli alimenti e l’impatto glicemico degli stessi (la velocità con cui questi fanno alzare gli zuccheri nel sangue) influenza la quantità di energia inserita (di calorie) che andrà in grasso piuttosto che in altre funzioni utili (attenzione, calore, movimento). Più è basso l’impatto glicemico, grazie alla presenza di proteine, grassi e fibra nella preparazione, maggiore è la quantità di energia assunta che sarà consumata e non messa in scorte di grasso. Quando si esamina una confezione, quello che va considerato non sono tanto le calorie, quanto, ad esempio, la quantità di proteine in confronto a quella di carboidrati (in un prodotto che contiene prevalentemente carboidrati, è molto più vantaggioso che vi sia una quota elevata di proteine e poi anche di grassi, in modo da ridurre il potere ingrassante di quell’alimento; più vicine sono la quota di proteine e quella di carboidrati, migliore è la scelta). L’orario dei pasti Si è sopra accennato al diverso valore che una pietanza assume al mattino rispetto, ad esempio, alla sera. Si è dimostrato sperimentalmente che chi fa una colazione ricca è portato a mangiare, durante l’intera giornata, meno di chi non la fa o si limita a un pasto povero. Libro_ColazBenessere.indb 33 Chi fa una buona prima colazione (anche con dolci e alimenti ad alto contenuto calorico) soffre in misura minore la fame durante la giornata e dimagrisce maggiormente rispetto a chi non la fa o la limita fortemente. Questo accade perché una buona prima colazione ha un effetto positivo sul metabolismo, stimola la produzione di ormoni connessi all’attivazione metabolica e modula lo scioglimento del grasso corporeo. Ecco perché la colazione è così importante e anche qualche sporadico vizio ha un ruolo strategico. Sintetizzando Qualunque sia lo stile calorico adottato, si tratti di una dieta ipercalorica, ipocalorica, normocalorica o alternata, il controllo dell’impatto glicemico di quello che si mangia è un valore che va molto oltre il calcolo delle calorie assunte. Lo stesso vale per la presenza di una prima colazione ricca, completa e ovviamente bilanciata, la quale ha un’azione di stimolo sorprendente ai fini del mantenimento di un buono stato di salute, del benessere e della linea. Nota sulle diete solo ipocaloriche È bene ricordare che una qualsiasi dieta ipocalorica, portata avanti a lungo, ha effetti spiacevoli, deleteri e poco utili sulla salute di chiunque la pratichi. L’assunzione ripetuta di poche o pochissime calorie per giorno porta l’organismo a limitare i propri consumi, fino ad avere un metabolismo che sia il più possibile inferiore alle calorie inserite. In questa condizione di carestia, qualsiasi avanzo calorico è accumulato in grasso (quello che anche chi mangia davvero poco si sente addosso). L’organismo è fatto per modulare le proprie spese in relazione alle entrate. Se è abituato a ricevere poche calorie, farà in modo di consumarne ancora meno e di accumulare il resto in grasso: i geni umani da uomini paleolitici non sanno quando potranno tornare a ricevere una sufficiente dose calorica e un buon sostentamento. Questa caratteristica è tipica degli esseri umani, tanto che alcuni utilizzano per i cromosomi umani la definizione di “genotipo risparmiatore”, tipico cioè di chi è orientato a conservare il più possibile l’energia (accumulandola sotto forma di grasso) anziché trasformarla in azione, movimento e calore. Lo scopo di questo libro è anche quello di insegnare come fare della prima colazione uno strumento di attivazione del metabolismo, oltre che di piacere e di benessere. 