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Io, il mio compagno di banco estorsore e quegli
L “Io , il mio compagno di banco a scrittura per vincere l’angoscia. Un diario, il resoconto di giornate interminabili, sospese tra il desiderio di non mollare e il terrore che tutto potesse finire nel peggiore dei modi. Ignazio Cutrò ha affidato alle pagine di decine di block notes le sue “memorie”, che ha iniziato a scrivere la scorsa estate, quando prendeva corpo l’operazione Face Off. Abbiamo raccontato la storia di Cutrò nel numero di febbraio di “S”. Cutrò è un imprenditore nato, cresciuto ed intenzionato a rimanere nella sua Bivona. Dopo anni di intimidazioni, ad opera d’ignoti, l’imprenditore bivonese ha denunciato. Adesso Cutrò, in qualità di parte offesa e quindi testimone di giustizia, vive sotto scorta. Le sue dichiarazioni sono state fondamentali per l’avvio delle indagini che hanno portato agli arresti dell’operazione Face Off. In carcere, nel luglio scorso, sono finiti, tra gli altri, anche i fratelli Luigi, Maurizio e Marcello Panepinto, titolari della Beton Calcestruzzi, ora sotto sequestro preventivo, su disposizione della Dda di Palermo. I Panepinto sono imprenditori che per anni hanno vissuto sotto scorta e che paradossalmente adesso dovranno rispondere, tra estorsore e quegli escavatori bruciati” “Con Luigi Panepinto Siamo rimasti compagni fino alla terza elementare, poi lui è stato bocciato, è stato pure mio compagno di banco, ora ci siamo ritrovati uno di fronte all’altro” di Maristella Panepinto Esclusivo: ecco i diari dell’imprenditore di Bivona Ignazio Cutrò, che ha fatto arrestare i propri aguzzini e adesso dice: “Mi hanno lasciato solo” 52 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Ignazio Cutrò. A fianco, la pagina del suo diario nella quale l’imprenditore parla del suo compagno di banco, Luigi Panepinto, oggi accusato di essere un estorsore il magazine che guarda dentro la cronaca - s 53 In questa pagina e in quella a fianco, le memorie che Ignazio Cutrò ha dedicato al padre, ritratto nella fotografia qui a sinistra La mia situazione finanziaria dopo dieci anni di attentati era ormai al collasso, non riuscivo più a pagare le tasse e non potevo ottenere il D.U.R.C. e quindi non potevo né incassare eventuali somme, stipulare contratti o partecipare a gare di appalto, così andai a trovare a Katia, il mio avvocato, parliamo e così mi consiglia di chiedere aiuto pubblicamente allo Stato. In seguito il 3 di settembre ci recammo in redazione del “Giornale di Sicilia”. Il 4 settembre 2008 viene così pubblicato l’articolo ritrovandomi scortato dai Carabinieri a casa per venti giorni senza capire il perché. Ho rischiato di impazzire, mi ponevo un sacco di domande e non trovavo i perché, impugnai una penna alle 16:50 e scrissi per tre notti e quattro giorni, nella mia tavernetta, facendomi passare davanti tutta la mia vita, mi sono ricordato i più insignificanti o i più importanti minuti, ore, mesi e anni della mia esistenza. 07.09.08 (IL MIO COMPAGNO DI BANCO) “Mio padre mi ha insegnato tante cose, ma tante altre le ho imparate da solo vivendo. Mi è uscito fuori un carattere che non si sottometterà mai a nessuno” le altre, dell’accusa di associazione mafiosa ed estorsione. Proprio con Luigi Panepinto, Ignazio Cutrò ha condiviso gli anni dell’infanzia e proprio a lui è dedicata una pagina del diario. Le beffe della sorte sono imprevedibili e quell’uomo, che Ignazio ricorda come “il bimbo biondino, che mi sedeva di fianco negli anni delle elementari”, potrebbe essere proprio uno dei suoi estorsori. La scrittura diventa consigliera di Cutrò, proprio nei 54 s - il magazine che guarda dentro la cronaca giorni che seguono agli arresti. In carcere finiscono, oltre ai Panepinto, anche Giovanni Favata, Vincenzo Parisi e Vincenzo Ferranti. Dall’oggi al domani la vita di Cutrò, della moglie Giuseppina e dei figli Giuseppe e Veronica Aurora, è sconvolta. La loro rete di amicizie si smantella. “L’unico nostro conforto - dice Cutrò - sono i carabinieri della compagnia di Cammarata, gli angeli della scorta, il caro capitano Alessandro Trovato e il prefetto di Agrigento Umberto Postiglione”. Tra le pagine del diario di Cutrò scorre la storia familiare. Un’impresa edile, portata avanti da due generazioni dal padre di Ignazio, Giuseppe, morto in un incidente sul lavoro. Vicino a lui ci sono la moglie Giuseppina, compagna di vita da oltre vent’anni, e i figli, il diciottenne Giuseppe, “La mia battaglia ha avuto inizio la sera dell’incendio della prima pala, era il 10/10/1999. Mio padre non si sentì di restare fermo a guardare e si