Comments
Transcript
tesi di laurea ridere e sorridere: un gesto
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA SEDE DIDATTICA VALLO DELLA LUCANIA TESI DI LAUREA RIDERE E SORRIDERE: UN GESTO INDISPENSABILE NEL PROCESSO INFERMIERISTICO RELATORE CANDIDATO Chiar.mo Prof. Giovanni Lerro Striano Serena Matr. 5973296 ANNO ACCADEMICO 2012/2013 1 INDICE 2 Introduzione ........................................................................................................pag. 1 CAPITOLO 1 Origini e definizioni della risata 1.1 Il riso ........................................................................................................... pag. 4 1.2 Il sorriso ...................................................................................................... pag. 6 1.3 Il riso ed il sorriso nell’infanzia .................................................................. pag. 8 CAPITOLO 2 La clownterapia 2.1 Che cos’è................................................................................................... pag. 11 2.2 Perché ridere fa bene................................................................................. pag. 12 2.3 La comico terapia nelle corsie d’ospedale ............................................... pag. 14 2.4 Gli obiettivi del clown in corsia................................................................ pag. 15 CAPITOLO 3 Lo humor 3.1 Teoria e modelli dell’umorismo............................................................... pag. 19 3.2 Ragionando con humor ............................................................................ pag. 21 CAPITOLO 4 Patch Adams 4.1 La filosofia e i progetti di Patch Adams ................................................... pag. 25 4.2 Il Gesundheit Institute............................................................................... pag. 27 4.3 Il prendersi cura e il curare ....................................................................... pag. 30 Conclusioni........................................................................................................pag. 34 Bibliografia........................................................................................................pag. 38 3 INTRODUZIONE 4 Ho deciso di scegliere tale argomento per questa dissertazione, in virtù degli studi effettuati e da esperienze di vita maturate durante questo percorso accademico. Gli studi effettuati negli ultimi anni hanno rafforzato in me l'idea che l'allegria debba essere promossa e introdotta in tutti gli ambienti, e in particolare negli ambienti in cui si soffre. La clown terapia è un insieme di tecniche derivate dal circo e dal teatro di strada che aiutano a migliorare la qualità di vita con gesti semplici e con l’aiuto del sorriso, alleviando il dolore di ogni singolo paziente. Infatti, il riso ha uno stretto legame con la gioia che è lo stato naturale di armonia dell'animo umano. Allenando la mente al riso e all'allegria si possono superare con maggiore facilità traumi, dolori fisici e psichici e ritrovare il collegamento con la gioia. Un sano umorismo è quindi una dote quasi innata, la si può apprendere nel corso dell’infanzia crescendo in ambienti in cui vi sono persone che la posseggono. In questo elaborato tratterò, quindi, il potere e gli effetti della clown terapia negli ambienti e nelle situazioni di disagio cercando di abbreviare le degenze e riducendo l’utilizzo dei farmaci; saper ridere è il primo grande farmaco di cui, nella vita, dovremmo sempre disporre. 5 CAPITOLO 1 Origini e definizioni della risata 6 1.1. IL RISO Noi esseri umani nasciamo tutti con la capacità innata di ridere, che si manifesta molto prima dell’acquisizione del linguaggio e della capacità di parlare; infatti i bambini iniziano a ridacchiare molto prima che il loro cervello distingua se una cosa sia più buffa o meno buffa, quindi non sempre il riso è connesso al divertimento mentale. Attraverso i principali sensi, l’udito e la vista, il cervello invia uno stimolo risorio, cioè una situazione che spinge al riso; questo stimolo colpisce quella zona del cervello deputata a riconoscere situazioni simili a questa e scatenare, in risposta, il riso. In senso stretto, il riso, è una reazione di carattere nervoso che si manifesta, nel comportamento umano, in più contesti. In genere, si tratta di una risposta emotiva di fronte all’esperienza del comico, o a sensazioni intense di allegria, piacere, benessere, ottimismo. Tuttavia, la risata può anche avere il ruolo di sfogo di emozioni di segno opposto, come la tristezza e la rabbia (in tal caso, nel linguaggio comune, si parla di risata nervosa). Ci sono anche cause fisiche che possono stimolare la risata a prescindere da qualunque contesto emotivo: per esempio il solletico o l’inalazione di ossido di azoto (detto proprio per questo motivo, “gas esilarante”). Il fenomeno della risata, si presenta come una modificazione del ritmo respiratorio, sospensione dell’aspirazione, scosse che si ripercuotono nella laringe, contrazioni concatenate di molti muscoli (in particolare facciali e addominali), scopertura dei denti e talvolta lacrimazione. I dottori Michael Miller (Università di Maryland) e William Fry (Stanford University) teorizzano che le beta-endorfine, sostanze antidolorifiche naturali, come composti rilasciati dall’ipotalamo, attivano i recettori nella superficie endoteliale che rilasciano ossido nitrico, con la conseguente 7 dilatazione dei vasi. E’ stato anche dimostrato che la risata ha effetti benefici su vari altri aspetti della biochimica. Ad esempio, la risata porta a riduzioni degli ormoni dello stress, come il cortisolo e l’adrenalina. Inoltre la risata aumenta il numero di cellule di anticorpi e migliora