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Distanza riemanniana, geodetiche, isometrie
Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 4.4 1 Distanza riemanniana e geodetiche Su una varietà riemanniana (S, g) la metrica permette di parlare di lunghezza Rb di una curva γ : [a, b] → S, definita come `(γ) = a kγ 0 (t)kdt. Ne segue che una varietà riemanniana è dotata di una distanza naturale, che la rende uno spazio metrico di lunghezza: Definizione 4.4.1 (Distanza intrinseca e distanza estrinseca) Sia S una varietà riemanniana connessa: la distanza riemanniana (o intrinseca) su S è la funzione dS (P, Q) = inf{`(γ) | γ : [a, b] → S curva C 1 a tratti, γ(a) = P, γ(b) = Q} (è facile verificare che dS è una distanza su S). Sia ora S una sottovarietà di Rn : su di essa è possibile considerare anche la distanza euclidea d(P, Q) = ||P − Q||; vediamo dunque S, in tal caso, come sottospazio metrico di Rn . Due fatti fondamentali (ma di non immediata dimostrazione1 ) sono: (i) la distanza riemanniana induce su S la stessa topologia che S possiede come varietà differenziabile; (ii) per una sottovarietà S ⊂ Rn la distanza riemanniana e la distanza euclidea sono equivalenti (inducono cioè la stessa topologia). Definizione 4.4.2 (Curve minimizzanti) Una curva γ : I = [a, b] → S tale che d(γ(a), γ(b)) = `(γ) si dice una curva minimizzante. La curva γ si dice invece localmente minimizzante se per ogni t ∈ I esiste un intorno di t su cui γ è minimizzante. Una geodetica (risp. una geodetica locale) è una curva minimizzante (risp. localmente minimizzante) parametrizzata a velocità costante. L’immagine di una geodetica tra A e B su S è detto un segmento geodetico, ed è denotato, con lieve abuso di notazione2 , AB. Al contrario di ciò che accade nello spazio euclideo, una curva minimizzante tra A e B può non esistere, e se esiste non è in generale unica, come mostrano gli esempi qui di seguito. Una sottovarietà S si dice completa se per ogni A, B ∈ S esiste sempre una curva minimizzante da A a B. Un teorema importante di geometria riemanniana (dovuto a Heintz Hopf e a W.Rinow) afferma che ciò è equivalente a chiedere che lo spazio (S, dS ) sia completo come spazio metrico. Esempio 4.4.3 Sia S = R2 \ [−1, 1]. Si ha allora dS 6= d (perché?). Inoltre, se γ è una curva di S con γ(a) = A = (0, 1) e γ(b) = B = (0, −1), allora si ha sempre `(γ) > dS (A, B). S è completa? 1 Tramite la definizione e l’uso delle coordinate polari è infatti possibile mostrare che le due distanze definiscono gli stessi sistemi fondamentali di intorni per ogni punto. 2 Notare infatti che un segmento geodetico tra A e B non è in generale unico, dunque la notazione AB può essere fuorviante. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 2 Esercizio 4.4.4 (Geodetiche del piano euclideo) Siano P, Q ∈ E2 . Dimostrare che la curva più corta che unisce P a Q è il segmento P Q (parametrizzato in modo opportuno). Suggerimento: – Scrivere una curva γ da P a Q in coordinate polari di centro P . √ – Cosa rappresentano geometricamente i due addendi nella formula |γ 0 | = r02 + r2 ϑ02 ? (Questa strada non è l’unica possibile, ma è utile per l’esercizio seguente). ♥ Esercizio 4.4.5 (Geodetiche della sfera) (i) Siano P, Q ∈ S2 non antipodali: dimostrare che la curva più corta su S2 che unisce P a Q è un arco di cerchio massimo (parametrizzato in modo opportuno) di lunghezza inferiore a π. Suggerimento: mettere P nel polo nord, e spezzare il vettore γ 0 in una componente radiale (tangente ai meridiani) ed una ortogonale (tangente ai paralleli); adattare quindi l’argomento dell’esercizio predente. (ii) Risolvere il punto precedente senza far uso di derivate e integrali. Suggerimento: ricordare che la lunghezza di una curva è definita (senza l’uso di derivate!) come `(γ) = supPγ `(Pγ ), dove Pγ è una poligonale approssimante per γ. ♥ Esercizio 4.4.6 (Trigonometria