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Segreti d`azzurro nella magica Lanterna

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Segreti d`azzurro nella magica Lanterna
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Martedì 11 Dicembre 2012 Gazzetta del Sud
.
Cronaca di Messina
In viaggio alla riscoperta dei tesori dello Stretto accompagnati dai guardiani dei Fari: suggestioni senza fine nel cuore della Zona falcata
Segreti d’azzurro nella magica Lanterna
La torre di San Raineri è il simbolo della bellezza tradita. E di una storia che oggi deve diventare futuro
Marcello Bottari
Se di giorno dal mare si può osservare un edificio turrito confinante
con l’Istituto Talassografico, delimitato da depositi di carburanti,
bacino di carenaggio e cantieri navali, certe notti l’effetto di una
principesca torre lambita dalle onde, maestosa e intrigante, è a dir
poco affascinante. La Lanterna del
Montorsoli, il “Faro” di Messina,
uno dei più antichi d’Europa si erge imponente e maestoso, nato
per avversare il mitico gorgo di Cariddi, il mostro delle correnti che
gli antichi pescatori chiamavano
“u garofalu”.
Ad accompagnarci per la scalinata che fa immaginare sostituisca un grande ponte levatoio oltre
al Maresciallo capo Giovanni Bonfiglio i custodi del faro Antonio Bonomo e Santino Lo Monaco.
La bellezza del sito e il tema del
culto costituiscono gli argomenti
principali della zona falcata che
vanta riferimenti con accensione
di fuochi già alla fine del Duecento, quando ad alcuni frati era stata concessa quell’area per costruire il proprio convento.
La stanza della Cappella
Documenti del XII secolo riferiscono di un’abitazione privata sulla penisola, sulla quale sorge
l’omonimo faro, abitata da un certo Raineri, monaco eremita, che
nelle notti di tempesta accendeva
dei fuochi dalla spiaggia per allertare i naviganti dei pericoli che
correvano lungo le coste. Viveva
“in una capannuccia sotto un’antica e rovinosa fabbrica, stimata dei
tempi dei Mamertini, vicina la mare, in quel luogo istesso ov’è fabbricata la Torre, chiamata volgarmente Lanterna”.
Dopo la morte avvenuta a Pisa,
sua città natale e dove fu elevato
alla gloria degli altari e proclamato Santo Patrono della città, i Monaci Basiliani del vicino Monastero di San Salvatore de’ Greci, e la
colonia Pisana residente a Messina, vollero dedicargli una Cappella, e la edificarono nello stesso luogo dove successivamente fu costruita la Torre del Faro.
Il 7 ottobre 1319 fra Federico
Tartagna, messinese dell’Ordine
dei Continenti, esibì alla comunità
cittadina un documento datato 26
giugno 1291 dal quale si evince
che Fra Giovanni da Messina
dell’“Ordine Continentium” ed i
suoi compagni che “osservavano
la povertà, l’obbedienza e la castità” abitanti nella torre di San Raineri, avevano ricevuto la richiesta
da parte delle autorità di porre un
fanale “fanarium qui dicitur luminare” sulla torre, per illuminare i
naviganti che attraversavano lo
Stretto “ut navibus inde navigantibus lumen proferrent”. Lo avevano
fatto tra le altre opere di carità.
Una di queste opere era la costruzione di alcune case per la loro abitazione e per accogliere i marinai
in pericolo. Che i Continenti del
Faro fossero terziari francescani è
detto chiaramente nel Testamento di Nicolò Munnomatu, del 13
aprile 1375, nel quale appare tra
gli esecutori del testamento “fratrem Urlandum de Branca Ordinis
Contìnencium Sancti Rajnerii Tercii Ordinis Sancti Francisci” (frate
Orlando dell’Ordine dei Continenti di San Raineri del Terzo ordine di San Francesco).
La Torre di San Raineri sarebbe
dunque divenuta un Faro vero e
proprio intorno all’ultimo decennio del XIII secolo, assumendo da
allora il nome di Lanterna, come si
evince dal documento sopra menzionato in cui si legge tra l’altro che
“il miles Sergio De Domenico legava
un’oncia d’oro alla Lanterna di San
Raineri”.