buttò sulle fiamme con l’estintore, mettendo a repentaglio la propria vita” che sogna di entrare nell’Arma, e la bella Veronica, che studia per diventare ragioniera. Ignazio Cutrò sta rimettendo in piedi la sua impresa edile, ha avuto accesso al contributo per le vittime del racket. Cutrò, che il 2 marzo scorso ha compiuto 42 anni, anticipa un progetto, quello di volere mettere su una grande associazione anti-pizzo, che abbia sede nella sua Bivona, la cittadina che – racconta - sembra avergli voltato le spalle. Nelle pagine che seguono pubblichiamo una parte dei suoi diari, nei quali si leggono i particolari dei momenti più difficili passati dall’imprenditore, la riconoscenza verso le forze dell’ordine, il dramma umano, la descrizione di uno degli arrestati, filtrata dai ricordi dell’infanzia. All’età di 7 anni mia madre mi iscrive alla scuola elementare, il mio primo maestro per un mese è stato il prof. Padronaggio, un giorno entra in classe una maestra, la sig. Cammarata e ci dice che aveva bisogno di 5 ragazzi per la sua classe femminile allora andammo io, Carmelo Cardinale, Luigi Ciccarello, e Luigi Panepinto, così formarono la prima classe mista. Con Luigi Panepinto siamo rimasti compagni fino alla terza elementare, poi lui è stato bocciato è stato pure mio compagno di banco, guarda come il fato intreccia il destino delle persone, ora ci siamo ritrovati uno di fronte all’altro però c’è un profondo abisso che ci divide e sono tutt’ora incredulo a tutto questo che mi è successo, non so come si svolgerà il processo, ma è difficile da parte mia pensare che una persona che si è cresciuta con Te, un giorno forse ti ha fatto del male, ma Io sicuramente comunque vadano le cose, non gli porterò mai rancore lo ricorderò sempre come quel compagnetto di banco biondo con cui dividevamo la merendina e giocavamo a pallone insieme, ma forse alle volte il tempo ci riserva brutte sorprese. 24.09.08 Sono nato a Bivona il 02/03/1967 da una famiglia semplice, sono cresciuto nella scuola di Bivona e fra la gente con tutti i miei coetanei abbiamo fatto i giochi più strani, giocare con le figurine, a pallone, a nascondino, con le il magazine che guarda dentro la cronaca - s 55 “Il mio stato d’animo è peggiorato, non mi potevo rassegnare al solo pensiero che mi potevano dare fuoco ai mezzi, quindi decisi di caricare ogni sera i mezzi e di parcheggiarli nello spiazzo antistante la caserma” catenelle di plastica, le “strummule” (trottole di legno); li carruzzuna, un asse di legno su cui venivano montati tre cuscinetti. Dopo che ho terminato le scuole, all’età di 19 anni, mi sono sposato, ho messo su famiglia ed ho cercato di farli vivere più dignitosamente possibile. Sono cresciuto nel mondo del lavoro con mio padre che ci ha lasciato a causa di un incidente sul lavoro, finito sotto un trattore che gli si è rivoltato addosso. Mio padre mi ha insegnato tante cose, ma tante altre le ho imparate da solo vivendo tra gioie e dolori in questi ultimi dieci anni e da tutta questa situazione mi è uscito fuori un carattere che non si sottometterà mai a nessuno, tanti sacrifici e tante privazioni per riuscire a comprare mezzi ed attrezzature, e per cercare di portare avanti la mia impresa ostacolata da interessi bancari, mutui, contro l’unica felicità del sabato mattina perché le banche erano chiuse. La mia battaglia ha avuto inizio la sera dell’incendio della prima pala, era la sera del 10/10/1999, eravamo io e i miei fratelli a casa mia, verso le ore 20:00 andai ad accompagnare mio fratello più piccolo a casa dei miei genitori, appena rientrai a casa mi squillò il telefono, era mio nipote Antonino, figlio di mia sorella, il quale mi diceva di recarmi con urgenza nella contrada Confutino dove custodivo una pala sullo spiazzo adiacente ad una casa. Subito mi recai sul posto, e lì trovai la squadretta antincendio della forestale e i Carabinieri, i quali erano stati avvisati da un ragazzo di Santo Stefano Quisquina che casualmente si era trovato a passare di lì. Arrivò mio padre con degli estintori, ma i Carabinieri, per sicurezza, non ci fecero avvicinare perché le fiamme erano troppo alte e c’era il rischio che il serbatoio del gasolio del mezzo potesse esplodere. A quel punto mio padre non si sentì di restare fermo a guardare con le mani in mano a vedere bruciare quel mezzo che fino a quel giorno ci aveva portato lavoro e, senza pensarci due volte, si buttò sulle fiamme con l’estintore, spegnendole, mettendo a repentaglio la propria vita. Così andai a sporgere la prima denuncia contro ignoti e da lì è iniziato il mio calvario. Da quel momento in poi la mia vita assunse un sapore diverso, mi aggiudicai un lavoro privato presso una azienda agricola, consistente nella realizzazione di un capannone agricolo. 