l’efficacia delle cellule T, creando un sistema immunitario più forte. Ogni minuto di riso può fornire al corpo fino a 45 minuti di rilassamento terapeutico, quindi il riso può fornire al corpo lo stesso effetto dell’esercizio fisico regolare, in quanto è un tipo di esercizio fisico, e per i malati confinati a letto o su una sedia a rotelle può essere l’unico possibile. Occorre specificare che il riso terapeutico, cioè i suoni che generano le espressioni associate al rilassamento, devono nascere dall’interno e spontaneamente; le imitazioni indotte infatti non funzionano e possono risultare pericolose; quando si parla di riso e sorriso come terapia, quindi, non si tiene conto di quelli indotti artificialmente in cui il paziente è incosciente; per avere davvero un valore terapeutico, il riso, qualunque ne sia la causa, deve venire direttamente dal soggetto interessato. Esiste anche un aspetto patologico del riso, che può trasformarsi in sintomo, sia quando è totalmente assente, sia quando è in eccesso o immotivato. Gravi malattie psichiche come l’autismo o la depressione, impediscono insieme alla capacità di autentiche relazioni con gli altri anche il riso, sia come mezzo di comunicazione sociale che come espressione emotiva. In ogni caso è più facile ridere che far ridere. Si può ipotizzare che il riso sia soltanto uno stadio avanzato del sorriso; infatti se si può sorridere senza ridere, è difficile il contrario. Il riso nasce da un volto sorridente e quando ci viene da ridere senza poter prima sorridere ci sentiamo a disagio. 8 1.2 IL SORRISO Il sorriso è un’espressione del volto umano. In tutto il mondo gli esseri umani sorridono quando sono felici. Non si sa ancora tutto sulla dinamica del sorriso, ma essa è importante per l’interazione sociale e la buona salute. Il sorriso si produce stirando la bocca, inarcando le labbra ed eventualmente mostrando i denti. Nonostante ci si riferisca propriamente al sorriso pensando alla sola bocca, l’espressione coinvolge anche gli occhi. Un sorriso sincero e istintivo stira le labbra di netto e rende più vivace e profondo lo sguardo. Al contrario, un sorriso forzato o di circostanza non cambia lo sguardo, limitando a contrarre i muscoli della bocca. La carica espressiva e comunicativa del sorriso deve proprio allo sguardo la sua profondità. Un sorriso può diventare una risata, ma differisce dal riso nell’essere meno impulsivo e nervoso, quindi più duraturo, più moderato e di maggiore profondità emozionale. Il sorriso manifesta serenità, benessere e apertura nei confronti di un’altra persona. L’espressione viene usata sia per manifestare uno stato emotivo, sia come strumento di comunicazione nel rapportarsi con gli altri. Nel primo caso il sorriso è spontaneo e involontario, compatibilmente con il carattere e le attitudini della persona. Nel secondo caso invece è incanalato in un codice di comportamento e può essere dunque semplicemente una forma convenzionale di approccio. Un sorriso può essere dunque più o meno sincero e spontaneo, e non sempre sottintende un atteggiamento di apertura verso l’altro quanto piuttosto l’espressione di un personale stato d’animo. 9 Infatti, seppure sia l’espressione più facile e naturale, il sorriso può implicare una quantità di messaggi diversi, a differenza della paura, della tristezza o sorpresa che si manifestano in un unico modo. La differenza tra il ridere e il sorridere è qualcosa di profondo e d’importante. Il ridere è qualcosa di semplice e naturale. Non c’è sforzo nel gesto e qualsiasi persona a questo mondo lo fa come se fosse routine. Il riso è subdolo perché può nascondere un’infelicità di fondo, tristezza e insoddisfazione. Il ridere, ancora, è qualcosa di esteriore, di superficiale, un gesto che nasconde, che devia e che protegge. Il sorriso, invece, è interiore e profondo e si costruisce pian piano. Il sorriso ti accompagna anche quando non si vede in faccia; è uno stato mentale che agli occhi degli altri non ti fa nascondere. Il sorriso fa parte di te, del tuo essere. Chi ti guarda sa che stai sorridendo anche quando sei arrabbiato o triste. Sorridere vuol dire essere ottimista in ogni momento e significa stare in pace con se stessi. Non è semplice arrivare a questo stato mentale, ma chi ci arriva gode delle sue giornate, anche di quelle più brutte. La natura ha creato i muscoli del nostro volto per il sorriso e non per manifestare infelicità o scontento, e la gioia è l’emozione più pura e più schietta, e l’unico modo che c’è per esprimerla è attraverso il sorriso, che è il più universale dei linguaggi umani. “Sorridi anche se il tuo sorriso è triste,perché più triste di un sorriso triste c’è la tristezza di non saper sorridere”. -Jim Morrison- 10 1.3 IL RISO ED IL SORRISO NELL’INFANZIA Fin dai primi giorni di vita, è stata osservata nei bambini, la presenza del comportamento del sorriso; questo farebbe presumere che anche nel grembo materno si manifesti questo primo sorriso. Il sorriso che compare nella prima settimana di vita non è una risposta all’umorismo, ma è il risultato di un’attività spontanea del Sistema Nervoso Centrale durante il sonno. Dunque il sorriso si presenta spontaneamente in tutti i bambini e non viene appreso per imitazione. Nasce come reazione fisiologica per poi diventare un’espressione con intenti comunicativi. In questo senso il sorriso può essere considerato un comportamento tipico e distintivo della specie animale. Nel libro Humour, it’s origin and development (Freeman and C.San Francisco,1979), Mc Ghee afferma che il primo sorriso da sveglio appare alla fine del primo mese, ed è causato da una combinazione di voci e stimolazioni tattili. Nel secondo mese di vita, il sorriso si trasforma in un sorriso più aperto e si verifica in occasione di una maggiore varietà di eventi come suoni, forme, carezze, oggetti in movimento. Dal quarto mese, il sorriso acquista un’ulteriore maturazione, diventando non più o non solo una semplice reazione ad uno stimolo, ma una vera e propria espressione dell’individuo. Durante la conoscenza dell’ambiente e il riconoscimento degli oggetti, del proprio corpo e delle altre persone, il bambino utilizza sempre più il sorriso come linguaggio, rivolgendosi prima agli oggetti che ha intorno, come ad esempio le proprie mani, e poi alle altre persone, diventando a tutti gli effetti uno dei primi strumenti comunicativi. 