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piccola catechesi sulla messa

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piccola catechesi sulla messa
PICCOLA CATECHESI SULLA MESSA
CONSIDERAZIONI GENERALI
La preparazione
Se vogliamo mettere Dio al primo posto nella nostra vita dobbiamo mettere la Messa
domenicale al primo posto nella nostra settimana e imparare a viverla come incontro
personale e comunitario con Gesù e momento di confronto con la sua Parola.
La Messa diventa quindi punto di riferimento del nostro vivere perché è lì che ascoltiamo
la parola di Dio e ci nutriamo del pane e vino eucaristico.
La Messa è anche punto di arrivo della settimana, è il luogo in cui offriamo al Signore la
nostra vita con tutte le sue gioie e le sue sofferenze.
Per viverla bene, quindi, dobbiamo capire che la Messa inizia già fuori, anche
semplicemente mentre ci incamminiamo verso la chiesa, pensando per cosa ringraziare e
per quali intenzioni pregare, cosa offrire di buono della settimana e di cosa invece
chiedere perdono.
È anche opportuno riscoprire il significato e il valore del digiuno prima della Messa, come
segno tangibile di preparazione, non solo spirituale, all'incontro con Gesù; significa
distogliere il pensiero dalle cose terrene per fare spazio a Dio, anche fisicamente, perché
tutta la nostra persona sia orientata a Lui.
Lo stesso suono delle campane e della campanella in chiesa, sono un invito a tutti i fedeli;
richiamano all'attenzione, sanciscono l'approssimarsi o l'inizio del rito e creano quella
"sospensione dall'ordinarietà" che ci permette di vivere ancora meglio l'incontro col
Signore.
Entrando puntuali in chiesa (dopo aver spento il cellulare), ci si segna con l'acqua
benedetta, per ricordare il nostro battesimo, segno della nostra fede nella santissima
Trinità, e si saluta Gesù presente nel tabernacolo facendo la genuflessione.
In chiesa, ancor prima dell'inizio della Messa, è bene osservare il silenzio. Non si tratta di
un semplice momento di pausa, durante il quale, magari, abbiamo la mente occupata dai
nostri pensieri, ma piuttosto un'occasione di raccoglimento che ci permette di creare una
pace interiore che favorisce il clima di preghiera e di ascolto della Parole, così come è
avvenuto per Gesù nel deserto.
La chiesa poi è la "Casa di Dio", il luogo privilegiato dove Dio si incontra con il suo popolo.
È perciò doveroso mantenere un comportamento di rispetto e di raccoglimento prima,
durante e dopo la Messa.
I gesti del corpo
La preghiera liturgica, in particolare la Messa, oltre alla partecipazione dello spirito, della
mente e della voce, richiede anche la partecipazione del corpo di cui ogni gesto ha un
preciso significato.
Il primo gesto è quello di stare in piedi, segno di rispetto, di onore e di riverenza ed è la
posizione della preghiera durante tutta la Messa, fatta eccezione per l'ascolto delle letture
non evangeliche e dell'omelia.
Ci ricorda gli ebrei in Egitto durante la cena pasquale; è la posizione di Cristo risorto che
esce dal sepolcro; è l'atteggiamento di coloro che attendono la venuta finale del Signore
pronti per accogliere lo sposo che viene.
Quindi pregare in piedi, per il cristiano, è segno della sua dignità di risorto e annuncio della
sua futura condizione di gloria.
Un'altro gesto è lo stare in ginocchio, espressione di umiltà, pentimento, dolore. Ha un
carattere individuale e si fa in momenti di intenso raccoglimento.
Nella Messa è suggerito - anche se non prescritto - al momento della consacrazione.
Stare seduti è l'atteggiamento dell'ascolto, della meditazione e della riflessione personale.
Ci si siede durante la liturgia della Parola - tranne che per la lettura del Vangelo - per
ascoltare e meditare quello che Dio ci dice.
Un altro gesto del corpo è la genuflessione che si fa piegando il ginocchio destro fino a
terra.
Significa adorazione perciò è riservata esclusivamente al santissimo Sacramento e, il
Venerdì Santo, al crocifisso.
