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PER UNA NUOVA FIGURA DI LITISCONSORzIO NECESSARIO

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PER UNA NUOVA FIGURA DI LITISCONSORzIO NECESSARIO
Claudio Consolo*
Per una nuova figura di litisconsorzio
necessario nel processo tributario:
il giusto riparto tra coobbligati solidali
torna (per altra via) al centro del sistema
Sommario: 1. Le Sezioni Unite valorizzano l’art. 14 d.lgs. 546/92 rispetto all’art. 102 c.p.c.
(cogliendone certe analogie con l’art. 331 c.p.c) – 2. Capacità contributiva, solidarietà
paritaria e giusto riparto ex art. 53 Costituzione – 3. (…) Segue. I riflessi processuali di
questo binomio quanto all’inscindibilità soggettiva del processo tributario e, de futuro,
anche quanto al cumulo immediato delle azioni di regresso. – 4. Il problema “terribile”,
ma solubile, della notifica dell’accertamento solo ad alcuni dei condebitori. La non inesistenza della sentenza inter pauciores – 5. Varie questioni in materia di possibilità di
impugnare l’atto autonomamente prima dell’integrazione del contradditorio da parte degli
altri coobbligati. Conclusioni non apocalittiche.
1. Le Sezioni Unite valorizzano l’art. 14 d.lgs. 546/92 rispetto all’art. 102 c.p.c.
(cogliendone certe analogie con l’art. 331 c.p.c)
L’interesse processuale verso il fenomeno della c.d. solidarietà tributaria è
stato di recente, ossia nel gennaio 2007, rinverdito – e, poi, un anno e mezzo
dopo, ulteriormente espanso – da un overruling giurisprudenziale delle SS. UU.,
con cui si è posto fine a quell’orientamento, da decenni piuttosto consolidato,
incline a considerare l’obbligazione tributaria con pluralità di soggetti passivi
come species del genus delle obbligazioni solidali di diritto comune, e come tale
destinata ad essere trattata anche in sede processuale1.
Il recente arresto della Cassazione, dal quale questo scritto intende prendere
le mosse, ha indubbiamente una portata innovativa capace di suscitare l’interesse
non solo dei tributaristi, ma anche dei civilisti. E poi, oltre che dei pratici, dei
teorici. Esso mostra che avevano ragione coloro che, dopo l’eclissi della presun(*) Università degli Studi di Padova
1 Il riferimento è alle SS.UU., 18 gennaio 2007, n. 1052 (ed a quella seriale n. 1057). L’interesse
manifestato dalla portata del contenuto di questo arresto è dimostrato dai numerosi commenti di cui
esso è stata fatto oggetto. Vedilo pubblicato in Corr. giur., 2007, 775 ss, con nota critica di Baccaglini,
Litisconsorzio necessario e solidarietà tributaria: corsi e ricorsi storici, e con postilla, cautamente adesiva, di Consolo,…E pur si muove! Il giusto riparto fra coobligati solidali torna (per altra via) al centro
del sistema; cfr. anche l’editoriale critico di Glendi, Le sezioni unite della Suprema Corte officiano i
“funerali” della solidarietà tributaria, in GT Giurisprudenza tributaria 2007, 189; la nota adesiva di Falsitta, Presupposto tributario unitario, giusto riparto e litisconsorzio necessario nella solidarietà passiva
tributaria, in Riv. dir. trib., 2007, II, 167; il commento favorevole di Randazzo, Litisconsorzio necessario
tra condebitori di imposta sugli atti di divisione, in Corr. Trib., 2007, 997.
Da ultimo la “espansione” del litisconsorzio necessario si è concretata, nel campo dell’accertamento “unitario” del reddito delle società di persone e degli associati, con Cass. SS.UU. 4 giugno
2008, n. 14815, in Corr. trib., 2008, 2270 ss., con nota di Basilavecchia, e in Corr. giur., 2008, con
nota di Baccagliani.
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zione di mutua rappresentanza e così della “supersolidarietà”, denunciarono che
la Consulta non aveva risolto tutti i problemi2; aveva solo preclusa la via alla
soluzione più semplice, che – senza negare le distinte soggettività e obbligazioni
– tarpava la garanzia individuale della tutela. L’esigenza di ripensamento oggi si
rinvigorisce e su un tema concettualmente fra i più ardui.
Colpite dalla abnormità del caso di specie, con una gamma di assai diversi
valori giudizialmente accertati per lo stesso bene e dalle proiezioni di ciò (se
quegli embrionali cacofonici giudicati si fossero perfezionati) sui regressi fra condebitori tenuti nei rapporti interni per pari quote, le Sezioni unite ci mostrano
che la c.d. nomofilachia (per chi ama tale termine, oggi ripreso per legge dal D.
Lgs. n. 40/2006) si carbura e si ricarbura – al di là dei quesiti di “puro” diritto
– proprio al cospetto dello stridore dell’ingiustizia del caso concreto. Anziché in
vitro. Ma poi quel caso concreto deve saperlo trascendere, recuperando più che
la purezza di un prisma, almeno la capacità di ricavare, dalla soluzione del caso,
proporzionate premesse per un migliore “sistema”, anche se questo non sempre
è facile ed immediato, né – certo – può essere compito di un solo dictum.
Ed proprio qui risiede forse il peculiare limite, che a molti è parso un difetto, della pronuncia n. 1057/073. Il suo sviluppo argomentativo è tutto sommato
piuttosto conciso e concentrato e dunque tale che, se non integralmente razionalizzato e definito nei contorni, fa ad un acuto osservatore addirittura l’effetto
di un (nuovo?) colpo di maglio alle strutture portanti dell’edificio del processo
tributario4.
