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Facciata dell`edificio • Profili definitori La facciata (Fig. 13) è l

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Facciata dell`edificio • Profili definitori La facciata (Fig. 13) è l
F Facciata dell’edificio
• Profili definitori
La facciata (Fig. 13) è l’involucro esterno
e visibile dell’edificio: essa è costituita dal
muro perimetrale [v. → Muro] — con i
suoi accessori di proprietà esclusiva (finestre, balconi etc.) — dall’intonaco e dalla
tinta (Terzago) e rileva perciò non tanto
ai fini dell’esistenza dell’edificio quanto
piuttosto in relazione al suo aspetto esteriore. Per tale ragione non può essere
confusa con il muro maestro, che ha una
funzione portante dell’edificio, mentre la
facciata è la sua superficie esterna.
Fig. 13
Facciate
La conseguenza è che gli interventi sulla
facciata devono avere riguardo soprattutto
al divieto di alterare il decoro architetto-
nico [v. →] del fabbricato, mentre quelli
riguardanti i muri maestri [v. → Muro]
rilevano principalmente in relazione al
divieto di pregiudicare la sicurezza e la
stabilità dello stesso.
A seguito della modifica dell’art. 1117 c.c.,
ad opera della legge di riforma del condominio (L. 220/2012), la facciata è ora
espressamente qualificata come parte comune.
Al criterio del rispetto del decoro architettonico dell’edificio devono ispirarsi anche
tutte quelle altre opere interessanti la facciata, quali l’apertura di vedute [v. → Luci
e vedute], l’apposizione di insegne o l’installazione di tubature [v. → Condutture
e tubazioni], che devono ritenersi vietate
se vanno ad alterarne la qualità.
• Interventi sulla facciata
Per determinare le maggioranze assembleari necessarie a deliberare interventi sulla
facciata del fabbricato condominiale, è opportuno operare la seguente distinzione
(Tamborrino):
— se si tratta di operare innovazioni [v.
→], intendendosi per tali le modificazioni strutturali della facciata, è necessaria una deliberazione assembleare
adottata con la maggioranza prescritta
dall’art. 11365 c.c., cioè la maggioranza
degli intervenuti e almeno i due terzi
del valore dell’edificio (in ogni caso
sono vietate le innovazioni lesive del
decoro architettonico dell’edificio);
102
Fasce di rispetto ■
— al fine di deliberare il rifacimento della
facciata è necessaria la maggioranza prevista dall’art. 11362 c.c., cioè la maggioranza degli intervenuti in assemblea e
almeno la metà del valore dell’edificio.
Questa stessa maggioranza è necessaria
al fine di deliberare le riparazioni straordinarie della facciata di notevole entità.
• Disciplina delle spese
Le spese di manutenzione o di rifacimento
della facciata, salvo che il regolamento
contrattuale di condominio [v. →] stabilisca diversamente, sono sostenute da tutti
i condòmini in base ai millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali], a nulla
rilevando, ai fini della ripartizione, la circostanza che le singole proprietà esclusive non
confinino con la facciata o la porzione di
facciata da riparare o addirittura non ne
utilizzino affatto i muri (come avviene, ad
esempio, per i locali sotterranei).
Se il condominio è costituito da più corpi
di fabbrica, strutturalmente distinti e autonomi, e le opere di manutenzione o rifacimento riguardano la facciata di uno
solo di essi, trova applicazione il criterio
dell’utilizzazione separata, in base al
quale le spese gravano, in proporzione alle
quote millesimali, sui soli proprietari delle
unità immobiliari comprese nel corpo di
fabbrica interessato, salvo che si tratti di
un corpo comprensivo anche di parti
comuni destinate al servizio di tutti i condòmini (es. androne, locali per impianti
comuni ecc.), perché in quest’ultima ipotesi il criterio di ripartizione delle spese è
quello dell’utilizzazione generale.
• Regime urbanistico
La riparazione parziale con materiali
identici a quelli impiegati per la realizza-
zione dell’originaria facciata costituisce
attività edilizia libera [v. →].
La riparazione e/o il rifacimento totale o
parziale della facciata con alterazione
delle caratteristiche originarie sono subordinati a previa segnalazione certificata di inizio attività [v. →]
Fasce di rispetto
La materia è compiutamente regolata dal
Nuovo codice della strada (D.Lgs. 30-41992, n. 285), che prevede, fuori e dentro i
centri abitati, fasce di rispetto dei tracciati stradali, vale a dire il divieto di edificare
se non osservando una distanza minima dal
ciglio delle strade: tale divieto, pur comportando l’inedificabilità delle aree interessate,
non costituisce un vincolo urbanistico [v.
