29 L`AVIAZIONE ITALIANA SUL FRONTE RUSSO Renato Callegari
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29 L`AVIAZIONE ITALIANA SUL FRONTE RUSSO Renato Callegari
L'AVIAZIONE ITALIANA SUL FRONTE RUSSO Renato Callegari La partenza «1833/OP AERONAUTICA ALBANIA /./MATTINA GIORNO 7 TEMPO PERMETTENDO COMANDO 22° GRUPPO C.T. CON TUTTI VELIVOLI SI TRASFERIRÀ DA TIRANA-BELGRADOBUCAREST PER SUCCESSIVA DESTINAZIONE /./ DISPONGO QUANTO SEGUE /0/ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI MACCHI 200 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ AT ORE 0700 PARTIRANNO VELIVOLI BR 20 DEL 38° STORMO B.T. CHE DOVRANNO NAVIGARE IN TESTA ALLA FORMAZIONE DEI CACCIA /./ AT ORE 0730 PARTIRANNO I TRE CAPRONI 133 DEL 22° GRUPPO C.T: /./ AT ORE 0745 PARTIRANNO I DUE S.M. 81 DEL 22° GRUPPO C.T. /./ ROTTA QUELLA STABILITA DAL SUPERAEREO /./ GENERALE FERRUCCIO RANZA».18 Con questo messaggio che giunse il 5 agosto 1941 all'Ufficio Operazioni del Comando delle forze aeree italiane in Albania, iniziava per la Regia Aeronautica la Campagna di Russia. A quell'epoca l'aviazione tricolore nel 1941 aveva ormai perso il lustro accumulato prima del conflitto, durante la Grande Guerra e con le imprese aviatorie compiute negli anni Trenta. Le operazioni sulla Manica, in Grecia, in Yugoslavia e in Nord Africa (tralasciando il fronte dimenticato dell'Africa Orientale Italiana.), avevano dimostrato la reale situazione delle nostre forze aeree. La scarsa dotazione di mezzi, spesso obsoleti e una struttura burocratica elefantiaca ne frenavano le capacità. Questi limiti, solo in parte poterono essere compensati dall'inventiva e dall'abnegazione dei nostri uomini. L'offensiva della Luftwaffe La Luftwaffe19 impegnò nell'attacco all'Unione Sovietica il 65% degli ef- Un ufficiale della Regia Aeronautica parla con due colleghi romeni. AUSSME. 18 Il testo è tratto da: Nicola Malizia, Ali sulla steppa, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1987. 19 La struttura della Luftwaffe faceva perno, come nelle altre forze aeree, su un'unità base che era lo Staffel equivalente alla nostra squadriglia. Tre Staffel componevano un Gruppe (al pari della Regia Aeronautica ) e, a loro volta, tre o quattro Gruppen componevano un Geschwader ovvero uno Stormo. Più Geschwader formavano i Fliegerkorps o Fliegerdivision che erano infine uniti in Luftflotte. In totale queste, erano quattro, più altre tre che furono create durante il conflitto. Lo Staffel era comandato da un capitano (Hauptmann) o da un tenente (Oberleutnant). Era numerato in maniera progressiva all'interno del Geschwader e, disponeva di 12 aerei identificabili dal colore del numero personale davanti alla croce. Questo colore rappresentava la posizione dello Staffel all'interno del Gruppe nell'ordine Bianco, Rosso, Giallo. Il Gruppe era comandato da un maggiore (Major) o da un Tenente Colonello (Oberstleutnant). Era definito da un numero romano progressivo. All'interno del Geschwader, gli aerei erano identificati dalla presenza o meno un simbolo dopo la croce. Nella fattispecie: l'assenza del simbolo per il I° Gruppe, una linea orizzontale per il II° Gruppe, una linea verticale o un'onda per il III° Gruppe e, se esistente, un pallino colorato per il IV° Gruppe. Il Geschwader era comandato da un Colonnello (Oberst) o da un Tenente-Colonello 29 fettivi con 2.770 aerei da combattimento, di cui 775 bombardieri, 310 bombardieri in picchiata (Stukas), 830 caccia, 90 caccia bimotori Bf110 Zerstorer, 710 ricognitori e 55 aerei da pattugliamento costiero.20 Al Gruppo Armate Nord fu assegnata la Iª Luftflotte (con quartier generale a Norditten-Insterberg) al comando del geenerale Alfred Keller con obbiettivo Leningrado. Di essa facevano parte il I° Fliegerkorps, il Fliegerkorps Ostsee (Comando aereo del Baltico) e otto gruppi dell'aviazione finlandese. Al Gruppo Armate Centro era invece stata destinata la IIª Luftflotte (con sede a Biélany-Varsavia) comandata dal fedmaresciallo Albert Kesserling, che doveva operare sulla direttrice Grodno-Minsk-Smolensk. Di essa facevano parte il II° e il VIII° Fliegerkorps. Al Gruppo Armate Sud era infine stata assegnata la IVª Luftflotte con sede a Jasinosk (a nordovest di Rzeszow), agli ordine dal genenerale Alexander Lohr. Quest'ultima doveva operare sui cieli dell'Ucraina e sulla zona del Mar Nero, valendosi del IV° e del V° Fliegerkorps. Inoltre le era affiancato il I° Corpo Aereo Romeno, il Gruppo Caccia Ungherese (2/II) e, poco tempo dopo l'inizio delle operazioni, la componente aerea del CSIR. L'aviazione sovietica L'Aviazione russa aveva alle spalle una storia breve, cominciata solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Essa conobbe un deciso impulso solo con la Guerra di Spagna, quando le gerarchie del Cremlino realizzarono infine quale fosse il potere dell'arma aerea. Nel 1938 l'Aviazione di Stalin aveva una consistenza di 5.000 aerei. Nel periodo precedente lo scoppio delle ostilità, l'aeronautica russa era però in piena ristrutturazione e i suoi vertici erano stati anch'essi colpiti dalle purghe staliniane. All'alba del 22 giugno 1941 la sua forza era stimata tra i 10.500 e i 12.000 velivoli con una cadenza produttiva delle industrie di 4-5.000 apparecchi all'anno. Degli aerei in linea, solo 2.739 potevano La 371a Squadriglia fa