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Se questa tavola potesse parlare
CONFERENZA DI METÀ ANNO ALLA SCUOLA DIOCESANA DI TEOLOGIA IL 7 FEBBRAIO ALLE 18.30 ercoledì 7 febbraio alle M 18.30 nell’aula magna del centro culturale in via delle Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 Galere conferenza di metà anno della Scuola di Teologia diocesana. Interviene don Gaetano Di Palma, biblista, docente presso la facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli, sul tema «L’ispirazione della scrittura, verità della comunicazione di Dio e dell’uomo». [email protected] Notiziario locale Direttore responsabile Alberto Migone Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983 4 febbraio 2007 «Se questa tavola potesse parlare...» L'apertura con il Nunzio, la celebrazione del Voto con il nuovo Amministratore Diocesano DI NICOLA SANGIACOMO a vicinanza alla diocesi di Livorno di tutta la Chiesa italiana, attraverso la presenza del Nunzio, e l’impegno ad attualizzare il modo di adempiere il voto dei livornesi, sono stati questi alcuni degli aspetti salienti dei primi giorni di celebrazioni in Cattedrale davanti all’icona della Madonna di Montenero. Anche questa volta la discesa dell’immagine tanto cara ai livornesi è coincisa con avvenimenti rilevanti per la vita della diocesi. Se l’ultima volta, ad esempio, era coincisa con la conclusione del lungo episcopato di monsignor Ablondi e l’inizio di quello di monsignor Coletti, quest’anno l’occasione era stata offerta dalla celebrazione del secondo centenario della fondazione della diocesi. In questa circostanza, poi, la presenza della sacra icona è coincisa con un altro passaggio storico per la diocesi, il saluto del vescovo Diego e il conseguente inizio di un periodo di sede vacante, provvisoriamente coperta dalla nomina di un amministratore diocesano, monsignor Paolo Razzauti. L «La Chiesa di Livorno soffre per la mancanza di un Vescovo» A questa situazione, che la diocesi di Livorno non aveva mai vissuto negli ultimi cento anni, ha fatto riferimento il Nunzio in Italia, monsignor Paolo Romeo. «La Chiesa di Livorno - ha detto - soffre per la temporanea assenza di un Vescovo, dopo la nomina a Vescovo di Como di monsignor Coletti, che n’è stato Padre e Pastore negli ultimi sei anni». Monsignor Romeo, che, come Nunzio apostolico in Italia, ha curato le procedure canoniche per le nomine dei Vescovi italiani, ha assicurato l’interessamento del Papa perché la Chiesa di Livorno abbia presto il suo nuovo Pastore. Commentando il suo intervento a Livorno, ha osservato come la sua visita era stata concordata con monsignor Coletti, quando né l’uno né l’altro sapeva che, in quest’occasione, entrambi sarebbero stati in scadenza di mandato, poiché anche monsignor Romeo è stato appena nominato nuovo Vescovo di Palermo. Spetterà quindi al suo successore come Nunzio in Italia, monsignor Bertello, istruire la procedura per arrivare alla nomina, da parte del Papa, del nuovo Vescovo di Livorno. Proseguendo la sua riflessione, monsignor Romeo, ha detto: «Se questa tavola potesse parlare, chissà quante cose ci potrebbe raccontare dei gesti, delle parole, delle suppliche, delle invocazioni che le sono state rivolte!». Suppliche e ringraziamenti che ci fanno capire come «la Madonna di Montenero ha accompagnato la città di Livorno e la città di Livorno l’ha sentita come Madre». Ha quindi concluso il suo intervento invitando i presenti ad abbandonarsi nella mani di Maria, sicuri del suo amore e della sua assistenza. L’offerta di un cero non basta «Per rinnovare il voto dei padri - ha detto monsignor Razzauti, presiedendo