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"Antincendio" (Aprile 2013)
Evoluzione normativa per la sicurezza delle persone disabili ■ Paolo Qualizza L’abstract La sicurezza delle persone disabili è stata affrontata in diverse norme tecniche, alcune riferite specificamente alla valutazione del rischio di incendio e alla gestione dell’emergenza. Queste norme sono rivolte soprattutto ai responsabili delle attività che, nella valutazione dei rischi e nella stesura dei piani di emergenza, devono considerare la presenza di disabili. Forte è però l’attenzione anche sui compiti dei soccorritori, spesso impreparati a gestire in emergenza situazioni in cui è richiesto di relazionarsi e di interagire con persone disabili. Il presupposto è che portare aiuto ad una persona affetta da una qualsiasi forma di disabilità risulta alquanto complesso e richiede una corretta organizzazione dell’emergenza e un’adeguata preparazione del soccorritore. L’evoluzione normativa vuole dare risposte fornendo strumenti utili da mettere in atto nelle diverse fasi che precedono e determinano un’emergenza. 20 eneralmente la difficoltà di portare soccorso alle persone con disabilità è dovuta, più che alla carenza di mezzi o alla inadeguatezza delle strutture, all’impreparazione del soccorritore nei riguardi del disabile o all’inefficace organizzazione della sicurezza nei luoghi che ospitano queste persone. In questi casi infatti i problemi più ricorrenti sono determinati proprio dalla incapacità, da parte del soccorritore, di entrare in sintonia con la persona disabile o dalla difficoltà, da parte di quest’ultima, di percepire tempestivamente e correttamente la situazione di G antincendio aprile 2013 ■ L’Autore Paolo Qualizza - Si Laurea in Ingegneria Civile presso l’Università degli Studi di Udine e consegue la Specializzazione post laurea in Sicurezza e Protezione industriale presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Nel 1994 entra nel Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco come funzionario direttivo e dal 1995 al 1999 presta la sua attività nel Comando provinciale Vigili del fuoco di Gorizia. Dal 1999 al 2004 lavora presso la Direzione Centrale per le Risorse Logistiche e Strumentali - Area Sedi di Servizio - Roma. E dal 2004 al 2009 opera nel Comando provinciale Vigili del fuoco di Roma. Nel 2009 diviene Primo Dirigente VF e assume il Comando dei Vigili del fuoco di Pordenone. Ha svolto attività di docenza e presentato lavori in convegni e seminari presso l’Istituto Superiore Antincendi dei Vigili del fuoco - Roma, e presso varie Università ed ordini e collegi professionali. Ha rappresentato il C.N.VV.F. in convegni internazionali ed ha partecipato a missioni di soccorso nazionali e internazionali. aprile 2013 Questo aspetto viene richiamato anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 - ratificata da parte dello Stato Italiano il 30 marzo 2007) che all’articolo 11 - Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie - recita: “Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali”. Quindi l’importanza di un approccio particolare nel soccorso verso le persone con disabilità viene riconosciuta in un contesto generale. La necessità di prendere in considerazione la sicurezza delle persone con disabilità viene affrontata già nel Decreto Legislativo 626/94 che, all’art. 30, comma 4, stabilisce che “i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap”. Tale obbligo viene in seguito ribadito all’art. 63, comma 2, del D.L.gs. 81/08: “i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili”, dove si parla più in generale di lavoratori disabili, intendendo così tutti coloro che, in forma permanente o temporanea, si trovano in una condizione di non completa autonomia. La sicurezza in caso di incendio Sulla stessa linea si colloca il D.M. 10/03/98 - Criteri di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro dove il problema legato alla presenza di persone disabili, nell’accezione più generale del termine, viene affrontato nella circostanza dell’emergenza. Nell’articolato del provvedimento questo aspetto emerge in vari punti, spesso non in maniera esplicita, ma comun- antincendio 21 norme sicurezza disabili emergenza. La necessità e l’importanza di affrontare questo problema diventa ancora più impellente a fronte della considerazione che, come appare anche dal documento “La disabilità in Italia” pubblicato nel 2010 dall’ISTAT, il numero di persone con disabilità stia progressivamente aumentando nel tempo e si prevede che nel 2035 questo numero potrà avere un incremento fino al 75% rispetto al 2005. Ciò è dovuto prevalentemente all’invecchiamento atteso della popolazione che, con l’aumento dell’età media, presenta una contestuale riduzione delle capacità di autonomia. A questo proposito è opportuno sottolineare che quando si parla di persone con disabilità non si deve intendere solo coloro che risultano affetti da patologie permanenti, ma anche quelli che si trovano temporaneamente in condizioni di non completa autonomia. In questo contesto devono essere considerati gli anziani con difficoltà di movimento, le persone con bambini, le donne in stato di gravidanza, le persone che hanno subito traumi, ecc., ovvero tutti coloro che, sebbene risultino autosufficienti in condizioni normali, necessitano di un aiuto particolare quando si presentano circostanze in cui è richiesta l’attuazione di procedure di emergenza. norme sicurezza disabili que in modo inequivocabile e prende in considerazione, oltre che i lavoratori, tutte le persone, a vario titolo presenti nell’attività. Questa norma prevede che il datore di lavoro prenda in esame, nella valutazione del rischio di incendio, la prontezza dei presenti ad allontanarsi in caso di necessità (Allegato I - punto 1.3, lettera f). Impone altresì che nella fase di identificazione di coloro che risultano esposti al rischio di incendio venga individuata la presenza di persone la cui mobilità, udito o vista siano limitati (Allegato I - punto 1.4.2). Il suddetto decreto, all’Allegato VIII - Pianificazione delle procedure da attuare in caso di incendio obbliga il datore di lavoro ad individuare le specifiche necessità dei lavoratori disabili nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di evacuazione del luogo di lavoro, comprendendo nel computo anche le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini (punto 8.3). Il problema della sicurezza delle persone con disabilità e la possibilità di portare loro soccorso in caso di incendio viene considerato in diverse norme verticali di prevenzione incendi, relative in particolare ad attività che prevedono la cospicua presenza di persone. In questi luoghi la normativa richiede strutture dedicate proprio alla salvaguardia di coloro che, in caso di emergenza, per motivi diversi, si trovano in condizione di difficoltà di movimento. In questo ambito sono compresi gli ascensori antincendio e gli spazi calmi. Gli ascensori antincendio Gli ascensori antincendio, definiti “montalettighe utilizzabili in caso di incendio” al punto 3.6.1 del D.M. 18/09/2002 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private - sono destinati specificamente alle operazioni di soccorso e di evacuazione che devono essere svolte da personale appositamente a ciò destinato e dai Vigili del fuoco. Questo sistema di emergenza viene ripreso nel D.M. 15/09/2005 - Approvazione. della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi - che al punto 7 dell’allegato Le persone disabili possono utilizzare gli ascensori in caso di emergenza purché siano a ciò destinati o siano ascensori di emergenza 22 antincendio aprile 2013 norme sicurezza disabili “vani di corsa per ascensore antincendio” definisce le caratteristiche richieste per gli ascensori antincendio, descrivendo nel dettaglio i requisiti necessari sia per le strutture murarie che per gli impianti elettrici e meccanici. Questi decreti definiscono le caratteristiche e le modalità di utilizzo degli ascensori antincendio in accordo con quanto contenuto nel citato D.M. 10/03/1998 che, al punto 8.3.4 “utilizzo di ascensori”, specifica che le persone disabili possono utilizzare gli ascensori in caso di emergenza, purché gli stessi siano appositamente a ciò destinati o siano ascensori antincendio. Viene inoltre sottolineata la necessità che tali impianti vengano azionati sotto il controllo di personale pienamente a conoscenza delle procedure di evacuazione. Gli spazi calmi Lo spazio calmo è una struttura definita per la prima volta nel D.M. 09/04/1994 - Regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività turistico alberghiere. Secondo questa definizione lo spazio calmo è il luogo sicuro statico, contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo e deve avere caratteristiche idonee per garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi. Questo luogo consente quindi alla persona con disabilità di rifugiarsi e attendere i soccorsi, in una condizione che, anche psicologicamente, gli deve consentire una sufficiente tranquillità. Tale obiettivo è indubbiamente difficile da conseguire e in ogni caso richiede una corretta informazione preventiva alle persone presenti. Lo spazio calmo deve essere collocato in modo da non indurre, in coloro che vi devono sostare, il dubbio sulla sua utilità e soprattutto sulla sua sicurezza. Il concetto di spazio calmo lo si ritrova, in 24 forma embrionale, già nel D.M. 236/1989, norma di riferimento per la progettazione di ambienti accessibili che, al punto 4.6 dell’allegato, dove vengono trattati gli accorgimenti tecnici per contenere i rischi di incendio nei confronti di persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale indica, come soluzione da preferire, la realizzazione di compartimenti antincendio, piuttosto che predisporre sistemi di vie di uscita che a volte possono risultare non percorribili da persone con impedita o ridotta capacita motoria. Il decreto specifica inoltre che i compartimenti devono avere le caratteristiche di luogo sicuro statico, devono essere opportunamente distribuiti nell’ambito della struttura e facilmente accessibili da parte delle persone disabili che possono qui attendere i soccorsi. Sulla linea tracciata dal D.M. 236/1989 e, successivamente, con la definitiva introduzione dello spazio calmo nel citato D.M. 09/04/1994, altre norme prevedono la realizzazione di questa misura di protezione passiva: D.M. 18/03/1996 - Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi, D.M. 19/08/1996 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo. Il concetto di spazio calmo ha contribuito a modificare anche i criteri generali di progettazione nell’ambito della prevenzione incendi, inducendo i professionisti a considerare questo elemento come necessario per la sicurezza delle persone con disabilità ed a prenderlo in considerazione anche quando le norme non lo prevedono specificamente. Un elemento che discende direttamente dallo spazio calmo è il criterio dell’esodo orizzontale progressivo, che viene definito nel D.M. 18/09/2002 - Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private - dove è previsto che l’esodo venga attuato mediante lo spostamento dei degenti in un antincendio aprile 2013 La resistenza al fuoco delle strutture Un’altra norma di prevenzione incendi, di carattere orizzontale, che affronta il problema della sicurezza delle persone più vulnerabili in termini generali è il D.M. 09/03/2007 - Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Questo decreto, che tratta la resistenza al fuoco delle strutture, al punto 3.2.1 lettera f) dell’allegato, prevede che il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni non adibite ad attività specificamente destinate a malati, anziani, bambini o a persone con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o cognitive. Linee guida per la sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro con presenza di disabili Ad integrazione delle norme che trattano la sicurezza delle persone con disabilità nei luoghi di lavoro il Ministero dell’Interno - Dipartimento dei Vigili del fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - ha emanato alcune circolari che trattano nello specifico il problema. La circolare n. 4 del 01/03/2002 sulla scorta delle disposizioni di cui al D.Lgs. 626/94 e del successivo D.M. 10/03/98, che richiamano l’attenzione anche nei casi in cui le persone possono essere esposte a rischi a causa della loro disabilità, è stata redatta con lo scopo di fornire ai datori di lavoro, ai professionisti ed ai responsabili della sicurezza uno strumento per considerare, nella valutazione del rischio, la presenza di persone con ridotta o impedita capacità motoria, sensoriale o mentale. aprile 2013 Le linee guida per la sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro con presenza di disabili considera, tra gli elementi per effettuare la valutazione del rischio, la mobilità e l’orientamento in caso di emergenza, la percezione dell’allarme o del pericolo, l’individuazione delle azioni da compiere in caso di emergenza La circolare indica alcune misure di carattere edilizio e impiantistico per mitigare i rischi individuati e integra le stesse con misure gestionali. Il documento guida all’individuazione delle caratteristiche ambientali che rendono difficile o impossibile alle persone con limitazioni alle capacità fisiche, cognitive, sensoriali o motorie il movimento, l’orientamento, la percezione dei segnali di allarme e la scelta delle azioni da intraprendere al verificarsi di una condizione di emergenza. Gli elementi da prendere in considerazione per effettuare la valutazione del rischio sono: • la mobilità in caso di emergenza: condizionata dalla presenza di elementi di intralcio o disturbo lungo i percorsi (gradini, restringimenti, sporgenze, ecc.) e determinata dalla adozione di misure gestionali per fare fronte a problemi contingenti (disposizione di mobili, mezzi, materiali, ecc.) • l’orientamento in caso di emergenza: è subordinato al corretto posizionamento della segnaletica e dipende dalla capacità individuale di identificare i percorsi e le uscite che conducono in luogo sicuro, prestando attenzione anche a coloro che risultano estranei al luogo; un altro importante elemento è quello di valutare la presenza di segnalazioni che utilizzino più canali sensoriali al fine di consentire a tutti, ed in particolare a persone con disabilità, di orientarsi in caso di emergenza. Ad esempio è molto importante la collocazione dei segnali visivi e luminosi per consentire di soddisfare la necessità di antincendio 25 norme sicurezza disabili compartimento adiacente fintantoché l’incendio non sia stato domato o in attesa di evacuazione in luogo sicuro (ad esempio in uno spazio calmo). norme sicurezza disabili orientamento da parte di persone che non sono in grado di percepire segnali acustici • la percezione dell’allarme o del pericolo: il segnale di pericolo, ottico o sonoro, deve essere chiaro e comprensibile a tutti • l’individuazione delle azioni da compiere in caso di emergenza: in fase di valutazione della sicurezza antincendio è importante considerare la complessità del messaggio da trasmettere e la necessità di utilizzare più canali sensoriali per giungere a tutti i presenti, anche agli estranei. Se la circolare 1 marzo 2002 ha come obiettivo quello di fornire alle figure preposte alla sicurezza in ambito lavorativo un criterio per la valutazione della sicurezza antincendio, con la Lettera circolare n. P880 / 4122 sott. 54/3C si è inteso fare un ulteriore passo avanti mediante la predisposizione di linee guida che costituissero uno “strumento di verifica e controllo finalizzato ad individuare gli elementi significativi per la sicurezza di tutte le persone, in particolare di quelle disabili, nei luoghi di lavoro.” L’intento è quello di fare emergere le condizioni di criticità che si possono riscontrare nell’ambito di una struttura e, mediante indicazioni precise, supportate anche da norme cogenti, individuare concrete soluzioni tecniche in linea con la circolare del 1/3/02. Le citate circolari suggeriscono alcuni spunti di riflessione che possono risultare di ausilio per coloro che si devono occupare della gestione della sicurezza, in particolare nei luoghi di lavoro. Innanzitutto risulta opportuno coinvolgere e rendere parte attiva nelle fasi del processo di riduzione del rischio i lavoratori con disabilità, ove presenti. Ciò consente di affrontare i problemi con maggiore competenza e consapevolezza e, di conseguenza, permette di individuare soluzioni efficaci. Quando si analizza il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro è necessario considerare anche le condizioni di criticità e le difficoltà in cui può trovarsi una persona estra- 26 nea al luogo considerato, ricordando sempre che la sicurezza deve riguardare tutti. Per questo è molto importante tenere presente che le situazioni devono essere progettate e gestite in modo da collocare tutti sullo stesso piano, dal punto di vista della sicurezza, senza determinare alcuna discriminazione, né fra i lavoratori, né fra lavoratori e visitatori. Si sottolinea inoltre che nella stesura delle procedure di emergenza è opportuno agire in modo da comprendere tutti in un unico piano organizzato, evitando di predisporre piani speciali o separati per le persone con disabilità. Un ulteriore strumento che costituisce un valido ausilio nell’affrontare il problema della sicurezza delle persone con disabilità è l’opuscolo pubblicato dal Dipartimento dei Vigili del fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile dal titolo: “Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”. Questo documento, che discende dalle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro fornisce elementi per il corretto approccio da parte dei soccorritori nei confronti delle persone che necessitano di un aiuto in caso di emergenza. Conclusioni Si può in conclusione affermare che lo sviluppo recente della normativa nel campo della sicurezza e soccorso alle persone disabili evidenzia una grande attenzione al problema che è tuttora in evoluzione. Si riscontra inoltre, fra coloro che trattano questo argomento, la crescente consapevolezza che per garantire a tutti lo stesso livello di sicurezza è necessario affrontare il problema in maniera univoca e nella sua globalità, allontanando l’idea di ragionare per compartimenti stagni. È inoltre importante coinvolgere direttamente in questo processo le persone disabili, il cui contributo consentirà di proseguire sul percorso intrapreso e permetterà di adottare misure sempre più idonee ed efficaci. antincendio aprile 2013 Progettare percorsi d’esodo accessibili: dall’allarme allo spazio calmo ■ Stefano Zanut L’abstract Progettare ambienti che soddisfino le esigenze di una popolazione reale in tutta la sua composita e oggettiva diversità rappresenta al giorno d’oggi una sfida di civiltà, che richiede l’impegno di tutti, dal committente all’ente chiamato ad esprimere il parere di competenza, passando per il professionista incaricato. Da questa necessità non possono sfuggire gli aspetti connessi con la prevenzione incendi, anzi, in tale ambito viene chiesto un impegno assai maggiore, poiché in caso di emergenza, una persona potrebbe non solo incrementare una sua pregressa difficoltà, ma anche incorrere in situazioni di disabilità temporanea connesse con l’evento, aumentando la propria vulnerabilità. 28 ella definizione di un progetto che tenga conto delle necessità connesse con la sicurezza in caso d’incendio, particolare attenzione va posta nel garantire alle persone di potersi allontanare agevolmente da una condizione di pericolo, senza subire conseguenze, oppure essere soccorse con efficacia. Su questo argomento un approccio che pone al centro del progetto le persone e le loro effettive esigenze rappresenta un elemento d’indubbia innovazione, oltre che di crescita culturale e professionale, senza per questo mettere da parte le indicazioni provenienti da N antincendio aprile 2013 Stefano Zanut - Architetto, laureato presso l’Università IUAV di Venezia e Direttore nel Corpo Nazionale Vigili del fuoco. Oltre ai compiti istituzionali svolge attività didattica e di ricerca nel campo della sicurezza in caso d’incendio, ponendo attenzione ai temi connessi con la vulnerabilità di persone e sistemi in queste circostanze. Su tali argomenti ed altri di prevenzione incendi è autore di numerosi contributi apparsi su riviste tecnico-scientifiche del settore, sia in ambito nazionale che internazionale, e di alcuni volumi in collaborazione con altri autori. Ha svolto e svolge docenza nell’ambito di corsi professionali ed universitari. È membro del Gruppo di lavoro istituito presso il Ministero dell’Interno per la sicurezza delle persone disabili e lo è stato dell’Osservatorio Ministeriale per l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio note ■ L’Autore aprile 2013 prescindere da queste riflessioni. Di questo passo non è difficile scivolare sul tema più specifico della “disabilità”, da rivalutare concettualmente sulla base delle interazioni persona-ambiente per giungere ai più attuali orientamenti per i quali un “handicap” non è tanto legato all’individuo, quanto all’eventuale svantaggio che a lui viene imposta anche in conseguenza delle condizioni al contorno. L’I.C.F., ovvero la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute1, approvata dall’Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2001, esplicita con chiarezza questi concetti promuovendo il cosiddetto approccio di tipo “biopsico-sociale” alla disabilità, che viene identificato in funzione delle diverse dimensioni della salute a livello biologico, individuale e sociale. In sostanza per affrontare il problema devono essere identificati tutti quei fattori che, interagendo con la persona, possono facilitarne o meno le prestazioni. La centralità del contributo dell’analisi ambientale nel determinare condizioni avverse trova riscontro anche nelle indicazioni della Society of Fire Protection Engineers, autorevole riferimento internazionale nel campo della sicurezza in caso d’incendio, dove il problema viene affrontato e risolto proprio nell’interazione uomo-ambiente-edificio 2. Questa dimensione del “problema disabilità” sta lentamente maturando anche nell’opinione pubblica e conseguentemente anche i progettisti cominciano a considerarla con attenzione, con importanti ricadute nel campo della sicurezza. Le fasi dell’evacuazione e l’interazione con l’ambiente Per comprendere le criticità che si possono 1 Organizzazione Mondiale della Sanità, “ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, Edizioni Erickson, Trento 2002. 