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Aido: in Italia non può succedere

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Aido: in Italia non può succedere
25-11-2010
11:41
Pagina 10
DOSSIER TRAPIANTI
Vendita di organi,
ma c’è pure da noi?
10
un figlio di 15 anni da mantenere, una moglie, un negozio sull'orlo di un fallimento, sommerso di tasse e contributi da pagare. L'organo è perfettamente sano e se questo può salvare una vita e risolvere i miei problemi sono
disposto a vendere un Rene. Non bevo e non fumo, voglio
600mila euro....”;
ono notizie di questa estate, forse sono passate - “36 anni, sono solo ho bisogno di soldi per fronteggiainnoservati ai più. Due casi agli onori delle crona- re i debiti, mi portano via la casa. Se qualcuno puo chieche perché è intervenuta la Polizia Postale a bloccarli. dere un prestito per me (io non posso) garantisco con la
Ma risultano essere centinaia gli italiani disposti a busta paga del ministero della difesa. Altrimenti offro
vendersi un organo per... sopravvivere. Come a Chieti Rene, parte di fegato o midollo osseo. Sono sano donatodove, a inizio settembre, una coppia di coniugi si vede re Avis 0-Rh pos (!!!!, ndr). Vi prego...”.
capitare in casa la polizia. Avevano messo in “vendita” E così cliccando, in un’Italia che sembra sempre più
(su eBay, con tanto di numero di cellulare) lui un disperata, convinta che sia lecito “donare” a pagamenrene, lei ovuli da fecondare. La Polizia Postale, dopo to. Forse interpretando male una norma di legge che
l’interrogatorio dei due, lo ha definito “un caso peno- permette sì il dono di organi o parti di essi fra vivenso”. Ambedue avevano perso il
ti. Ma solo fra consanguinei o
lavoro e, con un mutuo da pagaparenti, senza alcuna remunerare, erano ricorsi a quest’ultima, Organi offerti in “vendita” zione e purché non riduca la
disperata, spiaggia. Solo due setdi vita del donatore.
sul web, spia di una crisi qualità
timane prima il Corriere della
Come la bella storia - novembre
Sera riportava altro caso. Stavolta
scorso, provincia di Vicenza - di
nel (un tempo) florido Nordest. A Udine, su segnala- Maria Bertilla Lunardi che ha donato un suo rene al
zione del provider su cui era l’annuncio, viene rag- marito Giulio Franchetti. Ma i casi umani di chi tenta
giunto dalla polizia un ex impiegato. Senza più lavo- di vendere ci avvicinano a Paesi dove è tollerato o
ro, separato dalla moglie, due figli studenti, costretto legale tale commercio. Come in Cina, dove lo è (guara vivere di espedienti, aveva pensato anch’egli di ven- dacaso) per quelli dei detenuti - in particolare dei
dersi un rene. In cambio? Un posto di lavoro o tanti giustiziati - come denuncia da anni Amnesty
100mila euro. Due casi che sono, ormai anche in International. O in Iran, dove più di 25mila iraniani
Italia, solo la punta di un immenso iceberg sommer- hanno venduto un rene da quando il governo di
so. Abbiamo cercato sul web. Sono centinaia i dispe- Ahmadinejad ha avviato l’unico programma nazionarati disposti a tutto per sopravvivere e sbarcare il luna- le legale di vendita di reni. Singapore ne ha invece
rio. Alcuni esempi?
legalizzato la “vendita” dal 2009, negli Stati Uniti
- “Sono un artigiano di 48 anni, padre di tre figli. Con giace una proposta simile di “illustri” (si fa per dire)
il mio lavoro non riesco più a tirare avanti. Ho bisogno clinici fin dal 2006. In India almeno mille persone
di almeno 50mila euro urgenti per tamponare i debiti l’anno vendono i propri organi, se non bastano venaccumulati. Sono disposto a vendere un rene, una parte gono importati dal Nepal (1500 da donatori viventi
di fegato. Aiutatemi, vi prego”;
nel 2008). In Brasile, invece, sarebbero 1800 i “dona- “Mi chiamo ...... ho 42 anni sono disperato vendo un tori” che hanno venduto a cliniche private. E, via via,
rene a ventimila euro più spese sanitarie“;
s’arriva perfino in Europa con la Moldavia, dove dati
- “Mi trovo in una situazione economica disperata con attendibili dicono che dal 2004 siano “usciti” verso
l’estero circa 3000 donatori, poi tornati con un rene
solo. Secondo la stessa OMS il 10% dei trapianti di
rene effettuati nel mondo nel 2007 sarebbero illegali.
