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Facoltà di astensione del testimone.

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Facoltà di astensione del testimone.
La nuova normativa in materia di testimonianza alla luce della legge di riforma del codice di
procedura civile.
Le novità in materia di testimonianza:
- facoltà di astensione del testimone;
- mancata comparizione del testimone;
- testimonianza scritta.
Facoltà di astensione del testimone.
Articolo 249 c.p.c.
Ante riforma
Si applicano all’audizione dei testimoni le
disposizioni degli articoli 351 e 352 del codice
di procedura penale relative alla facoltà di
astensione dei testimoni.
Post riforma
Si applicano all’audizione dei testimoni le
disposizioni degli articoli 200, 201 e 202 del
codice di procedura penale relative alla facoltà
di astensione dei testimoni.
Il legislatore della riforma, con la modifica dell’articolo 249 del c.p.c., ha inteso adeguareanche formalmente- le disposizioni civilistiche in materia di facoltà di astensione dal teste con
quanto previsto dal codice di procedura penale vigente.
E, infatti, se il codice di procedura civile del 1940 richiamava in via ricettizia quanto previsto in
materia di astensione del teste nel codice di procedura penale del 1930, all’indomani dell’entrata
in vigore del nuovo codice di procedura penale -D.P.R. n. 447/1988- il rinvio numerico alle
norme del codice Rocco era divenuto “obsoleto” .
In realtà, trattandosi di rinvio mobile, già prima della riforma in commento al testimone
chiamato a deporre nel procedimento civile erano riconosciute le facoltà di astensione previste
dagli articoli 200, 201 e 202 del c.p.p. del 1988 in cui erano confluite le disposizioni di cui ai
vecchi articoli 351 e 352 del c.p.p. del 1930.
Deve, peraltro, registrarsi che, anche all’indomani della riforma del codice di procedura civile
persiste un difetto di coordinamento tra la rubrica dell’articolo 249 c.p.c. “facoltà di astensione
del teste” e la disciplina nel concreto dettata dalle norme processuali penali: solo in materia di
segreto professionale -200 1 c.p.p.- al teste è riconosciuta la facoltà di astensione mentre in
materia di segreto di ufficio -201 2 c.p.p.- e di segreto di Stato -2023 c.p.p.- il testimone ha un
1
Articolo 200 c.p.p. Segreto professionale: “Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per
ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno obbligo di riferirne all’autorità
giudiziaria:
A) I ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano;
B) Gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici ed i notai;
C) I medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
D) Gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre
determinata dal segreto professionale.
Il giudice sia motivo di dubitare che la di chiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata,
provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.
Le disposizioni previste dai commi uno e due si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale,
relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio
della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro
veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista
di indicare la fonte delle sue informazioni.
2
Articolo 201 c.p.p. Segreto d’ufficio: “Salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria, i
pubblici ufficiali i pubblici impiegati e gli incaricati di pubblico ser vizio hanno l’obbligo di astenersi dal deporr e su
fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti.
vero e proprio obbligo di astenersi dal deporre. Al di là delle discrasie formali e di lessico
utilizzato, qualora il testimone chiamato a deporre nel procedimento civile abbia ad opporre un
segreto di ufficio o un segreto di Stato, quest’ultimo non ha una mera facoltà bensì il dovere di
astenersi da deporre.
Quanto, poi, alla rilevabilità della ricorrenza di una delle ipotesi di facoltà-obbligo del testimone
deve ritenersi che il giudice non sia tenuto ad informarne i testi ma che questi ultimi, per potersi
astenere, debbano dichiararlo in concomitanza con l’impegno assunto ai sensi dell’articolo 251
c.p.c. o, comunque, prima di deporre sulle domande relative ai fatti coperti da segreto.
Deve da ultimo osservarsi come la novella del 2009 abbia escluso che ai testimoni chiamati a
deporre nel procedimento civile siano riconosciute le facoltà di astensione previste dall’articolo
199 c.p.p. per i prossimi congiunti 4.
Se infatti il mancato coordinamento tra il codice di procedura civile del 1940 ed il codice di
procedura penale del 1988 poteva fondare interpretazioni ermeneutiche volte a garantire anche
ai prossimi congiunti chiamati a deporre in sede civile la facoltà di astensione, il dato letterale
introdotto dalla legge 69 del 2009 risolve ogni dubbio in proposito ed, a contrario, vincola il
prossimo congiunto a sottoporsi all’esame testimoniale.
