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L`Unione Italiana attenta alle nuove leve
www.edit.hr Anno LXIV - N. 10 | 31 maggio 2016 | Rivista quindicinale - kn 14,00 | EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 BORSE DI STUDIO POST LAUREA Sono previste borse di studio per il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino; borse di studio per la formazione universitaria in Italia, Croazia e Slovenia; borse studio per studenti e laureati «eccellenti» Si assegnano borse di studio per dottorati di ricerca, master specialistici e master di ricerca (Italia, Croazia o Slovenia), nonché contributi per equipollenze, esami integrativi, competenze pedagogiche L’Unione Italiana attenta alle nuove leve Intervista a Daniele Suman, responsabile dei settori «Università e Ricerca scientifica», «Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e «Attività sportive» della Giunta esecutiva, sulle opportunità che si offrono ai giovani connazionali che intraprendono un percorso di studi universitari e un possibile inserimento lavorativo nelle istituzioni della Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia Dossier CI Visignano, la Comunità è elemento catalizzatore della vita sociale della cittadina p. 20 sommario PANORAMA GIOVANI SMSI, le foto della generazione 2015/2016 EDITORIALE Diversi modi di essere italiani Il 2 giugno 1946, una data significativa per l’Italia e per gli italiani rimasti a vivere nell’Adriatico orientale 3 Numero speciale del nostro inserto Panorama Giovani dedicato ai maturandi delle scuole medie superiori italiane in Croazia e Slovenia. Nelle dodici pagine centrali, classe per classe – da Buie a Fiume, da Pola a Rovigno, da Capodistria a Pirano e Isola – le foto ricordo della generazione 2015/2016 PRIMO PIANO L’UI sempre attenta alla formazione delle future leve della CNI. Intervista a Daniele Suman, titolare dei settori «Università e Ricerca scientifica», «Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e «Attività sportive» della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana 4 territorio Musica, scrittura, usanze, spettacoli: è l’edizione più ricca. Il Festival dell’Istroveneto festeggia i suoi primi cinque anni 9 Primo al mondo. Fiume, patria del siluro, nel 150.esimo dell’invenzione dedica un museo all’arma navale per antonomasia 10 Vinistra, una finestra sul mondo del vino. Conclusa a Parenzo la fiera specializzata più grande in Croazia 31 made in italy Mille nuovi prodotti del food Made in Italy 37 La Terra è più verde rispetto a 33 anni fa DOSSIER ci 38 Disturbi da computer: come prevenirli 40 Quando la scrittura si unisce al mondo digitale 22 cinemania 42 multimedia Android N, 6 funzionalità interessanti 44 PASSATEMPI 27 Cruciverba di Pinocchio 46 NASCITA DI UNA NAZIONE Italia democratica 70 anni in sintesi Lo storico friulano Guido Crianz ci offre, nel suo ultimo libro, la narrazione della storia recente del Bel Paese, per come è stata vissuta, resa e interpretata dalle più diffuse fonti di informazione. Un’opera di sintesi e bilancio, pensata per un pubblico generalista, che propone anche un nuovo modo di vedere il passato come strumento per affrontare la difficoltà di conservare la memoria e costruire il futuro nel disagio del presente 2 Panorama a cura di Fabio Sfiligoj 17 Anno LXIV | n. 10 | 31 maggio 12 15 Ritrovato l’odore delle pecore 35 I fratelli maggiori sono più intelligenti Un dipartimento ad hoc per la lingua italiana nel mondo. È la proposta di legge della deputata Fucsia Nissoli Tito, gli Usa, la Luna: una balla spaziale. Successo di pubblico per la docu-fiction «Houston, we have a problem!» dello sloveno Žiga Virc L’OPERATO DI PAPA BERGOGLIO Uno sguardo privilegiato sulla vita delle Guardie svizzere RUBRICHE italiani nel mondo Diana Bernobić Sirotić: «CI di Visignano: catalizzatore della vita sociale della cittadina» MOSTRE Redattore capo responsabile Ilaria Rocchi [email protected] Progetto grafico-tecnico Sanjin Mačar Redattore grafico-tecnico Sanjin Mačar, Teo Superina Collegio redazionale Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, A rdea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-770 Telefax: 051/672-128, direttore: tel. 672-153 Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146 ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka) ISSN 1334-4692 Panorama (Online) TIPOGRAFIA Helvetica - Fiume-Rijeka ABBONAMENTI Tel. 228-782. Croazia: annuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa), semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa), una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale (24 numeri) euro 62,59 , semestrale (12 numeri) euro 31,30, una copia euro 1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00, una copia euro 1,89. Versamenti Per la Croazia sul cc. 2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d. Rijeka. Per la Slovenia: Erste Steiermärkische Bank d.d. Rijeka 7001-3337421/EDIT SWIFT: ESBCHR22. Per l’Italia - EDIT Rijeka 3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT: PBZGHR2X. Numeri arretrati a prezzo raddoppiato INSERZIONI: Croazia - retrocopertina 1.250,00 kn, retrocopertina interna 700,00 kn, pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia - retrocopertina 250,00 euro, retrocopertina interna 150.00 euro, pagine interne 120,00 euro. PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare di Trieste Ente giornalistico-editoriale Rijeka - Fiume, Zvonimirova 20A Il ministro dell’Interno, Giuseppe Romita legge i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 (Publifoto, Milano) 25 Direttore f.f. Errol Superina Consiglio di amministrazione Oskar Skerbec (presidente), Roberta Grassi Bartolić (vicepresidente), Roberto Bonifacio, Samuele Mori, Dario Saftich, Borna Giljević editoriale Istriani, fiumani e dalmati, parte di un popolo diviso dalla Storia e dalle scelte imposte dalla politica Diversi modi di essere italiani di Ilaria Rocchi Q a festa del 2 giugno quest’anno assume una rilevanza particolare. Ricorre, infatti, il settantesimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana, fondata in seguito al referendum istituzionale con cui la maggioranza della popolazione italiana poneva fine alla monarchia, che aveva segnato l’Italia dal 1861 e aveva condotto la nazione al disastro con il fascismo e la Seconda guerra mondiale. I 28 milioni di italiani aventi diritto erano chiamati non solo a scegliere tra monarchia e repubblica, ma anche a eleggere i membri dell’Assemblea Costituente che scriverà la nuova architettura dello Stato (la Costituzione che entrò in vigore il 1.mo gennaio 1948, approvata il 22 dicembre 1947 dai rappresentanti di tutti gli schieramenti politici che erano stati eletti nelle prime consultazioni libere dopo il Ventennio). L’opzione repubblicana prevalse con il 54,3% dei voti contro il 47,7% dei monarchici (non mancarono accuse di brogli, ricorsi, conteggi...). Per la prima volta in Italia il suffragio fu universale maschile e femminile, un passaggio alle urne decisivo per la storia del Paese. Il “passaggio” istituzionale si svolse in un clima politico e culturale pesante: l’Italia appena uscita sconfitta dalla guerra doveva affrontare un difficile periodo di transizione, tenuta sotto stretta sorveglianza dalle potenze vincitrici, che osservavano l’evolversi della situazione italiana con interesse. Lo Stivale era spaccato tra Nord, propenso alla forma repubblicana, e il Sud, restio a staccarsi dalla monarchia. Si correva persino il rischio di una guerra civile, scongiurato anche dall’esilio volontario dell’ultimo re, Umberto II di Savoia, che lasciò l’Italia il 13 giugno di quello stesso anno. In seguito, le diverse anime contribuiranno a costruire un Paese che entrerà nella top ten dei più potenti Stati del mondo. Tornando a sette decenni fa, era dunque un corpo profondamente lacerato quello italiano; un corpo debilitato dalle sofferenze del conflitto, dall’incertezza, dai giochi di potere più grandi di lui, dai compromessi che una parte della sua classe politica aveva accettato. Ad esempio, rinunciando a un suo braccio: infatti, dal voto del 2 giugno 1946 furono esclusi gli italiani della Venezia Giulia con Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, Zara, zone controllate o dall’autorità militare alleata o dalla Jugoslavia di Tito. Mancavano ancora mesi alla firma del Trattato di Pace di Parigi, ma per i connazionali dell’Adriatico orientale il destino era già segnato: avrebbero fatto parte della Federazione jugoslava. Nessuno provvide a consultarli, non ci fu alcun plebiscito. Poterono invece optare tra andarsene (in molti casi fu l’unica via possibile per sopravvivere) o rimanere. Era in atto un’altra spaccatura. Decisero di “restare italiani” e non “tradire la loro identità” (italiana) oltre 300mila istriani, fiumani e dalmati, che abbandonarono le terre d’origine; ma “restarono italiani”, senza mai tradire la propria identità, anche coloro che, ancorati nelle proprie piccole patrie – Istria, Fiume e Quarnero, Dalmazia, Slavonia... –, divennero cittadini jugoslavi 2 giugno 1946, una data significativa per l’Italia e per gli italiani rimasti a vivere nell’Adriatico orientale: ricorre il settantesimo della nascita della Repubblica Italiana e della fondazione del primo Circolo Italiano di Cultura (successivamente croati e sloveni); entrambi ugualmente alle prese con le conseguenze della rottura con il passato, costretti, in un certo senso, a reiventarsi un’identità – da una parte quella dell’esule, dall’altra parte quella di appartenente a una minoranza –; entrambi per certi versi “scomodi” per gli Stati. Non è stato (non lo è tutt’oggi) facile né per gli uni né per gli altri. Gli esuli hanno combattuto (e sono costretti a continuare a farlo, nonostante l’istituzione del Giorno del Ricordo abbia “attutito” i colpi dei torti subiti) per vedersi riconosciuti nella loro specificità dallo Stato italiano; i rimasti hanno lottato e stanno lottando per preservare la presenza italiana in queste terre, ridotta numericamente, ma ancora sempre grande come Cultura. E ciò grazie anche all’impegno di tanti connazionali, che quotidianamente praticano lingua e cultura italiana, e lo fanno pubblicamente attraverso le istituzioni che si sono dati: scuole, compagnia di prosa, stampa ed editoria, comunità degli italiani. Un caso – o forse no –, il 2 giugno 1946 nasceva a Fiume, nella Sala Bianca dell’ex Teatro Fenice, l’antesignana dell’odierna Comunità degli Italiani e di tutti i sodalizi simili disseminati tra Istria e Dalmazia: il Circolo Italiano di Cultura. Era frutto dell’iniziativa di un gruppo di italiani che avevano deciso di voltare pagina. Si scrollarono di dosso il seccante peso del retaggio fascista, ma non riuscirono a scansare i condizionamenti di un altro regime totalitario. L’inaugurazione ufficiale della sede del CIC, individuata fin dall’inizio in Palazzo Modello, avvenne l’11 novembre di quello stesso anno. Sarà ancora la Comunità di Fiume a riprendere per prima, all’indomani del crollo del Muro di Berlino, il dialogo con l’altra componente del popolo italiano della città, a collaborare su progetti concreti, di respiro europeo, nel rispetto reciproco. A testimonianza e dimostrazione che possono (co)esistere modi diversi di essere italiani, tutti legittimi e tutti ugualmente degni di considerazione. È un percorso plurimo e al contempo “unitario” che va ricordato, soprattutto oggi, e riconosciuto. Per ribadire che gli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia erano, sono e rimarranno italiani a prescindere da tutto. La gente passa, gli Stati cambiano, la cultura italiana resta. Panorama 3 Titolare dei settori «Università e Ricerca scientifica», «Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e «Attività sportive» della Giunta esecutiva N di Ilaria Rocchi lle scuole medie superiori italiane della Croazia e della Slovenia le lezioni sono terminate da un paio di settimane, ma i ragazzi continuano ad affollare le aule anche se per poco: si stanno affrontando gli esami della Maturità di Stato e poi un’altra generazione sarà pronta per spiccare il volo. E c’è chi affronterà da subito il mercato del lavoro, altri invece continueranno il percorso formativo all’università. Quali sono le opportunità che l’Unione Italiana offre a sostegno degli studenti della Comunità nazionale italiana? “Il Settore ‘Organizzazione, Sviluppo e Quadri’ dell’UI ha sempre operato puntando principalmente sulla formazione dei giovani licenziati dalle scuole medie superiori italiane di Croazia e Slovenia dando la priorità alla politica dei quadri e dei pro- 4 Panorama fili professionali, sempre collaborando con le istituzioni della Comunità nazionale italiana per trovare e promuovere strumenti appropriati per motivare i giovani nella scelta di professioni altamente utili per la formazione dei futuri quadri delle istituzioni operanti nell’ambito della CNI. Fino all’anno accademico 2011/2012, l’UI bandiva concorsi per un totale di 24 borse studio ripartite in 8 borse per le università italiane, 8 borse per le università slovene e 8 borse per i due dipartimenti dell’Università ‘Juraj Dobrila’ di Pola, ossia il Dipartimento di Studi in lingua italiana e il Dipartimento per la formazione di maestri ed educatori. Dall’a.a. 2012/2013 l’UI ha inserito nel ‘I Assestamento al Programma di lavoro e Piano finanziario per il 2012’ anche 4 borse studio per il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Fiume e 4 borse per il Dipartimento di Italianistica dell’Università del Litorale di Capodistria”. “Sulla base delle Linee guida, il Settore ha pianificato il suo Programma vertendo principalmente su questi percorsi d’attività: assegnazione di borse studio per seguire corsi di formazione universitaria in Italia, Croazia e Slovenia; assegnazione di borse studio post-laurea per seguire dottorati di ricerca, master specialistici e master di ricerca in Italia, Croazia o Slovenia; borse studio per studenti e laureati meritevoli/eccellenti; borse studio per il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico di Duino, orientamento professionale, collaborazione con l’Ateneo di Trieste e di Udine; sostegno finanziario ai connazionali al termine degli studi universitari (equipollenza, esami integrativi, competenze pedagogiche)”. Il sistema si basa principalmente sul criterio meritocratico. Non si è mai pensato di affiancargli anche quello del censo? primo piano L’UI sempre attenta alla formazione delle future leve della CNI Professore della SMSIR ovignese, classe 1971, Daniele Suman si è laureato in Scienze naturali a Trieste. Professore di Biologia, Biologia con ecologia e Chimica alla Scuola media superiore italiana di Rovigno (SMSIR), è entrato a far parte della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana nel 2010, gestendo i dicasteri che poi gli sono stati affidati anche in questo mandato (2014–2018), ossia Università e Ricerca scientifica, Organizzazione, sviluppo e quadri, nonché Attività sportive. Per quanto riguarda il settore della formazione, della ricerca e dell’università, nelle linee programmatiche generali dell’Esecutivo, è stabilito, tra gli altri punti, che l’UI continuerà ad assegnare grande rilevanza alla politica dei quadri e dei profili professionali dei connazionali; si ribadisce l’impegno a seguire con attenzione i nostri studenti che frequentano università italiane, croate e slovene con l’intento di farli rientrare e inserirli nelle strutture istituzionali della CNI. Confermata pure la volontà di incentivare le eccellenze e i giovani particolarmente dotati della CNI lungo tutto il percorso di studi universitari e post-universitari. Sul piano politico, rimane come obiettivo portare gli organi competenti (governo e università croate) a parificare la lingua italiana con quella croata all’atto delle iscrizioni presso gli atenei croati. “Presteremo grande attenzione affinché si giunga all’effettivo riconoscimento dell’equipollenza, da parte degli Stati di Slovenia, Croazia e Italia, dei titoli di studio acquisiti a tutti i livelli d’istruzione e formazione universitaria e media superiore”, si legge ancora nel documento della GE. Panorama 5 ŽELJKO JERNEIĆ I criteri b Per essere ammessi ai Bandi delle borse studio relative a corsi di laurea breve, magistrale o integrati i candidati devono ottemperare a una serie di