scalo in Romania durante il volo di trasferimento al Fronte Russo. AUSSME. (Oberstleutnant). Disponeva generalmente di 108 o 144 aerei a seconda dei Gruppe di cui si componeva. Era numerato secondo la località di provenienza in Germania (Nord, Ovest, Sud ed Est). Il numero era preceduto dalla sigla indicante la specialità: «JG» (Jagdgeschwader) per la Caccia, «KG» (Kampfgeschwader) per il Bombardamento, «StG» (Sturzkampfgeschwader) per i Bombardieri in Picchiata (Stukas), ZG (Zerstörergeschwader) per la Caccia Pesante… Sull'aereo, il Geschwader di appartenenza era riconoscibile grazie a uno stemma di reparto dipinto all'altezza del posto di pilotaggio. A titolo di esempio, il terzo velivolo dell'8° Staffel in forza al III° Gruppe del Jagdgeschwader 2 «Richthofen», avrebbe avuto il seguente schema di riconoscimento: stemma con una «R» rossa, numero 3 rosso, croce e poi onda sempre rossa (8/III/JG2 o anche solo 8/JG2 dato che era sottinteso che l'ottavo Staffel poteva appartenere solo al terzo Gruppe). Cfr. Aerei da caccia della seconda guerra mondiale. Messerschmitt, Hurricane, Spitfire, Novara, Edipem, 1980. 20 Per le operazioni sulla Francia e sui Paesi Bassi le risorse messe a disposizioni furono maggiori. 30 Piloti del 21° Gruppo Caccia. AUSSME. Un pilota sovietico. considerarsi moderni: Yak 1 (399), Mig 3 (1309), LaGG 3 (322), Pe2 (460), Il-2 (249). Tutti gli altri erano obsoleti. Tre quarti della aeromobili disponibili erano basati nella Russia europea. La maggioranza dei caccia non erano comunque all'altezza dei mezzi tedeschi. Si trattava perlopiù di Polikarpov I-16 e dei più vecchi biplani del tipo I-15, comprendendo fra essi i velivoli derivati da tale modello ovvero l'I-15bis e l'I-153. Questi benché provvisti di buoni motori e utilizzabili per il combattimento ravvicinato (DogFight) non potevano certe reggere il confronto con i Messerschmitt e uscire indenni dai loro fulminei attacchi a distanza. Consistente in campo sovietico era anche la presenza dei vetusti bombardieri medi Tupolev SB2 e del più valido Ilyushin DB3 (Il-4). Ad aggravare la situazione non vi era però soltanto l'arretratezza tecnologica del parco velivoli sovietico, ma anche la preparazione dei piloti, scadente e frettolosa, già emersa nel corso della guerra con cui l'URSS aveva aggredito la Finlandia. L'Aviazione Militare Sovietica, VVS (Voyenno Vozdusnye-Sily) tentava dunque faticosamente di riorganizzarsi quanto l'attacco tedesco la travolse. Comandata dal maresciallo Pavel Fedorovich Zhigarev, essa nel 1941 stava cominciando ad acquisire aerei più moderni.21 Le sue componenti erano l'Aviazione Autonoma da Bombardamento Strategico (DA), con lo scopo di effettuare missioni in profondità nel territorio nemico e l'Aviazione di Frontiera (FA), forte di circa 5.700 velivoli. 1.155 di essi facevano base nel distretto Leningrado agli ordini del generale Aleksandr Aleksandrovich Novikov) ripartiti in otto divisioni aeree e in 24 reggimenti. Altri 21 Uno dei maggiori progettisti russi fu Nikolai Polikarpov, vittima anch'egli delle repressioni staliniane. Rimase infatti incarcerato dal 1929 al 1932. In quel periodo progettò un biplano compatto e maneggevole, l'I-15. Il velivolo era di costruzione mista legno/tubi acciaio e nelle ultime versioni montava un propulsore da 480 cv. Era armato con due mitragliatrici da 7,62 mm. Allo scoppio del conflitto era ormai un mezzo superato ma la versione maggiorata I-153 con un motore da 1000 cv. e l'adozione di razzi prolungò il suo utilizzo. A quell'epoca il caccia più diffuso era però il suo successore, l'I-16. Polikarpov lo aveva derivato nel 1933 dall'I-15 precedente. Era un monoplano sempre molto compatto e più potente, usato nella guerra di Spagna. Fu battezzato dai Nazionalisti «Rata» (topo) o «mosca» dai Repubblicani, mentre i sovietici lo chiamavano «Isciak» (asino) per l'assonanza con questa parola della sigla I-16 in russo. L'aereo poteva superare il nostro Macchi grazie al suo ridotto raggio di virata, ma i piloti russi all'inizio mancavano di tecnica di combattimento e sfruttavano questa caratteristica solo per svincolarsi e abbandonare lo scontro. Ne furono costruiti ben 8.644 esemplari. Tralasciando il vecchio Tupolev SB2, conosciuto al tempo della Guerra di Spagna come Martin-bomber per la somiglianza con l'aereo americano contemporaneo, il vero bombardiere strategico medio russo era l'Ilyushin DB3, un bimotore tutto metallico nato nel '36. Esso aveva una buona forma aerodinamica ma subì subito numerose modifiche cambiando anche nome in Il-4. Con lo scoppio del conflitto la produzione si arrestò per lo spostamento degli stabilimenti e per la mancanza di materiali metallici. Fu riprogettato in legno e usato con buoni risultati per il resto del conflitto. 