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INTEGRALI PRIMI E TEOREMA DI NOETHER
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA INTEGRALI PRIMI E TEOREMA DI NOETHER TESI DI LAUREA DI: Claudia Corrai RELATORE: Dott. Francesco Demontis Anno Accademico 2013/2014 Indice Introduzione 1 Formalismo lagrangiano e Teoremi 1 Principio di Hamilton . . . . . . . 2 Equazioni di Eulero-Lagrange . . 3 Teoremi di conservazione . . . . . i di . . . . . . conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 4 6 2 Integrali primi nel problema dei due corpi ristretto 1 Problema dei due corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 Vettore di Laplace-Runge-Lenz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 11 13 3 Teorema di Noether e sua applicazione al calcolo di integrali primi 1 Teorema di Noether nella sua rappresentazione tradizionale . . . . . . . 2 Generalizzazione del teorema di Noether . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Integrali primi nel problema di Keplero . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1 Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Momento della quantità di moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Vettore di Laplace-Runge-Lenz . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Qualche considerazione ulteriore sul teorema di Noether . . . . . . . . . . . . . . . . 17 17 19 22 22 23 24 26 4 Formalismo hamiltoniano e Teorema di Noether 1 Trasformata di Legendre e formalismo hamiltoniano . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Teorema di Noether . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 29 33 Bibliografia 37 i . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ii Introduzione Emmy Noether (1882-1935) è stata una matematica tedesca di famiglia ebrea, che ha lavorato nelle università di Erlangen e Göttingen, da cui è fuggita con l’avvento delle leggi razziali, a causa delle persecuzioni naziste. Si è occupata di fisica matematica, teoria degli anelli ed algebra astratta, ma nonostante il suo notevole contributo non ha mai ottenuto la cattedra universitaria in quanto donna. Il suo nome è indissolubilmente legato all’omonimo teorema del 1918 che evidenzia la profonda connessione tra simmetrie e integrali primi. Gli integrali primi sono funzioni dipendenti dalle 2n variabili (q,q̇) e dal tempo, che si mantengono costanti durante il moto e dipendono soltanto dalle condizioni iniziali. Tali funzioni consentono di ottenere importanti informazioni sull’evoluzione, nello spazio delle fasi, di un sistema meccanico. In particolare, l’importanza degli integrali primi viene evidenziata con un esempio significativo: quello di un punto soggetto ad un campo di forze centrali (rispetto ad un polo fisso). In tal caso, l’esistenza di tre integrali primi consente di ricavare l’equazione della traiettoria con un semplice procedimento algebrico (senza integrare alcuna equazione differenziale). Sarebbe, quindi, opportuno disporre di una procedura, quanto più generale possibile, che consenta di ricavare gli integrali primi per un sistema meccanico di cui è nota la lagrangiana. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di illustrare una generalizzazione del teorema di Noether direttamente legata alla nozione, più generale rispetto a quella di integrale primo, di costante di moto che contiene una simile procedura ([4], [5]). Più precisamente, tale procedura consente di ricavare gli integrali primi del moto di un sistema attraverso l’uso di una famiglia q σ di moti perturbati (rispetto al moto naturale q 0 ) e di una certa funzione di classe C 2 , detta funzione di Bessel-Hagen. L’importanza di tale procedura viene descritta ricavando i tre integrali primi che caratterizzano il problema ristretto dei due corpi (che, come è noto, è equivalente a quello di un corpo soggetto ad una forza centrale). La tesi è strutturata nel seguente modo: nel Capitolo 1, mediante il principio di Hamilton, vengono derivate le equazioni di Eulero-Lagrange e vengono illustrati i teoremi di conservazione. Nel Capitolo 2 viene affrontato lo studio del moto nel problema dei due corpi ristretto e si perviene, dunque, all’espressione di tre integrali primi (energia, momento della quantità di moto e vettore di Laplace-Runge-Lenz), tramite i quali viene ricavata l’equazione della traiettoria delle orbite Kepleriane. Nel Capitolo 3 vengono esposte due versioni del teorema di Noether. La iii prima di queste (che si trova nella maggioranza dei testi di meccanica razionale) fa riferimento alla nozione di gruppo ad un parametro di trasformazioni. La seconda versione ha il vantaggio di fornire una procedura ([4], [5]) per il calcolo degli integrali primi. Infine, nel Capitolo 4 viene esposta la formulazione hamiltoniana del teorema di Noether. Per quanto riguarda le notazioni adottate nel testo, si è scelto di denotare con · il prodotto scalare e con ∧ il prodotto vettoriale. I vettori vengono indicati con le lettere in grassetto e la √ norma di un vettore v ∈ R3 è definita come |v| = v · v. Inoltre, il gradiente viene indicato con il simbolo ∇. iv Capitolo 1 Formalismo lagrangiano e Teoremi di conservazione In questo capitolo utilizzando il principio di Hamilton e seguendo l’impostazione data in [1]-[4], si derivano le equazioni di Eulero-Lagrange. Viene introdotto, inoltre, il concetto di integrale primo e si prendono in considerazione alcuni classici risultati collegati a questa nozione: i teoremi di conservazione dell’energia, della quantità di moto e del momento delle quantità di moto. In tutto questo capitolo si suppone che i vincoli siano olonomi e lisci e che la sollecitazione totale sia conservativa. Si rimanda il lettore interessato a [1] e [2] per l’estensione dei risultati presentati al casi di vincoli anolonomi e potenziali generalizzati. 1 Principio di Hamilton Consideriamo un sistema S avente n gradi di libertà e siano q1 , . . . , qn le coordinate lagrangiane che, istante per istante, caratterizzano la configurazione di S. Si è soliti studiare il moto del sistema nel cosiddetto spazio delle fasi (cioè lo spazio di dimensione 2n individuato dalle coordinate q1 , . . . , qn , q̇1 , . . . , q̇n , dove q̇i = dtd qi ). È possibile descrivere il moto del sistema S (che, come premesso, sarà soggetto a vincoli olonomi, lisci e ad una sollecitazione conservativa) in una forma “universale”tramite le equazioni di Eulero-Lagrange, rispetto alle variabili q1 , · · · , qn , che ne identificano univocamente le successive configurazioni. Dedurremo tali equazioni partendo da un principio variazionale: il principio di Hamilton. Premettiamo la seguente definizione: Definizione 1 Si definisce Lagrangiana l’applicazione: L : R2n+1 → R tale che L(q1 , . . . , qn , q̇1 , . . . , q̇n , t) = T − V, L ∈ C 2 (R2n+1 ), (1.1) in cui T e V rappresentano rispettivamente l’energia cinetica e l’energia potenziale del sistema meccanico. 