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forze di polizia
ATTUALITÀ
ACCESO DIBATTITO TRA GLI ADDETTI AI LAVORI.
FAVOREVOLI E CONTRARI.
LA POSIZIONE DEI COCER, DEI SINDACATI E DELLE FORZE POLITICHE.
E’, da qualche tempo, rinvigorita la
polemica sulla unificazione delle forze di polizia.
Se sia opportuno mantenere l’attuale
assetto con la distinzione tra Carabinieri ad ordinamento militare e Polizia di Stato ad ordinamento civile,
magari rimodellando le competenze
a secondo degli spazi territoriali, nelle aree urbane la Polizia e nelle zone
rurali i Carabinieri o ancora dividendone le competenze, ovvero riformare l’ intero comparto costituendo una
organizzazione unica, ad ordinamento civile, con all’interno le varie
specializzazioni.
L’Associazione ha, sull’argomento,
una sua posizione che sarà evidenziata opportunamente dopo aver
passato in rassegna le idee e le proposte che i vari attori istituzionali e
non, hanno rappresentato.
Ci è sembrato opportuno, data l’ importanza del tema, proporre una panoramica, sia pur schematica, delle
posizioni in campo al fine di fornire
in ai nostri lettori utili elementi per
farsi una propria opinione.
Dagli elementi a nostra conoscenza,
il primo ad introdurre l’argomento
sembra essere stato il segretario della
Sezione di Roma di Ficiesse, Gianluca Tacalozzi, che con un suo scritto
del 21 aprile 2009 evidenzia le inconcruenze del modello di sicurezza
italiano:
MA QUALE FERRARI!!! IL MODELLO
DI SICUREZZA ITALIANO E’ TUTT’ALTRO CHE INVIDIABILE
Mentre Spagna e Francia, più o meno velocemente ed esplicitamente,
vanno verso l’istituzione di un’unica
Forza di Polizia ad ordinamento civi-
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la redazione
UNIFICAZIONE DELLE
FORZE DI POLIZIA
FATTO POSITIVO?
ATTUALITÀ
le con competenza generale, in Italia
le riforme del modello sicurezza sono
bloccate da chi ancora si ostina a definire il nostro modello di sicurezza
efficiente, efficace ed addirittura “invidiato” dal resto del mondo, definendo altresì sana ed opportuna la
“concorrenza” tra le varie Forze di
Polizia, in primis tra Carabinieri e
Polizia di Stato.
Dunque la sicurezza in Italia sarebbe
ben garantita da più amministrazioni
tutte efficientissime, tanto da essere
paragonate alla “Ferrari” o quanto
meno alla “Fiat”, e da un ben coordinato modello misto civile/militare che
tutto il mondo ci invidia; ma allora
perché:
1) per rispondere all’emergenza sicurezza si è dovuto ricorrere all’Esercito
e si pensa di ricorrere alle ronde?
2) l’Italia è tra i primi posti in Europa
per i reati di corruzione, evasione fiscale e criminalità organizzata?
3) Francia e Spagna abbandonano il
modello misto militare/civile allineandosi a tutti gli altri Paesi occidentali?
4) a fronte degli enormi numeri (in termini di addetti e spesa pubblica) del
settore sicurezza, vi è la percezione,
sopratutto in alcune zone periferiche
delle città, di una certa assenza di addetti al controllo del territorio?
La verità, purtroppo, è che il modello
sicurezza italiano non è affatto efficiente (i risultati operativi prodotti non
sono proporzionali alla spesa dedicata), non è affatto ben coordinato (sono
frequenti le duplicazioni e le sovrapposizioni di competenze) e la concorrenza spietata non è affatto sana ed
opportuna e spesso di traduce invece
in una spasmodica corsa ad “apparire” di più e meglio sulle prime pagine
dei giornali ed in TV (vedi il caso stupro della “Caffarella”).
Quali “Ferrari” e “Fiat”, quali potenti
autovetture unite sull’unica via della
lotta all’illegalità? Qui siamo purtroppo in presenza di macchine vecchie,
mastodontiche e ultra burocratizzate,
mal coordinate ed in eterna e dannosa competizione fra loro. Amministrazioni che nascondono le inefficienze
attraverso un formalismo esasperato,
la rappresentazione di risultati operativi troppo spesso formali (e non sostanziali) e relativi solo all’attività re-
pressiva (e mai preventiva) e che reggono ancora solo in funzione della
buona volontà di quella parte di personale (dirigente e non) che ogni
giorno mette il cuore oltre l’ostacolo
ed nonostante le inefficienze e le inadeguatezze del sistema, tra l’altro
senza adeguati stimoli e premi (se
non la mera soddisfazione personale)
a fronte di notevoli sacrifici.
In definitiva si tende a far apparire
“invidiabile” un modello in realtà
tutt’altro che “eccellente” per evitare
l’attenzione e la conseguente inevitabile indignazione dell’opinione pubblica che porterebbe ad un’altrettanto
pressante richiesta di riforme, come
accaduto per esempio nel resto del
pubblico impiego.
