Migliaia di giovani impegnati nel comparto agricolo grazie ai
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Migliaia di giovani impegnati nel comparto agricolo grazie ai
ANNO 1 NUMERO 4 • 21 GIUGNO 2008 calabriareporter P E R I O D I C O G R AT U I T O D I I N F O R M A Z I O N E S U L L E P O L I T I C H E D E L L’ U N I O N E E U R O P E A P E R L O S V I L U P P O D E L L A R E G I O N E C A L A B R I A AGENDA DELLA REGIONE PER I CITTADINI SUI FONDI EUROPEI Migliaia di giovani impegnati nel comparto agricolo grazie ai finanziamenti europei A colloquio con l’Assessore all’Agricoltura Mario Pirillo “La capacità dimostrata di mantenere costantemente il livello di impegni e di pagamenti al di sopra della fatidica soglia del N+2 ci autorizza a pensare positivo per il prossimo ciclo di programmazione comunitaria. Le criticità affrontate e l’abilità nell’essere riusciti a superarle ci rende consapevoli della sfida che ci attende nel futuro più immediato.” IN QUESTO NUMERO Intervista pag 2_ I sistemi locali di sviluppo dell’asse IV pag 3_ Una fruttuosa “staffetta agricola” tra locride e trentino pag 6_ Prodotti nel reggino salumi con il marchio DOP pag 7_ Il campione Rino Gattuso è anche imprenditore pag 8_ 2 calabriareporter_4/08 Fortemente innovative le Misure legate alla progettazione integrata e a quella di filiera Mancano pochi mesi alla chiusura definitiva di Agenda 2000, il Programma Operativo Regionale che ha messo a disposizione della Calabria ingenti risorse comunitarie. Le misure di pertinenza agricola hanno, di fatto, concluso il loro processo di impegno. Il trentuno dicembre si chiuderà anche il processo di spesa che nel 2007 aveva superato la soglia dell’80% sul totale di € 686.069.913,00; questo ha permesso di evitare di cadere, ancora una volta, nella trappola del disimpegno delle risorse, minacciato dal diabolico sistema del N+2. Rispetto all’andamento dei principali Fondi del POR, il FEOGA è indubbiamente quello che ha fatto registrare negli ultimi anni le migliori performance di spesa, precedendo sia il FESR che il FSE. Le stesse misure agricole hanno utilizzato con maggior moderazione il ricorso ai cosiddetti progetti coerenti, o progetti sponda, indice di un impatto effettivo sul territorio, esercitato con progetti di nuova realizzazione. Ma quante sono le misure interessate dal Feoga? Lo chiediamo all’Assessore regionale all’Agricoltura Mario Pirillo. Le misure che abbiamo dovuto gestire sono ben quindici, di cui due previste all’interno dell’Asse I “Risorse Naturali” e tredici all’interno dell’Asse IV “Sistemi locali di sviluppo” per un valore cofinanziato di € 852.916.000. È il 21,22% dell’intero POR. Si tenga anche conto che, sotto il controllo dell’Assessorato all’Agricoltura vi è stato anche il Fondo per la pesca (SFOP) che, attraverso due misure inserite nel POR, la 4.20 e la 4.21, ha fatto registrare impegni per oltre 45 milioni di Euro, corrispondenti al 109% della spesa ammissibile. Rispetto all’impegnato abbiamo effettuato pagamenti pari all’83,88%, che corrisponde alla quota più alta di tutto il POR. Sta dicendo che, nonostante le difficoltà, tra l’altro ben note agli operatori di settore, il Feoga si è mantenuto in linea con le attese di finanziamento e c’è la possibilità di chiudere con il totale completamento degli impegni e della spesa collegata? Non lo dico io. Le ultime analisi condotte nel corso della valutazione indipendente sugli impatti del POR hanno evidenziato gli importanti passi avanti nella gestione del Programma, resi evidenti a partire da metà 2005. Il fatto che è proprio il momento in cui ci siamo insediati noi non credo sia una mera coincidenza. Il POR ha rafforzato il proprio sistema di gestione, grazie alla riorganizzazione del sistema dei controlli. Vi è stata anche una maggiore autonomia e indipendenza dalle strutture di gestione, grazie ai nuovi meccanismi procedurali e grazie soprattutto all’avvio della fase attuativa della progettazione integrata. Quale è stato, a suo parere, il fenomeno più significativo del POR? Senza ombra di dubbio le misure dell’Asse IV. Abbiamo sostituito le misure tradizionali di aiuto alle imprese con le misure più innovative legate alla progettazione integrata o alla progettazione di filiera. Fino ad oggi il loro impasse ha fortemente limitato la capacità del POR di produrre spesa certificata. Ma in questi ultimi periodi l’amministrazione ha lavorato alacremente per affrontare le principali criticità. Il definitivo avvio della progettazione integrata ha consentito di superare le difficoltà di avanzamento legate ai PIF e ai PIT. Può indicare gli aspetti più significativi per lo sviluppo dei nostri territori? Beh, un primo aspetto riguarda l’acqua. Attraverso la Misura 1.3 sui sistemi irrigui delle aree agricole, sono stati finanziati interventi per l’ammodernamento dell’infrastrutturazione esistente e il completamento dell’attrezzatura irrigua delle aree agricole di pregio. Volevamo introdurre tecniche di irrigazione più efficienti per ridurre i costi di gestione e per ottimizzare l’utilizzo della risorsa. Attraverso gli