L'inchino è invece il gesto che indica la riverenza e l'onore da tributare alle persone o alla
loro immagine e si fa inchinando il capo o piegando in avanti il busto.
Le mani hanno un ruolo molto importante; tenute giunte sono segno di raccoglimento e
preghiera, riverenza e umiltà.
Vengono tenute stese dal celebrante sopra le persone o le cose per le benedizioni solenni
e per invocare lo Spirito santo
Pregare con le mani alzate ed allargate da parte del celebrante esprime intercessione,
come fece Mosè quando pregò per il suo popolo, e sembra raccogliere tutti in un
abbraccio. Inoltre ricorda la salvezza operata da Cristo sulla croce: innalzato con le mani
aperte.
Durante il canto o la recita del Padre nostro quindi, oltre che con le mani giunte, tutti
possono pregare con le braccia allargate e alzate. Compiuto assieme, in quella che è la
preghiera propria di tutti i battezzati, questo gesto esprime il senso fraterno della comunità
e l'unanimità dei sentimenti.
Pregare tenendosi per mano, invece, non è adeguato nella recita del Padre nostro nel
quale ci rivolgiamo verso l'alto, direttamente al Padre.
Il legame nei confronti dei fratelli si esprime invece subito dopo, nello scambio della pace.
La partecipazione attiva
Per il suo disegno di salvezza Dio ha scelto un popolo nel quale siamo chiamati a entrare
per partecipare al sacrificio salvifico di Cristo che è la Messa dove, nel sangue di Gesù,
viene stabilita la nuova ed eterna alleanza con Dio.
La consapevolezza dell'appartenenza a un popolo si manifesta anche nel modo con cui ci
si esprime all'interno della liturgia: non come una Babele di uomini, ma come un unico
popolo che "a una sola voce" loda e invoca il suo Dio.
Ecco perché durante la Messa non possiamo essere spettatori passivi, ma, tutti insieme,
dobbiamo far sentire la nostra partecipazione.
Il primo e più immediato modo per partecipare attivamente è quello di ascoltare e
rispondere.
La prima risposta è l'Amen, che è la nostra piena adesione e significa: "È vero, ci credo", e
poi tutte le altre formule previste.
Anche il modo con cui si risponde è importante. Se la risposta deve essere segno
dell'unità del popolo di Dio deve essere corale vale a dire che tutti siamo invitati a
rispondere insieme agli altri.
La nostra risposta si deve sentire, ma senza che sia urlata. Deve iniziare al momento
opportuno e deve essere fatta il più possibile insieme agli altri.
Le preghiere vanno recitate ascoltando e ascoltandosi perché ciò che diciamo sia detto
insieme, senza rincorrersi, e non solo con la voce, ma anche con la mente e con il cuore,
per aiutare i più piccoli ad impararle e soprattutto sapendo che ci stiamo rivolgendo a Dio.
Un altro elemento della liturgia che spetta anche all'assemblea è il canto.
Il canto non è un semplice abbellimento o un compito riservato al coro, ma, dato che il
canto è anche preghiera ("Chi canta prega due volte" dice S. Agostino), ognuno è
chiamato ad unirsi, secondo le proprie capacità, per essere anche in questo in comunione
con gli altri.
La Comunione
Nella Comunione noi riceviamo il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di Gesù, di
conseguenza per accostarci alla Comunione dobbiamo esserne degni.
Se dunque, in coscienza, sappiamo di avere dei peccati gravi o se dall'ultima Confessione
è trascorso molto tempo, è necessario confessarsi prima di accostarsi alla Comunione.
Oltre ad essere in grazia di Dio, prima di ricevere la Comunione, bisogna essere a digiuno
da almeno un'ora. L’ora si calcola dal momento in cui si riceve la Comunione, ma è bene
farla cominciare dall’inizio della Messa.
Per digiuno si intende non bere altro che acqua e - tranne le medicine, che fanno
eccezione - non mangiare nulla, comprese caramelle o gomma da masticare.
Il senso del digiuno prima della comunione è quello di disporsi sia spiritualmente che
corporalmente all’incontro più importante e santificante della nostra vita. Serve a fare
spazio a Dio anche fisicamente, perché tutta la persona sia orientata a Lui.