A parer mio, la sentenza n. 1057/07 è solo un punto di nuova partenza per
2 Ci si riferisce alle pronunce della Corte Cost. 16 maggio 1968, n. 48 e 28 dicembre 1968 n.
139, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità ex artt. 3 e 24 Cost. di alcune norme tributarie (nella specie, gli artt. 20 e 21 r.d. 7 agosto 1936, in tema di imposta di registro e l’art. 66 r.d.
30 dicembre 1923 n. 3270, relativo all’imposta sulle successioni) là dove interpretate nel senso che
la notifica dell’avviso di accertamento di maggior valore effettuata nei confronti di uno soltanto dei
soggetti obbligati al pagamento del tributo importasse, per tutti, la decorrenza del relativo termine di
impugnazione. Salutate con favore, nella parte in cui decretavano l’eclissi del principio c.d. estensivo
degli effetti degli atti compiuti da o contro uno dei condebitori solidali nei confronti di tutti gli altri,
poiché contrario al diritto di difesa, le pronunce erano state fatte oggetto di rilievi critici da parte
di autorevoli AA., che osservavano come la Corte avesse omesso di chiarire quale dovesse essere il
trattamento in sede processuale di un’obbligazione tributaria con una pluralità di debitori. Cfr., in
particolare, Falsitta, Brevi note sulla incostituzionalità della solidarietà formale tributaria, ivi, 1969, 1213
e Fantozzi, Considerazioni sulla dichiarazione di incostituzionalità della c.d. solidarietà tributaria, in Giur.
Cost., 1968, 736, già fortemente critico verso la soluzione, paventata dalle Corti di merito dalla metà
del secolo scorso, del litisconsorzio facoltativo nelle obbligazioni solidali di imposta ne La solidarietà
nel diritto tributario, Torino, 1968, spec. 76 ss e 333 ss., ove spunti adesivi per la riconducibilità della
fattispecie, sul piano processuale, al litisconsorzio necessario.
3 V., per esempio, Baccaglini, Litisconsorzio necessario e solidarietà tributaria, cit., 783 ss., nonché
Glendi, Le SS.UU. officiano i funerali della solidarietà tributaria, cit., passim, che ha sempre avanzato
dubbi sulla ammissibilità di un litisconsorzio necessario nelle obbligazioni solidali tributarie. V. infatti
quanto già osservato in Appunti sul litisconsorzio necessario. Cause inscindibili ed effetto estensivo tra
coobbligati solidali per debito di imposta, in Dir. prat. trib., 1964, spec. 156 ss., e ripreso ne L’oggetto
del processo tributario, Padova, 1984, 765 ss. spec. 777 – 779, ove peraltro – a differenza di quanto
precedentemente sostenuto – si nega addirittura l’applicabilità dell’art. 1306 c.c. Per un’efficace sintesi
del pensiero dell’A, a riguardo, cfr. la sua voce Giudicato IV) Diritto tributario, in Enc. giur. Treccani,
Roma, XV, agg. 2003, 7.
4 Così Glendi, Le SS.UU. officiano i funerali della solidarietà tributaria, cit., 190, già ipercritico
dell’altro, dopo tutto non scollegato, dictum storico sul giudicato nei rapporti tributari fondamentali di
durata, di cui alle SS.UU., 16 giugno 2006, n. 13196,in Corr.Giur, 2006 con nota di Manzon, I limiti
oggettivi del giudicato tributario nell’ottica del “giusto processo”: lo swing – over della Cassazione.
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un itinerario capace di scoprire il significato eminentemente tributario che, a
mente del principio costituzionale della capacità contributiva che esige attuazione anche nella “fase dei regressi”, assume la situazione di condebito solidale fra
più contribuenti almeno (e solo) nei casi di solidarietà paritaria e ad interesse
comune5 (per quella dipendente e per vari altri fenomeni il discorso sarebbe
lungo ed essenzialmente diverso)6.
5 In diritto tributario, non tutte le fattispecie di solidarietà paritaria corrispondono alla medesima
finalità ed interna struttura (specie in vista dei regressi).
a) In un primo ordine di ipotesi – per le quali soprattutto la ricostruzione processuale che qui
si intende offrire al fenomeno della solidarietà tributaria sembra potersi proporre – l’istituto in questione sottende un interesse pubblico all’imposizione secondo il principio di capacità contributiva. La
solidarietà si impone perché i soggetti coobbligati hanno paritariamente realizzato, quali co – contribuenti lo stesso presupposto di imposta. Sono questi i casi disciplinati dall’art. 57 D.P.R. 131/86,
che dichiara obbligati in solido al pagamento dell’imposta di registro coloro che abbiano contratto
l’atto da registrare; dall’art. 22 D.P.R. 642/72, in tema di imposta di bollo; dall’art. 11 D. Lgs 347/90,
in tema di imposte ipotecarie e catastali.
b) Già diverse dalle precedenti, sono invece le fattispecie di solidarietà previste dall’art. 65 D.P.R.
600/73, che stabilisce un’obbligazione in solido a carico degli eredi per il pagamento di imposte del de
cuius, il presupposto delle quali si sia verificato prima della morte di questi, dall’art. 34 D.P.R. 602/73
che stabilisce una solidarietà per i coniugi che presentano la dichiarazione dei redditi congiunta e
dall’art. 35 D.P.R. 602/73, che introduce una solidarietà passiva tra sostituto e sostituito, per mancato
versamento delle ritenute. Per questo secondo gruppo di casi, la solidarietà è posta a garanzia di un
corretto adempimento diremmo procedimentale – dell’obbligazione tributaria, mentre meno centrale
si appalesa il presupposto di capacità contributiva.
c) Peculiare e remota da quella – presente sub a) ed in qualche modo anche sub b) – della
comune partecipazione al presupposto di imposta si presenta, infine, la natura delle fattispecie di
solidarietà previste dagli artt. 38, 329, 330 D.P.R. 43/73, in tema di imposte doganali; dall’art. 11 D.