interventi finanziati dalla misura la rete irrigua della regione è stata ampliata per 390 km e la capacità delle opere di accumulo e compenso realizzate o ripristinate o recuperate è di 258 mila metri cubi. Mi sembrano numeri importanti. Inoltre, occorre dire che nel corso del 2007 si è dato seguito alla graduatoria a scorrimento pubblicata nell’ambito del bando PIAR multimisura (4.5 – 4.10); scorrimento che ha comportato un aumento delle istanze ammesse a finanziamento che per la Misura 4.5 sono passate a 231. Uno dei momenti critici dell’agricoltura regionale è sempre stata la fase di commercializzazione del prodotto. È vero; la scommessa su questo punto era data dal livello di applicazione e di efficienza della Misura 4.6, sul miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Siamo riusciti a finanziare 229 progetti , di cui più della metà relativi ad impianti di trasformazione e vendita. Il comparto più rappresentato è stato naturalmente quello dei prodotti ortofrutticoli, con 94 progetti, seguito dall’olivicolo (64 progetti), dal vitivinicolo e dallo zootecnico. Anche la commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità, attraverso la Misura 4.7, ha prodotto interessanti risultati che hanno permesso l’incremento della loro competitività e del loro valore aggiunto. Attraverso 18 progetti, la Misura ha finanziato la certificazione di cinquanta imprese. È stata inoltre finanziata la creazione di quattro reti di e-commerce e la realizzazione di tre studi per il riconoscimento di prodotti di qualità. E cosa ci dice sulla Misura 4.14 dedicata ai giovani imprenditori? E i sistemi forestali? In questo caso la superficie interessata da imboschimenti e miglioramenti forestali ha superato abbondantemente il valore obiettivo fissato ad inizio programma: 2.770 ettari. Allo stesso modo la superficie su cui è stato ricostituito il patrimonio silvicolo danneggiato è aumentata sino a 1.435 ettari, quasi tre volte il valore previsto. Anche nell’ambito dell’infrastrutturazione forestale sono stati conseguiti risultati significativi: sono state realizzate, per esempio, due reti di agrometeorologia con 15 centraline complessive. In più abbiamo effettuato interventi di prevenzione che, nel complesso, hanno coperto una superficie di oltre 56 mila ettari. La Misura dedicata all’ammodernamento delle aziende agricole, la 4.5, si è configurata come l’intervento classico che mirava al miglioramento delle caratteristiche strutturali, produttive e qualitative. Anche qui numeri solidi? La Misura è riuscita a finanziare oltre 2.500 operazioni e la superficie complessiva beneficiata da interventi su impianti produttivi aziendali è stata di circa 10 mila ettari. Da attività di riconversione varietale è stata di poco inferiore ai 6.500 ettari, mentre da interventi di sistemazione dei terreni ha superato i 2 mila ettari. Proprio nel corso di quest’ultimo anno si è proceduto alla rimodulazione finanziaria di 14 PIF. Gli interventi di rimodulazione hanno consentito l’utilizzo di somme altrimenti destinate al disimpegno. Pensi che, dei 14 PIF rimodulati, otto hanno avuto bisogno di un reimpegno di risorse, a seguito della revoca che avevano decretato nel dicembre del 2005. In questo caso si è trattato di un esercizio complesso, contraddistinto da luci ed ombre: le luci riguardano la numerosità dei potenziali beneficiari, il cui numero finale ha superato le attese previste. Circa 1.700 giovani insediati testimoniano la vivacità di un comparto che molti avrebbero voluto prepensionare. Le ombre, tuttavia, derivano dai risultati delle attività di controllo, che ha portato alla decretazione di numerose revoche a causa delle irregolarità riscontrate. Non tutti, evidentemente, hanno compreso che questa Misura serviva a favorire il ricambio generazionale e non ad acquisire benefici generici sotto mentite spoglie. Queste sono solo alcune traiettorie di sviluppo, che forse non rendono giustizia ad un Programma ben più complesso, che ha visto l’Assessorato impegnato in molte altre misure: dalla ricomposizione fondiaria, alla formazione, alla silvicoltura per finire alla pesca. La conclusione che mi preme esprimere riguarda la capacità che la Regione, pur con le sue criticità ed i pochi mezzi a disposizione, ha saputo dimostrare nella gestione di tutti gli aspetti del Programma. Anche se il 2008 costituisce la data limite di spesa per i beneficiari, la Regione si troverà ad affrontare le problematiche di chiusura che la impegneranno per tutto il prossimo anno, in concomitanza con lo “start up” del nuovo Piano di Sviluppo Rurale dove lo stesso Dipartimento assumerà la funzione diretta di Autorità di Gestione. La capacità dimostrata di mantenere costantemente il livello di impegni e di pagamenti al di sopra della fatidica soglia del N+2 ci autorizza a pensare positivo per il prossimo ciclo di programmazione comunitaria. calabriareporter_4/08 3 I sistemi locali di sviluppo dell’asse IV “Sistemi locali di sviluppo” è stato chiamato l’Asse IV del Por – Calabria 2000-2006 perché attiene, nello specifico, a quei settori deputati a determinare l’evoluzione