1 L’idea che sta alla base del principio di Hamilton è quella di caratterizzare il moto del sistema (detto moto naturale) tramite una proprietà di massimo o di minimo rispetto ad una famiglia di moti perturbati. Illustriamo quest’ultima affermazione mediante il seguente semplice: Esempio: Consideriamo un punto P non soggetto a forze e vincolato a muoversi su una retta assegnata. Secondo il principio di inerzia, il punto P è in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme (rispetto ad un riferimento inerziale); pertanto il moto naturale è il moto rettilineo uniforme. Dedurremo questo risultato determinando il minimo di un opportuno funzionale. Il moto del punto P , che si muove di moto rettilineo uniforme con velocità v0 , è caratterizzato dall’equazione: x∗ (t) = x0 + v0 (t − t0 ), (1.2) essendo x0 l’ascissa del punto sulla retta all’istante t0 . Ipotizziamo che all’istante t1 il punto raggiunga l’ascissa: x1 = x0 + v0 (t1 − t0 ). Fissando l’attenzione sull’intervallo di tempo [t0 , t1 ] consideriamo la famiglia F di moti perturbati data da : x(t) = x∗ (t) + η(t), t0 ≤ t ≤ t1 , soggetti alla condizione x(t0 ) = x0 , x(t1 ) = x1 , ovvero η(t0 ) = η(t1 ) = 0, (1.3) dove la perturbazione η ∈ C 2 [t0 , t1 ]. Dato il funzionale t1 Z ẋ2 (t)dt, ϕ(η) = (1.4) t0 la sua variazione, ossia la differenza tra il valore del funzionale (1.4) su un moto perturbato generico e quello sul moto naturale, è : t1 Z δϕ = ϕ(η) − ϕ(0) = (2v0 η̇(t) + η˙2 (t))dt. t0 Dopo una semplice integrazione per parti e tenendo conto della relazione (1.3) otteniamo: Z t1 δϕ = t0 2 η˙2 dt. (1.5) La (1.5) mostra che δϕ > 0 su tutta la famiglia F di moti perturbati; pertanto ϕ assume un minimo rispetto ad F in corrispondenza del moto naturale e viceversa tale proprietà di minimo caratterizza il moto naturale, ovvero: δϕ = 0 ⇔ η = 0. È immediato osservare, infatti, che η = 0 implica il moto rettilineo uniforme: x(t) = x∗ (t). Introduciamo il principio variazionale che conduce alle equazioni di Eulero-Lagrange, ossia il principio di Hamilton. A tal fine è necessario definire l’azione hamiltoniana: Definizione 2 Si definisce azione hamiltoniana e si denota con A(q) l’integrale Z t2 L(q1 , . . . , qn , q̇1 , . . . , q̇n , t)dt, A(q) = (1.6) t1 dove L è la lagrangiana definita dalla (1.1)1 . Il Principio di Hamilton afferma che: Il moto del sistema è caratterizzato dalla proprietà di rendere stazionaria l’azione hamiltoniana nella classe Q dei moti variati sincroni che conservano le configurazioni del sistema all’istante iniziale e finale, ossia Z t2 δA = δ L(q1 , . . . , qn , q̇1 , . . . , q̇n , t)dt = 0, t1 Q = {q : R → Rn |q ∈ C 2 [t1 , t2 ], q(t1 ) = q1 , q(t2 ) = q2 }. Il principio cosı̀ introdotto diventa maggiormente espressivo se si specifica la nozione di stazionarietà dell’azione A sull’insieme Q per q∗ ∈ Q. Preso q∗ ∈ Q, consideriamo l’insieme delle perturbazioni Z nella forma : Z = {η : R → Rn |η ∈ C 2 [t1 , t2 ] , η(t1 ) = η1 , η(t2 ) = η2 }. Fissato η ∈ Z, consideriamo Qη ∈ Z costituito dai vettori q(t) di componenti : qk (t) = qk∗ (t) + αk ηk (t) k = 1, . . . , n, (1.7) dove le qk∗ (t) indicano le componenti di q∗ e α = (α1 , . . . , αn ) ∈ Rn . È immediato osservare che la restrizione di A a Qη (A|Qη ) è una funzione delle variabili reali α1 , . . . , αn nella forma ψ(α, η). Definizione 3 Il funzionale A(q) si dice stazionario in Q per q = q∗ se la sua restrizione ψ(α, η) = (A|Qη ) è stazionaria per α = 0, per ogni η ∈Z, ovvero: ∇α ψ(α, η)|α=0 1 ∀η ∈ Z. Questa ipotesi non è restrittiva; rimandiamo il lettore interessato al capitolo 9 di [2] 3 2 Equazioni di Eulero-Lagrange In questa sezione presentiamo un teorema che consente di descrivere il moto di un sistema S con n gradi di libertà, soggetto a vincoli olonomi e lisci e ad una sollecitazione totale conservativa, tramite un sistema di n equazioni differenziali del secondo ordine: le equazioni di Eulero-Lagrange. Teorema 1.1 Condizione necessaria e sufficiente affinché il funzionale A(q) sia stazionario in Q per q = q∗ è che le componenti qk∗ (t) di q∗ siano soluzioni del seguente sistema di equazioni differenziali: d ∂L ∂L − =0 i = 1, . . . , n. (1.8) dt ∂ q̇i ∂qi Le (1.8) si chiamano equazioni di Eulero-Lagrange. Dimostrazione. Dato il funzionale A : Q → R Z t2 A(q) = L(q1 , . . . , qn , q̇1 , . . . , q̇n , t)dt, (1.9) t1 mostriamo che le (1.8) sono sufficienti per la stazionarietà del funzionale A(q) in Q per q = q∗ . Introducendo le (1.7) nell’espressione (1.9), derivando rispetto ad αk sotto il segno di integrale e ponendo α = 0, otteniamo: Z t2 ∂L ∂L ∂ ψ(0, η) = ηk + η˙k dt. ∂αk ∂qk ∂ q˙k t1 q=q∗ Integrando per parti il secondo termine e ricordando che ηk (t1 ) = ηk (t2 ) = 0, troviamo: Z t2 d ∂L ∂L ∂ ψ(0, η) = − ηk (t)dt, ∂αk ∂qk dt ∂ q˙k q=q∗ t1 per cui, essendo le ηk (t) arbitrarie, le equazioni di Eulero-Lagrange (1.8) sono condizioni sufficienti per la stazionarietà del funzionale A(q). Per dimostrare che le (1.8) sono anche necessarie, supponiamo che q∗ sia un punto di stazionarietà, ovvero che: Z t2 ∂L d ∂L − ηk (t)dt = 0 ∀η ∈ Z k = 1, . . . , n. ∂qk dt ∂ q˙k q=q∗ t1 Osserviamo che: ∂L d ∂L a) L’espressione ∂q − è una funzione continua. Si potrebbe denotare, per semplicità, dt ∂ q̇k k tale funzione con Φk (t); 4 b) Le funzioni ηk (t) sono scelte arbitrariamente in Z. Se per assurdo, per qualche t̄ ∈ (t1 , t2 ) fosse Φk (t) 6= 0, dalla a) seguirebbe l’esistenza di almeno un valore di k per cui Φk (t) mantenga segno costante in un intervallo (t0 , t00 ) contenente t̄. Sfruttando la b)R si potrebbe scegliere ηk (t) di segno costante e a supporto compatto in (t1 , t2 ) in t modo tale che t12 Φk (t)ηk (t)dt 6= 0, in contrasto con l’ipotesi. Ne consegue che Φk (t) ≡ 0 (k = 1, . . . , n), ossia che le equazioni di Eulero-Lagrange sono verificate. Osservazione: La corrispondenza tra una data lagrangiana e le equazioni di Eulero-Lagrange ad essa associate non è biunivoca. Due funzioni lagrangiane L̃(q, q̇, t) e L(q, q̇, t) forniscono le stesse equazioni di Eulero-Lagrange nel caso in cui differiscono per una derivata totale di una funzione f (q, t) dipendente dalle coordinate e dal tempo: L̃(q, q̇, t) = L(q, q̇, t) + d f (q, t). dt (1.10) Infatti, se la (1.10) è soddisfatta, gli integrali d’azione valutati su queste funzioni sono legati dalla relazione: Z t2 Z t2 Z t2 d f (q, t) = A + f (q1 , t1 ) + f (q2 , t2 ), L̃(q, q̇, t) = L(q, q̇, t) + t1 t1 t1 dt ossia differiscono per un termine che si annulla quando varia l’integrale d’azione, e questo implica l’uguaglianza tra la condizione δ Ã = 0 e la condizione δA = 0. Da ciò segue che la forma delle equazioni associate a L̃ ed L resta immutata. Le equazioni di Eulero-Lagrange che descrivono il moto di un sistema meccanico con n gradi di libertà costituiscono un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine rispetto al tempo con n funzioni incognite qi (t) , (i = 1, . . . , n). La soluzione generale contiene, pertanto, 2n costanti di integrazione ed è univocamente determinata dai valori iniziali delle coordinate qi e delle velocità q˙i : q(0) = q 0 , q̇(0) = q̇ 0 . In generale, le equazioni di moto non sono integrabili in termini di funzioni note, tuttavia è possibile ricavare informazioni sulle proprietà fisiche del moto del sistema attraverso l’uso degli integrali primi. Definizione 4 Si definisce integrale primo una funzione dipendente dalle 2n variabili (q,q̇) e dal tempo, che si mantiene costante durante il moto e dipende soltanto dalle condizioni iniziali: f (q1 , . . . , qn , q˙1 , . . . , q˙n , t) = costante = f (q1 (0), . . . , qn (0), q˙1 (0), . . . , q˙n (0), t). In presenza di un integrale primo f , diremo che la quantità f si conserva oppure che è una quantità conservata. Sottolineiamo che il valore di f rimane costante una volta che si fissano le condizioni iniziali q(0) e q̇(0), pur variando le q e le q̇ al variare di t. 5 3 Teoremi di conservazione I teoremi di conservazione indicano sotto quali condizioni certe quantità meccaniche restano costanti nel tempo e sono, quindi, casi particolari di integrali primi. In questa sezione consideriamo i “classici” teoremi di conservazione dell’energia, della quantità di moto e del momento della quantità di moto. Il lettore può trovare in [1] e [4] le dimostrazioni relative ai teoremi di conservazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto. Teorema di conservazione dell’energia Consideriamo un sistema conservativo (ossia tale che la forza totale sia della forma F = −∇U , con il potenziale U