11 Anche l’espressione in sé ormai non coinvolge più solo la bocca ma tutto il volto. Dopo i sei mesi, il sorriso diventa definitivamente una forma di socializzazione. 12 CAPITOLO 2 La clown terapia 13 2.1 CHE COS’E’ La clownterapia è il termine composto dall’unione di due parole chiave – clown+terapia- con cui si definisce un tipo di assistenza in ambiente sanitario. Con questo termine si indica l’applicazione di un insieme di tecniche derivate dal circo e dal teatro di strada in contesti di disagio (sociale o fisico), quali ospedali, case di riposo, case famiglia, orfanotrofi, centri diurni, centri di accoglienza etc. La clown terapia può essere utilizzata da clown-professionisti, da clownvolontari, da operatori sociali, da insegnanti, dal personale medico e paramedico, da educatori etc. E’ una metodica che incide profondamente sulle aspettative, sulle motivazioni e sui vissuti degli utenti e del personale: rende migliore la qualità della degenza dei ricoverati e ne facilita le cure ospedaliere, puntando all’ottimizzazione relazionale, all’umanizzazione e al miglioramento dell’efficienza della struttura. E’ inoltre un supporto fondamentale al percorso di cura, produce un sensibile miglioramento del clima nel quale si affrontano le terapie, stimola il sistema immunitario e svolge un’azione di sostegno agli interventi medico/farmacologici, riportando l’attenzione sui bisogni della persona e restituendo all’utente l’allegria sottratta dal ricovero. Anche la medicina ufficiale, negli anni 80, ha riscoperto gli effetti delle emozioni sul sistema immunitario, ed ha constatato che la felicità è contagiosa, e il riso apre le valvole dell’energia comunicativa. Il nostro corpo è in armonia quando siamo allegri , sereni, liberi, altrimenti inevitabilmente ci si ammala; il riso infatti riduce la secrezione di ormoni 14 da stress, come il cortisolo, e stimola la produzione di beta-endorfine, analgesici prodotti dall’organismo. Alcuni studi compiuti da ricercatori del gruppo internazionale Arise dimostrano che la comico-terapia contribuisce a favorire la salute fisica e mentale, facilita il processo di rilassamento e di protezione dallo stress e può agire come fattore di protezione per le malattie. La clown terapia è ormai utilizzata ampiamente in strutture ospedaliere, dove ci si è decisi a curare i pazienti e non la malattia. L’origine della clown terapia moderna si deve al dottor Hunter Adams (noto come Patch Adams). Egli iniziò a formulare una teoria sulla felicità partendo dall’esperienza negativa che l’ha visto protagonista quando era ancora un adolescente; infatti fu ricoverato in una clinica a causa di una forte depressione che lo stava conducendo lentamente al suicidio. 2.2 PERCHE’ RIDERE FA BENE La presenza dei clown in ospedale ha un effetto immediato sull’umore dei pazienti, ma non solo. E’ ormai dimostrato che diminuendo lo stress da paura e da sofferenza, si riduce sensibilmente anche il bisogno di farmaci. Ridere attiva tutte le parti del corpo umano: il cuore e la respirazione accelerano i loro ritmi, la pressione arteriosa diminuisce e i muscoli si rilassano. Anche la chimica del sangue si modifica, in quanto, tanto più la risata è esplosiva e spontanea, tanto più diminuisce la tensione e si manifesta una sensazione di liberazione che coinvolge tutti gli organi e le funzioni corporee. Tutto questo perché ridere stimola la produzione di beta-endorfine da parte delle ghiandole surrenali che producono cortisolo, un ormone che regola la 15 risposta allo stress. La loro peculiarità sta nella capacità di regolare l’umore. Esse vengono rilasciate in situazioni stressanti come forma di difesa, in modo da poter sopportare meglio il dolore, fisico o psicologico. E’ ormai provato che il buon umore e la fiducia rafforzano l’organismo aumentando le difese immunitarie, mentre stati depressivi favoriscono l’insorgere di malattie. La teoria secondo la quale il riso è un efficace strumento terapeutico fu messa in pratica per la prima volta da Norman Cousin, un giornalista americano che contrasse una malattia molto dolorosa, nota come Spondite Anchilosante, in cui la spina dorsale si immobilizza gradualmente e porta il paziente alla paralisi. Cousin ben presto si rese conto che la permanenza in ospedale peggiorava le sue condizioni invece di migliorarle; invece di continuare ad assumere i fortissimi analgesici prescritti dai medici, Cousin si trasferì in una camera d’albergo per intraprendere la sua cura personale noleggiando cassette di trasmissioni e film comici e scoprì che ogni volta che rideva, era come se prendesse un anestetico. Contemporaneamente alla terapia del riso, Cousin assumeva dosi massicce di vitamina C. Piano piano scoprì che il riso era in grado di ridurre l’infiammazione delle giunture e che stimolava la produzione di endorfine al cervello. Cousin così analizzò i risultati della sua cura del riso e scoprì che dieci minuti di risate di cuore potevano fornire un effetto anestetico della durata di due ore almeno. La guarigione di Cousin avvenne dopo circa un anno e dopo qualche tempo arrivò pure il riconoscimento di una validità scientifica. 