economica di un territorio cioè industria, artigianato, commercio, turismo, agricoltura, pesca e servizi. In ognuno di questi settori indicati la Calabria potrebbe primeggiare perché naturalmente dotata di tutte le materie prime che servono per acquisire una propria connotazione rispetto al resto d’Italia ed all’Europa intera. Basti pensare, per citare solo alcuni prototipi, a prodotti naturali come il bergamotto, di cui è unica produttrice nell’area che da Bianco raggiunge Bova nel reggino; il cedro e la liquirizia, nella zona del cosentino; il peperoncino, l’olio e la seta che caratterizzano molte zone del capoluogo e prodotti creati come il vino di Cirò, le pipe di Brognaturo, la “’nduja” di Spilinga nel vibonese ed ancora la lista potrebbe riempire un libro intero, tenendo conto anche della disponibilità di avere a portata di mano mare, monti e collina con tutti gli annessi. Eppure, non è così. La nostra è, purtroppo, una regione con una base produttiva molto debole ed una presenza preponderante di attività terziarie. Nel 1998, infatti, ben il 75,6% del valore aggiunto regionale è stato assorbito dal settore dei servizi. Questo significa oltre dieci punti percentuali in più della media nazionale e questo grazie, soprattutto, ad un ipertrofico comparto pubblico. Sempre nel 1998, agricoltura e industria, i due settori di base della produzione, hanno coperto complessivamente meno di un quarto dell’intero valore aggiunto regionale. Nello specifico, il settore secondario calabrese produce soltanto il 17% del valore aggiunto totale, quasi quattordici punti percentuali in meno dell’analoga incidenza nazionale. Il sottodimensionamento più acuto della struttura produttiva regionale, però, lo si registra nell’industria in senso stretto, con un quoziente che in Calabria copre attualmente circa un decimo del valore aggiunto regionale, a fronte del 25,7% a livello nazionale. I ritardi si manifestano anche in termini di produttività delle imprese. Significativo, in proposito, è il dato relativo al settore industriale che, nonostante la modesta capacità di assorbimento occupazionale, mostra una produttività del lavoro inferiore, in media, di un terzo di quella nazionale e del ventisei per cento rispetto a quella delle altre regioni meridionali. Il settore del commercio, a discapito della sua rilevanza in termini occupazionali nell’economia regionale, mostra livelli, nel rapporto valore aggiunto-occupato, nettamente inferiori alla media nazionale: 60,4% contro il 70,7%. Differenziali simili si riscontrano anche nei settori dei pubblici esercizi ed alberghi, legati quindi al turismo, (49,3% contro il 60,7%) e dei servizi alle imprese (82,1% contro 93%). Una connotazione particolarmente critica della struttura produttiva regionale è la sua sostanziale chiusura agli scambi e alle relazioni verso i circuiti e gli spazi di mercato internazionali. L’inconsistenza della capacità di esportazione della Calabria è del tutto evidente se si considera che, sempre nel 1998, il valore dell’export procapite è stato solo di cinquecentomila lire a fronte di 11,8 milioni in Italia e di 16,4 milioni nel Centro-Nord (3,5 milioni nel Mezzogiorno). L’incidenza delle esportazioni sul PIL regionale è di appena l’1,14%, contro il 29,7% dell’Italia e l’11,9% del Mezzogiorno. Le imprese artigiane in Calabria, secondo il censimento Istat, hanno costituito nel ‘96 una quota di poco superiore al 26%, con un numero di addetti medio pari 1,8 unità. La quota di imprese artigiane risulta tuttavia inferiore sia alla media meridionale, di un punto percentuale (27,4%), che a quella nazionale, di oltre 6 punti (32,8%). L’artigianato, inoltre, è in controtendenza in tutte le regioni del Mezzogiorno e in tutte le aree del Paese. Solo il Molise (+2,2%) e la Calabria (invariata) non hanno registrato diminuzioni della quota delle imprese artigiane. Ai fattori di debolezza del sistema economico regionale si aggiungono le inefficienze proprie del sistema dei servizi alle imprese e della pubblica amministrazione. In merito al primo punto, oltre l’esiguità quantitativa del settore, si riscontra un basso grado di specializzazione degli operatori, sia pubblici che privati, che si riflette sulla qualità dell’offerta, e che contribuisce ad alimentare meccanismi di competizione fra le agenzie, centrati più sull’acquisizione delle risorse pubbliche che sulla capacità di rispondere alle esigenze di sviluppo del sistema imprenditoriale. L’apporto del settore dei servizi alle imprese è, comunque, ugualmente lontano dalle medie nazionali e delle regioni più sviluppate: in termini di valore aggiunto i servizi alle imprese rappresentano in Calabria solo il 9,33% dei servizi totali, contro il 13,8% della media nazionale ed il 16,68% delle regioni del centro-nord. Il sistema della pubblica amministrazione, inoltre, manifesta criticità e debolezze legate, sia a fattori di carattere istituzionale (instabilità e sovrapposizioni di funzioni e ruoli), sia a fattori di carattere organizzativo (assenza di coordinamento e di reti fra i diversi attori dello sviluppo, obsolescenza e scarso