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Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti: profili critici e analisi

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Sviluppi recenti nel sistema europeo dei visti: profili critici e analisi
Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea
dell’Università Kore di Enna
SVILUPPI RECENTI NEL SISTEMA EUROPEO DEI
VISTI: PROFILI CRITICI E ANALISI NORMATIVA
Ezio Benedetti
Docente a contratto di Diritto internazionale e dell’Unione Europea nella Scuola Superiore
Universitaria per Mediatori Linguistici di Padova. (CIELS), Dottorando di Ricerca in “Ordine
Internazionale e Diritti Umani” nell’Università “Sapienza” di Roma
ABSTRACT: Le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia” del
Trattato di Lisbona non hanno paragone con le altre politiche europee, sono probabilmente tra le più
dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Le politiche dell’immigrazione, dell’asilo e dei visti
rientrano tuttora tra le competenze concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del
tradizionale concetto di sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e
sensibilità politiche contrastanti. Nel caso specifico la politica dei visti rappresenta un esempio
illuminante di come gli Stati membri e l’Unione abbiano tuttora notevoli difficoltà nel portare avanti
una politica comune in questo delicato settore del processo d’integrazione.
L’analisi proposta definisce il concetto di mobilità ed i limiti legali che ne caratterizzano l’operatività
nello spazio comune europeo rispetto ai paesi terzi, ricostruendo i principali aspetti teorici e pratici
dell’annosa questione della gestione rafforzata delle frontiere esterne dell’UE e del Sistema
d’Informazione Schengen. L’enfasi posta sulla sicurezza e la fiducia nella razionalità e
nell’affidabilità delle banche dati elettroniche si scontra però, nelle considerazioni svolte, da un lato,
con la non completa affidabilità del sistema, dall’altro, con l’estrema complessità del sistema europeo
dei visti, che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, risulta ancora piuttosto confuso e farraginoso.
Il visto è sicuramente uno strumento tecnico ma con significative implicazioni politiche e giuridiche.
L’introduzione nel 2009 e l’applicazione dal 2010 del Codice europeo dei visti hanno cercato di
risolvere queste antinomie riuscendoci solo in parte, laddove l’unitarietà del quadro normativo
definito dal legislatore europeo continua ad essere limitata da elementi interni ed esterni all’Unione.
I tassi di rifiuto di rilascio dei visti dimostrano che, nonostante le regole comuni e i criteri comuni per
il rilascio dei visti, definiti dal legislatore europeo, l’applicazione di essi da parte degli Stati membri
risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali dei paesi terzi interessati. La
natura politica della questione non può essere trascurata. La conclusione cui si addiviene è duplice:
da un lato, le prospettive per il futuro possono privilegiare un ritorno alla gestione della politica dei
visti su scala nazionale, anche se tale prospettive pare improbabile; dall’altro, si può immaginare che
i rapporti di forza tra gli attori che partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia
di visti continueranno ad evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione
PAROLE CHIAVE: Visti, Spazio di libertà sicurezza e giustizia, SIS, Codice europeo dei visti
1.
Considerazioni preliminari ed inquadramento della questione
I processi migratori sono fenomeni selettivi: limitati nel tempo, nello spazio e nel
numero. Solo determinati gruppi di individui lasciano il proprio luogo natale, spinti da ragioni
diverse, tra cui la scarsità di risorse, la pressione demografica o guerre e persecuzioni, con lo
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scopo di raggiungere luoghi precisi, strutturalmente collegati ai luoghi d’origine dei migranti
in ragione di legami economici, politici, sociali, culturali, storici che pongono precisi
parametri ai flussi e che ne influenzano le dimensioni e la durata1. Coloro che emigrano sono
solo una minoranza degli abitanti del luogo di origine e restano una minoranza nel paese di
destinazione, alcuni di loro si insediano stabilmente, altri ritornano. Quando gli Stati moderni
non esistevano ancora o non avevano sviluppato i mezzi tecnici e amministrativi per
controllare le proprie frontiere ad emigrare erano solo minoranze di una popolazione di una
regione.
Non sono solo le migrazioni a vantare una storia antica, documentata dai resti dei primi
ominidi2, intimamente connesso alla storia del genere umano è, infatti, anche l’atavico
desiderio di escludere l’altro. Durante la Rivoluzione industriale, contemporaneamente allo
sviluppo di vaste opere urbanistiche e alle innovazioni tecnologiche nel settore dei trasporti,
che comportarono un nuovo impulso alla mobilità degli esseri umani, gli Stati nazione
europei, in fase di evoluzione e di consolidamento delle proprie istituzioni, mossi dall’idea di
sovranità statale, elaborarono a livello governativo e amministrativo politiche e strumenti per
controllare le popolazioni insediate sul territorio e per esercitare un controllo più capillare
delle proprie frontiere, escludendo attivamente gli stranieri nel tentativo di regolare i flussi
migratori esistenti, fino a raggiungere un monopolio quasi totale durante i primi decenni del
ventesimo secolo3. In seguito, l’idea di sovranità statale applicata ai controlli
all’immigrazione troverà alcune limitazioni nell’impegno degli Stati a osservare i contenuti
degli accordi e delle convenzioni internazionali vigenti in materia4 e nell’operato degli organi
giuridici degli Stati stessi, che confermeranno con sempre maggiore frequenza e forza i diritti
degli immigrati residenti, nonché, nel caso europeo, nella progressiva integrazione delle
Comunità europee, processo la cui intensità comporterà conseguenze giuridiche tali da
Per approfondire cfr. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati.Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa,
Milano, 1999, p. 127 ss..
2
CORTI, Storia delle migrazioni internazionali, Bari, 2003, p. 9 ss..
3
ID., p. 95 ss..
4
Si noti, a titolo di esempio, la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Per una trattazione
approfondita dei contenuti e dell’origine della Convenzione v. HATHAWAY, The Rights of Refugees Under
International Law, Cambridge, 2005; SINAGRA, BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Milano,
2009, p. 521.
1
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determinare il passaggio in seno all’Unione Europea di competenze prima di stretta pertinenza
degli Stati membri5.
Alla luce di tali considerazioni preliminari, è necessario essere coscienti del fatto che in
nessuna fonte di Diritto internazionale, in vigore o no, è proclamato il diritto all’accesso degli
stranieri allo Stato territoriale. Vige, in altre parole, il principio della discrezionalità dello
Stato nell’ammettere o meno sul proprio territorio attraverso specifici controlli alla frontiera
lo straniero che ne faccia richiesta e che ne abbia i requisiti. La stessa Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo si limitò a sancire che ogni individuo ha il diritto di lasciare
qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese6. Mentre la Comunità
europea, impegnata nel compito di instaurare un mercato comune e un’unione economica,
includeva tra le libertà fondamentali anche la libertà di circolazione delle persone7: già il
Trattato di Roma del 1957 enunciò tale principio in favore dei lavoratori subordinati,
prevedendo anche il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, anche se per ragioni di
ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di salute pubblica era giustificata l’adozione da parte
degli Stati di misure speciali e restrittive nei confronti degli stranieri.
Partendo da tali premesse, possiamo affermare che la maggiore mobilità delle persone
implica un trade off tra costi e benefici di difficile soluzione per gli Stati: è possibile
promuovere la “mobilità legale” delle persone, compresi i benefici da essa derivanti,
rimuovendo allo stesso tempo l’esistenza di “mobilità illegali”? I probabilistici indicatori
denominati “rischio immigratorio”, “rischio per la sicurezza” o “rischio per la salute
pubblica” sono adatti a contrastare queste “mobilità illegali”? Quali sono le ricadute negative
dell’utilizzo di tali concetti? La cosiddetta “immigrazione illegale” non può essere fermata dai
soli confini, per quanto blindati essi siano. Tale consapevolezza ha portato nel tempo
all’allargamento della “ragione sociale” delle politiche sull’immigrazione: dalla nascita dei
documenti di viaggio, ai visti, fino allo scivolamento delle pratiche di controllo alle frontiere
VALVO, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Roma, 2011, p. 361 ss..
Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. V. ancheTOMUSCHAT, Human Rights: Between Idealism and Realism,
Oxford, 2008, p. 30 ss..
7
Per una trattazione approfondita cfr. ZANGHÌ, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2010, p. 69;
cfr. anche ADINOLFI, La libertà di circolazione delle persone, in STROZZI (a cura di), Diritto dell’Unione
Europea (parte speciale), Torino, 2005, p. 70 ss.
5
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dal posto di controllo di confine all’esterno, fuori dallo Stato, direttamente nei luoghi di
provenienza dei migranti o dei viaggiatori, grazie all’ausilio dei più innovativi mezzi
tecnologici.
Lo scopo di questo contributo è di analizzare la situazione attuale del regime europeo
Schengen dei visti di breve durata, detti visti uniformi, analizzando gli ultimi sviluppi della
normativa europea in materia, nonché lo stato attuale di applicazione e valutando l’evoluzione
del ruolo delle Istituzioni europee e delle Amministrazioni statali che operano in tale politica.
Nell’ambito dell’Unione Europea, le materie contenute sotto il titolo di “Spazio di
Libertà, Sicurezza e Giustizia”8 non hanno paragone con le altre politiche europee, sono
probabilmente le più dinamiche, sensibili e caldamente contestate. Rientrate tra le competenze
concorrenti dell’Unione, formano ancora parte essenziale del tradizionale concetto di
sovranità nazionale e sono cariche di paure nazionali, ideologie rivali e sensibilità politiche
contrastanti9. Terreno di scontro tra pressioni commerciali e sociali in favore del movimento e
dell’integrazione, impulsi relativi alla sicurezza per la protezione della popolazione,
obbligazioni internazionali sui diritti umani, preoccupazioni nel campo della giustizia per il
riconoscimento dei diritti degli stranieri e dei rifugiati ed istanze per una maggiore efficienza
nell’amministrazione delle frontiere. La politica dei visti, in particolare, rappresenta un nesso
di imperativi conflittuali per i contemporanei e sviluppati Stati liberali10.
2.
La mobilità ed i suoi limiti legali: l’accesso allo spazio europeo da
parte di cittadini di Paesi terzi soggetti e non all’obbligo del visto
Le politiche in materia di ingressi di cittadini stranieri rappresentano un dilemma chiave
per le democrazie capitalistiche, impegnate sia nella costruzione di difese protettive per
contrastare le migrazioni auto-avviatesi, sia nell’apertura di porte di passaggio tali da
8
TFUE, Titolo V, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, artt. 67-89.
$ Per una trattazione approfondita di questi temi cfr. BALZACQ, CARRERA, The Hague programme: the long
road to Freedom, Security and Justice,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), Security versus freedom? A challenge
for Europe’s future, Aldershot, 2006, pp. 1-34; VALVO, cit., pp. 361-364.
10
Cfr. SALTER, MUTLU, The ‘Next Generation’ Visa. Belt and braces or the emperor’s new clothes?, Brussels,
2011. Il testo è disponibile al sito internet del CEPS alla pagina: http://www.ceps.eu/book/’next-generation’-visabelt-and-braces-or-emperor’s-new-clothes.
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permettere flussi specifici. Al momento attuale, le misure in materia di controllo delle
frontiere, del diritto d’asilo, dei visti, della circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno
del territorio comunitario, della politica di immigrazione rientrano tra le competenze
concorrenti tra Unione e Stati membri11. Tali politiche sono parziali in termini di copertura e
differenziali in merito agli effetti sugli Stati membri12.
L’Unione, al fine di includere in qualche maniera anche gli Stati più riluttanti alla
cooperazione, ha previsto clausole di flessibilità specifiche13. L’effetto è che lo spazio
europeo è al momento frazionato in più sottoinsiemi di Stati, all’interno dei quali sono
applicate regole diverse da cui conseguono difformi opportunità e restrizioni alla mobilità di
categorie diverse di individui. L’area Schengen14, infatti, non coincide con il territorio
dell’Unione Europea, risulta monco dei territori del Regno Unito e dell’Irlanda, Stati membri
dell’Unione che hanno escluso la propria partecipazione agli accordi di Schengen in materia
di visti, e comprende invece quelli della Norvegia15, della Svizzera, del Liechtenstein e
dell’Islanda, Paesi non membri dell’Unione, include de facto i piccoli territori del Principato
di Monaco, di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano, esclude al momento i
territori di alcuni Paesi membri come la Romania, la Bulgaria e Cipro ed esclude i
11
La dottrina in materia di politica migratoria dell’UE è vastissima, ci limiteremo qui ad indicare i testi più
recenti: PISILLOMAZZESCHI, Strumenti comunitari di prevenzione e di contrasto all’immigrazione clandestina, in
Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2004, p. 723 ss.; CELLAMARE, La disciplina dell’immigrazione
nell’Unione europea, Torino 2006; CAGGIANO, Le nuove politiche dei controlli alle frontiere, dell’asilo e
dell’immigrazione nello Spazio unificato di libertà, sicurezza e giustizia, in Studi sull’integrazione europea,
2008, p. 1 ss.; NASCIMBENE, Orientamenti e norme nazionali in materia di immigrazione. Le iniziative di
riforma e le modifiche in corso, in Rivista italiana di diritto pubblico e comparato, 2008, p. 719 ss.; BENVENUTI
(a cura di), op. cit., 2008; BIGO, GUILD, ControlingFrontiers, Free Movementinto and within Europe,
Burlington, 2005; PAPAGIANNI, Institutional and Policy Dinamics of EU Migration Law, Boston, 2006; CARTA (a
cura di), Immigrazione, frontiere esterne e diritti umani. Profiliinternazionali, europeiedinterni, Roma, 2009;
HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the European Union, The Hague/London/Boston,
2000.,
12
Cfr. GEDDES, Why European immigration policies are converging. Il testo è disponibile alla pagina internet:
http://www.eui.eu/Documents/DepartmentsCentres/SPS/Seminars/SPSFellowsSeminar/GeddesPaper.pdf.
13
Cfr. Trattato di Amsterdam, Protocolli allegati al Trattato sull’Unione Europea e al Trattato che istituisce la
Comunità europea: Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione Europea;
Protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al
Regno Unito e all’Irlanda; Protocollo sulla Posizione del Regno Unito e dell’Irlanda; Protocollo sulla posizione
della Danimarca.
14
Si indica con “area Schengen” le porzioni di territorio degli Stati Schengen in cui i cittadini di Paesi terzi con
visto Schengen uniforme valido possono circolare liberamente nei limiti definiti dal legislatore e dal visto stesso.
15
Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla
loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, Bruxelles, 1999.
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Dipartimenti, Territori e Paesi d’oltremare di alcuni Stati Schengen16, ossia Francia, Paesi
Bassi, Norvegia e Danimarca, territori che sono a loro volta divisi tra quelli che sono parte
integrante dell’Unione Europea e quelli che ne sono esclusi.
Il Trattato di Maastricht ha elevato al rango di diritto fondamentale il diritto di libera
circolazione dei cittadini europei17. Tale diritto non è automaticamente applicabile ai cittadini
di Stati terzi. Gli accordi di Schengen del 1985 e la successiva Convenzione di applicazione
del 1990 hanno istituito altresì una distinzione delle frontiere in due tipologie: le frontiere
interne e quelle esterne; prevedendo la rimozione dei controlli alle frontiere interne e
rinforzando i controlli a quelle esterne. Ne consegue che un individuo regolarmente
soggiornante nell’Unione Europea sul territorio del Regno Unito e cittadino di un Paese terzo
sottoposto all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen, che non include il Regno
Unito, è obbligato ad ottenere un visto valido per poter arrivare alla frontiera esterna dell’area
Schengen18. Questo semplice esempio dimostra inequivocabilmente che la mobilità non è
dunque uguale per tutti e non si applica allo stesso modo nelle diverse porzioni di territorio
che compongono l’Unione.
La mobilità non è un fenomeno indifferenziato. Possono esistere tante mobilità quanti
sono gli individui in movimento: c’è chi viaggia per il piacere di visitare un luogo celebre per
un periodo di tempo limitato, c’è chi si trasferisce per alcuni mesi o anni all’estero per motivi
di studio, c’è chi si sposta per affari e chi emigra all’estero per motivi di lavoro.
Presupponendo un mondo di individui sedentari, vale a dire residenti in un luogo specifico per
la maggior parte dell’anno solare, la mobilità di ogni soggetto in rapporto ad una definita area
di riferimento al di fuori dei confini nazionali può essere utilmente classificata in base alla
durata dell’azione del movimento fuori dai confini, in base alla finalità del viaggio e in base
Con l’espressione Stati Schengen si indicano i Paesi membri o no dell’Unione Europea che partecipano alla
cooperazione di Schengen.
17
La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’Unione Europea sancito dall’articolo 45
del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea e ulteriormente precisato nel diritto derivato e dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione. Cfr. ADINOLFI, cit., in STROZZI (a cura di), cit., Torino,
2005; VALVO, cit., p. 96 ss..
18
In merito ai requisiti richiesti ai cittadini di Paesi terzi sottoposti all’obbligo del visto per l’accesso all’area
Schengen e residenti nel Regno Unito, si rinvia al testo della decisione: C(2012) 4726
finalCommissionimplementingdecision of 11.7.2012 establishing the list of supportingdocuments to be presented
by visa applicants in the United Kingdom (Edinburgh, London and Manchester), Brussels, 2012.
16
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alla cittadinanza del soggetto in movimento. Facendo riferimento ad esempio all’area
Schengen e ai contributi normativi europei fondamentali in materia di visti, che saranno
trattati più precisamente in seguito, nel primo caso è possibile individuare due tipologie
fondamentali di mobilità, relative cioè a periodi di soggiorno di lunga durata o di breve
durata, la cui linea divisoria di novanta giorni nell’arco di un semestre è stabilita dalle
disposizioni dal legislatore europeo. Vedremo più avanti che la disciplina riguardante i visti di
ingresso per periodi di lungo e di corto soggiorno trova fondamento rispettivamente in fonti
del diritto nazionale e in fonti di diritto europeo derivato: al momento attuale la
determinazione del volume delle ammissioni di lavoratori migranti è di competenza degli
Stati membri, mentre la definizione delle norme sulle condizioni della mobilità di corto
soggiorno è ormai competenza esclusiva delle Istituzioni europee. Nel secondo caso ipotetico,
che prevede una classificazione in relazione alla finalità dell’azione, la mobilità si può
classificare in numerose tipologie: dal turismo, ai viaggi d’affari, ai motivi di lavoro
subordinato o autonomo, alle competizioni sportive, allo studio, ai motivi religiosi ecc. Nel
terzo caso è possibile individuare tre tipologie di soggetti: coloro che hanno la nazionalità di
almeno uno dei Paesi che partecipano all’acquis Schengen, coloro che non sono cittadini di
nessuno degli Stati Schengen ma che non sono soggetti all’obbligo del visto di ingresso per
avere accesso all’area Schengen e coloro che sono cittadini di Paesi terzi e sono soggetti
all’obbligo del visto di ingresso.
Chi arriva in Europa lo fa per motivi e con mezzi diversi. Dal punto di vista giuridico è
di fondamentale importanza osservare che il canale scelto dal cittadino di un Paese terzo per
entrare nell’Unione Europea ne condiziona direttamente i diritti, ad esempio in termini di
accesso al mercato del lavoro. Questa osservazione permette di oggettivare la mobilità in due
classi per mezzo della coppia di aggettivi legale/illegale: la mobilità può essere definita legale
se rispettosa delle condizioni di ingresso e permanenza definite dal legislatore nazionale o
dalle istituzioni europee; per converso, la mobilità si può definire illegale se in violazione di
tali condizioni.
In base alle attuali stime, la popolazione dell’Unione Europea dovrebbe iniziare a
diminuire dopo il 2035, il rapporto tra persone in età lavorativa e gli ultrasessantacinquenni si
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avvicinerà sempre più all’unità intorno al 2060. La migrazione, indispensabile per il futuro
del continente europeo, è diventata il principale motore dell’evoluzione demografica
nell’Unione19. Obiettivi dichiarati dell’Unione Europea per una politica coerente e credibile in
materia di immigrazione sono la definizione di misure efficaci per prevenire l’immigrazione
irregolare e garantire la sicurezza delle frontiere in modo equo e rispettoso dei diritti umani.
Nell’Unione, la gestione dell’esercizio della libertà di circolazione non dipende solamente
dalla definizione di misure facilitanti tese a stabilire le condizioni ottime in conformità a cui
gli individui possono attivamente governare la propria condotta, dipende in maniera crescente
anche dalla determinazione di ciò che è considerato esercizio improprio e irresponsabile della
libertà, attraverso la precisazione delle violazioni e delle minacce all’esercizio autonomo della
mobilità. Corollario dell’impostazione neoliberale ora in voga è che al benessere del singolo,
nonché a quello della generalità di numerosi individui, consegua il benessere della società nel
suo complesso, fermo restando il controllo sulle condotte illegittime e degradanti. Secondo il
nuovo paradigma liberale, la nozione di cittadino libero e autonomo è costruita per antitesi
sulla definizione di ciò che è considerato non responsabile o degradante e sulla creazione di
misure di controllo e sorveglianza nei confronti dei gruppi di individui a cui non si concede la
fiducia di godere della propria libertà di movimento. Non solo, è postulata la responsabilità e
la volontarietà di coloro che utilizzano la libertà per conformare il proprio comportamento a
condotte considerate non ragionevoli. Il fatto stesso di adottare comportamenti non conformi
alla regola convenuta basta come prova dell’incapacità di tali soggetti al responsabile uso
della propria autonomia20. L’illegalità e l’abuso sono dunque considerati come scelta
deliberata, cioè volontaria irresponsabile condotta della propria autonomia, prova di
disonestà. Vedasi ad esempio il caso dell’immigrazione illegale: sia che arrivino in Europa
attraversando illegalmente i confini, sia che decidano di restare illegalmente sul territorio
europeo alla scadenza di un visto valido, i migranti non regolari sono sovente considerati
nocivi, principalmente per ragioni economiche, a volte per ragioni di sicurezza. Essi sono
19
Cfr. COM (2012) 250 final, Communication from the Commission to the European Parliament and the Council
Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012.
20
Per autonomia non si intende qui solamente “indipendenza” e “facoltà di determinare liberamente la propria
condotta”, ma soprattutto la capacità di auto-regolarsi e auto-limitarsi definendo i limiti del proprio
comportamento in maniera conforme alla regola definita dalla comunità e dal legislatore.
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sempre più di frequente considerati degni di essere esclusi, in quanto minaccia alla stabilità
sociale ed etno-culturale del luogo di destinazione.
L’istituzione di frontiere interne ed esterne ha comportato una più marcata
differenziazione tra coloro che sono inclusi nell’area del mercato unico e coloro che ne sono
esclusi: la soppressione dei controlli alle frontiere interne ha permesso una potenziata libertà
di movimento per gli insiders alle spese di una diminuita possibilità di movimento per alcune
tipologie di outsiders, in particolare per coloro a cui è richiesto, su base nazionale, un visto
valido d’ingresso. Gli Stati, per poter sorvegliare le mobilità degli individui, richiedono al
giorno d’oggi passaporti e altri documenti per il viaggio che possono essere rilasciati
solamente da Stati, tranne alcune particolari eccezioni. Per poter avere accesso agli spazi
esteri, spesso tali documenti di viaggio devono essere corredati da un visto valido,
congruentemente alla tipologia del documento di viaggio in possesso dell’individuo e ai
requisiti imposti dallo Stato di destinazione. Gli Stati nazione sono riusciti nel tempo ad
ottenere il monopolio dell’autorità di determinare chi può entrare all’interno delle proprie
frontiere, segnando così la vittoria del principio nazionale di sovranità sulla libertà di
circolazione delle persone.
I passaporti, documenti d’identità abitualmente validi per l’espatrio e rilasciati
generalmente dallo Stato di origine o del quale l’individuo ha la nazionalità, sono stati ben
presto affiancati da un’altra innovazione tecnica, il visto, che comunica l’autorizzazione
rilasciata dallo Stato di destinazione in favore di un preciso cittadino straniero titolare di un
determinato documento di viaggio ad arrivare al posto di frontiera con il Paese di destinazione
ai fini dell’ingresso. Le restrizioni sul rilascio dei visti imposte nei confronti di titolari di
passaporto di alcuni Paesi terzi rappresentano uno tra i più importanti mezzi con cui gli Stati
esercitano la propria azione di controllo sugli ingressi di cittadini stranieri sul proprio
territorio, ostacolando e dissuadendo l’immigrazione di certi gruppi di persone21. Limitare gli
Letteralmente il “visto” indicava che il documento di viaggio era stato “osservato” e riconosciuto valido dalle
autorità di polizia di frontiera che, apponendo un timbro, il “visto” appunto, autorizzavano il titolare del
documento di viaggio ad oltrepassare il posto di frontiera e a continuare il viaggio. Ben presto i visti si sono
evoluti, incorporando in essi ulteriori informazioni: i dati anagrafici del titolare del documento di viaggio, onde
evitare problemi di identificazione, e le condizioni relative al soggiorno nel Paese di destinazione, ad esempio la
durata, il numero di ingressi, le finalità del viaggio ecc. Il passaporto invece fornisce solo un’assicurazione allo
21
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ingressi diventa il sistema più semplice ed efficace per gli Stati per controllare il numero di
immigrati. Secondo questo sistema, i cittadini di Stati terzi devono sostenere innanzitutto i
costi e gli inconvenienti per la domanda di visto, ad esempio i tempi di attesa o le spese
necessarie all’ottenimento della documentazione richiesta ecc. In secondo luogo, esiste
sempre la possibilità che il consolato dinieghi la domanda di visto, senza contare che esiste
anche l’eventualità che le autorità dello Stato di destinazione impediscano l’ingresso al
titolare di un visto valido. I visti permettono quindi di dissuadere e compiere una prima
selezione degli individui in movimento.
L’obbligo del visto è definito generalmente su base nazionale: i cittadini di alcuni Paesi
terzi possono avere accesso al territorio di uno Stato senza possedere un visto, al contrario
cittadini di altri Paesi terzi sono costretti ad avere il visto. La presenza dei primi è apprezzata
in termini di desiderabilità e di basso rischio per la comunità dello Stato di destinazione, gli
altri sono considerati potenzialmente indesiderabili e lo Stato di destinazione si riserva di
valutare la pericolosità caso per caso, negando l’accesso ai visitatori per cui i rischi sono
considerati più elevati. Il sistema dei visti pertanto compie una discriminazione degli stranieri
su base della nazionalità di provenienza e, tra quelli obbligati ad avere un visto valido, su base
individuale. Vedremo più avanti come gli Stati Schengen hanno delineato politiche comuni di
restrizioni sui visti e liste comuni di Paesi terzi ai cui cittadini è richiesto di avere un visto
valido all’arrivo alle frontiere esterne.
Per poter approfondire lo studio del regime europeo dei visti, più precisamente del
regime Schengen dei visti di soggiorno di breve durata, è indispensabile aver presenti i
seguenti capisaldi riguardanti la mobilità degli individui e i suoi limiti legali: il territorio
dell’Unione Europea non coincide con l’area Schengen: in porzioni diverse del territorio
europeo vengono applicate regole e restrizioni diverse alla mobilità degli individui (si noti ad
es. i casi già richiamati sopra di Regno Unito o Irlanda, i casi di Norvegia e Svizzera e i
Territori e Domini d’oltremare di alcuni Paesi membri); i cittadini dell’Unione Europea22
Stato di destinazione o di transito che il titolare del documento può fare rientro sul territorio dello Stato che ha
rilasciato tale documento.