2 SFPE, “Engineering guide to human behaviour in fire”, 2002 antincendio 29 esodo accessibile norme che permettono di facilitare progettazione ed esecuzione di un’opera sulla base di schemi predefiniti e condivisi. D’altra parte sul tema dell’accessibilità estesa ai percorsi d’esodo, e più in generale agli aspetti connessi con la sicurezza a tutte le persone che si muovono nell’ambito di un’opera, è possibile attingere ad alcuni concetti che già fanno parte del nostro patrimonio normativo ed anche se non interessano direttamente la prevenzione incendi costituiscono pur sempre un importante riferimento. È il caso del D.M. 236/89 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche), che definisce il concetto di “barriera architettonica” come elemento che crea difficoltà e quello di “accessibilità” come condizione in grado di favorire la fruizione di “spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia”. In entrambe le definizioni sono presenti termini come “pericolo” e “sicurezza”, ma anche “autonomia”, che si possono riscontrare anche nelle norme di prevenzione incendi. Una barriera architettonica, solitamente associata a condizioni che limitano e/o impediscono, può rappresentare anche una fonte di pericolo, così come un ambiente accessibile risulterebbe intrinsecamente sicuro. Una progettazione attenta non può quindi esodo accessibile Figura 1 - Fasi qualitative in cui si sviluppa un’emergenza incendio considerando gli aspetti connessi con l’evacuazione e l’attivazione del piano di emergenza, oltre che l’impiego di eventuali ausili di supporto. Ai fini della rappresentazione è stato posto il simbolo di un disabile in sedia a ruote perché rappresentativo, nell’immaginario collettivo, di una persona con difficoltà, senza per questo dimenticare la centralità di tutte le persone nel contesto di un’emergenza manifestare durante un’evacuazione, e di conseguenza elaborare le più corrette strategie per compensarle, è necessario avere ben chiare le fasi in cui si sviluppa l’allontanamento da un luogo al verificarsi di un evento critico. Avendo come riferimento un incendio si possono considerare quelle schematicamente rappresentate nella figura 1: il suo inizio si manifesterà verso le persone per visione diretta o in conseguenza dell’attivazione di un sistema di allarme, quindi le stesse persone cominceranno ad allontanarsi fino a raggiungere un luogo sicuro, dove fermarsi protette dagli effetti dell’incendio. Contestualmente si attiverà una risposta ambientale che dipenderà sia dalle strutturazioni fisiche (compartimentazioni, disponibilità di idonei percorsi d’esodo, uscite di sicurez- 30 za, ecc.) e impiantistiche (illuminazione di sicurezza, impianti di spegnimento, ecc.) dell’opera, sia dalla capacità di gestire la situazione attraverso aspetti di tipo organizzativo, ovvero ciò che solitamente s’identifica con il piano di emergenza e le specifiche modalità d’intervento. Infine, qualora fosse necessario intervenire in presenza di persone che impiegano ausili, oppure quando particolari ausili fossero necessari per aiutare le persone coinvolte, il personale addetto alla gestione del piano, ovvero gli eventuali soccorritori, dovrà essere in grado di utilizzarli. Si noti come in tale contesto il “sistema d’esodo”, inteso come l’interazione continua tra le caratteristiche proprie dell’opera e le sue modalità di gestione in emergenza, interagisca in modo drastico e continuo con le persone coinvol- antincendio aprile 2013 esodo accessibile LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCENDIO Norme e standard internazionali di riferimento, metodi e tecniche di analisi, definizione della strategia antincendio, gestione del rischio nel tempo, casi studio ed esempi applicativi L’opera si prefigge la diffusione delle tecniche di analisi per stimare il rischio di incendio connesso con le attività produttive, industriali e civili oppure, anche nell’ambito di un approccio prestazionale della sicurezza antincendio (‘FSE’) per individuare gli scenari di incendio da assoggettare ad un approfondimento di tipo deterministico. • Il Cd-Rom allegato al volume contiene lo strumento F.R.A.M.E. Fire Risk Assessment Method for Engineering, del Prof. E. De Smet (Belgio), tradotto in lingua italiana e corredato da 76 esempi completi. Autori L. Marmo e L.Fiorentini consulenti tecnici della Procura di Torino nell’inchiesta a seguito dell’incidente ThyssenKrupp con la prefazione di R. Guariniello, M. Hurley, D. Yung, S.Converso Ed.: aprile 2011 Pag.: 720 Prezzo: € 51,30 anziché € 57,00 00135 Roma - Via dell’Acqua Traversa, 187/189 Tel. 06 33245281/271 - Fax 06 33111043 - www.epc.it 32 te, che a loro volta dispiegheranno una complessa varietà di processi fisici e mentali sulla base di loro capacità intrinseche, oltre della loro compromissione dovuta all’incendio. In questi casi un’attenta progettazione che sappia identificare le condizioni ambientali che possono agevolare oppure interdire l’allontanamento delle persone diventa di strategica importanza. Si comprende come le variabili da considerare siano molteplici, così come lo sono anche le modalità di risposta fisica e comportamentale delle persone. Allarme e percorsi d’esodo accessibili: alcune indicazioni progettuali Sulla base dell’analisi appena proposta, sebbene in modo semplificato, è dapprima possibile associare ad ognuna delle predette fasi alcune possibili soluzioni che in fase di progetto dovranno essere armonizzate tra loro, affinché tutto il “sistema evacuazione” garantisca le prestazioni attese. L’allarme e la sua percezione - Nel considerare un segnale d’allarme l’attenzione viene solitamente indirizzata verso aspetti connessi con il sistema tecnologico (tipo di segnale e modalità di diffusione), senza valutarne la possibilità che le persone siano anche in grado di interpretarlo al fine di adottare le migliori modalità di risposta. Di converso, qualora non fosse percepito in modo efficace sarà inevitabile un aumento del tempo necessario per elaborare e comprendere le informazioni, aumentando in tal modo il tempo di pre-movimento e di conseguenza il tempo totale di evacuazione. La presenza di un sistema dedicato e le sue modalità di diffusione dovranno considerare più canali di percezione, con l’obiettivo di compensare eventuali carenze di uno di questi. Nel caso di una persona con limitazioni all’udito, ad esempio, dovranno essere preferiti segnali luminosi o a vibrazione, mentre per una con limitazioni alla vista sarà il cana- antincendio aprile 2013 Il movimento negli spazi interni/esterni - L’azione dell’esodo ha inizio con l’abbandono della postazione dopo aver percepito ed elaborato il segnale d’allarme fino al raggiungimento del luogo sicuro attraverso percorsi che possono avvenire in piano o su dislivelli. In tale contesto sono anche da considerare le porte di accesso/uscita dai singoli locali e le uscite di sicurezza vere e proprie, oltre che la possibilità di potersi allontanare dall’edificio seguendo un percorso esterno. Tutte queste parti di un’opera (percorsi, porte, ecc) devono garantire alle persone di poter evacuare in modo autonomo considerando l’interazione tra il loro quadro funzionale e i fattori ambientali presenti, che possono ostacolare o facilitare lo svolgimento delle azioni finalizzate all’esodo. Di seguito si propongono gli elementi di criticità più frequentemente riscontrati. • Porte dei locali: devono essere sempre preferite soluzioni nelle quali la persona con disabilità possano svolgere autonomamente le azioni legate alla loro apertura, attraversamento e chiusura. • Porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di piano: per queste valgono le ordinarie considerazio- aprile 2013 ni proposte per le uscite di sicurezza, ponendo attenzione all’altezza in cui è collocato il dispositivo di apertura, affinché sia utilizzabile anche da parte di persone in sedia a ruote. • Percorsi orizzontali interni: un’accurata progettazione dei percorsi per raggiungere le uscite di sicurezza, o gli spazi calmi, risulta fondamentale affinché questi presidi siano agevolmente utilizzabili anche da persone che utilizzano ausili per la locomozione da cui possono derivare dimensioni trasversali superiori a quelle definite dalla normativa. Infatti, se normativamente deve essere impiegato l’unità di misura del “modulo di uscita”, che esprime la larghezza media occupata da una persona e viene assunta pari a 0.60 m, un’accurata analisi dovrebbe porre in evidenza se tale criterio sia idoneo o meno per garantire “anche” i flussi di persone che impiegano ausili e, conseguentemente, apportare le necessarie integrazioni. In merito alle dimensioni degli ausili e dei relativi spazi di manovra esiste una ben florida letteratura. Considerando le pavimentazioni dovranno essere valutate anche le caratteristiche di scivolosità e la presenza di eventuali impedimenti, anche di modesta entità, al suolo. In merito a questi aspetti è sempre il D.M. 236/89 a costituire un irrinunciabile riferimento che, in particolare, stabilisce i valori minimi dei coefficienti di attrito per valutare la scivolosità, le caratteristiche di giunture e rilievi degli elementi costituenti le pavimentazioni, gli eventuali dislivelli presenti sulle pavimentazioni. • Presenza di dislivelli: questa condizione potrebbe compromettere prevalentemente l’autonomia di persone che si muovono con ausili motori ed hanno difficoltà di spostarsi tra un livello e l’altro. Il loro superamento può avvenire tramite rampe con una pendenza stabilita dalla normativa dell’8%, anche se l’esperienza dimostra come il 5% sia il valore limite massimo che può essere autonomamente su- antincendio 33 esodo accessibile le uditivo da privilegiare. Queste considerazioni possono essere riproposte anche per condizioni che si possono definire come “disabilità temporanea” (è il caso, ad esempio, di una persona che non percepisce un segnale perché indossa otoprotettori o in conseguenza di particolari lavorazioni che sta svolgendo. In tal caso un canale di percezione, quello uditivo, risulterebbe compromesso e, pertanto, da integrare con uno di tipo visivo). Oltre alle difficoltà sensoriali devono essere considerate anche quelle di tipo prettamente cognitivo, rispetto alle quali la progettazione deve considerare con attenzione l’ambiente in cui installare il sistema e le persone che lo frequentano. Le problematiche descritte nell’articolo dell’architetto Villani in questo numero della rivista ne sono testimonianza. esodo accessibile Figura 2 - Esempi di dimensionamento di un corridoio in funzione delle necessità di movimento. Nel caso rappresentato viene proposta una dimensione trasversale in funzione del numero di persone che possono transitare su un corridoio e i loro sensi di percorrenza: non meno di 1,80 m se il corridoio è interessato al movimento nei due sensi – non meno di 1,50 m quando il percorso è bidirezionale ma esistono spazi di sosta a intervalli predefiniti – non meno di 1,20 m nel caso di corridoi percorribili in entrambi i sensi ma non particolarmente affollati anche in questo caso sono previsti spazi di sosta di dimensioni 1,80 x 2,00 m ogni 25 m – non meno di 0,90 quando è improbabile che due persone provenienti da direzioni opposte s’incrocino anche in questo caso è comunque previsto uno spazio di sosta di dimensioni 1,50x1,50 m ogni 25 m. Sono indicazioni che tengono conto del “modulo di uscita” da 0,6 m e delle dimensioni trasversali di eventuali ausili impiegati dalle persone (da ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and usability of the built environment”) perabile da gran parte di persone con disabilità. Realizzare rampe con pendenza inferiore garantisce certamente una maggiore autonomia negli spostamenti con conseguente limitazione delle necessità connesse con le misure di affiancamento. • Percorsi verticali interni: s’intendono le scale, gli ascensori ed altri sistemi di sollevamento come le piattaforme elevatrici e servoscale, tutti finalizzati a superare i dislivelli tra i piani. A parte le scale, tutti gli altri sistemi di spostamento sono generalmente inutilizzabili durante un’emergenza. Per questo è stato introdotto un presidio di particolare interesse come l’ascensore antincendio, ma che può essere utilizzato solo con la conduzione di personale appositamente formato e dai vigili del fuoco, 34 non è quindi possibile computarlo ai fini della valutazione delle vie d’esodo. Considerando piattaforme elevatrici e servoscale è da evidenziare che in caso di emergenza possono determinare impedimenti nell’evacuazione sia perché una volta dispiegati riducono la larghezza utile dei percorsi, sia per la modesta velocità con cui si spostano che potrebbe compromettere l’allontanamento delle persone che seguono. In caso d’incendio, infine, l’interruzione dell’alimentazione elettrica ne comprometterebbe l’utilizzo. • Presenza di impedimenti non rilevabili da ciechi o ipovedenti: un aspetto sovente sottostimato è rappresentato da quelle condizioni che possono determinare pericolosi collisione per le persone con diffi- antincendio aprile 2013 esodo accessibile Figura 3 - Valori dell’altezza impostazione di alcuni elementi impiantistici e non per garantirne il loro utilizzo anche da parte di persona in sedia a ruote Figura A Figure 4, a, b, c - Le tre immagini evidenziano altrettanti scenari con impedimenti posti a una certa altezza e non riconoscibili, tali da rappresentare una fonte di pericolo durante l’evacuazione anche per persone non disabili. La figura A evidenzia un sottoscala non segnalato ne interdetto e, quindi, nemmeno percepibile con il bastone utilizzato da una persona cieca (da ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and usability of the built environment”). La figura B mostra un sottoscala posto lungo un percorso d’esodo che adduce a un’uscita di sicurezza individuata tramite cartellonistica luminosa. In caso di necessità e con l’attivazione delle luci di sicurezza, la persone percepirebbe il segnale attraverso le alzate libere dei gradini, andando inesorabilmente ad impattare contro la scala. La figura C mostra una scala di sicurezza posta in corrispondenza del percorso esterno di una uscita di sicurezza. In caso di evacuazione le persone con altezza superiore a 1,70 m saranno destinate ad impattare tragicamente contro la scala stessa. In questi ultimi due casi la soluzione è molto semplice: porre dei pannelli verticali per evitare l’accesso alla parte sottostante la scala. In ogni caso il rimedio serve a compensare un evidente errore progettuale. Figura Figura B aprile 2013 C antincendio 35 esodo accessibile Caratteristiche Velocità in piano Scale in discesa Scale in salita (m/s) (m/s) (m/s) Sedia a ruote elettrica 0,89 - - Sedia a ruote manuale 0,69 - - Stampelle 0,94 0,22 0,22 Bastone 0,81 0,32 0,34 Bastone o appoggio 0,51 - - Deambulatore 0,61 - - Nessun aiuto 0,93 - - Senza disabilità 1,24 0,70 0,70 Tabella 1 - Valori delle velocità di persone disabili in funzione dell’ausilio impiegato (Da Society of Fire Protection Engineers, “Engineering Guide to Human Behavior in Fire”, MD, 2003) coltà alla vista, come ostacoli e impedimenti improvvisi, cambiamenti di livello, elementi impostati ad altezza inferiore a 2 m e condizioni simili non opportunamente protetti e/o segnalate. Su questi dovrà essere posta particolare attenzione anche perché in condizioni di buio o scarsa illuminazione, ma non solo, potrebbero diventare una fonte di pericolo anche per le persone senza alcun problema alla vista, a maggior ragione in caso di emergenza. • Presenza di spazi calmi: sono luoghi destinati alla permanenza di persone che hanno, o potrebbero avere, difficoltà nell’affrontare un percorso lungo le scale, in attesa i soccorsi e in condizioni di sicurezza (all’analisi di questo presidio è dedicata un’altra parte di questo articolo). • Mobilità negli spazi esterni: fuori dall’edificio dovrà essere garantita la possibilità per le persone di allontanarsi fino a raggiungere il punto di raccolta esterno stabilito. Per questo dovranno essere considerati quei fattori che possono determinare difficoltà nello spostamento (presenza di sassi, asperità del terreno, ecc.). Una persona in sedia a ruote, ad esempio, potrebbe incontrare molte difficoltà nel muoversi in un terreno ricoperto di ghiaia 36 e il suo rallentamento o fermata potrebbe determinare un’occlusione tale da compromettere l’uscita delle persone che la seguono. • Velocità delle persone: un fattore trasversale rispetto a quelli appena considerati è rappresentato dalla velocità con cui si muovono le persone, che può vincolare il tempo totale di evacuazione e, in caso di particolare affollamento, rallentarla. Questa è una condizione in parte ascrivibile alle persone (una persona anziana è probabilmente meno veloce di un ragazzo così come persone che si muovono con ausili si spostano più lentamente), in parte alle condizioni ambientali (sulle scale e terreni impervi la velocità è indubbiamente minore, ma anche in presenza di ambienti affollati), di cui si dovrà tener conto nella determinazione della lunghezza del percorso per raggiungere un luogo sicuro. Gli aspetti connessi con l’orientamento durante l’esodo - Studi compiuti sul comportamento umano in emergenza hanno messo in evidenza come le persone coinvolte dedichino la maggior parte del tempo sia dedicata alla ricerca di informazioni ed alla conferma dei dati acquisiti, compresi quelli relativi al percorso di fuga. Ordinariamente queste in- antincendio aprile 2013 esodo accessibile Figura 5 - L’impiego della sola segnaletica di sicurezza in ambienti complessi e articolati, dove il suo contenuto informativo può risultare compromesso dagli altri stimoli ambientali presenti e a volte molto più percepibili, non sempre permette di raggiungere l’obiettivo di comunicare un percorso formazioni possono essere acquisite dalla specifica segnaletica di sicurezza in sinergia con altre indicazioni ambientali, che le possono rafforzare. D’altra parte, come evinca anche dalle indicazioni del D.Lgs. 81/08, la mera collocazione di uno o più “cartelli” non sempre si configura con l’accezione di “segnaletica”, da intendere come “una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale” (cfr D.Lgs. 81/08, art. 162). Questa possibilità può essere rafforzata anche con soluzioni progettuali che permettano un agevole riconoscimento dei luoghi. In questo caso può nuovamente tornare utile un riferimento al D.M. 236/89, secondo quel principio di trasversalità normativa che dovrebbe caratterizzare un percorso proget- 38 tuale, che ricorda come “ per facilitare l’orientamento è necessario prevedere dei punti di riferimento ben riconoscibili in quantità sufficiente ed in posizione adeguata” (cfr D.M. 236/89, punto 4.3). Alcune semplici modalità possono chiarire questi concetti: • una uscita di sicurezza il cui portale risulta evidenziato con un colore diverso rispetto a quello delle pareti circostanti, in modo da determinare un certo contrasto cromatico, può facilitare l’identificazione del varco • nel caso in cui un percorso d’esodo attraversi un’area di piano molto vasta si possono impiegare anche gli elementi della pavimentazione per marcare un percorso, oppure disponendo idonea segnaletica a pavimento (cfr D.M. 10/3/98, punto 3.8.C) • la caratterizzazione delle superfici verticali con elementi che ne permettano il ri- antincendio aprile 2013 Nel caso di persone con disabilità alla vista è anche possibile integrare i contenuti informativi della segnaletica ordinaria mediante guide naturali o altre modalità, con l’obiettivo di garantire loro, come ricordato in premessa, l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo. Un ulteriore strumento di orientamento, infine, è rappresentato dalle mappe del tipo “voi siete qui” che si pongono l’obiettivo di aiutare le persone a individuare la loro posizione nel contesto di un edificio e le possibili uscite, con i percorsi per raggiungerle 3. Lo spazio calmo note Lo spazio calmo rappresenta la prima esplicita manifestazione dell’interesse dei Vigili del fuoco verso le persone che potrebbero manifestare difficoltà nell’evacuare da un edificio. Nel panorama normativo è stato infatti introdotto nel 1994 con la regola tecnica di prevenzione incendi sulle strutture ricettive turistico-alberghiere, che