16 “Una Risata può avere lo stesso effetto di un antidolorifico: entrambi agiscono sul sistema nervoso anestetizzando e convincendo il paziente che il dolore non ci sia”. -Patch Adams- 2.3 LA COMICO TERAPIA NELLE CORSIE D’OSPEDALE Per un essere umano, il ricovero e la degenza in ospedale sono quasi sempre causa di forte stress o comunque di disagio. Da qualche anno si parla sempre più spesso di ospedali a misura d’uomo, di strutture, cioè, in grado di rendere meno brusco il trauma del ricovero e più piacevole la permanenza attraverso attività d’intrattenimento, ludiche e d’animazione. Quindi, come risulta da esperienze e studi condotti in America negli anni ’80, è proprio vero che la risata aiuta a guarire più in fretta. Spiega il celebre Patch Adams, che ci sono migliaia di studi, di documenti, di ricerche, che dimostrano l’enorme importanza dell’umorismo per la salute. L’umorismo può infatti svolgere un’efficace funzione di anestetico naturale, permette di accorciare le distanze fra medico e paziente e consente di entrare più velocemente in empatia, scopi principali del delicatissimo e profondo lavoro di Adams. Così, nel rispetto dei diritti dell’uomo, in ospedale si rendono necessari spazi adeguatamente attrezzati con giochi e pupazzi, stanze colorate al posto di fredde corsie, clowns o animatori. Infatti, pagliacci, artisti e burattinai, secondo la ricerca, risultano essere di grande aiuto nella cura delle malattie in quanto attenuano lo stress e riducono il bisogno di farmaci. 17 La clown terapia, dunque, è ormai utilizzata ampiamente in molte strutture ospedaliere, dove finalmente ci si è decisi a curare i pazienti e non la malattia, migliorando la qualità di vita anziché prevenire la morte. 2.4 GLI OBIETTIVI DEL CLOWN IN CORSIA Il ruolo del Clown-Dottore può essere svolto da un operatore sociosanitario professionale, ma anche più semplicemente da volontari o da membri del personale medico, che sfruttando le arti del clown (umorismo, improvvisazione teatrale, marionette, musica etc.) riescono a migliorare la degenza dei ricoverati, permettendo al degente di inserirsi più serenamente nel contesto ospedaliero. Essi, a seconda del contesto, possono effettuare comico terapia passiva (far ridere) o attiva (essere stimolatore di produzione comico/umoristica da parte dei suoi interlocutori). 18 Il clown trasforma, quindi, il reparto o la camera d’ospedale, cornici fredde e distaccate dove vivono i pazienti, in un ambiente magico, in cui la risata si fa strumento di gioia e sicurezza, incoraggiando al dialogo, quale forma essenziale di interazione e legami. Inoltre prova a stabilire con gli spettatori un rapporto umano di fiducia e confidenza, capace di far dimenticar la quotidianità della vita ospedaliera, a profitto della fantasia e dell’immaginazione. L’importanza di questa figura non si esaurisce nella figura del paziente, bensì si estende a tutta la sua famiglia, proprio perché i miglioramenti del malato vengono vissuti e condivisi anche da coloro che lo circondano con amore e affetto. Il Clown Dottore, oltre ad avere una predisposizione al riso e all’allegria, nella sua formazione riceve, oltre alle tecniche artistiche, delle nozioni di psicologia in modo da essere in grado di poter rendere il proprio intervento il più mirato possibile a seconda del paziente. Inoltre, i Clown Dottori, con il loro camice per così dire “trasgressivo”, effettuano in genere un giro di visite nelle stanze, instaurando con i pazienti un rapporto diretto o, come si suol dire, ”faccia a faccia”. Nel loro intento è sempre presente trovare una “metafora terapeutica”che permetta un cambiamento delle emozioni negative in positive. Ogni intervento è, perciò, personalizzato, adattato ogni volta al target con il quale ci si vuole relazionare. Il clown, inoltre, agendo in un luogo di disagio quale, ad esempio, un ospedale, porta con sé un mondo magico, il mondo del circo con le sue meraviglie e la sua fantasia e, così come accade al circo, allo stesso modo l’intervento di un clown può trasportare in un’atmosfera di gioia, buon umore e risate chi soffre un disagio. 19 L’obiettivo dunque è quello di permettere al bambino o adulto ospedalizzato, di evadere dalla realtà dell’ambiente in cui sta soggiornando, facendogli così ritrovare dei punti di riferimento e di calore umano, attraverso il colore, la musica, la magia e l’umorismo. “Godete sempre dell’allegria” (S.Paolo Lettera ai Filippesi) 20 CAPITOLO 3 Lo Humor 21 3.1 TEORIA E MODELLI DELL’UMORISMO L’umorismo è la capacità intelligente e sottile di rilevare e rappresentare l’aspetto comico della realtà. Da sempre la curiosità degli studiosi ha toccato questo tema e a partire dagli anni ’70 l’attenzione dei ricercatori sul tema dell’umorismo si è fatta seria e costante. Qui di seguito riporto alcune teorie sul riso tratte da diversi pensatori. PLATONE: Nel dialogo “Febo o del Piacere”, Platone osservò che il riso comporta una mescolanza di sentimenti positivi e sentimenti negativi, di piacere e dolore. Vi è piacere perché si gode dell’ignoranza, dei difetti o dei mali altrui; vi è dolore perché l’individuo, che ride per queste ragioni, mostra di possedere sentimenti bassi e malevoli. Nella “Repubblica”, Platone osserva che il riso eccessivo è segno di un grande turbamento d’animo e sostiene che non bisogna consentire agli uomini di provare serietà, ed in particolare gli uomini saggi ed illustri non devono lasciarsi andare a pianti e lamenti di fronte a disgrazie, debolezze e viltà. ARISTOTELE: Nel secondo libro della Poetica, Aristotele trattava della commedia del riso e del ridicolo, secondo cui il ridicolo è ciò che è brutto e deforme, ma questo non comporta dolore né danno. Nel libro IV dell’etica Nicomachea, Aristotele delinea anche una sorta di “morale del ridere”, mettendo in luce l’importanza che ha, anche nel riso, l’evitamento degli eccessi: nel giudizio Aristotelico, ridere troppo è riprovevole e sgradevole, ma non ridere mai è indice di un carattere rigido e rozzo. 