La bontà di quest’opzione interpretativa, fondata su argomentazioni a contrario, trova avvallo e
conferma anche in recenti pronunce della Corte Costituzionale 5 che, nel ribadire la piena
autonomia che contraddistingue il procedimento civile da quello penale, ha ritenuto che le
differenze di disciplina tra i due sistemi processuali non siano di per loro foriere di violazioni
del principio di eguaglianza.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 200 commi 2 e 3.”
Articolo 202 c.p.p. Segreto di Stato: “I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio
hanno obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti da segreto di Stato.
Se il testimone oppone un segreto di Stato, il giudice informa il presidente del consiglio dei ministri, chiedendo che ne
sia data conferma.
Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara non
doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato.
Quando entro 60 giorni dalla notificazione della richiesta, il presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del
segreto, il giudice ordina che il testimone deponga.”
4
Articolo 199 c.p.p. Facoltà di astensione dei prossimi congiunti: “i prossimi congiunti dell’imputato non sono
obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia, quer ela o istanza ovvero essi o un
loro prossimo congiunto sono offesi dal reato.
Il giudice, a pena di nullità, avvisa le persone predette della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono
avvalersene.
Le disposizioni dei commi uno e due si applicano anche a chi è legato all’imputato da vincolo di adozione. Si applicano
inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall’imputato durante la convivenza coniugale:
A) A chi, pur non essendo coniuge dell’imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso;
B) Al coniuge separato dell’imputato;
C) Alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti
civili del matrimonio contratto con l’imputato.”
3
5
Confronta Ordinanza Corte Costituzionale, 9 aprile 2009 numero 113.
Mancata comparizione del testimone.
Articolo 255 c.p.c.
Ante riforma
Se il testimone regolarmente intimato non si
presenta, il giudice istruttore può ordinare una
nuova
intimazione
oppure
disporne
l’accompagnamento all’udienza stessa ad altra
successiva. Con la medesima ordinanza il
giudice, in caso di mancata comparizione senza
giustificato motivo, può condannarlo ad una
pena pecuniaria non inferiore a € 100 e non
superiore a € 1000.
Se il testimone si trova nell’impossibilità di
presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle
convenzioni internazionali, il giudice si reca
nella sua abitazione o nel suo ufficio; e se questi
sono situati fuori dalla circoscrizione del
tribunale, delega all’esame il giudice istruttore
del luogo.
Post riforma
Se il testimone regolarmente intimato non si
presenta, il giudice istruttore può ordinare una
nuova
intimazione
oppure
disporne
l’accompagnamento all’udienza stessa ad altra
successiva. Con la medesima ordinanza il
giudice, in caso di mancata comparizione senza
giustificato motivo, può condannarlo ad una
pena pecuniaria non inferiore a € 100 e non
superiore a € 1000. In caso di ulteriore mancata
comparizione senza giustificato motivo, il
giudice dispone l’accompagnamento del
testimone all’udienza stessa o ad altra
successiva e lo condanna a una pena pecuniaria
Non inferiore a duecento euro e non superiore a
€ 1000.
Se il testimone si trova nell’impossibilità di
presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle
convenzioni internazionali, il giudice si reca
nella sua abitazione o nel suo ufficio; e se questi
sono situati fuori dalla circoscrizione del
tribunale, delega all’esame il giudice istruttore
del luogo.
Il legislatore della riforma ha introdotto un nuovo comma nell’articolo in commento: la facoltà
del giudice di disporre l’accompagnamento coattivo del teste e di comminare allo stesso una
pena pecuniaria per la mancata comparizione senza giustificato motivo alla prima udienza
istruttoria cui sia stato regolarmente citato – I comma-, viene sostituita dalla comminazione ope
legis delle medesime sanzioni qualora il testimone persista nel non comparire senza addurre
giustificati motivi – II comma-.
Se è vero che ogni violazione del dovere di comparire costituisce un autonomo illecito, da cui
deriva un’autonoma condanna al pagamento di pena pecuniaria, deve ritenersi che nel caso di
duplice condanna del testimone reticente a non presentarsi in giudizio, la sanzione
facoltativamente comminata dal giudice ai sensi del primo comma si cumula a quella
comminata ex lege ai sensi del secondo comma dell’art. 255 c.p.c. e non sia in questa assorbita.