33 630 erano invece schierati nel distretto del Baltico. La sede del loro comando era a Riga e la direzione delle operazioni era affidata al generale Aleksei Pavlovich Ionov con. I velivoli dovevano operare in appoggio alle Armate 8ª, 27ª e 11ª. Nel Distretto Speciale Occidentale, al comando del generale Aleksei Pavlovich Pogrebov, di base a Minsk, si trovavano poi ulteriori 1.430 destinati a supportare le azione delle Armate 3ª, 4ª, 10ª e 13ª. In questo settore, solo 364 aerei basati a Brjansk e Vjazma proteggevano le rotte di avvicinamento a Mosca. Il generale Evgenii Savvich Ptukhin quindi, operava nel Distretto Speciale di Kiev ed aveva alle proprie dipendenze 1.085 aeromobili mentre 1.400 erano quello affidati al generale Fedor Georgievich Michugin responsabile dei distretti di Odessa, di Mosca, dell'Orel, di Har'kov e del Caucaso. Oltre alle forze aeree sin qui esaminate, i sovietici potevano fare affidamento anche sui Reparti assegnati alle Armate e dotati di Divisioni Aeree Composite (SSAD) e sull'Aviazione Navale. Quest'ultima era agli ordini del maresciallo Semen Fedorovich Zhavoronkov ed era composta dalla forza aerea della Flotta Nord, della Flotta del Baltico, della Flotta del Mar Nero e della Flotta del Pacifico. Poteva contare su 1.445 aerei tra caccia, bombardieri e idrovolanti. Un esame a parte deve infine essere riservato all'Aviazione da caccia per la difesa Aerea (IA-PVO). Essa era costituita da 40 reggimenti al comando del generale Nikolai Vasilevich Voronov ed aveva come compito principale la difesa delle grandi città. Dotata degli aerei più moderni come il Mig-3, il LaGG-3 e lo Yak-1, l'Aviazione da Caccia integrava nel proprio organico anche i reparti di Artiglieria Contraerea. Operava schierata soprattutto attorno alle tre grandi metropoli di Mosca, Kiev e Leningrado. La difesa della città poteva contare anche su radar sviluppati negli anni 36-41 tipo Burya, Ravan e Redut. 22 Il pilota trevigiano «Bepi» Biron acconto allo stemma del «22° Gruppo Caccia». L'attacco tedesco L'attacco incominciò tra le 3,15 e le 3,45 del 22 giugno 1941 senza nessun preavviso. La disorganizzazione dei sovietici era totale. Furono intercettate in quelle ore le comunicazioni allarmate degli avamposti russi che chiedevano al comando disposizioni in quanto si vedevano aggrediti. Il comando rispondeva rimproverandoli perché trasmettevano in chiaro quando invece avrebbero dovuto usare il codice.23 La Luftwaffe spedì in volo il grosso delle sue squadriglie per un'azione preventiva contro tutti gli aeroporti raggiungibili. Gli aerei russi erano ben schierati ala conto ala in 66 basi. Fu un massacro: un autentico tiro al piccione. Alle 12.00 in punto lo Stato Maggiore Tedesco 22 L'aviazione. Grande enciclopedia illustrata Enciclopedia, Novara, De Agostini, 1982-1985, v. 9. 23 Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale. Parlano i protagonisti, Milano, Rcs, 1989. 34 Il maggiore asso della caccia sovietica, il capitano Ivan Nikitovich Kozhedub, accreditato di 62 vittorie. Un «Caproni 311» pronto al decollo. comunicava la distruzione di almeno 800 velivoli avversari e alla fine della giornata i mezzi russi messi fuori combattimento ammontavano a 1.811 di cui 1.489 colpiti al suolo e solo 322 in volo. I dati sono certamente attendibili e in parte furono confermati dagli stessi sovietici che ammisero la perdita di almeno 1.200 aerei. Il giorno dopo, al conto dei velivoli spazzati via, si aggiunsero un altro migliaio di apparecchi, mentre la Luftwaffe lamentava una perdita di solo 150 aerei. In testa alla classifica dei reparti più vittoriosi c'era il Jagdgeschwader 51 di Werner Molders che raggiunse a fine giugno le 1.000 vittorie, seguito dai JG 3, 52, 53, 54, e 77. In questi reparti - in particolare nei JG 51 e 52 - prestavano già servizio alcuni assi e altri piloti, in brevissimo tempo, sarebbero diventati famosi come Eder, Steinhoff, Krupinski, Rossmann, Glunz e Knoke. E' interessante notare che sul fronte russo fu la lunga lista dei piloti tedeschi che superarono le cento vittorie. Il primatista assoluto alla fine sarebbe stato Erich Alfred «Bubi» Hartmann con 352 aerei avversari abbattuti. L'asso degli assi della Grande Guerra, Manfred von Richthofen, si era invece fermato a quota 80 prima di essere lui stesso colpito e ucciso. Cosa rese possibile da parte degli aviatori germanici la conquista di così roboanti palmarès che non ebbero uguali se non nel fronte orientale? Gran parte di questi successi furono dovuti all'effetto sorpresa da cui i russi rimasero travolti e alla scarsa preparazione dei piloti sovietici che erano bersagli facili per gli esperti cacciatori teutonici. Un ruolo determinate nella iniziale débâcle sovietica lo ebbe anche il materiale obsoleto che la VVS aveva in linea nei primi mesi dell'attacco. Doppiamente interessante da questo punto di vista è il confronto con le liste degli assi degli altri paesi: la Gran Bretagna raggiunse nel secondo conflitto valori simili a quelli della Grande Guerra24, ma anche gli Stati Uniti ottennero risulti modesti nonostante la poderosa macchina bellica avviata25 e così il Giappone che pure con il suo primatista Hiroyoshi Nishizawa, ottenne 87 vittorie individuali. Il caso italiano fu diverso perché si decise di stilare una doppia classifica: la prima per le vittorie individuali e la seconda per le vittorie collettive generalmente assegnate al reparto. La decisione venne presa per evitare la conflittualità interna alle squadriglie, ma mortificò il desiderio di emulazione e confronto. Comunque anche i piloti italiani ottennero risultati comparabili a quelli delle altre nazioni. I nostri primatisti risultarono Teresio Martinoli con 22 (+14) vittorie e Franco Lucchini con 2626. La Francia non Sistema di preriscaldamento tedesco applicato ai motori di questo velivolo italiano per vincere i rigori dell'inverno sovietico. Il gelo era in grado di bloccarne il funzionamento. 