Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti: profili critici e analisi
by user
Comments
Transcript
Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti: profili critici e analisi
Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA Ezio Benedetti Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione. L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato, con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso. Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche. L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione. I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice: da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti 1. Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna scopo di raggiungere luoghi precisi, strutturalmente collegati ai luoghi d’origine dei migranti in ragione di legami economici, politici, sociali, culturali, storici che pongono precisi parametri ai flussi e che ne influenzano le dimensioni e la durata1. Coloro che emigrano sono solo una minoranza degli abitanti del luogo di origine e restano una minoranza nel paese di destinazione, alcuni di loro si insediano stabilmente, altri ritornano. Quando gli Stati moderni non esistevano ancora o non avevano sviluppato i mezzi tecnici e amministrativi per controllare le proprie frontiere ad emigrare erano solo minoranze di una popolazione di una regione. Non sono solo le migrazioni a vantare una storia antica, documentata dai resti dei primi ominidi2, intimamente connesso alla storia del genere umano è, infatti, anche l’atavico desiderio di escludere l’altro. Durante la Rivoluzione industriale, contemporaneamente allo sviluppo di vaste opere urbanistiche e alle innovazioni tecnologiche nel settore dei trasporti, che comportarono un nuovo impulso alla mobilità degli esseri umani, gli Stati nazione europei, in fase di evoluzione e di consolidamento delle proprie istituzioni, mossi dall’idea di sovranità statale, elaborarono a livello governativo e amministrativo politiche e strumenti per controllare le popolazioni insediate sul territorio e per esercitare un controllo più capillare delle proprie frontiere, escludendo attivamente gli stranieri nel tentativo di regolare i flussi migratori esistenti, fino a raggiungere un monopolio quasi totale durante i primi decenni del ventesimo secolo3. In seguito, l’idea di sovranità statale applicata ai controlli all’immigrazione troverà alcune limitazioni nell’impegno degli Stati a osservare i contenuti degli accordi e delle convenzioni internazionali vigenti in materia4 e nell’operato degli organi giuridici degli Stati stessi, che confermeranno con sempre maggiore frequenza e forza i diritti degli immigrati residenti, nonché, nel caso europeo, nella progressiva integrazione delle Comunità europee, processo la cui intensità comporterà conseguenze giuridiche tali da Per approfondire cfr. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati.Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa, Milano, 1999, p. 127 ss.. 2 CORTI, Storia delle migrazioni internazionali, Bari, 2003, p. 9 ss.. 3 ID., p. 95 ss.. 4 Si noti, a titolo di esempio, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Per una trattazione approfondita dei contenuti e dell’origine della Convenzione v. HATHAWAY, The Rights of Refugees Under International Law, Cambridge, 2005; SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano, 2009, p. 521. 1 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna determinare il passaggio in seno all’Unione Europea di competenze prima di stretta pertinenza degli Stati membri5. Alla luce di tali considerazioni preliminari, è necessario essere coscienti del fatto che in nessuna fonte di Diritto internazionale, in vigore o no, è proclamato il diritto all’accesso degli stranieri allo Stato territoriale. Vige, in altre parole, il principio della discrezionalità dello Stato nell’ammettere o meno sul proprio territorio attraverso specifici controlli alla frontiera lo straniero che ne faccia richiesta e che ne abbia i requisiti. La stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si limitò a sancire che ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese6. Mentre la Comunità europea, impegnata nel compito di instaurare un mercato comune e un’unione economica, includeva tra le libertà fondamentali anche la libertà di circolazione delle persone7: già il Trattato di Roma del 1957 enunciò tale principio in favore dei lavoratori subordinati, prevedendo anche il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, anche se per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di salute pubblica era giustificata l’adozione da parte degli Stati di misure speciali e restrittive nei confronti degli stranieri. Partendo da tali premesse, possiamo affermare che la maggiore mobilità delle persone implica un trade off tra costi e benefici di difficile soluzione per gli Stati: è possibile promuovere la “mobilità legale” delle persone, compresi i benefici da essa derivanti, rimuovendo allo stesso tempo l’esistenza di “mobilità illegali”? I probabilistici indicatori denominati “rischio immigratorio”, “rischio per la sicurezza” o “rischio per la salute pubblica” sono adatti a contrastare queste “mobilità illegali”? Quali sono le ricadute negative dell’utilizzo di tali concetti? La cosiddetta “immigrazione illegale” non può essere fermata dai soli confini, per quanto blindati essi siano. Tale consapevolezza ha portato nel tempo all’allargamento della “ragione sociale” delle politiche sull’immigrazione: dalla nascita dei documenti di viaggio, ai visti, fino allo scivolamento delle pratiche di controllo alle frontiere VALVO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Roma, 2011, p. 361 ss.. Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. V. ancheTOMUSCHAT, Human Rights: Between Idealism and Realism, Oxford, 2008, p. 30 ss.. 7 Per una trattazione approfondita cfr. ZANGHÌ, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2010, p. 69; cfr. anche ADINOLFI, La libertà di circolazione delle persone, in STROZZI (a cura di), Diritto dell’Unione Europea (parte speciale), Torino, 2005, p. 70 ss. 5 6 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dal posto di controllo di confine all’esterno, fuori dallo Stato, direttamente nei luoghi di provenienza dei migranti o dei viaggiatori, grazie all’ausilio dei più innovativi mezzi tecnologici. Lo scopo di questo contributo è di analizzare la situazione attuale del regime europeo Schengen dei visti di breve durata, detti visti uniformi, analizzando gli ultimi sviluppi della normativa europea in materia, nonché lo stato attuale di applicazione e valutando l’evoluzione del ruolo delle Istituzioni europee e delle Amministrazioni statali che operano in tale politica. Nell’ambito dell’Unione Europea, le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia”8 non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Rientrate tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche contrastanti9. Terreno di scontro tra pressioni commerciali e sociali in favore del movimento e dell’integrazione, impulsi relativi alla sicurezza per la protezione della popolazione, obbligazioni internazionali sui diritti umani, preoccupazioni nel campo della giustizia per il riconoscimento dei diritti degli stranieri e dei rifugiati ed istanze per una maggiore efficienza nell’amministrazione delle frontiere. La politica dei visti, in particolare, rappresenta un nesso di imperativi conflittuali per i contemporanei e sviluppati Stati liberali10. 2. La mobilità ed i suoi limiti legali: l’accesso allo spazio europeo da parte di cittadini di Paesi terzi soggetti e non all’obbligo del visto Le politiche in materia di ingressi di cittadini stranieri rappresentano un dilemma chiave per le democrazie capitalistiche, impegnate sia nella costruzione di difese protettive per contrastare le migrazioni auto-avviatesi, sia nell’apertura di porte di passaggio tali da 8 TFUE, Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, artt. 67-89. $ Per una trattazione approfondita di questi temi cfr. BALZACQ, CARRERA, The Hague programme: the long road to Freedom, Security and Justice,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), Security versus freedom? A challenge for Europe’s future, Aldershot, 2006, pp. 1-34; VALVO, cit., pp. 361-364. 10 Cfr. SALTER, MUTLU, The ‘Next Generation’ Visa. Belt and braces or the emperor’s new clothes?, Brussels, 2011. Il testo è disponibile al sito internet del CEPS alla pagina: http://www.ceps.eu/book/’next-generation’-visabelt-and-braces-or-emperor’s-new-clothes. 9 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna permettere flussi specifici. Al momento attuale, le misure in materia di controllo delle frontiere, del diritto d’asilo, dei visti, della circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio comunitario, della politica di immigrazione rientrano tra le competenze concorrenti tra Unione e Stati membri11. Tali politiche sono parziali in termini di copertura e differenziali in merito agli effetti sugli Stati membri12. L’Unione, al fine di includere in qualche maniera anche gli Stati più riluttanti alla cooperazione, ha previsto clausole di flessibilità specifiche13. L’effetto è che lo spazio europeo è al momento frazionato in più sottoinsiemi di Stati, all’interno dei quali sono applicate regole diverse da cui conseguono difformi opportunità e restrizioni alla mobilità di categorie diverse di individui. L’area Schengen14, infatti, non coincide con il territorio dell’Unione Europea, risulta monco dei territori del Regno Unito e dell’Irlanda, Stati membri dell’Unione che hanno escluso la propria partecipazione agli accordi di Schengen in materia di visti, e comprende invece quelli della Norvegia15, della Svizzera, del Liechtenstein e dell’Islanda, Paesi non membri dell’Unione, include de facto i piccoli territori del Principato di Monaco, di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano, esclude al momento i territori di alcuni Paesi membri come la Romania, la Bulgaria e Cipro ed esclude i 11 La dottrina in materia di politica migratoria dell’UE è vastissima, ci limiteremo qui ad indicare i testi più recenti: PISILLOMAZZESCHI, Strumenti comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2004, p. 723 ss.; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione nell’Unione europea, Torino 2006; CAGGIANO, Le nuove politiche dei controlli alle frontiere, dell’asilo e dell’immigrazione nello Spazio unificato di libertà, sicurezza e giustizia, in Studi sull’integrazione europea, 2008, p. 1 ss.; NASCIMBENE, Orientamenti e norme nazionali in materia di immigrazione. Le iniziative di riforma e le modifiche in corso, in Rivista italiana di diritto pubblico e comparato, 2008, p. 719 ss.; BENVENUTI (a cura di), op. cit., 2008; BIGO, GUILD, ControlingFrontiers, Free Movementinto and within Europe, Burlington, 2005; PAPAGIANNI, Institutional and Policy Dinamics of EU Migration Law, Boston, 2006; CARTA (a cura di), Immigrazione, frontiere esterne e diritti umani. Profiliinternazionali, europeiedinterni, Roma, 2009; HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the European Union, The Hague/London/Boston, 2000., 12 Cfr. GEDDES, Why European immigration policies are converging. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://www.eui.eu/Documents/DepartmentsCentres/SPS/Seminars/SPSFellowsSeminar/GeddesPaper.pdf. 13 Cfr. Trattato di Amsterdam, Protocolli allegati al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea: Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione Europea; Protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al Regno Unito e all’Irlanda; Protocollo sulla Posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; Protocollo sulla posizione della Danimarca. 14 Si indica con “area Schengen” le porzioni di territorio degli Stati Schengen in cui i cittadini di Paesi terzi con visto Schengen uniforme valido possono circolare liberamente nei limiti definiti dal legislatore e dal visto stesso. 15 Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, Bruxelles, 1999. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Dipartimenti, Territori e Paesi d’oltremare di alcuni Stati Schengen16, ossia Francia, Paesi Bassi, Norvegia e Danimarca, territori che sono a loro volta divisi tra quelli che sono parte integrante dell’Unione Europea e quelli che ne sono esclusi. Il Trattato di Maastricht ha elevato al rango di diritto fondamentale il diritto di libera circolazione dei cittadini europei17. Tale diritto non è automaticamente applicabile ai cittadini di Stati terzi. Gli accordi di Schengen del 1985 e la successiva Convenzione di applicazione del 1990 hanno istituito altresì una distinzione delle frontiere in due tipologie: le frontiere interne e quelle esterne; prevedendo la rimozione dei controlli alle frontiere interne e rinforzando i controlli a quelle esterne. Ne consegue che un individuo regolarmente soggiornante nell’Unione Europea sul territorio del Regno Unito e cittadino di un Paese terzo sottoposto all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen, che non include il Regno Unito, è obbligato ad ottenere un visto valido per poter arrivare alla frontiera esterna dell’area Schengen18. Questo semplice esempio dimostra inequivocabilmente che la mobilità non è dunque uguale per tutti e non si applica allo stesso modo nelle diverse porzioni di territorio che compongono l’Unione. La mobilità non è un fenomeno indifferenziato. Possono esistere tante mobilità quanti sono gli individui in movimento: c’è chi viaggia per il piacere di visitare un luogo celebre per un periodo di tempo limitato, c’è chi si trasferisce per alcuni mesi o anni all’estero per motivi di studio, c’è chi si sposta per affari e chi emigra all’estero per motivi di lavoro. Presupponendo un mondo di individui sedentari, vale a dire residenti in un luogo specifico per la maggior parte dell’anno solare, la mobilità di ogni soggetto in rapporto ad una definita area di riferimento al di fuori dei confini nazionali può essere utilmente classificata in base alla durata dell’azione del movimento fuori dai confini, in base alla finalità del viaggio e in base Con l’espressione Stati Schengen si indicano i Paesi membri o no dell’Unione Europea che partecipano alla cooperazione di Schengen. 17 La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’Unione Europea sancito dall’articolo 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea e ulteriormente precisato nel diritto derivato e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Cfr. ADINOLFI, cit., in STROZZI (a cura di), cit., Torino, 2005; VALVO, cit., p. 96 ss.. 18 In merito ai requisiti richiesti ai cittadini di Paesi terzi sottoposti all’obbligo del visto per l’accesso all’area Schengen e residenti nel Regno Unito, si rinvia al testo della decisione: C(2012) 4726 finalCommissionimplementingdecision of 11.7.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in the United Kingdom (Edinburgh, London and Manchester), Brussels, 2012. 16 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna alla cittadinanza del soggetto in movimento. Facendo riferimento ad esempio all’area Schengen e ai contributi normativi europei fondamentali in materia di visti, che saranno trattati più precisamente in seguito, nel primo caso è possibile individuare due tipologie fondamentali di mobilità, relative cioè a periodi di soggiorno di lunga durata o di breve durata, la cui linea divisoria di novanta giorni nell’arco di un semestre è stabilita dalle disposizioni dal legislatore europeo. Vedremo più avanti che la disciplina riguardante i visti di ingresso per periodi di lungo e di corto soggiorno trova fondamento rispettivamente in fonti del diritto nazionale e in fonti di diritto europeo derivato: al momento attuale la determinazione del volume delle ammissioni di lavoratori migranti è di competenza degli Stati membri, mentre la definizione delle norme sulle condizioni della mobilità di corto soggiorno è ormai competenza esclusiva delle Istituzioni europee. Nel secondo caso ipotetico, che prevede una classificazione in relazione alla finalità dell’azione, la mobilità si può classificare in numerose tipologie: dal turismo, ai viaggi d’affari, ai motivi di lavoro subordinato o autonomo, alle competizioni sportive, allo studio, ai motivi religiosi ecc. Nel terzo caso è possibile individuare tre tipologie di soggetti: coloro che hanno la nazionalità di almeno uno dei Paesi che partecipano all’acquis Schengen, coloro che non sono cittadini di nessuno degli Stati Schengen ma che non sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso per avere accesso all’area Schengen e coloro che sono cittadini di Paesi terzi e sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso. Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Dal punto di vista giuridico è di fondamentale importanza osservare che il canale scelto dal cittadino di un Paese terzo per entrare nell’Unione Europea ne condiziona direttamente i diritti, ad esempio in termini di accesso al mercato del lavoro. Questa osservazione permette di oggettivare la mobilità in due classi per mezzo della coppia di aggettivi legale/illegale: la mobilità può essere definita legale se rispettosa delle condizioni di ingresso e permanenza definite dal legislatore nazionale o dalle istituzioni europee; per converso, la mobilità si può definire illegale se in violazione di tali condizioni. In base alle attuali stime, la popolazione dell’Unione Europea dovrebbe iniziare a diminuire dopo il 2035, il rapporto tra persone in età lavorativa e gli ultrasessantacinquenni si www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna avvicinerà sempre più all’unità intorno al 2060. La migrazione, indispensabile per il futuro del continente europeo, è diventata il principale motore dell’evoluzione demografica nell’Unione19. Obiettivi dichiarati dell’Unione Europea per una politica coerente e credibile in materia di immigrazione sono la definizione di misure efficaci per prevenire l’immigrazione irregolare e garantire la sicurezza delle frontiere in modo equo e rispettoso dei diritti umani. Nell’Unione, la gestione dell’esercizio della libertà di circolazione non dipende solamente dalla definizione di misure facilitanti tese a stabilire le condizioni ottime in conformità a cui gli individui possono attivamente governare la propria condotta, dipende in maniera crescente anche dalla determinazione di ciò che è considerato esercizio improprio e irresponsabile della libertà, attraverso la precisazione delle violazioni e delle minacce all’esercizio autonomo della mobilità. Corollario dell’impostazione neoliberale ora in voga è che al benessere del singolo, nonché a quello della generalità di numerosi individui, consegua il benessere della società nel suo complesso, fermo restando il controllo sulle condotte illegittime e degradanti. Secondo il nuovo paradigma liberale, la nozione di cittadino libero e autonomo è costruita per antitesi sulla definizione di ciò che è considerato non responsabile o degradante e sulla creazione di misure di controllo e sorveglianza nei confronti dei gruppi di individui a cui non si concede la fiducia di godere della propria libertà di movimento. Non solo, è postulata la responsabilità e la volontarietà di coloro che utilizzano la libertà per conformare il proprio comportamento a condotte considerate non ragionevoli. Il fatto stesso di adottare comportamenti non conformi alla regola convenuta basta come prova dell’incapacità di tali soggetti al responsabile uso della propria autonomia20. L’illegalità e l’abuso sono dunque considerati come scelta deliberata, cioè volontaria irresponsabile condotta della propria autonomia, prova di disonestà. Vedasi ad esempio il caso dell’immigrazione illegale: sia che arrivino in Europa attraversando illegalmente i confini, sia che decidano di restare illegalmente sul territorio europeo alla scadenza di un visto valido, i migranti non regolari sono sovente considerati nocivi, principalmente per ragioni economiche, a volte per ragioni di sicurezza. Essi sono 19 Cfr. COM (2012) 250 final, Communication from the Commission to the European Parliament and the Council Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012. 20 Per autonomia non si intende qui solamente “indipendenza” e “facoltà di determinare liberamente la propria condotta”, ma soprattutto la capacità di auto-regolarsi e auto-limitarsi definendo i limiti del proprio comportamento in maniera conforme alla regola definita dalla comunità e dal legislatore. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sempre più di frequente considerati degni di essere esclusi, in quanto minaccia alla stabilità sociale ed etno-culturale del luogo di destinazione. L’istituzione di frontiere interne ed esterne ha comportato una più marcata differenziazione tra coloro che sono inclusi nell’area del mercato unico e coloro che ne sono esclusi: la soppressione dei controlli alle frontiere interne ha permesso una potenziata libertà di movimento per gli insiders alle spese di una diminuita possibilità di movimento per alcune tipologie di outsiders, in particolare per coloro a cui è richiesto, su base nazionale, un visto valido d’ingresso. Gli Stati, per poter sorvegliare le mobilità degli individui, richiedono al giorno d’oggi passaporti e altri documenti per il viaggio che possono essere rilasciati solamente da Stati, tranne alcune particolari eccezioni. Per poter avere accesso agli spazi esteri, spesso tali documenti di viaggio devono essere corredati da un visto valido, congruentemente alla tipologia del documento di viaggio in possesso dell’individuo e ai requisiti imposti dallo Stato di destinazione. Gli Stati nazione sono riusciti nel tempo ad ottenere il monopolio dell’autorità di determinare chi può entrare all’interno delle proprie frontiere, segnando così la vittoria del principio nazionale di sovranità sulla libertà di circolazione delle persone. I passaporti, documenti d’identità abitualmente validi per l’espatrio e rilasciati generalmente dallo Stato di origine o del quale l’individuo ha la nazionalità, sono stati ben presto affiancati da un’altra innovazione tecnica, il visto, che comunica l’autorizzazione rilasciata dallo Stato di destinazione in favore di un preciso cittadino straniero titolare di un determinato documento di viaggio ad arrivare al posto di frontiera con il Paese di destinazione ai fini dell’ingresso. Le restrizioni sul rilascio dei visti imposte nei confronti di titolari di passaporto di alcuni Paesi terzi rappresentano uno tra i più importanti mezzi con cui gli Stati esercitano la propria azione di controllo sugli ingressi di cittadini stranieri sul proprio territorio, ostacolando e dissuadendo l’immigrazione di certi gruppi di persone21. Limitare gli Letteralmente il “visto” indicava che il documento di viaggio era stato “osservato” e riconosciuto valido dalle autorità di polizia di frontiera che, apponendo un timbro, il “visto” appunto, autorizzavano il titolare del documento di viaggio ad oltrepassare il posto di frontiera e a continuare il viaggio. Ben presto i visti si sono evoluti, incorporando in essi ulteriori informazioni: i dati anagrafici del titolare del documento di viaggio, onde evitare problemi di identificazione, e le condizioni relative al soggiorno nel Paese di destinazione, ad esempio la durata, il numero di ingressi, le finalità del viaggio ecc. Il passaporto invece fornisce solo un’assicurazione allo 21 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna ingressi diventa il sistema più semplice ed efficace per gli Stati per controllare il numero di immigrati. Secondo questo sistema, i cittadini di Stati terzi devono sostenere innanzitutto i costi e gli inconvenienti per la domanda di visto, ad esempio i tempi di attesa o le spese necessarie all’ottenimento della documentazione richiesta ecc. In secondo luogo, esiste sempre la possibilità che il consolato dinieghi la domanda di visto, senza contare che esiste anche l’eventualità che le autorità dello Stato di destinazione impediscano l’ingresso al titolare di un visto valido. I visti permettono quindi di dissuadere e compiere una prima selezione degli individui in movimento. L’obbligo del visto è definito generalmente su base nazionale: i cittadini di alcuni Paesi terzi possono avere accesso al territorio di uno Stato senza possedere un visto, al contrario cittadini di altri Paesi terzi sono costretti ad avere il visto. La presenza dei primi è apprezzata in termini di desiderabilità e di basso rischio per la comunità dello Stato di destinazione, gli altri sono considerati potenzialmente indesiderabili e lo Stato di destinazione si riserva di valutare la pericolosità caso per caso, negando l’accesso ai visitatori per cui i rischi sono considerati più elevati. Il sistema dei visti pertanto compie una discriminazione degli stranieri su base della nazionalità di provenienza e, tra quelli obbligati ad avere un visto valido, su base individuale. Vedremo più avanti come gli Stati Schengen hanno delineato politiche comuni di restrizioni sui visti e liste comuni di Paesi terzi ai cui cittadini è richiesto di avere un visto valido all’arrivo alle frontiere esterne. Per poter approfondire lo studio del regime europeo dei visti, più precisamente del regime Schengen dei visti di soggiorno di breve durata, è indispensabile aver presenti i seguenti capisaldi riguardanti la mobilità degli individui e i suoi limiti legali: il territorio dell’Unione Europea non coincide con l’area Schengen: in porzioni diverse del territorio europeo vengono applicate regole e restrizioni diverse alla mobilità degli individui (si noti ad es. i casi già richiamati sopra di Regno Unito o Irlanda, i casi di Norvegia e Svizzera e i Territori e Domini d’oltremare di alcuni Paesi membri); i cittadini dell’Unione Europea22 Stato di destinazione o di transito che il titolare del documento può fare rientro sul territorio dello Stato che ha rilasciato tale documento. 22 Ciò vale anche per i loro familiari, anche se cittadini di Paesi terzi, secondo le previsioni contenute nella Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna hanno il diritto di circolare e di stabilirsi liberamente sul territorio dell’Unione, compresi i territori dei Paesi non membri della cooperazione di Schengen, anche se per il Regno Unito è previsto il passaggio attraverso un punto di controllo alla frontiera; i cittadini di Paesi terzi per i quali non è richiesto l’obbligo del visto per soggiorni di breve durata23 possono fare ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con un documento di viaggio valido e riconosciuto e possono trattenersi liberamente nel territorio comune per un periodo massimo di tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre, conteggiato dalla data di primo ingresso24; i cittadini di Paesi terzi per i quali è richiesto l’obbligo del visto possono fare ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con documento di viaggio riconosciuto e visto Schengen uniforme valido. Essi possono trattenersi liberamente nel territorio comune, senza controlli aggiuntivi alle frontiere interne dell’Unione, per un periodo determinato con precisione dalle indicazioni stampate sul visto e relative a durata, ingressi e periodo di validità dello stesso. Il periodo in ogni caso non può superare tre mesi, continuativi o meno, nell’arco del semestre conteggiato dalla data del primo ingresso; i cittadini di Paesi terzi possono fare ingresso e soggiornare sul territorio degli Stati europei per periodi di tempo superiori ai novanta giorni nell’arco di un semestre in base alle disposizioni delle normativa nazionali degli Stati stessi. Il sistema Schengen dei visti di ingresso si fonda sui seguenti principi25: nessun cittadino di Paese terzo può fare ingresso sul territorio degli Stati Schengen se egli costituisce un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri o se è considerato a rischio di immigrazione illegale; esiste da parte degli Stati una presupposizione di legalità in merito ad modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE), ultima versione consolidata del 16/06/2011. 23 Il limite definito dal legislatore europeo è di 90 giorni nell’arco del semestre. 