Quanto poi alla disciplina applicabile, le ordinanze de quibus soggiacciono alle disposizioni di
cui all’articolo 179 c.p.c. relativo alle ordinanze di condanna pena pecuniaria: devono essere
notificate a cura del cancelliere all’interessato il quale, nel termine perentorio di tre giorni può
proporre reclamo allo stesso giudice istruttore che l’ha pronunciata che provvede con ordinanza
non impugnabile.
L’ordinanza di condanna, un volta divenuta definitiva per omessa o intempestiva proposizione
del reclamo, costituisce titolo esecutivo.
Presupposto applicativo della norma in esame è che il teste sia stato regolarmente citato e
che non sia comparso per giustificato motivo.
1) La regolare intimazione del teste a norma del combinato disposto degli articoli 250 c.p.c. e
103 disp. att. c.p.c.
Dopo la fissazione dell’udienza per l’assunzione di testimoni, la parte interessata alla loro
deposizione deve richiedere all’ufficiale giudiziario di provvedere ad intimare testimoni di
comparire all’udienza. Il difensore può altresì procedere ad intimazione a mezzo di lettera
raccomandata o di posta elettronica con successivo deposito in cancelleria di copia dell’atto con
attestazione di conformità6- almeno sette giorni prima dell’udienza in cui sono chiamati a
comparire.
L’intimazione del testimone, in realtà, non è un atto indispensabile perché nulla impedisce al
giudice di sentire il testimone -naturalmente in quanto la sua deposizione sia stata ammessacomparso o spontaneamente o su invito verbale dell’una o dell’altra parte, il cui compimento,
tuttavia, è presupposto imprescindibile –in caso di mancata comparizione il testimone- per la
pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 255 c.p.c..
Il mancato rispetto del termine di sette giorni determina la non regolare intimazione del teste: in
tali ipotesi non può essere comminata alcuna sanzione. In questo caso il giudice deve rinviare a
una nuova udienza l’audizione del teste con il conseguente onere per la parte interessata di
rinnovare l’intimazione.
Occorre da ultimo rilevare che il teste può ritenersi non comparso solo quando sia decorsa
un’ora dall’orario fissato per la comparizione nell’atto di intimazione 7: è allora importante che
nell’atto di intimazione sia riportato l’orario preciso fissato per la comparizione del testimone al
fine di consentire l’operatività degli strumenti acceleratori di cui all’articolo 255 c.p.c.
Sub 1)La mancata intimazione ai testimoni ex art. 104 disp.att. c.p.c.
Articolo 104 disp.att. c.p.c.
Ante riforma
Se la parte senza giustificato motivo non fa
chiamare i testimoni davanti al giudice, questi la
dichiara decaduto dalla prova.
Se il giudice riconosce giustificata l’omissione,
fissa una nuovo udienza per l’assunzione della
prova.
Post riforma
Se la parte senza giustificato motivo non fa
chiamare testimoni davanti al giudice questi la
dichiara, anche d’ufficio, decaduta la prova,
salvo che l’altra parte dichiari di avere interesse
all’audizione.
Se il giudice riconosce giustificata l’omissione,
fissa una nuovo udienza per l’assunzione della
prova.
Si è detto che l’applicabilità delle sanzioni di cui all’articolo 255 c.p.c. è subordinata alla
regolare intimazione del teste: a fortiori qualora la parte ometta tout court la citazione, la
mancata comparizione del teste all’udienza non potrà in alcun modo determinare l’applicazione
di sanzioni a carico di quest’ultimo.
Il legislatore della riforma ha modificato anche il testo dell’articolo 104 disp att. c.p.c., che,
sanzionando con la decadenza dalla prova l’omessa citazione del teste, consentiva la rinuncia
per fatti concludenti della prova ammessa, in apparente distonia con quanto previsto
dall’articolo 245 c.p.c. a mente del quale: “la rinuncia fatta da una parte all’audizione dei
6
Confronta commi II e III art. 250 c.p.c. introdotti dalla legge 14 maggio 2005 numero 80 di conversione del DL 14
marzo 2005.
7
Confronta art 106 disp. att. c.p.c. Disposizioni relative al testimone non comparso: “il giudice istruttore può
pronunciare provvedimenti di cui all’articolo 255 primo comma del codice contro il testimone non comparso dopo che
è decorsa un’ora da quella indicata per la comparizione.
Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo contro il testimone.”
testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi
consente”.