Lgs. 472/97, in tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie e dall’art. 60 bis
D.P.R. 633/72, che introduce una solidarietà paritaria nel pagamento dell’IVA tra cedente e cessionario del bene. In questi casi si potrebbe dire che la funzione della solidarietà è “para sanzionatoria”.
Ne costituisce un esempio alquanto chiaro la complessa figura di solidarietà prevista dall’art. 11 del
decreto sulle sanzioni. La coobbligazione al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata a
carico dei soggetti nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione deve essere letta in uno
con la limitazione della responsabilità dell’autore della violazione, che non abbia commesso l’illecito
con dolo o colpa grave. In questo caso, l’introduzione della solidarietà è strettamente corredata alla
finalità che la sanzione – o una somma corrispondente – sia in definitiva a carico del soggetto che
si è avvantaggiato dell’illecito.
È evidente come per le ultime due sottospecie di solidarietà qui descritte – ed in specie per la
terza – si attenua alquanto il collegamento fra obbligazione solidale e capacità contributiva e, di
conseguenza, l’attenzione alla fase dei regressi, che invece soprattutto nelle ipotesi a) e b), avranno
come presupposto imprescindibile il carico contributivo individuale.
Ad analoghe conclusioni, che portano ad escludere la centralità del principio della capacità contributiva, può pervenirsi oggi con riguardo alla reintrodotta imposta sulla successioni, di cui al d.
lgs. 346/90, il cui art. 36 istituisce una solidarietà tra eredi relativamente al pagamento dell’importo
complessivo dell’imposta dovuta da costoro e dai legatari. La fattispecie in esame rifugge da una
qualificazione nei termini di obbligazione solidale paritaria – specie nel senso indicato sub a) – e
conseguentemente esclude in giudizio la necessità del litisconsorzio. Venuta meno l’imposta sull’asse
ereditario (c.d. tassa sul morto), oggi il tributo viene calcolato per ciascun erede a seconda del grado
di parentela e delle franchigie, con conseguente differenziazione del carico contributivo tra i singoli
soggetti passivi. Ne deriverebbe una sorta di obbligazione solidale dipendente, in cui ciascun erede,
oltre ad essere obbligato per la propria imposta, risponde anche per i tributi dovuti dagli altri, pur
senza averne realizzato il presupposto (per una osservazione in questo senso, Falsitta, Presupposto
tributario, giusto riparto, cit., 183 testo e nt.10).
Del tutto estraneo – non merita neppure rimarcarlo – rispetto a queste tematiche, la figura del
responsabile di imposta.
6 In argomento, un cenno estensivo a tutta la solidarietà dipendente, e financo a tutte le ipotesi nelle quali “la fattispecie costitutiva dell’obbligazione sia connotata da elementi comuni ad una
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Non avvertiamo personalmente alcun fascino per l’era dei “microcosmi normativi”, per il decostruttivismo, etc. cui con qualche enfasi e “liberatoriamente”
– mentre altro è il thema demonstrandum – la sentenza si appella per tratteggiare profili processuali diversificati rispetto al processo civile. È piuttosto una
porta aperta, quando occorrere dovesse, alla specialità del diritto (innanzitutto
sostanziale) tributario7.
Alquanto più pianamente occorre sottolineare che la logica di interdipendenza
fra rapporti e così piuttosto simile a quella dell’art. 331 c.p.c., che nel processo
civile vale per il caso di azioni di regresso già dispiegate dai convenuti coobbligati8, può valere nel processo tributario pur se ivi le azioni di regresso pro quota
neppure sono mai (né invero possono essere) proposte contestualmente rispetto
alla azione della A.F. creditrice, poiché appartengono (ancora, ma vedremo fino
a quando) alla giurisdizione civile. Certo è che l’art. 14 co. 1 ricorda davvero – e
pour cause – l’art. 331 ben più dell’art. 102 c.p.c., chè l’accertamento tributario
è già una prima decisione9.
pluralità di soggetti” (per usare le parole un po’ generiche delle SS.UU., che potrebbero adombrare
l’accertamento dei redditi in forma associata), in Albertini, op.cit., 1548. l’A. nota, e mi sembra esattamente, che l’applicazione dell’art. 14 co. I al di fuori dei casi di unicità dell’atto – e noi soggiungiamo
: al di fuori dei casi di solidarietà paritaria accertata con un unico atto – accentuerebbe a dismisura
i problemi ricostruttivi e, per giunta, senza che il litisconsorzio necessario risulti funzionale ad una
opportunità / necessità stringentemente imposta dal rispetto del riparto secondo capacità contributiva
secondo peso comune.
