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ECCOCI QUA LA COLOMBINA DEL CAM NUMERO 16 FEB-APR 2015 DIRETTORE Ivo Ulisse Camerini TESTI Gianfranco Caprai Patrizio Faloci Marco Tulli Francesca Cherubini Alberto Casucci Francesca Fanfano Angelica Lorenzoni Francesca Fanfano Chiara Frescucci Alessia Sommariva I ragazzi del Cam FOTO Archivio CAM GRAFICA Gianfranco Caprai Laura Meacci Patrizio Faloci IN COPERTINA Foto di Patrizio Faloci La Colombina del CAM STAMPATO IN PROPRIO Distribuito gratuitamente Foto e testi sono accompagnati dal consenso al trattamento dei dati personali (D. Lgs. 196/2003) CAM Residenze Sanitarie www.istitutocam.com [email protected] AMMINISTRAZIONE via S. Lazzaro, 1 52044 Camucia AR ECCOCI QUA Aspettando il “cinquantesimo del CAM” vi do il mio più caloroso abbraccio. Ebbene si, sono passati cinquanta anni – io ne avevo due - da quando il nostro babbo Emilio intraprese un cammino che neppure lui avrebbe potuto immaginare dove ci avrebbe condotti. Pioniere nelle idee e instancabile timoniere - con al fianco la nostra forte e sempre presente mamma Maria - ha ideato e realizzato un luogo dove la dignità dei più fragili ha trovato dimora. Ogni giorno abbiamo conferme che quello che facciamo ha un senso profondo e che per questo vale la pena di continuare ….. In questi giorni, per l’occasione, abbiamo spulciato foto, documenti, articoli di giornale, che oggi sono molto più che ricordi: sono tracce importanti delle tante mutazioni a cui la nostra struttura si è adattata senza però mai cambiare il proprio spirito, la propria fisionomia: dedizione all’ ascolto e alla comprensione, in altri termini attenzione e cura delle persone. Uomini, donne, volti impressi nella memoria, fisionomie di altri tempi, sguardi pieni di desideri e attese. E tanti, tantissimi ragazzi pieni di vivacità e speranze. Famiglie, artigiani, insegnanti, infermieri, medici…… autorità civili ed ecclesiastiche….. bandiere aperte e sventolanti……. un mondo ….in pieno movimento tutto intento a costruire il futuro per tanti giovani apparentemente meno fortunati e socialmente emarginati, oggi invece “uomini tra gli uomini”. Molti di loro continuano a visitare quella che è stata la scuola “dedicata” che li ha accompagnati nel mondo del lavoro con diplomi da artigiani; alcuni di questi, oggi, con moglie e figli. Quello che trovano qui è una struttura migliorata nell’aspetto, con alberi più grandi e arredi più confortevoli, qualcosa di diverso, gli stessi abitanti sono diversi, ma immutata è l’accoglienza, la sensazione di far parte di una grande famiglia. Una gratificante soddisfazione per noi che siamo eredi di questa prima esperienza e prosecutori di questa opera assistenziale, seppur con utenze e finalità diverse. Da qualche anno ad accoglierli non c’è più il mio babbo, ma per loro il ricordo è così vivo che l’assenza pare non esistere: mille racconti, tanti gli episodi che narrano della grande capacità di comunicazione ed il carisma di colui che è stato per loro più un punto di riferimento di vita che direttore di una scuola per artigiani. Tante anche le lettere e gli articoli di giornale che ci fanno rivivere i difficili, ma entusiastici anni dell’avvio. Insomma un turbinio di emozioni che cercheremo di condividere il 6 Giugno prossimo, a cinquanta anni esatti dalla fondazione del CAM, presso di noi durante l’edizione del Calendiprimavera, appuntamento di festa dedicato ai nostri ospiti ed alle loro famiglie. Ringrazio a nome di noi tutti coloro che ci onoreranno della loro presenza. A presto……!!! Gianfranco Caprai E'QUI LA FESTA Martedì 17 febbraio, come da tradizione, abbiamo festeggiato il Carnevale nella nostra struttura. E’ una giornata veramente speciale perché vengono a trovarci molti nostri amici e tutti insieme festeggiamo il Martedì Grasso tra maschere, canti, balli e tanti buonissimi dolci!!! Nei giorni precedenti alla festa ci siamo impegnati moltissimo per trovare dei costumi originali e delle musiche coinvolgenti per rallegrare l’atmosfera e festeggiare nel modo più divertente; abbiamo addobbato la sala giochi e la sala cinema con tantissime maschere colorate, stelle filanti e festoni …. tra addobbi colorati e il magnifico buffet di dolci delle nostre bravissime cuoche, l’effetto finale è stato strepitoso!!! Il pomeriggio è passato velocemente, i ragazzi si sono cimentati in balli di gruppo e hanno coinvolto tutti i partecipanti, trascinandoli in pista! A fine serata, mentre salutiamo i nostri ospiti in procinto di andare via, l’atmosfera è serena e rilassata e si respira ancora aria di festa .… e profumo di strufoli! Qualcuno pensa già a quale sarà il travestimento per il prossimo anno, qualcun altro già si prenota per vestirsi da pagliaccio …. in ogni caso, qualsiasi sia la scelta finale dei costumi, noi già sappiamo che sarà un successo!!! Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a rendere questo pomeriggio di festa ancora più emozionante!!! le educatrici CAM VS NIKE Con l’arrivo della primavera abbiamo disputato una bellissima partita di Calcetto organizzata dal gruppo educativo e dalla nostra amica Michela. Le squadre scese in campo sono state ovviamente la nostra e i ragazzi della Nike, colleghi di lavoro di Michela. I nostri ragazzi, quando hanno saputo dell’intenzione di organizzare una partita, si sono prodigati subito in durissimi allenamenti con il nostro preparatore atletico Andrea per essere in forma per il giorno della partita. Molti dei ragazzi amano giocare a calcio, specie se vengono organizzate delle partite con persone provenienti dall’esterno della struttura. Potete immaginare come sono trascorsi i giorni precedenti alla partita: Gino e Vincenzo, insieme ad Andrea, si sono impegnati in una faticosa scelta delle persone che avrebbero giocato e nella creazione di schemi di gioco che avrebbero dovuto lasciare di stucco i nostri avversari; la partita è stata come è solito dire “sulla bocca di tutti” fino al fatidico 21 aprile, quando i nostri campioni carichi di emozione hanno atteso nel parcheggio l’arrivo degli amici della Nike. L’incontro è stato davvero bello, i nostri del Cam hanno fatto un’accoglienza molto calorosa, sembrava che si conoscessero da sempre. Cari lettori, non tutti sanno che la bellezza di incontrare i ragazzi del Cam è soprattutto l’assenza di barriere e ostacoli nei ragazzi, ti fanno sentire accolto e da sempre uno di famiglia. La partita come potete immaginare si è svolta con molto impegno da parte di tutti quanti, ma soprattutto con divertimento; ricordiamo con gioia le risate di Simone, le grida di Michael, le parate di Luca (un vero portiere da Nazionale!), i dribling di Gino, Patrizio e Claudio. Non dimentichiamo la tifoseria accanita sostenitrice del Cam, formata non solo dai ragazzi che non hanno giocato, ma anche dagli operatori, dalla direzione, dalla proprietà, da tutto il gruppo degli educatori, da parenti e da amici. Uno dei momenti più simpatici da ricordare è stato quando i ragazzi della Nike hanno pregato il nostro Luca di diventare il loro portiere, data l’evidente “imbranaggine” del loro portiere Michela e Luca, molto lusingato dalla richiesta ha accettato volentieri. Nessuno dei nostri ha protestato, anzi l’episodio è stato l’incentivo per uno scambio di altri giocatori, così che non c’era più la squadra della Nike e quella del Cam ma due squadre miste perfettamente integrate. Siete curiosi di sapere il risultato? Ci dispiace deludervi ma noi non lo sappiamo, ci siamo dimenticate di tenere il conto dei goal, ma l’aspetto che invece è rimasto vivo nella nostra mente e soprattutto nel cuore è il ricordo della gioia, del divertimento, delle chiacchierate e della piacevolissima condivisione che a fine partita abbiamo fatto della gustosa merenda che le brave cuoche ci hanno preparato. Grazie Michela, Luca, Alessio, Francesco M., Francesco R., Ernesto, Annarita e Sara per averci regalato un pomeriggio davvero speciale. le educatrici v MARTEDI GRASSO GIRAMONDO FLORENCE BIKE FESTIVAL: BICI E NON SOLO ... Dal 17 al 19 Aprile si è tenuta a Firenze, nell’incantevole cornice del Parco delle Cascine di Firenze, la terza edizione della bicifi che quest’anno si è arricchita di nuovi eventi, spettacoli e innumerevoli attrazioni, diventando un festival in piena regola! Invitati dal Sig.re Pietro Agosta, direttore della Special Olympics di Firenze, non ci potevamo perdere l’occasione di partecipare, e così, sabato 18 Aprile siamo andati al “Parco delle Cascine”. Il tempo incerto e a tratti piovoso non sempre ha consentito il regolare svolgimento della manifestazione ma eventi interessanti e piacevoli sorprese non ci sono mancate comunque. La prima, in ordine cronologico,e per alcuni dei nostri ragazzi anche d’importanza, è stato l’incontro con Basanta e Bernardeschi, due giocatori della Fiorentina Calcio, presenti alla manifestazione per promuovere la “Bici Viola” e per incontrare i tifosi in una sessione di autografi. Luca, incredulo e sorpreso, è rimasto bloccato dalla gioia (un tifoso sfegatato come lui…) rimanendo in posa plastica a fianco dei due giocatori, mentre Roberto P. , meno interessato al calcio, ma molto intraprendente, si è letteralmente gettato fra le braccia di Basanta, che, dopo essersi ripreso dallo stupore, ha contraccambiato calorosamente l’abbraccio , suscitando l’allegria nel casuale pubblico! La socievolezza e l’espansività non ci è mai mancata e ogni occasione è stata buona per fare nuove conoscenze! “ E’ primaveraaa, svegliatevi bambinee, che alle Cascine messer Aprile fa il rubacuor”. Questo vecchio stornello fiorentino è stato il leitmotiv della giornata, che è stato più volte intonato da Roberto L. in una collocazione spazio-temporale, oserei dire, perfetta! Giovani e accoglienti ragazze pon-pon del “Viola Village Club” hanno intrattenuto il pubblico con piacevoli coreografie concedendoci generosamente tante belle foto insieme a loro. Alcuni dei nostri ragazzi si sono cimentati nel tirare calci di rigore, ottenendo in premio i gadget della loro amatissima squadra. A questo punto ci sarebbe da chiedere… e le bici? Beh… di bici erano pieni gli stand, nuove e d’epoca, accessori e quant’altro, e che noi passeggiando abbiamo attentamente visitato. Gremiti di ciclisti i viali, e bici acrobatiche domate da abilissimi atleti, hanno intrattenuto ovunque gli spettatori. Così, fra tutte queste attrazioni la giornata se n’é andata via, come dire … in volata! E con un “Ciao Fierenzeeeeee a presto!” i ragazzi, divertiti e soddisfatti, hanno salutano la città. Angelica e Alessandra LA GITA CHE VORREI L’arrivo del bel tempo, con le giornate più lunghe, è un piacevole invito a viaggiare. Le gite si fanno per vedere posti nuovi o rivedere posti già conosciuti ma piaciuti (o anche per far conoscere i propri luoghi agli amici). Viaggiare ha anche il vantaggio di poter far conoscere gente nuova, che non è poco. Spesso durante le gite si cammina molto per cui spesso si torna stanchi ma soddisfatti. La stanchezza scompare il giorno dopo con il riposo ma lascia piacevoli ricordi che non svaniscono con il tempo ma rimangono indelebili dentro di noi. Tutto quanto si