lo identificano come un “luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi”. Lo stesso concetto è stato quindi considerato anche in altre norme dedicate a luoghi e attività dove ci potrebbe essere la presenza di molte persone, come locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, ecc. Tale presidio va pensato e progettato per soddisfare le necessità implicitamente con- Gli spazi calmi sono necessari non solo quando specificamente richiesti, poiché la predisposizione di un sistema d’esodo deve tener conto anche della presenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie tenute nella sua definizione, ovvero attendere in sicurezza, da cui derivano le seguenti prestazioni: • costituire un “luogo sicuro statico”, che può essere uno spazio scoperto oppure un compartimento antincendio separato da altri mediante spazio scoperto o filtro a prova di fumo; • risultare “contiguo e comunicante con una via di esodo o in essa inserito” • non “costituire intralcio alla fruibilità delle vie d’esodo” • avere “caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi”. Per quanto concerne le sue caratteristiche come “luogo sicuro statico” (punto 1) ci si deve avvalere della definizione che ne da il D.M. 30/11/1983: “Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico)”. Contestualizzandolo quindi nell’ambito di un percorso d’esodo (punto 2), il modo più semplice e ricorrente è di collocarlo direttamente all’interno di una scala a prova di fumo o di sicurezza esterna, ma in modo tale che non interferisca con l’apertura delle porte e l’evacuazione degli altri occupanti (punto 3). Ovviamente il suo dimensionamento dipen- 3 In merito a questo argomento si veda: Carattin E. e Zanut S., “I principi del wayfinding, l’orientamento in emergenza”, Antincendio, n. 1/2009 aprile 2013 antincendio 39 esodo accessibile conoscimento e la direzionalità dei percorsi costituisce un’altra interessante modalità. esodo accessibile La Circolare 4/02 dà indicazioni per la realizzazione di spazi calmi, ma considera anche la possibilità di realizzare adeguate compartimentazioni degli ambienti per risolvere i problemi che possono insorgere in caso di esodo attraverso le scale. In sostanza offre altre possibilità come uno “spazio protetto”, che abbia le stesse caratteristiche dello spazio calmo, ad eccezione della presenza del filtro a prova di fumo: soluzione questa, proposta anche da autorevoli riferimenti internazionali come BS e NFPA derà dall’affollamento dell’edificio e dal numero di persone disabili potenzialmente presenti con i relativi ausili, che lo occuperanno in attesa dei soccorsi (punto 4). In questo caso l’elemento di criticità è rappresentato dall’ingombro degli ausili e dei relativi spazi di manovra, le cui caratteristiche dimensionali si possono estrarre dal D.M. 236/1989 e/o dalla ricca manualistica disponibile sull’argomento. Infine dovrà essere posta particolare attenzione alle condizioni connesse con la permanenza delle persone al suo interno in attesa di essere aiutate dai Vigili del fuoco o dalle persone incaricate della gestione dell’emergenza. S’immagini, a tal proposito, quale potrebbe essere il loro stato d’animo una volta invitate a fermarsi all’interno di uno spazio sconosciuto mentre le altre possono allontanarsi utilizzando le scale. Per lo stesso motivo dovranno essere evitate soluzioni in cui lo spazio calmo risulti “separato” anche visivamente dalla restante parte del sistema d’esodo, rispetto al quale dovrebbe risultare contiguo, determinando in tal modo una sgradevole condizione di segregazione. Alcuni semplici accorgimenti possono soddisfare tali necessità: 40 • un sistema di comunicazione con l’esterno (telefono, citofono ecc.) per segnalare la presenza e comunicare con gli eventuali soccorritori • aperture che permettano di porsi in relazione visiva con l’esterno, per vedere ed essere visti, con l’obiettivo di contenere la potenziale sofferenza indotta dalla segregazione • eventuale presenza di posti a sedere affinché le persone, probabilmente coinvolte in una condizione di stress psicofisico connesso con la situazione, possano riposarsi in attesa di un aiuto (potrebbe essere il caso anche delle persone che accompagnano il disabile, sia in sedia a ruote che non, chiamate a fermarsi con lui) • disponibilità di una planimetria del piano, redatte anche come mappe tattili, con la collocazione dello spazio calmo, con l’obiettivo sia di informare sia gli utenti dell’opera che i soccorritori sulla sua collocazione • indicazioni scritte sulla funzione di questo luogo e sui comportamenti da tenere, redatte anche in braille • illuminazione di sicurezza. Ultime, ma non per questo meno importanti, sono da considerare le modalità per individuare questo ambiente ed i percorsi per raggiungerlo, aspetti già in parte trattati in altra parte dell’articolo; in pratica l’attenzione dovrà essere posta al alcuni aspetti, quali: • la presenza di planimetrie dei piani, collocate in punti strategici dell’opera, da cui si evinca la posizione degli spazi calmi nel contesto delle altre informazioni ambientali finalizzate alla sicurezza antincendio (percorsi da seguire per raggiungere le scale e le uscite, idranti, ecc.) • presenza della segnaletica di sicurezza che ne identifichi la posizione e i percorsi per raggiungerlo • percorsi accessibili, non eccessivamente lunghi e comuni a quelli degli altri occu- antincendio aprile 2013 esodo accessibile Figura 6 - Schematizzazione relativa al posizionamento di uno spazio calmo nell’ambito di una scala di sicurezza panti dell’edificio, nel senso che non vi sia divergenza tra le indicazioni che indirizzano verso gli spazi calmi e gli altri percorsi (questa condizione si può realizzare facilmente collocando lo spazio calmo nell’ambito di una scala di sicurezza). In merito alla segnaletica da impiegare non Legenda 1. 2. 3. 4. 5. 6. Corrimano continuo Strutture resistenti al fuoco Sistemi di comunicazione posti all’altezza indicata in figura 3 Eventuale sedia da evacuazione Estintori (la bozza di documento ISO da indicazioni di posizionarli a un’altezza tra 0,80 e 1,10 e almeno a 0,60 m dall’angolo, affinché possano essere utilizzabili con facilità anche da persone in sedia a ruote) Porte resistenti al fuoco (in questo caso sempre il documento specifica che sulle porte siano presenti oblo di vetro per vedere se l’apertura della porta determina problemi a chi sta evacuando o stazionando sulla scala) Figura 7 - Indicazioni sulla strutturazione di uno “spazio calmo” così come proposta da una bozza di direttiva ISO attualmente in fase di discussione (ISO/CD 21542 “Building construction. Accessibility and usability of the built environment”), da cui si evincono anche gli altri presidi presenti aprile 2013 antincendio 41 esodo accessibile sono disponibili particolari direttive in merito e nemmeno la più recente UNI EN ISO 7010:2012 (Colori e segnali di sicurezza Segnali di sicurezza registrati) fornisce indicazioni utili su questo argomento. Sono però disponibili alcuni codici rappresentativi che in assenza di precise indicazioni stanno cominciando a diffondersi ed anche nel nostro paese, compensando in parte una mancanza dell’organismo normatore. Una lettura pedissequa della normativa potrebbe condurre alla conclusione che gli spazi calmi sono necessari solo quando specificamente richiesti e non negli altri casi. In realtà la predisposizione di un sistema d’esodo non può non tener conto anche della presenza di persone con tali necessità, argomento affrontato dalla circolare 4/02 (Linee guida per la valutazione della sicu- rezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti disabili) che da indicazioni in merito alla “realizzazione di spazi calmi, ovvero di adeguata compartimentazione degli ambienti con l’obiettivo di risolvere i problemi che possono insorgere in caso di esodo attraverso le scale”. In sostanza quest’ultima apre verso altre possibilità come uno “spazio protetto”, con le stesse caratteristiche dello spazio calmo ad eccezione della presenza del filtro a prova di fumo, una soluzione proposta anche da autorevoli riferimenti internazionale come BS e NFPA. Un’ultima e più recente evoluzione di questo concetto è stata proposta nell’ambito della normativa sull’edilizia ospedaliera (D.M. 18/9/2005) con l’introduzione del concetto di “esodo orizzontale progressivo”, inteso come: “modalità di esodo che prevede lo spo- Figura 8 - Spazi di manovra atti a consentire determinati spostamenti alle persone su sedia a ruote secondo le indicazioni del D.M. 236/89 (disegni tratti da L. Fantini, “Progettare i luoghi senza barriere. Manuale con schede tecniche di soluzioni inclusive”, Maggioli Editore, 2011) 42 antincendio aprile 2013 aprile 2013 persone non siano a conoscenza di questa possibilità, considerando l’allontanamento da un edificio come l’unica risposta idonea a tutelare la loro sicurezza. A distanza di quasi vent’anni dal decreto sugli alberghi sono ancora molte le persone che non conoscono questa modalità di evacuazione, benché potenzialmente interessate in caso di necessità, rendendo di fatto indifferente la presenza o meno di uno spazio calmo. Uno studio compiuto sulla percezione del rischio in persone con disabilità motoria ha messo in evidenza proprio tale aspetto: “Solamente 3 soggetti su 25 sono risultati essere a conoscenza del concetto di “spazio calmo”. Nessuno di loro ha mai avuto occasione di vedere nella pratica lo “spazio calmo”. Nei colloqui quindi è stato possibile informare i soggetti sull’esistenza di questo luogo sicu- antincendio 43 esodo accessibile stamento dei degenti in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l’incendio non sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso luogo sicuro”. Una possibilità che può essere realizzata in ambienti suddivisi tra loro in compartimenti singolarmente serviti da scale. Ma la predisposizione di questo importante presidio di sicurezza non riesce certamente da sola a risolvere i problemi dell’evacuazione di persone con difficoltà se non viene coordinata con misure di tipo gestionale. In effetti, se durante un incendio i vigili del fuoco, o le squadre di soccorso aziendale, non sono a conoscenza di questo spazio e della possibile presenza di persone al suo interno, viene a perdere gran parte delle sue funzioni. Inoltre sembra che la maggior parte delle esodo accessibile Figura 9 - Il cartello che identifica lo spazio calmo secondo le indicazioni della National Fire Protection Association (NFPA 170 - Sign) diffuso negli Stati Uniti e in molti altri contesti di respiro internazionale come aeroporti e simili ro, e 25 soggetti su 25 pensano che sia una soluzione rassicurante” 4. Sorge spontanea una riflessione: ciò che per un “addetto ai lavori” può sembrare scontato, non sempre lo è anche per l’utente generico, che dovrà essere informato sulle potenzialità di questa nuova e diversa modalità di evacuazione. Abituati per anni a considerare lo sfollamento come l’unico strumento di difesa efficace, è ora necessario educare le persone a prendere in considerazione questa nuova possibilità, utilizzando le moderne tecniche di comunicazione. prevenzione incendi e della valutazione dei rischi, con le scelte conseguenti. Questi possono certamente trovare ospitalità nell’ambito di un progetto che sappia diventare un vero e proprio laboratorio innovativo dove l’applicazione di una norma, dai contenuti ragionevoli e condivisi, possa convivere con la definizione di un continuum non semplificabile, ricco e complesso perché scandito da innumerevoli diversità come sono le persone reali. In tal senso l’attenzione verso una progettazione inclusiva, più ardua perché di fatto richiede anche un più alto livello di consapevolezza e di maturità metodologica, è in grado di garantire risultati autenticamente universali e di scongiurare emarginazioni. Bibliografia – – – – note – Conclusioni – Gli aspetti appena considerati rappresentano parte di quelle necessità che si possono definire “di frontiera”, ovvero ai confini dell’ordinario utilizzo che si fa della normativa di – – – – 4 44 Grattieri Laura, “Percezione del rischio in persone con disabilità motoria - Analisi qualitativa in persone affette da patologia neuromuscolare e nei possibili soccorritori” in www.studiozuliani.net antincendio Carattin E. e Zanut S., “I principi del wayfinding, l’orientamento in emergenza”, Antincendio, n. 1/2009 Fantini L., “Progettare i luoghi senza barriere. Manuale con schede tecniche di soluzioni inclusive”, Maggioli Editore, 2011 Marsella S., Gentile P. e Zanut S., “Progettazione della sicurezza antincendio negli edifici civile”, UTET, 2009 Marsella S., Mirabelli P. e Zanut S., “Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro. Manuale per la progettazione degli uffici e dei locali aperti al pubblico”, ed IL SOLE 24ORE, 2005 Zanut S. e Tatano V., “Lo spazio calmo nella progettazione antincendio”, Antincendio, n. 2/2007 Zanut S. Villani T., “Alto affollamento e disabili, una sfida per il progettista”, Antincendio 1/2008 Zanut S., “Ambienti affollati, guida alle vie d’esodo”, Antincendio, n. 11/2010 Zanut S., “Disabilità sensoriale. La sfida della sicurezza”, Antincendio, n. 9/2010 Zanut S., “L’evacuazione delle persone con disabilità”, Antincendio, n. 3/2010 Zanut S., “Progettare la sicurezza inclusiva: le linee guida dei vigili del fuoco” in atti del convegno “Sicurezza accessibile. La sicurezza delle persone con disabilità: buone prassi tra obblighi e opportunità - Trieste 30/4/08”, EUT Edizioni Università di Trieste, 2009 aprile 2013 Le indicazioni progettuali di sicurezza per le persone con sordità ■ Consuelo Agnesi L’abstract Il nostro Paese presenta una realtà sempre più ricca e frammentata relativamente alla sordità e la mancanza di informazione non dà una corretta immagine della persona con disabilità uditiva e delle sue problematiche quotidiane. Le difficoltà sono presenti ogni giorno, in ogni ambiente: dalla propria abitazione al luogo di lavoro, per la carenza di accorgimenti e di servizi dedicati, in particolar modo in caso di emergenza. Di fronte a questa instabilità quotidiana, è importante dare un identikit della persona con disabilità uditiva e far sì che dalla sua descrizione possano emergere future proposte, oltre a quelle descritte, affinché possa non essere più uno dei soggetti a maggior rischio e possa vivere in una società sempre più inclusiva, in nome di quella corretta cultura dell’emergenza che dovrebbe riguardare ogni singola persona, senza alcuna discriminazione. 46 a sordità è una disabilità invisibile e sconosciuta ma tangibile con determinate esigenze e problematiche annesse alla vita quotidiana. Dal punto di vista medico, la sordità è definita: “Patologia dell’orecchio che si manifesta con la perdita parziale o totale dell’udito” e per comprendere meglio la gravità del problema, si può guardare la classificazione audiometrica delle perdite uditive elaborata dal BIAP (Bureau International d’Audiophonologie)1. La media delle intensità soglia per le frequenze di 500, 1000, 2000 e 4000 Hz, viene calcolata sulla base dei parametri L antincendio aprile 2013 ■ L’Autore note Consuelo Agnesi - Architetto sordo con specializzazione in Progettazione per Tutti e Universal Design. Dopo aver fatto il Progetto Leonardo in Spagna come architetto e ricercatrice per l’accessibilità, presso l‘Università di Granada, apre uno studio associato, Architettura STUDIOINMOVIMENTO, che si occupa anche di architettura sociale. È ricercatrice, consulente e professionista per l’accessibilità per enti,associazioni e privati. È membro OSA (Osservatorio sull’ Accessibilità) dell’ENS onlus (Ente Nazionale Sordi) e membro CERPA (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità). Svolge attività di docenza in corsi professionali ed universitari in diverse facoltà italiane sulla progettazione accessibile per sordi ed è autrice di contributi e pubblicazioni tecnico scientifiche in materia. Nel 2009 viene premiata per il libro “Barriere architettoniche e barriere sensoriali” e ha realizzato diversi progetti di accessibilità a livello nazionale. aprile 2013 mento della vita può avere una condizione di salute che in un ambiente sfavorevole diventa disabilità”. L’invisibilità della sordità traspare anche attraverso le statistiche, in quanto non si è in grado di avere un quadro completo ed esaustivo su di essa, sia sui fattori che sugli elementi che possono condizionare diversi tipi di approccio al problema, da quello medico a quello sociale. Si fa così riferimento a stime approssimative che provengono da alcune indagini e dal mondo dei servizi sanitari e sociali. L’ISTAT, grazie ad un’indagine campionaria riferita al periodo 2004-2005 sulla “Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari” e basata sulla definizione di disabilità proposta dall’Organizzazione Mondiale della Salute nella “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap” (ICIDH)3 del 1980, è riuscita a fornire dei dati sistematici ed organizzati a livello territoriale sulle persone con disabilità ed a operare anche una distinzione tra le disabilità senso1 Classificazione audiometrica delle perdite uditive eseguita dal BIAP (Bureau International d’Audiophonologie) nel 1997 per rilevare la gravità dell’ipoacusia. 2 La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) è uno strumento elaborato dalla OMS per descrivere la salute e la disabilità della popolazione ed è stata adottata in vari settori socio sanitari. Rappresenta una concezione rivoluzionaria nel campo della disabilità che per la prima volta tiene conto dei fattori contestuali ed ambientali in cui un soggetto vive. Molti professionisti ne fanno uso nell’area assicurativa,dell’economia,dell’istruzione, del lavoro,della sicurezza e in ambito legislativo. 3 “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap” (ICIDH) del 1980 che è rimasta in vigore fino al 2001. Con un approccio bio-psico sociale, questa prima edizione presenta le argomentazioni sulle terminologie utilizzate per definire i concetti di menomazione,disabilità ed handicap. Quest’ultimo viene completamente sostituito nel 2001, grazie alla Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute e diventa partecipazione o meno ad attività. antincendio 47 sicurezza e sordità d’intensità (misurata in decibel) ed altezza (misurata in hertz) dei suoni percepiti. Di conseguenza l’entità della perdita uditiva viene individuata in quattro gradi di ipoacusia da cui emerge anche la differenza di percezione delle frequenze (basse, medie, alte) che spesso si incontra in soggetti ipoacusici e si può dedurre che al di sopra dei 25/40dB si parla di sordità lieve, media e grave. Inoltre la sordità è riconosciuta in termini legali, ai sensi della legge 26 Maggio 1970, n. 381, in cui le persone con disabilità uditiva vengono considerate sordomute: “i minorati sensoriali dell’udito affetti da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio”. La definizione di sordomuto è stata sostituita con l’espressione sordo grazie alla legge 20 Febbraio 2006, n. 95. L’attuale definizione arriva con la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF)2, sviluppata dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), che ha rivoluzionato completamente la definizione di disabilità, introducendo il termine di persona con disabilità uditiva come “Qualunque persona in qualunque mo- sicurezza e sordità note riali nel sito web “Disabilitàincifre” che espone dati statistici sulle persone con disabilità in relazione al progetto “Sistema di Informazione Statistica sulla Disabilità”, promosso dal Ministero della Solidarietà Sociale4 (oggi del Ministero Lavoro e delle Politiche sociali). Tale indagine è stata aperta per esaminare specifiche dimensioni del problema: la dimensione fisica (funzioni della mobilità e della locomozione); la sfera di autonomia nelle funzioni quotidiane (attività di cura della persona); la dimensione della comunicazione (funzioni della vista, dell’udito e della parola). L’indagine identifica 4 tipologie di disabilità5 tra cui quelle sensoriali (difficoltà di sentire, vedere o parlare) prendendo in considerazione le persone con disabilità da 6 anni in su. Secondo tale indagine, le disabilità sensoriali coinvolgono l’1,1% della popolazione di 6 anni mentre i dati relativi alle invalidità permanenti, riferite a tutte le età, fanno emergere che l’1,7% della popolazione ha problemi di udito più o meno gravi e lo 0,1% della stessa ha sordità prelinguale. Un’altra fonte autorevole è quella dell’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità6, la quale evidenzia che sono 7 milioni gli italiani che convivono con la sordità, pari al 10% della popolazione, ogni anno nascono da 600 a 1.200 bambini sordi, il trend è in aumento, si prevede un incremento del 4%-6% ogni anno e come invalidità permanente rappresenta il 25%-30% di tutte le cause di invalidità. In sintesi, i sordi sono circa l’1 per mille della popolazione ma è bene sapere tenere a mente che sono una categoria eterogenea, ricca di realtà molto diverse tra di loro, un universo sconfinato ancora tutto da esplorare. Ad esempio possiamo avere persone con disabilità uditiva che grazie alle protesi o all’impianto hanno la possibilità di udire ma la grande difficoltà rimane quella del corretto riconoscimento del suono e quindi qualsiasi messaggio vocale potrebbe essere frainteso ed allo stesso tempo possiamo avere anche persone che non riescono a sentire nulla anche utilizzando protesi. Detto questo, al giorno d’oggi in Italia non si è ancora in grado di poter quantificare con dati alla mano in quali situazioni di pericolo le persone con disabilità uditiva corrono un maggiore rischio, se non sulla base di testimonianze dirette e raccolte personali di esperienze; inoltre nei dati statistici stessi non viene evidenziato quale aumento di rischio hanno le persone con disabilità e che non è noto il numero di vittime “evitabili” in tali casi. Si fanno affidamento sulle statistiche a livello internazionale, le quali riportano un alto tasso di mortalità in incendi, incidenti domestici e disastri naturali. Criticità connesse ed il significato di non sentire La persona con disabilità uditiva vive in un mondo dove la comunicazione gioca un ruolo da protagonista e di conseguenza viene emarginata perché non può partecipare attivamente o afferrare tutto ciò che non sia visibile ai loro occhi. Di conseguenza per un reale inserimento nella società odierna, il mondo sonoro deve 4 ISTAT, “ La disabilità in Italia. Il quadro della statistica ufficiale”, 2009 (fonte www.istat.it) (fonte www.disabilitaincifre.it) 5 Le 4 tipologie di disabilità sono: confinamento individuale (costrizione a letto, su una sedia non a rotelle o in casa), disabilità nelle funzioni (difficoltà nel vestirsi, nel lavarsi, nel fare il bagno, nel mangiare), disabilità nel movimento (difficoltà nel camminare, nel salire le scale, nel chinarsi, nel coricarsi, nel sedersi), disabilità sensoriali (difficoltà a sentire, vedere o parlare). 