indipendente dalle velocità) con vincoli olonomi e indipendenti dal tempo, in modo tale che la lagrangiana L non dipenda esplicitamente dal tempo. La derivata totale di L rispetto al tempo sará data da: n n dL X ∂L dqj X ∂L dq̇j = + . dt ∂qj dt ∂ q̇j dt j=1 j=1 Effettuando la sostituzione mo: ∂L ∂qj = d ∂L dt ∂ q̇j n (conseguenza delle equazioni di Eulero-Lagrange), abbia- dL X = dt j=1 d ∂L dt ∂ q̇j ossia q̇j + n dL X d = dt dt j=1 n X ∂L dq̇j , ∂ q̇ dt j j=1 ∂L q̇j . ∂ q̇j L’ultima equazione può scriversi nel seguente modo: d dt n X ∂L L− q̇j ∂ q̇j j=1 ! = 0, (1.11) e dalla (1.11) segue che l’espressione tra parentesi deve essere uguale ad una certa costante −H L− n X ∂L = −H, ∂ q̇j q̇j j=1 e quindi H= n X q̇j pj − L. j=1 Il risultato ottenuto mostra che H è un integrale primo del moto. Si dimostra facilmente che H è l’energia totale del sistema. Introducendo il momento generalizzato ∂L ∂T pj = = , ∂ q̇j ∂ q̇j 6 abbiamo infatti H= n X q̇j pj − L = j=1 n X q̇j j=1 ∂T − L. ∂ q̇j Poiché l’energia cinetica T è una funzione quadratica omogenea di ordine 2 nelle q̇j , dal teorema di Eulero2 sulle funzioni omogenee, troviamo H = 2T − L = 2T − (T − V ) = T + V, che è proprio l’energia totale del sistema. La conservazione dell’energia, dunque, è equivalente alla simmetria della lagrangiana per traslazioni lungo l’asse temporale. Teorema generale di conservazione ∂L In un sistema con n coordinate generalizzate qi (i = 1, . . . , n), le quantità Fi = ∂q si dicono i ∂L forze generalizzate e le quantità pi = ∂ q̇j quantità di moto generalizzate o momenti generalizzati. Queste definizioni permettono di riscrivere le equazioni di Eulero-Lagrange come se fossero le n componenti della seconda legge di Newton: Fi = d pi dt i = i = 1, . . . , n. Definizione 5 Una certa coordinata qj che non compare nell’espressione della lagrangiana è detta coordinata ciclica o ignorabile. In presenza di una coordinata ciclica qj , l’equazione del moto di Eulero-Lagrange corrispondente a qj d ∂L ∂L − = 0, dt ∂ q̇j ∂qj si riduce a ossia d ∂L = 0, dt ∂ q̇j dpj = 0, dt il che implica pj = costante. (1.12) Abbiamo quindi dimostrato il seguente: Teorema 1.2 (Teorema generale di conservazione). Il momento generalizzato coniugato a una coordinata ciclica si conserva. (Vale anche il viceversa). 2 Se f è una funzione omogenea di ordine n di un sistema di variabili q̇j , allora 7 Pn ∂f j=1 q̇j ∂ q̇j = nf. Osservazione: L’espressione (1.12) è un integrale primo del moto. A partire dal teorema generale di conservazione relativo alle coordinate cicliche è possibile dimostrare i teoremi di conservazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto. Rimandiamo a [1] per le dimostrazioni di questi risultati. Teorema di conservazione della quantità di moto Sia qj una certa coordinata e sia dqj un incremento rappresentante la traslazione globale del sistema lungo una certa direzione. L’equazione del moto di Eulero-Lagrange (relativa a qj ) è : ∂L d ∂L − = 0, dt ∂ q̇j ∂qj (1.13) dove L è la lagrangiana (1.1). Osservazione: T non dipende da qj , in quanto le velocità non cambiano per uno spostamento ∂T = 0. dell’origine del sistema, pertanto ∂q j Osservazione: V non dipende da q˙j e pj = ∂∂L = ∂∂Tq˙j , in quanto il sistema è conservativo. q˙j L’equazione (1.13) assume, quindi, la forma: ∂V d ∂T ≡ p˙j = − ≡ Qj , dt ∂ q˙j ∂qj (1.14) in cui Qj denota la forza generalizzata. Proposizione 1.3 La relazione (1.14) è l’equazione di moto relativa alla quantità di moto totale, in cui: a) Qj è la componente della forza risultante lungo la direzione di traslazione; b) pj è la componente della quantità di moto totale lungo la direzione di traslazione. Nel caso in cui la coordinata di traslazione qj sia ciclica, l’equazione di moto (1.14) si riduce alla forma: ∂V =0 Qj ≡ − ∂qj e quest’ultima equazione fornisce il teorema di conservazione della quantità di moto (per la componente qj ): Teorema 1.4 (Teorema della conservazione della quantità di moto). Se una componente della forza risultante agente su un sistema è nulla, allora sarà nulla anche la corrispondente componente della quantità di moto. Teorema di conservazione del momento della quantità di moto Consideriamo una coordinata generalizzata qj tale che dqj rappresenti una rotazione del sistema (conservativo) attorno ad un certo asse. Con ragionamenti analoghi al caso precedente, osser∂T vando che ∂q = 0 (in quanto una rotazione del sistema di coordinate non muta il valore delle j 8 velocità) e che V è indipendente da q˙j , perveniamo all’equazione del moto per la coordinata qj nella forma (1.14) e quindi alla seguente: Proposizione 1.5 Se qj è una coordinata di rotazione, il cui moto è descritto dalla (1.14), allora: a) la forza generalizzata Qj è uguale alla componente del momento totale delle forze attive lungo l’asse di rotazione; b) pj è la componente del momento della quantità di moto totale lungo l’asse di rotazione. Da questi risultati deduciamo il teorema di conservazione del momento della quantità di moto, infatti nel caso in cui la coordinata di rotazione sia ciclica, si annulla la componente Qj del momento della quantità di moto delle forze attive lungo l’asse di rotazione e si conserva la componente pj del momento della quantità di moto rispetto alla stessa direzione, cioè p˙j = − ∂V ≡ Qj = 0, ∂qj per cui pj = costante. 9 10 Capitolo 2 Integrali primi nel problema dei due corpi ristretto In questo capitolo viene analizzato il problema ristretto dei due corpi. Si pone l’attenzione sugli integrali primi (energia, momemto della quantità di moto e vettore di Laplace-Runge-Lenz) che tale problema presenta e si mostra come il loro utilizzo porti a determinare l’equazione delle orbite kepleriane in modo molto semplice. Questo esempio evidenzia, dunque, l’importanza di poter disporre di un certo numero di integrali primi per un dato sistema meccanico (e di conseguenza il ruolo del teorema di Noether che sarà introdotto nel Capitolo 3). L’impostazione seguita in questo capitolo rispecchia quella esposta in [3] e in [7]. 1 Problema dei due corpi Consideriamo un sistema costituito da due punti materiali P1 e P2 di massa m1 e m2 , le cui posizioni, rispetto all’origine O di una fissata terna di riferimento inerziale, siano individuate dai vettori r 1 e r 2 . Supponiamo che le sole forze agenti sul sistema siano le forze di mutua interazione F 1,2 e F 2,1 e che queste siano forze di tipo centrale. L’energia potenziale V dipende solamente dal modulo del vettore r = r 1 − r 2 . Tale vettore è detto posizione relativa, in quanto fornisce la posizione di P1 rispetto a P2 . Il sistema ha sei gradi di libertà e la lagrangiana associata assume la forma: 1 1 L = mṙ 21 + mṙ 22 − V (|r|). 2 2 Lo studio del moto si semplifica scegliendo come coordinate lagrangiane le tre componenti del 2 r2 vettore r e le tre componenti del raggio vettore relativo al centro di massa R = m1mr11 +m . +m2 Infatti, semplici calcoli conducono alla seguente espressione dell’energia cinetica T rispetto alle nuove variabili 1 1 2 T = M Ṙ + µṙ 2 , 2 2 11 dove si è posto M = m1 + m2 (massa totale) e µ = m1 m2 m1 +m2 (massa ridotta). In altri termini, T 2 può essere espressa come somma dell’energia cinetica del moto del centro di massa ( 12 M Ṙ ) e dell’energia cinetica del moto attorno al centro di massa ( 12 µṙ 2 ) (risultato che si sarebbe potuto ottenere direttamente dal teorema di König). L’energia potenziale V nelle nuove coordinate, invece, ha ancora la forma V = V (|r|). Le espressioni trovate di T e V nelle variabili r e R conducono alla seguente lagrangiana: 1 1 2 L = T − V = M Ṙ + µṙ 2 − V (|r|). 