22
Ciò vale anche per i loro familiari, anche se cittadini di Paesi terzi, secondo le previsioni contenute nella
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che
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hanno il diritto di circolare e di stabilirsi liberamente sul territorio dell’Unione, compresi i
territori dei Paesi non membri della cooperazione di Schengen, anche se per il Regno Unito è
previsto il passaggio attraverso un punto di controllo alla frontiera; i cittadini di Paesi terzi per
i quali non è richiesto l’obbligo del visto per soggiorni di breve durata23 possono fare ingresso
attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con un documento di viaggio valido e
riconosciuto e possono trattenersi liberamente nel territorio comune per un periodo massimo
di tre mesi, continuativi o meno, nell’arco di un semestre, conteggiato dalla data di primo
ingresso24; i cittadini di Paesi terzi per i quali è richiesto l’obbligo del visto possono fare
ingresso attraverso la frontiera esterna dell’area Schengen con documento di viaggio
riconosciuto e visto Schengen uniforme valido. Essi possono trattenersi liberamente nel
territorio comune, senza controlli aggiuntivi alle frontiere interne dell’Unione, per un periodo
determinato con precisione dalle indicazioni stampate sul visto e relative a durata, ingressi e
periodo di validità dello stesso. Il periodo in ogni caso non può superare tre mesi, continuativi
o meno, nell’arco del semestre conteggiato dalla data del primo ingresso; i cittadini di Paesi
terzi possono fare ingresso e soggiornare sul territorio degli Stati europei per periodi di tempo
superiori ai novanta giorni nell’arco di un semestre in base alle disposizioni delle normativa
nazionali degli Stati stessi.
Il sistema Schengen dei visti di ingresso si fonda sui seguenti principi25:
nessun
cittadino di Paese terzo può fare ingresso sul territorio degli Stati Schengen se egli costituisce
un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri o se è considerato a rischio di
immigrazione illegale; esiste da parte degli Stati una presupposizione di legalità in merito ad
modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE), ultima
versione consolidata del 16/06/2011.
23
Il limite definito dal legislatore europeo è di 90 giorni nell’arco del semestre.
24
Cfr. le disposizioni dell’art. 2 comma 2) a) del Regolamento ( CE) N. 810/2009 del PE e del Consiglio del 13
luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), Bruxelles, 2009 (versione consolidata
di Ottobre 2011). Per una definizione del concetto di primo ingresso si confronti anche la pronuncia in via
pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativa al caso Nicolae Bot / Préfetdu Val-de-Marne:
Sentenza della Corte (grande sezione) del 3 ottobre 2006, Nicolae Bot contro Préfetdu Val-de-Marne(Causa C241/05). Il testo della sentenza è disponibile al sito della Corte:
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=65388&pageIndex=0&doclang=IT&mode=r
eq&dir=&occ=first&part=1&cid=1110902.
25
Cfr. GUILD, BIGO, The transformation of European border controls, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di),
Extraterritorial Immigration Control: Legal Challenges, Leiden, 2010, pp. 257-280.
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un visto di corto soggiorno rilasciato da un altro degli Stati partecipanti alla cooperazione; una
volta ammesso sul territorio comune, l’individuo è autorizzato a spostarsi su tutto il territorio
dell’area Schengen per un periodo non superiore a tre mesi, continuativo o meno, nell’arco di
un semestre senza controlli supplementari alle frontiere interne degli Stati partecipanti.
È necessario inoltre tener presente che in linea di principio non esiste alcun diritto per
un cittadino di Paese terzo all’ottenimento di un visto di ingresso, tranne nel caso particolare
del diritto alla coesione familiare nei confronti di cittadini di Paesi terzi congiunti con
cittadini dell’Unione26. Per fare i conti con i casi di violazione dei limiti legali definiti in
merito alla mobilità degli individui, l’Unione si è dotata anche di politiche di espulsione e di
rimpatrio27 e ha firmato accordi di riammissione28 con Paesi terzi: le disposizioni di queste
fonti normative andrebbero applicate nei confronti di coloro che hanno dimostrato di non aver
fatto uso responsabile della propria autonomia personale, in particolare dunque per quei
cittadini di Paesi terzi che non hanno saputo osservare le condizioni legali che regolano
l’ingresso e la residenza sul territorio degli Stati membri.
3.
L’enfasi sulla sicurezza: la gestione rafforzata delle frontiere esterne
dell’Unione Europea e il Sistema d’Informazione Schengen (SIS)
Il concetto di sicurezza non rappresenta una novità nel panorama europeo. Istanze
relative alla sicurezza hanno comportato la prescrizione dell’uso di documenti di viaggio e,
successivamente, dei visti per poter intraprendere spostamenti oltre confine. Oltre a ciò, il
processo di integrazione europea è stato accompagnato da iniziative parallele a carattere
intergovernativo per trattare implicazioni di polizia e di sicurezza in vista dell’apertura delle
26
Cfr. la già citata Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeoedel Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al
diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri. Per la materia del ricongiungimento familiare cfr. anche la Direttiva 2003/86/ CE del Consiglio del
22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare.
27
Fondato sulla base normativa dell’art. 63 comma 3.b) del Trattato che istituisce la Comunità Europeo, il testo
di riferimento è la Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno
è irregolare. Sullo stesso tema è necessario ricordare anche gli accordi di riammissione sottoscritti dall’Unione
con Paesi terzi, alcuni dei quali sono collegati ad accordi di facilitazione del rilascio dei visti.
28
Per approfondire cfr. COM(2011) 76 definitivo, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al
Consiglio, Valutazione degli accordi di riammissione dell’UE, Bruxelles, 2011.
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frontiere comuni29. Nel mondo bipolare antecedente alla fine della Guerra Fredda, il
mantenimento della sicurezza si sosteneva su dinamiche di intelligence e logiche militari, le
minacce erano rappresentate da altri Stati e dalle loro ideologie. Con l’istituzione del Mercato
Unico Europeo e gli sconvolgimenti geopolitici consecutivi alla dissoluzione dell’Unione
Sovietica, la politica dell’Unione Europea ha favorito accanto alle logiche economiche degli
obiettivi dei trattati una dimensione securitaria in risposta al potenziale aumento in
dimensione dell’immigrazione e dei richiedenti asilo30.
Nel mondo contemporaneo, lo Stato detiene la sovranità e il monopolio sulla gestione
della circolazione delle persone. Al fine di garantire la sicurezza, lo Stato non solo deve
controllare chi entra, ma deve anche essere libero di rifiutare l’accesso31. L’Unione Europea,
ultimo esito dell’integrazione degli Stati membri, legittima la mobilità intraeuropea e si dota
allo stesso tempo di mezzi per controllare l’accesso attraverso le frontiere esterne. Sia Stati
singoli, sia Unioni di Stati o aree di libera circolazione delle persone sono costretti ad
affrontare il dilemma tra la facilitazione dei flussi di persone, per i benefici politici ed
economici che possono comportare, e, dall’altro, la limitazione di tali flussi, nonché il loro
controllo per questioni di sicurezza. La libera circolazione delle persone può infatti contenere
abusi e violazioni. Ciò nonostante, da un punto di vista liberale, una politica protezionistica in
questo ambito può causare problemi di entità maggiori, senza contare altri effetti negativi
quali il deterioramento dell’accoglienza degli stranieri e delle relazioni con Stati terzi, col
rischio sempre presente di non sradicare le frodi implicandone invece la loro
professionalizzazione32. Pertanto, nella gestione delle frontiere esterne gli Stati devono fare i
conti con le loro relazioni internazionali e con le politiche migratorie, con esigenze
29
Si noti ad esempio il Gruppo di Trevi istituito nel 1975 e che riuniva i Ministri degli Interni e di Giustizia dei
Paesi CEE. Per approfondire cfr. Cfr. DENBOER(a cura di), Schengen, judicialcooperation and policy
coordination, Maastricht, 1997, p. 87 ss..
30
Si confronti ad esempio l’art. K. 1 del Trattato di Maastricht.
31
Per unatrattazioneapprofonditacfr. NEUMAYER, Unequal access to foreign spaces: how States use visa
restrictions to regulate mobility in a globalised world, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION,
Global migration perspectives working paper no. 43, Ginevra, 2005. Disponibile in:
https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf.
32
BIGO, Contrôle migratoire et libre circulation en Europe, in JAFFRELOT, LAQUESNE (a cura di), L’enjeu
mondial. Lesmigrations, Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla pagina internet:
www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf.
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economiche, politiche, culturali e di sicurezza interna. Oggi gli Stati sviluppano le proprie
relazioni internazionali nel contesto di un’economia mondiale aperta, che si manifesta nella
cosiddetta globalizzazione e trova sua legittimazione nel pensiero liberale. Tuttavia, il sistema
delle relazioni internazionali si fonda anche sui concetti di Stato nazione e di inviolabilità
della sovranità. In virtù di essi, gli Stati tendono anche a chiudere ed a proteggere i confini e
le proprie identità nazionali, istituendo controlli alla libertà di movimento33.
Generalmente, sicurezza e libertà sono considerati valori contraddittori, irriconciliabili.
La scelta tra di essi sembra implicare un trade off di tipo esclusivo, o più sicurezza o più
libertà, e il risultato è sempre un compromesso a somma zero variabile sul continuum tra
libertà assoluta34 e sicurezza assoluta35. Ad un grado maggiore di libertà corrisponde per i
membri della comunità una diminuita sicurezza e, viceversa, maggiore sicurezza implica un
minore godimento della libertà. Mentre gli Stati inseguono un sistema per controllare in modo
migliore gli ingressi, imperativi politici ed economici chiedono con insistenza confini
permeabili. Controlli ferrei sono apparentemente contrari agli interessi economici degli Stati,
restrizioni all’ingresso di cittadini stranieri inibiscono il commercio internazionale e il
turismo. Per facilitare gli scambi e la mobilità, alcuni Paesi hanno istituito unioni e
armonizzato le politiche dei visti, hanno creato blocchi regionali per uscire dalla piccola scala
dello Stato nazione e per aumentare le proprie dimensioni su scala globale.
Dal punto di vista della circolazione delle persone è possibile conciliare tra loro le
istanze relative a libertà e sicurezza? È possibile raggiungere una maggiore libertà di
movimento e allo stesso tempo garantire una maggiore sicurezza? La definizione a livello
internazionale di convenzioni sul rispetto dei diritti umani può forse permettere la risoluzione
del paradosso tra libertà e sicurezza36. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea accorpano i due principi precisando che ciascun individuo ha diritto alla libertà e alla
33
Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34.
Si faccia riferimento allo stato di natura secondo il pensiero di Hobbes.
35
Si faccia riferimento alla concezione orwelliana di controllo come prevista nel libro ORWELL, 1984, London,
1949.
36
Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.
34
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sicurezza37. Uno degli obiettivi dell’Unione Europea è la creazione di uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, in cui massimizzare la libertà di circolazione degli individui per mezzo
della definizione di un regime di pratiche di sicurezza sottoposte a controllo democratico da
parte di istituzioni a ciò preposte e che garantiscano la protezione dei diritti fondamentali e
che assicurino la possibilità di ricorso effettivo. Secondo i discorsi neoliberali dominanti, la
sicurezza non dovrebbe essere garantita dal costante intervento dei poteri pubblici, bensì
attraverso la messa in sicurezza degli automatismi che sono già attivi all’interno della
società38. In tale ottica, compito dell’Unione dovrebbe essere dunque quello di permettere
l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali, responsabilizzandoli, e
creando, se necessario, istituzioni capaci di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia
al fine di difendere gli altri individui da tali comportamenti e da intrusioni non legittime da
parte degli Stati. Secondo questa impostazione, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso
nell’Unione senza documenti validi o che non utilizzano correttamente un visto sono
considerati individui non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia
correttamente: percepita come distorsiva dell’ordine convenuto, la loro illegalità è considerata
prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire controlli
aggiuntivi e restrizioni per motivi di sicurezza. Oltre all’immigrazione illegale, un’altra grossa
preoccupazione per gli Stati è l’infiltrazione di potenziali terroristi, di criminali, di trafficanti
di droga e di armi o di altre persone non grate. Il centro delle preoccupazioni sono le
potenziali minacce alla stabilità del regime e alla sicurezza nazionale impersonate
rispettivamente da individui politicamente sgraditi, da criminali violenti politicamente
motivati e da soggetti appartenenti a reti criminali transnazionali. Fondamentale è quindi in
primo luogo la capacità di definizione di ciò che comporta una minaccia alla sicurezza e,
nonostante la limitatezza delle risorse, la capacità di ottenere le informazioni necessarie ad
effettuare controlli mirati. In base al paradigma, i gruppi di individui appena menzionati sono
governati per mezzo di interventi precisati sulla base del potenziale rischio, valutato per
Si confronti l’art. 5 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e l’art.6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
38
Cfr. VAN MUNSTER, The EU and the management of immigration risk in the Area of Freedom, Security and
Justice, in Political Science Publications, n. 12, SyddanskUniversitet, Esbjerg, 2005.
37
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mezzo di pratiche di sicurezza opportunamente designate per verificare le finalità e
controllare la mobilità dei cittadini stranieri. Il concetto di rischio è diventato il principio
fondante della nozione di sicurezza. Le fonti normative del regime Schengen dei visti
menzionano ripetutamente i concetti di rischio migratorio e di rischio per la sicurezza. La
valutazione del rischio presuppone la disponibilità di informazioni attendibili e la capacità di
verifica. Ipotizza in un secondo momento l’osservazione di regolarità riguardanti la gestione
della libertà di movimento e della condotta da parte degli individui, sia nei casi in cui essi
dimostrino di utilizzare responsabilmente la propria autonomia rendendosi così utili alla
società secondo la prospettiva neoliberale, sia nei casi in cui essi scelgano condotte cosiddette
devianti, non conformi e irrispettose della regola convenuta.
Dopo gli eventi dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, la nuova minaccia del
terrorismo globale e l’emergenza causata dalle buste contenenti spore di antrace, i discorsi
ufficiali negli Stati Uniti si sono orientati verso il diritto dei governi di rafforzare le misure di
sorveglianza e di sicurezza. Il dibattito ha preso piede anche in Europa, sollecitato anche dagli
attentati di Madrid e di Londra nel 2004 e nel 2005. Gli alti livelli di guardia e di vulnerabilità
percepita dalla popolazione hanno giustificato un deciso giro di vite in direzione di un
accentuato utilizzo di controlli sulla popolazione civile. Il problema più importante è quello di
definire quali debbano essere i limiti di tale attivismo da parte degli Stati. Da un punto di vista
liberale la mobilità degli individui è un bene per l’economia. La libera circolazione può
sicuramente includere alcuni abusi, ma fino a che punto l’inasprimento delle misure di
controllo e di sicurezza può essere definito proporzionale ai rischi? Fino a che punto il
rimedio denominato “sicurezza” può anteporsi alla libertà degli individui e ad ogni
fondamentale valore democratico? Il Congresso degli Stati Uniti nel 2001 ha ad esempio
accettato di conferire all’esecutivo ampi poteri permettendo l’adozione di misure legislative
speciali39. Secondo molti l’amministrazione Bush ha oltrepassato ogni delega al potere in
nome dello stato di eccezionalità.
Per approfondiresiveda ad esempioiltestodell’USA Patriot Act,Uniting and Strengthening America by
Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism (USA PATRIOT ACT) Act of 2001. Il
testo è disponibile alla pagina internet: http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/z?c107:H.R.3162.ENR:.
39
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Sul tema della sicurezza due argomenti fondamentali si sono imposti40. Il primo di essi
ritiene che la sicurezza sia il valore primario: la sicurezza implica la protezione
dell’individuo, della collettività e dello Stato. Questa posizione portata agli estremi può
suggerire che la sopravvivenza della civiltà occidentale stessa è minacciata dal terrorismo
globale che è riuscito ad impossessarsi del controllo degli strumenti di violenza, superando la
forza di molti Stati. La sicurezza è questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Libertà e
democrazia sono valori secondari, sono possibili solo a condizione che la vita sia assicurata.
Tale posizione può legittimare l’illimitato livello di intervento da parte dello Stato. In molti
casi è riuscita a convincere, legittimandosi sulle paure diffuse degli individui.
Ciò nonostante è evidente a molti che accentuate misure di sicurezza non possano non
predare la libertà dei cittadini. Molti gruppi sociali hanno insistito sull’esagerazione di questa
posizione, in antitesi profonda rispetto agli ideali di democrazia, che in questo caso si trovano
in pericolo di sopravvivenza. Si è sviluppata così una seconda retorica che si fonda sull’idea
di equilibrio tra libertà e sicurezza. Un apparente alto livello di pericolo può giustificare
misure di sicurezza accentuate. Il vero pericolo di questa seconda posizione è che in momenti
di alta tensione vengano varate misure di sicurezza straordinarie per il controllo degli
individui e, alla distensione della situazione, tali misure rimangano pur tuttavia in vigore,
perennemente, utili al controllo degli individui e alla raccolta di dati su di essi. Lo stato di
eccezionalità diventa così perenne. Un evento isolato ed eccezionale comporta così la
richiesta, caldamente eseguita in un clima di paura generalizzata, del sacrificio di parte della
libertà agli individui, dopodiché lo stato di emergenza tende inevitabilmente a divenire
duraturo, ponendo a repentaglio la democrazia. Nei discorsi ufficiali si è insistito sulla
capacità di terroristi e di individui criminali di infiltrare i flussi di stranieri, giustificando così
non solo l’inasprimento dei controlli sulla mobilità transconfinaria, ma anche la sorveglianza
sulla libertà di parola, di associazione, religiosa e delle minoranze. La libertà di azione viene
giudicata in base alla conformità alla norma locale, chiunque devii leggermente dalla norma
diventa sospetto. La libertà di circolazione degli stranieri subisce di colpo limitazioni vistose e
la normalità diventa il sospetto sulla loro mobilità. Ma in un mondo liberale, l’economia
Per approfondire si invita a confrontare i contributi pubblicati nell’ambito del progetto Challenge: Liberty &
Security. I testi sono disponibili al sito: http://www.libertysecurity.org/.
40
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mondiale e gli Stati hanno comunque bisogno di mantenere un flusso di mobilità sostenuto, in
quanto è generalmente ritenuto vero che ad una maggiore libertà di circolazione
corrispondano maggiori benefici per l’economia. Ma maggiore mobilità richiede anche
controlli più efficaci, fino all’estremo limite del totale controllo dei movimenti degli individui
al fine di avere gli strumenti per valutare opportunamente ogni rischio, pericolo e minaccia. È
per questo motivo che la retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà
e sicurezza ha preso piede, come se libertà e sicurezza fossero gli unici due valori degni di
valutazione.
In Europa, l’avvio del programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole
importanza in tale direzione41. La precedente agenda di Tampere presentava un ampio
programma, cosmopolita, in cui i diritti, compresi quelli degli immigrati, dei richiedenti asilo
e dei cittadini di Paesi terzi, acquistavano un’inaspettata prominenza. Il cambio di registro con
l’Aia è evidente: l’obiettivo è quello di creare “un’Europa che protegge”. La sicurezza diventa
l’aspetto cruciale, prioritaria rispetto alla libertà42. Il documento approvato dal Consiglio
raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce da combattere, ovvero il terrorismo, il
crimine transfrontaliero e la migrazione irregolare. In tutti questi casi le misure individuate
riguardano l’accentuata sorveglianza e il controllo della mobilità degli individui.
Il principio di sicurezza è stata selezionato perché adatto al fine di imporre limitazioni
alla libertà di circolazione. In questo ambito il concetto di rischio è diventato fondamentale.
La strategia europea prevede tecniche che operano su più livelli, a livello nazionale e
individuale. La stessa si estende nello spazio, presente non solo alla frontiera fisica ma perfino
all’estero, direttamente nel luogo di provenienza degli individui in movimento. L’Unione
prevede infatti la protezione del territorio comune per mezzo di interventi basati sulla
conoscenza dei rischi da mettere in atto nei luoghi in cui tali rischi possono essere presenti (ad
esempio alle frontiere esterne o direttamente in Paesi terzi), sulle attività a rischio (rischio
41
Per una trattazione approfondita cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34.
CfranchePARKES, The Stockholm Programme: more than just a five-year itch?, in The Federal Trust, 2009,
allapagina internet: http://www.fedtrust.co.uk/content.php?content_id=126&cat_id=6.
42
Cfr. BALZACQ, CARRERA, op.cit., pp.1-34. Alla lettura del testo del programma risulta evidente che al punto 1.
“Rafforzamento della libertà”, e non in quello intitolato “Rafforzamento della sicurezza”, sono inserite misure di
sicurezza quali l’instaurazione della gestione integrata delle frontiere esterne, delle politiche in materia di visti e
dell’interoperabilità dei database VIS, SIS II eEURODAC.
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migratorio), nei confronti delle categorie e degli individui a rischio (potenziali migranti,
overstayers43 o richiedenti asilo). La normativa prevede che le Sezioni Consolari, in
particolare gli Uffici Visti, delle Rappresentanze dei Paesi membri accreditate all’estero siano
responsabili della valutazione a livello individuale dei rischi 44. Secondo la disposizioni del
legislatore europeo, se un individuo con un’alta probabilità costituisce un rischio per gli Stati
Schengen, la sua mobilità deve essere ostacolata, negando lui l’accesso al territorio comune.
La metodologia definita dal sistema Schengen dei visti al fine di controllare la circolazione
delle persone presenta, per gli stranieri, opportunità differenziate per l’accesso all’area
Schengen. In un primo momento prevede l’accesso differenziato su base nazionale: per i
cittadini di alcuni Paesi del mondo l’accesso all’area comune non è condizionato
dall’ottenimento di un visto di ingresso, per i cittadini di altri Paesi del mondo invece il
possesso di un visto valido è condizione necessaria45 per l’accesso al territorio degli Stati
partner46. Si potrebbe pensare che i cittadini di alcuni Paesi del mondo siano considerati
benvenuti in Europa e che la loro mobilità sia stimata per definizione sicura, utile e benefica
per i partner Schengen e, in quanto tale, non meritevole di essere intralciata o semplicemente
rallentata da ostacoli sul percorso. In altri casi, la presenza di rischi non può essere esclusa in
partenza. È necessario dunque un secondo livello di analisi: tutti i cittadini di un secondo
gruppo di Paesi terzi saranno quindi obbligati ad avere un visto valido per recarsi alla
frontiera esterna dell’area Schengen. La strategia definita opera quindi una differenziazione su
base nazionale nel permettere la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni
Paesi le cui vite sono scandite da routines conformi alla regola accolta in Europa.
43
Si definiscono overstayers coloro che al termine di validità del visto non rientrano al Paese di origine ma
decidono di rimanere illegalmente nell’area Schengen o sul territorio dello Stato che ha rilasciato la prima
autorizzazione al viaggio.
44
Cfr. l’art. 21 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012.
45
Non è una condizione sufficiente perché il respingimento alla frontiera è sempre possibile anche se il cittadino
straniero è titolare di visto di ingresso valido, art. 13 del Regolamento N. 562/2006 del PE e del Consiglio del 15
marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte
delle persone (codice frontiere Schengen).
46
Più avanti, nel capitolo 1.4.2 della tesi, saranno discusse le liste definite dei Paesi terzi definite dalle istituzioni
comunitarie. Cfr. il Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi
terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e
l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(versione consolidata del 11.01.2011).
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All’opposto, nei confronti degli individui provenienti da tutti gli altri Paesi terzi sembra creare
un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni al fine di stabilire se essi,
singolarmente, sono degni di godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e
responsabile. L’obiettivo è quello di bloccare in anticipo coloro che sembrano non essere in
grado di farlo, frammentando così la popolazione tra coloro che hanno l’autorizzazione a
viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti a stare fermi. Nei loro confronti
la regola di valutazione pare essere quella del sospetto47. Il metodo definito per suddividere la
popolazione in queste due classi è l’analisi del rischio. Il rischio tuttavia è un concetto
probabilistico, indica la possibilità che un evento negativo si verifichi. Ma anche la possibilità
di errore è proporzionale alla dimensione dell’incertezza. Da qui deriva il problema
fondamentale dell’analisi del rischio applicata alla valutazione della (probabile) sicurezza
della mobilità degli individui: presupporrebbe la disponibilità totale di informazioni per
ridurre o annullare rischio ed errori. Richiede un incessante aumento della domanda di
sorveglianza e di moltiplicazione dei controlli, nonché, ove necessario, lo scambio di dati
utili.
I cambiamenti avvenuti dopo l’11 settembre 2001 non rappresentano una rottura col
passato. L’idea di messa in sicurezza della mobilità delle persone e l’associazione di
quest’ultima con crimine e terrorismo esistevano già prima. Tuttavia, dopo tale data, sia
nell’America settentrionale, sia in Europa, il nuovo clima di paura ha permesso la
giustificazione e l’accettazione di misure di sorveglianza e di prevenzione più severe ed
intrusive. Abbiamo assistito senza accorgercene ad un rapidissimo aumento dell’impiego di
nuove tecnologie applicate, separatamente ed in rete, alla gestione della mobilità delle
persone. Gli Stati e le Istituzioni europee si sono servite delle minacce globali e delle
derivanti paure per giustificare l’idea di un’“Europa più sicura”48, prioritaria spesso rispetto
all’“Europa della libera circolazione delle persone”.
47
Come già indicato precedentemente, non è condizione sufficiente perché al possesso di un visto valido non
corrisponde un diritto di ingresso, il respingimento alla frontiera rimane possibile.GUILD, BIGO, cit., 2003, p. 8295, Cap.4,Le visa: instrument de la mise à distance des “indésirables”.
48
Per approfondire cfr. il documento: (2005/C 53/01) CONSIGLIO, Programma dell’Aia: rafforzamento della
libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione Europea. Vedi in particolare il punto 2.4 Gestione delle crisi
all'interno dell’Unione europea con effetti transfrontalieri.
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La convinzione che le nuove tecnologie potessero essere impiegate con successo su
questo fronte ha influenzato energicamente le scelte dei Governi e delle Istituzioni europee49.
La produzione di documenti rispondenti a requisiti ad elevata sicurezza e contenenti
tecnologie a prova di contraffazione, la realizzazione di strumenti sofisticati per
l’identificazione degli individui, la digitalizzazione delle informazioni, la disponibilità di dati
e lo scambio di essi in tempo reale, l’istituzione di banche di dati sugli individui e la loro
interoperabilità sono diventati i precetti della nuova soluzione al dilemma tra libera
circolazione degli individui e sicurezza.
In un mondo in cui la mobilità e la velocità del movimento divengono valori di massimo
rilievo, le misure di sicurezza possono apparire ai singoli come intralci, ostacoli, cause di
attese ed inutili perdite di tempo. Non è così per quelle forme di controllo che non rallentano
il viaggio o che lo velocizzano, innovando rispetto ad altre forme di controllo usate in
passato50, oppure che risultano semplicemente impercettibili. La digitalizzazione, la
dematerializzazione rendono possibile l’invisibilità delle misure di sorveglianza: gli individui
si trovano nella condizione di non avvertire i controlli sul movimento, d’altro lato le autorità
coinvolte nel settore sono in grado di raccogliere, registrare e scambiare dati sugli individui in
quantità maggiori e a velocità incomparabili rispetto a quelle che sarebbero necessarie per
l’invio e la ricezione di corpi materiali.