24 Cfr. le disposizioni dell’art. 2 comma 2) a) del Regolamento ( CE) N. 810/2009 del PE e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), Bruxelles, 2009 (versione consolidata di Ottobre 2011). Per una definizione del concetto di primo ingresso si confronti anche la pronuncia in via pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso Nicolae Bot / Préfetdu Val-de-Marne: Sentenza della Corte (grande sezione) del 3 ottobre 2006, Nicolae Bot contro Préfetdu Val-de-Marne(Causa C241/05). Il testo della sentenza è disponibile al sito della Corte: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=65388&pageIndex=0&doclang=IT&mode=r eq&dir=&occ=first&part=1&cid=1110902. 25 Cfr. GUILD, BIGO, The transformation of European border controls, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), Extraterritorial Immigration Control: Legal Challenges, Leiden, 2010, pp. 257-280. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna un visto di corto soggiorno rilasciato da un altro degli Stati partecipanti alla cooperazione; una volta ammesso sul territorio comune, l’individuo è autorizzato a spostarsi su tutto il territorio dell’area Schengen per un periodo non superiore a tre mesi, continuativo o meno, nell’arco di un semestre senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati partecipanti. È necessario inoltre tener presente che in linea di principio non esiste alcun diritto per un cittadino di Paese terzo all’ottenimento di un visto di ingresso, tranne nel caso particolare del diritto alla coesione familiare nei confronti di cittadini di Paesi terzi congiunti con cittadini dell’Unione26. Per fare i conti con i casi di violazione dei limiti legali definiti in merito alla mobilità degli individui, l’Unione si è dotata anche di politiche di espulsione e di rimpatrio27 e ha firmato accordi di riammissione28 con Paesi terzi: le disposizioni di queste fonti normative andrebbero applicate nei confronti di coloro che hanno dimostrato di non aver fatto uso responsabile della propria autonomia personale, in particolare dunque per quei cittadini di Paesi terzi che non hanno saputo osservare le condizioni legali che regolano l’ingresso e la residenza sul territorio degli Stati membri. 3. L’enfasi sulla sicurezza: la gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’Unione Europea e il Sistema d’Informazione Schengen (SIS) Il concetto di sicurezza non rappresenta una novità nel panorama europeo. Istanze relative alla sicurezza hanno comportato la prescrizione dell’uso di documenti di viaggio e, successivamente, dei visti per poter intraprendere spostamenti oltre confine. Oltre a ciò, il processo di integrazione europea è stato accompagnato da iniziative parallele a carattere intergovernativo per trattare implicazioni di polizia e di sicurezza in vista dell’apertura delle 26 Cfr. la già citata Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeoedel Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Per la materia del ricongiungimento familiare cfr. anche la Direttiva 2003/86/ CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 27 Fondato sulla base normativa dell’art. 63 comma 3.b) del Trattato che istituisce la Comunità Europeo, il testo di riferimento è la Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Sullo stesso tema è necessario ricordare anche gli accordi di riammissione sottoscritti dall’Unione con Paesi terzi, alcuni dei quali sono collegati ad accordi di facilitazione del rilascio dei visti. 28 Per approfondire cfr. COM(2011) 76 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Valutazione degli accordi di riammissione dell’UE, Bruxelles, 2011. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna frontiere comuni29. Nel mondo bipolare antecedente alla fine della Guerra Fredda, il mantenimento della sicurezza si sosteneva su dinamiche di intelligence e logiche militari, le minacce erano rappresentate da altri Stati e dalle loro ideologie. Con l’istituzione del Mercato Unico Europeo e gli sconvolgimenti geopolitici consecutivi alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la politica dell’Unione Europea ha favorito accanto alle logiche economiche degli obiettivi dei trattati una dimensione securitaria in risposta al potenziale aumento in dimensione dell’immigrazione e dei richiedenti asilo30. Nel mondo contemporaneo, lo Stato detiene la sovranità e il monopolio sulla gestione della circolazione delle persone. Al fine di garantire la sicurezza, lo Stato non solo deve controllare chi entra, ma deve anche essere libero di rifiutare l’accesso31. L’Unione Europea, ultimo esito dell’integrazione degli Stati membri, legittima la mobilità intraeuropea e si dota allo stesso tempo di mezzi per controllare l’accesso attraverso le frontiere esterne. Sia Stati singoli, sia Unioni di Stati o aree di libera circolazione delle persone sono costretti ad affrontare il dilemma tra la facilitazione dei flussi di persone, per i benefici politici ed economici che possono comportare, e, dall’altro, la limitazione di tali flussi, nonché il loro controllo per questioni di sicurezza. La libera circolazione delle persone può infatti contenere abusi e violazioni. Ciò nonostante, da un punto di vista liberale, una politica protezionistica in questo ambito può causare problemi di entità maggiori, senza contare altri effetti negativi quali il deterioramento dell’accoglienza degli stranieri e delle relazioni con Stati terzi, col rischio sempre presente di non sradicare le frodi implicandone invece la loro professionalizzazione32. Pertanto, nella gestione delle frontiere esterne gli Stati devono fare i conti con le loro relazioni internazionali e con le politiche migratorie, con esigenze 29 Si noti ad esempio il Gruppo di Trevi istituito nel 1975 e che riuniva i Ministri degli Interni e di Giustizia dei Paesi CEE. Per approfondire cfr. Cfr. DENBOER(a cura di), Schengen, judicialcooperation and policy coordination, Maastricht, 1997, p. 87 ss.. 30 Si confronti ad esempio l’art. K. 1 del Trattato di Maastricht. 31 Per unatrattazioneapprofonditacfr. NEUMAYER, Unequal access to foreign spaces: how States use visa restrictions to regulate mobility in a globalised world, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION, Global migration perspectives working paper no. 43, Ginevra, 2005. Disponibile in: https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf. 32 BIGO, Contrôle migratoire et libre circulation en Europe, in JAFFRELOT, LAQUESNE (a cura di), L’enjeu mondial. Lesmigrations, Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet: www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna economiche, politiche, culturali e di sicurezza interna. Oggi gli Stati sviluppano le proprie relazioni internazionali nel contesto di un’economia mondiale aperta, che si manifesta nella cosiddetta globalizzazione e trova sua legittimazione nel pensiero liberale. Tuttavia, il sistema delle relazioni internazionali si fonda anche sui concetti di Stato nazione e di inviolabilità della sovranità. In virtù di essi, gli Stati tendono anche a chiudere ed a proteggere i confini e le proprie identità nazionali, istituendo controlli alla libertà di movimento33. Generalmente, sicurezza e libertà sono considerati valori contraddittori, irriconciliabili. La scelta tra di essi sembra implicare un trade off di tipo esclusivo, o più sicurezza o più libertà, e il risultato è sempre un compromesso a somma zero variabile sul continuum tra libertà assoluta34 e sicurezza assoluta35. Ad un grado maggiore di libertà corrisponde per i membri della comunità una diminuita sicurezza e, viceversa, maggiore sicurezza implica un minore godimento della libertà. Mentre gli Stati inseguono un sistema per controllare in modo migliore gli ingressi, imperativi politici ed economici chiedono con insistenza confini permeabili. Controlli ferrei sono apparentemente contrari agli interessi economici degli Stati, restrizioni all’ingresso di cittadini stranieri inibiscono il commercio internazionale e il turismo. Per facilitare gli scambi e la mobilità, alcuni Paesi hanno istituito unioni e armonizzato le politiche dei visti, hanno creato blocchi regionali per uscire dalla piccola scala dello Stato nazione e per aumentare le proprie dimensioni su scala globale. Dal punto di vista della circolazione delle persone è possibile conciliare tra loro le istanze relative a libertà e sicurezza? È possibile raggiungere una maggiore libertà di movimento e allo stesso tempo garantire una maggiore sicurezza? La definizione a livello internazionale di convenzioni sul rispetto dei diritti umani può forse permettere la risoluzione del paradosso tra libertà e sicurezza36. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea accorpano i due principi precisando che ciascun individuo ha diritto alla libertà e alla 33 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34. Si faccia riferimento allo stato di natura secondo il pensiero di Hobbes. 35 Si faccia riferimento alla concezione orwelliana di controllo come prevista nel libro ORWELL, 1984, London, 1949. 36 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. 34 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sicurezza37. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea è la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui massimizzare la libertà di circolazione degli individui per mezzo della definizione di un regime di pratiche di sicurezza sottoposte a controllo democratico da parte di istituzioni a ciò preposte e che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e che assicurino la possibilità di ricorso effettivo. Secondo i discorsi neoliberali dominanti, la sicurezza non dovrebbe essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì attraverso la messa in sicurezza degli automatismi che sono già attivi all’interno della società38. In tale ottica, compito dell’Unione dovrebbe essere dunque quello di permettere l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali, responsabilizzandoli, e creando, se necessario, istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia al fine di difendere gli altri individui da tali comportamenti e da intrusioni non legittime da parte degli Stati. Secondo questa impostazione, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente un visto sono considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia correttamente: percepita come distorsiva dell’ordine convenuto, la loro illegalità è considerata prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire controlli aggiuntivi e restrizioni per motivi di sicurezza. Oltre all’immigrazione illegale, un’altra grossa preoccupazione per gli Stati è l’infiltrazione di potenziali terroristi, di criminali, di trafficanti di droga e di armi o di altre persone non grate. Il centro delle preoccupazioni sono le potenziali minacce alla stabilità del regime e alla sicurezza nazionale impersonate rispettivamente da individui politicamente sgraditi, da criminali violenti politicamente motivati e da soggetti appartenenti a reti criminali transnazionali. Fondamentale è quindi in primo luogo la capacità di definizione di ciò che comporta una minaccia alla sicurezza e, nonostante la limitatezza delle risorse, la capacità di ottenere le informazioni necessarie ad effettuare controlli mirati. In base al paradigma, i gruppi di individui appena menzionati sono governati per mezzo di interventi precisati sulla base del potenziale rischio, valutato per Si confronti l’art. 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art.6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 38 Cfr. VAN MUNSTER, The EU and the management of immigration risk in the Area of Freedom, Security and Justice, in Political Science Publications, n. 12, SyddanskUniversitet, Esbjerg, 2005. 37 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna mezzo di pratiche di sicurezza opportunamente designate per verificare le finalità e controllare la mobilità dei cittadini stranieri. Il concetto di rischio è diventato il principio fondante della nozione di sicurezza. Le fonti normative del regime Schengen dei visti menzionano ripetutamente i concetti di rischio migratorio e di rischio per la sicurezza. La valutazione del rischio presuppone la disponibilità di informazioni attendibili e la capacità di verifica. Ipotizza in un secondo momento l’osservazione di regolarità riguardanti la gestione della libertà di movimento e della condotta da parte degli individui, sia nei casi in cui essi dimostrino di utilizzare responsabilmente la propria autonomia rendendosi così utili alla società secondo la prospettiva neoliberale, sia nei casi in cui essi scelgano condotte cosiddette devianti, non conformi e irrispettose della regola convenuta. Dopo gli eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, la nuova minaccia del terrorismo globale e l’emergenza causata dalle buste contenenti spore di antrace, i discorsi ufficiali negli Stati Uniti si sono orientati verso il diritto dei governi di rafforzare le misure di sorveglianza e di sicurezza. Il dibattito ha preso piede anche in Europa, sollecitato anche dagli attentati di Madrid e di Londra nel 2004 e nel 2005. Gli alti livelli di guardia e di vulnerabilità percepita dalla popolazione hanno giustificato un deciso giro di vite in direzione di un accentuato utilizzo di controlli sulla popolazione civile. Il problema più importante è quello di definire quali debbano essere i limiti di tale attivismo da parte degli Stati. Da un punto di vista liberale la mobilità degli individui è un bene per l’economia. La libera circolazione può sicuramente includere alcuni abusi, ma fino a che punto l’inasprimento delle misure di controllo e di sicurezza può essere definito proporzionale ai rischi? Fino a che punto il rimedio denominato “sicurezza” può anteporsi alla libertà degli individui e ad ogni fondamentale valore democratico? Il Congresso degli Stati Uniti nel 2001 ha ad esempio accettato di conferire all’esecutivo ampi poteri permettendo l’adozione di misure legislative speciali39. Secondo molti l’amministrazione Bush ha oltrepassato ogni delega al potere in nome dello stato di eccezionalità. Per approfondiresiveda ad esempioiltestodell’USA Patriot Act,Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (USA PATRIOT ACT) Act of 2001. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/z?c107:H.R.3162.ENR:. 39 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Sul tema della sicurezza due argomenti fondamentali si sono imposti40. Il primo di essi ritiene che la sicurezza sia il valore primario: la sicurezza implica la protezione dell’individuo, della collettività e dello Stato. Questa posizione portata agli estremi può suggerire che la sopravvivenza della civiltà occidentale stessa è minacciata dal terrorismo globale che è riuscito ad impossessarsi del controllo degli strumenti di violenza, superando la forza di molti Stati. La sicurezza è questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Libertà e democrazia sono valori secondari, sono possibili solo a condizione che la vita sia assicurata. Tale posizione può legittimare l’illimitato livello di intervento da parte dello Stato. In molti casi è riuscita a convincere, legittimandosi sulle paure diffuse degli individui. Ciò nonostante è evidente a molti che accentuate misure di sicurezza non possano non predare la libertà dei cittadini. Molti gruppi sociali hanno insistito sull’esagerazione di questa posizione, in antitesi profonda rispetto agli ideali di democrazia, che in questo caso si trovano in pericolo di sopravvivenza. Si è sviluppata così una seconda retorica che si fonda sull’idea di equilibrio tra libertà e sicurezza. Un apparente alto livello di pericolo può giustificare misure di sicurezza accentuate. Il vero pericolo di questa seconda posizione è che in momenti di alta tensione vengano varate misure di sicurezza straordinarie per il controllo degli individui e, alla distensione della situazione, tali misure rimangano pur tuttavia in vigore, perennemente, utili al controllo degli individui e alla raccolta di dati su di essi. Lo stato di eccezionalità diventa così perenne. Un evento isolato ed eccezionale comporta così la richiesta, caldamente eseguita in un clima di paura generalizzata, del sacrificio di parte della libertà agli individui, dopodiché lo stato di emergenza tende inevitabilmente a divenire duraturo, ponendo a repentaglio la democrazia. Nei discorsi ufficiali si è insistito sulla capacità di terroristi e di individui criminali di infiltrare i flussi di stranieri, giustificando così non solo l’inasprimento dei controlli sulla mobilità transconfinaria, ma anche la sorveglianza sulla libertà di parola, di associazione, religiosa e delle minoranze. La libertà di azione viene giudicata in base alla conformità alla norma locale, chiunque devii leggermente dalla norma diventa sospetto. La libertà di circolazione degli stranieri subisce di colpo limitazioni vistose e la normalità diventa il sospetto sulla loro mobilità. Ma in un mondo liberale, l’economia Per approfondire si invita a confrontare i contributi pubblicati nell’ambito del progetto Challenge: Liberty & Security. I testi sono disponibili al sito: http://www.libertysecurity.org/. 40 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna mondiale e gli Stati hanno comunque bisogno di mantenere un flusso di mobilità sostenuto, in quanto è generalmente ritenuto vero che ad una maggiore libertà di circolazione corrispondano maggiori benefici per l’economia. Ma maggiore mobilità richiede anche controlli più efficaci, fino all’estremo limite del totale controllo dei movimenti degli individui al fine di avere gli strumenti per valutare opportunamente ogni rischio, pericolo e minaccia. È per questo motivo che la retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza ha preso piede, come se libertà e sicurezza fossero gli unici due valori degni di valutazione. In Europa, l’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole importanza in tale direzione41. La precedente agenda di Tampere presentava un ampio programma, cosmopolita, in cui i diritti, compresi quelli degli immigrati, dei richiedenti asilo e dei cittadini di Paesi terzi, acquistavano un’inaspettata prominenza. Il cambio di registro con l’Aia è evidente: l’obiettivo è quello di creare “un’Europa che protegge”. La sicurezza diventa l’aspetto cruciale, prioritaria rispetto alla libertà42. Il documento approvato dal Consiglio raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce da combattere, ovvero il terrorismo, il crimine transfrontaliero e la migrazione irregolare. In tutti questi casi le misure individuate riguardano l’accentuata sorveglianza e il controllo della mobilità degli individui. Il principio di sicurezza è stata selezionato perché adatto al fine di imporre limitazioni alla libertà di circolazione. In questo ambito il concetto di rischio è diventato fondamentale. La strategia europea prevede tecniche che operano su più livelli, a livello nazionale e individuale. La stessa si estende nello spazio, presente non solo alla frontiera fisica ma perfino all’estero, direttamente nel luogo di provenienza degli individui in movimento. L’Unione prevede infatti la protezione del territorio comune per mezzo di interventi basati sulla conoscenza dei rischi da mettere in atto nei luoghi in cui tali rischi possono essere presenti (ad esempio alle frontiere esterne o direttamente in Paesi terzi), sulle attività a rischio (rischio 41 Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. CfranchePARKES, The Stockholm Programme: more than just a five-year itch?, in The Federal Trust, 2009, allapagina internet: http://www.fedtrust.co.uk/content.php?content_id=126&cat_id=6. 42 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. Alla lettura del testo del programma risulta evidente che al punto 1. “Rafforzamento della libertà”, e non in quello intitolato “Rafforzamento della sicurezza”, sono inserite misure di sicurezza quali l’instaurazione della gestione integrata delle frontiere esterne, delle politiche in materia di visti e dell’interoperabilità dei database VIS, SIS II eEURODAC. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna migratorio), nei confronti delle categorie e degli individui a rischio (potenziali migranti, overstayers43 o richiedenti asilo). La normativa prevede che le Sezioni Consolari, in particolare gli Uffici Visti, delle Rappresentanze dei Paesi membri accreditate all’estero siano responsabili della valutazione a livello individuale dei rischi 44. Secondo la disposizioni del legislatore europeo, se un individuo con un’alta probabilità costituisce un rischio per gli Stati Schengen, la sua mobilità deve essere ostacolata, negando lui l’accesso al territorio comune. La metodologia definita dal sistema Schengen dei visti al fine di controllare la circolazione delle persone presenta, per gli stranieri, opportunità differenziate per l’accesso all’area Schengen. In un primo momento prevede l’accesso differenziato su base nazionale: per i cittadini di alcuni Paesi del mondo l’accesso all’area comune non è condizionato dall’ottenimento di un visto di ingresso, per i cittadini di altri Paesi del mondo invece il possesso di un visto valido è condizione necessaria45 per l’accesso al territorio degli Stati partner46. Si potrebbe pensare che i cittadini di alcuni Paesi del mondo siano considerati benvenuti in Europa e che la loro mobilità sia stimata per definizione sicura, utile e benefica per i partner Schengen e, in quanto tale, non meritevole di essere intralciata o semplicemente rallentata da ostacoli sul percorso. In altri casi, la presenza di rischi non può essere esclusa in partenza. È necessario dunque un secondo livello di analisi: tutti i cittadini di un secondo gruppo di Paesi terzi saranno quindi obbligati ad avere un visto valido per recarsi alla frontiera esterna dell’area Schengen. La strategia definita opera quindi una differenziazione su base nazionale nel permettere la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni Paesi le cui vite sono scandite da routines conformi alla regola accolta in Europa. 43 Si definiscono overstayers coloro che al termine di validità del visto non rientrano al Paese di origine ma decidono di rimanere illegalmente nell’area Schengen o sul territorio dello Stato che ha rilasciato la prima autorizzazione al viaggio. 44 Cfr. l’art. 21 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 45 Non è una condizione sufficiente perché il respingimento alla frontiera è sempre possibile anche se il cittadino straniero è titolare di visto di ingresso valido, art. 13 del Regolamento N. 562/2006 del PE e del Consiglio del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen). 46 Più avanti, nel capitolo 1.4.2 della tesi, saranno discusse le liste definite dei Paesi terzi definite dalle istituzioni comunitarie. Cfr. il Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(versione consolidata del 11.01.2011). www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna All’opposto, nei confronti degli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi sembra creare un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni al fine di stabilire se essi, singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e responsabile. L’obiettivo è quello di bloccare in anticipo coloro che sembrano non essere in grado di farlo, frammentando così la popolazione tra coloro che hanno l’autorizzazione a viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Nei loro confronti la regola di valutazione pare essere quella del sospetto47. Il metodo definito per suddividere la popolazione in queste due classi è l’analisi del rischio. Il rischio tuttavia è un concetto probabilistico, indica la possibilità che un evento negativo si verifichi. Ma anche la possibilità di errore è proporzionale alla dimensione dell’incertezza. Da qui deriva il problema fondamentale dell’analisi del rischio applicata alla valutazione della (probabile) sicurezza della mobilità degli individui: presupporrebbe la disponibilità totale di informazioni per ridurre o annullare rischio ed errori. Richiede un incessante aumento della domanda di sorveglianza e di moltiplicazione dei controlli, nonché, ove necessario, lo scambio di dati utili. I cambiamenti avvenuti dopo l’11 settembre 2001 non rappresentano una rottura col passato. L’idea di messa in sicurezza della mobilità delle persone e l’associazione di quest’ultima con crimine e terrorismo esistevano già prima. Tuttavia, dopo tale data, sia nell’America settentrionale, sia in Europa, il nuovo clima di paura ha permesso la giustificazione e l’accettazione di misure di sorveglianza e di prevenzione più severe ed intrusive. Abbiamo assistito senza accorgercene ad un rapidissimo aumento dell’impiego di nuove tecnologie applicate, separatamente ed in rete, alla gestione della mobilità delle persone. Gli Stati e le Istituzioni europee si sono servite delle minacce globali e delle derivanti paure per giustificare l’idea di un’“Europa più sicura”48, prioritaria spesso rispetto all’“Europa della libera circolazione delle persone”. 47 Come già indicato precedentemente, non è condizione sufficiente perché al possesso di un visto valido non corrisponde un diritto di ingresso, il respingimento alla frontiera rimane possibile.GUILD, BIGO, cit., 2003, p. 8295, Cap.4,Le visa: instrument de la mise à distance des “indésirables”. 48 Per approfondire cfr. il documento: (2005/C 53/01) CONSIGLIO, Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione Europea. Vedi in particolare il punto 2.4 Gestione delle crisi all'interno dell’Unione europea con effetti transfrontalieri. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna La convinzione che le nuove tecnologie potessero essere impiegate con successo su questo fronte ha influenzato energicamente le scelte dei Governi e delle Istituzioni europee49. La produzione di documenti rispondenti a requisiti ad elevata sicurezza e contenenti tecnologie a prova di contraffazione, la realizzazione di strumenti sofisticati per l’identificazione degli individui, la digitalizzazione delle informazioni, la disponibilità di dati e lo scambio di essi in tempo reale, l’istituzione di banche di dati sugli individui e la loro interoperabilità sono diventati i precetti della nuova soluzione al dilemma tra libera circolazione degli individui e sicurezza. In un mondo in cui la mobilità e la velocità del movimento divengono valori di massimo rilievo, le misure di sicurezza possono apparire ai singoli come intralci, ostacoli, cause di attese ed inutili perdite di tempo. Non è così per quelle forme di controllo che non rallentano il viaggio o che lo velocizzano, innovando rispetto ad altre forme di controllo usate in passato50, oppure che risultano semplicemente impercettibili. La digitalizzazione, la dematerializzazione rendono possibile l’invisibilità delle misure di sorveglianza: gli individui si trovano nella condizione di non avvertire i controlli sul movimento, d’altro lato le autorità coinvolte nel settore sono in grado di raccogliere, registrare e scambiare dati sugli individui in quantità maggiori e a velocità incomparabili rispetto a quelle che sarebbero necessarie per l’invio e la ricezione di corpi materiali. I sistemi di sicurezza per essere efficaci non devono quindi intralciare i movimenti e devono operare per quanto possibile inosservati. Gli obiettivi sono la sorveglianza attiva e la capacità di effettuare interventi mirati per bloccare in tempo le mobilità a rischio, identificando e fermando coloro che non rispettano le regole stabilite. Se la mobilità legale è utile alla società e l’autonomia dei soggetti è il fondamento dell’agire umano, la sicurezza è diventata l’unico correttivo impiegato nei discorsi delle istituzioni per controllare gli individui. Secondo questa visione, il governo della libera circolazione si compie attraverso la definizione dei comportamenti considerati responsabili e quelli che non lo sono, distinguendo 49 Cfr. GUILD, BIGO, op.cit, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), cit., Leiden, 2010, pp. 257-280. BIGO, Delivering liberty and security? The reframing of freedom when associated with security, in BIGO, CARRERA, GUILD, WALKER (a cura di), Europe’s 21st Century Challenge. Delivering Liberty, Farnham, 2010, pp. 263-288. 