2 2 Supponendo, per comodità, che il baricentro sia in quiete, conviene scegliere il sistema di riferimento in cui il baricentro coincida con l’origine (sistema di riferimento baricentrale). In questo sistema di riferimento si ha Ṙ = 0 e il problema si riduce a quello di una particella singola di massa µ soggetta ad una forza centrale e, in particolare, la lagrangiana diventa: 1 L = µṙ 2 − V (|r|). 2 (2.1) Osservazione 1: Se il baricentro è fermo e coincidente con l’origine, rispetto ad esso si muovono entrambe le particelle (con quantità di moto opposte). Se m2 >> m1 (si pensi al caso in cui m2 sia la massa del Sole e m1 quella della Terra), allora il centro di massa è molto vicino alla particella di massa m2 (che ha velocità piccola). Osservazione 2: Il fatto che V dipenda soltanto da |r| evidenzia la simmetria sferica del problema e di conseguenza ci si aspetta che ogni coordinata angolare, che descrive la rotazione attorno ad un asse fisso, sia ciclica e quindi la conservazione del momento angolare L = r ∧ µṙ. Nel riferimento baricentrale l’unica forza attiva è una forza centrale, pertanto l’accelerazione è collineare al moto, ovvero si ha : r ∧ r̈ = 0. Questa relazione ha come conseguenza che il vettore velocità areolare Ȧ = 12 r ∧ ṙ, non dipendente dal tempo. L’esistenza di un vettore costante ortogonale al piano del moto (cioè ortogonale a r e ṙ) non dipendente dal tempo implica che il moto è piano1 . Nel caso in questione il moto si svolge nel piano passante per l’origine e perpendicolare al vettore Ȧ. Conviene, allora, studiare il problema adottando in tale piano coordinate polari (r, θ). La lagrangiana (2.1) assume la forma: 1 L = µ(ṙ2 + r2 θ̇2 ) − V (r). 2 Il sistema ha due gradi di libertà e le equazioni di Eulero-Lagrange assumono la forma: 0= 1 ∂L d ∂L d = (µr2 θ̇), = ∂θ dt ∂ θ̇ dt Nel caso particolare in cui r ∧ ṙ = 0, il moto sarà rettilineo. 12 (2.2) µrθ̇2 − dV ∂L d ∂L d = = = (µṙ) = µr̈. dr ∂r dt ∂ ṙ dt (2.3) Come previsto, la (2.2) conduce alla costante di moto L = µr2 θ̇ (momento della quantità di moto). È immediato osservare che anche l’energia totale E = 12 µṙ2 + V si conserva, in quanto la lagrangiana non dipende esplicitamente dal tempo. 1.1 Vettore di Laplace-Runge-Lenz Consideriamo il caso in cui i due punti P1 e P2 schematizzino il sistema costituito dal Sole e da µ , essendo un pianeta (problema di Keplero), allora l’energia potenziale è data da V (|r|) = GM |r| G la costante gravitazionale e M la massa totale. Posto K = GM µ, la lagrangiana (2.1) si scrive come: 1 K L = µṙ 2 − , (2.4) 2 |r| √ dove r è il vettore posizione del punto considerato rispetto al centro di massa, |r| := r · r e l’equazione di moto relativa alla (2.4) assume la forma: µr̈ = K r . |r|3 (2.5) È possibile trovare un altro integrale primo del moto, indipendente dal momento della quantità di moto e dall’energia totale: il vettore di Laplace-Runge-Lenz. Tale vettore è definito da : C=K r − L ∧ ṙ, |r| (2.6) e caratterizzato dal seguente: Teorema 2.1 Il vettore C è costante lungo il moto. Dimostrazione. Partendo dall’analisi dell’evoluzione temporale del versore il punto mobile, troviamo: r |r| diretto verso ṙ (r · r)ṙ − (r · ṙ)r r d r r · ṙ = (r ∧ ṙ) ∧ 3 ; = −r 3 = 3 dt |r| |r| |r| |r| |r| e, tenendo conto sia dell’equazione di moto (2.5) che dell’espressione del momento della quantità di moto (L = r ∧ µṙ), la relazione precedente si scrive come: d r 1 = L ∧ r̈. dt |r| K 13 Essendo L un integrale primo, otteniamo: d r 1 − L ∧ ṙ = 0, dt |r| K cioè la tesi. Osservazione: Il vettore C giace nel piano del moto, in quanto esso è ortogonale a L; inoltre r C è nullo nel caso di orbite circolari, poiché, essendo costante e proporzionale a |r| (nel moto circolare ṙ = 0), la costante di proporzionalità non può che essere nulla. Al fine di determinare direzione e verso del vettore di Laplace-Runge-Lenz, osserviamo che, nei punti di massima e minima distanza dal centro di massa (rispettivamente afelio e perielio nel r hanno stessa caso dei pianeti), la velocità è puramente tangenziale, pertanto i vettori L ∧ ṙ e |r| r direzione (radiale). Essendo C costante ed essendo definito come differenza dei vettori K |r| e L ∧ ṙ, il vettore di Laplace-Runge-Lenz ha direzione e verso del vettore posizione nei punti di massima e minima distanza. C N Kr r N C N r C Kr r Kr Figura 2.1: Vettore di Laplace-Runge-Lenz. Si è denotato con N il vettore L ∧ ṙ. Denotando con l l’intensità del momento angolare e ricordando che L è ortogonale a ṙ, il modulo C del vettore C assume la forma: 2K r · (L ∧ ṙ) = C 2 = K 2 + l2 ṙ 2 − |r| 2l2 K 2K 2 2 =K + E− + l µ |r| µ|r| ossia C2 = K2 + 14 2El2 , µ (2.7) 2 dove abbiamo usato la costante dell’energia per esprimere ṙ in funzione dell’energia E e del K potenziale ṙ 2 = µ2 E − |r| e la proprietà del doppio prodotto misto r · (L ∧ ṙ) = L · (ṙ ∧ r). Poiché sono noti direzione, verso e intensità di C, il vettore di Laplace-Runge-Lenz è completamente caratterizzato. Il fatto che il problema dei due corpi ristretto possieda tre integrali primi (e solo due gradi di libertà ) implica che esso sia superintegrabile, nel senso che le orbite kepleriane si ottengono senza bisogno di integrare l’equazione di moto (2.5). Infatti, dalla (2.6) troviamo la relazione L ∧ ṙ = K r − C, |r| prendendo il modulo al quadrato di entrambi i membri, scrivendo ṙ 2 in funzione dell’energia e del potenziale, perveniamo all’equazione K 2 2 l E− = C 2 + K 2 − 2CK cos(θ − θ0 ), (2.8) µ |r| dove θ e θ0 sono gli angoli che il vettore r e il vettore C formano con la semiretta θ = 0. Sostituendo la (2.7) nella (2.8), otteniamo Kl2 C 2 = K 1 − cos(θ − θ0 ) , − µ|r| K da cui ricaviamo l’espressione della traiettoria del moto |r| = p . 1 + cos(θ − θ0 ) (2.9) Le costanti p e possono essere espresse in funzione degli integrali primi e dei parametri µ e K nel seguente modo: l2 , µK C =− , K p=− 2El2 C2 = 1 + . (2.10) K2 mK 2 L’equazione (2.10) evidenzia il legame tra l’eccentricità e l’energia E. Si osserva facilmente che, per valori negativi dell’energia, l’eccentricità risulta minore di 1, mentre, per valori positivi dell’energia, l’eccentricità risulta maggiore di 1; inoltre quando l’energia è nulla, l’eccentricità è uguale a 1. Si verifica, quindi, che, al variare di (o, equivalentemente, a seconda dell’energia totale che il sistema possiede all’istante iniziale), la traiettoria è : 2 = 15 a) una circonferenza attorno al baricentro del Sole e del pianeta, per = 0; b) un ellisse con baricentro in uno dei due fuochi, per 0 < < 1; c) una parabola con il baricentro nel fuoco, per = 1; d) un iperbole con il baricentro in uno dei due fuochi, per > 1. 16 Capitolo 3 Teorema di Noether e sua applicazione al calcolo di integrali primi In questo capitolo viene presentato un classico risultato dimostrato per la prima volta da Emmy Noether. Tale risultato stabilisce il legame tra le simmetrie di un sistema meccanico e l’esistenza di integrali primi del moto (o, se si preferisce, di alcune leggi di conservazione). Più precisamente, nella prima sezione, usando il formalismo lagrangiano, viene illustrato il teorema nella sua versione trazionale (si veda al riguardo [2] e [3]). Nella seconda sezione viene presentata, invece, una versione più generale del teorema (si veda al riguardo [4] e [5]) che è direttamente legata alla nozione, più generale rispetto a quella di integrale primo, di costante del moto. L’ultima sezione riporta qualche osservazione sul caso in cui si abbia a che fare non con una lagrangiana, ma con una densità lagrangiana (sistemi continui). 