I sistemi di sicurezza per essere efficaci non devono quindi intralciare i movimenti e
devono operare per quanto possibile inosservati. Gli obiettivi sono la sorveglianza attiva e la
capacità di effettuare interventi mirati per bloccare in tempo le mobilità a rischio,
identificando e fermando coloro che non rispettano le regole stabilite. Se la mobilità legale è
utile alla società e l’autonomia dei soggetti è il fondamento dell’agire umano, la sicurezza è
diventata l’unico correttivo impiegato nei discorsi delle istituzioni per controllare gli
individui. Secondo questa visione, il governo della libera circolazione si compie attraverso la
definizione dei comportamenti considerati responsabili e quelli che non lo sono, distinguendo
49
Cfr. GUILD, BIGO, op.cit, in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), cit., Leiden, 2010, pp. 257-280.
BIGO, Delivering liberty and security? The reframing of freedom when associated with security, in BIGO,
CARRERA, GUILD, WALKER (a cura di), Europe’s 21st Century Challenge. Delivering Liberty, Farnham, 2010,
pp. 263-288.
50
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così sottoinsiemi della popolazione in categorie distinte e soggette a loro volta a gradi di
regolazione e di controllo diversi. Nell’ambito dell’acquis di Schengen l’oggetto delle misure
di sicurezza sono i gruppi ritenuti non qualificati per l’autonomo esercizio della libera
circolazione, ossia i potenziali migranti illegali in senso stretto, coloro che rappresentano
rischi per la sicurezza e, ad un livello più ampio, tutti i cittadini di Paesi terzi che in base alla
loro cittadinanza sono soggetti all’obbligo del visto per l’ingresso nell’area Schengen. Le
principali misure adottate nei loro confronti prevedono la raccolta di dati e di informazioni
significative in relazione alla loro identità, alla loro situazione economica e sociale ed agli
obiettivi del loro ingresso nell’area Schengen. Sono previste in un secondo momento le analisi
del rischio migratorio ed alla sicurezza rappresentato dalle loro mobilità per mezzo del
confronto incrociato delle informazioni a disposizione. La Commissione prevede l’uso
estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse siano utilizzate in modo proporzionale al
raggiungimento degli obiettivi definiti51. Il fine è quello di documentare tali mobilità,
valutarne la legittimità, monitorarle in base ai dati disponibili e, se l’esito dei controlli è
negativo, prevenirne il movimento, quando possibile, oppure identificare coloro che hanno
abusato delle condizioni dettate dall’autorizzazione loro concessa ed allontanarli dall’area
Schengen.
Le strategie dell’analisi del rischio applicate alla circolazione delle persone possono
essere classificate, a scopo introduttivo e per chiarezza di analisi, in tre gruppi fondamentali:
le misure messe in atto prima dell’arrivo del cittadino straniero alla frontiera esterna dell’area
Schengen, quelle applicate all’arrivo alla frontiera esterna e infine quelle utilizzate in un
momento successivo al passaggio della frontiera. In tutti e tre casi è fondamentale il metodo
della raccolta di informazioni, di analisi dei rischi e di interoperabilità tra le informazioni
raccolte nelle tre fasi. Il primo gruppo include le attività dei Consolati dei Paesi Schengen
all’estero e degli ufficiali di collegamento, la politica dei visti, il sistema di sanzioni ai
vettori52, il secondo gruppo comprende i controlli relativi all’identità e alla sicurezza effettuati
51
COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in
border management in the European Union, Brussels, 2008.
52
Cfr. il contenuto della Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori
di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.
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dalle guardie doganali e di frontiera, l’ultimo gruppo prevede misure di sorveglianza, di
prevenzione e di polizia.
Strumenti nuovi sono subentrati nel tempo e si sono addizionati a quelli in uso in
precedenza. Il passaporto non è più ritenuto un mezzo sicuro e affidabile, sufficiente per
l’identificazione di un individuo. I passaporti rilasciati da certi Stati aprono letteralmente le
porte ad un gran numero di altri Paesi e la loro contraffazione e il loro mercato abusivo hanno
raggiunto nel tempo livelli elevati. Gli Stati hanno dunque preso accordi per rendere i
passaporti più difficili da riprodurre, sofisticandoli grazie all’introduzione di sistemi di lettura
ottica e di identificativi biometrici.
I passaporti sono stati presto affiancati dai visti. Questi possono essere rilasciati
solamente in favore di titolari di un passaporto valido e riconosciuto e completano la funzione
di identificazione svolta dal passaporto includendo dati anagrafici ed altre informazioni
significative. Tra i dati menzionati sui visti figurano spesso le condizioni dell’ingresso e del
soggiorno indispensabili al fine di determinare la legittimità della mobilità del titolare di tale
autorizzazione. Come i passaporti, anche i visti hanno subito un’evoluzione nel tempo in
direzione di una maggiore sofisticazione allo scopo di rendere più difficile l’imitazione.
Esattamente come per i permessi di soggiorno rilasciati in un momento successivo al
passaggio della frontiera esterna in favore di migranti di lungo periodo, gli Stati Schengen
hanno deciso di creare un formato unico di visto che includa identificativi biometrici tra cui
una foto ad alta definizione. Le informazioni riguardanti lo straniero che richiede il visto, le
indicazioni contenute sul visto stesso, la foto elettronica e i dati biometrici sono già
immagazzinati per i richiedenti di alcuni Paesi terzi53 nel Sistema d’Informazione Visti (VIS),
ossia la banca dati elettronica in corso di sviluppo che rende possibile l’accesso in tempo reale
ai dati in esso contenuti alle autorità competenti di tutti i Paesi europei che vi partecipano,
secondo profili di utenza prestabiliti. Il
VIS
archivia le informazioni di tutte le domande di
visto indipendentemente dal loro esito positivo o negativo. Grazie all’accessibilità in rete da
parte delle autorità statali competenti, siano esse locate nell’area Schengen, alla frontiera o
all’estero, il sistema rende effettivo un processo di identificazione integrato, disponibile
In merito all’inizio dell’attività del VIS, cfr. la Decisione della Commissione Europea del 30 novembre 2009
che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS).
53
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prima, durante e dopo il passaggio della frontiera esterna da parte del cittadino straniero,
attraverso il confronto tra i dati biometrici del corpo fisico di un individuo (foto ed impronte
digitali) e le informazioni contenute nei documenti in suo possesso con i dati registrati nella
banca dati.
La prima banca dati tecnologica creata nel quadro della Convenzione di Schengen,
attiva dal 1995, è il Sistema d’Informazione Schengen (SIS). L’architettura del sistema
prevede una banca dati centrale (C-SIS) situata a Strasburgo, collegata in rete con quelle
nazionali (N-SIS), ubicate nei Paesi che partecipano alla cooperazione, a loro volta
comunicanti con i terminali locali in uso secondo profili di utenza diversi presso le autorità
statali competenti. Il
SIS
è utilizzato per archiviare e condividere informazioni di interesse su
individui e oggetti al fine di preservare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, compresa la
sicurezza dello Stato e di assicurare l’applicazione nel territorio delle Parti contraenti delle
disposizioni sulla circolazione delle persone stabilite nella Convenzione di Applicazione
dell’Accordo di Schengen54. Le minacce a cui opporsi sono il crimine transnazionale, il
terrorismo e l’immigrazione clandestina. Oltre ai cinque Paesi partecipanti originari, si sono
aggiunti nel tempo alla cooperazione riguardante il
SIS
altri venti Paesi. Sebbene non abbiano
partecipato alla conclusione della Convenzione sopra citata, il Regno Unito e Irlanda hanno
optato per la loro inclusione alla cooperazione in merito al
SIS
in base ai termini stabiliti dal
Trattato di Amsterdam che ha incluso l’acquis di Schengen nel quadro dell’Unione Europea.
In virtù delle disposizioni ivi contenute, Regno Unito ed Irlanda, sebbene non vincolate,
hanno la facoltà di partecipare a tutte o a parte delle disposizioni riguardanti la Convenzione
di Schengen55. La logica di base del Sistema d’Informazione Schengen è quella
dell’interoperabilità del sistema e del reciproco accesso da parte delle autorità competenti dei
Cfr. il Titolo IV della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen relativo al Sistema
d’Informazione Schengen (SIS). L’art. 93 indica lo scopo del sistema.
55
Regno Unito e Irlanda usano al momento il SIS per motivi di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Non
utilizzano il SIS secondo le disposizioni dell’articolo 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di
Schengen perché non intendono rimuovere i controlli alle frontiere con il resto dell’Europa. Per approfondire cfr.
2000/365/CE. Decisione del Consiglio del 29 maggio 2000riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, nonché 2002/192/CE.
Decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002 riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune
disposizioni dell’acquis di Schengen.
54
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Paesi membri. Il
SIS
è regolarmente utilizzato con profili diversi da autorità di polizia e
consolari, di frontiera, delle dogane e dalle autorità giudiziarie.
La prima versione del
SIS
permetteva di registrare solo dati alfanumerici, tra cui nomi,
cognomi, soprannomi, data e luogo di nascita, sesso, nazionalità, caratteri fisici distintivi,
informazioni concernenti la pericolosità o al possesso di armi, le motivazioni dell’iscrizione
del dato nel SIS ed eventuale azioni da prendere. A causa della limitatezza dei dati inscrivibili
e delle opzioni a disposizione, ad esso è stato aggiunto
SIRENE56,
un sistema informatico
supplementare incrociato al SIS che permette lo scambio di informazioni complementari quali
fotografie o dati biometrici. I dati restano immagazzinati nel
SIS
ma SIRENE rende possibile lo
scambio di dati aggiuntivi come ad esempio informazioni di intelligence relative al crimine. È
possibile inserire i dati nel
SIS
per le seguenti categorie di persone: persone ricercate per
l’arresto ai fini dell’estradizione, stranieri segnalati ai fini della non ammissione nell’Area
Schengen, persone scomparse, minorenni o persone con problemi psichici che, ai fini della
loro tutela o per prevenire minacce nei loro confronti, devono essere provvisoriamente poste
sotto protezione, testimoni o persone citate a comparire dinanzi all’autorità giudiziaria
nell’ambito di un procedimento penale, nonché persone alle quali deve essere notificata una
sentenza penale o subire una pena privativa della libertà. Possono essere inseriti anche dati su
oggetti, ad esempio su documenti d’identità o veicoli persi o rubati. La voce per la quale sono
presenti più dati è quella che riguarda i migranti irregolari57, ovvero le persone non gradite per
le quali deve essere rifiutato l’accesso all’area Schengen. Data la sistematicità
dell’interpellazione del sistema durante la fase di controllo dei documenti prima del rilascio di
un visto o alla frontiera, il SIS rappresenta uno strumento di grande impatto nel controllo della
mobilità dei cittadini stranieri. I dati sono tuttavia inseriti in maniera difforme in base agli
standard nazionali58. Tale difformità nell’inserimento dei dati è palese soprattutto quando si
confronta il numero di inserimenti di Paesi quali Germania, Francia, e Italia, iperattivi, o, al
Supplément d’information requis a l’entrée nationale. Da notare che di tale sistema informatico non c’è
menzione nella Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen. Cfr. la successiva Decisione del
Consiglio del 14 ottobre 2002relativa alla declassificazione di talune parti del manuale Sirene adottato dal
Comitato esecutivo istituito dalla convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985.
57
Ex. art. 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.
58
Per approfondire cfr. il cap. 3.1 tesi.
56
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contrario, dei Paesi nordici o del Portogallo che ritengono che l’inscrizione nel SIS debba
avvenire solo per crimini e delitti significativi59. Il primo gruppo di Paesi utilizza dunque il
SIS
come uno strumento chiave per impedire la mobilità in ingresso dei cittadini stranieri a
loro non graditi anche qualora essi si presentino all’Ufficio Consolare o alla frontiera di un
Paese del secondo gruppo. Il
SIS
diventa per così dire uno strumento per obbligare gli altri
Paesi dell’area Schengen a fare la guardia ai propri indesiderati.
Il sistema SIS è del tipo “hit/no hit”, vale a dire nel momento in cui un’autorità si rivolge
al sistema per verificare se un individuo è registrato in esso, esso risponde in maniera
affermativa o negativa: produce una cosiddetta “hit” se il nominativo dell’individuo è
presente nel database. Anche nel caso di “hit”, non tutte le informazioni sono direttamente
accessibili, in dipendenza dal profilo d’utenza dell’operatore il sistema risponde solitamente
con un comando60.
L’ottica della sorveglianza e della valutazione del rischio si allontana quindi dai corpi
concreti per focalizzare l’attenzione sui flussi di dati e sulle correlazioni tra di essi. Se i dati
raccolti sono accurati e sono assenti errori od omonimie, dovrebbero sussistere le
corrispondenze biunivoche tra corpo fisico e dato archiviato e da questo al corpo fisico se
necessario. I dati immateriali sono estremamente maneggevoli e trasferibili in tempo reale. La
gestione di tale flusso di dati, nonché l’osservazione di correlazioni e corrispondenze potrebbe
dunque permettere alle autorità di individuare e conoscere alcune regolarità del mondo reale,
facilitando quindi la valutazione di rischi e la previsione di alcuni tipi di comportamenti di
certe categorie di individui.
Il limite più evidente del
SIS
è la limitatezza della tipologia dei dati archiviabili. Per
risolvere questo problema è stato creato
SIRENE
ed è in corso di definizione una seconda
Per quantoriguardal’iscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di
Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA
PROTECTION SECRETARIAT JOINT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of
the recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels,
2010, nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, Activity Report – December 2005 – December
2008.
60
BROEDERS, Tracing, identifying and sorting. The role of EU migration databases in the internal control on
irregular migrants, in FASSMANN, HALLER, STUART LANE, (a cura di), Migration and mobility in Europe.
Trends, patterns and control, Cheltenham, 2009, pp. 249-271.
59
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versione del sistema, denominata
SISII,
che sarà in grado di registrare anche indicativi
biometrici61 e che sarà completamente operativa nel 201362.
Il SIS inoltre permette di inscrivere solamente i dati di persone per le quali le autorità dei
Paesi Membri hanno già verificato i rischi. Quindi, con riferimento a cittadini stranieri esso
include sostanzialmente solo coloro che sono già stati sul territorio dei Paesi Schengen e dei
quali è stata appresa dalle autorità la condizione illegale o la notizia di reati commessi. È per
questo motivo che l’Unione ha deciso di sviluppare altri database più sofisticati capaci di
registrare non solo dati alfanumerici ma anche altre informazioni, tra cui foto e dati
biometrici, riguardanti tutti i cittadini stranieri in movimento verso il territorio Schengen
indipendentemente dalla loro carriera migratoria63:
EURODAC64,
già attivo, registra i dati di
cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo o fermati in relazione all’attraversamento irregolare
della frontiera esterna; il Sistema d’informazione Visti (VIS)65, archivia i dati riguardanti tutte
le domande di visto presentate presso tutti i Consolati dei Paesi membri.
Questa proliferazione di banche dati elettroniche dimostra come le istanze relative al
controllo e messa in sicurezza della mobilità degli individui creino una spirale senza fine in
risposta alla domanda insaziabile di informazioni per l’analisi e la valutazione dei rischi. Il
In merito allo stato dei lavori sull’istituzione del SIS II è possibile consultare il sito eurlex alla pagina:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0334:FIN:IT:PDF.
62
Cfr. Decisione 2009/724/GAI della Commissione del 17 settembre 2009 che fissa la data di completamento
della migrazione dal sistema d'informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d'informazione Schengen di seconda
generazione (SIS II); Decisione 2008/839/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008sulla migrazione dal sistema
d’informazione Schengen (SIS 1+) al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).
Vedi anche le informazioni disponibili sul sito della Commissione Europea Direzione Generale Affari Interni in:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/borders-and-visas/schengen-informationsystem/index_en.htm.
63
Il concetto carriera migratoria indica la sequenza dei passi, ognuno dei quali è marcato da eventi definiti come
significanti nella struttura delle narrative degli attori e riconosciuti pubblicamente come tali da vari gruppi di
ascoltatori. La nozione di carriera migratoria è particolarmente utile per analizzare i processi dinamici della
migrazione irregolare internazionale. Per unatrattazioneapprofondita di questitemicfr. CVAJNER, SCIORTINO, A
tale of networks and policies: prolegomena to an analysis of irregular migration careers and their
developmental path, in Population, Space and Place, Wiley Online Library, 2010. Il testo è disponibile alla
pagina internet: http://ccs.research.yale.edu/documents/public/PubsAndRes/Faculty/Cvajner_ Sciortino_
policy_networks.pdf.
64
Il sistema Eurodac è stato istituito per mezzo del Regolamento n. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre
2000che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della
convenzione di Dublino.
65
Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è stato istituito per mezzo della Decisione del Consiglio dell’8 giugno
2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (2004/512/CE).
61
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metodo neoliberale di governo della sicurezza è diventato dipendente dall’idea secondo cui la
gestione di grandi flussi di informazioni dettagliate e accurate sugli individui per mezzo di
sistemi tecnologici permetta l’individuazione delle persone a rischio e la capacità di adozione
in tempo utile di misure di prevenzione adeguate66 in grado di bloccare le mobilità non
conformi alla regola convenuta. In questo senso risultano indispensabili le modalità di
raccolta dei dati, l’osservazione di correlazioni e regolarità, la creazione di statistiche efficaci,
unite alla realizzazione di profili di individui a rischio grazie al contributo di sapere umano
poliziesco, di cognizioni psicologiche e sociologiche e di conoscenze specifiche relative alla
situazione interna locale di Paesi terzi. Oltre a problemi di efficacia ed alla possibilità di errori
nella selezione su base individuale degli individui da ammettere sul territorio comune, è
necessario ripetere che l’analisi del rischio è un concetto che si basa sulla valutazione della
probabilità e che quindi include in sé incertezza e margini di errore. Inoltre,
l’implementazione di politiche di selezione e di controllo della mobilità delle persone secondo
questo metodo comporta problematiche di difficile soluzione in riferimento al grado di
arbitrarietà delle scelte effettuate dalle autorità competenti e in relazione alla legittimità stessa
di tali politiche67. Resta un compito impossibile quello di definire senza margine di errore che
ad un rischio elevato, calcolato su un numero elevato di correlazioni verificate in passato,
corrisponda ora, a livello di scelta su base individuale, una certezza del verificarsi di un
comportamento. L’eccezione resta sempre possibile: è certamente possibile che un individuo,
richiedente un visto, dotato di mezzi finanziari sotto alla media, proveniente da una zona
considerata a rischio migratorio, senza un lavoro stabile e senza legami sociali stretti nel
luogo di origine, decida di spendere tutti i suoi risparmi per comprare un biglietto aereo e
recarsi da un amico in Europa per visitare alcune città celebri e, senza nutrire alcun desiderio
di immigrare illegalmente, faccia rientro, felice, nel suo luogo natale. Un rischio
estremamente elevato non implica deterministicamente una relazione di causa-effetto. Scelte
66
Cfr. BIGO, op. cit., JAFFRELOT, LEQUESNE (a cura di), op. cit., Paris, 2009. 165-176. Testo disponibile alla
pagina internet:
www.didierbigo.com/documents/ControleMigratoireEtLibreCirculationEurope.pdf.
67
Per approfondire cfr. § 6 e 7 del presente lavoro.
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basate sul rischio contengono margini di errore e, in definitiva, sono macchiate dal dubbio e
dal sospetto.
4.
Uno sguardo alla politica europea dei visti: quadro normativo e
strumenti giuridici
Il visto è uno strumento tecnico che rende possibile una più efficace individuazione e
selezione dei cittadini stranieri ai fini del controllo e dell’incanalamento delle loro mobilità.
Allegato ad un titolo di viaggio valido e riconosciuto, il visto rappresenta un’innovazione
rispetto all’uso del passaporto, impiegato prima allo stesso scopo, poiché il visto regola la
possibilità di spostamento in maniera molto più precisa e dettagliata indicando limiti
temporali, modalità e finalità del movimento. A differenza del passaporto, il visto è rilasciato
dalle autorità competenti dello Stato di transito o di destinazione e non dalle autorità dello
Stato di cui il cittadino straniero è originario.
La nozione di visto nel diritto europeo non è semplice. Il Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea, agli artt. 77 e 79 al Capo 2 del Titolo V Spazio di Libertà, Sicurezza e
Giustizia, menziona una prima suddivisione tra visti di breve durata e di lunga durata. Il visto,
secondo le disposizioni del legislatore europeo, è l’autorizzazione rilasciata da uno Stato
membro necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati
membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo
ingresso, oppure ai fini del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati
membri68. Dal punto di vista della validità territoriale, i visti sono classificati in “visto
uniforme”, valido cioè nell’intero territorio degli Stati membri e non membri dell’Unione che
partecipano alla cooperazione di Schengen69, “visto con validità territoriale limitata”, valido
cioè per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti, e infine “visto di transito
Cfr. l’art.2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), versione consolidata del 20 marzo 2012.
69
In realtà valido solo nell’area Schengen, porzione del territorio degli Stati Schengen. Con quest’ultima
espressione di indicano i Paesi membri dell’Unione Europea e non che cooperano nel quadro definito dall’acquis
di Schengen. Invece di “Stati Schengen” verrà utilizzata più avanti la dicitura “Stati membri” nonostante la
possibile ambiguità perché la non partecipazione alla cooperazione di Schengen da parte di Stati membri
dell’Unione e la partecipazione ad essa di Paesi non membri dell’Unione possono essere considerate le
eccezioni.
68
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aeroportuale”70, valido solo per il transito nelle zone internazionali di uno o più aeroporti
degli Stati Schengen e che non prevede il passaggio attraverso i controlli della frontiera
esterna e l’ingresso nell’area Schengen. La nozione di visto Schengen uniforme individua
solamente un sottoinsieme della più ampia casistica di visti che permettono l’ingresso sul
territorio dell’Unione Europea. Per “visto adesivo” il legislatore europeo indica il formato
uniforme per i visti quale definito dal regolamento n. 1683 del 1995 che istituisce un modello
uniforme per i visti71. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio, in seguito alla proposta
della Commissione e visto il parere del Parlamento europeo, sulla base giuridica dell’articolo
100 C del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tale modello uniforme può essere
utilizzato dagli Stati Schengen sia per il rilascio del cosiddetto visto Schengen uniforme72 e di
visti di transito73 e di transito aeroportuale74, sia per altri fini diversi75, ad indicare tutti i casi
di visti di ingresso nazionali di lunga durata superiori a novanta giorni, rilasciati secondo le
disposizioni dei singoli Paesi76.
Il visto adesivo, che già secondo il modello previsto nel 1995 conteneva elementi che ne
impedissero la falsificazione, è stato modificato a più riprese per ragioni pratiche di sicurezza.
Tra le modifiche più importanti rispetto alla prima versione del visto uniforme è opportuno
menzionare l’introduzione nel 2002 di una fotografia del richiedente rispondente ad elevati
Cfr. l’art. 3 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
71
Per approfondire vedi: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995R1683:IT:NOT e i
collegamenti ivi disponibili. L’ultima versione consolidata del regolamento è disponibile alla pagina internet:
eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1995R1683:20080922:IT:PDF.
72
Visto tipo C: per l’ingresso e il soggiorno di breve durata, fino a 90 giorni, con uno o più ingressi. Cfr. anche
art. 62 par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
73
Vistotipo B: transito, è stato abolito di seguito all’entrata in vigore del Regolamento ( UE) n. 265/2010 del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 marzo 2010. Nei casi di transito viene rilasciato ora visto di tipo C.
74
Visto tipo A: transito aeroportuale.
75
Cfr. art. 7 del regolamento n.1683/95 del Consiglio, relativo al caso di rilascio di visto nazionale, cioè visto
tipo D, che individua tutti i casidi ingresso e di soggiorno di lunga durata superiori a 90 giorni e l’esercizio del
diritto di libera circolazione nei Paesi Schengen diversi da quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi,
nei limiti definiti dal legislatore europeo. Il modello è utilizzato anche da Regno Unito e Irlanda che partecipano
solo ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen e da Cipro, Bulgaria e Romania che non sono ancora
membri a tutti gli effetti della cooperazione di Schengen.
76
Anche i visti nazionali D di lunga durata permettono l’esercizio del diritto di libera circolazione negli altri
Paesi Schengen, oltre a quello che ha rilasciato il visto, per uno o più ingressi, nei limiti definiti dal legislatore
europeo. Cfr. al proposito il regolamento n. 265 del 2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 marzo
2010 che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e il regolamento n. 562 del 2006 per
quanto riguarda la circolazione dei titolari di visto per soggiorni di lunga durata.
70
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requisiti di sicurezza al fine di mettere in relazione univoca l’etichetta del visto all’identità del
titolare del documento di viaggio.
Il visto uniforme non è un’entità unica. Secondo il criterio del numero di ingressi, esso
può essere classificato in visto uniforme a uno, due o molteplici ingressi77, in quest’ultimo
caso può avere un periodo di validità massimo di cinque anni 78 e può essere rilasciato al fine
di ridurre gli oneri amministrativi dei consolati degli Stati membri e agevolare lo spostamento
rapido di chi viaggia frequentemente o regolarmente. Il visto uniforme prevede il pagamento
da parte dei richiedenti79 di diritti pari a 60 euro, indipendentemente dalla nazionalità e dal
Paese membro di destinazione, salvi i casi particolari di minori tra i sei e i dodici anni per i
quali i diritti per i visti ammontano a 35 euro, di minori di sei anni, studenti e familiari di
cittadini europei80 ai quali viene rilasciato gratuitamente o in tutti gli altri casi stabiliti dal
legislatore, in sede di Cooperazione locale Schengen oppure in virtù di accordi di facilitazione
tra l’Unione ed un Paese terzo. Secondo il criterio della finalità del viaggio, i visti uniformi
possono essere classificati in maniera non esaustiva in visti rilasciati per motivi di affari, di
studio o di formazione, per viaggi turistici o privati, per manifestazioni politiche, scientifiche,
culturali, sportive, religiose o per altre ragioni, per viaggi di membri di delegazioni ufficiali
che, su invito ufficiale indirizzato al governo del paese terzo interessato, partecipano a
riunioni, consultazioni, negoziati o programmi di scambio ovvero a eventi organizzati nel
territorio di uno Stato membro da organizzazioni intergovernative o, infine, per viaggi per
motivi di salute81.
Si può notare da questo breve excursus sulle tipologie di visto che la nozione stessa di
visto è estremamente complessa. Le categorie sono state definite dal legislatore europeo per
Cfr. l’art. 24, par. 1 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
78
Cfr. l’art. 24, par. 1 e 2 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
79
Cfr. l’art. 16 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009
cheistituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
80
Cfr. anche l’art. 5 della Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004
relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri.
81
Cfr. il regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un
codice comunitario dei visti (codice dei visti), in particolare l’Allegato II relativo all’elenco non esaustivo di
documenti giustificativi per le finalità del viaggio.
77
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individuare e classificare in modo stabile e univoco le mobilità dei cittadini di Paesi terzi.