sferica) Consideriamo un triangolo sferico non degenere ABC, cioè tre punti sulla sfera uniti da tre geodetiche, che non giacciano tutti sullo stesso cerchio massimo. Supponiamo che il triangolo abbia angoli ai vertici A, B, C uguali rispettivamente ad α, β, γ e lati opposti ai vertici di lunghezza a, b, c. (i) Dimostrare la Formula del Coseno e il Teorema di Pitagora sulla sfera: cos c = cos a cos b + sin a sin b cos γ cos c = cos a cos b se γ = π/2 Suggerimento. Si metta C nel polo nord, quindi: - si considerino i vettori unitari ~a, ~b tangenti ai lati di ABC in C; −→ − − → − − → - scomporli nelle loro componenti rispetto alla base OA, OB, OC; - calcolare cos γ con l’usuale formula dell’angolo. (ii) Dedurre come in R2 il Teorema dei Cateti e il Teorema dei Seni: sin a = sin c sin α sin a sin b sin c = = sin α sin β sin γ (iii) Considerare dei triangoli sferici con C e angoli α, β, γ fissati e i cui lati a, b, c → 0. Sviluppare le formule appena trovate al primo ordine siginificativo. Cosa si ottiene? Qual è il significato geometrico di quanto trovato? (iv) Considerate le coordinate geografiche delle città sotto riportate, calcolare la distanza in linea d’aria tra tra Buenos Aires e Atene e tra la Mecca e Jakarta. Calcolare inoltra la rotta di un areo che parte da Cape Town verso Pechino. Nota: le rotte geografiche si danno sempre indicando l’angolo in gradi da Nord (in senso orario rispetto alla normale uscente dalla sfera terreste) che la rotta forma con il meridiano che la interseca. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 3 Coordinate geografiche (latitudine, longitudine): Atene Cape Town Buenos Aires Jakarta Mecca Pechino ϕ 38◦ N ◦ 33 560 S 34◦ 400 S 6◦ 080 S 21◦ 260 N 39◦ 550 S λ 23◦ 440 E ◦ 18 280 E 58◦ 300 W 106◦ 450 E 39◦ 490 E 116◦ 260 E Osservazioni 4.4.7 (Curve minimizzanti, geodetiche e supporto) (i) Nella pratica, spesso non si distingue tra curva minimizzante e geodetica, poiché è possibile mostrare che ogni curva minimizzante su una sottovarietà differenziabile S è regolare, dunque può essere riparametrizzata tramite lunghezza d’arco. Quindi si suol dire che “le geodetiche della sfera sono i cerchi massimi”, senza precisare la loro parametrizzazione. Ciononostante, la distinzione è importante quando si cerca una caratterizzazione differenziale delle geodetiche (si veda il Teorema 4.4.10). (ii) Analogamente, spesso in letteratura non si distingue tra geodetiche e geodetiche locali. Questo è giustificato dal fatto che ogni geodetica globale è una geodetica locale, e le geodetiche locali sono “prolungamento” di geodetiche globali. Ma le due nozioni sono in generale ben distinte, come insegna l’esempio della sfera. Il calcolo differenziale non sarebbe una gran rivoluzione se non permettesse di calcolare cose che non possono dedursi con l’ausilio della geometria elementare (vedi geodetiche della sfera). Qui di seguito accenniamo a un certo numero di risultati che ci permettono di dare una caratterizzazione differenziale delle geodetiche, e di dedurne delle proprietà importanti. La teoria completa delle geodetiche verrà affrontata in un corso più avanzato di geometria riemanniana. Il primo passo della teoria è paragonare la lunghezza di una geodetica con la lunghezza di curve che le sono “vicine”: Definizione 4.4.8 (Variazione di una curva) Sia γ = γ(s) : I = [a, b] → S una curva su una varietà riemanniana (S, g). Una variazione (C k ) a estremi fissi di γ è un’applicazione F : I×] − δ, δ[→ S di classe C k tale che F (s, 0) = γ(s) e F (a, t) = γ(a), F (b, t) = γ(b) per ogni t; le curve γt (s) = F (s, t) si dicono anche deformazioni di γ (e sono tutte curve omotope a γ in S). 3 Il campo η(s) = ∂F ∂t |t=0 è detto il campo trasverso della variazione. 88 S 0 Il campo γ (s) := Dγ 0 (s) γ (s) lungo γ è detto l’accelerazione riemanniana (o accelerazione intrinseca) di γ su S; notiamo che se S ⊂ Rn si ha γ 88 = (γ 00 )> (proiezione ortogonale dell’usuale accelerazione γ 00 su T S). 