24 Il loro primatista fu Marmaduke Thomas St. John «Pat» Pattle con 40 vittorie, mentre nel primo conflitto mondiale Edward Mannoch raggiunse quota 73. 25 Richard Bong ottenne 40 vittorie, contro le 26 conseguite da Edward «Eddie» Rickenbacker durante la Prima Guerra Mondiale. 26 Esiste una certa confusione nella classifica degli assi italiani. In alcuni lavori il primato è attribuito a Martinoli e in altri Lucchini. Durante il primo conflitto mondiale, il nostro mag- 38 «Caproni CA311» fra le nevi russe dell'inverno 1941-1942. Si tratta di velivoli della 119a Squadriglia del 61° Gruppo. ebbe valori confrontabili perché fu occupata nel 1940 e i suoi piloti volarono con gli Inglesi e con i Russi. L'«aiuto» italiano Il 30 giugno 1941 Mussolini - informato dell'inizio delle operazioni sul fronte sovietico, - offrì a Hitler la partecipazione militare italiana all'impresa del Terzo Reich. Il Führer accettò con riluttanza il nostro contributo che, a livello aeronautico, si concretizzò nella partecipazione di pochi velivoli alle operazioni.27 Il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) fu dotato di una componente aerea di appoggio provvista di caccia e ricognitori. A seguito del foglio d'ordine n. 2/6142 del 17 luglio, il successivo giorno 25, veniva costituito il Comando Aeronautica del CSIR affidato al colonnello Carlo Drago, già alla guida del 36° Stormo da bombardamento. I reparti alle sue dipendenze erano: il 22° Gruppo autonomo Caccia Terrestre. di stanza a Tirana, comandato da Giovanni Borzoni28; il 61° Gruppo di Mostar agli ordini di giore asso fu naturalmente Francesco Baracca con 34 vittorie. 27 Fra gli aerei italiani impiegati in Russia vi fu il Macchi Mc 200. Questo velivolo era stato il vincitore - con il Fiat G50 - del concorso «serie 0» del 1938, per un caccia monoplano. Ai progettisti era stato imposto il superato motore stellare e questa scelta condizionò le sue capacità operative. Quasi tutti i partecipanti a quel concorso montarono il propulsore Fiat A74 Rc38 da 840cv che era robusto ma ormai vecchio. Tutto metallico, il Macchi Mc 200 aveva all'inizio la capottina chiusa, ma poiché in Italia non si riusciva ancora a produrre un materiale in grado di garantire sufficiente e permanente trasparenza e, a causa difficoltà che con la capottina si incontravano nell'uscire dall'abitacolo, nelle serie successive si optò per la cabina aperta. Gli Mc 200 si dimostrarono sul fronte russo all'altezza del compito tornando spesso vittoriosi dai confronti con i caccia sovietici, il cui livello tecnologico era però inferiore. L'armamento era composto da due mitragliatrici da 12,7 che non si rivelarono il massimo dal punto di vista bellico. Questi caccia furono usati intensamente anche per l'attacco al suolo con spezzoni da 50 kg, appesi sotto le ali, anche se l'aereo non permetteva un elevato carico bellico. Il mezzo si dinostrerà comunque efficace anche in questo ruolo. Altri velivoli impiegati sui cieli russi furono il bimotore Caproni C 309 - capostipite di una serie di ricognitori di costruzione lignea con fusoliera in traliccio metallico - e il Caproni 311. Quest'ultimo era nato come ricognitore con una superficie finestrata aerodinamica molto estesa. Il velivolo fu poi modificato sul muso per risolvere il problema della visibilità insufficiente nella parte curva. In Russia gli italiani impiegarono entrambe le versioni. Per i trasporti sopra le sconfinate steppe sovietiche, la componente aerea del CSIR, utilizzò anche il SIAI Marchetti S 81 che, come lo Junkers Ju52, era nato come aereo da trasporto (S73) poi convertito in bombardiere e infine usato di nuovo come trasporto durante il conflitto. Nato nel 1935, era costruito secondo la tecnica corrente: fusoliera in traliccio metallico e ala ed impennaggi in legno. Il tutto rivestito in tela con parti in alluminio. Il carrello fisso e una generosa ala lo faceva robusto e stabile anche se lento. Ebbe vari motori tra 580 a 1000 cv. 28 Era costituito dalle squadriglie 359ª, 362ª, 369ª e 371ª e disponevano in totale di 51 Mc 200, due S 81, e tre Ca 133. 41 Velivolo russo caduto fra la neve. Giordano Chiereghini.29 Il 20 luglio 41, il personale tecnico del 22° Gruppo partiva da Tirana e si imbarcava a Durazzo per Bari. Poi, in treno, raggiungeva il centro di raccolta di Vigodarzere (PD) e, a bordo di convogli, partiva per Tudora in territorio Romeno. Quattordici tradotte lasciarono Padova e Cavarzere nel veneziano ed altre si mossero da Modena e Napoli. Il primo treno arrivò alla stazione di Dolask la sera del primo 1° agosto 1941 dopo sei giorni di viaggio. L'aeronautica impegnò nell'operazione oltre a 1900 uomini, anche 300 automezzi e tutte le attrezzature necessarie ad allestire tre campi. Il 29 luglio 1941, il colonnello Drago, comandante designato dell'aeronautica in Russia, effettuò un viaggio per organizzare il trasferimento e la sistemazione della componente aerea. Partendo da Roma con un S 75, arrivò a Tirana e prese accordi col gen. Ferruccio Ranza comandante dell'aeronautica d'Albania. Dopo aver illustrato il programma ai piloti del 22° gruppo, partì per Mostar dove fece lo stesso con gli uomini del 61°. Continuò poi il viaggio portandosi a Belgrado dove si consultò