La Cappella dedicata al Santo,
fino al 1500 circa, era meta di culto e preghiera in quanto l’area circostante vicino al mare era stata
adattata per le garanzie di isolamento a ricovero degli appestati.
Presto è divenuta anche Camposanto, di pubblica proprietà comunale, che lo utilizzava nei periodi
luttuosi delle pesti e per la quarantena delle navi provenienti da luoghi considerati a rischio contagio.
Nel 1537 nell’ambito della realizzazione di un imponente sistema
difensivo esteso all’intera città, ordinata dall’Imperatore Carlo V
d’Asburgo, il Vicerè di Sicilia, Don
Ferrante Gonzaga diede mandato
all’Ingegnere e Architetto Militare
Antonio Ferramolino da Bergamo
di recingere con colossali mura la
città, a difesa dalle invasioni nemiche. Nel 1551, per il terrore di una
imminente invasione delle truppe
Ottomane, fu convocato a Messina un Consiglio di Guerra a cui furono invitati, oltre all’anziano Ammiraglio Andrea Doria, parecchi
ingegneri tra i quali anche il matematico e astronomo messinese
Francesco Maurolico. Sul lato di
Terranova e San Raineri fu deciso
di costruire due baluardi, tra loro
uniti da una cortina muraria, quella di Don Blasco e quella di San
Giorgio. E venne stabilito di riedificare una nuova torre con funzioni di "faro portuale" nel braccio di
San Raineri, a servizio della città.
Nel 1554 il nuovo edificio, quasi
ultimato, fu raso al suolo dal Viceré Juan De Vega che, dopo la sua
visita, lo ritenne inadeguato. Ordinata la demolizione, la riedifica-
Dotata di un’ottica rotante di 250 mm e con portata di 22 miglia
Ancora oggi emette tre lampi
e tre pause ogni 15 secondi
Il prospetto con la scala che permette l’accesso alla Torre
zione fu dettata dallo stesso Vicerè
con propri criteri, dandone incarico per la costruzione a Giovanni
Angelo Montorsoli che in quegli
anni era stato chiamato dal Senato
messinese per edificare, allo sbocco dell’acquedotto del Camaro
(costruito nel 1530-47), sulla
piazza del Duomo, la fontana di
Orione, e altre opere come la fontana del Nettuno, l’apostolato del
Duomo e la chiesa di San Lorenzo.
Edificata nel periodo tra il 1555
e il 1557, il Montorsoli utilizzò
parte della struttura preesistente
risalente al XIII secolo, realizzando un corpo di fabbrica a forma di
piramide tronca dell’altezza originaria di 29 metri, con paramenti
inclinati a “scarpa”, sviluppandosi
su tre piani che accolgono altrettante camere sovrapposte a pianta
quadrata con soffitti a volte e collegate tra loro da una scala a chiocciola in pietra, ricavata tra le mura
e che conduce al terrazzo dove vi
era posizionata la loggetta della
lanterna.
Nei prospetti esterni i tre livelli
sono delimitati da altrettanti marcapiani e sono rivestiti con un apparato “bugnato” in cui la cura dei
dettagli negli smussi e nella sagomatura delle pietre testimonia
l’esperienza del Montorsoli scultore, come gli elementi decorativi
scultorei delle finestre a lunetta
con doppia strombatura che nella
serie di archi concentrici aggettanti creano il connubio tra l’architettura militare e civile del periodo
tardo rinascimentale.
L’unica porta d’ingresso sopraelevata, raggiungibile soltanto attraverso un ponte levatoio,
oltre l’effige imperiale con le armi spagnole di Carlo V Re di Sicilia, recava scolpita su una lapide
di marmo una iscrizione dettata
dal Maurolico.3
Un segnale e, sulla destra, un antico progetto della Lanterna
La genialità creativa e lo stile
michelangiolesco
dell’artista
hanno dato risalto e impreziosito
il territorio con un ordine originale e quanto mai estroso.