criteri: - l’aver frequentato le scuole italiane di primo e secondo grado in Croazia e Slovenia (la Giunta esecutiva dell’UI può fare delle deroghe, ccDaniele Suman e alcune borsiste UI “A mio avviso l’introduzione di un ulteriore criterio selettivo come quello dei redditi o del patrimonio, potrebbe inibire ulteriormente l’adesione dei nostri studenti ai Bandi di concorso che sicuramente opterebbero per quelle borse studio messe a concorso da città e comuni, che non contemplano tale criterio”. Quali sono gli indirizzi di studio più frequentati dai nostri connazionali? “Da un’analisi fatta per il periodo 2005-2014, i corsi più gettonati erano Lettere e filosofia, Economia, Architettura, Farmacia, Ingegneria, Storia e Lingue straniere. Questi dati si basano solamente sui connazionali che hanno partecipato ai bandi per borse di studio e non considerano quelli che intraprendono gli studi autonomamente o con sostegni finanziari diversi”. L’interesse è rivolto soprattutto alle università italiane. Ma questi giovani poi rientrano, una volta terminati gli studi? È stata fatta un’analisi? L’UI mantiene dei contatti con i propri borsisti? “È vero, le adesioni ai bandi sono più numerose per quanto concerne le università italiane, ma negli ultimi anni molti studenti connazionali scelgono anche università croate e slovene. Dal 2010 a oggi abbiamo sempre assegnato tutte le borse studio per gli atenei italiani e quelli croati e sloveni. L’impressione personale è che sempre più laureati connazionali scelgono di ritornare a casa, anche se le opportunità di lavoro sono scarse e spesso inesistenti. Dall’analisi fatta nel 2012 si è potuto costatare che le nostre Scuole impiegano in media un 6-10% di laureati ex borsisti UI, il CRS il 45% di laureati/borsisti, mentre l’EDIT un 10%. Sicuramente, gran parte dei nostri laureati operano fuori dall’ambiente CNI e, a tale proposito, nel 2015 il ‘Centro Carlo Combi’ di Capodistria in collaborazione con l’UI ha avviato il progetto ‘LAUREATI CNI’ volto a elaborare e ricercare con maggior precisione le risorse umane appartenenti alla CNI, residenti sia in Slovenia che in Croazia, in possesso di laurea nei vari campi dello sviluppo culturale e scientifico. Il progetto si sviluppa in tre fasi e nel 2017 saranno presentati i risultati della ricerca”. Da anni ormai si dibatte sulla questione borse studio vincolate o libere. Qual è, anche sulla base dell’esperienza maturata dal 2010, da quando cioè si trova a capo del dicastero, il suo parere? “Prima di bandire i concorsi per le borse studio vincolate, ad ogni sin- «Le istituzioni hanno bisogno anche di voi» Un consiglio da dare ai ragazzi che stanno per uscire dalle nostre scuole medie superiori: Quali percorsi formativi intraprendere, in relazione anche agli sbocchi lavorativi? In altre parole, su quale tipo di studi puntare? “Innanzitutto, capire se vogliono intraprendere un percorso universitario, se si, allora devono seguire le proprie attitudini e magari trovare nel percorso uni6 Panorama versitario anche la propria passione. Puntare solamente sulle esigenze di mercato potrebbe deviarli da un percorso più idoneo a loro. Oggi, di sicuro, vanno molto le Scienze informatiche, l’Ingegneria, le Lingue straniere e, anche se non sembra, le Scienze Economiche tengono ancora duro. Personalmente opterei per le facoltà scientifiche nonostante il fascino irresistibile di quelle umanistiche. Ricordatevi, però, le nostre scuole e istituzioni hanno bisogno anche di voi”. primo piano base per accedere alle borse studio UI come nel caso di studenti connazionali provenienti da zone dove non operano scuole italiane); - un profitto cumulativo medio non inferiore a 3,5 (nella media non viene considerato il voto di maturità) a livello di scuola media superiore (I-IV/V classe); - aver concluso l’istruzione me- dia superiore superando l’esame di Maturità di Stato di Lingua e letteratura italiana al livello superiore (livello A); - le borse di studio per l’Italia ammontano a 440 euro, rispettivamente a 180 euro per Slovenia e Croazia, entrambe per dieci mensilità. AAA ceransi... «scienziati» “L’UI aiuta con sostegni ad hoc anche coloro che non hanno tutte le condizioni per ottenere le borse studio”, precisa Suman, citando a esempio i finanziamenti concessi a coloro che intraprendono percorsi artistici, che optano per la scuola di musica e altro, oppure ai laureati che de- vono sostenere esami integrativi o relativi al conseguimento delle competenze pedagogiche. “Si veda l’ultimo bando sostegni, tramite il quale l’UI ha stanziato circa 8.000 euro a favore di 14 connazionali in rapporto di lavoro con le istituzioni della CNI”, conclude Suman. A oggi quali sono i settori più scoperti in relazione ai quadri necessari alla CNI e alle sue istituzioni? «Nelle nostre scuole, come pure in quelle della maggioranza, c’è una carenza cronica di matematici, fisici, geografi e chimici, profili poco attraenti e scelti a singhiozzo. Per di più, molto spesso, gli studenti iscritti a questi corsi e vincolati a una delle nostre istituzioni scolastiche, non terminano gli studi» Panorama 7 primo piano ccL’Università degli Studi di Trieste è tra le mete più gettonate tra i ragazzi che terminano le nostre SMSI. Ma poi rientrano? “L’impressione personale è che sempre più laureati connazionali scelgono di ritornare a casa – afferma Daniele Suman –, anche se le opportunità di lavoro sono scarse e spesso inesistenti” gola istituzione CNI viene richiesto di segnalare i profili necessari in modo da poter creare un bando ad hoc, con l’intento di sopperire le richieste di anno in anno. Dal 2013 le borse vincolate e libere vengono offerte in un unico bando, dando la precedenza a quelle vincolate, ovvero si assegnano prima le borse ai candidati che possiedono i requisiti richiesti e che hanno espresso il vincolo, alla fine si assegnano le borse libere. Pochissimi studenti scelgono le borse vincolate, 2-3 borse su un totale di 16 messe a bando, poiché le vincolate si riferiscono solamente ai due bandi, 8 per le università italiane e 8 per quelle croate e slovene. Lo scarso interesse per le vincolate, lo attribuirei principalmente alla discrepanza tra i corsi di laurea scelti dai nostri ragazzi e i profili necessari alle nostre scuole e istituzioni”. fSituazioni paradossali L’UI sta cercando da diverso tempo di vedere riconosciuta, rispettivamente valutata la lingua italiana all’atto dell’iscrizione agli atenei croati. A che punto siamo? C’è qualche ateneo che è venuto incontro alle nostre richieste? “Questo è uno degli argomenti dolenti delle scuole italiane in Croazia, ancora irrisolto, che ci portiamo avanti dall’introduzione della 8 Panorama Maturità di Stato, dal 2009/2010. Siamo tutti coscienti che l’unica soluzione accettabile per noi, sarebbe il modello sloveno o italiano, dove i nostri connazionali italiani della Slovenia sostengono alla Maturità di stato l’esame di Lingua italiana, mentre gli sloveni in Italia l’esame di Lingua slovena. Non mi sembra un modello che potrebbe nuocere a nessuno e, soprattutto, non discriminerebbe i nostri maturandi, ai quali non viene valutata la lingua materna. Spero in un incontro con il nuovo ministro della Scienza, dell’Istruzione e dello Sport, Predrag Šustar, su questo tema. I Dipartimenti di Italianistica a Zagabria, Spalato, Zara, Fiume e Pola valutano l’Italiano quale lingua materna all’atto dell’iscrizione presso questi CdL, assegnando una percentuale per l’esame sostenuto alla maturità, cosa che non succede quando un nostro studente si iscrive ad altri corsi di laurea”. Un altro aspetto delicato riguarda le equipollenze e gli esami integrativi che i laureati in Italia devono sostenere al loro rientro se vogliono insegnare nelle nostre scuole. “Premetto che l’equipollenza è una forma complessa di riconoscimento accademico che si basa sul- la valutazione analitica di un titolo di istruzione superiore straniero con lo scopo di verificare se esso corrisponde in modo dettagliato per livello e contenuti a un analogo titolo universitario croato tanto da poterlo definire equivalente e dargli così lo stesso ‘peso’ giuridico definendolo ‘equipollente’. Questa prassi non è più in uso in Croazia nonostante sia definita dalla Convenzione di Lisbona, che stabilisce il diritto di ciascuno a veder valutato il proprio titolo di studio. Negli ultimi anni i titoli di studio conseguiti all’estero, anche in Italia, vengono semplicemente tradotti, cioè l’Ufficio competente traduce la dicitura del titolo e un dottore in Scienze chimiche diventa ‘doktor kemijskih nauka’ e così, per concludere, un laureato con questo titolo non può essere assunto come insegnante presso le scuole poiché il Regolamento sui titoli di studio necessari all’insegnamento non lo contempla. Lo stesso vale per i nostri laureati in Lingua e letteratura italiana in Italia. Paradossale!!!”. territorio Musica, scrittura, usanze, spettacoli: è l’edizione più ricca L Per comprendere l’entità culturale e spirituale di un popolo è necessario anche l’apporto della vita tradizionale e questa si esprime, nel corso dei secoli, soprattutto attraverso la parlata: il dialetto è parte integrante dell’identità culturale, la parte più spontanea e genuina. È da queste premesse che nasce l’idea del Festival dell’Istroveneto, progetto che ha come obiettivo il recupero, la diffusione e la valorizzazione di un aspetto fondamentale del patrimonio immateriale della regione come lo è appunto l’idioma comune a una buona parte di essa; un patrimonio in cui si riconoscono e riflettono la pluralità culturale, la coesione sociale, l’identità e l’immagine del territorio. La manifestazione, organizzata dall’Unione Italiana sotto gli auspici e con il sostegno della Regione Istriana, della Città di Buie, dell’Università Popolare di Trieste, del Comune di Muggia e del Consiglio per le minoranze della Repubblica di Croazia, si avvale di un contributo finanziario del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale della Repubblica Italiana, nonché del patrocinio della Regione Veneto. Inoltre, l’edizione 2016 vede pure l’adesione del Comune di Muggia, del Comune di Capodistria, della Comunità autogestita costiera della nazionalità italiana, della Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria e del Centro Italiano di Cultura “Carlo Combi” di Capodistria, che quest’anno organizza la III edizione del MIFEST (Festival della Comunità nazionale italiana). fBuie, Capodistria, Umago e Muggia La kermesse di quest’anno (1–4 giugno) taglia il traguardo del suo primo lustro: è l’edizione più ricca e internazionale che mai. Per la prima volta, infatti, esce da Buie e approda anche a Capodistria e Muggia, condividendo un segmento del suo programma con altre manifestazioni, offrendolo a un pubblico più vasto toccando il territorio di tre Stati: Italia, Slovenia e Croazia. Invariate le quattro giornate e i contenuti – concorso letterario, concorso video, rassegna teatrale, festival della canzone inedita in istroveneto –, il programma decolla mercoledì 1.mo giugno (ore 18), in Piazza J. B. Tito a Buie, con la cerimonia dell’apertura ufficiale (partecipano la Banda d’ottoni e il Gruppo carnevale della Comunità degli Italiani di Buie, gli alunni della Scuola elementare italiana buiese “Edmondo De Amicis”, il Gruppo in costume “Al tempo di Tartini” della CI di Pirano). Seguirà (ore 18.30), presso il Teatro dell’Università popolare aperta, il primo atto della Rassegna teatrale Su e ∫o pel palco, che avrà il suo proseguimento le sere successive e vedrà esibirsi complessivamente 17 filodrammatiche delle CI (Matterada, Verteneglio, Salvore e Fiume, ciascuna con due gruppi, adulti e giovani; con un gruppo Torre, Gallesano, Parenzo, “Pasquale Besenghi” di Isola, San Lorenzo Babici, Capodistria, Dignano, Buie e Valle) e 130 attori dilettanti. I professionisti saliranno sul palco alle 21, al Teatro cittadino, che ospiterà lo spettacolo “Una vita da cantare”, proposto dal Dramma Italiano di Fiume (pièce dedicata all’attrice fiumana Alida Delcaro, testo e drammaturgia di Rosanna Bubola, regia di Gianpiero Borgia). Giovedì 2 giugno (ore 9.30), la SEI “Galileo Galilei” di Umago ospiterà i laboratori creativi per i ragazzi delle scuole elementari intitolati Imparar fasendo, promossi dall’Associazione Venetkens–Veneti antichi di Vicenza sulla cultura dei Veneti antichi; in contemporanea, la SEI “Edmondo De Amicis” Buie accoglierà il laborattorio linguistico del dott. Alessandro Mocellin dell’“Academia de la Bona Creansa”su Le origini dell’istroveneto: da dove viene e dove va (entrambi i laboratori saranno riproposti il giorno successivo nell’altra scuola). Alle 21, presso il Kavana City Caffè, riflettori su Tacabanda in locanda, concerto di Enzo Hrovatin, mentre alle 20.30 in piazza Marconi a Mug- La kermesse festeggia i suoi primi cinque anni. Marianna Jelicich Buić, ideatrice e organizzatrice dell’evento: «Un piccolo, ma importante traguardo per una manifestazione che, nata quasi per scommessa, ha assunto una valenza e una rilevanza internazionale, così come si desiderava fin dall’inizio» gia inizierà la prima delle tre serate del festival della canzone inedita in istroveneto Dimela cantando (ospiti Manuel Šavron e Rok Kleva). Venerdì 3 giugno, a partire dalle 10 in piazza Libertà a Buie, l’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia (UNPLI) – Veneto, vedrà le Pro Loco di Pressana (VR) con il prosciutto crudo DOP e la Pro Loco di Fratta Polesine (RO) con salame, pan biscotto e liquore del Polesine, appuntamento che sarà riproposto anche sabato). In serata (20.30), il Festival dell’Istroveneto sbarca a Capodistria e incontra il MIFEST per la seconda tappa di Dimela cantando, che si terrà nella Taverna di piazza Carpaccio ; ospite Rudi Bučar. Sabato 4 giugno, giornata conclusiva. Alle ore 16, al Museo etnografico di Buie verranno proclamati i vincitori del concorso letterario e di quello video. Sono pervenuti complessivamente 70 lavori letterari, di cui 44 nella categoria “Pici” (6-10 anni) e 26 in quella “Medi” (11-14 anni), nonché 5 video (3 nella sezione “Under” e 2 in quella “Over”, che verranno tutti esposti/ protettati negli ambienti del museo. Inoltre, sarà proposto il filmato Momian... più che un castel, realizzato dalla II ginnasio della Scuola media superiore italiana “Leonardo da Vinci” di Buie, sceneggiatura di Katia Marušić, mentore la prof.ssa Marina Paoletić). Infine, a partire dalle ore 21, in piazza San Servolo, si svolgerà la serata finale del festival Dimela cantando (delle 21 canzoni pervenute, la commissione di esperti – l’etnomusicologo Dario Marušić, il produttore/ redattore musicale e conduttore radiofonico Andrea Flego e l’attrice e dialettologa Rosanna Bubola – ne ha scelte 15 in gara durante tutte e tre le serate); ospiti i Papu e Flavio Furian. I. R. Panorama 9 I «PADRI» DELLA TORPEDINE La nascita, l’evoluzione e la diffusione dell’arma siluro è legata indissolubilmente alla città di Fiume e ai nomi di Giovanni Biagio Luppis von Rammer (Fiume, 1813 – Torriggia, 1875), ufficiale della marina austro-ungarica, e Robert Whitehead (Bolton, 1823 – Shrivenham, 1905), inventore, ingegnere e imprenditore. Il primo ideò l’arma, realizzando un mezzo difensivo – il “salvacoste” – galleggiante, privo di equipaggio, teleguidato da terra, che però presentava diverse lacune. Fu il notabile fiumano Giovanni de Ciotta (sindaco dal 1872 al 1896) a mettere in contatto Luppis con chi aveva le competenze tecniche e scientifiche per risolvere i problemi, ossia il geniale Whitehead G I primi test del prototipo dell’arma si svolsero nel dicembre 1866: quest’anno Fiume celebra il 150° del siluro, invenzione che segnò l’inizio dell’epoca d’oro dell’industria locale GENIO territorio FIUMANO P rimo al mondo. È questo lo slogan che lancia l’immagine di Fiume quale patria del siluro, arma navale per antonomasia, piccola e di aspetto insignificante ma quanto mai pericolosa e letale, che ha dominato fino alla metà degli anni 1940. L’idea nasce nel 1860 a Fiume, al tempo in cui la città, posta sotto l’amministrazione ungherese, faceva parte dell’impero austriaco, per merito del capitano di fregata Giovanni Biagio Luppis. Il suo “salvacoste”, di scarsa efficienza (troppo lento, esposto all’influenza del moto ondoso e del vento, facilmente avvistabile dal nemico), fu perfezionato dal