con l'addetto aeronautico italiano col. Piroddi. Il giorno dopo era a Bucarest a dare disposizioni per la sistemazione dei reparti in transito. Quindi il colonnello partì per Tudora questa volta con un Ju 52 tedesco, per poi continuare il viaggio - a bordo un Fw 58 - fino a Botosani al comando CSIR che si stava allestendo. Parlò col generale Giovanni Messe prendendo accordi in merito campo da sistemare nella zona di Balta e poi passò a Jasi per parlare con il comandante di settore della Luftwaffe, il generale Kurt Menzel. Da quel colloquio emerse un problema di natura tecnica relativo alla benzina germanica. Sembrava che il carburante prodotto dai tedeschi a Ploesti - il «B-4» con lo 0,12% di piombo, - non fosse compatibile con quella usato sui nostri aerei che invece richiedeva lo 0,8% di piombo. Dopo ripetute insistenze italiane, alla fine i germanici accettarono di produrre anche una partita di benzina secondo le specifiche della Regia Aeronautica. Questa tipo di carburante però non fu mai consegnato e gli aerei italiani volarono sempre con la benzina «B-4» tedesca senza avere inconvenienti. Il campo assegnato ai reparti della Regia Aeronautica era a Kirowo, nella zona di Balta, ma le prime sette colonne di Automezzi che arrivarono sul posto lo trovarono occupato dalla Luftwaffe. Tra la rabbia e la rassegnazione, i nostri appresero che gli italiani dovevano spostarsi più a sud, sul campo di KrivojRog, a circa 80 km dal fronte. Il trasferimento fu un calvario a causa delle strade trasformatesi in un mare di pantano per le recenti piogge. I camion raggiunsero la base sulla zona del Dnjeper tra il 22 e il 29 agosto. La sera del Ucraina, Estate 1942: «Macchi 200» della 386° Squadriglia Caccia. 29 Aveva in linea 32 Ca 311 e un S 81. Lo componeva la 34ª Squadriglia comandata dal capitano Cesare Bonino, la 119ª, guidata dal capitano Giovanni Disegna, e la 128ª agli ordini del capitano Igino Mendini sostituito poi il 17 agosto dal collega Lorenzo Tomaj. 42 Il pilota russo Kiselev accanto ai rottami di un aereo tedesco abbattuto. Il relitto di un velivolo sovietico tipo «Rata». 5 agosto 1941, era frattanto arrivato l'ordine di partenza per gli aerei i piloti con i pochi tecnici e il materiale essenziale. Il successivo 9 Agosto 1941 quindi, il 22° gruppo partiva da Tirana e, dopo uno scalo a Belgrado (Zemun), atterrava a Bucarest (Beneassa). Il trasferimento dei 51 Macchi fu oggetto di una bravata italiana in risposta alle manifestazioni organizzative tedesche in Grecia. I piloti italiani, per dimostrare le loro capacità ai tedeschi, si presentarono sul cielo di Bucarest in formazione compatta ed eseguirono un passaggio a bassa quota, per poi atterrare tutti insieme sotto una pioggia infernale. La situazione logistica che trovarono al loro arrivo non era buona. Durante la sua missione in Romania, il colonnello Carlo Drago aveva preso accordi per la sistemazione del suo personale con il segretario del Fascio a Bucarest. Niente di quanto aveva richiesto era disponibile all'arrivo degli italiani. I piloti trovarono né mensa né alloggi approntati per loro. Alla fine, dopo lunghe discussioni con i tedeschi, gli ufficiali si rivolsero per il vitto ai ristoranti della città mentre per l'alloggio furono ospitati - a pagamento - nelle camerate del comando germanico. La truppa invece dovette «accontentarsi» della scarsa mensa rumena, integrata dalla solita carne in scatola di dotazione e dormire nelle baracche del campo. Le esigenze italiane riguardo alla sistemazione e il falso problema della benzina alimentarono i dubbi dei tedeschi sulla scarsa organizzazione delle nostre armi e sulla loro pretesa incompetenza. Agli «alleati» il nostro scarso spirito di adattamento non sembrò una buona carta da visita. Gli italiani si fermarono a Bucarest alcuni giorni, a causa del tempo peggiorato, e colsero l'occasione per far verniciare le parti inferiori delle ali e la fascia bianca in giallo. La mimetizzazione rimase quella del tipo standard della Regia Aeronautico (macchie verde foresta), non molto adatta al teatro operativo russo. L'11 agosto anche il 61°gruppo, trasferito da Mostar, dopo una scalo a Belgrado (Zemun) arrivava sul campo di Bucarest (Otipeni). I reparti italiani dipendevano dal comando Luftwaffe di Jasi (gen. Kurt Menzel). Il collegamento tra Luftwaffe e Comando Aeronautica del CSIR era affidato al maggiore Guido Fae presso i tedeschi e al tenente Enrico Romagna Minoja presso il comando italiano. Il 16 agosto il 61° gruppo si spostava da Bucarest (Otopeni) a Tudora. Un Caproni ebbe un incidente in decollo dovuto a una piantata motore. Il 22° gruppo poteva ripartire da Bucarest per Tudora solo il 22 agosto, a causa del brutto tempo. Dopo uno scalo a Roman per il rifornimento arrivava sull'aeroporto. L'area era fino a poco prima era stata probabilmente un campo coltivato e le forti ondulazioni rimaste insieme alle molte crepe sul terreno misero a dura prova i ruotini dei Macchi. Fu una ecatombe. La maggioranza degli aerei riportò rotture e ci vollero due giorni per le riparazioni. Il 26 agosto il 22° Gruppo e la 34ª Squadriglia del 61° Gruppo 45 potevano partire da Tudora per trasferirsi a Balta. Effettuato il rifornimento proseguivano fino alla base assegnata a Krivoi-Rog. Gli equipaggi dei ricognitori da Osservazione