6 A.I.R.S. onlus, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità, “Consistenza del campione nazionale” (fonte www.associazioneairs.org) (fonte www.numedionline.it/numedi/document/comairs.html) 48 antincendio aprile 2013 aprile 2013 zioni di pericolo ed emergenza, la fruizione dell’ambiente in generale, resta un’incognita tangibile per le persone sorde, in quanto tutto ciò che viene veicolato attraverso messaggi sonori rimane uno scoglio insormontabile e spesso si deve ricorrere ad alcuni accorgimenti, affinché la fruizione dell’ambiente, per chi non sente, diventi un’esperienza consapevole sia dal punto di vista della sicurezza che dell’autonomia. Non sentire una sveglia o una chiamata vocale, non sentire un allarme acustico che segnali la fuga del gas o un principio di incendio fanno parte del rischio quotidiano. Si crea di conseguenza una condizione particolare di inconsapevolezza in cui la persona con disabilità uditiva è a rischio senza esserne al corrente, non ricevendo in tempo reale la segnalazione ambientale avvenuta in quel momento. antincendio 49 sicurezza e sordità essere tradotto in visibilità, al fine di garantire loro una concreta accessibilità. Proprio per questo, la sordità è una disabilità molto grave e spesso sottovalutata: non si tratta infatti di una mera incapacità di “sentire” quanto delle conseguenze che da queste derivano, correlate all’impossibilità di ricevere un feedback uditivo e apprendere quindi in modo naturale e spontaneo il linguaggio vocale (e scritto). Ciò comporta purtroppo grandi difficoltà di apprendimento e di acquisizione delle informazioni, anche le più elementari, che pongono costantemente la persona sorda in situazioni di grande isolamento e discriminazione sociale. Molti contesti sociali, didattici e lavorativi, servizi, uffici pubblici della cosiddetta “società dell’informazione globale” infatti risultano per lo più inaccessibili alle persone sorde. Nel caso specifico relativo alle situa- sicurezza e sordità Il momento del soccorso può essere alterato da diversi fattori di incomunicabilità, tra i quali le particolari condizioni ambientali: gli spazi poco illuminati, non segnalati in modo idoneo, o poco fruibili dal punto di vista dell’orientamento e una comunicazione dell’emergenza scorretta, equivoca ed incomprensibile note Se per una persona in condizioni normali è sufficiente recepire il segnale ambientale di allarme, cosa che la porta ad elaborare rapidamente l’informazione e successivamente a gestire la situazione che si è creata attraverso la fuga o dei movimenti opportuni, per la persona con disabilità uditiva la situazione diventa critica dal momento in cui è inconsapevole di ciò che succede e di conseguenza rischia il pericolo senza averne neanche coscienza. Dal punto di vista psicologico si può creare, oltre all’inconsapevolezza al momento della segnalazione stessa anche un’altra condizione, una volta che si elabora l’informazione, dove prevale ansia e panico da comunicazione nell’attimo in cui essa si trova davanti ad un operatore o ad una persona, che tenta di instaurare un dialogo e prestare soccorso. Il momento stesso del soccorso può venire alterato da diversi fattori di incomunicabilità come particolari condizioni ambientali, spazi poco illuminati, non segnalati in maniera idonea o scarsamente fruibili dal punto di vista dell’orientamento mentre dal punto di vista della comunicazione stessa, attraverso equivoci ed incomprensioni nel tentativo di spiegare l’accaduto da entrambi le parti. Se ci si trova davanti a una persona sorda che parla la British Sign Language7, straniera in questa terra e senza alcuna conoscenza dell’italiano come ci si comporta? O se il soccorritore non ha alcuna dimestichezza, né esperienza con le persone sorde e inizia ad urlare o a parlare senza fermarsi o ponendosi controluce, senza prestare la dovuta attenzione? La comunicazione diventa una barriera insormontabile ed inevitabile. Spesso sono venute alla luce alcune situazioni che hanno messo in seria difficoltà la persona con disabilità uditiva come rimanere bloccati all’interno di un ascensore in cui l’unica modalità di comunicazione con l’esterno è attraverso il canale sonoro fino a casi di emergenza come i recenti terremoti ed alluvioni. Numerosi sono gli episodi legati alla mancanza di segnalazione visiva, uno su tutti lo stato di allerta che viene diffuso attraverso l’altoparlante a tutta la popolazione in un momento critico. Come possono le persone con sordità ricevere tale comunicazione? Come possono trovare una via di fuga quando viene loro negata? Un’altra barriera innalzata. Considerazioni che fanno capire quanto sia importante sviluppare una corretta comunicazione dell’emergenza e studiare la psicologia della persona con disabilità uditiva in stato di emergenza, quanto sia necessario garantirne la sicurezza nel momento in cui essa è impotente ed agevolarne l’autonomia. Proposte progettuali Per trovare soluzioni progettuali a tale problema, è necessario tenere a mente una sola, eloquente frase: “Ascoltare con gli occhi”. Si deve prestare attenzione alla progettazione degli ambienti sia dal punto di vista architettonico che da quello tecnologico, seguen- 7 British Sign Language è la Lingua dei Segni Inglese. La Lingua dei Segni non è universale in quanto come le lingue vocali, le lingue dei segni si sono sviluppate all’interno delle comunità delle persone sorde in maniera spontanea, quindi ogni comunità ha la sua. Abbiamo così una lingua dei Segni per ogni Paese ed in Italia esistono anche varianti regionali in affinità ai dialetti della lingua vocale. 50 antincendio aprile 2013 sicurezza e sordità note do un solo filo conduttore, la corretta comunicazione plurisensoriale di tutte le informazioni. Spazi aperti al controllo visivo, ad una adeguata segnaletica, all’integrazione di accorgimenti che consentano una traduzione e codificazione visiva di informazioni sonore. Scopo principale è garantire l’accessibilità della sicurezza attraverso diversi escamotage che consentano una corretta traduzione visiva, uditiva e a vibrazione di ogni comunicazione per le persone con disabilità e non, nel pieno rispetto dei sette principi dell’Universal Design8, i quali hanno come obiettivo l’integrazione architettonica ed inclusiva e di conseguenza, anche della sicurezza senza alcuna discriminazione. Seguendo i criteri generali stabiliti dal D.M. 10/03/98 - Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro (G.U. 7 aprile 1998, n. 81, suppl. ord.) ed il suo approfondimento contenuto nelle linee guida diffuse con la Circolare 1 marzo 2002, n.4 - “ Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano (o possano essere) presenti persone disabili” in cui si trovano prescrizioni a carattere progettuale, gestionale e di intervento mirati a raggiungere il miglioramento del livello di sicurezza nei luoghi di lavoro in relazione alla valutazione compiuta, si possono estrapolare delle linee progettuali specifiche dedicate alla sicurezza degli ambienti per le persone con disabilità uditiva. Una corretta mobilità e fruibilità degli ambienti in caso di emergenza e non, può essere consentita attraverso una attenta progettazione della struttura sia nella sua disposizione spaziale che nell’integrazione di accorgimenti appositi e nella realizzazione di 8 Bettye Rose Connell, Mike Jones, Ron Mace, Jim Mueller, Abir Mullick, Elaine Ostroff, Jon Sanford, Ed Steinfeld, Molly Story and Gregg Vanderheiden, with major funding provided by the National Institute on Disability and Rehabilitation Research and the U.S. Department of Education, Copyright 1997, NC State University, The Center for Universal Design. Le linee guida per l’applicazione sono state elaborate nel 1999 e riviste nel 2002. Versione in italiano contenuta in: “Progettare per tutti. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità.” Atti del workshop a cura di Maria Cristina Azzolino ed Angela Lacirignola. Aracne Editrice, 2011 pag. 30 – 31 52 antincendio aprile 2013 aprile 2013 mente la confusione informativa che può essere data dalla distribuzione occasionale della segnaletica visiva e tattile e la ridondanza di tali informazioni come la sovrapposizione di più elementi di comunicazione nello stesso luogo. Per un corretto wayfinding le comunicazioni devono essere chiare e comprensibili ed ogni elemento deve avere la sua giusta collocazione. Una corretta pianificazione del sistema di illuminazione che consenta alle persone con disabilità uditiva di poter avere maggiore visibilità degli ambienti e delle persone al momento della comunicazione verbale. Una giusta strategia di disposizione spaziale garantisce alla persona con disabilità uditiva di avere maggiore controllo dell’ambiente circostante e delle informazioni. Deve essere attuata una opportuna organiz- antincendio 53 sicurezza e sordità determinati impianti tecnici e inoltre per una corretta gestione dell’emergenza, attraverso un’attenzione alla pianificazione dello schema di evacuazione ed alla prevenzione. Per una comunicazione ambientale in tutte le sue forme, si deve progettare un’adeguata segnaletica che consenta di riconoscere le vie di esodo e che sia di orientamento per la riconoscibilità dei luoghi, percepibile attraverso la vista e il tatto. Tale segnaletica può essere realizzata sotto forma di pannelli, segnaletiche e cartelli che indichino la direzione, consentano l’identificazione e rendano accessibili le informazioni relative ai luoghi seguendo le prescrizioni stabilite in modo che sia garantita la leggibilità (misure, altezze, tipo di carattere, contrasto carattere-sfondo, colori ideali e così via). Va sottolineato che è fondamentale nella progettazione degli spazi evitare accurata- sicurezza e sordità Per la traduzione di chiamate vocali e di segnalazioni d’emergenza si possono utilizzare determinati servizi forniti dai dispositivi mobili, come le applicazioni su android o i-phone o le comunicazioni in caso di emergenza attraverso servizi di sms, chat e/o e-mail. Sarebbe importante realizzare appositi corsi di formazione e sensibilizzazione del personale per fornire una informazione corretta e seguire semplici regole di comportamento, nonché imparare a comunicare in tempi adeguati e soprattutto senza generare panico ulteriore, facendosi trovare preparati in ogni evenienza La gestione dell’emergenza: dalla segnalazione del pericolo alla modalità di relazione zazione degli spazi per l’emergenza, attrezzati e resi idonei alle persone con disabilità uditiva, con la presenza di dispositivi che consentono la comunicazione in caso di emergenza, in base alle direttive prescritte dal D.M. 9/4/94 per lo spazio calmo e dal D.M. 236 del 14/6/1989 - art.4.3. specifico per la segnaletica. È necessaria l’installazione del sistema d’allarme a modalità plurisensoriale (visiva, uditiva e a vibrazione) per l’emergenza. Tale sistema deve consentire un’immediata comunicazione del pericolo a tutti, persone con disabilità e non. È consigliabile l’installazione di un sistema che consenta la traduzione simultanea di suoni e rumori attraverso dispositivi lampeggianti e/o luminosi, vocali ed a vibrazione in modo da eliminare qualsiasi barriera di comunicazione. Nello specifico si deve prestare attenzione al suo posizionamento per evitare l’oscuramento e/o mascheramento visivo e assicurare la sua presenza in tutti i luoghi, servizi igienici compresi, rispettando le caratteristiche tecniche descritte dalle specifiche legislative del D.Lgs. 493/1996, in particolare negli allegati VI e VII ed alle normative UNI 9795 - 1838 e CEI 100 - 55 - 21 - 39. Sono possibili comunicazioni alternative per le persone con disabilità uditiva attraverso le nuove tecnologie nei luoghi in cui non siano presenti allarmi visuali. 54 Di fronte all’incapacità di prevedere l’imprevedibile si cerca di diffondere una cultura dell’emergenza che coniughi prevenzione, cultura ed educazione insegnando alla popolazione a ragionare a breve termine ed ad avere una comunicazione chiara e comprensibile dell’ambiente e delle sue calamità. Si ribadisce quindi una maggiore attenzione alla corretta comunicazione dell’emergenza ed alla psicologia della persona in stato di emergenza come fattori rilevanti nella pianificazione delle vie di evacuazione e dei sistemi di sicurezza in ogni ambiente. Studiare misure di prevenzione adeguate sia per la sicurezza dei luoghi che per il comportamento in caso di emergenza contribuisce ad evitare il puro caos sociale ed il panico nella popolazione. A partire dalla comunicazione dell’emergenza: la segnalazione di pericolo imminente deve pervenire in tempi adeguati e attraverso appositi dispositivi mobili, spazi ad hoc e una corretta formazione del personale preposto al controllo degli spazi. Se si volge lo sguardo al mondo, ai diversi Paesi vittime di disastri naturali si possono scoprire interessanti modalità di comunicare l’emergenza che hanno dato buoni risultati anche in fase gestionale. In Giappone ogni volta che un terremoto è sopra la media, a ciascun cittadino viene inviato un sms con la vibrazione che segnala l’evento. Negli Stati Uniti si utilizza il moderno social network Twitter per lanciare SOS con un semplice cinguettio. antincendio aprile 2013 note sicurezza e sordità Ma l’Italia non sta a guardare e può vantare progetti pilota di comunicazione dell’emergenza, specifici per le persone con disabilità uditiva, come “Un SMS Per la Vita”9, attivo in circa 40 province e gestito dall’Ente Nazionale Sordi (ENS) in collaborazione con le Questure ed in fase di unificazione a livello nazionale mediante applicazioni dedicate. È un servizio molto pratico ed aperto a molteplici funzioni, in cui la persona al momento del soccorso può inviare un messaggio di aiuto attraverso il proprio cellulare o smartphone. Come il 115-for-deaf 10 realizzato dai Vigili del fuoco in collaborazione con l’ENS del Veneto, un sistema che consente alle persone sorde di chiamare il 115 per qualsiasi emergenza. Allo stesso tempo la modalità di relazione in caso di emergenza è un argomento più complesso in quanto ha risvolti psicologici non trascurabili oltre che processi attuativi che richiedono maggiori risorse e tempo. Questo perché per saper comunicare in tempi adeguati e sopratutto nel momento senza infondere ulteriore panico bisogna essere preparati ad ogni evenienza. Si dovrebbero attivare degli appositi corsi di formazione e di sensibilizzazione del personale in modo da fornire una corretta informazione in materia e seguire alcune semplici regole di comportamento. È importante inoltre essere a conoscenza dell’eterogeneità dei percorsi educativi ed esperienze di vita delle persone con disabilità uditiva, puntando sulla modalità di comunicazione visiva utilizzando due diversi canali: la labio lettura e la Lingua dei Segni Italiana. Nel primo e nel secondo caso è fondamentale prestare attenzione a come ci si posiziona e se ci sia abbastanza luce da consentire un’agevole comunicazione. Mai voltare le spalle, mai porsi controluce o avere il viso in ombra, mai camminare e mettere la mano davanti la bocca. Occorre parlare normalmente, in modo chiaro e senza accentuare troppo i movimenti labiali, scandire bene le parole e non essere affrettati, né lenti. Utilizzare concetti chiari e semplici e se occorre aiutarsi con una maggiore gestualità o con la scrittura. Alternare la spiegazione orale alle indicazioni visive, non contemporaneamente; se si ha competenza in Lingua dei Segni, utilizzarla per spiegare la situazione. Altri possibili accorgimenti indicati sono: prima di tutto chiamare le persone con disabilità uditiva in maniera tattilo-gestuale (colpire delicatamente sulla spalla o richiamare l’attenzione agitando le mani e tenere conto del loro presumibile stato di ansia e stress di chi 9 SMS per la Vita realizzato da Rocco Roselli e Giorgio Kostadimas per l’ENS di Padova in collaborazione con la Questura. In caso di necessità, la persona sorda può inviare un messaggio sms codificato in relazione al tipo di soccorso richiesto ad un numero dedicato. (fonte www.ensveneto.it; www.enspadova.org) 10 115-for-deaf, un sistema, sviluppato da IES Solutions, che serve a dare alle persone sorde la possibilità di chiamare il 115. In pratica è un appplicativo web in grado di mettere in contatto l’utente con la sala operativa dei Vigili del Fuoco, ovviando alla difficoltà che una persona sorda avrebbe nel telefonare al 115. (fonte http://www.vigilfuoco.it/aspx/download_file.aspx?id=9818) aprile 2013 antincendio 55 sicurezza e sordità abbiamo di fronte in una situazione critica). L’assenza generale di comunicazione in caso di emergenza può portare a diverse condizioni: il non capire cosa sia successo e come. Per cui essere pronti a dare più informazioni possibili pertinenti al momento con la massima calma e rispettando il nostro interlocutore e le sue esigenze. Esistono anche strumenti tecnologici per la comunicazione in caso di soccorso come il sistema SLEC11 (Sign Language Emergency Communicator) che è un dispositivo sperimentale realizzato dall’Università di Udine che consente di comunicare attraverso il cellulare, in caso di impossibilità o shock, in Lingua dei Segni Italiana e in messaggi predefiniti. Bibliografia – – – – – – Conclusioni Il mondo della sordità è un territorio da scandagliare in ogni suo singolo aspetto affinché si possa analizzare ogni situazione di pericolo ed emergenza e trovare ogni volta il bandolo della matassa per poter parlare seriamente di un cammino in sicurezza, un cammino in autonomia nel pieno rispetto della persona stessa. Si auspica in tal senso, una maggiore attenzione alle problematiche annesse alla sicurezza per chiunque, non solo per le persone con disabilità. Si auspica che si concretizzi il discorso sulla prevenzione, sul cambio di rotta che porti a vedere il mondo con occhi diversi, che si abbia un mondo dove ogni persona possa sentirsi veramente “a casa”, senza alcuna barriera. Un mondo di tutti. – – – Fonti sitografiche – – note – 11 SLEC (Sign Language Emergency Communicator) è un sistema mobile che supporta la comunicazione tra pazienti sordi che comunicano in Lingua dei Segni Italiana ed i soccoritori del 118. (fonte http://hcilab.uniud.it/soccorsodisabili/risultati.html) 56 Bettye Rose Connell, Mike Jones, Ron Mace, Jim Mueller, Abir Mullick, Elaine Ostroff, Jon Sanford, Ed Steinfeld, Molly Story and Gregg Vanderheiden, with major funding provided by the National Institute on Disability and Rehabilitation Research and the U.S. Department of Education, Copyright 1997, NC State University, The Center for Universal Design Le linee guida per l’applicazione sono state elaborate nel 1999 e riviste nel 2002 Versione in italiano contenuta in: “Progettare per tutti. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità”. Atti del workshop a cura di Maria Cristina Azzolino ed Angela Lacirignola. Aracne Editrice, 2011 pag. 30 - 31 Lucia Baracco, Erika Cunico, Paolo Caporossi,Flavio Fogarolo, Franco Frascolla, Gianni Virgili, “Questione di leggibilità”. Comune di Venezia, 2005 Stefano Zanut, Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza, Quaderno del Ministero dell’Interno -Dipartimento dei Vigili del fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile Stefano Zanut, “La disabilità sensoriale. La sfida alla sicurezza.” Antincendio, 2011 Consuelo Agnesi ed Emanuela Zecchini, “ Barriere architettoniche e barriere sensoriali”, Edizioni UNICAM, 2009 Consuelo Agnesi, “Ascoltare con gli occhi. Progettare per una barriera invisibile: i non udenti” in “Progettare per tutti. Dalle barriere architettoniche all’accessibilità”. Atti del workshop a cura di Maria Cristina Azzolino ed Angela Lacirignola. Aracne Editrice, 2011 – – – antincendio ISTAT, “La disabilità in Italia. Il quadro della statistica ufficiale”, 2009 (fonte www.istat.it) (www.disabilitaincifre.it) C.A.B.S.S. Onlus, Centro di Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi onlus, “Dati statistici sulla sordità in Italia”, (fonte www.cabss.it) A.I.R.S. onlus, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Sordità, “Consistenza del campione nazionale” (fonte www.associazioneairs.org) (fonte www.numedionline.it/numedi/document/comairs.html) E.N.S. Onlus, Ente Nazionale Sordi Onlus (fonte www.ens.it) I.S.S.R., Istituto Statale Sordi di Roma, Sportello di Informazione e Consulenza sulla sordità (fonte www.istitutosordiroma.it) BIAP, Bureau International d’Audiophonologie aprile 2013 Autismo e interpretazione dell’allarme: il sistema di comunicazione ■ Teresa Villani L’abstract L’O.M.S., in un rapporto del 2010, definisce le persone con disabilità mentale, uno dei gruppi più vulnerabili al mondo e richiama governi e società civile ad attuare strategie per migliorare le loro condizioni di sicurezza e la qualità di vita. Lo studio analizza la patologia dell’autismo e delinea un percorso metodologico che, dall’identificazione dei profili di esigenze, intese come caratteristiche cognitive, comportamentali, ma anche come aspettative, attitudini e desideri, indirizzi i progettisti nella scelta dei sistemi di comunicazione dell’allarme. Tale studio motivato dai complessi problemi sensoriali, tipici dei disturbi dello spettro autistico, fa emergere come le soluzioni tecnologiche, maturate in fase progettuale, attivino un circolo virtuoso che stimola le capacità residue delle persone autistiche attraverso forme di comunicazione il più possibile appropriate, che possono diventare un’ulteriore risorsa per tutti. 58 o spazio fisico, con le sue connotazioni morfologico-dimensionali, funzionali ed ambientali può promuovere la sicurezza, contenere la paura, facilitare l’orientamento, ridurre il senso di frustrazione attraverso il livello di sicurezza percepita da persone con autismo. È sempre più diffusa la consapevolezza del contributo terapeutico della progettazione di spazi e ambienti “sicuri”, capaci di configurare un sistema integrato che non può incidere sicuramente sul decorso naturale della malattia, ma può contribuire a ridurre problemi comportamentali e sintomi psicotici. L antincendio aprile 2013 ■ L’Autore note Teresa Villani - Architetto, PhD, Ricercatore universitario in Tecnologia dell’Architettura, svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Design, Tecnologia dell’Architettura, Territorio e Ambiente (DATA) dell’Università Sapienza di Roma sulle tematiche riferite al Design for All, all’innovazione tecnologica di materiali e componenti e alla sicurezza e protezione dell’utenza debole. Su tale argomento svolge attività seminariale presso il Master Internazionale di II livello Architetture per la salute, organizzato in collaborazione con il Ministero Affari Esteri e l’Università Sapienza di Roma. aprile 2013 zare l’azione progettuale, non può non assumere come principi guida connotanti la flessibilità e l’adattabilità ed essere rispettoso delle esigenze espresse o implicite degli utenti, anche in relazione alle fasce di età. Autismo e sicurezza: identificazione delle criticità ambientali e tecnologiche Le persone affette da autismo1 sono caratterizzate da una reattività atipica a tutti gli stimoli sensoriali. Una delle peculiarità, sulla quale i requisiti degli spazi costruiti e dei dispositivi impiantistici incidono in maniera diretta, sta nella capacità, da parte di questa tipologia di utenti, di riconoscere i dettagli e spesso nella difficoltà a concepire l’insieme. Un tratto comune risulta inoltre l’attenzione ossessiva verso alcuni dettagli. Di conseguenza essi necessitano di spazi e sistemi di comunicazione molto strutturati, nei quali i punti di riferimento siano concreti e prevedibili. Dagli studi di psicologia ambientale2 e da 1 Secondo studi di settore i disturbi pervasivi dello sviluppo, tra i quali l’autismo, sono in aumento. La Commissione Europea ha già da tempo affermato che l’autismo sta diventando la disabilità evolutiva con la maggiore incidenza. Secondo i dati Eurispess in Italia vi sono 6-10 nati autistici su 10.000, con forme di gravità diverse. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che l’autismo colpisce 1 persona su 150. La risposta dell’Italia al problema è ancora debole. Dal Tavolo Nazionale di lavoro sull’autismo, promosso dal Ministero della Salute, che ha condotto i lavori fino a maggio 2008, sono emerse solo delle enunciazioni di principio. Per grandi linee si è definito il “quadro dei bisogni e delle problematicità”, ma questo non ha dato seguito a provvedimenti e a stanziamenti effettivi. 2 cfr. Bonnes, M., Fornara, F., Bigotta, E., Bonaiuto, M., (2010), Psicologia ambientale, luoghi di cura e progettazione dello spazio per l’autismo, in in Giofrè, F., (Ed.),(2010), Autismo protezione sociale e architettura, Firenze: Alinea Editrice; antincendio 59 autismo e sicurezza Tale consapevolezza assume maggiore significatività quando i fruitori degli spazi sono affetti da una patologia come quella dell’autismo, i cui esiti sono ancora poco conosciuti seppur molto indagati. Nell’autismo i modelli di comportamento non sono affatto codificabili, prevedibili e risultano poco approfonditi soprattutto gli effetti psico-fisici che le diverse forme di interazione ambientale possono provocare. È utile quindi delineare le maggiori forme di vulnerabilità che tale patologia determina a cui, attraverso soluzioni progettuali efficaci, si può offrire una risposta in termini di prestazioni. Un approccio sistemico nella logica esigenziale/prestazionale, accanto ad un’approfondita conoscenza delle diverse tecnologie disponibili sul mercato può sicuramente ridurre il margine di errore progettuale, guidando le scelte tecniche verso il soddisfacimento del requisito di sicurezza. Per questo è necessario che gli operatori della progettazione siano informati su che cos’è l’autismo, quali disturbi provoca, che origini ha, quali sintomi presenta, quali sono le diverse modalità di interazione con i familiari e gli estranei, a quali distorsioni sensoriali sono più esposti e di quali condizioni di sicurezza necessitano. È necessario chiarire che non esiste un’unica forma di autismo, ma esistono diversi “autismi” che differenziano un individuo da un altro e di conseguenza, qualsiasi percorso metodologico che si candida ad indiriz- autismo e sicurezza In alcune forme di autismo le capacità uditive subiscono delle alterazioni. I soggetti possono sentire suoni quasi impercettibili, o essere disturbati dalla confusione, o dai rumori probabilmente perché questi vengono scomposti in mille impulsi a cui il cervello reagisce senza nessun filtro note esperienze sul campo3 si deduce che la strutturazione degli ambienti ha lo scopo di rendere inequivocabile lo spazio in cui si intende proporre un’attività. Esso - in qualunque luogo si trovi - casa, scuola, centro riabilitativo, ecc. - deve sempre essere ben organizzato in modo da ridurre ambiguità e imprevisti: la persona con autismo, infatti, comprende meglio ed è più collaborativo se lo spazio di lavoro è ben definito, sempre lo stesso e non presenta stimoli che creano distrazioni. Il soggetto dovrà quindi riconoscere chiaramente, nei diversi ambienti di vita, lo spazio in cui sedersi per lavorare a tavolino, quello in cui giocare nel tempo libero, dove mangiare, ecc. trovandolo fisicamente definito con l’aiuto di sedie, tavolini, divisori, etichette personalizzate, tappeti, ma anche con la scelta di finiture interne che presentino geometrie semplici e regolari. Un ruolo importante viene attribuito anche alla progettazione di arredi e illuminazione. Misure semplici per prevenire incidenti, cadute, eccessivi stimoli sensoriali, ecc. sono quelle di utilizzare sempre luce indiretta, eliminare superfici riflettenti che creano riverberi, potenziare l’uso della luce naturale con sistemi di oscuramento automatico. Altri suggerimenti emersi durante l’attività di briefing con psicoterapeuti riguardano soluzioni tecniche per eliminare i corridoi e fare in modo che gli ambienti si affaccino su piccoli soggiorni caratterizzati da oggetti riconoscibili, perseguendo il principio di “total visual access”. Queste connotazioni dello spazio presentano delle ricadute dirette anche sulla sicurezza in quanto se la persona si sente confortata nel suo spazio, è anche più disposta a collaborare in caso di emergenza. Un’ulteriore difficoltà è quella di non saper attribuire alle diverse attività, che la persona autistica è chiamata a svolgere, un significato socialmente condiviso che costituisce di solito lo stimolo dell’apprendimento. Questo, per esempio in ambito scolastico, determina una difficoltà oggettiva nel far apprendere ad un bambino autistico le modalità di evacuazione in caso di emergenza e fare in modo che impari a riconoscere una segnalazione di allarme. Inoltre, in alcune forme di autismo, le capacità uditive subiscono delle alterazioni. In genere i soggetti possono sentire suoni quasi impercettibili o essere disturbati dalla confusione o dai rumori, probabilmente proprio per il fatto che questi vengono scomposti in mille impulsi a cui il cervello reagisce senza nessun filtro. A volte la sensibilità ad un particolare suono, come l’allarme antincendio, può essere desensibilizzata registrando il suono su un registratore per poi riproporlo; ciò permetterà al bambino di far iniziare il suono ed aumentarne gradualmente il volume autonomamente, controllare la ripetizione del suono e lentamente apprenderne anche il significato4. Proprio questo ultimo aspetto legato alla 3 Molti dei suggerimenti progettuali trovano riscontro nelle strutture progettate dallo studio GA Architects, un gruppo di architetti che dal 1996 sviluppa studi e ricerche finalizzati alla progettazione di ambienti per il supporto delle persone con autismo (Regno Unito). http://www.ga-architects.com/ 4 Tale pratica viene suggerita da un studio condotto dall’Indiana Resource Center for Autism. Temple Grandin (2002), Teaching Tips for Children and Adults with Autism, http://www.iidc.indiana.edu/?pageId=601. 60 antincendio aprile 2013 Autismo e sistemi di allarme Progettare sistemi per la comunicazione dell’allarme in caso di emergenza, che siano anche orientati a garantire la sicurezza di soggetti vulnerabili come le persone autistiche, richiede un’attenta modalità di lavoro. Risulta infatti necessario conoscere bene il profilo delle specifiche necessità connesse con l’autismo e le relative ricadute sulla con- figurazione degli ambienti e delle attrezzature tecnologiche. Sicuramente per i progettisti il percorso metodologico più efficace rimane sempre quello di “indagare dall’interno”, attraverso un lavoro di interlocuzione e confronto con le competenze specialistiche e diversificate, per conoscere funzioni complesse, comportamenti articolati, obiettivi differenziati. In questo modo è possibile predisporre una serie di ipotesi per assicurare risultati validi, ma comunque sempre soggetti ad ulteriori perfezionamenti. Ai progettisti viene quindi chiesto un contributo personalizzato che va ben oltre la passiva applicazione normativa, per definire le caratteristiche prestazionali di tali sistemi che, in continua interazione con le persone, siano in grado di garantire le prestazioni di Non mandare in fumo le tue idee. autismo e sicurezza scelta della modalità di segnalazione dell’allarme più appropriata, a come devono essere veicolate le informazioni in relazione al contenuto ed alle conseguenti azioni da compiere (il più possibile autonomamente), risulta vincolante ai fini della sicurezza e necessita di un approfondimento specifico. progettazione installazione manutenzione ITAL TECNO GROUP PROGETTA E REALIZZA IMPIANTI ANTINCENDIO GARANTITI IN CONFORMITÀ ALLE NORMATIVE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI (UNI, EN E NFPA). Fire protection company Ital Tecno Group opera da più di 25 anni nel mondo dell’antincendio tutelando la sicurezza per l’industria e la logistica. La provata esperienza maturata in questi anni, garantisce prestazioni di alta qualità e di elevati standard tecnologici. Ital Tecno Group da anni traduce in realtà le esigenze di sicurezza di tutte le aziende di qualsiasi settore, sviluppando studi e progetti relativi ai più avanzati sistemi di sicurezza e protezione antincendio. ITAL TECNO GROUP S.R.L. Località Cengelle, 28/B - 36070 Castelgomberto [VI] phone +39 0445 44.66.71 fax +39 0445 44.66.39 Italy www.italtecnogroup.com aprile 2013 antincendio 61 autismo e sicurezza note sicurezza. Il risultato finale dovrà mettere in atto un segnale capace non solo di attirare l’attenzione di tutti, ma che sia anche chiaro e credibile in relazione alle capacità delle persone che lo stanno percependo. Poter percepire una condizione di pericolo è una necessità, che, nella normativa, viene soddisfatta con la presenza (o meno) dei cosiddetti sistemi di allarme; questi sistemi, però, vanno misurati sulle effettive capacità percettive delle persone presenti. Per gli autistici gli ambiti problematici che rappresentano tale complessità e dove è necessario offrire un contributo metodologico per garantire la percezione dell’emergenza sono sicuramente l’ambiente scolastico (in cui i bambini autistici vengono inseriti già a partire dall’asilo nido), ma anche centri diurni di terapia e riabilitazione, centri residenziali dove si applicano i cosiddetti “programmi respiro5”. In queste tipologie di edifici, proprio per la particolare l’attitudine degli autistici a concentrare l’attenzione sui dettagli perdendo la percezione dell’insieme, è necessario individuare un sistema di comunicazione molto strutturato fatto di punti di riferimento ben gerarchizzati. Il sistema deve pertanto fornire un’indicazione inequivocabile ed aiutare la persona a comprendere che da quel momento in poi da lui ci si aspetta il compimento di una serie di attività, portandolo ad essere più collaborativo attraverso comunicazioni ben definite ed evitando stimoli ridondanti. Nei confronti di persone vulnerabili l’efficacia delle tecnologie per la comunicazione di un allarme possono essere valutate positiva- mente quando il messaggio risulta percepibile e comprensibile, in grado quindi di comunicare un pericolo e l’inizio di una fase di emergenza. Di fondamentale importanza risulta anche la sua capacità di correggere/eliminare atteggiamenti comportamentali e sintomi psicotici che possono conseguire dall’incapacità dell’autistico di riconoscere il segnale se non rientra nel campo delle sue conoscenze e a maggior ragione non ha la capacità di reagire correttamente nemmeno durante le prove di evacuazione, perché non sufficientemente motivato. Gli autistici presentano spesso un’apparente indifferenza emotiva agli stimoli, o ipereccitabilità agli stessi, pertanto la maggiore difficoltà risiede nel fatto che la segnalazione deve far parte di un bagaglio di conoscenze consolidate, altrimenti la capacità di astrazione del bambino nel ricondurre un determinato segnale ad un evento reale non è così immediata. In questo ultimo caso rientra un’esperienza maturata in una scuola elementare di Pordenone nel 20036 dove la presenza di un bambino autistico ostacolava l’attuazione delle prove periodiche di evacuazione proprio perché capace di percepire, ma incapace di interpretare correttamente il segnale di allarme presente. La segnalazione, secondo quanto previsto dalla normativa, era affidata allo stesso impianto a campanelli utilizzato normalmente in quella scuola per scandire i ritmi scolastici, ma con un codice sonoro diverso che equivaleva alla necessità di evacuare l’edificio. 5 Nei programmi respiro le persone con autismo, indipendentemente dalla severità del disturbo e dall’età, possono trascorrere brevi periodi programmati presso una struttura progettata per loro e rispettosa delle loro diversificate esigenze. Tale struttura residenziale spesso è finalizzata ad incrementare l’autonomia della persona autistica e a dare sollievo alle famiglie. Per approfondimenti si può fare riferimento ad una efficace esperienza in atto dalla Fondazione Bambini Autismo di Pordenone e pubblicata in Del Duca, D., Raffin, C., Sedran, E., (2003), Per il weekend vado in villa. Un modello nuovo di programma respiro per persone con autismo, Milano: Franco Angeli. 6 Il racconto intregrale di tale esperienza è pubblicato in Burei F., (2005), La sicurezza nella scuola: bambini in situazioni di handicap, in Tatano V., Zanut S., (2005), La sicurezza nelle scuole e il piano di emergenza, Napoli. 62 antincendio aprile 2013 autismo e sicurezza Figura 1a/1b - Un bambino affetto dalla sindrome autistica, una volta sperimentata la paura derivante da una segnalazione acustica o luminosa inaspettata, troppo stimolante o non sufficientemente conosciuta, può manifestare indifferenza o nella peggiore delle ipotesi può attivare comportamenti inadeguati che ostacolano il piano di evacuazione. Se l’interpretazione dell’allarme passa attraverso le conoscenze pregresse acquisite nell’esperienza il bambino può attivare una corretta reazione Il bambino non riusciva ad associare alla campanella la validità di un segnale di allarme in quanto era considerato il segnale della ricreazione. 64 L’installazione di un segnale acustico e luminoso che riproducesse il suono delle sirene dei mezzi di soccorso reali, che nel vissuto quotidiano dell’alunno hanno un significato antincendio aprile 2013 Proposta di un metodo per la scelta di sistemi di comunicazione dell’allarme note Attualmente sono disponibili una considerevole varietà di sistemi di comunicazione dell’allarme, caratterizzati da altrettante alternative tecnologiche. La comunicazione può essere veicolata attraverso sistemi percepibili dai vari sensi, a seconda del quadro funzionale delle persone a cui è diretta. Tutti questi sono comunque Attraverso piccoli accorgimenti apportati sul sistema di comunicazione dell’allarme è possibile raggiungere lo scopo di riuscire a veicolare un messaggio di pericolo chiaro e soprattutto riconoscibile dal bambino nell’ambito del suo bagaglio di esperienze influenzati da vari fattori che possono avere un impatto considerevole sulla rispettiva efficacia. PRIMA FASE: rilevazione ambientale e conoscenza delle dinamiche comportamentali e fisiche - Il punto di partenza è rappresentato da una fase in cui si raccolgono dati riferiti ai diversi fattori7 che possono compromettere la comunicazione dell’allarme che possono essere fattori fisici, ambientali, individuali derivanti dalla patologia, derivanti dalla situazione. Per esemplificare l’oggetto di tale rilevazione si possono prefigurare alcuni fattori determinanti nel contesto ambientale di una scuola (Tabella 1). Da questo quadro risulta chiara l’esistenza di requisiti essenziali che interessano trasversalmente le varie tecnologie di sistemi disponibili, ciò indipendentemente dal grado di vulnerabilità delle persone considerate; il sistema dovrà infatti garantire le seguenti condizioni: • massima copertura del segnale e garanzia di una sua univocità e possibilità di comprensione da parte di tutte le persone a cui si rivolge • essere evitati i falsi allarmi o i messaggi non comprensibili e limitate le segnalazioni non associate ad una vera emergenza • considerare una comprensibile disomogeneità della risposta. 