vede durante un viaggio serve ad arricchirsi culturalmente ed anche quando non c’è interesse diretto rimane comunque l’esperienza fatta. Possiamo fare gite solo culturali, come è capitato qualche volta, oppure semplicemente di svago e divertimento, come le abbiamo fatte la maggior parte delle volte. Anche in solo giorno è possibile visitare luoghi nuovi, perchè è vero che anche nelle vicinanze ci sono posti interessanti. D’altra parte è vero come si dice che l’Italia è un posto meraviglioso e tutto da scoprire. Ecco, se avessimo più tempo a disposizione una bella gita sarebbe il giro d’Italia, non in bicicletta come fanno alcuni, ma comodamente seduti sul nostro pulmino. Dove andare? A Roma, perché è bella e ricca di storia antica. A Venezia, perché è particolare ed unica al mondo. A Firenze, perché è bella e basta. Oppure a Genova, a Napoli, a Como con il suo lago, a Verona per i concerti all’Arena, la casa di Romeo e Giulietta e Gardaland che è li vicino. Ma anche a vedere i trulli di Alberobello oppure le montagne delle Dolomiti o un tramonto a Capri o in Sicilia e, perché no? … le tre isole del lago Trasimeno. Siamo consapevoli che un giro così lungo non è realizzabile, rimane però l’immaginazione che ci permette di sognarci ogni giorno in un luogo diverso. D’altra parte sognare ad occhi aperti non ci può essere impedito ed in più non costa niente: basta girare il mappamondo, sfogliare un libro, guardare delle foto e farci raccontare le storie da Francesca o Patrizio. Giampietro e Letizia A PAROLE MIE Questa volta pubblichiamo due brevi storie inventate di getto in due momenti diversi. Possono sembrare prive di senso, e un pochino strampalate, ma solo leggendole frettolasamente. Invece, facendo più attenzione, qualche insegnamento a vivere lo si può trovare ... LA VERA STORIA DI ROMEO E GIULIETTA Romeo proveniva dalla famiglia dei Cappelletti di Ravenna ma era nato a Londra. Era alto, magro, bello di fisico, con i capelli lunghi neri e gli occhi azzurri. Faceva l’attore in giro per il mondo e conobbe Giulietta a Vienna. Lei era giovane e bella. Faceva anche lei l’attrice ma era anche una brava cuoca. Fu amore a prima vista, quindi recitarono insieme nei teatri di molte città: Chicago, Roma, Venezia, Milano e Parigi. Poi si sposarono ed ebbero sei figli. Per fortuna la mamma di Giulietta si offrì di curarsi dei bambini. Crebbero sani, belli ed in buona salute. Romeo e Giulietta in seguito smisero di recitare e rimasero a casa. Giulietta brava cuoca preparava spesso le lasagne, le cotolette alla milanese ed il tiramisù. Cucinava tutti i giorni bene e tanto. Ingrassarono tutti e due ma vissero felici e contenti lo stesso. (Tiziana e Alessandro) LA CITTA’ ALBERATA C’è il sole a picco sulla città alberata. Tanti olivi, sequoie, baobab, querce e alberi di natale tutto l’anno. Tante case basse e colorate: rosse, azzurre,viola e verdi ma tutte con il tetto rosso. La gente è tutta in giro, pochi lavorava perché c’è il sole ma per fortuna anche l’ombra degli alberi per ripararsi dal caldo. La giornata è bella. C’è un gruppo di persone: un uomo, una donna e un po’ di bambini. Potrebbero essere una famiglia ma anche no. Sono in macchina e di macchina c’è solo quella per le due uniche vie della città. Gli altri vanno a piedi o in bicicletta. Il gruppo di persone sta tornando dalla città vicina dove hanno pranzato al ristorante. La città vicina è più ricca ma anche più inquinata. Meno alberi e case grigie ma anche molti ristoranti che sono il motivo per il quale vi si sono recati, anche se per poche ore, con il taxi. La loro vita è però in una casa rossa con le tende bianche e tanti abeti intorno. E’ lì che vivono felici e contenti dopo la pizza e le patatine mangiate nella città vicina, dove torneranno solo per necessità. (Letizia e Ivano) Ora, invece, qualche pensiero sul tempo, tema che ben si presta ad essere interpretato. Il tempo speso meglio è quello usato per giocare a pallone e guardare la tv. Spero un giorno di poter giocare in una squadra di calcio vera. (Vincenzo) Nonostante i miei cinquant’anni e passa mi sento giovane. Perché la giovinezza si misura dentro di noi anche se non è facile dimostrarla alle persone. E’ più facile dimostrarla alle persone vicine che agli sconosciuti. (Luca) Sono arrivata al CAM il 2 ottobre 2013, è passato più di un anno e in questo periodo ci sono stati sia crisi sia periodi di tranquillità. Ho potuto fare delle nuove esperienze, come stare parecchi giorni a Venezia, salire per la prima volta a cavallo e giocare a bocce. (Letizia) Dopo 12 anni non me la sento più di vivere al Cam. Vorrei tornare a casa per avere un ambiente familiare. Di buono c’è che qui sono seguito e curato dal Dottor Varrasi. Si mangia molto bene, gioco a bocce (ho vinto cinque medaglie nel corso degli anni) per cui ho potuto visitare anche altre città. Ho visitato anche l’acquario di Cattolica: gli squali sono la mia passione ma anche i delfini che sono miei amici, conosciuti però allo Zoo Marine di Ostia. Tenuto conto di tutto questo il vivere qui è più sopportabile anche se spero sempre di tornare ad Empoli per sempre. (Antonio) Io mi sento arzillo, agile, simpatico, giovane, il cuore batte forte. La faccia però è rugosa, di un uomo di una certa età ma in buone condizioni. Mi piaccio. (Roberto P.) Mi piace molto passare il mio tempo in piscina e sono contento di poter andare alle gare; però non vedo l’ora di tornare perché, dopo tanto tempo, mi verranno a trovare mia sorella Clementina e suo marito…sono felice! (Ivano) Mi piace passare il tempo ballando e