→ Vincoli urbanistici], ma piuttosto una
misura posta a tutela della sicurezza stradale, sicché non comporta per l’amministrazione alcun obbligo di indennizzo. I
piani urbanistici [v. →] però ben possono
imporre vincoli d’inedificabilità veri e propri soggetti a decadenza quinquennale.
La normativa di dettaglio è contenuta nel
Regolamento di esecuzione e di attuazione
dello stesso codice (D.P.R. 16-12-1992, n.
495) per il quale le distanze dal confine
stradale, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere
inferiori a:
a) fuori dei centri abitati
— 60 mt per le strade di tipo A (autostrade);
— 40 mt per le strade di tipo B (strade
extraurbane principali);
— 30 mt per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie);
103
■ Finestre
— 20 mt per le strade di tipo F (strade
locali) ad eccezione delle strade
vicinali;
— 10 mt per la strade vicinali di tipo F.
b) fuori dei centri abitati, ma all’interno
delle zone previste come edificabili o
trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che tale
strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone
siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi:
— 30 mt per le strade di tipo A (autostrade);
— 20 mt per le strade di tipo B (strade
extraurbane principali);
— 10 mt per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie).
Per le strade di tipo F non sono stabilite
distanze minime dal confine stradale ai fini
della sicurezza della circolazione. Non sono
parimenti stabilite distanze minime dalle
strade di quartiere dei nuovi insediamenti edilizi previsti o in corso di realizzazione.
Nella costruzione o ricostruzione di muri
di cinta, di qualsiasi natura e consistenza,
lateralmente alle strade, fuori dei centri
abitati le distanze dal confine stradale non
possono essere inferiori a:
— 5 mt per le strade di tipo A, B;
— 3 mt per le strade di tipo C, F.
c) all’interno dei centri abitati
— 30 mt per le strade di tipo A (autostrade);
— 20 mt per le strade di tipo D (strade urbane di scorrimento).
Per le strade di tipo E (strade urbane di
quartiere) ed F (strade locali) non sono
stabilite distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione.
In assenza di strumento urbanistico vigente, le distanze dal confine stradale da rispettare nei centri abitati non possono
essere inferiori a:
— 30 mt per le strade del tipo A;
— 20 mt per le strade del tipo D ed E;
— 10 mt per le strade del tipo F.
Nella costruzione o ricostruzione di muri
di cinta, di qualsiasi natura e consistenza,
lateralmente alle strade, all’interno dei
centri abitati le distanze dal confine stradale non possono essere inferiori a:
— 3 mt per le strade di tipo A;
— 2 mt per le strade di tipo D.
Per le altre strade, ai fini della sicurezza
della circolazione, non sono stabilite distanze minime dal confine stradale.
Finestre
• Generalità
Le finestre sono di due specie: luci [v. →
Luci e vedute], se danno passaggio a luce
ed aria, ma non permettono di affacciarsi sulla proprietà del vicino (Fig. 14);
vedute [v. → Luci e vedute] o prospetti,
se permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (Fig. 15).
Fig. 14
Finestre (luci)
104
Finestre ■
Fig. 15
gio del portiere), sono da considerarsi di
proprietà comune.
Cornici
(proprietà comune)
Persiane
(proprietà individuale)
Finestra (veduta)
La normativa in materia di finestre (artt.
900 ss. c.c.) «contempera sia l’esigenza del
proprietario dell’immobile di ricevere aria
e luce, sia l’esigenza del proprietario vicino
di non essere esposto alla curiosità altrui»
(Cusano). Per quanto riguarda il rispetto
delle distanze legali, al fine di aprire luci
non occorre osservare distanze dalla proprietà del vicino, mentre relativamente alle
vedute devono essere osservate le limitazioni imposte dagli artt. 905-907 c.c. In
particolare, «se non c’è di mezzo una pubblica via e tenendo presente che una finestra ha una visuale diretta e due oblique,
occorre una distanza di un metro e mezzo
dal fondo del vicino quando si tratta di una
visuale diretta; quando invece il fondo del
vicino può essere visto solo obliquamente,
va osservata la distanza di settantacinque
centimetri» (Cusano).
Le finestre (nonché i relativi vetri, le tapparelle, le persiane e gli scuri) appartengono ai proprietari degli appartamenti cui
esse servono; se, invece, servono parti
comuni dell’edificio (es. le scale o l’allog-
• Aperture di nuove finestre e opere di
trasformazione
Ciascun condòmino può aprire nel muro
comune [v. → Muro], ai sensi dell’art.