Virtualmente possono esistere tante tipologie quanti sono gli individui in movimento82. Oltre
alle tipologie pure individuate dal legislatore (affari, turismo ecc.), le mobilità possono essere
multiple e dislocarsi sul territorio di più Stati Schengen: un individuo richiedente il visto può
recarsi in un Paese europeo per visitare ad esempio partner commerciali, cogliendo allo stesso
tempo l’occasione per incontrare alcuni amici in un contesto territoriale diverso in un altro
Stato, visitare alcune città famose e, data la disponibilità di strutture in una determinata
località di un terzo Stato dell’area Schengen, sottoporsi ad un breve ciclo di cure termali.
Questa eventualità di mobilità complesse ha stimolato il legislatore europeo ha introdurre per
necessità pratiche due ulteriori concetti, quelli di “scopo principale del viaggio” e di
“competenza per l’esame della domanda di visto”83. Esistono altre disposizioni pratiche
definite dal legislatore al fine di introdurre margini di flessibilità nel caso di variazioni del
piano di viaggio dovute ad eventi non prevedibili al momento della presentazione della
domanda di visto: in tali termini andrebbe letta, per esempio, la previsione dell’aggiunta di
una franchigia supplementare di quindici giorni al periodo di validità del visto84.
Il visto, in quanto strumento tecnico in forma di vignetta applicabile ad un titolo di
viaggio, è diventato il mezzo privilegiato per effettuare il controllo in anticipo degli stranieri
prima che essi intraprendano il viaggio per arrivare alla frontiera esterna. Esso rappresenta
una condizione necessaria per l’accesso all’area Schengen, in base alla cittadinanza, per tutti i
cittadini dei Paesi terzi per cui l’Unione definisce l’obbligo di essere in possesso di un visto
valido all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne85. Ciò non significa che alla
frontiera esterna non vengano effettuati controlli: il visto non rappresenta un diritto di
ingresso sul territorio, il rifiuto all’ingresso è possibile anche se il cittadino straniero è in
82
Per approfondire cfr. Capitolo 1.1.3 della presente tesi.
Cfr. le disposizioni del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) e del regolamento n. 767/2008 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 9 luglio 2008concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati
membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS).
84
Cfr. art. 24del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
85
Cfr. il regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui
cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei
paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, e successive modifiche.
83
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possesso di un visto valido86. L’innovazione del visto è stata possibile in quanto ha
determinato un vantaggio rispetto al sistema di controllo precedente: esso comporta una
strategia più efficace per la gestione delle frontiere, permettendo allo Stato di destinazione di
esercitare un controllo a priori su chi, tra i richiedenti cittadini di Paesi terzi, può godere del
diritto alla libera circolazione sul territorio comune secondo le regole definite dal legislatore.
Il visto è rilasciato in base a determinate procedure all’avvenuta approvazione della domanda
di visto, del documento di viaggio, dei documenti di supporto e in certi casi in seguito ad un
colloquio con il richiedente. Il rilascio di un visto Schengen uniforme da parte delle autorità di
uno Stato può essere letto come un segno di fiducia nei confronti di un richiedente, nonché
della sua capacità di esercitare in maniera responsabile la propria autonomia in relazione alla
libertà di movimento, qualora egli non sia considerato a rischio di immigrazione illegale e
qualora non sia ritenuto costituire un rischio per la sicurezza degli Stati membri. Tuttavia,
dato che il visto è un documento individuale rilasciato sulla base della fiducia, rimane intatta
la necessità permanente di effettuare controlli e monitorare coloro ai quali è stato concesso il
visto al fine di identificare coloro che, non degni di tale segno di fiducia, decidono di violare
le condizioni del visto e migrare facendo perdere le proprie tracce. In caso di mancanza dei
requisiti richiesti o di fiducia nella buonafede dei richiedenti, il legislatore prevede la
possibilità per le autorità competenti dello Stato membro dislocate nel Paese terzo di rifiutare
il visto, notificando per iscritto le motivazioni87 e bloccando così nel Paese di origine le
aspirazioni al viaggio di coloro che sono ritenuti “a rischio”.
Il visto Schengen uniforme permette soggiorni per periodi non superiori a tre mesi,
continuativi o meno, nell’arco di un semestre autorizzando l’individuo in possesso di un visto
valido a circolare liberamente su tutto il territorio dell’area Schengen senza controlli
supplementari alle frontiere interne degli Stati membri. Perchè questo sia possibile è
presupposto il riconoscimento incrociato della validità e della legalità dei visti di breve durata
rilasciati dagli altri Stati membri. Ciò implica la fiducia reciproca tra i Paesi che cooperano
Cfr. l’art. 13 del regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce
un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, nonché
l’Allegato V Parte A e Parte B.
87
Cfr. l’art. 32 del regolamento n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che
istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
86
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all’acquis e soprattutto la confidenza nelle rispettive capacità amministrative di effettuare
controlli efficaci per la selezione degli individui a cui concedere l’autorizzazione all’accesso
sul territorio comune secondo le procedure comuni. Il sistema di rilascio dei visti dovrebbe
garantire che nessun cittadino di Paese terzo che avesse l’intenzione di migrare illegalmente o
che potesse costituire un rischio alla sicurezza per uno degli Stati membri possa fare ingresso
nell’area Schengen.
Oltre al suo aspetto tecnico, la decisione sul rilascio o meno dell’autorizzazione
all’arrivo alla frontiera esterna dello spazio comune nei confronti di cittadini di Paesi terzi
contiene implicitamente conseguenze politiche. Sia il rilascio, sia il diniego di un visto,
generalizzati, nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, può contenere
implicazioni politiche o diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati.
Ad esempio, il rilascio di un visto ad un opponentepolitico che cerca rifugio può essere letto
dal governo dello Stato terzo come un segno di inimicizia. Tuttavia, nel caso del regime di
Schengen, le implicazioni politiche più importanti in materia di visti sono da leggere in
direzione opposta. Esse riguardano in particolare la creazione di un formato uniforme di visto
e la standardizzazione delle regole a fondamento del regime dei visti di breve durata: ciò ha
implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei governi degli Stati membri
e, all’esterno, ha avuto un fortissimo impatto sulle relazioni internazionali, conferendo una
forte visibilità all’Unione Europea. L’uso di un formato di visto uniforme da parte di tutti i
Paesi e per tutte le diverse tipologie di visto, compresi i visti nazionali di tipo D, può avere
anche dato origine a confusione ed incomprensioni per la generalità dei cittadini di Paesi terzi,
ma ha permesso di creare un immaginario vivido di “Europa Unita”, occultando ai più le
differenze tra il territorio dell’Unione e quello dell’area Schengen. L’Unione ha così mostrato
all’estero un livello di convergenza tale da essere percepita come un sovra-Stato anteposto e
superiore di importanza rispetto ai celebri Stati membri. Ciò nonostante, dal punto di vista
giuridico, il visto Schengen uniforme resta un visto nazionale nel senso che non è rilasciato
dalle rappresentanze comunitarie dislocate nei Paesi terzi: sono le amministrazioni nazionali
dipendenti dai Ministeri degli Affari Esteri degli Stati membri, i Consolati, ad essere
competenti per l’esame delle domande di visto e per il rilascio o il diniego dei visti. Oltre a
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ciò, competenti per gli eventuali ricorsi in caso di diniego del visto sono i tribunali nazionali.
Il visto uniforme è perciò un visto rilasciato da uno degli Stati membri e che permette la
possibilità di ingresso negli altri Paesi membri. Le autorità competenti dei controlli alla
frontiera esterna, sia essa quella dello stesso Stato che ha rilasciato il visto o di un altro Stato,
valutano le condizioni e la legittimità dell’accesso all’area Schengen dello straniero e, se non
sono raggiunti i requisiti richiesti, possono decidere di negare l’ingresso. A discapito quindi
della forte visibilità acquisita dall’Unione grazie allo strumento del visto uniforme, le
decisioni fondamentali sul rilascio dei visti e sul controllo delle persone in movimento verso e
dall’Unione restano di competenza degli Stati membri. Per questo motivo, differenze
interpretative delle politiche comuni da parte dei governi centrali degli Stati membri oppure
concezioni diverse sulle modalità di gestione e di utilizzo degli strumenti previsti dalle
istituzioni dell’Unione, a cui spetta il compito di sorvegliare e armonizzare le differenti
posizioni nazionali, rendono possibili differenze di applicazione da parte degli Stati.
I flussi migratori sono fenomeni intimamente connessi alla natura umana. Durante il
presente periodo storico, nonostante la crisi economica che dal 2008 ha colpito anche i Paesi
dell’Unione Europea, alcuni dei quali sono tuttora in fase di recessione88, il tasso netto di
migrazione resta positivo nella maggioranza di essi89.
Come abbiamo sottolineato nella prima parte di questo paragrafo, il regime Schengen
dei visti regola solamente alcune tipologie di mobilità, ovvero quelle di breve durata fino ad
un massimo di novanta giorni al semestre e solamente per i cittadini dei Paesi terzi elencati
nelle liste comuni. La politica comune dei visti non regola la materia dei visti di lunga durata:
la definizione delle politiche sull’immigrazione, attraverso la definizione di quote all’ingresso
per cittadini di Paesi terzi, resta di competenza dei Paesi membri. Il sistema Schengen dei
visti prevede che chiunque entri nell’area Schengen con un visto uniforme valido esca dal
territorio comune entro i limiti di validità stabiliti dall’autorizzazione di cui è in possesso.
Uno dei fondamenti della politica, nell’ottica della lotta all’immigrazione illegale enunciata
88
Vedi il sito del Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook Update, 16 luglio 2013, in:
http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2012/update/02/index.htm, ultimo accesso 03 agosto 2013.
89
Vedi il sito di Eurostat, Population and populationchangestatistics, ultimo accesso 03 agosto 2013. In:
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Population_and_population_change_statistics
.
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tra i criteri utilizzati per la formulazione degli elenchi comuni dei Paesi terzi, è l’obbligo della
valutazione del rischio migratorio del richiedente. Il sistema creato dal legislatore europeo in
materia di visti di breve durata regola solamente le fasi di accettazione, di esame e di
decisione sulle domande di visto: alle Rappresentanze consolari spetta il compito di verificare
l’identità dei richiedenti e dividere coloro ai quali può essere concessa l’autorizzazione al
viaggio verso l’area Schengen, definendo dettagliatamente le condizioni di viaggio attraverso
la compilazione della vignetta del visto uniforme rilasciato in loro favore, da coloro a cui deve
essere negata questa possibilità a causa della probabilità che il rischio migratorio o altri rischi
relativi all’ordine pubblico e alla sicurezza dei Paesi membri si materializzino. La valutazione
del rischio migratorio, così come l’analisi dell’autenticità e della validità dei documenti
giustificativi spetta alla Rappresentanza consolare che riceve la domanda di visto, supportata
opportunamente dallo scambio di informazioni e conoscenze in sede di Cooperazione
consolare locale. La valutazione del rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale
delle Parti contraenti deve essere effettuata attraverso la consultazione degli schedari delle
persone non ammissibili tramite il SIS e attraverso la comunicazione con le autorità centrali e,
se del caso, con le autorità centrali di altri Paesi membri per i cittadini dei Paesi terzi per i
quali è richiesta la procedura di consultazione. Il regime Schengen dei visti di breve durata
regola dunque solamente la fase di controllo e valutazione che avviene prima del movimento
verso l’Unione da parte del cittadino straniero: le operazioni si concludono all’esterno
dell’area Schengen, solitamente nello Stato ove il richiedente abitualmente risiede. Sebbene il
visto determini le condizioni e la durata della mobilità autorizzata, esso rappresenta solo una
condizione necessaria e non sufficiente all’accesso all’area Schengen.
Per regolamentare la mobilità dei cittadini stranieri ai quali è richiesto l’obbligo del
visto per i soggiorni di breve durata nell’area comune senza frontiere interne tra i Paesi
membri, il legislatore europeo ha definito altri strumenti che assieme alla politica comune dei
visti concorrono a delineare le modalità e i vincoli legali per la circolazione dei cittadini
stranieri prima dell’arrivo alla frontiera esterna, attraverso essa e dopo il suo attraversamento
in relazione all’esercizio della circolazione all’interno dell’area comune. In ordine inverso,
partendo dall’interno dell’area Schengen e muovendosi verso l’esterno, il legislatore
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comunitario ha previsto nei Trattati fondativi e nell’acquis di Schengen le norme
fondamentali che regolano la circolazione delle persone nella porzione interiore dell’area
comune, le misure di sicurezza e le modalità di adesione degli Stati europei alla cooperazione
di Schengen. Il legislatore ha definito in secondo luogo le modalità per l’attraversamento delle
frontiere esterne. In questo ambito sono di fondamentale importanza il Codice delle frontiere
esterne di Schengen90, il regolamento n. 1931 del 2006 del Parlamento Europeo e del
Consiglio che stabilisce norme sul traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne
degli Stati membri91, la decisione del Consiglio del 2010 che integra il codice frontiere
Schengen per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne92, l’istituzione
di un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne
(FRONTEX)93, la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere94, nonché le proposte
della Commissione per l’istituzione di un Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere
(EUROSUR)95, per l’introduzione di sistemi di facilitazione nell’attraversamento delle frontiere
per viaggiatori bona fide e per l’introduzione di un sistema di registrazione degli ingressi e
delle uscite (entry/exit system)96. L’Unione ha definito in terzo luogo strumenti per contrastare
l’immigrazione irregolare attraverso la direttiva concernente l’obbligo dei vettori, con relative
90
Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice
comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone.
91
Regolamento n. 1931 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006 che stabilisce norme sul
traffico frontaliero locale alle frontiere terrestri esterne degli Stati membri e che modifica le disposizioni della
convenzione Schengen.
92
Decisione del Consigliodel 26 aprile 2010che integra il codice frontiere Schengen per quanto riguarda la
sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata
dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri
dell’Unione europea.
93
Regolamento n. 2007del Consiglio del 26 ottobre 2004che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della
cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea.
94
Regolamento (CE) N. 863/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007che istituisce un
meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere e modifica il regolamento n.
2007/2004 del Consiglio limitatamente a tale meccanismo e disciplina i compiti e le competenze degli agenti
distaccati.
95
COM(2011) 873 final, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing
the European Border Surveillance System (EUROSUR), Brussels, 2011.
96
COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in
border management in the European Union, Brussels, 2008.
Al proposito cfr. anche gli studi di fattibilità sul sito della Commissione europea alla pagina:
(http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm).
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sanzioni, di comunicare i dati riguardanti le persone trasportate97 e sta sviluppando altri
strumenti per effettuare il controllo anticipato dei viaggiatori in arrivo alla frontiera esterna
dell’area comune: tra questi è possibile menzionare il Programma per viaggiatori registrati
(RegisteredTravelerProgramme) e un sistema elettronico di autorizzazione al viaggio (ESTA)98
basato sui modelli eVisitor australiano ed ESTAamericano. L’Unione, che utilizzerà a tal fine il
Fondo per le frontiere esterne e il Fondo asilo e migrazione99, avrà così la capacità di
estendere il controllo al di fuori dell’area Schengen sulle persone in movimento verso
l’Unione, sia per coloro che hanno già ottenuto un visto valido sia per coloro che non sono
soggetti a tale obbligo.
Oltre allo sviluppo della politica dei visti, delle modalità di gestione delle frontiere e
della circolazione nell’area Schengen, il legislatore europeo ha adottato provvedimenti per
regolare gli altri canali di ingresso dei cittadini stranieri nell’area Schengen, in particolare in
materia di immigrazione legale e di asilo100. In materia di immigrazione si può citare per
esempio la direttiva sulla “Carta blu
UE”
in materia di lavoro per personale altamente
specializzato101, la direttiva sul diritto al ricongiungimento familiare102, le direttive relative
all’ammissione di ricercatori103 e di studenti104.
Le istituzioni europee si sono dotate inoltre di strumenti per contrastare le cause e gli
effetti dell’immigrazione irregolare. Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato in tal
Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati
relativi alle persone trasportate.
98
COM(2008) 69 final, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the
European Economic and Social Committee and The Committee of the Regions Preparing the next steps in
border management in the European Union, Brussels, 2008.
Cfr. al proposito anche gli studi di fattibilitàsul sitodella Commissione europea alla pagina:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/policies/borders-and-visas/general/index_en.htm.
99
Per ulteriori informazioni cfr. il sito della Commissione europea “Press releasesrapid” alla pagina:
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/11/785&format=HTML&aged=0&language
=EN&guiLanguage=en.
100
Per una trattazione esaustiva dell’argomento cfr. BENEDETTI, Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati
nell’Ordinamento comunitario dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Padova, 2010.
101
Direttiva 2009/50/CE del Consiglio del 25 maggio 2009 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di
paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati.
102
Direttiva 2003/86/CE del Consigliodel 22 settembre 2003relativa al diritto al ricongiungimento familiare.
103
Direttiva 2005/71/CE del Consigliodel 12 ottobre 2005relativa a una procedura specificamente concepita per
l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica.
104
Direttiva 2004/114/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini
di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.
97
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senso alcune direttive per la definizione di sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che
impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e per la definizione di procedure
comuni per il rimpatrio di questi ultimi105, senza trascurare gli strumenti definiti negli accordi
internazionali sottoscritti con Paesi terzi in materia di riammissione. Tutti gli strumenti
dovrebbero essere coordinati dalla Commissione in base agli obiettivi fondamentali definiti in
materia di relazioni esterne dell’Unione nonché attraverso la cooperazione di polizia tra gli
Stati membri e le istituzioni comunitarie create per la prevenzione del terrorismo, del crimine
organizzato e del traffico di esseri umani.
L’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie dimostra un’estrema
complessità. Tale complessità dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi
utilizzati. Per gli atti legislativi più importanti le istituzioni comunitarie hanno previsto l’uso
di regolamenti, in virtù dell’obbligatorietà di tutti i loro elementi costitutivi e l’applicabilità
diretta negli Stati membri. Negli altri casi si sono servite di direttive che, essendo mezzi
normativi indiretti, implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la loro
trasposizione nel diritto nazionale. Quest’attività può offrire spazio a traduzioni non conformi
o ad errori capaci di deformare l’intenzione originaria del legislatore comunitario,
costringendo in seguito i giudici nazionali a chiedere indicazioni relative alla corretta
interpretazione del significato originario della direttiva alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea attraverso la procedura del rinvio pregiudiziale106. La complessità del sistema
dipende in secondo luogo dalla pluralità di Stati membri e dall’elevato numero di autorità
competenti che interviene nelle singole fasi dei processi. È proprio a causa della molteplicità
degli attori che si creano le condizioni per la diversità di interpretazioni e di applicazione della
normativa, nonché per difficoltà di comunicazione, creando le condizioni per l’esistenza di
falle nel sistema nelle quali possono insediarsi le violazioni più comuni.
La Commissione ha risposto al problema attraverso l’uso delle nuove tecnologie per la
creazione di database per la gestione delle frontiere, dell’ordine pubblico e dei flussi di
105
Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e
procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare.
106
Tale procedura prevista dai Trattati istitutivi consente ai giudici nazionali di ottenere dalla Corte l’esatta
interpretazione della norma che essi sono tenuti ad applicare. Per approfondire cfr. ZANGHÌ, op. cit., p. 430 ss..
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persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della condivisione delle informazioni. Al
Sistema d’Informazione Schengen (SIS) sarà sostituita una seconda versione capace di
interoperare con
EURODAC,
che nell’ambito della Convenzione di Dublino II raccoglie i dati
dei richiedenti asilo per evitare il problema dell’“asylum shopping”107, e con il Sistema
d’Informazione Visti (VIS), sviluppato in modo tale da raccogliere i dati relativi a tutte le
domande di visto presentate presso le Rappresentanze diplomatiche e consolari dei Paesi che
vi cooperano. Questi database, che archiviano anche dati biometrici dei cittadini stranieri,
foto e impronte digitali, saranno integrati e permetteranno di verificare con certezza l’identità
degli individui in passaggio attraverso la frontiera esterna per mezzo di un sistema di
riconoscimento biometrico automatico108. Secondo il programma della Commissione, i tre
sistemi saranno collegati al Sistema di ingresso-uscita (entry-exit system), che permetterà la
registrazione e l’archiviazione elettronica delle informazioni sull’attraversamento della
frontiera da parte dei cittadini stranieri, sia se possessori di visto, sia se esenti dall’obbligo del
visto, in una banca dati centralizzata che, in assenza di registrazioni relative all’uscita, potrà
generare notifiche alla scadenza dell’autorizzazione concessa al cittadino straniero per
rimanere nell’area Schengen. Per i cittadini stranieri non sottoposti all’obbligo del visto sarà
prevista la raccolta delle impronte digitali, se non già presenti nel database, per gli stranieri
dotati di visto sarà eseguita la verifica di corrispondenza con i dati presenti nel VIS. La verifica
dell’identità tramite questo sistema sarà eseguita anche all’uscita. Al fine di permettere
procedure di verifica semplificate in alcuni punti di frontiera, velocizzando così il processo, la
Commissione
ha
proposto
il
Programma
di
registrazione
dei
viaggiatori
(RegisteredtravelerProgramme) per coloro che sceglieranno volontariamente di registrare
preventivamente i propri dati biometrici secondo una procedura predefinita. Anche in questo
caso i dati biometrici del viaggiatore saranno confrontati con quelli presenti sui database.
107
Cfr. Regolamenton. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003che stabilisce i criteri e i meccanismi di
determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli
Stati membri da un cittadino di un paese terzo.
108
Le istituzioni comunitarie hanno previsto lo sviluppo del sistema BiometricMatching System (BMS). Vedi per
riferimento la relazionedellaCommissioneCOM(2011) 346 final, Report from the Commission to the European
Parliament and the Council on the development of the Visa Information System (VIS) in 2010 (submitted pursuant
to Article 6 of Council Decision 2004/512/EC), Brussels, 2011.
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Oltre allo sviluppo di questi strumenti, il Parlamento europeo e il Consiglio su iniziativa
della Commissione hanno istituito un’agenzia ad hoc per il controllo dei sistemi elettronici,
l’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi
IT
su larga scala109, responsabile della
gestione di SIS II, VISed EURODAC. Il Consiglio ha inoltre istituito, per mezzo di una decisione
in esecuzione delle disposizioni del trattato e di un regolamento, l’Ufficio europeo di polizia
(EUROPOL)110 e l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere
esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX)111. Nel caso di EUROPOL, il
Consiglio ha previsto la facoltà dell’ente di accedere ai dati archiviati nei database, nei limiti
di competenza per prevenire e combattere la criminalità e il terrorismo che interessano due o
più Stati membri112. L’agenzia FRONTEX è stata creata per migliorare la gestione integrata
delle frontiere esterne dell’Unione, coordinando e assistendo le attività degli Stati membri ed
effettuando analisi dei rischi.
Le Istituzioni europee sono ancora impegnate a creare questi nuovi sistemi informatici
di grandi dimensioni e a costituire nuove agenzie sovranazionali. Nell’ottica del programma
della Commissione per l’armonizzazione delle pratiche sul rilascio dei visti e sui controlli alle
frontiere esterne e per la maggiore convergenza delle legislazioni nazionali in materia, gli
strumenti indicati sopra permetteranno la raccolta di notevoli quantità di dati ed informazioni
sui cittadini stranieri in viaggio nell’area Schengen e, grazie all’interoperabilità dei database,
creeranno le condizioni per l’eventuale individuazione di correlazioni, di conseguenza,
secondo il progetto della Commissione, saranno possibili analisi sui rischi fondate su
presupposti più stabili. Secondo le previsioni del Piano d’azione per l’attuazione del
Regolamento n. 1077 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia
europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
110
Decisione del Consiglio del 6 aprile 2009 che istituisce l’Ufficio europeo di polizia
(EUROPOL).V.ancheVALVO, op. cit., pp. 364-367.
111
Regolamento n. 2007 del Consiglio del 26 ottobre 2004 che istituisce un’Agenzia europea per la gestione
della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX).
112
Per quanto riguarda l’accesso di EUROPOL al VIS, cfr. la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno
2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità
designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di
reati di terrorismo e altri reati gravi. Per quanto riguarda l’accesso al SIS cfr. le disposizioni del Regolamenton.
1986/2006 del Parlamento Europeoedel Consiglio del 20 dicembre 2006sull’accesso al sistema d’informazione
Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di
circolazione.
109
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Programma di Stoccolma, la Commissione dovrà effettuare nei prossimi anni regolari analisi
e valutazioni sullo sviluppo e sul funzionamento degli strumenti legislativi, tecnologici e
organizzativi messi a punto113. Grazie all’architettura di agenzie e strumenti di nuova
generazione creata, la Commissione sarà capace di raccogliere e gestire direttamente, e non
più attraverso la sola mediazione degli Stati membri, una notevole mole di dati sull’operato
delle autorità competenti degli Stati membri, potrà effettuare valutazioni sulla loro attività e,
al limite, compiere pressioni nei confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in
maniera difforme dal suo punto di vista. Questo modus operandi permetterà indubbiamente
una maggiore convergenza tra le attività degli Stati membri in materia di visti di breve durata
e il ruolo della Commissione ne uscirà ulteriormente rafforzato.
5.
Sviluppi recenti del sistema europei dei visti
Il Codice dei visti114, adottato il 13 luglio 2009, le cui disposizioni si applicano quasi
completamente dal 5 aprile 2010115 e successivamente modificato dal regolamento n. 977
della Commissione del 2011116, segna una svolta di fondamentale importanza nella storia del
sistema europeo dei visti. Esso tocca tutti gli argomenti basilari della materia e stabilisce le
condizioni e le procedure per il rilascio dei visti di breve durata e di transito attraverso i Paesi
membri dell’Unione Europea e dei Paesi associati che applicano pienamente l’acquis di
Schengen117. Restano obiettivi principali quelli indicati nei trattati e nel Programma dell’Aia
per lo sviluppo di una politica dei visti riguardante i soggiorni di durata non superiore a tre
mesi in conformità con le disposizioni del regolamento n. 539 del 2001 che adotta gli elenchi
Per approfondire cfr. il Piano d’azione COM(2010) 171 definitivo, Comunicazione della Commissione al
Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni,
Creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i cittadini europei Piano d’azione per l’attuazione del
programma di Stoccolma, Bruxelles, 2010, nonché gli allegati del documento.
114
Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice
comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20 marzo 2012.
115
Sono differite per esempio quelle relative al diniego dei visti e quelle relative all’uso del Sistema
d’Informazione dei Visti, cfr. l’art. 58del regolamento.
116
Cfr. il Regolamento (UE) n. 977/2011 della Commissione del 3 ottobre 2011che modifica il regolamento n.
810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti).
117
Per la posizione particolare della Danimarca cfr. il 31° considerando del regolamento. Per Islanda e Norvegia
cfr. invece il 32° e 33° considerando, per la Svizzera il 34°, per il Liechtenstein il 35°, per il Regno Unito il 36° e
per l’Irlanda il 37°.
113
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dei Paesi i cui cittadini devono essere o no in possesso del visto118: tale politica è
esplicitamente considerata parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i viaggi legittimi e
a combattere l’immigrazione clandestina tramite l’armonizzazione delle legislazioni e delle
prassi nazionali, attraverso la creazione di uno spazio in cui le persone possono circolare
liberamente, accompagnata da misure in materia di controlli alle frontiere esterne e
all’immigrazione. Il sistema pone l’accento sul rispetto della dignità umana nella modalità di
accoglienza dei richiedenti e di trattamento delle domande di visto, sulla qualità del servizio
offerto, sulla facilità all’accesso al Consolato competente, sulla trasparenza e la visibilità delle
informazioni rilevanti, prevede anche la possibilità di procedure semplificate per richiedenti
noti al consolato per integrità e affidabilità.