la celebrazione della Festa del Voto sarebbe un po’ troppo poco lasciare quest’impegno alla semplice offerta di un piccolo cero: insieme all’amministrazione comunale forse in futuro la Diocesi dovrà rivedere questo Voto, attualizzandone il significato alla nostra epoca perché possa diventare espressione vera della nostra città e non un gesto abitudinario, senza una corrispondenza vera e totale di quello che dovrebbe essere il ringraziamento dei livornesi a Maria Santissima». Un auspicio, ma anche un impegno per il nuovo amministratore diocesano che, nel corso dell’omelia, ha voluto far riflettere i cristiani livornesi con queste parole: «Credo che il cristiano oggi debba vincere questa scommessa. Il pericolo nella nostra epoca non viene dall’influsso di altre religioni, ma da noi che non viviamo sufficientemente la nostra fede, da noi che non testimoniamo fino in fondo il nostro essere cristiani, da noi che non siamo disponibili a quel martirio a cui invece ci chiama il Signore. Ci tiriamo indietro, abbiamo paura, viviamo un cristianesimo spesso di facciata in cui manca questo ascolto di Dio e manca questa testimonianza, e quindi il servizio ai fratelli. La nostra - ha proseguito monsignor Razzauti - non deve essere una testimonianza solo di dottrina o solo di irrigidimento o di indicazioni ma una testimonianza di dolcezza, di servizio, di amore, di dono, di condivisione, una testimonianza per crescere e far crescere». Ha quindi chiuso il suo intervento con un’invocazione alla Madonna: «Maria sentinella del mattino, Maria che è attenta ai bisogni degli sposi di Cana e ai bisogni di tutta la gente che si rivolge a Lei, sia, dal suo colle di Montenero, guardiana della nostra città, sentinella che ci fa render conto del vino che ci manca; sia la donna di tutti i giorni, che si mette accanto a noi, che cammina con noi per fare del nostro popolo della Diocesi di Livorno un popolo che cresce, un popolo che cammina nel nome del Signore, un popolo che testimonia sotto la guida dello Spirito Santo». «Non abbiate paura, la Madonna è sempre incinta!» La celebrazione della festa del Voto che, quest’anno era stata anticipata al mattino per la concomitanza con i giorni dell’ingresso di monsignor Coletti nella diocesi di Como, si è chiusa con il saluto del vescovo emerito, monsignor Ablondi che ha citato un episodio del ’68 francese, quando alla scritta di moda «Dio è morto» qualcuno rispose con un’altra scritta: «Non abbiate paura, la Madonna è sempre incinta!»; commentando il fatto, il vescovo Alberto ha assicurato che questo vale anche per l’oggi della Chiesa livornese, che deve attendere con pazienza il nuovo Vescovo, confidando che le sarà mandato un Pastore che realizzerà la missione di annunciare questa grande verità che dà speranza anche agli uomini del nostro tempo. IL COLLEGIO DEI CONSULTORI HA DELIBERATO MONSIGNOR RAZZAUTI È L’AMMINISTRATORE DIOCESANO unedì mattina in vescovado si è riunito il Collegio dei Consultori per eleggere l’amministratore diocesano, ovvero colui che guiderà la Diocesi in attesa che il Santo Padre elegga un nuovo vescovo alla cattedra di Livorno. Il Collegio (composto da don Andrea Brutto, rettore del Seminario vescovile; don Ezio Morosi, parroco di S. M. del Soccorso e vicario episcopale; don Raffaello Schiavone, parroco di Ss. Pietro e Paolo e vicario episcopale; don Karim Madjidi, salesiano, parroco Sacro Cuore; don Piergiorgio Paolini, parroco di N.S. di Fatima e vicario episcopale; monsignor Paolo Razzauti vicario generale) ha eletto come amministratore monsignor Paolo Razzauti. Monsignor Razzauti ha subito provveduto ad informare