geniale ingegnere britannico Robert Whitehead. I primi test si svolsero nel dicembre 1866 (nella foto in basso a sinistra, Whitehead con il suo primo prototipo dell’arma) e più tardi, le più importanti marine mondiali (Francia all’Italia, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Russia, Turchia, Belgio, Portogallo, Argentina, Cile e Grecia, Stati Uniti) acquistarono l’ordigno prodotto nel Silurificio Whitehead. A 150 anni di distanza, in uno spazio espositivo creato ad hoc negli ex magazzini ferroviari in Žabica, Fiume recupera e valorizza questo capitolo del suo passato, offrendo al pubblico principalmente uno spaccato di storia e ingegno tecnico, dimenticando forse che quella della torpedine era comunque una scia sì affascinante, ma di morte. In visione – fino al 21 dicembre –, su iniziativa del Museo Civico e del Museo di Marineria e di Storia del Litorale croato, una cinquantina di reperti, molti mai visti prima d’ora dai “comuni mortali”, quindi alcuni esemplari rinvenuti sul fondale marino in diversi punti della costa (torpedini, tubi lanciasiluri, giroscopi, indicatori di direzione e di velocità) e altre attrezzature, il modello del primo siluro di Whitehead e il modello della rampa di lancio (che si spera negli anni a venire di poter restaurare). Completano il percorso diverse proiezioni video. L’auspicio è ora realizzare un allestimento speciale, a carattere permanente, incentrato sul siluro. Un’iniziativa da sostenere, indubbiamente, ma, aggiungiamo, sarebbe però bello se Fiume ricordasse quest’anno, nel 90.esimo della morte (che ricorre il prossimo 1° ottobre) anche la figura – forse un po’“scomoda” perché fu un politico irredentista – di Antonio Grossich, emerito medico fiumano che per primo diffuse l’uso della tintura di iodio in chirurgia, salvando un’infinità di vite. (ir) Panorama 11 territorio G di Ardea Velikonja rande successo della 23.esima edizione di Vinistra, la fiera del vino e delle attrezzature per la viticultura più grande in Croazia. Abbattuti tutti i record in fatto di presenze. Le cifre parlano chiaro: si sono registrati 120 produttori e 12.000 visitatori. Inoltre, per la prima volta la kermesse è uscita all’aperto: è stato possibile degustare i vini anche fuori dal palazzetto polifunzionale Žatik, sede dell’evento, ossia in un tendone allestito appositamente in riva. La parte gastronomica di “Vinistra” ha visto ai fornelli i migliori cuochi dei ristoranti Stancija Kovačići di Rucavazzo (Rukavac) vicino a Fiume, del bistro NoStress di Spalato, del ristorante Bacchus dell’albergo Laguna Parentium di Parenzo, del ristorante Navis di Abbazia. Galà finale con i ragazzi della Scuola turisticoalberghiera “A. Štifanić” di Parenzo ,che si sono dati da fare per presentare il miglior piatto. La festa è durata tre giorni e ha visto, tra gli altri, sfilare la presidente della Croazia, Kolinda Grabar Kitarović, il premier Tihomir Orešković, i ministri 12 Panorama ccIl Palazzetto dello sport era troppo piccolo per contenere tutti i visitatori Davor Romić (Agricoltura), Anton Kliman (Turismo) e Oleg Butković (Marineria, Traffico e Infrastrutture), il presidente della Regione Istriana, Valter Flego, l’europarlamentare Ivan Jakovčić, il sindaco di Parenzo, Edi Štifanić. A fare gli onori di casa, Nikola Benvenuti, presidente dell’Associazione Vinistra. La commissione giudicatrice fatta di esperti enologi ha scelto tra i 442 campioni i vini migliori. Quest’anno, ben 129 hanno ottenuto la medaglia d’oro. Di questi, 202 sono stati giudicati nell’ambito del programma Il mondo della malvasia e tra questi 76 sono stati insigniti della medaglia d’oro, ovvero 26 in più rispetto all’edizione 2015, il che significa un salto triplo dei premiati. A proposito della categoria “Il mondo della malvasia”, va rilevato che la Cantina Fakin di Montona si è aggiudicata la medaglia d’oro per ben sei campioni di vino. Tra gli altri premiati, è doveroso ricordare le medaglie d’oro di Francesco Fenech per Conclusa a Parenzo la fiera specializzata più grande in Croazia che ha visto una partecipazione record di produttori e visitatori ccVuole provare? la Malvasia delle Lipari, che si trova sull’isola di Salina nel cuore delle Eolie; quella di El Grifo, della cantina delle isole Canarie; quindi di Silia Leata di Canali (Konavle) per la malvasia ragusea. Nella categoria dei vini dolci e da dessert, la medaglia d’oro è andata alla Cantina il Pogio di Milano, a Villa Minelli di Ponzano Veneto e alle Favole di Caneva per il passito di malvasia istriana, alla Cantina Valtidone di Borgonovo Val Tidone per la malvasia aromatica di Candia, alle Cantine Colosi di Messina, a Lantieri di Capriolo e Francesco Fenech per il passito malvasia delle Lipari. La grande medaglia d’oro de “Il mondo della malvasia” quest’anno è stata assegnata alla Cantina El Grifo delle isole Canarie per il liquore di malvasia vulcanica Canari. ccUn buon bicchiere di vino accompagna sempre un buon piatto Panorama 13 territorio ccUna marea di visitatori fLa classe Campioni Per quanto riguarda il titolo di Campione di Vinistra, quello per la miglior malvasia giovane è finto nelle mani della Cantina Fakin di Montona, rispettivamente per la malvasia matura della cantina Cattunar di Verteneglio, per il terrano giovane della cantina Dobravac di Rovigno e per quello maturo della cantina Benvenuti di Caldier; per il refosco giovane ha trionfato la cantina Brič di Villa Decani (Slovenia) mentre per il refosco maturo la cantina Degrassi di Salvore. Non solo vino: a Vinistra erano in gara pure oli d’oliva, grappe e liquori. Tra i 19 oli degustati, secondo il parere degli esperti, si sono imposti per qualità (medaglia d’oro) i seguenti produttori: Zonta di Valle, AZRRI di Pisino, Agroprodukt di Pola, COOP di Parenzo, Geržinić e Popović, entrambi di Parenzo. 26 invece le grappe e i liquori in gara: medaglia d’oro alla bisca Jermaniš, per l’acquavite di vinaccia (komovica) Dobrilović, alla grappa alla frutta Banko, all’acquavite (lozovača) della Istarska kapljica e alla “medica” Prodan. Tutti questi premi sono ancora una conferma di quello che si era parlato finora: il 2015 è stato un anno eccezionale per la vendemmia sia in fatto di quantità che di qualità. 14 Panorama Il miglior rosso al mondo è l’Istrian targato Veralda Il miglior vino rosso al mondo è il terrano Istrian, vendemmia 2015, della cantina vinicola Veralda di Verteneglio, di proprietà di Luciano Visintin. La notizia è arrivata poco prima dell’apertura di “Vinistra”. Il suo “Istrian” (Visintin ha dovuto rinunciare al nome di terrano dopo che la Slovenia, tutelandolo a livello europeo come prodotto autoctono del litrale sloveno, si è impossessata della denominazione “teran”) si è aggiudicato la medaglia di platino con il massimo dei voti, 95, al Decanter World Wine Awards (DWWA) il più grande e prestigioso concorso vinicolo al mondo che si è svolto in Gran Bretagna. Giudicato dai più autorevoli esperti e professionisti del wine business, i DWWA sono riconosciuti a livello internazionale per l’affidabilità del loro rigoroso processo di degustazione e selezione. Ufficialmente, i ccLuciano Visintin, proprietario dell’azienda Veralda di Verteneglio dati della commissione giudicatrice verranno resi pubblici il 6 giugno prossimo. “Un grande successo non solo per il vino ma anche per il territorio ovvero per tutta l’Istria –, ha commentato il vincitore –. La nostra è una tradizione di famiglia cominciata da mio nonno con quattro ettari di terra. La cantina Veralda è nata nel 2001 su 800 metri quadrati e il 2005 è stato l’anno della grande svolta. Infatti, in quell’anno abbiamo venduto 8000 bottiglie all’hotel Eden della Maistra, diventando così, un po’ in tutta l’Istria, il ‘vin de maison’. Nel 2009 poi abbiamo conseguito il titolo di Campione a Vinistra con la nostra malvasia e nello stesso anno abbiamo cominciato per primi la produzione del rosé di terrano. Per quanto riguarda il premiato ‘Istrian’, devo dire che non è stato un caso, avevamo deciso di produrre un terrano che assomigliasse al pinot noir, ma che fosse riconoscibile e amabile. E così abbiamo ottenuto il miglior vino al mondo. Ma – conclude Visintin – al ‘Decanter Worl Wine Awards’ abbiamo ottenuto quattro riconoscimenti: oltre a quello più grande, anche tre medaglie di bronzo per la malvasia, per il rosé di terrano e per lo spumante di terrano”. italiani nel modo Fucsia Nissoli, deputata eletta nel Nord e Centro America, ha depositato una proposta di legge di riforma della promozione linguistica italiana all’estero F ucsia Nissoli, deputata eletta nel Nord e Centro America, si è fatta promotrice, tramite una proposta di legge, di un progetto di riforma della promozione linguistica italiana all’estero. In un’intervista a “La Voce di New York”, Nissoli ha spiegato di aver concentrato la sua pluriennale attenzione in merito alle tematiche inerenti la promozione linguistica italiana nel mondo in un disegno di legge, recentemente presentato, che ha per oggetto: “Interventi di formazione linguistica e culturale, di formazione continua e di sostegno all’integrazione in favore dei cittadini italiani e dei loro congiunti e discendenti residenti all’estero, nonché per la promozione e la diffusione della lingua italiana nel mondo. Riforma delle istituzioni scolastiche italiane all’estero”. “Si tratta, sostanzialmente, della riforma della legge 3 marzo 1971, n. 153, ormai datata e non in grado di venire incontro ai cambiamenti socioculturali sopraggiunti nel quadro geopolitico mondiale – spiega Nissoli –. La proposta di legge va nella Panorama 15 ccMappa dell’italofonia nel mondo direzione di un intervento organico, che preveda un efficace coordinamento tra i Ministri interessati, al fine di garantire una capillare diffusione della lingua e della cultura italiane, sia mediante i corsi di lingua e di cultura sia mediante le scuole italiane all’estero”. “Se consideriamo che le condizioni dell’emigrazione italiana all’estero sono cambiate e che vi è una globalizzazione culturale, oltre che economica, che necessita una rinnovata offerta formativa in grado di inserirsi nei contesti sociali in maniera efficace ed efficiente, dobbiamo ammettere che la riforma ha il carattere dell’urgenza”, afferma ancora. “I corsi di lingua e le scuole italiane all’estero vanno inseriti all’interno di una dinamica virtuosa, che promuova strategie e azioni che assicurino il mantenimento delle radici linguisticoculturali e dei legami con l’Italia da parte dei connazionali all’estero – prosegue la deputata –, e che, insieme, sviluppi azioni integrate in favore della mobilità culturale e professionale da e verso l’Italia”. fSuperare la fase assistenzialismo “Agli italiani all’estero vanno riconosciuti tutti i diritti, compresi quelli linguistici e culturali, da inserire in un contesto di accoglien16 Panorama za. Oggi, questi italiani all’estero ai quali mi rivolgo sono sempre più persone nate, cresciute e integrate nei Paesi di accoglienza, per cui la riforma che ho presentato intende operare un passaggio da un sistema assistenzialistico a un impegno di promozione e, in alcuni casi, di rivalutazione della lingua e della cultura italiane. Sollecitati dai cambiamenti avvenuti dobbiamo superare la fase dell’assistenzialismo in campo linguistico e culturale con una riforma in grado di coordinare i corsi di lingua e le scuole italiane”, rileva Nissoli. La deputata fa notare che vi è una richiesta di lingua italiana nel mondo, che deriva “dal fascino che esercita il nostro patrimonio culturale, ed è anche a questa domanda che siamo chiamati a rispondere se vogliamo affrontare la sfida di una Italia capace di diplomazia culturale, detentrice di un soft power che ci può aiutare le sfide del mondo globale. Per questa ragione è urgente una legge organica che affronti sistematicamente tutti gli aspetti dell’intervento formativo e scolastico all’estero e che risponda alla richiesta di formazione qualificata da parte dei nostri connazionali che non trovano risposte adeguate con l’attuale quadro normativo di riferimento. È necessaria una nuova governance in grado di assicurare al sistema di promozione scolastica e linguistica efficacia ed efficienza, garantendo adeguati interventi di qualità in un quadro integrato pubblico-privato, che garantisca la riconoscibilità e spendibilità dei titoli conseguiti, adeguati ai contesti geografici di riferimento”. fStrumento unitario “Fino ad oggi abbiamo assistito a un’eccessiva frammentazione degli interventi culturali all’estero – fa notare – ed è per tale ragione che in questa proposta di legge ho individuato in un dipartimento ad hoc, da istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, lo strumento unitario in grado di costruire quelle sinergie necessarie per ottimizzare le risorse e finalizzare efficaciemente gli interventi”. Nissoli dichiara di aver scritto una lettera al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, chiedendole di tener conto, nell’ambito della delega per la riforma del sistema scolastico all’estero, dello spirito riformatore contenuto del suo emendamento alla legge 107 sulla “buona scuola”, approvato dal Parlamento. “Confido nella capacità del Governo di essere attento a quanto di utile viene proposto per riformare le Istituzioni del nostro Paese, anche all’estero”, conclude la deputata. A. V. società In tre anni Bergoglio sta cambiando faccia a una Chiesa travolta da scandali di ogni genere a cura di Fabio Sfiligoj Oggi si può dire che il Pontefice è stato l’uomo della provvidenza. Nemici e critici non mancano: la missione è lunga... Ritrovato l’odore delle pecore V enuto “quasi dalla fine del mondo”, disse Bergoglio mentre spiegava la scelta di farsi chiamare Francesco con una frase che in effetti annunciava il programma del suo pontificato. Il suo desiderio e obiettivo: una chiesa povera per i poveri. Erano passati appena tre giorni dal 13 marzo 2013 quando si era presentato, con quel “Buonasera” e quel nome evocativo di scelte radicali, a un mondo cattolico che stava scoprendo il disgusto degli scandali finanziari e si è ritrovato a sorpresa un pontefice che indossa una croce d’argento, rinuncia all’anello pastorale in oro e si sposta a bordo di un’auto utilitaria. Un clero sempre più lontano dai fedeli, un distacco fin troppo marcato, una Chiesa che aveva bisogno di “cambiare”, travolta da scandali di ogni genere: pedofilia, finanziamenti dello Ior, Vatileaks 1 e 2. Papa Francesco non lo sapeva ancora, ma si sarebbe erto a uomo della provvidenza, capace di “randellare” sia il Clero che i grandi del mondo fomentatori di crisi e guerre, leggi povertà e miseria. Tre anni dopo per Francesco la sfida della povertà, purtroppo, è ancora attuale e viva. Ed è forse la Panorama 17 riforma più difficile da attuare. Lo accusano di essere comunista: l’attenzione ai poveri è una bandiera del Vangelo, risponde Bergoglio, e lo ha sottolineato più volte. Era ancora maggio 2013 quando si infervorì durante l’udienza generale in piazza San Pietro: “Se calano gli investimenti nelle banche, questa è una tragedia, ma se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi ma la Chiesa lo Stato pontificio in una cittadella per i poveri. Poliambulatorio, docce e parrucchieri sono arrivati sotto al colonnato di piazza San Pietro. Un dormitorio è stato inaugurato in una traversa di via della Conciliazione e ospita fino a 34 persone che ricevono anche la prima colazione. Il dispensario pediatrico già c’era, in una piccola ma graziosa struttura proprio alle spalle di casa Santa Marta, la foresteria dove risiede il Papa. In un appartamentino nienti da zone di guerra (gli ultimi li ha portati con sé dopo l’improvvisa e inaspettata visita a Lesbo, meta dei rifugiati). E dalla sede dell’Elemosineria, la centrale operativa della carità e il più trafficato tra i varchi dello Stato pontificio, parte quasi ogni sera una spedizione verso zone diverse della città di Roma; in aiuto, coperte, cibo e vestiti, ai clochard della capitale italiana. Ma, come ha precisato il Pontefice, non si può fare “solo assistenziali- povera per i poveri va contro questa mentalità”. modesto, tutt’altro rispetto alle ville e villone emerse dallo scandalo immobili del Vaticano in cui sono stati coinvolti alcuni cardinali eccellenti. E c’era anche la mensa affidata alle suore di madre Teresa di Calcutta (la suora