17/09/14 09.35 Pronti? Via... 34 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 9, Frutta e verdura: come sceglierla, quanta e in quale forma CAPITOLO 9 FRUTTA E VERDURA: COME SCEGLIERLA, QUANTA E IN QUALE FORMA Quanta e quale? L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di consumare ogni giorno almeno 400 g tra frutta e verdura fresca. Tale quantità corrisponde circa a cinque porzioni ed esclude dal conteggio i vegetali amidacei come il mais (che, di fatto, è un cereale), la patata e altri tuberi o radici con simili caratteristiche. I vegetali rimanenti sono essenziali non solo per il loro apporto di fibra, ma anche e soprattutto per le vitamine, gli antiossidanti e i sali minerali che contengono. Poiché, con la cottura, i vegetali perdono parte di queste componenti, è utile che almeno la maggior parte della quantità suggerita sia consumata cruda. È consigliabile, inoltre, l’uso di frutta il più possibile stagionale e proveniente da produttori vicini, perché buona parte delle proprietà antiossidanti di questi alimenti si esaurisce col passare del tempo. Quale ruolo ha il biologico? Idealmente, il biologico è un’istituzione davvero intelligente. Nella pratica ha un ruolo importante nel mantenimento della salute anche di chi non ne fa uso e pone grande attenzione sul rispetto della terra, della giusta collocazione dei rifiuti (raccolta differenziata) e delle modalità di allevamento degli animali coinvolti. Si impegna, inoltre, al non utilizzo di OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Non è, tuttavia, tutto oro quel che luccica e, se è vero che una mela cresciuta in una struttura biologica contiene tendenzialmente meno sostanze tossiche di una che non lo è, è vero anche che i campi per le diverse produzioni si trovano spesso uno vicino all’altro e che il terreno, le acque e l’aria, se inquinati, lo sono per tutti. Meglio il biologico, se si può scegliere, lasciando comunque alla frutta e alla verdura di coltivazione anche “non biologica” il proprio ruolo nel mantenimento della salute di ciascuno. Cotta e cruda, le differenze Anche da cotte, la frutta e la verdura mantengono molte delle loro buone qualità, perdendone però altre. Alcune vitamine, come la vitamina C, sono molto sensibili al calore, così che, già a temperature di cottura più basse, perdono le proprie qualità antiossidanti. I sali minerali vengono, d’altra parte, dispersi nell’acqua di cottura, che è bene riutilizzare o consumare; in alternativa, si può scegliere la cottura a vapore, che lascia i sali quasi interamente al loro posto. Anche gli zuccheri, con la cottura, si modificano e aumentano la loro velocità di passaggio nel sangue. La fibra cotta, inoltre, è assorbita in quota maggiore, perdendo così parte delle sue qualità. Libro_ColazBenessere.indb 34 I processi sopra descritti sono influenzati dalla temperatura e dal tempo di cottura del vegetale: quando si decide di cuocere, è meglio scegliere una cottura al dente, che lasci l’alimento il più “sodo” possibile. L’impatto glicemico dei vegetali cotti si alza, restando tuttavia tendenzialmente basso. Ciò rende i vegetali cotti, che si tratti di frutta o di verdura, un buon complemento o una buona alternativa a carboidrati di altro tipo, quali cereali, leguminose o verdure amidacee. Crudo, vivo e colorato, il mantra Per molti anni abbiamo continuato a ripetere che l’assunzione di piccoli pezzi di frutta o verdura cruda prima di ogni pasto (prima colazione compresa) attiva un’ottima azione di controllo dell’appetito e stimola un processo di tolleranza generale nei confronti degli allergeni alimentari più importanti. La ricerca scientifica più recente ha confermato che questa sana abitudine (che spesso ripetiamo come un mantra) ha effetti realmente positivi per il mantenimento della salute e il raggiungimento del benessere. Frullati, centrifugati e spremute Il modo migliore di mangiare un frutto (o un ortaggio) è consumarlo crudo, ben lavato, con la buccia e la possibilità di masticarlo. Masticare è utile perché manda al cervello un messaggio forte e chiaro su quanto si sia effettivamente mangiato o assunto. Inoltre, è in bocca che avviene la prima digestione. Masticare bene un alimento garantisce una migliore digestione, una minore infiammazione e meno aria nella pancia. Succhi, spremute e frullati riducono i vegetali a preparazioni