cantando. È bello festeggiare il mio compleanno e quello degli altri ragazzi…ci sono delle buone torte e degli addobbi da sistemare. (Pietro) CAM ARTE S A P O N E N AT U R A L E A L L’ O L I O D’OLIVA! Il sapone ha una storia molto antica, era già conosciuto dai babilonesi e dagli egiziani che lo usavano per scopi terapeutici. Secondo una leggenda romana il termine sapone deriva da “Monte Sapo“ che è il luogo dove si sacrificavano gli animali. Il sapone, dal punto di vista chimico, è un sale ottenuto mescolando una base (soda, potassa, calce) con un grasso (animale, vegetale o minerale). Il sapone naturale all’olio d’oliva è uno dei migliori saponi perché l’olio d’oliva è già allo stato naturale un detergente nutriente, emolliente, antiossidante, curativo della pelle e antiradicale, in quanto contiene fenolo, acido linoleico, sale di sodio, vitamina E e carotene. Vi s t o c h e n o s t r a a z i e n d a a g r i c o l a viene prodotto un eccellente olio extravergine d’oliva abbiamo pensato: perché non provare a realizzare un sapone artigianale? Ovviamente, data la presenza della soda caustica, la lavorazione è stata effettuata solamente dalle educatrici, alla quale però i ragazzi hanno assistito ( a debita distanza), interessati e molto incuriositi. Due sono i metodi che possono essere impiegati per la saponificazione, metodo a caldo e a freddo. Quello successivamente descritto è il metodo a freddo che è quello che noi abbiamo utilizzato, in quanto il più semplice da eseguire. Ed ecco gli ingredienti e la modalità di preparazione. Ingredienti: 1 k g di olio d’oliva 128 gr di soda caustica 300 gr di acqua Preparazione: Per prima cosa occorre pesare l’olio d’oliva con una bilancina di precisione. Dopodiché pesare la soda caustica, dopo aver indossato guanti protettivi,occhiali da lavoro e mascherina, e infine pesare l’acqua. Ve r s i a m o p o i l a s o d a c a u s t i c a nell’acqua, giriamo con un cucchiaio e quando la soluzione inizia a reagire salendo fino a 80° di temperatura, mescoliamo e aspettiamo che diventi trasparente. Versiamo la soluzione così preparata direttamente nell’olio d’oliva, immergiamo il minipimer e frulliamo fino ad ottenere il “Nastro”, ovvero un impasto abbastanza denso. Ve r s i a m o i l c o m p o s t o o t t e n u t o in uno stampo, che può essere in silicone ma anche di altro materiale se precedentemente rivestito con carta da forno, e lo sbattiamo un paio di volte per togliere eventuali bolle d’aria. Copriamo lo stampo con una pellicola con sopra ancora un panno e lo lasciamo riposare per circa 24 ore. Dopo aver controllato che lo stampo non emani più calore estraiamo il nostro sapone. Una volta tolto, lo liberiamo dalla carta da forno, lo tagliamo in pezzi a nostro piacimento e lo lasciamo stagionare per circa 40 giorni in un luogo asciutto. Passato tale periodo, il sapone all’olio d’oliva sarà pronto per essere utilizzato! Angelica INSERTO SPECIALE Pellegrinaggio al Santuario di Santa Margherita da Cortona. Sabato 9 Maggio si è materializzato il primo pellegrinaggio guidato da Frate Stefano e Suor Fabiana, da Laviano a Cortona in onore della Patrona di Cortona. Il cammino è stato preceduto dalla visita della casetta di Margherita in Laviano e della vicina chiesa dove ad attenderci vi era Don Piero, parroco di Pozzuolo. Dopo breve raccoglimento, la marcia dei quindici partecipanti ha preso avvio alla volta di Petrignano ove, presso la quercia cosiddetta del Pentimento, sarebbe stata data lettura della prima delle quattro virtù cardinali: la Prudenza. bordi del lago Trasimeno. Ci sono validi motivi per ritenere che questo percorso sia stato quello effettivamente seguito dalla Santa verso Cortona in quanto tutto all’apice di un crinale -quindi asciutto e sempre percorribile - che da Petrignano porta fino alle colline cortonesi nel punto più stretto della valle in prossimità del Riccio. Un’importante stampa di Giovanni Inghirami del 1830, sei secoli più tardi, ci dà un quadro della situazione morfologica e ci indica i percorsi consolidati nel tempo. Particolare della Valdichiana nella Carta geografica del Granducato di Toscana, 1830, di Giovanni Inghirami – In verde il percorso ipotizzato da Laviano a Cortona passante per Petrignano. Casa di Santa Margherita, Laviano La Quercia del Pentimento è una secolare pianta che si trova di fronte alla chiesetta in Petrignano e si narra che qui Margherita abbia ritrovato il corpo di Raniero Del Pecora (comunemente chiamato Arsenio) suo compagno si direbbe oggi, assassinato dai briganti della zona e qui abbia preso la decisioni di prendere i voti. Una targa posta nel tronco ne ricorda l’evento. Ripartiti, la seconda breve sosta è stata al campetto di calcio in prossimità della fattoria Braccesca dei Marchesi Antinori, all’ombra delle querce che da sempre proteggono i viandanti. Qui sorella Fabiana ci ha rifocillati con dolci e bevande…..addio dieta !!! Questo tratto di strada, immersa nel verde, corre lungo quel confine tra quelli che erano stato Pontificio e Granducato di Toscana, oggi rispettivamente Umbria e Toscana, ai La terza sosta è stata effettuata presso la nostra struttura dove una piccola folla festante ci attendeva. All’arrivo Milan ha lasciato partire i suoi piccioni viaggiatori che dopo tre giri sopra le nostre teste, si sono diretti velocemente verso Cortona. Non è casuale il passaggio qui in quanto in uno dei giardini del CAM si conserva un antico pozzo, detto “Della Comune”, che per molto tempo è stata l’unica fonte di acqua dolce della zona e si trova circa a metà del percorso. Dopo