7 Per l’individuazione dei fattori si può fare riferimento alla classificazione ICF International Classification of Functioning, Disability and Health dell’OMS del 2001 in cui si valutano le abilità residue dell’individuo e non più i gradi di menomazione e si individuano un insieme di funzioni, attività e fattori anche esterni alla persona derivanti dall’ambiente. aprile 2013 antincendio 65 autismo e sicurezza specifico e contestualizzabile (il bambino conosce e ha visto passare per strada le ambulanze, i pompieri, e gli è capitato di doversi fermare al loro arrivo, dunque sa cos’è una emergenza), ha permesso di attivare e portare a compimento le azioni previste dal piano e ha inoltre incrementato la sicurezza di tutte le altre persone presenti nella scuola. Il caso descritto, a titolo esemplificativo, documenta come con un piccolo adattamento del sistema di comunicazione dell’allarme, tecnicamente possibile ed economicamente praticabile, è stato raggiunto lo scopo di poter veicolare un messaggio di pericolo chiaro e soprattutto riconoscibile dal bambino nell’ambito del suo bagaglio di esperienze. Rappresenta inoltre un esempio di come la norma possa, e debba, essere interpretata e applicata partendo da un’attenta valutazione del contesto e tenendo conto delle esigenze dei fruitori dell’ambiente. Per questo la scelta efficace è spesso il risultato dell’interazione tra uno studio accurato dei diversi livelli di vulnerabilità insiti nella patologia, considerando tutte le difficoltà fisiche e comportamentali e le tecnologie offerte dal mercato in relazione proprio alle diverse fasi della comunicazione dell’allarme. autismo e sicurezza Fattori determinanti nel contesto ambientale di una scuola SISTEMA ACUSTICO SISTEMA LUMINOSO Fattori fisici • • • Il segnale è percepibile in ogni ambiente? Il segnale/messaggio risulta chiaro per tutti? Il livello sonoro è appropriato, ovvero non risulta assordante in determinate aree? • Le informazioni contenute nel sistema soni oscurate da ostacoli fisici? (la morfologia degli ambienti, l’arredamento o le attrezzature). • Le informazioni contenute nel sistema sono confuse dalle luci non di emergenza, da cartelloni didattici ecc.? • Sono presenti bambini o personale con difficoltà visive? Fattori ambientali • Nell’ambiente c’è un rumore di fondo che vanifica il ricevimento del suono di allarme? Fattori individuali • Sono presenti bambini o personale con problemi uditivi? Ci sono bambini che hanno problemi cognitivi e non riescono a ricevere le informazioni? Fattori legati alla situazione La comunicazione è percepibile in modo che rappresenti una emergenza dovuta ad un incendio? • I bambini ed il personale sono preparati all’esistenza di un messaggio acustico? • I bambini ed il personale sono preparati all’esistenza di un messaggio visuale? Il sistema può dar luogo a falsi allarmi, cosa che influenzerebbe negativamente la credibilità del segnale? Tabella 1 - Esempi di fattori che possono interferire con le tecnologie utilizzate dai sistemi di comunicazione dell’allarme in una scuola e possono comprometterne l’efficacia È importante sottolineare come un sistema di comunicazione efficace debba comprendere l’insieme dei sistemi tecnologici in continua interazione con le persone incaricate della gestione dell’emergenza. La loro combinazione e interazione aumenterà la copertura e la condivisione della realtà di una emergenza. Definiti i requisiti generali per effettuare la scelta del sistema, è importante approfondire il contributo dei fattori individuali e le possibili difficoltà delle persone presenti nell’edificio. È inoltre opportuno imparare a valutare più a fondo la natura delle possibili vulnera- 66 bilità tali da poter compromettere la comunicazione di un allarme, identificando contemporaneamente da un lato i fattori tipici della patologia autistica attraverso la conoscenza delle dinamiche comportamentali e fisiche, dall’altro quelli che potrebbero contraddistinguere le rimanenti persone, che potrebbero risultare vulnerabili per altri motivi: Vulnerabilità innate: quelle proprie dell’autismo che, per quanto detto, possono essere anche assimilate a quelle connesse con l’uso di una lingua parlata diversa (è il caso della presenza di persone di varie nazionalità) antincendio aprile 2013 autismo e sicurezza Vulnerabilità derivanti dall’esperienza: le difficoltà che in una scuola i bambini autistici hanno nel riconoscere il segnale di allarme, se non rientra nel campo delle conoscenze pregresse, e la conseguente difficoltà di una corretta reazione. Questa vulnerabilità può essere presente anche nelle persone che hanno avuto esperienze di falsi allarmi e può essere superata potenziando le prove di evacuazione. Vulnerabilità derivanti dalla situazione: fattori legati allo scenario dell’incendio, se si è in gruppo o da soli, presenza di rumore di fondo, stati di scarsa attenzione, ecc., ma anche per le persone impegnate in altre attività durante le quali viene distolta l’attenzione dalle condizioni circostanti (ad esempio lavori al PC, ascolto musicale, ecc.) Vulnerabilità tecnologiche: ubicazione delle apparecchiature di segnalazione, grado di copertura, livello di comprensione e di chiarezza della risposta da intraprendere. Risulta evidente che se nella fase di progettazione di questi sistemi si considerano i fattori sopra elencati, tale progettazione, seguendo quasi un trasporto naturale, viene agevolmente orientata al soddisfacimento delle esigenze di tutti; in particolare, se un sistema di segnalazione può risultare efficace per i bambini (ma più in generale per le persone) autistiche, sicuramente il campo dell’efficacia sarà tale da comprendere gran parte delle altre persone presenti nell’edificio. Per capire l’evoluzione del processo di comunicazione dell’allarme bisogna scomporlo nelle quattro fasi in cui si struttura ed è importante effettuare attente riflessioni sul comportamento delle persone autistiche nei singoli stati 68 SECONDA FASE: identificazione delle criticità del processo di comunicazione dell’allarme - Affinché il contributo di questa modalità di approccio risulti completo e fornisca la necessaria consapevolezza ai progettisti, ai committenti e, non ultimi, ai fruitori degli edifici stessi, è opportuno approfondire l’evoluzione del processo di comunicazione dell’allarme, scomponendolo nelle fasi in cui si struttura ed effettuando delle riflessioni sul comportamento delle persone autistiche nelle singole fasi. Tale processo può essere classificato nelle seguenti quattro fasi: • ricezione del segnale/messaggio da parte delle persone - Abilità del sistema di comunicazione di attirare l’attenzione delle persone • riconoscimento del segnale/messaggio Se l’obiettivo del segnale è raggiungere le persone e comunicare ad esse una situazione, esse sono anche capaci di interpretarlo? • identificazione delle risposte - Dato che le persone risultano capaci di ricevere la comunicazione/segnale, sono anche capaci di identificare la risposta appropriata? • rispondere appropriatamente - Considerando che le persone vengono a conoscenza delle risposte da garantire e delle azioni da intraprendere per una rapida evacuazione, sono capaci di attivare tali risposta? Tale articolazione risulta importante per identificare le criticità insite nelle singole fasi. Comprendere quindi l’incidenza del sistema sul miglioramento delle risposte e precisamente indagare su quale fase il sistema incrementa l’efficacia o se, dato un certo grado di vulnerabilità accertata, ha un impatto minimo. Questo aiuta inoltre a chiarire sia i tipi di vulnerabilità, sia le risposte che sono in grado di dare. È sufficiente ora mettere in diretta relazione alcune vulnerabilità che potrebbero essere insite in alcuni gruppi di persone con le quat- antincendio aprile 2013 Ricezione del segnale/ messaggio Riconoscimento Identificazione del segnale/ delle risposte messaggio risposte Livello prestazionale delle risposte Persone con problemi di salute cronici Persone impegnate in altre attività Persone prese dal panico Persone in gruppi numerosi Bambini con meno di 5anni Bambini con più di 5 anni Persone con difficoltà uditive Persone con difficoltà visive Persone non addestrate Persone non di madre lingua Persone con disabilità relazionali e disturbi della personalità - autismo Persone sottoposte a rumore di fondo Persone che sono state sottoposte ad un falso allarme Mancanza di persone responsabili per la sicurezza al fuoco Persone che non considerano il fuoco una minaccia Scarsa familiarità con il segnale Scarsa familiarità con l’intorno Persone ansiose sull’argomento sicurezza Nessuna criticità Criticità trascurabile Criticità alta Tabella 2 - Criticità relative alla natura della vulnerabilità di diversi gruppi di persone in relazione alle fasi del processo di comunicazione dell’allarme aprile 2013 antincendio 69 autismo e sicurezza Le possibili vulnerabilità e le quattro fasi del processo di comunicazione dell’allarme autismo e sicurezza tro fasi del processo di comunicazione dell’allarme, attribuendo anche una scala di gravità in relazione alle diverse fasi (nessuna criticità, criticità trascurabile, criticità alta). In questo modo è possibile individuare dove si manifesta la criticità e come si può intervenire. Naturalmente ciò rappresenta una semplifi- cazione del problema, in quanto l’estensione delle criticità dovrebbe essere calcolata su ogni singolo individuo e come in esso si manifesta. In questa fase viene descritta la risposta comportamentale di diversi gruppi di persone e come le criticità si esprimono in relazione a tale diversità. Figura 2 - Schema sintetico della metodologia proposta per la scelta appropriata dei sistemi di comunicazione dell’allarme per persone autistiche. (tratto da Villani T., Zanut S. (2010), Sicurezza per le persone vulnerabili: approccio alla progettazione dei sistemi di comunicazione dell’allarme per i bambini autistici, in Giofrè F., (Ed.), (2010), Autismo protezione sociale e architettura, Firenze: Alinea Editrice) 70 antincendio aprile 2013 TERZA FASE: definizione dei livelli prestazionali dei sistemi di comunicazione dell’allarme - Il quadro illustrato manifesta un’oggettiva complessità, ma è pur sempre possibile studiare le potenziali soluzioni tecniche per contrastare particolari tipi di vulnerabilità, come quella degli individui autistici, e configurare una metodologia di approccio alla scelta più appropriata, tenendo presente il profilo di esigenze degli utenti di riferimento e considerando anche la possibilità di piccoli ma efficaci adattamenti ai sistemi esistenti. In questa ultima fase si procede ad una approfondita valutazione delle tecnologie di comunicazione correntemente disponibili sul mercato e una puntuale analisi delle risposte in termini di prestazioni, verificando i rispettivi campi di applicazione e l’impatto sui vari gruppi vulnerabili. aprile 2013 In presenza di un allarme antincendio la risposta del gruppo può essere influenzata da comportamenti dinamici di interazione reciproca delineando scenari complessi: le vulnerabilità potrebbero quindi subire un fenomeno di propagazione a causa dell’incidenza di un individuo sugli altri I diversi impianti adottano varie modalità di approccio per informare le persone interessate. Alcune tecnologie sono progettate per soddisfare una specifica necessità (per esempio, difficoltà uditive) e queste, che siano alternative o integrative, aiutano a migliorare l’efficacia del sistema di allarme ed in generale il grado di sicurezza rispetto al rischio incendio. Le soluzioni tecniche maggiormente diffuse sono le seguenti: • segnali di allarme acustici • segnali di allarme visivi • segnali di allarme tattili • segnali di allarme olfattivi. Per valutarne l’efficacia in relazione alle diverse vulnerabilità bisogna tener presente alcune variabili che intervengono positivamente o negativamente sull’impatto riferito alle condizioni della o delle persone, come la potenza del segnale, la tipologia, il numero di dispositivi che possono essere impiegati in relazione alla disposizione planimetrica dell’edificio e soprattutto l’eventuale flessibilità e il grado di sofisticazione/modificazione della tecnologia utilizzata, proprio per renderla il più possibile adattabile ad un particolare profilo esigenziale senza però perdere di vista l’insieme degli utenti dell’edificio. Abbiamo in precedenza identificato le diffi- antincendio 71 autismo e sicurezza Per esempio, per i bambini con meno di 5 anni sono considerate critiche tutte le fasi di comunicazione, quindi per loro il miglioramento del sistema di comunicazione non migliora la risposta che sono in grado di dare. Sarà comunque necessario l’affiancamento di un adulto. Per i non udenti o gli ipo-udenti è stato invece constatato come questi siano incapaci di rispondere correttamente ad una segnalazione di allarme, purché non si utilizzi esclusivamente il canale uditivo. Grazie a questa sintesi è possibile constatare che le fasi critiche per le persone autistiche sono quelle legate alla comprensione e all’interpretazione delle informazioni. Intervenendo nelle prime tre fasi le persone riescono ad attivare le giuste azioni per l’evacuazione. Va infine considerata la possibilità che in presenza di un allarme antincendio la risposta del gruppo non è statica, ma può essere influenzata da comportamenti dinamici di reciproca interazione, delineando scenari complessi. Le vulnerabilità potrebbero quindi subire un fenomeno di propagazione a causa dell’incidenza di un individuo sugli altri. autismo e sicurezza L’obiettivo del progettista deve essere quello di individuare le fasi critiche del sistema di comunicazione dell’allarme e di risolvere le problematiche attraverso la perfetta conoscenza dei sistemi e delle tecnologie presenti sul mercato coltà delle persone autistiche in merito alla segnalazione di un evento quale può essere l’allarme antincendio. Per questo la scelta non può che essere il risultato dell’interazione tra uno studio accurato delle difficoltà insite nella patologia, considerando tutte le difficoltà fisiche e comportamentali che si potrebbero manifestare, e le tecnologie offerte dal mercato in relazione proprio alle diverse fasi della comunicazione evidenziate in precedenza. L’obiettivo del progettista dovrà dunque essere quello di saper individuare le fasi critiche del sistema di comunicazione dell’allarme e saper risolvere tali criticità attraverso la conoscenza dei sistemi e delle tecnologie disponibili sul mercato. Deve quindi saper integrare due livelli di conoscenza: una puramente tecnica, riferita ai livelli prestazionali degli impianti, e l’altra prettamente comportamentale e fisiologica, legate alla vulnerabilità della patologia considerata, le cui gravità e sintomatologia variano da individuo a individuo. te costruito e alla qualità della vita degli utenti. La sicurezza non può prescindere dalla correlazione tra conoscenze tecniche e discipline capaci di delineare le vulnerabilità derivanti dall’autismo. Data la complessità del quadro di riferimento, “progettare per l’autismo” e rendere efficace e sicuro un edificio comprensivo dei dispositivi di comunicazione dell’allarme è possibile. È necessaria, però, una collaborazione multidisciplinare che includa anche l’esperienza degli operatori della sicurezza, i quali possono offrire un contributo già dalla fase di ideazione, per fare in modo che l’ambiente costruito venga considerato un fattore “facilitatore”, nonché promotore della sicurezza. Bibliografia – – – Conclusioni Nella progettazione di spazi e di dotazioni impiantistiche finalizzate a garantire la sicurezza per le persone con disabilità mentale ed in particolare per gli autistici, è necessario superare i soli aspetti funzionali e tecnologici, integrando le competenze dei progettisti con aspetti legati alla comunicazione visiva ed interpersonale e alla psicologia ambientale, per arrivare alla qualità dell’ambien- 72 – – antincendio Cohen, D. A., (2012), Children with autism and fire drills and fire alarm, Alabama: Mountain Brook Fire Department Villani T., Zanut S., (2010), Sicurezza per le persone vulnerabili: approccio alla progettazione dei sistemi di comunicazione dell’allarme per i bambini artistici, in Giofrè, F., (Ed.) Autismo protezione sociale e architettura, Firenze: Alinea Villani T., Zanut S., (2007), Tempi di evacuazione e modelli automatici di simulazione del movimento delle persone: L’evacuazione dalla consapevolezza dell’evento fino al raggiungimento del luogo sicuro, Antincendio 9/2007, Roma: EPC Villani T., (2007), Sicurezza antincendio e accessibilità nelle strutture socio-sanitarie: indirizzi e suggerimenti per la programmazione e la progettazione della sicurezza contro gli incendi per un’utenza debole”, Antincendio, 8/2007, Roma: EPC Cannata W., (2007). Autism 101 for Fire and Rescue, in Speak unlimited, web site: http://www.papremisealert.com/autism-101-forfire-a-rescue.html aprile 2013 Scenari incidentali e soccorso in presenza di persone disabili: così intervengono i VV.F. ■ Luca Polesel L’abstract “E fu allora, mentre si avvicinavano, che cominciai a notare qualcosa di strano. C’era gente sulla sedia a rotelle, gente che camminava con le grucce, altri che si aiutavano con deambulatori e bastoni, e altri ancora che riuscivano a stento a muoversi. […] Incontrai lo sguardo di un uomo anziano che avanzava su una sedia a rotelle, spingendo da solo le ruote. Dio! Come facciamo adesso? Guardai in faccia il maggior numero possibile di quelle persone, leggendo sui loro volti impotenza, stanchezza e gratitudine, tutte insieme e tutte mescolate fra loro. Erano felici di vederci, oltre che ansiosi di uscire di lì”. Tratto da Richard Picciotto, “Ultimo a uscire. Storia di un pompiere di New York”, TEA, 2006 74 a progettazione e la realizzazione di strutture sempre più accessibili ha un ruolo fondamentale per il miglioramento della vita quotidiana di ogni individuo. Tale affermazione acquista ancor più valore considerando le problematiche giornaliere a cui le persone con disabilità vanno incontro per garantire e mantenere la propria autonomia intesa in tutte le sue forme (sociale, lavorativa e privata). Questa condizione, che rappresenta un indubbio indicatore di civiltà, viene considerata con attenzione anche da parte delle strutture preposte al soccorso in caso di eventi L antincendio aprile 2013 ■ L’Autore Luca Polesel - Nel 2005 si laurea In Scienze Motorie Presso Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Udine. Nel 2011 consegue la Laurea Specialistica in Scienza dello Sport presso Facoltà di Medicina e Chirurgia Università di Udine. Allenatore Nazionale di Judo e Cultura Fisica F.I.J.L.K.A.M. Allenatore Nazionale di Pesistica F.I.P.C.F. Assistente bagnante F.I.N. Istruttore di nuoto 2° Livello F.I.N Vigile del fuoco permanente dal 2010 presso il Comando Provinciale Vigili del fuoco di Pordenone Tra le qualifiche ottenute all’interno del Corpo Nazionale è Operatore Speleo Aplino Fluviale (SAF); Operatore S.A.F Fluviale; Operatore SA1 (Soccorritore Acquatico); Operatore N.B.C.R livello 2. aprile 2013 ranea di una compromissione ambientale a causa del’evento emergenziale e la necessità di evacuare e soccorrere le persone coinvolte nel modo più veloce e sicuro possibile. Gli scenari di un’emergenza e l’azione del soccorso Nella gestione di un’emergenza al soccorritore, ma più in generale alle persone incaricate di gestire situazioni di particolare criticità, viene richiesta una prestazione da sviluppare in poco tempo e con efficienza che richiede le seguenti competenze: saper valutare, saper scegliere e saper agire. La valutazione si esprime attraverso l’osservazione, la raccolta del maggior numero di informazioni possibili su quanto accaduto e la stima di una possibile evoluzione dell’evento e delle sue conseguenze. In questa fase le variabili possono essere innumerevoli e comunque tali che un intervento non sia mai uguale ad un altro. Ciò che invece rimane immutato sono le necessità delle persone coinvolte nella situazione emergenziale, il cui solo obiettivo è di acquisire una tutela allontanandosi dalla fonte di pericolo per raggiungere luoghi più sicuri. In queste circostanze il soccorritore, o come già detto il personale appositamente incaricato, chiamato alla sua gestione, dovrà possedere alcune competenze basilari sulle modalità per mettersi in relazione con la persona che necessita di aiuto, condizione che drasticamente si rafforza in presenza di persone con disabilità, in tal caso dovrà essere in grado di comprendere le loro specifiche necessità affinché un’azione scorretta non comporti un aggravamento del loro quadro fisiologico instaurando una relazione che li guidi passo-passo per riuscire a trovare la migliore tecnica d’intervento. Infatti, chi altro se non la persona che subisce questa sua costrizione fisica in condizioni ordinarie potrebbe indicare il modo migliore per risolvere le proprie problematiche? In questa prima e fondamentale fase di ap- antincendio 75 VVF: soccorso ai disabili particolari come incendi, incidenti ed altro, così come l’attenzione viene posta anche nell’ambito legislativo della sicurezza sul lavoro considerando gli aspetti organizzativi di un piano di emergenza da attuare in caso di necessità. Così si esprime in merito, ad esempio, il D.M. 10/3/1998: “Il datore di lavoro deve individuare le necessità particolari dei lavoratori disabili nelle fasi di pianificazione delle misure di sicurezza antincendio e delle procedure di evacuazione del luogo di lavoro. Occorre altresì considerare le altre persone disabili che possono avere accesso nel luogo di lavoro. Al riguardo occorre anche tenere presente le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con arti fratturati ed i bambini. Qualora siano presenti lavoratori disabili, il piano di emergenza deve essere predisposto tenendo conto delle loro invalidità” (Allegati VIII, punto 8.3: Assistenza alle persone disabili in caso d’incendio). Su tali aspetti è un documento del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco del 2004, dal titolo “Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”, ad affrontare l’argomento a partire dall’esperienza maturata nel campo del soccorso tecnico urgente, quando gli operatori si trovano ad affrontare e gestire molteplici situazioni di criticità connesse con la presenza contempo- VVF: soccorso ai disabili proccio all’intervento, particolare attenzione dovrà essere posta nel considerazione tutte le manifestazioni dello scenario incidentale, quali: • numero e caratteristiche proprie delle persone coinvolte e loro posizionamento nell’ambito dello scenario • accessi e percorsi per raggiungere ed entrare nel luogo interessato dall’emergenza • caratteristiche costruttive della struttura e gli eventuali danni connessi con l’evento • presenza, il numero e le caratteristiche delle eventuali uscite di emergenza o vie d’esodo facilitate (porte, finestre, ecc.) • presenza di spazi calmi o comunque luoghi protetti e loro possibile compromissione connessa con l’evento • valutazione delle aree per una prima zonizzazione delle aree operative da interdire alle persone non coinvolte nel soccorso e la creazione di zone sicure dove possono essere date le necessarie cure e supporti ai coinvolti. L’insieme di queste prime valutazioni evidenzia chiaramente che se all’interno delle strutture vi fossero numerose persone sarebbe necessario un approccio e una metodologia d’intervento tale da prevedere un gran numero di soccorritori, ma il numero e le professionalità da mettere in campo sarebbe ancora diverso se all’interno di un’opera vi fosse la presenza di persone con specifiche necessità sia connesse con la situazione che per disabilità conclamata; per gli aspetti che si stanno considerando, ovvero le disabilità di tipo motorio, si potrebbero individuare i seguenti due macro scenari: Disabilità motorie temporanee - Persone con limitazioni causate da danni a carico dei vari apparati del corpo derivanti dall’evento e che creano una impossibilità di movimento. Alcuni esempi possono essere: cadute, lussazioni o fratture scheletriche, schiacciamenti, ma anche intossicazioni da fumi o sostanze tossiche, folgorazioni, ustioni. 