50 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna così sottoinsiemi della popolazione in categorie distinte e soggette a loro volta a gradi di regolazione e di controllo diversi. Nell’ambito dell’acquis di Schengen l’oggetto delle misure di sicurezza sono i gruppi ritenuti non qualificati per l’autonomo esercizio della libera circolazione, ossia i potenziali migranti illegali in senso stretto, coloro che rappresentano rischi per la sicurezza e, ad un livello più ampio, tutti i cittadini di Paesi terzi che in base alla loro cittadinanza sono soggetti all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen. Le principali misure adottate nei loro confronti prevedono la raccolta di dati e di informazioni significative in relazione alla loro identità, alla loro situazione economica e sociale ed agli obiettivi del loro ingresso nell’area Schengen. Sono previste in un secondo momento le analisi del rischio migratorio ed alla sicurezza rappresentato dalle loro mobilità per mezzo del confronto incrociato delle informazioni a disposizione. La Commissione prevede l’uso estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate in modo proporzionale al raggiungimento degli obiettivi definiti51. Il fine è quello di documentare tali mobilità, valutarne la legittimità, monitorarle in base ai dati disponibili e, se l’esito dei controlli è negativo, prevenirne il movimento, quando possibile, oppure identificare coloro che hanno abusato delle condizioni dettate dall’autorizzazione loro concessa ed allontanarli dall’area Schengen. Le strategie dell’analisi del rischio applicate alla circolazione delle persone possono essere classificate, a scopo introduttivo e per chiarezza di analisi, in tre gruppi fondamentali: le misure messe in atto prima dell’arrivo del cittadino straniero alla frontiera esterna dell’area Schengen, quelle applicate all’arrivo alla frontiera esterna e infine quelle utilizzate in un momento successivo al passaggio della frontiera. In tutti e tre casi è fondamentale il metodo della raccolta di informazioni, di analisi dei rischi e di interoperabilità tra le informazioni raccolte nelle tre fasi. Il primo gruppo include le attività dei Consolati dei Paesi Schengen all’estero e degli ufficiali di collegamento, la politica dei visti, il sistema di sanzioni ai vettori52, il secondo gruppo comprende i controlli relativi all’identità e alla sicurezza effettuati 51 COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in border management in the European Union, Brussels, 2008. 52 Cfr. il contenuto della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dalle guardie doganali e di frontiera, l’ultimo gruppo prevede misure di sorveglianza, di prevenzione e di polizia. Strumenti nuovi sono subentrati nel tempo e si sono addizionati a quelli in uso in precedenza. Il passaporto non è più ritenuto un mezzo sicuro e affidabile, sufficiente per l’identificazione di un individuo. I passaporti rilasciati da certi Stati aprono letteralmente le porte ad un gran numero di altri Paesi e la loro contraffazione e il loro mercato abusivo hanno raggiunto nel tempo livelli elevati. Gli Stati hanno dunque preso accordi per rendere i passaporti più difficili da riprodurre, sofisticandoli grazie all’introduzione di sistemi di lettura ottica e di identificativi biometrici. I passaporti sono stati presto affiancati dai visti. Questi possono essere rilasciati solamente in favore di titolari di un passaporto valido e riconosciuto e completano la funzione di identificazione svolta dal passaporto includendo dati anagrafici ed altre informazioni significative. Tra i dati menzionati sui visti figurano spesso le condizioni dell’ingresso e del soggiorno indispensabili al fine di determinare la legittimità della mobilità del titolare di tale autorizzazione. Come i passaporti, anche i visti hanno subito un’evoluzione nel tempo in direzione di una maggiore sofisticazione allo scopo di rendere più difficile l’imitazione. Esattamente come per i permessi di soggiorno rilasciati in un momento successivo al passaggio della frontiera esterna in favore di migranti di lungo periodo, gli Stati Schengen hanno deciso di creare un formato unico di visto che includa identificativi biometrici tra cui una foto ad alta definizione. Le informazioni riguardanti lo straniero che richiede il visto, le indicazioni contenute sul visto stesso, la foto elettronica e i dati biometrici sono già immagazzinati per i richiedenti di alcuni Paesi terzi53 nel Sistema d’Informazione Visti (VIS), ossia la banca dati elettronica in corso di sviluppo che rende possibile l’accesso in tempo reale ai dati in esso contenuti alle autorità competenti di tutti i Paesi europei che vi partecipano, secondo profili di utenza prestabiliti. Il VIS archivia le informazioni di tutte le domande di visto indipendentemente dal loro esito positivo o negativo. Grazie all’accessibilità in rete da parte delle autorità statali competenti, siano esse locate nell’area Schengen, alla frontiera o all’estero, il sistema rende effettivo un processo di identificazione integrato, disponibile In merito all’inizio dell’attività del VIS, cfr. la Decisione della Commissione Europea del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 53 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna prima, durante e dopo il passaggio della frontiera esterna da parte del cittadino straniero, attraverso il confronto tra i dati biometrici del corpo fisico di un individuo (foto ed impronte digitali) e le informazioni contenute nei documenti in suo possesso con i dati registrati nella banca dati. La prima banca dati tecnologica creata nel quadro della Convenzione di Schengen, attiva dal 1995, è il Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’architettura del sistema prevede una banca dati centrale (C-SIS) situata a Strasburgo, collegata in rete con quelle nazionali (N-SIS), ubicate nei Paesi che partecipano alla cooperazione, a loro volta comunicanti con i terminali locali in uso secondo profili di utenza diversi presso le autorità statali competenti. Il SIS è utilizzato per archiviare e condividere informazioni di interesse su individui e oggetti al fine di preservare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, compresa la sicurezza dello Stato e di assicurare l’applicazione nel territorio delle Parti contraenti delle disposizioni sulla circolazione delle persone stabilite nella Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen54. Le minacce a cui opporsi sono il crimine transnazionale, il terrorismo e l’immigrazione clandestina. Oltre ai cinque Paesi partecipanti originari, si sono aggiunti nel tempo alla cooperazione riguardante il SIS altri venti Paesi. Sebbene non abbiano partecipato alla conclusione della Convenzione sopra citata, il Regno Unito e Irlanda hanno optato per la loro inclusione alla cooperazione in merito al SIS in base ai termini stabiliti dal Trattato di Amsterdam che ha incluso l’acquis di Schengen nel quadro dell’Unione Europea. In virtù delle disposizioni ivi contenute, Regno Unito ed Irlanda, sebbene non vincolate, hanno la facoltà di partecipare a tutte o a parte delle disposizioni riguardanti la Convenzione di Schengen55. La logica di base del Sistema d’Informazione Schengen è quella dell’interoperabilità del sistema e del reciproco accesso da parte delle autorità competenti dei Cfr. il Titolo IV della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen relativo al Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’art. 93 indica lo scopo del sistema. 55 Regno Unito e Irlanda usano al momento il SIS per motivi di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Non utilizzano il SIS secondo le disposizioni dell’articolo 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen perché non intendono rimuovere i controlli alle frontiere con il resto dell’Europa. Per approfondire cfr. 2000/365/CE. Decisione del Consiglio del 29 maggio 2000riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, nonché 2002/192/CE. Decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002 riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen. 54 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Paesi membri. Il SIS è regolarmente utilizzato con profili diversi da autorità di polizia e consolari, di frontiera, delle dogane e dalle autorità giudiziarie. La prima versione del SIS permetteva di registrare solo dati alfanumerici, tra cui nomi, cognomi, soprannomi, data e luogo di nascita, sesso, nazionalità, caratteri fisici distintivi, informazioni concernenti la pericolosità o al possesso di armi, le motivazioni dell’iscrizione del dato nel SIS ed eventuale azioni da prendere. A causa della limitatezza dei dati inscrivibili e delle opzioni a disposizione, ad esso è stato aggiunto SIRENE56, un sistema informatico supplementare incrociato al SIS che permette lo scambio di informazioni complementari quali fotografie o dati biometrici. I dati restano immagazzinati nel SIS ma SIRENE rende possibile lo scambio di dati aggiuntivi come ad esempio informazioni di intelligence relative al crimine. È possibile inserire i dati nel SIS per le seguenti categorie di persone: persone ricercate per l’arresto ai fini dell’estradizione, stranieri segnalati ai fini della non ammissione nell’Area Schengen, persone scomparse, minorenni o persone con problemi psichici che, ai fini della loro tutela o per prevenire minacce nei loro confronti, devono essere provvisoriamente poste sotto protezione, testimoni o persone citate a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale, nonché persone alle quali deve essere notificata una sentenza penale o subire una pena privativa della libertà. Possono essere inseriti anche dati su oggetti, ad esempio su documenti d’identità o veicoli persi o rubati. La voce per la quale sono presenti più dati è quella che riguarda i migranti irregolari57, ovvero le persone non gradite per le quali deve essere rifiutato l’accesso all’area Schengen. Data la sistematicità dell’interpellazione del sistema durante la fase di controllo dei documenti prima del rilascio di un visto o alla frontiera, il SIS rappresenta uno strumento di grande impatto nel controllo della mobilità dei cittadini stranieri. I dati sono tuttavia inseriti in maniera difforme in base agli standard nazionali58. Tale difformità nell’inserimento dei dati è palese soprattutto quando si confronta il numero di inserimenti di Paesi quali Germania, Francia, e Italia, iperattivi, o, al Supplément d’information requis a l’entrée nationale. Da notare che di tale sistema informatico non c’è menzione nella Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen. Cfr. la successiva Decisione del Consiglio del 14 ottobre 2002relativa alla declassificazione di talune parti del manuale Sirene adottato dal Comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. 57 Ex. art. 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen. 58 Per approfondire cfr. il cap. 3.1 tesi. 56 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna contrario, dei Paesi nordici o del Portogallo che ritengono che l’inscrizione nel SIS debba avvenire solo per crimini e delitti significativi59. Il primo gruppo di Paesi utilizza dunque il SIS come uno strumento chiave per impedire la mobilità in ingresso dei cittadini stranieri a loro non graditi anche qualora essi si presentino all’Ufficio Consolare o alla frontiera di un Paese del secondo gruppo. Il SIS diventa per così dire uno strumento per obbligare gli altri Paesi dell’area Schengen a fare la guardia ai propri indesiderati. Il sistema SIS è del tipo “hit/no hit”, vale a dire nel momento in cui un’autorità si rivolge al sistema per verificare se un individuo è registrato in esso, esso risponde in maniera affermativa o negativa: produce una cosiddetta “hit” se il nominativo dell’individuo è presente nel database. Anche nel caso di “hit”, non tutte le informazioni sono direttamente accessibili, in dipendenza dal profilo d’utenza dell’operatore il sistema risponde solitamente con un comando60. L’ottica della sorveglianza e della valutazione del rischio si allontana quindi dai corpi concreti per focalizzare l’attenzione sui flussi di dati e sulle correlazioni tra di essi. Se i dati raccolti sono accurati e sono assenti errori od omonimie, dovrebbero sussistere le corrispondenze biunivoche tra corpo fisico e dato archiviato e da questo al corpo fisico se necessario. I dati immateriali sono estremamente maneggevoli e trasferibili in tempo reale. La gestione di tale flusso di dati, nonché l’osservazione di correlazioni e corrispondenze potrebbe dunque permettere alle autorità di individuare e conoscere alcune regolarità del mondo reale, facilitando quindi la valutazione di rischi e la previsione di alcuni tipi di comportamenti di certe categorie di individui. Il limite più evidente del SIS è la limitatezza della tipologia dei dati archiviabili. Per risolvere questo problema è stato creato SIRENE ed è in corso di definizione una seconda Per quantoriguardal’iscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA PROTECTION SECRETARIAT JOINT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels, 2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, Activity Report – December 2005 – December 2008. 60 BROEDERS, Tracing, identifying and sorting. The role of EU migration databases in the internal control on irregular migrants, in FASSMANN, HALLER, STUART LANE, (a cura di), Migration and mobility in Europe. Trends, patterns and control, Cheltenham, 2009, pp. 249-271. 59 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna versione del sistema, denominata SISII, che sarà in grado di registrare anche indicativi biometrici61 e che sarà completamente operativa nel 201362. Il SIS inoltre permette di inscrivere solamente i dati di persone per le quali le autorità dei Paesi Membri hanno già verificato i rischi. Quindi, con riferimento a cittadini stranieri esso include sostanzialmente solo coloro che sono già stati sul territorio dei Paesi Schengen e dei quali è stata appresa dalle autorità la condizione illegale o la notizia di reati commessi. È per questo motivo che l’Unione ha deciso di sviluppare altri database più sofisticati capaci di registrare non solo dati alfanumerici ma anche altre informazioni, tra cui foto e dati biometrici, riguardanti tutti i cittadini stranieri in movimento verso il territorio Schengen indipendentemente dalla loro carriera migratoria63: EURODAC64, già attivo, registra i dati di cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo o fermati in relazione all’attraversamento irregolare della frontiera esterna; il Sistema d’informazione Visti (VIS)65, archivia i dati riguardanti tutte le domande di visto presentate presso tutti i Consolati dei Paesi membri. Questa proliferazione di banche dati elettroniche dimostra come le istanze relative al controllo e messa in sicurezza della mobilità degli individui creino una spirale senza fine in risposta alla domanda insaziabile di informazioni per l’analisi e la valutazione dei rischi. Il In merito allo stato dei lavori sull’istituzione del SIS II è possibile consultare il sito eurlex alla pagina: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0334:FIN:IT:PDF. 62 Cfr. Decisione 2009/724/GAI della Commissione del 17 settembre 2009 che fissa la data di completamento della migrazione dal sistema d'informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II); Decisione 2008/839/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008sulla migrazione dal sistema d’informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Vedi anche le informazioni disponibili sul sito della Commissione Europea Direzione Generale Affari Interni in: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen-informationsystem/index_en.htm. 63 Il concetto carriera migratoria indica la sequenza dei passi, ognuno dei quali è marcato da eventi definiti come significanti nella struttura delle narrative degli attori e riconosciuti pubblicamente come tali da vari gruppi di ascoltatori. La nozione di carriera migratoria è particolarmente utile per analizzare i processi dinamici della migrazione irregolare internazionale. Per unatrattazioneapprofondita di questitemicfr. CVAJNER, SCIORTINO, A tale of networks and policies: prolegomena to an analysis of irregular migration careers and their developmental path, in Population, Space and Place, Wiley Online Library, 2010. Il testo è disponibile alla pagina internet: http://ccs.research.yale.edu/documents/public/PubsAndRes/Faculty/Cvajner_ Sciortino_ policy_networks.pdf. 64 Il sistema Eurodac è stato istituito per mezzo del Regolamento n. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre 2000che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino. 65 Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è stato istituito per mezzo della Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (2004/512/CE). 61 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna metodo neoliberale di governo della sicurezza è diventato dipendente dall’idea secondo cui la gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui per mezzo di sistemi tecnologici permetta l’individuazione delle persone a rischio e la capacità di adozione in tempo utile di misure di prevenzione adeguate66 in grado di bloccare le mobilità non conformi alla regola convenuta. In questo senso risultano indispensabili le modalità di raccolta dei dati, l’osservazione di correlazioni e regolarità, la creazione di statistiche efficaci, unite alla realizzazione di profili di individui a rischio grazie al contributo di sapere umano poliziesco, di cognizioni psicologiche e sociologiche e di conoscenze specifiche relative alla situazione interna locale di Paesi terzi. Oltre a problemi di efficacia ed alla possibilità di errori nella selezione su base individuale degli individui da ammettere sul territorio comune, è necessario ripetere che l’analisi del rischio è un concetto che si basa sulla valutazione della probabilità e che quindi include in sé incertezza e margini di errore. Inoltre, l’implementazione di politiche di selezione e di controllo della mobilità delle persone secondo questo metodo comporta problematiche di difficile soluzione in riferimento al grado di arbitrarietà delle scelte effettuate dalle autorità competenti e in relazione alla legittimità stessa di tali politiche67. Resta un compito impossibile quello di definire senza margine di errore che ad un rischio elevato, calcolato su un numero elevato di correlazioni verificate in passato, corrisponda ora, a livello di scelta su base individuale, una certezza del verificarsi di un comportamento. L’eccezione resta sempre possibile: è certamente possibile che un individuo, richiedente un visto, dotato di mezzi finanziari sotto alla media, proveniente da una zona considerata a rischio migratorio, senza un lavoro stabile e senza legami sociali stretti nel luogo di origine, decida di spendere tutti i suoi risparmi per comprare un biglietto aereo e recarsi da un amico in Europa per visitare alcune città celebri e, senza nutrire alcun desiderio di immigrare illegalmente, faccia rientro, felice, nel suo luogo natale. Un rischio estremamente elevato non implica deterministicamente una relazione di causa-effetto. Scelte 66 Cfr. BIGO, op. cit., JAFFRELOT, LEQUESNE (a cura di), op. cit., Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet: www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf. 67 Per approfondire cfr. § 6 e 7 del presente lavoro. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna basate sul rischio contengono margini di errore e, in definitiva, sono macchiate dal dubbio e dal sospetto. 4. Uno sguardo alla politica europea dei visti: quadro normativo e strumenti giuridici Il visto è uno strumento tecnico che rende possibile una più efficace individuazione e selezione dei cittadini stranieri ai fini del controllo e dell’incanalamento delle loro mobilità. Allegato ad un titolo di viaggio valido e riconosciuto, il visto rappresenta un’innovazione rispetto all’uso del passaporto, impiegato prima allo stesso scopo, poiché il visto regola la possibilità di spostamento in maniera molto più precisa e dettagliata indicando limiti temporali, modalità e finalità del movimento. A differenza del passaporto, il visto è rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di transito o di destinazione e non dalle autorità dello Stato di cui il cittadino straniero è originario. La nozione di visto nel diritto europeo non è semplice. Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, agli artt. 77 e 79 al Capo 2 del Titolo V Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, menziona una prima suddivisione tra visti di breve durata e di lunga durata. Il visto, secondo le disposizioni del legislatore europeo, è l’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso, oppure ai fini del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati membri68. Dal punto di vista della validità territoriale, i visti sono classificati in “visto uniforme”, valido cioè nell’intero territorio degli Stati membri e non membri dell’Unione che partecipano alla cooperazione di Schengen69, “visto con validità territoriale limitata”, valido cioè per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti, e infine “visto di transito Cfr. l’art.2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012. 69 In realtà valido solo nell’area Schengen, porzione del territorio degli Stati Schengen. Con quest’ultima espressione di indicano i Paesi membri dell’Unione Europea e non che cooperano nel quadro definito dall’acquis di Schengen. Invece di “Stati Schengen” verrà utilizzata più avanti la dicitura “Stati membri” nonostante la possibile ambiguità perché la non partecipazione alla cooperazione di Schengen da parte di Stati membri dell’Unione e la partecipazione ad essa di Paesi non membri dell’Unione possono essere considerate le eccezioni. 68 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna aeroportuale”70, valido solo per il transito nelle zone internazionali di uno o più aeroporti degli Stati Schengen e che non prevede il passaggio attraverso i controlli della frontiera esterna e l’ingresso nell’area Schengen. La nozione di visto Schengen uniforme individua solamente un sottoinsieme della più ampia casistica di visti che permettono l’ingresso sul territorio dell’Unione Europea. Per “visto adesivo” il legislatore europeo indica il formato uniforme per i visti quale definito dal regolamento n. 1683 del 1995 che istituisce un modello uniforme per i visti71. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio, in seguito alla proposta della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo, sulla base giuridica dell’articolo 100 C del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale modello uniforme può essere utilizzato dagli Stati Schengen sia per il rilascio del cosiddetto visto Schengen uniforme72 e di visti di transito73 e di transito aeroportuale74, sia per altri fini diversi75, ad indicare tutti i casi di visti di ingresso nazionali di lunga durata superiori a novanta giorni, rilasciati secondo le disposizioni dei singoli Paesi76. Il visto adesivo, che già secondo il modello previsto nel 1995 conteneva elementi che ne impedissero la falsificazione, è stato modificato a più riprese per ragioni pratiche di sicurezza. Tra le modifiche più importanti rispetto alla prima versione del visto uniforme è opportuno menzionare l’introduzione nel 2002 di una fotografia del richiedente rispondente ad elevati Cfr. l’art. 3 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 71 Per approfondire vedi: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995R1683:IT:NOT e i collegamenti ivi disponibili. L’ultima versione consolidata del regolamento è disponibile alla pagina internet: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1995R1683:20080922:IT:PDF. 72 Visto tipo C: per l’ingresso e il soggiorno di breve durata, fino a 90 giorni, con uno o più ingressi. Cfr. anche art. 62 par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea. 73 Vistotipo B: transito, è stato abolito di seguito all’entrata in vigore del Regolamento ( UE) n. 265/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010. Nei casi di transito viene rilasciato ora visto di tipo C. 74 Visto tipo A: transito aeroportuale. 75 Cfr. art. 7 del regolamento n.1683/95 del Consiglio, relativo al caso di rilascio di visto nazionale, cioè visto tipo D, che individua tutti i casidi ingresso e di soggiorno di lunga durata superiori a 90 giorni e l’esercizio del diritto di libera circolazione nei Paesi Schengen diversi da quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore europeo. Il modello è utilizzato anche da Regno Unito e Irlanda che partecipano solo ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen e da Cipro, Bulgaria e Romania che non sono ancora membri a tutti gli effetti della cooperazione di Schengen. 76 Anche i visti nazionali D di lunga durata permettono l’esercizio del diritto di libera circolazione negli altri Paesi Schengen, oltre a quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore europeo. Cfr. al proposito il regolamento n. 265 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010 che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e il regolamento n. 562 del 2006 per quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata. 70 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna requisiti di sicurezza al fine di mettere in relazione univoca l’etichetta del visto all’identità del titolare del documento di viaggio. Il visto uniforme non è un’entità unica. Secondo il criterio del numero di ingressi, esso può essere classificato in visto uniforme a uno, due o molteplici ingressi77, in quest’ultimo caso può avere un periodo di validità massimo di cinque anni 78 e può essere rilasciato al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei consolati degli Stati membri e agevolare lo spostamento rapido di chi viaggia frequentemente o regolarmente. Il visto uniforme prevede il pagamento da parte dei richiedenti79 di diritti pari a 60 euro, indipendentemente dalla nazionalità e dal Paese membro di destinazione, salvi i casi particolari di minori tra i sei e i dodici anni per i quali i diritti per i visti ammontano a 35 euro, di minori di sei anni, studenti e familiari di cittadini europei80 ai quali viene rilasciato gratuitamente o in tutti gli altri casi stabiliti dal legislatore, in sede di Cooperazione locale Schengen oppure in virtù di accordi di facilitazione tra l’Unione ed un Paese terzo. Secondo il criterio della finalità del viaggio, i visti uniformi possono essere classificati in maniera non esaustiva in visti rilasciati per motivi di affari, di studio o di formazione, per viaggi turistici o privati, per manifestazioni politiche, scientifiche, culturali, sportive, religiose o per altre ragioni, per viaggi di membri di delegazioni ufficiali che, su invito ufficiale indirizzato al governo del paese terzo interessato, partecipano a riunioni, consultazioni, negoziati o programmi di scambio ovvero a eventi organizzati nel territorio di uno Stato membro da organizzazioni intergovernative o, infine, per viaggi per motivi di salute81. Si può notare da questo breve excursus sulle tipologie di visto che la nozione stessa di visto è estremamente complessa. Le categorie sono state definite dal legislatore europeo per Cfr. l’art. 24, par. 1 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 78 Cfr. l’art. 24, par. 1 e 2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 79 Cfr. l’art. 16 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 cheistituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 80 Cfr. anche l’art. 5 della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. 81 Cfr. il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), in particolare l’Allegato II relativo all’elenco non esaustivo di documenti giustificativi per le finalità del viaggio. 