un gradito rinfresco, è stata illustrata la seconda delle Virtù Cardinali con grande e sincera partecipazione dei nostri ragazzi: la Temperanza. Tiziana in particolare ci ha divertiti con attenti e vivaci interventi che hanno dato modo di approfondire l’argomento. Frate Stefano, alla fine, ha commentato la bellissima l’atmosfera, la spontaneità ed i sorrisi dei nostri ragazzi. Io e Cecilia ci siamo fermati qui mentre gli altri hanno proseguito per il Santuario commentando le altre due virtù cardinali: la Fortezza e la Giustizia. Ci siamo promessi che questo sarà il primo di tanti pellegrinaggi che vorremmo si possano ripetere ad ogni vigilia della Festa di Santa Margherita. Il prossimo anno avremo un altro sito ove sostare ossia il tempietto che stiamo realizzando al vertice della vicina Collina dei Ciliegi. Grazie a Frate Stefano e Suor Fabiana di averci dato questa opportunità di fede e di riflessione. Al prossimo anno…!!! La strada per Cortona lungo il Trasimeno. All’ombra in prossimità del Pozzo della Comune. Santa Margherita da Cortona Margherita da Cortona ha una caratteristica presente in tutta la sua vita: l’essere stata sempre innamorata. Una donna ardente d’amore profano nella prima parte della vita, e nella seconda dopo la conversione, si consumò, come una candela, per il suo amore a Gesù Cristo. Per essere luce e calore per gli altri, occorre decidere di lasciarsi consumare a poco a poco, di lasciarsi mangiare dall’amore. La santità è un percorso impervio e in salita, un camminare spesso anche al buio, senza il conforto e la compagnia delle stelle. Ma è l’unica via per arrivare alla trasfigurazione di se stessi. Per diventare luce e calore trasformati dalla Luce e dal Calore che è Dio. Margherita, almeno nella seconda parte della vita, è vissuta così. È vissuta di amore totale, “con mani innocenti e cuore puro” ha scalato l’ardua montagna. Per questo è santa. Ed è giusto e confortante per noi ricordarla anche oggi a distanza di ben sette secoli. Margherita nacque nel 1247 a Laviano, in Umbria. Quindi è una santa umbra, anche se è vissuta per più di 25 anni a Cortona, sul versante toscano del Lago Trasimeno. Margherita entrò nel cono di luce e santità francescana che ispirò San Francesco scomparso da pochi anni. All’età di 9 anni Margherita rimase orfana della madre. Un colpo molto duro e difficile da superare per lei ancora bambina, bisognosa della guida e dell’affetto materno. La donna che sposò in seconde nozze il padre, proprietario terriero ed assente dall’educazione dei figli come era consuetudine all’epoca, complicò la difficile situazione della bambina. La matrigna si comportò in maniera ostile e ruvida, arrivando a maltrattare ripetutamente Margherita che perse il sorriso e la serenità. Cercava comprensione ed affetto che trovò fuori casa, fuori dalla famiglia. La bella Margherita conobbe un giovane della zona, il nobile e ricco Arsenio, che la convinse a fuggire e a rifugiarsi presso il castello di famiglia a Montepulciano. Sembrava che quell’incontro aprisse nuovi orizzonti, più ampi di quelli della famiglia, più confortanti e meno angoscianti del presente. Secondo una tradizione sarebbe vissuta o meglio convissuta (e qui c’è l’aspetto “moderno” di Margherita) per ben nove anni. Secondo qualche biografo ci fu anche la convalida della convivenza davanti ad un notaio. Però niente matrimonio religioso ufficiale, per l’opposizione della famiglia di lui. Un particolare importante: l’arrivo di un figlio, Jacopo. Questa la situazione fino alla morte improvvisa dell’Arsenio, sembra durante una partita di caccia. Margherita guidata dal suo cane (elemento curioso presente nella sua iconografia) ritrovò il suo cadavere. A quella vista rimase profondamente scossa. Ma non si scoraggiò. Rifiutata dalla famiglia di lui, Margherita prese il figlio e andò via dal castello. Logicamente fu rifiutata anche dalla casa paterna, dove imperava sempre la matrigna. Questa è la prima versione, contenente elementi leggendari. La seconda, mutuata dal biografo (e confessore) Fra’ Giunta Bevegnati afferma invece che Margherita concluse la sua travolgente storia d’amore sposando (sembra solo dopo un anno con matrimonio civile) l’Arsenio. Le differenze di classe tra i due furono dimenticate, e Margherita visse come una gran signora a Montepulciano. Il marito continuò come sempre la sua vita che non collimavano con gli ideali di Margherita. Ma lei lo amò lo stesso fino alla fine. Quale la versione più affidabile? Un’ipotesi è che in tutte e due sia intervenuto un certo “lavoro redazionale” degli autori. In una versione si incattivisce Margherita per esaltarne maggiormente la santità dopo. Nell’altra forse c’è stato un certo abbellimento per mostrare che la ragazza non era poi completamente persa, prima. Non si sa con precisione. Solo ipotesi. Una vita di penitenza, di preghiera e servizio agli ammalati poveri Comunque sia, alla morte di lui, Margherita diede una svolta totale alla propria vita, e, avendo scoperto il nulla e la vacuità che le sembrava aver vissuto fino ad allora, si diede a Dio con una conversione totale. Margherita era anche adesso una donna innamorata, questa volta di Dio (cosa che non le impedirà per niente di seguire il figlio e di provvedere alla sua educazione). Al rifiuto di assistenza della famiglia del marito, prese il bambino e vestita a lutto e lacera, si avviò verso Cortona, decisa ad intraprendere la strada della penitenza, dell’umiltà, della preghiera e del servizio ai più poveri. Ideali non certo nuovi in terra d’Umbria e zone vicine. Il