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L`Unione Italiana attenta alle nuove leve

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L`Unione Italiana attenta alle nuove leve
www.edit.hr
Anno LXIV - N. 10 | 31 maggio 2016 | Rivista quindicinale - kn 14,00 | EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
BORSE DI STUDIO
POST LAUREA
Sono previste borse di studio
per il Collegio del Mondo Unito
dell’Adriatico di Duino; borse di studio
per la formazione universitaria in
Italia, Croazia e Slovenia; borse studio
per studenti e laureati «eccellenti»
Si assegnano borse di studio per
dottorati di ricerca, master specialistici
e master di ricerca (Italia, Croazia
o Slovenia), nonché contributi per
equipollenze, esami integrativi,
competenze pedagogiche
L’Unione Italiana
attenta alle nuove leve
Intervista a Daniele Suman, responsabile
dei settori «Università e Ricerca scientifica»,
«Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e
«Attività sportive» della Giunta esecutiva,
sulle opportunità che si offrono ai giovani
connazionali che intraprendono un percorso
di studi universitari e un possibile inserimento
lavorativo nelle istituzioni della Comunità
nazionale italiana in Croazia e Slovenia
Dossier CI
Visignano, la
Comunità è elemento
catalizzatore della vita
sociale della cittadina
p. 20
sommario
PANORAMA GIOVANI
SMSI, le foto
della generazione
2015/2016
EDITORIALE
Diversi modi di essere italiani Il 2
giugno 1946, una data significativa per
l’Italia e per gli italiani rimasti a vivere
nell’Adriatico orientale
3
Numero speciale del nostro inserto
Panorama Giovani dedicato ai
maturandi delle scuole medie
superiori italiane in Croazia e
Slovenia. Nelle dodici pagine
centrali, classe per classe – da Buie
a Fiume, da Pola a Rovigno, da
Capodistria a Pirano e Isola – le foto
ricordo della generazione 2015/2016
PRIMO PIANO
L’UI sempre attenta alla formazione
delle future leve della CNI. Intervista
a Daniele Suman, titolare dei settori
«Università e Ricerca scientifica»,
«Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e
«Attività sportive» della Giunta esecutiva
dell’Unione Italiana
4
territorio
Musica, scrittura, usanze, spettacoli:
è l’edizione più ricca. Il Festival
dell’Istroveneto festeggia i suoi primi
cinque anni
9
Primo al mondo. Fiume, patria del siluro,
nel 150.esimo dell’invenzione dedica un
museo all’arma navale per antonomasia
10
Vinistra, una finestra sul mondo
del vino. Conclusa a Parenzo la fiera
specializzata più grande in Croazia
31
made in italy
Mille nuovi prodotti del food Made
in Italy
37
La Terra è più verde rispetto a 33 anni fa
DOSSIER ci
38
Disturbi da computer: come
prevenirli
40
Quando la scrittura si unisce al
mondo digitale
22
cinemania
42
multimedia
Android N, 6 funzionalità
interessanti
44
PASSATEMPI
27
Cruciverba
di Pinocchio 46
NASCITA DI UNA NAZIONE
Italia democratica
70 anni in sintesi
Lo storico friulano Guido Crianz ci offre, nel suo ultimo
libro, la narrazione della storia recente del Bel Paese, per
come è stata vissuta, resa e interpretata dalle più diffuse
fonti di informazione. Un’opera di sintesi e bilancio, pensata per un pubblico generalista, che propone anche un
nuovo modo di vedere il passato come strumento per affrontare la difficoltà di conservare la memoria e costruire
il futuro nel disagio del presente
2
Panorama
a cura di Fabio Sfiligoj
17
Anno LXIV | n. 10 | 31 maggio
12
15
Ritrovato l’odore
delle pecore
35
I fratelli maggiori sono più
intelligenti
Un dipartimento ad hoc per la lingua
italiana nel mondo. È la proposta di
legge della deputata Fucsia Nissoli
Tito, gli Usa, la Luna: una balla
spaziale. Successo di pubblico per
la docu-fiction «Houston, we have a
problem!» dello sloveno Žiga Virc
L’OPERATO DI PAPA BERGOGLIO
Uno sguardo privilegiato sulla vita
delle Guardie svizzere
RUBRICHE
italiani nel mondo
Diana Bernobić Sirotić: «CI di
Visignano: catalizzatore della vita
sociale della cittadina»
MOSTRE
Redattore capo responsabile
Ilaria Rocchi
[email protected]
Progetto grafico-tecnico
Sanjin Mačar
Redattore grafico-tecnico
Sanjin Mačar, Teo Superina
Collegio redazionale
Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, A rdea Velikonja
REDAZIONE
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Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-770
Telefax: 051/672-128, direttore: tel. 672-153
Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146
ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka)
ISSN 1334-4692 Panorama (Online)
TIPOGRAFIA
Helvetica - Fiume-Rijeka
ABBONAMENTI Tel. 228-782. Croazia: an­nuale (24 numeri) kn 300,00
(IVA inclusa), semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa), una copia kn
14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale
(24 numeri) euro 62,59 , semestrale (12 numeri) euro 31,30,
una copia euro 1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00, una copia
euro 1,89.
Versamenti
Per la Croazia sul cc. 2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d. Rijeka.
Per la Slovenia: Erste Steiermärkische Bank d.d. Rijeka
7001-3337421/EDIT SWIFT: ESBCHR22.
Per l’Italia - EDIT Rijeka 3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT:
PBZGHR2X.
Numeri arretrati a prezzo raddoppiato
INSERZIONI: Croazia - retrocopertina 1.250,00 kn, retrocopertina interna
700,00 kn, pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia - retrocopertina 250,00
euro, retrocopertina interna 150.00 euro, pagine interne 120,00 euro.
PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e
della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione
con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra
Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare di Trieste
Ente giornalistico-editoriale
Rijeka - Fiume, Zvonimirova 20A
Il ministro dell’Interno, Giuseppe Romita legge i risultati del
referendum istituzionale del 2 giugno 1946 (Publifoto, Milano)
25
Direttore f.f.
Errol Superina
Consiglio di amministrazione
Oskar Skerbec (presidente), Roberta Grassi Bartolić (vicepresidente),
Roberto Bonifacio, Samuele Mori, Dario Saftich, Borna Giljević
editoriale
Istriani, fiumani e dalmati, parte di un popolo diviso
dalla Storia e dalle scelte imposte dalla politica
Diversi modi di essere italiani
di Ilaria Rocchi
Q
a festa del 2 giugno
quest’anno assume una
rilevanza particolare.
Ricorre, infatti, il settantesimo anniversario
della nascita della Repubblica Italiana, fondata in seguito al referendum istituzionale
con cui la maggioranza della popolazione
italiana poneva fine alla monarchia, che
aveva segnato l’Italia dal 1861 e aveva
condotto la nazione al disastro con il fascismo e la Seconda guerra mondiale.
I 28 milioni di italiani aventi diritto erano
chiamati non solo a scegliere tra monarchia
e repubblica, ma anche a eleggere i membri dell’Assemblea Costituente che scriverà
la nuova architettura dello Stato (la Costituzione che entrò in vigore il 1.mo gennaio
1948, approvata il 22 dicembre 1947 dai
rappresentanti di tutti gli schieramenti
politici che erano stati eletti nelle prime
consultazioni libere dopo il Ventennio).
L’opzione repubblicana prevalse con il
54,3% dei voti contro il 47,7% dei monarchici (non mancarono accuse di brogli,
ricorsi, conteggi...). Per la prima volta in
Italia il suffragio fu universale maschile e
femminile, un passaggio alle urne decisivo per la storia del Paese. Il “passaggio”
istituzionale si svolse in un clima politico
e culturale pesante: l’Italia appena uscita
sconfitta dalla guerra doveva affrontare
un difficile periodo di transizione, tenuta
sotto stretta sorveglianza dalle potenze
vincitrici, che osservavano l’evolversi della
situazione italiana con interesse. Lo Stivale
era spaccato tra Nord, propenso alla forma
repubblicana, e il Sud, restio a staccarsi
dalla monarchia. Si correva persino il
rischio di una guerra civile, scongiurato
anche dall’esilio volontario dell’ultimo re,
Umberto II di Savoia, che lasciò l’Italia il 13
giugno di quello stesso anno. In seguito, le
diverse anime contribuiranno a costruire
un Paese che entrerà nella top ten dei più potenti Stati del mondo.
Tornando a sette decenni fa, era dunque un
corpo profondamente lacerato quello italiano;
un corpo debilitato dalle sofferenze del conflitto,
dall’incertezza, dai giochi di potere più grandi
di lui, dai compromessi che una parte della sua
classe politica aveva accettato. Ad esempio, rinunciando a un suo braccio: infatti, dal voto del
2 giugno 1946 furono esclusi gli italiani della
Venezia Giulia con Gorizia, Trieste, Pola, Fiume,
Zara, zone controllate o dall’autorità militare alleata o dalla Jugoslavia di Tito. Mancavano ancora mesi alla firma del Trattato di Pace di Parigi,
ma per i connazionali dell’Adriatico orientale il
destino era già segnato: avrebbero fatto parte
della Federazione jugoslava. Nessuno provvide
a consultarli, non ci fu alcun plebiscito. Poterono invece optare tra andarsene (in molti casi fu
l’unica via possibile per sopravvivere) o rimanere. Era in atto un’altra spaccatura. Decisero di
“restare italiani” e non “tradire la loro identità”
(italiana) oltre 300mila istriani, fiumani e dalmati, che abbandonarono le terre d’origine; ma
“restarono italiani”, senza mai tradire la propria
identità, anche coloro che, ancorati nelle proprie
piccole patrie – Istria, Fiume e Quarnero, Dalmazia, Slavonia... –, divennero cittadini jugoslavi
2 giugno 1946, una
data significativa
per l’Italia e per gli
italiani rimasti a
vivere nell’Adriatico
orientale: ricorre
il settantesimo
della nascita della
Repubblica Italiana
e della fondazione
del primo Circolo
Italiano di Cultura
(successivamente croati e sloveni); entrambi
ugualmente alle prese con le conseguenze della
rottura con il passato, costretti, in un certo senso,
a reiventarsi un’identità – da una parte quella
dell’esule, dall’altra parte quella di appartenente a una minoranza –; entrambi per certi versi
“scomodi” per gli Stati. Non è stato (non lo è
tutt’oggi) facile né per gli uni né per gli altri. Gli
esuli hanno combattuto (e sono costretti a continuare a farlo, nonostante l’istituzione del Giorno
del Ricordo abbia “attutito” i colpi dei torti subiti)
per vedersi riconosciuti nella loro specificità dallo
Stato italiano; i rimasti hanno lottato e stanno
lottando per preservare la presenza italiana in
queste terre, ridotta numericamente, ma ancora
sempre grande come Cultura. E ciò grazie anche
all’impegno di tanti connazionali, che quotidianamente praticano lingua e cultura italiana, e
lo fanno pubblicamente attraverso le istituzioni
che si sono dati: scuole, compagnia di prosa,
stampa ed editoria, comunità degli italiani.
Un caso – o forse no –, il 2 giugno 1946 nasceva
a Fiume, nella Sala Bianca dell’ex Teatro Fenice,
l’antesignana dell’odierna Comunità degli Italiani e di tutti i sodalizi simili disseminati tra Istria e
Dalmazia: il Circolo Italiano di Cultura. Era frutto
dell’iniziativa di un gruppo di italiani che avevano deciso di voltare pagina. Si scrollarono di
dosso il seccante peso del retaggio fascista, ma
non riuscirono a scansare i condizionamenti di
un altro regime totalitario. L’inaugurazione ufficiale della sede del CIC, individuata fin dall’inizio
in Palazzo Modello, avvenne l’11 novembre di
quello stesso anno. Sarà ancora la Comunità di
Fiume a riprendere per prima, all’indomani del
crollo del Muro di Berlino, il dialogo con l’altra
componente del popolo italiano della città, a collaborare su progetti concreti, di respiro europeo,
nel rispetto reciproco. A testimonianza e dimostrazione che possono (co)esistere modi diversi
di essere italiani, tutti legittimi e tutti ugualmente degni di considerazione. È un percorso plurimo e al contempo “unitario” che va ricordato,
soprattutto oggi, e riconosciuto. Per ribadire che
gli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia
erano, sono e rimarranno italiani a prescindere
da tutto. La gente passa, gli Stati cambiano, la
cultura italiana resta.
Panorama
3
Titolare dei settori «Università e Ricerca scientifica»,
«Organizzazione, Sviluppo e Quadri» e «Attività
sportive» della Giunta esecutiva
N
di Ilaria Rocchi
lle scuole medie
superiori italiane
della Croazia e della
Slovenia le lezioni
sono terminate da
un paio di settimane, ma i ragazzi continuano
ad affollare le aule anche se per
poco: si stanno affrontando gli
esami della Maturità di Stato
e poi un’altra generazione sarà
pronta per spiccare il volo. E c’è
chi affronterà da subito il mercato del lavoro, altri invece continueranno il percorso formativo
all’università.
Quali sono le opportunità che
l’Unione Italiana offre a sostegno degli studenti della Comunità nazionale italiana?
“Il Settore ‘Organizzazione, Sviluppo e Quadri’ dell’UI ha sempre operato puntando principalmente sulla formazione dei
giovani licenziati dalle scuole
medie superiori italiane di Croazia e Slovenia dando la priorità
alla politica dei quadri e dei pro-
4
Panorama
fili professionali, sempre collaborando con le istituzioni della
Comunità nazionale italiana per
trovare e promuovere strumenti
appropriati per motivare i giovani nella scelta di professioni
altamente utili per la formazione dei futuri quadri delle istituzioni operanti nell’ambito della
CNI. Fino all’anno accademico
2011/2012, l’UI bandiva concorsi
per un totale di 24 borse studio
ripartite in 8 borse per le università italiane, 8 borse per le
università slovene e 8 borse per
i due dipartimenti dell’Università
‘Juraj Dobrila’ di Pola, ossia il Dipartimento di Studi in lingua italiana e il Dipartimento per la formazione di maestri ed educatori.
Dall’a.a. 2012/2013 l’UI ha inserito nel ‘I Assestamento al Programma di lavoro e Piano finanziario per il 2012’ anche 4 borse
studio per il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere
e Filosofia dell’Università di Fiume e 4 borse per il Dipartimento
di Italianistica dell’Università del
Litorale di Capodistria”.
“Sulla base delle Linee guida,
il Settore ha pianificato il suo
Programma vertendo principalmente su questi percorsi d’attività: assegnazione di borse studio
per seguire corsi di formazione
universitaria in Italia, Croazia e
Slovenia; assegnazione di borse
studio post-laurea per seguire
dottorati di ricerca, master specialistici e master di ricerca in
Italia, Croazia o Slovenia; borse
studio per studenti e laureati meritevoli/eccellenti; borse studio
per il Collegio del Mondo Unito
dell’Adriatico di Duino, orientamento professionale, collaborazione con l’Ateneo di Trieste
e di Udine; sostegno finanziario
ai connazionali al termine degli
studi universitari (equipollenza,
esami integrativi, competenze
pedagogiche)”.
Il sistema si basa principalmente sul criterio meritocratico.
Non si è mai pensato di affiancargli anche quello del censo?
primo piano
L’UI sempre
attenta
alla formazione
delle future leve
della CNI
Professore della SMSIR
ovignese, classe 1971, Daniele Suman si è laureato in Scienze naturali a Trieste. Professore di Biologia, Biologia con ecologia e Chimica alla Scuola media
superiore italiana di Rovigno (SMSIR), è entrato a far parte della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana nel 2010, gestendo i dicasteri che poi gli sono
stati affidati anche in questo mandato (2014–2018), ossia Università
e Ricerca scientifica, Organizzazione, sviluppo e quadri, nonché Attività sportive. Per quanto riguarda il settore della formazione,
della ricerca e dell’università, nelle linee programmatiche
generali dell’Esecutivo, è stabilito, tra gli altri punti, che
l’UI continuerà ad assegnare grande rilevanza alla politica dei quadri e dei profili professionali dei connazionali; si ribadisce
l’impegno a seguire con attenzione i nostri studenti che frequentano
università italiane, croate e slovene con l’intento di farli rientrare e
inserirli nelle strutture istituzionali della CNI. Confermata pure la
volontà di incentivare le eccellenze e i giovani particolarmente
dotati della CNI lungo tutto il percorso di studi universitari e
post-universitari. Sul piano politico, rimane come obiettivo portare gli organi competenti (governo e università croate) a parificare la lingua italiana con quella
croata all’atto delle iscrizioni presso gli atenei
croati. “Presteremo grande attenzione affinché
si giunga all’effettivo riconoscimento dell’equipollenza, da parte degli Stati di Slovenia, Croazia e Italia, dei titoli di studio
acquisiti a tutti i livelli d’istruzione
e formazione universitaria e media superiore”, si legge ancora
nel documento della GE.
Panorama
5
ŽELJKO JERNEIĆ
I criteri b
Per essere ammessi ai Bandi delle
borse studio relative a corsi di laurea breve, magistrale o integrati i
candidati devono ottemperare a
una serie di criteri:
- l’aver frequentato le scuole italiane di primo e secondo grado in
Croazia e Slovenia (la Giunta esecutiva dell’UI può fare delle deroghe,
ccDaniele Suman e alcune borsiste UI
“A mio avviso l’introduzione
di un ulteriore criterio selettivo come quello dei redditi o del
patrimonio, potrebbe inibire ulteriormente l’adesione dei nostri
studenti ai Bandi di concorso
che sicuramente opterebbero per
quelle borse studio messe a concorso da città e comuni, che non
contemplano tale criterio”.