grado di informatizzazione delle strutture). Fra i principali fattori di ostacolo allo sviluppo Vari tipi di liquirizia del sistema imprenditoriale regionale va ricordato anche l’accesso al credito, tuttora caratterizzato da condizioni meno favorevoli di quelle medie italiane. Nel 1998, e nonostante la forte riduzione dei tassi di interesse che ha contraddistinto gli ultimi anni novanta, le imprese calabresi sopportavano tassi a breve del 9,1% contro il 6,9% italiano, con un divario negativo che permane anche nei tassi a lungo termine (8,64% in Calabria contro il 7,38% medio nazionale). Infine, l’avvio di rapporti di cooperazione e la creazione di network di imprese non trova sul territorio incentivi normativi adeguati, sia nazionali che regionali. Le leggi di incentivazione, salvo rare eccezioni che caratterizzano una più recente produzione normativa (es. Legge 317/91), si rivolgono direttamente alle singole imprese e non ai network. Gli incentivi regionali utilizzati nella precedente programmazione hanno interessato quasi esclusivamente le singole imprese; scarsissimo è stato l’utilizzo di agevolazioni da parte di consorzi o reti di imprese. A tale riguardo, con riferimento alla “Legge Sabatini” cioè la 1329/65, ed alla Legge 598/94 “Incentivi per l’innovazione tec- calabriareporter_4/08 nologica, organizzativa e commerciale, per la tutela ambientale e la sicurezza sui luoghi di lavoro” e della Legge 949/52 recante interventi per imprese artigiane, la Regione Calabria si è avvalsa della facoltà di modifica introducendo un contributo in conto capitale, insieme alla tradizionale forma del credito agevolato previsto dall’impianto originario delle leggi. A complemento della possibilità di incentivare l’acquisizione di macchinari ed attrezzature, in base alla legge “Sabatini”, con L.R. n. 36/2001, è stato previsto il sostegno finanziario per le spese relative a progettazioni, studi, suolo aziendale e opere murarie. Gli adeguamenti introdotti sono andati nella direzione di creare una strumentazione regionale di sostegno alle micro e piccole imprese, di cui la Regione era priva all’inizio del corrente periodo di programmazione, fondata sulla forma mista, cioè credito agevolato e contributo a fondo perduto. Tale scelta è stata motivata, da un lato, dalla necessità di proporre strumenti che potessero garantire un agevole accesso al credito alle imprese calabresi, tradizionalmente afflitte dalla sottocapitalizzazione e, dall’altro, dalla necessità di permettere un graduale passaggio ad un sistema agevolativo non più caratterizzato da esclusivo contributo in conto capitale. Sulla scorta di questa valutazione generale per i settori dell’Asse IV Sviluppo si sono individuate le seguenti priorità: - incentivare l’innovazione a livello di processo, di prodotto e di organizzazione aziendale e commerciale; - elevare le capacità di programmazione e pianificazione strategica delle imprese; - aumentare il tasso di imprenditorialità, inteso non solo in termini di numerosità delle iniziative, ma anche, e soprattutto, di crescita dello “spessore strategico” e delle capacità di creare “valore aggiunto” delle imprese locali; - adeguare i livelli quali-quantitativi di servizio funzionali alla qualità, innovazione, internazionalizzazione, progettazione e design, commercializzazione e logistica; - supportare con adeguati strumenti di incentivazione le imprese capaci di sviluppare piani integrati ed efficaci per aumentare la propria competitività sul mercato; - favorire la nascita e lo sviluppo di sistemi locali di produzione, concentrando gli sforzi su aree e filiere con potenzialità di crescita; - favorire l’attrazione e la localizzazione di nuove imprese di medie e grandi dimensioni nella regione; - supportare le imprese nello sviluppo di una propria presenza sui mercati extra-regionali, attraverso sia azioni istituzionali e di sistema di cooperazione interregionale, sia avviando azioni di sostegno ai processi di internazionalizzazione. TURISMO Parlando, invece, di Turismo è doveroso dire che, in termini di offerta, il sistema ricettivo regionale è ancora, nonostante il miglioramento registrato negli ultimi anni, di medio-basso livello (il 76,49% dell’intera offerta è composto da strutture con una, due o tre stelle), con un posizionamento prevalente sul segmento del turismo balneare estivo “di massa”. La bassa qualità complessiva favorisce, in modo implicito, un maggiore utilizzo delle strutture del “turismo sommerso”, considerate particolarmente competitive e qualitàtivamente sostitutive all’attuale struttura dell’offerta. La stragrande maggioranza delle località turistiche regionali ha, infatti, una dotazione di “seconde case” abnorme. La provincia di Vibo Valentia è l’area a vocazione turistica regionale con maggiore densità di posti letto per chilometro quadrato (trenta posti letto per chilometro quadrato), seguono le province di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Crotone. 