degli “ultimi”) che il 4 settembre Francesco proclamerà santa. Due appartamenti dentro alle Mura leonine sono stati invece riservati a famiglie di rifugiati prove- smo”. E così per i poveri Bergoglio oggi vuole anche un ruolo da protagonisti attivi, come quando ha chiesto loro di distribuire ai fedeli in piazza San Pietro le scatole di “Misericordina”, il kit con i libretti di preghiera e le coroncine del rosario. Un modello che il Papa vorrebbe trasmettere per induzione a tutta la Chiesa. E quando ciò non avviene in modo spontaneo, si tratta di lanciare gli stimoli giusti: nell’avviare il Giubileo, ad esempio. Più difficile è far dilagare il modello tra le gerarchie ecclesiastiche (ormai è chiaro che una fetta del clero non vede di buon occhio tutte queste iniziative di Bergoglio). fMettersi in gioco E, nei piani del Papa, proprio la Chiesa deve mettersi in gioco in prima linea. A partire dal Vaticano. C’è una sorta di piano regolatore nella mente di Jorge Mario Bergoglio. Un progetto che sta trasformando Un progetto di Papa Francesco sta trasformando lo Stato pontificio in una cittadella per meno abbienti. «Ma non si può fare solo assistenzialismo» 18 Panorama Sfida alla povertà Nei suoi messaggi ribadisce spesso che l’attenzione fRimuovere i«tumori» ai più bisognosi Il secondo filone di Vatileaks ha che sotto l’ombra del Cuè una bandiera rivelato polone continuano le spese fuori del Vangelo controllo e molti cardinali non ri- nunciano ai propri privilegi mentre società dalle diocesi e dagli ordini religiosi si susseguono notizie di scandali finanziari. “Incrostazioni”, tumori, che Bergoglio punta a corrodere con un lavoro capillare: dove non arrivano le sue esortazioni, si prova a far breccia nominando personalità fuori dagli schemi. I vescovi di Francesco arrivano da una pastorale di strada e vanno ad occupare posizioni di prestigio... anche il collegio cardinalizio, quello che sarà chiamato in futuro a eleggere il suo successo- Il pontificato “begogliano” fin qui ha segnato uno spostamento dell’attenzione dall’ambito bioetico a quello sociale. Non a caso il primo viaggio di Papa Francesco è stato un commosso pellegrinaggio a Lampedusa, nel cui mare di recente erano annegate decine di poveri migranti. E anche in Messico il rifiuto di ogni tipo di “muro”, eretto dalle società ricche per tenere a distanza i poveri del pianeta, è stato un tema centrale. L’insisten- ratori adeguati e nell’individuare organi di consultazione stabili e funzionali. Col rischio di affidare di fatto le prospettive di rinnovamento più al suo carisma personale che a strutture durevoli, in grado di far diventare queste prospettive prassi abituale all’interno della Chiesa. Tre anni, certo, non bastano a definire un pontificato. Ma sono abbastanza per constatare che siamo davanti a una svolta rispetto al passato. Tre anni, certo, non bastano a definire un Pontificato. Ma sono abbastanza per constatare che siamo davanti a una svolta rispetto al passato. Francesco non ha disdegnato di vestire i panni di «leader politico» re sta cambiando struttura. Non c’è più posto per chi siede sulle cattedre episcopali prestigiose: la porpora arriva a chi esprime le istanze più missionarie. In Italia, ad esempio, è toccata al vescovo pastore Edoardo Menichelli di Ancona e al presule dei migranti Francesco Montenegro di Agrigento. Proprio nel consegnargli la berretta cardinalizia, il Papa gli ha sussurrato: “Non si dimentichi di occuparsi dei poveri”. Pastori concretamente operanti nelle parrocchie e impregnati dell’“odore delle pecore”. ”Occuparsi dei poveri”: le stesse parole che il cardinale francescano Claudio Hummes disse a Bergoglio quando lo scrutinio aveva appena rivelato che sarebbe stato il nuovo pontefice. Quasi un passaggio di consegne ideale: Francesco, che a dicembre compirà 80 anni, sa di avere poco tempo (del resto lo ha ricordato lui stesso). E la riforma di “una Chiesa povera per i poveri” deve andare avanti. za sul carattere disumano di un sistema capitalistico fondato sulla finanza e sul profitto, a scapito delle persone, non era una novità. Già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano scritto importanti documenti su questo problema. Ma sotto il pontificato di Francesco ha assunto rilievo e toni nuovi. fChe cosa resterà? Sul piano della diplomazia, un grande successo è stato il riavvicinamento al Patriarcato di Mosca, con i suoi duecento milioni di fedeli, dopo un quasi millenario gelo, acuito dalle forti tensioni degli ultimi decenni. L’incontro con Kirill a Cuba è stato denso di significati e ha segnato un importante passo avanti della Chiesa. Non mancano i critici di Francesco che, anche con una certa fondatezza, fanno notare una certa difficoltà del Papa nello scegliersi collabo- Un Papa, Bergoglio, capace di muovere le emozioni nei cuori, anche dei non credenti: forse in un mondo che sembra stia per implodere, Papa Francesco ha vestito i panni del “leader politico” tanto da oscurare con il suo “agire” i nomi della grande politica internazionale quelli di Camer Ovali e androni “cremliniani”. Cosa resterà di questo pontificato? La logica dell’alternanza impone che anche nella Chiesa cattolica, a un “Papa mediatico” ne segua uno meno vendibile sui mass media. I vaticanisti ricordano che è stato così con Roncalli e Montini, poi con Wojtyla e Ratzinger e lo sarà anche con Bergoglio e il suo successore. Delusi saranno forse i cosiddetti riformatori, quelli che hanno eletto Francesco per demolire la Curia romana, potere, centralismo e burocrazie a discapito di un cattolicesimo pulsante e in forte espansione in Asia, in America latina e in Africa. Panorama 19 di Ardea Velikonja A ll’inizio degli anni Novanta del secolo scorso nel Parentino sono sorte alcune nuove Comunità degli Italiani e una di queste è Visignano. Gli abitanti più anziani però ricordano che nel lontano 1947 nel paese istriano, che oggi conta circa 2200 anime, era sorta una “Sezione giovane” in cui si ritrovavano tutti gli abitanti, in maggioranza parlanti l’italiano, e che funzionò fino al 1953, quando si spense da sé a causa delle conseguenze dell’esodo. Poi, con la chiusura della Scuola elementare italiana e la forte politica di assimilazione condotta in Istria, la sezione cessò di esistere e ci sono voluti qua- 20 Panorama Diana Bernobić Sirotić, giovane presidente del sodalizio «Dott. Silvio Fortuna» ha tanti progetti per il futuro, tra i quali la reintroduzione di conferenze di carattere scientifico e culturale CI di Visignano: della vita sociale rant’anni perché la CI riprendesse a vivere. Quindi, fino al 1992, quando fu costituita la Comunità degli Italiani di Visignano, tutte le attività erano rimaste per così dire “sospese”. Ufficialmente la Comunità fu registrata nel 1993, dopo che alla riunione costitutiva in cui si decise la sua fondazione, parteciparono ben 230 connazionali. Il sodalizio entrò subito a far parte della grande famiglia dell’Unione Italiana, da cui ottenne i finanziamenti inziali, mentre il Comune di Visignano provvide a concedere in usufrutto una saletta, previo restauro, in una palazzina proprio nel centro della cittadina, dove si trova pure l’osservatorio astronomico. Prima di poter usufruire di questa sala di 25 metri quadrati i connazionali visignanesi si incontravano nelle case private o all’osteria. L’arredo era frutto di donazioni private. Visto che lo spazio era poco, la CI richiese e ottenne al Comune di poter adoperare per le proprie esigenze la sala consigliare. E così, grazie alla sensibilità dell’UI e dossier dell’Università Popolare di Trieste, dal nulla fu creata una Comunità di tutto rispetto, che dal 1997 porta il nome del dott. Silvio Fortuna, illustre visignanese, un medico locale vissuto tra le due guerre mondiali rimasto nella memoria della gente del posto perché sempre pronto ad ma sede, inaugurata solennemente il 20 settembre 2013. Si tratta di un palazzo di poco meno di 400 metri quadrati, moderno e funzionale, dotato di una sala riunioni, di un salone al pianoterra adatto a ospitare spettacoli e manifestazioni varie, di una biblioteca che conta più di 800 catalizzatore della cittadina aiutare tutti, soprattutto i poveri. Nel novembre del 2011 il Comune di Visignano donò un terreno poco distante dal centro cittadino sul quale, in poco tempo, è sorta una bellissi- volumi, dell’ufficio di segreteria e della presidenza, del bar sociale, nonché di altri vani da usare per lo svolgimento delle attività che in futuro sono destinate ad ampliarsi. comunità fTanta voglia di fare La CI ora cerca di recuperare terreno perso e guardare con maggior slancio al futuro. A parlarci del sodalizio è Diana Bernobić Sirotić, giovane presidente della CI, in carica dal 2014. “Il primo presidente del nostro sodalizio è stato Piero Declich, rimasto in carica per due mandati, seguito da Erminio Frleta, che ha ricoperto tale ruolo per ben tre mandati. Una figura storica della nostra Comunità è stato Vittorio Zaninich – ricorda Diana Bernović Sirotić –, che non è stato presidente, ma è stato attivissimo. Si è impegnato sempre in tutte le questioni istituzionali riguardanti la Comunità e di essa è stato ‘l’anima buona’, oltre che punto di riferimento importante per i connazionali visignanesi, esuli o rimasti. Attualmente la CI è diretta da un’Assemblea di 15 membri, da me presieduta, e da una Giunta esecutiva di sette membri, guidata da Valeria Matijašić. Ciò Panorama 21 dossier comunità che è indubbio è che con le sue iniziative in campo culturale e sportivo, mi riferisco ai concerti del coro misto ‘Arpa’, del coro di voci bianche ‘Stelle di Visignano’ (in omaggio al vicino Osservatorio astronomico) e dei mincantanti, agli spettacoli della filodrammatica giovani, alle mostre, ai tornei di bocce e di briscola e tressette, il nostro sodalizio agisce da catalizzatore della vita sociale di questa cittadina istriana. La maggior parte delle manifestazioni che si svolgono a Visignano vengono organizzate dalla nostra Comunità e tutto viene seguito da un folto pubblico sia minoritario che maggioritario, che arriva anche dai paesi limitrofi. Qui noi non abbiamo né una scuola né un asilo in lingua italiana, anche se all’asilo c’è un corso di italiano e la lingua è materia facoltativa presso l’elementare croata. Qui da noi non c’è famiglia che non parli il dialetto, i nonni lo parlavano e lo hanno trasmesso ai figli e ai nipoti, quindi tutti lo capiscono e la maggior parte lo parla. Il Comune è molto ben disposto nei nostri confronti e il sindaco Milan Dobrilović è pure connazionale e speriamo che in un prossimo futuro riusciremo ad aprire una sezione italiana dell’asilo”, afferma Diana Bernović Sirotić. “La nostra CI conta 360 soci su, come detto, 2200 abitanti compresi tutti i paesi limitrofi – prosegue –. Organizziamo tante manifestazioni ma quelle tradizionali sono il concerto dell’8 marzo ‘Viva le donne’ in cui sono inclusi vari cori di varie Comunità, cantanti solisti e filodrammatica e il Comune regala alle donne un fiore, ‘Arpa e amici’ è una rassegna corale che si svolge nel corso della festa di S. Maddalena a fine luglio e alla festa di fine anno. Quest’anno per la prima volta abbiamo organizzato il torneo di briscola e tressette che, visto l’interesse, ripeteremo certamente. Il raduno dei Visignanesi si è svolto proprio la scorsa domenica 22 maggio. Circa una settantina di partecipanti sono stati accolti nella nostra sede, è seguita la celebrazio22 Panorama ccIl torneo di briscola e tressette che “debuttato” l’anno scorso ccTutti insieme in compagnia ccIl coro misto “Arpa” ccI partecipanti alla manifestazione “Comunità senza frontiere” ccLa filodrammatica bambini ne della Santa Messa in lingua italiana presso la chiesa parrocchiale, una breve bicchierata in piazza, la visita al cimitero e la posa di una corona d’alloro vicino alla targa di tutti i Visignanesi morti in esilio, un pranzo in compagnia e la visita presso l’Osservatorio Astronomico. Una bella domenica tra di noi, quelli andati e quelli rimasti, che ogni anno fa nascere forti emozioni dato che questa è gente attaccatissima alla propria terra, fiera delle proprio origini”, rileva Diana Bernović Sirotić. fI fiori all’occhiello “Il coro misto ‘Arpa’, è il fiore all’occhiello del nostro sodalizio – sottolinea la presidente –. È stato fondato nel 2011 e il prossimo 11 giugno festeggerà 15 anni di attività. All’inizio era diretto dalla maestra Mirsolava Pašić, oggi invece daò maestro Marko Ritoša. Il coro vanta numerosissime esibizioni in Croazia, Slovenia e in varie località in Italia, in concerti, concorsi, festività locali e rassegne canore a livello locale e regionali. L’‘Arpa’ organizza e spesso contribuisce con le sue melodie ad arricchire molti concerti di beneficienza. Il repertorio è costituito da canti popolari italiani e croati, pezzi classici verdiani, nuove melodie corali contemporanee e musiche popolari moderne elaborate straordinariamente dal maestro Ritoša. Oggi senza la presenza del complesso corale della CI a Visignano non si può immaginare un solo evento locale. Nel 2014 il Comune di Visignano ha assegnato il premio annuale al coro misto ‘Arpa’ e al suo dirigente per il contributo a tutti gli eventi comunali e la promozione di Visignano in Croazia e all’estero”. “Il coro di voci giovanili ‘Stelle di Visgnano’ è stato fondato nel novembre del 2010. Riunisce bambini e giovani di tutte le età, cioè bambini dalla prima classe della scuola elementare fino ai ragazzi delle scuole medie, che insieme condividono l’entusiasmo, l’amore per la musica e la gioia di cantare. Il repertorio ccIl coro “Stelle di Visignano”, in omaggio all’Osservatorio Astronomico Panorama 23 dossier comunità ccGli artiglieri di Buttrio durante una visita amichevole alla CI del coro consiste in varie canzoni popolari, gospel e canti liturgici ed arrangiamenti di musica pop e rock. Le lingue in cui cantano sono italiano, croato, inglese, tedesco, latino ed anche swahili, una lingua bantù africana. Fino ad oggi le loro esibizioni hanno arricchito molte varie celebrazioni, liturgie, rassegne corali ed altre manifestazioni e la loro musica è amichevolmente accettata dal pubblico. Recentemente si sono esibiti presso le Comunità di Buie, Albona, Parenzo e in diverse località del Pa- rentino. Gli arrangiamenti musicali per il coro sono in gran parte fatti da me e poi li accompagno alla chitarra nelle loro esibizioni”. fI sogni nel cassetto “Per il futuro, oltre alla ferma volontà di mantenere sempre attive le sezioni corali e sportive già presenti, la CI di Visignano intende reintrodurre le conferenze su tematiche di carattere scientifico e culturale, organizzare rassegne musicali e scambi culturali ccL’incontro annuale dei visignanese esuli si è svolto domenica 22 maggio 24 Panorama ccSiamo una bella compagnia con altre CI ed associazioni in Croazia e all’estero. Ci vorrebbe anche un gruppo folkoloristico, magari in seno alla filodrammatica che dirigo io. Inoltre, vorremmo avviare l’attività bibliotecaria, delle serate letterarie, teatrali, proiezioni cinematografiche, corsi creativi, serate di svago, coinvolgendo tutte le generazioni. Tutto questo con il fine di mantenere viva la fiamma della lingua, della cultura e dell’identità italiana tra la nostra gente”, conclude la presidente della CI di Visignano . Panorama 1 Panorama 1 Panorama 1 Panorama 1 libri E ra il 2 giugno 1946: gli italiani esprimevano un voto che avrebbe segnato la nascita di una nazione democratica: la Repubblica Italiana. È con questa data che comincia il racconto che lo storico friulano Guido Crainz propone nel suo ultimo saggio, Storia della Repubblica. L’Italia dalla Liberazione ad oggi (Donzelli Editore, Roma, 2016, pp. 400), una lunga galoppata attraverso settant’anni di vicende alterne, ammirevole sforzo di sintesi e bilancio. Con una scrittura chiara e incisiva, con una narrazione a tutto campo, sempre cercando di far capire il rapporto tra fatti particolari e il contesto generale, Crainz ricostruisce eventi e fenomeni, protagonisti e realtà, umori ed emozioni, sogni e disillusioni, traumi profondi e mutamenti inavvertiti, resi e interpretati dalle più diffuse fonti di informazione, prevalentemente romanzi e film, quotidiani e riviste, che si affiancano ai documenti ufficiali. Crainz alterna dati statistici e politica a eventi di cronaca popolare e culturale, un