Quali sono gli indirizzi di studio
più frequentati dai nostri connazionali?
“Da un’analisi fatta per il periodo
2005-2014, i corsi più gettonati
erano Lettere e filosofia, Economia, Architettura, Farmacia, Ingegneria, Storia e Lingue straniere.
Questi dati si basano solamente
sui connazionali che hanno partecipato ai bandi per borse di studio
e non considerano quelli che intraprendono gli studi autonomamente o con sostegni finanziari diversi”.
L’interesse è rivolto soprattutto
alle università italiane. Ma questi giovani poi rientrano, una
volta terminati gli studi? È stata
fatta un’analisi? L’UI mantiene
dei contatti con i propri borsisti?
“È vero, le adesioni ai bandi sono
più numerose per quanto concerne le università italiane, ma negli
ultimi anni molti studenti connazionali scelgono anche università
croate e slovene. Dal 2010 a oggi
abbiamo sempre assegnato tutte
le borse studio per gli atenei italiani e quelli croati e sloveni. L’impressione personale è che sempre
più laureati connazionali scelgono di ritornare a casa, anche se le
opportunità di lavoro sono scarse
e spesso inesistenti. Dall’analisi
fatta nel 2012 si è potuto costatare che le nostre Scuole impiegano
in media un 6-10% di laureati ex
borsisti UI, il CRS il 45% di laureati/borsisti, mentre l’EDIT un
10%. Sicuramente, gran parte
dei nostri laureati operano fuori
dall’ambiente CNI e, a tale proposito, nel 2015 il ‘Centro Carlo
Combi’ di Capodistria in collaborazione con l’UI ha avviato il
progetto ‘LAUREATI CNI’ volto
a elaborare e ricercare con maggior precisione le risorse umane
appartenenti alla CNI, residenti
sia in Slovenia che in Croazia, in
possesso di laurea nei vari campi
dello sviluppo culturale e scientifico. Il progetto si sviluppa in tre
fasi e nel 2017 saranno presentati
i risultati della ricerca”.
Da anni ormai si dibatte sulla
questione borse studio vincolate
o libere. Qual è, anche sulla base
dell’esperienza maturata dal
2010, da quando cioè si trova a
capo del dicastero, il suo parere?
“Prima di bandire i concorsi per le
borse studio vincolate, ad ogni sin-
«Le istituzioni hanno bisogno anche di voi»
Un consiglio da dare ai ragazzi che stanno per uscire
dalle nostre scuole medie superiori: Quali percorsi formativi intraprendere, in relazione anche agli
sbocchi lavorativi? In altre parole, su quale tipo di
studi puntare?
“Innanzitutto, capire se vogliono intraprendere un
percorso universitario, se si, allora devono seguire le
proprie attitudini e magari trovare nel percorso uni6
Panorama
versitario anche la propria passione. Puntare solamente sulle esigenze di mercato potrebbe deviarli da
un percorso più idoneo a loro. Oggi, di sicuro, vanno
molto le Scienze informatiche, l’Ingegneria, le Lingue
straniere e, anche se non sembra, le Scienze Economiche tengono ancora duro. Personalmente opterei per
le facoltà scientifiche nonostante il fascino irresistibile di quelle umanistiche. Ricordatevi, però, le nostre
scuole e istituzioni hanno bisogno anche di voi”.
primo piano
base per accedere alle borse studio UI
come nel caso di studenti connazionali provenienti da zone dove
non operano scuole italiane);
- un profitto cumulativo medio
non inferiore a 3,5 (nella media
non viene considerato il voto di
maturità) a livello di scuola media superiore (I-IV/V classe);
- aver concluso l’istruzione me-
dia superiore superando l’esame
di Maturità di Stato di Lingua e
letteratura italiana al livello superiore (livello A);
- le borse di studio per l’Italia
ammontano a 440 euro, rispettivamente a 180 euro per Slovenia
e Croazia, entrambe per dieci
mensilità.
AAA ceransi... «scienziati»
“L’UI aiuta con sostegni ad hoc
anche coloro che non hanno
tutte le condizioni per ottenere
le borse studio”, precisa Suman,
citando a esempio i finanziamenti concessi a coloro che intraprendono percorsi artistici, che
optano per la scuola di musica e
altro, oppure ai laureati che de-
vono sostenere esami integrativi
o relativi al conseguimento delle
competenze pedagogiche. “Si
veda l’ultimo bando sostegni,
tramite il quale l’UI ha stanziato
circa 8.000 euro a favore di 14
connazionali in rapporto di lavoro con le istituzioni della CNI”,
conclude Suman.
A oggi quali sono i settori più scoperti in relazione ai quadri necessari alla CNI e alle sue istituzioni?
«Nelle nostre scuole, come pure in quelle della maggioranza, c’è una
carenza cronica di matematici, fisici, geografi e chimici, profili poco
attraenti e scelti a singhiozzo. Per di più, molto spesso, gli studenti
iscritti a questi corsi e vincolati a una delle nostre istituzioni scolastiche,
non terminano gli studi»
Panorama
7
primo piano
ccL’Università degli Studi di Trieste è tra le mete
più gettonate tra i ragazzi che terminano le
nostre SMSI. Ma poi rientrano? “L’impressione
personale è che sempre più laureati connazionali scelgono di ritornare a casa – afferma
Daniele Suman –, anche se le opportunità
di lavoro sono scarse e spesso inesistenti”
gola istituzione CNI viene richiesto
di segnalare i profili necessari in
modo da poter creare un bando ad
hoc, con l’intento di sopperire le richieste di anno in anno. Dal 2013
le borse vincolate e libere vengono
offerte in un unico bando, dando la
precedenza a quelle vincolate, ovvero si assegnano prima le borse ai
candidati che possiedono i requisiti richiesti e che hanno espresso
il vincolo, alla fine si assegnano le
borse libere. Pochissimi studenti scelgono le borse vincolate, 2-3
borse su un totale di 16 messe a
bando, poiché le vincolate si riferiscono solamente ai due bandi,
8 per le università italiane e 8 per
quelle croate e slovene. Lo scarso
interesse per le vincolate, lo attribuirei principalmente alla discrepanza tra i corsi di laurea scelti dai
nostri ragazzi e i profili necessari
alle nostre scuole e istituzioni”.
fSituazioni paradossali
L’UI sta cercando da diverso
tempo di vedere riconosciuta, rispettivamente valutata la lingua
italiana all’atto dell’iscrizione
agli atenei croati. A che punto
siamo? C’è qualche ateneo che è
venuto incontro alle nostre richieste?
“Questo è uno degli argomenti dolenti delle scuole italiane in Croazia, ancora irrisolto, che ci portiamo avanti dall’introduzione della
8
Panorama
Maturità di Stato,
dal 2009/2010. Siamo tutti coscienti
che l’unica soluzione
accettabile per noi,
sarebbe il modello sloveno o italiano, dove i
nostri connazionali italiani della Slovenia sostengono
alla Maturità di stato l’esame di
Lingua italiana, mentre gli sloveni
in Italia l’esame di Lingua slovena.
Non mi sembra un modello che
potrebbe nuocere a nessuno e,
soprattutto, non discriminerebbe
i nostri maturandi, ai quali non
viene valutata la lingua materna.
Spero in un incontro con il nuovo
ministro della Scienza, dell’Istruzione e dello Sport, Predrag Šustar,
su questo tema. I Dipartimenti di
Italianistica a Zagabria, Spalato,
Zara, Fiume e Pola valutano l’Italiano quale lingua materna all’atto
dell’iscrizione presso questi CdL,
assegnando una percentuale per
l’esame sostenuto alla maturità,
cosa che non succede quando un
nostro studente si iscrive ad altri
corsi di laurea”.
Un altro aspetto delicato riguarda le equipollenze e gli esami integrativi che i laureati in Italia
devono sostenere al loro rientro
se vogliono insegnare nelle nostre scuole.
“Premetto che l’equipollenza è una
forma complessa di riconoscimento accademico che si basa sul-
la valutazione analitica
di un titolo di istruzione superiore
straniero con lo scopo di verificare
se esso corrisponde in modo dettagliato per livello e contenuti a un
analogo titolo universitario croato
tanto da poterlo definire equivalente e dargli così lo stesso ‘peso’
giuridico definendolo ‘equipollente’. Questa prassi non è più in uso
in Croazia nonostante sia definita
dalla Convenzione di Lisbona, che
stabilisce il diritto di ciascuno a
veder valutato il proprio titolo di
studio. Negli ultimi anni i titoli di
studio conseguiti all’estero, anche
in Italia, vengono semplicemente
tradotti, cioè l’Ufficio competente
traduce la dicitura del titolo e un
dottore in Scienze chimiche diventa ‘doktor kemijskih nauka’ e
così, per concludere, un laureato
con questo titolo non può essere
assunto come insegnante presso
le scuole poiché il Regolamento
sui titoli di studio necessari all’insegnamento non lo contempla. Lo
stesso vale per i nostri laureati in
Lingua e letteratura italiana in Italia. Paradossale!!!”.
territorio
Musica, scrittura,
usanze, spettacoli:
è l’edizione più ricca
L
Per comprendere l’entità
culturale e spirituale di un
popolo è necessario anche
l’apporto della vita tradizionale e questa si esprime,
nel corso dei secoli, soprattutto attraverso la parlata:
il dialetto è parte integrante dell’identità
culturale, la parte più spontanea e genuina.
È da queste premesse che nasce l’idea del
Festival dell’Istroveneto, progetto che ha
come obiettivo il recupero, la diffusione e la
valorizzazione di un aspetto fondamentale
del patrimonio immateriale della regione
come lo è appunto l’idioma comune a una
buona parte di essa; un patrimonio in cui si
riconoscono e riflettono la pluralità culturale, la coesione sociale, l’identità e l’immagine
del territorio.
La manifestazione, organizzata dall’Unione
Italiana sotto gli auspici e con il sostegno
della Regione Istriana, della Città di Buie,
dell’Università Popolare di Trieste, del Comune di Muggia e del Consiglio per le minoranze della Repubblica di Croazia, si avvale
di un contributo finanziario del Ministero
degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale della Repubblica Italiana, nonché
del patrocinio della Regione Veneto. Inoltre,
l’edizione 2016 vede pure l’adesione del Comune di Muggia, del Comune di Capodistria,
della Comunità autogestita costiera della
nazionalità italiana, della Comunità degli
Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria e
del Centro Italiano di Cultura “Carlo Combi”
di Capodistria, che quest’anno organizza la
III edizione del MIFEST (Festival della Comunità nazionale italiana).
fBuie, Capodistria,
Umago e Muggia
La kermesse di quest’anno (1–4 giugno) taglia il traguardo del suo primo lustro: è l’edizione più ricca e internazionale che mai. Per
la prima volta, infatti, esce da Buie e approda
anche a Capodistria e Muggia, condividendo un
segmento del suo programma con altre manifestazioni, offrendolo a un pubblico più vasto
toccando il territorio di tre Stati: Italia, Slovenia
e Croazia.
Invariate le quattro giornate e i contenuti – concorso letterario, concorso video, rassegna teatrale, festival della canzone inedita in istroveneto
–, il programma decolla mercoledì 1.mo giugno
(ore 18), in Piazza J. B. Tito a Buie, con la cerimonia dell’apertura ufficiale (partecipano la Banda
d’ottoni e il Gruppo carnevale della Comunità
degli Italiani di Buie, gli alunni della Scuola elementare italiana buiese “Edmondo De Amicis”, il
Gruppo in costume “Al tempo di Tartini” della CI
di Pirano). Seguirà (ore 18.30), presso il Teatro
dell’Università popolare aperta, il primo atto
della Rassegna teatrale Su e ∫o pel palco, che
avrà il suo proseguimento le sere successive e vedrà esibirsi complessivamente 17 filodrammatiche delle CI (Matterada, Verteneglio, Salvore e
Fiume, ciascuna con due gruppi, adulti e giovani;
con un gruppo Torre, Gallesano, Parenzo, “Pasquale Besenghi” di Isola, San Lorenzo Babici,
Capodistria, Dignano, Buie e Valle) e 130 attori
dilettanti. I professionisti saliranno sul palco alle
21, al Teatro cittadino, che ospiterà lo spettacolo
“Una vita da cantare”, proposto dal Dramma Italiano di Fiume (pièce dedicata all’attrice fiumana
Alida Delcaro, testo e drammaturgia di Rosanna
Bubola, regia di Gianpiero Borgia).
Giovedì 2 giugno (ore 9.30), la SEI “Galileo
Galilei” di Umago ospiterà i laboratori creativi
per i ragazzi delle scuole elementari intitolati
Imparar fasendo, promossi dall’Associazione
Venetkens–Veneti antichi di Vicenza sulla cultura dei Veneti antichi; in contemporanea, la SEI
“Edmondo De Amicis” Buie accoglierà il laborattorio linguistico del dott. Alessandro Mocellin
dell’“Academia de la Bona Creansa”su Le origini
dell’istroveneto: da dove viene e dove va (entrambi i laboratori saranno riproposti il giorno
successivo nell’altra scuola).
Alle 21, presso il Kavana City Caffè, riflettori su
Tacabanda in locanda, concerto di Enzo Hrovatin, mentre alle 20.30 in piazza Marconi a Mug-
La kermesse festeggia i suoi
primi cinque anni. Marianna Jelicich Buić, ideatrice e
organizzatrice dell’evento:
«Un piccolo, ma importante traguardo per una
manifestazione che, nata
quasi per scommessa,
ha assunto una valenza e
una rilevanza internazionale, così come si desiderava fin dall’inizio»
gia inizierà la prima delle tre serate del festival
della canzone inedita in istroveneto Dimela
cantando (ospiti Manuel Šavron e Rok Kleva).
Venerdì 3 giugno, a partire dalle 10 in piazza Libertà a Buie, l’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia
(UNPLI) – Veneto, vedrà le Pro Loco di Pressana
(VR) con il prosciutto crudo DOP e la Pro Loco
di Fratta Polesine (RO) con salame, pan biscotto e liquore del Polesine, appuntamento che
sarà riproposto anche sabato). In serata (20.30),
il Festival dell’Istroveneto sbarca a Capodistria e
incontra il MIFEST per la seconda tappa di Dimela
cantando, che si terrà nella Taverna di piazza Carpaccio ; ospite Rudi Bučar.
Sabato 4 giugno, giornata conclusiva. Alle ore
16, al Museo etnografico di Buie verranno proclamati i vincitori del concorso letterario e di
quello video. Sono pervenuti complessivamente 70 lavori letterari, di cui 44 nella categoria
“Pici” (6-10 anni) e 26 in quella “Medi” (11-14
anni), nonché 5 video (3 nella sezione “Under”
e 2 in quella “Over”, che verranno tutti esposti/
protettati negli ambienti del museo. Inoltre,
sarà proposto il filmato Momian... più che un
castel, realizzato dalla II ginnasio della Scuola
media superiore italiana “Leonardo da Vinci” di
Buie, sceneggiatura di Katia Marušić, mentore la
prof.ssa Marina Paoletić). Infine, a partire dalle
ore 21, in piazza San Servolo, si svolgerà la serata finale del festival Dimela cantando (delle 21
canzoni pervenute, la commissione di esperti –
l’etnomusicologo Dario Marušić, il produttore/
redattore musicale e conduttore radiofonico
Andrea Flego e l’attrice e dialettologa Rosanna
Bubola – ne ha scelte 15 in gara durante tutte e
tre le serate); ospiti i Papu e Flavio Furian.
I. R.
Panorama
9
I «PADRI» DELLA TORPEDINE
La nascita, l’evoluzione e la diffusione dell’arma
siluro è legata indissolubilmente alla città di
Fiume e ai nomi di Giovanni Biagio Luppis
von Rammer (Fiume, 1813 – Torriggia,
1875), ufficiale della marina austro-ungarica, e
Robert Whitehead (Bolton, 1823 – Shrivenham, 1905), inventore, ingegnere e imprenditore. Il primo ideò l’arma, realizzando un mezzo
difensivo – il “salvacoste” – galleggiante,
privo di equipaggio, teleguidato da terra, che
però presentava diverse lacune. Fu il notabile
fiumano Giovanni de Ciotta (sindaco dal 1872
al 1896) a mettere in contatto Luppis con chi
aveva le competenze tecniche e scientifiche per
risolvere i problemi, ossia il geniale Whitehead
G
I primi test del prototipo dell’arma si svolsero
nel dicembre 1866: quest’anno Fiume celebra
il 150° del siluro, invenzione che segnò l’inizio
dell’epoca d’oro dell’industria locale
GENIO
territorio
FIUMANO
P
rimo al mondo. È
questo lo slogan che
lancia l’immagine di
Fiume quale patria del
siluro, arma navale per
antonomasia, piccola
e di aspetto insignificante ma quanto mai
pericolosa e letale, che ha dominato
fino alla metà degli anni 1940. L’idea
nasce nel 1860 a Fiume, al tempo in cui
la città, posta sotto l’amministrazione
ungherese, faceva parte dell’impero
austriaco, per merito del capitano di
fregata Giovanni Biagio Luppis. Il suo
“salvacoste”, di scarsa efficienza (troppo
lento, esposto all’influenza del moto
ondoso e del vento, facilmente avvistabile dal nemico), fu perfezionato dal
geniale ingegnere britannico Robert
Whitehead. I primi test si svolsero nel
dicembre 1866 (nella foto in basso a
sinistra, Whitehead con il suo primo
prototipo dell’arma) e più tardi, le più
importanti marine mondiali (Francia
all’Italia, Germania, Danimarca, Svezia,
Norvegia, Russia, Turchia, Belgio, Portogallo, Argentina, Cile e Grecia, Stati
Uniti) acquistarono l’ordigno prodotto
nel Silurificio Whitehead.