4 Le province di Catanzaro e Vibo Valentia, in particolare, hanno una dotazione di posti letto superiore alla media regionale, mentre Crotone (otto posti letto per chilometro quadrato) presenta una rilevante dispersione dell’offerta. Le direttive da seguire nel periodo di programmazione 2000-2006 sono state le seguenti: - promuovere e potenziare la presenza dell’offerta turistica regionale nei grandi sistemi internazionali di prenotazione; - favorire lo sviluppo di servizi di trasporto per i turisti, tra i punti di arrivo (stazioni, porti, aeroporti) e quelli di soggiorno-visita (alberghi, località interne, siti archeologici); - supportare la qualificazione dell’offerta ricettiva esistente; - sostenere lo sviluppo di nuova ricettività di qualità, all’interno dei sistemi locali di offerta turistica con una tendenza di crescita della domanda; Lamezia Terme (CZ), centro agroalimentare - supportare la creazione di parchi tematici e grandi attrattori coerenti con le vocazioni delle aree territoriali; - realizzare una maggiore integrazione tra l’offerta turistica, i siti, il patrimonio artistico-culturale e quello naturalistico; - supportare lo sviluppo di imprese di servizi al turismo, capaci di integrare l’offerta ricettiva con quella del territorio (patrimonio naturalistico, culturale, archeologico); - favorire lo sviluppo di relazioni di cooperazione tra gli operatori; - favorire l’emersione del “turismo delle seconde case”; - favorire lo sviluppo e la crescita del sistema portuale turistico regionale in una logica di integrazione e specializzazione; - promuovere la formazione manageriale e professionale degli operatori (innovazione organizzativa orientata alla “customer satisfaction”). Per fare ciò si è reso necessario da una parte richiedere, agli operatori del settore, competenze e risorse adeguate per la definizione e lo sviluppo di pacchetti integrati di servizi qualificati e innovativi, dall’altra imporre all’insieme dei soggetti che vivono il territorio scelte e comportamenti orientati alla valorizzazione e allo sviluppo di tutte le risorse locali. Si è pensato ad esempio, ad alcune offerte specialistiche come complemento al pacchetto di base cioè itinerari museali, percorsi di esplorazione storica e architettonica, itinerari salutisti e gastronomici, opzioni escursionistiche, itinerari agrituristici, itinerari religiosi, itinerari culturali. La creazione dei STL (Sistemi turistici locali) risponde all’esigenza di favorire l’affermazione di una cultura di governo locale del turismo contribuendo alla creazione di nuove sinergie tra soggetti pubblici e privati, dislocando le competenze dal livello regionale all’ambito in 5 calabriareporter_4/08 cui si realizza il prodotto turistico e così contribuendo alla piena valorizzazione delle realtà locali, dei Comuni e delle Province. AGRICOLTURA Relativamente all’Agricoltura, da ricordare è il fatto che, mentre nel 1951 al settore agricolo era associato il 43% del reddito regionale complessivo, poco più di 40 anni più tardi, lo stesso dato tocca appena il 7,8%. L’agricoltura calabrese è caratterizzata da un quadro dell’assetto strutturale, cioè delle dimensioni fisiche ed economiche delle aziende, fortemente polarizzato. Sei settimi delle aziende hanno una SAU (Superficie Agricola Utilizzata) inferiore ai cinque ettari; ad esse è associato il trenta per cento circa della SAU regionale; le aziende con più di cinquanta ettari sono meno dell’1% del totale e occupano poco meno di un quarto della superficie. L’agricoltura calabrese si caratterizza fortemente per la scarsa presenza delle aziende di medie dimensioni, che in altre aree del paese costituiscono, invece, il nucleo “forte” dell’agricoltura familiare competitiva. Al problema della forte polverizzazione delle imprese agricole in Calabria si aggiunge anche quello di una forte frammentazione (trasversale a tutte le aziende, non solo a quelle di dimensioni più piccole) delle superfici aziendali in appezzamenti, detti “corpi” non contigui, talvolta anche lontani tra loro. Per gli effetti che ha sui costi di produzione, la frammentazione della proprietà rende il quadro dell’assetto strutturale ancora più drammatico. Pomodori Le difficoltà strutturali con le quali deve fare i conti l’agricoltura calabrese emergono con forza ancora maggiore se la realtà regionale è confrontata con quella degli altri Paesi dell’Unione Europea. Ai 3,8 ettari delle dimensioni aziendali medie delle aziende agricole della Calabria corrispondono gli oltre settanta ettari delle aziende del Regno Unito, i 39,6 ettari delle aziende danesi, gli oltre trentotto ettari delle aziende francesi. È vero che si tratta di agricolture con ordinamenti colturali piuttosto diversi da quelli tipici “mediterranei” dell’agricoltura calabrese, ma il risultato non cambia se il confronto viene fatto con i nostri partner dell’area mediterranea: le dimensioni medie aziendali in Spagna sono pari a ben 19,7 ettari. Tali differenze sono rilevanti perché si traducono, a parità di altre condizioni, in una nettamente minore competitività - sia di prezzo che di qualità - delle aziende agricole calabresi rispetto a quelle di altre regioni italiane e di altri paesi dell’Unione Europea dirette concorrenti sui