3 Nota: il campo trasverso è in generale solo un campo lungo la curva parametrizzata γ; per semplicità supporremo nel seguito che F |(a,b)×(−δ,δ) sia un embedding, cosı̀ che potremo identificare S0 = F ((a, b) × (−δ, δ)) ad una 2-sottovarietà di S, ed η ad un vero campo vettoriale, ∂ restrizione del campo ∂t alla curva C = Im(γ). Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 4 Teorema 4.4.9 (Formula della Variazione Prima) Sia γ = γ(s) : I = [a, b] → S una curva regolare a velocità unitaria su (S, g). Sia F = (γt ) : I×] − δ, δ[→ S una variazione di γ, e sia η il campo trasverso della variazione. Si consideri la funzione L :] − δ, δ[→ R data da L(t) = `(γt ). Allora: Z dL = − γ 88 (s) · η(s)ds dt I t=0 Dimostrazione. Indichiamo per semplicità con · il prodotto scalare di S. Sottolineiamo per chiarezza che useremo 0 per la derivata direzionale e per la ∂ ∂ , e che ∂s = γt0 (s) lungo γt . derivata riemanniana nella direzione del campo ∂s ∂ ∂ Poiché i campi ∂t e ∂s commutano (essendo campi coordinati), per le proprietà ∂ ∂ ∂ ∂ della derivazione riemanniana si ha DS ∂ ∂t − DS ∂ ∂s = [ ∂s , ∂t ] = 0, e dunque: ∂s ∂t Z b Z b 2 ∂ · DS ∂ ∂ 12 ∂s ∂s dL dL 1 ∂t 0 0 = dt Z = a Poiché η(s) = dt a ∂ ∂t t=0 b ∂ ∂s γt (s) · γt (s) · DS ∂ ∂s kγt0 (s)k Z ds = a b 2 ∂ ∂s kγt0 (s)k a · ∂ 0 ∂t kγt0 (s)k Z ds − a b ∂ ∂t ds · DS ∂ ∂s kγt0 (s)k ∂ ∂s ds con η(a) = η(b) = 0, e kγ00 k = kγ 0 k = 1, se ne deduce che Z b Z b dL = [γ 0 · η]ba − dt t=0 ∂ ∂t ds = γ 88 (s) · η(s)ds = − a γ 88 (s) · η(s)ds .2 a Corollario 4.4.10 (Geodetica locale ⇔ accelerazione “normale” a S) Sia γ : I → S una curva su una varietà riemanniana, con velocità unitaria. Allora γ è una geodetica locale se e solo se l’accelerazione riemanniana γ 88 (s) = 0. Nel caso in cui S è una sottovarietà di Rn , ciò vuol dire che le geodetiche locali sono le curve a velocità costante con accelerazione normale alla sottovarietà4 . Da tale caratterizzazione segue che una geodetica su una superficie S rappresenta la traiettoria γ di un punto materiale P che si muove su S senza attrito e non soggetto ad alcuna forza esterna. Infatti in tal caso la reazione vincolare si esplica nella sola direzione normale a S, ~ = m~a della dinamica per P , proiettata su T S si sicrive: mγ 00 (t) = 0. dunque l’equazione F Cenno di dimostrazione. Il “solo se” è una conseguenza immediata della formula della variazione prima. Supponiamo infatti per assurdo che γ sia una geodetica, ma γ 88 (s0 ) 6= 0. Consideriamo allora un intorno abbastanza piccolo J = [s0 − , s0 + ] di s0 in cui γ 00 non si annulla, e costruiamo una variazione ad estremi fissati di γ|J , con campo trasverso η parallelo e concorde a γ 88 (s) in J: è sufficiente prendere una funzione ϕ : J → R+ , di classe C ∞ , con ϕ(s0 ) = 1 e che si annulli agli estremi di J; quindi, definire in modo arbitrario (purché C ∞ ) delle curve t 7→ γt (s) uscenti da γ(s) con velocità ϕ(s)γ 88 (s). Poiché γ è minimizzante, deve aversi in particolare per tale variazione L(γt ) ≥ `(γ|J ), dunque L0 (0) = 0. Ma per la formula della variazione prima applicata alla nostra variazione si ha R necessariamente L00 (0) = − J ϕ(s)||γ 88 (s)||ds < 0, contraddizione. 4 Notare che ogni curva con accelerazione normale ad S ha necessariamente velocità costante: infatti vγ0 = 2γ 0 · γ 00 = 0, essendo γ 0 (t) ∈ Tγ(t) S. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 5 La dimostrazione del “se” è un po’ più complicata: essa discende dallo studio delle coordinate polari su una sottovarietà S qualsiasi, in modo abbastanza simile al caso dei meridiani della sfera che, parametrizzati a velocità costante (dunque con accelerazione ortogonale alla sfera) minimizzano localmente.2 Il prossimo teorema ci dice che le geodetiche di una sottovarietà sono altrettanto numerose (almeno localmente) delle rette del piano: Teorema 4.4.11 (∃ e ! di geodetiche in ogni direzione) (i) Per ogni P ∈ S e v ∈ TP S esiste una e una sola geodetica γv di S con γv (0) = P e γv0 (0) = v, definita su un intervallo [−, ] abbastanza piccolo. (Più precisamente, esiste = (P ) > 0 tale che per ogni v ∈ TP S, ||v|| ≤ 1, la geodetica γv sia definita sull’intervallo [−, ].) (iii) Inoltre, se S è completa, ogni geodetica è indefinitamente prolungabile (cioè è definita sull’intero intervallo reale) in una geodetica locale. Dimostrazione. Se φ : U ⊂ Rd → S è una carta intorno a P con coordinate locali (xi ) e γ : [a, b] → S è una curva con γ(a) = P e γ 0 (0) = v, l’equazione delle geodetiche per γ ≡ (xi (t)) si scrive in coordinate locali come: Ñ 00 é Ñ 0 é γ 88 = DγS0 γ 0 ≡ x1 (t) x00 2 (t) ··· x00 d (t) + Ω(x0i (t)) x1 (t) x02 (t) ··· x0d (t) =0 P i 0 i dove Ω(x0i (t)) := i ω xi (t) è combinazione lineare delle matrici ω che esprimono le derivate riemanniane DS∂ in coordinate locali, come spiegato nel ∂xi Corollario 4.2.4. Il teorema si deduce quindi dai classici teoremi di esistenza e unicità locale di soluzioni dei sistemi di equazioni differenziali ordinarie del secondo ordine (non lineari) in forma normale, in ipotesi C ∞ .2 ♥ Esercizio 4.4.12 (Geodetiche su superfici rigate) Sia S una superficie differenziabile rigata. Utilizzando la caratterizzazione differenziale delle geodetiche locali (Teorema 4.4.10), mostrare che: (i) le generatrici sono geodetiche locali; (ii) la direttrice non è necessariamente una geodetica locale; (iii) se S è un cilindro retto, allora le geodetiche locali sono eliche generalizzate (cioè curve con k/τ costante); (iv) esibire infine una rigata (non cilindrica) la cui direttrice sia una geodetica. ♥ Esercizio 4.4.13 (Geodetiche su superfici di rotazione) Sia S una superficie differenziabile di rotazione, ottenuta ruotando attorno all’asse ẑ la curva α(s) = (0, y(s), z(s)). Si supponga |α0 (s)| = 1 e y(s) > 0 ∀s. (i) Sia f (s, ϑ) la parametrizzazione canonica di S, e sia γ(t) = f (s(t), ϑ(t)) una geodetica. Trovare le equazioni differenziali soddisfatte da s(t), ϑ(t). Suggerimento: imporre le condizioni γ 00 · ∂f ∂s = γ 00 · ∂f ∂ϑ = 0. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 6 (ii) Verificare che i meridiani di S, parametrizzati a velocità costante, sono geodetiche locali. (iii) Sia γ un parallelo di S parametrizzato a velocità costante, e sia P l’intersezione di γ con la curva profilo α. Mostrare che γ è una geodetica locale se e solo se la tangente alla curva profilo in P è verticale. (iv) Sia γ una geodetica, sia ϕ(t) l’angolo tra la curva γ ed il parallelo passante per γ(t), e sia r(t) la distanza di γ(t) dall’asse di rotazione. Dimostrare la relazione di Clairaut: r(t) cos ϕ(t) = costante. Interpretare. Suggerimento: mostrare, utilizzando il punto 1), che ϑ0 (t)y(s(t))2 = cost. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 4.5 7 Isometrie Definizione 4.5.1 (Isometrie tra spazi metrici) Un’applicazione f : (X, d) → (X 0 , d0 ) tra spazi metrici si dice un’applicazione isometrica se f preserva la distanza, i.e.: d0 (f (x), f (y)) = d(x, y) ∀x, y ∈ X. Ogni applicazione isometrica è iniettiva (perché?); un’applicazione isometrica che sia anche suriettiva si dice un’isometria. L’insieme delle isometrie di una varietà riemanniana X si indica con Is(X). Definizione 4.5.2 (Isometrie tra sottovarietà) Un’applicazione (almeno C 1 ) F : S → S 0 tra sottovarietà si dice un’applicazione isometrica se dP F è un’isometria di spazi euclidei in ogni punto, i.e. preserva la I forma fondamentale: (dF )P (u) · (dF )P (v) = u · v ∀P ∈ S e ∀u, v ∈ TP S (Questo, come già visto nel corso di Geometria 1, è equivalente a chiedere che |(dF )P (u)| = |u| ∀u ∈ TP S e ∀P ∈ S, o che (dF )P mandi basi ortonormali in basi ortonormali.) Un’applicazione isometrica tra sottovarietà non è necessariamente iniettiva, né