Comments
Description
Transcript
quel piccolo teatro domestico…
QUEL PICCOLO TEATRO DOMESTICO… Voci e silenzi dalla Natura e dall’Amore Sounds and silences from Nature and Love Strumentisti della Haute Ecole de Musique di Lausanne-Sion-Fribourg, sito di Sion. Cantanti dei corsi accademici del Conservatorio di Parma. Alessandro Scarlatti (1660-1725) Ombre tacite e sole Antonio Vivaldi (1678-1741) Vengo a voi, luci adorate Niccolò Porpora (1686-1766) Il ritiro Niccolò Porpora Credimi pur, che t’amo Nastasia Dugardin e Enora Fondain, violini Helinä Nissi, viola Mathilda Longué, violoncello Shagan Grolier, contrabbasso Julien Vergères, chitarra barocca Nao Yokomae, soprano Federica Cacciatore, mezzosoprano Clavicembalo e direzione, Riccardo Mascia Ecco quattro frammenti di melodrammi con personaggi che vivono per una sola scena, dal nulla provengono, al nulla ritornano, ma vivono intensamente. La cantata barocca italiana è un concentrato di teatro e retorica delle passioni. Quando l’opera era il re degli spettacoli, le famiglie nobili potevano ritrovarne le emozioni nel loro salotto. Bastano poche parole e poche note per far vivere questo piccolo teatro domestico. E’ come se a ogni cantata si aprisse una nuova finestra su un aspetto della vita umana: mentre il cantante racconta, l’orchestra costruisce l’ambiente intorno a lui con suoni e silenzi. Ombre tacite e sole è, già dal primo verso, la cantata dei silenzi: il personaggio prova frasi smozzicate, pone domande sospese nel vuoto, si avventura in un recitativo tortuoso, mentre gli strumentisti danno vita a una Natura nemica, popolata di suoni inquietanti, versi di animali feroci e silenzi altrettanto angosciosi. Il ritiro è invece la cantata della Natura amica e accogliente, lontana dalle preoccupazioni della vita in città, senza invidia, concorrenza, ipocrisia. Qui non è il luogo del silenzio: anzi, gli strumenti riempiono ogni vuoto, costruendo contrappunti come in un fitto gioco di specchi. E la pastorale finale è un trionfo di serenità. Il nostro piccolo teatro domestico apre anche due finestre sull’amore. Vengo a voi luci adorate ci parla di un’estasi d’amore carica di tensione: il personaggio lancia vocalizzi acrobatici come alla ricerca di un oggetto irraggiungibile, per poi scoprire che nulla, nemmeno l’essere ricambiati, può estinguere l’ansia d’amore. In questa situazione l’orchestra non può tacere un solo attimo, anzi, avvolge il cantante in un ossessivo pedale sincopato e disegni nervosi che la retorica associa all’immagine del fuoco che divora gli amanti. Credimi pur che t’amo è invece la cantata dell’amore gioioso e senza problemi. Qui una donna, alle prese con un amante troppo geloso, prende in giro il suo compagno: lo amerà sempre di un amore costante, ma purché lui non sia troppo insistente e offensivo. E, mentre l’orchestra danza una gioiosa giga, lo invita ad un silenzio pieno di sensuale attesa, con cui ci sembra giusto concludere la serata: Taci, non favellar, ché più mi piaci. Here are four fragments of melodramas with characters who live for just one scene, coming from nothing, returning to nothing, but living intensely. The Italian Baroque Cantata is a concentrated mix of theatre and rhetoric of passion. When opera was the king of shows, the nobles could find its emotions in their livingroom: few words and notes are needed to make this little domestic theatre come to life. It is as if every piece opens a new window on one aspect of human life: while the singer tells the story, the orchestra creates the environment around them with sounds and silences. Ombre tacite e sole (Silent and lonely shadows) is, already from the first verse, the song of silence: the character attempts broken sentences, asks questions suspended in a vacuum, ventures into a tortuous recitative, while the musicians give life to a hostile Nature, populated by eerie sounds, ferocious animal cries and equally distressing silences. Il ritiro (The withdrawal) is instead the song of friendly and welcoming Nature, far from the worries of city life, without envy, competition, hypocrisy. Here is no place for silence: indeed, the instruments fill every empty space, creating counterpoints as in an interplay of mirrors. And the pastoral finale is a triumph of serenity. Our little domestic theater also opens two windows on love. Vengo a voi luci adorate (I come to you beloved lights) is about an ecstasy of love but loaded with tension: the singer launches acrobatic coloraturas in the search for an unattainable object, only to discover that nothing, not even being reciprocated, can extinguish the anxiety of love. In this situation, the orchestra cannot be silent even for a single moment, indeed, in the final aria the singer is enveloped in an obsessive syncopated pedal and nervous drawings that the rhetoric associates with the image of the fire that devours lovers. Credimi pur che t’amo (Believe me, I love you) is instead the song of joyful and problem free love. Here a woman, struggling with an over jealous lover, teases her companion: she will love him with a constant love, as long as he is not too insistent and rude. And, while the orchestra dances a joyous jig, she invites him to a silence full of sensual expectation, with which it seems right to conclude the evening: Taci, non favellar, ché più mi piaci (Quiet, do not talk, for I like you more)