77 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna individuare e classificare in modo stabile e univoco le mobilità dei cittadini di Paesi terzi. Virtualmente possono esistere tante tipologie quanti sono gli individui in movimento82. Oltre alle tipologie pure individuate dal legislatore (affari, turismo ecc.), le mobilità possono essere multiple e dislocarsi sul territorio di più Stati Schengen: un individuo richiedente il visto può recarsi in un Paese europeo per visitare ad esempio partner commerciali, cogliendo allo stesso tempo l’occasione per incontrare alcuni amici in un contesto territoriale diverso in un altro Stato, visitare alcune città famose e, data la disponibilità di strutture in una determinata località di un terzo Stato dell’area Schengen, sottoporsi ad un breve ciclo di cure termali. Questa eventualità di mobilità complesse ha stimolato il legislatore europeo ha introdurre per necessità pratiche due ulteriori concetti, quelli di “scopo principale del viaggio” e di “competenza per l’esame della domanda di visto”83. Esistono altre disposizioni pratiche definite dal legislatore al fine di introdurre margini di flessibilità nel caso di variazioni del piano di viaggio dovute ad eventi non prevedibili al momento della presentazione della domanda di visto: in tali termini andrebbe letta, per esempio, la previsione dell’aggiunta di una franchigia supplementare di quindici giorni al periodo di validità del visto84. Il visto, in quanto strumento tecnico in forma di vignetta applicabile ad un titolo di viaggio, è diventato il mezzo privilegiato per effettuare il controllo in anticipo degli stranieri prima che essi intraprendano il viaggio per arrivare alla frontiera esterna. Esso rappresenta una condizione necessaria per l’accesso all’area Schengen, in base alla cittadinanza, per tutti i cittadini dei Paesi terzi per cui l’Unione definisce l’obbligo di essere in possesso di un visto valido all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne85. Ciò non significa che alla frontiera esterna non vengano effettuati controlli: il visto non rappresenta un diritto di ingresso sul territorio, il rifiuto all’ingresso è possibile anche se il cittadino straniero è in 82 Per approfondire cfr. Capitolo 1.1.3 della presente tesi. Cfr. le disposizioni del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) e del regolamento n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 84 Cfr. art. 24del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 85 Cfr. il regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, e successive modifiche. 83 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna possesso di un visto valido86. L’innovazione del visto è stata possibile in quanto ha determinato un vantaggio rispetto al sistema di controllo precedente: esso comporta una strategia più efficace per la gestione delle frontiere, permettendo allo Stato di destinazione di esercitare un controllo a priori su chi, tra i richiedenti cittadini di Paesi terzi, può godere del diritto alla libera circolazione sul territorio comune secondo le regole definite dal legislatore. Il visto è rilasciato in base a determinate procedure all’avvenuta approvazione della domanda di visto, del documento di viaggio, dei documenti di supporto e in certi casi in seguito ad un colloquio con il richiedente. Il rilascio di un visto Schengen uniforme da parte delle autorità di uno Stato può essere letto come un segno di fiducia nei confronti di un richiedente, nonché della sua capacità di esercitare in maniera responsabile la propria autonomia in relazione alla libertà di movimento, qualora egli non sia considerato a rischio di immigrazione illegale e qualora non sia ritenuto costituire un rischio per la sicurezza degli Stati membri. Tuttavia, dato che il visto è un documento individuale rilasciato sulla base della fiducia, rimane intatta la necessità permanente di effettuare controlli e monitorare coloro ai quali è stato concesso il visto al fine di identificare coloro che, non degni di tale segno di fiducia, decidono di violare le condizioni del visto e migrare facendo perdere le proprie tracce. In caso di mancanza dei requisiti richiesti o di fiducia nella buonafede dei richiedenti, il legislatore prevede la possibilità per le autorità competenti dello Stato membro dislocate nel Paese terzo di rifiutare il visto, notificando per iscritto le motivazioni87 e bloccando così nel Paese di origine le aspirazioni al viaggio di coloro che sono ritenuti “a rischio”. Il visto Schengen uniforme permette soggiorni per periodi non superiori a tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre autorizzando l’individuo in possesso di un visto valido a circolare liberamente su tutto il territorio dell’area Schengen senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati membri. Perchè questo sia possibile è presupposto il riconoscimento incrociato della validità e della legalità dei visti di breve durata rilasciati dagli altri Stati membri. Ciò implica la fiducia reciproca tra i Paesi che cooperano Cfr. l’art. 13 del regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, nonché l’Allegato V Parte A e Parte B. 87 Cfr. l’art. 32 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 86 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna all’acquis e soprattutto la confidenza nelle rispettive capacità amministrative di effettuare controlli efficaci per la selezione degli individui a cui concedere l’autorizzazione all’accesso sul territorio comune secondo le procedure comuni. Il sistema di rilascio dei visti dovrebbe garantire che nessun cittadino di Paese terzo che avesse l’intenzione di migrare illegalmente o che potesse costituire un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri possa fare ingresso nell’area Schengen. Oltre al suo aspetto tecnico, la decisione sul rilascio o meno dell’autorizzazione all’arrivo alla frontiera esterna dello spazio comune nei confronti di cittadini di Paesi terzi contiene implicitamente conseguenze politiche. Sia il rilascio, sia il diniego di un visto, generalizzati, nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, può contenere implicazioni politiche o diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati. Ad esempio, il rilascio di un visto ad un opponentepolitico che cerca rifugio può essere letto dal governo dello Stato terzo come un segno di inimicizia. Tuttavia, nel caso del regime di Schengen, le implicazioni politiche più importanti in materia di visti sono da leggere in direzione opposta. Esse riguardano in particolare la creazione di un formato uniforme di visto e la standardizzazione delle regole a fondamento del regime dei visti di breve durata: ciò ha implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei governi degli Stati membri e, all’esterno, ha avuto un fortissimo impatto sulle relazioni internazionali, conferendo una forte visibilità all’Unione Europea. L’uso di un formato di visto uniforme da parte di tutti i Paesi e per tutte le diverse tipologie di visto, compresi i visti nazionali di tipo D, può avere anche dato origine a confusione ed incomprensioni per la generalità dei cittadini di Paesi terzi, ma ha permesso di creare un immaginario vivido di “Europa Unita”, occultando ai più le differenze tra il territorio dell’Unione e quello dell’area Schengen. L’Unione ha così mostrato all’estero un livello di convergenza tale da essere percepita come un sovra-Stato anteposto e superiore di importanza rispetto ai celebri Stati membri. Ciò nonostante, dal punto di vista giuridico, il visto Schengen uniforme resta un visto nazionale nel senso che non è rilasciato dalle rappresentanze comunitarie dislocate nei Paesi terzi: sono le amministrazioni nazionali dipendenti dai Ministeri degli Affari Esteri degli Stati membri, i Consolati, ad essere competenti per l’esame delle domande di visto e per il rilascio o il diniego dei visti. Oltre a www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna ciò, competenti per gli eventuali ricorsi in caso di diniego del visto sono i tribunali nazionali. Il visto uniforme è perciò un visto rilasciato da uno degli Stati membri e che permette la possibilità di ingresso negli altri Paesi membri. Le autorità competenti dei controlli alla frontiera esterna, sia essa quella dello stesso Stato che ha rilasciato il visto o di un altro Stato, valutano le condizioni e la legittimità dell’accesso all’area Schengen dello straniero e, se non sono raggiunti i requisiti richiesti, possono decidere di negare l’ingresso. A discapito quindi della forte visibilità acquisita dall’Unione grazie allo strumento del visto uniforme, le decisioni fondamentali sul rilascio dei visti e sul controllo delle persone in movimento verso e dall’Unione restano di competenza degli Stati membri. Per questo motivo, differenze interpretative delle politiche comuni da parte dei governi centrali degli Stati membri oppure concezioni diverse sulle modalità di gestione e di utilizzo degli strumenti previsti dalle istituzioni dell’Unione, a cui spetta il compito di sorvegliare e armonizzare le differenti posizioni nazionali, rendono possibili differenze di applicazione da parte degli Stati. I flussi migratori sono fenomeni intimamente connessi alla natura umana. Durante il presente periodo storico, nonostante la crisi economica che dal 2008 ha colpito anche i Paesi dell’Unione Europea, alcuni dei quali sono tuttora in fase di recessione88, il tasso netto di migrazione resta positivo nella maggioranza di essi89. Come abbiamo sottolineato nella prima parte di questo paragrafo, il regime Schengen dei visti regola solamente alcune tipologie di mobilità, ovvero quelle di breve durata fino ad un massimo di novanta giorni al semestre e solamente per i cittadini dei Paesi terzi elencati nelle liste comuni. La politica comune dei visti non regola la materia dei visti di lunga durata: la definizione delle politiche sull’immigrazione, attraverso la definizione di quote all’ingresso per cittadini di Paesi terzi, resta di competenza dei Paesi membri. Il sistema Schengen dei visti prevede che chiunque entri nell’area Schengen con un visto uniforme valido esca dal territorio comune entro i limiti di validità stabiliti dall’autorizzazione di cui è in possesso. Uno dei fondamenti della politica, nell’ottica della lotta all’immigrazione illegale enunciata 88 Vedi il sito del Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook Update, 16 luglio 2013, in: http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/update/02/index.htm, ultimo accesso 03 agosto 2013. 89 Vedi il sito di Eurostat, Population and populationchangestatistics, ultimo accesso 03 agosto 2013. In: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Population_and_population_change_statistics . www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna tra i criteri utilizzati per la formulazione degli elenchi comuni dei Paesi terzi, è l’obbligo della valutazione del rischio migratorio del richiedente. Il sistema creato dal legislatore europeo in materia di visti di breve durata regola solamente le fasi di accettazione, di esame e di decisione sulle domande di visto: alle Rappresentanze consolari spetta il compito di verificare l’identità dei richiedenti e dividere coloro ai quali può essere concessa l’autorizzazione al viaggio verso l’area Schengen, definendo dettagliatamente le condizioni di viaggio attraverso la compilazione della vignetta del visto uniforme rilasciato in loro favore, da coloro a cui deve essere negata questa possibilità a causa della probabilità che il rischio migratorio o altri rischi relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza dei Paesi membri si materializzino. La valutazione del rischio migratorio, così come l’analisi dell’autenticità e della validità dei documenti giustificativi spetta alla Rappresentanza consolare che riceve la domanda di visto, supportata opportunamente dallo scambio di informazioni e conoscenze in sede di Cooperazione consolare locale. La valutazione del rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale delle Parti contraenti deve essere effettuata attraverso la consultazione degli schedari delle persone non ammissibili tramite il SIS e attraverso la comunicazione con le autorità centrali e, se del caso, con le autorità centrali di altri Paesi membri per i cittadini dei Paesi terzi per i quali è richiesta la procedura di consultazione. Il regime Schengen dei visti di breve durata regola dunque solamente la fase di controllo e valutazione che avviene prima del movimento verso l’Unione da parte del cittadino straniero: le operazioni si concludono all’esterno dell’area Schengen, solitamente nello Stato ove il richiedente abitualmente risiede. Sebbene il visto determini le condizioni e la durata della mobilità autorizzata, esso rappresenta solo una condizione necessaria e non sufficiente all’accesso all’area Schengen. Per regolamentare la mobilità dei cittadini stranieri ai quali è richiesto l’obbligo del visto per i soggiorni di breve durata nell’area comune senza frontiere interne tra i Paesi membri, il legislatore europeo ha definito altri strumenti che assieme alla politica comune dei visti concorrono a delineare le modalità e i vincoli legali per la circolazione dei cittadini stranieri prima dell’arrivo alla frontiera esterna, attraverso essa e dopo il suo attraversamento in relazione all’esercizio della circolazione all’interno dell’area comune. In ordine inverso, partendo dall’interno dell’area Schengen e muovendosi verso l’esterno, il legislatore www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna comunitario ha previsto nei Trattati fondativi e nell’acquis di Schengen le norme fondamentali che regolano la circolazione delle persone nella porzione interiore dell’area comune, le misure di sicurezza e le modalità di adesione degli Stati europei alla cooperazione di Schengen. Il legislatore ha definito in secondo luogo le modalità per l’attraversamento delle frontiere esterne. In questo ambito sono di fondamentale importanza il Codice delle frontiere esterne di Schengen90, il regolamento n. 1931 del 2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce norme sul traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne degli Stati membri91, la decisione del Consiglio del 2010 che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne92, l’istituzione di un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (FRONTEX)93, la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere94, nonché le proposte della Commissione per l’istituzione di un Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR)95, per l’introduzione di sistemi di facilitazione nell’attraversamento delle frontiere per viaggiatori bona fide e per l’introduzione di un sistema di registrazione degli ingressi e delle uscite (entry/exit system)96. L’Unione ha definito in terzo luogo strumenti per contrastare l’immigrazione irregolare attraverso la direttiva concernente l’obbligo dei vettori, con relative 90 Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. 91 Regolamento n. 1931 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006 che stabilisce norme sul traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne degli Stati membri e che modifica le disposizioni della convenzione Schengen. 92 Decisione del Consigliodel 26 aprile 2010che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea. 93 Regolamento n. 2007del Consiglio del 26 ottobre 2004che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea. 94 Regolamento (CE) N. 863/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007che istituisce un meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere e modifica il regolamento n. 2007/2004 del Consiglio limitatamente a tale meccanismo e disciplina i compiti e le competenze degli agenti distaccati. 95 COM(2011) 873 final, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing the European Border Surveillance System (EUROSUR), Brussels, 2011. 96 COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in border management in the European Union, Brussels, 2008. Al proposito cfr. anche gli studi di fattibilità sul sito della Commissione europea alla pagina: (http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm). www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sanzioni, di comunicare i dati riguardanti le persone trasportate97 e sta sviluppando altri strumenti per effettuare il controllo anticipato dei viaggiatori in arrivo alla frontiera esterna dell’area comune: tra questi è possibile menzionare il Programma per viaggiatori registrati (RegisteredTravelerProgramme) e un sistema elettronico di autorizzazione al viaggio (ESTA)98 basato sui modelli eVisitor australiano ed ESTAamericano. L’Unione, che utilizzerà a tal fine il Fondo per le frontiere esterne e il Fondo asilo e migrazione99, avrà così la capacità di estendere il controllo al di fuori dell’area Schengen sulle persone in movimento verso l’Unione, sia per coloro che hanno già ottenuto un visto valido sia per coloro che non sono soggetti a tale obbligo. Oltre allo sviluppo della politica dei visti, delle modalità di gestione delle frontiere e della circolazione nell’area Schengen, il legislatore europeo ha adottato provvedimenti per regolare gli altri canali di ingresso dei cittadini stranieri nell’area Schengen, in particolare in materia di immigrazione legale e di asilo100. In materia di immigrazione si può citare per esempio la direttiva sulla “Carta blu UE” in materia di lavoro per personale altamente specializzato101, la direttiva sul diritto al ricongiungimento familiare102, le direttive relative all’ammissione di ricercatori103 e di studenti104. Le istituzioni europee si sono dotate inoltre di strumenti per contrastare le cause e gli effetti dell’immigrazione irregolare. Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato in tal Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. 98 COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in border management in the European Union, Brussels, 2008. Cfr. al proposito anche gli studi di fattibilitàsul sitodella Commissione europea alla pagina: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm. 99 Per ulteriori informazioni cfr. il sito della Commissione europea “Press releasesrapid” alla pagina: http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/11/785&format=HTML&aged=0&language =EN&guiLanguage=en. 100 Per una trattazione esaustiva dell’argomento cfr. BENEDETTI, Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati nell’Ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Padova, 2010. 101 Direttiva 2009/50/CE del Consiglio del 25 maggio 2009 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. 102 Direttiva 2003/86/CE del Consigliodel 22 settembre 2003relativa al diritto al ricongiungimento familiare. 103 Direttiva 2005/71/CE del Consigliodel 12 ottobre 2005relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica. 104 Direttiva 2004/114/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato. 97 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna senso alcune direttive per la definizione di sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e per la definizione di procedure comuni per il rimpatrio di questi ultimi105, senza trascurare gli strumenti definiti negli accordi internazionali sottoscritti con Paesi terzi in materia di riammissione. Tutti gli strumenti dovrebbero essere coordinati dalla Commissione in base agli obiettivi fondamentali definiti in materia di relazioni esterne dell’Unione nonché attraverso la cooperazione di polizia tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie create per la prevenzione del terrorismo, del crimine organizzato e del traffico di esseri umani. L’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie dimostra un’estrema complessità. Tale complessità dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi utilizzati. Per gli atti legislativi più importanti le istituzioni comunitarie hanno previsto l’uso di regolamenti, in virtù dell’obbligatorietà di tutti i loro elementi costitutivi e l’applicabilità diretta negli Stati membri. Negli altri casi si sono servite di direttive che, essendo mezzi normativi indiretti, implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la loro trasposizione nel diritto nazionale. Quest’attività può offrire spazio a traduzioni non conformi o ad errori capaci di deformare l’intenzione originaria del legislatore comunitario, costringendo in seguito i giudici nazionali a chiedere indicazioni relative alla corretta interpretazione del significato originario della direttiva alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea attraverso la procedura del rinvio pregiudiziale106. La complessità del sistema dipende in secondo luogo dalla pluralità di Stati membri e dall’elevato numero di autorità competenti che interviene nelle singole fasi dei processi. È proprio a causa della molteplicità degli attori che si creano le condizioni per la diversità di interpretazioni e di applicazione della normativa, nonché per difficoltà di comunicazione, creando le condizioni per l’esistenza di falle nel sistema nelle quali possono insediarsi le violazioni più comuni. La Commissione ha risposto al problema attraverso l’uso delle nuove tecnologie per la creazione di database per la gestione delle frontiere, dell’ordine pubblico e dei flussi di 105 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. 106 Tale procedura prevista dai Trattati istitutivi consente ai giudici nazionali di ottenere dalla Corte l’esatta interpretazione della norma che essi sono tenuti ad applicare. Per approfondire cfr. ZANGHÌ, op. cit., p. 430 ss.. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della condivisione delle informazioni. Al Sistema d’Informazione Schengen (SIS) sarà sostituita una seconda versione capace di interoperare con EURODAC, che nell’ambito della Convenzione di Dublino II raccoglie i dati dei richiedenti asilo per evitare il problema dell’“asylum shopping”107, e con il Sistema d’Informazione Visti (VIS), sviluppato in modo tale da raccogliere i dati relativi a tutte le domande di visto presentate presso le Rappresentanze diplomatiche e consolari dei Paesi che vi cooperano. Questi database, che archiviano anche dati biometrici dei cittadini stranieri, foto e impronte digitali, saranno integrati e permetteranno di verificare con certezza l’identità degli individui in passaggio attraverso la frontiera esterna per mezzo di un sistema di riconoscimento biometrico automatico108. Secondo il programma della Commissione, i tre sistemi saranno collegati al Sistema di ingresso-uscita (entry-exit system), che permetterà la registrazione e l’archiviazione elettronica delle informazioni sull’attraversamento della frontiera da parte dei cittadini stranieri, sia se possessori di visto, sia se esenti dall’obbligo del visto, in una banca dati centralizzata che, in assenza di registrazioni relative all’uscita, potrà generare notifiche alla scadenza dell’autorizzazione concessa al cittadino straniero per rimanere nell’area Schengen. Per i cittadini stranieri non sottoposti all’obbligo del visto sarà prevista la raccolta delle impronte digitali, se non già presenti nel database, per gli stranieri dotati di visto sarà eseguita la verifica di corrispondenza con i dati presenti nel VIS. La verifica dell’identità tramite questo sistema sarà eseguita anche all’uscita. Al fine di permettere procedure di verifica semplificate in alcuni punti di frontiera, velocizzando così il processo, la Commissione ha proposto il Programma di registrazione dei viaggiatori (RegisteredtravelerProgramme) per coloro che sceglieranno volontariamente di registrare preventivamente i propri dati biometrici secondo una procedura predefinita. Anche in questo caso i dati biometrici del viaggiatore saranno confrontati con quelli presenti sui database. 107 Cfr. Regolamenton. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo. 108 Le istituzioni comunitarie hanno previsto lo sviluppo del sistema BiometricMatching System (BMS). Vedi per riferimento la relazionedellaCommissioneCOM(2011) 346 final, Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the development of the Visa Information System (VIS) in 2010 (submitted pursuant to Article 6 of Council Decision 2004/512/EC), Brussels, 2011. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Oltre allo sviluppo di questi strumenti, il Parlamento europeo e il Consiglio su iniziativa della Commissione hanno istituito un’agenzia ad hoc per il controllo dei sistemi elettronici, l’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala109, responsabile della gestione di SIS II, VISed EURODAC. Il Consiglio ha inoltre istituito, per mezzo di una decisione in esecuzione delle disposizioni del trattato e di un regolamento, l’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL)110 e l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX)111. Nel caso di EUROPOL, il Consiglio ha previsto la facoltà dell’ente di accedere ai dati archiviati nei database, nei limiti di competenza per prevenire e combattere la criminalità e il terrorismo che interessano due o più Stati membri112. L’agenzia FRONTEX è stata creata per migliorare la gestione integrata delle frontiere esterne dell’Unione, coordinando e assistendo le attività degli Stati membri ed effettuando analisi dei rischi. Le Istituzioni europee sono ancora impegnate a creare questi nuovi sistemi informatici di grandi dimensioni e a costituire nuove agenzie sovranazionali. Nell’ottica del programma della Commissione per l’armonizzazione delle pratiche sul rilascio dei visti e sui controlli alle frontiere esterne e per la maggiore convergenza delle legislazioni nazionali in materia, gli strumenti indicati sopra permetteranno la raccolta di notevoli quantità di dati ed informazioni sui cittadini stranieri in viaggio nell’area Schengen e, grazie all’interoperabilità dei database, creeranno le condizioni per l’eventuale individuazione di correlazioni, di conseguenza, secondo il progetto della Commissione, saranno possibili analisi sui rischi fondate su presupposti più stabili. Secondo le previsioni del Piano d’azione per l’attuazione del Regolamento n. 1077 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. 110 Decisione del Consiglio del 6 aprile 2009 che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL).V.ancheVALVO, op. cit., pp. 364-367. 111 Regolamento n. 2007 del Consiglio del 26 ottobre 2004 che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX). 112 Per quanto riguarda l’accesso di EUROPOL al VIS, cfr. la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. Per quanto riguarda l’accesso al SIS cfr. le disposizioni del Regolamenton. 1986/2006 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006sull’accesso al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione. 109 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Programma di Stoccolma, la Commissione dovrà effettuare nei prossimi anni regolari analisi e valutazioni sullo sviluppo e sul funzionamento degli strumenti legislativi, tecnologici e organizzativi messi a punto113. Grazie all’architettura di agenzie e strumenti di nuova generazione creata, la Commissione sarà capace di raccogliere e gestire direttamente, e non più attraverso la sola mediazione degli Stati membri, una notevole mole di dati sull’operato delle autorità competenti degli Stati membri, potrà effettuare valutazioni sulla loro attività e, al limite, compiere pressioni nei confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in maniera difforme dal suo punto di vista. Questo modus operandi permetterà indubbiamente una maggiore convergenza tra le attività degli Stati membri in materia di visti di breve durata e il ruolo della Commissione ne uscirà ulteriormente rafforzato. 5. Sviluppi recenti del sistema europei dei visti Il Codice dei visti114, adottato il 13 luglio 2009, le cui disposizioni si applicano quasi completamente dal 5 aprile 2010115 e successivamente modificato dal regolamento n. 977 della Commissione del 2011116, segna una svolta di fondamentale importanza nella storia del sistema europeo dei visti. Esso tocca tutti gli argomenti basilari della materia e stabilisce le condizioni e le procedure per il rilascio dei visti di breve durata e di transito attraverso i Paesi membri dell’Unione Europea e dei Paesi associati che applicano pienamente l’acquis di Schengen117. Restano obiettivi principali quelli indicati nei trattati e nel Programma dell’Aia per lo sviluppo di una politica dei visti riguardante i soggiorni di durata non superiore a tre mesi in conformità con le disposizioni del regolamento n. 539 del 2001 che adotta gli elenchi Per approfondire cfr. il Piano d’azione COM(2010) 171 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i cittadini europei Piano d’azione per l’attuazione del programma di Stoccolma, Bruxelles, 2010, nonché gli allegati del documento. 114 Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20 marzo 2012. 115 Sono differite per esempio quelle relative al diniego dei visti e quelle relative all’uso del Sistema d’Informazione dei Visti, cfr. l’art. 58del regolamento. 