monsignor Coletti e monsignor Ablondi della nomina, nel segno della continuità con i Vescovi che hanno preceduto questa elezione. Ha poi confermato i direttori degli uffici pastorali diocesani e ha prorogato la delega per le altre cariche diocesane, quali i vicari episcopali. «Il ruolo dell’amministratore diocesano - ha dichiarato alla stampa monsignor Razzauti - è molto delicato. Prego il Signore che mi dia la forza di sostenere questo compito e di farlo collegialmente, insieme ai miei collaboratori, a tutto il clero e ai laici. Conto anche nella collaborazione delle autorità civili con le quali ho sempre avuto un buon rapporto. Credo che il momento che si appresta a vivere la Diocesi sia molto importante e significativo. Chiedo alla Chiesa livornese di non vivere questi mesi in maniera passiva, ma continui a vivere ogni aspetto della propria dimensione pastorale ed ecclesiale con la gioia e la speranza che l’ha sempre contraddistinta. Questo è il momento di mostrare che la nostra è una Chiesa matura e pronta ad assumersi le proprie responsabilità. La Madonna di Montenero che proprio in questi giorni dimora nella nostra cattedrale sia la nostra guida nel tempo dell’attesa che ci separa dalla nomina del nuovo Pastore». L II TOSCANA OGGI In gennaio incontri con gli ebrei e le altre confessioni cristiane Quante finestre aperte! e giornate dedicate all’amicizia ebraico-cristiana e alla preghiera per l’unità dei cristiani, dal 17 al 25 gennaio, ci hanno aperto il cuore e lo sguardo sulla bellezza dello stare insieme e dell’ascoltarsi e ci hanno aperto anche una quantità di finestre di dialogo possibile. Dalla prima finestra abbiamo guardato all’amicizia con gli ebrei. Ci siamo riuniti alla sinagoga intorno alla lampada a nove fuochi di Chanukà, accesi uno ciascuno dai rappresentanti della Comunità Ebraica e da quelli delle chiese cristiane, con un saluto e una preghiera. Più tardi il rabbino Yair Didi e il pastore valdese Klaus Langneck hanno parlato sul secondo dei «dieci comandamenti» o «dieci parole». Il rabbino ha parlato sulla sua «seconda Parola» : Non avrai altri dei al mio cospetto, che per noi cristiani è compresa nel primo comandamento. Chi, come Abramo, si ferma a riflettere su ciò che lo circonda, può arrivare a conoscere il Signore Dio Creatore e ad amarlo; guardare ad altre entità come dispensatrici di beni e di felicità per l’uomo significa scambiare la creatura per il Creatore, dunque essere idolatri e giocarsi la possibilità di conoscerLo. Mentre il pastore si è soffermato sulla frase successiva di Es 20: Non ti farai immagini…, ed è stato molto interessante conoscere la posizione delle chiese protestanti sulle immagini sacre. Le chiese luterane ammettono la rappresentazione in immagini di Gesù, Maria e dei personaggi biblici come illustrazione e didattica per la comprensione della Bibbia, ma non per la venerazione, mentre le chiese riformate che si rifanno al calvinismo la rifiutano del tutto. Per entrambe è esclusa la venerazione dei santi quindi, a maggior ragione, delle loro immagini. La differenza con le chiese cattolica e ortodossa, che utilizzano le immagini anche nei luoghi di culto per la venerazione, sta nell’interpretazione del versetto: Non ti farai immagini…per adorarle. L’adorazione spetta solo a Dio, ma la venerazione di certe immagini come aiuto alla fede è consentita. Il giorno dopo, nella chiesa del Rosario, c’è stata la celebrazione solenne dell’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Alla presenza di monsignor Alberto Ablondi , il dottor Riccardo Burigana, direttore del Cedomei, il pastore valdese e quello evangelico-pentecostale