76 Non è inoltre da sottovalutare anche il contributo degli aspetti psicologici, che potrebbero compromettere alcune funzionalità anche di tipo fisico. Disabilità motorie permanenti - Questo tipo di disabilità possono aver avuto origine traumatica (incidenti, amputazioni, lesioni midollari traumatiche, ecc.) o a causa di patologie che interessano il sistema nervoso centrale. Nella quasi totalità dei casi questi fanno sì che per il mantenimento o il miglioramento delle capacità di deambulazione o di spostamento sia necessario l’utilizzo di ausili quali sedia a ruote semplice, sedia a ruote movimentate da motori elettrici, deambulatori, stampelle, bastoni, ecc. La classificazione appena proposta ci fa capire come, in caso di pericolo, ogni individuo potrebbe potenzialmente presentare difficoltà nel moto e diventare una persona con disabilità motoria, sebbene transitoria. Questo aspetto è da considerare con la massima attenzione specialmente da parte di quelle persone non ordinariamente impiegate nel soccorso e che, per questo, potrebbero non porvi attenzione. In questi casi la presenza di barriere di tipo architettonico come scale molto strette ed inclinate, serramenti di difficile apertura, ingombri ed altro potrebbe influire negativamente sul soccorso. Successivamente, ovvero dopo aver acquisito le informazioni necessarie e conseguentemente averle valutate, l’attenzione va rivolta verso la scelta delle tecniche più idonee d’intervento. In questa fase risulta di primaria importanza tenere presente il corretto utilizzo di tutte le attrezzature potenzialmente in dotazione, compresi gli eventuali D.P.I., perché anche un solo soccorritore in difficoltà potrebbe mettere in crisi o rendere inefficacie l’intervento in atto. L’esperienza dimostra che scenari incidentali di questo tipo si presentano solitamente in continua e rapida evoluzione, motivo per cui questa fase deve essere attuata in tempi antincendio aprile 2013 aprile 2013 In quest’ultimo caso è da tener ben presente la necessità di aver nel frattempo predisposto, in luogo sicuro, l’assistenza a tali persone considerato che poi non potranno muoversi e quindi allontanarsi normalmente. Prime indicazioni sulle tecniche d’intervento Nei contesti appena disegnati al soccorritore viene chiesta una prestazione di particolare impegno che, oggettivamente, potrebbe determinare anche dei limiti nell’azione, di cui gli operatori coinvolti devono essere a conoscenza per capire fino a dove si può spingere la propria azione. Per questo sono state create delle vere e proprie tecniche di trasporto di persone con disabilità motoria che prevedono la partecipazione di uno, due o più operatori. Tali metodiche prevedono la conoscenza tecnica della maggioranza degli ausili in commercio, ma considerando la loro continua evoluzione, grazie anche alle innovazioni tecnologiche, risulta fondamentale sapersi mettere in relazione con l’utilizzatore che sicuramente saprà indicare i punti di presa sicuri, le posizioni in cui lui stesso si senta maggiormente a suo agio e che non comportino pericolo per la sua posizione. Operando in situazioni molto particolari, come queste, è chiaro come la formazione tecnica e la preparazione fisica dei soccorritori abbia un ruolo fondamentale, ma se la situazione, la struttura in cui ci troviamo ad operare, o la tipologia di scenario, è così complessa da non permettere l’applicazione di tali accorgimenti, il soccorritore non potrà certo cambiare la morfologia del terreno, l’inclinazione della rampa di scale o la larghezza di una porta e dovrà essere sottoposto ad ulteriori rischi che potrebbero compromettere la sicurezza altrui. Vi sono però dei casi in cui lo spostamento della persona con disabilità fisica non può essere eseguita con l’accompagnamento dei propri ausili a causa di molteplici fattori, a antincendio 77 VVF: soccorso ai disabili brevi ma tenendo conto di tutto ciò che si è raccolto in quella precedente utilizzando i mezzi più idonei per operare in sicurezza. Ecco quindi che si predisporranno i mezzi, gli operatori indosseranno tutti i D.P.I a loro disposizione e il soccorso verrà attuato con azioni concrete e ben visibili. Il terzo momento dell’intervento, quello che identifica la fase dell’agire, non potrà realizzarsi con efficacia se non dopo aver attuato le fasi descritte in precedenza. In queste circostanze in funzione delle capacità, ovvero necessità, della persona da aiutare e degli ausili che impiega, potrebbero porsi le seguenti possibilità: • la persona è in grado di muoversi autonomamente, sebbene impiegando un ausilio (bastone, sedia a ruote, ecc.) • la persona non è in grado di muoversi autonomamente sia per condizioni proprie che per quelle connesse con lo scenario ambientale. Nel primo caso è da incentivare l’autonomia, sebbene sotto il controllo continuo del soccorritore, cercando di effettuare azioni di spostamento forzato solo in presenza di ostacoli non superabili autonomamente dalla persona. Il secondo, invece, considera lo spostamento forzato dell’individuo senza il proprio ausilio, condizione che può manifestarsi in casi dove: • l’ausilio primario risulti danneggiato in modo tale da essere inutilizzabile • lo scenario incidentale e la metodica di intervento non permettano lo spostamento di tali attrezzature (è il caso, ad esempio, di scenari in ambienti montani, alluvionali, marittimi, ecc.) • la situazione sia talmente critica che l’evacuazione delle persone debba svilupparsi con la massima rapidità a causa delle criticità indotte dall’evoluzione dell’incidente o per cause sanitarie ad esso correlate che possano mettere in pericolo l’individuo • la mancata possibilità dei soccorritori di potersi far carico del trasporto dell’ausilio perché in numero esiguo. VVF: soccorso ai disabili 750 Kg 150 Kg 50 Kg 50 Kg Figura 1 - Movimentazione di un sovraccarico di 50 Kg utilizzando la postura scorretta(figura a) che comporta un carico a livello del rachide lombare di circa 750 Kg. Movimentazione dello stesso sovraccarico utilizzando la postura corretta (fig. b) che riduce il carico agente sulla zona lombare a circa 150 Kg questo punto dovranno essere attuate le metodologie di trasporto uomo-uomo. Tali metodiche tengono sempre conto dei concetti fondamentali di sicurezza per la persona soccorsa, sicurezza per l’operatore o gli operatori con l’aggiunta di alcuni accorgimenti quali: • le prese, ossia le modalità con cui si “mettono le mani” sulla persona da aiutare, devono essere eseguite da personale formato al fine di non creare danni alla persona soccorsa stessa, chiedendo in ogni caso a lei la migliore modalità • tali prese vanno eseguite in determinati punti ossei che garantiscano sia l’incolumità del mal capitato sia il mantenimento di punti ossei molto stabili e forti che favoriscano la prensione • da ricordare che se vi fossero lesioni di vario genere a carico dei diversi apparati nelle zone in cui non vi è più capacità motoria la persona non sarà in grado di darne notizia. Quindi anche la mobilizzazione delle parti corporee deve essere eseguita in modo congruo, affidando la formazione a persone che ricoprano ruoli sanitari e che indichino la metodica più corretta da applicare • le prese, infine, devono essere comode per il trasportato ma anche per chi le ese- La gestione dell’emergenza e il soccorso alle persone disabili Nel caso sia necessario trasportare una persona sono sempre da preferire tecniche in cui sono coinvolti almeno due operatori, per evitare sovraccarichi al loro apparato muscolo-scheletrico specialmente quando la persona da trasportare è molto pesante. In questi casi tali circostanze la sequenza delle azioni da compiere è la seguente: • due operatori si pongono a fianco della persona da trasportare 78 antincendio aprile 2013 note In merito a quest’ultimo aspetto non vanno dimenticati i precetti di sicurezza per il personale che attua questo trasporto, solitamente ascrivibili agli aspetti connessi con la movimentazione dei carichi e, più in generale, dell’ergonomia lavorativa. Piccoli sovraccarichi sollevati in posizioni scorrette possono creare grossi sovraccarichi alle strutture muscolo-scheletriche determinando un danno all’operatore e in ultimo, considerato il contesto in cui si esprimono, la compromissione del soccorso. Qualora sia necessario affiancare una persona in sedia a ruote che si muove autonomamente, particolare attenzione è da porre nel farla scendere lungo le scale, qualora si ponesse la necessità. In tal caso per garantire la riuscita dell’azione nel rispetto della sicurezza sia dei soccorritori che della persona da aiutare, l’azione dovrebbe essere condotta da due, meglio tre, operatori. Per favorire il trasporto lungo le scale di una • • • • • persona con difficoltà, sia in condizioni ordinarie sia straordinarie, come un’emergenza, sono stati recentemente introdotti nel mercato dei dispositivi progettati per agevolare l’evacuazione lungo le scale. Si tratta di vere e proprie “sedie da evacuazione”, progettate per trasportare una persona, in discesa, muovendosi sugli apici dei gradini. Ovviamente possono essere impiegate anche per aiutare persone che durante l’emergenza non sono più in grado, in conseguenza di uno stato emozionale, di muoversi autonomamente. Tali ausili, molto diffusi nei paesi anglosassoni, possono essere utilizzati con facilità anche da parte di una sola persona e nell’evacuazione delle strutture World Trade Center, seguita al tragico attentato dell’11/11/01, sono stati impiegati con successo1. 1 A tal proposito si vedano gli articoli di Josie Byzek and Tim Gilmer, “September 11, 2001: A Day to Remember” (New Mobility – November 2001) e “Unsafe Refuge. Why did so many wheelchair users die on Sept. 11? (New Mobility – Dicember 2001) – www.newmobility.com ne afferrano le braccia e le avvolgono attorno alle loro spalle afferrano l’avambraccio del partner uniscono le braccia sotto le ginocchia della persona si piegano il trasportato e lo sollevano coordinando tra loro l’azione in modo da non far gravare in modo asimmetrico il carico su uno dei due dopo il sollevamento cominciano a muoversi. Nel compiere tali azioni é necessario effettuare una leggera pressione sulla parte superiore del corpo del trasportato in modo che lo stesso si mantenga il più verticale possibile sgravando, in tal modo, parte del peso dalle braccia dei soccorritori. (Le indicazioni operative sono tratte dalla pubblicazione del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco dal titolo “Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”, le figure da S. Marsella, P. Mirabelli e S. Zanut, “Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro”, Milano 2005) aprile 2013 antincendio Rappresentazione di una condizione molto semplice nella quale la persona da aiutare può utilizzare le braccia per sostenersi sui soccorritori. In taluni casi, ovvero quando può non esserci tale collaborazione per difficoltà nell’utilizzo degli arti superiori, i due operatori si posizioneranno a fianco della persona da aiutare ed opereranno impiegando la tecnica della “presa crociata” facendo passare la mano sotto l’ascella ed afferrando con la mano l’avambraccio. 79 VVF: soccorso ai disabili gue salvaguardando il concetto di ergonomia per quanto permesso dalla situazione. VVF: soccorso ai disabili Conclusioni Le problematiche appena esposte in modo certamente sintetico rappresentano la cosiddetta “punta dell’iceberg” di una problematica di particolare complessità che richiede conoscenze interdisciplinari, ma è altrettanto vero, come dimostrano le esperienze dei vigili del fuoco, che può essere affrontata con razionalità ed efficacia attraverso un percorso di conoscenza e formazione. Possiamo capire come il lavoro integrato di vari professionisti di settori anche apparentemente così distanti, come quelli in esame, nella quotidianità possano collaborare e creare sinergie per il miglioramento di molteplici servizi alla persona e alla comunità. Come si sarà potuto apprezzare le tecniche di trasporti di persone in pericolo richiede determinate e specifiche tecniche che gli operatori del soccorso sono stati addestra- ti ad eseguire, tali metodiche però richiedono la presenza di alcuni spazi minimi per poter rendere l’esodo più rapido e sicuro. Solo quando ci si rende protagonisti all’interno del soccorso ci si rende realmente conto di quanto a volte pochi centimetri rendano le operazioni ancora più complesse di quanto lo siano già in situazioni di emergenza. Grazie alle nuove professionalità date da specifici corsi di specializzazione nati all’interno del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco (Operatori Speleo Alpino Fluviali, Operatori del Soccorso Acquatico) è oggi possibile eseguire movimentazioni di persone con difficoltà motorie anche in situazioni molto particolari, come si evidenzia nella figure. Oltre al successo nell’azione di aiuto la conoscenza di di tecniche più appropriate permette al soccorritore di operare anche nel rispetto della propria salute e sicurezza. Discesa lungo le scale con disponibilità di 1 o 2 operatori Con la presenza di un solo operatore quest’ultimo sarà posizionato posteriormente sul lato posteriore della sedia a ruote afferrerà saldamente le maniglie predisposte per la movimentazione, inclinerà posteriormente l’ausilio fino al raggiungimento di una posizione di equilibrio ed utilizzando solamente le ruote posteriore farà girare le stesse sulla gradinata. Nella movimentazione a due operatori il primo di essi si porrà dietro la sedia a ruote, seguendo le indicazioni di cui al punto precedente, l’altro si posiziona davanti afferrandola nella parte anteriore del telaio, Tecnica di assistenza ad una persona in sedia a ruote nello scendere le scale utilizzando due operatori Tecnica di assistenza ad una persona in sedia a ruote nello scendere le scale quando è disponibile un solo operatore 80 antincendio aprile 2013 ponendo attenzione ad effettuare gli stessi movimenti del compagno. Quest’ultimo dovrà porre attenzione nel non sollevare eccessivamente la sedia, poiché una tale azione scaricherebbe troppo peso sul soccorritore che opera da dietro. Discesa lungo le scale con disponibilità di 3 operatori In questo casa circostanza la condizione risulta estremamente favorevole rispetto alle precedenti, poiché il peso della persona da trasportare e della sedia a ruote viene meglio ripartito. Uno degli operatori si porrà posteriormente come nella condizione uno, mentre due si porranno lateralmente afferrando la sedia per la parte anteriore del telaio, all’altezza delle due ruotine. Tecnica di assistenza ad una persona in sedia a ruote nello scendere le scale utilizzando tre operatori (Le figure sono tratte da S. Marsella, P. Mirabelli e S. Zanut, “Accessibilità e sicurezza dei luoghi di lavoro”, Milano 2005) aprile 2013 antincendio 81 VVF: soccorso ai disabili Gli stessi aspetti e le medesime necessità sono certamente da considerare anche negli ambienti della vita quotidiana siano essi intesi come luoghi di lavoro, svago, servizi, ecc. Per questo la strutturazione di piani di emergenza che considerino anche la presenza di persone disabili e la formazione degli incaricati alla loro gestione Tecnica di trasporto di persona su sedia a ruote con l’utilizzo delle tecniche con percorsi strutturati Speleo Alpino Fluviali. Tale metodica è permessa dal fatto che le strutture in esame sono state progettate prevedendo che le finestre potessero essere anche su questi argoutilizzate come via d’esodo in caso di emergenza e nello specifico trattasi menti, comporterebbe di un castello di manovra situato all’interno di una Caserma. Tale struttura certamente un incremen- simula un condominio di altezza variabile ed è utilizzato dai Vigili del fuoco to della sicurezza per tut- per l’addestramento. ti i cittadini, oltre che un rafforzamento di quella società inclusiva degli aspetti positivi dell’epoca che stiamo che, come detto all’inizio, rappresenta uno vivendo. Così l’Università di Trieste garantisce la sicurezza delle persone disabili ■ Giorgio Sclip L’abstract Garantire la sicurezza di tutti i lavoratori è un obbligo di ogni datore di lavoro, ma, considerando in particolare le persone disabili, si deve oggettivamente prendere atto che molti ambienti presentano livelli di sicurezza diversi a seconda delle abilità fisiche, sensoriali e mentali di chi li occupa. Spesso si considera un traguardo importante la sola possibilità di garantire l’accesso ad un edificio, dimenticandosi invece dell’importanza di dover assicurare a tutti la condizione di potersi allontanare dal posto di lavoro nel caso in cui circostanze sfavorevoli lo dovessero rendere necessario. Considerare adeguatamente le esigenze di tutti, anche di chi presenta particolari esigenze, nella gestione di un’emergenza e garantire a tutti lo stesso livello di sicurezza, è un aspetto delicato nel quale l’Università degli Studi di Trieste, ha maturato una significativa esperienza. 84 n’uscita di sicurezza non accessibile o un segnale di allarme che non viene percepito rappresentano elementi sufficienti a dire che la sicurezza all’interno di un edificio non è garantita in maniera uguale per tutti: la sicurezza deve essere accessibile a tutti, altrimenti non è sicurezza nel senso pieno del termine. La cronaca ci dimostra che oggi le persone che rimangono maggiormente coinvolte in situazioni di emergenza, sono proprio le persone disabili nel senso ampio del termine, dai bambini agli anziani. U antincendio aprile 2013 Le principali difficoltà sono legate al fatto che i dati a disposizione risultano, spesso, Valutazione del rischio Giorgio Sclip - Si è laureato in ingegneria all’Università degli Studi di Trieste, dove lavora attualmente come RSPP e Disabilità. Membro del Coordinamento Nazionale dei SPP delle Università e degli Enti di Ricerca del quale è anche rappresentante presso il Focal Point italiano dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Ha partecipato alla stesura di numerosi testi sulle tematiche della sicurezza in relazione alla disabilità in particolare alle Linee-guida “Disabilità e lavoro” della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (2007) e al “Manuale per la prevenzione degli infortuni nelle abitazioni” a cura del Servizio Sanitario Regionale ASS n. 1 Triestina e del Ministero della Salute (2010), oltre a numerose pubblicazioni sulla rivista “ISL Igiene & Sicurezza del Lavoro” (edizioni Ipsoa). È il promotore presso all’Università degli Studi di Trieste delle giornate di Studio “sicurezzAccessibile” e curatore della omonima collana per le Edizioni Università Trieste EUT. aprile 2013 Per comprendere le difficoltà che una persona con specifiche esigenze può incontrare in caso di emergenza è necessaria la relazione e il coinvolgimento diretto delle persone interessate, che permetta di immedesimarsi nelle problematiche connesse all’utilizzo e alla fruibilità, in sicurezza, degli spazi e dei percorsi. Un paraplegico in carrozzina potrebbe essere un campione dello sport e quindi scegliere di stare in carrozzina perché senza una 1 Per un approfondimento del progetto di “tutoraggio delle persone disabili in situazioni di emergenza” si rimanda a G. Sclip, “Gli addetti all’affiancamento dei disabili nelle emergenze”, ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro, n. 12/07. antincendio 85 emergenza in campus universitario Identificazione delle persone con esigenze speciali parziali o incompleti perché se in molti casi l’individuazione è palese, come ad esempio nei confronti di una persona in sedia a ruote, o “dichiarata”, come nel caso di chi è stato assunto con collocamento mirato, l’individuazione di alcune tipologie di disabilità non è così immediata. È il caso, ad esempio, di chi è diventato disabile dopo l’assunzione e non lo ha mai comunicato al proprio datore di lavoro, oppure di chi è portatore di forme di disabilità “invisibili” che non ha, per comprensibili motivi personali, volontà di rendere note. Il metodo di operare è stato quello di stilare un elenco di tutte le persone potenzialmente “a rischio”, sulla base di informazioni disponibili oltre che ufficialmente anche informalmente, per poi effettuare una serie di sopralluoghi mirati a verificare e integrare i dati disponibili, con l’obiettivo di far emergere particolari problematiche ed esigenze legate ad un’eventuale emergenza. I sopralluoghi sono eseguiti dal Servizio Prevenzione e Protezione unitamente al Medico Competente, il cui apporto è prezioso in particolare per curare i colloqui individuali. note ■ L’Autore Questo rappresenta già di per sé un buon motivo per doversene occupare e prevedere di considerare adeguatamente le esigenze di tutti, anche di chi ha particolari necessità. In questo specifico settore l’Università degli Studi di Trieste ha maturato una significativa esperienza sin dall’anno 2003 (anno europeo dei disabili) con la nascita del progetto di “tutoraggio delle persone disabili in situazioni di emergenza” 1, che ha portato ad affrontare queste problematiche sperimentando