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Emmanuela Trentin – Il movimento è vita

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Emmanuela Trentin – Il movimento è vita
“ IL MOVIMENTO E’ VITA”
di
Emmanuela Trentin
INDICE
1. La simbologia dell’agire: significati antropologici, psicologici, sociologici
pag. 5
2. Il concetto di movimento dal punto di vista fisico
pag. 7
3.a
Le ossa
pag. 8
3.b
Le articolazioni
pag. 9
3.c
Il sistema nervoso
pag. 9
3.d
I muscoli
pag. 10
3. Da dove parte il movimento, pulsione di movimento, pulsione di vita
pag. 13
4. Il concetto di vita, il movimento del feto in gravidanza
pag. 16
5.a
Le fasi dello sviluppo del feto
pag. 18
5. L’energia della nascita
pag. 21
6. Espressione e movimenti spontanei, quando manca la forza vitale
pag. 25
7. Il desiderio di agire, che cosa frena l’azione
pag. 29
8.a
L’ipermotricità
pag. 33
8.b
La passività motoria
pag. 34
8. Esempi in psicomotricità:
pag. 35
9.a
Elio
pag. 35
9.b
Asia
pag. 48
9.c
Sara
pag. 55
9.d
Conclusioni
pag. 59
9. Tra morte e rinascita: il movimento come simbolo di vita
pag. 60
10. Conclusioni
pag. 62
2
BIBLIOGRAFIA
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http://www.homolaicus.com/teoria/morte/morte.htm
4
1.
LA SIMBOLOGIA DELL’AGIRE:
SIGNIFICATI ANTROPOLOGICI, PSICOLOGICI, SOCIOLOGICI
Inizialmente tutto l’universo era caos dove gli elementi compivano un incessante
“brulichio” di movimenti anarchici. Secondo i miti della creazione, l’origine della vita
parte sempre da un’azione. Nell’istante in cui un dio manifesta la volontà di creare se
stesso, un altro dio o il mondo emette una vibrazione, un suono, espira, sospira, parla,
canta, grida, urla, tossisce, singhiozza, vomita, tuona, suona uno strumento musicale,
manipola oggetti materiali e attraverso il soffio creatore dà loro vita. Il caos, l’abisso
primordiale, la caverna, la fessura nella roccia sono immagini dello spazio vuoto, del non
essere, dell’animato da cui parte il soffio vitale, l’azione che dà origine alla vita. In tutto
questo l’uomo si colloca nell’universo come essere in relazione con gli altri simili della
sua specie e in relazione con il mondo. Per essere in relazione c’è bisogno di comunicare e
la comunicazione nasce da una distanza tra due o più individui.
Tutti gli esseri animali sviluppano la propria esistenza in una rete fitta di relazioni; in
questo tessuto si interagisce attraverso simboli per comunicare nella distanza, nella
lontananza. In particolare nell’uomo si strutturano delle rappresentazioni simboliche che
si costruiscono sulla base di immagini motorie nelle quali l’esperienza della vita e
l’adattamento all’ambiente danno inizio ad un investimento carico di significati,
simbolico, in stretta concomitanza con i gesti del corpo e i centri nervosi del cervello.
L’agire implica un’azione e ha una funzione adattiva di carattere vitale. Secondo Peron
Borrelli M. e Perron R. “essa è adattiva perché produce degli effetti sul mondo esterno” e più
precisamente “un’azione è ciò che esercita o si suppone eserciti un effetto sull’altro” 1.
Nel rapporto tra madre e bambino, durante il processo di evoluzione nella relazione
fusionale, il carattere fondante dell’azione è la reciprocità delle trasformazioni del
soggetto e dell’ ”oggetto madre” implicando il processo comunicativo sia esso conscio o
inconscio. Per trovare la strada verso l’individuazione è importante che il bambino
sperimenti e trovi uno spazio fusionale, di sicurezza, condiviso con l’altro e non più fuso
con lui. Ecco che, nell’evoluzione del bambino, il gioco diventa un’attività primaria che
1
Fantasme et action in « Revue française de psychanalyse», (1987) PUF, Paris
5
stimola le sensazioni e le emozioni interne ed esterne in un processo creativo per la
distanziazione dall’altro e per la costruzione dell’Io.
Secondo la Psicologia e la Sociologia le esperienze interiori che accompagnano l’agire
possiedono diverse qualità come la consapevolezza della definizione di un obiettivo,
della pianificazione, del controllo e dello scopo. La scelta soggettiva dell’azione è
strettamente influenzata dalle situazioni vissute e dagli scopi futuri. Esiste un
collegamento tra presente, passato e futuro in quanto, come affermano M. von Cranach e
G. Ochsenbein, “il passato ricordato ed il presente vissuto giustificano il futuro desiderato,
dunque l’obiettivo ed il senso di sé costituisce uno dei presupposti per l’esecuzione di azioni
consapevoli e finalizzate”2. Inoltre, in Psicologia, secondo le teorie dell’azione di M. von
Cranach, le azioni affettive sono così caratterizzate: “le circostanze esteriori attualizzano
delle disposizioni sentimentali, i sentimenti richiamano le disposizioni motivazionali; gli affetti
disturbano lo svolgimento delle operazioni cognitive che normalmente preparano le azioni”3.
In Sociologia, si nota che i processi psichici che costituiscono le basi dell’agire sono nella
sostanza determinati dalle circostanze sociali in cui i più importanti fattori sono le regole.
Come sottolinea R. Harré, psicologo e filosofo sociale neozelandese, “le modalità di
reazione degli uomini sono dipendenti da come essi hanno interpretato il significato della
situazione in cui si trovano e dalle regole e convenzioni che, in funzione di tale significato essi
accettano”4. Così, nel processo di crescita, il corpo sempre meno libero di muoversi si
trova nell’età adulta alienato ed inglobato dal processo lavorativo e produttivo costretto a
ritrovare il proprio spazio vitale nel tempo libero o nello sport.
Si approfondiscono i fattori che influenzano il desiderio ed il potere di agire in particolare
nei capitoli 7 e 8.
2
3
4
M. von Cranach, G. Ochsenbein - Agire: la forma umana del comportamento, pag. 39
M. von Cranach, G. Ochsenbein - Agire: la forma umana del comportamento, pag. 57
M. von Cranach, G. Ochsenbein - Agire: la forma umana del comportamento, pag. 72
6
2.
IL CONCETTO DI MOVIMENTO DAL PUNTO DI VISTA FISICO
Prima di vedere gli aspetti più psicologici dell'argomento si vuole analizzare il concetto
di movimento valutando la biomeccanica e la cinetica del corpo. Premesso che, in
generale, gli studi moderni in campo sportivo tendono a valutare il corpo come uno
strumento da sezionare, analizzare, allenare per ottenere la miglior performance,
solamente pochi sport, come la lotta libera ed il judo, programmano e svolgono un
allenamento che abbina mente e corpo ottenendo un risultato funzionale a livello globale.
Anche negli altri sport c’è una componente psicologica ma viene usata principalmente
per ottenere una miglior prestazione fisica o per il risultato. Un esempio evidente è la
cultura del body-building, chiamato in passato culturismo, dove l’interesse è per il corpo
visto come un oggetto, per la scienza dell’allenamento sportivo, per l’estetica. Questa
disciplina, come tante altre, studia in particolare anatomia, biomeccanica, fisiologia,
endocrinologia, scienza dell’alimentazione.
Le discipline atletico-sportive sono nate e si sono particolarmente sviluppate per
soddisfare un aspetto importante radicato nella natura umana e affondano le proprie
radici già nella preistoria. Molti soggetti che praticano il body-building si identificano
ancora oggi nell’archetipo dell’uomo guerriero per il bisogno di esibire forza e potenza
alimentando così questo modello nell’inconscio collettivo. Ne sono esempio i miti
intramontabili di Ercole o Superman; il nome è cambiato ma le caratteristiche sono le
stesse: fisico forte e muscoloso, impegno continuo, forza sovraumana, gesta al di sopra
delle capacità dell’uomo comune, qualità creative, aggressive, sicurezza di sé, uomo
indistruttibile e immortale. In particolare nell’uomo maschio, grazie a un intenso
esercizio fisico in soggetti particolarmente allenati o atleti, si può produrre un ormone, il
testosterone, che provoca a livelli elevati le stesse sensazioni prima citate esercitando
un’azione diretta sul cervello. Ecco che allora, lo sforzo fisico all’interno di un
allenamento, per gli atleti come lo è stato in passato per gli antichi guerrieri o amazzoni,
soddisfa le proprie innate pulsioni di affermazione come l’esaltazione della vittoria sul
nemico.
7
La pratica spontanea dell’allenamento, rispetto al passato, è diventata sempre più una
disciplina scientifica e razionale allontanandosi dalla funzione sociale e relazionale
ricoperta nei popoli primitivi. Attualmente le facoltà universitarie che studiano il
movimento motorio in generale si basano sull’anatomia, sulla fisiologia, sulla
chinesiologia e la biomeccanica. In particolare l’anatomia è lo studio della struttura del
corpo; la fisiologia è lo studio della sua funzione; la struttura determina la funzione,
ossia, il corpo umano può eseguire certe funzioni per la sua struttura; la struttura
corporea può cambiare per svolgere meglio una determinata funzione e questo è ciò che
accade con l’esercizio fisico; un muscolo si sviluppa in risposta all’esercizio. Fisiologia e
anatomia risultano così strettamente correlate e dipendenti l’una dall’altra.
Se la scienza del movimento in campo sportivo non può fare a meno degli studi sopra
citati, nella psicomotricità è importante conoscere queste materie ma anche la simbologia
come pure il contesto sociale con cui il corpo è in relazione. Si evidenziano ora alcuni
aspetti di anatomia, fisiologia, chinesiologia e simbologia mentre si tratteranno nei
prossimi capitoli gli aspetti socio-psicologici legati alle pulsioni di movimento.
2.a
Le ossa
In Anatomia e Fisiologia le ossa non sono aridi pezzi di legno ma tessuto vivo, senza il
quale il corpo umano sarebbe un mollusco. Sono formate da cellule attive che
costruiscono in continuazione nuovo materiale osseo. Le ossa sono più di 200, composte
da acqua e calcio e con la capacità di saldarsi da sole. Infatti se un osso è fratturato inizia
rapidamente a ricomporsi depositando nuovo tessuto attorno alla frattura.
Oltre a fornire la struttura, hanno altre importanti funzioni.