Aerea (O.A.) erano composti di tre persone: un pilota (quasi sempre sottufficiale, un osservatore (ufficiale dell'Esercito) che aveva la funzione di comandante, - ereditata fin dalle origini dell'uso degli aerei in guerra come ricognitori, durante il primo conflitto mondiale - e un meccanico. L'osservatore e il meccanico in caso di attacco svolgevano anche la funzione di mitraglieri. Già il giorno dopo, il 27 agosto, i caccia sostenevano il primo scontro con i sovietici abbattendo con 6 bombardieri e 2 caccia russi. Accadde che il gruppo non era ancora sistemato nel nuovo campo che fu subito chiamato a svolgere una crociera di vigilanza sulla zona di DnepropetrowskNowomoskow. Decollarono 27 apparecchi, suddivisi in tre formazioni, comandate rispettivamente dal capitano Enrico Meille, dal maggiore Giovanni Borzoni e dal cap. Vittorio Minguzzi.30 Durante il volo si imbatterono in bombardieri scortati da caccia, e lo scontro fu inevitabile. I sovietici si batterono tenacemente ma gli italiani riuscirono ad atterrare ben sei bombardieri Tupolev SB-2 - noti dal tempo della guerra di Spagna come Martin Bomber per la somiglianza con l'omonimo velivolo americano - e due caccia Polikarpov I-16 Rata. Tra i piloti italiani che ottennero vittorie quel giorno v'erano Giovanni Bonet, Giovanni Cervellin, Mario Longoni, Marcello Baracca, Rodolfo Stoppani e Attilio Sanson. Il primo successo della Regia Aeronautica sul fronte orientale, entusiasmò il panorama dell'arma aerea nazionale. Il generale Pricolo, Capo di Stato Maggiore, inviò un telegramma di congratulazioni e, tra altri, vi fu anche un messaggio dagli allievi ufficiali del corso Urano dell'Accademia Aeronautica. Il 28 agosto, entrò in azione una gruppo di undici Saetta pilotati dal capitano Germano La Ferla 31(capoformazione), e da Oberdan Militano, Giovanni Beduz, Lucio Lay, Dino Signorini, Edgardo Vaghi, Mario Longoni, Tullio Arduini, Attilio Sanson, Fausto Fornaci e Fernando Mazzi, tutti della 362ª squadriglia. Era giunto un ordine dal comando operativo tedesco che chiedeva l'intervento dei nostri velivoli per garantire protezione a una testa di ponte germanica. La formazione prese il volo alle 15.00 circa e ritornò al campo verso le 17.00 senza aver preso contatto con l'avversario. Durante l'avvicinamento il C 200 di Longoni si avvitò su se stesso e precipitò a causa di un problema tecnico intrinseco nel mezzo che fu risolto solo nelle serie seguenti. Il 30 agosto, il 61° Gruppo ricevette disposizioni con il foglio 105/S, con il quale veniva ordinato di effettuare tre crociere in appoggio al I Panzergruppe del generale Paul Ludwig Ewald von Kleist. Il co- Accensione del motore nel gelo. AUSSME. 30 Minguzzi risulta nella classifica non ufficiale degli assi italiani con 13 vittorie. 31 La Ferla risulta nella classifica non ufficiale degli assi italiani con 13 vittorie. 46 Il sistema di preriscaldamento tedesco applicato ad un «Macchi». Un FW 200 «Condor» tedesco catturato dai russi a Stalingrado. Un pilota caduto sul Fronte Russo accanto ai rottami del suo velivolo. mandante Chiereghini affidò l'incarico alla 34ª Squadriglia del capitano Cesare Bonino. Le tre diverse rotte lungo le quali il volo di pattugliamento si sviluppò comportarono una missione di circa sei ore di durata lungo il Dnjeper e non furono disturbate da alcun aereo russo. Il giorno dopo un Caproni della 34ª Squadriglia vene assalito da due I-16. Il ricognitore affidandosi alle tre mitragliatrici riuscì a respingere l'attacco e il pilota, il sergente Bruno Cattaneo, riportò a casa l'aereo e il suo equipaggio, pur se crivellato di colpi. Il 31 agosto 1941, arrivò a Krivoi Rog anche il resto del 61° Gruppo. Il 2 settembre un altro Ca311 venne attaccato da tre Rata sul cielo di Kobiljaki. Fu colpito ma riuscì a prendere terra fumante a Borodajewka, entro le nostre linee, Il sergente Enzo Valzania e il sergente Luigi Bazzoni se la cavarono. Rimase invece ferito il capitano osservatore dell'esercito Elio Turati che, soccorso dai militi dell'81° Fanteria, fu ricoverato presso l'ospedale della Pasubio. Considerati gli spazi infiniti del fronte orientale, l'aereo si rivelò presto come l'unico mezzo adatto per mantenere riforniti i reparti. All'andata i robusti S 81 portavano quanto serviva e al ritorno trasportavano i feriti. La necessità di avere un supporto costante per il rifornimento portò alla costituzione della 245ª Squadriglia Trasporto, comandata dal capitano Ernesto Caprioglio. Essa venne costituita sull'aeroporto di Bucarest il 1° settembre con 4 SIAI S 81 giunti dall'Italia. Altri due furono poi aggiunti sul campo di Kriwoj-Rog, dopo essere stati ceduti dal 22° gruppo. Il 1° settembre, scortato da due Macchi del 4° Stormo, faceva la comparsa a Tudora anche un CRDA CantZ 1007 bis, che arrivò colmo di attrezzature e di personale per le riprese cinematografiche delle operazioni a scopo propagandistico. Si trattava di un mezzo in carico allo Stato Maggiore della Regia Aeronautica, Sezione Fotocinematografica, messo a disposizione dell'Istituto Luce. Nel frattempo i nostri reparti di volo si ritrovarono alle prese con un altro problema rappresentato dal collegamento radio tra il comando CSIR e i comandi dipendenti. Le frequenze erano state definite a Roma e sembrava che non potessero essere cambiate