Facciata dell`edificio • Profili definitori La facciata (Fig. 13) è l
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Facciata dell`edificio • Profili definitori La facciata (Fig. 13) è l
F Facciata dell’edificio • Profili definitori La facciata (Fig. 13) è l’involucro esterno e visibile dell’edificio: essa è costituita dal muro perimetrale [v. → Muro] — con i suoi accessori di proprietà esclusiva (finestre, balconi etc.) — dall’intonaco e dalla tinta (Terzago) e rileva perciò non tanto ai fini dell’esistenza dell’edificio quanto piuttosto in relazione al suo aspetto esteriore. Per tale ragione non può essere confusa con il muro maestro, che ha una funzione portante dell’edificio, mentre la facciata è la sua superficie esterna. Fig. 13 Facciate La conseguenza è che gli interventi sulla facciata devono avere riguardo soprattutto al divieto di alterare il decoro architetto- nico [v. →] del fabbricato, mentre quelli riguardanti i muri maestri [v. → Muro] rilevano principalmente in relazione al divieto di pregiudicare la sicurezza e la stabilità dello stesso. A seguito della modifica dell’art. 1117 c.c., ad opera della legge di riforma del condominio (L. 220/2012), la facciata è ora espressamente qualificata come parte comune. Al criterio del rispetto del decoro architettonico dell’edificio devono ispirarsi anche tutte quelle altre opere interessanti la facciata, quali l’apertura di vedute [v. → Luci e vedute], l’apposizione di insegne o l’installazione di tubature [v. → Condutture e tubazioni], che devono ritenersi vietate se vanno ad alterarne la qualità. • Interventi sulla facciata Per determinare le maggioranze assembleari necessarie a deliberare interventi sulla facciata del fabbricato condominiale, è opportuno operare la seguente distinzione (Tamborrino): — se si tratta di operare innovazioni [v. →], intendendosi per tali le modificazioni strutturali della facciata, è necessaria una deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 11365 c.c., cioè la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio (in ogni caso sono vietate le innovazioni lesive del decoro architettonico dell’edificio); 102 Fasce di rispetto ■ — al fine di deliberare il rifacimento della facciata è necessaria la maggioranza prevista dall’art. 11362 c.c., cioè la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio. Questa stessa maggioranza è necessaria al fine di deliberare le riparazioni straordinarie della facciata di notevole entità. • Disciplina delle spese Le spese di manutenzione o di rifacimento della facciata, salvo che il regolamento contrattuale di condominio [v. →] stabilisca diversamente, sono sostenute da tutti i condòmini in base ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali], a nulla rilevando, ai fini della ripartizione, la circostanza che le singole proprietà esclusive non confinino con la facciata o la porzione di facciata da riparare o addirittura non ne utilizzino affatto i muri (come avviene, ad esempio, per i locali sotterranei). Se il condominio è costituito da più corpi di fabbrica, strutturalmente distinti e autonomi, e le opere di manutenzione o rifacimento riguardano la facciata di uno solo di essi, trova applicazione il criterio dell’utilizzazione separata, in base al quale le spese gravano, in proporzione alle quote millesimali, sui soli proprietari delle unità immobiliari comprese nel corpo di fabbrica interessato, salvo che si tratti di un corpo comprensivo anche di parti comuni destinate al servizio di tutti i condòmini (es. androne, locali per impianti comuni ecc.), perché in quest’ultima ipotesi il criterio di ripartizione delle spese è quello dell’utilizzazione generale. • Regime urbanistico La riparazione parziale con materiali identici a quelli impiegati per la realizza- zione dell’originaria facciata costituisce attività edilizia libera [v. →]. La riparazione e/o il rifacimento totale o parziale della facciata con alterazione delle caratteristiche originarie sono subordinati a previa segnalazione certificata di inizio attività [v. →] Fasce di rispetto La materia è compiutamente regolata dal Nuovo codice della strada (D.Lgs. 30-41992, n. 285), che prevede, fuori e dentro i centri abitati, fasce di rispetto dei tracciati stradali, vale a dire il divieto di edificare se non osservando una