1 Teorema di Noether nella sua rappresentazione tradizionale Nel primo capitolo abbiamo rilevato che le coordinate cicliche di traslazione e rotazione rispecchiano determinate proprietà fisiche del sistema meccanico. In particolare abbiamo osservato che: • se una coordinata corrispondente ad uno spostamento è ciclica (e quindi la componente della quantità di moto coniugata si conserva), il sistema è invariante rispetto ad una traslazione lungo quella data direzione; • se una coordinata di rotazione è ciclica (e quindi il momento angolare coniugato si conserva), il sistema è invariante rispetto ad una rotazione attorno a quella data direzione. Queste relazioni evidenziano il legame tra i teoremi di conservazione (della quantità di moto e del momento angolare) e le proprietà di simmetria del sistema. 17 Osservazione: Il fatto che un sistema sia a simmetria sferica ha come immediata conseguenza che tutte le componenti del momento angolare si conservano. Il teorema di Noether consente di inquadrare meglio i fatti appena richiamati. L’introduzione di tale teorema presuppone le seguenti definizioni: Definizione 6 Una trasformazione di coordinate invertibile q = f (Q) si dice ammissibile per un dato sistema se e soltanto se la lagrangiana è invariante per la trasformazione, ovvero se L(q, q̇) = L(Q, Q̇). Esempio: Le rotazioni di centro l’origine: q1 = Q1 cos α + Q2 sin α q2 = −Q1 sin α + Q2 cos α p sono ammissibili per la lagrangiana L(q1 , q2 , q̇1 , q̇2 ) = m2 (q̇1 + q̇2 ) − V ( q12 + q22 ) corrispondente al moto piano di un punto materiale di massa m sottoposto ad un campo di forze centrali. Definizione 7 Una famiglia a un parametro s ∈ R di trasformazioni invertibili q = f (Q, s) si dice gruppo a un parametro di trasformazioni se verifica le seguenti proprietà : a) f (Q, 0) = Q per ogni Q; b) se q = f (Q, s), allora Q = f (q, −s); c) per ogni s1 , s2 ∈ R f (f (Q, s1 ), s2 ) = f (Q, s1 + s2 ). Se per ogni s ∈ R la trasformazione q = f (Q, s) è ammissibile, il gruppo si dice ammissibile. Esempio: Data una lagrangiana L(q, q̇) avente una coordinata ciclica qk , essa ammette come gruppo di trasformazioni le traslazioni di tale coordinata: qk = Qk + s. Teorema 3.1 (Teorema di Noether) Se un sistema lagrangiano L(q, q̇) ammette un gruppo a un parametro di trasformazioni q = f (Q, s) (cioè q = f (Q, s) è un gruppo ammissibile), le equazioni di Eulero-Lagrange hanno un integrale primo I(q, q̇) dato da: I(q, q̇) = n X ∂L ∂fi i=1 ∂ q˙i ∂s 18 (q, 0). Dimostrazione. Sia q = q(t) una soluzione delle equazioni di Eulero-Lagrange . Poiché il gruppo di trasformazioni considerato lascia invariata la lagrangiana del sistema, Q = F (t, s) = f (q(t), s) è una soluzione per ogni valore di s fissato. Per le equazioni di Eulero-Lagrange, per ogni i = 1, . . . , n, abbiamo ∂L d ∂L (F, Ḟ) = (F, Ḟ), dt ∂ q˙i ∂qi (3.1) mentre dalla proprietà di invarianza della lagrangiana consegue che n X d L(F, Ḟ)|s=0 = ds i=1 ∂Fi ∂L d ∂Fi ∂L (F, Ḟ) (t, 0) + (F, Ḟ) (t, 0) = 0. ∂qi ∂s ∂ q˙i dt ∂s Sostituendo la (3.1) nella (3.2) e tenendo conto che F(t, 0) = q(t), Ḟ = q̇ e ! n d X ∂L ∂Fi d (t, 0) = I(q, q̇) = 0 dt i=1 ∂ q˙i ∂s dt ∂F ∂s = ∂f , ∂s (3.2) troviamo: e quindi I(q, q̇) è costante. Esempio: Se la lagrangiana L(q, q̇), dove q ∈ R3 , ammette le rotazioni attorno all’asse q1 come gruppo di trasformazioni: 1 0 0 Q1 q1 q2 = 0 cos s sin s = Q2 0 − sin s cos s Q3 q3 la funzione I(q, q̇) = ∂L ∂L q3 − q2 = p2 q 3 − p3 q2 ∂ q̇2 ∂ q̇3 è un integrale primo del moto che coincide con la componente del momento angolare lungo l’asse q1 . Analogamente all’invarianza per rotazioni attorno all’asse q2 e all’asse q3 è associata la conservazione della componente del momento angolare rispettivamente lungo q2 e q3 . 2 Generalizzazione del teorema di Noether In questa sezione, dopo aver illustrato la distinzione tra integrali primi e costanti di moto, formuliamo il teorema di Noether in modo più generale rispetto a quanto fatto nella sezione precedente. Tale formulazione è solo apparentemente differente dall’enunciato del teorema (3.1), poiché, come dimostrato da Boyer in [6], essa è in realtà ad esso completamente equivalente. I vantaggi che derivano dalla nuova formulazione del teorema vengono mostrati ricavando gli integrali primi (energia, momento della quantità di moto e vettore di Laplace-Runge-Lenz) che caratterizzano 19 il problema dei due corpi (in forma ridotta), dettagliatamente esposto nel capitolo precedente. Integrali primi e costanti di moto Nei capitoli precedenti abbiamo parlato indifferentemente di integrali primi o costanti di moto: occorre fare una distinzione tra i due termini, allo scopo di enunciare la versione del teorema di Noether che esponiamo in questa sezione. Un integrale primo è una funzione delle variabili (q,q̇,t), costante lungo un moto naturale q(t). Una costante di moto, invece, è una funzione costante in t, che dipende dal moto naturale q(t) non necessariamente solo attraverso i valori delle q e delle q̇ all’istante t, ma anche da altri valori della funzione q(t). In genere, le costanti di moto coinvolgono integrali di funzioni di q e q̇ e non è detto che la costanza si presenti per tutti i moti naturali (potrebbe esserci costanza solo per alcuni di essi). Teorema 3.2 (Noether) Sia L : R × Rn × Rn → R una funzione di classe C 1 , I0 un intervallo, inoltre sia (σ, t) → q σ (t) di classe C 2 da R × I0 in Rn , e (σ, t) → G(σ, t) una funzione C 2 (detta funzione di Bessel-Hagen o funzione BH per brevità ) da R × I0 in R, tali che t → q 0 (t) sia un moto naturale. Valga, inoltre, la condizione di invarianza infinitesima a meno di una funzione di Bessel-Hagen: ∂ ∂ = 0 ∀t ∈ I0 . (3.3) L(q σ (t), q̇ σ (t), t) + G(σ, t) ∂σ ∂t σ=0 Allora la funzione ∂ ∂ t → ∇q̇ L(q σ (t), q̇ σ (t), t) · + q σ (t) G(σ, t) ∂σ ∂σ σ=0 σ=0 (3.4) è costante su I0 . La dimostrazione di questo teorema è piuttosto tecnica, pertanto rimandiamo il lettore interessato a [4] per maggiori dettagli. Osservazione: La funzione L a cui fa riferimento il teorema non coincide necessariamente con la lagrangiana, data dalla differenza tra l’energia cinetica e l’energia potenziale del sistema, definita nel capitolo 1. Osservazione: Rispetto al teorema (3.1), l’enunciato (3.2) non richiede che q σ (t) sia un gruppo; per questo motivo nella prefazione abbiamo parlato di una versione più generale del teorema di Noether. La funzione G non è unica: due possibili scelte di G sono date da Z t G(σ, t) = − L(q σ (s), q̇ σ (s), s)ds (3.5) t0 e dalla funzione (lineare in σ) Z t G(σ, t) = −σ t0 ∂ (L(q σ (s), q̇ σ (s), s)) ds. ∂σ σ=0 20 (3.6) Sostituendo, per esempio, la (3.6) nella formula (3.4) otteniamo la seguente costante di moto: Z t ∂ ∂ t → ∇q̇ L(q σ (t), q̇ σ (t), t) · q σ (t) − (L(q σ (s), q̇ σ (s), s)) ds. ∂σ t0 ∂σ σ=0 σ=0 (3.7) La funzione (3.7) in generale non è un integrale primo del moto, in quanto non si presenta esclusivamente come funzione di (q,q̇,t). Il teorema (3.2) avrebbe una rilevanza marginale, se non fosse che spesso si conoscono opportune scelte della lagrangiana L, della famiglia di moti variati q σ , di cui q 0 rappresenta un moto naturale, e delle funzioni ϕ(q, q̇, t) e ψ(q, q̇, t) che verificano rispettivamente le relazioni ∂ q σ (t) = ϕ(q 0 (t), q̇ 0 (t), t), (3.8) ∂σ σ=0 ∂ d (L(q σ (t), q̇ σ (t), t)) = (ψ(q 0 (t), q̇ 0 (t), t)) (condizione di derivata totale), ∂σ dt σ=0 (3.9) per cui la (3.7) fornisce proprio un integrale primo. Infatti, sotto queste ipotesi, la funzione di Bessel-Hagen (3.6), assume la forma G(σ, t) = −σψ(q 0 (t), q̇ 0 (t), t), (3.10) e la costante di moto si semplifica in un integrale primo nel senso proprio del termine, ovvero nella funzione delle variabili (q,q̇,t) ∇q̇ L(q, q̇, t) · ϕ(q, q̇, t) − ψ(q, q̇, t), (3.11) che risulta costante ogni volta che viene calcolata lungo un moto naturale q 0 (t). Al fine di determinare gli integrali primi utilizzando il teorema (3.2), ci atteniamo alla seguente procedura: • scriviamo la famiglia q σ ; • troviamo che le funzioni ϕ e ψ verificano rispettivamente la (3.8) e la (3.9); • scriviamo la G nella forma (3.10); • deduciamo l’integrale primo dalla formula (3.11). In particolare, seguiamo questa procedura applicandola al problema ristretto dei due corpi discusso nel capitolo precedente. 