56 s - il magazine che guarda dentro la cronaca La notte, non riuscendo a dormire, andavo saltuariamente a controllare i mezzi completando così il lavoro senza dover subire alcun danno, e fin qui tutto bene. (...) L’8 luglio con un incidente sul lavoro muore mio padre. Dopo qualche giorno un amico chiama mio fratello Angelo, dicendogli che “qualcuno” gli avrebbe offerto dei soldi per bruciarmi i mezzi, ma lui ha rifiutato. Io non ho potuto denunciare il fatto perchè non avevo prove e rischiavo qualche querela. Il 16/07/08, dopo gli arresti dell’operazione Face off lo stesso amico mi venne a trovare e mi riconfermò quell’episodio. Quindi mi recai presso i Carabinieri informandoli verbalmente dell’accaduto. Il mio stato d’animo è peggiorato, non mi potevo rassegnare al solo pensiero che mi potevano dare fuoco ai mezzi, quindi decisi di caricare ogni sera i mezzi e di parcheggiarli nello spiazzo antistante la caserma di Bivona. Nello stesso periodo avevo fatto uno sbancamento per un nuovo capannone per un cliente. Lo stesso cliente mi disse che aveva incontrato sempre il solito imprenditore, che gli aveva chiaramente espresso il desiderio per la fornitura di calcestruzzo per quel lavoro. Ma io gli dissi chiaramente al cliente che il calcestruzzo me lo sarei fatto io, sicuramente da quel momento in poi potevo avere qualche dissapore con loro. Morto mio padre avevamo le fondazioni pronte per la gettata del calcestruzzo e gli operai non conoscendo le mie idee chiamarono quei “personaggi” a cui mi riferivo prima e realizzarono questa colata di calcestruzzo. Tutto l’altro calcestruzzo me lo sono realizzato io. In quel periodo mi venne a cercare un altro amico titolare di un’impresa, dicendomi se ero disposto a noleggiargli le betoniere auto-caricanti per il getto di calcestruzzo per il canale fognario che stavano realizzando, ma notai che qualche imprenditore locale, sempre “il solito”, mi salutava sempre più contento ed io non ero tranquillo, ma sempre in guardia. Dopo tanti stenti, andavo avanti e non arrendendomi completai il capannone agricolo cercando di far crescere la mia impresa. I problemi veri e propri iniziarono nel maggio 2006, quando ricevetti un invito per una gara d’appalto, una trattativa privata, inviatami dall’E.S.A. rimanendo aggiudicatario di quel lavoro. (...) Per un imprenditore, raggiungere determinati obbiettivi è importante ero vicino a realizzare il sogno della mia vita, quello di raggiungere un determinato volume di affari per potermi iscrivere al S.O.A., avevo le carte in regola e anche i soldi per potere fare questa iscrizione, così potevo ingrandire la mia azienda per poter partecipare a lavori di livello nazionale, ma avevo fatto i conti senza l’oste. A Ribera i mezzi la mattina li portavo al cantiere e la sera li posteggiavo davanti la caserma dei Carabinieri, naturalmente con delle spese di gasolio che incidevano sul bilancio della mia azienda. Gli orari che soste- “Ero vicino a realizzare il sogno della mia vita, quello di raggiungere un determinato volume di affari per potermi iscrivere al S.O.A., ma avevo fatto i conti senza l’oste. Mi arrivò una telefonata nella quale mi comunicavano che i tubi erano stati incendiati” nevo erano incredibili, dovevo svegliarmi tutte le mattine alle tre per fare in modo che alle sette i mezzi dovevano trovarsi in cantiere. Il 23 Maggio avevo le tubature pronte per poterle immettere nello scavo adiacenti al ciglio della strada. Verso le ore 14:30 mi arrivò una telefonata nella quale mi comunicavano che i tubi erano stati incendiati. Mi recai sul posto e constatai di persona il fatto. Dopo di che, mi recai nella caserma dei Carabinieri di Ribera a sporgere denuncia contro ignoti. Tutto veniva messo nuovamente in gioco, tutto quello che mi ero prefissato per la mia azienda si trovava nuovamente in bilico!!! L’indomani mi recai presso gli uffici E.S.A. di Palermo dove esponevo ai vertici di quell’ente tutto ciò che era avvenuto, con la speranza che già il materiale fornito al cantiere venisse risarcito ma non è stato così perché nell’appalto era compreso il materiale, la fornitura e la posa in opera. Quindi quell’amministrazione non poteva farsene carico della suddetta spesa e in più avevo il rischio di non terminare il lavoro e dover risarcire i danni sia all’ente appaltatore che gli eventuali agricoltori che sarebbero stati danneggiati dal ritardo dei lavori. Con l’aiuto della mia famiglia attingevo ai soldi messi da parte per il S.O.A., ricomprai tutto