mercati dei prodotti. L’agricoltura calabrese, come del resto le agricolture delle altre regioni italiane, non è omogenea al suo interno, né dal punto di vista della dotazione strutturale, né da quello della qualità delle risorse fisiche utilizzate tanto che è possibile parlare della coesistenza all’interno del settore agricolo regionale di diverse “agricolture”, che procedono a diverse velocità e, talvolta, in direzioni opposte. Accanto a realtà interessate da processi di rapida, progressiva marginalizzazione economica e produttiva, troviamo comparti e realtà aziendali in cui negli ultimi anni si è assistito a decisi fenomeni di modernizzazione, sia dei processi produttivi che nelle attività a valle delle aziende, di trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Purtroppo questi fenomeni sono riconducibili ad un numero relativamente limitato di aziende, concentrate soprattutto in alcuni comparti e/o in aree circoscritte. FORESTAZIONE La Calabria, secondo dati ISTAT del 1997, si colloca - per consistenza boschiva (479.674 ettari), indice di boscosità (31,8%) e produzione legnosa annua (490.257 metri cubi) - ai primi posti fra le regioni d’Italia (Trentino-Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Toscana) più importanti del Paese, dal punto di vista della forestazione. Oggi, il bosco - sia di origine naturale (4/5 della superficie boscata totale) che artificiale (1/5 della superficie boscata), di latifoglie e/o di conifere, di fustaie e/o di cedui, di popolamenti puri o misti, di formazioni arboree e/o arbustive - costituisce per la Calabria una riserva e una risorsa di inestimabile valore ambientale e produttivo, un bene naturale di alto interesse fitogeografico e conservazionistico, un sistema biologico complesso in continua evoluzione e riproducibile, la cui utilizzazione razionale comporta la risoluzione di una serie di problemi selvicolturali, socio-economici e di tecnica gestionale. Sono state individuate, perciò, le seguenti priorità: - qualificare il ruolo economico-produttivo e sociale dell’agricoltura (produzione di cibi di qualità, conservazione delle risorse ambientali, territoriali e paesaggistiche, sviluppo rurale); - favorire una crescente e durevole partecipazione del settore primario alla fase di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, presupposto indispensabile per rafforzare la competitività del settore primario e per assicurare uno sviluppo armonico ed integrato del sistema; - attivare processi di innovazione e produttività attraverso interventi strutturali e sociali (ricambio generazionale, ecc.), al fine di modernizzare il comparto agricolo e renderlo competitivo rispetto al mercato; - favorire un più alto livello degli investimenti rispetto al valore aggiunto settoriale, rimuovendo svariati vincoli (difficoltà di accesso al credito delle imprese agricole, incertezza di collocamento dei prodotti, lentezza con cui vengono realizzati gli interventi finanziati dalle politiche strutturali comunitarie, etc.); - favorire l’organizzazione dell’offerta, attraverso l’applicazione di priorità e premialità a favore di associazioni di produttori, al fine di rafforzare la capacità contrattuale del settore primario nei rapporti di integrazione verticale e rispetto alla grande distribuzione organizzata (GdO); - riorganizzare il settore in una logica di sistema; - premiare la cooperazione produttiva tra imprese e tra territori intra ed extraregionali; - favorire maggiori integrazioni materiali ed immateriali (integrazioni intersettoriali tra territori, trasferimento di risorse umane e finanziarie, trasferimento di modelli di sviluppo, etc.) tra aree forti ed aree deboli; - favorire il ruolo multifunzionale dell’agricoltura; - diversificare le attività aziendali ed economiche del territorio rurale; - rivitalizzare le aree rurali; - sostenere la formazione di sistemi locali di sviluppo, differenziati per aree e concertati tra gli attori locali. 6 calabriareporter_4/08 Una fruttuosa “staffetta agricola” tra locride e trentino Gli interventi finanziati dal Por sono spesso il frutto dell’azione di diverse misure perché a volte i progetti sono così complessi che non si limitano a un solo obiettivo da raggiungere. È il caso di quello denominato “Frutticoltura in coltura protetta” che di Misure ne ha coinvolte ben quattro: la 4.5 “Investimenti nelle aziende agricole”, la 4.6 “Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli”, la 4.14 “Insediamento giovani agricoltori” e infine la 4.15 “Formazione”. Un progetto complesso anche perché ha coinvolto un gran numero di comuni quasi tutti ricadenti nella Locride. Si tratta di Platì, Careri, San Luca, Bovalino, Sant’Ilario dello Ionio, Casignana, Locri, Ardore, Ciminà, Serrata, Caulonia e Stilo. L’idea è stata quella di creare una “staffetta agricola” tra la Calabria – in particolare il territorio che ospita questi centri – ed il Trentino per garantire tutto l’anno la produzione di frutti di bosco freschi e creare occupazione affrancata dalla criminalità. Una formula che è alla base di questo Progetto integrato di filiera (PIF) che