1.
le ossa agiscono da leva e da aggancio per i muscoli favorendo la locomozione;
2.
hanno il compito di produrre i globuli rossi in particolare nei primi stadi di vita;
3.
sono il più grosso serbatoio per l'organismo di molti minerali fondamentali e
proteggono gli organi vitali;
4.
si rinforzano solo attraverso lo sforzo che viene provocato ai muscoli.
8
In simbologia le ossa sono considerate come l’armatura simbolo di fermezza, forza e virtù;
sono l’elemento permanente e primordiale dell’essere. “Per i popoli dei cacciatori le ossa,
costituendo la parte più durevole se non indistruttibile del corpo umano, l’interno, il suo supporto
del visibile, sono il simbolo dell’essenziale, l’Essenza della creazione…portatrici del principio di
vita”5.
2.b
Le articolazioni
In anatomia, fisiologia e chinesiologia le articolazioni sono il punto in cui due ossa si
congiungono; la maggior parte di esse permette il movimento. L’ampiezza del
movimento è limitata dalla struttura dell’osso e dall’attacco del muscolo su di esso.
Hanno il compito di fornire alle ossa un meccanismo che permetta il movimento, con vari
gradi di forza, stabilità e mobilità. Esiste una relazione inversa tra mobilità e stabilità
delle articolazioni: con l’aumentare della stabilità diminuisce la mobilità e viceversa.
In simbologia il simbolismo delle articolazioni si avvicina a quello dei nodi. Presso i popoli
primitivi dei Bambara le sei società iniziatiche che scandiscono la vita umana sono
associate alle sei principali articolazioni delle membra; esse articolano la società umana e
danno all’uomo i mezzi per realizzarsi.
Le antiche popolazioni delle Antille ritenevano che l’uomo fosse dotato di più anime e
pensavano che esse avessero sede nel cuore, nella testa, e nelle articolazioni dove batte il
polso.
2.c
Il sistema nervoso
In anatomia e fisiologia il sistema nervoso è il principale coordinatore di tutte le funzioni
del corpo; senza la sua stimolazione non esisterebbe il movimento. E’ costituito da due
parti: il sistema nervoso centrale e quello periferico. Il primo comprende il cervello e la
colonna vertebrale; il secondo è ulteriormente suddiviso in autonomo e somatico. Il
5
J. Chevailer, A. Gheerbrant - Dizionario dei simboli, concetto di ossa
9
sistema nervoso autonomo agisce sui vasi sanguigni, sulle ghiandole e sugli organi
interni e si divide a sua volta in due parti: il sistema nervoso parasimpatico che rallenta le
funzioni organiche, conservando quindi energia e il sistema nervoso simpatico che le
accelera, aumentando quindi l’uso di energia. Il sistema nervoso somatico innerva i
muscoli scheletrici, per cui è il più coinvolto nell’attività fisica.
In simbologia difficilmente si trovano approfondimenti sul sistema nervoso, né su nervi,
né su tono. E’ stato citato il sistema nervoso perché conoscere la sua funzione principale è
utile in campo psicomotorio, psicosomatico e psicologico per capire dove ha origine la
pulsione di movimento, concetto che verrà approfondito nel prossimo capitolo.
2.d
I muscoli
In anatomia e fisiologia mentre lo scheletro fornisce la struttura del corpo umano, i muscoli
ne danno la forma. Sono preposti al movimento e concorrono al mantenimento della
temperatura corporea, poiché uno dei sottoprodotti della contrazione è la produzione di
calore. Tutte le unità motorie (neurone e fibre muscolari innervate) seguono il principio
del “tutto o niente”: tutte le fibre muscolari di una unità, se stimolate da una resistenza, si
contraggono completamente o non si contraggono affatto.
Il tono muscolare è uno stato fisiologico di attivazione minima fondamentale per la vita.
Esso consente:
-
di rimanere in piedi, fermi;
-
di vincere la forza di gravità mantenendo autonomamente l’equilibrio;
-
di mantenere le posture autonome senza il controllo della volontà specialmente la
capacità;
-
di rispondere immediatamente ad una necessità motoria senza tempi di latenza
patologici.
Il movimento è il prodotto della forza per la velocità e l’angolo articolare (raggio
d'azione).
10
In filosofia U. Galimberti critica il punto di vista della scienza: “se infatti l’anatomia è lo
studio degli organi corporei nella loro esteriorità, se la fisiologia è la ricostruzione sintetica del
vivente a partire da questa esteriorità, anatomia e fisiologia sono condannate in partenza a non
capire niente del corpo, perché lo concepiscono semplicemente come una modalità particolare della
morte.”
“La scienza recide il legame originario del corpo col mondo in cui si raccoglie tutta la nostra vita,
per sostituirvi l’idea chiara e distinta dell’oggetto in sé e del soggetto come pura coscienza, in cui
nessuno può ritrovarsi se non astraendosi dal mondo-della-vita. … Se scaviamo questa
oggettività, non troviamo la realtà che la scienza è convinta di descrivere ma la convenzionalità
della sua oggettivazione.”
“Il mondo-della-vita è soggettivo e corporeo, il mondo della scienza è oggettivo ed astratto, e la sua
costruzione è possibile solo prescindendo da quel universo di intuizioni in cui si articola il mondodella-vita”6.
La scienza paragona così il corpo ad una macchina valutando in particolare il rendimento
muscolare (il rapporto tra la forza e l’energia impiegata con il lavoro svolto) a livello
meccanico,
fisiologico e biologico studiando e considerando
solo
la scienza
dell’allenamento per una miglior efficienza fisica.
6
U. Galimberti - Il corpo, pag. 80 - 82 - 85
11
TEST DEL VO₂ MAX
Ma in tutto questo il concetto di Uomo dov’è?
Si è solo una macchina?
Perché la scienza tradizionale non risponde a tali domande?
Le Boulch, poliedrico autore, nel libro ”Verso una scienza del movimento umano”
affronta l'argomento scrivendo in particolare che “il settore del rendimento sportivo
sottomette l’atleta alle stesse costrizioni del lavoratore-robot facendo leva sugli studi di
biomeccanica che considerano il corpo umano una macchina sottomessa alle leggi del rendimento.
Gli studi scientifici sul movimento umano sono stati incentrati soprattutto su questi aspetti
meccanici e sulle condizioni del rendimento”7.
7
J. Le Boulch - Verso una scienza del movimento umano, pag. 30
12
3.
DA DOVE PARTE IL MOVIMENTO,
PULSIONE DI MOVIMENTO, PULSIONE DI VITA
Un canto polinesiano Maori dice: “La forza della procreazione, la prima estasi di vivere e la
gioia di fronte alla crescita trasformarono il silenzio della contemplazione nel suono. Quel suono
creò il cielo e la terra che crebbero come alberi” 8.
Se si confrontano vari miti della creazione provenienti da tutto il mondo si nota che
l’inizio della vita, sia essa origine del mondo o degli esseri viventi, è data sempre da una
vibrazione che produce un’azione seguita quasi sempre da un elemento acustico. L’abisso
primordiale, la bocca spalancata, la caverna che canta, sono immagini dello spazio vuoto
e immobile da cui parte la vibrazione della creazione.
Il mondo nasce da una vibrazione ed è così anche per l’inizio della vita dell’essere
umano: l’unione dei gameti maschili e femminili che formerà il feto, già dalle primissime
fasi dello sviluppo, evidenzia un veloce movimento cellulare. Dal punto di vista genetico,
lo zigote (l’unione del gamete maschile e femminile) si divide in più cellule diventando
una serie di cellule embrionali o annessi embrionali, trasformazione necessaria per creare
un rapporto, un legame, una comunicazione con l’ambiente circostante. Nell’utero
l’embrione compie delle pulsioni primitive, dei movimenti apparentemente senza finalità
se non per esigenze iniziali puramente organiche. E’ per questo motivo che gli annessi
sono fondamentali per permettere all’embrione in formazione di stabilire un rapporto
con la madre attraverso l’impianto in utero e la formazione della placenta.
Freud ha dimostrato nelle sue teorie che nell’essere umano lo psicologico prende origine
dal biologico e il bisogno fisiologico crea il desiderio psichico e la soddisfazione del
bisogno in piacere. Applicando questo principio al bisogno biologico di movimento, si
crea tutta una organizzazione psichica fatta di desideri, soddisfazioni, piaceri, di
frustrazioni, divieti generatrice di fantasmi e conflitti inconsci.
Nel bambino il movimento spontaneo, non stereotipato ed intellettualizzato, si basa su un
contenuto sessuale inteso come piacere primitivo organico, di esistere nella mobilità del
proprio corpo. Sia nel bambino che nell’adulto si ritrova quindi nel movimento tutta
8
M. Schneider – La musica primitiva
13
l’esperienza emozionale vissuta. “Ogni contenuto emozionale del gesto, poiché esso è in
rapporto con le strutture più arcaiche del cervello, risveglia le sensazioni del piacere più primitive
e profonde in rapporto con la pulsione vitale del movimento biologico”9.
L’essere umano, inteso come essere vivente, attraverso continui stimoli e tensioni
nervose, sostiene un’attività indirizzata al mantenimento del proprio equilibrio e
sviluppo organico. Il sistema nervoso, in particolare la cellula nervosa, è un sistema
energetico auto-attivo. R. Gesell, importante psicologo e medico statunitense, in
riferimento all’embriologia dl comportamento, ha elaborato la teoria elettronica
dell’attività della cellula nervosa qui brevemente riassunta.
” I gradienti metabolici danno origine a correnti elettroniche che, se sono molto forti, producono
una scarica ritmica al loro punto di emergenza. Ogni neurone è così un piccolo sistema chimico il
cui metabolismo lancia una corrente elettronica e ritmica intrinseca. Questa corrente centrogena
può essere rinforzata da correnti riflessogene che hanno la loro origine nei recettori lontani e negli
altri neuroni. Quando la corrente risultante è troppo forte per superare una certa soglia
caratteristica, il neurone entra in azione”10.
Le reazioni motorie spontanee e primarie sono atte, quindi, a soddisfare in particolare
bisogni organici.
