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E sali e scendi e copriti e scopriti
Ha comprato un’Harley Davidson Oddio, che ha fatto? Ha comprato un’Harley Davidson, un cancello con le ruote. Non farò più parte del mondo Ducati, non sentirò mai più la dolce sinfonia della campana aperta, le Termignoni bucate dai tanti chilometri percorsi, che nulla hanno da invidiare ai quei tubi che gli altri osano chiamare marmitte. Non riesco a trattenere una lacrimuccia, la nostra mula blu metallizzata, la Ducati, la nostra ST4, la dolce compagna di mille viaggi l’ha proprio venduta. Non c’è più. Buffo vedere un uomo di 50 anni, che si commuove pensando alla sua moto, fosse stata la prima ci può stare, ma la Ducati è stata l’ultima di 1000 altre prima di finire con le chiappe sull’Harley Davidson. Mao, laureato in economia e commercio, alto un metro e 90, due benne al posto delle mani, perennemente in giacca e cravatta, con le iniziali ricamate sulla camicia, vedermelo ora seduto sulla Fat Bob, in jeans e t-shirt, mi sembra di vederlo a cavallo di un pony! Troppo piccola e troppo bassa per lui questa moto, ma le Harley per lui devono essere nude, dei veri ferri. Inutile cercare di capirlo. Per me è diverso, l’Harley è arrivata giusta con i miei primi 40 anni, il mio primo giro di boa… Ne hanno voglia tutti di continuare a dire che è una rinascita per la donna, che i 40 anni sono una seconda vita, ecc… Per me sono solo l’inizio della vecchiaia e l’Harley era un segno intangibile del mio pensiero. Ecco, sono pronta, salgo per la prima volta su questa cosa, una Fat Bob, pronta per il mio primo giro su questa moto, ma un momento, dove mi attacco? Le mani non ci arrivano al serbatoio, dietro non c’è nulla, non esiste che mi attacchi a Maurizio per tutto il viaggio come se fossi una Desperate Housewife, e se frena? Insopportabile scontrarsi con i caschi ad ogni minima frenata. Vogliamo parlare poi dell’impossibilità di fare l’accenno ad una piccola piega? Paura, brividi, sudore, non si può più piegare, ad ogni curva ecco che le pedaline o la marmitta immancabilmente grattano l’asfalto. Cazzo ma che moto, altro che cancello con le ruote, peggio!!! Il tragitto è breve, solo 20 km per arrivare in concessionaria, Mao deve ordinare le nuove marmitte, perché con le originali la moto ha un rumore pari a quello di un asciugacapelli e lui ama ricordare che il rumore delle marmitte salva la vita, perché se gli automobilisti non ti vedono, almeno ti sentono. Arriviamo e veniamo accolti da uno spilungone di due metri, magrissimo, se non fosse per i capelli arruffati che creano gioco alla figura, sembrerebbe una tavola da surf, si presenta come Viga con la V ed inizia a spiegarci in maniera molto gentile, come se ci conoscessimo da una vita, il mondo Harley, più che altro il mondo del Chapter del quale vengo a sapere dopo, lui è il Director. Dopo tutta una spiegazione dettagliata del Viga, decantando viaggi, raduni, rune e ride, come non iscriversi al Chapter? Non sapevo ancora esattamente di cosa si trattasse, avevo capito che era un Moto Club riservato alle Harley Davidson, che avrebbe organizzato viaggi ed eventi, ma che roba fossero l’HOG, il Road Capitan, il Dealer, Director e tutte le altre cariche, boh, sarà mica una caserma!? Restando comunque sempre fermamente convinta, che nulla di quello che ci è stato descritto, poteva minimamente avvicinarsi al fantastico raduno wdw di Misano organizzato dalla Ducati, ci iscriviamo comunque al Chapter. Per non farci mancare nulla, io e Mao ci iscriviamo subito anche ad un RUN, un week end in gruppo era l’ideale per conoscere i nuovi futuri compagni di viaggio. Beh c’è da dire che a differenza dal mondo Ducati, qui si è sempre in compagnia, prima si era sempre soli. Tutti i mercoledì sera, come spiegatoci dal Director, il Chapter si ritrova al bar della concessionaria per un aperitivo e da lì poi si parte, a seconda delle voglie o delle condizioni meteo, per un piccolo giretto finendo immancabilmente con le gambe sotto il tavolo. La fortuna di Brescia è la sua posizione, è circondata da monti e laghi stupendi, panorami ai quali ormai noi siamo abituati, ma sono veramente belli ed ogni volta meritano di essere percorsi e visti. Il lago