hanno guidato la preghiera sul tema «Fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,31-37). Il tema è stato scelto da una comunità cristiana del Sud Africa e proposto in tutto il mondo per questa occasione. Tanti gli spunti di riflessione che affiorano: la necessità di ascoltarsi e di parlarsi tra gli appartenenti a confessioni diverse; l’ascolto comune della Parola di Dio per parlare di Cristo e testimoniarlo al mondo; ascoltare i sofferenti della terra per dare voce a chi non ce l’ha. Suggestivo è stato l’incontro con la comunità ortodossa. La chiesa della Dormizione di via Mastacchi era al buio a causa di un guasto e la maggior parte della preghiera l’abbiamo fatta alla luce delle candele che ognuno di noi teneva. Il saluto dell’archimandrita greco-ortodosso, che di solito si mantiene un po’ sulle sue, quest’anno è stato particolarmente cordiale e caloroso e il perché ce l’ha detto lui stesso: il recente incontro in Turchia tra Bartolomeo I e Benedetto XVI ha aperto una strada concreta alla collaborazione e al dialogo tra cattolici e ortodossi e il loro tenersi per mano davanti ai fedeli è un grosso pegno di speranza. Poi è tornata la luce e una signora dalla splendida voce ci ha cantato un Alleluia in greco…da brivido! Mi resta lo spazio per riferirvi dell’incontro di martedì 23 al Rosario: dalla Charta Oecumenica, il documento d’impegno comune firmato dalle Chiese cristiane europee, abbiamo scelto i passi sulla salvaguardia del creato e sulla comunione con l’Ebraismo. Eravamo davvero quattro gatti o, come più gentilmente ci ha definito Burigana, «un piccolo resto d’Israele» e forse proprio il fatto di essere in pochi ci ha sciolto la lingua e abbiamo parlato a lungo e con confidenza, trovando importanti punti di contatto anche col pastore pentecostale Dante Bernarducci, che ci ha ampiamente illustrato la sua Chiesa. La preghiera perché il Signore ci conceda l’unità secondo la sua volontà e il Padre nostro comune hanno concluso la serata, ma devono rimanere l’impegno quotidiano di tutti noi per far vedere al Signore che ci teniamo davvero e specialmente in vista dell’Assemblea Ecumenica europea che si terrà in ottobre a Sibiu, in Romania. Gabriella Brilli L LA SETTIMANA DI LIVORNO 4 febbraio 2007 Il dolore illuminato dalla fede La giornata diocesana del malato unedì scorso, in seno alle celebrazioni giubilari per i 200 anni della nostra diocesi, alla «presenza» dell’icona della Madonna di Montenero, si è svolta in cattedrale la Giornata diocesana del Malato, con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Santucci, Vescovo di Massa Marittima-Piombino e delegato CET per la pastorale della Salute. I timori per una buona riuscita della giornata dovuti all’inesperienza (è la prima volta che la Cappellania ospedaliera affianca l’Ufficio diocesano in questo compito) aggiunti alla fatica dell’organizzazione, si sono subito dissolti all’arrivo del primo malato: una signora su una carrozzella spinta da un volontario, che ha risposto al mio saluto di benvenuto mostrandomi uno splendido sorriso su un volto raggiante di gioia. E non era l’unica! Man mano che il duomo si riempiva di anziani, malati su carrozzine, portatori di handicap vari, salivano a Dio preghiere silenziose o dette sottovoce, mormorio di rosari recitati che facevano da contorno ad un tumulto di volti gioiosi e sorridenti che alzavano lo sguardo alla Vergine Maria posta sull’altar maggiore e Lei, regina degli infermi, guardava tutti benigna. Del resto, a chi si rivolge il sofferente se non alla mamma celeste, ponte tra Gesù e le persone provate dal lutto, dagli affanni, dal