116 Cfr. il Regolamento (UE) n. 977/2011 della Commissione del 3 ottobre 2011che modifica il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti). 117 Per la posizione particolare della Danimarca cfr. il 31° considerando del regolamento. Per Islanda e Norvegia cfr. invece il 32° e 33° considerando, per la Svizzera il 34°, per il Liechtenstein il 35°, per il Regno Unito il 36° e per l’Irlanda il 37°. 113 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dei Paesi i cui cittadini devono essere o no in possesso del visto118: tale politica è esplicitamente considerata parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i viaggi legittimi e a combattere l’immigrazione clandestina tramite l’armonizzazione delle legislazioni e delle prassi nazionali, attraverso la creazione di uno spazio in cui le persone possono circolare liberamente, accompagnata da misure in materia di controlli alle frontiere esterne e all’immigrazione. Il sistema pone l’accento sul rispetto della dignità umana nella modalità di accoglienza dei richiedenti e di trattamento delle domande di visto, sulla qualità del servizio offerto, sulla facilità all’accesso al Consolato competente, sulla trasparenza e la visibilità delle informazioni rilevanti, prevede anche la possibilità di procedure semplificate per richiedenti noti al consolato per integrità e affidabilità. Il nuovo codice dei visti, adottato sottoforma di regolamento dal Parlamento Europeo e del Consiglio su proposta della Commissione, obbligatorio in tutti i suoi elementi e applicabile direttamente negli Stati membri, è composto da sei titoli e tredici allegati. Il legislatore ha previsto inoltre la compilazione di istruzioni operative riguardanti l’applicazione pratica delle disposizioni del regolamento secondo la procedura di comitato119: la Commissione per mezzo di due decisioni ha creato due manuali, quello per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati120 e quelloper l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione locale Schengen121. Il codice dei visti abroga e sostituisce l’Istruzione Consolare Comune, compresi gli allegati, gli articoli dal 9 al 17 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, numerose decisioni del Comitato 118 Cfr. i consideranda dal 1° al 30°. Cfr. l’art. 52 del Codice dei visti e le disposizioni degli art. 5 e 7 della Decisione 1999/468/ CE, Decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. 120 Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati.Il testo in lingua inglese è disponibile alla pagina internet: http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/decision/5501/1_EN_ACT_part1_v4.pdf#zoom=100. 121 Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 11.6.2010. Il testo in lingua inglese è disponibile alla pagina internet: http://ec.europa.eu/dgs/homeaffairs/pdf/policies/borders/docs/c_2010_3667_en.pdf. 119 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna esecutivo Schengen, l’azione comune sul regime di transito aeroportuale e alcuni regolamenti del Consiglio. Il legislatore si è servito di tale strumento normativo, il Codice dei visti, innanzitutto per far fronte ad alcune tra le critiche già mosse al sistema Schengen dei visti e in particolare all’Istruzione Consolare Comune122, raccogliendo in un unico corpo normativo le disposizioni sui visti contenute nell’acquis di Schengen, che traevano la loro base giuridica da un’ampia quantità di regolamenti, direttive, azioni comuni e decisioni del Comitato esecutivo Schengen, consolidando e razionalizzando per motivi di chiarezza e di efficacia tale base normativa. A fronte dell’introduzione delle innovazioni rappresentate dalla raccolta degli identificatori biometrici e dallo sviluppo del Sistema d’Informazione Visti (VIS), il nuovo codice ha permesso, in secondo luogo, di definire le regole e le modalità per la gestione da parte delle autorità competenti di tali strumenti. In terzo luogo, in vista dell’aumento delle domande di visto e della novità rappresentata dalle forme alternative di gestione della loro raccolta, lo strumento giuridico regola i termini fondamentali per il rapporto con fornitori esterni di servizi, in termini di modalità di cooperazione e protezione dei dati e individua altre soluzioni di cooperazione attraverso il ricorso ai consoli onorari, la co-ubicazione, i centri comuni, nonché attraverso la rappresentanza limitata a livello locale tra gli Stati partner per mezzo della conclusione di accordi di rappresentanza, ponendo così le basi per l’aumento della copertura territoriale e per la diminuzione degli oneri e di difficoltà logistiche eccessive a carico dei richiedenti per la presentazione della domanda di visto presso il Consolato competente. Il codice pone infine l’accento sulla necessità della Cooperazione Locale Schengen, prima denominata Cooperazione Consolare Locale, allo scopo di assicurare l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune del rilascio dei visti. Il legislatore europeo non si è limitato a raccogliere in un corpo normativo unico le disposizioni precedenti in materia. Non si è limitato neppure al consolidamento e alla razionalizzazione della base normativa della politica comune dei visti. Ha innovato. Ha dotato 122 (2005/C 326/01) Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria. Cfr. anche il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 recante modifica dell’istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del ricevimento e del trattamento delle domande di visto. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna la Commissione di un apposito comitato, denominato “Comitato Visti”, per le competenze esecutive e per l’elaborazione di istruzioni relative all’applicazione pratica delle disposizioni e le ha affidato nuovi compiti: la Commissione dovrà effettuare con regolarità valutazioni sullo stato di applicazione della politica, raccogliere una serie di informazioni rilevanti dagli Stati membri, gestirle e divulgarle non solo alle autorità competenti degli altri Stati membri, ma anche al pubblico. Ulteriori innovazioni apportate dal legislatore alla materia sono presenti nel Titolo IV del Codice dei visti, che riguarda la gestione amministrativa e l’organizzazione del servizio visti. L’aumento della mobilità internazionale, l’aumento delle domande di visto, a fronte delle limitate risorse a disposizione delle amministrazioni nazionali competenti, hanno portato ad un sempre più diffuso ricorso all’esternalizzazione di alcune delle procedure inerenti l’organizzazione del servizio visti, attraverso la cooperazione degli Uffici Consolari degli Stati Schengen con fornitori esterni di servizi o altri intermediari commerciali. Il legislatore ha perciò previsto disposizioni specifiche per regolare il rapporto con le società di servizi nel rispetto della normativa comunitaria valida in altri settori, quali ad esempio le norme in materia di appalti pubblici, concorrenza e sulla protezione dei dati personali. I fornitori esterni di servizi, ad esempio, possono svolgere compiti di divulgazione di informazioni in merito ai requisiti per la domanda di visto, raccogliere le domande di visto e riscuoterne i diritti per conto del Consolato, possono gestire gli appuntamenti e restituire i documenti di viaggio. Non possono in alcun modo avere accesso al VISo gestire altri compiti quali l’esame delle domande, i colloqui, la decisione, la stampa e l’apposizione dei visti adesivi, che competono esclusivamente al Consolato. Lo strumento giuridico che regola il rapporto di collaborazione tra le due parti deve contenere disposizioni precise al riguardo secondo i requisiti minimi previsti dal legislatore europeo123. Qualora decidano di collaborare con fornitori esterni di servizi, i Consolati degli Stati membri sono tenuti a verificare la solvibilità e l’affidabilità dell’impresa, comprese le licenze ed la loro iscrizione al registro delle imprese, devono scambiare tra loro i dati sulla selezione, sulle modalità e sulle condizioni dei rispettivi strumenti giuridici e trasmettere copia di questi ultimi anche alla Commissione. Essi devono 123 Cfr. l’allegato X del Codice visti. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna inoltre formare il personale della società esterna interessata e sorvegliare l’esecuzione dei compiti affinché le modalità e le condizioni previste siano rispettate. Gli Stati membri interessati sono in ogni caso responsabili in materia di protezione e trattamento dei dati124. Il ricorso a fornitori esterni di servizi non è l’unico strumento definito dal legislatore. Anzi, il ricorso ad esso è previsto solo nel caso in cui il numero dei richiedenti è tale da non consentire la raccolta delle domande e dei dati in maniera tempestiva e adeguata o non è possibile garantire diversamente una buona copertura territoriale del Paese interessato, nonché non risultino appropriate le altre forme di cooperazione a livello locale tra gli Stati membri, quali la rappresentanza limitata, la coubicazione e i centri comuni, oppure attraverso il ricorso ai consoli onorari. Accordi di rappresentanza sono stati conclusi tra numerosi Stati membri per la raccolta e l’esame di domande di visto in diversi Paesi terzi. L’Estonia ad esempio è rappresentata da 14 Stati Schengen in 84 Paesi terzi per l’esame e il rilascio di visti di breve durata; essa rappresenta sei Stati Schengen, Germania, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Finlandia in quattro Paesi, a Pskov nella Federazione Russa, a Minsk in Bielorussia, a Sofia in Bulgaria e a Tbilisi in Georgia125. La coubicazione prevede che il personale di uno o più Stati membri espleti le proprie procedure presso il Consolato di un altro Stato membro, condividendo le attrezzature di quest’ultimo. I centri comuni riuniscono invece il personale dei consolati di due o più Stati membri in un unico edificio per consentire ai richiedenti di presentare agevolmente le domande di visto essendo indirizzati verso gli sportelli lo Stato membro competente. Ad esempio, la Casa Schengen, istituita a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo da un progetto belga-portoghese cofinanziato dal Fondo per le Frontiere esterne, è aperta al pubblico dal 5 aprile 2010: il Belgio rappresenta anche l’Austria, la Finlandia, la Francia, la Lituania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi per le domande di visto e raccoglie gli identificatori biometrici per la Germania; la Svezia espleta le proprie funzioni É previsto inoltre il controllo conformemente all’art. 28 della direttiva 95/46/ CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. 125 Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011). 124 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna all’interno della Casa Schengen e rappresenta anche Danimarca, Islanda e Norvegia 126. In ogni caso gli Stati membri notificano alla Commissione le modalità con cui intendono organizzare la collaborazione e, in caso di terminazione del rapporto di collaborazione, assicurano la continuità del servizio. I consoli onorari sono autorizzati invece a svolgere solo i compiti che possono essere affidati ai fornitori esterni di servizi. Per la presentazione delle domande di visto, fatta eccezione per la raccolta di identificatori biometrici, gli Stati membri possono cooperare anche con intermediari commerciali attraverso la concessione di un accreditamento basato sulla verifica della situazione dell’intermediario commerciale, sull’esistenza di contratti con partner commerciali stabiliti negli Stati membri che offrono alloggio e altri servizi per il viaggio e sull’esistenza di contratti con compagnie di trasporto. Indipendentemente dal fatto che siano in atto o meno forme di cooperazione, la responsabilità dell’organizzazione delle procedure connesse alle domande di visto appartiene agli Stati membri. L’esame delle domande di visto e la decisione in merito, nonché i colloqui, la stampa e l’applicazione dei visti adesivi competono esclusivamente ai Consolati. Il legislatore ha previsto disposizioni specifiche per regolare le attività dei consolati e l’organizzazione del servizio. Il personale che è a contatto con i richiedenti deve garantire che questi ultimi siano accolti con cortesia, nel rispetto della dignità umana, senza discriminazioni di sorta. È compito degli Stati membri far sì che il personale, sia quello espatriato sia quello assunto localmente, sia in numero sufficiente e abbia una formazione adeguata al fine di garantire una qualità ragionevole e armonizzata del servizio pubblico. Onde evitare la riduzione del livello di vigilanza e proteggere il personale da pressioni a livello locale, dovrebbero essere istituiti sistemi di rotazione per il personale che tratta direttamente con i richiedenti e chiare assegnazioni delle responsabilità. L’accesso alla consultazione del del SISè VISe ristretto a un numero limitato di membri del personale debitamente autorizzati. Allo stesso modo, la conservazione e l’uso dei visti adesivi sono soggetti ad adeguate misure contabili e di sicurezza al fine di evitare frodi. I Consolati sono tenuti a mantenere gli archivi di tutti i fascicoli individuali relativi alle domande di visto per almeno due anni dalla data di decisione sulla domanda, spetta invece alle Autorità centrali il controllo frequente e adeguato 126 Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011). www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna delle modalità di esame delle domande di visto e l’adozione di provvedimenti correttivi in caso di violazioni. Ogni anno, entro il primo marzo, gli Stati membri compilano statistiche relative all’anno precedente sulle domande di visto presentate, sul rilascio e sul diniego di visti uniformi, di visti con validità territoriale limitata e di transito aeroportuale. La Cooperazione Consolare Locale prevista nell’Istruzione Consolare Comune è stata ribattezzata Cooperazione Locale Schengen dal Codice dei visti. Il suo obiettivo principale è l’applicazione armonizzata della politica comune dei visti. Essa prevede che all’interno di ogni giurisdizione i Consolati degli Stati membri e la Commissione cooperino al fine di adottare elenchi armonizzati di documenti giustificativi, criteri comuni per l’esame delle domande di visto e per le esenzioni dei pagamenti dei diritti, elenchi esaustivi dei documenti di viaggio riconosciuti, schede informative comuni per i richiedenti, informazioni relative alla cooperazione con fornitori esterni di servizi, nonché le decisioni sull’introduzione o il ritiro delle richieste di consultazione preliminare. I Consolati si scambiano informazioni sulla cooperazione con società di trasporto e di assicurazione, le statistiche mensili sui visti rilasciati e rifiutati e, ai fini della valutazione dei rischi migratori e per la sicurezza, le informazioni riguardanti la struttura socioeconomica del Paese terzo, le frodi riscontrate nelle documentazioni di viaggio, le reti di immigrazione illegale, l’impiego di documenti falsi, contraffatti o alterati, i rifiuti dei visti e le fonti di informazione a livello locale, anche su sicurezza sociale, assicurazione sanitaria, registrazione di ingressi e uscite. La cooperazione avviene attraverso riunioni su base regolare per trattare questioni operative sull’applicazione a livello locale della politica comune dei visti, tuttavia per questioni specifiche possono essere organizzate riunione monotematiche anche attraverso la costituzione di sottogruppi. Vi partecipano rappresentanti dei Consolati degli Stati membri dell’Unione Europea, degli Stati associati che applicano la politica comune in materia di visti, nonché rappresentanti degli Stati membri dell’Unione Europea che non applicano ancora integralmente tale politica127. Le relazioni delle riunioni devono essere regolarmente diffuse a livello locale e ogni Consolato ha l’obbligo di inoltrarle alle proprie Autorità centrali. La Commissione deve invece predisporre una relazione annuale per ogni giurisdizione da presentare al Parlamento Europeo 127 Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 2010, p. 17. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna e al Consiglio. La Cooperazione locale Schengen è lo strumento essenziale messo a punto dal legislatore per garantire l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune dei visti nei diversi contesti locali e per prevenire il trattamento ineguale dei richiedenti o abusi quali il “visa shopping”, attraverso il regolare scambio delle informazioni rilevanti tra i Consolati, nonché tra essi e le autorità centrali degli Stati membri e la Commissione. Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è un sistema di scambio tra gli Stati membri di dati relativi ai visti. Esso permette alle autorità nazionali autorizzate di inserire, aggiornare e consultare per via elettronica dati relativi ai visti. È stato istituito dalla Decisione del Consiglio del 8 giugno del 2004128, presa conformemente alle disposizioni dell’art. 66 del Trattato che istituisce la Comunità europea129 in seguito alla proposta della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo. Pochi mesi dopo ai fatti dell’11 settembre 2001, il Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre ha chiesto al Consiglio e agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie per attuare un sistema comune di identificazione dei visti ed esaminare la possibilità di istituire Uffici consolari comuni, al fine di rendere possibile una gestione più efficace del controllo alle frontiere esterne dell’Unione e contribuire alla lotta contro il terrorismo, le organizzazioni d’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani130. Il Consiglio europeo di Siviglia ha sollecitato il Consiglio e la Commissione ad accordare priorità assoluta a tali indicazioni. La Commissione è stata incaricata per la presentazione di proposte per istituire tale sistema e nel 2002 ha avviato uno studio di fattibilità sugli aspetti tecnici e finanziari del VIS, accolto favorevolmente dal Consiglio il 5 giugno del 2003, che ha invitato la Commissione a continuare i lavori preparatori sullo sviluppo del VISdi concerto con gli Stati membri. Sulla base delle indicazioni del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, che ha ritenuto necessario che venissero elaborati orientamenti riguardanti la base giuridica appropriata per la pianificazione dello sviluppo del VIS, il Consiglio ha infine adottato la Decisione del Consiglio del 8 giugno del 2004 per l’istituzione del VIS, per l’impegno delle risorse finanziarie necessarie e per Cfr. la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS). Ora art. 74 TFUE. 130 Cfr. il punto n. 42 delle Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001. 128 129 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna l’iscrizione nel bilancio generale dell’Unione Europea degli stanziamenti necessari al suo sviluppo, compresa l’esecuzione di tale parte di bilancio. Il Consiglio ha deciso che per le misure di attuazione, la Commissione è assistita dal Comitato responsabile anche per lo sviluppo del Sistema d’Informazione Schengen di seconda generazione (SISII)131. Nelle conclusioni del Consiglio del 20 febbraio 2004 sullo sviluppo del VIS, del 29 aprile 2004 sul Sistema d’Informazione Schengen e del 17 febbraio 2005 sull’inserimento dei dati biometrici nei visti e nei permessi di soggiorno, il Consiglio ha esposto la necessità di coerenza tra l’uso degli identificatori biometrici e le specifiche del sistema centrale d’informazione visti, ha indicato che il VISdovrebbe essere basato su un’architettura centralizzata, dotata di una piattaforma tecnica comune con il ubicato nello stesso luogo del sistema centrale SIS II SIS IIed essere fisicamente e ha infine invitato la Commissione ad anticipare al 2006 l’introduzione della biometria nello sviluppo della parte centrale del VIS. Sulla base di queste indicazioni, la Commissione ha adottato nel corso del 2006 due decisioni riguardanti le specifiche tecniche sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del VIS132 e l’ubicazione del VIS133. La prima di tali decisioni, collegata anche alla nuova strategia di avvio delle attività del sistema attraverso un approccio regionale progressivo a partire dal Nord Africa e comprensivo della raccolta dei dati biometrici, ha avuto come conseguenza la necessità di riprogrammare i lavori tecnici di sviluppo del VIS. Nel calendario originario il varo del VISera previsto per il mese di marzo 2007 e avrebbe interessato solo sei Stati membri, ognuno dei quali avrebbe collegato al sistema almeno un consolato, senza dati biometrici134. Nel 2007, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico sulla base giuridica del VIS, concretizzatasi nell’adozione nel 2008 di due strumenti Istituito dall’art. 5, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio n. 2424/2001 del 6 dicembre 2001 sullo sviluppo del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione ( SIS II). Si applica la decisione 1999/468/CE, Decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. 132 Decisione della Commissione del 22 settembre 2006 che stabilisce le specifiche tecniche in relazione alle norme sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del Sistema informazione visti. 133 Decisione della Commissione del 3novembre 2006 che stabilisce le ubicazioni del sistema di informazione visti durante la fase di sviluppo. 134 Per approfondire cfr. il documento COM(2008) 714 definitivo, Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sullo stato di avanzamento del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2007. 131 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna giuridici135. Il primo è un regolamento concernente il Sistema di Informazione Visti e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata, il cosiddetto regolamento VIS. Esso definisce lo scopo, le funzionalità del VIS, le relative responsabilità, le condizioni e le procedure per lo scambio di dati tra Stati membri in ordine alle domande di visto per soggiorni di breve durata e alle decisioni adottate al riguardo136. Il secondo è una decisione del Consiglio Giustizia e Affari Interni, nel quadro del terzo pilastro, che integra le disposizioni relative all’accesso per la consultazione al degli Stati membri e di EUROPOL137 VISda parte delle autorità designate ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. L’adozione dei due strumenti è avvenuta in corso d’opera, mentre la Commissione, gli esperti nazionali e i contraenti lavoravano già allo sviluppo del sistema. Tuttavia ha permesso di proseguire lo svolgimento dei lavori sulla base del progetto politico concordato nel 2007. Durante questo processo è stata evidenziata la necessità di modificare anche l’Istruzione Consolare Comune, ancora in vigore, e il Codice delle Frontiere Schengen per tener conto anche del funzionamento del VISrispettivamente nelle rappresentanze consolari e ai valichi di frontiera. I relativi strumenti giuridici sono stati adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio solamente nel 2009, attraverso due regolamenti: il primo modifica il regolamento n. 562 del 2006 per quanto riguarda l’uso del VISa norma del Codice delle Frontiere Schengen138, il secondo strumento modifica l’Istruzione Consolare Comune, modificata e abrogata successivamente dal Codice dei visti adottato nel mese di luglio dello stesso anno e trattato nella prima sezione di questo capitolo139. 135 Per approfondire cfr. anche COM(2009) 473 definitivo, Relazione della Commissione al Parlamento Europeo eal Consiglio sullo sviluppo del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2008. 136 Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 concernente il sistema d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 137 Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. 138 Regolamento n. 81/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 gennaio 2009 che modifica il regolamento n. 562/2006 per quanto riguarda l’uso del sistema di informazione visti (VIS) a norma del codice frontiere Schengen. 139 Cfr. il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2009 recante modifica dell’Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del ricevimento e www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna La Commissione per mezzo della procedura di comitato ha adottato varie decisioni riguardanti il VIS: nel giugno 2008 la decisione che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti delle interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il VIScentrale e le interfacce nazionali nella fase di sviluppo140, nel maggio 2009 la decisione sulle specifiche VISMail sul meccanismo di consultazione e sullo scambio di dati sui visti tra gli Stati membri141, nel mese di ottobre 2009 la seconda decisione sulle biometrie relativa alla risoluzione e all’uso delle impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche nel VISe nel sistema di confronto biometrico142, nel novembre 2009 la decisione che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del VIS143, la contemporanea decisione sulle misure necessarie alla realizzazione tecnica che stabilisce le varie operazioni di trattamento dei dati nel VIS144 e, infine, un piano di sicurezza per il funzionamento del VIS145. Finalmente, in seguito al positivo completamento di un collaudo generale del all’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento VIS, VIS, soddisfatte tutte le condizioni di cui la Commissione per mezzo della decisione di esecuzione del 21 settembre 2011146 ha stabilito l’avvio delle attività del VISnella prima del trattamento delle domande di visto; cfr. anche il Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20 marzo 2012. 140 Decisione della Commissione del 17 giugno 2008 che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti delle interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il VIS centrale e le interfacce nazionali nella fase di sviluppo. 141 Decisione della Commissione del 5 maggio 2009che adotta i provvedimenti attuativi relativi al meccanismo di consultazione e alle altre procedure di cui all’articolo 16 del regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS). 142 Decisione della Commissione del 9ottobre 2009 che stabilisce le specifiche per la risoluzione e l’uso delle impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche biometriche nel sistema di informazione visti. 143 Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 144 Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che adotta le misure necessarie alla realizzazione tecnica per quanto riguarda l’inserimento dei dati e il collegamento delle domande, l’accesso ai dati, la modifica, la cancellazione e la cancellazione anticipata dei dati, la registrazione delle operazioni di trattamento dei dati e il relativo accesso nell’ambito delsistema di informazione visti. 145 Decisione della Commissione del 4 maggio 2010 relativa al piano di sicurezza per il funzionamento del sistema di informazione visti. 