A ben vedere già la giurisprudenza aveva risolto in via ermeneutica il potenziale conflitto tra
quanto disposto dall’articolo 104 disp.att. c.p.c.e le previsioni dell’articolo 245 c.p.c.: riteneva
che la pronuncia giudiziale di decadenza dalla prova -in caso di mancata intimazione del testefosse subordinata all’eccezione di controparte, in applicazione del principio dell’acquisizione
processuale per il quale l’elemento di prova, una volta introdotto nel processo, rimane
definitivamente acquisito la causa e può essere utilizzato sia dalla controparte che dal giudice.
La legge 69 del 2009 riformulando l’articolo 104 disp.att. c.p.c. ha eliminato le potenziali
incongruenze di cui si è dato conto prevedendo, da un lato, la rilevabilità d’ufficio della
decadenza e, dall’altro lato, escludendo la pronuncia sulla decadenza allorquando l’altra parte
abbia dichiarato di avere interesse all’audizione del teste ammesso ma non intimato.
Quanto poi al coordinamento del nuovo testo dell’articolo 104 disp.att. c.p.c. con quanto
previsto ex articolo 157 c.p.c.8, in materia di rilevabilità e sanatoria delle nullità di carattere
relativo, sembra doversi ritenere che la nullità in commento sia sanata qualora il rilievo ex
officio della decadenza dalla prova o la consequenziale eccezione ostativa della decadenza
formulata dalla controparte non siano denunziate nella prima difesa successiva al loro verificarsi
– ovvero nell’udienza in cui emerge che l’ assenza del teste è determinata dalla mancata
intimazione a comparire-.
Da ciò deriva che, se il giudice non rileva tempestivamente la nullità di cui all’art. 104 disp.att.
c.p.c o la parte non dichiara di volere comunque procedere all’audizione, la mancata
intimazione del teste è sanata e quest’ultimo può essere intimato a deporre all’udienza
successiva. Pare d’obbligo precisare che la rinuncia della controparte può dedursi dal suo
inequivoco comportamento quale può essere ad esempio la richiesta di fissazione dell’udienza
di precisazione delle conclusioni
2 ) Il giustificato motivo.
Costituisce giustificato motivo della mancata presentazione del teste regolarmente intimato
all’udienza fissata per la sua escussione qualunque impedimento serio e documentato idoneo ad
impedire la presenza all’udienza (come in caso di stato di malattia certificato). Non integra tali
requisiti la mera dichiarazione orale resa dal difensore né la mera difficoltà di assentarsi dal posto di
lavoro: l’obbligo di testimoniare è infatti imposto dalla legge ed il datore di lavoro è tenuto a
consentire l’assenza temporanea del proprio dipendente.
Testimonianza scritta
Articoli 257 bis c.p.c. e 103 bis disp. att. c.p.c.
Art. 257 bis c.p.c
Art 103 bis disp.att.c.p.c.
Testimonianza scritta
Modello di testimonianza
Il giudice, su accordo delle parti, tenuto conto La testimonianza scritta è resa su di un modulo
della natura della causa e di ogni altra conforme al modello approvato con decreto del
8
Articolo 157 c.p.c. Rilevabilità e sanatoria della nullità:” Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte se
la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito
stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso.
La nullità non può esser opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche
tacitamente.”
circostanza, può disporre di assumere la
deposizione chiedendo al testimone, anche
nell’ipotesi di cui all’articolo 203, di fornire, per
iscritto e nel termine fissato, le risposte ai
quesiti sui quali deve essere interrogato.
Il giudice, con il provvedimento di cui al primo
comma, dispone che la parte che ha richiesto
l’assunzione predisponga il modello di
testimonianza in conformità agli articoli
ammessi e lo faccia notificare al testimone.
Il testimone renderà deposizione compilando il
modello di testimonianza in ogni sua parte,
corrisposta separata a ciascuno dei quesiti e
precisa quali sono quelli cui non è in grado di
rispondere, indicando nella ragione.
Il testimone sottoscrive la deposizione
apponendo la propria firma autenticata su
ciascuna delle facciate del foglio di
testimonianza, che spedisce in busta chiusa con
plico raccomandato o consegna alla cancelleria
del giudice.
Quando il testimone si avvale della facoltà
d’astensione di cui all’articolo 249, ha l’obbligo
di compilare il modello di testimonianza,
indicando le complete generalità e i motivi di
astensione.
Quando il testimone non spedisce o non
consegna le risposte scritte nel termine stabilito,
il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria
di cui all’articolo 255 primo comma.