dolore. Si pone in mezzo per far presente al Figlio il bisogno dell’uomo di essere sostenuto nella fatica delle privazioni di cui soffre, tra cui quella della salute. Nonostante l’impegno L giornaliero tra i malati dell’ospedale, è stata un’esperienza nuova e bellissima trovarsi insieme a tanti fratelli sofferenti convenuti dalle varie parrocchie, istituti religiosi e case di riposo, che ogni giorno sperimentano come il dolore, illuminato dalla fede, diventi fonte di speranza e di salvezza. La celebrazione eucaristica si è svolta in una chiesa colma di persone che hanno partecipato attivamente, certamente consapevoli, almeno in parte, che la chiave di lettura della loro sofferenza sta nella croce del Cristo Risorto. Al termine della S. Messa, come in una Lourdes in miniatura, è stata fatta una breve esposizione del S.S. ed una processione eucaristica che si è snodata per tutta la cattedrale passando in mezzo ai malati. Significativa per tutti la presenza del Vescovo emerito Monsignor Ablondi, anche lui obbligato a stare su una carrozzella ma importante per me, è stata la presenza di mia figlia Giulia (nel suo primo servizio come volontaria dell’UNITALSI) che dalla fine di settembre è divenuta completamente cieca e che due mesi fa quasi improvvisamente ha riacquistato la vista. Tornando a casa mi diceva che tutto le sembrava un sogno e che non era ancora consapevole del fatto che Dio le avesse fatto il dono di tornare a vedere. La disponibilità e la pazienza dei volontari delle varie associazioni, e i mezzi che ognuna di loro ha messo a disposizione, è stata infine molto importante per la riuscita di questo giorno: nonostante la confusione e il via vai dei mezzi, tutto si è svolto per il meglio e con ordine. La giornata è finita, stanco ma felice di questo giorno, ringrazio Dio di avermelo fatto vivere insieme a tanti fratelli e sorelle ammalati che vivono nella loro carne il mistero pasquale. Diacono Paolo Bencreati L’Assemblea dell’Unitalsi Venerdì 2 febbraio alle ore 19.00 e alle 21.00, in seconda convocazione - presso la sede della Misericordia in viaVerdi - si terrà l’Assemblea Annuale dei soci dell’UNITALSI, per verificare insieme il bilancio dell’anno passato e presentare le previsioni di quello in corso I giovani livornesi che hanno partecipato al pellegrinaggio a Lourdes lo scorso luglio (in alto) Il personale di livorno riunito nella cappella del Salus, a Lourdes, insieme a monsignor Coletti (a fianco) TOSCANA OGGI LA SETTIMANA DI LIVORNO 4 febbraio 2007 La testimonianza di uno dei livornesi che hanno accompagnato monsignor Coletti nella sua nuova diocesi AGENDA DIOCESANA Fino al 2 febbraio l’icona di Maria di Montenero in cattedrale A Como, con il vescovo Diego e un po’di nostalgia nel cuore DI GABRIELE MAREMMANI o accompagnato il Vescovo Diego ad un matrimonio, ad una specie di matrimonio. In effetti io, noi, tutti quelli che siedono qui, in questa navata della cattedrale di Como, in attesa dell’inizio della cerimonia di insediamento, siamo un po’ come i genitori e i parenti dello sposo. E in attesa di affidarlo alla sua sposa, la Chiesa di Como, siamo combattuti tra i soliti due sentimenti: perché l’evento sarà certamente un momento di gioia e di festa, ma sotto sotto, dentro dentro, ci sarà anche un po’ di tristezza, un velo opaco leggerissimo, impercettibile ma fastidioso. Ci troviamo in mezzo a due ali di gente curiosa ed è tutto un vociare, un salutare, un prepararsi concitato alla cerimonia, sotto una luce tiepida di sole che buca il rosone. Poi il placarsi improvviso delle voci alla vista della H VENERDÌ 2 FEBBRAIO Giornata della Vita consacrata - 