Alla santa Comunione si accede processionalmente. È segno della famiglia di Dio che si
incammina verso Cristo per nutrirsi del suo corpo, cibo di vita eterna, e del fare comunione
fra noi.
Durante questa processione quindi è necessario un atteggiamento composto, raccolto e
consapevole di ciò che si sta per compiere, che va tenuto sia prima che dopo aver fatto la
santa Comunione, evitando distrazioni, saluti o chiacchiere coi vicini.
La Comunione si può ricevere direttamente in bocca o sulla mano. Se si sceglie di
riceverla sulla mano occorre che le mani siano pulite. I palmi aperti devono essere rivolti
verso l'alto con la sinistra sopra alla destra e vanno porti in modo tale da essere ben
visibili al ministro che distribuisce l'Eucarestia. (Fare vedere)
Alle parole “Il Corpo di Cristo” pronunciate dal ministro non si risponde “grazie”, ma si
risponde “Amen”, che significa: “Si, ci credo, è realmente così” e si fa un lieve inchino.
Appena ricevuta, l'ostia va presa con le dita della destra e portata alla bocca facendo
attenzione a non lasciar cadere nessun frammento. L'ostia deve essere consumata
davanti al ministro o appena spostati di lato, ma sempre fermi e girati verso il ministro così
che ci possa vedere.
Qualora sulla mano rimanessero frammenti anche piccoli di Ostia non devono essere
gettati a terra, ma devono essere ingeriti perché sono comunque Corpo del Signore.
I MOMENTI DELLA MESSA
RITI INTRODUTTIVI
L'introito
La Santa Messa inizia con la Processione introitale.
L'ingresso processionale del celebrante e dei ministranti è il peregrinare della Chiesa in
questo mondo terreno verso il cielo.
È Israele uscito dall'Egitto e guidato da Dio alla terra promessa attraverso le fatiche e le
avversità del deserto.
Ci ricorda come noi cristiani siamo solo di passaggio in questo mondo, spesso ostile ed
avverso, ma procediamo verso la patria celeste, confidando nell'aiuto e nella guida di
Cristo.
Il canto eseguito da tutta l'assemblea, che accompagna la Processione introitale, allevia la
fatica e la sofferenza di questo tragitto travagliato ed è espressione di serenità e di
comunione.
Il saluto
Il centro ideale dell'assemblea è l'altare che è “segno di Cristo”.
Il celebrante e i ministranti salutano l'altare, dopo di che il celebrante lo bacia in segno di
venerazione.
A questo punto il celebrante si rivolge all'assemblea dei fedeli iniziando il dialogo con il
Segno di croce e il Saluto che è augurio di grazia divina, di carità, di comunione nello
Spirito Santo e di pace.
L'ATTO PENITENZIALE
Facendo prendere coscienza ai fedeli del loro stato di peccatori, questo momento vuole
sottolineare che, per accostarsi al Dio tre volte Santo, è necessaria la purificazione
interiore del cuore.
La funzione di questo rito è quella di farci sentire tutti solidali nelle nostre responsabilità: di
colpa, di indifferenza, di estraneità.
Dopo l'invito del celebrante, una pausa di silenzio ci serve a riflettere sulla nostra vita, per
poi umilmente e insieme, domandare perdono.
L'atto penitenziale può anche essere celebrato anche con il rito dell'aspersione.
L'aspersione dell'assemblea richiama il rito battesimale, lavacro che ci purifica dai nostri
peccati, ed è un modo per celebrare l'Atto penitenziale che sostituisce l'invocazione
“Signore, pietà” che quindi non viene recitata.
Il sacerdote dice la formula Pasquale della preghiera sull'acqua poi asperge l'assemblea.
Durante l'aspersione si canta un canto adatto (per esempio “Purificami o Signore”).
Il Gloria
Dopo l'Atto penitenziale e si intona il Gloria.
Il Gloria si canta o si recita, anche in forma di dialogo, tutte le domeniche (tranne quelle di
Avvento e Quaresima), nelle solennità e nelle feste.
È un inno composto di diversi testi della scrittura, specialmente dalla lode cantata dagli
angeli nella notte di Natale.