22 CICERONE: Nel libro De Oratore, Cicerone ha parlato anche del riso. Gli interrogativi affrontati riguardavano il vantaggio per un oratore nel suscitare il riso, quali sono i generi del ridicolo e in cosa consiste e da dove deriva il riso: Cicerone sosteneva che la causa del riso consiste in una certa bruttezza e deformità, che però non devono diventare eccessive, altrimenti una grande malvagità o una grande miseria, anche se messe in burla, non fanno ridere. BERGSON:Nel saggio Il Riso, Bergson apre la sua riflessione con una serie di considerazioni generali sul comico: innanzitutto nota che << Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano >>. Anche quando l’oggetto del comico non è una persona, tuttavia ciò che suscita il riso è un aspetto di quell’oggetto o animale che richiama alla mente atteggiamenti e situazioni umane. In particolare Bergson vede il comico come una sorta di “castigo sociale” con cui la comunità (intesa come specie) individua, respinge e corregge una serie di comportamenti percepiti come contrari allo “slancio vitale” con cui si identifica la vita stessa. FREUD: Ne Il Motto di Spirito (1905), Freud mira a descrivere i meccanismi psichici che sono alla base dell’umorismo (meccanismi che Freud allaccia alla teoria psicoanalitica). Lo studio si limita inoltre alle manifestazioni verbali del comico. Quest’ultimo è visto come meccanismo comunicativo che permette al soggetto di esprimere i contenuti dell’inconscio, solitamente repressi, in modo non traumatico o aggressivo per l’interlocutore. 23 La capacità di far passare questi contenuti (riconducibili all’istinto sessuale e all’aggressività) eludendo la censura del Super-io, è resa possibile da un lavoro che il soggetto inconsapevolmente attua al fine di mascherare questa carica psichica all’interno del motto di spirito. Il piacere associato al riso dunque è riconducibile proprio a questo risparmio di energia psichica: non solo il soggetto è riuscito a comunicare al suo interlocutore la propria carica psichica, ma è riuscito a farlo evitando gli effetti penosi che avrebbero turbato la comunicazione qualora la censura del Super-io fosse stata violata apertamente. SCHOPENHAUER: Nei suoi scritti Schopenhauer descrive l’umorismo, l’ironia e lo scherzo. Lo scherzo è definito come il “il ridicolo intenzionale” e risulta dal cercare di produrre una discrepanza tra i concetti degli altri e la realtà, scompigliando uno di questi due termini. Se lo scherzo si nasconde dietro la serietà, si ha l’ironia, e se la serità si nasconde dietro lo scherzo, si ha l’umorismo: quindi mentre l’ironia comincia con un’aria seria e termina ridendo, l’umorismo fa il percorso inverso. 3.2 RAGIONANDO CON HUMOR L’umorismo è una dote rara e preziosa. A renderlo così diverso è il fatto che anch’esso come la comicità, nasce da meccanismi inconsci che hanno l’effetto liberatorio di sciogliere le tensioni. Esso non serve a negare aspetti del nostro mondo interiore, coprendoli di ridicolo, ma a trasformare le emozioni negative prodotte dal mondo esterno, dall’ambiente. 24 Si può così assumere un atteggiamento amabile, consolatorio verso se stessi. Ed è proprio questa “affabilità” la caratteristica essenziale dell’umorismo. Senza quest’atteggiamento bonario, consolatorio, rischia infatti di trasformarsi in un’arma pericolosa, distruttiva ossia il Sarcasmo, che può essere utilizzato non solo contro gli altri, ma anche verso se stessi. Un sano umorismo è quindi una dote quasi innata, la si può imparare nel corso dell’infanzia, basta che in famiglia ci sia almeno una persona che la possiede. Abbiamo bisogno di ridere come di respirare, si tratta di una componente indispensabile della nostra vita quotidiana perché un po’ come le lacrime, il riso ha il compito prezioso di eliminare continuamente dal cervello il cumulo di scorie lasciate dai pensieri, di spazzar via i residui ingombranti di una mente sempre piena. E’ fondamentale trovare il divertente anche in qualcosa che in origine non lo è. Lasciare andare qualcosa che è successo ed essere disposti a trovare eventi e fatti che vi richiamino la risata. Ci si dovrebbe impegnare a lasciare andare le piccole cose, questo permetterà di vedere l’umorismo a trecentosessanta gradi. Inoltre desiderare di aumentare e di fare emergere la propria immagine aiuterebbe a vivere meglio e in allegria. Ridere aiuta a far emergere il lato umano di ognuno di noi. Nasce da qui l’idea della comico-terapia e dei clown nelle corsie degli ospedali, che abbreviano le degenze e riducono l’utilizzo dei farmaci. Saper ridere è il primo farmaco di cui, nella vita, dovremmo sempre disporre. 