Qualora la testimonianza abbia ad oggetto
documenti di spesa già depositati dalle parti,
essa può essere resa mediante dichiarazione
sottoscritta dal testimone e trasmessa al
difensore della parte nel cui interesse la prova è
stata ammessa, senza il ricorso modello di cui al
secondo comma.
Il giudice esaminate le risposte o le
dichiarazioni, può sempre disporre che il
testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o
davanti al giudice delegato.
ministro della giustizia, che individua anche le
istruzioni per la sua compilazione, da notificare
unitamente al modello. Il modello sottoscritto in
ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la
compilazione,
deve
contenere,
oltre
all’indicazione
del
procedimento
e
dell’ordinanza di ammissione da parte del
giudice
procedente,
idonei spazi per
l’inserimento nelle complete generalità del
testimone, dell’indicazione della sua residenza,
del suo domicilio e, ove possibile, di un suo
recapito telefonico.
Deve altresì contenere l’ammonimento del
testimone ai sensi dell’articolo 251 del codice e
la formula di giuramento di cui al medesimo
articolo, oltre all’avviso in ordine alle facoltà di
astenersi ai sensi degli articoli 200,201 e 202 del
codice di procedura penale, con lo spazio per la
sottoscrizione obbligatoria del testimone,
nonché le richieste di cui all’articolo 252 primo
comma del codice, ivi compresa l’indicazione di
eventuali rapporti personali con le parti e la
trascrizione dei quesiti ammessi,
con
l’avvertenza che il testimone deve rendere
risposte specifiche pertinenti a ciascuna
domanda e deve altresì precisare se avuto
conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza
in modo diretto o indiretto.
Al termine di ogni risposta è apposta, di seguito
senza lasciare spazi vuoti, la sottoscrizione da
parte del testimone.
Le sottoscrizioni devono essere autenticate da
un segretario comunale o da un cancelliere di un
ufficio
giudiziario.
L’autentica
delle
sottoscrizioni è in ogni caso gratuita nonché
esente dall’imposta di bollo e da ogni diritto.
La volontà del legislatore di accelerare le tempistiche del procedimento civile ha determinato
l’approdo – anche- nel nostro ordinamento della possibilità di formare, su accordo delle parti, la
prova costituenda per antonomasia al di fuori del contraddittorio avanti al giudice 9.
È bene, da subito, procedere ad una precisazione: la neo istituita testimonianza scritta non deve
essere confusa con la prassi invalsa in alcuni tribunali di delegare l’escussione del testimone agli
9
In realtà non si tratta di una previsione totalmente sconosciuta al nostro ordinamento processulcivilistico: infatti,
seppur limitatamente al solo procedimento arbitrale, l’art.816 bis comma II c.p.c. espressamente prevede che “ gli arbitri
possono deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte ai quesiti nel
termine che essi stabiliscono”
avvocati limitandosi il giudice a sottoscrivere il verbale. In questi casi deve ritenersi che la prova
testimoniale, non formata nel processo come risultato di attività istruttoria in senso stretto, sia
affetta da radicale nullità. A ciò si aggiunga che, questo modo di procedere, oltre a comportare per il
magistrato sanzioni disciplinari, assume rilevanza penale in quanto integra – quantomeno- l’ipotesi
delittuosa di cui all’articolo 479 c.p.
Il legislatore della riforma ha inteso subordinare la possibilità per il giudice di disporre di assumere
la deposizione del teste in forma scritta al previo accordo delle parti.
Sulla indispensabilità del predetto requisito non si può non condividere lo scetticismo manifestato
da un autore in ordine alla- scarsa- potenzialità applicativa della norma in esame tenuto conto che
“Tra le disposizioni del codice di rito che risultano meno applicate sono proprio gli articoli 114pronucia secondo equità a richiesta di parte- e 360 comma II – il c.d. ricorso per cassazione per
saltum. Ma a questa situazione di fatto non deve sorprendere ove si consideri che, da un lato nel
processo contenzioso, animato dall’antagonistica contrapposizione, una delle regole fondamentali
che inevitabilmente è seguita è costantemente osservato da ogni parte è rappresentata proprio dal
contrastare sempre e comunque le iniziative e le proposte dell’avversario. Dall’altro lato,
ordinariamente, se una parte ha l’interesse ad ottenere il prima possibile la tutela giurisdizionale,
l’altra ha l’interesse diametralmente opposto di procrastinare il più possibile l’intervento della
pronuncia del giudice” 10.
Ciò detto, occorre soffermarsi sulla corretta interpretazione da attribuire alla dizione parte: parte
costituita o parte tout court?