il materiale e completai il lavoro nel tempo utile previsto dal capitolato e così i contadini non subirono alcun danno. A testa alta e testardaggine iniziai nuovamente a lavorare, ero arrabbiato come un leone ferito nel suo orgoglio, cercavo di curarmi le ferite e di non mostrare agli altri le mie sofferenze. Questo è il prezzo che deve pagare un imprenditore onesto?! Nel frattempo avevo completato i lavori al Consorzio di Bonifica senza problemi e con il lavoro del comune ero a buon punto. Verso il mese di giugno del 2006 venne a cercarmi un mio amico che doveva costruire una fabbrichetta per la lavorazione delle pesche, la proprietà di questo mio amico era vicina ad un terreno del Comune di Bivona dove già era stato appaltato un lavoro per la costruzione di un complesso scolastico. Venni contattato da un altro amico, dicendomi che si conosceva con gli appaltatori e se ero interessato a fare dei noli per quell’impresa. Giustamente io gli dissi chiaramente che se non aveva un impegno con nessuno, per me andava bene. Dopo alcuni giorni mi incontrai con un responsabile di quell’impresa, parlammo e subito mi fece il magazine che guarda dentro la cronaca - s 57 “Un giorno mi dissero che avevo saltato il confine, che avevano preso accordi con persone giuste, ed io gli avevo rotto i giocattoli per così dire, io gli dissi che mi trovavo dalla parte della ragione e non avevo paura” capire che erano disposti a farmi fare queste forniture, ma dopo tre giorni mi chiamarono “i soliti colleghi” in un cantiere del paese lì vicino un supermercato, ed io non pensandoci due volte perché mi bruciava il cuore dopo tutto quello che avevo passato, li incontrai. Loro subito mi attaccarono facendomi capire chiaramente che avevo saltato il limmito (confine), che loro avevano preso accordi con persone giuste, ed io gli avevo rotto i giocattoli per così dire, spiegai che mi avevano cercato loro ma non sentivano ragione e allora io gli dissi che mi trovavo dalla parte della ragione e non avevo paura di loro. Passano due giorni e mi telefona l’amico, il primo, quello che mi aveva chiesto di fargli il lavoro dicendomi che aveva urgenza di parlarmi. Presi l’appuntamento fra Cammarata e Bivona riferendomi che lo avevano minacciato fino a casa sua. Erano andati da lui i “soliti miei colleghi imprenditori” lamentando il fatto che lui mi aveva presentato i componenti dell’impresa del complesso scolastico. Lo stesso amico mi ha fatto giurare che io a “quei colleghi”, di quella conversazione, non gli avrei detto niente; ma ero incazzato come una bestia, avevo giurato di non parlare ed ero in attesa di vedere come andavano a finire le cose perché gia avevo presentato all’impresa tutti i documenti necessari per stipulare il contratto, ma la sorpresa mi arriva quando mi viene a parlare il responsabile dell’impresa dicendomi che avevano ricevuto un atto intimidatorio e da lì non ho più saputo niente e avevo capito che dovevo stare attento ai miei passi. Ad agosto 2006 mi venne a cercare un caro amico, dicendomi che dovevo costruire un capannone con i fondi europei: visionai il posto dove dovevano eseguirsi i lavori e anche il progetto e così concludemmo il contratto. A metà settembre 2006 iniziai i lavori in contrada Castagna, stavo eseguendo i lavori di sbancamento, il giorno lavoravo fino alle 17, scendevo a casa e restavo un po’ con la mia famiglia, verso le ore 21 andavo di nuovo in cantiere a dormire solo come un cane, mia moglie era a casa che soffriva più di me con la paura che mi succedesse qualcosa. Per difendermi, in macchina Ignazio Cutrò, con la moglie Giuseppina e il figlio Giuseppe 58 s - il magazine che guarda dentro la cronaca mi procurai una cardarella di pietre e una spranga di ferro. La notte quando ero lì solo, pensavo a tante cose e anche se ne valeva la pena per tutti questi sacrifici, ma erano per la mia famiglia, per il mio avvenire. La cosa positiva che la notte quando ero lì da solo parlavo con me stesso, mi ponevo le domande e mi rispondevo da solo, ero arrivato ad un punto di vita vegetativo, ma non so da dove mi veniva quel coraggio o incoscienza, forse per un istinto di sopravvivenza che ci hanno tramandato nel nostro dna. Arriva il mese di novembre, c’era un freddo in quella zona davvero insopportabile, avevo paura ad accendere la macchina perché mi potevano sentire. Una sera ero così stanco che mi addormentai verso le tre di notte, aprii gli occhi ed ero completamente gelato, ero convinto di aver visto qualcuno vicino alla macchina e così accesi il motore e senza pensarci due volte partii, ma per la forte nebbia e la paura non mi resi conto e accidentalmente andai a finire fuori strada, allora in quel momento non mi ero reso conto che ero in precipizio quando presi coraggio scesi e mi resi conto di ciò che stava accadendo. Inserii al mio fuoristrada il blocco differenziale e ritornai sulla strada, da lì mi resi conto che quella vita non poteva durare. (...) Il 23 novembre 2006 verso le ore 6:30 ricevetti una telefonata dal proprietario del capannone che mi disse: “Ignà chi ffà sta acchiananno?”; e io gli risposi: “Pirchè chi succedè qualcosa?”, e lui mi disse: “Stamatina avemmo nuvità, fera ficiru!!”