1102 c.c., una finestra destinata a servire
la sua proprietà esclusiva, qualora non sia
pregiudicata la funzione statica ed estetica
che l’intero edificio assolve nell’interesse
di tutti i partecipanti alla comunione. È
inoltre necessario che non vengano a crearsi servitù [v. →] prima inesistenti e che
le finestre siano aperte nel rispetto delle
norme sulle distanze legali.
La trasformazione di una o più finestre in
balconi o terrazzi — che interessa il muro
perimetrale del fabbricato — è consentita
soltanto previo rilascio di titolo edilizio
abilitativo. Non configura un’innovazione
[v. → Innovazioni] della cosa comune, ma
puro e semplice uso individuale della stessa, soggetto ai limiti di cui agli artt. 1102 e
1122 c.c., la trasformazione che venga attuata a livello dell’appartamento interessato, all’uopo anche ampliando le aperture
esistenti e con innesto nel muro comune
dello sporto di base del balcone.
Il balcone derivante dalla trasformazione
della terrazza non deve togliere aria e luce
ai piani sottostanti.
L’installazione di inferriate o grate alle
finestre di proprietà esclusiva, al fine di
proteggere beni e persone da intrusioni
esterne, è legittima quando non cagiona un
mutamento delle linee architettoniche ed
estetiche tale da provocare un pregiudizio
economicamente valutabile, o in quanto,
pur arrecando tale pregiudizio, si accompagni ad una utilità che compensi l’alterazione architettonica.
105
■ Fisco
Il condòmino che apporti modificazioni
agli infissi delle finestre del proprio appartamento in assenza di preventiva autorizzazione assembleare, pone in essere
un’opera presuntivamente abusiva e lesiva
del decoro architettonico dell’edificio.
• Disciplina delle spese
Le spese per la conservazione e la manutenzione delle finestre e, più in particolare,
del piano di appoggio e degli altri elementi che consentono l’affaccio, fanno carico,
per ogni singola finestra, alla proprietà
esclusiva nella quale la finestra stessa si
apre.
Vanno ripartite, invece, fra tutti i condòmini, in base alle quote millesimali [v. →
Tabelle millesimali], le spese per la conservazione e la manutenzione degli elementi decorativi che arricchiscono le finestre, dovendosi questi considerare di
proprietà comune perché concorrenti a
determinare, sul piano estetico, al pari dei
frontalini e dei sottobalconi, la linea architettonica dell’intera facciata dell’edificio.
• Regime urbanistico
Il ripristino e/o la modifica delle finestre
preesistenti, come pure la trasformazione
di finestra in porta-finestra e viceversa,
sono subordinati a previa segnalazione
certificata di inizio attività [v. →]. Per la
nuova apertura, invece, è necessario il
permesso di costruire [v. →].
La riparazione o la sostituzione dei davanzali, conservando i caratteri essenziali preesistenti, costituisce attività libera,
mentre la sostituzione di quelli preesistenti con altri aventi caratteri diversi
sono subordinati a segnalazione certificata di inizio attività.
Fisco
Le principali tasse sulla casa sono:
— l’imposta di registro [v. →]: colpisce
gli atti posti in essere dai contribuenti
in quanto produttivi di effetti giuridici e, in quanto tale, è dovuta quando si
stipula un contratto di affitto o di
compravendita, secondo aliquote variabili;
— l’imposta municipale unica (IMU):
presupposto dell’imposta è il possesso
di beni immobili. È stata introdotta nel
2012 come forma di sostegno per il
debito pubblico italiano. Il suo decreto
istitutivo prevede l’applicazione di diverse aliquote, a seconda della destinazione del bene;
— l’imposta sul reddito delle persone
fisiche (IRPEF) [v. →]: è un’imposta
dovuta allo Stato in base a delle aliquote progressive. L’IRPEF colpisce il
reddito della casa anche se non è locata;
— l’imposta catastale e ipotecaria [v. →]:
è dovuta allo Stato, secondo aliquote
variabili, ogni volta che si effettuano
volture catastali e trascrizioni, iscrizioni e variazioni nei pubblici registri
immobiliari;
— l’imposta sul valore aggiunto [v. →]:
è dovuta allo Stato ogni volta che si
acquista un immobile da un’impresa,
con aliquote diverse a seconda che si
tratti di prima o seconda casa;
— l’imposta di successione e donazione
[v. →]: soppressa dall’art. 131 della L.