di Garda, d’Iseo, d’Idro e i monti che li circondano sono un vero spettacolo, soprattutto le infinite strade da percorrere in moto per poter raggiungere queste mete, c’è da dire che il Viga, scopro nei mesi successivi di frequentazione del Chapter, opta per il 99,99% delle volte, per il lago di Garda e se per sbaglio si finisce sulla sponda veronese, ecco che ci tocca arrivare a Torri del Benaco per prendere il traghetto e sbarcare a Toscolano Maderno. E’ talmente fissato con il traghetto che m’è venuto persino il pensiero che fosse azionista della Gestione Navigazione Laghi. «Dai Becca, non fare la solita malcagata, saluta e sorridi che non ti costa nulla.» «Mmmmh che palle Mao, fammi scendere almeno dalla moto non rompere!» Devo ammettere che c’ho tenuto un po’ prima di legare con qualcuno, un po’ per il mio carattere, chiusa e un po’ diffidente da tutto ciò che è nuovo, un po’ perché continuavo a restare sconvolta da alcune persone che vedevo in concessionaria, ma soprattutto da come quest’ultimi conciavano la loro moto e non volevo assolutamente far parte di quel mondo di tamarri. Borchie e frange indiane, polli di plastica attaccati alle moto, manubri improponibili, moto inguidabili, oddio mi sentivo morire, ma come si fa a rovinare una moto così, spendendoci pure parecchi soldi, come se non fosse costata già abbastanza comprarla originale?! Masochismo? Gusto per l’orrido? Mah!? Per me resterà sempre un mistero. Finalmente posso prepararmi una sacca come dio comanda. Per un solo week end, posso portarmi due costumi, scarpe per la sera, ciabatte, 2 paia di pantaloni e 2 top, intimo a go-go, non mi sembra vero, forse a ripensarci l’Harley non è poi così male, soprattutto ora con il sissy bar che Mao, con suo sommo dispiacere ha fatto montare sulla Fat Bob solo per farmi stare più comoda. E’ scontato che lui avrebbe lasciato la moto nuda e pura, per lui la moto è mono-sella da sempre, figuriamoci vedersela ora con sissy-bar! Va beh, ma io ci sono, quindi mi tiene con moto o senza moto! Sabato mattina ore 9:30, ritrovo in concessionario e partenza per il run, destinazione Riccione e caso vuole che il nostro Run di giugno 2010, coincida proprio con il WDW a Misano. Pronti via, tutti belli in fila per 2, si parte per Riccione. Sono felice, è la prima volta che faccio un tragitto in compagnia di così tante moto, quando avevamo la Ducati giravamo quasi sempre soli, al massimo con 2 altre coppie di amici di cui uno con la BMW ed un altro con un Transalp. Pian piano le moto iniziano ad uscire dal piazzale della concessionaria immettendosi sulla strada, un Road Capitan si blocca in mezzo alla carreggiata fermando il traffico, Mao aspetta a partire, vuol stare negli ultimi posti della fila, non ama sentirsi infognato in mezzo al gruppo, forse memore di un incidente capitato al fratello, che a causa d’una insignificante caduta un biker, non vedendolo in terra, gli ha schiacciato entrambe le gambe ovviamente rompendogliele con il dolce peso di un’ Harley di 400 chili, obbligandolo a stare nel letto con gli arti in trazione per ben 3 mesi. Entriamo in autostrada, velocità di crociera 100 km/h, dopo due ore non ce la facevo più. Tra il caldo dell’asfalto, il caldo del motore, il sole a picco sul casco, stavo lentamente morendo, ormai avevo provato ogni forma di cottura. Arrosto, lessata, grigliata, flambè … «Mao, ma perché vanno così piano? Non resisto più, sto morendo.» «Non possono andare più forte se vogliono tener unito il gruppo.» «Ok, ma io sto veramente morendo e ne ho piene le palle di stare in autostrada, accelera, tanto il nome dell’hotel lo sai, li aspettiamo là» «Cazzo Becca, ragionassero tutti come te, il Chapter non ha più senso d’ esistere» «Pota, va bene, ma che palle però, mica ho fatto un patto di sangue con loro, li ho pure pagati» Finalmente si esce dall’autostrada per raggiungere la prima tappa, un locale dove poter mangiare ma soprattutto, considerando il caldo torrido di quel giorno, bere. Usciamo a Campogagliano, non sono certo le curve che sogna un qualsiasi biker, né la strada dei desideri, ma almeno s’è spezzata un po’ la monotonia dell’autostrada. A San Giovanni Persiceto finalmente ci fermiamo, scendiamo velocemente dalle moto e in maniera