17.30 ritrovo presso la chiesa della Purificazione (via della Madonna); benedizione delle candele e processione verso la cattedrale. Ore 18.00 celebrazione eucaristica in duomo presieduta dal cardinale Ennio Antonelli. SABATO 3 FEBBRAIO Traslazione dell’icona della Madonna alla parrocchia S. Luca al Villaggio Emilio - 18.00 inizio della veglia di preghiera e preghiera notturna. DOMENICA 4 FEBBRAIO Traslazione dell’icona della Madonna alla parrocchia di S. Giovanni Battista e Ilario a Rosignano Marittimo; ore 11.00 celebrazione; ore 16.30 celebrazione e traslazione del quadro al Santuario di Montenero. LUNEDÌ 5 FEBBRAIO - 21.00 presso il circolo ufficiali della Marina (via S. Jacopo in Acquaviva) per gli incontri promossi dal Serra club conferenza del professor Stefano Semplici, dell’università di Tor Vergata di Roma, sul tema «Pluralismo e relativismo: uno sguardo dalla filosofia politica». processione, quasi che il Crocefisso, lassù in alto alla testa del corteo, attiri definitivamente a sé tutti gli schiamazzi, lasciandosi dietro solo un alone di pace. E dopo la processione ciondolante di seminaristi, sacerdoti e mitrie, in fondo, accanto all’Arcivescovo di Milano, ecco lo sposo, il Vescovo Diego: avanza sorridente verso lo scranno che fu di Sant’Abbondio, primo Vescovo della città. Mi passa accanto, mi sporgo ma lui non c’è già più. Il rito ha finalmente inizio: lettura della lettera di nomina del Papa e taglio netto dell’ultimo filo che ancora legava il Vescovo a Livorno: Fratelli e sorelle in Cristo, da questo momento il Vescovo Diego Coletti è pastore della santa Chiesa di Como. L’applauso parte spontaneo e copre una piccola fitta al cuore. Segue il saluto iniziale: la voce dello sposo parte in salita, arranca, poi si riprende. Ma in mezzo, forse non notato da tutti, un lapsus prontamente corretto: «In questa diocesi di Liv... in questa diocesi di Como». Chissà, forse l’abitudine o magari l’emozione. La cosa comunque mi fa un po’ piacere. Al termine della Parola, l’attesa parola del Vescovo: gli occhi di tutti sono su di lui. Omelia un po’ lunghina ma chiara: illustra il suo «Consummati in unum», insiste sul camminare assieme, dà linee programmatiche, elargisce pillole di catechesi. E alla fine, riprocessione, sempre con lo sposo in fondo, in un tripudio di fazzoletti amaranto. Ecco, se n’è andato, ma tento l’impresa e lo aspetto sotto il Vescovado. Non ci spero molto ma il miracolo, miracolosamente, si compie: il Vescovo esce e mi saluta. Da’ un buffetto a mia moglie, a me riserva una carezza. Cerco di ricambiare ma si è già infilato in macchina, la sua faccia sorridente nell’ombra, incorniciata dal finestrino. Arrivederci Vescovo Diego. A rivederci. La terra e la gente di Como ti siano lievi. A due anni dalla morte di don Aldo Don Biagioni: un uomo all’apparenza burbero, ma generoso e disponibile ono già passati due anni da quando don Aldo Biagioni è morto, il 29 gennaio 2005. Mi pare importante ricordarlo perché non accada che il trascorrere del tempo porti all’oblio e quindi si perda la memoria di quello che ciascuno ha fatto affinché la Chiesa apparisse sempre più bella, rivestita delle «opere giuste dei santi» (Ap 19,8). Ricordarlo, sì, ma come? Cosa ricordare di don Aldo? Anzitutto la sua umanità, che si manifestava in superficie come irruenza, carattere burbero ed incline a brontolare. All’inizio, quando conobbi don Aldo – parlo di 30 anni fa –, rimanevo talvolta interdetto davanti a certe sue prese di posizioni od a certe sue durezze. Una volta gli ho detto, tra il serio ed il faceto, che era brontolone: ha continuato a ricordarmi quell’epiteto quasi