25 “Quelle che sanno apprezzare il comico, si palesano come nature superiori…. Saldi e sicuri in se stessi, contro ogni insuccesso e perdita”. -Hegel- 26 CAPITOLO 4 Patch Adams 27 4.1 LA FILOSOFIA E I PROGETTI DI PACH ADAMS Patch Adams è un medico statunitense, generalmente riconosciuto come l’ideatore di una terapia olistica molto particolare, quella del sorriso, nota come Clownterapia. Dopo una serie di dolorose esperienze che coinvolsero la sua vita, pensò di togliersi la vita. Ma il desiderio della morte non era poi così tanto maturo, tanto da decidere di ricoverarsi spontaneamente nel reparto psichiatrico di Fairfax. Dopo un soggiorno di due settimane, la guarigione ma soprattutto la sua apertura alla vita furono dovute non tanto ai medici, quanto alla famiglia, agli amici e soprattutto all’incontro con Rudy, suo compagno di stanza, sofferente di una solitudine che egli non avrebbe mai sognato potesse esistere e che al confronto faceva sembrare futile il suo dolore. Comprese di essere sempre stato circondato dall’amore, ma che non aveva lasciato che questo influisse su di lui. Comprese anche che le persone supposte “pazze” rispondevano semplicemente alla complessività della vita con paura, rabbia, tristezza e disperazione e che avevano solo bisogno di amore e di attenzione. Per la prima volta, per un caso fortuito, si rese conto di essere in grado di aiutare chi soffre senza ricorrere ai farmaci, ma semplicemente ricorrendo a terapie ludiche. Fece superare a Rudy la sua fobia per gli scoiattoli, che addirittura non gli permetteva di andare in bagno, improvvisando una guerra immaginaria contro “quelle tremende bestioline”. Ecco quindi che il sorriso, la spensieratezza rappresentano la ricetta più genuina per iniziare un processo di guarigione molto più efficace di qualsiasi terapia accreditata dalle riviste scientifiche più note, ma spesso mal sopportate dal paziente. 28 Era importante, quindi, creare in primis un rapporto medico-paziente basato sull’allegria e la complicità. Dopo aver lasciato l’ospedale, decise di iscriversi alla facoltà di medicina presso il Medical College in Virginia per il suo desiderio di “servire” e di cambiare il mondo. La sua divenne una vocazione, una missione proiettata verso il prossimo che stravolse un’intera istituzione storica. Furono, infatti, anni difficili perché l’ambiente accademico rigoroso di quel tempo, non accettava il modo rivoluzionario con cui Patch intendeva curare i pazienti; si infiltrava tra i reparti senza alcuna autorizzazione già dal primo anno di università (pratica riservata solo agli studenti dal terzo anno di medicina) per stare vicino a dei malati terminali o bambini in gravi condizioni di salute, presentandosi sempre in modo comico e originale. Tale concezione però stravolse alcuni dei concetti cardine della medicina occidentale moderna, rendendo Patch Adams un personaggio rivoluzionario e scomodo che si contrapponeva, in maniera forte, alla medicina tradizionale. Venne accusato di “troppa allegria” e minacciato di espulsione. Di fronte alla commissione che doveva giudicare il suo caso, Patch Adams pronunciò un discorso che lo ha reso celebre per i suoi contenuti e ispiratore di molte teorie di medicina olistica. Ottenne così la laurea nel 1971. Dopo la laurea lavorò all’ospedale della Georgetown University e animato dalla volontà di mettere in pratica le sue teorie mediche alternative, Patch Adams trasformò la casa in cui viveva in una clinica aperta a chi soffre. Assieme a un gruppo di volontari riuscì, in dieci anni, a prestare cure gratuite a circa 15000 malati senza chiedere compensi in denaro o di altra natura perché convinti che la guarigione doveva essere un interscambio 29 umano amorevole e non una transazione commerciale, affermando che la medicina è uno scambio d’amore e non un business. Dichiarò inoltre in un’intervista che l’antitodo a tutti i mali è l’umorismo. Poco dopo, nel 1977, comprò un terreno nel North Carolina, dove progettò di costruire una clinica vera e propria e a questo scopo fondò il Gesundheit Institute (che in tedesco Gesundheit significa “salute”). “Se sono socievole e amichevole (e questa è la mia intenzione) non è perché amo le persone ma perché voglio un mondo senza violenza. Allora una parte dell’essere amico di tutti consiste nel sorridere…” -Patch Adams- 4.2 IL GESUNDHEIT ISTITUTE Si trattava di un progetto ambizioso, pensato come una comunità per la libera assistenza sanitaria su un terreno in West Virginia (Pocahontas Country) basato su alcuni obiettivi bn precisi: trasformare la tradizionale distinzione tra medico e paziente creando un centro per malati gravi con quaranta letti per i pazienti e una casa per quaranta sanitari a tempo pieno con le loro famiglie; prendersi cura del personale sanitario in modo da creare un centro senza esaurimenti dovuti a troppo lavoro; integrare le cure mediche con l’agricoltura, l’ambiente naturale, le arti e i mestieri, il teatro, la musica, la ricreazione, l’educazione, i servizi sociali, l’amicizia e il divertimento; insegnare ai pazienti la cura preventiva e la responsabilità personale nel mantenersi in salute; creare, ancora, un istituto di 30 insegnamento per i professionisti del settore, dagli studenti in medicina agli amministratori in ospedale; avere trenta letti per volontari a breve termine e per professionisti partecipanti a tirocini di aggiornamento o approfondimento; massimizzare la salute e la felicità di tutti quelli che sono al Gesundheit sia di quelli che ricevono le cure, sia di quelli che le forniscono; creare un clima di speranza e la possibilità di cambiamento. La “ricetta Adams” dunque si basa su una combinazione intelligente e dotta di umorismo e divertimento, che rappresentano, secondo lui, “ingredienti” essenziali per la guarigione fisica e mentale del paziente. L’obiettivo di Patch è quello di creare un’esperienza che permetta ad ogni persona che si avvicina in cerca di aiuto, per quanto triste, abbandonata, arrabbiata o piena di dolore, di avvicinarsi alla natura, al divertimento o a Dio e seguire i propri sogni: la meraviglia e la curiosità come la creatività saranno incoraggiate nello staff e in ogni persona che farà visita. Allo stesso modo i pazienti saranno incoraggiati ad esprimersi in qualsiasi forma artistica scelgano, e ognuno di loro avrà innumerevoli occasioni per trovare modi di aiutare gli altri. La scelta della terapia dipenderà dal paziente, ma prima ci si sforzerà di far