7 Specie su tale tema, v. De Mita, da La solidarietà passiva nel debito di imposta, in Riv. dir. fin.,
1960, II, 3 ss. fino a La Cassazione forza sui vincoli di solidarietà, in Il Sole 24 ore 8 aprile 2007, 20
8 Ci riferiamo alla nostra ricostruzione, descritta ne Il cumulo condizionale di domande, cit., 825
– 826 nt. 224, là dove propendiamo per l’applicabilità dell’art. 331 parte II c.p.c. anche nell’ipotesi di
un’obbligazione solidale paritaria, quando in primo grado siano state proposte da ciascun condebitore solidale le azioni di reciproco regresso, condizionate all’accoglimento della domanda principale
di condanna. In questi casi, l’eventuale impugnazione del creditore nei confronti di un solo debitore
solidale varrà a devolvere al giudice di appello anche la domanda di regresso nei riguardi dei condebitori non ulteriormente perseguiti dal creditore (con i quali pertanto, in caso di riproposizione della
domanda di regresso ex art. 346 c.p.c. da parte dell’appellato, dovrà essere integrato il contraddittorio
ex art. 331 parte II). In arg. cfr. anche Ricci G.F., Il litisconsorzio nelle fasi di impugnazione, Milano,
2005, 386, che propende per l’applicabilità dell’art. 331 anche alle ipotesi di obbligazioni solidali ad
interesse comune onde evitare possibili conflitti logici tra giudicati che gli obbligati farebbero valere
in sede di regresso.
9 La somiglianza, non solo letterale dell’art. 14 d.lgs. 546/92 al 331 c.p.c. era già stata messa in
luce da Chizzini, I rapporti tra codice di procedura civile e processo tributario, in AA.VV., Il processo
tributario, in Tesauro (a cura di), Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Torino, 1999, 13.
che – sia pur cautamente – aveva prospettato l’ammissibilità di una esegesi dell’art. 14 alla luce della
norma che regola il litisconsorzio necessario in fase di impugnazione, più che di quella che disciplina
l’istituto in primo grado. Al riguardo, vedasi per consonanti riflessioni Bellè, Il processo tributario
con pluralità di parti, Torino, 2002, 127 ss; contra, Glendi, Le SS.UU. della Suprema Corte officiano
i “funerali” della solidarietà tributaria, cit., 190 – 191, che considera una forzatura strumentale quella
operata dalle SS.UU. 1057/07, ove si valorizza il dettato letterale dell’art. 14, per affermare che il
litisconsorzio in sede tributaria risponde a regole diverse da quelle che presidiano l’omologo istituto
nel processo ordinario di prime cure. Siffatta conclusione è decisamente avversata dall’A., in base al
rilievo per cui l’art. 14, al pari dell’art. 102 c.p.c., sarebbe norma in bianco. Piuttosto, dal confronti dei due dettati normativi emergerebbe soltanto una diversa tecnica di formulazione del precetto,
giacchè mentre l’art. 102 descriverebbe il litisconsorzio necessario sotto il profilo della sentenza e dei
suoi effetti, l’art. 14 illustrerebbe il fenomeno dall’angolo visuale dell’oggetto del ricorso, per l’appunto
inscindibile. Consonanti indicazioni in tal senso anche in Baccaglini, Litisconsorzio necessario e solidarietà tributaria, cit., 783 – 784 che, nel criticare l’esegesi operata dalla Corte, osserva che mentre
la nozione di inscindibilità di cui all’art. 331 c.p.c. si lasca apprezzare per ragioni schiettamente pro-
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2. Capacità contributiva, solidarietà paritaria e giusto riparto ex art. 53 Costituzione
Dal principio costituzionale “fondante” dell’art. 53, che abbraccia fino in fondo l’esigenza del giusto riparto fra i contribuenti del peso dell’imposta (che non
può essere affidato ad una sparsa casualità giudiziaria, come nell’impressionante
fattispecie), emerge che anche quando l’A.F. possa esigere da un solo contribuente l’intero “carico” non è tributariamente irrilevante il seguito dei regressi
perequatori10. Si tratta solo formalmente di crediti civilistici (e disponibili); nella
sostanza, la concatenazione impositiva – in chiave sostitutivo – costitutiva – fra
dichiarazione – accertamento – sentenza – giudicato tributario11 deve sapere porre una premessa salda affinchè nessun contribuente, alla fine della lunga giornata
contenziosa, sia iperpercosso e nessuno sia invece “graziato”, pur se nel rapporto
esterno opera la semplificazione esattiva (in senso lato) della solidarietà passiva12.
In presenza di giudicati tributari distinti (e così, quasi fatalmente, più o meno
dissonanti fra loro), le azioni civilistiche di regresso sono destinate ad avvenire
senza alcun vincolo pregiudiziale13: il lato esterno del debito si vedrebbe altrimenti divaricato da quello del riparto interno, ad onta del fatto che è proprio
in questa ultima sede, presieduta dal giudice civile, che viene definito il grado di
concorso di tutti i portatori di capacità contributiva alle spese pubbliche, ossia
un thema decidendum anch’esso intrinsecamente tributaristico14. Pertanto, solo là
cessuale, nell’ambito del processo tributario l’inscindibilità di cui è parola nell’art. 14 sarebbe tenuta
a misurarsi in base alla situazione sostanziale dedotta in giudizio.
10 In questo senso, già Falsitta, Presupposto unitario plurisoggettivo, cit., 178. La necessità di un
accertamento unitario dell’imposta tra i contribuenti, quale premessa per un giusto riparto in fase
di regresso, è esigenza che la nostra Cassazione ha iniziato ad avvertire sin dagli anni ’90 ( v. in tal
senso Cass., 29 marzo 1990, n. 2575, in Riv. dir. trib., 1990, II, 495 e SS.UU., 22 giugno 1991, n.