distanza minima dal ciglio delle strade: tale divieto, pur comportando l’inedificabilità delle aree interessate, non costituisce un vincolo urbanistico [v. → Vincoli urbanistici], ma piuttosto una misura posta a tutela della sicurezza stradale, sicché non comporta per l’amministrazione alcun obbligo di indennizzo. I piani urbanistici [v. →] però ben possono imporre vincoli d’inedificabilità veri e propri soggetti a decadenza quinquennale. La normativa di dettaglio è contenuta nel Regolamento di esecuzione e di attuazione dello stesso codice (D.P.R. 16-12-1992, n. 495) per il quale le distanze dal confine stradale, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere inferiori a: a) fuori dei centri abitati — 60 mt per le strade di tipo A (autostrade); — 40 mt per le strade di tipo B (strade extraurbane principali); — 30 mt per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie); 103 ■ Finestre — 20 mt per le strade di tipo F (strade locali) ad eccezione delle strade vicinali; — 10 mt per la strade vicinali di tipo F. b) fuori dei centri abitati, ma all’interno delle zone previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che tale strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi: — 30 mt per le strade di tipo A (autostrade); — 20 mt per le strade di tipo B (strade extraurbane principali); — 10 mt per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie). Per le strade di tipo F non sono stabilite distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione. Non sono parimenti stabilite distanze minime dalle strade di quartiere dei nuovi insediamenti edilizi previsti o in corso di realizzazione. Nella costruzione o ricostruzione di muri di cinta, di qualsiasi natura e consistenza, lateralmente alle strade, fuori dei centri abitati le distanze dal confine stradale non possono essere inferiori a: — 5 mt per le strade di tipo A, B; — 3 mt per le strade di tipo C, F. c) all’interno dei centri abitati — 30 mt per le strade di tipo A (autostrade); — 20 mt per le strade di tipo D (strade urbane di scorrimento). Per le strade di tipo E (strade urbane di quartiere) ed F (strade locali) non sono stabilite distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione. In assenza di strumento urbanistico vigente, le distanze dal confine stradale da rispettare nei centri abitati non possono essere inferiori a: — 30 mt per le strade del tipo A; — 20 mt per le strade del tipo D ed E; — 10 mt per le strade del tipo F. Nella costruzione o ricostruzione di muri di cinta, di qualsiasi natura e consistenza, lateralmente alle strade, all’interno dei centri abitati le distanze dal confine stradale non possono essere inferiori a: — 3 mt per le strade di tipo A; — 2 mt per le strade di tipo D. Per le altre strade, ai fini della sicurezza della circolazione, non sono stabilite distanze minime dal confine stradale. Finestre • Generalità Le finestre sono di due specie: luci [v. → Luci e vedute], se danno passaggio a luce ed aria, ma non permettono di affacciarsi sulla proprietà del vicino (Fig. 14); vedute [v. → Luci e vedute] o prospetti, se permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (Fig. 15). Fig. 14 Finestre (luci) 104 Finestre ■ Fig. 15 gio del portiere), sono da considerarsi di proprietà comune. Cornici (proprietà comune) Persiane (proprietà individuale) Finestra (veduta) La normativa in materia di finestre (artt. 900 ss. c.c.) «contempera sia l’esigenza del proprietario dell’immobile di ricevere aria e luce, sia l’esigenza del proprietario vicino di non essere esposto alla curiosità altrui» (Cusano). Per quanto riguarda il rispetto delle distanze legali, al fine di aprire luci non occorre osservare distanze dalla proprietà del vicino, mentre relativamente alle vedute devono essere osservate le limitazioni imposte dagli artt. 905-907 c.c. In particolare, «se non c’è di mezzo una pubblica via e tenendo presente che una finestra ha una visuale diretta e due oblique, occorre una distanza di un metro e mezzo dal fondo del vicino quando si tratta di una visuale diretta; quando invece il fondo del vicino può essere visto solo obliquamente, va osservata la distanza di settantacinque centimetri» (Cusano). Le finestre (nonché i relativi vetri, le tapparelle, le persiane e gli scuri) appartengono ai proprietari degli