146 Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011 che stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna regione l’11 ottobre 2011. Attraverso una seconda decisione di esecuzione ha stabilito la data di inizio delle attività per il 10 maggio 2012 nella seconda regione147. L’ultimo strumento giuridico adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria in relazione al VISè il regolamento n. 1077 del 2011148. Esso ha istituito un’agenzia europea, avente personalità giuridica, dotata di autonomia giuridica, amministrativa e finanziaria, per la gestione operativa del nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione, del SIS II, VIScentrale, delle interfacce di EURODAC ed incaricata anche di svolgere altri compiti relativi allo sviluppo e alla gestione operativa di altri sistemi di tecnologie informatiche su larga scala e le relative infrastrutture di comunicazione. L’istituzione dell’agenzia segna al momento l’ultimo passo nella creazione di istituzioni da parte del legislatore europeo per lo sviluppo dei sistemi di tecnologie informatiche creati per la conduzione delle politiche nel settore Giustizia e Affari interni e, in particolare, per la gestione del VIS. In risposta alle necessità tecniche per lo sviluppo del VIS, le istituzioni europee avevano già istituito numerosi comitati e gruppi consultivi. Vale la pena menzionare il Comitato SISVIS(formazione VIS) istituito dall’art. 51 del regolamento 1987 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Nel gruppo SISVIS, gli esperti degli Stati membri si riuniscono in due formazioni diverse, rispettivamente competenti per il progetto SIS IIe VIS. Il comitato si è riunito regolarmente in formazione VISdurante la fase di pianificazione e di esecuzione del progetto per assistere la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione, discutere i progressi della messa a punto del sistema, le questioni tecniche di dettaglio e per adottare le decisioni di comitato connesse alle norme di attuazione. Per il lavoro consultivo del Comitato SISVISin formazione VIS, è stato istituito un gruppo, il Change Management Board, responsabile per la formulazione di raccomandazioni sulla gestione della configurazione del VIS durante la fase di sviluppo e collaudo. Il Gruppo consultivo Prove Tecniche è un altro gruppo di lavoro del Comitato 147 SISVISin formazione VIS, Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione. 148 Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna che si riunisce periodicamente o in teleconferenze, responsabile per la gestione delle prove secondo un processo strutturato. Esso fornisce consulenze sul completamento delle campagne di prova del VISe formula raccomandazioni, in particolare nel momento in cui gli Stati membri partecipano direttamente a tali attività. Il Gruppo di esperti VISMail, infine, a cui partecipano almeno dieci Stati membri in riunioni periodiche, è stato creato per l’attuazione del meccanismo di comunicazione del VISin collaborazione diretta con il contraente della rete e supportato dal contraente responsabile del sostegno e dell’assistenza alla qualità. In relazione alle sue dimensioni e agli effetti del suo ambito di azione che supera la scala di grandezza dei singoli Stati membri, il VISè stato istituito in conformità del principio di sussidiarietà. L’intervento della Comunità dovrebbe essere limitato nella sua azione al raggiungimento dello scopo secondo il principio di proporzionalità, nel rispetto dei diritti fondamentali e gli altri principi riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Le disposizioni relative al VIScostituiscono uno sviluppo dell’acquis di Schengen. Esse vincolano tutti gli Stati Schengen membri dell’Unione e associati, compresi Cipro, Bulgaria e Romania, nonché l’Islanda e la Norvegia, la Confederazione Svizzera e il Liechtenstein ai sensi dei rispettivi accordi e protocolli di associazione sottoscritti con le istituzioni europee. La Danimarca, in virtù del protocollo riguardante la particolarità della sua posizione non ha partecipato all’adozione degli strumenti giuridici a fondamento del VISe pertanto non sarebbe vincolata dalle disposizioni né soggetta alla loro applicazione. Tuttavia, essa ha notificato con lettera del 13 ottobre 2008 l’avvenuta ricezione del regolamento VISnel suo diritto interno e la sua decisione di partecipare ai lavori. Il regolamento quindi VISè vincolante per la Danimarca ed essa ha l’obbligo, in virtù del diritto internazionale, di attuare questo strumento giuridico e le relative decisioni ad esso connesse. Regno Unito e Irlanda non partecipano invece alle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al VIS, anche se il Regno Unito, previa richiesta in tal senso, è stato autorizzato a partecipare all’istituzione dell’Agenzia europea per la gestione operativa del sistemi di tecnologia dell’informazione su larga scala, negli ambiti SIS II, VISe EURODAC149. 149 Cfr. il considerando n.33 del Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna In seguito al completamento delle fasi di pianificazione, realizzazione tecnica e attuazione del VIScentrale, dell’interfaccia nazionale in ciascuno Stato membro e dell’infrastruttura di comunicazione tra il VIScentrale e le interfacce nazionali, comprese le funzionalità per il trattamento dei dati biometrici, in seguito al positivo completamento di un collaudo generale del VISeffettuato dalla Commissione insieme agli Stati membri, in seguito alla convalida delle disposizioni tecniche e alla comunicazione degli Stati membri alla Commissione sull’adozione delle necessarie disposizioni tecniche e giuridiche per raccogliere e trasmettere i dati al VISa livello regionale150, la Commissione ha determinato con la decisione di esecuzione del 21 settembre 2011151 il varo del VISnella prima regione a partire dall’11 ottobre 2011. Tale decisione riguarda la raccolta di tutte le domande di visto presentate presso i Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Libia, Mauritania, Marocco e Tunisia. Fino al 31 dicembre 2012 il VISaveva già processato 299.648 domande di visto, conclusesi secondo i dati ufficiali con 229.124 visti rilasciati e 33.451 dinieghi, nonché con la rilevazione di 468 possibili casi di visa shopping, determinati alla presentazione di domande di visto multiple, in un caso ben cinque domande presentate dallo stesso richiedente presso diversi Consolati degli Stati Schengen152. Per mezzo di un’altra decisione di esecuzione della Commissione153, il sistema di informazione visti è entrato in funzione a partire dal 10 maggio 2012 nella regione del Vicino Oriente. La Commissione il 30 novembre 2009 per mezzo di una decisione154 aveva determinato le prime regioni per l’inizio delle attività del VISselezionandole sulla base dei criteri del Cfr. le disposizioni dell’art. 48 del Regolamento VIS. Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011che stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione. 152 Cfr. le sezioni 3.7-9 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels, 11.07.2012. 153 Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione. 154 Cfr. la Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). La prima regione già citata è l’Africa settentrionale, la seconda regione è il Vicino Oriente, comprendente Israele, Giordania, Libano e Siria, la terza regione è la regione del Golfo e include Afghanistan, Bahrein, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Yemen. Ai sensi dell’art. 2 della decisione, i valichi di frontiera esterni costituiscono una regione distinta per l’avvio delle operazioni: onde evitare lacune nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della sicurezza interna e in modo da coprire le domande di visto presentate alle frontiere esterne, secondo la 150 151 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna rischio di immigrazione illegale, delle minacce alla sicurezza interna degli Stati membri e della fattibilità della raccolta dei dati biometrici da tutte le località di tali regioni155. La valutazione della Commissione, compiuta sulle varie regioni indicate in precedenza nel 2005 dagli esperti degli Stati membri per l’applicazione progressiva del VIS, si è basata in particolare sul primo criterio, tenendo conto di elementi quali i tassi medi di rifiuto del visto e di ingresso per ciascuna delle regioni, e sul terzo criterio, in quanto in alcune regioni era opportuno aumentare la presenza o la rappresentanza consolare per un uso efficace del VIS156. Successivamente, il 24 aprile 2012, la Commissione ha determinato il secondo gruppo di regioni per l’inizio delle attività del VIS. I criteri per la valutazione delle regioni restano quelli determinati dall’art. 48 comma 4 del regolamento del VIS. L’analisi della Commissione si è basata tuttavia su elementi ulteriori rispetto all’analisi condotta per il primo gruppo di regioni: non solamente sui tassi medi di rifiuto del visto e di ingresso per ciascuna delle regioni secondo il criterio dell’immigrazione irregolare e sul criterio della fattibilità della raccolta di dati biometrici da tutte le località di tali regioni, ma, in relazione al primo criterio, anche sui tassi di rifiuto dell’ingresso alla frontiera e sui tassi di presenza di cittadini di Paesi terzi in posizione irregolare nel territorio degli Stati membri; riguardo al secondo criterio, relativo alle minacce alla sicurezza interna, sulla valutazione della minaccia effettuata da EUROPOL; per quanto riguarda il terzo criterio, la valutazione si è basata anche sulla constatazione che in tutte le regioni del mondo è aumentata la presenza o la rappresentanza consolare degli Stati Schengen. Secondo tali valutazioni, le successive regioni in cui dovrebbero cominciare la raccolta e la trasmissione al VISdei dati in materia di visti per tutte le domande di visto sono rispettivamente l’Africa occidentale157, l’Africa centrale158, l’Africa orientale159, l’Africa Commissione gli Stati membri dovrebbero cercare di iniziare appena possibile la raccolta e la trasmissione dei dati al VIS presso i valichi delle frontiere esterne, al fine di evitare che cittadini di paesi terzi delle regioni in questione eludano l’avvio delle operazioni in tali regioni presentando la domanda alle frontiere esterne. 155 Cfr. l’art. 48 comma 4 del Regolamento VIS e il secondo considerando della Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 156 Cfr. il terzo considerando della Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS). 157 La quarta regione che seguirà la terza regione del Golfo. Essa comprende:Benin, Burkina Faso ,Capo Verde, Costa d’Avorio,Gambia,Ghana,Guinea,Guinea-Bissau,Liberia,Mali,Niger,Nigeria,Senegal,Sierra LeoneeTogo. 158 Quinta regione:Burundi,Camerun,Repubblica centrafricana,Ciad,Congo,Repubblica democratica del Congo,Guinea equatoriale,Gabon,Ruanda,Sao Tomé e Principe. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna meridionale160, l’America meridionale161, l’Asia centrale162, e l’Asia sudorientale163. Il Territorio palestinese occupato era stato escluso dalla regione del Vicino Oriente, in considerazione delle difficoltà tecniche che si sarebbero potute verificare nella fornitura di apparecchiature alle rappresentanze o agli uffici consolari interessati. Onde evitare lacune nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della sicurezza interna, tenuto conto del tempo concesso agli Stati membri per risolvere le difficoltà tecniche, il Territorio palestinese occupato dovrebbe costituire l’undicesima regione in cui cominciare la raccolta e la trasmissione al VISdei dati in materia di visti per tutte le domande di visto. Le date esatte di inizio delle attività del VISin ciascuna di queste regioni saranno determinata dalla Commissione per mezzo di decisioni di esecuzione a norma dell’articolo 48 del regolamento VIS. La determinazione delle altre regioni avverrà in futuro sulla base di valutazioni supplementari e aggiornate sulla situazione relativa alle regioni in questione, svolta secondo i criteri pertinenti e l’esperienza compiuta durante l’attuazione delle disposizioni nelle regioni determinate in precedenza. L’art. 48 comma 3 del regolamento VISpermette agli Stati membri, previa comunicazione alla Commissione, di iniziare in anticipo le attività del VIS. Tale disposizione è già stata utilizzata dall’Ungheria, che ha dato avvio alle attività del VISpresso le sue rappresentanze a Istanbul, Ankara e Chisinau l’11 ottobre 2011, dalla Svizzera e dall’Estonia sempre dalla stessa data per il rilascio dei visti presso i valichi delle frontiere esterne presenti sui rispettivi territori, dall’Estonia e dal Belgio dalla stessa data in tutti i Consolati, anche se con l’esclusione della raccolta delle impronte digitali. Il Belgio ha cominciato le attività anche a Conakry il 1 novembre 2011. La Germania e l’Islanda hanno avviato l’11 ottobre 2011 le attività del VISper il rilascio dei visti presso i rispettivi valichi delle frontiere esterne, nel caso della Germania con la raccolta delle impronte digitali, fornendo comunicazione alla Commissione solo in un secondo momento, contravvenendo 159 Sesta regione:Comore,Gibuti,Eritrea,Etiopia,Kenia,Madagascar,Maurizio,Seychelles,Somalia,Sudan,Sudan del Sud,Tanzania,Uganda. 160 Settima regione:Angola, Botswana,Lesotho,Malawi,Mozambico,Namibia,Sud Africa,Swaziland,Zambia,Zimbabwe. 161 Ottava regione:Argentina,Bolivia,Brasile,Cile,Colombia,Ecuador,Paraguay,Perù,Uruguay,Venezuela. 162 Nona regione:Kazakhstan,Kirghizistan,Tagikistan,Turkmenistan,Uzbekistan. 163 Decima regione:Brunei,Birmania/Myanmar,Cambogia,Indonesia,Laos, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna così alla regola del regolamento VIS. La Polonia invece ha comunicato l’avvio di un progetto pilota per l’uso del VIScon la raccolta dei dati biometrici a Baku, Yerevan e Kuala Lumpur dal 26 ottobre 2011 al 31 maggio 2012164. L’Agenzia europea per la gestione dei sistemi monitoraggio del funzionamento del VISrispetto IT su larga scala è responsabile del agli obiettivi prefissati in termini di risultati, di rapporto costi/benefici, di sicurezza e di qualità del servizio, nonché, dal secondo anno dopo l’entrata in funzione del VIScon cadenza biennale, è tenuta a presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sul funzionamento tecnico del VIS. Essa deve anche comunicare tutte le informazioni necessarie affinché la Commissione, a partire dal terzo anno dopo l’entrata in funzione del VISe grado di effettuare valutazioni globali sul in seguito con cadenza quadriennale, sia in VISda presentare al Parlamento Europeo e al Consiglio, che comprendano analisi dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati, che determinino se i principi di base permangono validi e che valutino lo stato di applicazione del regolamento VIS. 6. Una valutazione del regime comune dei visti: individuazione di difficoltà applicative e di possibili violazioni La cooperazione europea in materia di visti si è sviluppata a carattere intergovernativo tra alcuni Stati membri a partire dall’Accordo di Schengen del 1985 e dalla Convenzione di applicazione di tale accordo del 1990. Il quadro giuridico è stato comunitarizzato con il Trattato di Amsterdam e sottoposto a successiva revisione e razionalizzazione, tuttavia non è accettato in quanto tale da alcuni dei Paesi membri dell’Unione Europea. Al momento attuale gli Stati, membri dell’Unione o associati, che cooperano in materia di visti applicano alcuni strumenti giuridici il cui scopo principale è la definizione di regole unitarie, chiare e possibilmente univoche affinché gli Stati Schengen, in particolare le loro amministrazioni competenti in materia, siano in grado di applicare la politica comune dei visti in maniera uniforme nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. Le Istituzioni europee a tal fine hanno 164 Cfr. la sezione 3.8 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels, 11.07.2012. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna creato un modello uniforme di visto165, gli elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo166, un Codice dei visti167, indispensabile per la definizione di regole, procedure e condizioni comuni per il rilascio dei visti di breve durata e affiancato da due ulteriori strumenti non giuridicamente vincolanti ma utili per le istruzioni operative, ossia i manuali per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati168 e per l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione locale Schengen169, nonché il Sistema d’Informazione Visti (VIS)170, un’opera di tecnologia informatica di grandi dimensioni, in fase di avvio nel mondo, designato per la raccolta dei dati relativi al rilascio dei visti, compresi alcuni dati biometrici dei richiedenti, foto e impronte digitali, utilizzabili in momenti successivi ai fini della verifica e dell’identificazione. I quattro strumenti fondamentali sono affiancati e fanno riferimento ad altri strumenti definiti dal legislatore europeo in settori affini e collegati alla politica dei visti, si veda ad esempio il Codice delle Frontiere Schengen171 o il ruolo svolto dal Sistema di Informazione Schengen (SIS). 165 Regolamento n. 1683 del Consiglio del 29 maggio 1995 che istituisce un modello uniforme per i visti (ultima versione consolidata del 22 settembre 2008). 166 Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(ultima versione consolidata del 11 gennaio 2011). 167 Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (ultima versione consolidata del 20 marzo 2012). 168 Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati. 169 Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen. 170 Cfr.in particolare la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS), (2004/512/CE); il Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 concernente il sistema d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS); la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi; nonché il capitolo 2.2 della presente tesi . 171 Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (ultima versione consolidata del 5 aprile 2010). www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna L’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo è sfidata da elementi interni ed esterni all’Unione. Innanzitutto, alcuni Paesi dell’Unione non partecipano all’acquis di Schengen, ne contestano la comunitarizzazione o vi partecipano in maniera limitata operando la propria scelta caso per caso in merito ai singoli strumenti definiti dal legislatore europeo172. Per di più, come già dimostrato nei capitoli precedenti, il visto uniforme non è un’entità unica che permette la libera circolazione degli stranieri nell’insieme del territorio europeo. La definizione stessa di visto è complessa, esistono più tipologie di visto e, potenzialmente in grado di creare ulteriore confusione, il modello di visto adesivo creato dal Consiglio è utilizzato per il rilascio non solo dei visti di breve durata ma anche per quelli di lunga durata, le cui regole di rilascio esulano dall’ambito di applicazione del Codice dei visti e sono di competenza dei singoli Stati. All’esterno, l’unitarietà del quadro normativo è sfidata dall’estrema eterogeneità dei contesti regionali, nazionali e locali all’interno dei Paesi terzi. È opportuno far notare che il sistema definito dal legislatore europeo prevede un certo grado di flessibilità. Per esempio, le liste dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo prevedono la possibilità di deroga nei confronti di categorie particolari di cittadini di Paesi terzi. Lo stesso legislatore europeo ha sottoscritto accordi internazionali con singoli Paesi terzi per facilitare il rilascio dei visti nei confronti dei cittadini di tali Stati e ha previsto la revisione delle elenchi comuni dei Paesi terzi in base alla valutazione delle variazioni delle condizioni in tali Paesi e delle problematiche riguardanti la reciprocità. Per quanto riguarda le liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto per il transito aeroportuale, il legislatore ha permesso ampia autonomia di scelta ai singoli Stati membri, con consecutiva marcata variabilità nelle decisioni. A causa della diversità dei contesti nazionali e locali in cui operano i Consolati dei Paesi membri, le liste dei documenti giustificativi richiesti a coloro che richiedono il visto possono variare considerevolmente. La Cooperazione locale Schengen svolge un ruolo in tal senso affinché a livello di ogni singolo contesto locale le liste di giustificativi richiesti dai vari Consolati siano uniformi. Ciò non esclude però le differenze tra i diversi contesti locali, avvallate anche da decisioni in merito 172 Si pensi ad esempio ai casi già citati di Regno Unito, Irlanda e Danimarca. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna della Commissione stessa173. Le dimensioni stesse degli Stati membri hanno conseguenze sul grado di rappresentanza locale presso i Paesi terzi e, quindi, anche sull’accessibilità da parte dei cittadini stranieri al Consolato competente per il trattamento della domanda di visto: alcuni Paesi possiedono Rappresentanze diplomatiche e consolari nella maggior parte degli Stati terzi, altri sono costretti invece a sottoscrivere accordi di rappresentanza con altri Stati Schengen o ricorrere ad altre modalità per la raccolta delle domande di visto. Anche altri strumenti previsti dal legislatore, quali ad esempio la possibilità di ricorso alla procedura di consultazione preliminare, sono utilizzati dagli Stati Schengen in maniera difforme: alcuni Paesi chiedono di essere consultati in numerosi casi, altri ritengono non necessario il ricorso a tale eventualità. Un altro ambito in cui si può notare la mancanza di uniformità riguarda le liste dei cittadini stranieri conosciuti e ai quali i Paesi membri intendono negare l’accesso al territorio comune attraverso l’uso del SIS: gli Stati Schengen si differenziano in base alla modalità di inserimento dei dati, alla gestione degli stessi e in alcuni casi perfino in base ai criteri di valutazione riguardanti l’uso stesso di tale strumento174. Ma qual è la situazione a livello di condizioni di rilascio e di rifiuto dei visti? Per la definizione delle liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto, la Commissione ha definito criteri riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la sicurezza e le relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche delle implicazioni di coerenza regionale e di reciprocità. Per l’esame delle domande di visto, il Codice dei visti pone l’accento sulla valutazione del rischio di immigrazione illegale, del 173 La Commissione, sulla base delle diverse Cooperazioni locali Schengen, ha previsto liste di documenti giustificativi diversi per diverse aree del mondo.Al riguardo cfr. ad esempio la decisione della Commissione C(2011) 5500 final, COMMISSIONIMPLEMENTINGDECISIONof 4.8.2011establishing the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in China (in Beijing, Guangzhou, Chengdu, Shanghai and Wuhan), Saudi Arabia, Indonesia and Vietnam (in Hanoi and Ho-Chi Minh City), Brussels, 2011; oppure C(2011) 7192 final, Commissionimplementingdecision of 13.10.2011 establishing the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in Bosnia and Herzegovina, Sri Lanka, and Turkey (Ankara, Istanbul, Edirne and Izmir), Brussels, 13.10.2011; oppure C(2012) 5310 final, Commissionimplementingdecision of 6.8.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in Chile, Kazakhstan (Almaty and Astana), Nicaragua and Nigeria (Abuja and Lagos). 174 Per quantoriguardal’inscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA PROTECTION SECRETARIAT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels, 2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN,Activity Report – December 2005 – December 2008. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna rischio per la sicurezza degli Stati membri e dell’intenzione del richiedente di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto. Cosa ne consegue a livello di rilascio e rifiuto dei visti? Esistono cifre coerenti su scala europea al riguardo? Le cifre sono comparabili a livello globale tra i diversi Stati Schengen? E ai livelli regionali o nazionali sono uniformi? Esistono differenze di trattamento nei confronti di cittadini stranieri in base alla loro provenienza geografica? Una valutazione statistica regolare sulle pratiche nazionali di rilascio, e di rifiuto, dei visti è di fondamentale importanza per valutare lo stato di applicazione della politica europea dei visti e, di conseguenza, la sua credibilità. Le statistiche riguardanti i visti di breve durata di tipo C dimostrano che in tutto il mondo durante il 2011 la Francia ha rilasciato 1.938.555 visti, seguita dalla Germania che ne ha rilasciati 1.588.595, dall’Italia con 1.445.745, dalla Spagna con 1.337.990 e dalla Finlandia 1.244.680175. Questi sono i cinque Paesi che hanno rilasciato più visti durante l’anno di riferimento. Si pensi che, ad esempio, il Lussemburgo ha rilasciato nel 2011 solo 8.810 visti ti tipo C176. Chiaramente, ciò dipende anche dalla diversa copertura consolare dei Paesi dell’Unione nel mondo e dalla loro popolazione, dalla loro economia, dalle ricchezze archeologiche, culturali, storiche, paesaggistiche, naturali ecc.: essi hanno dimensioni di flussi di viaggio in ingresso differenti e opportunità di scambi di affari ineguali con cittadini di Paesi terzi. Osservando il numero totale dei dinieghi delle domande di visto dei cinque Stati che hanno rilasciato più visti, è possibile notare un primo segnale di difformità applicative: i rifiuti globalmente decretati dalle amministrazioni francesi competenti in materia di visti sulle domande di visto di breve durata sono 191.915, la Germania ha deciso 118.603 rifiuti, l’Italia 70.491, la Spagna 109.111, la Finlandia 14.962177. Il confronto dei valori assoluti permette già di notare che l’Italia rilascia più visti della Spagna e decreta meno rifiuti. Si nota immediatamente anche che il valore assoluto dei rifiuti finlandesi è molto basso. Nonostante 175 Cfr. la relazioneSWD(2012) 139 final, COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENTon the Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011) Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament and the Council Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012. I dati sono pubblicati anche sul sito della Commissione, DG Affari Interni e sono disponibili all’indirizzo internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls. 176 Cfr. i dati su: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-wedo/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls. 177 I dati sono estratti dalla tabella pubblicata sul sito della DG Affari Interni, disponibili all’indirizzo internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna ciò, il calcolo dei tassi di rifiuto178 è più indicativo e permette considerazioni immediate: la Francia rifiuta il 9,0% delle domande di visto esaminate presso i suoi Consolati, la Germania il 6,9%, l’Italia il 4,6%, la Spagna il 7,5% e la Finlandia solo l’1,2%179. Si noti che nello stesso periodo di riferimento gli Stati Schengen hanno rilasciato in totale 12.640.034 visti di tipo C e 745.973 rifiuti, con un tasso di rifiuto quindi del 5,6%. La Francia è il Paese che nel corso del 2011 ha permesso in assoluto al numero maggiore di cittadini di Paesi terzi di ottenere il visto per avere accesso all’area Schengen, ma allo stesso tempo è il Paese che ha messo in atto le maggiori barriere alla mobilità degli stranieri, operando la selezione in maniera più severa rispetto agli altri Stati Schengen. Il comportamento di Spagna e Germania è confrontabile, con tasso di rifiuto superiore alla media. La Finlandia e, in misura minore, l’Italia hanno permesso un più facile accesso al territorio comune, con tassi di diniego inferiori alla media. Ma a cosa possono essere dovute queste difformità applicative? È possibile che la Francia abbia ricevuto sì il maggior numero di domande di visto, ma tra di esse anche il maggior numero in percentuale di domande non conformi ai requisiti posti in essere dal legislatore europeo oppure in violazione delle norme da esso definite? È possibile che la Finlandia riceva domande di visto solo da parte di cittadini di Paesi terzi in grado di presentare le proprie domande in maniera corretta e dotati di tutti i requisiti richiesti? O esistono altri fattori capaci di chiarire tali discordanze? Scendendo di livello, dalla scala globale a quella regionale, possiamo verificare la conformità dei dati ad esempio per le sole regioni dell’Africa settentrionale e del Vicino Oriente180, i cui Paesi sono stati selezionati dalla Commissione tra i primi in cui dare l’avvio alle attività del VIS, anche a causa dell’elevato rischio di immigrazione rappresentato dai cittadini provenienti da queste regioni. In totale, nel 2011 i Consolati degli Stati Schengen nella regione hanno rilasciato 891.091 visti, 173.296 rifiuti, con un tasso di rifiuto del 16,4%, 178 Calcolati dal numero de dinieghi diviso dal numero totale delle decisioni sulle domande di visto (tranne alcuni casi particolari di interruzione dell’esame della domanda di visto si può ritenere che questo fattore comprenda la somma del numero dei visti rilasciati e di quelli rifiutati). 179 Il caso della Finlandia è particolare. Si vedrà in seguito che la quasi totalità di visti rilasciati dalla Finlandia riguardano domande di visto presentate nella Federazione Russa con la quale è in vigore un accordo di facilitazione del rilascio dei visti. 