La preferenza per l’una o per l’altra opzione interpretativa determina in un caso la ammissibilità
della testimonianza per iscritto a fronte della unilaterale manifestazione di volontà della parte
costituita con conseguente pregiudizio per la parte contumace e, nell’altro caso la concreta
inoperatività delle disposizioni di cui all’art 257 bis c.p.c. in tutte le ipotesi di contumacia anche di
uno soltanto dei convenuti.
I primi commenti alla norma non consentono di registrare unanimità di vedute in proposito.
Sembra peraltro doversi condividere l’opinione di chi, nell’osservare che la possibilità di assumere
la testimonianza al di fuori del processo costituisce deroga del diritto costituzionale per cui la prova
si deve formare di fronte al giudice naturale – art. 111 Cost.- evidenzia che, se l’accordo costituisce
una rinuncia al diritto, non può ritenersi che la norma in commento abbia rimesso alla valutazione
discrezionale delle sole parti costituite la possibilità di limitare diritti costituzionalmente
riconosciuti alle parti contumaci 11.
La valutazione in ordine all’opportunità di assumere la deposizione del teste nelle forme di cui
all’articolo 257 bis c.p.c. è comunque, in ultima battuta, rimessa all’apprezzamento del giudice il
quale, registrato l’accordo delle parti, deve comunque tenere conto sia della natura della causa sia di
ogni altra circostanza idonea ad incidere sulla convenienza di consentire l’ingresso nel processo di
dichiarazioni scritte rese dal terzo.
Una volta che il giudice abbia disposto con ordinanza che la deposizione del teste sia assunta in
forma scritta è onere dell’avvocato predisporre il modello di testimonianza in conformità con
quanto previsto dall’articolo 103 bis disp. att. c.p.c..
Allo stato, però, il M inistro della Giustizia non ha ancora provveduto alla redazione del modello di
testimonianza normativamente previsto e, di conseguenza, la possibilità di escutere il teste nelle
forme della testimonianza scritta è ipotesi di là da venire.
L’unica attuale ricaduta pratica della riforma in commento è da ascriversi al disposto di cui
all’articolo 257 bis penultimo comma c.p.c.. Si tratta di un’ipotesi di testimonianza scritta
10
G. Finocchiaro – t esti a cura di-“ Un viaggio nelle nuove r egole”in Il sole 24 ore, Guida al Diritto, giugno- luglio
2009.
11
G. Buffone, La riforma del processo civile Buffetti, 2009
semplificata per i casi in cui siano già stati acquisiti al giudizio principi di prova scritta quali i
documenti di spesa già depositati dalle parti (fatture, scontrini, e quant’altro costituisca il titolo sul
quale la parte ha fondato le proprie pretese).
Se ricorrono tali presupposti, la testimonianza per iscritto -da ammettersi, comunque, su accordo
delle parti, - può essere consentita senza il ricorso a modello di cui all’articolo 103 disp.att. c.p.c.
mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui
interesse la prova è stata ammessa, anziché alla cancelleria del giudice adito come previsto in linea
generale dall’articolo 257 bis c.p.c..
Deve, da ultimo, registrarsi che le sottoscrizioni apposte dal teste alla propria dichiarazione devono
essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario -con
conseguente inibizione della facoltà di autenticazione agli altri pubblici ufficiali ed ai notai: ciò
rende, di fatto, inapplicabile la norma in commento al testimone residente all’estero in quanto Le
predette figure professionali sono presenti soltanto all’interno del territorio nazionale.
A chiusura della norma in commento, il legislatore del 2009 ha espressamente previsto la possibilità
che il giudice, esaminate le risposte e le dichiarazioni pervenute, possa sempre chiamare il
testimone a deporre davanti a lui. Quest’inciso apprezzato alla luce della normale dinamica
processuale -per cui è ragionevole ritenere che le parti tendano, comunque, a fornire
un’interpretazione delle dichiarazioni scritte pervenute dal teste nel senso a loro più favorevole-,
porta a dubitare dell’effettiva efficacia acceleratoria delle testimonianze rese per iscritto in quanto a
fronte di interpretazioni contrapposte fornite dalle parti il giudice non può esimersi dal rivolgere al
teste anche d’ufficio, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti intorno ai quali è chiamato a
deporre ex art. 253 c.p.c..
Dott.ssa Chiara Delmonte
(M agistrato del Tribunale di Varese)
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