appartamenti cui esse servono; se, invece, servono parti comuni dell’edificio (es. le scale o l’allog- • Aperture di nuove finestre e opere di trasformazione Ciascun condòmino può aprire nel muro comune [v. → Muro], ai sensi dell’art. 1102 c.c., una finestra destinata a servire la sua proprietà esclusiva, qualora non sia pregiudicata la funzione statica ed estetica che l’intero edificio assolve nell’interesse di tutti i partecipanti alla comunione. È inoltre necessario che non vengano a crearsi servitù [v. →] prima inesistenti e che le finestre siano aperte nel rispetto delle norme sulle distanze legali. La trasformazione di una o più finestre in balconi o terrazzi — che interessa il muro perimetrale del fabbricato — è consentita soltanto previo rilascio di titolo edilizio abilitativo. Non configura un’innovazione [v. → Innovazioni] della cosa comune, ma puro e semplice uso individuale della stessa, soggetto ai limiti di cui agli artt. 1102 e 1122 c.c., la trasformazione che venga attuata a livello dell’appartamento interessato, all’uopo anche ampliando le aperture esistenti e con innesto nel muro comune dello sporto di base del balcone. Il balcone derivante dalla trasformazione della terrazza non deve togliere aria e luce ai piani sottostanti. L’installazione di inferriate o grate alle finestre di proprietà esclusiva, al fine di proteggere beni e persone da intrusioni esterne, è legittima quando non cagiona un mutamento delle linee architettoniche ed estetiche tale da provocare un pregiudizio economicamente valutabile, o in quanto, pur arrecando tale pregiudizio, si accompagni ad una utilità che compensi l’alterazione architettonica. 105 ■ Fisco Il condòmino che apporti modificazioni agli infissi delle finestre del proprio appartamento in assenza di preventiva autorizzazione assembleare, pone in essere un’opera presuntivamente abusiva e lesiva del decoro architettonico dell’edificio. • Disciplina delle spese Le spese per la conservazione e la manutenzione delle finestre e, più in particolare, del piano di appoggio e degli altri elementi che consentono l’affaccio, fanno carico, per ogni singola finestra, alla proprietà esclusiva nella quale la finestra stessa si apre. Vanno ripartite, invece, fra tutti i condòmini, in base alle quote millesimali [v. → Tabelle millesimali], le spese per la conservazione e la manutenzione degli elementi decorativi che arricchiscono le finestre, dovendosi questi considerare di proprietà comune perché concorrenti a determinare, sul piano estetico, al pari dei frontalini e dei sottobalconi, la linea architettonica dell’intera facciata dell’edificio. • Regime urbanistico Il ripristino e/o la modifica delle finestre preesistenti, come pure la trasformazione di finestra in porta-finestra e viceversa, sono subordinati a previa segnalazione certificata di inizio attività [v. →]. Per la nuova apertura, invece, è necessario il permesso di costruire [v. →]. La riparazione o la sostituzione dei davanzali, conservando i caratteri essenziali preesistenti, costituisce attività libera, mentre la sostituzione di quelli preesistenti con altri aventi caratteri diversi sono subordinati a segnalazione certificata di inizio attività. Fisco Le principali tasse sulla casa sono: — l’imposta di registro [v. →]: colpisce gli atti posti in essere dai contribuenti in quanto produttivi di effetti giuridici e, in quanto tale, è dovuta quando si stipula un contratto di affitto o di compravendita, secondo aliquote variabili; — l’imposta municipale unica (IMU): presupposto dell’imposta è il possesso di beni immobili. È stata introdotta nel 2012 come forma di sostegno per il debito pubblico italiano. Il suo decreto istitutivo prevede l’applicazione di diverse aliquote, a seconda della destinazione del bene; — l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) [v. →]: è un’imposta dovuta allo Stato in base a delle aliquote progressive. L’IRPEF colpisce il reddito della casa anche se non è locata; — l’imposta catastale e ipotecaria [v. →]: è dovuta allo Stato, secondo aliquote variabili, ogni volta che si effettuano volture catastali e trascrizioni, iscrizioni e variazioni nei pubblici registri immobiliari; — l’imposta sul valore aggiunto [v. →]: è dovuta allo Stato ogni volta che si acquista un immobile da un’impresa, con aliquote