A 150 anni di distanza, in uno spazio espositivo creato ad hoc negli ex
magazzini ferroviari in Žabica, Fiume
recupera e valorizza questo capitolo
del suo passato, offrendo al pubblico
principalmente uno spaccato di storia
e ingegno tecnico, dimenticando forse
che quella della torpedine era comunque una scia sì affascinante, ma di
morte. In visione – fino al 21 dicembre
–, su iniziativa del Museo Civico e del
Museo di Marineria e di Storia del Litorale croato, una cinquantina di reperti,
molti mai visti prima d’ora dai “comuni
mortali”, quindi alcuni esemplari rinvenuti sul fondale marino in diversi punti
della costa (torpedini, tubi lanciasiluri,
giroscopi, indicatori di direzione e di
velocità) e altre attrezzature, il modello
del primo siluro di Whitehead e il modello della rampa di lancio (che si spera
negli anni a venire di poter restaurare).
Completano il percorso diverse proiezioni video. L’auspicio è ora realizzare
un allestimento speciale, a carattere
permanente, incentrato sul siluro. Un’iniziativa da sostenere, indubbiamente,
ma, aggiungiamo, sarebbe però bello
se Fiume ricordasse quest’anno, nel
90.esimo della morte (che ricorre il
prossimo 1° ottobre) anche la figura –
forse un po’“scomoda” perché fu un politico irredentista – di Antonio Grossich,
emerito medico fiumano che per primo
diffuse l’uso della tintura di iodio in chirurgia, salvando un’infinità di vite. (ir)
Panorama
11
territorio
G
di Ardea Velikonja
rande
successo
della 23.esima edizione di Vinistra,
la fiera del vino e
delle attrezzature
per la viticultura
più grande in Croazia. Abbattuti tutti i record in
fatto di presenze. Le cifre parlano chiaro: si sono registrati
120 produttori e 12.000 visitatori. Inoltre, per la prima volta
la kermesse è uscita all’aperto:
è stato possibile degustare i vini
anche fuori dal palazzetto polifunzionale Žatik, sede dell’evento, ossia in un tendone allestito
appositamente in riva. La parte
gastronomica di “Vinistra” ha
visto ai fornelli i migliori cuochi
dei ristoranti Stancija Kovačići
di Rucavazzo (Rukavac) vicino
a Fiume, del bistro NoStress di
Spalato, del ristorante Bacchus
dell’albergo Laguna Parentium
di Parenzo, del ristorante Navis di Abbazia. Galà finale con
i ragazzi della Scuola turisticoalberghiera “A. Štifanić” di Parenzo ,che si sono dati da fare per
presentare il miglior piatto.
La festa è durata tre giorni e ha
visto, tra gli altri, sfilare la presidente della Croazia, Kolinda
Grabar Kitarović, il premier
Tihomir Orešković, i ministri
12
Panorama
ccIl Palazzetto dello sport era troppo piccolo per contenere tutti i visitatori
Davor Romić (Agricoltura), Anton
Kliman (Turismo) e Oleg Butković
(Marineria, Traffico e Infrastrutture),
il presidente della Regione Istriana,
Valter Flego, l’europarlamentare Ivan
Jakovčić, il sindaco di Parenzo, Edi
Štifanić. A fare gli onori di casa, Nikola Benvenuti, presidente dell’Associazione Vinistra.
La commissione giudicatrice fatta
di esperti enologi ha scelto tra i 442
campioni i vini migliori. Quest’anno,
ben 129 hanno ottenuto la medaglia
d’oro. Di questi, 202 sono stati giudicati nell’ambito del programma Il
mondo della malvasia e tra questi 76
sono stati insigniti della medaglia d’oro, ovvero 26 in più rispetto all’edizione 2015, il che significa un salto triplo
dei premiati. A proposito della categoria “Il mondo della malvasia”, va rilevato che la Cantina Fakin di Montona
si è aggiudicata la medaglia d’oro per
ben sei campioni di vino. Tra gli altri
premiati, è doveroso ricordare le medaglie d’oro di Francesco Fenech per
Conclusa
a Parenzo
la fiera
specializzata
più grande in
Croazia che
ha visto una
partecipazione
record di
produttori e
visitatori
ccVuole provare?
la Malvasia
delle Lipari, che si trova sull’isola di
Salina nel cuore
delle Eolie; quella
di El Grifo, della cantina delle isole Canarie; quindi di Silia Leata
di Canali (Konavle) per la
malvasia ragusea. Nella categoria dei
vini dolci e da dessert, la medaglia
d’oro è andata alla Cantina il Pogio
di Milano, a Villa Minelli di Ponzano Veneto e alle Favole di Caneva
per il passito di malvasia istriana, alla
Cantina Valtidone di Borgonovo Val
Tidone per la malvasia aromatica di
Candia, alle Cantine Colosi di Messina, a Lantieri di Capriolo e Francesco
Fenech per il passito malvasia delle
Lipari. La grande medaglia d’oro de
“Il mondo della malvasia” quest’anno
è stata assegnata alla Cantina El Grifo delle isole Canarie per il liquore di
malvasia vulcanica Canari.
ccUn buon bicchiere di vino accompagna
sempre un buon piatto
Panorama
13
territorio
ccUna marea di visitatori
fLa classe Campioni
Per quanto riguarda il titolo di
Campione di Vinistra, quello per
la miglior malvasia giovane è finto nelle mani della Cantina Fakin
di Montona, rispettivamente per
la malvasia matura della cantina Cattunar di Verteneglio, per
il terrano giovane della cantina
Dobravac di Rovigno e per quello
maturo della cantina Benvenuti di
Caldier; per il refosco giovane ha
trionfato la cantina Brič di Villa
Decani (Slovenia) mentre per il
refosco maturo la cantina Degrassi di Salvore.
Non solo vino: a Vinistra erano in
gara pure oli d’oliva, grappe e liquori. Tra i 19 oli degustati, secondo il
parere degli esperti, si sono imposti per qualità (medaglia d’oro) i
seguenti produttori: Zonta di Valle,
AZRRI di Pisino, Agroprodukt di
Pola, COOP di Parenzo, Geržinić
e Popović, entrambi di Parenzo. 26
invece le grappe e i liquori in gara:
medaglia d’oro alla bisca Jermaniš,
per l’acquavite di vinaccia (komovica) Dobrilović, alla grappa
alla frutta Banko, all’acquavite
(lozovača) della Istarska kapljica e
alla “medica” Prodan.
Tutti questi premi sono ancora una
conferma di quello che si era parlato finora: il 2015 è stato un anno
eccezionale per la vendemmia sia in
fatto di quantità che di qualità.
14
Panorama
Il miglior rosso al mondo
è l’Istrian targato Veralda
Il miglior vino rosso al mondo è il terrano
Istrian, vendemmia 2015, della cantina
vinicola Veralda di Verteneglio, di proprietà
di Luciano Visintin. La notizia è arrivata
poco prima dell’apertura di “Vinistra”. Il suo
“Istrian” (Visintin ha dovuto rinunciare al
nome di terrano dopo che la Slovenia, tutelandolo a livello europeo come prodotto autoctono del litrale sloveno, si è impossessata
della denominazione “teran”) si è aggiudicato la medaglia di platino con il massimo
dei voti, 95, al Decanter World Wine Awards
(DWWA) il più grande e prestigioso concorso
vinicolo al mondo che si è svolto in Gran Bretagna. Giudicato dai più autorevoli esperti
e professionisti del wine business, i DWWA
sono riconosciuti a livello internazionale
per l’affidabilità del loro rigoroso processo
di degustazione e selezione. Ufficialmente, i
ccLuciano Visintin, proprietario dell’azienda
Veralda di Verteneglio
dati della commissione
giudicatrice verranno
resi pubblici il 6 giugno
prossimo.
“Un grande successo
non solo per il vino ma
anche per il territorio
ovvero per tutta l’Istria
–, ha commentato il
vincitore –. La nostra
è una tradizione di
famiglia cominciata
da mio nonno con quattro ettari di terra. La
cantina Veralda è nata nel 2001 su 800 metri
quadrati e il 2005 è stato l’anno della grande
svolta. Infatti, in quell’anno abbiamo venduto 8000 bottiglie all’hotel Eden della Maistra,
diventando così, un po’ in tutta l’Istria, il ‘vin
de maison’. Nel 2009 poi abbiamo conseguito
il titolo di Campione a Vinistra con la nostra
malvasia e nello stesso anno abbiamo cominciato per primi la produzione del rosé
di terrano. Per quanto riguarda il premiato
‘Istrian’, devo dire che non è stato un caso,
avevamo deciso di produrre un terrano che
assomigliasse al pinot noir, ma che fosse
riconoscibile e amabile. E così abbiamo ottenuto il miglior vino al mondo. Ma – conclude
Visintin – al ‘Decanter Worl Wine Awards’ abbiamo ottenuto quattro riconoscimenti: oltre
a quello più grande, anche tre medaglie di
bronzo per la malvasia, per il rosé di terrano
e per lo spumante di terrano”.
italiani nel modo
Fucsia
Nissoli,
deputata eletta
nel Nord e
Centro America,
ha depositato
una proposta
di legge di
riforma della
promozione
linguistica
italiana all’estero
F
ucsia Nissoli, deputata
eletta nel Nord e Centro
America, si è fatta promotrice, tramite una proposta
di legge, di un progetto di
riforma della promozione linguistica italiana all’estero. In un’intervista
a “La Voce di New York”, Nissoli ha
spiegato di aver concentrato la sua
pluriennale attenzione in merito
alle tematiche inerenti la promozione linguistica italiana nel mondo in
un disegno di legge, recentemente
presentato, che ha per oggetto: “Interventi di formazione linguistica e
culturale, di formazione continua
e di sostegno all’integrazione in favore dei cittadini italiani e dei loro
congiunti e discendenti residenti
all’estero, nonché per la promozione
e la diffusione della lingua italiana
nel mondo. Riforma delle istituzioni scolastiche italiane all’estero”. “Si
tratta, sostanzialmente, della riforma della legge 3 marzo 1971, n. 153,
ormai datata e non in grado di venire incontro ai cambiamenti socioculturali sopraggiunti nel quadro
geopolitico mondiale – spiega Nissoli –. La proposta di legge va nella
Panorama
15
ccMappa dell’italofonia nel mondo
direzione di un intervento organico,
che preveda un efficace coordinamento tra i Ministri interessati, al
fine di garantire una capillare diffusione della lingua e della cultura italiane, sia mediante i corsi di lingua
e di cultura sia mediante le scuole
italiane all’estero”.
“Se consideriamo che le condizioni dell’emigrazione italiana all’estero sono cambiate e che vi è una
globalizzazione culturale, oltre che
economica, che necessita una rinnovata offerta formativa in grado
di inserirsi nei contesti sociali in
maniera efficace ed efficiente, dobbiamo ammettere che la riforma
ha il carattere dell’urgenza”, afferma ancora. “I corsi di lingua e le
scuole italiane all’estero vanno inseriti all’interno di una dinamica
virtuosa, che promuova strategie
e azioni che assicurino il mantenimento delle radici linguisticoculturali e dei legami con l’Italia
da parte dei connazionali all’estero – prosegue la deputata –, e che,
insieme, sviluppi azioni integrate
in favore della mobilità culturale e
professionale da e verso l’Italia”.
fSuperare la fase
assistenzialismo
“Agli italiani all’estero vanno riconosciuti tutti i diritti, compresi
quelli linguistici e culturali, da inserire in un contesto di accoglien16
Panorama
za. Oggi, questi italiani all’estero ai
quali mi rivolgo sono sempre più
persone nate, cresciute e integrate
nei Paesi di accoglienza, per cui la
riforma che ho presentato intende
operare un passaggio da un sistema assistenzialistico a un impegno
di promozione e, in alcuni casi, di
rivalutazione della lingua e della
cultura italiane. Sollecitati dai cambiamenti avvenuti dobbiamo superare la fase dell’assistenzialismo in
campo linguistico e culturale con
una riforma in grado di coordinare
i corsi di lingua e le scuole italiane”,
rileva Nissoli.
La deputata fa notare che vi è una richiesta di lingua italiana nel mondo,
che deriva “dal fascino che esercita
il nostro patrimonio culturale, ed è
anche a questa domanda che siamo
chiamati a rispondere se vogliamo
affrontare la sfida di una Italia capace di diplomazia culturale, detentrice di un soft power che ci può
aiutare le sfide del mondo globale.
Per questa ragione è urgente una
legge organica che affronti sistematicamente tutti gli aspetti dell’intervento formativo e scolastico all’estero e che risponda alla richiesta di
formazione qualificata da parte dei
nostri connazionali che non trovano risposte adeguate con l’attuale
quadro normativo di riferimento.
È necessaria una nuova governance
in grado di assicurare al sistema di
promozione scolastica e linguistica
efficacia ed efficienza, garantendo
adeguati interventi di qualità in un
quadro integrato pubblico-privato,
che garantisca la riconoscibilità e
spendibilità dei titoli conseguiti,
adeguati ai contesti geografici di riferimento”.
fStrumento unitario
“Fino ad oggi abbiamo assistito a
un’eccessiva frammentazione degli
interventi culturali all’estero – fa
notare – ed è per tale ragione che
in questa proposta di legge ho individuato in un dipartimento ad hoc,
da istituire presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, lo strumento unitario in grado di costruire
quelle sinergie necessarie per ottimizzare le risorse e finalizzare efficaciemente gli interventi”.
Nissoli dichiara di aver scritto una
lettera al ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, chiedendole di tener conto, nell’ambito della delega
per la riforma del sistema scolastico
all’estero, dello spirito riformatore
contenuto del suo emendamento
alla legge 107 sulla “buona scuola”,
approvato dal Parlamento. “Confido nella capacità del Governo di essere attento a quanto di utile viene
proposto per riformare le Istituzioni del nostro Paese, anche all’estero”,
conclude la deputata.
A. V.
società
In tre anni
Bergoglio sta
cambiando faccia
a una Chiesa
travolta da
scandali di ogni
genere
a cura di Fabio Sfiligoj
Oggi si può dire
che il Pontefice
è stato l’uomo
della provvidenza.
Nemici e critici
non mancano: la
missione è lunga...
Ritrovato l’odore
delle pecore
V
enuto “quasi dalla fine del mondo”,
disse
Bergoglio
mentre spiegava la
scelta di farsi chiamare Francesco con
una frase che in effetti annunciava il programma del
suo pontificato. Il suo desiderio e
obiettivo: una chiesa povera per i
poveri. Erano passati appena tre
giorni dal 13 marzo 2013 quando
si era presentato, con quel “Buonasera” e quel nome evocativo di
scelte radicali, a un mondo cattolico che stava scoprendo il disgusto degli scandali finanziari e si è
ritrovato a sorpresa un pontefice
che indossa una croce d’argento,
rinuncia all’anello pastorale in oro
e si sposta a bordo di un’auto utilitaria. Un clero sempre più lontano
dai fedeli, un distacco fin troppo
marcato, una Chiesa che aveva
bisogno di “cambiare”, travolta da
scandali di ogni genere: pedofilia,
finanziamenti dello Ior, Vatileaks 1
e 2. Papa Francesco non lo sapeva
ancora, ma si sarebbe erto a uomo
della provvidenza, capace di “randellare” sia il Clero che i grandi del
mondo fomentatori di crisi e guerre, leggi povertà e miseria.
Tre anni dopo per Francesco la
sfida della povertà, purtroppo, è
ancora attuale e viva. Ed è forse la
Panorama
17
riforma più difficile da attuare. Lo
accusano di essere comunista: l’attenzione ai poveri è una bandiera
del Vangelo, risponde Bergoglio,
e lo ha sottolineato più volte. Era
ancora maggio 2013 quando si infervorì durante l’udienza generale
in piazza San Pietro: “Se calano gli
investimenti nelle banche, questa
è una tragedia, ma se le famiglie
stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è
la nostra crisi di oggi ma la Chiesa
lo Stato pontificio in una cittadella
per i poveri. Poliambulatorio, docce
e parrucchieri sono arrivati sotto al
colonnato di piazza San Pietro.
Un dormitorio è stato inaugurato
in una traversa di via della Conciliazione e ospita fino a 34 persone
che ricevono anche la prima colazione. Il dispensario pediatrico già
c’era, in una piccola ma graziosa
struttura proprio alle spalle di casa
Santa Marta, la foresteria dove risiede il Papa. In un appartamentino
nienti da zone di guerra (gli ultimi li
ha portati con sé dopo l’improvvisa
e inaspettata visita a Lesbo, meta dei
rifugiati). E dalla sede dell’Elemosineria, la centrale operativa della
carità e il più trafficato tra i varchi
dello Stato pontificio, parte quasi
ogni sera una spedizione verso zone
diverse della città di Roma; in aiuto,
coperte, cibo e vestiti, ai clochard
della capitale italiana.
Ma, come ha precisato il Pontefice,
non si può fare “solo assistenziali-
povera per i poveri va contro questa
mentalità”.
modesto, tutt’altro rispetto alle ville
e villone emerse dallo scandalo immobili del Vaticano in cui sono stati
coinvolti alcuni cardinali eccellenti.