Dall’alto della Torre, prima del
terremoto del 1908 erano visibili
altre due opere perfettamente allineate alla Lanterna e cioè la
Fontana del Nettuno e la Fontana di Orione. Dopo il sisma, però,
la Fontana del Nettuno venne
trasferita nella piazza dell’Unità
d’Italia, dove si trova tutt’oggi, e
arbitrariamente ruotata di 180
gradi rispetto alla posizione originaria. Si è perso così un progetto unico nello stile, radicato
nell’identità di una città che ha
vissuto un’importante epoca culturale europea. Dopo la ristrutturazione della torre - come sostiene lo storico Buonfiglio - le spese
per il mantenimento della Lanterna provenirono soprattutto da
una donazione. Il «lascio che una
donna greca, dell'isola di Candia,
fece d'un oliveto, quale acquistò
abitando in Messina, del cui oglio
s'accendesse questo notturno lume, et è vicino il torrente di Bordonaro, nella contrada nomata
Calorendi".
Nel 1676 durante la rivolta
antispagnola, fu aggiunta da parte dei francesi, una base fortificata con una spessa cortina muraria sul fronte a mare della torre
della lanterna munita di postazioni a feritoia incorniciate in
pietra calcarea per cannoni a medio e lungo raggio.
Fino al 1814 e forse anche più
tardi la Lanterna restò di proprietà comunale. La necessità di una
maggiore sicurezza della navigazione in virtù della progressiva
evoluzione degli scambi commerciali via mare portò il Real
governo Borbonico a migliorare
la rete dei porti, degli approdi e
dei segnalamenti siciliani, in
quest’ultimo caso ed in ragione
dei nuovi meccanismi impiantati
nei fari, proprio per distinguerli
l’uno dall’altro, con un sistema di
caratteristiche ad intervalli e
lampi e con portate luminose
maggiori. Nel 1857 erano già 30
i fari principali attivati in Sicilia.
Alla torre del Montorsoli, proprio
in quell’anno, fu aggiunta la torretta a pianta ottagonale regolare a due livelli che incorporava
oltre la nuova sede della loggetta
della Lanterna anche la stanza di
servizio, la camera di veglia del
guardiano e un piccolo magazzino. Con la nuova configurazione
e con gli apparati illuminanti
dell’epoca la Lanterna raggiunse
l’altezza complessiva di 42 metri
Una veduta panoramica della Torre
Ritorno e miracolo di San Ranieri
ed una portata luminosa di 16
miglia nautiche.
Solo nel 1868 e sulla scorta di
quanto fatto in Sicilia nei decenni precedenti, Vittorio Emanuele
II istituì una “Reale Commissione
dei Porti, Spiagge e Fari, con l’intento di regolamentare il segnalamento marittimo lungo le coste
italiane. Nel 1911 con il Regio
La sua luce riflessa
sul mare accende la quiete,
come descritta da Giuseppe
Ungaretti in questi versi:
“L’amore più non è
quella tempesta
che nel notturno abbaglio
ancora mi avvinceva poco fa
tra l’insonnia e le smanie,
balugina da un faro
verso cui va tranquillo
il vecchio Capitano”
Decreto n. 294 si dispose il passaggio del Servizio Fari e dei segnalamenti Marittimi dal Ministero dei Lavori Pubblici alla Regia Marina. Vennero istituiti i Comandi Zona Fari tra cui quello di
Messina, responsabile della gestione e manutenzione dei Fari in
Sicilia, con sede nelle immediate
vicinanze della Lanterna. La Lanterna fu interessata da lavori di
ammodernamento dell’impianto
illuminante ospitando apparati
delle ditte più prestigiose e
all’avanguardia come la “Bernard & Turenne” e la “Lepaute”
di Parigi, oppure della “Iulius
Pintsch” di Berlino.
Nel 1907 fu installata sulla
torretta del faro, dopo le ricerche
e le sperimentazioni effettuate
da Guglielmo Marconi la prima
stazione telegrafonica senza fili,
e a seguire la stazione semaforica
fornita di un impianto a luce gialla che all’occorrenza serviva per
l’impedimento al passo delle navi
in transito nello stretto. Analogo
apparato era installato anche al
Faro di Capo Peloro. Durante la
Seconda guerra mondiale, la lanterna fu occupata prima dai tedeschi, che la utilizzarono come
dormitorio e come stazione radio
e successivamente dagli alleati
anche se per poche settimane.
Oggi la Lanterna è dotata di
un’ottica rotante di 250 mm, ed
emette 3 lampi bianchi e 3 periodi di eclisse in un tempo complessivo di 15 secondi, con una
portata ottica di 22 miglia nautiche.3(m.b.)
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