miscuglio ben calibrato capace di restituire il senso di N a s c i ta di una nazione una Repubblica in cui alto e basso si alternano generando quell’equilibrio sempre instabile tra la farsa e la tragedia.. E c’è un continuo rimbalzare dalla dimensione politico-istituzionale a quella dell’economia, della cultura, della società, mostrando quando fitte siano queste interrelazioni. L’opera, pensata per un pubblico generalista, propone anche un nuovo modo di vedere il passato come strumento per affrontare la difficoltà di conservare la memoria e costruire il futuro nel disagio del presente. Due le ragioni per cui questo testo può tornare utile: la prima è che pone un interrogativo di fondo, ossia quali sono i punti di forza dell’Italia, quelli che hanno consentito al Paese di emergere dalla miseria e dalle lacerazioni provocate dal regime fascista, dalla guerra e del dopoguerra per costruire una moderna democrazia, che l’hanno portato a essere protagonista di uno straordinario miracolo economico, a dimostrare anche valori collettivi molto forti e creatività culturale, a essere tra i fondatori dell’Europa Unita, a entrare nel G8. Perché non è affatto vero, puntualizza Crainz, che gli italiani sono stati sempre così come qualcuno vuole dipingerli, ossia apatici, apolitici, qualunquisti, sfaticati e individualisti. Ma quel che si evidenza subito è che nel 1946 c’erano vitalità, spinta ideale e voglia di rinascere (che indurrà tutte le forze del Paese a una collaborazione da cui nascerà innanzitutto la carta costituente), mentre oggi il quadro si Il volume offre una narrazione della storia recente del Bel Paese, per come è stata vissuta, resa e interpretata dalle più diffuse fonti di informazione. Un’opera di sintesi e bilancio, pensata per un pubblico generalista, che propone anche un nuovo modo di vedere il passato come strumento per affrontare la difficoltà di conservare la memoria e costruire il futuro nel disagio del presente eeÈ nata la Repubblica Italiana: l’immagine è di Federico Patellani, primo fotogiornalista italiano e uno dei più importanti fotografi italiani del XX secolo Panorama 25 libri presenta “a tinte fosche’’; abbiamo un Paese in cui è emersa una classe politica ‘’priva assolutamente di cultura e di valori, ignara di progetto’’ (come annota Crainz citando Asor Rosa) con un individualismo imperante (è Claudio Magris a dare voce al timore “che il Paese si dissolva e tra breve l’Italia – nell’attuale forma politico statuale e dunque anche culturale – possa non esistere più”). Dunque, guardare indietro può aiutare a comprendere come si è arrivati a questa situazione attuale di gravissima ‘’devastazione etica e politica’’; quando cioè gli italiani hanno cominciato a smarrirsi, passando dalla società povera ma vitale del dopoguerra all’Italia spaesata di oggi, che non riesce a invertire la deriva. In cinque capitoli e relativi sottocapitoli – Un intenso dopoguerra; Un “miracolo” non governato; Fra tragedie e speranze, culture del passato e declino dell’“età dell’oro”; La grande mutazione degli anni Ottanta; Il crollo e le derive –, lo storico passa in rassegna i sette decenni della Repubblica Italiana attraverso la ricostruzione, il boom economico e la grande trasformazione degli anni Ottanta, quando mutazione antropologica e crisi di palazzo cominciano inesorabilmente a fondersi, chiudendo con il premierato di Renzi. A destra c’è un elettorato travolto dal degenerare del sistema dei partiti, in crisi di fronte “all’intrecciarsi al suo interno di corruzione e indifferenza al bene comune, incapacità di governo e privilegi di casta”; a sinistra è accampato un PD “prigioniero di feudatari locali, soprattutto nel Mezzogiorno” e orfano di qualsiasi progetto che lasci intravedere “la bella politica” promessa da Renzi. I sindacati sono diventati “simulacri sbiaditi di quel che erano stati in passato, privi di quella capacità di misurarsi con gli interessi generali che era stata la forza del sindacalismo italiano, incapaci di orientarsi nelle trasformazioni degli ultimi decenni”. Gli scenari si fanno apocalittici in un’inedita geografia devastata da terrorismo globale, crisi economica, ondate migratorie, fine del predominio occidentale. Il mondo è cambiato e ogni certezza è illusoria: è spacciato chi non riesce a fare i conti con il cambiamento. Sono grandi temi rimossi su cui lo storico impone un’attenzione. Tra le figure storiche giganteggia quella di Alcide De Gasperi, forse per “riparare” una colpa, cioè la rimozione con cui la cultura non cattolica, di sinistra, ha guardato allo statista. Ritroviamo qui il De Gasperi artefice e capo di un regime fortemente anticomunista e anche con elementi di deformazione della democra26 Panorama Guido Crainz è autore, tra gli altri saggi, di “Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa”, una sorta di guida per accostarsi alle radici di una tragedia e ai suoi dolorosi vissuti, per fa comprendere più a fondo la tragica epopea dei profughi istriani e il dramma del confine orientale d’Italia conteso nei due grandi Dopoguerra L’AUTORE Storico e opinionista uido Crainz, nato a Udine, già docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo, ha dedicato le sue ricerche alla società rurale europea dell’Ottocento e del Novecento, alla storia dell’Italia contemporanea – con particolare riferimento alla seconda metà del Novecento – alla storia dei media e al rapporto fra media e comunicazione storica. Ha collaborato e collabora, inoltre, con i programmi culturali di Radio Tre, per i quali ha realizzato anche numerosi documentari radiofonici di carattere storico. È opinionista della Repubblica e scrive per le pagine culturali del quotidiano italiano. Tra le sue opere, per i tipi della romana Donzelli ha pubblicato: “Padania. Il mondo dei braccianti dalla fine dell’Ottocento alla fuga delle campagne” (1994, IIa ed. ampliata 2007, Premio Walter Tobagi e Premio della Società italiana per lo studio della storica contemporanea – Sissco), “Storia del miracolo italiano” (1997, IIa ed. ampliata 2003), “Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni Ottanta” (2003, Premio “lo straniero” e Premio Città di Palmi), “Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa” (2005, Premio “Letteratura della Resistenza” Città di Omegna), “L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia (2008, Premio Biblioteche di Roma), “Autobiografia di una repubblica. Le radici dell’Italia attuale” (2009; Feltrinelli, Milano, 2012); “Il paese reale. Dall’assassinio di Moro all’Italia di oggi” (2012) e “Diario di un naufragio. Italia, 2013-2013” (2013), nonché, con Silvia Salvatici e Raoul Pupo “Naufraghi della pace” (2008), mentre con la fiorentina Giunti, “L’Italia repubblicana” (2000). zia – come il libro documenta –, ma anche il De Gasperi straordinario che si trova di fronte a un compito che ben pochi avrebbero potuto svolgere. Da un lato nell’affermare la Democrazia Cristiana come il primo partito del Paese e partito egemone, assicurando all’Italia un meccanismo che comunque funzionava, cosa per nulla scontata; dall’altro lato, per Crainz l’altra grande operazione di De Gasperi sarà riuscire a dirigere il Paese verso la democrazia, a interloquire con gli americani – cosa tutt’altro che ovvia, visto anche il suo viaggio in America nel ’47 tutt’altro che trionfale –, ma anche a dire di no al papa Pio XII. Crainz riconosce a De Gasperi coraggio, spessore, capacità e abilità politica, doti che purtroppo stenta a individuare nell’attuale classe politica italiana. Intenso e accattivante, l’excursus di Crainz segue le evoluzioni del secondo Novecento italiano, tracciando una diagnosi lucida e impietosa delle sue diverse stagioni. Niente terapie: l’autore si pone – ci pone – soprattutto domande, alcune anche molto ambiziose, alle quali, nella conclusione, non riesce a rispondere del tutto. I. R. cinemania La coppia presidenziale jugoslava con Richard Nixon e la moglie Pat. “We’ll bomb those yougoslav bastards right out of the off the earth. I really mean it”: è la frase storpiata, falsata, che il regista mette in bocca a Nixon dopo la scoperta della “bufala” del programma spaziale jugoslavo, usando uno spezzone della conversazione che si tenne realmente nel 1971 alla Casa Bianca tra il presidente USA e il Segretario di Stato, Henry Kisinger, ma sulla situazione nell’Asia sudorientale e in Vietnam TITO gli Usa, la Luna una balla spaziale a cura di Ilaria Rocchi E rano le 21:13 dell’11 aprile 1970 quando da Cape Canaveral partì la missione Apollo 13, che doveva rappresentare la terza impresa di sbarco sulla Luna. A circa 55 ore dalla partenza, quando la navicella era sulla buona strada per conquistare la sua meta, un serbatoio di ossigeno esplose, compromettendo la missione e mettendo in serio pericolo la vita dell’equipaggio. In seguito a quell’incidente fu trasmesso un celebre messaggio, “Houston, we’ve had a problem here…”, modificato nel tempo in “Houston, we have a problem…”, che ha reso celebre l’intera missione negli anni a venire. A distanza di oltre 45 anni, la frase è stata ripresa nel titolo di una pellicola che ha debuttato, in prima mondiale, al 15.esimo TriBeCa Film Festival. Parliamo dell’ultimo lavoro del regista sloveno Žiga Virc, Houston, we have a problem!, proposto nella sezione “Viewpoints” (Punti di vista), dedicata ai film che meglio esprimono, da ogni nazione, la ricerca d’identità a livello personale e come membri di una comunità, offrendo prospettive inedite, coraggiose visioni registiche, carattere e stile. Il film, attesissimo, è atterrato nelle sale slovene, croate e serbe a maggio (il mese in cui Tito il giorno 7 del 1892 è nato a Kumrovec e rispettivamente morto il 4 del 1980 a Lubiana); in autunno, invece, sarà Huston, we have a problem!, simpatica trovata in chiave jugonostalgica, che ha risvegliato l’attenzione mediatica e riscosso successo di pubblico trasmesso sui piccoli schermi anche dalla HBO Adria. La nuova fatica del documentarista sloveno ha risvegliato l’attenzione mediatica fin dall’annuncio del soggetto (circa quattro anni fa), accendendo la miccia con la comparsa del trailer su YouTube. Buono, alla fine anche il successo tra il pubblico. Primo lungometraggio del giovane regista, “Houston, we have a problem!” è un documentario romanzato, che esplora il mito del programma spaziale segreto voluto da Tito e del multimilionario accordo clandestino tra la Jugoslavia dell’epoca e gli Stati Uniti d’America. In sintesi, il maresciallo jugoslavo si sarebbe inventato un ruolo di terzo giocatore nella disputa Mosca–Washington e alla fine avrebbe barattato le conquiPanorama 27 Un regista che ama provocare ccJacqueline, Tito, JFK e Jovanka in un incontro del 1961 ste teconogiche della Jugoslavia con un consistente programma di aiuti finanziari degli Stati Uniti (questi sì reali!), nel marzo del 1961. Anzi, la bandiera a stelle e strisce sarebbe arrivata sulla Luna proprio grazie al programma spaziale di Tito – è questo che la pellicola cerca quasi di suggerire, con una scaltra operazione di marketing –, tant’è che nel maggio dello stesso anno il presidente John Fitzgerald Kennedy diede orgogliosamente l’annuncio della missione sul satellite terrestre. Siamo in piena Guerra fredda: tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America un capitolo fondamentale si gioca nella “corsa allo spazio”. I sovietici dominano la scena per un quinquennio, ma saranno gli americani a vincere la sfida. La storia ha inizio il 4 ottobre del 1957, quando Mosca annuncia il lancio del primo satellite artificiale di sempre: lo Sputnik. L’impresa coglie del tutto impreparati gli americani. Quasi quattro anni dopo sono ancora i russi a prevalere, riuscendo a mandare un uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Il suo volo di quel 12 aprile del 1961 è l’apice del successo spaziale sovietico. I russi si avvalgono del patrimonio di conoscenza degli scienziati tedeschi, così come anche gli americani, che daranno origine alla NASA solo nel ’58. Dopo la missione di Gagarin, gli Stati Uniti reagiscono con determinazione. Sotto la guida dello scienziato Wernher von Braun (strappato dopo la guerra a quei tedeschi per i quali aveva progettato i razzi bomba V1 e V2) la bandiera a “stelle e strisce” viene piantata sul suolo lunare: è il 20 luglio 1969. Ma come ci arrivano? È qui che “entrano in scena” i tecnici jugoslavi, ai quali Tito, scomunicato nel 1948 da Stalin, decide di tenere per sé il segreto dei codici che i suoi uomini sono riusciti a recuperare e riguardanti il programma elaborato dall’ingegnere sloveno Herman Potočnik-Noordung (Pola, 1892 – Vienna, 1929), considerato uno dei pionieri della missilistica e dei viaggi nello spazio. Nel 1928 aveva pubblicato il suo unico libro, “Il problema della navigazione dello spazio – Il motore a reazione”, in cui, in 188 pagine e oltre 100 illustrazioni, propone diverse possibili realizzazioni di stazioni spaziali e satelliti geostazionari. Potočnik descrive anche in maniera dettagliata i tre moduli di cui si sarebbe dovuta comporre una particolare stazione. Nel 1935 il suo libro è tradotto in lingua russa, nel 1985 in sloveno Žiga Virc è autore anche del corto “Trst je naš” (2010), che nel capoluogo giuliano scatenò gli animi – facendo sanguinare le ferite del 1945 non ancora rimarginate – e una lunga serie di polemiche, facendo scendere in campo persino la Farnesina «Objekat 505» Ž eljava, era il cuore del programma “spaziale” jugoslavo. Una complesso sotterraneo, una base militare costruita sotto il monte Pleševica – al confine tra la Croazia e la Bosnia-Erzegovina, nei pressi Bihać –, un tempo una delle principali dell’aereonautica jugoslava, oggi distrutta e abbandonata; era infatti una delle e solo nel 1999 in inglese, a opera della NASA. Le sue idee furono riprese in primo luogo dalla Verein für Raumschiffahrt, il cui membro Wernher von Braun nel 1952 pubblicò un piano per una stazione spaziale, la cui forma circolare era ispirata alle idee di Potočnik. Tito avrebbe deciso di vendere il pro- ee“Objekt 505”: il lancio di un razzo. Virc ha usato ampiamente il materiale d’archivio disponibile sul periodo della guerra fredda, sul programma spaziale della NASA e lo sbarco sulla Luna, saldando realtà e finzione 28 Panorama cinemania Žiga Virc, regista ventinovenne formatosi all’Accademia per il teatro, la radio, il film e la televisione di Lubiana, non è nuovo alle provocazioni. Nel 2010 aveva scaldato gli animi con il film comico e autoironico “Trieste è nostra”, nel quale, riprendendo lo storico slogan del 1945 coniato dalle truppe del maresciallo Tito, racconta il tentativo di un gruppo di partigiani sloveni del 2009 di “correggere gli errori della Seconda guerra mondiale”. Il corto aveva sollevato un coro di proteste da parte dell’Unione degli Istriani del capoluogo giuliano e dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), cui si era aggiunto anche l’allora ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. Il corto, della durata di circa mezz’ora, prodotto dell’Accademia di arti drammatiche di Lubiana (Agrft) e dalla Tv pubblica slovena, aveva ottenuto una nomination come miglior cortometraggio straniero ai 37.esimi Student Oscars. Tra gli altri suoi lavori, premiati in Slovenia, i documentari “Polmesec nad planikami” (2013), sulla prima moschea costruita nel 1916 nel villaggio alpino di Log dai soldati bosniachi che combattevano a fianco dell’Austria sul fronte dell’Isonzo; quindi “Vojne igre” (2012); “Klic z gora “(2012) e il film tv “Naša demokracija” (2010). eeChe cosa era realmente avvenuto nel più grande complesso sotterraneo in Europa, sotto alla base aerea di Željava, oggi abbandonata, posta esattamente tra il confine croato e bosniaco? ccHouston we have a problem basi sotterranee più grandi in Europa, una vera e propria grande città sotterranea per la cui costruzione la Jugoslavia spese più di 4 miliardi di dollari. Denominata “Klek” oppure “Objekat 505”, è stata una delle più grandi d’Europa dal 1968 fino al 1992, quando fu distrutta dalle forze serbe. Oggi, dal momento che il territorio che la circonda è ancora minato, la base è utilizzata come campo d’addestramento per insegnare ai cani ad individuare gli esplosivi. La sua costruzione era iniziata nel 1954, con grande dispiego di forze e risorse, in tutta segretezza, durando