È movimentato e gioioso e ha due strofe:
un canto di adorazione e di invocazione al Padre la prima, e una implorazione al Figlio
"Agnello di Dio" la seconda.
La menzione conclusiva dello Spirito Santo che ne fa un inno trinitario fu aggiunta in
seguito.
Il tono festoso del Gloria porta nell'assemblea un senso di letizia spirituale, che dispone lo
spirito alla partecipazione fruttuosa dei grandi doni di Dio.
La colletta
Al termine del Gloria il celebrante rivolge un invito alla preghiera, cui segue una pausa:
tutti stanno per qualche momento in silenzio per prendere conoscenza di essere alla
presenza di Dio e per poter formulare nel proprio cuore una preghiera personale.
Quindi il sacerdote dice l'orazione, che varia da giorno a giorno, ed è chiamata Colletta, in
quanto raccoglie e fonde le preghiere silenziose di tutti.
Per mezzo di essa il celebrante esprime il carattere della celebrazione, rivolgendo la
preghiera a Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo.
L'assemblea per parte sua, la suggella con l'Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Generalità
Vogliamo soffermarci oggi con la nostra catechesi, sulla parte della Messa che ha inizio
ora: la Liturgia della Parola.
Quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, non si esegue la semplice lettura di un
testo, ma è Dio stesso che parla al suo popolo, è Gesù, presente nella sua Parola, che
annunzia il Vangelo.
Il ruolo del lettore riveste dunque una grande importanza poiché è colui che presta la voce
a Cristo, tanto che la Chiesa ne ha fatto un ministero istituito. È importante che le letture
siano proclamate da persone preparate affinché l'annuncio risulti chiaro e comprensibile a
chi ascolta.
L'estrema importanza della Liturgia della Parola rende questo momento inscindibile dal
Mistero Eucaristico così da formare con esso un unico atto di culto. L'ascolto e
l'assimilazione della Parola, che è Cristo Verbo di Dio, sono infatti portati a compimento
nel mangiare la sua Carne e bere il suo Sangue al momento della Comunione.
Ricordiamo quindi, che non è sufficiente partecipare solo al rito eucaristico, nella Messa
infatti, viene imbandita tanto la mensa della Parola di Dio quanto quella del Corpo di
Cristo.
Le letture bibliche
Le letture della Messa sono sempre tratte dalla Sacra Scrittura e sono raccolte nel libro
liturgico detto Lezionario.
Sono tre nelle domeniche e nelle solennità, e di regola due nelle altre ricorrenze.
Per dare ai fedeli la possibilità di venire a contatto con quasi tutto il Nuovo Testamento e
buona parte dell'Antico, le letture della Messa domenicale seguono un ciclo triennale.
La prima lettura è tratta normalmente dall'Antico Testamento o dagli Atti degli apostoli, ed
è legata al tema proposto dal Vangelo.
La seconda lettura è rappresentata da uno scritto apostolico.
La terza, a seconda dell'anno, è tratta dal Vangelo secondo Matteo, Marco o Luca.
Al vangelo secondo Giovanni vengono invece riservati alcuni momenti particolarmente
importanti dell'anno liturgico.
Dopo la prima lettura viene posto un salmo, cantato o proclamato da un salmista, a cui si
alterna l'assemblea che ripete un ritornello appropriato.
Lo scopo è quello di meditare e rispondere alla Parola di Dio appena ascoltata.
Il Vangelo
La lettura del Vangelo è sempre accompagnata da particolare solennità.
Infatti, prima di iniziarne la lettura l'assemblea si alza in piedi, in segno di attenzione e
particolare onore verso il Signore che parla.
Si canta poi il "Canto al Vangelo", che è sempre un saluto a Cristo.
Fuori dal tempo quaresimale questo saluto è caratterizzato dall'Alleluia, una parola ebraica
divenuta una acclamazione di gioia, il cui significato è "Lodate Dio".
La proclamazione del Vangelo è riservata al diacono, o in mancanza al celebrante.