vento del francescanesimo soffiava ancora, forte e invitante, anche in quegli anni. E Margherita si lasciò trasportare. Arrivò fino al convento dei frati, decisa a chiedere il saio della penitenza e iniziare così, decisamente e pubblicamente, una nuova vita. Ma il frate guardiano non la pensava così: rifiutò infatti di accoglierla perché, secondo lui, l’aspirante alla penitenza era “troppo giovane e troppo bella”. Non avrebbe perseverato. C’è da sorridere. Dopo tre anni di insistenza fu ammessa nel Terzo Ordine francescano, vestendo il mantello penitenziale. Le fu quindi concessa una piccola cella, a fianco della chiesa di San Francesco di Cortona. Visse di penitenza durissima, di preghiera, di servizio agli ammalati poveri. Seppe anche organizzare, con alcune volontarie chiamate Poverelle, l’assistenza gratuita a domicilio. Nel 1278 fondò anche l’Ospedale Casa di Santa Maria della Misericordia, diventando per i malati non solo infermiera, ma anche amica, confidente e all’occorrenza cuoca e questuante. Solo Cristo è il sole che salva Un giorno ebbe anche il coraggio di tornare al suo paese natale Laviano: in chiesa durante una celebrazione eucaristica chiese il pubblico perdono per i suoi trascorsi giovanili non edificanti. Si adoperò anche per portare la pace tra le varie fazioni combattenti della città che l’ha accolta ed adottata. Nelle evenienze più varie di vita pubblica e privata diventa un fatto naturale chiedere il suo intervento, raccomandarsi alle sue preghiere, sollecitare i suoi consigli. Non visse quindi estranea alle cose del mondo circostante, pur essendo profondamente presente a Dio. Margherita ebbe anche una intensa vita contemplativa, con esperienze mistiche e visioni, nella contemplazione della Passione di Cristo. Lei non scrisse niente ma le sue esperienze spirituali (visioni e dialoghi con Cristo) furono riportate dal suo biografo e confessore francescano Fra’ Giunta Bevignati. Margherita chiuse la sua esperienza terrena il 22 febbraio. Godeva già di venerazione ancora in vita ma ora dopo la sua morte il culto si accrebbe grandemente nell’Italia centrale. La canonizzazione arrivò solo il 17 maggio 1828 ad opera di Benedetto XIII. Margherita da Cortona è una figura molto importante nel movimento e nella spiritualità francescana. Non per niente è stata chiamata la Terza Stella del francescanesimo (dopo Francesco e Chiara). Ci fa anche capire oggi che la Santità è sempre possibile, per tutti. Che la misericordia di Dio è sempre disponibile, per tutti. Ed è interessante che quando qualcuno del popolo la chiamava “nuovo sole” ella lo rimproverava indicando il Cristo come il vero Sole e l’unica Luce che salva. CHE LUNA GIRA QUANDO L’ORTO E’ UN PIACERE: LE FRAGOLE L’ortotherapy è un metodo riabilitativo che appartiene all’ambito delle terapie occupazionali, considerate in grado di migliorare la salute sia fisica sia mentale; consiste nell’incentivare, nel preparare e nell’affiancare il soggetto nella cura e nella gestione del verde, nella coltivazione di fiori, ortaggi ed altre piante. Proprio il prendersi cura di organismi vivi, possibilmente in gruppo, stimola il senso di responsabilità e di socializzazione, aiuta l’acquisizione di abilità, autonomia e competenze, contribuisce allo sviluppo della capacità di interazione e partecipazione, il recupero e la valorizzazione delle abilità dell’individuo. Volendo fare una sintesi dei benefici che questo genere di attività comporta potremmo così riassumere: Dal punto di vista dei benefici fisici, l’ortotherapy ha il merito di incentivare lo sviluppo della motricità, favorendo il coordinamento occhi-mani-braccia e l’incremento della forza e della resistenza; Migliora le capacità di apprendimento, poiché imparare il nome delle piante, apprendere la ciclicità delle stagioni e di conseguenza i tempi adatti di semina e raccolto, organizzare lo spazio dell’orto sono tutte attività che incrementano la capacità di apprendimento e la sfera cognitiva dei soggetti coinvolti; Rafforza l’autostima, in quanto il soggetto è chiamato a svolgere un ruolo attivo e dal suo impegno si possono vedere realmente i frutti. Favorisce la socializzazione e ci insegna il lavoro di squadra. In questo periodo dell’anno mettiamo alla prova le nostre abilità di provetti contadini piantando le fragole. E’ una delle colture più amate e diffuse perché non richiede particolare bravura e occupano poco spazio, ma soprattutto producono un numero elevato di frutti!! Quando piantare le fragole?? Il periodo migliore è sicuramente la primavera! Le fragole necessitano un’esposizione in pieno sole ed un terreno sabbioso, limoso e ricco di sostanze organiche. Prima di piantare le fragole il terreno va lavorato e liberato dalle erbacce, meglio ancora sarebbe aggiungere un buon composto organico. E’ necessario acquistare delle giovani piantine in vaso e porle in singole file a circa 20-25 cm l’una dall’altra, è necessario che la buca sia fatta in modo tale che la pianta sia parallela al terreno. Le fragole necessitano di una innaffiatura regolare che va intensificata soprattutto nel periodo estivo facendo attenzione di versare l’acqua alla base della pianta e non sulle foglie. Inoltre durante tutto il periodo sarebbe bene eliminare le erbacce che crescono intorno alle piante. Quale varietà di fragole scegliere? Se volete fare delle conserve o congelare i frutti sarebbe bene scegliere varietà unifere poiché produrranno fragole una sola volta l’anno, pressoché tutte insieme. Se invece volete mangiare frutta fresca di stagione per un bel pezzo meglio