per ben dodici anni (sol- tanto l’aeroporto verrà inaugurato prima, nel 1968, accelerando il tutto dopo i fatti della Cecoslovacchia). Le caratteristiche erano impressionanti: comprendeva tre gallerie adattate, come dimensioni, ai MiG 21, lunghe rispettivamente 400, 500 e 350 metri, alte 8 e larghe 20 metri; potevano ospitare 58 aerei ed erano dotate di tutto il necessario: deposito armi (bombe e razzi), deposito carburanti, carri armati, generatori elettrici, aria condizionata, cucine, servizi igienico-sanitari, aule, ambulatorio, archivio, stazione meteorologica, sofisticati sistemi radar, rifugi antiatomici... Le gallerie e gli spazi di servizi si snodavano per complessivi 3500 metri; c’erano quattro vie d’accesso e una pesante porta di cemento armato le separava da ogni influenza esterna; le condizioni climatiche erano ideali, con una temperatura che veniva mantenuta costantemente sui 18 gradi e la struttura aveva tutti i presupposti per poter funzionare autonomamente, in caso di necessità, per un periodo di 30 giorni. La parte esterna dell’impianto comprendeva un aeroporto composto da cinque piste e caserme vicino al villaggio di Ličko Petrovo selo, che era anche la base logistica dell’aeroporto. getto all’allora presidente Kennedy, ricevendo in cambio un cospicuo – quanto salvifico, per l’economia jugoslava – sostegno finanziario (2,5 miliardi di dollari). via all’epoca era tecnologicamente più avanzata rispetto ad altri Paesi dell’Europa orientale e su alcuni particolari (come ad esempio la figura di Milojko Mike Vucelić, che il presidente Lyndon Johnson insignì della “Presidential Medal of Freedom” e che alcuni media hanno definito “padre del programma Apollo”); in realtà gli storici hanno finora smentito seccamente l’esistenza di un programma spaziale jugoslavo. Una leggenda metropolitana – in cui certi vogliono credere, ancora presi dal carisma del maresciallo, che non sembra affatto affievolirsi nel tempo –, che viene esplorata nel film attraverso il personaggio di Ivan Pavić, un ingegnere del presunto programma spaziale jugoslavo. La troupe di Virc, che sta girando un documentario con l’aiuto anche di uno storico USA e di documenti d’archivio descretati, va a recuperarlo in Florida e dopo un’assenza di cinquant’anni Pavić torna nella natia Pago. Spedito fRealtà e fiction Il film si pone come un’ideale combinazione tra documentario e finzione, ricco d’intrighi politici e drammatiche storie personali. Virc gioca anche sul fatto che la Jugosla- Panorama 29 cinemania la verità? Che cos’è realmente ccIl “cast” del film: Tito, Kennedy, Johnson, Nixon alla NASA a sviluppare il programma Apollo 11 – la tecnologia jugoslava non funzionava come promesso (come del resto le famose Yugo!) –, i servizi segreti jugoslavi lo avevano dato per morto in un incidente in cui la sua automobile sarebbe finita in mare, inscenando il suo funerale. Portato via dalla famiglia e dal suo paese, Pavić non ha mai conosciuto la figlia, Nataša, che oggi vive a Belgrado. Lei, come sua madre, non aveva mai dubitato della versione che le era stata raccontata dalle autorità. I due s’incontrano per la prima volta e tutti insieme vanno a Željava. Inizia così la ricostruzione dell’intricata vicenda. Virc lascia lo spettatore a risolvere da solo il puzzle: credere o dubitare? Una cosa è chiara: il messaggio di fondo, ossia come ancora oggi, in una società moderna, sia facile manipolare il pubblico. E Virc, sotto questo aspetto, si rivela un abile manipolatore del sentimento di nostalgia, o meglio, jugonostalgia. Il film scorre via con leggerezza, permeato di una sottile ironia, che prende di mira i protagonisti storici. Di grande effetto la fotografia (il paesaggio desertificato dell’isola di Pago rimanda un po’ all’ambiente lunare), accattivante il soggetto, la parte più interessante sono i filmati inediti ritrovati negli archivi dell’ex Jugoslavia nello stato “vergine”, mai montati, che ci fanno vedere Tito in situazio30 Panorama Intrighi internazionali, documenti top secret declassificati e un accordo clandestino fra John F. Kennedy e il presidente della Jugoslavia, Josip Tito, sono solo la punta di un iceberg in questo stuzzicante lavoro di Žiga Virc. Sempre ai confini tra realtà e finzione, impastando abilmente materiali autentici, filmati d’archivio, con interviste realizzate nei giorni nostri – tra cui Slavoj Žižek, un ccRealtà o finzione? Il noto filosofo sloveno Slavoj Žižek, in una sequenza del film, centra alla perfezione il dubbio: “Che cos’è realmente la verità?” ni mai viste finora, in costume da bagno, a Brioni, con i suoi barboncini; oppure a bordo della nave Galeb e in “fuga” da questa per scansare le scenate della moglie Jovanka (si fa trasportare dalla nave ammiraglia a una della scorta con una specie di “funivia”); o, ancora, con in mano un cubano (provocatoriamente, di fronte agli statisti USA)... L’inquadratura scelta dal regista rivela quasi simpatia per il personaggio. Assenti riferimenti alla dimensione politica (gli spezzoni di documentari che mostrano manifestazioni antijugoslave negli USA sono funzionali alla trama), “l’eroe-presidente” in cui molti per decenni si sono proiettati e ex ingegnere aerospaziale jugoslavo, la sua figlia ritrovata, un generale dell’Esercito popolare jugoslavo in pensione e uno storico americano – «Houston, abbiamo un problema!» è un’affascinante meta-indagine sulla Guerra Fredda, rispettivamente sul ruolo della diplomazia, della fabbricazione dei miti e delle menzogne, delle manipolazioni e dei giochi politici finalizzati alla costruzione dell’identità nazionale. A Slavoj Žižek, uno dei pensatori più noti al mondo grazie alle sue teorie contro il capitalismo e il mercato, che appare scalzo e seduto davanti a una vecchia tv, è affidata la domanda chiave (una domanda da un milione di dollari) del film: “Che cos’è realmente la verità? Abbiamo bisogno dei miti?”. Stando al filosofo e sociologo sloveno, le leggende e le teorie del complotto esistono per spiegare e semplificare una realtà troppo complessa. A conferma della sua tesi che il superamento del mito non corrisponde semplicemente a un allontanamento dal mitico, ma una lotta constante con e all’interno di esso. riflessi si destreggia sotto i riflettori con la nonchalance di una star che sa sedurre le masse; un illusionista che ipnotizza il proprio uditorio – nazionale e internazionale – facendogli credere nella favola del “paradiso socialista” jugoslavo (o delle sue conquiste tecnologiche). Il risveglio, lo sappiamo, sarà brutale. mostre Uno sguardo privilegiato sulla vita delle Guardie svizzere L’esposizione presenta inquadrature, dettagli inediti e anche momenti privati della quotidianità, soffermandosi, di volta in volta, su diversi aspetti: il senso del dovere, l’evento istituzionale, ma anche il tempo libero, con attimi di spontaneità e gli sguardi orgogliosi. In visione ai Musei Vaticani fino al 12 giugno 86 foto che ripercorrono 500 anni del «più piccolo esercito del mondo», la cui storia al servizio dei Papi iniziò il 6 maggio 1527, durante il sacco di Roma Panorama 31 ccPapa Francesco durante l’udienza in Piazza San Pietro Per essere ammessi a far parte della Guardia svizzera bisogna possedere ben determinati requisiti: - sesso maschile - cittadinanza svizzera - fede cattolica - aver svolto il servizio militare nell’Esercito svizzero e aver ottenuto un certificato di buona condotta - avere un’età compresa tra 18 e 30 anni - avere un’altezza non inferiore a 174 centimetri - essere celibe (il matrimonio è ammesso solo per i caporali e gradi superiori) - avere un certificato di capacità professionale o una maturità medio-superiore 32 Panorama ccLe tradizionali armature delle Guardie svizzere I nquadrature, dettagli inediti e anche momenti privati della quotidianità, per soffermarsi così, di volta in volta, su diversi aspetti: il senso del dovere, l’evento istituzionale, ma anche, appunto, il tempo libero, con attimi di spontaneità e gli sguardi orgogliosi. È dedicata all’illustre Corpo della Guardia svizzera pontificia la mostra fotografica The Life of a Swiss Guard. A private view, che ai Musei Vaticani racconta, in 86 foto in bianco/nero e colore realizzate dal fotografo Fabio Mantegna, 500 anni di arte, storia e vita, offrendo uno sguardo privilegiato sul “più piccolo esercito del mondo”, unico per il suo legame con la storia del Vaticano, la cui storia al servizio dei Papi iniziò il 6 maggio 1527, durante il sacco di Roma. Inconfondibili nella loro uniforme storica, la rassegna per la prima volta mette in luce la complessa realtà vissuta dai soldati svizzeri che proteggono il Santo Padre – viene presentato attraverso ottantasei scatti e l’esposizione di divise ed oggetti che documentano la sua lunga storia. Come afferma Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, gli scatti artistici di Fabio Mantegna ripercorrono una vicenda “nobile e antica, ma anche la bella giovinezza di un gruppo di ragazzi al servizio del Papa di Roma, orgogliosi e onorati del ruolo che rappresentano e del servizio al quale sono chiamati: il senso del dovere e l’umanità d’accenti si mescolano ai sogni, all’entusiasmo e alla speranze che hanno tutti i ragazzi del mondo a vent’anni”. “Noi svizzeri abbiamo il privilegio di vegliare da secoli sulla sicurezza del Santo Padre. È un compito che svolgiamo con professionalità, grande gioia e spirito di sacrificio. Il servizio svolto da una Guardia svizzera non può essere equiparato a un lavoro. Essere Guardia svizzera è una vocazione. Occorrono fede e profonda convinzione per svolgere questo impegno straordinario e nobile. Giorno e notte siamo vicini al Santo Padre e cerchiamo, attraverso il nostro servizio, di garantirgli la tranquillità e la sicurezza di cui ha bisogno per svolgere il suo ministero di Successore di Pietro”, afferma il Col. Christoph Graf, comandante in capo della Guardia svizzera pontificia. L’esposizione focalizza l’attenzione sull’impegno giornaliero delle Guardie svizzere, intente nell’alta responsabilità del compito di vigilare costantemente sulla sicurezza del Santo Padre e della sua residenza. Adoperando al meglio la possibilità di un accesso privilegiato al mondo privato di questi uomini, Mantegna ha saputo fissare con semplicità e originalità alcuni dei momenti meno formali. La consapevolezza di una storia antica è sempre presente, così come l’orgoglio del ruolo che rappresentano e della missione alla quale sono chiamati, il senso del dovere e l’umanità d’accenti delle guardie impegnate ad assolvere le loro mansioni. Sono però anche ragazzi di venti anni con i sogni, l’entusiasmo, le speranze che hanno tutti i ragazzi di vent’anni del mondo. Ed è anche questa dimensione che il servi- ccGuardie svizzere durante l’udienza in Piazza San Pietro ccI “soldati del Papa” in servizio all’Ingresso di Sant’Annao zio fotografico di Fabio Mantegna fa emergere attraverso la scelta dei soggetti, il taglio delle inquadrature e la regolazione della luce, alcuni notissimi sfondi architettonici, il volto meno conosciuto della città del Vaticano. Le immagini sono accompagnate da interventi con i commenti e le riflessioni delle stesse Guardie svizzere sul proprio lavoro e sulla propria esperienza, rivelando punti di vista e sguardi mai banali su un mondo poco conosciuto e permettendo una loro conoscenza più intima e profonda che travalica la consueta percezione pubblica. Nel complesso, dunque, la ricca antologia fotografica e la selezione di oggetti offrono per la prima volta una visione rara e non comune del particolare gruppo di soldati che da oltre 510 anni sceglie di servire in un modo unico la Chiesa. Realizzata grazie alla disponibilità del Capitolo della California dei Patrons of the Arts dei Musei Vaticani (che con i loro finanziamenti aiutano a prePanorama 33 mostre servare capolavori come la Cappella Paolina e le Stanze di Raffaello, a realizzare nuovi allestimenti, tra cui la Sala Matisse, o ad acquistare laser e spettrometri di massa per il Gabinetto di Ricerche Scientifiche) e curata da Romina Cometti dell’Ufficio Patrons of the Arts diretto da P. Mark Haydu, la mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 12 giugno 2016, accessibile gratuitamente. B. R. L’uniforme di gala, la divisa probabilmente più famosa del mondo, deve la sua esistenza al comandante Jules Repond (1910 – 1921), che la disegnò così dopo approfondite ricerche e sulla base degli affreschi di Raffaello. I colori blu e giallo appartengono allo stemma di famiglia della Rovere, la famiglia di Papa Giulio II fondatore della Guardia. Il rosso viene dalla famiglia Medici, da cui proveniva il Papa Clemente VII. Le bande blu e gialle interrompono con un movimento fluido il rosso della giacca e dei pantaloni. Il cappello è stato sostituito dal berretto basco attuale, sul quale si può distinguere il grado. In un secondo tempo è stato modificato anche il collo bianco attuale. L’uniforme di manovra, che viene indossato durante la scuola reclute e il servizio notturno, è completamente blu con collo e polsini bianchi. Per ragioni pratiche è anche indossato per il servizio all’ingresso di Sant’Anna. Il servizio agli ingressi del Vaticano è una delle missioni più importanti. In inverno e quando piove, può essere indossato il cappotto per proteggersi dalla pioggia e dal freddo. A Pasqua, a Natale e durante il giuramento, si indossa una corazza del XVII secolo sulla divisa di gala, i guanti bianchi e il casco argentato, questa è l’uniforme di grande gala. Il casco, un morione, è ornato con una piuma di struzzo rosso per gli alabardieri e gli sottufficiali, viola scuro per gli ufficiali, bianca per il Sergente Maggiore e il Comandante. La quercia dello stemma araldico della famiglia della Rovere di Papa Giulio II che fondò il Corpo è in rilievo su entrambi i lati del morione. I tamburi fanno parte della banda, la loro uniforme è gialla e nera come la piuma del loro casco. Un esercito «colorato» ccGuardie attraversano la Piazza dei Protomartiri Acriter et Fideliter “S iete chiamati a vivere il vostro lavoro come una missione che il Signore stesso vi affida; a cogliere il tempo che trascorrete qui a Roma, nel cuore della cristianità, come opportunità per approfondire l’amicizia con Gesù e camminare verso la meta di ogni vera vita cristiana: la santità. Perciò vi invito ad alimentare il vostro spirito con la preghiera e l’ascolto della parola di Dio; a partecipare con devozione alla Santa Messa e coltivare una filiale devozione verso la Vergine Maria, e così realizzare la vostra peculiare missione, lavorando ogni giorno ‘acriter et fideliter’, con coraggio e con fedeltà”. L’ha detto il Santo Padre il 7 maggio scorso nella Sala Clementina, alla cerimonia del giuramento delle nuove reclute della Guardia svizzera pontificia – il cui motto è appunto “acriter et fideliter” – , all’indomani della festa di questo corpo armato speciale (che ricorre il 6 maggio, quando nel 1527 la Città Eterna venne attaccata dai lanzichenecchi dell’imperatore Carlo V e, durante questa invasione, gli svizzeri cercarono di resistere all’assalto eroicamente, tant’è che di 189 uomini si salvarono solo in 42, riuscendo a portare il pontefice Clemente VII 34 Panorama a Castel Sant’Angelo attraverso un passaggio segreto, salvandogli la vita). La Guardia svizzera pontificia è intessuta nella trama della vita e della tradizione del Vaticano. Questi “custodi colorati” del Papa dedicano la loro vita a Sua Santità e sono molto più di un suggestivo dettaglio della visita alla Basilica di San Pietro: hanno una missione di importanza vitale, non solo per la protezione del Santo Padre, ma anche per la divulgazione del suo messaggio in tutto il mondo. fOltre cinquecento anni di storia È il 22 gennaio 1506, quando un gruppo di 150 mercenari elvetici al comando del capitano Kaspar von Silenen, del Canton d’Uri, attraversando porta del Popolo entra per la prima volta nello Stato Pontificio per servire papa Giulio II. Già in precedenza Sisto IV aveva concluso nel 1479 un accordo con la confederazione, che prevedeva la possibilità di reclutare mercenari elvetici. Papa Pio X nel 1914 decide di fissare il numero dei militi che compongono questo speciale corpo a 100, più sei ufficiali, tra cui il comandante che ha il grado di colonnello. Con la nascita nel 1929 dello Stato Vaticano, le Guardie Svizzere diventano