. Queste parole mi resteranno impresse sempre nella mia mente, e da lì capii che era successo qualcosa. Nel tragitto di strada che percorsi da casa mia a contrada Castagna non me lo ricordo più e quando arrivai lì trovai mezzi bruciati e allora chiamai i Carabinieri, che effettuarono il sopralluogo, le foto di rito e hanno constatato che era stata una persona sola con un piede piccolo quasi come quello di un ragazzino o una persona di corporatura esile. Avevano tentato pure di andare dov’erano gli altri mezzi posteggiati nell’abitazione del padrone del capannone ma sono stati scoraggiati dai cani, e da lì è iniziato il mio tracollo finanziario perché mi sono dovuto avvalere con dei noli al freddo perché non avevo più la possibilità di ricomprarmi dei nuovi mezzi. L’8 dicembre del 2006, ritornando da Palermo con la mia famiglia abbiamo trovato una tazza nera sulla cassetta delle lettere, una nuova denuncia e un nuovo crollo psicologico della mia famiglia. Un Carabiniere mi portò a Cammarata per sporgere denuncia contro ignoti. Arriva Natale e lo passiamo in famiglia, è da molto tempo che non esco di casa, a gennaio mi ero prefissato di completare le fondazioni del capannone, ma la sorpresa arriva nel momento che iniziai a lavorare che mi rubarono quasi tutto il materiale, forse un segnale chi lo sa?! Nel periodo di Marzo 2007 i lavori vanno avanti, mi telefona mia moglie e m’informa che sulla cas- “Verso le ore 21 andavo di nuovo in cantiere a dormire solo come un cane. Per difendermi, in macchina mi procurai una cardarella di pietre e una spranga di ferro. La notte quando ero lì solo, pensavo a tante cose e anche se ne valeva la pena per tutti questi sacrifici” setta delle lettere trova una bottiglia di plastica contenente del liquido infiammabile, segno riconducibile ad un ennesimo atto intimidatorio che mi spinse a recarmi dai Carabinieri per sporgere un’altra denuncia contro ignoti. La mia paura e della mia famiglia è tanta ma continuiamo ancora con determinazione sul sentiero della legalità. In questo periodo mi sono aggiudicato dei lavori con il Comune di Bivona, iniziai con il primo, una piccola fornitura di calcestruzzo, completai questo lavoro e iniziai il secondo, che fu un muro di contenimento presso delle palazzine del Comune di Bivona. Al termine di questo lavoro vado a fare un piccolo lavoro da un mio amico a scopo gratuito. La sorpresa è stata la mattina dopo dove una bottiglia con del liquido infiammabile e dei fiammiferi legati con del nastro adesivo, il mezzo era posteggiato a pochi metri dalla caserma di Bivona e mi ritrovai a sporgere l’ennesima denuncia contro ignoti. (...) In quel periodo avevo incontrato un amico sincero ( io lo chiamo Cicci); questa persona mi è stata molto vicina e mi ha dato una mano a risolvere qualche mio problema nei momenti difficili. Un problema che m’interessava risolvere erano i redditi da pagare e questo mio amico cercando fra le sue conoscenze mi fissa un appuntamento con una associazione nazionale e mi sono incontrato personalmente con il loro Presidente. A quel colloquio era presente anche il mio amico Cicci, io gli ho esposto i miei problemi, lui mi fa incontrare con il loro segretario, dove mi chiede fra iscrizioni e garanzie 4.800.00 euro e il prestito era di euro trentamila, comunque io quella cifra non l’avevo di quell’importo. Ho lasciato due assegni a garanzie e così si va avanti con la pratica. Arrivato in banca sono stato trattato come un terrorista, garanzie incredibili e modalità di pagamento insostenibili e quindi rifiutai e mi ritrovai al punto di partenza. Nel frattempo iniziai i lavori in un Comune, per uno svincolo sopra il paese e lì peggiorarono i miei problemi, un casino d’ostruzionismo e mandati che non riuscivo ad incassare. Il 27 settembre 2007 sopra il mio fuoristrada trovai due cartucce, così vi racconto. La mattina come al solito mi svegliai verso le ore 5:30, feci mente locale e uscii di casa, salii il magazine che guarda dentro la cronaca - s 59 “Il 27 settembre 2007 mentre scendevo dalla macchina vidi cadere