conoscere ogni approccio in modo che le scelte individuali emergano da un’analisi dell’intero sistema. La paura, insegna Patch, non è la base su cui praticare la medicina perché impedisce a molti professionisti di praticare e di dare consigli quando necessario o a tentare nuove terapie. Inibisce l’intuizione, inducendo molti medici a prescrivere trattamenti standardizzati per evitare pericoli e non lascia spazio alla creatività. Se i medici non possono commettere errori, aggiunge, devono essere considerati perfetti. Nella pratica medica, però, 31 con tutte le sue imperfezioni, un dottore deve aspettarsi di fare errori e a volte persino di curare la morte. A tal proposito Patch intende sottolineare che i pazienti non devono vivere in modo passivo la loro salute: << La salute è responsabilità di ogni singolo individuo. La maggior parte dei problemi ha componenti importanti nello stile di vita. Il medico viene chiamato in causa quando ormai è stato raggiunto un certo livello di danno. Ecco perché al Gesundheit abbiamo un cartello che recita: PER FAVORE VIVETE UNA VITA SANA; LA MEDICINA E’ UNA SCIENZA IMPERFETTA >>. Il Gesundheit Istitute è una struttura sanitaria alternativa, un esperimento nella medicina olistica, basata sulla potente connessione tra ambiente e benessere e sulla convinzione che non si possa separare la salute dell’individuo da quella della famiglia, della comunità e del mondo: un Ospedale, centro di salute gratuito, concepito come una casa aperta a tutti. Gli obiettivi, dunque, del Gesundheit Institute sono sostenere l’amicizia a livello individuale, costruire una comunità a livello sociale più estesa e creare amicizie molto salde basate sulla fede, il divertimento e la generosità. Secondo il suo fondatore, Patch Adams, tale atteggiamento è terapeutico e necessario, se si vuole vivere in una società più sana. All’ingresso dell’Ospedale si può leggere una celebre frase che recita: << Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie, ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione. La Salute si basa sulla felicità, dall’abbracciarsi e fare il pagliaccio al trovare 32 la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazione nel lavoro e l’estasi nella natura delle arti >>. 4.3 IL PRENDERSI CURA E IL CURARE Da alcuni anni, nella letteratura riguardante l’assistenza dei malati, ma anche in quella relativa al rapporto tra le persone, si parla dell’importanza di operare il passaggio dal curare al prendersi cura. Si tratta di un movimento spirituale che trova la sua origine in una visione dell’uomo più attenta a tutte le dimensioni del suo essere. Ma a che cosa ci si riferisce quando si parla di curare e di prendersi cura? La parola cura si riferisce alla rimozione della causa di un disturbo o di una malattia. Da questo punto di vista, la cura dà al paziente l’opportunità di ripristinare lo stesso stato di salute goduto prima dell’insorgere della malattia, se non uno addirittura migliore. La possibilità di curare in questo senso è garantita solo dalla medicina scientifica, cioè da quelle modalità terapeutiche efficaci che permettono all’operatore sanitario di curare da un punto di vista esclusivamente tecnico. L’espressione prendersi cura, invece, esprime il coinvolgimento personale dell’operatore sanitario con la persona che soffre, coinvolgimento che si esprime attraverso la compassione, la premura, l’incoraggiamento e il sostegno emotivo. Nella storia dell’assistenza sanitaria questi due concetti hanno conosciuto vari destini. Nell’era prescientifica della medicina, prevaleva il prendersi cura. 33 La guarigione, se si verificava, risultava essenzialmente dalla capacità di ripresa dell’organismo del malato e dalla compassione, dalla premura, dall’incoraggiamento e dal sostegno del medico stesso. Con l’avvento della medicina scientifica, la cura del malato tende ad essere affidata quasi esclusivamente alla tecnica, mentre si affievolisce l’attenzione al malato nella sua totalità. In questi ultimi tempi, si assiste all’emergere dell’esigenza di integrare i due aspetti dell’assistenza, il curare e il prendersi cura. In un libro significativo, scritto agli inizi degli anni 80, “In a different voice”, l’americana Carol Gilligan, esprime in una maniera molto significativa l’esigenza di tale sintesi. La voce diversa di cui parla l’autrice è costituita, nel mondo della salute, dall’accostarsi alle persone con un atteggiamento di partecipazione piuttosto che di distacco, di sintonia e di compassione piuttosto che di razionalità astratta. Una voce che ribadisce la primarietà della persona, la sua singolarità, in quanto chiede di essere presa in considerazione per se stessa. Per raggiungere questo obiettivo, dunque, occorre entrare in sintonia con il malato e i suoi famigliari con quell’atteggiamento che si chiama ascolto empatico. La nuova medicina, comincia dall’ascolto, che consente di stabilire chi è la persona che deve essere curata, qual è il suo mondo morale, come articola la ricerca della felicità, quali sono le sue preferenze, qual è la buona vita e la buona morte per questo singolo individuo. Un interrogativo sorge a questo punto: come appropriarsi di quegli atteggiamenti necessari per integrare curare e prendersi cura? 34 Uno dei mezzi per raggiungere tale obiettivo è costituito dal prendere coscienza, accettare e integrare gli aspetti negativi della propria esperienza, conseguenze della condizione umana finita. Si tratta di quella dimensione notturna della vita, che comprende la sofferenza, la malattia, la morte. Tale integrazione consente di raggiungere quella libertà interiore necessaria per avvicinarsi a chi ha bisogno di aiuto senza resistenze e pregiudizi. Essa è frutto di una