Le Boulch, nell’interpretazione funzionale dei dati attuali della neuro-fisiologia, dice che
nell’organismo totale questa tensione a livello di neuroni motori crea un vero bisogno di
movimento detto non specifico, che necessita di una liberazione attraverso una motricità
fine a se stessa. Dopo la nascita il bambino, che viene separato dalla circolazione
sanguinea materna, vive l’alternanza tra una sensazione di privazione (provocata
dall’abbassamento di concentrazione dei metabolici nel sangue) e la soddisfazione di
questo bisogno fondamentale. Fino ai 2 mesi il periodo è caratterizzato dall’instaurarsi di
questa forza pulsionale, primo motore del comportamento. Il neonato oscilla così tra uno
stato di bisogno che si manifesta attraverso un’elevazione del tono all’origine di scariche
muscolari impulsive (come le crisi) e uno stato di quiete cui corrisponde un
abbassamento del tono. L’equilibrio di questo comportamento tonico-emozionale è in
9
10
J. Le Boulch - Verso una scienza del movimento umano
J. Le Boulch - Verso una scienza del movimento umano, pag. 67
14
funzione dell’attenzione che l’ambiente circostante presta al bambino e l’esperienza
corporea vissuta rimane inscritta nel suo inconscio.
Secondo gli studi di Pavlov, a livello di strutture percettive, la tensione serve per
soddisfare il bisogno d’informazione così il contatto stesso con un oggetto rappresenta un
bisogno primario e stimola il riflesso di orientamento.
Altre reazioni, dette da Le Boulch di investigazione, implicano uno spostamento ma esiste
anche una motricità senza spostamento, ad esempio nella percezione tattile come la
palpazione, la manipolazione, l’investigazione visiva e la reazione all’ascolto anche se
questi ultimi hanno un riflesso senso-motorio più limitato. Vi è anche la funzione di
vigilanza strutturata in due forme: la prima assicura la regolazione del livello di attività
percettiva attivando le strutture nervose della corteccia celebrale che, sul piano del
comportamento, determinano l’intensità con la quale reagisce l’organismo al mondo che
lo circonda e la seconda con cui l’organismo sceglie nell’ ambiente lo stimolo che soddisfa
i suoi bisogni attuali di tipo adattivo.
Esistono però altre reazioni motorie apparentemente senza obiettivo o scopo da
raggiungere, a volte assurde, ma che esprimono un certo modo di essere della personalità
rivelando emozioni e sentimenti che l’individuo prova in una determinata situazione.
Se il movimento viene inteso come gesto in quanto esprime una realtà umana carica di
emozioni, è importante considerare non solo lo spostamento del corpo o dei suoi
segmenti ma anche le reazioni toniche e mimiche che esso provoca. Così, le forme
dell’attività motoria, siano esse istintive, organiche o primitive sono sempre
influenzate dall’ambiente fisico, sociale e culturale.
La funzione del gioco diventa fondamentale perché è un’attività di esplorazione
dell’ambiente, favorisce le scariche motorie e il bambino trova il piacere di ricreare un
mondo immaginario dove tutto avviene secondo i propri desideri.
15
4.
IL CONCETTO DI VITA,
IL MOVIMENTO DEL FETO IN GRAVIDANZA
Per capire fino in fondo il termine vita è necessario definire in senso generale che “non c’è
vita senza movimento e l’arresto del proprio movimento per tutta la materia vivente è morte”11.
Secondo un’ottica filogenetica il feto in gravidanza si sviluppa e cresce seguendo la stessa
evoluzione avvenuta a livello primordiale in tutti gli esseri viventi. Il movimento in utero
dell’embrione umano è un primo movimento biologico interno che, un po’ come avviene
nell’ameba (un essere acquatico di struttura primitiva), trasmette questi primi segnali di
vita apparentemente privi di finalità. L’organismo non è mai un sistema a riposo, ma è
sempre la sede di un’attività: il bisogno d’azione è il bisogno stesso di vivere.
Nelle prime fasi evolutive si associa a questo movimento biologico un’azione diretta
verso l’esterno per soddisfare bisogni fisiologici di nutrimento e spostamento. E’ solo
successivamente che si instaura una funzione detta di relazione sviluppando sistemi neuromotori e ormonali che rimangono continuamente in relazione con le funzioni vegetative.
Da un bisogno fisiologico del feto parte e si crea tutta un’organizzazione psichica fatta di
desideri, piaceri, soddisfazioni ma anche conflitti, frustrazioni, divieti. Le pulsioni dirette
all’appagamento del desiderio, come può essere il piacere del movimento in sé al di fuori
di ogni finalità, sono pulsioni di vita in cui il corpo si muove sollecitato dal desiderio. Si
sviluppa quindi un fattore motivazionale in cui il carattere della reazione ha un
determinato significato perché è in funzione di un bisogno.
Freud ha approfondito i diversi aspetti del piacere (libido) analizzando il rapporto tra
motricità, oralità e sessualità. Se si pensa all’epoca e all’ambiente culturale in cui ha
vissuto Freud, in cui il corpo veniva considerato come sede passiva di ricezione di
sensazioni erogene ed ogni espressione spontanea era censurata.
Solamente negli ultimi decenni si è rivalutato il ruolo attivo del corpo che ricerca piacere
nel movimento e nell’agire liberando e favorendo le proprie espressioni spontanee.
Il corpo viene riconsiderato non solo sul piano neuro-motorio e cognitivo ma anche a
livello simbolico in cui il movimento viene vissuto ed inscritto sulla pelle. La nascita
11
A. Lapierre, B. Aucouturier – La simbologia del movimento, pag. 45
16
diventa la matrice con cui il nascituro si confronta per affrontare le altre tappe della vita.
Questa esperienza talmente carica di emozioni è ben raccontata da F. Leboyer, medico
francese che ha introdotto in Europa un approccio non tradizionale al parto, basato su
tecniche orientali, recuperando il valore di questa esperienza come momento di amore e
non soltanto di efficientismo ospedaliero.
“ Un giorno, la prigione si anima… ecco che come una piovra si mette a stiracchiarlo, a spianarlo.
Lui, terrorizzato, subisce. La contrazione se ne và. Torna. Ricompare… Non sono forti. No.
Tornano, come per gioco. Di modo che, passati i primi terrori, il bambino si abitua. Anzi…finisce
per apprezzarle!
Dentro quella prigione monotona, ora la contrazione lo distrae. Finisce con l’aspettarla, per
sperarla.
Essa anima la sua vita…
Quando viene, quando lo avvolge, lo stringe, lui si lascia fare. Tende la schiena. Freme di piacere a
questo gioco voluttuoso… Un bel giorno, il gioco finisce…
La cosa, quella cosa che lo baciava, diventa cattiva…lo soffoca. Non gli vuol più bene: lo scaccia…
è cominciato il parto. E improvvisamente una forza irresistibile, smisurata, demente,
s’impadronisce del bambino. Una forza cieca, che lo preme, lo spinge, lo forza verso il basso… La
prigione diventa folle…le pareti si stringono ancora. La cella si trasforma in tunnel, il tunnel in
un imbuto!...
La sua paura non ha più limiti. Quando, improvvisamente, si trasforma in furore…Deve uscire!
Deve uccidersi, se necessario… quel muro cieco, ottuso, che lo trattiene, che gli impedisce di
passare, sono un’unica e medesima cosa: la madre!...E’ pazza! E’ lei che bisogna uccidere. Perché
è lei che si erge tra il bambino e la vita… Ebbro di disperazione e d’angoscia, …combatte con
l’energia della disperazione…
Il bambino è nato…
E i muri, dove sono? Scomparsi, svaniti. Niente! Il vuoto! E tutto il suo orrore. Libertà
intollerabile! Madre mia, galera maledetta, dove sei?
Solo, non sono altro che un nulla, una pura vertigine.
Riprendimi! Trattienimi. Schiacciami, strapazzami, distruggimi! ... Purché io esista…”12
12
F. Leboyer – Per una nascita senza violenza, da pag. 36 a pag. 39
17
La vita, già dal momento della nascita, si contrappone alla morte intesa inizialmente
come riposo per il soggetto in cui manca il desiderio di ideare, fare qualcosa, di
comunicare con l’altro rimanendo in una posizione passiva. La vita racchiude in sé questa
primaria necessità di muoversi per esistere e differenziarsi da ciò che è inanimato e
fermo. Nasce l’esigenza di soddisfare il desiderio del piacere che, come nella nascita,
stimola e crea una comunicazione intensa con la madre. Seguendo le tappe dello
sviluppo, il bambino può scoprire altri piaceri oltre al corpo della madre nella relazione
fusionale alimentando il suo desiderio di conoscere il mondo circostante e stimolando
l’impulso primario di muoversi ed agire.
Dagli anni ’80, si sono sviluppati molti studi prenatali grazie all’utilizzo dell’ecografia
come prassi ospedaliera per monitorare la condizione del feto in gravidanza. In
particolare si sono iniziate ad osservare le capacità motorie ed emotive del feto basandosi
su esperimenti condotti sugli animali.
Secondo tali studi lo sviluppo del feto può essere riassunto nelle seguenti fasi.
4.a
Le Fasi dello sviluppo del feto
Nello sviluppo motorio pre-natale il feto verso la 6ˆ settimana inizia a compiere dei
movimenti di fibrillazione, vibrazioni date dalle cellule muscolari in particolare da quelle
masse di cellule che comporranno la colonna vertebrale proprio perché, differenziandosi
prima delle cellule nervose, sono le più primitive.
Dalla 6ˆ settimana l’embrione galleggia in una sfera liquida contenuta in una membrana
amniotica. I muscoli sono particolarmente sensibili alle influenze dell’ambiente che
provocano variazioni di tono nei muscoli assiali (quelli della colonna vertebrale).
Dalla 7ˆ fino alla 9ˆ settimana le influenze dell’ambiente che provocano un riflesso del tono
creano una conseguente modifica della postura del feto e stimolano le prime risposte
tattili.
Tra l’8ˆ e la 9ˆ settimana il feto di circa 25 mm comincia a percepire il proprio peso
adattando la postura e controllando il senso di pesantezza. In questa fase vi è un
18
passaggio dalla stadio neuro-motorio allo stadio senso-motorio. Iniziano dalla 10ˆ
settimana i primi movimenti spontanei.
Dalla 14ˆ settimana i movimenti diventano più numerosi e forti e la madre avverte i primi
movimenti fetali di massa. In questa fase tutte le parti della cute servono da zona di
riflesso e le reazioni si estendono su tutto il feto.
Il periodo che trascorre tra il 3ˆ e il 6ˆ mese, secondo gli studiosi Nicholas e Baron, è di
estrema importanza perché accelera la maturazione e la coordinazione dell’attività dei
gruppi muscolari. I movimenti inizialmente spontanei che interessano tutto il corpo
diventano più specifici.