diverse a seconda che si tratti di prima o seconda casa; — l’imposta di successione e donazione [v. →]: soppressa dall’art. 131 della L. 383/2001, con effetto sulle successioni aperte e sulle donazioni poste in essere successivamente al 25-10-2001, e ripristinata dalla L. 286/2006 (conversione del D.L. 262/2006), si applica ai trasferimenti di fabbricati per succes- 106 Fognature, pozzi neri e fosse biologiche ■ sione a causa di morte e ai trasferimenti per donazione; — l’imposta di bollo [v. →]: si applica su atti, documenti e registri ed è dovuta sui contratti e sulle ricevute dell’affitto; — la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) [v. →], oggi TARES: è dovuta al Comune proporzionalmente alla superficie dei locali occupati; — la tassa sui passi carrai: è dovuta al Comune per accedere dalla proprietà privata alla strada comunale con l’automobile. Fognature, pozzi neri e fosse biologiche • Profili generali Per fognatura deve intendersi il complesso di opere idrauliche destinate alla raccolta delle acque chiare piovane e di quelle scure provenienti dai servizi igienici, costituito da una rete di canali di scarico, verticali ed orizzontali, dotati di tubazioni di aerazione, di valvole antirigurgito, di impianto di chiarificazione, di fossa biologica e/o pozzo di drenaggio e del collegamento alla fognatura comunale (Figg. 16, 17, 18). Nel caso in cui non esista una fognatura comunale, le acque, sia chiare che scure, sono convogliate in una apposita cisterna sotterranea (pozzo nero). Fig. 16 1 6 6 7 2 7 2 3 5 1 2 3 4 5 4 Parti di proprietà generale Sfiati Calata acque nere Calata acque chiare Parti di proprietà separata 6 Tubazioni acque nere 7 Tubazioni acque chiare Pozzetto sgrassatore Fossa biologica Canali di scarico verticali: acque chiare - acque nere Fig. 17 Colonna acque chiare Colonna acque scure Fogna pubblica Fossa biologica Canali di scarico verticali: acque chiare e scure - Fossa biologica 107 ■ Fognature, pozzi neri e fosse biologiche mo, e dunque un’alterazione della destinazione funzionale, l’immissione di liquami, da parte di un singolo condòmino, in un condotto comune destinato allo scarico delle acque piovane. Fig. 18 Proprietà condominiale 1 2 Calate verticali acque reflue Fossa biologica 3 4 Fondo stradale Fognatura pubblica Proprietà comunale 1 1 1 3 2 2 4 Rete fognaria pubblica Nei fabbricati condominiali, la rete di fognatura rientra tra le parti comuni espressamente richiamate dall’art. 1117 c.c. I canali di scarico e le fogne, inoltre, sono opere indispensabili per la normale utilizzazione degli edifici destinati ad abitazione. La proprietà comune sussiste fino al punto in cui le tubazioni si diramano nelle singole proprietà esclusive. La presunzione di comunione sancita dall’art. 1117 cit. non osta a che parti comuni dell’impianto attraversino proprietà esclusive: ove ciò si verifichi la parte comune non cessa di rimanere tale, in quanto il criterio distintivo tra parte comune e proprietà esclusiva è dato esclusivamente dalla destinazione del bene, indipendentemente dalla sua ubicazione. • Uso dell’impianto L’allacciamento di nuovi scarichi nelle tubazioni comuni di smaltimento delle acque luride è legittimo nella misura in cui non leda l’uguale diritto che gli altri condòmini hanno di servirsi dell’impianto comune. Configura, invece, uso illegitti- • Malfunzionamenti e danni L’amministratore [v. → Amministratore di condominio], nel caso in cui si verifichino malfunzionamenti dell’impianto di fognatura, deve provvedere all’immediata riparazione, che riveste carattere di urgenza, e ciò soprattutto qualora dal difetto o dalla rottura derivi una fuoriuscita di acque scure nella proprietà esclusiva di alcuno dei condòmini (Tamborrino). Il condominio è responsabile dei danni provocati dall’impianto comune di fognatura ad una proprietà esclusiva. Tuttavia, se la rottura della parte comune dell’impianto è dovuta al comportamento colpevole di uno degli utenti, oppure il guasto o il difetto riguarda una parte dell’impianto ricadente nella proprietà esclusiva di un singolo condòmino, il risarcimento è dovuto dal condòmino che ha causato l’evento dannoso e non dall’intero condominio. • Disciplina delle spese Le spese per la manutenzione, riparazione e ricostruzione delle fognature destinate a servire