E c’era anche la mensa affidata alle
suore di madre Teresa di Calcutta
(la suora degli “ultimi”) che il 4 settembre Francesco proclamerà santa. Due appartamenti dentro alle
Mura leonine sono stati invece riservati a famiglie di rifugiati prove-
smo”. E così per i poveri Bergoglio
oggi vuole anche un ruolo da protagonisti attivi, come quando ha
chiesto loro di distribuire ai fedeli in
piazza San Pietro le scatole di “Misericordina”, il kit con i libretti di
preghiera e le coroncine del rosario.
Un modello che il Papa vorrebbe
trasmettere per induzione a tutta la
Chiesa. E quando ciò non avviene
in modo spontaneo, si tratta di lanciare gli stimoli giusti: nell’avviare il
Giubileo, ad esempio. Più difficile è
far dilagare il modello tra le gerarchie ecclesiastiche (ormai è chiaro
che una fetta del clero non vede di
buon occhio tutte queste iniziative
di Bergoglio).
fMettersi in gioco
E, nei piani del Papa, proprio la
Chiesa deve mettersi in gioco in prima linea. A partire dal Vaticano. C’è
una sorta di piano regolatore nella
mente di Jorge Mario Bergoglio.
Un progetto che sta trasformando
Un progetto
di Papa Francesco
sta trasformando
lo Stato pontificio
in una cittadella per
meno abbienti. «Ma
non si può fare solo
assistenzialismo»
18
Panorama
Sfida alla povertà
Nei suoi messaggi
ribadisce spesso
che l’attenzione fRimuovere i«tumori»
ai più bisognosi Il secondo filone di Vatileaks ha
che sotto l’ombra del Cuè una bandiera rivelato
polone continuano le spese fuori
del Vangelo controllo e molti cardinali non ri-
nunciano ai propri privilegi mentre
società
dalle diocesi e dagli ordini religiosi
si susseguono notizie di scandali
finanziari. “Incrostazioni”, tumori,
che Bergoglio punta a corrodere
con un lavoro capillare: dove non
arrivano le sue esortazioni, si prova
a far breccia nominando personalità
fuori dagli schemi. I vescovi di Francesco arrivano da una pastorale di
strada e vanno ad occupare posizioni di prestigio... anche il collegio cardinalizio, quello che sarà chiamato
in futuro a eleggere il suo successo-
Il pontificato “begogliano” fin
qui ha segnato uno spostamento
dell’attenzione dall’ambito bioetico a quello sociale. Non a caso il
primo viaggio di Papa Francesco
è stato un commosso pellegrinaggio a Lampedusa, nel cui mare di
recente erano annegate decine di
poveri migranti. E anche in Messico il rifiuto di ogni tipo di “muro”,
eretto dalle società ricche per tenere a distanza i poveri del pianeta, è
stato un tema centrale. L’insisten-
ratori adeguati e nell’individuare
organi di consultazione stabili e
funzionali. Col rischio di affidare
di fatto le prospettive di rinnovamento più al suo carisma personale che a strutture durevoli, in
grado di far diventare queste prospettive prassi abituale all’interno
della Chiesa. Tre anni, certo, non
bastano a definire un pontificato.
Ma sono abbastanza per constatare che siamo davanti a una svolta
rispetto al passato.
Tre anni, certo, non bastano a definire un
Pontificato. Ma sono abbastanza per constatare
che siamo davanti a una svolta rispetto al
passato. Francesco non ha disdegnato
di vestire i panni di «leader politico»
re sta cambiando struttura. Non c’è
più posto per chi siede sulle cattedre
episcopali prestigiose: la porpora
arriva a chi esprime le istanze più
missionarie. In Italia, ad esempio, è
toccata al vescovo pastore Edoardo
Menichelli di Ancona e al presule
dei migranti Francesco Montenegro di Agrigento. Proprio nel consegnargli la berretta cardinalizia, il
Papa gli ha sussurrato: “Non si dimentichi di occuparsi dei poveri”.
Pastori concretamente operanti
nelle parrocchie e impregnati dell’“odore delle pecore”. ”Occuparsi dei poveri”: le stesse parole che
il cardinale francescano Claudio
Hummes disse a Bergoglio quando
lo scrutinio aveva appena rivelato
che sarebbe stato il nuovo pontefice.
Quasi un passaggio di consegne ideale: Francesco, che a dicembre compirà 80 anni, sa di avere poco tempo
(del resto lo ha ricordato lui stesso).
E la riforma di “una Chiesa povera
per i poveri” deve andare avanti.
za sul carattere disumano di un
sistema capitalistico fondato sulla finanza e sul profitto, a scapito
delle persone, non era una novità.
Già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano scritto importanti
documenti su questo problema.
Ma sotto il pontificato di Francesco ha assunto rilievo e toni nuovi.
fChe cosa resterà?
Sul piano della diplomazia, un
grande successo è stato il riavvicinamento al Patriarcato di Mosca,
con i suoi duecento milioni di fedeli, dopo un quasi millenario gelo,
acuito dalle forti tensioni degli ultimi decenni. L’incontro con Kirill
a Cuba è stato denso di significati
e ha segnato un importante passo
avanti della Chiesa.
Non mancano i critici di Francesco
che, anche con una certa fondatezza, fanno notare una certa difficoltà del Papa nello scegliersi collabo-
Un Papa, Bergoglio, capace di
muovere le emozioni nei cuori,
anche dei non credenti: forse in un
mondo che sembra stia per implodere, Papa Francesco ha vestito i
panni del “leader politico” tanto da
oscurare con il suo “agire” i nomi
della grande politica internazionale quelli di Camer Ovali e androni
“cremliniani”.
Cosa resterà di questo pontificato?
La logica dell’alternanza impone
che anche nella Chiesa cattolica, a
un “Papa mediatico” ne segua uno
meno vendibile sui mass media.
I vaticanisti ricordano che è stato
così con Roncalli e Montini, poi con
Wojtyla e Ratzinger e lo sarà anche
con Bergoglio e il suo successore.
Delusi saranno forse i cosiddetti
riformatori, quelli che hanno eletto
Francesco per demolire la Curia romana, potere, centralismo e burocrazie a discapito di un cattolicesimo pulsante e in forte espansione in
Asia, in America latina e in Africa.
Panorama
19
di Ardea Velikonja
A
ll’inizio degli anni Novanta del secolo scorso nel Parentino sono
sorte alcune nuove
Comunità degli Italiani e una di queste è Visignano. Gli
abitanti più anziani però ricordano che nel lontano 1947 nel paese
istriano, che oggi conta circa 2200
anime, era sorta una “Sezione giovane” in cui si ritrovavano tutti gli
abitanti, in maggioranza parlanti l’italiano, e che funzionò fino al 1953,
quando si spense da sé a causa delle
conseguenze dell’esodo. Poi, con la
chiusura della Scuola elementare
italiana e la forte politica di assimilazione condotta in Istria, la sezione
cessò di esistere e ci sono voluti qua-
20
Panorama
Diana Bernobić Sirotić, giovane
presidente del sodalizio «Dott. Silvio
Fortuna» ha tanti progetti per il futuro,
tra i quali la reintroduzione di conferenze
di carattere scientifico e culturale
CI di Visignano:
della vita sociale
rant’anni perché la CI riprendesse a
vivere. Quindi, fino al 1992, quando
fu costituita la Comunità degli Italiani di Visignano, tutte le attività
erano rimaste per così dire “sospese”.
Ufficialmente la Comunità fu registrata nel 1993, dopo che alla riunione costitutiva in cui si decise
la sua fondazione, parteciparono
ben 230 connazionali. Il sodalizio entrò subito a far parte della grande famiglia dell’Unione
Italiana, da cui ottenne i finanziamenti inziali, mentre il
Comune di Visignano provvide a concedere in usufrutto una saletta, previo restauro,
in una palazzina proprio nel centro
della cittadina, dove si trova pure
l’osservatorio astronomico. Prima
di poter usufruire di questa sala di
25 metri quadrati i connazionali visignanesi si incontravano nelle case
private o all’osteria. L’arredo era frutto di donazioni private. Visto che lo
spazio era poco, la CI richiese e ottenne al Comune di poter adoperare
per le proprie esigenze la sala consigliare. E così, grazie alla
sensibilità dell’UI e
dossier
dell’Università Popolare di Trieste,
dal nulla fu creata una Comunità di
tutto rispetto, che dal 1997 porta il
nome del dott. Silvio Fortuna, illustre visignanese, un medico locale
vissuto tra le due guerre mondiali
rimasto nella memoria della gente
del posto perché sempre pronto ad
ma sede, inaugurata solennemente
il 20 settembre 2013. Si tratta di un
palazzo di poco meno di 400 metri
quadrati, moderno e funzionale,
dotato di una sala riunioni, di un salone al pianoterra adatto a ospitare
spettacoli e manifestazioni varie, di
una biblioteca che conta più di 800
catalizzatore
della cittadina
aiutare tutti, soprattutto i poveri.
Nel novembre del 2011 il Comune
di Visignano donò un terreno poco
distante dal centro cittadino sul
quale, in poco tempo, è
sorta una bellissi-
volumi, dell’ufficio di segreteria e
della presidenza, del bar sociale,
nonché di altri vani da usare per
lo svolgimento delle attività che in
futuro sono destinate ad ampliarsi.
comunità
fTanta voglia di fare
La CI ora cerca di recuperare terreno perso e guardare con maggior
slancio al futuro. A parlarci del sodalizio è Diana Bernobić Sirotić,
giovane presidente della CI, in carica dal 2014. “Il primo presidente
del nostro sodalizio è stato Piero
Declich, rimasto in carica per due
mandati, seguito da Erminio Frleta,
che ha ricoperto tale ruolo per ben
tre mandati. Una figura storica della nostra Comunità è stato Vittorio
Zaninich – ricorda Diana Bernović
Sirotić –, che non è stato presidente, ma è stato attivissimo. Si è impegnato sempre in tutte le questioni
istituzionali riguardanti la Comunità e di essa è stato ‘l’anima buona’,
oltre che punto di riferimento importante per i connazionali visignanesi, esuli o rimasti. Attualmente la
CI è diretta da un’Assemblea di 15
membri, da me presieduta, e da
una Giunta esecutiva di sette membri, guidata da Valeria
Matijašić. Ciò
Panorama
21
dossier
comunità
che è indubbio è che con le sue iniziative in campo culturale e sportivo, mi riferisco ai concerti del coro
misto ‘Arpa’, del coro di voci bianche
‘Stelle di Visignano’ (in omaggio al
vicino Osservatorio astronomico)
e dei mincantanti, agli spettacoli
della filodrammatica giovani, alle
mostre, ai tornei di bocce e di briscola e tressette, il nostro sodalizio
agisce da catalizzatore della vita sociale di questa cittadina istriana. La
maggior parte delle manifestazioni
che si svolgono a Visignano vengono organizzate dalla nostra Comunità e tutto viene seguito da un
folto pubblico sia minoritario che
maggioritario, che arriva anche dai
paesi limitrofi. Qui noi non abbiamo né una scuola né un asilo in lingua italiana, anche se all’asilo c’è un
corso di italiano e la lingua è materia facoltativa presso l’elementare
croata. Qui da noi non c’è famiglia
che non parli il dialetto, i nonni lo
parlavano e lo hanno trasmesso ai
figli e ai nipoti, quindi tutti lo capiscono e la maggior parte lo parla. Il
Comune è molto ben disposto nei
nostri confronti e il sindaco Milan
Dobrilović è pure connazionale e
speriamo che in un prossimo futuro riusciremo ad aprire una sezione
italiana dell’asilo”, afferma Diana
Bernović Sirotić.
“La nostra CI conta 360 soci su,
come detto, 2200 abitanti compresi tutti i paesi limitrofi – prosegue
–. Organizziamo tante manifestazioni ma quelle tradizionali sono
il concerto dell’8 marzo ‘Viva le
donne’ in cui sono inclusi vari cori
di varie Comunità, cantanti solisti e filodrammatica e il Comune
regala alle donne un fiore, ‘Arpa
e amici’ è una rassegna corale che
si svolge nel corso della festa di S.
Maddalena a fine luglio e alla festa di fine anno. Quest’anno per la
prima volta abbiamo organizzato
il torneo di briscola e tressette che,
visto l’interesse, ripeteremo certamente. Il raduno dei Visignanesi si
è svolto proprio la scorsa domenica
22 maggio. Circa una settantina di
partecipanti sono stati accolti nella
nostra sede, è seguita la celebrazio22
Panorama
ccIl torneo di briscola e tressette che “debuttato” l’anno scorso
ccTutti insieme in compagnia
ccIl coro misto “Arpa”
ccI partecipanti alla manifestazione
“Comunità senza frontiere”
ccLa filodrammatica bambini
ne della Santa Messa in lingua italiana presso la chiesa parrocchiale,
una breve bicchierata in piazza, la
visita al cimitero e la posa di una
corona d’alloro vicino alla targa di
tutti i Visignanesi morti in esilio,
un pranzo in compagnia e la visita
presso l’Osservatorio Astronomico. Una bella domenica tra di noi,
quelli andati e quelli rimasti, che
ogni anno fa nascere forti emozioni dato che questa è gente attaccatissima alla propria terra, fiera
delle proprio origini”, rileva Diana
Bernović Sirotić.
fI fiori all’occhiello
“Il coro misto ‘Arpa’, è il fiore all’occhiello del nostro sodalizio – sottolinea la presidente –. È stato fondato
nel 2011 e il prossimo 11 giugno festeggerà 15 anni di attività. All’inizio era diretto dalla maestra Mirsolava Pašić, oggi invece daò maestro
Marko Ritoša. Il coro vanta numerosissime esibizioni in Croazia, Slovenia e in varie località in Italia, in
concerti, concorsi, festività locali e
rassegne canore a livello locale e regionali. L’‘Arpa’ organizza e spesso
contribuisce con le sue melodie ad
arricchire molti concerti di beneficienza. Il repertorio è costituito da
canti popolari italiani e croati, pezzi classici verdiani, nuove melodie
corali contemporanee e musiche
popolari moderne elaborate straordinariamente dal maestro Ritoša.
Oggi senza la presenza del complesso corale della CI a Visignano
non si può immaginare un solo
evento locale. Nel 2014 il Comune
di Visignano ha assegnato il premio
annuale al coro misto ‘Arpa’ e al suo
dirigente per il contributo a tutti gli
eventi comunali e la promozione di
Visignano in Croazia e all’estero”.
“Il coro di voci giovanili ‘Stelle di
Visgnano’ è stato fondato nel novembre del 2010. Riunisce bambini
e giovani di tutte le età, cioè bambini
dalla prima classe della scuola elementare fino ai ragazzi delle scuole
medie, che insieme condividono
l’entusiasmo, l’amore per la musica
e la gioia di cantare. Il repertorio
ccIl coro “Stelle di Visignano”, in omaggio all’Osservatorio Astronomico
Panorama
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dossier
comunità
ccGli artiglieri di Buttrio durante una visita amichevole alla CI
del coro consiste in varie canzoni
popolari, gospel e canti liturgici ed
arrangiamenti di musica pop e rock.
Le lingue in cui cantano sono italiano, croato, inglese, tedesco, latino ed
anche swahili, una lingua bantù africana. Fino ad oggi le loro esibizioni
hanno arricchito molte varie celebrazioni, liturgie, rassegne corali ed
altre manifestazioni e la loro musica
è amichevolmente accettata dal pubblico. Recentemente si sono esibiti
presso le Comunità di Buie, Albona,
Parenzo e in diverse località del Pa-
rentino. Gli arrangiamenti musicali
per il coro sono in gran parte fatti da
me e poi li accompagno alla chitarra
nelle loro esibizioni”.
fI sogni nel cassetto
“Per il futuro, oltre alla ferma volontà
di mantenere sempre attive le sezioni corali e sportive già presenti, la CI
di Visignano intende reintrodurre le
conferenze su tematiche di carattere
scientifico e culturale, organizzare
rassegne musicali e scambi culturali
ccL’incontro annuale dei visignanese esuli si è svolto domenica 22 maggio
24
Panorama
ccSiamo una bella compagnia
con altre CI ed associazioni in Croazia e all’estero. Ci vorrebbe anche
un gruppo folkoloristico, magari in
seno alla filodrammatica che dirigo
io. Inoltre, vorremmo avviare l’attività bibliotecaria, delle serate letterarie, teatrali, proiezioni cinematografiche, corsi creativi, serate di svago,
coinvolgendo tutte le generazioni.
Tutto questo con il fine di mantenere viva la fiamma della lingua, della
cultura e dell’identità italiana tra la
nostra gente”, conclude la presidente
della CI di Visignano .
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libri
E
ra il 2 giugno 1946: gli italiani esprimevano un voto che
avrebbe segnato la nascita
di una nazione democratica:
la Repubblica Italiana. È con
questa data che comincia il
racconto che lo storico
friulano Guido Crainz propone nel suo
ultimo saggio, Storia della Repubblica. L’Italia dalla Liberazione ad oggi
(Donzelli Editore, Roma, 2016, pp. 400),
una lunga galoppata attraverso settant’anni di vicende alterne, ammirevole
sforzo di sintesi e bilancio. Con una scrittura chiara e incisiva, con una narrazione
a tutto campo, sempre cercando di far
capire il rapporto tra fatti particolari e il
contesto generale, Crainz ricostruisce eventi
e fenomeni, protagonisti e realtà, umori ed
emozioni, sogni e disillusioni, traumi profondi e mutamenti inavvertiti, resi e interpretati
dalle più diffuse fonti di informazione, prevalentemente romanzi e film, quotidiani e
riviste, che si affiancano ai documenti ufficiali.