383/2001, con effetto sulle successioni
aperte e sulle donazioni poste in essere
successivamente al 25-10-2001, e ripristinata dalla L. 286/2006 (conversione del D.L. 262/2006), si applica ai
trasferimenti di fabbricati per succes-
106
Fognature, pozzi neri e fosse biologiche ■
sione a causa di morte e ai trasferimenti per donazione;
— l’imposta di bollo [v. →]: si applica su
atti, documenti e registri ed è dovuta
sui contratti e sulle ricevute dell’affitto;
— la tassa sullo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani (TARSU) [v. →], oggi
TARES: è dovuta al Comune proporzionalmente alla superficie dei locali
occupati;
— la tassa sui passi carrai: è dovuta al
Comune per accedere dalla proprietà
privata alla strada comunale con l’automobile.
Fognature, pozzi neri e fosse biologiche
• Profili generali
Per fognatura deve intendersi il complesso di opere idrauliche destinate alla raccolta delle acque chiare piovane e di quelle
scure provenienti dai servizi igienici, costituito da una rete di canali di scarico, verticali ed orizzontali, dotati di tubazioni di
aerazione, di valvole antirigurgito, di
impianto di chiarificazione, di fossa biologica e/o pozzo di drenaggio e del collegamento alla fognatura comunale (Figg.
16, 17, 18). Nel caso in cui non esista una
fognatura comunale, le acque, sia chiare
che scure, sono convogliate in una apposita cisterna sotterranea (pozzo nero).
Fig. 16
1
6
6
7
2
7
2
3
5
1
2
3
4
5
4
Parti di proprietà generale
Sfiati
Calata acque nere
Calata acque chiare
Parti di proprietà separata
6 Tubazioni acque nere
7 Tubazioni acque chiare
Pozzetto sgrassatore
Fossa biologica
Canali di scarico verticali: acque chiare - acque nere
Fig. 17
Colonna acque chiare
Colonna acque scure
Fogna
pubblica
Fossa
biologica
Canali di scarico verticali: acque chiare e scure - Fossa biologica
107
■ Fognature, pozzi neri e fosse biologiche
mo, e dunque un’alterazione della destinazione funzionale, l’immissione di liquami,
da parte di un singolo condòmino, in un
condotto comune destinato allo scarico
delle acque piovane.
Fig. 18
Proprietà condominiale
1
2
Calate verticali acque reflue
Fossa biologica
3
4
Fondo stradale
Fognatura pubblica
Proprietà comunale
1
1
1
3
2
2
4
Rete fognaria pubblica
Nei fabbricati condominiali, la rete di
fognatura rientra tra le parti comuni
espressamente richiamate dall’art. 1117 c.c.
I canali di scarico e le fogne, inoltre, sono
opere indispensabili per la normale utilizzazione degli edifici destinati ad abitazione. La proprietà comune sussiste fino al
punto in cui le tubazioni si diramano nelle singole proprietà esclusive.
La presunzione di comunione sancita
dall’art. 1117 cit. non osta a che parti comuni dell’impianto attraversino proprietà
esclusive: ove ciò si verifichi la parte comune non cessa di rimanere tale, in quanto il
criterio distintivo tra parte comune e proprietà esclusiva è dato esclusivamente
dalla destinazione del bene, indipendentemente dalla sua ubicazione.
• Uso dell’impianto
L’allacciamento di nuovi scarichi nelle
tubazioni comuni di smaltimento delle
acque luride è legittimo nella misura in cui
non leda l’uguale diritto che gli altri condòmini hanno di servirsi dell’impianto
comune. Configura, invece, uso illegitti-
• Malfunzionamenti e danni
L’amministratore [v. → Amministratore
di condominio], nel caso in cui si verifichino malfunzionamenti dell’impianto di
fognatura, deve provvedere all’immediata
riparazione, che riveste carattere di urgenza, e ciò soprattutto qualora dal difetto o
dalla rottura derivi una fuoriuscita di acque
scure nella proprietà esclusiva di alcuno dei
condòmini (Tamborrino).
Il condominio è responsabile dei danni
provocati dall’impianto comune di fognatura ad una proprietà esclusiva. Tuttavia, se la rottura della parte comune
dell’impianto è dovuta al comportamento
colpevole di uno degli utenti, oppure il
guasto o il difetto riguarda una parte
dell’impianto ricadente nella proprietà
esclusiva di un singolo condòmino, il risarcimento è dovuto dal condòmino che ha
causato l’evento dannoso e non dall’intero
condominio.