180 I dati si riferiscono alle domande di visto trattate nei Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna quasi tre volte superiore a quello individuato a livello globale. La Francia ha rilasciato 446.153 visti e rifiutato 82.075 domande di visto (con un tasso di rifiuto del 15,5%), la Spagna ha rilasciato 192.739 visti e ne ha rifiutati 39.263 (16,9%), l’Italia ne ha rilasciati 57.521 e ne ha rifiutati 8.046 (12,3%), la Germania ne ha rilasciati 53.582 e ne ha rifiutati 10.593 (16,5%), la Finlandia ne ha rilasciati solo 3.031 e ne ha rifiutati 1.224, con un tasso di rifiuto del 28,8%. Francia e Spagna hanno ricevuto un gran numero di domande di visto, ben superiore a quello di Italia e Germania. I tassi di rifiuto francesi, spagnoli e tedeschi sono confrontabili con la media dei Paesi Schengen. L’Italia si conferma come più permissiva in termini di rilascio dei visti. La Finlandia dimostra per le regioni in questione un tasso di rifiuto estremamente più alto rispetto a quello medio e rispetto allo stesso dato relativo alle domande di visto da essa trattate a livello globale. La regione del mondo in cui i Paesi Schengen hanno ricevuto e trattato più domande di visto è la Federazione Russa. È necessario tenere presente che, al fine di riconciliare la politica dei visti con l’obiettivo della promozione delle relazioni esterne, con tale Paese terzo è in vigore un accordo di facilitazione del rilascio dei visti, che prevede requisiti documentali semplificati, tempistiche di trattazione più rapide, il prelievo di diritti per il visto inferiori ecc., accompagnato dalla conclusione di un accordo parallelo di riammissione per contrastare i possibili effetti dell’immigrazione illegale. Nella Federazione Russa, durante il 2011 sono stati rilasciati ben 5.152.518 visti e 77.509 rifiuti, il tasso di rifiuto è dell’1,5%. La Finlandia ha rilasciato 1.182.876 visti e ne ha rifiutati 8584 (tasso di rifiuto del 0,7%), la Spagna ha rilasciato 699.815 visti e ne ha rifiutati 28.218 (3,9%), l’Italia ne ha rilasciati 579.492 e rifiutati 3.663 (0,6%), la Germania 375.103 e 8.528 rifiuti (2.2%), la Francia 339.253 e 4701 rifiuti (1,4%). Anche in questo caso i tassi di rifiuto variano tra gli Stati Schengen: la Spagna e la Germania dimostrano di essere piuttosto restrittivi nei confronti delle domande di visto presentate presso i loro Consolati nella Federazione Russa, la Finlandia e soprattutto l’Italia sono estremamente permissive. Il grado di variabilità maggiore in contesti omogenei si può notare per alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana: in Etiopia per esempio il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna 18,2% e varia tra il 16,6% della Francia e il 7,8% dell’Italia 181; nella Repubblica Democratica del Congo, il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del 35,1% e varia tra il 2,0% della Francia, su numeri bassi e per cui poco accurato, e il 44,2% dell’Italia, in questo caso il Paese più esigente. Nell’America meridionale, in Colombia il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del 11,4% e varia tra il 13,4% della Spagna e il 3,6% della Germania, che in questo caso si dimostra il Paese più permissivo. Questi dati riguardanti i tassi di rifiuto durante il 2011 dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti recentemente dal legislatore europeo, fossero già quasi completamente in vigore, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali nei Paesi terzi i cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del visto per poter avere accesso all’area Schengen. Considerevoli variazioni sono presenti tra le diverse regioni e, all’interno delle stesse, tra Paese e Paese e tra Consolato e Consolato. Nei medesimi contesti nazionali, sono individuabili non infrequentemente variazioni considerevoli nei tassi di rifiuto dei visti decisi dalle amministrazioni dei diversi Stati Schengen182. I tassi di rifiuto, quale indicatore più immediato e significativo, al momento attuale risultano non armonizzati. La discussione relativa ai tassi di rifiuto pone alcuni interrogativi in merito alla gestione delle politica comune dei visti. Quali sono le ragioni innanzitutto per le quali una politica comune ha al momento attuale effetti così palesemente difformi? A cosa sono dovute tali difformità applicative? È possibile promuovere una convergenza negli esiti applicativi di tale 181 La Finlandia rifiuta il 33,7% delle domande di visto ma i numeri assoluti non superano il centinaio di unità per cui il dato non è attendibile. Sempre per l’Etiopia si faccia riferimento ad esempio ai casi di Norvegia e Grecia con tassi di rifiuto rispettivamente del 79% e 50% ma su numeri di domande bassi (19 domande di visto per la Norvegia, di cui 4 visti rilasciati e 910 domande di visto per la Grecia, di cui 465 visti rilasciati). Il valore della Grecia è sicuramente più attendibile. 182 Per una trattazione approfondita della questione relative ai dati sul rilascio dei visti tra il 2005 e il 2008 cfr. anche HOBOLTH, Wanted and unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa practices, London, 2010 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html). Durante tale periodo i Paesi più liberali nel rilascio dei visti erano Italia, Austria e Danimarca, i più restrittivi Belgio, Malta e Slovenia. L’autore propone un modello per la spiegazione della variazione dei tassi di rifiuto considerando i fattori il livello di reddito, di democrazia, la religione, la presenza di conflitti armati nel Paese di origine e le dimensioni della comunità di immigrati cittadini del Paese di origine nel Paese di destinazione. L’autore mostra che altri fattori quali il tasso di disoccupazione e i legami coloniali non sono invece statisticamente rilevanti. Lo stesso autore ha creato un indice, l’Indice di barriere alla mobilità: per approfondire cfr. la pagina http://www.mogenshobolth.dk/evd/explore.aspx. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna politica, in particolare in merito alle modalità di trattazione delle domande di visto e agli esiti della valutazione delle stesse? L’unitarietà del regime europeo dei visti è riscontrabile, come già indicato, innanzitutto nell’istituzione di un modello uniforme di visto, delle liste comuni dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto, di un Codice dei visti, affiancato dai manuali per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati e per l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione locale Schengen, nonché del Sistema d’Informazione Visti (VIS). Tali strumenti normativi e istituzioni forniscono agli Stati membri strumenti comuni, regole comuni, criteri di valutazione comuni, modalità operative comuni. Il visto uniforme regola la possibilità di accesso allo spazio comune dei Paesi Schengen in base alle condizioni definite dal visto stesso, per un periodo comunque non superiore a tre mesi nell’arco di un semestre. Esso è valido anche per l’ingresso sul territorio di uno Stato membro anche se rilasciato da un altro partner Schengen. Le regole comuni implicano il riconoscimento delle valutazioni effettuate dalle autorità competenti per i visti di altri Stati Schengen. Le regole definite dal Codice dei visti insistono infatti sulle modalità e sulle procedure per la definizione dello Stato competente, per la ricevibilità di una domanda di visto, per il suo esame e per la decisione al riguardo. Il Codice istituisce regole chiare soprattutto per evitare attriti di competenze tra gli Stati membri, per determinare le modalità degli eventuali rapporti di collaborazione degli stessi, o con soggetti privati esterni alle amministrazioni nazionali, nonché per mettere a disposizione dei funzionari incaricati dell’esame delle domande di visto procedure, parametri e strumenti, come il SIS, per individuare coloro a cui deve essere escluso l’accesso al territorio comune. Il Codice visti si limita inoltre a prevedere la possibilità di ricorso avverso diniego di una domanda di visto ma lascia ai legislatori nazionali il compito di definire le regole e le procedure. In risposta all’aumento della dimensione del traffico internazionale di persone e all’impossibilità di gestire controlli approfonditi alle frontiere esterne, la strategia dell’Unione ha esternalizzato direttamente negli Stati terzi il controllo delle persone che intendono avere accesso all’area www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Schengen183, insistendo sul riconoscimento delle decisioni prese dai singoli Stati membri, sulla fiducia tra le amministrazioni dei Paesi membri e sulla loro solidarietà. Tutto ciò presuppone la veridicità dei controlli effettuati e la disponibilità di informazioni e di dati sull’applicazione di tali misure da parte delle amministrazioni degli altri Stati associati. Il visto uniforme resta nelle mani dei Consolati, soggetto alla diversa importanza accordata dei criteri di valutazione utilizzati da essi nell’esame delle domande di visto, risultanti in evidenti difformità applicative della normativa comune nei diversi contesti regionali e nazionali. Il visto uniforme è rilasciato da uno degli Stati Schengen ed è soggetto a valutazione al momento del passaggio della frontiera esterna. Il trattamento del visto uniforme è eterogeneo: varia localmente in base alle pratiche dei diversi Consolati, i veri responsabili dell’attribuzione a livello individuale dei visti, varia in funzione delle direttive date ai Consolati da parte delle autorità centrali, in base alle rispettive ideologie e alla severità della politica migratoria. Per di più, il numero dei Consolati degli Stati Schengen all’estero è elevato, ragione di ulteriore variabilità184. Tranne che per la soluzione degli accordi di rappresentanza che, diminuendo il numero degli attori implicati nell’esame delle domande di visto, riconducono l’equilibrio verso l’uniformità delle pratiche, la molteplicità dei Consolati crea potenzialmente le condizioni per altrettante modalità di valutazione delle domande di visto. I Consolati non operano soli: applicano la normativa comune, sono in costante collegamento con le Autorità centrali dello Stato membro da cui dipendono e cooperano a livello locale con gli altri Consolati nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Dal punto di vista organizzativo, la politica dei visti è condotta dalla Commissione, in particolare dal Comitato Visti, che offre la propria interpretazione delle regole comuni, riceve informazioni e comunica regolarmente con le autorità centrali degli Stati membri e con le Questo punto è vero per l’Unione Europea e per molti altri Paesi del mondo che sono destinatari di flussi consistenti di persone in ingresso e uscita. La biografia a tal riguardo è vasta, per approfondire si cfr. ad esempio: BIGO, GUILD, op. cit., Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di), op. cit., Aldershot, 2005, pp.233-262; BIGO, GUILD, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280; BROUWER, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280; HOBOLTH, Wanted and unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa practices, London, 2010; VAN MUNSTER, op. cit., Esbjerg, 2005. 184 Lo stato attuale di copertura consolare dei Paesi Schengen è consultabile all’indirizzo internet: http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2028_MS%27%20CONSULAR%20REPRESENTATION_16%20%2004 %202012_EN%20CL.pdf#zoom=100. 183 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Delegazioni all’estero della Commissione. Le autorità centrali degli Stati Schengen interagiscono tra loro e gestiscono separatamente la propria rete di Consolati all’estero. I Consolati si occupano della quotidiana gestione pratica del servizio visti e comunicano regolarmente a livello locale tra loro nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Il comportamento tenuto dal Consolato è influenzato da tutte queste sollecitazioni, in grado di influire sul grado di rigore nell’applicazione della normativa e di stimolare in maniere diverse altri fattori quali la velocità di trattamento delle domande di visto, oppure la quantità di domande da esaminare. In base alle priorità degli Stati membri, i Consolati ricevono più o meno risorse, in termini di dotazione di personale e strumentazione. Tutto ciò dimostra che l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri è carico di significati politici: le maggiori difformità applicative tra gli Stati membri in contesti nazionali omogenei, nonché le possibili variazioni nel tempo in relazione alla restrittività/facilità nel rilascio di visti da parte di uno Stato membro nei confronti dei cittadini di un Paese terzo, sono spiegabili in buona parte con riferimento all’indirizzo politico definito dagli Stati membri. Il visto è uno strumento politico utilizzabile in termini di soft law per promuovere le relazioni con un Paese terzo o al contrario per sanzionare quest’ultimo. Il visto non è condizione sufficiente per l’ingresso nell’area Schengen. È sottoposto anche ai controlli di polizia alla frontiera esterna, risultando in ampie possibili difformità conseguenti al diverso rigore da parte delle autorità di controllo nell’applicazione delle disposizioni del Codice delle frontiere Schengen e delle disposizioni nazionali185. Il sistema dei visti dunque si regge su un’enorme pluralità di attori/decisori che, nonostante il quadro normativo unitario che sono tenuti ad osservare, sono sottoposti a sollecitazioni diverse da parte delle proprie autorità e del contesto locale in cui operano e dell’organizzazione del lavoro. Il sistema dei visti funziona come una rete186 in cui decisori eterogenei conducono in maniera parzialmente interdipendente le proprie decisioni nel rispetto dal punto di vista formale della normativa comune. Le decisioni prese dai singoli Consolati sono riconosciute 185 I dati riguardanti i respingimenti alla frontiera esterna daparte delle autorità di polizia degli Stati Schengen ex art. 13 del Codice delle frontiere Schengen sono disponibili al sito della DG Affari interni alla pagina internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/doc_centre/borders/docs/notifications/borders_maps_en.pdf. 186 Questo punto è sostenuto con forza anche da BIGO, cfr. per approfondire; BIGO, GUILD,op.cit., 2003. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dagli altri attori che intervengono nel sistema, quali le autorità di controllo alle frontiere esterne, che mantengono tuttavia la possibilità di negare l’accesso al territorio comune al cittadino straniero titolare di visto ma che non soddisfa tutte le condizioni d’ingresso. In questa rete, in funzione della fiducia reciproca riposta nella validità delle decisioni prese, nella politica dei visti condotta o nella veridicità dei controlli effettuati dai Consolati, in base alla percezione reciproca del rispetto dei criteri definiti dal legislatore europeo, i Paesi membri possono riconoscere con gradi di apprezzamento diverso le decisioni prese dagli altri Paesi e gestire il proprio controllo alle frontiere esterne in modo differente in base ai propri interessi: in alcuni casi le autorità di controllo nazionali alla frontiera esterna possono decidere di non convalidare decisioni di rilascio del visto prese da un Consolato appartenente alla rete del Ministero degli Affari Esteri del proprio Paese, in altri casi possono non convalidare le decisioni di rilascio del visto prese da Consolati di altri Paesi Schengen187. In questo caso, le autorità di controllo si sentiranno legittimate a respingere in misura maggiore e con più agilità i cittadini che hanno ottenuto il visto presso Consolati percepiti come meno affidabili. Nei casi di maggiore diffidenza, soprattutto con riguardo a contesti nazionali nei quali i cittadini stranieri che richiedono il visto possono, con maggiore probabilità, costituire un rischio per la sicurezza, alcuni Stati Schengen possono derogare alla retorica comune di fiducia tra Stati associati e solidarietà reciproca e servirsi dello strumento della consultazione preliminare. In questo modo, le domande di visto di cittadini degli Stati terzi per i quali è chiesta la consultazione188, presentate in qualsiasi Consolato degli Stati Schengen nel mondo, devono necessariamente essere portate all’attenzione delle autorità centrali dello Stato che ha richiesto la consultazione affinché esse prendano la propria decisione in merito, autorizzando o meno le autorità degli altri Stati al rilascio di un visto uniforme. La convergenza è raggiunta quando gli Stati membri concordano nell’osservare le regole che hanno contribuito a definire. C’è mancanza di convergenza quando un insieme di 187 Alle frontiere interne, il riconoscimento delle decisioni sul rilascio dei visti da parte di altri Stati Schengen è totale in quanto i controlli sulle persone non sono più effettuati. 188 L’elenco degli Stati terzi i cui cittadini,o specifiche categorie di essi, sono soggetti alla consultazione preliminare ex art. 22 del Codice dei visti è pubblicato sul sito della Commissione alla pagina internet: http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2016_Prior%20consultation_EN.pdf#zoom=100 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna clausole contenute nelle norme comuni concede ampi poteri agli Stati membri189. La persistenza di spazi per la discrezionalità degli Stati membri è esplicitamente prevista nelle regole definite dal legislatore europeo: si pensi ad esempio alla possibilità di rilascio di visti con validità territoriale limitata in casi eccezionali di interesse nazionale, nonostante l’impossibilità al rilascio di un visto uniforme, o per motivi ritenuti giustificati dal consolato anche se il richiedente ha già utilizzato un visto uniforme nel semestre e completato il periodo massimo di permanenza a sua disposizione. Le regole europee concedono agli Stati membri altri spazi di flessibilità: alcuni criteri non sono vincolanti, altri non esaustivi cosicché gli Stati membri possano richiedere requisiti aggiuntivi, si veda ad esempio le liste dei documenti giustificativi richiesti. In merito alla valutazione del rischio immigratorio e alla sicurezza, le istituzioni europee non specificano il grado di rischio, alto, medio o basso da attribuire ai diversi Paesi terzi, permettendo così alle autorità degli Stati membri un certo grado di autonomia nell’effettuare le proprie valutazioni al riguardo. La presenza di flessibilità nel quadro legale europeo non è nuova. Essa è un concetto politico che individua la soluzione del male minore per i problemi legati alla cooperazione e all’integrazione in aree sensibili. È uno strumento politico per concedere spazio alle diversità e facilitare la convergenza, dando la possibilità ai recalcitranti di scegliere caso per caso a quali disposizioni conformarsi190. Si pensi ad esempio ai protocolli allegati al Trattato sui casi della Danimarca, oppure del Regno Unito e dell’Irlanda, a cui è concessa la possibilità di optare caso per caso di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, ridefinendo così in momenti successivi la loro posizione in relazione alle misure concordate. La convergenza allora può essere definita in termini di aumento delle affinità tra una o più caratteristiche di una politica in un’area determinata e in un certo periodo di tempo. Nonostante le divergenze nell’applicazione della politica dei visti già indicate, alcuni segnali di convergenza sono evidenti non solo nel grado di armonizzazione o nel numero di strumenti legali adottati a livello europeo, ma anche nel grado di discrezione lasciata agli Stati membri. Un segnale concreto in tal senso è osservabile nelle analisi statistiche empiriche sulle pratiche di rilascio dei visti nei Paesi dell’Europa centro-orientale prima e dopo il loro ingresso 189 190 Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34. Per una trattazione approfondita cfr. anche GEDDES, op. cit.. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna nell’area Schengen. In questo caso, lo smantellamento delle frontiere interne ha avuto effetti sulla messa in pratica di politiche di controllo esterno sulle migrazioni più restrittive: dopo il 2007 le procedure di rilascio dei visti nei nuovi Stati membri sono diventate considerevolmente più restrittive rispetto al periodo precedente. Questo fatto è imputabile sia all’applicazione di nuovi standard di controllo, sia alla coscienza che l’autorizzazione o il rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero non dipende solo da ragioni nazionali ma deve essere determinato anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti gli altri Stati associati191. Tuttavia, nonostante questi aspetti, differenze applicative in contesti omogenei saranno visibili fino a quando le logiche di rilascio del visto uniforme resteranno sotto il controllo degli Stati membri. Data la carica politica dello strumento del visto e del suo utilizzo, un elevato grado di convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le Istituzioni europee e, in primis la Commissione, a definire nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il rilascio dei visti. Osservando i cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli Accordi di Schengen nel 1985, si può notare che i rapporti di forza sono evoluti in favore della Commissione: essa era completamente esclusa dalla cooperazione in materia di visti all’inizio, è riuscita ad ottenere un ruolo modesto con la costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht, ha assunto un ruolo molto più importante con la comunitarizzazione della materia della libera circolazione delle persone con il Trattato di Amsterdam. Ha cominciato in seguito un’ampia e graduale opera di razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e omogeneo l’insieme dei principi di base che gli Stati devono rispettare, senza toccare la sovranità degli Stati in materia ma uniformando i meccanismi per le modalità di esame delle domande di visto, per il rilascio dei visti e per i controlli alle frontiere esterne. Si pensi ad esempio agli elenchi dei Paesi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto per l’accesso all’area Schengen e dei Paesi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo: solamente in seguito alla comunitarizzazione della materia il Consiglio è riuscito a uniformare completamente le liste, in contrapposizione con i testi legislativi precedenti che individuavano solamente i Paesi 191 Cfr. HOBOLTH, Europeanization of domestic migration control policies: the case of short-stay visas, London, 2011 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html). www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna terzi i cui cittadini erano sottoposti all’obbligo del visto, mentre per i Paesi terzi non menzionati permettevano esplicitamente la libera scelta degli Stati membri sulla condotta da mantenere e creando così le condizioni per enormi difformità di trattamento. Durante i primi dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel favorire l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di nuove istituzioni: si pensi al Codice dei visti, al VISe alle agenzie europee per la gestione operativa delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala. Il VISsoprattutto fa fronte alle carenze degli Stati membri in relazione alla capacità degli stessi di condividere le informazioni rilevanti sui visti e alla capacità di comunicazione. La presenza di tali nuove istituzioni e mezzi operativi crea un ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti per i visti sono tenute a lavorare: la Commissione genera convergenza e determina la forma che tale convergenza prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli Stati membri affinché essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle proprie necessità immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto, ma allo stesso tempo li obbliga ad imparare un nuovo metodo di lavoro, li obbliga all’apprendimento istituzionale e reciproco. Li obbliga in definitiva a condurre le proprie attività in un ambiente nuovo, il “suo” territorio senza frontiere interne, a collaborare nella Cooperazione locale Schengen e, inevitabilmente, a farsi pressioni reciproche in direzione di una maggiore cooperazione, del rispetto delle rispettive necessità, anche se tali contese possono degradare a volte nello scontro interistituzionale. E anche in questa evenienza gli Stati non sono più gli unici attori, ci sono le nuove istituzioni europee create, capaci anch’esse di effettuare pressioni nella direzione da esse voluta, nonché le Istituzioni europee centrali stesse, tra cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con l’istituzione del Codice dei Visti e del VISil processo di costruzione istituzionale può essere considerato concluso. La Commissione ora ha a disposizioni strumenti che le permettono di verificare le informazioni che le provengono dagli Stati membri. Oltre a ciò, la Commissione obbliga se stessa ad effettuare regolarmente attività di monitoraggio, di controllo e di valutazione dell’applicazione della politica europea dei visti: ora è il momento di tornare al serio compito www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna di governare192. Il regime Schengen dei visti ha lo scopo dichiarato di bloccare l’immigrazione illegale. L’imposizione del visto crea una prima barriera nei confronti di tutti i cittadini dei Paesi elencati nella lista determinata dal Consiglio a tale scopo. I criteri utilizzati riguardano l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico e la sicurezza, le relazioni esterne dell’Unione Europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche delle implicazioni di coerenza regionale e di reciprocità: di fatto il visto è obbligatorio per i cittadini provenienti da Paesi in media poveri, oppressi da regimi politici repressivi, con problemi di sovrappopolazione, con storia recente di conflitti violenti e instabilità locali o etniche oppure con combinazioni varie di questi aspetti. I requisiti richiesti per il rilascio del visto creano una seconda barriera che opera a livello individuale escludendo l’accesso a coloro che provengono dai Paesi terzi nelle condizioni sopra menzionate e che, all’interno di essi, si trovano nella situazione meno privilegiata. I criteri utilizzati per operare la distinzione tra individui soggetti all’obbligo del visto sono quelli del rischio migratorio e del rischio per la sicurezza dei Paesi membri: chiunque sia considerato a rischio di non rientro al Paese di origine o sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, per la sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri deve essere bloccato. Nel Paese d’origine, chi ha una posizione socioeconomica stabile può aspirare a visitare i Paesi dell’area Schengen, chi invece vive in condizioni meno agiate e più difficili deve evitare di avere questo sogno: possono viaggiare i ricchi e coloro che hanno i mezzi sufficienti per partire, sopravvivere nell’area Schengen e rientrare a casa. Di fatto, la mobilità di chi non dispone di tali mezzi deve essere bloccata. La frontiera esterna dell’area Schengen si trova fisicamente ai limiti di tale spazio e attorno ai punti di accesso, tuttavia esistono altri tipi di frontiera193: la frontiera degli elenchi 192 Cfr. PARKES, op. cit, 2009. L’argomento dello spostamento verso l’esterno della frontiera è sostenuto con forza da BIGO, GUILD e altri autori. Per approfondire cfr. BIGO, GUILD, op. cit, Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di), op. cit., Aldershot, 2005; BIGO,DupanoptismeauBan-optisme. Les micros logiques du contrôle dans la mondialisation, in CHARDEL, ROCKHILL (a cura di), Technologies de contrôle dans la mondialisation : enjeux politiques, éthiques et esthétiques, Paris, 2009; VAN MUNSTER, op. cit.Esbjerg, 2005; GUILD, Danger - Borders 193 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna comuni, su base nazionale, e la frontiera dei requisiti richiesti per l’ottenimento del visto, che si attiva su base individuale in base alla valutazione degli agenti consolari. Queste frontiere si dispongono direttamente nei Consolati degli Stati Schengen all’estero e soprattutto nei Paesi terzi elencati dal Consiglio e il loro scopo è quello di verificare la situazione personale dei richiedenti. Esse hanno maglie più larghe nei confronti degli individui che dispongono di stabilità socioeconomica ritenuta sufficiente e dispongono di mezzi economici considerati accettabili secondo gli standard degli Stati Schengen. Anche se le maglie sono in questo caso più larghe, non significa che non ci sia la frontiera: i richiedenti ricchi possono sempre attivare altri controlli, possono essere segnalati nelle banche dati nazionali ai fini della non ammissione, possono essere ricchi ma non persuasi dal modo di vita dei cittadini dell’Unione, possono mettere in discussione tale modello e la sicurezza interna dei Paesi membri e per tali motivi non essere benvenuti e degni di essere bloccati nel Paese di origine. La frontiera diventa invece impenetrabile per coloro che mancano dei requisiti economici minimi ritenuti accettabili: la povertà basta, a parità di altri fattori, per essere esclusi quasi con certezza dalla possibilità di accedere anche per brevi periodi all’area comune. La globalizzazione permette nuove opportunità di contatto tra i popoli, avvicina mondi diversi, rende i trasporti più rapidi e accessibili, tuttavia, in fin dei conti, la povertà esclude certi individui dall’accesso a tali opportunità. La politica Schengen dei visti non fa eccezione e per mezzo delle regole definite e delle modalità indicate per l’esame delle domande di visto non fa altro che rinforzare le linee di frattura tra Paesi ricchi e poveri e tra individui ricchi e poveri. 