la milizia ufficiale del nuovo Stato. Durante la Seconda guerra mondiale papa Pio XII amplia temporaneamente il corpo delle guardie svizzere, portandolo a oltre 300 effettivi, sia per dare rifugio ai molti sfollati che per dare una maggiore stabilità alla Città del Vaticano. La Guardia svizzera pontificia si occupa della vigilanza, della sicurezza e della protezione del papa all’interno del Palazzo Apostolico e durante i suoi viaggi, oltre che dei servizi d’onore durante le udienze e i ricevimenti, presiede, congiuntamente con il Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, alle cerimonie nella basilica di San Pietro e nell’aula Paolo VI; si occupa inoltre del controllo degli accessi in Vaticano e, durante la sede vacante, della protezione del collegio cardinalizio. Il 6 maggio 2003 ha prestato giuramento in Vaticano la prima guardia svizzera di colore della storia: si tratta del giovane Dhani Bachmann, allora ventiduenne, indiano di nascita ma a tutti gli effetti cittadino svizzero. L’alabardiere ha prestato servizio soltanto per qualche anno. Il 5 maggio 2009 l’allora comandante in carica della Guardia svizzera pontificia, Daniel Rudolf Anrig (2008-2015), in un’intervista ha aperto alla possibilità che, in futuro, nel corpo possano essere arruolate anche le donne. made in italy Mille nuovi prodotti del food Made in Italy Le innovazioni a Cibus 2016 interessano tutti i settori merceologici e seguono i criteri della ricerca di un gusto e di una qualità sempre maggiori, di un packaging più pratico per il consumatore e meno dannoso per l’ambiente, dell’offerta di generi salutistici, quindi con meno grassi, senza lattosio, biologici, vegani U na gran quantità di nuovi prodotti, circa 1.000, sono stati proposti dall’industria alimentare italiana a Cibus2016, il Salone Internazionale dell’Alimentazione, organizzato da Fiere di Parma e Federalimentare a Parma dal 9 al 12 maggio. Sulla scia di Expo2015, il comparto alimentare ha investito per essere in grado di proporre sui mercati esteri e su quello interno nuovi prodotti in grado di rispondere alla domanda dei consumatori. Parte di questi prodotti sono stati presentati per la prima volta in assoluto a Cibus, altri sono stati messi sul mercato nei primi mesi del 2016. Le innovazioni interessano tutti i settori merceologici e seguono i criteri della ricerca di un gusto ed una qualità sempre maggiori, di un packaging più pratico per il consumatore e meno dannoso per l’ambiente, dell’offerta di prodotti salutistici, quindi con meno grassi, senza lattosio, biologici, vegani e via dicendo. Nel reparto salumi, si va dalla linea italiana al 100%, dall’allevamento in su (Salumificio Levoni) al Parmacotto Light Strolghino già pelato e pronto da affettare (Terre Ducali); dalla mortadella alle olive verdi pugliesi (Villani) al salame dalla originale forma di molla, per un pubblico giovane (Piovesan) al salame alla nocciola piemontese (Cuore di Mamma – Foreat); dal prosciutto con sale marino e senza conservanti (BP) alla crema di salame e formaggio spalmabile per bruschette (Sirianni). Panorama 35 made in italy eeDalla Callipo arriva la bottarga di tonno grattuggiata: sono le uova del tonno, sapientemente lavorate e stagionate. Questo pregiatissimo prodotto, dal gusto intenso e tanto apprezzato dagli intenditori, viene confezionato in vasetti di vetro Per quanto riguarda i formaggi, la lista comprende si allarga dalla pratica confezione di gorgonzola a cubetti (Igor) a un’intera linea senza lattosio (Galbani); dal Parmigiano Reggiano bio (Ferrari) alla confezione unica di formaggio spalmabile con cracker senza glutine (Prealpi); dai bastoncini affumicati di scamorza (Alifood) alla mozzarella con meno lattosio (Zappalà). E poi, entrando nella grocery, troviano la maionese senza uova, 100% vegetale (Biffi); uova con sostanze nutritive, come acido folico, iodio, etc. (Eurovo); oli vegetali per friggere bio 100% italiani (Zucchi); una linea di dolcificanti da uve italiane (Naturalia-Eridania); dado da brodo bio; carne 100% italiana (Fereoli); olio di argan del Marocco, con proprietà cardioprotettive (Pariani); palline alla salsa di soia per condimenti (Trasimeno); panna montata spray fresca, da tenere in frigorifero (Polenghi); sale grigio dell’Atlantico, metodo celtico (Gemma di Mare-CIS); pasta 36 Panorama all’uovo con semi di canapa bio (La Campofilone)... Nel settore dolciario, l’offerta va dal Panettone gastronomico by Masterchef (Balocco) al panettone in fette Loison Le Cheesecake (Donatella); dalla linea di preparati per dolci senza zucchero e senza glutine (San Martino) alla crema cioccolato con 40% di carota in sostituzione dello zucchero (Aureli); dalla pastiera napoletana con shelf life di 8 mesi, ottenuta non con conservanti ma con nuove tecnologie (Perrotta) al dolce a base di mozzarella di bufala e cassata siciliana (La Dolce Terra); dai ghiaccioli Polaretti pronti da gelare (Dolfin) al gelato bio (La Gelateria G7) e al gelato senza lattosio (Erika). L’offerta bevande si arricchisce di nettare di melagrana biologica (Bio Plose), nuove birre “cotte”, fermentate e non pastorizzate (Maestri Birrai Umbri); frullati naturali al 100% (Sterilgarda) alla bottiglia biodegradabile al 100% (Sant’Anna); latte con cannucce al gusto di cioccolato e fragola, per i bambini (Dolfin); succo di barbabietole (Molini Spigadoro); energy drink con pappa reale e propoli (La Dolce Vita)... Grande ingresso anche per la bottarga grattugiata (Callipo) e la tartare di mare (Medusa); quindi carciofi al tartufo (Selektia), zuppa abruzzese di castagne e ceci pronta, sottovuoto, senza conservanti (De Lucia), sugo di pomodoro con 50% di verdure, senza conservanti, pensato per i bambini (Rodolfi). Tra i nuovi packaging la confezione in fibre d’erba (Eurovo). Tanti i prodotti che rispondono alla domanda di benessere dei consumatori – biologici, gluten free, senza olio di palma, vegani, e altri –, figurano, ad esempio, filetti di tonno con sale iodato (Callipo) alle polpette di pollo bio (Fileni); confetture di kiwi giallo vitaminico (VIS), frollini gluten free (Delser), allo yogurt senza lattosio (Cooperativa Mila). Si rifanno all’alimentazione vegana la linea a base di soia (Pedon), la minestra di riso rosso e quinoa (Euroverde), il pesto vegan verde (Valbona), le fette vegetali alternative al formaggio (Benebio), il purè di patate senza latte (Euroverde), la piadina vegana (Ster), la focaccia genovese vegana (Francone) e fino alle pizzette vegane in pasta sfoglia multicereali (Sfoglia Torino). curiosità Una ricerca tedesca spiega che: «Il quoziente intellettivo si abbassa di 1,5 in ogni nuovo nato» I fratelli maggiori sono più intelligenti! a cura di Nerea Bulva T ra fratelli le prese in giro non mancano mai: chi sarà il più bravo? Chi il più intelligente di tutti? A dare una risposta a questa ultima domanda è arrivata una ricerca tedesca, secondo la quale il più anziano è dotato di un’intelligenza maggiore rispetto al fratello o ai fratelli minori. I primogeniti hanno, nella media, un QI di 2,3 punti più alto rispetto al secondogenito (il QI è un “misuratore dell’intelligenza” introdotto all’inizio del ‘900 ed è stato molto utilizzato in passato: oggi viene ritenuto un sistema di valutazione troppo limitato). La differenza è lieve (il quoziente intellettivo si abbassa di 1,5 punti in ogni nuovo nato), ma tanto basta per far cantare vittoria al primogenito. I ricercatori della Leipzig University hanno analizzato tre studi, che hanno coinvolto più di 20mila persone provenienti da Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna. I dati presi in considerazione includevano i risultati dei test di personalità e d’intelligenza. Secondo quanto osservato, il quoziente intellettivo si abbassa di livello dopo il primo figlio, mentre nessuna differenza tra i vari fratelli è stata notata sul piano della personalità, nonostante studi precedenti abbiano ipotizzato che l’ordine di nascita influenzi anche tratti del carattere. Gli scienziati non sono ancora in grado di spiegare questo lieve dislivello tra fratelli. Rimangono solo delle ipotesi: “Una teoria è che i figli successivi ricevano attenzioni ‘diluite’ da parte dei genitori. Mentre il primogenito riesce a ottenere quasi tutta la loro attenzione, almeno per alcuni mesi o anche anni, i fratelli minori devono, invece, dividerla con l’altro, fin dall’inizio”, spiega la ricercatrice Julia Rohrer. Ma c’è anche un altro possibile fattore: “Il primogenito insegna e svolge quasi una funzione di ‘tutor’ nei confronti dei più piccoli, mostrandogli come funziona il mondo”. Questa componente dell’insegnamento potrebbe avere un ruolo importante nello stimolare l’intelligenza del bambino. “Insegnare richiede il possesso di capacità cognitive: i piccoli devono così riportare alla mente le loro conoscenze, strutturarle ed elaborare il modo più giusto per esprimerle e renderle comprensibili agli altri – aggiunge Rohrer –. Tutto questo dà un importante input alla loro intelligenza”. Un’intelligenza per la quale dovrebbero forse ringraziare proprio loro, i fratelli minori. eeSecondo la professoressa Julia Roher questo lieve dislivello tra fratelli potrebbe essere dovuto al fatto che il primogenito ottiene quasi tutta l’attenzione di mamma e papà, almeno per alcuni mesi o anche anni, mentre i figli successivi ricevano attenzioni “diluite” da parte dei genitori. Un’altra ipotesi è che iI primogenito insegna e svolge quasi una funzione di “tutor” nei confronti dei più piccoli, mostrandogli come funziona il mondo e insegnare dà un importante input alla loro intelligenza Panorama 37 L’aumento di emissioni di CO2 ha spinto le piante a sviluppare più foglie, fenomeno preoccupante denominato dagli scienziati «effetto greening» 38 Panorama La Terra è più verde rispetto a 33 anni fa Boston University/R. Myneni ambiente ccQuest’immagine ci mostra il cambiamento delle aree verdi sulla terra dal 1982 al 2015 I I verde sulla Terra, negli ultimi trent’anni, è aumentato. Ma il merito non è di una politica di rimboschimento messa in atto dai vari paesi del mondo, bensì dalle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Sembra paradossale, eppure è quanto emerso da una ricerca di livello internazionale pubblicata sulla rivista scientifica Nature Climate Change, intitolata “Greening of the Earth and its drivers”: 32 ricercatori di 24 diverse istituzioni scientifiche hanno condotto lo studio utilizzando i dati ottenuti dai satelliti Nasa-Modis e Noaa-Avhrr, scoprendo che, negli ultimi 33 anni, circa il 50 per cento del territorio coperto da alberi è risultato essere più verde, quello che oggi è definito “effetto greening”. Europa, Africa Centrale e Amazzonia settentrionale le zone più interessate dal fenomeno, ma importanti cambiamenti sono stati registrati anche in Nord America e nel Sud Est asiatico, per un totale di 36 milioni di chilometri quadrati di aree verdi. Secondo le stime degli scienziati, con il fogliame degli alberi, a oggi, si potrebbe ricoprire un territorio pari a due volte gli Stati Uniti. L’effetto greening è dovuto per il 70% all’incremento della concentrazione di anidride carbonica presente nell’atmosfera, per il 9% dall’aumento della deposizione di azoto e per l’8% dai cambiamenti del clima che si sono verificati negli ultimi anni. Il restante 4% è stato attribuito al cambiamento della morfologia del suolo. I “negazionisti” del cambiamento climatico hanno presto fatta loro la ricerca, alcuni addirittura sbandierando i benefici delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera perché “fa crescere le piante”. Ma quello che insistono a sottolineare gli studiosi, invece, è che l’aumento delle zone verdi è in realtà un vero e proprio sistema di difesa: gli alberi hanno aumentato il fogliame per poter assorbire dosi massicce di CO2. “Una difesa, però, destinata a non durare nel tempo – come affermato dal professor Philippe Ciais, co-autore dello studio – fino ad annullarsi, poiché richiede grandi quantità di fosforo e di acqua, elementi che iniziano a scarseggiare sulla Terra”. “Inoltre – rileva ancora Ciais – i danni causati da un aumento delle emissioni di CO2 superano i benefici momentanei apportati: catastrofi naturali, con distruzione della vegetazione, innalzamento dei livelli dei mari, acidificazione delle acque e in molti luoghi siccità, possono mettere a dura prova le risorse vegetali del Pianeta e a lungo termine comportare una riduzione della massa fogliare globale”. “Il greening ha la capacità di cambiare radicalmente la ciclicità dell’acqua e del carbonio nel sistema climatico“, ha dichiarato il dottor Zaichun Zhu, dell’Università di Pechino e autore dello studio. Preoccupazione condivisa dal collega Ranga Myneni, della Boston University: “Lo sviluppo in più di un albero non va a compensare il riscaldamento globale, l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, l’acidificazione degli oceani, la perdita di ghiaccio marino e la previsione delle tempeste tropicali più gravi in arrivo”. Un monito del nostro Pianeta, quasi un canto del cigno, che va ascoltato. Ma c’è un’altra novità legata alle alte concentrazioni di anidride carbonica: a ciò sarebbe stato dovuto il drammatico cambiamento climatico avvenuto fra i 53 e 34 milioni di anni fa, nell’epoca dell’Eocene, con una temperatura di 14 gradi superiore a quella attuale. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Southampton grazie alle testimonianze conservate nei resti fossili dei microrganismi che allora popolavano gli oceani. La ricerca è importante sia per comprendere il clima del passato, sia per prevedere quello futuro. Analizzando gli antichi sedimenti oceanici e i livelli di CO2 tuttora presenti, i ricercatori hanno confermato l’ipotesi che l’anidride carbonica ha causato l’estremo riscaldamento in quell’epoca remota. Quando i livelli si sono ridotti è avvenuto un raffreddamento che ha portato alla formazione delle attuali calotte polari. “Non possiamo misurare direttamente le concentrazioni di CO2 di un tempo così lontano, ma dobbiamo affidarci in via indiretta a ciò che rimane negli attuali resti geologici”, precisa Eleni Anagnostou, coordinatrice dello studio. “In questo caso – prosegue – abbiamo usato la composizione chimica dei fossili marini rimasti nei sedimenti per ricostruire gli antichi livelli di anidride carbonica”. “La sensibilità del clima alla CO2, che ha portato al riscaldamento nell’Eocene – aggiunge Gavin Foster, co-autore dello studio – è simile a quella prevista dall’Ipcc (Intergovernamental Panel on climate change) per il nostro futuro”. Panorama 39 Stare seduti alla scrivania, 5 giorni su 7, a lavorare al PC ci espone a diversi disturbi, come dolori alla schiena, bruciore agli occhi, ma anche stress, mal di testa e gambe pesanti i siete mai chiesti quante ore trascorrete davanti allo schermo del vostro pc? Secondo uno studio condotto da Ofcom, il garante della comunicazione inglese, circa 8 ore e 41 minuti ogni giorno, ben 20 minuti in più rispetto a quelli che passate nel vostro letto. Stare seduti alla scrivania, 5 giorni su 7, a lavorare al computer ci espone a diversi disturbi: dai dolori alla schiena al bruciore agli occhi, ma anche stress, mal di testa e gambe pesanti. Spesso è il reiterarsi di cattive abitudini, anche legate alla postura che adottiamo durante le ore d’ufficio, che fanno scaturire questi fastidi. È importante quindi rieducare il corpo e anche la nostra routine lavorativa, con degli accorgimenti salutari: ecco quelli più efficaci e idonei per i diversi disturbi da computer. Mal di schiena L’80% dei lavoratori in Europa ne ha sofferto almeno una volta nella vita e una persona su quattro si assenta dal lavoro per almeno tre giorni all’anno per colpa di questo malessere. La causa più frequente del mal di schiena? Una postura scorretta. Come quando sedete con le gambe acca40 Panorama da computer: come prevenirli vallate o non tenete la schiena ben dritta appoggiata allo schienale. Anche i tacchi alti non aiutano: costringono il corpo a compensare lo “sbilanciamento” in avanti con una deformazione dell’intera colonna, oltre a obbligarvi a una scorretta posizione anche da sedute. A soffrirne sono i muscoli e più della metà dei dolori riguarda il tratto lombo-sacrale. Colpa del fatto che trascorriamo seduti circa 12-15 ore al giorno e la metà degli impiegati in ufficio