nasce nell’ambito di un’iniziativa orientata a rafforzare la cultura associativa e cooperativistica fra soggetti che operano in aree collinari e montane con caratteristiche di marginalità economica e sociale causate anche dalla presenza di fenomeni mafiosi. Il PIF testimonia l’applicazione nel Programma operativo regionale (POR) 2000-2006 della Calabria dell’approccio “botton-up” della programmazione dei fondi strutturali, cioè la capacità di recepire e valorizzare le istanze e le progettualità provenienti da un partenariato rappresentativo degli interessi presenti nel territorio e che si vuole sempre più artefice dei processi di crescita autonomi. Il PIF ha visto in prima linea, infatti, la chiesa locale, in particolare l’ex vescovo di Locri – Gerace Giancarlo Maria Brigantini, e tre cooperative agricole impegnate nella coltivazione di piccoli frutti, già in contatto con un’associazione di produttori presente in Trentino. La manodopera utilizzata è prevalentemente composta da giovani e donne e fra questi molte sono mogli, vedove o parenti di detenuti per reati di mafia, a voler marcare una rottura generazionale e culturale, come premessa significativa per avviare un processo di crescita Sopra: more; sotto: alberi di ciliegio. economica e sociale e di affrancamento dal fenomeno mafioso. Un’importante valenza sociale, accompagnata da robuste prospettive occupazionali. La finalità del PIF è quella, infatti, di estendere la coltivazione dei piccoli frutti (ciliegio, lampone, mora, ribes, mirtillo e fragola) nel territorio della Locride, sostenendo la nascita di nuove imprese agricole da parte di giovani, favorendo l’adeguamento strutturale di quelle esistenti, promuovendo la formazione del personale e potenziando la commercializzazione dei prodotti. Il tutto applicando, come detto, la formula della “staffetta agricola” fra territori, che vede la Locride produrre in inverno e in primavera e il Trentino, in estate, in modo da conseguire una continuità produttiva e superare le condizioni climatiche che determinano il fermo biologico, ora in Calabria, ora in Trentino. Oggi sui mercati italiani e tedeschi si mangiano frutti di bosco freschi che provengono da questa terra a dimostrazione di come la valorizzazione delle sue potenzialità non sia impresa impossibile. Il finanziamento, arrivato dal fondo FEOGA (Fondo Europeo Agricolo/sezioni Orientamento e Garanzia), è stato di oltre dieci milioni di euro. calabriareporter_4/08 7 Pro dotti nel regg i no s alu mi con il marchio D OP Una Misura dell’Asse IV, esattamente la quinta, è dedicata agli investimenti in aziende agricole. Ed è proprio grazie a questa misura che una giovane imprenditrice di Cardeto, comune in provincia di Reggio Calabria, è riuscita a realizzare un’azienda per la macellazione di suini e la produzione di salumi. La signora Giovanna Morabito ha presentato un progetto chiamato “Allevamento suinicolo a ciclo chiuso con annesso capannone deposito scorte” che ha ottenuto un finanziamento di seicentoventimila euro. Somma utile per costruire la struttura necessaria all’allevamento dei suini. Una struttura composta da diversi reparti: gestazione, parto, svezzamento, magranaggio e ingrasso. L’area gestazione è stata concepita secondo lo schema dei box multipli, con superfici elevate per ogni capo di bestiame. La sala parto è costituita da gabbie con dispositivi antischiacciamento per evitare danni ai piccoli suini in lattazione. Sono state istallate lampade a raggi infrarossi per la migliore termoregolazione dei nuovi nati, è stato allestito un impianto idrico e di alimentazione destinato alla scrofa, nonché un pavimento in pannelli grigliati per l’immediato allontanamento dei liquami prodotti. L’area di svezzamento è caratterizzata da un ambiente termoregolato per mantenere temperature adeguate alla crescita, nei primi giorni di vita, dei suini. Infine l’area magronaggio-ingrasso è suddivisa in box abbastanza ampi in cui trova ospitalità un adeguato numero di suini. Anche in questo caso è fondamentale il controllo del microclima e la struttura possiede un sistema di veicolazione dei liquami. La realizzazione dei vari reparti che costituiscono il modulo di allevamento, è avvenuta con l’introduzione di attrezzature zootecniche di elevato standard sul benessere degli animali. Il progetto è stato ispirato, infatti, al rispetto della normativa che regola il settore e l’impresa è in possesso delle relative certificazioni rilasciate dall’azienda sanitaria competente. Oltre al modulo allevamento, sono state realizzate strutture di Sopra: salumi calabresi; sotto: la ‘nduja di Spilinga (VV) appoggio all’attività, utilizzate per custodire macchine e attrezzature che fanno parte dell’investimento, nonché i materiali di scorta. L’azienda, che sorge in area svantaggiata, ha superato brillantemente il ritardo del contesto in cui opera e oggi è orientata alla esclusiva produzione di qualità, anche certificata. Infatti è regolarmente iscritta all’ICQ, l’Istituto Calabria Qualità S.r.l., organismo di certificazione per la denominazione di origine protetta. E i salumi che qui si