• Disciplina delle spese
Le spese per la manutenzione, riparazione e ricostruzione delle fognature destinate a servire tutte le unità immobiliari site
nella verticale dell’edificio, così come quelle relative agli impianti di sollevamento e
ai pozzi neri che siano di uso comune per
tutti i condòmini, vanno ripartite fra tutti
i partecipanti al condominio, in base ai
millesimi di proprietà [v. → Tabelle millesimali].
Le spese relative alla costruzione di nuovi
canali di scarico e di una nuova fognatu-
108
Fondazioni ■
ra, al fine di sostituire il vecchio sistema di
scarico, a pozzi perdenti, con un altro e
diverso sistema, collegato direttamente alla
fogna comunale, vanno ripartite tra i condòmini in misura proporzionale alle quote
millesimali di proprietà, secondo il criterio
generale, purché i relativi condotti costituiscano un impianto unico non suscettibile
di frazionamenti. Tale criterio vale anche
per la ripartizione del contributo di fognatura dovuto al Comune.
A ripartizioni separate, invece, si deve
procedere per quelle colonne di fognature
che servano edifici separati o gruppi diversi di uno stesso edificio, facendo gravare le
spese sui soli condòmini utilizzatori, sempre in proporzione alle rispettive quote
millesimali.
• Regime urbanistico (fognature private)
La riparazione o la sostituzione della
canalizzazione fognaria, fino al limite
della proprietà del fabbricato, costituisce
attività edilizia libera [v. →].
La nuova costruzione e/o il rifacimento
con dimensioni e/o percorso diversi da
quelli preesistenti (opere interne), ovvero
con opere esterne al limite della proprietà
fino alla fognatura pubblica, sono subordinati a segnalazione certificata di inizio
attività [v. →].
Fondazioni
Le fondazioni sono quelle opere murarie
interrate che sorreggono l’edificio trasmettendone il peso al suolo. In tale categoria
rientrano anche le opere occorrenti per
convogliare e allontanare le acque sotterranee dalle strutture portanti, nonché le
opere di consolidamento del sottosuolo [v.
→ Suolo e sottosuolo] necessarie per
rendere il piano di appoggio idoneo a
sopportare il peso del fabbricato. Le nuove
tecniche di costruzione, in uso soprattutto
nelle zone a rischio sismico, prevedono
come fondazione anche un vero e proprio
piano in senso orizzontale.
Ai sensi dell’art. 1117 c.c., il suolo su cui
sorge l’edificio e le fondazioni sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei
diversi piani o porzioni di piano dell’edificio condominiale, se il contrario non risulta dal titolo. Pertanto le spese per le
opere di consolidamento, rafforzamento
e riparazione di fondazioni e sottofondazioni sono sopportate da tutti i condòmini
in base ai millesimi di proprietà [v. →
Tabelle millesimali], a nulla rilevando la
circostanza che il cedimento o le lesioni
interessino in diversa misura alcune parti
del fabbricato. I relativi interventi sono
subordinati a segnalazione certificata di
inizio attività [v. →].
La legge di riforma del condominio (L.
220/2012) ha espressamente ricompreso tra
le parti comuni anche i pilastri e le travi
portanti.
Fondi di riserva
La costituzione di un fondo di riserva può
essere prevista dal regolamento di condominio [v. →] o essere deliberata dall’assemblea dei condòmini [v. →].
I fondi possono avere carattere:
— generico: in tal caso possono essere
utilizzati per far fronte a necessità di
carattere eccezionale o al fine di sanare
gli eventuali squilibri tra il bilancio di
previsione e le spese effettive;
— specifico: in tal caso la loro costituzione attiene a specifiche e determinate
109
■ Fonti rinnovabili
spese (es. l’indennità di licenziamento
del portiere).
L’esistenza del fondo di riserva deve risultare dal rendiconto annuale dell’amministratore, e sempre da questo deve risultare
l’uso che del fondo si sia fatto durante la
gestione.
È opportuno ricordare che la legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha
modificato l’art. 1135, co. 1, n. 4), c.c.
prevedendo che l’assemblea dei condòmini provvede alle opere di manutenzione
straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale
di importo pari all’ammontare dei lavori.
Prima della riforma, invece, la norma si
riferiva alle sole opere di manutenzione
ordinaria e prevedeva come facoltativa la
costituzione del fondo speciale.
Dal fondo di riserva va tenuto distinto il
fondo di ammortamento, che ha appunto
la funzione di ammortizzare la presunta
perdita di valore degli impianti condominiali mediante l’accantonamento annuale
di somme.