sino alla fine, come se si fosse sentito ingiustamente trattato. In realtà, conoscendolo meglio e raccogliendo talvolta le sue amarezze, mi sono reso conto di un aspetto umano denso, nascosto sotto la superficie, appunto, burbera e un po’ brontolona. Era infatti attento alle persone ed alle loro situazioni, era generoso e disponibi- S III le all’aiuto. Ricordo che, quando iniziò l’esperienza della casa di preghiera nel 1994, egli volle contribuire con una cospicua somma, senza che da parte mia ci fosse stato il benché minimo accenno in questo senso. E so per certo che è intervenuto in diverse situazioni. Manifestazione della sua umanità erano anche la passione e lo slancio in tutte le cose: ci metteva tutto se stesso, stimolando e rimproverando coloro che erano chiamati a condividere con lui la cosa da fare. L’esempio migliore della sua passione è rappresentato dalla musica ed in particolare dall’organo: cosa non ha fatto don Aldo negli anni della sua vita per incentivare il canto liturgico e per curare lo strumento della tradizione della Chiesa quale è l’organo? Si potrebbe dire che tutti gli organi di Livorno lo hanno conosciuto, ma certamente due spiccano in particolar modo: quello della parrocchia del Rosario e quello della Cattedrale. Il primo perché da lui fatto costruire negli anni in cui fu parroco al Rosario, il secondo perché organista della Cattedrale dagli inizi degli anni 70 sino alla sua morte. A questi aspetti della sua perso- nalità ne aggiungo un altro, ad essi intimamente collegato: la sua vitalità. Nonostante i limiti progressivi dovuti all’età ed alla malattia, don Aldo desiderava essere presente, svolgere i suoi compiti, non venir meno a ciò che gli era affidato: fino alla fine è stato fedele al suo servizio al Carmelo ed in Cattedrale. Ma tutti questi sono tratti esterni della persona di don Aldo. Cosa c’era dietro? Molte cose; ne faccio notare solo due: la prima il suo profondo amore per la Chiesa di Livorno, la seconda la sua fede. Il suo amore per la Chiesa di Livorno si è mostrato nel custodire la memoria del passato: fisicamente lo ha fatto raccogliendo libri e carte, spiritualmente portando nel cuore le persone incontrate, le situazioni vissute. Da lui ho sentito raccontare tanti fatti della storia di questa Chiesa, mi ha presentato tanti personaggi: quando ne parlava si sentiva vibrare una passione profonda. La fede di don Aldo emergeva non tanto nelle sue omelie, che pur erano forti ed impegnate, ma in certi momenti particolari. Di ciò posso dare buona testimonianza attraverso gli scambi ed i dialoghi avuti con lui. Sem- brava che in determinate situazioni dovesse prevalere il suo carattere, soprattutto quando si erano verificati contrasti o pensava che fosse stato leso qualche suo diritto: accusava, si difendeva con passione; in quel momento qualsiasi cosa avessi detto non sarebbe servita a nulla e mi avrebbe chiuso la bocca con un semplice: «te parli bene! Ma…». Successivamente ci ripensava e ritrovava in se stesso le dimensioni più profonde del proprio credere e del suo rapporto con il Signore. Allora mi appariva dolce e profondamente comunicativo. Termino ricordando l’ultima visita che gli feci la domenica prima che morisse. Era solo: gli chiesi notizie della sua salute, gli detti le notizie che avevo, parlammo anche della sua speranza di tornare presto a casa. Poi, ad un certo momento, mi disse, con un parlare lento e profondo: «quando si è in questa situazione, si pensano molte cose…». Non feci domande, ma ebbi la percezione chiara che in quel momento dall’altezza dei suoi 91 anni stesse guardando alla sua vita, cercando, forse, di