7. Conclusioni Il sistema europeo dei visti di breve durata funziona come una rete in cui decisori eterogenei – i vari Consolati degli Stati Schengen – definiscono in maniera parzialmente under construction: assessing the first five years of border policy in an area of freedom, security and justice, European Commission’s Framework VI project Challenge Liberty and security, 2005 http://www.libertysecurity.org/articlé69.html; GUILD, Moving the borders of Europe, Nijmegen, 2001 http://cmr.jur.ru.nl/cmr/docs/oratie.eg.pdf; GUILD, CARRERA, GEYER, The Commission’s new Border Package. Does it take us one step closer to a ‘cyber-fortress Europe’?, in Justice and Home Affairs CEPS Policy Briefs http://www.ceps.eu/book/commissions-new-border-package-does-it-take-us-one-step-closer-cyber-fortresseurope); NEUMAYER, op. cit.d, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION, op. cit., Ginevra, 2005, in https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf. www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna interdipendente le proprie decisioni sulle domande di visto nel rispetto, dal punto di vista formale, degli strumenti legislativi adottati dalle Istituzioni europee centrali. Le decisioni prese dai singoli Consolati si conformano alle indicazioni di indirizzo politico delle Autorità centrali degli Stati da cui dipendono e sono riconosciute dagli altri attori che intervengono nel sistema. I singoli Stati sono i titolari della sovranità in termini di rilascio dei visti, detengono il monopolio sulla gestione della circolazione dei cittadini di Paesi terzi, controllano chi entra e sono liberi di rifiutare l’accesso. La pluralità degli Stati che partecipano alla cooperazione di Schengen è la causa prima dell’estrema complessità del sistema. La molteplicità delle autorità competenti che intervengono nelle singole fasi dei processi, prima e dopo il rilascio del visto, rende possibile l’esistenza delle condizioni opportune per il verificarsi di diversità di interpretazioni e di applicazione della normativa, per difficoltà di comunicazione e per la presenza di particolari violazioni. I tassi di rifiuto riguardanti l’anno 2011 dimostrano che lo stato di applicazione delle regole comuni e dei criteri comuni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri risulta alquanto differenziato nei Paesi terzi i cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del visto. A tale proposito, un caso estremo, nonché anomalo sul piano delle relazioni esterne dell’Unione e della coerenza regionale, riguarda la Turchia: alla mancata armonizzazione dei tassi di rifiuto si sommano le differenze dovute all’incompiuta adozione delle misure appropriate da parte degli Stati membri per conformarsi al giudizio della Corte di Giustizia sulla causa C-228/06194 e le esitazioni della Commissione in relazione ad una chiara presa di posizione per regolare in maniera univoca il comportamento degli Stati membri. L’operato non omogeneo dei Consolati degli Stati membri è anche la causa profonda della comune violazione denominata visa shopping, in quanto tale fenomeno non potrebbe sussistere in assenza di difformità applicative della normativa all’interno di una stessa circoscrizione. Composta dagli Stati che vi hanno aderito, che hanno interazioni proprie con gli altri attori della Comunità internazionale e che ricevono trattamenti differenziati nel contesto Causa C-228/06, proposta dall’OberwaltungsgerichtBerlin-Brandeburg il 19 maggio 2006 e relativa al ricorso avverso diniego del visto dei cittadini turchi SOYSAL e SAVATLI, conducenti di automezzi pesanti immatricolati in Germania e operanti alle dipendenze di un’impresa turca che effettua legittimamente prestazioni di servizi in Germania 194 www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna internazionale, l’Unione Europea sembra aver fatto propria una prospettiva neoliberale, secondo la quale per il compito di governo la preoccupazione principale dovrebbe essere quella di non impedire il corso delle cose, permettendo alla società di operare liberamente e assicurando allo stesso tempo i necessari meccanismi di regolazione. Secondo tale impostazione, la libertà si abbina strettamente al concetto di movimento: la libertà di movimento è considerata uno dei presupposti fondamentali della concezione moderna di economia liberale, lo sviluppo e la crescita economica stessi sono considerati variabili dipendenti della mobilità dei beni, dei capitali e della popolazione. La mobilità degli individui è un bene per l’economia, ma non si può ignorare che la libera circolazione può includere alcuni abusi. Se gli individui non devono essere governati attraverso l’imposizione a conformare i loro comportamenti ad obbligazioni sociali, bensì attraverso la motivazione a scegliere attivamente il proprio stile di vita, autodefinendo e autoregolando il proprio comportamento, anche la sicurezza non deve essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì dalla messa in sicurezza dei meccanismi spontanei che sono già attivi all’interno della società. In tale ottica, l’Unione si prefigge il compito di permettere l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali e creare istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia, al fine di difendere le collettività da tali comportamenti. Così, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente il proprio visto sono considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia correttamente. La loro illegalità è considerata prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire restrizioni per motivi di sicurezza. Il principio della sicurezza, che ha preso piede grazie alla retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza, è stato selezionato perchè adatto al fine di imporre limitazioni alla libertà di circolazione. L’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole importanza in tale direzione. Il documento approvato dal Consiglio raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce, ossia il terrorismo, il crimine transfrontaliero e la migrazione illegale. Quest’ultimo concetto trae la propria origine dal rapporto tra i fenomeni migratori, spontanei e connessi intimamente nell’animo della specie umana, con l’organizzazione politica delle società destinatarie dei www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna flussi. Sono le regole determinate dal legislatore a qualificare con l’aggettivo “illegale” le migrazioni. A differenza di quanto comunemente si ritiene, nel caso europeo, il principale canale di immigrazione irregolare di molti soggiornanti di lungo periodo non è costituito dagli ingressi irregolari, bensì dall’“overstay”, conseguente all’ingresso legale con visto valido da parte del cittadino straniero e alla successiva illegalizzazione, a causa del mancato rientro in patria alla scadenza del visto. Oltre all’economia di mercato, ai principi di libertà di circolazione e di sicurezza, anche la nozione di sussidiarietà, sostenuta dal principio di proporzionalità e ripetutamente enunciata nelle fonti di diritto originario dell’Unione, incide sulla definizione della politica dei visti. Essa implica la valutazione delle dimensioni dell’azione da intraprendere e dei suoi effetti: solo le azioni che superano le possibilità di intervento di un singolo Stato o di un gruppo di Stati possono essere intraprese dall’Unione. Questi criteri permettono di comprendere l’architettura fondamentale del regime Schengen dei visti di breve durata: le Istituzioni europee hanno adottato gli strumenti legislativi fondamentali ora in vigore che devono essere applicati dalle autorità competenti degli Stati membri. Negli anni, il legislatore ha raccolto in un unico corpo normativo, all’interno del Codice Visti, la maggior parte delle disposizioni sui visti contenute nell’acquis di Schengen. Tale regolamento definisce la politica comune in materia di visti come parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i viaggi legittimi e a combattere l’immigrazione clandestina. Esso esplicita che l’esame delle domande di visto deve essere strutturato in modo tale da accertare se i richiedenti soddisfano le condizioni d’ingresso previste dal Codice delle frontiere Schengen e se essi presentano un rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza degli Stati membri. L’obiettivo fondamentale della politica europea dei visti è quello di bloccare, prima che intraprendano il viaggio verso l’area Schengen, coloro che presentano un rischio immigratorio o che rappresentano, con alta probabilità e gravità, una minaccia per l’ordine pubblico, per la sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le relazioni internazionali di almeno uno degli Stati membri, nonché coloro che sono già noti agli Stati membri per gli stessi motivi e sono già segnalati nelle banche dati nazionali. A ben vedere, l’esame della domanda di visto non è altro che un ostacolo di secondaria importanza alla mobilità dei cittadini stranieri. La www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna prima e principale barriera è rappresentata dal regolamento del Consiglio che determina gli elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto e dei Paesi i cui cittadini ne sono esenti. Secondo tale strumento legislativo, la selezione è attuata su base nazionale, secondo i criteri elaborati dalla Commissione ed utilizzati con flessibilità e senso pratico, riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la sicurezza, le relazioni esterne dell’Unione Europea con i Paesi terzi, tenute conto anche le implicazioni di coerenza regionale e di reciprocità. La strategia europea opera quindi una differenziazione su base nazionale: l’Unione permette la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni Paesi terzi le cui vite sono scandite da routinesconformi alla regola accolta in Europa e mette a punto, invece, un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni per gli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi, al fine di stabilire se essi, singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e responsabile, bloccando in anticipo coloro che sembrano non essere in grado di farlo e frammentando così le popolazioni tra coloro che sono autorizzati a viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Il metodo definito per suddividere gli individui in queste due classi è l’analisi del rischio che, a causa della possibilità di errore, proporzionale alla dimensione dell’incertezza, pone il problema fondamentale della necessità di continua ricerca di informazioni per ridurre o annullare rischio ed errori. Essa richiede un incessante aumento della domanda di sorveglianza e di controllo, nonché di scambio di informazioni utili. Le principali misure definite dal Codice Visti e dal Regolamento VISper far fronte a queste esigenze prevedono la raccolta di tutti i dati significativi riguardanti l’identità di coloro che presentano una domanda di visto, la loro situazione economica e sociale e lo scopo del loro ingresso nell’area Schengen, nonché l’uso estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate ai fini previsti dal legislatore in modo proporzionale al raggiungimento degli obiettivi definiti. L’uso di una banca dati elettronica comune permette indubbiamente una nuova e accresciuta capacità di conoscenza del comportamento degli individui, nuove basi per la valutazione dello stato di applicazione della normativa sui visti, per la comprensione del fenomeno dell’immigrazione illegale e lo sviluppo di indicatori quantificabili utili alla definizione delle future iniziative nell’ambito del regime europeo dei visti. Il www.koreuropa.eu VISsignifica per Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna la Commissione anche una nuova ed evoluta capacità di osservazione diretta, non mediata, dell’operato degli Stati membri, di raccolta, di estrazione e di rielaborazione statistica delle informazioni utili a conoscere il comportamento, le strategie e, in definitiva, le priorità degli Stati membri in merito al rilascio dei visti. Gli strumenti legislativi in vigore prevedono chiaramente che la Commissione è responsabile della verifica regolare dello stato di implementazione della politica. La strategia europea prevede dunque lo sviluppo di tecniche che operano nei confronti dei cittadini stranieri su più livelli, sia a livello nazionale, sia individuale. È possibile evidenziare alcune problematiche connesse all’applicazione di queste tecniche nel caso dei singoli individui: le fonti legislative europee prevedono che i Consolati dei Paesi membri accreditati all’estero siano responsabili della valutazione dei rischi, ma non precisano con chiarezza le metodologie per misurare l’entità e la probabilità dei rischi individuali, lasciando spazio così, nel compito di valutazione, alla discrezionalità e all’arbitrio degli Stati membri, dei Consolati e alla percezione soggettiva del personale addetto. Tutto ciò può avere effetti perturbanti per il funzionamento del regime Schengen dei visti. Se è vero che gli Stati hanno ancora il monopolio sul rilascio dei visti e mostrano differenze di metodo che inevitabilmente danno adito ad incomprensioni, sospetti, diffidenze e rivalità, è altrettanto vero che il legislatore europeo ha previsto e istituzionalizzato forme di dialogo e di scambio di esperienze e conoscenze tra i Consolati attraverso lo strumento della Cooperazione locale Schengen, necessaria per la coordinazione delle metodologie di lavoro. Per migliorare l’applicazione della politica dei visti e sviluppare un clima di maggiore distensione e fiducia tra i Partner Schengen, sarebbe opportuno che le disposizioni che regolano tale istituto venissero nuovamente emendate al fine di ampliare i contenuti e l’impatto della cooperazione locale sull’operato dei singoli Consolati. La riforma dovrebbe volgersi in direzione della creazione di un regolare o costante processo partecipato a più livelli, teso allo sviluppo della conoscenza reciproca, allo scambio di metodologie di lavoro, all’individuazione delle migliori soluzioni operative di cui generalizzare l’uso, al fine di aumentare il grado di interazione tra i Consolati, raggiungendo così gli obiettivi del miglioramento effettivo dell’applicazione della www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna politica dei visti e dello sviluppo di un clima di maggiore distensione e fiducia tra i Partner Schengen. La complessità dell’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi utilizzati, siano essi regolamenti, obbligatori in tutti i loro elementi costitutivi e applicabili direttamente negli Stati membri, oppure direttive, che implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la loro trasposizione nel diritto nazionale. Essa dipende in secondo luogo dalla pluralità di autorità competenti e di Stati membri, che operano allo stato attuale in un ambiente non ancora adeguato a creare le condizioni per una leale cooperazione costruttiva e che, al contrario, rende possibili diversità di applicazione della normativa, difficoltà di comunicazione e, di conseguenza, lascia ampio spazio a comportamenti abusivi. La Commissione ha per ora risposto a queste problematiche permettendo un alto grado di flessibilità, grazie a deroghe, opt-in e opt-out, al fine di concedere il tempo necessario agli Stati più scettici di abituarsi al metodo di lavoro comunitario in materia di visti, nonché introducendo l’uso di nuove tecnologie, creando database e infrastrutture atte alla gestione delle frontiere e dei flussi di persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della condivisione delle informazioni. Tutto ciò risponde ad una concezione neoliberale di governo della sicurezza, dipendente dall’idea secondo cui la gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui, per mezzo di sistemi tecnologici, rende possibili i compiti di individuazione delle persone a rischio e di adozione in tempo utile delle misure di prevenzione adeguate per bloccare le mobilità non conformi alle regole convenute. Se è vero che la capacità dello Stato di intervenire nei processi sociali dipende dalla sua abilità di includere la società, esso, per poter far fronte all’immigrazione clandestina, deve disporre di informazioni sufficienti a conoscere le modalità con cui avviene tale fenomeno. Il VISè stato creato sostanzialmente per rispondere a questa esigenza, pur tuttavia le sue potenzialità tecniche possono far presagire il pericolo di un uso non proporzionale o, peggio, l’eventualità dello scope creep, qualora lo scopo del sistema informatico fosse ampliato nel tempo al fine di utilizzare la banca dati per attività inizialmente non previste o escluse dal legislatore. Le Istituzioni europee sono ancora impegnate nell’opera di ingegneria di organizzazione del www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna sistema Schengen dei visti di breve durata e di costruzione delle nuove agenzie sovranazionali e delle imponenti infrastrutture informatiche. Secondo le indicazioni del Piano d’azione per l’attuazione del Programma di Stoccolma e degli strumenti legislativi recentemente adottati, la Commissione effettuerà con regolarità analisi e valutazioni sullo sviluppo e sull’efficacia degli strumenti legislativi, tecnologici e organizzativi messi a punto. Essa potrà anche raccogliere e gestire direttamente una notevole mole di dati sull’operato delle autorità competenti degli Stati membri, osservarne le attività e, al limite, compiere pressioni nei confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in maniera difforme dal suo punto di vista. Tutto ciò comporterà indubbiamente una maggiore convergenza e il ruolo della Commissione ne risulterà rafforzato. Se si osservano i cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli Accordi di Schengen nel 1985, si può notare in realtà che i rapporti di forza stanno gradualmente evolvendo in favore della Commissione: essa era completamente esclusa dalla cooperazione in materia di visti agli albori; è riuscita ad ottenere un ruolo modesto con la costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht; ha assunto un ruolo molto più importante con la comunitarizzazione della materia della libera circolazione delle persone con il Trattato di Amsterdam; ha in seguito portato a compimento un’ampia e graduale opera di razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e omogeneo l’insieme dei principi di base per la regolazione dell’operato degli Stati, uniformando i meccanismi per le modalità di esame delle domande di visto, per il rilascio dei visti e per i controlli alle frontiere esterne, senza scalfire la sovranità degli Stati in materia. Durante i primi dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel favorire l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di nuove istituzioni, quali il Codice dei visti, il VISe le agenzie europee per la gestione operativa delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala, creando un ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti per i visti sono tenute a lavorare. La Commissione sta generando convergenza e sta determinando la forma che tale convergenza prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli Stati membri, affinché essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle proprie necessità www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto, ma allo stesso tempo obbliga le autorità competenti ad apprendere un nuovo metodo di lavoro, a condurre le proprie attività in un ambiente nuovo, a collaborare nella Cooperazione locale Schengen e a farsi pressioni in direzione di una maggiore cooperazione e del rispetto delle reciproche necessità. Grazie alla sua competenza di iniziativa, di decisione, di valutazione e di implementazione delle politiche comunitarie, la Commissione sta ottenendo risultati tangibili nel rendere l’area Schengen non tanto un insieme di territori nazionali coordinati nelle loro politiche sulla mobilità delle persone, quanto un territorio unico, il “suo” territorio. A ben vedere, nonostante l’accento dato alle libertà economiche e alla definizione dei diritti dei cittadini europei e dei cittadini di Paesi terzi legalmente presenti nell’area comune, essa sta dimostrando in alcuni ambiti di non avere un’ottica meno securitaria di quella di alcuni Stati membri. Durante l’ultimo decennio, anche in risposta alle esigenze conseguenti all’impressionante allargamento dell’Unione da 15 a 27 Stati membri, le regole decisionali dell’unanimità e del consenso sono state sostituite in Consiglio a favore di altre procedure più consone a mettere d’accordo una maggiore pluralità di interessi. Le materie relative alla circolazione delle persone hanno avuto il beneficio del controllo del Parlamento europeo e quello giurisdizionale della Corte di Giustizia dell’Unione, che risponde ormai con regolarità ai giudici nazionali in via pregiudiziale offrendo la propria interpretazione delle disposizioni comunitarie e dirime controversie tra le Istituzioni europee stesse o tra queste e gli Stati membri. È opportuno prestare attenzione alla natura delle questioni portate dinanzi alla Corte: esse si soffermano sia su questioni tecniche, riguardanti l’interpretazione delle norme e dei concetti tecnici più basilari, confermando così la giovinezza della politica comune dei visti, sia su ambiti del regime dei visti in merito ai quali gli Stati membri e le Istituzioni si scontrano a causa di profonde divergenze di interpretazione. La Corte definisce in questo modo gli equilibri, i rapporti di forza, i limiti di attività delle istituzioni e, di conseguenza, il suo operato ha effetti di alta valenza politica. La politicità è presente nel regime Schengen dei visti di breve durata e avvolge completamente la definizione da parte delle Istituzioni comunitarie dei criteri e delle liste comuni dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo. Tali elenchi sono stati adottati dal Consiglio sottoforma di regolamento, onde evitare ritardi di trasposizione e comportamenti ostruzionisti da Parte degli Stati che partecipano alla cooperazione rafforzata. Tuttavia, l’evidente politicità della materia trova origine soprattutto nella natura stessa del visto Schengen uniforme. Esso è uno strumento tecnico per il controllo degli ingressi sul territorio comune, ma è carico di significati politici: anche se dal punto di vista giuridico esso resta un visto nazionale, rilasciato dai Consolati degli Stati membri e sottoposto al vaglio dei tribunali nazionali, il visto uniforme ha la particolarità di permettere l’ingresso nell’intera area Schengen e perciò anche sul territorio degli altri Paesi membri. Se si considera anche l’impatto conseguente alla creazione di un formato uniforme di visto adesivo e alla standardizzazione delle norme che regolano il regime dei visti di breve durata, non è difficile notare che il visto Schengen ha implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei Governi degli Stati membri e ha avuto effetti di rilievo sulle relazioni internazionali, conferendo una forte visibilità all’Unione Europea, percepita, anche grazie al visto uniforme, alla stregua di sovra-Stato anteposto ai celebri Stati membri. Le modalità stesse di rilascio del visto uniforme hanno valenze politiche e possono essere utilizzate come strumento di soft law per promuovere o sanzionare Paesi terzi o semplicemente per influenzare risposte da parte di essi. Tutto ciò crea tensioni riguardanti l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri. Sia il rilascio, sia il diniego di un visto nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, sia la concessione o il rifiuto dell’autorizzazione all’ingresso nell’area Schengen attraverso la frontiera esterna ai titolari di visti validi, possono racchiudere implicazioni politiche o diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati. Malgrado la coscienza del fatto che l’autorizzazione o il rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero deve essere determinata anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti gli altri Stati associati, le maggiori difformità applicative oggi visibili nell’operato degli Stati membri in contesti nazionali omogenei sono spiegabili facendo riferimento all’indirizzo politico definito dai loro Governi centrali. Tali difformità saranno visibili fino a quando le logiche di rilascio del visto uniforme resteranno sotto il controllo degli Stati membri: un elevato grado di www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le Istituzioni europee e, in particolare la Commissione, a definire le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il rilascio dei visti, coerentemente con gli obiettivi della relazioni esterne dell’Unione, della politica estera e di sicurezza comune e con gli orientamenti generali e le decisioni del Consiglio Europeo. Per il prossimo futuro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione: essa sarà in grado di definire a livello politico le priorità e gli obiettivi sul rilascio dei visti nei vari contesti regionali, comunicherà tali indicazioni agli Stati membri e controllerà la coerenza dell’operato dei singoli Consolati. L’aumento del peso relativo della Commissione comporterà una maggiore convergenza nell’operato degli Stati membri. Nonostante le potenzialità tecniche del VIS e degli altri sistemi informatici creati a livello europeo, nonché i rischi del loro possibile abuso, potrà ritenersi scongiurata l’ipotesi estrema, orwelliana, riguardante la creazione di una sala di regia europea, pericolosamente intrusiva nella vita privata dei cittadini stranieri, capace di dirigere a distanza l’operato degli Stati membri. Sarebbe opportuno che il ruolo della Commissione non si limitasse neppure al mero controllo statistico della convergenza dei tassi di rifiuto: essi possono essere infatti un indicatore attendibile per dimostrare l’esistenza di difformità applicative tra i Consolati che operano in una stessa circoscrizione, tuttavia, al contrario, la mera concordanza dei valori di per sé non è un indicatore sufficiente per considerare compiuta l’armonizzazione a livello locale dell’applicazione della politica dei visti. Anzi, nonostante il discorso della Commissione, relativo alla necessità di maggiore convergenza, in logica sussidiaria si potrebbe riconsiderare il luce positiva la presenza di differenze nei tassi di rilascio e di rifiuto dei visti, purché esse siano conseguenti alle diverse necessità del turismo, dei mercati del lavoro nazionali, regionali e, in definitiva, delle interazioni intessute dai cittadini europei con il resto del mondo e non da scelte discrezionali delle amministrazioni, da difformità applicative delle procedure elaborate dal legislatore europeo o, peggio, da abusi. La Commissione, anche attraverso le proprie Delegazioni accreditate all’estero, dovrebbe promuovere il proprio ruolo di guida dei www.koreuropa.eu Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna Consolati e di formazione del capitale umano da utilizzare all’interno di essi, affinché le regole e i criteri formulati a livello europeo siano omogeneamente compresi ed applicati dal personale addetto ad amministrare, nel modo più giusto possibile, il compito di esame delle domande di visto e di valutazione dei rischi. www.koreuropa.eu