Il nuovo codice dei visti, adottato sottoforma di regolamento dal Parlamento Europeo e
del Consiglio su proposta della Commissione, obbligatorio in tutti i suoi elementi e
applicabile direttamente negli Stati membri, è composto da sei titoli e tredici allegati. Il
legislatore ha previsto inoltre la compilazione di istruzioni operative riguardanti
l’applicazione pratica delle disposizioni del regolamento secondo la procedura di comitato119:
la Commissione per mezzo di due decisioni ha creato due manuali, quello per il trattamento
delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati120 e quelloper l’organizzazione del
servizio visti e la Cooperazione locale Schengen121. Il codice dei visti abroga e sostituisce
l’Istruzione Consolare Comune, compresi gli allegati, gli articoli dal 9 al 17 della
Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, numerose decisioni del Comitato
118
Cfr. i consideranda dal 1° al 30°.
Cfr. l’art. 52 del Codice dei visti e le disposizioni degli art. 5 e 7 della Decisione 1999/468/ CE, Decisione del
Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla
Commissione.
120
Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già
rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che
modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale
per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati.Il testo in lingua inglese è
disponibile
alla
pagina
internet:
http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/decision/5501/1_EN_ACT_part1_v4.pdf#zoom=100.
121
Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il
manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 11.6.2010. Il testo
in
lingua
inglese
è
disponibile
alla
pagina
internet:
http://ec.europa.eu/dgs/homeaffairs/pdf/policies/borders/docs/c_2010_3667_en.pdf.
119
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esecutivo Schengen, l’azione comune sul regime di transito aeroportuale e alcuni regolamenti
del Consiglio.
Il legislatore si è servito di tale strumento normativo, il Codice dei visti, innanzitutto per
far fronte ad alcune tra le critiche già mosse al sistema Schengen dei visti e in particolare
all’Istruzione Consolare Comune122, raccogliendo in un unico corpo normativo le disposizioni
sui visti contenute nell’acquis di Schengen, che traevano la loro base giuridica da un’ampia
quantità di regolamenti, direttive, azioni comuni e decisioni del Comitato esecutivo Schengen,
consolidando e razionalizzando per motivi di chiarezza e di efficacia tale base normativa. A
fronte dell’introduzione delle innovazioni rappresentate dalla raccolta degli identificatori
biometrici e dallo sviluppo del Sistema d’Informazione Visti (VIS), il nuovo codice ha
permesso, in secondo luogo, di definire le regole e le modalità per la gestione da parte delle
autorità competenti di tali strumenti. In terzo luogo, in vista dell’aumento delle domande di
visto e della novità rappresentata dalle forme alternative di gestione della loro raccolta, lo
strumento giuridico regola i termini fondamentali per il rapporto con fornitori esterni di
servizi, in termini di modalità di cooperazione e protezione dei dati e individua altre soluzioni
di cooperazione attraverso il ricorso ai consoli onorari, la co-ubicazione, i centri comuni,
nonché attraverso la rappresentanza limitata a livello locale tra gli Stati partner per mezzo
della conclusione di accordi di rappresentanza, ponendo così le basi per l’aumento della
copertura territoriale e per la diminuzione degli oneri e di difficoltà logistiche eccessive a
carico dei richiedenti per la presentazione della domanda di visto presso il Consolato
competente. Il codice pone infine l’accento sulla necessità della Cooperazione Locale
Schengen, prima denominata Cooperazione Consolare Locale, allo scopo di assicurare
l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune del rilascio dei visti.
Il legislatore europeo non si è limitato a raccogliere in un corpo normativo unico le
disposizioni precedenti in materia. Non si è limitato neppure al consolidamento e alla
razionalizzazione della base normativa della politica comune dei visti. Ha innovato. Ha dotato
122
(2005/C 326/01) Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima
categoria. Cfr. anche il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009
recante modifica dell’istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima
categoria in relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del
ricevimento e del trattamento delle domande di visto.
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la Commissione di un apposito comitato, denominato “Comitato Visti”, per le competenze
esecutive e per l’elaborazione di istruzioni relative all’applicazione pratica delle disposizioni e
le ha affidato nuovi compiti: la Commissione dovrà effettuare con regolarità valutazioni sullo
stato di applicazione della politica, raccogliere una serie di informazioni rilevanti dagli Stati
membri, gestirle e divulgarle non solo alle autorità competenti degli altri Stati membri, ma
anche al pubblico.
Ulteriori innovazioni apportate dal legislatore alla materia sono presenti nel Titolo IV
del Codice dei visti, che riguarda la gestione amministrativa e l’organizzazione del servizio
visti. L’aumento della mobilità internazionale, l’aumento delle domande di visto, a fronte
delle limitate risorse a disposizione delle amministrazioni nazionali competenti, hanno portato
ad un sempre più diffuso ricorso all’esternalizzazione di alcune delle procedure inerenti
l’organizzazione del servizio visti, attraverso la cooperazione degli Uffici Consolari degli
Stati Schengen con fornitori esterni di servizi o altri intermediari commerciali. Il legislatore
ha perciò previsto disposizioni specifiche per regolare il rapporto con le società di servizi nel
rispetto della normativa comunitaria valida in altri settori, quali ad esempio le norme in
materia di appalti pubblici, concorrenza e sulla protezione dei dati personali. I fornitori esterni
di servizi, ad esempio, possono svolgere compiti di divulgazione di informazioni in merito ai
requisiti per la domanda di visto, raccogliere le domande di visto e riscuoterne i diritti per
conto del Consolato, possono gestire gli appuntamenti e restituire i documenti di viaggio. Non
possono in alcun modo avere accesso al
VISo
gestire altri compiti quali l’esame delle
domande, i colloqui, la decisione, la stampa e l’apposizione dei visti adesivi, che competono
esclusivamente al Consolato. Lo strumento giuridico che regola il rapporto di collaborazione
tra le due parti deve contenere disposizioni precise al riguardo secondo i requisiti minimi
previsti dal legislatore europeo123. Qualora decidano di collaborare con fornitori esterni di
servizi, i Consolati degli Stati membri sono tenuti a verificare la solvibilità e l’affidabilità
dell’impresa, comprese le licenze ed la loro iscrizione al registro delle imprese, devono
scambiare tra loro i dati sulla selezione, sulle modalità e sulle condizioni dei rispettivi
strumenti giuridici e trasmettere copia di questi ultimi anche alla Commissione. Essi devono
123
Cfr. l’allegato X del Codice visti.
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inoltre formare il personale della società esterna interessata e sorvegliare l’esecuzione dei
compiti affinché le modalità e le condizioni previste siano rispettate. Gli Stati membri
interessati sono in ogni caso responsabili in materia di protezione e trattamento dei dati124. Il
ricorso a fornitori esterni di servizi non è l’unico strumento definito dal legislatore. Anzi, il
ricorso ad esso è previsto solo nel caso in cui il numero dei richiedenti è tale da non
consentire la raccolta delle domande e dei dati in maniera tempestiva e adeguata o non è
possibile garantire diversamente una buona copertura territoriale del Paese interessato, nonché
non risultino appropriate le altre forme di cooperazione a livello locale tra gli Stati membri,
quali la rappresentanza limitata, la coubicazione e i centri comuni, oppure attraverso il ricorso
ai consoli onorari. Accordi di rappresentanza sono stati conclusi tra numerosi Stati membri
per la raccolta e l’esame di domande di visto in diversi Paesi terzi. L’Estonia ad esempio è
rappresentata da 14 Stati Schengen in 84 Paesi terzi per l’esame e il rilascio di visti di breve
durata; essa rappresenta sei Stati Schengen, Germania, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia,
Slovenia, Finlandia in quattro Paesi, a Pskov nella Federazione Russa, a Minsk in Bielorussia,
a Sofia in Bulgaria e a Tbilisi in Georgia125. La coubicazione prevede che il personale di uno
o più Stati membri espleti le proprie procedure presso il Consolato di un altro Stato membro,
condividendo le attrezzature di quest’ultimo. I centri comuni riuniscono invece il personale
dei consolati di due o più Stati membri in un unico edificio per consentire ai richiedenti di
presentare agevolmente le domande di visto essendo indirizzati verso gli sportelli lo Stato
membro competente. Ad esempio, la Casa Schengen, istituita a Kinshasa nella Repubblica
Democratica del Congo da un progetto belga-portoghese cofinanziato dal Fondo per le
Frontiere esterne, è aperta al pubblico dal 5 aprile 2010: il Belgio rappresenta anche l’Austria,
la Finlandia, la Francia, la Lituania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi per le domande di visto e
raccoglie gli identificatori biometrici per la Germania; la Svezia espleta le proprie funzioni
É previsto inoltre il controllo conformemente all’art. 28 della direttiva 95/46/ CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 24 ottobre 1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
125
Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report
on Immigration and Asylum (2011).
124
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all’interno della Casa Schengen e rappresenta anche Danimarca, Islanda e Norvegia 126. In
ogni caso gli Stati membri notificano alla Commissione le modalità con cui intendono
organizzare la collaborazione e, in caso di terminazione del rapporto di collaborazione,
assicurano la continuità del servizio. I consoli onorari sono autorizzati invece a svolgere solo i
compiti che possono essere affidati ai fornitori esterni di servizi. Per la presentazione delle
domande di visto, fatta eccezione per la raccolta di identificatori biometrici, gli Stati membri
possono cooperare anche con intermediari commerciali attraverso la concessione di un
accreditamento basato sulla verifica della situazione dell’intermediario commerciale,
sull’esistenza di contratti con partner commerciali stabiliti negli Stati membri che offrono
alloggio e altri servizi per il viaggio e sull’esistenza di contratti con compagnie di trasporto.
Indipendentemente dal fatto che siano in atto o meno forme di cooperazione, la
responsabilità dell’organizzazione delle procedure connesse alle domande di visto appartiene
agli Stati membri. L’esame delle domande di visto e la decisione in merito, nonché i colloqui,
la stampa e l’applicazione dei visti adesivi competono esclusivamente ai Consolati. Il
legislatore ha previsto disposizioni specifiche per regolare le attività dei consolati e
l’organizzazione del servizio. Il personale che è a contatto con i richiedenti deve garantire che
questi ultimi siano accolti con cortesia, nel rispetto della dignità umana, senza discriminazioni
di sorta. È compito degli Stati membri far sì che il personale, sia quello espatriato sia quello
assunto localmente, sia in numero sufficiente e abbia una formazione adeguata al fine di
garantire una qualità ragionevole e armonizzata del servizio pubblico. Onde evitare la
riduzione del livello di vigilanza e proteggere il personale da pressioni a livello locale,
dovrebbero essere istituiti sistemi di rotazione per il personale che tratta direttamente con i
richiedenti e chiare assegnazioni delle responsabilità. L’accesso alla consultazione del
del
SISè
VISe
ristretto a un numero limitato di membri del personale debitamente autorizzati. Allo
stesso modo, la conservazione e l’uso dei visti adesivi sono soggetti ad adeguate misure
contabili e di sicurezza al fine di evitare frodi. I Consolati sono tenuti a mantenere gli archivi
di tutti i fascicoli individuali relativi alle domande di visto per almeno due anni dalla data di
decisione sulla domanda, spetta invece alle Autorità centrali il controllo frequente e adeguato
126
Per approfondirecfr. SWD(2012) 139 final Commission Staff Working Documenton the Third Annual Report
on Immigration and Asylum (2011).
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delle modalità di esame delle domande di visto e l’adozione di provvedimenti correttivi in
caso di violazioni. Ogni anno, entro il primo marzo, gli Stati membri compilano statistiche
relative all’anno precedente sulle domande di visto presentate, sul rilascio e sul diniego di
visti uniformi, di visti con validità territoriale limitata e di transito aeroportuale.
La Cooperazione Consolare Locale prevista nell’Istruzione Consolare Comune è stata
ribattezzata Cooperazione Locale Schengen dal Codice dei visti. Il suo obiettivo principale è
l’applicazione armonizzata della politica comune dei visti. Essa prevede che all’interno di
ogni giurisdizione i Consolati degli Stati membri e la Commissione cooperino al fine di
adottare elenchi armonizzati di documenti giustificativi, criteri comuni per l’esame delle
domande di visto e per le esenzioni dei pagamenti dei diritti, elenchi esaustivi dei documenti
di viaggio riconosciuti, schede informative comuni per i richiedenti, informazioni relative alla
cooperazione con fornitori esterni di servizi, nonché le decisioni sull’introduzione o il ritiro
delle richieste di consultazione preliminare. I Consolati si scambiano informazioni sulla
cooperazione con società di trasporto e di assicurazione, le statistiche mensili sui visti
rilasciati e rifiutati e, ai fini della valutazione dei rischi migratori e per la sicurezza, le
informazioni riguardanti la struttura socioeconomica del Paese terzo, le frodi riscontrate nelle
documentazioni di viaggio, le reti di immigrazione illegale, l’impiego di documenti falsi,
contraffatti o alterati, i rifiuti dei visti e le fonti di informazione a livello locale, anche su
sicurezza sociale, assicurazione sanitaria, registrazione di ingressi e uscite. La cooperazione
avviene attraverso riunioni su base regolare per trattare questioni operative sull’applicazione a
livello locale della politica comune dei visti, tuttavia per questioni specifiche possono essere
organizzate riunione monotematiche anche attraverso la costituzione di sottogruppi. Vi
partecipano rappresentanti dei Consolati degli Stati membri dell’Unione Europea, degli Stati
associati che applicano la politica comune in materia di visti, nonché rappresentanti degli Stati
membri dell’Unione Europea che non applicano ancora integralmente tale politica127. Le
relazioni delle riunioni devono essere regolarmente diffuse a livello locale e ogni Consolato
ha l’obbligo di inoltrarle alle proprie Autorità centrali. La Commissione deve invece
predisporre una relazione annuale per ogni giurisdizione da presentare al Parlamento Europeo
127
Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il
manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen, Bruxelles, 2010, p. 17.
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e al Consiglio. La Cooperazione locale Schengen è lo strumento essenziale messo a punto dal
legislatore per garantire l’applicazione armonizzata delle disposizioni della politica comune
dei visti nei diversi contesti locali e per prevenire il trattamento ineguale dei richiedenti o
abusi quali il “visa shopping”, attraverso il regolare scambio delle informazioni rilevanti tra i
Consolati, nonché tra essi e le autorità centrali degli Stati membri e la Commissione.
Il Sistema d’Informazione Visti (VIS) è un sistema di scambio tra gli Stati membri di
dati relativi ai visti. Esso permette alle autorità nazionali autorizzate di inserire, aggiornare e
consultare per via elettronica dati relativi ai visti. È stato istituito dalla Decisione del
Consiglio del 8 giugno del 2004128, presa conformemente alle disposizioni dell’art. 66 del
Trattato che istituisce la Comunità europea129 in seguito alla proposta della Commissione e
visto il parere del Parlamento europeo. Pochi mesi dopo ai fatti dell’11 settembre 2001, il
Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre ha chiesto al Consiglio e agli Stati membri
di adottare le disposizioni necessarie per attuare un sistema comune di identificazione dei visti
ed esaminare la possibilità di istituire Uffici consolari comuni, al fine di rendere possibile una
gestione più efficace del controllo alle frontiere esterne dell’Unione e contribuire alla lotta
contro il terrorismo, le organizzazioni d’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri
umani130. Il Consiglio europeo di Siviglia ha sollecitato il Consiglio e la Commissione ad
accordare priorità assoluta a tali indicazioni. La Commissione è stata incaricata per la
presentazione di proposte per istituire tale sistema e nel 2002 ha avviato uno studio di
fattibilità sugli aspetti tecnici e finanziari del
VIS,
accolto favorevolmente dal Consiglio il 5
giugno del 2003, che ha invitato la Commissione a continuare i lavori preparatori sullo
sviluppo del
VISdi
concerto con gli Stati membri. Sulla base delle indicazioni del Consiglio
europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, che ha ritenuto necessario che venissero
elaborati orientamenti riguardanti la base giuridica appropriata per la pianificazione dello
sviluppo del
VIS,
il Consiglio ha infine adottato la Decisione del Consiglio del 8 giugno del
2004 per l’istituzione del
VIS,
per l’impegno delle risorse finanziarie necessarie e per
Cfr. la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti (VIS).
Ora art. 74 TFUE.
130
Cfr. il punto n. 42 delle Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre
2001.
128
129
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l’iscrizione nel bilancio generale dell’Unione Europea degli stanziamenti necessari al suo
sviluppo, compresa l’esecuzione di tale parte di bilancio. Il Consiglio ha deciso che per le
misure di attuazione, la Commissione è assistita dal Comitato responsabile anche per lo
sviluppo del Sistema d’Informazione Schengen di seconda generazione (SISII)131.
Nelle conclusioni del Consiglio del 20 febbraio 2004 sullo sviluppo del
VIS,
del 29
aprile 2004 sul Sistema d’Informazione Schengen e del 17 febbraio 2005 sull’inserimento dei
dati biometrici nei visti e nei permessi di soggiorno, il Consiglio ha esposto la necessità di
coerenza tra l’uso degli identificatori biometrici e le specifiche del sistema centrale
d’informazione visti, ha indicato che il
VISdovrebbe
essere basato su un’architettura
centralizzata, dotata di una piattaforma tecnica comune con il
ubicato nello stesso luogo del sistema centrale
SIS II
SIS IIed
essere fisicamente
e ha infine invitato la Commissione ad
anticipare al 2006 l’introduzione della biometria nello sviluppo della parte centrale del
VIS.
Sulla base di queste indicazioni, la Commissione ha adottato nel corso del 2006 due decisioni
riguardanti le specifiche tecniche sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del
VIS132
e
l’ubicazione del VIS133. La prima di tali decisioni, collegata anche alla nuova strategia di avvio
delle attività del sistema attraverso un approccio regionale progressivo a partire dal Nord
Africa e comprensivo della raccolta dei dati biometrici, ha avuto come conseguenza la
necessità di riprogrammare i lavori tecnici di sviluppo del
VIS.
Nel calendario originario il
varo del VISera previsto per il mese di marzo 2007 e avrebbe interessato solo sei Stati membri,
ognuno dei quali avrebbe collegato al sistema almeno un consolato, senza dati biometrici134.
Nel 2007, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico
sulla base giuridica del
VIS,
concretizzatasi nell’adozione nel 2008 di due strumenti
Istituito dall’art. 5, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio n. 2424/2001 del 6 dicembre 2001 sullo
sviluppo del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione ( SIS II). Si applica la decisione
1999/468/CE, Decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di
esecuzione conferite alla Commissione.
132
Decisione della Commissione del 22 settembre 2006 che stabilisce le specifiche tecniche in relazione alle
norme sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del Sistema informazione visti.
133
Decisione della Commissione del 3novembre 2006 che stabilisce le ubicazioni del sistema di informazione
visti durante la fase di sviluppo.
134
Per approfondire cfr. il documento COM(2008) 714 definitivo, Relazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento Europeo sullo stato di avanzamento del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2007.
131
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giuridici135. Il primo è un regolamento concernente il Sistema di Informazione Visti e lo
scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata, il cosiddetto
regolamento
VIS.
Esso definisce lo scopo, le funzionalità del
VIS,
le relative responsabilità, le
condizioni e le procedure per lo scambio di dati tra Stati membri in ordine alle domande di
visto per soggiorni di breve durata e alle decisioni adottate al riguardo136. Il secondo è una
decisione del Consiglio Giustizia e Affari Interni, nel quadro del terzo pilastro, che integra le
disposizioni relative all’accesso per la consultazione al
degli Stati membri e di
EUROPOL137
VISda
parte delle autorità designate
ai fini della prevenzione, dell’individuazione e
dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi. L’adozione dei due strumenti è
avvenuta in corso d’opera, mentre la Commissione, gli esperti nazionali e i contraenti
lavoravano già allo sviluppo del sistema. Tuttavia ha permesso di proseguire lo svolgimento
dei lavori sulla base del progetto politico concordato nel 2007. Durante questo processo è
stata evidenziata la necessità di modificare anche l’Istruzione Consolare Comune, ancora in
vigore, e il Codice delle Frontiere Schengen per tener conto anche del funzionamento del
VISrispettivamente
nelle rappresentanze consolari e ai valichi di frontiera. I relativi strumenti
giuridici sono stati adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio solamente nel 2009,
attraverso due regolamenti: il primo modifica il regolamento n. 562 del 2006 per quanto
riguarda l’uso del
VISa
norma del Codice delle Frontiere Schengen138, il secondo strumento
modifica l’Istruzione Consolare Comune, modificata e abrogata successivamente dal Codice
dei visti adottato nel mese di luglio dello stesso anno e trattato nella prima sezione di questo
capitolo139.
135
Per approfondire cfr. anche COM(2009) 473 definitivo, Relazione della Commissione al Parlamento Europeo
eal Consiglio sullo sviluppo del Sistema di Informazione Visti (VIS) nel 2008.
136
Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008 concernente il sistema
d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata
(regolamento VIS).
137
Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa all’accesso per la consultazione al sistema
di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati membri e di EUROPOL ai fini della
prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi.
138
Regolamento n. 81/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 gennaio 2009 che modifica il
regolamento n. 562/2006 per quanto riguarda l’uso del sistema di informazione visti (VIS) a norma del codice
frontiere Schengen.
139
Cfr. il Regolamento n. 390/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 2009 recante modifica
dell’Istruzione consolare comune diretta alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria in
relazione all’introduzione di elementi biometrici e comprendente norme sull’organizzazione del ricevimento e
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La Commissione per mezzo della procedura di comitato ha adottato varie decisioni
riguardanti il
VIS:
nel giugno 2008 la decisione che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti
delle interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il
VIScentrale
e le
interfacce nazionali nella fase di sviluppo140, nel maggio 2009 la decisione sulle specifiche
VISMail
sul meccanismo di consultazione e sullo scambio di dati sui visti tra gli Stati
membri141, nel mese di ottobre 2009 la seconda decisione sulle biometrie relativa alla
risoluzione e all’uso delle impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche nel
VISe
nel
sistema di confronto biometrico142, nel novembre 2009 la decisione che determina le prime
regioni per l’inizio delle attività del VIS143, la contemporanea decisione sulle misure necessarie
alla realizzazione tecnica che stabilisce le varie operazioni di trattamento dei dati nel VIS144 e,
infine, un piano di sicurezza per il funzionamento del VIS145. Finalmente, in seguito al positivo
completamento di un collaudo generale del
all’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento
VIS,
VIS,
soddisfatte tutte le condizioni di cui
la Commissione per mezzo della decisione
di esecuzione del 21 settembre 2011146 ha stabilito l’avvio delle attività del
VISnella
prima
del trattamento delle domande di visto; cfr. anche il Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, ultima versione consolidata del 20
marzo 2012.
140
Decisione della Commissione del 17 giugno 2008 che stabilisce l’architettura fisica e i requisiti delle
interfacce nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione fra il VIS centrale e le interfacce nazionali nella fase
di sviluppo.
141
Decisione della Commissione del 5 maggio 2009che adotta i provvedimenti attuativi relativi al meccanismo
di consultazione e alle altre procedure di cui all’articolo 16 del regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento
europeo e del Consiglio concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri
sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS).
142
Decisione della Commissione del 9ottobre 2009 che stabilisce le specifiche per la risoluzione e l’uso delle
impronte digitali ai fini delle identificazioni e verifiche biometriche nel sistema di informazione visti.
143
Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività
del sistema d’informazione visti (VIS).
144
Decisione della Commissione del 30novembre 2009 che adotta le misure necessarie alla realizzazione tecnica
per quanto riguarda l’inserimento dei dati e il collegamento delle domande, l’accesso ai dati, la modifica, la
cancellazione e la cancellazione anticipata dei dati, la registrazione delle operazioni di trattamento dei dati e il
relativo accesso nell’ambito delsistema di informazione visti.
145
Decisione della Commissione del 4 maggio 2010 relativa al piano di sicurezza per il funzionamento del
sistema di informazione visti.
146
Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011 che
stabilisce la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione.
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regione l’11 ottobre 2011. Attraverso una seconda decisione di esecuzione ha stabilito la data
di inizio delle attività per il 10 maggio 2012 nella seconda regione147.
L’ultimo strumento giuridico adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo
la procedura legislativa ordinaria in relazione al VISè il regolamento n. 1077 del 2011148. Esso
ha istituito un’agenzia europea, avente personalità giuridica, dotata di autonomia giuridica,
amministrativa e finanziaria, per la gestione operativa del
nazionali e dell’infrastruttura di comunicazione, del
SIS II,
VIScentrale,
delle interfacce
di EURODAC ed incaricata anche di
svolgere altri compiti relativi allo sviluppo e alla gestione operativa di altri sistemi di
tecnologie informatiche su larga scala e le relative infrastrutture di comunicazione.
L’istituzione dell’agenzia segna al momento l’ultimo passo nella creazione di istituzioni
da parte del legislatore europeo per lo sviluppo dei sistemi di tecnologie informatiche creati
per la conduzione delle politiche nel settore Giustizia e Affari interni e, in particolare, per la
gestione del
VIS.
In risposta alle necessità tecniche per lo sviluppo del
VIS,
le istituzioni
europee avevano già istituito numerosi comitati e gruppi consultivi. Vale la pena menzionare
il Comitato
SISVIS(formazione VIS)
istituito dall’art. 51 del regolamento 1987 del Parlamento
europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del Sistema
d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Nel gruppo
SISVIS,
gli esperti degli
Stati membri si riuniscono in due formazioni diverse, rispettivamente competenti per il
progetto
SIS IIe VIS.
Il comitato si è riunito regolarmente in formazione
VISdurante
la fase di
pianificazione e di esecuzione del progetto per assistere la Commissione nell’esercizio delle
sue competenze di esecuzione, discutere i progressi della messa a punto del sistema, le
questioni tecniche di dettaglio e per adottare le decisioni di comitato connesse alle norme di
attuazione. Per il lavoro consultivo del Comitato
SISVISin
formazione
VIS,
è stato istituito un
gruppo, il Change Management Board, responsabile per la formulazione di raccomandazioni
sulla gestione della configurazione del
VIS
durante la fase di sviluppo e collaudo. Il Gruppo
consultivo Prove Tecniche è un altro gruppo di lavoro del Comitato
147
SISVISin
formazione
VIS,
Cfr. il documento 2011/636/UE, Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce
la data di inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione.
148
Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 che istituisce un’agenzia
europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
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che si riunisce periodicamente o in teleconferenze, responsabile per la gestione delle prove
secondo un processo strutturato. Esso fornisce consulenze sul completamento delle campagne
di prova del
VISe
formula raccomandazioni, in particolare nel momento in cui gli Stati
membri partecipano direttamente a tali attività. Il Gruppo di esperti
VISMail,
infine, a cui
partecipano almeno dieci Stati membri in riunioni periodiche, è stato creato per l’attuazione
del meccanismo di comunicazione del
VISin
collaborazione diretta con il contraente della rete
e supportato dal contraente responsabile del sostegno e dell’assistenza alla qualità.