nelle quali la masticazione è praticamente nulla. Non ingurgitare questo tipo di alimento, ma tenerne brevemente in bocca ogni sorso, eventualmente riducendo a poltiglia le parti fibrose rimaste, favorisce l’inizio della digestione e il senso di sazietà. Fra le tre preparazioni considerate, il frullato è sicuramente quella più vicina al frutto intero. La fibra è infatti interamente mantenuta (è utile inserire, quando possibile, nel frullatore anche la buccia dei vegetali scelti). Questo fa del frullato (che noi preferiamo fare con un frullatore a lame) un ottimo compagno di stagione, da usare, gustare e apprezzare con sufficiente serenità. Va tenuta a mente, soprattutto in questo caso, l’indicazione riguardante la pseudo-masticazione. Dopo i frullati, in termini di mantenimento della struttura della frutta o della verdura usate, vengono le spremute. Oggi esistono macchinari che spremono non più solo le arance, ma anche, ad esempio, l’ananas, i cetrioli o qualsiasi tipo di vegetale, e lo fanno senza frammentare il prodotto, ma spremendolo lentamente in modo da conservarne al meglio 17/09/14 09.35 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 9, Frutta e verdura: come sceglierla, quanta e in quale forma le caratteristiche nutrizionali. I vegetali spremuti, tanto più se la preparazione è consumata fresca, mantengono le proprie vitamine e i sali minerali, conservando anche parte della fibra (è meglio un prodotto meno filtrato). Una spremuta fresca è un bel modo per far apprezzare frutti e verdure diverse anche a chi non è abituato a mangiarne e, come il frullato, si sposa bene con una buona prima colazione. È bene specificare che il centrifugato si differenzia dalla spremuta perché toglie tutta la fibra del vegetale, selezionando solo l’acqua e gli zuccheri. Una buona parte di sali minerali e vitamine è mantenuta nel prodotto, ma l’impatto glicemico della preparazione cresce nettamente. Se si considera l’integrità strutturale dell’alimento, la spremuta vince sicuramente su quest’ultimo tipo di preparazione. E il frullato vince sicuramente sulla spremuta. Per inserirli favorevolmente in un programma di benessere, vanno utilizzati senza abusarne e “gustandoli profondamente”, in modo da replicare, come già segnalato, un effetto simile a quello della masticazione. sufficientemente buoni, da considerare però come l’“ultima spiaggia” del consumo dei vegetali. Leggere l’etichetta è, soprattutto nel caso dei succhi, di vitale importanza per scegliere un prodotto tendenzialmente buono tra la miriade di confezioni presentate sugli scaffali dei supermercati. Queste preparazioni sono molto spesso addizionate con zucchero, dolcificanti, succhi concentrati o altro, che innalzano ulteriormente un impatto glicemico già alto per la pastorizzazione e la privazione di parte della fibra. Qualora la scelta ricada sul succo, è bene assicurarsi che gli ingredienti siano davvero “sola frutta” e che quest’ultima sia il meno possibile “concentrata”. I nettari di frutta, spesso offerti come merenda anche ai più piccoli, si distinguono dai succhi perché contengono anche una parte di polpa. Questi sono, però, addizionati con zucchero o dolcificanti, il che alza notevolmente un impatto glicemico già abbastanza alto; per questo sono da evitare il più possibile, tanto più se assunti da soli, senza la compensazione di altri alimenti. I succhi Frutta e verdura a prima colazione Infine, si arriva ai succhi. Con questo termine si fa di solito riferimento alla spremuta pastorizzata: nei supermercati si trovano fuori dal reparto frigo e, finché non sono stati aperti, si conservano bene per lungo tempo. Per essi valgono le stesse indicazioni riportate per i vegetali cotti: alcune vitamine e sali minerali restano, altri elementi positivi della frutta e della verdura fresche vanno inevitabilmente perduti. Spesso si tratta di prodotti La prima colazione è un ottimo momento per integrare le vitamine e i sali minerali che