Dal 6ˆ mese i diversi meccanismi recettori e neuro-muscolari agiscono in maniera sempre
più indipendente: il movimento della lingua, la protusione delle labbra in avanti come
per poppare, le contrazioni ritmiche del torace, provocano un flusso e un reflusso del
liquido amniotico fortificando il meccanismo neuro-muscolare della respirazione.
Da qui in poi il feto reagisce anche agli stimoli provocati dalla contrazione dell’utero
sviluppando la comunicazione tra feto e madre.
Lo spazio interno si fa sempre più piccolo ed il nascituro risponde più frequentemente
agli stimoli tattili dati dalle contrazioni uterine. Inizia anche il ritmo sonno-veglia che
prepara sia il feto che la madre al dopo parto.
Al momento della nascita è il nuovo nascituro che lotta e si sforza veramente per venire al
mondo. Vi sono dei netti segnali corporei che manifestano il grande investimento fisico
come l’accelerazione dei battiti del cuore che indicano lo sforzo disperato, la paura e
l’angoscia che il feto prova in questa lotta per la vita.
Le informazioni per prepararsi in modo adeguato sono contenute all’interno dei geni e il
lavoro che compie insieme alla madre viene coordinato da un linguaggio interno che si
esprime attraverso il sistema nervoso e la secrezione ormonale (ossitocina, endorfine,
prolattina, adrenalina).
Il bambino nato, grazie agli elevati livelli di adrenalina fetale presenti, si mostra attivo ed
è in grado di orientarsi attraverso i sensi, pronto a riconoscere la madre promuovendo il
processo di attaccamento. Risponde agli stimoli esterni: per esempio attraverso il pianto
19
usa competenze motorie per esigenze fisiologiche come ripulire i polmoni, attua il riflesso
di suzione, ecc…
La nascita è la matrice della relazione madre-bambino che condizionerà la modalità di
dare e ricevere nel loro futuro rapporto.
20
5.
L’ENERGIA DELLA NASCITA
Nella cultura Ellenica, in particolare con Ippocrate, si credeva che fosse il bambino a
cercare di nascere. Pensavano che verso il termine della gravidanza il nutrimento al
bambino iniziasse a mancare e così, sentendosi in pericolo, fosse costretto a lasciare “la
caverna oscura” che finora lo aveva ospitato. Spingendo con i piedi cercava di aprirsi un
varco verso l’esterno, verso la libertà.
Oggi, attraverso l’aiuto della tecnologia e delle scoperte della scienza, si conosce che lo
stimolo che scatena le doglie parte dal bambino proprio come ritenevano gli Antichi.
Questa forza vitale, questa energia primordiale è espressa fortemente proprio nel
momento del parto in cui il bambino trova un ambiente nuovo che, a seconda
dell’accoglienza, sensibilità e calma, lascia esprimere le potenzialità personali del nuovo
nato. Questo momento viene per sempre inscritto sulla sua memoria non a livello
intellettuale ma corporeo. Non esiste infatti una esperienza “interna” e una “esterna”
perché ogni momento è riflesso del mondo dell’Io-corpo e la modifica dell’Io-corpo per
effetto del suo rapporto col mondo.
Spesso il parto perde la sua sacralità e diventa manifestazione affrettata e insensibile di
efficientismo ospedaliero che toglie spazio e com-passione a questo atto di amore tra la
madre ed il bambino. Con un’attesa più calma e lunga si rispettano e si ascoltano i tempi
del bambino facilitando un totale investimento della madre per entrare in sintonia con il
nascituro in particolare nel momento delle doglie. La relazione madre-bambino può così
trasformarsi seguendo dinamiche di alternanza tra desiderio di unione, di simbiosi totale
e di autoaffermazione, separazione.
Nella fase attiva il ritmo delle doglie si fa sempre più intenso e coinvolgente ed esprime
la volontà di separazione dal corpo per permettere la nascita. Il bambino si prepara
gradualmente alla separazione per lasciare un luogo protetto, caldo e rassicurante
mettendo in gioco la propria forza, la determinazione nel voler nascere ed andare
incontro alla vita. La funzione delle doglie a livello psicologico e affettivo è proprio quella
di preparare l’apertura verso il bambino e verso l’essere madre. Vi sono degli ormoni che
21
vengono prodotti proprio dalla ritmicità del travaglio e al momento del parto, in
particolare: l’ossitocina, le endorfine, la prolattina, l’adrenalina.
Ossitocina: è l’ormone che governa tutti gli aspetti del comportamento riproduttivo
dell’uomo e della donna.
Endorfine: sono responsabili della sensazione di benessere dello stato di eccitazione e di
gioia che pervade la madre al momento della nascita.
Prolattina: è l’ormone deputato al nutrimento, che produce tenerezza nei genitori per il
loro bambino e li spinge a creare un nido.
Adrenalina: è l’ormone dell’azione, della reazione allo stress, della forza e della lotta.
Durante il parto dà al bambino la forza di aggredire, orientarsi e andare verso il mondo
per prendere il suo posto.
Se il parto è fisiologico con un suo inizio spontaneo, dettato cioè dal bambino, gli ormoni
favoriscono il massimo rendimento. Il bambino ha delle competenze che lo mettono in
grado di inviare dei segnali forti per soddisfare i propri bisogni: ecco che nell’alternanza
tra richiesta e soddisfacimento egli allena la sua capacità reattiva. Reagire alla pressione
interna, spingersi fuori attivamente, lottare per venire al mondo, sono esperienze
primarie fondamentali per la vita futura e per la salute perché favoriscono la reattività. Se
ottiene risposta ai suoi segnali, se si instaura un dialogo tra lui e chi lo cura, impara che
vale la pena mandare dei segnali, lottare. Se i suoi segnali vanno a vuoto e non vengono
raccolti, dopo un tempo più o meno lungo il bambino si rassegna e non lotta più. Diventa
“tranquillo e buono”, un bambino facile che non chiede. Ma il suo ritmo diventa statico e
il suo sistema endocrino comincia a produrre cortisolo, l’ormone della sottomissione, si
ammala più spesso attivando il meccanismo di stress-adattamento-esaurimento.
Le competenze acquisite sono soprattutto a livello emozionale; esse sono evidenti nelle
reazioni spontanee caratterizzate dalla ricerca del desiderio di vivere il proprio corpo in
relazione con il mondo, lo spazio, gli oggetti, gli altri. Mettersi in sintonia con il bambino
vuol dire favorire il progressivo superamento, piacevole, delle prime tappe evolutive
verso l’esplorazione del mondo circostante.
22
Solo successivamente, dai piaceri primitivi si evolve verso quelli più astratti ed
intellettualizzati continuando questa ricerca per tutta la vita se alimentata dal piacere
della scoperta.
F. Leboyer, osservando un bambino appena nato dice:
“…come non invidiare questo bimbetto, come non essere gelosi di lui, noi che siamo fatti di
pezzetti, di frammenti. Noi che abbiamo perduto questa unità primeva. Noi che siamo tutti
dispersione e distrazione. Noi che non la smettiamo mai di sognare di essere altrove. Noi che siamo
semplicemente incapaci di essere lì…”13.
E’ proprio nei primi contatti con il mondo esterno che il bambino vive l’esperienza del
dentro e del fuori. Nella pancia il mondo del nascituro è scandito dal ritmico battito
cardiaco e dal movimento dolce del respiro in cui tutto è armonioso e sintonizzato Anche
in natura tutto ciò che si muove è vivente e l’arresto del movimento è morte, cosa
inanimata, senza vita. Egli, sostenendo il valore ed il diritto di una nascita senza traumi e
violenze, racconta in un suo celebre libro come il bambino vive emozionalmente la
nascita:
“ Il bambino è nato…
E i muri, dove sono? Scomparsi, svaniti…
Il vuoto! E tutto il suo orrore.
Libertà intollerabile!...
Madre mia, galera maledetta, dove sei?
Solo, non sono altro che un nulla, una pura vertigine.
Riprendimi! Trattienimi. Schiacciami, strapazzami, distruggimi!
Purché io esista…”14
Il bambino vive un' esperienza drammatica quando perde il contatto diretto con la madre
troppo bruscamente. I primi contatti con il mondo vissuti con angoscia e disperazione
lasciano un segno tangibile nella pelle, nelle ossa, nel ventre, nella schiena e portano il
bambino a cercare rifugio sprofondando su se stesso, ripiegandosi, raggomitolandosi,
ripetendo la posizione fetale per simbolicamente ricollocarsi in utero. E’ il primo rifiuto
13
14
F. Leboyer – Per una nascita senza violenza, da pag. 109 a pag. 114
F. Leboyer – Per una nascita senza violenza, pag. 39
23
verso la crescita ritornando feto, ritornando di nuovo prigioniero di quel ventre materno
così accogliente e amoroso ma anche pericoloso e cattivo.
Queste esperienze iniziali di angoscia di morte possono essere tranquillizzate affrontando
e proponendo dolcemente i primi contatti con il mondo. Si ripristina così un dialogo
tonico tra la madre e bambino attraverso semplici gesti come adagiando il neonato sul
ventre della madre e lasciando che il cordone ombelicale cessi di battere naturalmente.
Favorire quindi una nascita naturale, rispettando sin da subito i ritmi ed i tempi del
bambino, esprime già la capacità di entrare in sintonia con lui costruendo la matrice per
la futura relazione madre-bambino. In particolare F. Leboyer sottolinea il valore
simbolico e fondamentale della nascita e delle prime esperienze vissute che strutturano il
nucleo psico-affettivo profondo e inconscio della persona condizionando tutta la sua
evoluzione.
24
6.
ESPRESSIONE E MOVIMENTI SPONTANEI
L’uomo dispone del suo corpo per agire e per esprimersi in situazioni in cui talvolta deve
accomodarsi e non soltanto reagire. Il comportamento motorio è stato analizzato da vari
studiosi che hanno classificato in modo esaustivo tutte le dimensioni del fenomeno. Ad
esempio, secondo Le Boulch: “…una classificazione è in rapporto ai bisogni dell’organismo in
cui i movimenti vengono descritti come modi oggettivi di relazione tra un organismo e un
ambiente di oggetti e di persone”15.