In relazione alle sue dimensioni e agli effetti del suo ambito di azione che supera la
scala di grandezza dei singoli Stati membri, il VISè stato istituito in conformità del principio di
sussidiarietà. L’intervento della Comunità dovrebbe essere limitato nella sua azione al
raggiungimento dello scopo secondo il principio di proporzionalità, nel rispetto dei diritti
fondamentali e gli altri principi riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea. Le disposizioni relative al
VIScostituiscono
uno sviluppo dell’acquis di Schengen.
Esse vincolano tutti gli Stati Schengen membri dell’Unione e associati, compresi Cipro,
Bulgaria e Romania, nonché l’Islanda e la Norvegia, la Confederazione Svizzera e il
Liechtenstein ai sensi dei rispettivi accordi e protocolli di associazione sottoscritti con le
istituzioni europee. La Danimarca, in virtù del protocollo riguardante la particolarità della sua
posizione non ha partecipato all’adozione degli strumenti giuridici a fondamento del
VISe
pertanto non sarebbe vincolata dalle disposizioni né soggetta alla loro applicazione. Tuttavia,
essa ha notificato con lettera del 13 ottobre 2008 l’avvenuta ricezione del regolamento
VISnel
suo diritto interno e la sua decisione di partecipare ai lavori. Il regolamento
quindi
VISè
vincolante per la Danimarca ed essa ha l’obbligo, in virtù del diritto internazionale, di attuare
questo strumento giuridico e le relative decisioni ad esso connesse. Regno Unito e Irlanda non
partecipano invece alle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al VIS, anche se il Regno
Unito, previa richiesta in tal senso, è stato autorizzato a partecipare all’istituzione
dell’Agenzia europea per la gestione operativa del sistemi di tecnologia dell’informazione su
larga scala, negli ambiti SIS II, VISe EURODAC149.
149
Cfr. il considerando n.33 del Regolamento n. 1077 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre
2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di
libertà, sicurezza e giustizia.
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In seguito al completamento delle fasi di pianificazione, realizzazione tecnica e
attuazione del
VIScentrale,
dell’interfaccia nazionale in ciascuno Stato membro e
dell’infrastruttura di comunicazione tra il
VIScentrale
e le interfacce nazionali, comprese le
funzionalità per il trattamento dei dati biometrici, in seguito al positivo completamento di un
collaudo generale del
VISeffettuato
dalla Commissione insieme agli Stati membri, in seguito
alla convalida delle disposizioni tecniche e alla comunicazione degli Stati membri alla
Commissione sull’adozione delle necessarie disposizioni tecniche e giuridiche per raccogliere
e trasmettere i dati al
VISa
livello regionale150, la Commissione ha determinato con la
decisione di esecuzione del 21 settembre 2011151 il varo del
VISnella
prima regione a partire
dall’11 ottobre 2011. Tale decisione riguarda la raccolta di tutte le domande di visto
presentate presso i Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Libia, Mauritania,
Marocco e Tunisia. Fino al 31 dicembre 2012 il
VISaveva
già processato 299.648 domande di
visto, conclusesi secondo i dati ufficiali con 229.124 visti rilasciati e 33.451 dinieghi, nonché
con la rilevazione di 468 possibili casi di visa shopping, determinati alla presentazione di
domande di visto multiple, in un caso ben cinque domande presentate dallo stesso richiedente
presso diversi Consolati degli Stati Schengen152. Per mezzo di un’altra decisione di
esecuzione della Commissione153, il sistema di informazione visti è entrato in funzione a
partire dal 10 maggio 2012 nella regione del Vicino Oriente.
La Commissione il 30 novembre 2009 per mezzo di una decisione154 aveva determinato
le prime regioni per l’inizio delle attività del
VISselezionandole
sulla base dei criteri del
Cfr. le disposizioni dell’art. 48 del Regolamento VIS.
Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 21 settembre 2011che stabilisce la data di inizio delle
attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una prima regione.
152
Cfr. le sezioni 3.7-9 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European
Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels,
11.07.2012.
153
Cfr. la Decisione di esecuzione della Commissione del 27 aprile 2012che stabilisce la data di inizio delle
attività del sistema d’informazione visti (VIS) in una seconda regione.
154
Cfr. la Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle
attività del sistema d’informazione visti (VIS). La prima regione già citata è l’Africa settentrionale, la seconda
regione è il Vicino Oriente, comprendente Israele, Giordania, Libano e Siria, la terza regione è la regione del
Golfo e include Afghanistan, Bahrein, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e
Yemen. Ai sensi dell’art. 2 della decisione, i valichi di frontiera esterni costituiscono una regione distinta per
l’avvio delle operazioni: onde evitare lacune nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della
sicurezza interna e in modo da coprire le domande di visto presentate alle frontiere esterne, secondo la
150
151
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rischio di immigrazione illegale, delle minacce alla sicurezza interna degli Stati membri e
della fattibilità della raccolta dei dati biometrici da tutte le località di tali regioni155. La
valutazione della Commissione, compiuta sulle varie regioni indicate in precedenza nel 2005
dagli esperti degli Stati membri per l’applicazione progressiva del
VIS,
si è basata in
particolare sul primo criterio, tenendo conto di elementi quali i tassi medi di rifiuto del visto e
di ingresso per ciascuna delle regioni, e sul terzo criterio, in quanto in alcune regioni era
opportuno aumentare la presenza o la rappresentanza consolare per un uso efficace del VIS156.
Successivamente, il 24 aprile 2012, la Commissione ha determinato il secondo gruppo di
regioni per l’inizio delle attività del VIS. I criteri per la valutazione delle regioni restano quelli
determinati dall’art. 48 comma 4 del regolamento del
VIS.
L’analisi della Commissione si è
basata tuttavia su elementi ulteriori rispetto all’analisi condotta per il primo gruppo di regioni:
non solamente sui tassi medi di rifiuto del visto e di ingresso per ciascuna delle regioni
secondo il criterio dell’immigrazione irregolare e sul criterio della fattibilità della raccolta di
dati biometrici da tutte le località di tali regioni, ma, in relazione al primo criterio, anche sui
tassi di rifiuto dell’ingresso alla frontiera e sui tassi di presenza di cittadini di Paesi terzi in
posizione irregolare nel territorio degli Stati membri; riguardo al secondo criterio, relativo alle
minacce alla sicurezza interna, sulla valutazione della minaccia effettuata da
EUROPOL;
per
quanto riguarda il terzo criterio, la valutazione si è basata anche sulla constatazione che in
tutte le regioni del mondo è aumentata la presenza o la rappresentanza consolare degli Stati
Schengen. Secondo tali valutazioni, le successive regioni in cui dovrebbero cominciare la
raccolta e la trasmissione al
VISdei
dati in materia di visti per tutte le domande di visto sono
rispettivamente l’Africa occidentale157, l’Africa centrale158, l’Africa orientale159, l’Africa
Commissione gli Stati membri dovrebbero cercare di iniziare appena possibile la raccolta e la trasmissione dei
dati al VIS presso i valichi delle frontiere esterne, al fine di evitare che cittadini di paesi terzi delle regioni in
questione eludano l’avvio delle operazioni in tali regioni presentando la domanda alle frontiere esterne.
155
Cfr. l’art. 48 comma 4 del Regolamento VIS e il secondo considerando della Decisione della Commissione del
30 novembre 2009 che determina le prime regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti
(VIS).
156
Cfr. il terzo considerando della Decisione della Commissione del 30 novembre 2009 che determina le prime
regioni per l’inizio delle attività del sistema d’informazione visti (VIS).
157
La quarta regione che seguirà la terza regione del Golfo. Essa comprende:Benin, Burkina Faso ,Capo Verde,
Costa d’Avorio,Gambia,Ghana,Guinea,Guinea-Bissau,Liberia,Mali,Niger,Nigeria,Senegal,Sierra LeoneeTogo.
158
Quinta regione:Burundi,Camerun,Repubblica centrafricana,Ciad,Congo,Repubblica democratica del
Congo,Guinea equatoriale,Gabon,Ruanda,Sao Tomé e Principe.
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meridionale160, l’America meridionale161, l’Asia centrale162, e l’Asia sudorientale163. Il
Territorio palestinese occupato era stato escluso dalla regione del Vicino Oriente, in
considerazione delle difficoltà tecniche che si sarebbero potute verificare nella fornitura di
apparecchiature alle rappresentanze o agli uffici consolari interessati. Onde evitare lacune
nella lotta contro l’immigrazione irregolare e nella protezione della sicurezza interna, tenuto
conto del tempo concesso agli Stati membri per risolvere le difficoltà tecniche, il Territorio
palestinese occupato dovrebbe costituire l’undicesima regione in cui cominciare la raccolta e
la trasmissione al VISdei dati in materia di visti per tutte le domande di visto. Le date esatte di
inizio delle attività del
VISin
ciascuna di queste regioni saranno determinata dalla
Commissione per mezzo di decisioni di esecuzione a norma dell’articolo 48 del regolamento
VIS. La determinazione delle altre regioni avverrà in futuro sulla base di valutazioni
supplementari e aggiornate sulla situazione relativa alle regioni in questione, svolta secondo i
criteri pertinenti e l’esperienza compiuta durante l’attuazione delle disposizioni nelle regioni
determinate in precedenza. L’art. 48 comma 3 del regolamento VISpermette agli Stati membri,
previa comunicazione alla Commissione, di iniziare in anticipo le attività del
VIS.
Tale
disposizione è già stata utilizzata dall’Ungheria, che ha dato avvio alle attività del VISpresso le
sue rappresentanze a Istanbul, Ankara e Chisinau l’11 ottobre 2011, dalla Svizzera e
dall’Estonia sempre dalla stessa data per il rilascio dei visti presso i valichi delle frontiere
esterne presenti sui rispettivi territori, dall’Estonia e dal Belgio dalla stessa data in tutti i
Consolati, anche se con l’esclusione della raccolta delle impronte digitali. Il Belgio ha
cominciato le attività anche a Conakry il 1 novembre 2011. La Germania e l’Islanda hanno
avviato l’11 ottobre 2011 le attività del
VISper
il rilascio dei visti presso i rispettivi valichi
delle frontiere esterne, nel caso della Germania con la raccolta delle impronte digitali,
fornendo comunicazione alla Commissione solo in un secondo momento, contravvenendo
159
Sesta regione:Comore,Gibuti,Eritrea,Etiopia,Kenia,Madagascar,Maurizio,Seychelles,Somalia,Sudan,Sudan
del Sud,Tanzania,Uganda.
160
Settima
regione:Angola,
Botswana,Lesotho,Malawi,Mozambico,Namibia,Sud
Africa,Swaziland,Zambia,Zimbabwe.
161
Ottava regione:Argentina,Bolivia,Brasile,Cile,Colombia,Ecuador,Paraguay,Perù,Uruguay,Venezuela.
162
Nona regione:Kazakhstan,Kirghizistan,Tagikistan,Turkmenistan,Uzbekistan.
163
Decima regione:Brunei,Birmania/Myanmar,Cambogia,Indonesia,Laos, Malaysia, Filippine, Singapore,
Thailandia, Vietnam.
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così alla regola del regolamento VIS. La Polonia invece ha comunicato l’avvio di un progetto
pilota per l’uso del VIScon la raccolta dei dati biometrici a Baku, Yerevan e Kuala Lumpur dal
26 ottobre 2011 al 31 maggio 2012164.
L’Agenzia europea per la gestione dei sistemi
monitoraggio del funzionamento del
VISrispetto
IT
su larga scala è responsabile del
agli obiettivi prefissati in termini di risultati,
di rapporto costi/benefici, di sicurezza e di qualità del servizio, nonché, dal secondo anno
dopo l’entrata in funzione del
VIScon
cadenza biennale, è tenuta a presentare al Parlamento
europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sul funzionamento tecnico del
VIS.
Essa
deve anche comunicare tutte le informazioni necessarie affinché la Commissione, a partire dal
terzo anno dopo l’entrata in funzione del
VISe
grado di effettuare valutazioni globali sul
in seguito con cadenza quadriennale, sia in
VISda
presentare al Parlamento Europeo e al
Consiglio, che comprendano analisi dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi
prefissati, che determinino se i principi di base permangono validi e che valutino lo stato di
applicazione del regolamento VIS.
6.
Una valutazione del regime comune dei visti: individuazione di
difficoltà applicative e di possibili violazioni
La cooperazione europea in materia di visti si è sviluppata a carattere intergovernativo
tra alcuni Stati membri a partire dall’Accordo di Schengen del 1985 e dalla Convenzione di
applicazione di tale accordo del 1990. Il quadro giuridico è stato comunitarizzato con il
Trattato di Amsterdam e sottoposto a successiva revisione e razionalizzazione, tuttavia non è
accettato in quanto tale da alcuni dei Paesi membri dell’Unione Europea. Al momento attuale
gli Stati, membri dell’Unione o associati, che cooperano in materia di visti applicano alcuni
strumenti giuridici il cui scopo principale è la definizione di regole unitarie, chiare e
possibilmente univoche affinché gli Stati Schengen, in particolare le loro amministrazioni
competenti in materia, siano in grado di applicare la politica comune dei visti in maniera
uniforme nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. Le Istituzioni europee a tal fine hanno
164
Cfr. la sezione 3.8 dellarelazioneCOM(2012) 376 final, Reportfromthe Commissiontothe European
Parliamentand the Councilon the development of the Visa Information System (VIS) in 2011, Brussels,
11.07.2012.
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creato un modello uniforme di visto165, gli elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini
devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al
contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo166, un Codice dei visti167,
indispensabile per la definizione di regole, procedure e condizioni comuni per il rilascio dei
visti di breve durata e affiancato da due ulteriori strumenti non giuridicamente vincolanti ma
utili per le istruzioni operative, ossia i manuali per il trattamento delle domande di visto e la
modifica dei visti già rilasciati168 e per l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione
locale Schengen169, nonché il Sistema d’Informazione Visti (VIS)170, un’opera di tecnologia
informatica di grandi dimensioni, in fase di avvio nel mondo, designato per la raccolta dei dati
relativi al rilascio dei visti, compresi alcuni dati biometrici dei richiedenti, foto e impronte
digitali, utilizzabili in momenti successivi ai fini della verifica e dell’identificazione. I quattro
strumenti fondamentali sono affiancati e fanno riferimento ad altri strumenti definiti dal
legislatore europeo in settori affini e collegati alla politica dei visti, si veda ad esempio il
Codice delle Frontiere Schengen171 o il ruolo svolto dal Sistema di Informazione Schengen
(SIS).
165
Regolamento n. 1683 del Consiglio del 29 maggio 1995 che istituisce un modello uniforme per i visti (ultima
versione consolidata del 22 settembre 2008).
166
Regolamento n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini
devono essere in possesso del visto all’atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi
i cui cittadini sono esenti da tale obbligo(ultima versione consolidata del 11 gennaio 2011).
167
Regolamento n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice
comunitario dei visti (ultima versione consolidata del 20 marzo 2012).
168
Cfr. la versione consolidata del manuale per il trattamento delle domande di visto e lamodifica dei visti già
rilasciati, basata sulla Decisionediesecuzionedella Commissione C(2011) 5501 definitivo del 4.8.2011 che
modifica la decisione della Commissione C (2010) 1620 definitivo, del 19 marzo 2010, che istituisce il manuale
per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati.
169
Cfr. il documento C(2010)3667 definitivo, Decisionedella Commissione del 11.6.2010 che istituisce il
manuale per l’organizzazione del servizio visti e la cooperazione locale Schengen.
170
Cfr.in particolare la Decisione del Consiglio dell’8 giugno 2004 che istituisce il sistema di informazione visti
(VIS), (2004/512/CE); il Regolamento n. 767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008
concernente il sistema d’informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di
breve durata (regolamento VIS); la Decisione 2008/633/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 relativa
all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) daparte delle autorità designate degli Stati
membri e di EUROPOL ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e
altri reati gravi; nonché il capitolo 2.2 della presente tesi .
171
Regolamento n. 562 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice
comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (ultima versione
consolidata del 5 aprile 2010).
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L’unitarietà del quadro normativo definito dal legislatore europeo è sfidata da elementi
interni ed esterni all’Unione. Innanzitutto, alcuni Paesi dell’Unione non partecipano all’acquis
di Schengen, ne contestano la comunitarizzazione o vi partecipano in maniera limitata
operando la propria scelta caso per caso in merito ai singoli strumenti definiti dal legislatore
europeo172. Per di più, come già dimostrato nei capitoli precedenti, il visto uniforme non è
un’entità unica che permette la libera circolazione degli stranieri nell’insieme del territorio
europeo. La definizione stessa di visto è complessa, esistono più tipologie di visto e,
potenzialmente in grado di creare ulteriore confusione, il modello di visto adesivo creato dal
Consiglio è utilizzato per il rilascio non solo dei visti di breve durata ma anche per quelli di
lunga durata, le cui regole di rilascio esulano dall’ambito di applicazione del Codice dei visti
e sono di competenza dei singoli Stati. All’esterno, l’unitarietà del quadro normativo è sfidata
dall’estrema eterogeneità dei contesti regionali, nazionali e locali all’interno dei Paesi terzi. È
opportuno far notare che il sistema definito dal legislatore europeo prevede un certo grado di
flessibilità. Per esempio, le liste dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del
visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e dei Paesi terzi i cui cittadini sono
esenti da tale obbligo prevedono la possibilità di deroga nei confronti di categorie particolari
di cittadini di Paesi terzi. Lo stesso legislatore europeo ha sottoscritto accordi internazionali
con singoli Paesi terzi per facilitare il rilascio dei visti nei confronti dei cittadini di tali Stati e
ha previsto la revisione delle elenchi comuni dei Paesi terzi in base alla valutazione delle
variazioni delle condizioni in tali Paesi e delle problematiche riguardanti la reciprocità. Per
quanto riguarda le liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto per il
transito aeroportuale, il legislatore ha permesso ampia autonomia di scelta ai singoli Stati
membri, con consecutiva marcata variabilità nelle decisioni. A causa della diversità dei
contesti nazionali e locali in cui operano i Consolati dei Paesi membri, le liste dei documenti
giustificativi richiesti a coloro che richiedono il visto possono variare considerevolmente. La
Cooperazione locale Schengen svolge un ruolo in tal senso affinché a livello di ogni singolo
contesto locale le liste di giustificativi richiesti dai vari Consolati siano uniformi. Ciò non
esclude però le differenze tra i diversi contesti locali, avvallate anche da decisioni in merito
172
Si pensi ad esempio ai casi già citati di Regno Unito, Irlanda e Danimarca.
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della Commissione stessa173. Le dimensioni stesse degli Stati membri hanno conseguenze sul
grado di rappresentanza locale presso i Paesi terzi e, quindi, anche sull’accessibilità da parte
dei cittadini stranieri al Consolato competente per il trattamento della domanda di visto:
alcuni Paesi possiedono Rappresentanze diplomatiche e consolari nella maggior parte degli
Stati terzi, altri sono costretti invece a sottoscrivere accordi di rappresentanza con altri Stati
Schengen o ricorrere ad altre modalità per la raccolta delle domande di visto. Anche altri
strumenti previsti dal legislatore, quali ad esempio la possibilità di ricorso alla procedura di
consultazione preliminare, sono utilizzati dagli Stati Schengen in maniera difforme: alcuni
Paesi chiedono di essere consultati in numerosi casi, altri ritengono non necessario il ricorso a
tale eventualità. Un altro ambito in cui si può notare la mancanza di uniformità riguarda le
liste dei cittadini stranieri conosciuti e ai quali i Paesi membri intendono negare l’accesso al
territorio comune attraverso l’uso del
SIS:
gli Stati Schengen si differenziano in base alla
modalità di inserimento dei dati, alla gestione degli stessi e in alcuni casi perfino in base ai
criteri di valutazione riguardanti l’uso stesso di tale strumento174.
Ma qual è la situazione a livello di condizioni di rilascio e di rifiuto dei visti? Per la
definizione delle liste dei Paesi i cui cittadini sono sottoposti all’obbligo del visto, la
Commissione ha definito criteri riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la
sicurezza e le relazioni esterne dell’Unione europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche
delle implicazioni di coerenza regionale e di reciprocità. Per l’esame delle domande di visto,
il Codice dei visti pone l’accento sulla valutazione del rischio di immigrazione illegale, del
173
La Commissione, sulla base delle diverse Cooperazioni locali Schengen, ha previsto liste di documenti
giustificativi diversi per diverse aree del mondo.Al riguardo cfr. ad esempio la decisione della Commissione
C(2011) 5500 final, COMMISSIONIMPLEMENTINGDECISIONof 4.8.2011establishing the list of supportingdocuments
to be presented by visa applicants in China (in Beijing, Guangzhou, Chengdu, Shanghai and Wuhan), Saudi
Arabia, Indonesia and Vietnam (in Hanoi and Ho-Chi Minh City), Brussels, 2011; oppure C(2011) 7192 final,
Commissionimplementingdecision of 13.10.2011 establishing the list of supportingdocuments to be presented by
visa applicants in Bosnia and Herzegovina, Sri Lanka, and Turkey (Ankara, Istanbul, Edirne and Izmir),
Brussels, 13.10.2011; oppure C(2012) 5310 final, Commissionimplementingdecision of 6.8.2012 establishing
the list of supportingdocuments to be presented by visa applicants in Chile, Kazakhstan (Almaty and Astana),
Nicaragua and Nigeria (Abuja and Lagos).
174
Per quantoriguardal’inscrizione di datinel SIS ex art. 96 dellaConvenzione di applicazionedell’Accordo di
Schengen cfr. per approfondimento la relazioneJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN, DATA PROTECTION
SECRETARIAT, Final report of the Schengen Joint Supervisory Authority on the follow-up of the
recommendations concerning the use of Article 96 alerts in the Schengen Information System, Brussels, 2010,
nonchéJOINT SUPERVISORY AUTHORITY OF SCHENGEN,Activity Report – December 2005 – December 2008.
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rischio per la sicurezza degli Stati membri e dell’intenzione del richiedente di lasciare il
territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto. Cosa ne consegue a
livello di rilascio e rifiuto dei visti? Esistono cifre coerenti su scala europea al riguardo? Le
cifre sono comparabili a livello globale tra i diversi Stati Schengen? E ai livelli regionali o
nazionali sono uniformi? Esistono differenze di trattamento nei confronti di cittadini stranieri
in base alla loro provenienza geografica? Una valutazione statistica regolare sulle pratiche
nazionali di rilascio, e di rifiuto, dei visti è di fondamentale importanza per valutare lo stato di
applicazione della politica europea dei visti e, di conseguenza, la sua credibilità.
Le statistiche riguardanti i visti di breve durata di tipo C dimostrano che in tutto il
mondo durante il 2011 la Francia ha rilasciato 1.938.555 visti, seguita dalla Germania che ne
ha rilasciati 1.588.595, dall’Italia con 1.445.745, dalla Spagna con 1.337.990 e dalla Finlandia
1.244.680175. Questi sono i cinque Paesi che hanno rilasciato più visti durante l’anno di
riferimento. Si pensi che, ad esempio, il Lussemburgo ha rilasciato nel 2011 solo 8.810 visti ti
tipo C176. Chiaramente, ciò dipende anche dalla diversa copertura consolare dei Paesi
dell’Unione nel mondo e dalla loro popolazione, dalla loro economia, dalle ricchezze
archeologiche, culturali, storiche, paesaggistiche, naturali ecc.: essi hanno dimensioni di flussi
di viaggio in ingresso differenti e opportunità di scambi di affari ineguali con cittadini di
Paesi terzi. Osservando il numero totale dei dinieghi delle domande di visto dei cinque Stati
che hanno rilasciato più visti, è possibile notare un primo segnale di difformità applicative: i
rifiuti globalmente decretati dalle amministrazioni francesi competenti in materia di visti sulle
domande di visto di breve durata sono 191.915, la Germania ha deciso 118.603 rifiuti, l’Italia
70.491, la Spagna 109.111, la Finlandia 14.962177. Il confronto dei valori assoluti permette già
di notare che l’Italia rilascia più visti della Spagna e decreta meno rifiuti. Si nota
immediatamente anche che il valore assoluto dei rifiuti finlandesi è molto basso. Nonostante
175
Cfr. la relazioneSWD(2012) 139 final, COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENTon the Third Annual Report on
Immigration and Asylum (2011) Accompanying the document Communication from the Commission to the
European Parliament and the Council Third Annual Report on Immigration and Asylum (2011), Brussels, 2012.
I dati sono pubblicati anche sul sito della Commissione, DG Affari Interni e sono disponibili all’indirizzo
internet: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls.
176
Cfr.
i
dati
su:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-wedo/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls.
177
I dati sono estratti dalla tabella pubblicata sul sito della DG Affari Interni, disponibili all’indirizzo internet:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/pdf/synthese_2011_with_filters_en.xls.
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ciò, il calcolo dei tassi di rifiuto178 è più indicativo e permette considerazioni immediate: la
Francia rifiuta il 9,0% delle domande di visto esaminate presso i suoi Consolati, la Germania
il 6,9%, l’Italia il 4,6%, la Spagna il 7,5% e la Finlandia solo l’1,2%179. Si noti che nello
stesso periodo di riferimento gli Stati Schengen hanno rilasciato in totale 12.640.034 visti di
tipo C e 745.973 rifiuti, con un tasso di rifiuto quindi del 5,6%. La Francia è il Paese che nel
corso del 2011 ha permesso in assoluto al numero maggiore di cittadini di Paesi terzi di
ottenere il visto per avere accesso all’area Schengen, ma allo stesso tempo è il Paese che ha
messo in atto le maggiori barriere alla mobilità degli stranieri, operando la selezione in
maniera più severa rispetto agli altri Stati Schengen. Il comportamento di Spagna e Germania
è confrontabile, con tasso di rifiuto superiore alla media. La Finlandia e, in misura minore,
l’Italia hanno permesso un più facile accesso al territorio comune, con tassi di diniego
inferiori alla media. Ma a cosa possono essere dovute queste difformità applicative? È
possibile che la Francia abbia ricevuto sì il maggior numero di domande di visto, ma tra di
esse anche il maggior numero in percentuale di domande non conformi ai requisiti posti in
essere dal legislatore europeo oppure in violazione delle norme da esso definite? È possibile
che la Finlandia riceva domande di visto solo da parte di cittadini di Paesi terzi in grado di
presentare le proprie domande in maniera corretta e dotati di tutti i requisiti richiesti? O
esistono altri fattori capaci di chiarire tali discordanze?
Scendendo di livello, dalla scala globale a quella regionale, possiamo verificare la
conformità dei dati ad esempio per le sole regioni dell’Africa settentrionale e del Vicino
Oriente180, i cui Paesi sono stati selezionati dalla Commissione tra i primi in cui dare l’avvio
alle attività del
VIS,
anche a causa dell’elevato rischio di immigrazione rappresentato dai
cittadini provenienti da queste regioni. In totale, nel 2011 i Consolati degli Stati Schengen
nella regione hanno rilasciato 891.091 visti, 173.296 rifiuti, con un tasso di rifiuto del 16,4%,
178
Calcolati dal numero de dinieghi diviso dal numero totale delle decisioni sulle domande di visto (tranne alcuni
casi particolari di interruzione dell’esame della domanda di visto si può ritenere che questo fattore comprenda la
somma del numero dei visti rilasciati e di quelli rifiutati).