cogliere il senso del proprio esistere alla luce della fede. Pier Giorgio Paolini MERCOLEDÌ 7 FEBBRAIO - 18.30 nell’aula magna del centro culturale in via delle Galere conferenza di metà anno della Scuola di Teologia diocesana. LUNEDÌ 12 FEBBRAIO - 18.00 presso il centro artistico «Il grattacielo» (via del Platano 6) incontro dei «Lunedì danteschi» sul tema «I nomi di Dio».Tema della serata: «Induismo». - 21.00 parrocchia S. Croce (Rosignano Solvay) LECTIO DIVINA per i giovani.Tema «Legge antica o fede nella croce. Al bivio tra vecchia religione e nuova avventura di libertà» (At. 14,27; 15,35) IL CONVEGNO ORGANIZZATO AL LEM Crescere con fatica: il fenomeno del bullismo cura del Comune di Livorno e del Centro A Infanzia Adolescenza e Famiglie (CIAF) «Edda Fagni», è stata presentata nei locali del LEM la ricerca: «Crescere con fatica: comportamenti ed emozioni di ragazzi a rischio nel contesto scolastico». In apertura dell’incontro l’assessore alle Politiche educative, Carla Roncaglia, ha ringraziato la Fondazione Cassa di Risparmi per il contributo dato alla realizzazione della ricerca che rientra nell’ambito del progetto «Città sicura», voluto proprio per rendere più vivibile la vita nella nostra città. La ricerca - ha aggiunto l’assessore - mette in evidenza il fenomeno del bullismo che è uno degli aspetti connaturati a quella fase di crescita che è l’adolescenza, sul quale molto spesso si sta incentrando l’attenzione dei media, lo scopo che ci proponiamo è quello di conoscere meglio questo fenomeno per proporre quegli interventi che possano contrastarlo. Ha preso poi la parola Ersilia Menesini, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Firenze, che ha illustrato i temi della ricerca da lei condotta invitando a non sottovalutare e nel contempo anche a non criminalizzare il fenomeno del bullismo, ricercandone le origini in indicatori del disagio giovanile come ansia, paura, aggressività, malessere, depressione. L’indagine ha coinvolto 461 studenti (261 ragazzi e 200 ragazze) in età compresa tra gli 11 e i 14 anni, frequentanti cinque scuole medie inferiori della città: le Fermi, le Borsi, le Michelangelo, l’ex-Pazzini e l’ex-Pistelli. La ricerca è partita dall’interrogativo di cosa ci sia all’origine di comportamenti problematicie ha evidenziato che per molti ragazzi compiere delle prepotenze vuol dire farsi valere nella vita ed affermarsi, le conseguenze sono appunto quelle del bullismo e della vittimizzazione, in alcuni casi questi due fenomeni coesistono. I comportamenti prepotenti sono più naturali nei ragazzi mentre le ragazze ne sono meno coinvolte ma più inclini all’ansia, alla depressione e alla somatizzazione. Le ragazze in linea di massima sono in grado di gestire meglio le proprie emozioni e possono ristabilire o creare un buon clima all’interno di classi che presentino comportamenti prepotenti. Contro i disagi comportamentali venuti in risalto dagli incontri con i ragazzi , la ricerca ha individuato alcune proposte di intervento: giochi cooperativi svolti in classe, percorsi operativi con gli insegnanti per arricchire le loro conoscenze sui propri alunni, interventi con le famiglie e tra le famiglie per lo scambio di esperienze di vita e per maturare la consapevolezza genitoriale. I risultati della ricerca sono stati poi discussi da Genny De Pas, docente della scuola «Borsi», da Maria Grazia Sacchi Marinari per la componente dei genitori, dall’Ispettore Pino Salerno dell’Ufficio Minori della Questura di Livorno , mentre Mauro Pardini responsabile dell’Ufficio Psicopedagogico del Comune ha moderato gli interventi. Gianni Giovangiacomo