Egli distingue un’attività di tipo adattivo di carattere intenzionale che ha lo scopo di
raggiungere un obiettivo e un’attività di esplorazione non specifica. In un rapporto di
relazione con l’ambiente i movimenti manifestano in particolare la personalità in
situazione in cui emergono emozioni e sentimenti sottolineando il carattere espressivo del
movimento che non è solo preposto al raggiungimento di un obiettivo esterno. Le Boulch
afferma che: “…in tale prospettiva esso non è considerato sotto il suo aspetto transitivo, cioè in
funzione della sua efficacia rispetto alla padronanza dell’oggetto, ma come segno, attraverso il
quale traspare una soggettività”16.
Il movimento esprime quindi come il soggetto si rapporta con il mondo esterno: “la prima
espressione è una spontanea manifestazione del dinamismo dell’organismo che vive la sua
presenza nel mondo”17.
Spitz, una delle personalità di maggiore rilievo della scuola freudiana, nell'osservare il
neonato descrive che egli è “provvisoriamente e relativamente isolato dal mondo esterno ma con
una soglia di percezione molto elevata”. Questa condizione corrisponde allo stadio preoggettuale e del narcisismo primario descritti dalla psicoanalisi e allo stadio degli impulsi
approfondito da Wallon. Lo psicologo Wallon sottolinea che fin dalla nascita il bambino è
condizionato da bisogni fisiologici primari come l’alimentazione e il sonno e comunica con
il mondo attraverso delle reazioni tonico-emotive. In presenza di uno stato di
insoddisfazione si notano nel neonato reazioni toniche forti con una agitazione motoria
15
16
17
J. Le Boulch – Verso una scienza del movimento umano, pag. 101
J. Le Boulch – Verso una scienza del movimento umano, pag. 102
J. Le Boulch – Verso una scienza del movimento umano, pag. 102
25
incoordinata. A bisogno soddisfatto vi è un rilassamento del tono seguito da uno stato di
tranquillità.
In questo primo stadio si nota in particolare:
-
il legame tra lo stadio tonico e il bisogno
-
le variazioni del tono come modo di espressione spontanea delle emozioni primarie
Verso il 2° e 3° mese il bambino migliora le proprie competenze stabilendo dei legami tra i
suoi desideri e le circostanze esterne. Con l’utilizzo della capacità visiva riesce ad
esprimere le prime reazioni mimiche. Verso i 6 mesi, attraverso lo sviluppo sensoriale
tattile, che passa attraverso l’uso esplorativo della mano-bocca e la palpazione, può
disporre completamente di queste competenze per arricchire lo scambio emozionale e
partecipare attivamente nella relazione.
La funzione tonica, strettamente legata a quella relazionale, gioca un ruolo importante per
la presa di coscienza del sé e della distinzione dell’io e dell’altro.
Per Le Boulch: “..è sulla base di una equilibrazione del tono che si potrà sviluppare la funzione
transitiva del movimento, e quindi l’attività volontaria efficace e coordinata”18.
Dopo i 10 mesi il bimbo impara così a gestire in modo più equilibrato gli impulsi primari
per rendere più appropriate le sue risposte alla situazione e migliorando il proprio
adattamento all’ambiente. Come spiega Le Boulch queste modificazioni della motricità
del neonato, nel senso di una migliore adattabilità, dipendono essenzialmente da due
fattori:
-
la maturazione della corteccia celebrale
-
il carattere favorevole o sfavorevole dell’ambiente familiare
L’ambiente influenza in modo considerevole l’equilibrio tonico-emozionale del bambino.
Anche Spitz sottolinea l’importanza dell’atteggiamento affettuoso della madre e
dell’ambiente familiare sia per il suo sviluppo che per lo stato tonico. Prima di essere
sensibile all’espressione mimica, ed essere in grado di rispondervi, il bambino è
influenzato dalla qualità degli stimoli sensoriali quali il contatto cutaneo rappresentato
dalle carezze, i baci, la manipolazione in particolare durante il maternage.
18
J. Le Boulch – Verso una scienza del movimento umano, pag. 105
26
Studi sugli animali fatti da Weininger (1955-1956) hanno fatto supporre in generale che
“più l’universo del piccolo animale sarà ricco di stimolazioni cutanee, migliori saranno le sue
possibilità di adattamento emotivo alle situazioni nuove”. In particolare J. Bolwby (1907-1990),
elaborando la teoria dell’attaccamento, approfondisce gli effetti della separazione del
bambino dal caregiver e privato del nucleo familiare. L’espressione emotiva è
caratterizzata da una risposta spontanea del bambino al suo ambiente e condizionata
dall’impulso dei suoi bisogni e dall’atteggiamento del caregiver.
Secondo M. Mahler (1897-1986), che studiò il processo di individuazione-separazione tra
madre e bambino, già dal 5° mese il bambino prende progressivamente coscienza di
essere separato dalla madre e inizia ad elaborare una percezione della propria identità. Il
bambino diventa capace di differenziare la madre “buona” e l’estraneo “cattivo”
rispondendo così in maniera appropriata sul piano espressivo.
I movimenti spontanei, manifestazioni dinamiche dell’organismo vivente, non hanno
però lo stesso significato delle manifestazioni provocate o riflesse. Verso gli 8 mesi le
reazioni del bambino, si arricchiscono di un carattere tonico-emotivo, frutto degli impulsi
primari, delle esperienze corporee vissute, dell’influenza
dall’ambiente sociale. Il
bambino conosce il mondo e scopre il piacere e il dolore attraverso il corpo. Il corpo
diventa espressione di un vissuto che influenzerà inconsciamente le reazioni future ed
il tono esprime così il tessuto di cui sono fatti gli atteggiamenti e la mimica.
Durante il processo di individuazione e affermazione dell’Io i movimenti diventano
meno spontanei. Il fanciullo si rende conto dell’effetto che egli produce in altri e cerca
precisamente di produrre effetti ma viene influenzato dal tessuto sociale e familiare cui
deve sottostare.
Il bambino di 3 anni, vissuto in un ambiente favorevole ricco di scambi affettivi che,
grazie ad un maternage attento e positivo, ha potuto confrontarsi con il mondo esterno
con successo, risulta beneficiare di una motricità spontanea e armoniosa. Le competenze
motorie come lo spostamento, la coordinazione braccia-gambe, l’equilibrio, ecc…
risultano ben organizzate sia sul piano ritmico che temporale. Ogni manifestazione
contraria (inibizione, rigidità, tensioni inutili, mancanza di coordinazione, aritmia,
maldestrezza, …) è espressione delle difficoltà che il bambino deve superare sul piano
27
dell’organizzazione della personalità. Durante questa età i movimenti non sono ancora
influenzati da pensieri razionali e sono carichi di attività di esplorazione e sperimentazione
del mondo circostante. Ma, come sottolinea Le Boulch “il bambino dispone di una vera
memoria del corpo, carica di affettività e da essa orientata, che dipende dalle sue esperienze riuscite
vissute precedentemente e valorizzate dall’adulto” .
28
7.
IL DESIDERIO DI AGIRE, CHE COSA FRENA L’AZIONE
Come quanto citato nei capitoli precedenti, l’azione è strettamente influenzata dalle
situazioni vissute e dagli scopi futuri. Nel bambino piccolo che sta formando il proprio
senso del Sé, l’agire è condizionato da alcuni fattori quali la forza e la motivazione i quali
costituiscono la sua energia. Il tentativo di agire con intenzione e sforzo implica un aspetto
di direzione ed uno quantitativo focalizzando l’attenzione su che cosa il soggetto cerchi
di fare e con quale intensità effettua i suoi tentativi. Secondo M. von Cranach “le azioni
sono dirette verso un obiettivo e l’energia attiva dell’individuo esibisce le qualità dell’intenzione
personale”19, un individuo diviene attivo sforzandosi di raggiungere il proprio obiettivo se
la meta ha per lui un certo valore. Nella formazione di un concetto di sé il gesto, che è
inizialmente legato all’emozione, al momento e al luogo (come accade negli animali), si
carica di una funzione simbolica tipica dell’uomo. L’agire in quanto comportamento
simbolico ha luogo in un contesto sociale in cui ogni soggetto assume un determinato
ruolo nella relazione.
Nel bambino il contesto è quello familiare in cui la realizzazione dell’azione, seguendo
una determinata direzione, si compie grazie all’impulso motivazionale di processi
psicologici che attivano l’energia fisiologica e la impegnano per compiere il movimento,
per raggiungere l’obiettivo, lo scopo. La funzione di direzione dell’azione serve
all’orientamento, al controllo e alla valutazione dell’azione mentre l’energia impiegata
contribuisce alla realizzazione dell’azione. La motivazione si riferisce all’idea generale di
impulso d’azione (tendenza di agire). I motivi, ossia i processi motivazionali orientati
verso una determinata azione, orientano l’agire e lo dotato di energia. I motivi sono
spesso inconsci anche se possono essere controllati e influenzati dal conscio ma dipende
dallo stadio di maturazione psichica dell’individuo. In uno stadio conscio la volontà è il
processo di attivazione e assegnazione di energia d’azione. La volontà attiva e mantiene
in movimento l’agire facilitando il superamento degli ostacoli, degli sforzi necessari per
compiere l’azione liberando energia fisica. Come affermano M. von Cranach e G.
Ochsenbein “tale energia proviene dai processi metabolici sotto forma di attività fisiologica; essa
19
M. von Cranach, G. Ochsenbein – Agire: la forma umana del comportamento, pag. 51
29
rende possibile l’agire concreto e/o mentale”. La volontà attiva l’agire concreto che, in una
cognizione cosciente, supera l’inibizione liberando energia d’azione, innesca l’agire
favorendo la possibilità di cambiare direzione all’azione o concludendola.
Ponendo in evidenza la situazione psicofisiologica complessiva dell’individuo si deve
considerare il rapporto tra azione ed emozione. La natura psicologica dell’emozione sta
nell’elaborazione di informazioni in cui avvengono la rappresentazione e la
rielaborazione di tale situazione. Il sistema emozionale che comprende le singole
emozioni, include delle rappresentazioni che corrispondono a tendenze motivazionali
globali che “esercitano un effetto motivante o inibitorio sulla condotta”20.