Alla formazione del fondo, ove esso
abbia uno scopo ben determinato, i condòmini sono tenuti a concorrere con i
medesimi criteri di ripartizione adottati
per le spese normalmente destinate alla
voce di uscita cui quello scopo inerisce.
Così, ad esempio, «se si tratta del fondo
di licenziamento del portiere, la contribuzione dovrà essere ripartita coi criteri
di ripartizione delle spese di portierato;
se si tratta del fondo per la sostituzione
della caldaia, la contribuzione dovrà essere ripartita coi criteri di ripartizione
delle spese straordinarie di riscaldamento;
se si tratta del fondo per l’installazione
dell’ascensore, la contribuzione dovrà
essere ripartita coi criteri di ripartizione
delle spese di impianto, e così via» (Tamborrino).
Se, invece, il fondo non ha una destinazione ben determinata, alla sua costituzione i
condòmini dovranno contribuire in proporzione alle quote millesimali di proprietà, secondo il generale criterio di ripartizione delle spese.
Fonti rinnovabili
La legge di riforma del condominio (L.
220/2012) ha introdotto nel codice civile
l’art. 1122bis, il quale consente l’installazione di impianti per la produzione di
energia da fonti rinnovabili destinati al
servizio di singole unità del condominio
sul lastrico solare, su ogni altra idonea
superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
La riforma prevede che qualora si rendano
necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne da’ comunicazione
all’amministratore indicando il contenuto
specifico e le modalità di esecuzione degli
interventi. Scopo della norma è quello di
favorire la diffusione di impianti fotovoltaici e, in generale, di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili anche
nell’ambito degli edifici privati, consentendo espressamente ai singoli condòmini di
installare impianti esclusivi, non centralizzati, sul lastrico solare o su altre parti comuni. D’altro canto, però, a tutela delle
parti comuni è previsto che l’assemblea può
imporre, con una maggioranza qualificata,
modalità alternative di esecuzione, particolari cautele o idonee garanzie.
G Gas
• Allacciamento
Le informazioni da trasmettere all’ente
erogatore, per poter ottenere l’allacciamento alla rete di fornitura con la stipula del
relativo contratto di somministrazione,
riguardano principalmente l’ubicazione
del/dei punto/i di consegna del gas, la
potenzialità totale prevista degli apparecchi
da installare, la categoria d’uso del gas (es.
cottura, acqua calda, riscaldamento etc.),
l’impegno giornaliero, espresso in metri
cubi standard/giorno, e il prelievo annuo
previsto.
Con le deliberazioni nn. 40/2004 e 192/2005,
l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas
ha fissato delle regole intese a garantire la
Società di vendita
del gas
Cliente finale
Installatore
sicurezza degli impianti di nuova installazione, affidando compiti diversi e specifici a
ciascuno dei soggetti che intervengono in
questa operazione:
— il cliente finale, cioè colui che richiede
l’attivazione della fornitura del gas;
— la società di vendita del gas, cioè la
società scelta dal cliente finale;
— l’installatore abilitato, cioè il tecnico
abilitato che realizza l’impianto su richiesta del cliente finale;
— la società di distribuzione, cioè la
società che gestisce la rete di distribuzione del gas nel Comune in cui si
trova l’impianto del quale si deve accertare la sicurezza e dunque la conformità alle norme tecniche vigenti.
I compiti sono quelli di seguito riportati:
• ha l’obbligo di informare il cliente finale sulle procedure da seguire per
ottenere l’attivazione della fornitura del gas;
• fornisce al cliente finale tutti i moduli che lui stesso è tenuto a compilare
e quelli che invece farà compilare all’installatore abilitato;
• comunica al cliente finale le risultanze dell’accertamento documentale
effettuato dalla società di distribuzione.
• richiede l’attivazione della fornitura del gas;
• compila i documenti di sua competenza;
• fa compilare all’installatore i documenti relativi all’impianto realizzato;
• invia alla società di distribuzione tutta la documentazione.
• compila i moduli di sua competenza e li consegna al cliente finale;
• consegna al cliente finale copia del certificato di riconoscimento dei
requisiti tecnici professionali aggiornati alle leggi vigenti;
• ad attivazione della fornitura avvenuta, consegna al cliente finale la
dichiarazione di conformità o documento equivalente che attesta la
funzionalità e la sicurezza dell’impianto a gas.