Facile, anche, trovare in internet cliniche private fra
Malesia, Indonesia e Filippine. Vi sono addirittura
“listini prezzi” per ogni organo con l’intero “pacchetto” sanitario corrispondente. I “fornitori”? Ve ne
mostriamo alcuni nella foto qui accanto.
Un bellissimo documentario-inchiesta giornalistica di
Roberto Orazi - H.O.T. (Human Organ Trafic) - è
stato premiato al Festival del Cinema di Roma 2010.
Secondo voi, verrà mai trasmesso in televisione o è
(b.c.)
mai stato segnalato in qualche TG?
S
Aido: in Italia non può succedere
A
bbiamo parlato dell’argomento trapianti “a
pagamento” con Bertilla Trojetto, vice presidente Aido regionale Veneto.
Si leggono in Internet parecchi annunci di vendita degli organi da parte di persone disperate, che
hanno perso il lavoro o comunque hanno bisogno
di denaro. Per lo più si tratta di donazioni da eseguirsi all’estero. In Italia ritiene possibile un commercio di organi?
È vero, in Internet si trova di tutto, anche annunci di
questo tipo. È triste, ma reale. Ritengo, però, e lo
dico con fermezza, che se forse è possibile in certi
Paesi del mondo, in Italia non possa esistere un commercio di organi per denaro. Per una serie di motivi.
Il primo è che il commercio di organi nel nostro
Paese è vietato dalla legge, quindi costituisce reato.
Altro motivo è che in Italia gli espianti e i trapianti
possono avvenire solo negli ospedali pubblici autorizzati dal Ministero della Sanità e regolati da norme e
iter ferrei. Al trapianto, poi, si arriva con una precisa
documentazione medico-sanitaria che dice da dove e
da chi arriva l’organo e per quale motivo viene
impiantato proprio a quel paziente-ricevente. Una
persona trapiantata, inoltre, pur tornando a una vita
normale dopo l’intervento, dovrà comunque sottoporsi a esami e assumere determinati farmaci per
tutta la vita presso un ospedale. E controllato deve
essere anche chi dona. Mi par difficile pensare a un
simile iter medico sanitario in territorio italiano in
modo non legale. Se una persona va a donare all’estero e poi rientra in Italia, in ogni caso dovrà prima o
poi render conto al servizio sanitario nazionale del
suo gesto, impossibile da far passare inosservato in
caso di ricovero, necessità di assistenza e cure mediche. Se all’estero ha donato in modo legale (ad esempio un rene per un parente stretto), avrà certo una
documentazione che i medici ovviamente studieranno accuratamente e verificheranno.
Forse c’è chi però all’estero ci va perché in Italia
non trova un organo disponibile.
È verissimo. Ed è questo il nocciolo del problema.
Siamo ormai tra i primi in Europa per qualità di trapianti, ma nel nostro Paese c’è carenza di organi e chi
è disperato può arrivare a cercarli anche fuori. Dove
magari trova chi, altrettanto disperato per motivi
economici, li mette in vendita. Se la donazione di
organi fosse più diffusa, non si cercherebbe altrove.
Troppo spesso ci si dimentica che tutti potremmo
aver bisogno, un giorno, di un organo. Che la malattia potrebbe colpirci senza distinzioni e che il trapian-
to potrebbe essere
l’unica via per aver
salva la vita. La speranza di ricevere
l’organo che serve è
inevitabilmente
legata all’incremento delle donazioni:
più sono e più possibilità ci sono di
ricevere un organo.
Non ci sono altre
strade da percorrere.
L’ i n f o r m a z i o n e
gioca quindi un
ruolo fondamentale. Non certo come
nel caso scoppiato
a Padova di recente, con protagoniste due sorelle.
L’informazione deve essere corretta. Ritengo vergognoso il chiasso e la pressione che sono state fatte
attorno al caso della donna che si è rifiutata di donare il midollo osseo alla sorella malata. Non possiamo,
ed è giustissimo così, conoscere le motivazioni
profonde che spingono una persona a non sentirsi
pronta ad affrontare un simile gesto. Ci possono essere anche motivi e problemi di salute che è sacrosanto
tenere riservati. Ognuno dev’essere libero nella scelta
del dono. L’unica cosa che mi sento di dire è che l’opinione pubblica va informata correttamente. E che
sulla donazione di organi c’è ancora molto strada da
M. R.
fare in tal senso.
DOSSIER TRAPIANTI
Giugno2010_02-27 copia
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22-11-2010
16:36
Pagina 12
Io, donna, che
ho avuto la gioia
di poter donare...