179
Il caso della Finlandia è particolare. Si vedrà in seguito che la quasi totalità di visti rilasciati dalla Finlandia
riguardano domande di visto presentate nella Federazione Russa con la quale è in vigore un accordo di
facilitazione del rilascio dei visti.
180
I dati si riferiscono alle domande di visto trattate nei Consolati degli Stati Schengen in Algeria, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia.
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quasi tre volte superiore a quello individuato a livello globale. La Francia ha rilasciato
446.153 visti e rifiutato 82.075 domande di visto (con un tasso di rifiuto del 15,5%), la
Spagna ha rilasciato 192.739 visti e ne ha rifiutati 39.263 (16,9%), l’Italia ne ha rilasciati
57.521 e ne ha rifiutati 8.046 (12,3%), la Germania ne ha rilasciati 53.582 e ne ha rifiutati
10.593 (16,5%), la Finlandia ne ha rilasciati solo 3.031 e ne ha rifiutati 1.224, con un tasso di
rifiuto del 28,8%. Francia e Spagna hanno ricevuto un gran numero di domande di visto, ben
superiore a quello di Italia e Germania. I tassi di rifiuto francesi, spagnoli e tedeschi sono
confrontabili con la media dei Paesi Schengen. L’Italia si conferma come più permissiva in
termini di rilascio dei visti. La Finlandia dimostra per le regioni in questione un tasso di
rifiuto estremamente più alto rispetto a quello medio e rispetto allo stesso dato relativo alle
domande di visto da essa trattate a livello globale.
La regione del mondo in cui i Paesi Schengen hanno ricevuto e trattato più domande di
visto è la Federazione Russa. È necessario tenere presente che, al fine di riconciliare la
politica dei visti con l’obiettivo della promozione delle relazioni esterne, con tale Paese terzo
è in vigore un accordo di facilitazione del rilascio dei visti, che prevede requisiti documentali
semplificati, tempistiche di trattazione più rapide, il prelievo di diritti per il visto inferiori
ecc., accompagnato dalla conclusione di un accordo parallelo di riammissione per contrastare
i possibili effetti dell’immigrazione illegale. Nella Federazione Russa, durante il 2011 sono
stati rilasciati ben 5.152.518 visti e 77.509 rifiuti, il tasso di rifiuto è dell’1,5%. La Finlandia
ha rilasciato 1.182.876 visti e ne ha rifiutati 8584 (tasso di rifiuto del 0,7%), la Spagna ha
rilasciato 699.815 visti e ne ha rifiutati 28.218 (3,9%), l’Italia ne ha rilasciati 579.492 e
rifiutati 3.663 (0,6%), la Germania 375.103 e 8.528 rifiuti (2.2%), la Francia 339.253 e 4701
rifiuti (1,4%). Anche in questo caso i tassi di rifiuto variano tra gli Stati Schengen: la Spagna
e la Germania dimostrano di essere piuttosto restrittivi nei confronti delle domande di visto
presentate presso i loro Consolati nella Federazione Russa, la Finlandia e soprattutto l’Italia
sono estremamente permissive.
Il grado di variabilità maggiore in contesti omogenei si può notare per alcuni Paesi
dell’Africa sub-sahariana: in Etiopia per esempio il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del
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18,2% e varia tra il 16,6% della Francia e il 7,8% dell’Italia 181; nella Repubblica Democratica
del Congo, il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del 35,1% e varia tra il 2,0% della Francia,
su numeri bassi e per cui poco accurato, e il 44,2% dell’Italia, in questo caso il Paese più
esigente. Nell’America meridionale, in Colombia il tasso di rifiuto dei Paesi Schengen è del
11,4% e varia tra il 13,4% della Spagna e il 3,6% della Germania, che in questo caso si
dimostra il Paese più permissivo.
Questi dati riguardanti i tassi di rifiuto durante il 2011 dimostrano che, nonostante le
regole comuni e i criteri comuni per il rilascio dei visti, definiti recentemente dal legislatore
europeo, fossero già quasi completamente in vigore, l’applicazione di essi da parte degli Stati
membri risulta alquanto differenziata nei diversi contesti regionali e nazionali nei Paesi terzi i
cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del visto per poter avere accesso all’area Schengen.
Considerevoli variazioni sono presenti tra le diverse regioni e, all’interno delle stesse, tra
Paese e Paese e tra Consolato e Consolato. Nei medesimi contesti nazionali, sono
individuabili non infrequentemente variazioni considerevoli nei tassi di rifiuto dei visti decisi
dalle amministrazioni dei diversi Stati Schengen182. I tassi di rifiuto, quale indicatore più
immediato e significativo, al momento attuale risultano non armonizzati.
La discussione relativa ai tassi di rifiuto pone alcuni interrogativi in merito alla gestione
delle politica comune dei visti. Quali sono le ragioni innanzitutto per le quali una politica
comune ha al momento attuale effetti così palesemente difformi? A cosa sono dovute tali
difformità applicative? È possibile promuovere una convergenza negli esiti applicativi di tale
181
La Finlandia rifiuta il 33,7% delle domande di visto ma i numeri assoluti non superano il centinaio di unità
per cui il dato non è attendibile. Sempre per l’Etiopia si faccia riferimento ad esempio ai casi di Norvegia e
Grecia con tassi di rifiuto rispettivamente del 79% e 50% ma su numeri di domande bassi (19 domande di visto
per la Norvegia, di cui 4 visti rilasciati e 910 domande di visto per la Grecia, di cui 465 visti rilasciati). Il valore
della Grecia è sicuramente più attendibile.
182
Per una trattazione approfondita della questione relative ai dati sul rilascio dei visti tra il 2005 e il 2008 cfr.
anche HOBOLTH, Wanted and unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa
practices, London, 2010 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html). Durante tale periodo i Paesi più
liberali nel rilascio dei visti erano Italia, Austria e Danimarca, i più restrittivi Belgio, Malta e Slovenia. L’autore
propone un modello per la spiegazione della variazione dei tassi di rifiuto considerando i fattori il livello di
reddito, di democrazia, la religione, la presenza di conflitti armati nel Paese di origine e le dimensioni della
comunità di immigrati cittadini del Paese di origine nel Paese di destinazione. L’autore mostra che altri fattori
quali il tasso di disoccupazione e i legami coloniali non sono invece statisticamente rilevanti. Lo stesso autore ha
creato un indice, l’Indice di barriere alla mobilità: per approfondire cfr. la pagina
http://www.mogenshobolth.dk/evd/explore.aspx.
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politica, in particolare in merito alle modalità di trattazione delle domande di visto e agli esiti
della valutazione delle stesse?
L’unitarietà del regime europeo dei visti è riscontrabile, come già indicato, innanzitutto
nell’istituzione di un modello uniforme di visto, delle liste comuni dei Paesi terzi i cui
cittadini devono essere in possesso del visto, di un Codice dei visti, affiancato dai manuali per
il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati e per
l’organizzazione del servizio visti e la Cooperazione locale Schengen, nonché del Sistema
d’Informazione Visti (VIS). Tali strumenti normativi e istituzioni forniscono agli Stati membri
strumenti comuni, regole comuni, criteri di valutazione comuni, modalità operative comuni. Il
visto uniforme regola la possibilità di accesso allo spazio comune dei Paesi Schengen in base
alle condizioni definite dal visto stesso, per un periodo comunque non superiore a tre mesi
nell’arco di un semestre. Esso è valido anche per l’ingresso sul territorio di uno Stato membro
anche se rilasciato da un altro partner Schengen. Le regole comuni implicano il
riconoscimento delle valutazioni effettuate dalle autorità competenti per i visti di altri Stati
Schengen. Le regole definite dal Codice dei visti insistono infatti sulle modalità e sulle
procedure per la definizione dello Stato competente, per la ricevibilità di una domanda di
visto, per il suo esame e per la decisione al riguardo. Il Codice istituisce regole chiare
soprattutto per evitare attriti di competenze tra gli Stati membri, per determinare le modalità
degli eventuali rapporti di collaborazione degli stessi, o con soggetti privati esterni alle
amministrazioni nazionali, nonché per mettere a disposizione dei funzionari incaricati
dell’esame delle domande di visto procedure, parametri e strumenti, come il
SIS,
per
individuare coloro a cui deve essere escluso l’accesso al territorio comune. Il Codice visti si
limita inoltre a prevedere la possibilità di ricorso avverso diniego di una domanda di visto ma
lascia ai legislatori nazionali il compito di definire le regole e le procedure. In risposta
all’aumento della dimensione del traffico internazionale di persone e all’impossibilità di
gestire controlli approfonditi alle frontiere esterne, la strategia dell’Unione ha esternalizzato
direttamente negli Stati terzi il controllo delle persone che intendono avere accesso all’area
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Schengen183, insistendo sul riconoscimento delle decisioni prese dai singoli Stati membri,
sulla fiducia tra le amministrazioni dei Paesi membri e sulla loro solidarietà. Tutto ciò
presuppone la veridicità dei controlli effettuati e la disponibilità di informazioni e di dati
sull’applicazione di tali misure da parte delle amministrazioni degli altri Stati associati.
Il visto uniforme resta nelle mani dei Consolati, soggetto alla diversa importanza
accordata dei criteri di valutazione utilizzati da essi nell’esame delle domande di visto,
risultanti in evidenti difformità applicative della normativa comune nei diversi contesti
regionali e nazionali. Il visto uniforme è rilasciato da uno degli Stati Schengen ed è soggetto a
valutazione al momento del passaggio della frontiera esterna. Il trattamento del visto uniforme
è eterogeneo: varia localmente in base alle pratiche dei diversi Consolati, i veri responsabili
dell’attribuzione a livello individuale dei visti, varia in funzione delle direttive date ai
Consolati da parte delle autorità centrali, in base alle rispettive ideologie e alla severità della
politica migratoria. Per di più, il numero dei Consolati degli Stati Schengen all’estero è
elevato, ragione di ulteriore variabilità184. Tranne che per la soluzione degli accordi di
rappresentanza che, diminuendo il numero degli attori implicati nell’esame delle domande di
visto, riconducono l’equilibrio verso l’uniformità delle pratiche, la molteplicità dei Consolati
crea potenzialmente le condizioni per altrettante modalità di valutazione delle domande di
visto. I Consolati non operano soli: applicano la normativa comune, sono in costante
collegamento con le Autorità centrali dello Stato membro da cui dipendono e cooperano a
livello locale con gli altri Consolati nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Dal
punto di vista organizzativo, la politica dei visti è condotta dalla Commissione, in particolare
dal Comitato Visti, che offre la propria interpretazione delle regole comuni, riceve
informazioni e comunica regolarmente con le autorità centrali degli Stati membri e con le
Questo punto è vero per l’Unione Europea e per molti altri Paesi del mondo che sono destinatari di flussi
consistenti di persone in ingresso e uscita. La biografia a tal riguardo è vasta, per approfondire si cfr. ad esempio:
BIGO, GUILD, op. cit., Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di), op. cit., Aldershot, 2005,
pp.233-262; BIGO, GUILD, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280;
BROUWER, op. cit., in RYAN, MITSILEGAS (a cura di), op. cit., Leiden, 2010, pp. 257-280; HOBOLTH, Wanted and
unwanted travellers: explainingsimilarities and differences in European visa practices, London, 2010; VAN
MUNSTER, op. cit., Esbjerg, 2005.
184
Lo stato attuale di copertura consolare dei Paesi Schengen è consultabile all’indirizzo internet:
http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2028_MS%27%20CONSULAR%20REPRESENTATION_16%20%2004
%202012_EN%20CL.pdf#zoom=100.
183
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Delegazioni all’estero della Commissione. Le autorità centrali degli Stati Schengen
interagiscono tra loro e gestiscono separatamente la propria rete di Consolati all’estero. I
Consolati si occupano della quotidiana gestione pratica del servizio visti e comunicano
regolarmente a livello locale tra loro nell’ambito della Cooperazione locale Schengen. Il
comportamento tenuto dal Consolato è influenzato da tutte queste sollecitazioni, in grado di
influire sul grado di rigore nell’applicazione della normativa e di stimolare in maniere diverse
altri fattori quali la velocità di trattamento delle domande di visto, oppure la quantità di
domande da esaminare. In base alle priorità degli Stati membri, i Consolati ricevono più o
meno risorse, in termini di dotazione di personale e strumentazione. Tutto ciò dimostra che
l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri è carico di significati politici: le maggiori
difformità applicative tra gli Stati membri in contesti nazionali omogenei, nonché le possibili
variazioni nel tempo in relazione alla restrittività/facilità nel rilascio di visti da parte di uno
Stato membro nei confronti dei cittadini di un Paese terzo, sono spiegabili in buona parte con
riferimento all’indirizzo politico definito dagli Stati membri. Il visto è uno strumento politico
utilizzabile in termini di soft law per promuovere le relazioni con un Paese terzo o al contrario
per sanzionare quest’ultimo.
Il visto non è condizione sufficiente per l’ingresso nell’area Schengen. È sottoposto
anche ai controlli di polizia alla frontiera esterna, risultando in ampie possibili difformità
conseguenti al diverso rigore da parte delle autorità di controllo nell’applicazione delle
disposizioni del Codice delle frontiere Schengen e delle disposizioni nazionali185. Il sistema
dei visti dunque si regge su un’enorme pluralità di attori/decisori che, nonostante il quadro
normativo unitario che sono tenuti ad osservare, sono sottoposti a sollecitazioni diverse da
parte delle proprie autorità e del contesto locale in cui operano e dell’organizzazione del
lavoro. Il sistema dei visti funziona come una rete186 in cui decisori eterogenei conducono in
maniera parzialmente interdipendente le proprie decisioni nel rispetto dal punto di vista
formale della normativa comune. Le decisioni prese dai singoli Consolati sono riconosciute
185
I dati riguardanti i respingimenti alla frontiera esterna daparte delle autorità di polizia degli Stati Schengen ex
art. 13 del Codice delle frontiere Schengen sono disponibili al sito della DG Affari interni alla pagina internet:
http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/doc_centre/borders/docs/notifications/borders_maps_en.pdf.
186
Questo punto è sostenuto con forza anche da BIGO, cfr. per approfondire; BIGO, GUILD,op.cit., 2003.
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dagli altri attori che intervengono nel sistema, quali le autorità di controllo alle frontiere
esterne, che mantengono tuttavia la possibilità di negare l’accesso al territorio comune al
cittadino straniero titolare di visto ma che non soddisfa tutte le condizioni d’ingresso. In
questa rete, in funzione della fiducia reciproca riposta nella validità delle decisioni prese, nella
politica dei visti condotta o nella veridicità dei controlli effettuati dai Consolati, in base alla
percezione reciproca del rispetto dei criteri definiti dal legislatore europeo, i Paesi membri
possono riconoscere con gradi di apprezzamento diverso le decisioni prese dagli altri Paesi e
gestire il proprio controllo alle frontiere esterne in modo differente in base ai propri interessi:
in alcuni casi le autorità di controllo nazionali alla frontiera esterna possono decidere di non
convalidare decisioni di rilascio del visto prese da un Consolato appartenente alla rete del
Ministero degli Affari Esteri del proprio Paese, in altri casi possono non convalidare le
decisioni di rilascio del visto prese da Consolati di altri Paesi Schengen187. In questo caso, le
autorità di controllo si sentiranno legittimate a respingere in misura maggiore e con più agilità
i cittadini che hanno ottenuto il visto presso Consolati percepiti come meno affidabili. Nei
casi di maggiore diffidenza, soprattutto con riguardo a contesti nazionali nei quali i cittadini
stranieri che richiedono il visto possono, con maggiore probabilità, costituire un rischio per la
sicurezza, alcuni Stati Schengen possono derogare alla retorica comune di fiducia tra Stati
associati e solidarietà reciproca e servirsi dello strumento della consultazione preliminare. In
questo modo, le domande di visto di cittadini degli Stati terzi per i quali è chiesta la
consultazione188, presentate in qualsiasi Consolato degli Stati Schengen nel mondo, devono
necessariamente essere portate all’attenzione delle autorità centrali dello Stato che ha richiesto
la consultazione affinché esse prendano la propria decisione in merito, autorizzando o meno le
autorità degli altri Stati al rilascio di un visto uniforme.
La convergenza è raggiunta quando gli Stati membri concordano nell’osservare le
regole che hanno contribuito a definire. C’è mancanza di convergenza quando un insieme di
187
Alle frontiere interne, il riconoscimento delle decisioni sul rilascio dei visti da parte di altri Stati Schengen è
totale in quanto i controlli sulle persone non sono più effettuati.
188
L’elenco degli Stati terzi i cui cittadini,o specifiche categorie di essi, sono soggetti alla consultazione
preliminare ex art. 22 del Codice dei visti è pubblicato sul sito della Commissione alla pagina internet:
http://ec.europa.eu/homeaffairs/doc_centre/borders/docs/Annex%2016_Prior%20consultation_EN.pdf#zoom=100
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clausole contenute nelle norme comuni concede ampi poteri agli Stati membri189. La
persistenza di spazi per la discrezionalità degli Stati membri è esplicitamente prevista nelle
regole definite dal legislatore europeo: si pensi ad esempio alla possibilità di rilascio di visti
con validità territoriale limitata in casi eccezionali di interesse nazionale, nonostante
l’impossibilità al rilascio di un visto uniforme, o per motivi ritenuti giustificati dal consolato
anche se il richiedente ha già utilizzato un visto uniforme nel semestre e completato il periodo
massimo di permanenza a sua disposizione. Le regole europee concedono agli Stati membri
altri spazi di flessibilità: alcuni criteri non sono vincolanti, altri non esaustivi cosicché gli
Stati membri possano richiedere requisiti aggiuntivi, si veda ad esempio le liste dei documenti
giustificativi richiesti. In merito alla valutazione del rischio immigratorio e alla sicurezza, le
istituzioni europee non specificano il grado di rischio, alto, medio o basso da attribuire ai
diversi Paesi terzi, permettendo così alle autorità degli Stati membri un certo grado di
autonomia nell’effettuare le proprie valutazioni al riguardo.
La presenza di flessibilità nel quadro legale europeo non è nuova. Essa è un concetto
politico che individua la soluzione del male minore per i problemi legati alla cooperazione e
all’integrazione in aree sensibili. È uno strumento politico per concedere spazio alle diversità
e facilitare la convergenza, dando la possibilità ai recalcitranti di scegliere caso per caso a
quali disposizioni conformarsi190. Si pensi ad esempio ai protocolli allegati al Trattato sui casi
della Danimarca, oppure del Regno Unito e dell’Irlanda, a cui è concessa la possibilità di
optare caso per caso di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen,
ridefinendo così in momenti successivi la loro posizione in relazione alle misure concordate.
La convergenza allora può essere definita in termini di aumento delle affinità tra una o
più caratteristiche di una politica in un’area determinata e in un certo periodo di tempo.
Nonostante le divergenze nell’applicazione della politica dei visti già indicate, alcuni segnali
di convergenza sono evidenti non solo nel grado di armonizzazione o nel numero di strumenti
legali adottati a livello europeo, ma anche nel grado di discrezione lasciata agli Stati membri.
Un segnale concreto in tal senso è osservabile nelle analisi statistiche empiriche sulle pratiche
di rilascio dei visti nei Paesi dell’Europa centro-orientale prima e dopo il loro ingresso
189
190
Cfr. BALZACQ, CARRERA, op. cit.,inBALZACQ, CARRERA (a cura di), op. cit., Aldershot, 2006, pp.1-34.
Per una trattazione approfondita cfr. anche GEDDES, op. cit..
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nell’area Schengen. In questo caso, lo smantellamento delle frontiere interne ha avuto effetti
sulla messa in pratica di politiche di controllo esterno sulle migrazioni più restrittive: dopo il
2007 le procedure di rilascio dei visti nei nuovi Stati membri sono diventate
considerevolmente più restrittive rispetto al periodo precedente. Questo fatto è imputabile sia
all’applicazione di nuovi standard di controllo, sia alla coscienza che l’autorizzazione o il
rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero non dipende solo da ragioni
nazionali ma deve essere determinato anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti
gli altri Stati associati191.
Tuttavia, nonostante questi aspetti, differenze applicative in contesti omogenei saranno
visibili fino a quando le logiche di rilascio del visto uniforme resteranno sotto il controllo
degli Stati membri. Data la carica politica dello strumento del visto e del suo utilizzo, un
elevato grado di convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le
Istituzioni europee e, in primis la Commissione, a definire nel quadro delle relazioni esterne
dell’Unione le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il rilascio dei visti. Osservando i
cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli Accordi di Schengen nel
1985, si può notare che i rapporti di forza sono evoluti in favore della Commissione: essa era
completamente esclusa dalla cooperazione in materia di visti all’inizio, è riuscita ad ottenere
un ruolo modesto con la costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht, ha
assunto un ruolo molto più importante con la comunitarizzazione della materia della libera
circolazione delle persone con il Trattato di Amsterdam. Ha cominciato in seguito un’ampia e
graduale opera di razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e
omogeneo l’insieme dei principi di base che gli Stati devono rispettare, senza toccare la
sovranità degli Stati in materia ma uniformando i meccanismi per le modalità di esame delle
domande di visto, per il rilascio dei visti e per i controlli alle frontiere esterne. Si pensi ad
esempio agli elenchi dei Paesi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto per l’accesso
all’area Schengen e dei Paesi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo: solamente in seguito
alla comunitarizzazione della materia il Consiglio è riuscito a uniformare completamente le
liste, in contrapposizione con i testi legislativi precedenti che individuavano solamente i Paesi
191
Cfr. HOBOLTH, Europeanization of domestic migration control policies: the case of short-stay visas, London,
2011 (http://personal.lse.ac.uk/hobolth/Publications.html).
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terzi i cui cittadini erano sottoposti all’obbligo del visto, mentre per i Paesi terzi non
menzionati permettevano esplicitamente la libera scelta degli Stati membri sulla condotta da
mantenere e creando così le condizioni per enormi difformità di trattamento. Durante i primi
dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel favorire
l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di nuove
istituzioni: si pensi al Codice dei visti, al
VISe
alle agenzie europee per la gestione operativa
delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala. Il VISsoprattutto
fa fronte alle carenze degli Stati membri in relazione alla capacità degli stessi di condividere
le informazioni rilevanti sui visti e alla capacità di comunicazione. La presenza di tali nuove
istituzioni e mezzi operativi crea un ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti
per i visti sono tenute a lavorare: la Commissione genera convergenza e determina la forma
che tale convergenza prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli
Stati membri affinché essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle
proprie necessità immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto,
ma allo stesso tempo li obbliga ad imparare un nuovo metodo di lavoro, li obbliga
all’apprendimento istituzionale e reciproco. Li obbliga in definitiva a condurre le proprie
attività in un ambiente nuovo, il “suo” territorio senza frontiere interne, a collaborare nella
Cooperazione locale Schengen e, inevitabilmente, a farsi pressioni reciproche in direzione di
una maggiore cooperazione, del rispetto delle rispettive necessità, anche se tali contese
possono degradare a volte nello scontro interistituzionale. E anche in questa evenienza gli
Stati non sono più gli unici attori, ci sono le nuove istituzioni europee create, capaci anch’esse
di effettuare pressioni nella direzione da esse voluta, nonché le Istituzioni europee centrali
stesse, tra cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con l’istituzione del Codice dei Visti
e del
VISil
processo di costruzione istituzionale può essere considerato concluso. La
Commissione ora ha a disposizioni strumenti che le permettono di verificare le informazioni
che le provengono dagli Stati membri. Oltre a ciò, la Commissione obbliga se stessa ad
effettuare
regolarmente
attività
di
monitoraggio,
di
controllo
e
di
valutazione
dell’applicazione della politica europea dei visti: ora è il momento di tornare al serio compito
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di governare192.
Il regime Schengen dei visti ha lo scopo dichiarato di bloccare l’immigrazione illegale.
L’imposizione del visto crea una prima barriera nei confronti di tutti i cittadini dei Paesi
elencati nella lista determinata dal Consiglio a tale scopo. I criteri utilizzati riguardano
l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico e la sicurezza, le relazioni esterne dell’Unione
Europea con i Paesi terzi, tenendo conto anche delle implicazioni di coerenza regionale e di
reciprocità: di fatto il visto è obbligatorio per i cittadini provenienti da Paesi in media poveri,
oppressi da regimi politici repressivi, con problemi di sovrappopolazione, con storia recente
di conflitti violenti e instabilità locali o etniche oppure con combinazioni varie di questi
aspetti.
I requisiti richiesti per il rilascio del visto creano una seconda barriera che opera a
livello individuale escludendo l’accesso a coloro che provengono dai Paesi terzi nelle
condizioni sopra menzionate e che, all’interno di essi, si trovano nella situazione meno
privilegiata. I criteri utilizzati per operare la distinzione tra individui soggetti all’obbligo del
visto sono quelli del rischio migratorio e del rischio per la sicurezza dei Paesi membri:
chiunque sia considerato a rischio di non rientro al Paese di origine o sia considerato una
minaccia per l’ordine pubblico, per la sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le
relazioni internazionali di uno degli Stati membri deve essere bloccato. Nel Paese d’origine,
chi ha una posizione socioeconomica stabile può aspirare a visitare i Paesi dell’area
Schengen, chi invece vive in condizioni meno agiate e più difficili deve evitare di avere
questo sogno: possono viaggiare i ricchi e coloro che hanno i mezzi sufficienti per partire,
sopravvivere nell’area Schengen e rientrare a casa. Di fatto, la mobilità di chi non dispone di
tali mezzi deve essere bloccata.
La frontiera esterna dell’area Schengen si trova fisicamente ai limiti di tale spazio e
attorno ai punti di accesso, tuttavia esistono altri tipi di frontiera193: la frontiera degli elenchi
192
Cfr. PARKES, op. cit, 2009.
L’argomento dello spostamento verso l’esterno della frontiera è sostenuto con forza da BIGO, GUILD e altri
autori. Per approfondire cfr. BIGO, GUILD, op. cit, Paris, 2003; BIGO, GUILD, op. cit., in BIGO, GUILD (a cura di),
op. cit., Aldershot, 2005; BIGO,DupanoptismeauBan-optisme. Les micros logiques du contrôle dans la
mondialisation, in CHARDEL, ROCKHILL (a cura di), Technologies de contrôle dans la mondialisation : enjeux
politiques, éthiques et esthétiques, Paris, 2009; VAN MUNSTER, op. cit.Esbjerg, 2005; GUILD, Danger - Borders
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comuni, su base nazionale, e la frontiera dei requisiti richiesti per l’ottenimento del visto, che
si attiva su base individuale in base alla valutazione degli agenti consolari. Queste frontiere si
dispongono direttamente nei Consolati degli Stati Schengen all’estero e soprattutto nei Paesi
terzi elencati dal Consiglio e il loro scopo è quello di verificare la situazione personale dei
richiedenti. Esse hanno maglie più larghe nei confronti degli individui che dispongono di
stabilità socioeconomica ritenuta sufficiente e dispongono di mezzi economici considerati
accettabili secondo gli standard degli Stati Schengen. Anche se le maglie sono in questo caso
più larghe, non significa che non ci sia la frontiera: i richiedenti ricchi possono sempre
attivare altri controlli, possono essere segnalati nelle banche dati nazionali ai fini della non
ammissione, possono essere ricchi ma non persuasi dal modo di vita dei cittadini dell’Unione,
possono mettere in discussione tale modello e la sicurezza interna dei Paesi membri e per tali
motivi non essere benvenuti e degni di essere bloccati nel Paese di origine. La frontiera
diventa invece impenetrabile per coloro che mancano dei requisiti economici minimi ritenuti
accettabili: la povertà basta, a parità di altri fattori, per essere esclusi quasi con certezza dalla
possibilità di accedere anche per brevi periodi all’area comune. La globalizzazione permette
nuove opportunità di contatto tra i popoli, avvicina mondi diversi, rende i trasporti più rapidi e
accessibili, tuttavia, in fin dei conti, la povertà esclude certi individui dall’accesso a tali
opportunità. La politica Schengen dei visti non fa eccezione e per mezzo delle regole definite
e delle modalità indicate per l’esame delle domande di visto non fa altro che rinforzare le
linee di frattura tra Paesi ricchi e poveri e tra individui ricchi e poveri.