21 3 Integrali primi nel problema di Keplero L’obiettivo principale di questa sezione è quello di trovare gli integrali del moto relativi al problema di Keplero, applicando la procedura fornita dal teorema di Noether. La lagrangiana considerata ha la forma (2.4), di conseguenza l’equazione di Eulero-Lagrange associata ad essa è data dalla (2.5). 3.1 Energia La lagrangiana (2.4) non dipende esplicitamente dal tempo. In questa sottosezione mostriamo (usando il teorema di Noether (3.2)) come per una lagrangiana con tali proprietà , cioè tale che L(r, ṙ, t) = L̃(r, ṙ), sussiste l’integrale primo dell’energia. Consideriamo la famiglia delle traslazioni sull’asse temporale r σ (t) = r(t + σ), definita su un intervallo aperto I0 per le coppie (σ, t) ∈ R × R tali che t + σ ∈ I0 . Si verifica facilmente che sussistono le seguenti: ∂ = ṙ(t), (3.12) r σ (t) ∂σ σ=0 ∂ d (L(r, ṙ, t)) = (L(r(t), ṙ(t), t)) . ∂σ dt σ=0 (3.13) Le equazioni (3.12) e (3.13) rappresentano l’analogo delle (3.8) e (3.9) presentate nella sezione precedente. Pertanto, utilizzando la (3.6) e la (3.13) perveniamo alla seguente funzione BH: G(σ, t) = −σL(r(t), ṙ(t), t). (3.14) Semplici calcoli mostrano che, scegliendo G(σ, t) come nella (3.14), sussiste la condizione di invarianza infinitesima. Abbiamo, infatti: ∂ ∂ = L(r σ (t), ṙ σ (t), t) + G(σ, t) ∂σ ∂t σ=0 ∂ ∂L ∂L L(r σ (t), ṙ σ (t), t) − σ ṙ + r̈ = ∂σ ∂r ∂ ṙ σ=0 ∂ ∂ ∂L ∂L (L(r σ (t), ṙ σ (t), t)) − σ ṙ + r̈ = ∂σ ∂σ ∂r ∂ ṙ σ=0 σ=0 ∂L ∂L ∂L ∂L ṙ + r̈ − ṙ + r̈ = 0. ∂r ∂ ṙ ∂r ∂ ṙ 22 Dal teorema (3.2) (in particolare dalla (3.4)) otteniamo l’integrale primo: K 1 , ∇ṙ L(r, ṙ) · ṙ − L(r, ṙ) = µṙ 2 + 2 |r| che rappresenta la conservazione dell’energia T + V . 3.2 Momento della quantità di moto In questa sottosezione mostriamo come sia possibile dedurre la conservazione del momento della quantità di moto per la lagrangiana (2.4), applicando il teorema di Noether (3.2). A tal fine, consideriamo una funzione regolare r(t) e la famiglia delle rotazioni r σ (t) attorno a un vettore u = (u1 , u2 , u3 ) definita nel seguente modo: r σ (t) = eσAu r(t), dove la matrice antisimmetrica Au ha componenti 0 −u3 u2 0 −u1 Au = u3 −u2 u1 0 e la matrice eσAu rappresenta una rotazione di angolo σ. Inoltre, vale la seguente relazione: Au r = u ∧ r. La lagrangiana (2.4) dipende dai vettori r e ṙ solo attraverso i loro moduli e, poiché questi rimangono invariati per una rotazione di un angolo σ attorno a u (nel senso che |r σ (t)| = |r(t)| e |ṙ σ (t)| = |ṙ(t)|), otteniamo subito la condizione: ∂ L(r σ (t), ṙ σ (t), t) = 0. ∂σ Inoltre, la relazione (3.8) è verificata da ∂ σAu e r(t) = Au r(t) = u ∧ r. ∂σ σ=0 Pertanto, il teorema di Noether conduce, tramite la (3.4), al seguente integrale primo lungo le soluzioni dell’equazione di Eulero-Lagrange (2.5): ∂ σAu ∇ṙ L(r(t), ṙ(t), t) · e r(t) = µṙ · u ∧ r(t) = u · (r(t) ∧ µṙ(t)). ∂σ σ=0 Essendo u arbitrario, concludiamo che: r(t) ∧ µṙ(t) = costante, equivalente alla conservazione del momento della quantità di moto. 23 3.3 Vettore di Laplace-Runge-Lenz In questa sottosezione mostriamo come il teorema di Noether consente di costruire l’integrale primo dato dal vettore di Laplace-Runge-Lenz per il problema “governato” dalla lagrangiana (2.4). Consideriamo la famiglia di perturbazioni: r(t) + (r(t) ∧ r(t + σ)) ∧ u, dove r(t) = r 0 (t) rappresenta un moto naturale, soddisfacente l’equazione di Eulero-Lagrange che deriva dalla (2.4). La relazione (3.8) è verificata da: ∂ r σ (t) = (r(t) ∧ ṙ(t)) ∧ u; ∂σ σ=0 mentre per quanto riguarda la condizione di derivata totale (3.9) abbiamo: ∂ ∂ K ∂ = µṙ σ (t) · L(r σ (t), ṙ σ (t), t) ṙ σ (t) + r σ (t) · r σ (t) . 3 ∂σ ∂σ |r σ (t)| ∂σ σ=0 σ=0 ∂ Essendo r(t) un moto naturale, abbiamo ∂σ ṙ σ (t)σ=0 = 0, pertanto si ottiene: K ∂ L(r σ (t), ṙ σ (t), t) = 3 r · (r ∧ ṙ) ∧ u = ∂σ |r| σ=0 = K u · r(r · ṙ) − ṙr 2 = 3 |r| d K = r(t) · u . − dt |r(t)| (3.15) La (3.15) conduce alla seguente funzione di Bessel Hagen: G(σ, t) = σ K r(t) · u. r(t) Il teorema (3.2), tramite la (3.4), implica che sussiste il seguente integrale primo: ∂ ∂ ∇ṙ L(r(t), ṙ(t), t) · r σ (t) + G(σ, t) = ∂σ ∂σ σ=0 σ=0 = µṙ(t) · (r(t) ∧ ṙ(t)) ∧ u + K r(t) · u = |r(t)| = (r(t) ∧ ṙ(t))(µṙ(t) · u) − u[µṙ(t) · (r(t) ∧ ṙ(t))] + 24 K r(t) · u = |r(t)| K r(t) − L ∧ ṙ · u. |r(t)| Dall’arbitrarietà del vettore u discende che la quantità K r(t) − L ∧ ṙ |r(t)| (3.16) è un integrale primo. Ma, il vettore (3.16) è proprio il vettore di Laplace-Runge-Lenz. Riepilogo Gli integrali del moto relativi alla lagrangiana K 1 , L = µṙ 2 − 2 |r| a cui è associata l’equazione di Eulero-Lagrange µr̈ = K r , |r|3 sono l’energia, il momento della quantità di moto e il vettore di Laplace-Runge-Lenz. La tabella seguente focalizza l’attenzione sugli elementi fondamentali che permettono di ricavare tali integrali primi mediante il teorema di Noether (3.2), ovvero sulla famiglia di moti perturbati r σ (t) e sulla funzione BH. r σ (t) funzione BH r σ (t) = r(t + σ) G(σ, t) = −σL(r(t), ṙ(t), t) r σ (t) = eσAu r(t) 0 r(t) + (r(t) ∧ r(t + σ)) ∧ u integrale primo energia momento della quantità di moto K r(t) · u G(σ, t) = σ r(t) 25 vettore di Laplace-Runge-Lenz 4 Qualche considerazione ulteriore sul teorema di Noether Nel libro [1] il teorema di Noether viene introdotto nello spazio quadridimensionale nell’ambito della teoria classica dei campi. Senza entrare nei dettagli, in tal caso il teorema afferma che, per una densità lagrangiana1 avente una proprietà di simmetria e tale per cui ogni trasformazione infinitesima soddisfa opportune ipotesi, devono esistere un numero finito di grandezze conservative. Gli autori rilevano però che: “Il teorema di Noether dimostra che una proprietà di simmetria continua della densità lagrangiana genera una condizione di conservazione, ma che l’inverso non sussiste. Sembra, infatti, che esistano condizioni di conservazione che non possono corrispondere ad alcuna proprietà di simmetria.” Gli autori di [1] citano come controesempi i campi che ammettono soluzioni di tipo solitonico, come quelli descritti dall’equazione di Sine-Gordon: uxt = sin u, (3.17) ut + 6uux + uxxx = 0, (3.18) e dall’equazione di Korteweg-de Vries: dove in entrambi i casi u = u(x, t). Per soluzione solitonica di una certa equazione alle derivate parziali (PDE) nell’incognita u = u(x, t) si intende una soluzione u = u(x − ct) caratterizzata dalle seguenti proprietà: 1) si propaga mantenendo inalterata la propria forma; 2) se ad un certo istante due solitoni si incontrano/urtano, essi riprendono, dopo tale “sorpasso”/urto, la propria forma; 3) u = u(x, t) → 0 al tendere di x → ±∞, per ogni t fissato2 . Si conoscono molte PDE che ammettono soluzioni di tipo solitonico. Definizione 8 Una data PDE è detta integrabile se essa è risolvibile tramite la Trasformata Inversa Spettrale (IST). dη dη La densità lagrangiana per un sistema continuo monodimensionale è una funzione L̃ = L̃ η, dx , dt , x, t e la lagrangiana si ottiene dal seguente integrale: Z x2 dη dη L= L̃ η, , , x, t dx. dx dt x1 1 2 Quest’ultima proprietà non è strettamente indispensabile per la caratterizzazione delle soluzioni solitoniche. 