saranno assunti durante la giornata. Non tutte le colazioni riportate nel libro contengono una parte di vegetali crudi, ma ognuna di esse può serenamente essere affiancata (ed è utile che lo sia) da una quota di essi. Una spremuta, un frullato, una macedonia adempiono in maniera adeguata al loro compito, così come un semplice frutto di stagione sgranocchiato con gusto. Libro_ColazBenessere.indb 35 35 17/09/14 09.35 Pronti? Via... 36 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 10, Le uova: benvenute in tavola e soprattutto a colazione CAPITOLO 10 LE UOVA: BENVENUTE IN TAVOLA E SOPRATTUTTO A COLAZIONE Le uova devono aver sofferto a lungo di un indubbio complesso di inferiorità. Per anni sono state additate come alimenti “terribili”, capaci di indurre malattie e altre nefandezze in relazione a una loro possibile azione di aumento del colesterolo nel sangue. Tutto questo mentre le pubblicità televisive e radiofoniche continuavano, come oggi, a esaltare il consumo di dolci, biscotti e dolcetti pieni di grassi saturi, di zuccheri e di cereali raffinati. Oggi sappiamo che sono questi ultimi a indurre segnali metabolici che possono facilitare la comparsa di malattie cardiovascolari e l’alterazione dei livelli di colesterolo; per lungo tempo, tuttavia, la scienza ha demonizzato le uova perché ricche di colesterolo, mentre chi soffre di dislipidemia ne produce in eccesso per un difetto metabolico, in modo quasi del tutto indipendente dalla quantità introdotta con la dieta. Colesterolo alto: dipende da un’alterata regolazione, non da una eccessiva assunzione Sono ormai numerosi i lavori scientifici che dimostrano che non sono le uova (anche mangiandone più di una al giorno) a causare l’aumento del colesterolo. Questo innalzamento è frutto di un alterato segnale ricevuto dall’organismo piuttosto che dell’assunzione alimentare di cibi che possono essere naturalmente ricchi di questo grasso. Quello che si altera, nelle persone con problemi di ipercolesterolemia, è la regolazione della produzione interna da parte del fegato e non l’aumentata assunzione alimentare di cibi che ne sono ricchi. Dalla lettura dei lavori scientifici più recenti l’uovo esce completamente assolto. Non è l’uovo che fa innalzare il valore del colesterolo, ma i segnali anomali che l’organismo riceve: la scarsità della prima colazione, l’assunzione eccessiva di carboidrati, la mancanza di movimento. Importanza della prima colazione Fin dal 2004, uno studio effettuato da ricercatori statunitensi (Vanpatten e altri) e pubblicato sul Biochemical Journal ha documentato che, senza un particolare ormone, la leptina, stimolato da un’abbondante prima colazione, viene attivata la produzione a livello epatico di colesterolo. In pratica, una ricca prima colazione, effettuata entro un’ora dal risveglio, agisce in un certo senso come una statina, modulando l’enzima che regola la produzione di colesterolo da parte del fegato. Come dire che la causa prima di eventuali ipercolesterolemie è da ricercare in un errato “comando” ricevuto dal nostro organismo. Libro_ColazBenessere.indb 36 Da questi studi emerge un’innovativa indicazione verso il ripristino dell’equilibrio ormonale legato ai nostri stili di vita, piuttosto che verso la riduzione forzata della quantità di colesterolo assunto con il cibo. Assoluzione delle uova La diretta conseguenza di questa interpretazione è chiara: occorre assolvere il povero uovo (insieme ai prosciutti e ai formaggi) da molte accuse finora mosse loro. Il che non significa, ovviamente, prestare meno attenzione a ciò che si mangia, ma anzi scegliere i cibi con maggiore cura e consapevolezza. Senza dimenticare che il nostro organismo è in grado di compiere raffinate regolazioni: quando si introduce una elevata quantità di colesterolo con l’alimentazione, il corpo risponde limitando quello autoprodotto. Al contrario, imponendosi un eccessivo controllo del colesterolo assunto con l’alimentazione, otteniamo che