C’è un momento decisivo nello sviluppo del bambino tra i 6 e i 18 mesi, “lo stadio dello
specchio” secondo Lacan, in cui iniziano i primi atti volontari coscienti. La maturazione
del sistema nervoso nel periodo post-natale fa uscire il neonato da uno stadio di
dipendenza totale, da uno stadio di oggetto, affermandosi come soggetto. Da questo
momento in poi si sviluppa il pensiero cosciente che si esprime nell’atto di prendere,
scoprendo di poter agire sugli oggetti, sul mondo, sull’altro, potere esercitato tramite la
mediazione del proprio corpo trovando piacere nel vivere il proprio corpo nel
movimento fine a se stesso e senza finalità. Per superare questa tappa fondamentale è
necessario che essa non sia colpevolizzata affinché il bambino possa superarla. Bambini
troppo colpevolizzati diventano apatici. Bambini che restano fermi a questo stadio
possono avere comportamenti instabili, diventare agitati, ipercinetici.
Il bambino ha bisogno di esplorare il mondo attraverso il movimento del suo corpo.
Reprimere il suo desiderio di agire, nel nome di una “educazione composta ed educata”,
favorisce un impoverimento delle esperienze motorie spontanee in relazione agli oggetti,
allo spazio e all’altro, svaluta ogni attività creativa e di ricerca personale, svalorizza
l’autonomia e lo sviluppo potenziale del bambino.
Secondo l’etologia, in particolare gli studi sugli effetti della separazione del bambino
approfonditi da J. Bolwby, la capacità di instaurare forti legami emotivi con la o le figure
di attaccamento è un comportamento innato che sta alla base della natura umana in cui il
legame ha una funzione di sopravvivenza e non è subordinato né allo stimolo della fame
20
M. von Cranach, G. Ochsenbein – Agire: la forma umana del comportamento, pag. 97
30
né a quello sessuale. I comportamenti innati del neonato sono di segnalazione (sorriso,
pianto, vocalizzi) di accostamento (aggrapparsi, seguire) e di esplorazione dell’ambiente
circostante in cui la teoria dell’attaccamento considera predominante il modo in cui i
genitori trattano il bambino. Se l’attaccamento è ansioso-ambivalente il bambino manifesta
dei comportamenti insicuri, con angoscia di separazione, con ansia nell’esplorazione, in
cui la separazione è vissuta come una minaccia di abbandono. Se l’attaccamento è ansiosoevitante il bambino si aspetta di essere sempre respinto maturando un comportamento
emotivamente autosufficiente (narcisismo e falso di sé): ciò accade in bambini rifiutati,
maltrattati o istituzionalizzati per molto tempo.
In base alle sue esperienze il bambino costruisce un modello operativo interno (MOI) di
rappresentazione della madre, del padre e di sé. Questo modello regola il suo sentire e le
sue aspettative. Il modello ha un’alta probabilità di essere preso per vero e di agire gran
parte in modo inconscio. Inoltre, secondo gli studi sul processo di individuazioneseparazione di M. Mahler, è decisivo il modo in cui si sviluppa il periodo di
sperimentazione che va dall’inizio della deambulazione alla posizione eretta. In questo
spazio avvengono 3 linee di sviluppo indipendente:
1. l’improvvisa differenziazione corporea dalla madre;
2. l’instaurarsi di un legame specifico con lei;
3. lo sviluppo e il funzionamento degli apparati autonomi dell’Io in stretta
prossimità della madre.
E’ dunque in questa fase che, secondo Winnicott, nasce l’oggetto transizionale. Il bambino
va alla scoperta del mondo allontanandosi fisicamente dalla madre per raggiungere la
consapevolezza di essere separato da lei anche se in stretta prossimità.
A partire dai 10 mesi il bambino instaura dei meccanismi di difesa contro la minaccia
della perdita fusionale e può vivere momenti di smarrimento e sofferenza. Nel periodo
della sperimentazione, nella maggior parte dei bambini si nota un abbassamento di
umore in cui in assenza della madre si riducono le prestazioni motorie, gli interessi,
accompagnati da crisi di pianto. Dai 18 mesi in poi aumenta l’angoscia di separazione
(fase di ambivalenza) che si conclude intorno al terzo anno di vita (fase di
riavvicinamento) in cui, se l’immagine materna è saldamente interiorizzata, viene
31
superata positivamente. Nella fase di distaccamento si sviluppa uno spazio tra madre e
bambino sia fisico che psicologico. E’ forse qui che si sviluppano quei disturbi detti
psicomotori in cui c’è la difficoltà o l’impossibilità di trovare quello spazio di
sicurezza, condiviso con l’altro e non più fuso con lui e la pulsione di agire è
fortemente bloccata. Secondo M. Mahler se vi sono delle interferenze di origine
ambientale o esistono dei fattori gravi innati nel processo evolutivo, già dai 18 mesi
possono emergere delle patologie infantili come la nevrosi o la psicosi. Esperienze
dolorose nel distaccamento vengono vissute, anche dal lattante, come minacce di morte
che lasciano nel corpo tracce indelebili. L’angoscia invade il bambino soprattutto in
assenza o in fase di organizzazione psichica, alimentando la paura di perdita del proprio
corpo, di rottura, di “caduta nell’abisso”, di andare a pezzi, di svuotarsi o dissolversi, di
esplodere.
Contro l’invasione di angosce arcaiche, soprattutto per la perdita dell’oggetto madre,
alcuni bambini agiscono lottando ma altri si lasciano andare manifestando poco tono
muscolare, atonia, angoscia attraverso il pianto, il gemito, il singhiozzo, restano in
silenzio, non si muovono. Nei casi più gravi queste manifestazioni sono espressione di
morte psichica. L’inibizione del desiderio di agire blocca quella espressività motoria cha
va nel senso della ricerca dell’oggetto e dell’unità in sé.
Secondo gli studi di A. Lapierre e B. Aucouturier se non si presentano segni clinici gravi
questi casi evidenziano tutti (nessuno escluso) un livello di angosce arcaiche non
sostenute a sufficienza non riuscendo a diminuire l’angoscia attraverso il piacere di agire
e di giocare.
Le manifestazioni in generale riguardano un deficit del tono che si manifesta:
1. nelle funzioni vegetative quali la digestione, la respirazione, la circolazione, la
termoregolazione;
2. nella vita di relazione, creando un disequilibrio della vista, dell’olfatto, del tatto, della
prensione, della funzione di equilibrio, della coordinazione senso-motoria;
3. nel sonno con disturbi della funzione onirica e/o sonno interrotto a causa del deficit di
relazione fantasmatica con la madre dovuto alla mancanza di interiorizzazione di
sensazioni inconsce piacevoli.
32
Secondo Aucouturier “quando il bambino non riesce a risolvere il conflitto tra odio e amore nei
confronti dell’oggetto, restano vivi nel suo incoscio desideri di distruzione e angoscia di perdita in
cui i sintomi sono l’ipermotricità e la passività motoria collegate con un forte dispiacere.
L’espressività motoria ha in questa situazione il senso di un profondo malessere”21.
7.a
L’ipermotricità
Per stabilire delle relazioni concrete con il mondo esterno questi bambini privilegiano in
particolare stimoli visivi e uditivi data la carenza di interazioni e di trasformazioni verso
la sensazione di avere un corpo, risultando problematica l’identificazione dell’immagine
corporea allo specchio. Per loro è difficile integrare un collegamento tra l’immagine allo
specchio del corpo in movimento e le sensazioni cinestetiche. Non riescono ad essere
contemporaneamente nel loro movimento e nell’immagine percepita allo specchio. Il
disinteresse nei confronti della loro immagine diminuisce la capacità di simbolizzazione
provocando una svalutazione di se stessi e alimentando successivamente un’angoscia
derivata da una scarsa considerazione personale.
Questi bambini instabili hanno difficoltà di attenzione oppure, totalmente presi dalle
sensazioni visive e uditive, possono stare calmi davanti al televisore, al computer o
quando si racconta una storia che li tocca emozionalmente. Si sentono avvolti dalle
immagini o dalla voce narrante e assumono una postura di rannicchiamento talvolta
provocatoria e onnipotente ma solo per poco tempo e all’interno di una relazione
fuggevole.
Hanno una relazione conflittuale con i coetanei perché si sentono sempre feriti,
incompresi e sfuggono dalle relazioni con contatto corporeo.
21
B. Aucouturier – Il metodo Aucouturier: i fantasmi d'azione e pratica psicomotoria, pag. 129
33
7.b
La passività motoria
Questi bambini si sentono abbandonati alla loro insicurezza affettiva e al loro dispiacere,
non agiscono, non sognano, non pensano e vivono una grave svalutazione di sé stessi.
Rinchiusi nella loro angoscia e sofferenza non utilizzano alcun canale sensoriale per
comunicare con il mondo esterno. L’inibizione motoria associata alla repressione delle
emozioni esprime la depressione profonda causata dall’assenza del desiderio di agire.
Talvolta manifestano delle azioni ossessive nel manipolare piccoli oggetti, come le
macchinine, che fanno andare avanti e indietro seguendo dei percorsi ben precisi; oppure
realizzano lentamente costruzioni in modo ossessivo che continuano a ripetere senza mai
distruggere.
Non prediligono la motricità perché l’azione provoca una trasformazione per loro
impossibile.
Presentano un deficit nelle competenze cognitive e relazionali con frequenti
somatizzazioni e comportamenti fugaci, labili.
Il disturbo psicomotorio è causato dalla presenza di angosce arcaiche non contenute a
sufficienza sviluppatesi nella fase di attaccamento del lattante. In questi casi il bimbo
ricerca l’oggetto madre perduto e quello spazio rassicurante e protettivo dato da un
atteggiamento adeguato del caregiver ai bisogni e ai ritmi manifestati. La sofferenza è
evidente nel tono e nella motricità. Il disturbo rende discontinuo il piacere di essere sé
stessi; risulta difficile la rappresentazione di sé e l’investimento in azioni simboliche
necessarie alla rassicurazione profonda.
Per questi bambini è utile un intervento psicomotorio che favorisca lo sviluppo
dell’azione e dei processi di trasformazione tonico-emozionale. La psicomotricità è
considerata una terapia dell’azione, in quanto, secondo il punto di vista di B. Aucouturier
“ogni pulsione, nella sua evoluzione, diventa pulsione di vita, spinta di esistere, spinta a essere.
Tutti gli ostacoli che si oppongono alla sua maturazione limitano l’integrazione fra biologico e
psichico e quindi lo sviluppo delle capacità di adattamento al mondo esterno aprendo perciò la
porta alle angosce”.
34
8.
ESEMPI IN PSICOMOTRICITA’
Per approfondire questo capitolo si analizzano i disegni di alcuni bambini conosciuti
durante il periodo di osservazione presso la scuola Zanibon di Padova e presso alcune
scuole d’Infanzia del vicentino dove si è svolta attività di psicomotricità autocondotta.