tutte le unità immobiliari site nella verticale dell’edificio, così come quelle relative agli impianti di sollevamento e ai pozzi neri che siano di uso comune per tutti i condòmini, vanno ripartite fra tutti i partecipanti al condominio, in base ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali]. Le spese relative alla costruzione di nuovi canali di scarico e di una nuova fognatu- 108 Fondazioni ■ ra, al fine di sostituire il vecchio sistema di scarico, a pozzi perdenti, con un altro e diverso sistema, collegato direttamente alla fogna comunale, vanno ripartite tra i condòmini in misura proporzionale alle quote millesimali di proprietà, secondo il criterio generale, purché i relativi condotti costituiscano un impianto unico non suscettibile di frazionamenti. Tale criterio vale anche per la ripartizione del contributo di fognatura dovuto al Comune. A ripartizioni separate, invece, si deve procedere per quelle colonne di fognature che servano edifici separati o gruppi diversi di uno stesso edificio, facendo gravare le spese sui soli condòmini utilizzatori, sempre in proporzione alle rispettive quote millesimali. • Regime urbanistico (fognature private) La riparazione o la sostituzione della canalizzazione fognaria, fino al limite della proprietà del fabbricato, costituisce attività edilizia libera [v. →]. La nuova costruzione e/o il rifacimento con dimensioni e/o percorso diversi da quelli preesistenti (opere interne), ovvero con opere esterne al limite della proprietà fino alla fognatura pubblica, sono subordinati a segnalazione certificata di inizio attività [v. →]. Fondazioni Le fondazioni sono quelle opere murarie interrate che sorreggono l’edificio trasmettendone il peso al suolo. In tale categoria rientrano anche le opere occorrenti per convogliare e allontanare le acque sotterranee dalle strutture portanti, nonché le opere di consolidamento del sottosuolo [v. → Suolo e sottosuolo] necessarie per rendere il piano di appoggio idoneo a sopportare il peso del fabbricato. Le nuove tecniche di costruzione, in uso soprattutto nelle zone a rischio sismico, prevedono come fondazione anche un vero e proprio piano in senso orizzontale. Ai sensi dell’art. 1117 c.c., il suolo su cui sorge l’edificio e le fondazioni sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano dell’edificio condominiale, se il contrario non risulta dal titolo. Pertanto le spese per le opere di consolidamento, rafforzamento e riparazione di fondazioni e sottofondazioni sono sopportate da tutti i condòmini in base ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali], a nulla rilevando la circostanza che il cedimento o le lesioni interessino in diversa misura alcune parti del fabbricato. I relativi interventi sono subordinati a segnalazione certificata di inizio attività [v. →]. La legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha espressamente ricompreso tra le parti comuni anche i pilastri e le travi portanti. Fondi di riserva La costituzione di un fondo di riserva può essere prevista dal regolamento di condominio [v. →] o essere deliberata dall’assemblea dei condòmini [v. →]. I fondi possono avere carattere: — generico: in tal caso possono essere utilizzati per far fronte a necessità di carattere eccezionale o al fine di sanare gli eventuali squilibri tra il bilancio di previsione e le spese effettive; — specifico: in tal caso la loro costituzione attiene a specifiche e determinate 109 ■ Fonti rinnovabili spese (es. l’indennità di licenziamento del portiere). L’esistenza del fondo di riserva deve risultare dal rendiconto annuale dell’amministratore, e sempre da questo deve risultare l’uso che del fondo si sia fatto durante la gestione. È opportuno ricordare che la legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha modificato l’art. 1135, co. 1, n. 4), c.c. prevedendo che l’assemblea dei condòmini provvede alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. Prima della riforma, invece, la norma si riferiva alle sole opere di manutenzione ordinaria e prevedeva come facoltativa la costituzione del fondo speciale. Dal fondo di riserva va tenuto distinto il fondo di ammortamento, che ha appunto la funzione di ammortizzare la presunta perdita di valore degli impianti condominiali mediante l’accantonamento annuale di somme. Alla