qualcosa per terra, era una cartuccia a pallettoni, sul sedile ce n’era un’altra. Il sangue mi si è congelato. Da lì la mia vita è cambiata radicalmente, non sapevo più di chi fidarmi” Poi, metti la sabbia sopra il misto che poi te la paghiamo, ma col cavolo me l’hanno pagata gli ho detto, e ho cercato di spiegargli che avevo ritardi nei pagamenti e lui mi dice: “Scurdatilli sti sordi”. A luglio gli arresti dell’operazione “Face Off ”, mi ritrovo sui giornali e la TV. La mia situazione finanziaria è peggiorata tramite il mio amico Cicci che riesce ad avere un appuntamento con un presidente regionale e così vado a Palermo per avere fidi, quindi prendo la decisione assieme al mio avvocato Katia La Barbera e così il 3 settembre 2008 ci rechiamo presso la redazione del Giornale di Sicilia. Non ho mai ricevuto nessun tipo di solidarietà da parte di nessuno. ottobre 2008 I mezzi di Cutrò, incendiati dagli estorsori “Il 23 novembre 2006 verso le ore 6:30 ricevetti una telefonata dal proprietario del capannone che mi disse: ‘Stamatina avemmo nuvità, fera ficiru!!’. Queste parole mi resteranno impresse sempre nella mia mente. Trovai i mezzi bruciati” sulla mia macchina che era ancora buio, accesi la macchina e mi dirigo verso il paese, mi fermo in Piazza, all’altezza del bar e mentre scendevo vidi cadere qualcosa per terra, mi sono abbassato per raccoglierla e lì la sorpresa, era una cartuccia a pallettoni, subito guardo sul sedile e ce n’era un’altra poggiata sul cuscino, il sangue mi si è congelato, sicuramente ho rischiato un infarto, non sapevo cosa fare, mi sembrava di sognare, ma telefonai ai Carabinieri e mi sono ritrovato a fare l’ennesima denuncia contro ignoti. Da 60 s - il magazine che guarda dentro la cronaca lì la mia vita è cambiata radicalmente, non sapevo più di chi fidarmi, chi erano i miei amici, chi i nemici e da quel momento ho capito che ero solo anzi più solo del solito, non sapevo come dirlo alla mia famiglia ed ho parlato prima con mio figlio Giuseppe e poi l’abbiamo comunicato a mia moglie e mia figlia. Comunque a casa mia si parla di tutto ma sicuramente non si parla di andar via da Bivona. La responsabilità mia verso la mia famiglia ora era di più perché avevo capito che ero vulnerabile e non sapevo come difenderla e mi potevano colpire in qualsiasi momento. Il 23 novembre 2007 mi hanno dato una vigilanza radiomobile a casa mia, ma più tempo passava più mi convincevo che dovevo stare con gli occhi aperti. Feci un’analisi di quello che mi era successo, sono venuti sicuramente a casa mia a mettere le cartucce sulla mia macchina, secondo il mio parere è un segnale fortissimo che mi hanno voluto comunicare. (...) Presi i mezzi con mio figlio e ritornai nuovamente al cantiere dello svincolo ma con molto stupore mi chiamò uno dei tecnici dell’Ente riferendomi che il lavoro non andava bene e dovevo riportare altri 36 mc di misto e gli dissi: “Ma prima mi hai detto che andava bene, io ho eseguito quello che c’era scritto sul contratto”; lui mi rispose: “a qualcuno non gli sta bene e deve ritornare là nuovamente accussì è”. Quindi su quel lavoro ho perso del denaro ma per me era tutto normale, considerando che nel cantiere dello svincolo mi ero abituato a tutto ciò, quel cantiere per me era diventato un’ossessione, speravo che la mattina non sorgesse mai il sole, una mortificazione continua, umiliazioni, venivano i direttori dei lavori e mi dicevano: “Oggi facciamo questo” ma l’indomani cambiavano, avevo perso la pazienza, tutto questo non aveva un significato per me. Io cercai di spiegargli che con i lavori ero nei tempi prestabiliti e che il Direttore dei lavori di quel cantiere le cose me le dicevano a singhiozzo, prima fai sessanta metri di strada, poi allungala, poi dobbiamo scavare e mettere un tubo dell’acqua, poi quello della luce, poi una travata nella statale, poi le caditoie, ma il colmo è stato con le isole spartitraffico, accorciale, allungale, stringile, toglile, ahò, sembravo Penelope!! Il primo contatto con il tenente Trovato è avvenuto telefonicamente, dopo il trasferimento del capitano Asti, non potevo dare un giudizio a quella persona, la mia paura era tanto e soprattutto per la mia famiglia, non lo conoscevo. Sì pur essendo un militare ma speravo che umanamente ci avrebbe aiutati, poi una sera andammo a mangiare, io il tenente Trovato, il capitano Asti e due carabinieri della scorta, eravamo in un ristorante nei Monti Sicani, anche io quella sera mi trasformai in un detective, cercavo di studiarmi quella persona, di guardarlo negli occhi. (...) Quella sera il tenente mi ha detto che sarebbe venuto a casa nostra; in