ancor più rapida ci leviamo casco e giubbini. Seduta a tavola e cosa più importante all’ombra a godermi l’aria condizionata dentro il ristorante, mi complimento con un membro del direttivo che avevo già conosciuto sulle piste da sci di Pinzolo l’inverno precedente, Andy. Non sto facendo del sarcasmo, i complimenti son sinceri, ho apprezzato molto l’organizzazione impeccabile nel bloccare il traffico ad ogni incrocio e rotonda, per non far separare il gruppo e tenerci ben compatti, considerando soprattutto che non eravamo poche moto. Saziati ma soprattutto reidratati, ripartiamo per Riccione attraversando vari paesini dell’Emilia Romagna, bè, pessima idea, niente di più sbagliato! Se prima stavamo morendo dal caldo in autostrada andando a 100 km/h, ora in mezzo a quei paesini pieni di speed-check che c’imponevano un’andatura ridotta, dove perfino una bicicletta avrebbe potuto sorpassarci sverniciandoci, le probabilità di cadere a terra a causa dei colpi di calore, aumentavano vertiginosamente. Si rientra di corsa in autostrada ormai tutti sbragati, gilet e giubbini non esistevano più, chi li aveva infilzati sotto il sedere, chi bloccati nel ragno che avvolgeva le sacche, altre zavorrine avevano arrotolato le canotte riducendole a smilzi top e nel frattempo io mi vedevo sfrecciare a lato le Ducati che stavano raggiungendo a 180/200 km/h Misano per il grande raduno WDW. Quanta invidia, quanti ricordi e che nostalgia… «È un miracolo Mao, siamo arrivati, siamo a Riccione». Nano sfilata per Riccione passando attraverso viale Ceccarini col divieto assoluto da parte dei vigili urbani, di sgasare, suonare e fare casino. «Mao, ma perché secondo te, quando sfiliamo la gente sorride e ci saluta?» - «Boh!?» mi rispose alzando le spalle, per me rimane tutt’ora un mistero e comunque senza sapere il perché, risposi volentieri ai saluti, soprattutto ai bambini e ai nonni che guardavano con ammirazione le moto e ci facevano segno con la mano imitando un’accelerata, di sgasare per sentire il rumore delle marmitte, mi facevano sorridere, chissà mai quali pensieri gli ritornavano in mente. Il Chapter Riccione ci aveva preparato un fantastico aperitivo sulla terrazza di un bar in riva al mare, accoglienza fantastica come solo i romagnoli sanno fare. La brezza, il profumo della salsedine, un bicchiere di birra ghiacciata in una mano e un pezzo di piadina nell’altra, mi avevano già fatto dimenticare il viaggio d’andata che per me è stato un vero incubo, poche ore di viaggio che mi hanno sfinito facendomi rimpiangere una vacanza di qualche anno prima in Germania, sotto una pioggia incessante di dieci giorni, con l’umidità che mi era penetrata nelle ossa. «Mao, senti la sinfonia del motore Ducati? Continuano a passare, guarda quante, chissà che casino in autodromo, ti ricordi l’ultima volta? Eravamo in 63.000 se non ricordo male, che bello, che casino, quanti bourn out per strada fino a tarda notte… Non hai un po’ di nostalgia?» - «bè si, un po’ si» e i suoi occhi si fecero lucidi. Dopo un’ora di relax sulla terrazza del bar in riva al mare, guastandoci gli stuzzichini della cucina romagnola, decidiamo di andare in hotel, la voglia di spogliarsi e di fare la doccia, aveva preso il sopravvento su tutto. Un pensiero inizia a ronzarmi in testa “cosa indosso questa sera per la cena?” A differenza di Mao, dopo la doccia non riuscivo a riposare, il mio pensiero fisso era sul cosa indossare per la sera, ero in panico. Non conoscevo nulla del mondo Harley, avevo solo sfogliato le infinite riviste che Mao avevo preso ultimamente, e ricordavo chiaramente le fotografie di queste donne con tacco 12, vestiti smilzi in pelle aderentissima con mezze tette o chiappe al vento. Non posso vestirmi così, primo perché non ho nulla del genere nel mio guardaroba, secondo avrei troppa vergogna ad indossare certe robe, terzo Harley o non Harley, ho un certo contegno, ho 40 anni e sono mamma. Quindi aspetto e aspetto. «Cosa fai in mutante lì alla finestra?» «Sei sveglio? Sto aspettando che scenda qualche donna del chapter per vedere come s’è vestita.» «Tu non sei normale» Scoppiando in una grassa risata. Finalmente vedo 2 zavorrine nel cortile dell’hotel, tiro un sospiro di sollievo, sono vestite normalmente.