7.
Conclusioni
Il sistema europeo dei visti di breve durata funziona come una rete in cui decisori
eterogenei – i vari Consolati degli Stati Schengen – definiscono in maniera parzialmente
under construction: assessing the first five years of border policy in an area of freedom, security and justice,
European Commission’s
Framework VI
project Challenge
Liberty and security,
2005
http://www.libertysecurity.org/articlé69.html; GUILD, Moving the borders of Europe, Nijmegen, 2001
http://cmr.jur.ru.nl/cmr/docs/oratie.eg.pdf; GUILD, CARRERA, GEYER, The Commission’s new Border Package.
Does it take us one step closer to a ‘cyber-fortress Europe’?, in Justice and Home Affairs CEPS Policy Briefs
http://www.ceps.eu/book/commissions-new-border-package-does-it-take-us-one-step-closer-cyber-fortresseurope); NEUMAYER, op. cit.d, in GLOBAL COMMISSION ON INTERNATIONAL MIGRATION, op. cit., Ginevra, 2005,
in
https://www.henleyglobal.com/fileadmin/pdfs/media-events/articles/200709_Article_in_Transactions_of_the_British_Institute_of_Geographers.pdf.
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interdipendente le proprie decisioni sulle domande di visto nel rispetto, dal punto di vista
formale, degli strumenti legislativi adottati dalle Istituzioni europee centrali. Le decisioni
prese dai singoli Consolati si conformano alle indicazioni di indirizzo politico delle Autorità
centrali degli Stati da cui dipendono e sono riconosciute dagli altri attori che intervengono nel
sistema. I singoli Stati sono i titolari della sovranità in termini di rilascio dei visti, detengono
il monopolio sulla gestione della circolazione dei cittadini di Paesi terzi, controllano chi entra
e sono liberi di rifiutare l’accesso.
La pluralità degli Stati che partecipano alla cooperazione di Schengen è la causa prima
dell’estrema complessità del sistema. La molteplicità delle autorità competenti che
intervengono nelle singole fasi dei processi, prima e dopo il rilascio del visto, rende possibile
l’esistenza delle condizioni opportune per il verificarsi di diversità di interpretazioni e di
applicazione della normativa, per difficoltà di comunicazione e per la presenza di particolari
violazioni. I tassi di rifiuto riguardanti l’anno 2011 dimostrano che lo stato di applicazione
delle regole comuni e dei criteri comuni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri
risulta alquanto differenziato nei Paesi terzi i cui cittadini sono sottomessi all’obbligo del
visto. A tale proposito, un caso estremo, nonché anomalo sul piano delle relazioni esterne
dell’Unione e della coerenza regionale, riguarda la Turchia: alla mancata armonizzazione dei
tassi di rifiuto si sommano le differenze dovute all’incompiuta adozione delle misure
appropriate da parte degli Stati membri per conformarsi al giudizio della Corte di Giustizia
sulla causa C-228/06194 e le esitazioni della Commissione in relazione ad una chiara presa di
posizione per regolare in maniera univoca il comportamento degli Stati membri. L’operato
non omogeneo dei Consolati degli Stati membri è anche la causa profonda della comune
violazione denominata visa shopping, in quanto tale fenomeno non potrebbe sussistere in
assenza di difformità applicative della normativa all’interno di una stessa circoscrizione.
Composta dagli Stati che vi hanno aderito, che hanno interazioni proprie con gli altri
attori della Comunità internazionale e che ricevono trattamenti differenziati nel contesto
Causa C-228/06, proposta dall’OberwaltungsgerichtBerlin-Brandeburg il 19 maggio 2006 e relativa al
ricorso avverso diniego del visto dei cittadini turchi SOYSAL e SAVATLI, conducenti di automezzi pesanti
immatricolati in Germania e operanti alle dipendenze di un’impresa turca che effettua legittimamente prestazioni
di servizi in Germania
194
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internazionale, l’Unione Europea sembra aver fatto propria una prospettiva neoliberale,
secondo la quale per il compito di governo la preoccupazione principale dovrebbe essere
quella di non impedire il corso delle cose, permettendo alla società di operare liberamente e
assicurando allo stesso tempo i necessari meccanismi di regolazione. Secondo tale
impostazione, la libertà si abbina strettamente al concetto di movimento: la libertà di
movimento è considerata uno dei presupposti fondamentali della concezione moderna di
economia liberale, lo sviluppo e la crescita economica stessi sono considerati variabili
dipendenti della mobilità dei beni, dei capitali e della popolazione. La mobilità degli individui
è un bene per l’economia, ma non si può ignorare che la libera circolazione può includere
alcuni abusi. Se gli individui non devono essere governati attraverso l’imposizione a
conformare i loro comportamenti ad obbligazioni sociali, bensì attraverso la motivazione a
scegliere attivamente il proprio stile di vita, autodefinendo e autoregolando il proprio
comportamento, anche la sicurezza non deve essere garantita dal costante intervento dei poteri
pubblici, bensì dalla messa in sicurezza dei meccanismi spontanei che sono già attivi
all’interno della società. In tale ottica, l’Unione si prefigge il compito di permettere
l’autonomo esercizio della libertà degli individui e dei corpi sociali e creare istituzioni capaci
di individuare gli abusi all’esercizio dell’autonomia, al fine di difendere le collettività da tali
comportamenti. Così, i cittadini di Paesi terzi che fanno ingresso nell’Unione senza
documenti validi o che non utilizzano correttamente il proprio visto sono considerati individui
non responsabili, incapaci di esercitare la propria autonomia correttamente. La loro illegalità è
considerata prova di malafede e di conseguenza la loro libertà di circolazione può subire
restrizioni per motivi di sicurezza. Il principio della sicurezza, che ha preso piede grazie alla
retorica relativa alla necessità di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza, è stato
selezionato perchè adatto al fine di imporre limitazioni alla libertà di circolazione. L’avvio del
programma dell’Aia ha segnato una svolta di notevole importanza in tale direzione. Il
documento approvato dal Consiglio raggruppa le azioni da prendere attorno a tre minacce,
ossia il terrorismo, il crimine transfrontaliero e la migrazione illegale. Quest’ultimo concetto
trae la propria origine dal rapporto tra i fenomeni migratori, spontanei e connessi intimamente
nell’animo della specie umana, con l’organizzazione politica delle società destinatarie dei
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flussi. Sono le regole determinate dal legislatore a qualificare con l’aggettivo “illegale” le
migrazioni. A differenza di quanto comunemente si ritiene, nel caso europeo, il principale
canale di immigrazione irregolare di molti soggiornanti di lungo periodo non è costituito dagli
ingressi irregolari, bensì dall’“overstay”, conseguente all’ingresso legale con visto valido da
parte del cittadino straniero e alla successiva illegalizzazione, a causa del mancato rientro in
patria alla scadenza del visto.
Oltre all’economia di mercato, ai principi di libertà di circolazione e di sicurezza, anche
la nozione di sussidiarietà, sostenuta dal principio di proporzionalità e ripetutamente
enunciata nelle fonti di diritto originario dell’Unione, incide sulla definizione della politica
dei visti. Essa implica la valutazione delle dimensioni dell’azione da intraprendere e dei suoi
effetti: solo le azioni che superano le possibilità di intervento di un singolo Stato o di un
gruppo di Stati possono essere intraprese dall’Unione. Questi criteri permettono di
comprendere l’architettura fondamentale del regime Schengen dei visti di breve durata: le
Istituzioni europee hanno adottato gli strumenti legislativi fondamentali ora in vigore che
devono essere applicati dalle autorità competenti degli Stati membri. Negli anni, il legislatore
ha raccolto in un unico corpo normativo, all’interno del Codice Visti, la maggior parte delle
disposizioni sui visti contenute nell’acquis di Schengen. Tale regolamento definisce la
politica comune in materia di visti come parte di un sistema multistrato inteso a facilitare i
viaggi legittimi e a combattere l’immigrazione clandestina. Esso esplicita che l’esame delle
domande di visto deve essere strutturato in modo tale da accertare se i richiedenti soddisfano
le condizioni d’ingresso previste dal Codice delle frontiere Schengen e se essi presentano un
rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza degli Stati membri. L’obiettivo
fondamentale della politica europea dei visti è quello di bloccare, prima che intraprendano il
viaggio verso l’area Schengen, coloro che presentano un rischio immigratorio o che
rappresentano, con alta probabilità e gravità, una minaccia per l’ordine pubblico, per la
sicurezza interna, per la salute pubblica oppure per le relazioni internazionali di almeno uno
degli Stati membri, nonché coloro che sono già noti agli Stati membri per gli stessi motivi e
sono già segnalati nelle banche dati nazionali. A ben vedere, l’esame della domanda di visto
non è altro che un ostacolo di secondaria importanza alla mobilità dei cittadini stranieri. La
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prima e principale barriera è rappresentata dal regolamento del Consiglio che determina gli
elenchi comuni dei Paesi terzi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto e dei Paesi i
cui cittadini ne sono esenti. Secondo tale strumento legislativo, la selezione è attuata su base
nazionale, secondo i criteri elaborati dalla Commissione ed utilizzati con flessibilità e senso
pratico, riguardanti l’immigrazione clandestina, l’ordine pubblico, la sicurezza, le relazioni
esterne dell’Unione Europea con i Paesi terzi, tenute conto anche le implicazioni di coerenza
regionale e di reciprocità. La strategia europea opera quindi una differenziazione su base
nazionale: l’Unione permette la libera circolazione dei propri cittadini e dei cittadini di alcuni
Paesi terzi le cui vite sono scandite da routinesconformi alla regola accolta in Europa e mette
a punto, invece, un sistema di valutazione del vissuto e delle intenzioni per gli individui
provenienti da tutti gli altri Paesi terzi, al fine di stabilire se essi, singolarmente, sono degni di
godere del diritto alla libera circolazione in modo autonomo e responsabile, bloccando in
anticipo coloro che sembrano non essere in grado di farlo e frammentando così le popolazioni
tra coloro che sono autorizzati a viaggiare e ad internazionalizzarsi e coloro che sono costretti
a stare fermi. Il metodo definito per suddividere gli individui in queste due classi è l’analisi
del rischio che, a causa della possibilità di errore, proporzionale alla dimensione
dell’incertezza, pone il problema fondamentale della necessità di continua ricerca di
informazioni per ridurre o annullare rischio ed errori. Essa richiede un incessante aumento
della domanda di sorveglianza e di controllo, nonché di scambio di informazioni utili. Le
principali misure definite dal Codice Visti e dal Regolamento
VISper
far fronte a queste
esigenze prevedono la raccolta di tutti i dati significativi riguardanti l’identità di coloro che
presentano una domanda di visto, la loro situazione economica e sociale e lo scopo del loro
ingresso nell’area Schengen, nonché l’uso estensivo delle tecnologie disponibili, purché esse
siano utilizzate ai fini previsti dal legislatore in modo proporzionale al raggiungimento degli
obiettivi definiti. L’uso di una banca dati elettronica comune permette indubbiamente una
nuova e accresciuta capacità di conoscenza del comportamento degli individui, nuove basi per
la valutazione dello stato di applicazione della normativa sui visti, per la comprensione del
fenomeno dell’immigrazione illegale e lo sviluppo di indicatori quantificabili utili alla
definizione delle future iniziative nell’ambito del regime europeo dei visti. Il
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VISsignifica
per
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la Commissione anche una nuova ed evoluta capacità di osservazione diretta, non mediata,
dell’operato degli Stati membri, di raccolta, di estrazione e di rielaborazione statistica delle
informazioni utili a conoscere il comportamento, le strategie e, in definitiva, le priorità degli
Stati membri in merito al rilascio dei visti. Gli strumenti legislativi in vigore prevedono
chiaramente che la Commissione è responsabile della verifica regolare dello stato di
implementazione della politica.
La strategia europea prevede dunque lo sviluppo di tecniche che operano nei confronti
dei cittadini stranieri su più livelli, sia a livello nazionale, sia individuale. È possibile
evidenziare alcune problematiche connesse all’applicazione di queste tecniche nel caso dei
singoli individui: le fonti legislative europee prevedono che i Consolati dei Paesi membri
accreditati all’estero siano responsabili della valutazione dei rischi, ma non precisano con
chiarezza le metodologie per misurare l’entità e la probabilità dei rischi individuali, lasciando
spazio così, nel compito di valutazione, alla discrezionalità e all’arbitrio degli Stati membri,
dei Consolati e alla percezione soggettiva del personale addetto. Tutto ciò può avere effetti
perturbanti per il funzionamento del regime Schengen dei visti. Se è vero che gli Stati hanno
ancora il monopolio sul rilascio dei visti e mostrano differenze di metodo che inevitabilmente
danno adito ad incomprensioni, sospetti, diffidenze e rivalità, è altrettanto vero che il
legislatore europeo ha previsto e istituzionalizzato forme di dialogo e di scambio di
esperienze e conoscenze tra i Consolati attraverso lo strumento della Cooperazione locale
Schengen, necessaria per la coordinazione delle metodologie di lavoro. Per migliorare
l’applicazione della politica dei visti e sviluppare un clima di maggiore distensione e fiducia
tra i Partner Schengen, sarebbe opportuno che le disposizioni che regolano tale istituto
venissero nuovamente emendate al fine di ampliare i contenuti e l’impatto della cooperazione
locale sull’operato dei singoli Consolati. La riforma dovrebbe volgersi in direzione della
creazione di un regolare o costante processo partecipato a più livelli, teso allo sviluppo della
conoscenza reciproca, allo scambio di metodologie di lavoro, all’individuazione delle migliori
soluzioni operative di cui generalizzare l’uso, al fine di aumentare il grado di interazione tra i
Consolati, raggiungendo così gli obiettivi del miglioramento effettivo dell’applicazione della
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politica dei visti e dello sviluppo di un clima di maggiore distensione e fiducia tra i Partner
Schengen.
La complessità dell’architettura del sistema edificato dalle istituzioni comunitarie
dipende in primo luogo dalla varietà degli strumenti legislativi utilizzati, siano essi
regolamenti, obbligatori in tutti i loro elementi costitutivi e applicabili direttamente negli Stati
membri, oppure direttive, che implicano il lavoro normativo dei legislatori nazionali per la
loro trasposizione nel diritto nazionale. Essa dipende in secondo luogo dalla pluralità di
autorità competenti e di Stati membri, che operano allo stato attuale in un ambiente non
ancora adeguato a creare le condizioni per una leale cooperazione costruttiva e che, al
contrario, rende possibili diversità di applicazione della normativa, difficoltà di
comunicazione e, di conseguenza, lascia ampio spazio a comportamenti abusivi. La
Commissione ha per ora risposto a queste problematiche permettendo un alto grado di
flessibilità, grazie a deroghe, opt-in e opt-out, al fine di concedere il tempo necessario agli
Stati più scettici di abituarsi al metodo di lavoro comunitario in materia di visti, nonché
introducendo l’uso di nuove tecnologie, creando database e infrastrutture atte alla gestione
delle frontiere e dei flussi di persone in ingresso nell’area Schengen nell’ottica della
condivisione delle informazioni. Tutto ciò risponde ad una concezione neoliberale di governo
della sicurezza, dipendente dall’idea secondo cui la gestione di grandi flussi di informazioni
dettagliate e accurate sugli individui, per mezzo di sistemi tecnologici, rende possibili i
compiti di individuazione delle persone a rischio e di adozione in tempo utile delle misure di
prevenzione adeguate per bloccare le mobilità non conformi alle regole convenute. Se è vero
che la capacità dello Stato di intervenire nei processi sociali dipende dalla sua abilità di
includere la società, esso, per poter far fronte all’immigrazione clandestina, deve disporre di
informazioni sufficienti a conoscere le modalità con cui avviene tale fenomeno. Il
VISè
stato
creato sostanzialmente per rispondere a questa esigenza, pur tuttavia le sue potenzialità
tecniche possono far presagire il pericolo di un uso non proporzionale o, peggio, l’eventualità
dello scope creep, qualora lo scopo del sistema informatico fosse ampliato nel tempo al fine
di utilizzare la banca dati per attività inizialmente non previste o escluse dal legislatore. Le
Istituzioni europee sono ancora impegnate nell’opera di ingegneria di organizzazione del
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sistema Schengen dei visti di breve durata e di costruzione delle nuove agenzie sovranazionali
e delle imponenti infrastrutture informatiche. Secondo le indicazioni del Piano d’azione per
l’attuazione del Programma di Stoccolma e degli strumenti legislativi recentemente adottati,
la Commissione effettuerà con regolarità analisi e valutazioni sullo sviluppo e sull’efficacia
degli strumenti legislativi, tecnologici e organizzativi messi a punto. Essa potrà anche
raccogliere e gestire direttamente una notevole mole di dati sull’operato delle autorità
competenti degli Stati membri, osservarne le attività e, al limite, compiere pressioni nei
confronti degli Stati che applicano le disposizioni comuni in maniera difforme dal suo punto
di vista. Tutto ciò comporterà indubbiamente una maggiore convergenza e il ruolo della
Commissione ne risulterà rafforzato.
Se si osservano i cambiamenti intervenuti a partire dalla data di sottoscrizione degli
Accordi di Schengen nel 1985, si può notare in realtà che i rapporti di forza stanno
gradualmente evolvendo in favore della Commissione: essa era completamente esclusa dalla
cooperazione in materia di visti agli albori; è riuscita ad ottenere un ruolo modesto con la
costituzione del terzo pilastro con il Trattato di Maastricht; ha assunto un ruolo molto più
importante con la comunitarizzazione della materia della libera circolazione delle persone con
il Trattato di Amsterdam; ha in seguito portato a compimento un’ampia e graduale opera di
razionalizzazione della normativa vigente, al fine di rendere più coerente e omogeneo
l’insieme dei principi di base per la regolazione dell’operato degli Stati, uniformando i
meccanismi per le modalità di esame delle domande di visto, per il rilascio dei visti e per i
controlli alle frontiere esterne, senza scalfire la sovranità degli Stati in materia. Durante i
primi dieci anni del ventunesimo secolo, la Commissione ha avuto un grande successo nel
favorire l’adozione degli strumenti legislativi da essa proposti permettendo la creazione di
nuove istituzioni, quali il Codice dei visti, il
VISe
le agenzie europee per la gestione operativa
delle frontiere esterne e dei sistemi di tecnologie informatiche su larga scala, creando un
ambiente nuovo in cui le autorità nazionali competenti per i visti sono tenute a lavorare. La
Commissione sta generando convergenza e sta determinando la forma che tale convergenza
prende. La soft law della Commissione lascia spazi di flessibilità agli Stati membri, affinché
essi rispondano in maniera diversa alle pressioni esterne in base alle proprie necessità
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immediate definendo criteri propri per la valutazione delle domande di visto, ma allo stesso
tempo obbliga le autorità competenti ad apprendere un nuovo metodo di lavoro, a condurre le
proprie attività in un ambiente nuovo, a collaborare nella Cooperazione locale Schengen e a
farsi pressioni in direzione di una maggiore cooperazione e del rispetto delle reciproche
necessità. Grazie alla sua competenza di iniziativa, di decisione, di valutazione e di
implementazione delle politiche comunitarie, la Commissione sta ottenendo risultati tangibili
nel rendere l’area Schengen non tanto un insieme di territori nazionali coordinati nelle loro
politiche sulla mobilità delle persone, quanto un territorio unico, il “suo” territorio. A ben
vedere, nonostante l’accento dato alle libertà economiche e alla definizione dei diritti dei
cittadini europei e dei cittadini di Paesi terzi legalmente presenti nell’area comune, essa sta
dimostrando in alcuni ambiti di non avere un’ottica meno securitaria di quella di alcuni Stati
membri. Durante l’ultimo decennio, anche in risposta alle esigenze conseguenti
all’impressionante allargamento dell’Unione da 15 a 27 Stati membri, le regole decisionali
dell’unanimità e del consenso sono state sostituite in Consiglio a favore di altre procedure più
consone a mettere d’accordo una maggiore pluralità di interessi. Le materie relative alla
circolazione delle persone hanno avuto il beneficio del controllo del Parlamento europeo e
quello giurisdizionale della Corte di Giustizia dell’Unione, che risponde ormai con regolarità
ai giudici nazionali in via pregiudiziale offrendo la propria interpretazione delle disposizioni
comunitarie e dirime controversie tra le Istituzioni europee stesse o tra queste e gli Stati
membri. È opportuno prestare attenzione alla natura delle questioni portate dinanzi alla Corte:
esse si soffermano sia su questioni tecniche, riguardanti l’interpretazione delle norme e dei
concetti tecnici più basilari, confermando così la giovinezza della politica comune dei visti,
sia su ambiti del regime dei visti in merito ai quali gli Stati membri e le Istituzioni si
scontrano a causa di profonde divergenze di interpretazione. La Corte definisce in questo
modo gli equilibri, i rapporti di forza, i limiti di attività delle istituzioni e, di conseguenza, il
suo operato ha effetti di alta valenza politica.
La politicità è presente nel regime Schengen dei visti di breve durata e avvolge
completamente la definizione da parte delle Istituzioni comunitarie dei criteri e delle liste
comuni dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto
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dell’attraversamento delle frontiere esterne e, al contrario, dei Paesi terzi i cui cittadini sono
esenti da tale obbligo. Tali elenchi sono stati adottati dal Consiglio sottoforma di
regolamento, onde evitare ritardi di trasposizione e comportamenti ostruzionisti da Parte degli
Stati che partecipano alla cooperazione rafforzata. Tuttavia, l’evidente politicità della materia
trova origine soprattutto nella natura stessa del visto Schengen uniforme. Esso è uno
strumento tecnico per il controllo degli ingressi sul territorio comune, ma è carico di
significati politici: anche se dal punto di vista giuridico esso resta un visto nazionale,
rilasciato dai Consolati degli Stati membri e sottoposto al vaglio dei tribunali nazionali, il
visto uniforme ha la particolarità di permettere l’ingresso nell’intera area Schengen e perciò
anche sul territorio degli altri Paesi membri. Se si considera anche l’impatto conseguente alla
creazione di un formato uniforme di visto adesivo e alla standardizzazione delle norme che
regolano il regime dei visti di breve durata, non è difficile notare che il visto Schengen ha
implicato cambiamenti profondi nelle pratiche amministrative dei Governi degli Stati membri
e ha avuto effetti di rilievo sulle relazioni internazionali, conferendo una forte visibilità
all’Unione Europea, percepita, anche grazie al visto uniforme, alla stregua di sovra-Stato
anteposto ai celebri Stati membri. Le modalità stesse di rilascio del visto uniforme hanno
valenze politiche e possono essere utilizzate come strumento di soft law per promuovere o
sanzionare Paesi terzi o semplicemente per influenzare risposte da parte di essi. Tutto ciò crea
tensioni riguardanti l’uso del visto uniforme fatto dagli Stati membri. Sia il rilascio, sia il
diniego di un visto nei confronti di categorie specifiche o di individui in particolare, sia la
concessione o il rifiuto dell’autorizzazione all’ingresso nell’area Schengen attraverso la
frontiera esterna ai titolari di visti validi, possono racchiudere implicazioni politiche o
diplomatiche e avere conseguenze in materia di relazioni tra gli Stati. Malgrado la coscienza
del fatto che l’autorizzazione o il rifiuto all’accesso all’area Schengen di un cittadino straniero
deve essere determinata anche da considerazioni riguardanti gli interessi di tutti gli altri Stati
associati, le maggiori difformità applicative oggi visibili nell’operato degli Stati membri in
contesti nazionali omogenei sono spiegabili facendo riferimento all’indirizzo politico definito
dai loro Governi centrali. Tali difformità saranno visibili fino a quando le logiche di rilascio
del visto uniforme resteranno sotto il controllo degli Stati membri: un elevato grado di
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convergenza non potrà essere raggiunto fino a quando non saranno le Istituzioni europee e, in
particolare la Commissione, a definire le priorità, le logiche e gli indirizzi politici per il
rilascio dei visti, coerentemente con gli obiettivi della relazioni esterne dell’Unione, della
politica estera e di sicurezza comune e con gli orientamenti generali e le decisioni del
Consiglio Europeo.
Per il prossimo futuro, si può immaginare che i rapporti di forza tra gli attori che
partecipano alla cooperazione rafforzata di Schengen in materia di visti continueranno ad
evolversi ed infine si stabilizzeranno in favore della Commissione: essa sarà in grado di
definire a livello politico le priorità e gli obiettivi sul rilascio dei visti nei vari contesti
regionali, comunicherà tali indicazioni agli Stati membri e controllerà la coerenza dell’operato
dei singoli Consolati. L’aumento del peso relativo della Commissione comporterà una
maggiore convergenza nell’operato degli Stati membri. Nonostante le potenzialità tecniche
del
VIS
e degli altri sistemi informatici creati a livello europeo, nonché i rischi del loro
possibile abuso, potrà ritenersi scongiurata l’ipotesi estrema, orwelliana, riguardante la
creazione di una sala di regia europea, pericolosamente intrusiva nella vita privata dei
cittadini stranieri, capace di dirigere a distanza l’operato degli Stati membri. Sarebbe
opportuno che il ruolo della Commissione non si limitasse neppure al mero controllo statistico
della convergenza dei tassi di rifiuto: essi possono essere infatti un indicatore attendibile per
dimostrare l’esistenza di difformità applicative tra i Consolati che operano in una stessa
circoscrizione, tuttavia, al contrario, la mera concordanza dei valori di per sé non è un
indicatore sufficiente per considerare compiuta l’armonizzazione a livello locale
dell’applicazione della politica dei visti. Anzi, nonostante il discorso della Commissione,
relativo alla necessità di maggiore convergenza, in logica sussidiaria si potrebbe riconsiderare
il luce positiva la presenza di differenze nei tassi di rilascio e di rifiuto dei visti, purché esse
siano conseguenti alle diverse necessità del turismo, dei mercati del lavoro nazionali,
regionali e, in definitiva, delle interazioni intessute dai cittadini europei con il resto del mondo
e non da scelte discrezionali delle amministrazioni, da difformità applicative delle procedure
elaborate dal legislatore europeo o, peggio, da abusi. La Commissione, anche attraverso le
proprie Delegazioni accreditate all’estero, dovrebbe promuovere il proprio ruolo di guida dei
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Consolati e di formazione del capitale umano da utilizzare all’interno di essi, affinché le
regole e i criteri formulati a livello europeo siano omogeneamente compresi ed applicati dal
personale addetto ad amministrare, nel modo più giusto possibile, il compito di esame delle
domande di visto e di valutazione dei rischi.
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