Crainz alterna dati statistici e politica a eventi
di cronaca popolare e culturale, un miscuglio
ben calibrato capace di restituire il senso di
N a s c i ta
di una
nazione
una Repubblica in cui alto e basso si alternano
generando quell’equilibrio sempre instabile tra
la farsa e la tragedia.. E c’è un continuo rimbalzare dalla dimensione politico-istituzionale a
quella dell’economia, della cultura, della società, mostrando quando fitte siano queste
interrelazioni. L’opera, pensata per un pubblico
generalista, propone anche un nuovo modo di
vedere il passato come strumento per affrontare la difficoltà di conservare la memoria e costruire il futuro nel disagio del presente.
Due le ragioni per cui questo testo può
tornare utile: la prima è che pone un
interrogativo di fondo, ossia quali sono i
punti di forza dell’Italia, quelli che hanno consentito al Paese di emergere dalla miseria e dalle lacerazioni provocate
dal regime fascista, dalla guerra e del
dopoguerra per costruire una moderna
democrazia, che l’hanno portato a essere protagonista di uno straordinario
miracolo economico, a dimostrare anche valori
collettivi molto forti e creatività culturale, a essere tra i fondatori dell’Europa Unita, a entrare
nel G8. Perché non è affatto vero, puntualizza
Crainz, che gli italiani sono stati sempre così
come qualcuno vuole dipingerli, ossia apatici,
apolitici, qualunquisti, sfaticati e individualisti. Ma quel che si evidenza subito è che nel
1946 c’erano vitalità, spinta ideale e voglia di
rinascere (che indurrà tutte le forze del Paese a
una collaborazione da cui nascerà innanzitutto
la carta costituente), mentre oggi il quadro si
Il volume offre una
narrazione della storia
recente del Bel Paese,
per come è stata vissuta,
resa e interpretata dalle
più diffuse fonti di
informazione. Un’opera
di sintesi e bilancio,
pensata per un pubblico
generalista, che propone
anche un nuovo modo
di vedere il passato
come strumento per
affrontare la difficoltà di
conservare la memoria
e costruire il futuro nel
disagio del presente
eeÈ nata la Repubblica Italiana:
l’immagine è di Federico Patellani, primo
fotogiornalista italiano e uno dei più importanti fotografi italiani del XX secolo
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libri
presenta “a tinte fosche’’; abbiamo un Paese in
cui è emersa una classe politica ‘’priva assolutamente di cultura e di valori, ignara di progetto’’
(come annota Crainz citando Asor Rosa) con un
individualismo imperante (è Claudio Magris a
dare voce al timore “che il Paese si dissolva e
tra breve l’Italia – nell’attuale forma politico
statuale e dunque anche culturale – possa non
esistere più”). Dunque, guardare indietro può
aiutare a comprendere come si è arrivati a questa situazione attuale di gravissima ‘’devastazione etica e politica’’; quando cioè gli italiani
hanno cominciato a smarrirsi, passando dalla
società povera ma vitale del dopoguerra all’Italia spaesata di oggi, che non riesce a invertire
la deriva.
In cinque capitoli e relativi sottocapitoli – Un
intenso dopoguerra; Un “miracolo” non governato; Fra tragedie e speranze, culture del
passato e declino dell’“età dell’oro”; La grande mutazione degli anni Ottanta; Il crollo e le
derive –, lo storico passa in rassegna i sette
decenni della Repubblica Italiana attraverso la ricostruzione, il boom economico e la
grande trasformazione degli anni Ottanta,
quando mutazione antropologica e crisi di
palazzo cominciano inesorabilmente a fondersi, chiudendo con il premierato di Renzi. A
destra c’è un elettorato travolto dal degenerare del sistema dei partiti, in crisi di fronte
“all’intrecciarsi al suo interno di corruzione
e indifferenza al bene comune, incapacità
di governo e privilegi di casta”; a sinistra è
accampato un PD “prigioniero di feudatari
locali, soprattutto nel Mezzogiorno” e orfano
di qualsiasi progetto che lasci intravedere “la
bella politica” promessa da Renzi. I sindacati
sono diventati “simulacri sbiaditi di quel che
erano stati in passato, privi di quella capacità di misurarsi con gli interessi generali che
era stata la forza del sindacalismo italiano,
incapaci di orientarsi nelle trasformazioni
degli ultimi decenni”. Gli scenari si fanno apocalittici in un’inedita geografia devastata da
terrorismo globale, crisi economica, ondate
migratorie, fine del predominio occidentale.
Il mondo è cambiato e ogni certezza è illusoria: è spacciato chi non riesce a fare i conti con
il cambiamento. Sono grandi temi rimossi su
cui lo storico impone un’attenzione.
Tra le figure storiche giganteggia quella di
Alcide De Gasperi, forse per “riparare” una
colpa, cioè la rimozione con cui la cultura non
cattolica, di sinistra, ha guardato allo statista.
Ritroviamo qui il De Gasperi artefice e capo di
un regime fortemente anticomunista e anche
con elementi di deformazione della democra26
Panorama
Guido Crainz è autore, tra gli altri saggi, di “Il dolore e l’esilio. L’Istria
e le memorie divise d’Europa”, una sorta di guida per accostarsi alle
radici di una tragedia e ai suoi dolorosi vissuti, per fa comprendere
più a fondo la tragica epopea dei profughi istriani e il dramma del
confine orientale d’Italia conteso nei due grandi Dopoguerra
L’AUTORE
Storico e opinionista
uido Crainz, nato a
Udine, già docente di
Storia Contemporanea presso la Facoltà
di Scienze della Comunicazione dell’Università di Teramo, ha dedicato le sue ricerche
alla società rurale europea dell’Ottocento
e del Novecento, alla storia dell’Italia contemporanea – con particolare riferimento
alla seconda metà del Novecento – alla
storia dei media e al rapporto fra media e
comunicazione storica. Ha collaborato e
collabora, inoltre, con i programmi culturali
di Radio Tre, per i quali ha realizzato anche
numerosi documentari radiofonici di carattere storico. È opinionista della Repubblica
e scrive per le pagine culturali del quotidiano italiano.
Tra le sue opere, per i tipi della romana
Donzelli ha pubblicato: “Padania. Il mondo
dei braccianti dalla fine dell’Ottocento alla fuga
delle campagne” (1994, IIa ed. ampliata 2007,
Premio Walter Tobagi e Premio della Società
italiana per lo studio della storica contemporanea – Sissco), “Storia del miracolo italiano”
(1997, IIa ed. ampliata 2003), “Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni Ottanta”
(2003, Premio “lo straniero” e Premio Città di
Palmi), “Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa” (2005, Premio “Letteratura
della Resistenza” Città di Omegna), “L’ombra
della guerra. Il 1945, l’Italia (2008, Premio
Biblioteche di Roma), “Autobiografia di una
repubblica. Le radici dell’Italia attuale” (2009;
Feltrinelli, Milano, 2012); “Il paese reale.
Dall’assassinio di Moro all’Italia di oggi” (2012)
e “Diario di un naufragio. Italia, 2013-2013”
(2013), nonché, con Silvia Salvatici e Raoul
Pupo “Naufraghi della pace” (2008), mentre
con la fiorentina Giunti, “L’Italia repubblicana”
(2000).
zia – come il
libro documenta –, ma
anche il De Gasperi straordinario
che si trova di fronte a un compito che ben
pochi avrebbero potuto svolgere. Da un lato
nell’affermare la Democrazia Cristiana come
il primo partito del Paese e partito
egemone, assicurando all’Italia un
meccanismo che comunque funzionava, cosa per nulla scontata;
dall’altro lato, per Crainz l’altra
grande operazione di De Gasperi
sarà riuscire a dirigere il Paese verso la democrazia, a interloquire con
gli americani – cosa tutt’altro che
ovvia, visto anche il suo viaggio in
America nel ’47 tutt’altro che trionfale –, ma anche a dire di no al papa
Pio XII. Crainz riconosce a De Gasperi
coraggio, spessore, capacità e abilità
politica, doti che purtroppo stenta a
individuare nell’attuale classe politica italiana.
Intenso e accattivante, l’excursus di
Crainz segue le evoluzioni del secondo Novecento italiano, tracciando una
diagnosi lucida e impietosa delle sue
diverse stagioni. Niente terapie: l’autore si
pone – ci pone – soprattutto domande, alcune anche molto ambiziose, alle quali, nella
conclusione, non riesce a rispondere del tutto.
I. R.
cinemania
La coppia presidenziale jugoslava con Richard Nixon e la moglie Pat. “We’ll bomb those yougoslav bastards right out of the off the earth. I really mean it”: è la frase
storpiata, falsata, che il regista mette in bocca a Nixon dopo la scoperta della “bufala” del programma spaziale jugoslavo, usando uno spezzone della conversazione che si
tenne realmente nel 1971 alla Casa Bianca tra il presidente USA e il Segretario di Stato, Henry Kisinger, ma sulla situazione nell’Asia sudorientale e in Vietnam
TITO
gli Usa, la Luna
una balla spaziale
a cura di Ilaria Rocchi
E
rano le 21:13 dell’11
aprile 1970 quando
da Cape Canaveral
partì la missione
Apollo 13, che doveva rappresentare
la terza impresa di
sbarco sulla Luna. A circa 55 ore
dalla partenza, quando la navicella era sulla buona strada per conquistare la sua meta, un serbatoio
di ossigeno esplose, compromettendo la missione e mettendo in
serio pericolo la vita dell’equipaggio. In seguito a quell’incidente fu
trasmesso un celebre messaggio,
“Houston, we’ve had a problem
here…”, modificato nel tempo in
“Houston, we have a problem…”,
che ha reso celebre l’intera missione negli anni a venire. A distanza
di oltre 45 anni, la frase è stata ripresa nel titolo di una pellicola che
ha debuttato, in prima mondiale,
al 15.esimo TriBeCa Film Festival.
Parliamo dell’ultimo lavoro del regista sloveno Žiga Virc, Houston,
we have a problem!, proposto nella sezione “Viewpoints” (Punti di
vista), dedicata ai film che meglio
esprimono, da ogni nazione, la ricerca d’identità a livello personale
e come membri di una comunità,
offrendo prospettive inedite, coraggiose visioni registiche, carattere e
stile. Il film, attesissimo, è atterrato
nelle sale slovene, croate e serbe a
maggio (il mese in cui Tito il giorno 7 del 1892 è nato a Kumrovec e
rispettivamente morto il 4 del 1980
a Lubiana); in autunno, invece, sarà
Huston, we
have a problem!,
simpatica
trovata in chiave
jugonostalgica,
che ha risvegliato
l’attenzione
mediatica e
riscosso successo
di pubblico
trasmesso sui piccoli schermi anche dalla HBO Adria. La nuova fatica del documentarista sloveno ha
risvegliato l’attenzione mediatica
fin dall’annuncio del soggetto (circa quattro anni fa), accendendo la
miccia con la comparsa del trailer
su YouTube. Buono, alla fine anche
il successo tra il pubblico.
Primo lungometraggio del giovane regista, “Houston, we have
a problem!” è un documentario
romanzato, che esplora il mito del
programma spaziale segreto voluto da Tito e del multimilionario
accordo clandestino tra la Jugoslavia dell’epoca e gli Stati Uniti
d’America. In sintesi, il maresciallo jugoslavo si sarebbe inventato
un ruolo di terzo giocatore nella
disputa Mosca–Washington e alla
fine avrebbe barattato le conquiPanorama
27
Un regista
che ama
provocare
ccJacqueline, Tito, JFK e Jovanka in un incontro del 1961
ste teconogiche della Jugoslavia con
un consistente programma di aiuti
finanziari degli Stati Uniti (questi
sì reali!), nel marzo del 1961. Anzi,
la bandiera a stelle e strisce sarebbe
arrivata sulla Luna proprio grazie
al programma spaziale di Tito – è
questo che la pellicola cerca quasi
di suggerire, con una scaltra operazione di marketing –, tant’è che nel
maggio dello stesso anno il presidente John Fitzgerald Kennedy diede orgogliosamente l’annuncio della
missione sul satellite terrestre.
Siamo in piena Guerra fredda: tra
Unione Sovietica e Stati Uniti d’America un capitolo fondamentale si
gioca nella “corsa allo spazio”. I sovietici dominano la scena per un quinquennio, ma saranno gli americani
a vincere la sfida. La storia ha inizio
il 4 ottobre del 1957, quando Mosca
annuncia il lancio del primo satellite artificiale di sempre: lo Sputnik.
L’impresa coglie del tutto impreparati gli americani. Quasi quattro anni
dopo sono ancora i russi a prevalere,
riuscendo a mandare un uomo nello
spazio, Yuri Gagarin. Il suo volo di
quel 12 aprile del 1961 è l’apice del
successo spaziale sovietico. I russi si
avvalgono del patrimonio di conoscenza degli scienziati tedeschi, così
come anche gli americani, che daranno origine alla NASA solo nel ’58.
Dopo la missione di Gagarin, gli Stati Uniti reagiscono con determinazione. Sotto la guida dello scienziato
Wernher von Braun (strappato dopo
la guerra a quei tedeschi per i quali
aveva progettato i razzi bomba V1
e V2) la bandiera a “stelle e strisce”
viene piantata sul suolo lunare: è il 20
luglio 1969. Ma come ci arrivano?
È qui che “entrano in scena” i tecnici
jugoslavi, ai quali Tito, scomunicato
nel 1948 da Stalin, decide di tenere
per sé il segreto dei codici che i suoi
uomini sono riusciti a recuperare e
riguardanti il programma elaborato dall’ingegnere sloveno Herman
Potočnik-Noordung (Pola, 1892
– Vienna, 1929), considerato uno
dei pionieri della missilistica e dei
viaggi nello spazio. Nel 1928 aveva pubblicato il suo unico libro, “Il
problema della navigazione dello
spazio – Il motore a reazione”, in
cui, in 188 pagine e oltre 100 illustrazioni, propone diverse possibili
realizzazioni di stazioni spaziali e
satelliti geostazionari. Potočnik descrive anche in maniera dettagliata
i tre moduli di cui si sarebbe dovuta
comporre una particolare stazione.
Nel 1935 il suo libro è tradotto in
lingua russa, nel 1985 in sloveno
Žiga Virc è autore anche del corto “Trst je naš” (2010),
che nel capoluogo giuliano scatenò gli animi – facendo
sanguinare le ferite del 1945 non ancora rimarginate
– e una lunga serie di polemiche, facendo scendere in
campo persino la Farnesina
«Objekat 505»
Ž
eljava, era il cuore del
programma “spaziale” jugoslavo. Una complesso
sotterraneo, una base militare costruita sotto il monte
Pleševica – al confine tra la
Croazia e la Bosnia-Erzegovina, nei pressi Bihać –, un tempo una delle
principali dell’aereonautica jugoslava, oggi
distrutta e abbandonata; era infatti una delle
e solo nel 1999 in inglese, a opera
della NASA. Le sue idee furono riprese in primo luogo dalla Verein
für Raumschiffahrt, il cui membro
Wernher von Braun nel 1952 pubblicò un piano per una stazione
spaziale, la cui forma circolare era
ispirata alle idee di Potočnik. Tito
avrebbe deciso di vendere il pro-
ee“Objekt 505”: il lancio di un razzo. Virc ha usato ampiamente il materiale d’archivio disponibile sul periodo
della guerra fredda, sul programma spaziale della NASA e lo sbarco sulla Luna, saldando realtà e finzione
28
Panorama
cinemania
Žiga Virc, regista ventinovenne formatosi all’Accademia per il teatro,
la radio, il film e la televisione di
Lubiana, non è nuovo alle provocazioni. Nel 2010 aveva scaldato gli
animi con il film comico e autoironico “Trieste è nostra”, nel quale,
riprendendo lo storico slogan del
1945 coniato dalle truppe del maresciallo Tito, racconta il tentativo di
un gruppo di partigiani sloveni del
2009 di “correggere gli errori della
Seconda guerra mondiale”. Il corto
aveva sollevato un coro di proteste
da parte dell’Unione degli Istriani
del capoluogo giuliano e dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia (Anvgd), cui si era aggiunto anche l’allora ministro degli Esteri
italiano, Franco Frattini. Il corto, della durata di circa mezz’ora, prodotto
dell’Accademia di arti drammatiche
di Lubiana (Agrft) e dalla Tv pubblica slovena, aveva ottenuto una
nomination come miglior cortometraggio straniero ai 37.esimi Student Oscars. Tra gli altri suoi lavori,
premiati in Slovenia, i documentari
“Polmesec nad planikami” (2013),
sulla prima moschea costruita nel
1916 nel villaggio alpino di Log dai
soldati bosniachi che combattevano
a fianco dell’Austria sul fronte dell’Isonzo; quindi “Vojne igre” (2012);
“Klic z gora “(2012) e il film tv “Naša
demokracija” (2010).
eeChe cosa era
realmente avvenuto
nel più grande
complesso sotterraneo in Europa,
sotto alla base aerea
di Željava, oggi
abbandonata, posta
esattamente tra il
confine croato e
bosniaco?
ccHouston we have a problem
basi sotterranee più grandi in Europa, una vera
e propria grande città sotterranea per la cui costruzione la Jugoslavia spese più di 4 miliardi
di dollari. Denominata “Klek” oppure “Objekat
505”, è stata una delle più grandi d’Europa dal
1968 fino al 1992, quando fu distrutta dalle
forze serbe. Oggi, dal momento che il territorio che la circonda è ancora minato, la base è
utilizzata come campo d’addestramento per
insegnare ai cani ad individuare gli esplosivi.