formazione del fondo, ove esso abbia uno scopo ben determinato, i condòmini sono tenuti a concorrere con i medesimi criteri di ripartizione adottati per le spese normalmente destinate alla voce di uscita cui quello scopo inerisce. Così, ad esempio, «se si tratta del fondo di licenziamento del portiere, la contribuzione dovrà essere ripartita coi criteri di ripartizione delle spese di portierato; se si tratta del fondo per la sostituzione della caldaia, la contribuzione dovrà essere ripartita coi criteri di ripartizione delle spese straordinarie di riscaldamento; se si tratta del fondo per l’installazione dell’ascensore, la contribuzione dovrà essere ripartita coi criteri di ripartizione delle spese di impianto, e così via» (Tamborrino). Se, invece, il fondo non ha una destinazione ben determinata, alla sua costituzione i condòmini dovranno contribuire in proporzione alle quote millesimali di proprietà, secondo il generale criterio di ripartizione delle spese. Fonti rinnovabili La legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha introdotto nel codice civile l’art. 1122bis, il quale consente l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. La riforma prevede che qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne da’ comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. Scopo della norma è quello di favorire la diffusione di impianti fotovoltaici e, in generale, di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili anche nell’ambito degli edifici privati, consentendo espressamente ai singoli condòmini di installare impianti esclusivi, non centralizzati, sul lastrico solare o su altre parti comuni. D’altro canto, però, a tutela delle parti comuni è previsto che l’assemblea può imporre, con una maggioranza qualificata, modalità alternative di esecuzione, particolari cautele o idonee garanzie. G Gas • Allacciamento Le informazioni da trasmettere all’ente erogatore, per poter ottenere l’allacciamento alla rete di fornitura con la stipula del relativo contratto di somministrazione, riguardano principalmente l’ubicazione del/dei punto/i di consegna del gas, la potenzialità totale prevista degli apparecchi da installare, la categoria d’uso del gas (es. cottura, acqua calda, riscaldamento etc.), l’impegno giornaliero, espresso in metri cubi standard/giorno, e il prelievo annuo previsto. Con le deliberazioni nn. 40/2004 e 192/2005, l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha fissato delle regole intese a garantire la Società di vendita del gas Cliente finale Installatore sicurezza degli impianti di nuova installazione, affidando compiti diversi e specifici a ciascuno dei soggetti che intervengono in questa operazione: — il cliente finale, cioè colui che richiede l’attivazione della fornitura del gas; — la società di vendita del gas, cioè la società scelta dal cliente finale; — l’installatore abilitato, cioè il tecnico abilitato che realizza l’impianto su richiesta del cliente finale; — la società di distribuzione, cioè la società che gestisce la rete di distribuzione del gas nel Comune in cui si trova l’impianto del quale si deve accertare la sicurezza e dunque la conformità alle norme tecniche vigenti. I compiti sono quelli di seguito riportati: • ha l’obbligo di informare il cliente finale sulle procedure da seguire per ottenere l’attivazione della fornitura del gas; • fornisce al cliente finale tutti i moduli che lui stesso è tenuto a compilare e quelli che invece farà compilare all’installatore abilitato; • comunica al cliente finale le risultanze dell’accertamento documentale effettuato dalla società di distribuzione. • richiede l’attivazione della fornitura del gas; • compila i documenti di sua competenza; • fa compilare all’installatore i documenti relativi all’impianto realizzato; • invia alla società di distribuzione tutta la documentazione. • compila i moduli di sua competenza e li consegna al cliente finale; • consegna al cliente finale copia del certificato di riconoscimento dei requisiti tecnici professionali aggiornati alle leggi vigenti; • ad attivazione della fornitura avvenuta, consegna al cliente finale la dichiarazione di conformità o documento equivalente che attesta la funzionalità e la sicurezza dell’impianto a gas. 111 ■ Gas Società di distribuzione • accerta la sicurezza