nemmeno in caso di bisogno. Si venne a creare una situazione per la quale era più un collegamento diretto con Guidonia (Roma) che tra i reparti stessi. Finalmente per decisione di Chiereghini furono adottate le frequenze specifiche per la zona. La difficoltà iniziale nelle comunicazioni aveva prodotto una situazione incredibile. Per trasmettere gli ordini era necessario recapitarli di persona con un Ca164, naturalmente cifrati. Solo dopo un incidente al biplano che coinvolse Drago e Chiereghini e il sopraggiungere del brutto tempo ci si decise al passo estremo, ovvero cambiare le «sacre» frequenze stabilite a Roma. Il 12 settembre la128ª Squadriglia del capitano Lorenzo Tomai si trasferiva anch'essa da Tudora a Kriwoj-Rog. Purtroppo sopra Kirowgrad la formazione veniva Un caccia sovietico tipo «LAGG 33» abbattuto. 51 attaccata da una Flak tedesca, che non era stata informata della presenza dei nuovi alleati e non riconoscendo i velivoli italiani aveva aperto fuoco. Il Ca 311 del tenente Pietro Vodret con a bordo il tenente osservatore dell'esercito Ilario Bologna (ferito) e il 1°aviere Guido Bella, fu colpito e i tre dovettero abbandonare l'aereo col paracadute. Il volo continuò comunque sotto una cattiva stella e nei pressi di Krivoj-Rog i piloti non riuscìrono a contattare la base per problemi di frequenze radio. Non potendo identificare il campo la squadriglia stava inoltrandosi verso il territorio russo quando un Macchi, accortosi di quello strano comportamento, affiancò l'aereo di Tomai e sbracciandosi convinse il comandante ad invertire la rotta, accompagnando i velivoli alla base. I bombardieri dell'aviazione strategica russa, nel frattempo colpivano Konigsberg, Danzica, Berlino, Ploiesti e Costanza. La mancanza di una aviazione strategica fu probabilmente una concausa della sconfitta della Luftwaffe. Se i tedeschi avessero avuto dei bombardieri adatti avrebbero potuto a loro volta colpire gli stabilimenti russi aldilà degli Urali e la produzione sovietica ne avrebbe senza dubbio risentito. Dopo i combattimenti del 22 settembre a Petrikovka, il CSIR si spostò a Stalino nel bacino del Donec. Lo stesso giorno giungevano dall'Italia a Krivoi Rog, altri due S81 che portarono a otto aerei la forza della 245ª Squadriglia Trasporti.32 A fine settembre arrivò improvvisa la fine dell'estate ucraina e i soldati si trovarono immersi in lunghe giornate scure e brumose. La nebbia impediva le attività di volo e la temperatura si abbassava. Il 25 settembre atterrò a Kriwoj-Rog proveniente da Tudora anche la 119ª Squadriglia. Durante la battaglia di Petrikova sulla sinistra del Dnjeper, il 22° Gruppo fornì copertura aerea alle unità impegnate a terra. Il 30 settembre il cielo era coperto da uno denso strato di nubi molto basse. Una pioggia fitta limitava in parte la visibilità. La 371ª Squadriglia di Meille dopo alcune missioni di scorta ai bombardieri tedeschi, nel pomeriggio - con undici aerei – fu destinata a compiere per una crociera di vigilanza sopra le truppe tedesche che operavano nella zona di Nowomoskowka-Petrikowka. All'azione partecipava anche la 362ª Squadriglia con sette caccia. Alla guida della formazione si trovava il maggiore Borzoni. Ancora una volta, sopra la zona dei combattimenti, la contraerea tedesca fece fuoco sugli italiani. I nostri piloti per un attimo pensarono a una reazione russa, ma subito dopo, realizzato ciò che stava accadendo, cercarono di farsi riconoscere, con picchiate e battiti d'ali. Non ci fu nulla da fare: i tedeschi continuarono a sparare. L'aereo del sottonente Franco Ferrari venne colpito in pieno, abbozzò una mezza vite e precipitò non lasciando scampo al pilota a causa della bassa quota. All'im- L'aeroporto di Stalino. Si spala la neve. 32 Angelo Emiliani, Giuseppe F. Ghergo, Achille Vigna (a cura di), Regia Aeronautica: Balcani e Fronte Orientale, Milano, Intergest, 1974. 52 I rottami di un velivolo tedesco e il pilota caduto. Il capitano Giorgio Iannicelli (quarto da sinistra in piedi), caduto sul Fronte Russo. patto col suolo il velivolo prese immediatamente fuoco fra lo sconcerto ai compagni. La formazione non poteva alzarsi di quota perché un ammasso nuvoloso la sovrastava e i rischi di collisione sarebbero stati enormi. In quel frangente però, i nostri piloti dovettero assumersi il rischio di una manovra tanto rischiosa e puntare verso le nubi. Ne emersero poco più in la. Miracolosamente, non avvenne fra essi alcun impatto durante il breve periodo di mancanza di visibilità. Anche i piloti Borzoni e Croci furono colpiti dai proiettili da 20 mm esplosi dai tedeschi. Qualche giorno dopo il generale Kleist porse le proprie scuse per il deplorevole incidente ma da quel momento ai nostri aviatori rimase sempre un senso di incertezza ogni volta si trovavano a sorvolare le truppe tedesche. Solo in seguito il comando germanico dispose ulteriori norme di identificazione e comunicò che era stato il Flakregt-Stab 37 a sparare e a raccogliere la salma dello sfortunato Ferrari. Al 1° di ottobre il 22° Gruppo aveva già perso quattro piloti: Longoni, Mannini, Marchetti e Ferrari. Dall'Italia cominciarono a giungere i primi rinforzi e nuovi materiali. Il 9 ottobre tornò al comando della 369ª Squadriglia il capitano Giorgio Ianicellli che rientrava da una licenza per malattia. L'alimentazione