La sua costruzione era iniziata nel 1954, con
grande dispiego di forze e risorse, in tutta
segretezza, durando per ben dodici anni (sol-
tanto l’aeroporto verrà inaugurato prima, nel
1968, accelerando il tutto dopo i fatti della Cecoslovacchia). Le caratteristiche erano impressionanti: comprendeva tre gallerie adattate,
come dimensioni, ai MiG 21, lunghe rispettivamente 400, 500 e 350 metri, alte 8 e larghe 20
metri; potevano ospitare 58 aerei ed erano dotate di tutto il necessario: deposito armi (bombe e razzi), deposito carburanti, carri armati,
generatori elettrici, aria condizionata, cucine,
servizi igienico-sanitari, aule, ambulatorio,
archivio, stazione meteorologica, sofisticati
sistemi radar, rifugi antiatomici...
Le gallerie e gli spazi di servizi si snodavano per
complessivi 3500 metri; c’erano quattro vie d’accesso e una pesante porta di cemento armato le
separava da ogni influenza esterna; le condizioni
climatiche erano ideali, con una temperatura
che veniva mantenuta costantemente sui 18
gradi e la struttura aveva tutti i presupposti per
poter funzionare autonomamente, in caso di
necessità, per un periodo di 30 giorni. La parte
esterna dell’impianto comprendeva un aeroporto composto da cinque piste e caserme vicino al
villaggio di Ličko Petrovo selo, che era anche la
base logistica dell’aeroporto.
getto all’allora presidente Kennedy,
ricevendo in cambio un cospicuo –
quanto salvifico, per l’economia jugoslava – sostegno finanziario (2,5
miliardi di dollari).
via all’epoca era tecnologicamente
più avanzata rispetto ad altri Paesi
dell’Europa orientale e su alcuni particolari (come ad esempio la figura
di Milojko Mike Vucelić, che il presidente Lyndon Johnson insignì della “Presidential Medal of Freedom”
e che alcuni media hanno definito
“padre del programma Apollo”); in
realtà gli storici hanno finora smentito seccamente l’esistenza di un programma spaziale jugoslavo.
Una leggenda metropolitana – in cui
certi vogliono credere, ancora presi
dal carisma del maresciallo, che non
sembra affatto affievolirsi nel tempo
–, che viene esplorata nel film attraverso il personaggio di Ivan Pavić,
un ingegnere del presunto programma spaziale jugoslavo. La troupe di
Virc, che sta girando un documentario con l’aiuto anche di uno storico
USA e di documenti d’archivio descretati, va a recuperarlo in Florida
e dopo un’assenza di cinquant’anni
Pavić torna nella natia Pago. Spedito
fRealtà e fiction
Il film si pone come un’ideale combinazione tra documentario e finzione, ricco d’intrighi politici e
drammatiche storie personali. Virc
gioca anche sul fatto che la Jugosla-
Panorama
29
cinemania
la verità?
Che cos’è realmente
ccIl “cast” del film: Tito, Kennedy, Johnson, Nixon
alla NASA a sviluppare il programma Apollo 11 – la tecnologia jugoslava non funzionava come promesso (come del resto le famose Yugo!)
–, i servizi segreti jugoslavi lo avevano dato per morto in un incidente in
cui la sua automobile sarebbe finita
in mare, inscenando il suo funerale.
Portato via dalla famiglia e dal suo
paese, Pavić non ha mai conosciuto la figlia, Nataša, che oggi vive a
Belgrado. Lei, come sua madre, non
aveva mai dubitato della versione
che le era stata raccontata dalle autorità. I due s’incontrano per la prima
volta e tutti insieme vanno a Željava.
Inizia così la ricostruzione dell’intricata vicenda. Virc lascia lo spettatore
a risolvere da solo il puzzle: credere o dubitare? Una cosa è chiara: il
messaggio di fondo, ossia come ancora oggi, in una società moderna,
sia facile manipolare il pubblico. E
Virc, sotto questo aspetto, si rivela
un abile manipolatore del sentimento di nostalgia, o meglio, jugonostalgia. Il film scorre via con leggerezza,
permeato di una sottile ironia, che
prende di mira i protagonisti storici.
Di grande effetto la fotografia (il paesaggio desertificato dell’isola di Pago
rimanda un po’ all’ambiente lunare),
accattivante il soggetto, la parte più
interessante sono i filmati inediti ritrovati negli archivi dell’ex Jugoslavia
nello stato “vergine”, mai montati,
che ci fanno vedere Tito in situazio30
Panorama
Intrighi internazionali,
documenti top secret
declassificati e un accordo
clandestino fra John F.
Kennedy e il presidente della
Jugoslavia, Josip Tito, sono
solo la punta di un iceberg
in questo stuzzicante lavoro
di Žiga Virc. Sempre ai
confini tra realtà e finzione,
impastando abilmente
materiali autentici, filmati
d’archivio, con interviste
realizzate nei giorni nostri
– tra cui Slavoj Žižek, un
ccRealtà o finzione? Il noto filosofo sloveno
Slavoj Žižek, in una sequenza del film,
centra alla perfezione il dubbio: “Che cos’è
realmente la verità?”
ni mai viste finora, in costume da
bagno, a Brioni, con i suoi barboncini; oppure a bordo della nave Galeb
e in “fuga” da questa per scansare le
scenate della moglie Jovanka (si fa
trasportare dalla nave ammiraglia a
una della scorta con una specie di
“funivia”); o, ancora, con in mano
un cubano (provocatoriamente, di
fronte agli statisti USA)...
L’inquadratura scelta dal regista rivela quasi simpatia per il personaggio.
Assenti riferimenti alla dimensione
politica (gli spezzoni di documentari che mostrano manifestazioni antijugoslave negli USA sono funzionali
alla trama), “l’eroe-presidente” in cui
molti per decenni si sono proiettati e
ex ingegnere aerospaziale
jugoslavo, la sua figlia ritrovata,
un generale dell’Esercito
popolare jugoslavo in pensione
e uno storico americano
– «Houston, abbiamo un
problema!» è un’affascinante
meta-indagine sulla Guerra
Fredda, rispettivamente sul
ruolo della diplomazia, della
fabbricazione dei miti e delle
menzogne, delle manipolazioni e
dei giochi politici finalizzati alla
costruzione dell’identità
nazionale. A Slavoj
Žižek, uno dei
pensatori più noti
al mondo grazie alle
sue teorie contro il
capitalismo e il mercato,
che appare scalzo e
seduto davanti a una
vecchia tv, è affidata
la domanda chiave (una
domanda da un milione di
dollari) del film: “Che cos’è
realmente la verità? Abbiamo
bisogno dei miti?”. Stando al
filosofo e sociologo sloveno,
le leggende e le teorie del
complotto esistono per spiegare
e semplificare una realtà troppo
complessa. A conferma della sua
tesi che il superamento del mito
non corrisponde semplicemente
a un allontanamento dal mitico,
ma una lotta constante con e
all’interno di esso.
riflessi si destreggia sotto i riflettori
con la nonchalance di una star che
sa sedurre le masse; un illusionista
che ipnotizza il proprio uditorio –
nazionale e internazionale – facendogli credere nella favola del “paradiso socialista” jugoslavo (o delle
sue conquiste tecnologiche). Il risveglio, lo sappiamo, sarà brutale.
mostre
Uno sguardo
privilegiato
sulla vita
delle Guardie
svizzere
L’esposizione presenta
inquadrature, dettagli
inediti e anche momenti
privati della quotidianità,
soffermandosi, di volta in
volta, su diversi aspetti: il
senso del dovere, l’evento
istituzionale, ma anche
il tempo libero, con
attimi di spontaneità e
gli sguardi orgogliosi. In
visione ai Musei Vaticani
fino al 12 giugno 86 foto
che ripercorrono 500 anni
del «più piccolo esercito
del mondo», la cui storia
al servizio dei Papi iniziò
il 6 maggio 1527, durante
il sacco di Roma
Panorama
31
ccPapa Francesco durante l’udienza in Piazza San Pietro
Per essere
ammessi
a far parte
della Guardia
svizzera bisogna
possedere ben
determinati
requisiti:
- sesso maschile
- cittadinanza svizzera
- fede cattolica
- aver svolto il servizio militare nell’Esercito
svizzero e aver ottenuto un certificato di buona
condotta
- avere un’età compresa tra 18 e 30 anni
- avere un’altezza non inferiore a 174 centimetri
- essere celibe (il matrimonio è ammesso solo per
i caporali e gradi superiori)
- avere un certificato di capacità professionale o
una maturità medio-superiore
32
Panorama
ccLe tradizionali armature delle Guardie svizzere
I
nquadrature, dettagli inediti e anche momenti privati della quotidianità, per
soffermarsi così, di volta
in volta, su diversi aspetti:
il senso del dovere, l’evento istituzionale, ma anche,
appunto, il tempo libero, con attimi
di spontaneità e gli sguardi orgogliosi. È dedicata all’illustre Corpo
della Guardia svizzera pontificia
la mostra fotografica The Life of a
Swiss Guard. A private view, che ai
Musei Vaticani racconta, in 86 foto
in bianco/nero e colore realizzate
dal fotografo Fabio Mantegna, 500
anni di arte, storia e vita, offrendo
uno sguardo privilegiato sul “più
piccolo esercito del mondo”, unico
per il suo legame con la storia del
Vaticano, la cui storia al servizio dei
Papi iniziò il 6 maggio 1527, durante
il sacco di Roma. Inconfondibili nella loro uniforme storica, la rassegna
per la prima volta mette in luce la
complessa realtà vissuta dai soldati svizzeri che proteggono il Santo
Padre – viene presentato attraverso
ottantasei scatti e l’esposizione di divise ed oggetti che documentano la
sua lunga storia.
Come afferma Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, gli scatti
artistici di Fabio Mantegna ripercorrono una vicenda “nobile e antica,
ma anche la bella giovinezza di un
gruppo di ragazzi al servizio del Papa
di Roma, orgogliosi e onorati del ruolo che rappresentano e del servizio
al quale sono chiamati: il senso del
dovere e l’umanità d’accenti si mescolano ai sogni, all’entusiasmo e alla
speranze che hanno tutti i ragazzi del
mondo a vent’anni”.
“Noi svizzeri abbiamo il privilegio di
vegliare da secoli sulla sicurezza del
Santo Padre. È un compito che svolgiamo con professionalità, grande
gioia e spirito di sacrificio. Il servizio
svolto da una Guardia svizzera non
può essere equiparato a un lavoro.
Essere Guardia svizzera è una vocazione. Occorrono fede e profonda
convinzione per svolgere questo impegno straordinario e nobile. Giorno
e notte siamo vicini al Santo Padre e
cerchiamo, attraverso il nostro servizio, di garantirgli la tranquillità e la sicurezza di cui ha bisogno per svolgere
il suo ministero di Successore di Pietro”, afferma il Col. Christoph Graf,
comandante in capo della Guardia
svizzera pontificia.
L’esposizione focalizza l’attenzione
sull’impegno giornaliero delle Guardie svizzere, intente nell’alta responsabilità del compito di vigilare costantemente sulla sicurezza del Santo
Padre e della sua residenza. Adoperando al meglio la possibilità di un
accesso privilegiato al mondo privato
di questi uomini, Mantegna ha saputo fissare con semplicità e originalità
alcuni dei momenti meno formali. La
consapevolezza di una storia antica è
sempre presente, così come l’orgoglio
del ruolo che rappresentano e della
missione alla quale sono chiamati, il
senso del dovere e l’umanità d’accenti
delle guardie impegnate ad assolvere
le loro mansioni. Sono però anche
ragazzi di venti anni con i sogni, l’entusiasmo, le speranze che hanno tutti
i ragazzi di vent’anni del mondo. Ed è
anche questa dimensione che il servi-
ccGuardie svizzere durante l’udienza in Piazza San Pietro
ccI “soldati del Papa” in servizio all’Ingresso di Sant’Annao
zio fotografico di Fabio Mantegna fa
emergere attraverso la scelta dei soggetti, il taglio delle inquadrature e la
regolazione della luce, alcuni notissimi sfondi architettonici, il volto meno
conosciuto della città del Vaticano. Le
immagini sono accompagnate da interventi con i commenti e le riflessioni
delle stesse Guardie svizzere sul proprio lavoro e sulla propria esperienza,
rivelando punti di vista e sguardi mai
banali su un mondo poco conosciuto
e permettendo una loro conoscenza
più intima e profonda che travalica la
consueta percezione pubblica.
Nel complesso, dunque, la ricca antologia fotografica e la selezione di
oggetti offrono per la prima volta
una visione rara e non comune del
particolare gruppo di soldati che da
oltre 510 anni sceglie di servire in
un modo unico la Chiesa. Realizzata grazie alla disponibilità del Capitolo della California dei Patrons of
the Arts dei Musei Vaticani (che con
i loro finanziamenti aiutano a prePanorama
33
mostre
servare capolavori come la Cappella Paolina e le Stanze di Raffaello, a
realizzare nuovi allestimenti, tra cui
la Sala Matisse, o ad acquistare laser
e spettrometri di massa per il Gabinetto di Ricerche Scientifiche) e
curata da Romina Cometti dell’Ufficio Patrons of the Arts diretto da
P. Mark Haydu, la mostra rimarrà
aperta al pubblico fino al 12 giugno
2016, accessibile gratuitamente.
B. R.
L’uniforme di gala, la divisa probabilmente più famosa del mondo, deve la
sua esistenza al comandante Jules Repond (1910 – 1921), che la disegnò così dopo approfondite ricerche e sulla base degli affreschi di Raffaello. I colori blu e giallo appartengono allo stemma di famiglia della Rovere,
la famiglia di Papa Giulio II fondatore della Guardia. Il rosso viene dalla famiglia Medici, da
cui proveniva il Papa Clemente VII. Le bande blu e gialle interrompono con un movimento
fluido il rosso della giacca e dei pantaloni. Il cappello è stato sostituito dal berretto basco
attuale, sul quale si può distinguere il grado. In un secondo tempo è stato modificato anche
il collo bianco attuale.
L’uniforme di manovra, che viene indossato durante la scuola reclute e il servizio notturno,
è completamente blu con collo e polsini bianchi. Per ragioni pratiche è anche indossato per
il servizio all’ingresso di Sant’Anna. Il servizio agli ingressi del Vaticano è una delle missioni
più importanti. In inverno e quando piove, può essere indossato il cappotto per proteggersi
dalla pioggia e dal freddo.
A Pasqua, a Natale e durante il giuramento, si indossa una corazza del XVII secolo sulla divisa di gala, i guanti bianchi e il casco argentato, questa è l’uniforme di grande gala. Il casco,
un morione, è ornato con una piuma di struzzo rosso per gli alabardieri e gli sottufficiali,
viola scuro per gli ufficiali, bianca per il Sergente Maggiore e il Comandante. La quercia
dello stemma araldico della famiglia della Rovere di Papa Giulio II che fondò il Corpo è in
rilievo su entrambi i lati del morione. I tamburi fanno parte della banda, la loro uniforme è
gialla e nera come la piuma del loro casco.
Un esercito «colorato»
ccGuardie attraversano la Piazza dei Protomartiri
Acriter et Fideliter
“S
iete chiamati a vivere il vostro lavoro come una missione che il Signore stesso
vi affida; a cogliere il tempo
che trascorrete qui a Roma,
nel cuore della cristianità,
come opportunità per approfondire l’amicizia con
Gesù e camminare verso la meta di ogni vera
vita cristiana: la santità. Perciò vi invito ad
alimentare il vostro spirito con la preghiera
e l’ascolto della parola di Dio; a partecipare
con devozione alla Santa Messa e coltivare
una filiale devozione verso la Vergine Maria,
e così realizzare la vostra peculiare missione,
lavorando ogni giorno ‘acriter et fideliter’, con
coraggio e con fedeltà”. L’ha detto il Santo Padre il 7 maggio scorso nella Sala Clementina,
alla cerimonia del giuramento delle nuove
reclute della Guardia svizzera pontificia – il
cui motto è appunto “acriter et fideliter” – ,
all’indomani della festa di questo corpo armato speciale (che ricorre il 6 maggio, quando nel 1527 la Città Eterna venne attaccata
dai lanzichenecchi dell’imperatore Carlo V e,
durante questa invasione, gli svizzeri cercarono di resistere all’assalto eroicamente, tant’è
che di 189 uomini si salvarono solo in 42,
riuscendo a portare il pontefice Clemente VII
34
Panorama
a Castel Sant’Angelo attraverso un passaggio
segreto, salvandogli la vita). La Guardia svizzera pontificia è intessuta nella trama della
vita e della tradizione del Vaticano. Questi
“custodi colorati” del Papa dedicano la loro
vita a Sua Santità e sono molto più di un suggestivo dettaglio della visita alla Basilica di
San Pietro: hanno una missione di importanza vitale, non solo per la protezione del Santo
Padre, ma anche per la divulgazione del suo
messaggio in tutto il mondo.
fOltre cinquecento
anni di storia
È il 22 gennaio 1506, quando un gruppo di
150 mercenari elvetici al comando del capitano Kaspar von Silenen, del Canton d’Uri,
attraversando porta del Popolo entra per la
prima volta nello Stato Pontificio per servire papa Giulio II. Già in precedenza Sisto IV
aveva concluso nel 1479 un accordo con la
confederazione, che prevedeva la possibilità
di reclutare mercenari elvetici.
Papa Pio X nel 1914 decide di fissare il numero dei militi che compongono questo
speciale corpo a 100, più sei ufficiali, tra cui
il comandante che ha il grado di colonnello.
Con la nascita nel 1929 dello Stato Vaticano,
le Guardie Svizzere diventano la milizia ufficiale del nuovo Stato. Durante la Seconda
guerra mondiale papa Pio XII amplia temporaneamente il corpo delle guardie svizzere,
portandolo a oltre 300 effettivi, sia per dare
rifugio ai molti sfollati che per dare una maggiore stabilità alla Città del Vaticano.