suriettiva (si pensi a una curva di S 0 = R2 parametrizzata da l.a. in modo non iniettivo, oppure al cerchio S 0 parametrizzato da l.a.). Un’applicazione isometrica f : S → S 0 si dice • un’ immersione riemanniana, se in più è iniettiva; • un embedding riemanniano, se in più è un embedding; • un’ isometria, se è iniettiva e suriettiva. Osservazioni 4.5.3 (Isometrie locali) Esiste una nozione locale di questi morfismi, sia per spazi metrici che per sottovarietà: un’isometria locale è un’applicazione F la cui restrizione ad ogni intorno sufficientemente piccolo è un’isometria. Notare che, data un’applicazione isometrica F : S → S 0 tra sottovarietà di dimensioni rispettivamente d, d0 : (i) se d ≤ d0 allora F è regolare; (ii) se d = d0 allora F è un diffeomorfismo locale ed un’isometria locale; (iii) se d > d0 una tale F non esiste. (Mostrarlo! Si usa il teorema delle funzioni implicite e della funzione inversa) In matematica non si dovrebbe mai dare lo stesso nome a cose diverse: poiché una sottovarietà riemanniana è anche uno spazio metrico, è naturale chiedersi se le isometrie di S come spazio metrico siano la stessa cosa delle isometrie di S come varietà riemanniana. Proposizione 4.5.4 Sia F : S → S 0 un’isometria tra sottovarietà riemanniane: allora F è un’isometria tra gli spazi metrici (S, dS ) e (S 0 , dS 0 ), con le loro distanze intrinseche. Nota: è vero anche il viceversa! Cioè ogni isometria F : (S, dS ) → (S 0 , dS 0 ) come spazi metrici è un’isometria riemanniana, ma la dimostrazione è più difficile; la parte complicata è mostrare che F è differenziabile, si veda Palis, On the differentiability of isometries, R.S. Palis, Proc. American Math. Soc. 1957). Si noti che questo fatto non è semplicissimo nemmeno quando S = S 0 = Rn (andarsi a rivedere la dimostrazione fatta nel corso di Geometria 1!) Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 8 Questo ci assicura che possiamo usare il termine “isometria” per indicare indifferentemente le isometrie riemanniane e le isometrie tra spazi metrici. Dimostrazione. Notiamo che ogni isometria preserva la regolarità delle curve (è un diffeomorfismo!) e la loro lunghezza; infatti Z Z Z `(F ◦ γ) = |(F ◦ γ)0 (t)|dt = |dF (γ 0 (t))|dt = |(γ 0 (t)|dt = `(γ) I I I poiché dF preserva la norma dei vettori. Quindi per ogni curva γ che unisce P, Q in S esiste una curva γ 0 = F ◦γ di ugual lunghezza che unisce i punti F (P ), F (Q) in S 0 (e viceversa, poiché F è invertibile). Pertanto dS (P, Q) = dS 0 (P, Q).2 Vediamo ora alcuni esempi di sottovarietà isometriche e e non-isometriche. Inanzitutto, ogni isometria tra sottovarietà è un diffeomorfismo (in quanto invertibile con inversa C 1 ), ma i diffeomorfismi non sono isometrie. Per esempio: Esempio 4.5.5 (Superficie diffeomorfe ma non isometriche) Un ellissoide E con un asse ai 6= 1 non è isometrico alla sfera unitaria S 2 . Intuire questo fatto è facile, dimostrarlo un po’ meno. Per mostrare che una certa applicazione F è un’isometria, basta fare il calcolo di dF ; ma per dimostrare che non esiste alcuna isometria F : E → S 2 , serve un invariante riemanniano: un numero, cioè, associato a ogni superficie S, che risulti uguale per superfici isometriche. Se un invariante riemanniano ha un valore diverso per sfera ed ellissoide non sferico, le due superfici non possono essere isometriche! Una possibilità è il diametro (intrinseco), che è definito come la massima distanza (intrinseca) tra due punti di una sottovarietà S: se E ha un asse ai più lungo del diametro della sfera, allora diam(E) 6= diam(S 2 ), dunque le due superfici non sono isometriche. Purtroppo questo non risolve il problema completamente: non permette di concludere per certi ellissoidi non sferici contenuti e tangenti ad S 2 . È possibile in tal caso considerare un invariante più sottile: la sistole, che è la lunghezza della più piccola geodetica chiusa 5 su S. Per