111
■ Gas
Società di
distribuzione
• accerta la sicurezza dell’impianto attraverso l’esame della documentazione che il cliente finale gli ha inviato;
• attiva la fornitura del gas o la nega chiedendo al cliente finale, tramite
la società di vendita, l’eventuale integrazione della documentazione
fornita.
Fonte: www.italgas.it
• Impianto
Per impianto per la distribuzione e l’utilizzazione di gas, ai sensi dell’art. 2, lett. g) del
D.M. 22-1-2008, n. 37, deve intendersi
«l’insieme delle tubazioni, dei serbatoi e dei loro
accessori, dal punto di consegna del gas, anche in
forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori,
l’installazione ed i collegamenti dei medesimi, le
predisposizioni edili e meccaniche per l’aerazione e la ventilazione dei locali in cui deve essere
installato l’impianto, le predisposizioni edili e
meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti
della combustione» (Fig. 19). Più semplicemente si tratta dell’insieme delle apparecchiature necessarie per la distribuzione di gas
combustibile nelle varie proprietà esclusive
di un edificio. Il gas, proveniente dalla rete
comunale, è convogliato in apposite tubazioni [v. → Condutture e tubazioni], orizzontali e verticali, che poi si diramano nelle
singole unità immobiliari (Tamborrino).
Fig. 19
1
2
3
4
Rete di distribuzione
Interruttore generale
Valvola di scarico
Contatori
4
4
1
2
3
Impianto del gas
Ai sensi dell’art. 1117, n. 3, c.c., gli impianti per il gas, se il contrario non risulta
dal titolo, appartengono in comune ai
proprietari dei diversi piani o porzioni di
piani dell’edificio, fino al loro punto di
diramazione ai locali di proprietà esclusiva
dei singoli condòmini.
Gli impianti per il gas sono soggetti alla
normativa sulla sicurezza contenuta nel
D.M. 37/2008, esaminata alla voce
«Energia elettrica», alla quale si rinvia.
In particolare, per l’installazione, la trasformazione, l’ampliamento e la manutenzione degli impianti bisogna rivolgersi ad imprese abilitate, le quali sono tenute, al termine dei lavori, a rilasciare al
committente una dichiarazione di conformità, secondo quanto previsto dal
D.M. 37/2008.
• Disciplina delle spese
Le spese di manutenzione della porzione
comune dell’impianto vanno ripartite tra
tutti i condòmini utilizzatori in base ai
millesimi di proprietà [v. → Tabelle
millesimali]. Le spese relative alle parti di
proprietà esclusiva saranno a carico dei
singoli proprietari.
Quanto all’allacciamento alla rete pubblica, da parte delle singole unità abitative,
la spesa relativa sarà sopportata dai rispettivi proprietari.
Giardino ■
Giardino
• Profili generali
Il giardino è costituito da un’area, di norma
adiacente all’edificio condominiale, coltivata a prato e variamente piantumata e
organizzata (Sforza).
Non essendo il giardino ricompreso tra le
parti comuni dell’edificio ex art. 1117 c.c.,
non sussiste rispetto ad esso alcuna presunzione legale di comunione, sicché il
regime relativo alla sua proprietà deve essere concretamente individuato caso per
caso.
Le opinioni più autorevoli tendono a considerarlo come entità autonoma e distinta rispetto al cortile, con la conseguenza
che, al fine di stabilirne la proprietà, in
mancanza di specifica disposizione nel
regolamento di condominio [v. →] o dei
singoli atti di acquisto, occorre far riferimento al criterio della disponibilità o a
quello dell’uso esclusivo: tale impostazione
comporta che il giardino, in assenza di titolo contrario, appartiene a chi ne ha l’uso
o la disponibilità esclusiva, ovvero al condominio, del quale costituisce una pertinenza [v. → Pertinenze]. Dello stesso
avviso è chi (Terzago) afferma che il
giardino, oltre a fornire aria e luce alle finestre [v. →] che affacciano su di esso, ha
una caratteristica peculiare che lo differenzia funzionalmente dal cortile, e cioè
quella di concorrere al decoro architettonico [v. →] del fabbricato condominiale: i
giardini, pertanto, «rivalutano i singoli
appartamenti, offrendo ai proprietari una
zona verde per le loro ore di riposo».
La particolare funzione svolta dal giardino
comporta la sua sottoposizione ad un vincolo di destinazione più intenso rispetto a
quello del cortile: ne deriva che, se per la
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realizzazione di aree di parcheggio in cortile sono sufficienti le maggioranze ordinarie, nel caso in cui la realizzazione di tali
opere interessi un giardino vi è la necessità dell’unanimità dei consensi. Né sono
ammesse opere di trasformazione che
comportino un pregiudizio alle utilità che
il giardino apporti ad altre parti dell’edificio, quali ad esempio la eliminazione di
aiuole o la copertura con una veranda [v.