seguito si è dimostrato una persona molto speciale, semplice e disponibile. Si è fatto carico di un fardello pesante. Il capitano Trovato in questi giorni di sconforto ci è stato molto vicino per darmi sicurezza facendomi avere una blindata. Il capitano sicuramente è una persona furba e schietta e sicuramente non si farà mettere nel sacco da nessuno, il mio obbiettivo è quello di far vivere la mia famiglia dignitosamente, portare avanti la mia impresa e se abbiamo la possibilità di combattere contro questo cancro. Un sogno nel cassetto è quello di creare un’associazione antiracket, fortunatamente sono riuscito ad avere degli agganci con qualche senatore. Sono passati tantissimi giorni dopo gli arresti la maggior parte sono riempiti di solitudine e tristezza, passati da soli mentre scrivo l’unica cosa che mi il magazine che guarda dentro la cronaca - s 61 Il biglietto nel quale Cutrò ringrazia Alessandro Trovato (in basso), che di recente è stato promosso capitano dei carabinieri “Di quel cantiere le cose me le dicevano a singhiozzo, prima fai sessanta metri di strada, poi allungala, poi dobbiamo scavare e mettere un tubo dell’acqua, ma il colmo è stato con le isole spartitraffico, accorciale, allungale, stringile, toglile, ahò, sembravo Penelope” conferma il tempo che passa è la mia sigaretta che si consuma lentamente è triste ammettere che essere stati isolati fa male, male dentro ti corrode lentamente e ti fa sentire sempre più solo e isolato. Sono passati quattro mesi da quando mi hanno dato la tutela, nella mia vita sono cambiate tante cose le mie abitudini e quelle della mia famiglia. Spero che tutto si risolva nelle migliori delle cose se dovessi dare un giudizio non saprei è difficile perché troppe volte è stato messo in dubbio il nostro operato e maggiormente di chi fa parte dello stato, ma per fortuna non tutti sono così. La nostra unica speranza sono questi ragazzi della scorta che ci stanno vicini Costantino, Filippo, Francesco, Roberto, Angelo, Ivan, Diego, Raffaele, Vincenzo, Peppino, il capitano Trovato e il prefetto di Agrigento Umberto Postiglione, e grazie a queste persone che più volte mi danno la forza di continuare a lottare e credere nella giustizia. 62 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Riflessioni sulla manifestazione antimafia, che si è svolta a Bivona il 28 gennaio 2009 e alla quale non sono stato invitato a parlare Che schifo!!! Giorno 20/01/2009 ricevo una telefonata da uno degli organizzatori dove mi dice di recarmi da uno degli organizzatori della manifestazione, e verso le 16:30 dello stesso giorno mi reco e trovo la porta chiusa. Dopo quindici minuti di attesa ci apre la porta, parliamo e con molto stupore mio mi riferisce che mi dava gli inviti ma non mi dovevo fare vedere da nessuno perché aveva paura che mi collegassero a lui e mi riferisce che ha avuto un casino di problemi nell’organizzare questa manifestazione, e gli scappa pure dalla bocca che gli hanno creato dei problemi per organizzare la manifestazione. A me questo fatto non mi dice più di tanto, ormai ci sono abituato io prendo gli inviti in mano e salutando questa persona “di fede” esco, ma natu- ralmente non nascondo gli inviti li metto bene in evidenza, poiché io non ho nulla da nascondere. Il 26/01/2009 ritornando da Agrigento dove ero andato a portare gli inviti a delle personalità, arrivato a casa mia moglie mi riferisce che era venuta Katia il mio avvocato e sempre quello stesso organizzatore l’aveva pregata di dirgli che non dovevo stare nelle prime file del corteo, ma cercare il più possibile di rendermi invisibile. (...) Prendo il telefonino e chiamo uno degli organizzatori spiegandogli le mie esternazioni. Lui subito si precipita dal precedente organizzatore e se ne va molto dispiaciuto per l’accaduto, ritorna dopo un po’ di tempo cercando di mettere qualche pezza qua e là sull’accaduto. Giorno 27/01/2009 mi reco dal Prefetto, come al solito e mi ha ricevuto subito e siamo rimasti a parlare per due ore, abbiamo parlato di tante cose. Finalmente è arrivato il decreto per i soldi di vittima del racket. (...) Il 28/01/2009, mattina come al solito, alle 6.05 mi alzo e rifletto su tutto, verso le 9 mi vengono a prendere ed andiamo a prendere un caffè, mi vado a fare la barba e poi andiamo al supercinema per la conferenza. Lì incontro i ragazzi di Ammazzateci tutti, gli unici interventi belli sono stati di tre ragazzi della scuola, parlano un po’ tutti, anche il sindaco di Bivona. (...) Come immaginavo il mio nome non è stato neppure fatto. Vicino a me si è seduto il capitano Trovato e Catanzaro. Il 30 gennaio 2009 sembrava una