dell’impianto attraverso l’esame della documentazione che il cliente finale gli ha inviato; • attiva la fornitura del gas o la nega chiedendo al cliente finale, tramite la società di vendita, l’eventuale integrazione della documentazione fornita. Fonte: www.italgas.it • Impianto Per impianto per la distribuzione e l’utilizzazione di gas, ai sensi dell’art. 2, lett. g) del D.M. 22-1-2008, n. 37, deve intendersi «l’insieme delle tubazioni, dei serbatoi e dei loro accessori, dal punto di consegna del gas, anche in forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori, l’installazione ed i collegamenti dei medesimi, le predisposizioni edili e meccaniche per l’aerazione e la ventilazione dei locali in cui deve essere installato l’impianto, le predisposizioni edili e meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della combustione» (Fig. 19). Più semplicemente si tratta dell’insieme delle apparecchiature necessarie per la distribuzione di gas combustibile nelle varie proprietà esclusive di un edificio. Il gas, proveniente dalla rete comunale, è convogliato in apposite tubazioni [v. → Condutture e tubazioni], orizzontali e verticali, che poi si diramano nelle singole unità immobiliari (Tamborrino). Fig. 19 1 2 3 4 Rete di distribuzione Interruttore generale Valvola di scarico Contatori 4 4 1 2 3 Impianto del gas Ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., gli impianti per il gas, se il contrario non risulta dal titolo, appartengono in comune ai proprietari dei diversi piani o porzioni di piani dell’edificio, fino al loro punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condòmini. Gli impianti per il gas sono soggetti alla normativa sulla sicurezza contenuta nel D.M. 37/2008, esaminata alla voce «Energia elettrica», alla quale si rinvia. In particolare, per l’installazione, la trasformazione, l’ampliamento e la manutenzione degli impianti bisogna rivolgersi ad imprese abilitate, le quali sono tenute, al termine dei lavori, a rilasciare al committente una dichiarazione di conformità, secondo quanto previsto dal D.M. 37/2008. • Disciplina delle spese Le spese di manutenzione della porzione comune dell’impianto vanno ripartite tra tutti i condòmini utilizzatori in base ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali]. Le spese relative alle parti di proprietà esclusiva saranno a carico dei singoli proprietari. Quanto all’allacciamento alla rete pubblica, da parte delle singole unità abitative, la spesa relativa sarà sopportata dai rispettivi proprietari. Giardino ■ Giardino • Profili generali Il giardino è costituito da un’area, di norma adiacente all’edificio condominiale, coltivata a prato e variamente piantumata e organizzata (Sforza). Non essendo il giardino ricompreso tra le parti comuni dell’edificio ex art. 1117 c.c., non sussiste rispetto ad esso alcuna presunzione legale di comunione, sicché il regime relativo alla sua proprietà deve essere concretamente individuato caso per caso. Le opinioni più autorevoli tendono a considerarlo come entità autonoma e distinta rispetto al cortile, con la conseguenza che, al fine di stabilirne la proprietà, in mancanza di specifica disposizione nel regolamento di condominio [v. →] o dei singoli atti di acquisto, occorre far riferimento al criterio della disponibilità o a quello dell’uso esclusivo: tale impostazione comporta che il giardino, in assenza di titolo contrario, appartiene a chi ne ha l’uso o la disponibilità esclusiva, ovvero al condominio, del quale costituisce una pertinenza [v. → Pertinenze]. Dello stesso avviso è chi (Terzago) afferma che il giardino, oltre a fornire aria e luce alle finestre [v. →] che affacciano su di esso, ha una caratteristica peculiare che lo differenzia funzionalmente dal cortile, e cioè quella di concorrere al decoro architettonico [v. →] del fabbricato condominiale: i giardini, pertanto, «rivalutano i singoli appartamenti, offrendo ai proprietari una zona verde per le loro ore di riposo». La particolare funzione svolta dal giardino comporta la sua sottoposizione ad un vincolo di destinazione più intenso rispetto a quello del cortile: ne deriva che, se per la 112 realizzazione di aree di parcheggio in cortile sono sufficienti le maggioranze ordinarie, nel caso in cui la realizzazione di tali opere interessi un giardino