Viene sempre annunciato il nome dell'evangelista, che rappresenta un'importante
segnalazione teologica, perché le quattro varianti del messaggio di Cristo, permettono
tutte ugualmente di incontrare e di conoscere Cristo come persona viva e presente, ma
ogni evangelista ne traccia una figura con particolari e rilievi diversi.
Il segno di croce che si traccia sulla fronte, sulle labbra e sul petto è un serio impegno che
si prende, di meditare le Sue parole con la mente, di ripeterle ed annunciarle con la bocca
e di custodirle nel cuore per praticarle nella vita.
L'omelia
L'omelia che segue le letture è compito di chi presiede la liturgia e consiste nel commento
ai brani della Sacra scrittura appena proclamati.
Di norma non deve staccarsi dal testo, ma spiegarlo e mettere la parola di Dio in contatto
con le situazioni vive e le esigenze spirituali della comunità e dei singoli fedeli.
È inoltre esortazione a realizzare una testimonianza conforme alle esigenze del Vangelo.
All'omelia segue una pausa di silenzio per meditare la Parola affinché penetri nella
profondità della nostra anima e acquisti efficacia.
La professione di fede
Nel momento solenne di meditazione che segue l'ascolto della Parola di Dio e la sua
spiegazione da parte del celebrante è posta la Professione di fede, meglio conosciuta
come Credo.
Con il Credo, che viene recitato solo in giorni privilegiati quali le domeniche e le solennità,
l'assemblea dichiara la propria completa adesione alla parola appena proclamata e fa
memoria delle promesse battesimali.
Ricorda perciò la fede nella Trinità, in Dio Padre unico Creatore, in Cristo Gesù morto e
risorto e nello Spirito Santo; la fede nella Chiesa e l'attesa della vita eterna: pertanto è
importante che ogni fedele la reciti con grande responsabilità e con piena consapevolezza
di quanto viene enunciato.
La preghiera dei fedeli
Dopo l'ascolto della parola il celebrante, invita l'assemblea a pregare e ne indica, con brevi
parole, lo scopo.
Dal diacono o da altra persona incaricata vengono quindi proposte le varie intenzioni: si
tratta delle cosiddette preghiere dei fedeli.
Con esse, l’assemblea rivolgendosi a Dio Padre, eleva suppliche per la Santa Chiesa, il
Papa, il Vescovo, per i governanti e per la salvezza del mondo, per quelli che si trovano in
necessità, per la comunità locale.
In qualche celebrazione particolare (prime Comunioni, Cresime, Matrimoni, Funerali) le
intenzioni possono essere adattate alla circostanza.
A ogni singola intenzione i fedeli rispondono con una breve supplica, quindi, con una
preghiera conclusiva, il sacerdote presenta a Dio le intenzioni che sono state pronunciate
e quelle che ciascuno ha espresso dentro di sé.
LITURGIA EUCARISTICA
L'offertorio
Con l'offertorio inizia la seconda parte della Messa che prende il nome di Liturgia
Eucaristica ed è fatta di tre parti: la preparazione, l'offerta e la consumazione del sacrificio,
il sacrificio di Cristo.
Le due parti della Messa, la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica, sono unite tra di
loro e formano assieme un solo atto di culto, perciò è necessario partecipare a tutta la
Messa.
Arrivare in ritardo a una cena o andarsene prima della fine è un grave atto di scortesia e
questo vale anche per l'invito alle nozze del Signore.
La prima delle tre parti della Liturgia Eucaristica, cioè la preparazione del sacrificio, è
l'Offertorio che più propriamente si dovrebbe chiamare "Presentazione dei doni".
I doni che saranno portati sono il pane e il vino che saranno trasformati nel Corpo e nel
Sangue di Cristo che si renderà così presente fra noi sotto queste apparenze.
Prima di portare i doni all'altare, che per questo motivo si chiama anche "Mensa del
Signore" ed è il centro di tutta la Liturgia Eucaristica, bisogna che sia preparato ponendovi
sopra il corporale - una piccola tovaglia -, il purificatoio, il messale e il calice.
Dopo di ché sono i fedeli a presentare le offerte: il pane il vino e l'acqua.
Il sacerdote e il diacono le ricevono e le depongono sull'altare recitando le formule
previste.