7053, ivi, 1992, 68 ss. fatte oggetto di note critiche da Castaldi, Incompatibilità tra disciplina civilistica
della solidarietà ed esigenze di uniforme accertamento del valore venale dell’immobile tra coobbligati per
l’imposta di registro, ivi, 1992, 840; nonché ID., Considerazioni civilistiche e non a margine della sentenza 22 giugno 1991, n. 7053 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, ivi, 1992, 78). Per lungo tempo,
tuttavia, i giudici di legittimità hanno ritenuto di poter assicurare tale esigenza, tramite il ricorso
all’istituto dell’art. 1306 c.c., allargandone le maglie di operatività sino ad ammetterne l’applicazione
anche a favore di quel coobbligato nei cui confronti l’avviso di accertamento fosse divenuto definitivo. Anche volendo prescindere dalla correttezza di una siffatta applicazione estensiva della norma
civilistica (su cui v. le riserve avanzate da Castaldi, Considerazioni civilistiche, cit., 83, nt. 13; Lupi,
Definitività degli atti impositivi: il rigore scompare quando il contribuente è in buona compagnia, in
Riv. dir. trib., 1992, II, 918; Fregni, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, 293 ss. che
in effetti considera questo orientamento come retto da buone ragioni di giustizia equitativa ma privo
di ragioni giuridiche convincenti nonché Consolo – D’Ascola, voce Giudicato tributario, in Enc.dir.,
Agg., 2001, 482) è evidente come l’art. 1306 non riesca a presidiare quelle esigenze di uniformità di
accertamento giurisdizionale – e prima ancora sostanziale – che si impongono nelle fattispecie di
obbligazioni solidali di imposta. Il ricorso all’estensione in bonam partem del giudicato favorevole
ottenuto da un condebitore non è in grado di trovare applicazione quando due processi siano stati
autonomamente coltivati da due condebitori solidali, non siano stati riuniti e abbiano condotto ad
esiti cacofonici: l’uno di accoglimento e l’altro di rigetto del ricorso. Qui l’operatività del 1306 c.c. è
posta fuori gioco ed il rischio di giudicati contrastanti diventa realtà.
11 Bene colta da Cass., sez. trib., 12 luglio 2006, n. 15825, e su cui v. il nostro Processo di accertamento fra responsabilità contributiva e debito tributario, in Riv. dir. proc., 2000, 1034 ss.
12 V., infatti, le giuste osservazioni di Fantozzi, La solidarietà tributaria, in Amatucci (a cura di),
in Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, 480.
13 In questo senso, vedasi Monti, La disciplina dei coobbligati solidali in via paritaria, in Rass.
trib., 1988, II, 485, in nota a Trib. Padova, 13 ottobre 1986, n. 1394
14 Non pienamente valorizzato, alla luce del principio di capacità contributiva, da coloro che nel
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Claudio Consolo
dove l’ammontare della prestazione dovuta sia stato accertato unitariamente in
sede di accertamento e/o di contenzioso tributario – come potrebbe accadere in
questa sede solo mediante il ricorso allo strumento processuale del litisconsorzio necessario – quella decisione potrebbe mostrarsi rispettosa del principio di
capacità contributiva: in presenza di solidarietà paritaria, l’equazione divisoria
con un dividendo comune da ripartire in relazione ai vari pagamenti spontanei
o coattivi da ciascuno effettuati, si giocherebbe, così, “a rime obbligate”. Questo
dovrebbe forse far riflettere sull’opportunità di abbandonare questa distinta allocazione, presso distinte giurisdizioni, di due segmenti di una vicenda funzionalmente (voluta quale) unitaria ex art. 53 Cost.: la decisione così resa conferirebbe
subito a ciascuno dei coobbligati tributari un titolo esecutivo giudiziale, ossia
un capo condannatorio di sentenza, seppur sospensivamente condizionato alla
successiva solutio superiore alla quota interna.
Se dopo varie vicende di adempimento, spontaneo o coattivo, uno dei coobbligati porrà in esecuzione civile quella condanna al regresso, ottenuta già
con l’esito negativo del processo tributario litisconsortile, eventuali opposizioni
all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c., fondate sul non avveramento dell’evento solutorio dedotto in condizione sospensiva, spetteranno – sia chiaro, anche de iure
condendo – al giudice civile che, calcolando i versamenti effettuati da ciascuno,
valuterà se l’esecuzione civile della condanna al regresso debba o no proseguire
ossia se vi sia, o no, un attuale diritto a procedere all’esecuzione forzata in capo
al regredente e contro il regredito.
Più in là, anche gli antecedenti della dichiarazione tributaria e della sua rettifica esigono una disciplina che ne recuperi l’unicità, anche là dove oggi non è
prevista (la nuova più complessa disciplina, ad es., dell’imposta successoria non
può essere qui vagliata).
3. (…) Segue. I riflessi processuali di questo binomio quanto all’inscindibilità soggettiva del processo tributario e, de futuro, anche quanto al cumulo immediato
delle azioni di regresso
Almeno quando l’atto di accertamento sia unico e costituisca esso l’oggetto
del giudizio costitutivo – sostitutivo), l’introduzione, per intanto, di una figura
di inscindibilità processuale con conseguente litisconsorzio necessario, può di-
giudizio di regresso, a fronte di una molteplicità di giudicati cacofonici ottenuti in sede tributaria,
ammettono un nuovo ed ulteriore accertamento del dovuto, da parte del giudice civile. V. Tesauro,
Istituzioni di diritto tributario, Milano, 2005, 130; e Baccaglini, Litisconsorzio necessario e solidarietà
tributaria, cit., 786 testo e note. Infatti, è vero che, come osservato da autorevole dottrina processual
civilista (v. Menchini, Il processo litisconsortile.Struttura e poteri delle parti, Milano, 1993, 607 ss.), la
possibile coesistenza di sentenze a contenuto difforme sull’obbligazione solidale non darebbe luogo a
conflitto di giudicati in fase di regresso, giacchè ciascuna pronuncia ottenuta dal singolo condebitore
si atteggerebbe a res inter alios acta nei confronti del condebitore rimasto estraneo a quel giudizio,
con la conseguenza che il giudice civile sarebbe comunque tenuto a conoscere nuovamente della
questione, sia pur incidenter tantum. Tale conclusione, accettabile per una obbligazione solidale di
diritto comune, fatica invece a condividersi nell’ottica di un debito di imposta, che coinvolga paritariamente più soggetti, finendo per svilire l’accertamento giurisdizionale compiuto dalle Commissioni,
e mostrandosi irrispettoso di quel principio di capacità contributiva che caratterizza pur sempre
consimili obbligazioni.