la sfera unitaria, la sistole è uguale a 2π (la lunghezza di un cerchio massimo). Un ellissoide strettamente contenuto nella sfera unitaria ha invece una sistole inferiore, poiché è possibile verificare che le sezioni di E con i piani coordinati sono geodetiche (locali), e se E non è sferico una di esse è certamente più corta della corrispondente sezione sferica. Perché le sezioni coordinate di un ellissoide in forma canonica sono geodetiche? Usare il Teorema 4.4.10 oppure il Teorema 4.4.11 del prossimo capitolo. ♥ Esercizio 4.5.6 Mostrare che il toro di rivoluzione Ta,b non è isometrico a Ta0 ,b0 per coppie (a, b), (a0 , b0 ) distinte in R+ × R+ . Suggerimento. Per alcune coppie, ricorrere all’invariante “curvatura” (ultimo capitolo). 5 Precisamente: la più piccola geodetica locale chiusa, cf. capitolo successivo Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 9 I primi esempi “banali” di isometrie tra sottovarietà sono invece quelle ottenute per restrizione di congruenze: un’applicazione F : Rn → Rn è detta una congruenza (o isometria euclidea, o trasformazione rigida) se F (X) = AX + b, con A ∈ O(n). Ricordiamo che queste sono tutte e sole le isometrie di Rn come spazio metrico, ed è abbastanza ovvio che applicando ad S ⊂ Rn un movimento rigido dello spazio in cui giace si ottiene una sottovarietà S 0 isometrica ad S: ♥ Esercizio 4.5.7 (Isometrie dello spazio euclideo) (i) Mostrare che se F : Rn → Rn è un’isometria (di spazi metrici), allora F è affine, e precisamente una congruenza FA (X) = AX + b, A ∈ O(n); (ii) mostrare che il gruppo delle traslazioni Tn è normale in Is(Rn ), e Is(Rn ) è isomorfo al prodotto semidiretto Tn o O(n). Proposizione 4.5.8 (Congruenza ⇒ Isometria) Sia F : S → S 0 = F (S) la restrizione di una congruenza F (X) = AX + b di Rn . Allora, F è un’isometria tra S e S 0 . Dimostrazione. F è biiettiva, in quanto è affine con matrice associata invertibile A ∈ O(n). Inoltre, dP F = A in ogni punto. Poiché A è una matrice ortogonale, preserva il prodotto scalare, dunque F è un’isometria riemanniana.2 ♥ Esercizio 4.5.9 (Isometrie della sfera) Calcolare il gruppo delle isometrie di S n . Suggerimento: mostrare, nell’ordine, che: (i) se FA (X) = AX,con A ∈ O(n), allora F è un’isometria di Sn ; (ii) O(n) agisce transitivamente su Sn ; (iii) data L : TN Sn → TN Sn isometria lineare, esiste F ∈ Is(Sn ) tale che (dF )N = L; (iv) se F : Sn → Sn è un’isometria tale che F (N ) = N e (dF )N = id, allora F = id. Concludere che ogniisometria della sfera è una congruenza lineare. Le congruenze sono casi molto particolari di isometrie. Ecco un esempio di superficie isometrica a R2 non “banalmente”, cioè non tramite una congruenza: Esempio 4.5.10 (Superfici isometriche ma non congruenti) La superficie S in figura è un cilindro di asse v su una curva aperta, semplice, regolare di lunghezza infinita α: se s è l’ascissa curvilinea di α e v è unitario, è immediato verificare che l’applicazione F : R2 → S data da F (s, t) = α(s) + tv è un’isometria, poiché dF preserva la lunghezza dei vettori (fare il calcolo!). Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 10 La superficie appena vista è un caso particolare di superficie rigata; in generale una superficie rigata S che è localmente isometrica al piano si dice sviluppabile. Il seguente esercizio generalizza tale esempio. ♥ Esercizio 4.5.11 (Coni e cilindri sono sviluppabili) (i) Sia Cil(α, v) un cilindro retto su una curva regolare piana α, i.e.: S ha una carta F (s, t) = α(s) + tv, con v 6= 0, α0 (s) 6= 0 e α0 (s) ⊥ v per ogni s ∈ R. Costruire un’applicazione isometrica F̃ : R2 → S, dunque ogni cilindro retto è localmente isometrico a R2 . E se il cilindro non fosse retto? (ii) Sia C(α, V ) un cono su una curva piana semplice α. Mostrare che C(α, V )\V ha due componenti connesse C ± (α, V ), ciascuna delle quali è una superficie differenziabile (diffeomorfa