In questo momento si possono anche fare offerte in denaro o presentare altri doni per i
poveri o per la Chiesa. Tutte queste cose, però, vengono depositate in un luogo adatto che
sia fuori della mensa eucaristica.
Durante la processione con la quale vengono portati i doni viene eseguito un canto che si
chiama appunto "canto dell'Offertorio".
L'incensazione ai doni posti sull'altare, al sacerdote e al popolo, vuole simboleggiare come
l'offerta della Chiesa e la sua preghiera si innalzano al cospetto di Dio allo stesso modo in
cui l'incenso sale al cielo.
Dopo che i doni sono stati portati all'altare il sacerdote ha benedetto con due brevi formule
il Signore perché è per la sua bontà che abbiamo ricevuto il pane e il vino che gli offriamo.
Queste formule vengono dal rituale ebraico della cena pasquale; sono parole che molto
probabilmente anche Gesù pronunciò prendendo in mano il pane e il calice nell'ultima
cena. Gli evangelisti vi accennano quando riferiscono che Gesù "benedisse" e "rese
grazie".
Dopo questa benedizione il celebrante si lava le mani, in segno di rispetto e di
purificazione interiore, e pronuncia le parole del salmo 50: "Lavami, o Signore, da ogni mia
colpa, purificami da ogni peccato".
Poi si rivolge all'assemblea e la invita a pregare perché il sacrificio che si sta per compiere
sia gradito a Dio Padre onnipotente, e l'assemblea risponde con una preghiera perché il
sacrificio compiuto dalle mani del sacerdote sia ben accetto a Dio.
La successiva preghiera fatta sulle offerte, che termina con le parole: "Per Cristo, nostro
Signore", conclude l'Offertorio e introduce la seconda parte: il momento solenne del
sacrificio.
Il prefazio e il Santo
Ora rivolgiamo la nostra attenzione e la al momento culminante della celebrazione della
Messa cioè la consacrazione del pane e del vino che si trasformano nel Copro e nel
Sangue di Cristo.
La grande preghiera eucaristica, che pronuncia il sacerdote a nome di tutti i fedeli, inizia
con un breve dialogo:
"In alto i cuori" - invita il celebrante - e l'assemblea risponde: "Sono rivolti al Signore".
"Rendiamo grazie al Signore nostro Dio" - continua il celebrante -.
Da questo dialogo inizia la prece eucaristica sempre ripetendo le parole dell'assemblea:
"E' veramente cosa buona e giusta...".
Questa prima parte della preghiera si chiama "Prefazio" ed esprime la nostra riconoscenza
e la nostra lode come popolo di Dio, e il nostro rendimento di grazie per le grandi opere
che il Signore ha compiuto per la nostra salvezza.
Con l'inizio del prefazio i fedeli si alzano in piedi.
Stare in piedi è un atteggiamento che vuol significare partecipazione, prontezza, ma anche
gioia ed esultanza. Subito dopo, infatti, segue il canto del "Santo", un'acclamazione che
riprende alcune espressioni della sacra scrittura nella quale il popolo di Dio unisce la
propria voce a quella degli angeli per lodare il Signore Dio dell'universo e benedire Cristo
che viene nel suo nome.
L'epiclesi e la consacrazione
La seconda parte della preghiera Eucaristiche viene detta Canone.
Ci inginocchiamo riconoscendoci piccoli e poveri di fronte al mistero d'amore compie.
La liturgia prevede diverse formule per questa preghiera, che sviluppano in modo
differente gli stessi elementi.
La prima parte del canone è l'Epiclesi, cioè l'invocazione dello Spirito.
Il celebrante compie il gesto apostolico dell'imposizione delle mani sul pane e sul vino e
invoca su di essi l'effusione dello Spirito Santo, perché li trasformi nel Corpo e nel Sangue
di Cristo.
La seconda parte è la Consacrazione.
Mediante la ripetizione da parte del sacerdote delle parole e dei gesti di Gesù si compie il
sacrificio che Cristo stesso istituì nell'ultima cena come vera e propria attualizzazione del
sacrificio della croce.