mattina come tutte le altre, la scorta mi viene a prendere e ci dirigiamo a lavoro del centro commerciale e un mio operaio mi fa trovare l’escavatore acceso verso le 8:30 e così inizio a lavorare. Verso le ore 10:30 notai un cattivo odore e l’escavatore si mise a fare un fumo bianco che fuoriusciva dallo sfiato del motore, chiesi al mio operaio se la mattina aveva controllato il livello dell’olio e mi riferì che era più alto del livello massimo, mi precipitai a scaricare l’olio che subito ho avuto il dubbio che c’era qualcosa di strano, era liquido e faceva odore di olio di freni, subito abbiamo sostituito l’olio motore e riav- “Il capitano Trovato in questi giorni di sconforto ci è stato molto vicino per darmi sicurezza facendomi avere una blindata. Il capitano sicuramente è una persona furba e schietta. Il mio sogno nel cassetto è quello di creare un’associazione antiracket” viato il mezzo, sembrava tutto a posto ma dopo pochi minuti era peggio di prima e così mandai a chiamare il meccanico. All’arrivo del meccanico mi confermava i miei dubbi ma poteva essere sicuro smontando il motore dell’escavatore e ci siamo organizzati per il giorno dopo e così mi trovai a sporgere ancora l’ennesima denuncia contro ignoti. Il 31 gennaio 2009 ero invitato a pranzo da un mio amico, il mio pensiero però era quello di smontare l’escavatore e ho disdetto l’appuntamento. Mi sono recato dal meccanico che ha smontato il motore risultato completamente distrutto: pistoni, fasce, il magazine che guarda dentro la cronaca - s 63 “Mi ricordo quando da ragazzo all’età di 15 anni andavo ad aiutare mio padre. Ero orgoglioso quando mi diceva: ‘quest’anno compriamo un altro trattore, chi compra va avanti e chi vende va indietro’. Questi sono gli ideali che sto cercando di trasmettere ai miei figli” Cutrò con il figlio Giuseppe “Giorno 20/01/2009 ricevo una telefonata da uno degli organizzatori. Con molto stupore mio mi riferisce che mi dava gli inviti ma non mi dovevo fare vedere da nessuno perché aveva paura che mi collegassero a lui e mi riferisce che ha avuto un casino di problemi” 64 s - il magazine che guarda dentro la cronaca persino i cilindri si erano corrosi; in questo momento questo danno mi ha segato ulteriormente le gambe, momenti brutti anzi bruttissimi, ho telefonato al capitano Trovato e poi in Prefettura. Ero nervosissimo a non finire, chiunque sia stato sono dei vigliacchi e meschini, persone senza dignità e coraggio, le cose si dicono in faccia e così si dà la possibilità ad una persona di difendersi, sono dei codardi ma sicuramente non mi faranno cambiare idea e andrò sempre più avanti nella speranza che le persone oneste prendano coscienza ed escano fuori allo scoperto e lottino senza paura. (...) Il giorno 10 febbraio 2009 a Bivona è venuto Vittorio Sgarbi per presen- tare un libro in quel cinema dove qualche giorno prima era stata fatta una manifestazione per la legalità. I cittadini di Bivona, lo dico a malincuore, erano tantissimi, addirittura facevano la fila fuori, con tanto rispetto per Sgarbi ma mi sa tanto che la gante fa finta di non capire ed un libro è più importante di una manifestazione per la legalità. Mi ricordo quando da ragazzo all’età di 15 anni andavo ad aiutare mio padre nel periodo estivo, queste erano le mie ferie, aiutare la mia famiglia a tirare avanti, ero orgoglioso quando mio padre mi diceva: “bello mio, quest’anno compriamo un altro trattore” e sorridendo continuava a dirmi: “chi compra va avanti e chi vende va indietro”, quanti sacrifici ha fatto quel povero uomo, mi ricordo che mentre aravamo la terra polvere respirata a chili, lì in piena campagna, ma era bello sentirsi liberi e anche quando arrivavo a casa ero felice perché ero stato utile alla mia famiglia. Questi sono gli ideali che sto cercando di trasmettere ai miei figli, gli dico sempre che il lavoro onesto deve riempire le loro giornate. Oggi 12 febbraio 2009 nevica, il paesaggio è bellissimo, sono fortemente amareggiato perché purtroppo quest’anno non posso portare la mia famiglia con il mio fuoristrada in montagna sulla neve, mi devono dare indietro la mia libertà, io non ho fatto nulla di male, ho creduto e credo tutt’ora nelle istituzioni, mi ritrovo a camminare con una macchina blindata, scortato dai carabinieri, i giorni passano tristi e su questa macchina da dietro i finestrini spessi quattro centimetri vedo la gente libera e tranquilla. Possono, quattro centimetri di vetro blindato, far perdere la libertà a una persona? Rivoglio la mia libertà e lotterò per la mia e quella degli altri che soffrono come me. il magazine che guarda dentro la cronaca - s 65