→ Verande e bovindi].
Ipotesi diversa è quella in cui si voglia recintare aree verdi al fine di evitarne il
calpestio. In tale ipotesi, infatti, lungi dal
configurarsi un’innovazione [v. → Innovazioni], si configura un mero mutamento delle modalità di utilizzazione del bene,
che può essere deliberato con la maggioranza prevista dall’art. 11362 c.c., e cioè con
un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed
almeno la metà del valore dell’edificio.
• Disciplina delle spese
Le spese per la manutenzione e l’illuminazione [v. → Illuminazione, energia
elettrica e forza motrice] del giardino
comune fanno carico a tutti condòmini
(compresi i proprietari esclusivi dei negozi
che abbiano accesso solo dalla strada), in
proporzione ai millesimi di proprietà [v.
→ Tabelle millesimali], secondo il criterio
generale, trattandosi di spese che, sul piano estetico, sono funzionali alla valorizzazione dell’intero edificio.
Le uniche spese alle quali un condòmino
può opporsi e chiedere di esserne esonerato, adducendone la gravosità o voluttuarietà, sono quelle riguardanti, ad esempio,
l’abbellimento del giardino mediante la
messa a dimora di piante rare e costose o
la collocazione di fontane decorative e
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statue e, più in generale, qualsiasi altra
innovazione priva di utilità pratica che,
rispetto alle particolari condizioni del
giardino, comporti un impegno economico molto oneroso.
Non costituisce, invece, un’innovazione,
con la conseguenza che i condòmini dissenzienti non possono pretendere di essere esonerati dalla spesa, la messa in opera
di un impianto per l’irrigazione automatica o l’acquisto di un tosaerba, perché il
giardino abbisogna, per sua stessa natura,
di continue cure, così da poter essere mantenuto in uno stato quantomeno decoroso.
Per quanto concerne i giardini di proprietà esclusiva, che in genere costituiscono
pertinenze di unità immobiliari situate a
piano terreno o rialzato, le spese per la loro
manutenzione devono essere interamente
sopportate dai condòmini che ne sono
proprietari. Questi ultimi devono anche
sostenere, relativamente al giardino, tutte
le spese necessarie per mantenere il decoro dell’edificio e, sempre limitatamente
alla buona tenuta del giardino, sono obbligati a partecipare, in una misura da
stabilirsi, caso per caso, con criterio equitativo, alle spese condominiali concernenti certi consumi (es. acqua) o servizi (es.
custodia) o la manutenzione di impianti
comuni.
■ Grondaie e pluviali
Grondaie e pluviali
L’art. 908 c.c. stabilisce che il proprietario
deve costruire i tetti [v. → Tetto] in maniera che le acque piovane scolino sul suo
terreno e non può farle cadere nel fondo
del vicino. Se esistono pubblici colatoi, egli
deve provvedere affinché le acque piovane
vi siano immesse con gronde o canali (Figg.
20 e 21).
Fig. 20
G
S
Gronda o canale orizzontale di raccolta delle acque
Pluviale o canale verticale di scarico delle acque
G
S
Gronda e pluviale
Fig. 21
Gronda
Canale di gronda
orizzontale
Canale di gronda
verticale
Gronda di copertura a falde
Nei fabbricati condominiali, la gronda comune destinata allo scarico delle acque piovane
va utilizzata dai singoli condòmini nel rispetto degli altrui diritti e della sua destinazione.
Pertanto è illegittimo, in quanto altera la
destinazione d’uso del bene comune, l’utilizzo del condotto condominiale, da parte di un
condòmino, per immettervi liquami. Non
costituisce innovazione vietata [v. → Innovazioni], ma mera modificazione del bene
comune, e legittima in quanto tale, l’allacciamento di una diramazione all’impianto comune di scarico delle acque.
Le spese per la manutenzione, riparazione e sostituzione delle gronde e dei plu-
Grondaie e pluviali ■
viali fanno carico a tutti i condòmini, in
base alle rispettive quote millesimali [v. →
Tabelle millesimali].
• Regime urbanistico
L’installazione di grondaie e/o la sostituzione di quelle preesistenti, come pure
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la riparazione o la sostituzione dei pluviali, costituiscono attività edilizia libera [v. →].
L’installazione di nuovi pluviali, invece, è
subordinata a segnalazione certificata di
inizio attività [v. →].
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