optare per le bifere (producono frutti più volte l’anno dalla primavera all’autunno). Alessia e Francesca C. TUTTI A TAVOLA DITE LA VOSTRA INVOLTINI DI PROSCIUTTO CON PUNTE DI ASPARAGI Della ‘umana radicalità’ Lavate gli asparagi, lessateli possibilmente in una pentola a vapore o, in mancanza di questa, in una pentola di acqua salata bollente. In questo caso, procedete così: immergeteli legati a mazzi e in piedi nell’acqua in ebollizione, badando che il liquido dell’acqua non superi la metà del gambo degli asparagi. Appena gli asparagi accennano a piegare le punte, scolateli, metteteli su un tagliere, slegateli con precauzione, per evitare che le punte si stacchino, e tagliate via quasi tutto il gambo (utilizzerete perciò solo le punte degli asparagi, con una piccola parte del gambo). Appoggiate gli asparagi su un canovaccio per far assorbire l’acqua di cui la verdura si sia imbevuta cuocendo. Pareggiate le fette di prosciutto in modo che siano tutte della stessa misura. Dividete gli asparagi in otto mucchietti tutti uguali. Disponete ogni mucchietto di asparagi al centro di ogni fetta di prosciutto, che arrotolerete su se stessa badando di lasciare leggermente fuori le punte. Fermate ogni involtino con uno stuzzicadenti. Passate gli involtini di prosciutto prima nella farina, poi nelle uova precedentemente sbattute con una forchetta e salate leggermente, quindi rigirateli nel pane grattugiato. Mettete al fuoco una padella con l’olio; quando sarà bollente friggetevi gli involtini, facendoli ben dorare da tutte le parti. Scolateli dall’olio e serviteli ben caldi. Volendo, potete anche ricoprire ogni involtino con una fettina di groviera e metterli poi un attimo in forno a gratinare. Diceva Jacques Lacan che la funzione del linguaggio non è quella d’informare, ma di evocare. Ed è questo che sempre mi colpisce nel rapporto con un’altra prospettiva: il fatto che possa evocare qualcosa che in me risuona in una parte ignota dell’essere e, in questo modo, contribuisce a definirlo. Entrato al CAM, ho capito ancora meglio che ogni linguaggio è una diversa visione del mondo e della vita; decine di luoghi dell’anima, decine di possibilità, decine di prospettive…un caleidoscopio di significati e di misteri. Narrazioni proprie, uniche certo, ma al contempo anche universali. Si tratta, credo, di qualcosa che potrei definire come una ‘umana radicalità’. Mi è parso che tra i tanti linguaggi, cosi diversi e cosi ignoti, possa esistere una sorta di ‘essenza’ dell’umano…una radicalità appunto, un concentrato… cosi nel dolore, come nella gioia, nella paura come nella rabbia o nell’amore… un alfabeto dell’uomo e della donna autentico e drammatico. Poche cose sono più difficili, mi dico, del rapportarsi con una rivelazione talmente potente, poche cose sono più complesse del fare i conti con una parte di se stessi rappresentata e resa viva, Ingredienti: asparagi kg 1 8 fette di prosciutto cotto, meglio se tagliate un po’ alte 2 uova pane grattugiato poca farina olio per friggere sale poche cose sono più sorprendenti della ‘umana radicalità’, ma anche poche cose sono più nutrienti, arricchenti, ‘amplianti’. Non so se, cari amici, vi sono mai stato d’aiuto ma, di sicuro, voi si e, perdonatemi, se ho approfittato di voi per provare a crescere un poco. Grazie. Marco Tulli LO SCACCIAPENSIERI BARZELLETTE Il comandante dice: “allarme! allarme! La nave va a picco!” Un passeggero, che sta dormendo in cabina, si sveglia e sentendo l’allarme commenta: “che me ne importa tanto io vado a Genova”. Dall’arca di Noè scese per primo il maestoso elefante, per seconda la minuscola pulce. La pulce scivolò e si schiantò contro l’elefante, il pachiderma disse:”non iniziamo a spingere “ La pulce rispose :”non l’avevo vista”. Il giorno dopo l’acquisto di un acquario la moglie chiede al marito: “caro, hai cambiato l’acqua ai pesci?”. “no! non hanno ancora bevuto quella di ieri”. Il professore entrando in classe e vedendo Pierino dormire sul banco gli dice: “Pierino alzati” e lui: “prof ma faccio tutto io a casa: lavo i piatti, lavo i pavimenti, lavo il bagno ...” “ma tua madre tuo padre e tua sorella?” “no loro si lavano da soli” Un carabiniere arriva contento in ufficio: -”Ieri ho finito un bel puzzle”. L’appuntato: - “E quanto ci hai messo?”. - “Due anni”. -”mi sembra molto!!!”. -”Ma che dici, sulla scatola c’era scritto: da 3 a 6 anni!”. - Dottore, dottore: un cane mi ha morsicato un dito! E gli hai messo su qualcosa? No! Gli è piaciuto così! Un palloncino dice ad un altro palloncino: “Attento al cactussssssssssssss......” ”Quale cactussssssssssssss........ “ -Lei e in contravvenzione! ha il cane dietro senza rete di protezione -... ma è un peluche -guardi la razza non mi interessa!! Perchè d’inverno i gatti non escono mai?? Perchè fuori c’ è un freddo cane In campagna: una signora a una contadina: “ha delle uova?” “naturalmente” “sono di giornata? “certo che sono di giornata, che domande, le galline di notte dormono! Ligabue canta: “Tutti vogliono viaggiare in prima”. Io l’ho fatto e ho bruciato motore e frizione... Due lumache da sempre amiche. Una dice attraversiamo i binari,l’altra dice: sei pazza fra due ore passa il treno Un uomo entra in un cafè... splash… CALEIDOSCOPIO PRINCIPI E PRINCIPESSE ... Con carrozza si intende genericamente un mezzo di trasporto a trazione animale, destinato esclusivamente al trasporto di persone, più diffuso fino alla fine del diciannovesimo secolo, ovvero fino all’avvento delle automobili. Le carrozze sono di tipologia diversa a seconda dell’impiego a cui sono adibite. Tra