carente di vitamine gli aveva provocato lo scorbuto ed l'ufficiale era stato rimpatriato il 15 agosto, lasciando il comando al tenente Cervellin. Il 5 ottobre 1941, le truppe italiane occupavano Saporoshje aldilà del Dnjeper. Il fronte si spostava e fu deciso di trasferire i reparti in quella zona, più a ridosso della nuova linea del fronte. I reparti italiani furono destinati assieme ad alcuni tedeschi proprio al campo di Saporoshje. Il tempo continuava ad essere pessimo e le strade erano diventate piste impraticabili. Il 9 ottobre una colonna italiana formata da 123 automezzi si mise in movimento verso la nuova destinazione. Essa incontrò subito grandi difficoltà nell'avanzare dovendo muoversi praticamente fuori pista. Il superamento del fiume Nipro in particolare, si rivelò un Calvario. Vennero impiegate imbarcazioni di fortuna, poiché le nostre truppe erano sprovviste di pontoni adeguati e i tedeschi – come al solito - non furono disponibili a collaborare. Gli autisti si trovarono a marciare a velocità inferiori ai 20 km ora. La segnaletica era imprecisa e a volte addirittura pericolosa come su alcuni ponti per i quali era indicata una portata di 5 tonnellate che in realtà appariva ben minore. Nel dubbio gli autisti preferivano scaricare parte del carico, sganciare i rimorchi, passando sull'altra riva con la sola motrice far poi attraversare il ponte al rimorchio con la forza delle braccia. Tutto questo sotto la pioggia battente. In tali condizione i primi mezzi della colonna arrivarono a destinazione il 22 ottobre, perdendo vari mezzi e persino un autista che finì disperso. Gli aerei in attesa che le attrezzature giungessero a destinazione, rimasero rimasti a Kriwoj-Rog fino al 20 ottobre. Tra il 20 e il 22 ot- I «Macchi» Mc200 della 362a Squadriglia a Krivoj Rog, nell'agosto del 1941. AUSSME. 55 Fronte Russo. L'equipaggio di un Focke-Wulf Fw 189A sale a bordo del velivolo. tobre quindi, 128ª Squadriglia OA si spostò sul nuovo campo con il comando. Si trattava di un ex aeroporto russo, molto vasto e probabilmente utilizzato dai sovietici come centro di addestramento per i piloti da bombardamento. Ritirandosi, i soldati dell'Armata Rossa avevano distrutto tutte le infrastrutture e l'aerodromo si presentava disseminato di voragini. I genieri italiani e tedeschi però, in poco tempo ripristinarono quanto possibile e la base fu di nuovo operativa. Le prime nevicate cominciarono ad imbiancare la steppa e i nostri S 81 furono impegnati in un ponte aereo verso Stalino, presso il cui campo, in un secondo tempo la 128ª OA si sarebbe spostata. Donne pilota russe. I sovietici schierarono circa 5.000 giovani aviatrici, impiegate soprattutto come piloti da bombardamento. Molte di esse però militarono anche nella caccia. Verso sud Il 2 novembre gli italiani occuparono Gorlovka e il 5 fu conquistata anche Nikitovka. Il contrattacco russo non si fece attendere il nostro 80 Reggimento della Divisione Pasubio, nel contenere l'azione sovietica poté valersi anche del supporto aereo della 371ª Squadriglia. Il 9 novembre la 371ª lasciò Saporoshje e si spostò a Stalino. Il giorno dopo, il 22° Gruppo non cessò la sua dipendenza dal V° Fligerkorps tedesco. Al 15 novembre l'aviazione del CSIR risultava dunque così organizzata: a Saporoshje facevano base le Squadriglie 359ª, 362ª, 369ª (22° Gruppo) e la 128ª Squadriglia OA. A Stalino invece erano dislocate le Squadriglie 371ª (22°Gruppo) e 119ª OA. A Krivoi-Rog infine, era posizionata la 34ª Squadriglia OA.33 Il 22° Gruppo aveva adottato fin dai tempi della sua permanenza in Albania l'insegna dello «spaventapasseri», che era stato schizzato dal trevigiano Giuseppe Biron.34 Quest'ultimo in Russia definì meglio il suo disegno di fino a dargli in contorni attuale. Il 22° Gruppo lo avrebbe utilizzato fino al 1999, anno del suo scioglimento, quando faceva parte del 51° Stormo di Istrana. I tedeschi nel frattempo continuavano ad avanzare apparentemente incuranti dei rigori della stagione. In dicembre la 33 Emiliani, Ghergo, Vigna (a cura di), Regia Aeronautica…, op. cit. 34 Il generale Giuseppe «Bepi» Biron è morto il 23 febbraio 2011. Era nato a Legnago nel 1914 ma crebbe a Treviso. Arruolato in aviazione nel 1935, volò in Somalia e in Spagna nel '38 e al rientro fu promosso ufficiale. Con il conflitto mondiale volò col 22° in Russia e sull'area del mediterraneo. Dopo l'armistizio optò per l'Aviazione Nazionale Repubblicana prestando servizio prima nel Montefusco-Bonet e poi nel 1° Gruppo. Dopo uno scontro dove fu ferito gravemente venne inviato in Germania per il passaggio sui Bf109. In quel periodo rimase coinvolto in un attentato e perse un occhio. Fu decorato con cinque medaglie d'argento al Valor Militare, e due di bronzo, una croce di ferro tedesca e due italiane. Risulta nella classifica non ufficiale degli assi italiani con 8 vittorie. A fine conflitto fu allontanato dall'Aeronautica, per essere però richiamato poco dopo. Riabilitato al pilotaggio, servì nel 51° Stormo di Istrana, diventando un famoso istruttore di volo strumentale a bordo dell'aviogetto T-33. Accumulò oltre 7000 ore volo andando in congedo nel 1971. Negli ultimi anni scrisse la sua biografia cui diede il titolo «Una vita». Ali di un velivolo russo abbattuto, utilizzate come riparo contro il vento gelido. 59