producono hanno il marchio Dop, essendo l’impresa dotata di tutti gli standard strutturali e di tecnica di gestione previsti dal disciplinare. L’iniziativa ha così permesso di insediare permanentemente una giovane imprenditrice in un territorio difficile e di coinvolgere nell’attività i membri del nucleo familiare, nonché professionalità che erogano servizi e consulenza per un totale di sei unità. Il fatturato all’avviamento dell’attività risulta essere circa 150.000.00 euro, con un trend in crescita. Il campione Rino Gattuso è anche imprenditore Non è soltanto un campione del mondo dello sport più amato in Italia, il calcio, ma è anche un imprenditore che ha saputo sfruttare le opportunità messe a disposizione dal Por per creare occupazione nella sua Corigliano. Il campione/imprenditore in questione è Gennaro Gattuso. La sua azienda, la “Gattuso srl”, ha ottenuto, nell’ambito della Misura 4.20 “Protezione e sviluppo delle risorse acquatiche, acquicoltura, attrezzatura dei porti da pesca, trasformazione e commercializzazione”, un finanziamento di oltre ottocentomila euro. Ha realizzato, così, un impianto di depurazione e spedizione di molluschi bivalvi vivi e un centro mantenimento di crostacei. L’idea è stata quella di sfruttare al massimo la risorsa mare del suo paese natale. Infatti la “Gattuso srl”, la cui sede è nella zona industriale di Corigliano Schiavonea, è inserita in una realtà territoriale tradiVongole zionalmente dedita alla pesca e al commercio di prodotti ittici. Il porto di Schiavonea, che ospita la più numerosa marineria della Calabria, rappresenta oggi un importante centro di sviluppo per l’industria del pescato. L’impianto di alta tecnologia, realizzato con i fondi comunitari ha una capacità massima di venticinque tonnellate di pescato ed è costituito da 108 bins (contenitori) isotermici di stoccaggio del prodotto, di sistemi di refrigerazione, di pre-filtraggio e filtraggio, di areazione, di sterilizzazione e da uno schiumatore che elimina le microimpurità. Un innovativo macchinario di adduzione idrica consente ad ogni bins di rimanere isolato dal resto dell’impianto, inoltre le portate e le modalità di trattamento dell’acqua permettono di completare il ciclo di depurazione in circa 6/24 ore a seconda della specie presente. Annesso alla struttura, è stato realizzato un centro per il confezionamento e la spedizione dei molluschi bivalvi vivi. Dopo una prima fase di avviamento, durata alcuni mesi, l’impianto, attualmente, si avvia a entrare a regime. Al momento risultano occupate dodici persone nei vari ambiti di produzione. Inoltre, la Gattuso Srl ha creato un importante indotto al servizio della produzione che comprende, tra l’altro, fornitori, consulenti e laboratori analisi. Il fatturato nel primo anno di attività è stato di circa due milioni di euro. L’Ag r itur i smo “D attilo” Un casolare baronale, risalente al XV secolo, immerso nel verde, su una collinetta a brevissima distanza dal mare. Luogo ideale per realizzare un agriturismo, sfruttando le potenzialità della campagna e del mare calabrese. La struttura in questione sorge a Strongoli, in provincia di Crotone. Da queste parti tutti conoscono l’Azienda agricola “Dattilo” in cui si producono, soprattutto, vino e olio biologici. Anche in questo caso una grossa mano per diversificare l’attività agricola tradizionale, proponendo attività economiche differenti, è arrivata dal Por. Infatti, grazie alla Misura 4.10, l’azienda ha investito duecentocinquantamila euro: centomila di quota pubblica e la restante parte di quota privata. Con questa somma è stata possibile la ristrutturazione di alcuni fabbricati, l’acquisto di arredi e attrezzature e la sistemazione delle aree esterne, in particolare per l’attività turistica. L’intervento in questione ha mirato a sostenere e promuovere alcune produzioni agricole, attraverso azioni dirette alla valorizzazione e all’utilizzazione alternativa del territorio, dell’ambiente e del patrimonio storico-culturale. Così si è realizzata una perfetta integrazione tra le attività proprie del tradizionale agriturismo e quelle dell’azienda, che produce tutto ciò che è possibile nei sessanta ettari di terra a disposizione. Con risultati evidenti: basti pensare che “Dattilo” sia per il suo olio che per il suo vino, ha conseguito spesso riconoscimenti importanti in rassegne di settore quali, ad esempio, il “Biol”, la manifestazione-concorso che da ormai tredici anni pone a confronto gli extravergini bio dei vari continenti. Catanzaro, “Presidenza della Regione”; in copertina: colture nella piana di Lamezia Terme (CZ). Calabriareporter Periodico gratuito d’informazione sulle politiche dell’Unione Europea per lo sviluppo della Regione Calabria. Anno I - Num. 4 Registrazione del Tribunale di Catanzaro n° 4 del 31/03/2008 Editore Regione Calabria Via Molé - 80100 Catanzaro Direttore Responsabile Oldani Mesoraca Hanno collaborato Davide Lamanna Danila Letizia Gabriella Dodaro Alessandra Magro Gaetano Prejanò Laura Tucci Stampa Arti Grafiche Tilligraf S.r.l. Roma Tiratura Di questo numero sono state tirate 50.000 copie.