L’analisi si basa principalmente sui disegni, traccia visibile del percorso vissuto dal
bambino, integrando riflessioni sulla grafia e sul simbolismo dei segni e dei colori. I tre
casi scelti si riferiscono a bambini senza alcuna patologia ma che presentano una
difficoltà motoria o un’assenza di desiderio d’agire quando viene presentata l’attività
psicomotoria.
I nomi citati sono di fantasia.
8.a
Elio
Periodo:
1° anno Novembre 2003 - Giugno 2004
2° anno Settembre 2004 – Giugno 2005
3°anno Settembre 2005 – Giugno 2006
N. e struttura del gruppo:
6 bambini di cui 4 maschi e 2 femmine
Conduttori:
1° anno
psicomotricista uomo
2° anno
psicomotricista donna
3° anno
psicomotricisti uomo e donna
Età:
inizia l’attività a 4 anni circa
Frequenza:
settimanale
Ambiente:
palestra della scuola Zanibon - Pd
Il bambino presenta inizialmente delle difficoltà sul piano motorio: nella deambulazione
con movimenti impacciati e goffi, nei rapporti sociali ed interpersonali mostra un
comportamento insicuro, timido, inibito. A 4 anni non è ancora in grado di correre. In
ambito familiare il padre è spesso assente anche per settimane per impegni lavorativi; la
35
madre si dedica completamente al figlio scaricando, forse, le sue ansie sul bambino per la
lontananza dal marito.
La frequenza al corso, in particolare nel primo anno, è abbastanza incostante a causa di
esigenze organizzative familiari.
Circostanze ambientali ed emozionali condizionano la qualità esecutiva dell’atto motorio
creando probabilmente un blocco psicologico espresso nel movimento.
Elio si presenta consegnando alla fine della seduta il disegno del 1/11/2003.
Il disegno è ricco di contenuti e colori opposti. Il bambino disegnato appare fermo e
situato tra uno scarabocchio vivace, dinamico, un cannone a sinistra ed un elemento che
racchiude delle palline, nominato da lui albero di Natale, statico, chiuso, a destra.
Si nota che si contrappone un’esigenza impulsiva rappresentata dal rosso e dal cannone
ad un’esigenza trattenuta e rappresentata da un oggetto statico, fermo, strettamente
legato alla tradizione e al concetto di famiglia.
Elementi di sinistra
Lo scarabocchio è disegnato con due colori che si contrappongono: il rosso e l’azzurro. Il
rosso è il colore della vita che si manifesta, che anima con il suo impulso dinamico ed
energetico la materia inizialmente inerte, che stimola la crescita, l’individuazione, il
movimento.
L’azzurro è il colore della lontananza, colore dell’aria, della madre, del pensiero e dello
spirito; colore che si contrappone nettamente al rosso che con il linguaggio psicodinamico
si direbbe “l’energia della libido e la magia del pensiero”. Questo colore lega l’istanza
personale dell’Io con quella intuitiva del Sé. L’azzurro possiede il carattere dei vissuti
oceanici infantili, di quando il bambino sperimenta la fusione con il tutto materno, colore
del legame e della relazione anche con il mondo del passato, della tradizione, della
regressione e nostalgia.
Elementi di destra
Il pino, simbolo di potenza vitale, per la festività è strappato dal suo mondo naturale e
cosmico e viene privato delle radici per essere riposto in casa, luogo accogliente e
protettivo ma anche chiuso e statico. Il tronco, simbolo di unità centrale, nell’albero di
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Natale non è quasi mai evidente, anzi sembra che non esista; elemento che, nel disegno, il
bambino omette. L’albero di Natale è spesso finto e rispetto all’albero che dà frutti non è
simbolo di vitalità e crescita. Ma l’albero, valorizzato dagli addobbi, reso bello e
appariscente per l'occasione, è disegnato di rosso, il colore del Natale, festività in cui si
rinnova ogni anno la gioia di una nuova nascita.
Analizzando il disegno del 24/11/2003 si può interpretare che la barca sia simbolo di un
viaggio e il cannone simbolo della volontà diretta verso un fine. Il colore giallo manifesta
questo impulso motorio di sfogo, libero e diretto verso l’esterno. L’intenzione c’è ma è
poco evidenziata, espressa da una leggera tonicità nella produzione del segno. Il bambino
si identifica con lo scarabocchio verde (colore originariamente fuso con l’azzurro) che
rappresenta l’archetipo dell’Io e la manifestazione concreta della vita.
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Osservando in sequenza i seguenti disegni sembra che il bambino racconti la sua storia
segnata da atteggiamenti (e colori) contrapposti tra il desiderio di uscire fuori e lo stare
dentro.
38
39
40
Nell’anno successivo il disegno racconta la necessità di percorrere uno spazio in cui si
ripresentano elementi quali il desiderio impulsivo di partenza (il rosso, il cattivo), il cielo
(il blu, lo spazio cosmico) e la necessità di trovare la strada per arrivare in un luogo sicuro
e solido. L’energia (l’arancione) è l'elemento determinante che dà direzione al bulldozer
(Elio).
41
Nei disegni elaborati da ottobre 2005 a maggio 2006 durante il secondo anno, il bambino
inizia ad occupare di più lo spazio utilizzando il foglio anche in senso verticale. Il segno è
più marcato ed è predominante la rappresentazione dei super-eroi.
Nei disegni del terzo anno ritorna la tematica del dentro e del fuori. Durante l’attività
gioca e sperimenta l’interazione con il mondo esterno attraverso diverse modalità di
porsi; atteggiamento evidente anche nei disegni. In sala, quando è in difficoltà, utilizza in
modo quasi logorroico il linguaggio verbale anziché muoversi.
42
43
Nell’ultima serie di disegni si nota che il bambino ha bisogno di continuare a giocare in
uno spazio rassicurante e protettivo come la casa e l’ambiente familiare per affrontare
poi, con una giusta aggressività, il mondo esterno e le nuove tappe evolutive.
A livello motorio è stata superata positivamente ogni difficoltà.
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47
8.b
Asia
Periodo:
1° anno Gennaio - Giugno 2006
2° anno Gennaio - Giugno 2007
N. e struttura del gruppo:
13 bambini maschi e femmine;
1° anno sezione dei piccoli e 2° anno sezione dei medi
Conduttori:
psicomotricista donna
Età:
inizia l’attività a 4 anni circa
Frequenza:
settimanale
Ambiente:
palestra della scuola
Si incontra la bambina durante l’attività educativa presentata in una scuola dell’Infanzia
del vicentino. E’ molto diligente, educata e ha buoni risultati sul piano cognitivo: “una
brava bambina”. Usa perfettamente il linguaggio. La bambina evidenzia una buona
capacità di elaborazione grafica dato che si esercita a casa con la madre. Sin dal primo
giorno di scuola Asia ha difficoltà nella separazione dalla madre. In sede di attività
psicomotoria Asia rimane per molte lezioni seduta vicino al muro ad osservare,
rifiutandosi di entrare nel gioco. Attraverso l’uso di palline e corde si cerca un pretesto
per coinvolgerla nella relazione e talvolta si sposta il gioco più vicino riducendo la
distanza tra il gruppo, lei e la psicomotricista.
Si presenta con il disegno seguente in cui lei e la sorella (anche se nella realtà ha solo un
fratello) sono vestite per il carnevale mostrando una maschera sorridente e allegra. Nella
realtà l’espressione del suo volto è completamente diversa; è una bambina che ha uno
sguardo serio e spento, gioca poco e preferisce la relazione esclusiva con l’adulto.
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Nel secondo disegno la pressione data dal segno sembra rispecchiare la sua tonicità reale
e forse anche quella della madre.
Seguono una serie di disegni in cui ripropone la madre ma ora con un segno rosa più
evidente, fatto con il pennarello. Compare anche il sole. Disegna spesso degli scarabocchi
49
anche sul retro del foglio con la matita color rosa; segni molto tenui, quasi impercettibili,
ma che puntualmente non fa vedere.
In sala inizia a giocare ma si relaziona solo con l’adulto. Attua una relazione seduttiva in
cui vuole essere tenuta in braccio come una bambina piccola e onnipotente.
Nel disegno successivo, rispetto ai precedenti, arricchisce e occupa il foglio con molti
elementi anche se il tema predominante rimane la madre, il rosa, identificandosi ancora
con lei.
Ripropone la stessa tematica nei disegni fino a fine anno. Durante l'ultima seduta si
rifiuta categoricamente di fare il disegno dicendo che lo vuole fare a casa ed esce
consegnando un foglio in bianco.
Il primo disegno dell’anno successivo è una mappa di colore nero. La mappa svela qual è
la strada da percorrere per raggiungere il tesoro, la via conduce ad una reale formazione
dell’Io. Il segno nero produce una croce e un cerchio che ricordano il gomitolo di vortici e
50
la croce primogenia, elementi approfonditi e descritti nel libro di M. Strauss. In questo
disegno sono evidenti delle forme d’impulso che, usando le parole di M. Strauss
“costruiscono e articolano l’intero organismo, inclusi gli strati più profondi dei processi vitali e
formativi”22.
Asia inizia finalmente ad entrare nell’attività coinvolta soprattutto dal gioco “della cacca”
e della “barca nella tempesta”.
Da febbraio ad aprile del secondo anno Asia propone la tematica della casa in cui dice di
essere dentro. In questo periodo la bambina è spesso assente.
22
M. Strauss – Il linguaggio degli scarabocchi, pag. 14
51
In maggio consegna il seguente disegno in cui lei è in casa che lavora con la mamma per
sistemare delle nuove piante. Questo è un segnale che manifesta il desiderio di far
52
nascere, insieme alla madre, delle cose nuove in cui le piante nuove sono simbolo di
crescita. Anche in sala la bambina gioca di più con i coetanei sperimentando e ampliando
la distanza dall’adulto.
E’ una bambina che preferisce scegliere il luogo protetto e sicuro anche se timidamente
prova ad uscire e andare verso il mondo.
53
Conclude con la rappresentazione della madre e dell’albero che esprime il desiderio di
crescita e apertura verso il mondo, passaggio che deve essere vissuto progressivamente
dalla bambina ma anche dalla madre.