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Claudio Consolo
segnare una forzatura giurisprudenziale – poichè il l.c.n. propter opportunitatem
discende da previsioni esplicite di legge allorchè avvenga contra (o praeter) tenorem rationis – ma solo se non si fosse disposti a convenire con il “preambolo” che precede: in effetti, la “opportunità” del cumulo soggettivo ed oggettivo
nella ridefinizione sostitutivo – costitutiva dell’accertato si palesa assai alta ed
univoca, sì da consentire di prescindere da una disposizione specificatrice di
ordine puramente processuale, se solo non si intenda propugnare la irrilevanza
tributaristica dei regressi15 e negare il disvalore costituzionale del libero gioco
dell’alea contenziosa16.
Nella codificazione tributaria tanto vagheggiata, il tema della solidarietà –
come alcuni altri di sutura fra diritto sostanziale e processo – non dovrebbe
rimanere trascurato o lasciato a una miriade di disposizioni sparse e settoriali,
come oggi, ma impostato in tutta la sua complessità e senza il restringimento
ad una visuale solo a latere creditoris, cioè solo come mezzo per massimizzare
le chances di riscossione.
La questione più significativa che, in quest’ottica totalitaria e di non scindibilità, si incontra è quella (già messa pessimisticamente a fuoco da Glendi per
corroborarne le sue profezie di smantellamento del sistema di tutela del Fisco)
dell’impatto di questa nuova impostazione nel caso, sempre incombente, in cui
la rettifica della unitaria dichiarazione non sia stata (per malaugurata scelta o
per complicanza operativa) notificata a ciascuno, e così portata ricettiziamente
a conoscenza di tutti i contribuenti coobbligati17. Nell’ottica nuova della inscindibilità (ed in quella, irrelata, dei conseguenti “giusti” regressi proporzionati su
una premessa unitaria), è da Glendi prevedibilmente affacciato come insuperabile
il rischio che, allora, la rettifica non consegua effetto per alcuno ove non sia
tempestivamente notificata a tutti i condebitori. Si staglia così lo spettro annichilente dell’inutiliter datum: già per le rettifiche, prima ancora che per le sentenze
a valle (e così ancor più gravemente per l’interesse erariale)18.
Tuttavia, voler ragionare in questo modo costituirebbe un assoluto eccesso:
da un lato, il litisconsorzio necessario propter opportunitatem, quale sarebbe questo, se inattuato prima del passaggio in giudicato formale della sentenza (per
15 Nella prospettiva del giusto riparto su cui non da oggi insiste Falsitta, Il principio di capacità
contributiva e il giusto riparto, in Riv. dir. trib., 2004, ma vedi anche Profili della tutela costituzionale
della giustizia tributaria, in Diritto Tributario e Corte costituzionale, a cura di Perrone e Berliri, Napoli,
2006, 91 ss., nonché da ultimo Id., Presupposto unitario plurisoggettivo, loc. cit.
16 Come, sono certo, invece, negherebbe senza esitazioni Glendi. Vedasi infatti le osservazioni già
espresse dall’A. L’oggetto del processo tributario, cit., 778.
17 V Glendi, Le SS.UU. della Suprema Corte “officiano” i funerali della solidarietà tributaria, cit.,
190. Ravvisa, nella fattispecie de qua, un’ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni sostanziali,
Fantozzi, La solidarietà nel diritto tributario, cit., 334 s., negando, così, alla sentenza resa a contraddittorio non integro l’attitudine a produrre effetti.
18 In questo senso v. le osservazioni di Monti, op. loc. cit., Secondo l’A., infatti, sostenere il
regime di litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati a pena di sentenza inutiliter data, significa
assecondare l’idea che l’obbligazione tributaria sia perfetta ed esistente soltanto se il relativo atto di
imposizione sia stato notificato a tutti i soggetti passivi del rapporto. Di conseguenza, se un coobbligato non avesse ricevuto l’avviso di accertamento, o questo non gli fosse stato validamente notificato, tale vizio non solo sarebbe opponibile ai condebitori solidali, in via di regresso, ma sarebbe tale
da inficiare la stessa esistenza dell’obbligazione tributaria, cosicché colui che abbia pagato potrebbe
davvero esperire azione di rimborso nei confronti della pubblica Amministrazione avendo assolto una
obbligazione non sussistente.
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Claudio Consolo
mancato rilievo anche officioso e rimessione in primo grado) non impedisce, per
insegnamento corrente, che si generi l’effetto della cosa giudicata sostanziale e
quindi non avremo mai esiti del processo inutiliter dati19 (anche se contingentemente non si riuscirà a conseguire il risultato perseguito – importante, come si
disse, ma non imprescindibile – di indirizzare unitariamente il riparto interno;
in questo caso, nel giudizio civile di regresso fra due coobligati non legati dallo
stesso accertamento, sarà gioco forza consentire al giudice civile una nuova determinazione quantitativa dell’imposta, su cui – considerati i pagamenti – tarare
i rispettivi residui crediti di regresso)20.