Q
uesta estate, in provincia di Padova, è scoppiato
un altro “caso” che è balzato agli onori della
cronaca nazionale. Quello di due sorelle compatibili
per la donazione di sangue midollare. Una, in Nuova
Zelanda, ammalata: l’altra, padovana, che avrebbe
potuto donare. Non l’ha fatto, non se l’è sentita,
forse non poteva. Tanti, fin troppi, ne hanno parlato.
Molti anche a sproposito, giudicando senza pietà.
Noi prendiamo solo spunto dal fatto di cronaca, per
presentare due testimonianze dirette: di una donatrice e di una ricevente. Anche se dono e trapianto sono
avvenuti nello stesso anno (2006), l’una non ha
donato all’altra, come leggerete. Parla Francesca (il
nome è di fantasia per sua precisa volontà) ha cinquant’anni e abita in provincia di Treviso.
“Nel 2006 ho donato le cellule staminali da sangue
midollare, che in tanti ancora chiamano midollo osseo.
Ci sono arrivata attraverso la tipizzazione del mio sangue, che ho fatto appena è stato possibile presso il Centro
trasfusionale della mia città. Come da prassi, sono stata
inserita nel Registro Tv3 dopo la tipizzazione di primo
livello. Nel 2003 ho ricevuto la prima chiamata, mi
sono sottoposta agli altri livelli di tipizzazione, ma non
sono risultata compatibile. A fine maggio del 2006,
un’altra chiamata. Stavolta ero compatibile a tutti i
livelli con la persona che aveva bisogno di sangue
midollare. È cominciato l’iter di esami e analisi che mi
ha portato all’ospedale Borgo Trento di Verona. Ricordo
che ero coccolata da tutti, e che quando arrivarono i
risultati, che di fatto decretavano l’ok per la donazione,
mi è stato chiesto se ero decisa a firmare il modulo che
avrebbe messo in moto il mio impegno e la preparazione sanitaria del ricevente. Di quei giorni ricordo molto
bene le emozioni. La prima telefonata mi aveva presa
di sorpresa. Ero rimasta senza parole, ma subito ho realizzato che ero stata fortunata, perché potevo aiutare
Io, donna, che
ho avuto la gioia di
poter ricevere...
una persona che stava male. È stato un momento forte,
come lo è stato il momento della firma all’impegno alla
donazione. Mi sono sentita una responsabilità enorme:
stavo dando il via ad un percorso di “non ritorno” per
la persona malata, la cui vita di fatto da quel momento dipendeva da me! Una decina di giorni dopo mi sono
state prelevate le cellule staminali attraverso un separatore cellulare che per ore, per due giorni, ha prelevato e
filtrato il mio sangue. Le cellule staminali sono state
fatte crescere e quindi trasfuse nel malato. Ricordo di
aver provato un leggero malessere, nulla di più. Ero
costantemente seguita da un medico e da quel momento sono cominciati dei controlli periodici, a cui ancora
oggi mi sottopongo. Quella fase della donazione mi ha
fatta riassaporare la straordinaria sensazione di poter
essere d’aiuto a un’altra persona. Il mio malessere era
nulla in confronto a quanto stavo donando! Anche perché accanto alla mia, c’era una stanza con alcuni malati, tra cui un bambino talassemico di 6 anni. Parlare
con loro, costretti a trasfusioni e a una vita di sofferenza e limitazioni, mi ha fatto capire quanto giusta sia
stata la mia scelta di tipizzarmi e di donare. Tutti
dovremmo poter fare qualcosa per gli altri. Io non so e
non saprò probabilmente mai a chi è andato il mio
dono, so solo che si tratta di un uomo italiano. E che l’esperienza è stata fortissima, ho dato e ricevuto una gioia
immensa, anch’io sento di aver ricevuto un dono. Sono
stata richiamata, dopo qualche mese, perché il ricevente faticava a riprendersi ed era debole. Mi è stato chiesto se ero disposta ad aiutarlo ancora e io non ho avuto
dubbi. L’avrei fatto. Era già tutto concordato, ma a poco
a poco i medici hanno visto che ce la stava facendo da
solo e non ho più donato. È stata un’altra grande soddisfazione. Ho mandato una lettera a questa persona, ma
non cullo il desiderio di conoscerla a tutti i costi. Né di
far sapere chi sono. Il mio è stato come il dono dei donatori dei sangue: anonimo e gratuito. E va bene così. Mi
auguro che altre persone possano provare una simile
esperienza, che sempre di più si superino i pregiudizi e
le paure e che tutti gli addetti ai lavori, medici per
primi, imparino a spiegare correttamente all’opinione
pubblica in che cosa consiste esattamente la donazione
di sangue midollare, troppo spesso scambiata addirittura per quella spinale. Sono sicura che con una corretta
informazione anche le donazioni aumenteranno”.