L'anamnesi e l'offerta
Dopo l'elevazione del pane e del vino, divenuti il Corpo e il Sangue di Cristo c'è
L'Anamnesi, cioè la memoria della morte e della risurrezione del Signore, in cui viene
ricordata appunto la morte di Cristo, la sua risurrezione e ascensione al cielo e viene
affermata l'attesa del suo ritorno nella gloria.
All'Anamnesi segue l'Offerta cioè la presentazione al Padre del sacrifico di Gesù che si
conclude con l'invocazione allo Spirito Santo, perché coloro che partecipano al Corpo e al
Sangue di Cristo siano trasformati in un solo corpo.
Le intercessioni e la dossologia finale
Le ultime due parti del canone sono le Intercessioni, appena pronunciate e la Dossologia
finale.
Con le Intercessioni si esprime come l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la
Chiesa, celeste e terrena, e che l'offerta che si compie è fatta per tutti i suoi membri, vivi e
defunti, chiamati a partecipare alla redenzione e alla salvezza mediante il sacrificio del
Corpo e Sangue di Cristo.
Vengono quindi ricordati, il mondo, la Chiesa e i suoi pastori, l'assemblea che partecipa
alla celebrazione e tutti i defunti.
Al termine delle intercessioni, elevando eleva l'ostia e il calice, il celebrante pronuncia
l'ultima parte del canone: la Dossologia finale.
Queste parole possono essere brevemente spiegate in questo modo:
"Per Cristo", cioè per suo volere, quale istitutore dell'Eucaristia;
"Con Cristo", cioè in comunione con Lui presente nelle specie consacrate;
"In Cristo", cioè in unione con Lui, soprattutto in vista della comunione sacramentale;
"Nell'unità dello Spirito Santo", cioè beneficati dell'unità che nella celebrazione lo Spirito
produce, ci è reso possibile offrire quell'onore e quella gloria dovuta "a Dio Padre
onnipotente, nei secoli dei secoli".
A questa acclamazione la comunità, che ha partecipato spiritualmente in silenzio,
conferma e conclude con il suo Amen che diviene conferma e adesione a tutta la
preghiera Eucaristica.
RITI DI COMUNIONE
Il Padre nostro
I riti di Comunione iniziano con la preghiera del Padre Nostro recitato o cantato da tutta
l'assemblea.
Il Padre è nostro, non mio, è di tutta la Chiesa.
Questo carattere ecclesiale della preghiera si fonda sul Battesimo, mediante il quale siamo
resi figli di Dio e fratelli in Cristo.
Con esso si chiede il pane quotidiano nel quale i cristiani scorgono anche un riferimento al
pane eucaristico ed implorano il perdono dei peccati.
Il "Padre Nostro" non termina con l'amen, bensì con una preghiera del celebrante che ne
sottolinea e sviluppa la parte finale.
Segue poi l'acclamazione da parte del popolo: "Tuo il Regno, Tua la potenza e la gloria nei
secoli", come professione di fede nella realtà del Regno di Dio.
Il segno di pace
Dopo questa acclamazione il celebrante, allargando le mani, rivolge a Cristo una
preghiera, ricordandogli la promessa di donare la Sua pace, e lo prega di guardare, non ai
peccati dei fedeli, ma alla fede della sua Chiesa, implorando per Lei e per l'intera famiglia
umana, la pace e l'unità.
Terminata la preghiera, i fedeli vengono invitati a scambiarsi un gesto di pace che esprima
il loro amore vicendevole, prima di partecipare all'unico pane, in un'adesione al comando
di Gesù di partecipare al sacrificio solo con un cuore riconciliato.
È quindi un segno molto impegnativo e deve essere autentico, cioè partire da un cuore
umile, generoso, pienamente disponibile alla carità verso tutti.
Il segno di pace va scambiato solo con chi ci è immediatamente vicino durante la
celebrazione evitando spostamenti e “saluti a distanza”.
(Il gesto può essere espresso in diversi modi: un bacio, un abbraccio, una semplice stretta
di mano...)
La comunione
Ora rivolgiamo la nostra attenzione sulla Comunione.
Dopo il Gesto di pace segue la "frazione del pane".