4. Il problema “terribile”, ma solubile, della notifica dell’accertamento solo ad alcuni dei condebitori. La non inesistenza della sentenza inter pauciores
Se poi uno o più dei coobbligati non ricevono la notifica dell’avviso di accertamento, sì che la dichiarazione (scaduti i termini di rettifica) diviene per
loro intangibile, la posizione degli altri deve essere – pur nella lacunosità del
dettato legislativo – preservata dal rischio di dover pagare l’intero senza regresso
“sufficiente” per ristabilire il corretto riparto interno. A noi pare chiaro che i
coobbligati non tempestivamente attinti dall’accertamento debbano considerarsi
(purtroppo) liberati dalla maggiore obbligazione che la A.F. voleva sancire, sì
che per pervenire integralmente a tale risultato avrebbe dovuto effettivamente
notificare l’avviso a tutti: notificare a tutti non è solo questione di riscossione,
poiché il beneficio della solidarietà consente al creditore scelte ed iniziative selettive, ma è strumento di rimodellazione accrescitiva della prestazione dovuta
come esige l’ottica costitutivistica; né convince l’idea che il non notificato sia
non obbligato nei rapporti esterni, mentre in quelli di regresso – se non dimostra (come potrebbe fare liberamente) la ingiustizia sostanziale dell’accertamento
– sia tenuto a pagare la propria quota in base a quell’accertamento, ancorché
non perfezionatosi nei suoi confronti21. Se però tale tesi, che non ci persuade,
fosse sostenibile, ebbene allora non sarebbe possibile ritenere frustato l’art. 53
Cost., nell’attuale “stato dell’arte” privo finora dell’inscindibilità processuale e del
litisconsorzio propter opportunitatem.
Seppur non volontariamente, e talora neppure consapevolmente, si realizza
così una forma di parziale abdicazione rispetto al preteso (costituendo) maggior
19 Sia consentito rinviare al mio Spiegazioni di diritto processuale civile. Profili generali, II, Padova, 2006, 476, ove si dà conto di questa forma attenuata di invalidità della pronuncia quando il
litisconsorzio non sia evincibile dal sistema secundum tenorem rationis.
Su altro piano, ovvero su quello della negazione stessa della inscindibilità tra condebitori solidali
tributari, trattando la fattispecie al pari di quella civile ( pur se l’art. 1306 c.c. n on è detto valga
fuori dal campo dei giudizi di condanna) sottolinea che la sentenza che accoglie l’impugnazione non
è assolutamente inutiliter data, Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Torino, 2006, I, 361 e sulle
sue orme v. oggi Albertini, In tema di litisconsorzio necessario nel processo tributario, secondo il
nuovo orientamento della Corte di Cassazione, in Giur. It., 2007, 1545.
20 La rimodellazione del quantum di imposta dovuto ad opera del giudice civile, lungi dal presentarsi come la regola, si ridurrebbe così ai soli casi patologici, sopra descritti. V., invece, per una
diversa conclusione, che svilisce il significato del giusto riparto tra coobbligati quanto affermato dagli
AA. citati in nt. 12.
21 Idea sottesa ad es. in Monti, op.loc.cit.
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Claudio Consolo
credito, di valenza oggettivamente e funzionalmente analoga ad un fatto estintivo
parziale del diritto civile, ove la prestazione però preesiste tutta alle iniziative
del creditore (al modo, ma quoad effectum soltanto, di una rimessione verso solo uno o alcuni dei condebitori ex art. 1301 c.c.), sì che l’obbligazione solidale
che continua a stringere gli altri debitori (verso i quali la riuscita notifica ha
perfezionato la fattispecie dell’accertamento e di “sostituzione” di un maggiore
dovuto a quello dichiarato) si ridurrà però della quota interna del contribuente
così “liberato”. In questo modo, l’operare dei regressi sarà comunque sufficiente
a preservare fra gli altri la par condicio e costoro si gioveranno almeno in parte
– con esito così meno iniquo e dissonante – dell’ “infortunio” che ha favorito
il più fortunato collega. In sede processuale, allora, litisconsorti saranno solo
costoro e solo loro, dopo il giudicato tributario, saranno coinvolti dai regressi;
il soggetto non “accertato” è liberato verso la A.F., e allora non deve nulla in
regresso neppure agli altri condebitori, ma codesta sua liberazione riduce – della sua quota interna – la prestazione da loro solidalmente dovuta. Il rischio di
un colpo di spugna totale, paventato ad es. da Glendi, non sussisterebbe allora
neppure in questo non rarissimo ordine di casi.
Fra gli accertati, chiunque impugni coinvolge anche la posizione degli altri
sui propri motivi di ricorso (se i ricorsi sono vari, essi vanno riuniti), senza
però rimetterli in termini per svolgere propri motivi. Sui motivi ammissibilmente resi pendenti il contraddittorio sarebbe di tutti perché la sentenza che
dovesse accoglierli conformerà la prestazione dovuta da tutti. Poichè sia l’accertamento tributario amministrativo, sia il processo giurisdizionale hanno efficacia costitutivo – sostitutiva (e non meramente dichiarativa) non può stupire
che la imperativa ridefinizione del dovuto – che incide sulla parte comune, di
cornice plurisoggettiva, delle varie obbligazioni – richieda la partecipazione di
tutti: del resto, anche nel campo della solidarietà civilistica, il principio della scindibilità, e del non litisconsorzio facoltativo, emerge bensì a contrariis
dall’art. 1306 c.c. (privo di equivalenti nel c.c. del 1865 e in molte legislazioni
straniere), ma viene fondatamente interpretato quale non estensibile ai giudizi
costitutivi e dunque circoscritto (alla facilitazione a latere creditoris) delle sole
azioni di condanna.