vi è la necessità dell’unanimità dei consensi. Né sono ammesse opere di trasformazione che comportino un pregiudizio alle utilità che il giardino apporti ad altre parti dell’edificio, quali ad esempio la eliminazione di aiuole o la copertura con una veranda [v. → Verande e bovindi]. Ipotesi diversa è quella in cui si voglia recintare aree verdi al fine di evitarne il calpestio. In tale ipotesi, infatti, lungi dal configurarsi un’innovazione [v. → Innovazioni], si configura un mero mutamento delle modalità di utilizzazione del bene, che può essere deliberato con la maggioranza prevista dall’art. 11362 c.c., e cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore dell’edificio. • Disciplina delle spese Le spese per la manutenzione e l’illuminazione [v. → Illuminazione, energia elettrica e forza motrice] del giardino comune fanno carico a tutti condòmini (compresi i proprietari esclusivi dei negozi che abbiano accesso solo dalla strada), in proporzione ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali], secondo il criterio generale, trattandosi di spese che, sul piano estetico, sono funzionali alla valorizzazione dell’intero edificio. Le uniche spese alle quali un condòmino può opporsi e chiedere di esserne esonerato, adducendone la gravosità o voluttuarietà, sono quelle riguardanti, ad esempio, l’abbellimento del giardino mediante la messa a dimora di piante rare e costose o la collocazione di fontane decorative e 113 statue e, più in generale, qualsiasi altra innovazione priva di utilità pratica che, rispetto alle particolari condizioni del giardino, comporti un impegno economico molto oneroso. Non costituisce, invece, un’innovazione, con la conseguenza che i condòmini dissenzienti non possono pretendere di essere esonerati dalla spesa, la messa in opera di un impianto per l’irrigazione automatica o l’acquisto di un tosaerba, perché il giardino abbisogna, per sua stessa natura, di continue cure, così da poter essere mantenuto in uno stato quantomeno decoroso. Per quanto concerne i giardini di proprietà esclusiva, che in genere costituiscono pertinenze di unità immobiliari situate a piano terreno o rialzato, le spese per la loro manutenzione devono essere interamente sopportate dai condòmini che ne sono proprietari. Questi ultimi devono anche sostenere, relativamente al giardino, tutte le spese necessarie per mantenere il decoro dell’edificio e, sempre limitatamente alla buona tenuta del giardino, sono obbligati a partecipare, in una misura da stabilirsi, caso per caso, con criterio equitativo, alle spese condominiali concernenti certi consumi (es. acqua) o servizi (es. custodia) o la manutenzione di impianti comuni. ■ Grondaie e pluviali Grondaie e pluviali L’art. 908 c.c. stabilisce che il proprietario deve costruire i tetti [v. → Tetto] in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino. Se esistono pubblici colatoi, egli deve provvedere affinché le acque piovane vi siano immesse con gronde o canali (Figg. 20 e 21). Fig. 20 G S Gronda o canale orizzontale di raccolta delle acque Pluviale o canale verticale di scarico delle acque G S Gronda e pluviale Fig. 21 Gronda Canale di gronda orizzontale Canale di gronda verticale Gronda di copertura a falde Nei fabbricati condominiali, la gronda comune destinata allo scarico delle acque piovane va utilizzata dai singoli condòmini nel rispetto degli altrui diritti e della sua destinazione. Pertanto è illegittimo, in quanto altera la destinazione d’uso del bene comune, l’utilizzo del condotto condominiale, da parte di un condòmino, per immettervi liquami. Non costituisce innovazione vietata [v. → Innovazioni], ma mera modificazione del bene comune, e legittima in quanto tale, l’allacciamento di una diramazione all’impianto comune di scarico delle acque. Le spese per la manutenzione, riparazione e sostituzione delle gronde e dei plu- Grondaie e pluviali ■ viali fanno carico a tutti i condòmini, in base alle rispettive quote millesimali [v. → Tabelle millesimali]. • Regime urbanistico L’installazione di grondaie e/o la sostituzione di quelle preesistenti, come pure 114 la riparazione o la sostituzione dei pluviali, costituiscono attività edilizia libera [v. →]. L’installazione di nuovi pluviali, invece, è subordinata a segnalazione certificata di inizio attività [v. →].