La Guardia svizzera pontificia si occupa della
vigilanza, della sicurezza e della protezione
del papa all’interno del Palazzo Apostolico
e durante i suoi viaggi, oltre che dei servizi
d’onore durante le udienze e i ricevimenti,
presiede, congiuntamente con il Corpo della
Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, alle cerimonie nella basilica di San Pietro e nell’aula Paolo VI; si occupa inoltre del
controllo degli accessi in Vaticano e, durante
la sede vacante, della protezione del collegio
cardinalizio.
Il 6 maggio 2003 ha prestato giuramento
in Vaticano la prima guardia svizzera di colore della storia: si tratta del giovane Dhani
Bachmann, allora ventiduenne, indiano di
nascita ma a tutti gli effetti cittadino svizzero. L’alabardiere ha prestato servizio soltanto
per qualche anno. Il 5 maggio 2009 l’allora
comandante in carica della Guardia svizzera
pontificia, Daniel Rudolf Anrig (2008-2015),
in un’intervista ha aperto alla possibilità che,
in futuro, nel corpo possano essere arruolate
anche le donne.
made in italy
Mille nuovi prodotti
del food Made in Italy
Le innovazioni a Cibus
2016 interessano tutti
i settori merceologici
e seguono i criteri
della ricerca di un
gusto e di una qualità
sempre maggiori, di un
packaging più pratico
per il consumatore e
meno dannoso per
l’ambiente, dell’offerta
di generi salutistici,
quindi con meno
grassi, senza lattosio,
biologici, vegani
U
na gran quantità di
nuovi prodotti, circa
1.000, sono stati proposti dall’industria
alimentare italiana a
Cibus2016, il Salone Internazionale
dell’Alimentazione, organizzato da
Fiere di Parma e Federalimentare
a Parma dal 9 al 12 maggio. Sulla
scia di Expo2015, il comparto alimentare ha investito per essere in
grado di proporre sui mercati esteri
e su quello interno nuovi prodotti
in grado di rispondere alla domanda dei consumatori. Parte di questi
prodotti sono stati presentati per la
prima volta in assoluto a Cibus, altri sono stati messi sul mercato nei
primi mesi del 2016.
Le innovazioni interessano tutti
i settori merceologici e seguono
i criteri della ricerca di un gusto
ed una qualità sempre maggiori,
di un packaging più pratico per il
consumatore e meno dannoso per
l’ambiente, dell’offerta di prodotti
salutistici, quindi con meno grassi,
senza lattosio, biologici, vegani e
via dicendo.
Nel reparto salumi, si va dalla linea italiana al 100%, dall’allevamento in su (Salumificio Levoni)
al Parmacotto Light Strolghino già
pelato e pronto da affettare (Terre
Ducali); dalla mortadella alle olive
verdi pugliesi (Villani) al salame
dalla originale forma di molla, per
un pubblico giovane (Piovesan) al
salame alla nocciola piemontese
(Cuore di Mamma – Foreat); dal
prosciutto con sale marino e senza conservanti (BP) alla crema di
salame e formaggio spalmabile per
bruschette (Sirianni).
Panorama
35
made in italy
eeDalla Callipo arriva la bottarga di tonno grattuggiata: sono le uova del tonno, sapientemente
lavorate e stagionate. Questo pregiatissimo prodotto, dal gusto intenso e tanto apprezzato dagli
intenditori, viene confezionato in vasetti di vetro
Per quanto riguarda i formaggi, la
lista comprende si allarga dalla pratica confezione di gorgonzola a cubetti (Igor) a un’intera linea senza
lattosio (Galbani); dal Parmigiano
Reggiano bio (Ferrari) alla confezione unica di formaggio spalmabile con cracker senza glutine (Prealpi); dai bastoncini affumicati di
scamorza (Alifood) alla mozzarella
con meno lattosio (Zappalà).
E poi, entrando nella grocery, troviano la maionese senza uova,
100% vegetale (Biffi); uova con sostanze nutritive, come acido folico,
iodio, etc. (Eurovo); oli vegetali per
friggere bio 100% italiani (Zucchi);
una linea di dolcificanti da uve italiane (Naturalia-Eridania); dado
da brodo bio; carne 100% italiana
(Fereoli); olio di argan del Marocco, con proprietà cardioprotettive
(Pariani); palline alla salsa di soia
per condimenti (Trasimeno); panna montata spray fresca, da tenere
in frigorifero (Polenghi); sale grigio dell’Atlantico, metodo celtico (Gemma di Mare-CIS); pasta
36
Panorama
all’uovo con semi di canapa bio (La
Campofilone)...
Nel settore dolciario, l’offerta va dal
Panettone gastronomico by Masterchef (Balocco) al panettone in fette
Loison Le Cheesecake (Donatella);
dalla linea di preparati per dolci
senza zucchero e senza glutine (San
Martino) alla crema cioccolato con
40% di carota in sostituzione dello
zucchero (Aureli); dalla pastiera
napoletana con shelf life di 8 mesi,
ottenuta non con conservanti ma
con nuove tecnologie (Perrotta) al
dolce a base di mozzarella di bufala
e cassata siciliana (La Dolce Terra);
dai ghiaccioli Polaretti pronti da gelare (Dolfin) al gelato bio (La Gelateria G7) e al gelato senza lattosio
(Erika).
L’offerta bevande si arricchisce
di nettare di melagrana biologica (Bio Plose), nuove birre “cotte”, fermentate e non pastorizzate
(Maestri Birrai Umbri); frullati
naturali al 100% (Sterilgarda) alla
bottiglia biodegradabile al 100%
(Sant’Anna); latte con cannucce al
gusto di cioccolato e fragola, per i
bambini (Dolfin); succo di barbabietole (Molini Spigadoro); energy
drink con pappa reale e propoli
(La Dolce Vita)...
Grande ingresso anche per la bottarga grattugiata (Callipo) e la
tartare di mare (Medusa); quindi
carciofi al tartufo (Selektia), zuppa
abruzzese di castagne e ceci pronta,
sottovuoto, senza conservanti (De
Lucia), sugo di pomodoro con 50%
di verdure, senza conservanti, pensato per i bambini (Rodolfi). Tra i
nuovi packaging la confezione in
fibre d’erba (Eurovo).
Tanti i prodotti che rispondono
alla domanda di benessere dei consumatori – biologici, gluten free,
senza olio di palma, vegani, e altri –, figurano, ad esempio, filetti
di tonno con sale iodato (Callipo)
alle polpette di pollo bio (Fileni);
confetture di kiwi giallo vitaminico
(VIS), frollini gluten free (Delser),
allo yogurt senza lattosio (Cooperativa Mila). Si rifanno all’alimentazione vegana la linea a base di soia
(Pedon), la minestra di riso rosso e
quinoa (Euroverde), il pesto vegan
verde (Valbona), le fette vegetali
alternative al formaggio (Benebio),
il purè di patate senza latte (Euroverde), la piadina vegana (Ster), la
focaccia genovese vegana (Francone) e fino alle pizzette vegane in
pasta sfoglia multicereali (Sfoglia
Torino).
curiosità
Una ricerca
tedesca
spiega che:
«Il quoziente
intellettivo
si abbassa di
1,5 in ogni
nuovo nato»
I fratelli maggiori
sono più intelligenti!
a cura di Nerea Bulva
T
ra fratelli le prese in giro non mancano
mai: chi sarà il più bravo? Chi il più intelligente di tutti? A dare una risposta
a questa ultima domanda è arrivata
una ricerca tedesca, secondo la quale
il più anziano è dotato di un’intelligenza maggiore rispetto al fratello o ai fratelli minori. I
primogeniti hanno, nella media, un QI di 2,3
punti più alto rispetto al secondogenito (il QI
è un “misuratore dell’intelligenza” introdotto
all’inizio del ‘900 ed è stato molto utilizzato
in passato: oggi viene ritenuto un sistema di
valutazione troppo limitato). La differenza è
lieve (il quoziente intellettivo si abbassa di 1,5
punti in ogni nuovo nato), ma tanto basta per
far cantare vittoria al primogenito.
I ricercatori della Leipzig University hanno
analizzato tre studi, che hanno coinvolto più di
20mila persone provenienti da Germania, Stati
Uniti e Gran Bretagna. I dati presi in considerazione includevano i risultati dei test di personalità e d’intelligenza.
Secondo quanto osservato, il quoziente intellettivo si abbassa di livello dopo il primo figlio,
mentre nessuna differenza tra i vari fratelli è
stata notata sul piano della personalità, nonostante studi precedenti abbiano ipotizzato
che l’ordine di nascita influenzi anche tratti del
carattere.
Gli scienziati non sono ancora in grado di spiegare questo lieve dislivello tra fratelli. Rimangono solo delle ipotesi: “Una teoria è che i figli
successivi ricevano attenzioni ‘diluite’ da parte
dei genitori. Mentre il primogenito riesce a
ottenere quasi tutta la loro attenzione, almeno
per alcuni mesi o anche anni, i fratelli minori
devono, invece, dividerla con l’altro, fin dall’inizio”, spiega la ricercatrice Julia Rohrer.
Ma c’è anche un altro possibile fattore: “Il primogenito insegna e svolge quasi una funzione
di ‘tutor’ nei confronti dei più piccoli, mostrandogli come funziona il mondo”. Questa componente dell’insegnamento potrebbe avere un
ruolo importante nello stimolare l’intelligenza
del bambino.
“Insegnare richiede il possesso di capacità cognitive: i piccoli devono così riportare alla mente le loro conoscenze, strutturarle ed elaborare
il modo più giusto per esprimerle e renderle
comprensibili agli altri – aggiunge Rohrer –.
Tutto questo dà un importante input alla loro
intelligenza”. Un’intelligenza per la quale dovrebbero forse ringraziare proprio loro, i fratelli
minori.
eeSecondo la professoressa Julia Roher questo lieve dislivello tra fratelli potrebbe essere dovuto al fatto
che il primogenito ottiene quasi tutta l’attenzione di mamma e papà, almeno per alcuni mesi o anche
anni, mentre i figli successivi ricevano attenzioni “diluite” da parte dei genitori. Un’altra ipotesi è che iI
primogenito insegna e svolge quasi una funzione di “tutor” nei confronti dei più piccoli, mostrandogli
come funziona il mondo e insegnare dà un importante input alla loro intelligenza
Panorama
37
L’aumento
di emissioni
di CO2 ha
spinto le piante
a sviluppare
più foglie,
fenomeno
preoccupante
denominato
dagli scienziati
«effetto
greening»
38
Panorama
La Terra è più
verde rispetto
a 33 anni fa
Boston University/R. Myneni
ambiente
ccQuest’immagine ci mostra il cambiamento delle aree verdi sulla terra dal 1982 al 2015
I
I verde sulla Terra, negli ultimi trent’anni, è aumentato.
Ma il merito non è di una
politica di rimboschimento
messa in atto dai vari paesi
del mondo, bensì dalle emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Sembra paradossale, eppure è quanto emerso da una ricerca di livello internazionale pubblicata sulla rivista scientifica Nature Climate
Change, intitolata “Greening of the Earth and
its drivers”: 32 ricercatori di 24 diverse istituzioni scientifiche hanno condotto lo studio utilizzando i dati ottenuti dai satelliti Nasa-Modis
e Noaa-Avhrr, scoprendo che, negli ultimi 33
anni, circa il 50 per cento del territorio coperto da alberi è risultato essere più verde, quello
che oggi è definito “effetto greening”.
Europa, Africa Centrale e Amazzonia settentrionale le zone più interessate dal fenomeno,
ma importanti cambiamenti sono stati registrati anche in Nord America e nel Sud Est asiatico, per un totale di 36 milioni di chilometri
quadrati di aree verdi. Secondo le stime degli
scienziati, con il fogliame degli alberi, a oggi, si
potrebbe ricoprire un territorio pari a due volte
gli Stati Uniti. L’effetto greening è dovuto per
il 70% all’incremento della concentrazione di
anidride carbonica presente nell’atmosfera,
per il 9% dall’aumento della deposizione di
azoto e per l’8% dai cambiamenti del clima
che si sono verificati negli ultimi anni. Il restante 4% è stato attribuito al cambiamento
della morfologia del suolo.
I “negazionisti” del cambiamento climatico
hanno presto fatta loro la ricerca, alcuni addirittura sbandierando i benefici delle emissioni
di anidride carbonica nell’atmosfera perché “fa
crescere le piante”. Ma quello che insistono a
sottolineare gli studiosi, invece, è che l’aumento delle zone verdi è in realtà un vero e proprio
sistema di difesa: gli alberi hanno aumentato
il fogliame per poter assorbire dosi massicce di
CO2. “Una difesa, però, destinata a non durare nel tempo – come affermato dal professor
Philippe Ciais, co-autore dello studio – fino ad
annullarsi, poiché richiede grandi quantità di
fosforo e di acqua, elementi che iniziano a scarseggiare sulla Terra”. “Inoltre – rileva ancora
Ciais – i danni causati da un aumento delle
emissioni di CO2 superano i benefici momentanei apportati: catastrofi naturali, con
distruzione della vegetazione, innalzamento
dei livelli dei mari, acidificazione delle acque
e in molti luoghi siccità, possono mettere a
dura prova le risorse vegetali del Pianeta e
a lungo termine comportare una riduzione
della massa fogliare globale”.
“Il greening ha la capacità di cambiare radicalmente la ciclicità dell’acqua e del carbonio
nel sistema climatico“, ha dichiarato il dottor
Zaichun Zhu, dell’Università di Pechino e autore dello studio. Preoccupazione condivisa
dal collega Ranga Myneni, della Boston University: “Lo sviluppo in più di un albero non
va a compensare il riscaldamento globale,
l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, l’acidificazione degli
oceani, la perdita di ghiaccio marino e la previsione delle tempeste tropicali più gravi in
arrivo”. Un monito del nostro Pianeta, quasi
un canto del cigno, che va ascoltato.
Ma c’è un’altra novità legata alle alte concentrazioni di anidride carbonica: a ciò sarebbe
stato dovuto il drammatico cambiamento climatico avvenuto fra i 53 e 34 milioni di anni fa,
nell’epoca dell’Eocene, con una temperatura di
14 gradi superiore a quella attuale. Lo hanno
scoperto i ricercatori dell’Università di Southampton grazie alle testimonianze conservate nei resti fossili dei microrganismi che allora
popolavano gli oceani. La ricerca è importante
sia per comprendere il clima del passato, sia
per prevedere quello futuro. Analizzando gli
antichi sedimenti oceanici e i livelli di CO2 tuttora presenti, i ricercatori hanno confermato
l’ipotesi che l’anidride carbonica ha causato
l’estremo riscaldamento in quell’epoca remota.
Quando i livelli si sono ridotti è avvenuto un
raffreddamento che ha portato alla formazione delle attuali calotte polari.
“Non possiamo misurare direttamente le
concentrazioni di CO2 di un tempo così lontano, ma dobbiamo affidarci in via indiretta
a ciò che rimane negli attuali resti geologici”,
precisa Eleni Anagnostou, coordinatrice dello
studio. “In questo caso – prosegue – abbiamo usato la composizione chimica dei fossili
marini rimasti nei sedimenti per ricostruire
gli antichi livelli di anidride carbonica”. “La
sensibilità del clima alla CO2, che ha portato
al riscaldamento nell’Eocene – aggiunge Gavin Foster, co-autore dello studio – è simile a
quella prevista dall’Ipcc (Intergovernamental
Panel on climate change) per il nostro futuro”.
Panorama
39
Stare seduti
alla scrivania, 5 giorni
su 7, a lavorare
al PC ci espone
a diversi disturbi,
come dolori alla
schiena, bruciore
agli occhi, ma anche
stress, mal di testa
e gambe pesanti
i siete mai chiesti quante
ore trascorrete davanti
allo schermo del vostro
pc? Secondo uno studio
condotto da Ofcom, il garante della comunicazione inglese, circa 8 ore e 41
minuti ogni giorno, ben
20 minuti in più rispetto
a quelli che passate nel
vostro letto. Stare seduti
alla scrivania, 5 giorni su
7, a lavorare al computer ci espone a diversi
disturbi: dai dolori alla schiena al bruciore agli occhi, ma anche stress, mal di testa
e gambe pesanti. Spesso è il reiterarsi di
cattive abitudini, anche legate alla postura
che adottiamo durante le ore d’ufficio, che
fanno scaturire questi fastidi. È importante
quindi rieducare il corpo e anche la nostra
routine lavorativa, con degli accorgimenti
salutari: ecco quelli più efficaci e idonei per i
diversi disturbi da computer.
Mal di schiena
L’80% dei lavoratori in Europa ne ha sofferto almeno una volta nella vita e una
persona su quattro si assenta dal lavoro
per almeno tre giorni all’anno per colpa di
questo malessere. La causa più frequente
del mal di schiena? Una postura scorretta.
Come quando sedete con le gambe acca40
Panorama
da computer: come prevenirli
vallate o non tenete la schiena ben dritta
appoggiata allo schienale. Anche i tacchi
alti non aiutano: costringono il corpo a
compensare lo “sbilanciamento” in avanti
con una deformazione dell’intera colonna,
oltre a obbligarvi a una scorretta posizione
anche da sedute. A soffrirne sono i muscoli
e più della metà dei dolori riguarda il tratto
lombo-sacrale. Colpa del fatto che trascorriamo seduti circa 12-15 ore al giorno e la
metà degli impiegati in ufficio vive ad “attività fisica zero”.