È il rito compiuto da Gesù e sottolineato dagli evangelisti ed è tanto importante che fu il
primo nome dato all'Eucaristia. Nella chiesa primitiva infatti, i grossi pani usati anche sulla
mensa di casa erano portati all'altare al momento dell'offertorio e venivano spezzati e
distribuiti tra i fedeli al momento della comunione.
Oggi questo gesto viene ricordato dal sacerdote spezzando l'ostia in tre frammenti.
Di questi frammenti uno viene immesso nel calice a ricordo del rito che si compiva quando
le comunità cristiane cominciarono a riunirsi in luoghi e tempi diversi per celebrare
l'Eucarestia insieme. Il vescovo che presiedeva l'assemblea centrale, inviava allora un
frammento del pane da lui consacrato ai vari sacerdoti, i quali lo immettevano nel calice a
simboleggiare l'unità di tutta la comunità.
Durante la frazione del pane si canta l'Agnello di Dio.
Sono presenti, qui, i due aspetti del mistero pasquale: la passione dell'Agnello immolato e
la vittoria dell'Agnello risorto.
Prima di iniziare il banchetto sacro il sacerdote presenta l'ostia all'assemblea formulando
un invito improntato alla parabola evangelica della grande cena:
"beati - dice - gli invitati alla cena del Signore".
L'assemblea risponde con le parole del centurione, lodate da Gesù e adattate dalla
liturgia.
Dopo che il sacerdote si è comunicato, anche i fedeli si accostano processionalmente, per
riceve le specie consacrate.
La processione della comunione particolarmente se accompagnata dal canto, anticipa il
coro eterno degli eletti invitati alla mensa dell'Agnello.
Il breve tempo di silenzio raccolto che segue la comunione è un momento veramente
prezioso.
Il colloquio intimo e personale con Dio approfondisce una stupenda realtà: il Signore è in
me e mi comunica la sua vita, la sua forza, la sua luce e la ricchezza delle sue promesse.
Da parte mia non posso fare altro che ringraziarlo.
Con la comunione il sacrificio è consumato e tutti siamo ora un unico corpo: un cuor solo e
un'anima sola. Rafforzati così in questa unione ancora una volta preghiamo insieme
invitati dal sacerdote.
Ci alziamo e il celebrante, a nome di tutti, presenta al Padre una preghiera nella quale
chiede che coloro che si sono nutriti dell'Eucaristia, possano ricevere i frutti del mistero
celebrati e vivere secondo i doni ricevuti.
RITI CONCLUSIVI
Il saluto finale, la benedizione e il congedo
Siamo ormai giunti al termine del nostro piccolo viaggio alla riscoperta della Messa.
Ci occupiamo quindi dei Riti conclusivi che seguono l'orazione dopo la Comunione.
Essi richiamano quelli di introduzione e sono il Saluto e la Benedizione del sacerdote, e il
Congedo propriamente detto.
Il Saluto è lo stesso dell'inizio: "Il Signore sia con voi" dice il sacerdote con il consueto
gesto delle mani.
La Benedizione che segue, menzionando le tre persone divine, richiama l'aspetto trinitario
di tutta la celebrazione e può essere seguita da un'orazione sul popolo.
Vi è poi il Congedo, con cui viene sciolta l'assemblea e al quale i fedeli rispondono con il
loro "grazie" a Dio, riconoscenti della grandezza dei doni ricevuti.
Quindi il sacerdote e il diacono, come all'inizio della celebrazione, baciano l'altare e si
ritirano con i ministranti, eventualmente accompagnati dal canto.
La brevità e povertà di quest'ultima parte può lasciare un po' sorpresi.
In realtà non è altro che l'invito a considerare la Messa in stretto rapporto e quasi in
continuazione con la vita quotidiana. È una luce che non si esaurisce con la celebrazione,
ma che illumina e vivifica il tempo che segue. Dobbiamo essere noi ora "ad offrire i nostri
corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio". I fedeli devono ora conservare nella
vita ciò che hanno ricevuto nella celebrazione eucaristica, mettere in pratica ciò che hanno
imparato, avanzare nella pietà e rafforzarsi nella comunione fraterna.
La Messa è davvero il cuore della vita cristiana, la forza del nostro cammino, la grazia di
santificazione, la gioia di sperare.
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