54
8.c
Sara
Periodo:
1° anno Gennaio - Giugno 2007
N. e struttura del gruppo:
12 bambini maschi e femmine, 1° anno sezione dei piccoli
Conduttori:
psicomotricista donna
Età:
inizia l’attività a 4 anni circa
Frequenza:
settimanale
Ambiente:
salone della scuola allestito per l’attività
Sara dimostra sin da subito una difficoltà nell’affrontare l’attività proposta, rifiutandosi
di staccarsi dall’insegnante di sezione ed evidenzia quindi un problema di attaccamento.
Nonostante la presenza costante della madre, dato che Sara è figlia di un’insegnante della
scuola, la bambina ogni pomeriggio rientra a casa per dormire dalla nonna (madre della
madre). Non gioca per quasi tutti gli incontri rimanendo seduta ad osservare l'attività dei
compagni anche se si cerca spesso di coinvolgerla nei giochi. La prima modalità di
relazione espressa è caratterizzata da un rapporto esclusivo tra lei e l’adulto in cui Sara
esibisce, come una vera protagonista, abilità motorie attraverso movimenti stereotipati
(l’hoola-hop, il salto sul posto, la capriola…); la richiesta è poi che l’adulto riproduca
quello che lei dimostra favorendo ovviamente una relazione passiva e dipendente al suo
volere. Particolari attenzioni sono rivolte alla bambina per l'ansia di favorire un
coinvolgimento sereno nel gioco tranquillizzando la madre.
Un giorno, verso gli ultimi incontri, si inserisce un bambino nuovo. Dato che presenta
una forte aggressività, l’energia e le attenzioni si rivolgono principalmente su di lui
dimenticando completamente Sara. Togliendo lo sguardo ed il controllo su di lei, la
bambina si inserisce immediatamente nell’attività visibilmente più libera e creativa nei
movimenti, serena e gioiosa.
Come quanto evidenziano i disegni datati 1/03/07, 08/03/07 e 15/03/07, la bambina, anche
osservando da seduta i giochi, è coinvolta dall’energia che gli oggetti trasmettono quali
55
portatori di significati simbolici, in particolare le palline e le corde (nominate da lei e dai
bambini fili).
56
Nei disegni successivi continua a creare palline legate da fili sperimentando anche il
disegno della figura umana.
57
Conclude l’attività con il disegno del 31/05/07 in cui le palline formano un elemento (la
mela piccola) incluso in un elemento più grande (la mela grande). Disegnando cerchi
chiusi uno dentro l’altro dimostra che sta nascendo in lei la coscienza dell’Io.
Grazie anche ad un colloquio tra la psicomotricista, l’insegnante di sezione e la madre,
Sara è ora visibilmente meno condizionata dalle aspettative (conscie e inconscie) della
madre e sperimenta di più nuove relazioni stimolando il processo evolutivo di apertura
verso il mondo.
58
8.d
Conclusioni
Nella presentazione dei 3 casi si nota che, per sviluppare in modo armonico la struttura
della persona è necessario trovare uno spazio creativo, di gioco, tra il bambino e la madre.
In mancanza, il bambino rimane oggetto della relazione fusionale madre-bambino dove si
sente sicuro e protetto ma è ostacolato il suo processo di maturazione. Ogni pulsione
verso la propria individuazione apre la porta alle angosce per la paura di perdere la
madre ed il suo amore. E’ importante favorire il processo di crescita attraverso compassione e cura in una relazione che offra al bambino la possibilità di realizzare liberamente,
nonostante tutto, se stesso.
Se la madre ha un atteggiamento adeguato ai ritmi e ai bisogni del bambino, lo spazio tra
bambino e madre, concetto non soltanto fisico ma anche psichico, diventa allora
rassicurante e protettivo. La sintonia creata favorisce allora uno sviluppo armonico
dell’agire che si manifesta nel tono e nella motricità. Ogni investimento nell’azione
diventa pulsione di vita, spinta di esistere, a essere, sostenuto da un senso di
rassicurazione profonda.
59
9.
TRA MORTE E RINASCITA:
IL MOVIMENTO COME SIMBOLO DI VITA
La nascita costituisce il primo impatto violento che il bambino vive come passaggio verso
il mondo esterno. Fin dall’inizio il conflitto tra impulso di vita e impulso di morte
provoca uno spostamento dell’istinto di morte verso l’esterno che, come dice Freud “dà
origine alla proiezione degli impulsi distruttivi”23. Come afferma M. Klein, l’istinto di vita,
invece, fa insorgere il bisogno di “trovare un oggetto buono nel mondo esterno che porti alla
proiezione degli impulsi d’amore”24. Si parla di impulso d’amore come impulso alla vita,
l’Eros che si contrappone a Thanatos, impulso di distruzione, di aggressività, di morte.
Queste due pulsioni stanno alla base di tutte le espressioni, siano esse primitive o
spontanee, che creano le basi e lo sviluppo della comunicazione, della relazione.
In psicomotricità la pulsione di vita, nel suo aspetto più primitivo e arcaico, può essere
rivissuta attraverso esperienze corporee di regressione in cui il corpo vive l’esperienza in
contatto con il suolo in cui si ripiega su se stesso mantenendo posizioni fetali a lungo, in
silenzio, meglio se ricoperto da stoffe. Un musica dolce, armoniosa e non ritmata
favorisce il nascere di un movimento lento e continuo che parte dal centro del corpo
favorendo azioni in espansione e in chiusura che si sviluppano grazie alla stimolazione
tattile data dal contatto con superfici lisce o materiale morbido e avvolgente. Esperienza
che può essere rivissuta anche in gruppo in cui, eliminando il senso della vista con bende
che coprono gli occhi, i partecipanti stesi al suolo si muovono con azioni lente e
striscianti. Il senso del tatto e dell’olfatto fanno riemergere ricordi, emozioni molto
intense, fusionali, di piacere profondo, riportando la mente ad esperienze anche
prenatali.
L’evoluzione di questi movimenti porta alla scoperta degli appoggi anteriori e posteriori,
alla conoscenza dell’elemento duro (in opposizione al morbido), al desiderio di
allontanarsi dal suolo per raggiungere la stazione eretta, sino al piacere del salto come
temporanea fuga e distacco dalla terra.
23
24
M. Klein – Il nostro mondo adulto ed altri saggi, pag. 160
M. Klein – Il nostro mondo adulto ed altri saggi, pag. 160
60
Queste esperienze sono manifestazioni di vita, di desiderio di agire, di azioni piacevoli
che
soddisfano
bisogni
sia fisiologici
che
psicologici
di amore.
Il mancato
soddisfacimento del principio di piacere provoca una frustrazione, un’aggressività che,
secondo Freud, è riassunta nell’espressione di pulsione di morte “che tende alla
riconduzione di tutte le tensioni fino a ricondurre l’essere vivente allo stadio inorganico”.
Però, spostando il concetto di pulsione di morte sul significato stesso della parola, la
morte indica la fine totale di qualcosa di positivo e vivo. Come simbolo, essa è l’aspetto
distruttore dell’esistenza ma è anche elemento di passaggio verso nuovi mondi. I mistici,
d’accordo con i medici e gli psicologi, hanno notato che “in ogni essere umano, a tutti i
livelli di esistenza, coesistono la morte e la vita, cioè una tensione tra forze contrarie: la morte a un
livello della vita è, forse, la condizione necessaria per accede ad un livello di vita superiore”25.
In psicomotricità, il movimento lento e costante provoca una forte regressione che
conduce ad una immobilità totale, esperienza necessaria per favorire il passaggio verso
una nuova rinascita. Se però questa fase perdura nel tempo provoca una involuzione
dove non c’è spazio per l’evolversi della relazione e della comunicazione. Ecco che una
relazione troppo fusionale, con bambini che hanno superato già da tempo l’età neonatale,
non stimola lo sviluppo di uno spazio fusionale in cui si possa creativamente
sperimentare una relazione nella distanza.
L’assenza di movimento diventa espressione di morte, in cui il bambino è invaso dalle
proprie angosce di distruzione e di perdita dell’oggetto amato, la madre. Il non agire
manifesta così una resistenza al cambiamento. Tutte le azioni, invece, anche le più
aggressive, manifestano il desiderio di agire provocando un cambiamento sia
individuale, che nella relazione madre-bambino, che nell’ambiente familiare.
Il desiderio di agire, espresso nel gioco, diventa così l’elemento fondamentale per una
sana crescita del bambino in quanto esso è movimento, espressione di vita, piacere,
desiderio di essere, di esistere.
25
J. Chevailer, A Gheerbrant - Dizionario dei simboli Vol. II, concetto di morte
61
10.
CONCLUSIONI
Il bambino dall’inizio della vita percepisce la sua esistenza dal rapporto che ha con il
mondo e con gli altri in cui la qualità della prima relazione con la madre diventa la
matrice e l’esempio per tutte le future relazioni. Con la crescita e la maturazione
psicologica la capacità di comunicare è influenzata e si sviluppa sulla base delle
esperienze vissute. Ecco che tutte le esperienze positive e di amore favoriscono l’impulso
alla vita, alla gioia di vivere, al piacere, all’apertura verso gli altri e verso il mondo.
I bambini esprimono la vita, questa primaria necessità di muoversi per esistere,
attraverso il loro modo di agire libero, spontaneo, non condizionato dagli schemi sociali e
mentali in cui spesso è sottomesso l’adulto. Il gioco libero è simbolo di quella creatività
innata che permette di trasformare e rielaborare la realtà favorendo un cambiamento di
direzione e un’evoluzione. Questo agire, dotato di forza e motivazione, si carica di
energia; svolgendo l’azione con intensità e determinazione il movimento diventa preciso
e la direzione da prendere risulta sicura.
Tutti questi elementi esprimono le qualità dell’intenzione personale perché la meta
acquista un importante valore. La volontà con cui si esprime l’azione attiva e mantiene il
movimento facilitando il superamento degli ostacoli e degli sforzi necessari per compiere
l’azione.
Se il movimento è influenzato da emozioni fondamentalmente positive questo impulso
vitale favorisce anche il superamento delle inibizioni senza sensi di colpa.
Esperienze motorie spontanee in relazione agli oggetti, allo spazio e agli altri sviluppano
quindi un’attività creativa di ricerca personale valorizzando l’autonomia e lo sviluppo
potenziale del bambino.
Lo spazio fusionale, l’ambiente familiare, il contesto sociale diventano luoghi carichi di
significati in cui ogni azione esercita un effetto sul mondo esterno e sugli altri.
Si augura che in questo contesto sociale, inevitabilmente influenzato da regole e
convenzioni, ognuno possa ritrovare il proprio spazio vitale per poter esprimere
nonostante tutto se stesso.
62
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