a cosa?); mostrare inoltre che esiste un’applicazione isometrica F̃ : R2 → C ± (α, V ), dunque ogni cono è localmente isometrico a R2 . Suggerimento: -fare prima il caso in cui α0 è ortogonale alle generatrici (per esempio, nel caso di un cono circolare retto di equazione x2 + y 2 = c z 2 ), in cui l’isometria è geometricamente evidente; -quindi mostrare che si puo’ sempre trovare una curva β sul cono, definita nello stesso intervallo di α, tale che C(β, V ) = C(α, V ), ed in più con β 0 ortogonale alle generatrici. (cp. Do Carmo, Differential geometry of curves and surfaces, p.190; notare che w0 (t) 6= 0 ∀t). Un teorema interessante di geometria differenziale elementare classifica tutte le rigate sviluppabili: le uniche rigate sviluppabili sono (unioni lungo generatrici di) coni, cilindri e superfici tangenti (una superficie tangente è una superficie ottenuta prendendo l’unione di tutte le rette affini tangenti ad una curva, meno la curva stessa). Per svolgere l’esercizio precedente, ed anche come strumento teorico, è importante capire che dire che S ed S 0 sono (localmente) isometriche equivale a dire che la matrice di I S (una matrice di funzioni su un aperto di Rn ) è uguale 0 alla matrice di I S . Ma rispetto a quali coordinate su S, S 0 vanno calcolate le matrici? Ciò è spiegato nella proposizione seguente: Proposizione 4.5.12 (Criterio per isometrie locali) Sia F : (S, g) → (S 0 , g 0 ) un’applicazione C 1 regolare tra d-varietà riemanniane. F è un’isometria locale se e solo se per ogni carta φ di S si ha [IS ]φ = [IS 0 ]F ◦φ . (F ◦ φ è una carta per S 0 attorno ad ogni punto F (φ(P )), poiché F è regolare.) Ne segue che: se S ed S 0 sono isometriche, allora esistono atlanti A = {(Ui , φi )} e 0 0 A0 = {(Ui0 , φ0i )}, rispettivamente per S ed S 0 , tali che [I S ]φi = [I S ]φi per ogni i; 0 0 viceversa se S ed S 0 ammettono coordinate (globali) φ, φ0 tali che [I S ]φ = [I S ]φ allora S ed S 0 sono isometriche. Ä ä 0 ∂φ ∂φ 0 · ∂x , si ha [I S ]F ◦φ = (gij ) con Dimostrazione. Se [I S ]φ = (gij ) = ∂x i j Å ã Å Å ãã 0 gij (P ) = g 0 ∂(F ◦ φ) ∂(F ◦ φ) (P ), (P ) ∂xi ∂xj =g (dF )P ∂φ ∂xi , (dF )P ∂φ ∂xj 0 dunque gij (P ) = gij (P ) se e solo se (dF )P è un’isometria di spazi euclidei ∀P . L’ultima affermazione segue definendo il diffeomorfismo F = φ0 ◦ φ−1 : S → S 0 , 0 0 0 che è un’isometria in quanto [I S ]F ◦φ = [I S ]φ = [I S ]φ per ipotesi.2 Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 11 È chiara allora l’importanza di saper calcolare la prima forma fondamentale rispetto a coordinate locali diverse. Un lemma utile per paragonare la matrice della prima forma fondamentale in coordinate diverse è il seguente: Lemma 4.5.13 (Prima forma su carte diverse) Siano φ, φ0 due carte per S con coordinate rispettive (xi ) e (x0i ). ∂ ∂ } a B 0 = { ∂x (i) La matrice del cambio di coordinate su TP S da B = { ∂x 0 } è: i i 0 [1]φφ = d(φ−1 ◦ φ0 ) (ii) Le matrici di I di S rispetto alle due carte φ, φ0 soddisfano: 0 0 [I]φ = t[1]φφ [I]φ [1]φφ 0 Nota: nei calcoli, una volta che siano note le carte φ, φ0 e le rispettive coordinate (xi ), (x0i ) viene spesso comodo indicare la matrice di I nella carta φ con [I](xi ) , e la matrice del cambio 0 (x0 ) di coordinate da B a B0 con [1]φ oppure [1](xi ) . φ i Dimostrazione. Per (i) basta aver chiaro che se v ∈ Tp S, allora le coordinate d di v nella base B sono date dal vettore (dP φ−1 )(v) ∈ R le (e analogamente 0 −1 −1 0 coordinate su B ). Poiché (dP φ )(v) = dP (φ ◦ φ ) (dP φ0−1 )(v) segue che la matrice dP (φ−1 ◦ φ0 ) permette di passare dalle coordinate di v in B 0 alle 0 coordinate di v in B, dunque è proprio la matrice [1]φφ . Per (ii) basta ricordare che se g è una forma bilineare simmetrica su uno spazio vettoriale V , con basi B 0 0 e B 0 , e se [1]B B indica la matrice del cambio di coordinate dalla base B alla base 0 B0 t B0 B, allora le matrici di g rispetto