V
aleria Favorito ha portato la sua testimonianza
diretta ai 600 studenti veronesi che hanno partecipato al convegno di cui riportiamo la cronaca a
pagina 8. Una testimonianza appassionata e viva, che
ha colpito ed emozionato i suoi quasi coetenei. E non
solo loro. Eccovela...
“Ho 22 anni, abito a Verona e sono iscritta all’associazione Admor, Associazione donatori di midollo osseo e
ricerca di Verona, da circa 3 anni. Nel novembre del
1999, a 11 anni, avvertii che qualcosa nella mia vita
stava cambiando. Continuavo ad avere nausea e vomito ed ero sempre stanca. Strano per una bambina robustella e di buon appetito come me. Cominciarono le
prime visite mediche. Sembrava “solo una gastrite nervosa”, capricci da bambina. Intanto, io non mangiavo
più e sul mio corpicino cominciavano a comparire macchie violacee. Tornai dai medici e questa volta la diagnosi fu atroce: leucemia mieloide acuta. La mia vita
subì una strana mutazione in quel periodo. Tutto quello che facevo non aveva più senso. Sentivo la mia vita
correr via dal mio corpo e dalla mia testa, ma non avevo
paura di morire. La mia fede in Dio mi rassicurava. La
presenza dei miei genitori e della mia cara nonnina mi
tenevano per mano in quelle lunghe notti all’ospedale,
quanto tutto diventa buio e la tristezza cammina per i
corridoi. Cercavo nella mia memoria momenti gioiosi
per sconfiggere la solitudine: le vacanze al mare, i viaggi con la mia famiglia, i balli con la mia sorellina... cercavo di farmi forza. Cominciò così l’iter della “tipizzazione” tra i componenti della mia famiglia, ovvero gli
esami che servono per stabilire se il midollo prelevato
dal donatore possa essere compatibile dal punto di vista
immunologico, e poi trapiantato alla persona ammalata. Un paziente su quattro riesce a trovare un donatore
compatibile all’interno del proprio nucleo familiare.
Purtroppo, non era il mio caso. L’unica speranza di vita
che avevo era trovare un donatore al di fuori della famiglia. La mia attesa durò 6 mesi, era maggio del 2000.
Avevo già subìto ben 15 cicli di chemioterapia quando
ci venne comunicato che avevano trovato un donatore
di midollo osseo (sangue midollare) compatibile con il
mio. Tra angosce e speranze, fu eseguito il trapianto il
21 maggio. La settimana dopo il trapianto, andò in
onda il sabato sera il programma “Per tutta la vita”. La
trasmissione era insolitamente condotta solo da Romina
Power: Fabrizio Frizzi
non c’era! Romina disse:
“Fabrizio oggi non c’è,
perché domenica scorsa ha fatto una cosa
molto bella... una cosa
molto importante per
qualcuno, ha donato il midollo osseo”. Ho fatto un
veloce ragionamento: il mio donatore era proprio lui.
Ho poi avuto la possibilità di conoscere Fabrizio di persona alla fine della “Partita del Cuore” del 2006. È una
persona straordinaria. Credo mi abbiano salvato la fede
e l’affetto dei miei familiari e di chi mi voleva bene, ma
soprattutto il gesto amoroso di un donatore. Voglio ringraziare tutte le persone che decidono di fare un gesto
d’amore vero, donando sia il loro sangue, sia il loro
midollo osseo. Prima e dopo il trapianto, ho avuto bisogno di moltissime trasfusioni di sangue. Se nessuno avesse donato il sangue, forse non sarei qui. Chi ha paura di
donare il sangue e il midollo osseo, faccia un giro nei
reparti di leucemia! Ci sono moltissimi bambini malati che aspettano un donatore compatibile. Potresti essere
tu, quel donatore, perché togliere loro la possibilità di
vivere? Chi ha paura, immagini la morte di quei bambini. Chi dona può farlo quando vuole, può rimandare di giorno in giorno. Chi aspetta la donazione, non
può aspettare, perché il giorno dopo potrebbe essere
tardi. Voglio dire al mondo intero che tornare a vivere è
stato bellissimo... ma che donare qualcosa di tuo è ancora più bello. E l’informazione corretta può far molto in
questo senso”.
DOSSIER TRAPIANTI
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Giugno2010_02-27 copia
Servizi di Michela Rossato e Beppe Castellano
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