le varie denominazioni specifiche esisteva ad esempio la berlina, chiusa con funzione di rappresentanza, il coupé anch’esso chiuso ma a soli due posti, il calesse aperto per la bella stagione, il landau, dotato di capote o il più lussuoso phaeton, paragonabili alle odierne vetture cabriolet e varie altre versioni. Esse venivano trainate da animali da tiro, solitamente da uno o più cavalli, a seconda della tipologia del mezzo e del suo impiego. Il conducente, detto cocchiere, era sistemato in posizione avanzata o sul retro della carrozza su un alloggiamento rialzato al di fuori dell’abitacolo destinato ad ospitare i passeggeri, solitamente in configurazione vis-à-vis. Sulle carrozze vennero per prime sperimentate e utilizzate le tecnologie che ritroviamo sulle moderne auto, quali le sospensioni a balestra per migliorare il comfort di marcia dei passeggeri. La continuità storica tra la carrozza e l’automobile è testimoniata sia dal fatto che le aziende specializzate nella loro costruzione hanno perlopiù proseguito l’attività di carrozziere nel campo dei nuovi mezzi a motore, sia per il fatto che ancora oggi buona parte dei nomi utilizzati per definire vari tipi di carrozzeria hanno preso nome dalle loro progenitrici. La storia della carrozza si perde nei secoli, già le popolazioni preistoriche e in seguito la civiltà romana utilizzavano carri a trazione animale. Tornando ai giorni nostri, per la precisione ad una soleggiata mattinata di Aprile, è arrivato il momento di salire a bordo… Una splendida carrozza ci attende! Partiamo, suddivisi in piccoli gruppi, per un bel giro panoramico che dal campo sportivo del Borghetto, attraverso il paese, ci conduce fino alla rive del lago Trasimeno. Ci godiamo il panorama di un viaggio molto emozionante riempito da mille risate, gioia e da tanta curiosita per questo mezzo di trasporto cosi particolare e sul quale non eravamo mai saliti. Una volta terminato il nostro giro turistico è quasi ora di pranzo, torniamo al campo sportivo per un pic nic all aria aperta. Nel pomeriggio svolgiamo la nostra consueta lezione di ippoterapia fatta di esercizi di precisione e rilassamento, giochi e tanto divertimento! La nostra giornata si conclude e torniamo a casa con la certezza di poter essere, con degli abiti appropriati, dei Principi e delle Principesse… Un grazie a Laura Scalogni, Mauro Pammolli e Luca Ciampi che hanno reso possibile e ci hanno accompagnato in questa avventura. Francesca F. UN LIETO RICORDO Arrivo dal viale alberato. Un incrocio: a destra la campagna , a sinistra un piazzale assolato, un prato ed edifici con molte porte. Guardo avanti ed il viale prosegue. Mi prende la curiosità di vedere cosa c’è in fondo. Vado lentamente con passo incerto e non mi fermo quando passo accanto e due edifici bassi. Proseguo e salgo fino alla cima di una collinetta. Mi fermo e guardando dall’alto la zona inizio a riflettere sulla mia situazione. Arrivano molti pensieri come una turbolenza: “dove sono?”, “chi abita qui?”, “cosa sono venuto a fare?”. Chiudo gli occhi e cerco di tirare le fila dei miei pensieri, quindi cerco qualcuno a cui chiedere. Scendo dalla collinetta e mi imbatto in un ragazzo come me. Mi prese con lui e mi portò a fare un giro per vialetti e scale, ombra e sole. Molti alberi, fiori e prati. Non conosco questo ragazzo ma fidandomi lo seguo. Entriamo in una IL NOSTRO AMICO A QUATTRO ZAMPE stanza enorme, con tavolini e divanetti, c’è anche una televisione ma non c’è nessuno. Usciamo e poco dopo entriamo in un’altra stanza: uno specchio, tappeti, attrezzi vari. Capisco da me che è una palestra perché lui è quasi sempre zitto. Il mio umore è cambiato, mi sento più tranquillo, la paura del primo momento è svanita. Tra le poche parole mi porta ad una panchina, mi invita a sedermi e mi dice: “aspetti con me?”. Rispondo:”certo, tanto non so dove siamo e nemmeno dove andar. Ma chi o cosa aspettiamo?”. “Lo vedrai”, disse lui. Aspettiamo parlando per la prima volta con calma del più e del meno, fino a che la porta di fronte a noi non si apre e compare una persona: giacca e pantaloni grigi, camicia bianca e cappello grigio calato sui capelli ricci. Aveva il sorriso stampato sulle labbra. Io rimasi in silenzio. Lui si avvicino e disse: “buongiorno”. Mentre rispondevo al saluto mi accorsi di tutta la gente che c’era intorno a noi. Gino Il cane è il miglior amico dell’uomo, delle donne e anche dei bambini. Anche noi ne abbiamo alcuni ormai da anni. Tra questi c’è Nerone: docile, calmo e scherzoso. Non farebbe mai del male. Tutti vogliono bene a questo cane giocherellone. Qualche volta abbaia ma solo per richiamare l’attenzione. D’altra parte “can che abbaia non morde” e su questo siamo sicuri (di lui almeno … ). Si chiama Nerone non perché ha dato fuoco a qualcosa ma solo perché è nero di manto, più qualche macchia bianca sul dorso e sulle zampe, tanto per essere precisi. E visto che il suo pelo è lucente vuol dire che gode anche di ottima salute. Ripetiamo: è un canino molto dolce ed affettuoso. E’ il compagno di quasi tutti noi, tanto che alcuni lo considerano il “proprio”. Al momento di portarlo fuori a passeggiare comincia a scodinzolare e a saltellare come un grillo: sprizza felicità da ogni poro della pelle. Ricambia l’affetto e le premure che noi abbiamo per lui in questo modo, nel modo più semplice ma gratificante, prima di farsi un vero bagno di carezze. Stefania e Luca NUMERO 16 MESE FEBBRAIO - APRILE ANNO 2015 LA COLOMBINA DEL CAM Nella foto: Antico Pozzo della Comune - Ferretto Le news continuano su www.istitutocam.com