Se volete prevenire il disturbo: adottate
un corretto atteggiamento alla scrivania,
sedendovi con la schiena ben dritta in
modo da formare con il bacino un angolo
retto; una posizione troppo comoda è, a
lungo andare, dannosa. Attenti a non sbilanciare il corpo in avanti o di lato, ma di
tenere la schiena sempre ben appoggiata
salute
alla spalliera della sedia. Le spalle vanno
mantenute rilassate, la testa in posizione
centrale, evitando di “incassarla”. Quando leggete o scrivete, inclinate il busto in
avanti, a livello delle anche, ed appoggiate
i gomiti alla scrivania.
Gli occhi «secchi»
Tra computer, smartphone, tablet ed ebook, la vista è messa a dura prova durante
la giornata. E uno dei principali disturbi
di chi usa in modo prolungato i monitor
è la secchezza oculare. Gli schermi costituiscono, infatti, una fonte di stress per
gli occhi, perché i continui adattamenti di
messa a fuoco, da una distanza di lettura
ravvicinata con caratteri molto piccoli a
una visione dell’ambiente circostante,
provocano affaticamento visivo e bruciori.
Questo “stress visivo” riduce la frequenza
all’ammiccamento, cioè l’apertura e chiu-
sura delle palpebre utile a diffondere le
lacrime sulla cornea, causando secchezza
oculare e irritazione. I sintomi più comuni
sono l’arrossamento, il senso di un corpo
estraneo, sensazione di bruciore, prurito e
fastidio alla luce.
Se volete prevenire il disturbo: fate
fare ginnastica agli occhi con degli esercizi mirati. Di tanto in tanto, distogliete lo
sguardo dal monitor e cercate di mettere a
fuoco oggetti che sono lontani da voi: così
rilassate la tensione muscolare accumulata. Inoltre, sforzatevi di ammiccare spesso
per favorire la lacrimazione.
Lo stress
Troppi impegni, scadenze a stretto giro e
ritmi serrati possono provocare ansia e farvi sentire stanchi, affaticati e nervosi. Gli
effetti di questa tensione sono facilmente individuabili: oltre all’irritabilità e alla
debolezza, si possono manifestare calo
dell’umore e della concentrazione, cerchio
alla testa ed emicranie.
Se volete prevenire il disturbo: una sana
alimentazione può essere d’aiuto per combattere lo stress. Arricchite la vostra dieta
di cereali integrali, legumi, pesce di piccola
taglia, semi oleosi, olio extravergine di oliva, verdura e frutta di stagione di produzione biologica: così darete all’organismo
tutti i nutrienti, le vitamine e i sali minerali che gli sono necessari per recuperare
le energie. Sono molto importanti anche
il magnesio e le vitamine del gruppo B,
che si possono assumere concedendosi di
tanto in tanto un cubetto di cioccolato
fondente, mangiando pesce azzurro, mandorle, banane e verdure a
foglia verde.
La cervicale
Chi passa tante ore al computer rischia questo malessere,
che dà torcicollo, dolore alla
nuca e alle spalle, accompagnato da rigidità dei
movimenti. Colpa della postura scorretta, di
troppe ore passate seduti, movimenti sbagliati e di uno stile di vita poco corretto. Ne
soffrono 6 persone su 10, e viene considerata una vera malattia sociale che colpisce sia
uomini che donne.
Se volete prevenire il disturbo: concedetevi delle piccole pause, alzandovi dalla
scrivania e sgranchiendovi le gambe per
un paio di minuti ogni due ore di lavoro. Un
valido aiuto è fare attività fisica, soprattutto stretching, yoga e pilates per distendere
i muscoli. Evitate anche i colpi di freddo e
le correnti d’aria: fate attenzione che il bocchettone dell’aria condizionata del vostro
ufficio non sia diretto sopra alla scrivania.
Gambe gonfie
Trascorrere tante ore in piedi, ma anche
seduti nella stessa posizione può causarvi
gonfiore e pesantezza alle gambe. La ragione di questo malessere spesso è legata
a un’insufficienza venosa lieve che può
sfociare in un disturbo più complesso: le
vene varicose. Dette anche varici, sono
dilatazioni delle vene nelle quali il sangue
scorre a fatica e ristagna. Non si manifestano all’improvviso, ma tendono a comparire
gradualmente: le vene in questo caso diventano man mano più pronunciate. Una
vita sedentaria, così come in genere uno
stile di vita poco sano, possono favorirne
la comparsa, insieme a una predisposizione genetica
che gioca un
ruolo molto importante. Altri
fattori che entrano in gioco sono
di tipo ormonale, la
gravidanza, l’uso di
anticoncezionali, un’alimentazione scorretta,
la sedentarietà, un deficit
posturale e il fumo.
Se volete prevenire il
disturbo: per riattivare la
circolazione sanguinea, regalatevi delle camminate
in pausa pranzo e quando
tornate a casa, usate il
getto dell’acqua fredda della doccia, partendo delle caviglie
e salendo sfino
all’inguine.
Panorama
41
matita su un block notes o taccuino
si processano e assimilano meglio le
nuove informazioni. Il motivo? Mentre
prendere appunti sul computer spinge
a registrare tutto, parola per parola,
scrivere a mano obbliga il cervello a
delle scelte, a selezionare le informazioni, a riconoscere sin dall’inizio quelle
più importanti e a rielaborare il discorso
o la lezione che si sta ascoltando. Ed è
proprio la riformulazione delle informazioni a facilitare l’apprendimento:
gli psicologi sostengono che la scrittura
a mano impegni parti del cervello che
vengono invece trascurate quando si digita un testo al computer, con particolare
riferimento alle aree associate alla formazione della memoria.
Ma se avessimo bisogno di correggere e
ampliare i nostri appunti? Se volessimo
immagazzinarli su un supporto – tablet,
computer o smartphone – per poterli
condividere in tempo reale con qualcuno? Tutto quello che viene affidato alle
pagine di carta di un block notes, sembra
S
e dobbiamo prendere
appunti o registrare
rapidamente un’informazione, computer,
smartphone e tablet
sono supporti validissimi, è innegabile. Ma
anche scrivere a mano presenta numerosissimi vantaggi: consente di sfogarsi
ed essere più felici, favorisce la concentrazione e ci rende persino più intelligenti. Tanto che alcune aziende si sono
impegnate nella ricerca di soluzioni che
uniscano i vantaggi della scrittura su
carta a quelli della scrittura su supporto
elettronico.
Negli ultimi anni i benefici della scrittura a mano sono stati oggetto di di-
42
Panorama
verse ricerche. Alcune, ad
esempio, hanno dimostrato che i bambini che
sono in grado di scrivere
con carta e penna sono
più rapidi nell’imparare
a leggere, ricordano le
informazioni acquisite più a lungo e riescono ad
elaborare nuove idee con maggiore facilità.
Quando si scrive, si attiva automaticamente
un circuito neurale unico. E sembra che questo circuito contribuisca alla comprensione
in modi di cui non si aveva consapevolezza,
rendendo l’apprendimento più facile.
Se, insomma, prendendo appunti su un
supporto elettronico si riescono ad immagazzinare più dati, scrivendo a penna o a
destinato a restare lì, a meno di trascrizioni o fotografie. Eppure, le aziende
sembrano aver compreso l’importanza del
legame che sussiste tra esseri umani e arte
della scrittura: una novità piuttosto interessante, su questo fronte, nasce dalla collaborazione tra Moleskine – famosissimo
brand di taccuini, agende e quaderni – e
Neo smartpen, che hanno lanciato un’idea
innovazione
Quando la scrittura si unisce
al mondo digitale
Smart Writing Set
consente di prendere
appunti su carta e
digitalizzarli comodamente
in tempo reale
che potrebbe rivoluzionare il nostro modo
di prendere appunti.
Si tratta dello Smart Writing Set, un set
composto da app (Moleskine Notes App),
penna intelligente (Moleskine Pen+) e un
taccuino dai bordi arrotondati e dalle pagine puntinate (Paper Tablet). Il set permette di riportare in tempo reale su smartphone o computer qualsiasi cosa venga scritta
o disegnata sullo speciale taccuino: un
modo per salvaguardare sia l’esigenza di
prendere appunti o disegnare a mano che
quella di poter conservare, rimaneggiare e
condividere i propri testi.
Una soluzione interessante, che non potrà
non piacere a chi non si è (ancora) rassegnato a digitare su tastiera o su schermo e
si trova molto più a proprio agio con carta
e penna.
Panorama
43
a cura di Igor Kramarsich
L
a prossima incarnazione del sistema
operativo di Google per smartphone e
tablet Android N conterrà diverse novità,
alcune delle quali non immediatamente
visibili dato che si tratta di miglioramenti
apportati per lo più “sotto al cofano”. I loro effetti non saranno quindi vistosi come quelli di
altre funzionalità, quale per esempio il Freeform
Window Mode ma potranno comunque essere
apprezzati perché diverse operazioni saranno
semplificate o diventeranno più efficienti.
f1. VPN sempre attiva
Da tempo Android possiede un client per VPN
integrato, ma in Android N Google ha deciso
di spingersi oltre, permettendo di mantenere
sempre attiva una VPN per una determinata
app: l’idea è facilitare l’uso a quanti adoperano
lo smartphone per lavoro e hanno bisogno di
connettersi alla VPN aziendale.
Il funzionamento è completamente personalizzabile dall’utente o dagli amministratori di
sistema e naturalmente questa possibilità, oltre
a essere utile per gli utenti aziendali, è anche
adatta a quanti cercano di proteggere la propria
privacy e pertanto fanno uso di una rete privata
virtuale per ogni loro connessione.
f2. Nuovo
compilatore JIT
In Android 5.0 Google sostituì la macchina virtuale Java usata fino ad allora, nota come Dalvik,
con ART (Android RunTime) e adottando globalmente la compilazione AOT (Ahead-of-Time) del
codice. Così facendo sono stati migliorati i tempi
di avvio e di esecuzione delle app, a discapito
però dei tempi di installazione: ogni volta che
si installa o si aggiorna un’app questa viene riottimizzata, e quando si tratta di installare molti
aggiornamenti i tempi possono diventare fastidiosamente lunghi.
Con Android N il gigante di Mountain View ha
deciso di correggere un po’ la rotta, reintroducendo la compilazione JIT (Just-in-Time), che
viene adoperata quanto un’app viene installata
oppure si applica un aggiornamento.
Il sistema inoltre applica le tecniche di code profiling per stabilire quali “porzioni” di ogni app
vengono usate più di frequente e stabilisce se
adottare la compilazione JIT o AOT in base alle
necessità. Il momento per effettuare la com-
multimedia
funzionalità
interessanti
Android N
pilazione AOT è «quando il dispositivo non è in
uso ed è in carica» per evitare di incidere troppo
sull’autonomia.
f3. OpenGL ES 3.2
(e forse Vulkan)
Android N supporta ufficialmente le librerie grafiche OpenGL ES 3.2, mentre per l’adozione di
Vulkan ancora si aspettano conferme.
Vulkan vorrebbe essere la risposta alle DirectX 12
di Microsoft e Metal di Apple, in grado di fornire
buone prestazioni senza richiedere troppe risorse. Il progetto è nato con l’intento di creare «le
OpenGL di nuova generazione».
Sebbene Google abbia già affermato l’intenzione di inserire Vulkan in Android N, la conferma
ufficiale deve ancora arrivare.
f4. API per
le impostazioni
rapide
Il pannello delle impostazioni rapide è stato rivisto in Android N:
dà maggiore controllo agli utenti e
permette anche di disporre le opzioni su più pagine, consentendo
una maggiore personalizzazione.
Per gli sviluppatori Google ha
introdotto una nuova serie di API
proprio dedicate a questo menu:
ciò significa che ognuno potrà
creare le proprie tile per il pannello, con l’avvertenza che questa
nuova possibilità “sia riservata per
controlli o azioni cui è necessa-
rio accedere con urgenza oppure che vengono
adoperati di frequente, mentre non dovrebbe
essere usata per creare scorciatoie per il lancio
delle app”.
f5. Direct Boot
A partire da Android 6, Google ha attivato di default la crittografia dei dispositivi che dispongono dei requisiti minimi. Android N evolve questa
situazione creando due diverse “zone” per i dati
crittografati.
Alla prima, definita “credential encrypted storage” si può accedere soltanto quando il telefono
viene sbloccato. La seconda, invece, definita “device encrypted storage”, permette l’accesso dopo
l’avvio del telefono ma anche prima che questo
venga sbloccato: è la situazione che Google definisce Direct Boot.
Il motivo di questa distinzione è presto detto: ci
sono app che hanno bisogno di poter accedere ai
contenuti della memoria anche se l’utente non
ha ancora sbloccate il telefono (con il PIN, l’impronta digitale o qualsiasi altro modo). App che
hanno questa necessità possono essere quelle
che “forniscono notifiche preimpostate, come un
allarme”, oppure “app che presentano all’utente
notifiche importanti, come gli SMS” o ancora
“app che forniscono servizi per l’accessibilità,
come Talkback”.
Grazie a questa funzionalità, qualora il dispositivo dovesse riavviarsi all’improvviso (magari per
un aggiornamento del sistema) le notifiche continuerebbero ad arrivare anche se l’utente non
si è accorto di quanto successo e non ha ancora
sbloccato lo smartphone.
f6. Data Saver
Chi usa uno smartphone sa che è fin troppo facile
consumare rapidamente tutto il traffico dati a disposizione con un normale
piano telefonico. Data Saver permette
di ridurre le attività in background e di
intervenire su alcune funzioni per limitare al minimo il traffico di dati quando si sta utilizzando una connessione a
consumo: per esempio viene ridotta la
qualità delle immagini e dello streaming video.
L’utente ha il controllo di questa funzione e può indicare a quali app non
si debbano applicare tali restrizioni,
mentre gli sviluppatori hanno a disposizione un’API per leggere le impostazioni di Data Saver e regolare di
conseguenza l’utilizzo dei dati nella
propria app.
Panorama
45
passatempi
1
2
3
4
5
6
17
7
8
9
18
20
34
37
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44
45
57
58
Panorama
47
50
54
55
59
61
Ingegno vivo – 30. Consumata
poco a poco – 31. Lo subì Giordano
Bruno – 33. Radice molto piccante originaria del Giappone – 35.
Lastra di pietra con iscrizioni – 36.
Alture tra Israele e la Siria – 37. Piccolo carnivoro dei mustelidi – 38.
Fa strage nei pollai – 39. Secondo
la leggenda fu fondata da Antenore – 40. Il mare di Cefalonia – 41.
Aumenta di volume con la splenomegalia – 42. Hanno la gola nera
– 43. Si nutre con
Soluzione del numero precedente
avversione – 44.
Fulvio pittore italiano nato a Pola –
45. C’è pure quello
di tre cotte – 46.
Trapani su targa
d’auto – 48. Lo
aborrono i pacifisti – 50. Pronome
di riguardo – 51.
Congiunzione eu-
46
46
49
53
ORIZZONTALI: 1. Infliggere una
completa sconfitta – 10. Importante centro industriale sul lago Michigan – 17. Polvere per fotocopiatrici
– 18. La scritta sulla Croce – 19.
Abbonda in falegnameria – 20. Lo
è il mare al largo – 21. Narrazione
di gesta eroiche di un popolo – 22.
S’infiammano facilmente – 23.
Pescare meno pesce – 24. È più
piccola della rana – 25. Il siero della
verità – 28. La fine dei sepoy – 29.
32
39
41
60
16
36
48
56
31
38
52
15
27
35
40
14
23
30
43
13
26
29
33
12
22
25
28
11
19
21
24
51
10
fonica – 53. Un uomo calvo – 54.
Idonea, acconcia – 55. Centrò una
mela – 56. Giochi per un giocatore
– 58. Le ricorda lo storiografo – 59.
Contenitori per liquidi medicinali –
60. Vanno col sari per strada – 61.
Un ambiente particolarmente attrezzato.
VERTICALI: 1. Misura di capacità
per cereali – 2. L’industria cinematografica indiana – 3. Attendono
tutti dopo gli anni 39 – 4. Può essere confesso – 5. Vocabolari senza
vocaboli – 6.Tumori benigni – 7.
Poeticamente povero – 8. Ridotto
in cenere – 9. Particella iterativa –
10. Prese in giro – 11. Isola di fronte
ad Atene – 12. Lago dell’Etiopia
– 13. Radio Televisione Italiana –
14. I limiti dell’ONU – 15. Sa far
accecare – 16. Donna attempata
che vuol comparire giovane – 19.
Trattenuta dallo staccio – 21. La
moglie di Priamo, re di Troia – 22.
La parte immersa della nave – 25.
Il pesce pappagallo – 26. La madre
di Napoleone Bonaparte – 27. Parte
dell’intestino crasso – 29. Si porta
con rancore – 31. Elemento chimico
– 32. Usati per l’ormeggio – 34. La
strada romana che univa Bologna
ad Aquileia – 35. Lo è il mare – 36.
Sostiene il fiore – 37. Francesi di
città – 38. Portati a termine – 39. Vi
nacque Arturo Toscanini – 41. Un...
dente del giudizio – 42. Morì a Little
Bighorn – 44. Il nome di Kundera –
45. Il buio quando è... pesto – 47.
Berretto emisferico portato dai Romani – 48. Traguardo da raggiungere – 49. Fiume dell’Austria – 50. Il
re padre di Cordelia – 52. Sfocia nel
Mar d’Azov – 53. Molto religiosi –
55. Prefisso per zolfo – 57. Sfaldato
al centro – 58. Il contrario di niet –
59. Fusto fuori uso.
Pinocchio
Fly UP