26 Esula dall’obiettivo di questa tesi la descrizione della IST: si consulti al proposito [8]. Ci limitiamo a dire che essa è una potente tecnica che consente di risolvere il problema di Cauchy associato ad una data PDE non lineare. Le equazioni integrabili sono caratterizzate da una serie di proprietà notevoli e in questo contesto giova rimarcare le seguenti due: 1) possiedono soluzioni di tipo solitonico; 2) possiedono infinite quantità conservate. Oltre alle già citate (3.17) e (3.18), altre equazioni integrabili di grande rilevanza sono l’equazione non lineare di Schrödinger (NLS): ut + uxx ∓ 2|u|2 u = 0, (3.19) e l’equazione di Korteweg-de Vries modificata: ut ± 6|u|2 ux + uxxx = 0. (3.20) Da un punto di vista storico, alla fine degli anni Sessanta, il fatto che un’equazione quale la (3.18), che è invariante per traslazioni e per trasformazioni di Galileo ( x = x0 − ct t = t0 , ammettesse infinite leggi di conservazione doveva comunque apparire strano. Infatti, Miura e Gardner giunsero a determinare una decina di leggi di conservazione. L’introduzione della IST da parte di Gardner, Greene, Kruskal e Miura e le successive interpretazioni date in [9] consentirono di provare che tale equazione ammette infinite leggi di conservazione. Tale proprietà è tipica delle equazioni integrabili che forniscono, quindi, un esempio di equazioni per cui il teorema di Noether3 non è invertibile; nel senso che esistono condizioni di conservazione che non corrispondono a proprietà di simmetria. 3 Ci riferiamo alla versione del teorema di Noether per campi quadridimensionali e densità lagrangiane, come presentato in [1]. 27 28 Capitolo 4 Formalismo hamiltoniano e Teorema di Noether Finora, tutti i risultati sono stati illustrati utilizzando il formalismo lagrangiano. Il teorema di Noether può essere presentato anche nell’ambito del formalismo hamiltoniano ed è questo lo scopo del capitolo. La struttura del capitolo è la seguente: dopo aver introdotto le equazioni di Hamilton (prima sezione), viene illustrato il teorema di Noether espresso con la terminologia della meccanica hamiltoniana (seconda sezione). Tale risultato “corrisponde” al teorema (3.1) dimostrato nel Capitolo 3 usando il formalismo lagrangiano. In entrambi i casi, il risultato si riferisce ad un sistema avente n gradi di libertà , soggetto a vincoli lisci, olonomi e ad una sollecitazione conservativa. La trattazione degli argomenti svolti in questo capitolo segue quella presentata in [2] e [3]. 1 Trasformata di Legendre e formalismo hamiltoniano Sia f una funzione reale di parametro w ∈ Rn con le derivate parziali seconde continue e tale 2f sia definita positiva. Queste che la forma quadratica associata alla matrice hessiana ∂w∂h ∂w k condizioni garantiscono l’invertibilità del sistema ∂f = pk ∂wk k = 1, . . . , n e, conseguentemente, è possibile definire la funzione vettoriale w = w(p). Definizione 9 Si definisce trasformata di Legendre di f (w) la funzione: g(p) = p · w − f (w(p)). Il formalismo lagrangiano consente di esprimere lo stato meccanico del sistema mediante le coordinate generalizzate qi e le corrispondenti velocità generalizzate q˙i (i = 1, . . . , n). 29 È possibile stabilire una formulazione nella quale le variabili indipendenti sono le coordinate generalizzate qi e i momenti cinetici pi = ∂∂L (i = 1, . . . , n) coniugati alle qi . Una trasformazione q˙i di Legendre, che agisce sulle variabili q˙i sostituendole con le corrispondenti pi , è garante della nuova rappresentazione dello spazio delle fasi, mentre la lagrangiana viene sostituita dalla sua trasformata di Legendre (la cosiddetta funzione di Hamilton o hamiltoniana): H(p, q, t) = p · q̇(p, q, t) − L(q, q̇(p, q, t), t)). ∂L ∂ q̇k Più precisamente, occorre esplicitare il vettore q̇ = q̇(q, p, t) dal sistema = pk , k = 1, . . . , n. Definizione 10 Le coordinate (p, q) sono dette coordinate canoniche coniugate. Osservazione: Ricordando che p = in termini delle p sono: ∂L , ∂ q̇ le equazioni di Eulero-Lagrange ṗ = d ∂L dt ∂ q̇ ∂L . ∂q − ∂L ∂q = 0 espresse (4.1) Teorema 4.1 (Equazioni di Hamilton) Data una lagrangiana L(q, q̇, t), sottoposta all’ipotesi: 2 ∂ L det 6= 0, (4.2) ∂ q˙i ∂ q˙k le equazioni di Eulero-Lagrange d ∂L dt ∂ q̇ − ∂L ∂q = 0 sono equivalenti alle equazioni di Hamilton: ( = ∂H ∂p ∂H = − ∂q q̇ ṗ Dimostrazione. (4.3) L’ipotesi (4.2) permette di esplicitare il vettore q̇ = q̇(p, q, t) dal sistema: ∂L = pk , ∂ q˙k k = 1, . . . , n. Differenziando H = p · q̇ − L, otteniamo: dH = p · dq̇ + q̇ · dp − ∂L ∂L ∂L · dq − · dq̇ − dt, ∂q ∂ q̇ ∂t poiché, per definizione p = ∂L , si annullano i termini proporzionali a dq̇ e, tenendo conto ∂ q̇ dell’ultima equazione, otteniamo: dH = q̇ · dp − ∂L ∂L · dq − dt. ∂q ∂t 30 (4.4) D’altra parte, applicando la definizione di differenziale ad H, pensata come funzione di (p, q, t), abbiamo: ∂H ∂H ∂H · dp + · dq + dt. (4.5) dH = ∂p ∂q ∂t Confrontando la (4.4) e la (4.5), otteniamo le equazioni di Hamilton per la hamiltoniana H: q̇ = ∂H , ∂p ∂L ∂H =− , ∂q ∂q (4.6) ∂H ∂L =− . (4.7) ∂t ∂t Infatti, tenendo conto della (4.1) e della seconda delle (4.6), perveniamo al sistema (4.3). Proposizione 4.2 Se q = q(t) e p = p(t) sono soluzioni del sistema (4.3), allora d ∂ H(p, q, t) = H(p, q, t). dt ∂t Dimostrazione. d ∂H ∂H ∂H ∂H ∂ H(p, q, t) = · ṗ + · q̇ + = q̇ · ṗ − ṗ · q̇ + = H(p, q, t). dt ∂p ∂q ∂t ∂t ∂t Osservazione: Ripetendo le stesse considerazioni fatte nella sezione relativa al teorema di conservazione dell’energia, la proposizione (4.2) e la formula (4.7) portano a concludere che, nel caso in cui i vincoli sono lisci olonomi e indipendenti dal tempo, la hamiltoniana H = H(p, q) coincide con l’energia totale del sistema, cioè H = T + V. Le equazioni di Hamilton per un sistema con n gradi di libertà, descritto dalla hamiltoniana H(p, q, t), assumono una forma più compatta mediante l’introduzione della matrice reale I di dimensione 2n × 2n: On −In , I= In On dove In e On sono rispettivamente la matrice identità e la matrice nulla di ordine n × n. Infatti, posto x = (p, q), le equazioni canoniche di Hamilton sono date dal sistema hamiltoniano: ẋ = I∇x H(x, t), 31 H ∈ C 2 (R2n ). (4.8) Osservazione: R2n è dotato della struttura simplettica1 . Se operiamo sul sistema (4.8) una trasformazione di coordinate: x = x(X, t) con X = (P, Q) ∈ R2n , avente inversa X = X(x, t) con derivate prime continue, il sistema trasformato assume la forma: Ẋ = JI∇x H + ∂X , ∂I (4.9) i dove J è la matrice jacobiana della trasformazione con componenti Ji,k = ∂X . ∂xk Quindi, in generale, il sistema (4.9) non conserva la struttura canonica delle equazioni di Hamilton. Definizione 11 Una trasformazione di coordinate X = X(x, t) differenziabile e invertibile è detta canonica se conserva la struttura canonica delle equazioni di Hamilton, ovvero se comunque scelta una hamiltoniana H(x, t), esiste una funzione corrispondente K(X, t), detta nuova hamiltoniana, tale che il sistema di equazioni trasformate (4.9) coincide con il sistema di equazioni di Hamilton per K. ∂K (Q, P, t) ∂Qi ∂K Q̇i = (Q, P, t) ∂Qi Ṗi = − i = 1, . . . , n i = 1, . . . , n L’apparente dissimmetria dovuta al segno nelle equazioni di Hamilton può essere eliminata mediante un’ulteriore rappresentazione del sistema (4.3), fornita dalle parentesi di Poisson. Date due funzioni f (x, t) e g(x, t), definite in R2n × R, a valori in R o in C, si dice parentesi di Poisson delle due funzioni e si indica con {f, g} la funzione definita dal prodotto simplettico standard delle due funzioni: {f, g} = (∇x f )T I(∇x g). Osservazione: Se x = (q, p), la parentesi di Poisson di due funzioni f e g è data da: n X ∂g ∂f ∂f ∂g − . {f, g} = ∂qi ∂pi ∂qi ∂pi i=1 1 (4.10) Si definisce prodotto simplettico su uno spazio vettoriale V di dimensione 2n una forma bilineare ω : V ×V → R antisimmetrica e non degenere. Si dice che lo spazio V munito di prodotto simplettico è dotato di una struttura simplettica. Il prodotto simplettico ω ha una rappresentazione matriciale W . Nel caso di R2n , W è ottenuta considerando la base canonica e1 , · · · , en e ponendo Wi,j = ω(ei , ej ). Evidentemente W è antisimmetrica e non P2n degenere (det(W ) 6= 0); inoltre per ogni x, y ∈ R2n si ha ω(x, y) = i,j=1 Wi,j xi yj = xT W y. Nel caso in cui W = I si ottiene il prodotto simplettico standard. Rimandiamo il lettore interessato al capitolo 10 di [2] per maggiori dettagli. 