vive ad “attività fisica zero”. Se volete prevenire il disturbo: adottate un corretto atteggiamento alla scrivania, sedendovi con la schiena ben dritta in modo da formare con il bacino un angolo retto; una posizione troppo comoda è, a lungo andare, dannosa. Attenti a non sbilanciare il corpo in avanti o di lato, ma di tenere la schiena sempre ben appoggiata salute alla spalliera della sedia. Le spalle vanno mantenute rilassate, la testa in posizione centrale, evitando di “incassarla”. Quando leggete o scrivete, inclinate il busto in avanti, a livello delle anche, ed appoggiate i gomiti alla scrivania. Gli occhi «secchi» Tra computer, smartphone, tablet ed ebook, la vista è messa a dura prova durante la giornata. E uno dei principali disturbi di chi usa in modo prolungato i monitor è la secchezza oculare. Gli schermi costituiscono, infatti, una fonte di stress per gli occhi, perché i continui adattamenti di messa a fuoco, da una distanza di lettura ravvicinata con caratteri molto piccoli a una visione dell’ambiente circostante, provocano affaticamento visivo e bruciori. Questo “stress visivo” riduce la frequenza all’ammiccamento, cioè l’apertura e chiu- sura delle palpebre utile a diffondere le lacrime sulla cornea, causando secchezza oculare e irritazione. I sintomi più comuni sono l’arrossamento, il senso di un corpo estraneo, sensazione di bruciore, prurito e fastidio alla luce. Se volete prevenire il disturbo: fate fare ginnastica agli occhi con degli esercizi mirati. Di tanto in tanto, distogliete lo sguardo dal monitor e cercate di mettere a fuoco oggetti che sono lontani da voi: così rilassate la tensione muscolare accumulata. Inoltre, sforzatevi di ammiccare spesso per favorire la lacrimazione. Lo stress Troppi impegni, scadenze a stretto giro e ritmi serrati possono provocare ansia e farvi sentire stanchi, affaticati e nervosi. Gli effetti di questa tensione sono facilmente individuabili: oltre all’irritabilità e alla debolezza, si possono manifestare calo dell’umore e della concentrazione, cerchio alla testa ed emicranie. Se volete prevenire il disturbo: una sana alimentazione può essere d’aiuto per combattere lo stress. Arricchite la vostra dieta di cereali integrali, legumi, pesce di piccola taglia, semi oleosi, olio extravergine di oliva, verdura e frutta di stagione di produzione biologica: così darete all’organismo tutti i nutrienti, le vitamine e i sali minerali che gli sono necessari per recuperare le energie. Sono molto importanti anche il magnesio e le vitamine del gruppo B, che si possono assumere concedendosi di tanto in tanto un cubetto di cioccolato fondente, mangiando pesce azzurro, mandorle, banane e verdure a foglia verde. La cervicale Chi passa tante ore al computer rischia questo malessere, che dà torcicollo, dolore alla nuca e alle spalle, accompagnato da rigidità dei movimenti. Colpa della postura scorretta, di troppe ore passate seduti, movimenti sbagliati e di uno stile di vita poco corretto. Ne soffrono 6 persone su 10, e viene considerata una vera malattia sociale che colpisce sia uomini che donne. Se volete prevenire il disturbo: concedetevi delle piccole pause, alzandovi dalla scrivania e sgranchiendovi le gambe per un paio di minuti ogni due ore di lavoro. Un valido aiuto è fare attività fisica, soprattutto stretching, yoga e pilates per distendere i muscoli. Evitate anche i colpi di freddo e le correnti d’aria: fate attenzione che il bocchettone dell’aria condizionata del vostro ufficio non sia diretto sopra alla scrivania. Gambe gonfie Trascorrere tante ore in piedi, ma anche seduti nella stessa posizione può causarvi gonfiore e pesantezza alle gambe. La ragione di questo malessere spesso è legata a un’insufficienza venosa lieve che può sfociare in un disturbo più complesso: le vene varicose. Dette anche varici, sono dilatazioni delle vene nelle quali il sangue scorre a fatica e ristagna. Non si manifestano all’improvviso, ma tendono a comparire gradualmente: le vene in questo caso diventano man mano più pronunciate. Una vita sedentaria, così come in genere uno stile di vita poco sano, possono favorirne la comparsa, insieme a una predisposizione genetica che gioca un ruolo molto importante. Altri fattori che entrano in gioco sono di tipo ormonale, la gravidanza, l’uso di anticoncezionali, un’alimentazione scorretta, la sedentarietà, un deficit posturale e il fumo. Se volete prevenire il disturbo: per riattivare la circolazione sanguinea, regalatevi delle camminate in pausa pranzo e quando tornate a casa, usate il getto dell’acqua fredda della doccia, partendo delle caviglie e salendo sfino all’inguine. Panorama 41 matita su un block notes o taccuino si processano e assimilano meglio le nuove informazioni. Il motivo? Mentre prendere appunti sul computer spinge a registrare tutto, parola per parola, scrivere a mano obbliga il cervello a delle scelte, a selezionare le informazioni, a riconoscere sin dall’inizio quelle più importanti e a rielaborare il discorso o la lezione che si sta ascoltando. Ed è proprio la riformulazione delle informazioni a facilitare l’apprendimento: gli psicologi sostengono che la scrittura a mano impegni parti del cervello che vengono invece trascurate quando si digita un testo al computer, con particolare riferimento alle aree associate alla formazione della memoria. Ma se avessimo bisogno di correggere e ampliare i nostri appunti? Se volessimo immagazzinarli su un supporto – tablet, computer o smartphone – per poterli condividere in tempo reale con qualcuno? Tutto quello che viene affidato alle pagine di carta di un block notes, sembra S e dobbiamo prendere appunti o registrare rapidamente un’informazione, computer, smartphone e tablet sono supporti validissimi, è innegabile. Ma anche scrivere a mano presenta numerosissimi vantaggi: consente di sfogarsi ed essere più felici, favorisce la concentrazione e ci rende persino più intelligenti. Tanto che alcune aziende si sono impegnate nella ricerca di soluzioni che uniscano i vantaggi della scrittura su carta a quelli della scrittura su supporto elettronico. Negli ultimi anni i benefici della scrittura a mano sono stati oggetto di di- 42 Panorama verse ricerche. Alcune, ad esempio, hanno dimostrato che i bambini che sono in grado di scrivere con carta e penna sono più rapidi nell’imparare a leggere, ricordano le informazioni acquisite più a lungo e riescono ad elaborare nuove idee con maggiore facilità. Quando si scrive, si attiva automaticamente un circuito neurale unico. E sembra che questo circuito contribuisca alla comprensione in modi di cui non si aveva consapevolezza, rendendo l’apprendimento più facile. Se, insomma, prendendo appunti su un supporto elettronico si riescono ad immagazzinare più dati, scrivendo a penna o a destinato a restare lì, a meno di trascrizioni o fotografie. Eppure, le aziende sembrano aver compreso l’importanza del legame che sussiste tra esseri umani e arte della scrittura: una novità piuttosto interessante, su questo fronte, nasce dalla collaborazione tra Moleskine – famosissimo brand di taccuini, agende e quaderni – e Neo smartpen, che hanno lanciato un’idea innovazione Quando la scrittura si unisce al mondo digitale Smart Writing Set consente di prendere appunti su carta e digitalizzarli comodamente in tempo reale che potrebbe rivoluzionare il nostro modo di prendere appunti. Si tratta dello Smart Writing Set, un set composto da app (Moleskine Notes App), penna intelligente (Moleskine Pen+) e un taccuino dai bordi arrotondati e dalle pagine puntinate (Paper Tablet). Il set permette di riportare in tempo reale su smartphone o computer qualsiasi cosa venga scritta o disegnata sullo speciale taccuino: un modo per salvaguardare sia l’esigenza di prendere appunti o disegnare a mano che quella di poter conservare, rimaneggiare e condividere i propri testi. Una soluzione interessante, che non potrà non piacere a chi non si è (ancora) rassegnato a digitare su tastiera o su schermo e si trova molto più a proprio agio con carta e penna. Panorama 43 a cura di Igor Kramarsich L a prossima incarnazione del sistema operativo di Google per smartphone e tablet Android N conterrà diverse novità, alcune delle quali non immediatamente visibili dato che si tratta di miglioramenti apportati per lo più “sotto al cofano”. I loro effetti non saranno quindi vistosi come quelli di altre funzionalità, quale per esempio il Freeform Window Mode ma potranno comunque essere apprezzati perché diverse operazioni saranno semplificate o diventeranno più efficienti. f1. VPN sempre attiva Da tempo Android possiede un client per VPN integrato, ma in Android N Google ha deciso di spingersi oltre, permettendo di mantenere sempre attiva una VPN per una determinata app: l’idea è facilitare l’uso a quanti adoperano lo smartphone per lavoro e hanno bisogno di connettersi alla VPN aziendale. Il funzionamento è completamente personalizzabile dall’utente o dagli amministratori di sistema e naturalmente questa possibilità, oltre a essere utile per gli utenti aziendali, è anche adatta a quanti cercano di proteggere la propria privacy e pertanto fanno uso di una rete privata virtuale per ogni loro connessione. f2. Nuovo compilatore JIT In Android 5.0 Google sostituì la macchina virtuale Java usata fino ad allora, nota come Dalvik, con ART (Android RunTime) e adottando globalmente la compilazione AOT (Ahead-of-Time) del codice. Così facendo sono stati migliorati i tempi di avvio e di esecuzione delle app, a discapito però dei tempi di installazione: ogni volta che si installa o si aggiorna un’app questa viene riottimizzata, e quando si tratta di installare molti aggiornamenti i tempi possono diventare fastidiosamente lunghi. Con Android N il gigante di Mountain View ha deciso di correggere un po’ la rotta, reintroducendo la compilazione JIT (Just-in-Time), che viene adoperata quanto un’app viene installata oppure si applica un aggiornamento. Il sistema inoltre applica le tecniche di code profiling per stabilire quali “porzioni” di ogni app vengono usate più di frequente e stabilisce se adottare la compilazione JIT o AOT in base alle necessità. Il momento per effettuare la com- multimedia funzionalità interessanti Android N pilazione AOT è «quando il dispositivo non è in uso ed è in carica» per evitare di incidere troppo sull’autonomia. f3. OpenGL ES 3.2 (e forse Vulkan) Android N supporta ufficialmente le librerie grafiche OpenGL ES 3.2, mentre per l’adozione di Vulkan ancora si aspettano conferme. Vulkan vorrebbe essere la risposta alle DirectX 12 di Microsoft e Metal di Apple, in grado di fornire buone prestazioni senza richiedere troppe risorse. Il progetto è nato con l’intento di creare «le OpenGL di nuova generazione». Sebbene Google abbia già affermato l’intenzione di inserire Vulkan in Android N, la conferma ufficiale deve ancora arrivare. f4. API per le impostazioni rapide Il pannello delle impostazioni rapide è stato rivisto in Android N: dà maggiore controllo agli utenti e permette anche di disporre le opzioni su più pagine, consentendo una maggiore personalizzazione. Per gli sviluppatori Google ha introdotto una nuova serie di API proprio dedicate a questo menu: ciò significa che ognuno potrà creare le proprie tile per il pannello, con l’avvertenza che questa nuova possibilità “sia riservata per controlli o azioni cui è necessa- rio accedere con urgenza oppure che vengono adoperati di frequente, mentre non dovrebbe essere usata per creare scorciatoie per il lancio delle app”. f5. Direct Boot A partire da Android 6, Google ha attivato di default la crittografia dei dispositivi che dispongono dei requisiti minimi. Android N evolve questa situazione creando due diverse “zone” per i dati crittografati. Alla prima, definita “credential encrypted storage” si può accedere soltanto quando il telefono viene sbloccato. La seconda, invece, definita “device encrypted storage”, permette l’accesso dopo l’avvio del telefono ma anche prima che questo venga sbloccato: è la situazione che Google definisce Direct Boot. Il motivo di questa distinzione è presto detto: ci sono app che hanno bisogno di poter accedere ai contenuti della memoria anche se l’utente non ha ancora sbloccate il telefono (con il PIN, l’impronta digitale o qualsiasi altro modo). App che hanno questa necessità possono essere quelle che “forniscono notifiche preimpostate, come un allarme”, oppure “app che presentano all’utente notifiche importanti, come gli SMS” o ancora “app che forniscono servizi per l’accessibilità, come Talkback”. Grazie a questa funzionalità, qualora il dispositivo dovesse riavviarsi all’improvviso (magari per un aggiornamento del sistema) le notifiche continuerebbero ad arrivare anche se l’utente non si è accorto di quanto successo e non ha ancora sbloccato lo smartphone. f6. Data Saver Chi usa uno smartphone sa che è fin troppo facile consumare rapidamente tutto il traffico dati a disposizione con un normale piano telefonico. Data Saver permette di ridurre le attività in background e di intervenire su alcune funzioni per limitare al minimo il traffico di dati quando si sta utilizzando una connessione a consumo: per esempio viene ridotta la qualità delle immagini e dello streaming video. L’utente ha il controllo di questa funzione e può indicare a quali app non si debbano applicare tali restrizioni, mentre gli sviluppatori hanno a disposizione un’API per leggere le impostazioni di Data Saver e regolare di conseguenza l’utilizzo dei dati nella propria app. Panorama 45 passatempi 1 2 3 4 5 6 17 7 8 9 18 20 34 37 42 44 45 57 58 Panorama 47 50 54 55 59 61 Ingegno vivo – 30. Consumata poco a poco – 31. Lo subì Giordano Bruno – 33. Radice molto piccante originaria del Giappone – 35. Lastra di pietra con iscrizioni – 36. Alture tra Israele e la Siria – 37. Piccolo carnivoro dei mustelidi – 38. Fa strage nei pollai – 39. Secondo la leggenda fu fondata da Antenore – 40. Il mare di Cefalonia – 41. Aumenta di volume con la splenomegalia – 42. Hanno la gola nera – 43. Si nutre con Soluzione del numero precedente avversione – 44. Fulvio pittore italiano nato a Pola – 45. C’è pure quello di tre cotte – 46. Trapani su targa d’auto – 48. Lo aborrono i pacifisti – 50. Pronome di riguardo – 51. Congiunzione eu- 46 46 49 53 ORIZZONTALI: 1. Infliggere una completa sconfitta – 10. Importante centro industriale sul lago Michigan – 17. Polvere per fotocopiatrici – 18. La scritta sulla Croce – 19. Abbonda in falegnameria – 20. Lo è il mare al largo – 21. Narrazione di gesta eroiche di un popolo – 22. S’infiammano facilmente – 23. Pescare meno pesce – 24. È più piccola della rana – 25. Il siero della verità – 28. La fine dei sepoy – 29. 32 39 41 60 16 36 48 56 31 38 52 15 27 35 40 14 23 30 43 13 26 29 33 12 22 25 28 11 19 21 24 51 10 fonica – 53. Un uomo calvo – 54. Idonea, acconcia – 55. Centrò una mela – 56. Giochi per un giocatore – 58. Le ricorda lo storiografo – 59. Contenitori per liquidi medicinali – 60. Vanno col sari per strada – 61. Un ambiente particolarmente attrezzato. VERTICALI: 1. Misura di capacità per cereali – 2. L’industria cinematografica indiana – 3. Attendono tutti dopo gli anni 39 – 4. Può essere confesso – 5. Vocabolari senza vocaboli – 6.Tumori benigni – 7. Poeticamente povero – 8. Ridotto in cenere – 9. Particella iterativa – 10. Prese in giro – 11. Isola di fronte ad Atene – 12. Lago dell’Etiopia – 13. Radio Televisione Italiana – 14. I limiti dell’ONU – 15. Sa far accecare – 16. Donna attempata che vuol comparire giovane – 19. Trattenuta dallo staccio – 21. La moglie di Priamo, re di Troia – 22. La parte immersa della nave – 25. Il pesce pappagallo – 26. La madre di Napoleone Bonaparte – 27. Parte dell’intestino crasso – 29. Si porta con rancore – 31. Elemento chimico – 32. Usati per l’ormeggio – 34. La strada romana che univa Bologna ad Aquileia – 35. Lo è il mare – 36. Sostiene il fiore – 37. Francesi di città – 38. Portati a termine – 39. Vi nacque Arturo Toscanini – 41. Un... dente del giudizio – 42. Morì a Little Bighorn – 44. Il nome di Kundera – 45. Il buio quando è... pesto – 47. Berretto emisferico portato dai Romani – 48. Traguardo da raggiungere – 49. Fiume dell’Austria – 50. Il re padre di Cordelia – 52. Sfocia nel Mar d’Azov – 53. Molto religiosi – 55. Prefisso per zolfo – 57. Sfaldato al centro – 58. Il contrario di niet – 59. Fusto fuori uso. Pinocchio