delle concrete risposte, che hanno portato alla definizione di piani di emergenza e alla realizzazione di prove di evacuazione nelle quali anche le esigenze specifiche delle persone disabili, sono state opportunamente considerate. Questo ha portato al consolidamento di una buona pratica, che si configura come un percorso ciclico composto da diverse fasi che vengono nel seguito illustrate. emergenza in campus universitario note gamba, ma in caso di necessità potrebbe allontanarsi con le stampelle più velocemente di un anziano non classificato abitualmente disabile. Analogamente, un tetraplegico in carrozzina non ha le stesse possibilità di allontanarsi. Eppure all’apparenza tutti e due sono disabili motori in carrozzina. Tra gli elementi critici da considerare nell’ambito della valutazione del rischio, i dispositivi di allarme, intesi quasi sempre come elemento sonoro pensando che questo tipo di segnale sia facilmente percepibile a tutti, senza considerare che questo diventa complicato non solo in caso di problemi di sordità ma anche in caso di utilizzo di dispositivi di protezione all’udito. Vi è poi da verificare se il segnale acustico è percepibile in maniera efficace in tutti i punti dell’edificio, nelle diverse condizioni di esercizio. Anche l’orientamento, ossia la possibilità di muoversi in un ambiente riconoscendone i punti di riferimento, è un aspetto da considerare attentamente per il quale vi è l’abitudine ad affidarsi ai segnali visivi, dando per scontato che tutte le persone sappiamo interpretare il segnale e intraprendere le conseguenti azioni. In continuità con l’orientamento è da valutare l’identificazione dei percorsi, che dipende dalla percezione dell’ambiente circostante: una differenza cromatica tra una porta d’emergenza e il muro circostante può aumentare la facilità di percezione della via di fuga. Dalla combinazione di questi fattori dipende principalmente il tempo di reazione al quale bisogna aggiungere quello necessario all’evacuazione vera e propria. In ultima analisi, a livello macroscopico, la principale conseguenza della presenza di disabili in un edificio si traduce in un allungamento dei tempi dell’evacuazione. La valutazione del rischio deve considerare attentamente tutti gli aspetti per far sì che tale tempistica rimanga nei limiti previsti dal D.M. 10 marzo 1998. Per eseguire una valutazione del rischio che consideri gli aspetti collegati alla tutela della sicurezza delle persone con specifiche esigenze, ci si è rifatti a quanto indicato dalla circolare n. 880/06 del 18 agosto 2006 che ha per oggetto “la sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e controllo – check-list”2. Gli elementi principali considerati in questo strumento sono stati inseriti nel più generale processo di valutazione dei rischi, nell’ambito del progetto “Sicurezza Partecipata in Ateneo”. Progetto che prevede che la valutazione dei rischi, presso l’Università degli Studi di Trieste, cominci dall’analisi delle risposte di una check-list compilata da dirigenti e preposti con l’obiettivo di rilevare le criticità tecniche ed impiantistiche presenti sulle quali indirizzare eventuali approfondimenti. Obiettivo di questa indagine3 è la valutazione del rischio anche per gli aspetti connessi alla sicurezza delle persone disabili che fornisca indicazioni utili per eliminare o ridurre i rischi. Scelta delle misure da adottare La possibilità che le misure tecniche ed impiantistiche predisposte per garantire, anche in situazioni di normalità, gli spostamenti all’interno di un edificio, possano non risultare funzionanti durante una situazione di emergenza è tutt’altro che remota. Il semplice fatto che in caso di incendio un ascensore, normalmente utilizzato da una 2 Strumento predisposto in applicazione del punto 1.2 della Circolare del Ministero dell’Interno n. 4 del 1° marzo 2002 - Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone con limitazioni permanenti o temporanee alle capacità fisiche, mentali, sensoriali o motorie. 3 Per un approfondimento vedi anche G. Sclip, “la sicurezza antincendio in presenza di disabili: strumenti di verifica e controllo” “ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 11/06. 86 antincendio aprile 2013 note emergenza in campus universitario persona con difficoltà motorie per raggiungere il posto di lavoro, non sia utilizzabile, richiede di trovare una soluzione alternativa. In conseguenza dell’esito della valutazione dei rischi e dei provvedimenti intrapresi per eliminarli o ridurli, bisogna individuare e scegliere le misure organizzative e gestionali da adottare. Pur con l’obiettivo di garantire uguale sicurezza a tutti, l’autonomia rimane il punto di partenza per trovare soluzioni efficaci in questo campo guardando alla persona con specifiche esigenze non come un semplice assistito, ma come un compagno di squadra nelle decisioni che si devono prendere, facendo si che la sua presenza sia, per quanto possibile, attiva e influente. Non è possibile fornire risposte standard, ma occorre analizzare singolarmente caso per caso le diverse situazioni, trovando un punto di incontro tra tecnologia e scienza, tra capacità di fare e comprensione di quello che si fa, superando un approccio puramente metodologico e prevalentemente tecnico per unirlo ad una sensibilità umana che permetta, anche in momenti concitati come un’emergenza, di rispettare pienamente le specifiche esigenze e la dignità dell’uomo. Tutte le misure di tipo gestionale necessitano o meglio discendono dall’organizzazione di un sistema di tutoraggio, cioè affidamento preventivo, delle persone da assistere a uno o più tutor4. Primaria caratteristica richiesta ai tutor è quella umana ossia la disponibilità a svolgere questo ruolo oltre all’idoneità fisica perché l’obiettivo è quello di essere in grado di assistere con efficacia e le buone intenzioni potrebbero non essere sufficienti. Peculiarità del tutor è quella di essere il primo a intervenire con mansioni specifiche: l’obiettivo di un sistema di tutoraggio è di Foto 1 - Utilizzo di una sedia di evacuazione rendere autonoma la messa in sicurezza delle persone permettendo ai soccorritori professionisti di dedicarsi esclusivamente a contrastare l’emergenza. La persona con esigenze specifiche e il tutor devono essere parte attiva nella discussione per la preparazione delle procedure da adottare che dovranno successivamente venire inserite nel piano d’emergenza. Le misure da adottare possono essere identificate in operazioni come l’assistenza per aprire alcune porte, il movimentare la persona in sedia a ruote manuale, scendere le scale con l’ausilio di una sedia di evacuazione (foto 1). Un aspetto delicato nella formalizzazione dell’incarico al tutor è la definizione delle responsabilità. È importante chiarire che, indi- 4 per un approfondimento vedi anche G. Sclip, “gli addetti all’affiancamento dei disabili nelle situazioni de emergenza” “ISL - Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 12/06 e G. Sclip “Gli addetti alla sicurezza con compiti di affiancamento: l’esperienza dell’Università degli Studi di Trieste” in “Sicurezzaccessibile - La sicurezza delle persone con disabilità: buone prassi tra obblighi e opportunità” edizioni università Trieste EUT dicembre 2008 aprile 2013 antincendio 87 emergenza in campus universitario pendentemente da un incarico formale, chiunque è obbligato a prestare aiuto ad una persona in difficoltà in caso di incidente o di emergenza, per non incorrere nel reato di omissione di soccorso: il quadro normativo ha fondato il suo impianto sulla programmazione della sicurezza e sulla responsabilizzazione dei lavoratori, che diventano compartecipi della sicurezza sul posto di lavoro. Il ruolo del tutor è un compito accessorio rispetto alle sue normali mansioni e di conseguenza le responsabilità sono ben diverse da quelle di chi è un professionista della sicurezza. L’intenzione del Legislatore è quella di formalizzare un obbligo di solidarietà umana, per far sì che le cose si svolgano, all’occorrenza, con un certo ordine. Il tutor deve fare solo quello che gli è stato detto di fare e per il quale ha ricevuto adeguate istruzioni: se è stato detto di non usare l’ascensore in caso di incendio e questi, per eccesso di zelo, lo utilizza comunque, facendolo usare anche al disabile che gli è stato affidato, potrebbero verificarsi conseguenze più gravi di quelle che potevano capitare se l’addetto si fosse limitato a quello che gli era stato detto di fare (per esempio raggiungere spazio calmo ecc.). Questo comportamento si configura, in sede di un eventuale processo, come negligenza. Il D.M. 10 marzo 1998 prevede che non solo chi è addetto alla prevenzione incendi e alla lotta antincendio, ma anche chi si occupa della gestione dell’emergenza debba essere formato secondo quanto previsto nell’allegato IX. Risulta evidente come tale formazione sia insufficiente e come i contenuti previsti devono venir integrati con nozioni specifiche che facciano riferimento alle tematiche della sicurezza e disabilità. La soluzione adottata è stata quella di formare i tutor solo in relazione al problema dei disabili lasciando loro aperta la possibilità di partecipare anche ai corsi per addetti antincendio. Questa scelta, considerando che sono presenti nelle diverse aree degli edifici persone con adeguate competenze specifiche (addetti primo soccorso, antincendio), sembra adeguata e di buon senso. La formazione specifica ha previsto l’approfondimento dei seguenti contenuti: • Il soccorso alle persone disabili (gestione dell’emergenza e possibili soluzioni) I tutor vengono formati solo in relazione alla gestione dei disabili. Spetta alla loro autonomia decisionale la scelta di partecipare anche ai corsi per gli addetti antincendio 88 antincendio aprile 2013 Aggiornamento dei piani di emergenza ed evacuazione Ogni persona con esigenze specifiche, dotata di un ausilio tecnico o facilitatore ambientale necessario alla propria autonomia nella quotidianità, necessiterà di assistenza personale umana anche in una situazione di emergenza. È necessaria una accorta ed efficiente combinazione di queste risposte, che non può essere standardizzata. Questa esigenza di personalizzazione da una parte e di unicità del piano dall’altra richiedono alti livelli di competenza ed interdisciplinarietà e quindi di coordinamento verificando e testando il conseguimento di efficaci obiettivi, accogliendo nel tempo innovazioni e cambiamento adattandosi con flessibilità nel tempo alle mutevoli situazioni ed esigenze delle persone. Il passo successivo alla scelta e definizione delle misure da adottare è quello di aggiornare ed integrare il piano di emergenza ed evacuazione con le misure e le relative procedure individuate per le persone con esigenze specifiche. L’inserimento anche di tali procedure nel piano di emergenza, fa sì che esse debbano venire coordinate e integrate in un unico piano così da garantirne il coordinamento. Seguono alcuni esempi di procedure specifi- aprile 2013 che definite, per alcune tipologie di esigenze diverse. Difficoltà nella mobilità - La normativa prevede di dare adeguata assistenza alle persone che utilizzano sedie a rotelle e a quelle con mobilità limitata con alcuni lavoratori addestrati al trasporto delle persone disabili. Segue un esempio di procedura: DISABILE • Mantenere la calma • Entrare tempestivamente in contatto con il proprio tutor • Abbandonare gli effetti personali ingombranti (borse, ecc.) • Avviarsi all’uscita con l’assistenza del proprio tutor • Non usare gli ascensori • Seguire i percorsi di emergenza e raggiungere lo “spazio calmo” • Attendere l’arrivo dei soccorritori, in compagnia del proprio tutor, nello spazio calmo. TUTOR • Mantenere la calma • Entrare tempestivamente in contatto e raggiungere la persona da tutelare • Tranquillizzarla, spiegare la situazione e le relative scelte per mettersi al sicuro • Abbandonare gli effetti personali ingombranti (borse, ecc.) • Avviarsi all’uscita prestando adeguata assistenza al proprio disabile (assisterlo nel percorrere la via d’esodo, aiutandolo a rimuovere eventuali ostacoli presenti e nell’apertura delle porte) • Non usare gli ascensori • Seguire i percorsi di emergenza e raggiungere lo “spazio calmo” • Attendere la fine dell’emergenza, in compagnia della persona da tutelare, nello spazio calmo. Contestualmente è importante che l’addetto che ha il compito di accogliere i soccorritori esterni dovrà essere a conoscenza di questa antincendio 89 emergenza in campus universitario • Il ruolo degli addetti e le sue responsabilità • L’approccio relazionale e comunicativo con il disabile: favorire l’empowerment e l’autonomia personale • Procedure di evacuazione da seguire in caso di emergenza • Deficit (motori, sensoriali, cognitivi) e conseguenti impedimenti. Soluzioni operative nell’attuazione del piano di emergenza ed evacuazione • Tecniche e dimostrazioni pratiche di movimentazione persone disabili • La percezione del rischio nel disabile a nell’tutor in caso di emergenza emergenza in campus universitario Per quanto riguarda l’assistenza personale a disabili in situazioni di emergenza, non esistono particolari indicazioni normative riferite a persone con disabilità mentali, ma la procedura deve essere semplice, mirata ed essenziale • Offrire alla persona il proprio braccio per guidarlo nel movimento • Mentre si è in movimento avvertire la persona commentando il percorso e descrivere anticipatamente ostacoli, porte, passaggi stretti, ecc. • Appena portato al sicuro, rimanere a fianco della persona e fornire informazioni su quello che sta succedendo e verificare se serve ulteriore assistenza. procedura e ricordarsi di far confluire i soccorsi verso lo spazio calmo. Ad esempio, una frase da dire subito ai soccorritori potrebbe essere: “c’è un disabile in compagnia del suo tutor, in attesa di aiuto presso lo spazio calmo al secondo piano. È un po’ agitato ma sta bene e necessita di aiuto per scendere le scale”. Persone con disabilità dell’udito - Valgono i discorsi generali fatti per le persone con disabilità della vista. Concretamente, esiste la possibilità che la persona con difficoltà uditive abbia difficoltà o non percepisca un segnale di allarme o comunicazioni sonore, per cui la persona incaricata deve preoccuparsi di avvertirlo della situazione di emergenza avvisandolo del pericolo ed istruendolo sul da farsi e dove andare. Persone con disabilità della vista - Le persone incaricate di prestare aiuto ad una persona con difficoltà della vista, devono essere adeguatamente addestrate ad accompagnare la persona con difficoltà e trasmettere in modo chiaro e sintetico, le informazioni utili su ciò che sta accadendo e sul modo di comportarsi per facilitare la fuga. Concretamente in caso di emergenza il tutor incaricato deve garantire la possibilità di percorrere in sicurezza le vie di uscita stando vicino alla persona e la guidandola su un percorso che potrebbe non essere noto oltre che rischioso da percorrere in momenti concitati. Oltre a ciò è richiesto se necessario di adoperarsi per agevolare i soccorritori e fornire i riferimenti per meglio trarre in salvo la persona. Segue un esempio di procedura: TUTOR • In caso di emergenza, la persona deve subito essere avvisata della natura della situazione. L’assistenza si concretizza nella guida verso la più vicina uscita di emergenza 90 Disabilità mentale - Non esistono precise indicazioni normative riferite a persone con disabilità mentali, dove le casistiche potrebbero essere molto specifiche e da trattare caso per caso. In una situazione nuova e sconosciuta come potrebbe essere quella di un’emergenza, queste persone, possono trovarsi in difficoltà nel riconoscere il pericolo, possono esibire un atteggiamento di parziale o nulla collaborazione, possono avere difficoltà di interpretare un segnale o di eseguire istruzioni che coinvolgono più di una breve sequenza di semplici azioni. Spesso ci si trova di fronte a casi che richiedono risposte fortemente personalizzate come ad esempio nei confronti di una persona autistica. Esistono poi dei casi specifici per i quali, pur comprendendone le possibili ritrosie, è auspicabile che la persona interessata si premuri di avvertire il capo ufficio o i docenti di rifermento: è questo ad esempio il caso di persone con crisi epilettiche, per le quali se riconosciute permettono di adottare un comportamento standardizzato. In genere nei casi di disabilità mentale è par- antincendio aprile 2013 DISABILE • Contattare il proprio tutor • Abbandonare gli effetti personali ingombranti • Non preoccuparsi di chiudere a chiave gli armadi dell’ufficio • Abbandonare i locali. aprile 2013 Addestramento puntuale Importantissima, nella gestione delle emergenze, è la formazione pratica. È fondamentale che tutor e persone con specifiche esigenze possano toccare con mano, sperimentare concretamente le procedure definite. È opportuno organizzare una prima prova limitata alle sole persone direttamente coinvolte, per testare ogni singola procedura e verificarne l’efficacia. Le esercitazioni sono utili per sdrammatizzare eventuali perplessità: ci si rende conto che i compiti da svolgere non sono poi così gravosi come li si immagina, anzi, il più delle volte sono realmente piuttosto semplici. Come aiutare e sorreggere una persona? Come guidare un cieco? Aspetti e piccole paure comprensibili, legate essenzialmente antincendio 91 emergenza in campus universitario ticolarmente importante che la procedura sia semplice e mirata ed essenziale. Segue un esempio di procedura adottata per una persona normalmente abituata a seguire un suo rigido ordine mentale prima di abbandonare la stanza, per cui per farle capire che in situazione di emergenza bisognava operare diversamente, si è organizzato un intervento specifico da parte di perone con le quali non aveva familiarità, concluso la consegna e la spiegazione della seguente semplice procedura: emergenza in campus universitario note alla poca familiarità a rapportarsi con persone con questo tipo di esigenze. Problemi risolti nella maggior parte dei casi mettendo in relazione la persona e le sue esigenze con i rispettivi tutor, passando dalla teoria alla pratica, unendo l’aspetto tecnico a quello umano. Si è capito come la cosa migliore da fare, nella scelta della modalità di aiuto sia quella di chiedere direttamente alla persona interessata come vuole essere aiutata. Banale forse ma non troppo, perché in genere chi aiuta pensa sempre di sapere e non dover chiedere. Da un questionario somministrato appositamente alle persone disabili, in occasione delle prime esercitazioni di addestramento puntuale, è emerso con forza proprio l’esigenza della persona da tutelare di essere pienamente coinvolta per la definizione delle modalità di aiuto 5. locità di una persona più lenta si tradurrà in un rallentamento in tutte le altre. Non a caso il D.M. 10 marzo 1998, come obiettivo “misurabile”, stabilisce un intervallo di tempi nei quali ultimare la messa in sicurezza delle persone. Il verbale di valutazione finale, oltre ad essere una risposta ad un’esigenza legislativa che impone l’ufficializzazione delle prove svolte, consente di mettere in evidenza le criticità rilevate, come per altri aspetti, anche nella la gestione delle problematiche connesse alla presenza di persone con specifiche esigenze, con l’obiettivo di risolverle o comunque di migliorare la gestione dell’emergenza. Una prova che evidenzia delle criticità rappresenta di per se un buon risultato, perché è il punto da cui partire per ottenere un miglioramento. Prova di evacuazione Conclusioni La prova di evacuazione è il momento privilegiato per verificare l’efficacia e l’organicità del piano di emergenza. Concretamente essa è il momento per la verifica della piena riconoscibilità del segnale di allarme e della capacità di orientamento e conoscenza dei percorsi di evacuazione. Risulta utile effettuare una riunione di programmazione della prova, per tracciare la strada da percorrere nello svolgimento della stessa ipotizzando uno scenario di fondo, tra le quali anche la dislocazione delle persone disabili da assistere, sulla base del quale agire. Principale conseguenza della presenza di disabili in un edificio in caso di emergenza è l’allungamento dei tempi di evacuazione: infatti non tutti si muovono con la stessa velocità e questo fatto correlato ad un affollamento durante l’esodo, comporta che la ve- Cogliere l’occasione di organizzare un piano di emergenza che consideri le persone con esigenze specifiche, si è rivelata un’esperienza molto positiva perché, mediante il coinvolgimento di tutti si è registrata una generale aumentata sensibilità verso le tematiche delle persone con disabilità e delle loro specifiche esigenze, dell’accessibilità delle tematiche della sicurezza. Nella stragrande maggioranza dei casi la solidarietà era già presente e il progetto è servito soltanto a renderla strutturata. Le stime ci dicono che il numero di persone con specifiche esigenze è in continuo aumento, dunque occuparsi della sicurezza di una persona disabile è un percorso culturale e sociale ineludibile che permette di apportare migliorie in una società che, da questo particolare punto di vista, un domani avrà qualche difficoltà in più rispetto all’attuale. 5 per un approfondimento vedi anche G. Sclip, Disabili e persone con compiti di affiancamento: una diversa percezione del rischio, “ISL – Igiene & Sicurezza sul Lavoro”, n. 11/07. 92 antincendio aprile 2013