32 La rappresentazione delle equazioni di Hamilton fornita dalle parentesi di Poisson è data da: ṗi = {pi , H}, q˙i = {qi , H} i = 1, . . . , n. Osservazione: Dalla (4.10) ricaviamo subito le seguenti: {pi , pj } = {qi , qj } = 0 , {qi , pj } = −{pi , qj } = δi,j , (4.11) che sono note come parentesi di Poisson fondamentali. Attribuendo alle funzioni a valori reali definite nello spazio delle fasi il nome di variabili dinamiche, si è soliti interpretare le parentesi di Poisson come applicazioni che associano ad ogni coppia ordinata di variabili dinamiche una nuova variabile dinamica soddisfacenti le seguenti proprietà : a) {f, g} = −{g, f } (antisimmetria), b) {f, α1 g1 + α2 g2 } = α1 {f, g1 } + α2 {f, g2 } ∀α1 , α2 ∈ R c) {f, g1 g2 } = {f, g1 }g2 + g1 {f, g2 } (regola li Leibniz), d) {f, {g, h}} + {g, {h, f }} + {h, {f, g}} = 0 2 (linearità a destra), (identità di Jacobi). Teorema di Noether Dato un sistema fisico, “regolato” dalla hamiltoniana H, denotiamo con F il corrispondente spazio delle fasi riferito a coordinate canoniche x = (q, p). Le soluzioni x = x(t) delle equazioni di Hamilton, associate all’hamiltoniana H = H(x, t), costituiscono le traiettorie dei punti in F. Se consideriamo una variabile dinamica f (q, p), dove p e q sono funzioni dipendenti dal tempo, vale la relazione: f˙ = {f, H}. In particolare, prendendo f (q, p) = pi oppure f (q, p) = qi , otteniamo le equazioni di Hamilton: q˙i = {qi , H}, ṗi = {pi , H} i = 1, . . . , n. È noto che, data la condizione iniziale x(0) = x0 , esiste un’unica soluzione 2 delle equazioni di Hamilton, rappresentante il moto del sistema, nella forma: x(t) = x(t, x0 ). Pensando il tempo t come fosse un parametro, è possibile associare ad ogni fissato istante t una diversa configurazione dello spazio delle fasi, univocamente determinata dal valore di t, che detta la condizione iniziale. In altri termini, ad ogni tempo t è associata una trasformazione dello spazio delle fasi in sé: Φt : F → F, t ∈ R. (4.12) 2 Supponiamo H sufficientemente regolare, per esempio di classe C 2 . 33 Questo implica che l’evoluzione del parametro temporale definisce una famiglia a un parametro di trasformazioni del tipo (4.12). La famiglia Φt è indotta dalle equazioni di moto individuate dalla hamiltoniana H, per questo motivo essa si denota con ΦtH e prende il nome di flusso nello spazio delle fasi generato da H. Si è soliti dire che la hamiltoniana H è il generatore del flusso. La Definizione 6 introdotta per la lagrangiana nel Capitolo 3 ha il seguente corrispettivo nella formulazione hamiltoniana: Definizione 12 Una trasformazione completamente canonica x = x̃(X) di R2l è una simmetria di H se l’hamiltoniana è invariante per la trasformazione, cioè se H(x) = H(X). Esempio: Se H ha una coordinata xi ciclica, la hamiltoniana è invariante per traslazioni di tale coordinata: xi → xi + α. Esempio: Le rotazioni di centro l’origine in R2 p = P cos α + Q sin α, q = −P sin α + Q cos α sono una simmetria per H = p2 +q 2 . 2 Definizione 13 Una famiglia ad un parametro s ∈ R di trasformazioni completamente canoniche x = x̃(X, s) di R2n si dice gruppo ad un parametro (di trasformazioni completamente canoniche) se verifica le proprietà seguenti: a) x̃(X, 0) = X per ogni X ∈ R2n ; b) per ogni s ∈ R la trasformazione inversa di x̃(X, s) è x̃(X, −s); c) x̃(x̃(X, s1 ), s2 ) = x̃(X, s1 + s2 ) per ogni s1 , s2 ∈ R e per ogni X ∈ R2n . Se per ogni s ∈ R la trasformazione x = x̃(X, s) è una simmetria di H, il gruppo si dice un gruppo a un parametro di simmetrie di H. Al fine di dimostrare che il flusso ΦtH generato da una hamiltoniana H è un gruppo a un parametro di trasformazioni completamente canoniche, introduciamo la seguente: Definizione 14 Sia x̃(X, s) un gruppo a un parametro di trasformazioni completamente canoniche di R2n . Il campo vettoriale: ∂x̃ (x, 0) v(x) = ∂s è detto generatore infinitesimale del gruppo di trasformazioni. 34 Consideriamo il sistema di equazioni differenziali: ( ẋ = v(x(t)) x(0) = X (4.13) dove v è il generatore infinitesimale di x̃(X, t). Si ha la seguente: Proposizione 4.3 Il gruppo di trasformazioni x̃(X, t) è la soluzione del sistema (4.13). Dimostrazione. È immediato osservare che x(t)=x̃(X, t) soddisfa le condizioni iniziali. Grazie alle proprietà di gruppo di x̃(X, t), otteniamo: x̃(X, t + ∆t) − x̃(X, t) ∂x̃ = lim ∆t→0 ∂t ∆t x̃(x̃(x(t), −t), t + ∆t) − x̃(x̃(x(t), −t), t) = lim ∆t→0 ∆t x̃(x(t), ∆t) − x̃(x(t), 0) = lim = v(x(t)). ∆t→0 ∆t ẋ(t) = Osserviamo che, se la hamiltoniana H è indipendente dal tempo, il flusso ΦtH è un gruppo a un parametro di trasformazioni completamente canoniche, il cui generatore infinitesimale associato è il gradiente simplettico della hamiltoniana (I∇x H(x, t)). Infatti, abbiamo s t 0 Φt+s H = ΦH (ΦH (x)), ΦH = Id. Vale anche il viceversa, come si evince dal seguente: Teorema 4.4 Ogni gruppo a un parametro x̃(X, t) di trasformazioni completamente canoniche è il flusso hamiltoniano al tempo t di una hamiltoniana K(X). Il lettore può trovare una semplice dimostrazione del teorema (4.4) in [2]. Il fatto che per un sistema fisico, ogni fissata hamiltoniana H genera un corrispondente flusso o gruppo a un parametro di trasformazioni dallo spazio delle fasi in sé, può essere generalizzato considerando una generica variabile dinamica G : F → R in luogo di H. La variabile G = G(x) = G(q, p) induce una corrispondente equazione differenziale : ẋ = I∇x G. (4.14) La (4.14) è formalmente analoga alle equazioni di Hamilton (4.3) per G e consente di introdurre il flusso: ΦtG : F → F, t ∈ R. Si dice che G è il generatore del gruppo ad un parametro di trasformazioni ΦtG . Nell’ambito delle variabili dinamiche i nomi di integrale primo e funzione simmetrica descrivono la stessa proprietà di invarianza (o simmetria) rispetto ad un gruppo a un parametro di trasformazioni: 35 • nel caso in cui il gruppo di riferimento è quello di evoluzione temporale, generato da una hamiltoniana H, allora si dice che la variabile dinamica f è un integrale primo se essa mantiene lo stesso valore lungo ogni soluzione delle corrispondenti equazioni di Hamilton, ovvero si ha f (ΦtH (x)) = f (x) ∀x∀t, ma questo è equivalente a f˙H = 0, dove si è denotato f˙H = {f, H}. • nel caso in cui il gruppo di riferimento è quello di evoluzione generato da una generica variabile G, una variabile dinamica f è detta integrale primo se si ha : f (ΦtG (x)) = f (x) ∀x∀t, tale proprietà è equivalente a f˙G = 0, dove si è denotato: f˙G = {f, G}. Con queste premesse possiamo enunciare il teorema di Noether: Teorema 4.5 Sia dato un sistema con hamiltoniana H indipendente dal tempo e sia f una variabile dinamica (indipendente dal tempo). Condizione necessaria e sufficiente affinché f sia un integrale primo (rispetto al flusso generato da H) è che H sia simmetrica rispetto al gruppo di trasformazioni generato da H. Dimostrazione. allora: Sia H simmetrica rispetto al gruppo di trasformazioni generato da f , Ḣf = {H, f } = 0, ma per le proprietà delle parentesi di Poisson −Ḣf = −{H, f } = {f, H} = f˙H , da cui: f˙H = 0. Viceversa se f è un integrale primo rispetto al flusso ΦtH , si ricava: {f, H} = 0 e quindi si ha necessariamente: Ḣf = 0. 36 Bibliografia [1] H. Goldstein, C. Poole, J. Safko, Meccanica Classica, Zanichelli, 2004. [2] A. Fasano e S. Marmi, Meccanica Analitica, Bollati Boringhieri, 1994. [3] L. Galgani e A. 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