alle due basi soddisfano [g] = [1]B [g]B [1]B B .2 Provare a utilizzare il lemma per risolvere il prossimo esercizio, un esempio di due superfici isometriche che paiono molto differenti. Esempio 4.5.14 (Trasformazione isometrica di elicoide in catenoide) La superficie Cat, ottenuta ruotando la curva catenaria α(t) = (cosh t, 0, t) (contenuta nel piano Oxz) attorno all’asse ẑ è detta catenoide. La figura mostra come, tagliando il catenoide lungo un meridiano, sembra sia possibile trasformarlo in una porzione di elicoide standard El senza “deformarlo”, cioè mantenendo invariate le distanze intrinseche tra punti sulla superficie: Notare che, nella figura, i meridiani di Cat vengono trasformati nei raggi di El, e che i paralleli di Cat vengono trasformati nelle eliche di El. Teoria ed Esercizi di Geometria Differenziale - A. Sambusetti 12 (i) Parametrizzare Cat con coordinate (ϑ, ρ) in modo che le curve ϑ = cost siano i meridiani e le curve ρ = cost siano i paralleli; (ii) parametrizzare El con coordinate (s, r) in modo che le curve s = cost siano i raggi dell’elicoide, e le curve r = cost siano le eliche (o la retta verticale) direttrici di El; (iii) riparametrizzare, eventualmente, in modo che la velocità dei raggi e delle eliche di El sia uguale alla velocità dei meridiani e dei paralleli di Cat; (iv) La figura suggerisce un’applicazione isometrica F : El → Cat ottenuta inviando raggi in meridiani ed eliche in paralleli, rispettando le lunghezze lungo le due famiglie di curve ortogonali (cioè previa la riparametrizzazione (iii)). Verificare che l’applicazione cosı̀ definita è isometrica. Un metodo equivalente, analitico invece che geometrico, è di scrivere le due matrici [I El ]s,r , [I Cat ]ϑ,ρ e cercare un cambio di coordinate r = r(ϑ, ρ) , s = s(ϑ, ρ) (1) su El, in modo che la I forma dell’elicoide nelle nuove coordinate ϑ, ρ dia [I El ]ϑ,ρ = [I Cat ]ϑ,ρ (2) Imporre questa uguaglianza tra matrici fornisce delle equazioni differenziali sulle funzioni incognite r(ϑ, ρ), s(ϑ, ρ), che si può tentare di risolvere. Provarci, per verificare come il metodo geometrico sia di gran lunga superiore a procedere analiticamente “alla cieca”. Soluzione. Elicoide e Catenoide sono parametrizzati secondo quanto richiesto in (i) e (ii) come El : φ(s, r) = (r cos s, r sin s, s) Cat : ψ(ϑ, ρ) = (cosh ρ cos ϑ, cosh ρ sin ϑ, ρ) In tal modo i raggi dell’elicoide sono parametrizzati tramite l.a., mentre le sue eliche r = cost √ hanno velocità 1 + r 2 ; meridiani e paralleli del catenoide hanno invece ugual velocità cosh ρ. Se si procede “alla cieca”, cercando una trasformazione del tipo (1), il Lemma 4.5.13 fornisce: [I El ϑ,ρ ] t ϑ,ρ = [1]r,s [I El r,s ] ϑ,ρ Ä [1]r,s = rϑ rρ sϑ sρ äÄ 1 0 0 1 + r2 äÄ rϑ sϑ rρ sρ ä ed imporre la condizione (2) significa imporre 2 rϑ + s2ϑ (1 + r 2 ) rϑ rρ + sϑ sρ (1 + r 2 ) rϑ rρ + sϑ sρ (1 + r 2 ) rρ2 + s2ρ (1 + r 2 ) = cosh2 ρ 0 0 cosh2 ρ ovvero il sistema di equazioni alle derivate parziali, accoppiato, nelle funzioni r(ϑ, ρ), s(ϑ, ρ): ® 2 rϑ + s2ϑ (1 + r 2 ) = cosh2 ρ rρ2 + s2ρ (1 + r 2 ) = cosh2 ρ rϑ rρ + sϑ sρ (1 + r 2 ) = 0 inestricabile. Se invece si ricorda il suggerimento (iv), deduciamo che stiamo cercando delle funzioni r = r(ρ) ed s = s(ϑ), ed imporre che le lunghezze (o velocità) lungo le due famiglie di curve siano uguali semplifica il sistema in n 2 rρ = cosh2 ρ sϑ 2 (1 + r 2 ) = cosh2 ρ la cui soluzione a questo punto è semplice: r(ϑ, ρ) = sinh ρ ed s(ϑ, ρ) = ϑ. È ora immediato verificare (come visto nella Proposizione 4.5.12) che l’applicazione F che associa al punto P ∈ El di coordinate (r = sinh ρ, s) il punto F (P ) ∈ Cat di coordinate (ρ = settsinhr, ϑ) è un’isometria locale.2 Un altro modo di procedere (assai più comodo da ricordare e usato da tutti) per paragonare la prima forma fondamentale su carte diverse è utilizzare il linguaggio delle forme differenziali, come vedremo più in là.