5. Varie questioni in materia di possibilità di impugnare l’atto autonomamente
prima dell’integrazione del contradditorio da parte degli altri coobbligati. Conclusioni non apocalittiche
È chiaro che la regola della inscindibilità processuale – nell’ambito in cui deve
operare (resistendo alla tendenza di massimalismi, come deve farsi anche per
l’altra novità giurisprudenziale: quella in tema di limiti oggettivi del giudicato).
Non altera il regime temporale del diritto di azione di impugnativa dei vari destinatari del provvedimento impositivo. Se così uno di essi ha ricevuto la
notifica dell’accertamento dopo l’atto di integrazione del contraddittorio, appare
chiaro che potrà esperire la sua azione di impugnativa anche con nuovi motivi entro il consueto termine decadenziale sia in via autonoma (con esigenza
poi di riunione dei processi ad instar dell’art. 335 c.p.c.) sia in via incidentale
realizzando così subito il cumulo delle impugnative (anche se la disciplina del
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Claudio Consolo
processo tributario appare a questo riguardo lacunosa sì che dovrà applicarsi
per analogia – analogia certo un po’ audace ma tutt’altro che un po’ avventata
stante il parallellismo sopra tracciato tra art. 14 e art. 331 c.p.c. – anche l’art.
333 c.p.c.).
Giusta quanto in precedenza osservato sul caso in cui invece la notifica
dell’accertamento sia mancata nei confronti di uno o più coobbligati (o sia avvenuta spirato il termine decadenziale), l’integrazione del contraddittorio andrà
disposta ugualmente al solo fine, nel caso di omessa notifica, di far constare nei
confronti di tutti la riduzione del debito tributario in relazione alla quota interna
del soggetto involontariamente liberato; nel caso di notifica tardiva onde vedere
se il suo destinatario faccia o meno valere, come è suo onere, il relativo vizio
e, nel caso che esso sia dedotto, per trarne le medesime conseguenze riduttive
di cui sopra con efficacia di accertamento vincolante per tutti e definendo così
anche le premesse per il gioco dei regressi (dal quale il soggetto liberato, per
effetto della sentenza che accerta il vizio della tardività della notifica, andrà
chiaramente esente).
L’ultimo caso da considerare è quello in cui la notifica dell’accertamento abbia visto già perfezionatasi la decadenza di uno o più obbligati, per mancato
esperimento del loro ricorso, al momento in cui viene integrato il contraddittorio nei loro confronti. In questo caso, non credo avvenga alcuna rimessione in
termini22. Nel caso in cui l’impugnativa tempestiva sia respinta, evidentemente
non sorge alcun problema poiché le situazioni di tutti si parificano; nel caso
opposto di annullamento totale o parziale dell’accertamento a favore di uno, la
riscossione potrà avere nel frattempo corso nei confronti degli altri, che non
avranno regresso se non per le quote interne corrispondenti al quantum di tributo accertato anche nei confronti dell’impugnante parzialmente vittorioso. Il
caso è infatti molto diverso da quello in cui l’A.F. non abbia posto in essere la
fattispecie impositiva nei confronti di tutti i coobbligati e quindi qui crediamo
debba avere piena esplicazione il regime di auto responsabilità di ciascuno per
le proprie scelte (o carenze) di reazione in sede giudiziale.
La impostazione complessiva che ne emerge è molto diversa da quella – indubbiamente lesiva dell’art. 24 Cost. – della vecchia “supersolidarietà”, che rendeva ciascun obbligato rappresentante presunto degli altri secondo l’antica matrice
francese del tema e secondo però anche una evidente fictio (sì che, a mente
dell’art. 1306 c.c. e delle altre norme sulla estensione solo in utilibus – con la
22 Come invece ritiene ad esempio Alberini, op.cit., 1547, che così fa operare la nuova giurisprudenza totalmente a favore del privato ed in pregiudizio dell’interesse fiscale, senza alcun addentellato
normativo, posto che anche il combinato disposto degli artt. 331 e 334 c.p.c. non sembra invocabile
qui per analogia, in quanto non ricorre la situazione, in quelle norme considerata, della rinascita del
potere di impugnazione nei confronti dell’impugnante principale conseguente all’esigenza che il novo
grado di giudizio possa rimettere in discussione anche la soccombenza nei suoi confronti delle parti
di causa inscindibile destinatarie dell’integrazione del contraddittorio. (v. il ns. Le impugnazioni delle
sentenza e dei lodi, Padova, 2006, … ove si sottolinea che l’impugnazione incidentale tardiva è sempre
di ritorsione e non può pertanto avvenire contro un soggetto diverso dall’impugnante principale, ossia
dalla parte che rimette in discussione l’equilibrio sancito dalla sentenza di grado inferiore e deve quindi scontare la riapertura a tutto campo della lite senza poter speculare sulla preclusione del potere di
impugnativa dei suoi avversari parzialmente soccombenti). Nel giudizio litisconsortile tra coobbligati
solidali paritetici, l’A.F. non è parte impugnante ma destinataria dell’azione di impugnativa e quindi
non può soggiacere alla riapertura dei termini a favore dei coobbligati decaduti.
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giusta eccezione dell’art. 1310 c.c. – è più calzante la spiegazione in chiave di
negotiorum gestor utile).
Dopo gli interventi della Consulta di tanti anni fa, quanto al diritto di difesa
ciascuno ha una sua autonomia, che non esclude però ancora la inscindibilità
della lite fra i vari coobbligati accertati, posto che una diversa fissazione della
prestazione da ciascuno dovuta renderebbe incongruamente proprio e solo il
giudice civile – in sede di giudizio di regresso – nuovo accertatore dell’imposta,
cioè della prestazione solidalmente dovuta, e del suo riparto tra vari e veri contribuenti, e così dei singoli “pesi” fiscali.
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