l’organismo stimoli in certa misura la produzione interna. Anche un uovo al giorno (anzi due) leva il medico di torno Noi ci battiamo da anni per la valorizzazione delle uova, un’economica fonte proteica che per anni è stata a torto additata come la causa di molti gravi problemi di salute. In realtà le uova non solo non interferiscono con l’aumento del colesterolo (ne genera molto di più un pacchettino di cracker), ma per il loro ottimo contenuto di proteine bilanciano perfettamente il rapporto con i carboidrati, che troppo spesso sono presenti in eccesso nella dieta, e, grazie al tuorlo, apportano una buona quantità di vitamina D3. Un articolo apparso nel 2013 sul British Medical Journal ha chiarito che nel soggetto sano l’assunzione di un uovo al giorno non provoca alcun aumento del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Insomma, sembra che le uova stiano andando verso un’assoluzione totale. Nel nostro centro suggeriamo serenamente l’utilizzo di un numero giornaliero di uova anche più elevato, proprio perché ci rendiamo conto che è stata la parziale cecità del mondo accademico a porre come concessione estrema il limite di due uova alla settimana, mentre oggi si è verificato che questo limite è ingiustificato. Quante uova al giorno? Non sono convinto che ci si fermerà alla liceità di un uovo al giorno: a breve qualcuno riuscirà a dimostrare che anche tre uova al giorno non sono deleterie (facendo attività fisica, mangiando frutta e verdura in abbondanza e usando cereali integrali). Come abbiamo già spiegato in queste pagine, i veri 17/09/14 09.35 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 10, Le uova: benvenute in tavola e soprattutto a colazione colpevoli delle ipercolesterolemie non sono certo le uova, ma l’eccesso di carboidrati raffinati in eccesso, gli zuccheri aggiunti e la mancanza di attività fisica. È bene essere pronti a consumare con serenità, durante le prime colazioni che suggeriamo nel libro, una fantastica frittata (fatta al forno) o più uova preparate in modo sano e piacevole. Cuocere le uova per guarire l’allergia A conclusione di questo capitolo sulle uova mi fa piacere ricordare che molte persone si cautelano dall’uso dell’uovo. La conquista della tolleranza alimentare fa invece parte dei processi naturali che portano ogni essere vivente a potersi nutrire. Anche di fronte ad allergie un tempo ritenute gravi e insuperabili, oggi si possono mettere in atto tecniche di guarigione che, attraverso la riconquista della tolleranza, consentono in larga misura di tornare a un’alimentazione Libro_ColazBenessere.indb 37 37 varia e piacevole. Un lavoro pubblicato nel 2012 dal gruppo americano di Sampson ha dimostrato che questa possibilità esiste anche nei confronti dell’uovo e che vale anche per persone che hanno avuto severe reazioni anafilattiche da uovo. Gruppi di persone gravemente allergiche all’uovo hanno iniziato a nutrirsi con piccole quantità di uovo cotto (all’interno di waffle, biscotti, frittata) senza subire reazioni particolari. La graduale “conoscenza” alimentare dell’uovo, sottoposto a lievi trasformazioni provocate dal calore e modificato dalla cottura, ha consentito gradualmente alla maggior parte delle persone coinvolte nella ricerca di arrivare poi a tollerare anche l’assunzione di uova crude e di recuperare la tolleranza alimentare. In un mondo che sta riaprendo le sue porte alle uova, anche a chi è o è stato allergico a tale alimento, le prime colazioni proposte in questo libro possono solo fare piacere. 