progressiva conoscenza e possesso di se stessi. L’atteggiamento assunto di fronte alla propria esperienza del soffrire condiziona inevitabilmente il rapporto con la persona malata. Chi si difende in maniera irrealistica dalla realtà della sofferenza, rimuovendola, negandola o razionalizzandola, non può essere libero nel suo avvicinarsi a chi soffre. La visione dei segni del male nel corpo e spesso nella psiche del malato, infatti, susciterà nel suo spirito, molte volte inconsapevolmente, delle reazioni difensive che limitano l’efficacia della relazione, generando distanza e dando vita a sentimenti di repulsione o di commiserazione. Il medico che “prende in cura” l’ammalato nella sua totalità, rendendolo partecipe della situazione in generale, dunque, è il tuo punto di riferimento. E’ quindi importante, stabilire un rapporto umano, di fiducia, ricevere un sorriso e anche un rimprovero all’occorrenza e questo farà si che la cura sia efficace, perché non c’è cura senza cuore. Il malato deve essere curato e anche preso in cura, sia dal medico che dalla famiglia. 35 La differenza vera è che nel “prendersi cura” ci mettiamo Amore, perché l’amore è ciò che ci fa vivere, l’Amore per ogni creatura, perché ogni creatura è una creatura di Dio. Tutti noi abbiamo bisogno di amare e di essere amati. Ogni nostro atto deve diventare un atto d’Amore, anche il più semplice od umile. “Quando curi una malattia puoi vincere o perdere…. Quando ti prendi cura di una persona puoi solo vincere”. -Patch Adams- 36 CONCLUSIONI 37 Alla luce di quanto esposto in questa breve dissertazione e scusandomi dell’inevitabile superficialità nell’affrontare un argomento così vasto, concluderei affermando che è importante incominciare col ridere di più, perché ridere fa bene, anzi fa benissimo. Lo dicevano già i nostri nonni e lo confermano ora gli scienziati: le persone allegre e ottimiste vivono più a lungo, e soprattutto vivono meglio. Gli studi riportati in questa dissertazione, infatti, dimostrano come la felicità sia contagiosa e come il riso apre le valvole dell’energia comunicativa. Importante, dunque, stimolare e incoraggiare quel nostro “bambino interiore”, vivo e creativo. “Il piacere è importante per la nostra salute sotto tre aspetti” dichiara il professor Warburton, coordinatore dell’Arise: “Primo: può contribuire a favorire la salute fisica e mentale. Secondo: può facilitare il processo di rilassamento e proteggere dallo stress, ovvero svolgere una funzione di antidoto. Terzo: può agire come un fattore di protezione dalle malattie, proprio come un vaccino”. La comico terapia è ormai utilizzata ampiamente in molte strutture ospedaliere, dove finalmente si è decisi a curare i pazienti e non la malattia. Ho parlato del medico-clown americano Patch Adams che da trent’anni diffonde la clown terapia nel mondo, il quale sostiene che l’umorismo può infatti svolgere un’efficace funzione di anestetico naturale e permette di accorciare le distanze fra medico e paziente consentendo di entrare più velocemente in empatia. 38 Abbiamo visto che una persona spiritosa, attraverso la capacità di vedere il lato buffo delle cose, ci offre la possibilità di osservarle da un punto di vista diverso, rispetto ai nostri riferimenti educativi e culturali, stimolandoci a non prenderci troppo sul serio e a sdrammatizzare gli accadimenti. In conclusione desidero evidenziare che l’allegria è un’ottima valvola di sfogo per ansie e frustrazioni. La mia speranza è che la clown terapia, il riso come strumento di unione e fratellanza, si diffonda a macchia d’olio e sia un mezzo per promuovere la pace tra gli uomini. Grazie per avermi letto fin qui. Serena Striano. 39 Un sorriso Non costa nulla e produce molto. Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante, ma nel ricordo può essere eterno. Nessuno è così ricco da poterne fare a meno, e nessuno è così povero da non meritarlo. Creatore di felicità in casa, negli affari è sostegno: è il segno sensibile dell’amicizia profonda. Un sorriso dà riposo alla stanchezza, allo scoraggiamento: nella tristezza è consolazione. Rinnova il coraggi, poiché è l’antidoto naturale alle nostre pene. E’ un bene che non si può comprare, né prestare, né rubare, poiché ha valore nell’istante in cui esiste. E se poi incontrerete chi l’aspettato sorriso a voi non dona, siate generosi e date il vostro, perché nessuno ne ha tanto bisogno come chi non sa darlo. 40 BIBLIOGRAFIA 41 1) Bettelheim, Bruno, Il mondo incantato, Feltrinelli, Milano, 1977. 2) Carta di Leida - Carta europea dei bambini degenti in ospedale, «Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea», 16 giugno 1986. 3) De Marinis, Marco, Mimo e Mimi, parole e immagini per un genere teatrale del Novecento, La Casa Usher, Firenze, 1980. 4) Laterza, Maria, C'era una volta un piccolo cervo, arterapia infantile, Laterza Edizioni della Libreria, Bari, 1998. 5) Miller, P.H., Teorie dello sviluppo psicologico, Il Mulino, Bologna, 1992. 6) Warren, B. (a cura di), Arteterapia in educazione e riabilitazione, Erickson, Trento, 1995. 42 Ringraziamenti Ringrazio in primo luogo il prof. Giovanni Lerro che con la sua collaborazione e disponibilità ha reso possibile la realizzazione del presente elaborato. Ringrazio, poi, le persone a me più care, ossia i miei genitori, che in questi anni mi hanno sostenuto economicamente facendo sacrifici, dandomi la carica e l’affetto necessario per poter raggiungere questo primo traguardo. Ringrazio, ancora, i miei amici, che mi hanno accompagnato in questo percorso con affetto e rendendosi sempre disponibili. Infine ringrazio tutti i professori e le persone che ho incontrato in questo lungo percorso e che hanno reso possibile la mia formazione. Serena Striano 43