17/09/14 09.35 38 Colazione e brunch per il benessere, Capitolo 11, Tutto il buono di caffè, tè e cioccolato Pronti? Via... CAPITOLO 11 TUTTO IL BUONO DI CAFFÈ, TÈ E CIOCCOLATO Ovunque si vada, per la prima colazione agli adulti sono offerti tè e caffè, ai bimbi la cioccolata. Caffeina, teina e teobromina, contenute, rispettivamente, in caffè, tè e cacao, svolgono importantissime azioni antiistaminiche, anti-allergiche e anti-infiammatorie e hanno dimostrato di avere effetto in più campi di quelli che si possono immaginare. Chi beve oltre due tazze di caffè ogni giorno, per esempio, presenta un numero notevolmente minore di malattie croniche del fegato, particolarmente diffuse tra chi soffre di diabete, sindrome metabolica o consuma alcolici, e questa azione è probabilmente legata all’azione antiallergica e sensibilizzante all’insulina svolta dalla bevanda. Le donne fertili che bevono quattro o più tazzine di caffè al giorno presentano un’incidenza del tumore del seno quasi dimezzata. La caffeina consente, inoltre, di respirare in modo più profondo (allarga il diametro dei bronchioli polmonari), attiva alcune aree cerebrali e gioca sottilmente tra vasocostrizione e vasodilatazione, contribuendo a mantenere talora uno stato di veglia, talora uno stato di eccitazione e a proteggere dai rischi cardiovascolari. Il cacao e il tè (quando è verde) hanno effetti simili, probabilmente mediati, in parte, anche dall’attività psicoattiva di queste sostanze. In diversi studi si è dimostrato come la loro somministrazione riduca il decadimento mentale nell’anziano, produca un aumento della memoria e dell’attenzione nel bambino e mantenga in salute i vasi, con uno stimolo modulante anche sulla pressione arteriosa. Caffè nero, tè verde, cioccolato fondente (o cioccolata calda fatta bene) innalzano il livello di attenzione, proteggono dalle malattie cardiovascolari, stimolano il tono dell’umore, migliorano il rendimento mentale, regolano la pressione e abbassano il livello infiammatorio di base. Tali vantaggi esistono per chi fa uso della sostanza vera, e cioè del cioccolato “molto” fondente (sopra il 75%) o del cacao amaro, e del caffè o del tè (verde) al naturale, senza dolcificanti o zucchero aggiunti. Lo zucchero aggiunto fa spiccare un balzo verso l’alto a glicemia e insulina, determinando ipoglicemia reattiva e aumento dell’infiammazione generale. Questi effetti sono inversi rispetto a quelli prodotti da caffeina, teina e teobromina in quanto tali, e modificano l’impatto finale. È da tenere in considerazione che il cioccolato con percentuale di cacao minore o al latte e alcune preparazioni vendute specificamente per la cioccolata mattutina dei piccoli sono per lo più prodotti industriali in cui il cacao dà solo colore. In casi come questo, gli effetti sulla concentrazione e sulla salute del bimbo sono per lo più deleteri. Preparazioni di questo tipo vanno evitate, con enfasi maggiore a mano a mano che lo zucchero e il latte aumentano e il cacao diminuisce. Libro_ColazBenessere.indb 38 Per quanto riguarda il tè e la teina, è utile distinguere bene gli effetti dei diversi tipi di tè (nero, bianco e verde). La differenza tra di essi sta per lo più nel grado di fermentazione della foglia. Il tè nero fermenta molto durante l’essiccazione lenta che avviene direttamente nei luoghi di raccolta. La stessa sorte, anche se in misura minore, tocca al tè bianco. Il tè verde è invece essiccato molto velocemente, così che la fermentazione eventualmente presente è minima. Preferire un prodotto meno fermentato è sempre una scelta utile. Già qualche anno fa si è dimostrato che lo zucchero e i lieviti provocano infiammazione e ingrassamento; studi più recenti indicano anche una più interessante correlazione tra la presenza di anticorpi contro i lieviti e autoimmunità. In questa prospettiva, è chiaro che è tendenzialmente preferibile utilizzare un prodotto meno lievitato o meno fermentato. Il tè verde è, inoltre, un utile antivirale e sta dimostrando di avere effetti interessanti anche come inibitore della crescita tumorale, probabilmente per la maggiore conservazione delle sostanze antiossidanti in esso contenute, rispetto agli altri due tipi di tè. Caffè, tè (verde), cioccolata (o cioccolato) sono sostanze di cui è bene sfruttare il gusto, il sapore e il calore, con sapienza, attenzione e sensibilità, per ottenere il meglio dalle cose buone. 17/09/14 09.35