Tutti gli addetti ai lavori (politica, vertici, sindacati/rappresentanze e personale) conoscono questa realtà e se
ancora ad oggi c’è chi la ignora o la
dipinge diversamente lo fa solo per
scopi corporativi e/o elettorali. Non
è questione di militarità o meno, di
sindacato o meno; in Italia c’è bisogno di un nuovo modello di sicurezza
(con un'unica Forza di Polizia più vi-
21
attualità
cina al resto del pubblico impiego) e
di un nuovo modello di difesa (più vicino ai modelli dei altri Paesi occidentali) nettamente distinti tra loro e
l’inevitabile incedere del progresso
porterà anche in Italia la separazione
di settori così diversi e specifici tra loro da non poter essere tenuti in un
unico confuso comparto.
Rinviare queste riforme a quando saranno popolari ovvero quando porteranno consenso elettorale, a differenza di quanto si sta facendo nel resto
d’Europa, non è certo un bene per il
Paese e per la sicurezza pubblica,
ma in Italia, si sa, le cose funzionano
così: viva l’Italia, viva le corporazioni
e gli interessi particolari.
E’ del giorno dopo, 22 aprile, una
lettera sull’ argomento di Felice Romano Segretario Generale del SIULP
MAMMA, LA RUSSA” MENTRE NEL
MONDO NON SI AFFIDA LA SICUREZZA AI MILITARI, IL MINISTRO
DELLA DIFESA ITALIANO OFFENDE I
POLIZIOTTI. COME MAI LA MILITARIZZATA GUARDIA DI FINANZA È
MENO AMATA DELLA POLIZIA “SMILITARIZZATA”?
Rileggendo con un po’ di attenzione
alcune pagine di storia, una cosa
balza subito davanti agli occhi: le più
grandi tragedie della storia sono state sempre precedute da un clima di
assuefazione a fatti straordinari: si
comincia cioè con considerare normali cose che normali non sono per
niente.
Quando ad esempio delle ronde hanno cominciato ad imperversare nelle
città vestendo una camicia nera, molti
hanno detto e scritto che non era il
caso di preoccuparsi, che si trattava
di ragazzi volenterosi e rispettosi
dell’ordine e che tutto sommato svolgevano un servizio a favore della comunità;
Qualcuno ha riso, qualcuno ha pianto; sappiamo comunque com’è finita.
Oggi, nel nostro civilissimo Paese,
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corriamo il rischio di commettere lo
stesso errore: quello cioè di considerare normali cose che sono assolutamente straordinarie.
È nostro compito continuare con la
denuncia e soprattutto con l’azione
per resistere alla mistificazione in
corso.
Il recente pacchetto sicurezza, è il
frutto di una serie di compromessi:
tra una parte moderata, obbligata ad
agire in tempi di crisi economica, ma
con saldi valori morali e politici; e
una parte assolutamente non moderata, interprete di concetti anacronistici, amorali ed asociali.
Non c’è differenza tra quello di cui
si parla in un consiglio dei ministri e
quello che si sente in alcuni bar del
Veneto orientale o dell’oltrepò pavese: cacciamo gli immigrati, diamo
alla Polizia licenza di sparare a vista, e se i poliziotti non sono buoni a
farlo, perché non sono più militari e
hanno i sindacati, ci pensi l’esercito,
la brigata folgore, i granatieri di
Sardegna.
E se pure loro non bastano, dobbiamo pensarci noi con mazze ferrate,
bastoni e coltelli: è ora di fare piazza
pulita.
Toni esagerati, ma contenuti del tutto
conseguenti: non è normale, in un
paese civile, che si parli serenamente
in un consiglio dei ministri, di “ronde”, di impiego dell’esercito con funzioni di polizia, di giustizia fai da te,
di medici che anziché curare devono
denunciare gli immigrati clandestini.
E non è neanche normale che quando tutto il mondo sceglie di affidare
la sicurezza ad una struttura civile e
non militare, un ministro di questo
Governo offenda uomini e donne della Polizia di Stato, scientemente, reiteratamente, volgarmente, oltraggiando la loro storia, svilendo i loro
sacrifici, mortificando i loro caduti.
Non è normale che, in un Paese democratico, un Ministro della Difesa
parli e pontifichi di sicurezza interna;
non è normale che in un Paese democratico l’esercito sia impiegato sulle
piazze e sulle strade in assetto di
guerra, non è normale che in un Paese democratico un ministro della difesa dica che i carabinieri sono come
la Ferrari e la Polizia di Stato è come
la FIAT. Mamma, La Russa.
E che di conseguenza non si può
pensare ad una integrazione tra le
due Forze di Polizia a competenza
generale, perché in una colonna il
mezzo più veloce deve adattarsi ai
tempi del mezzo più lento: per cui,
in caso di coordinamento, l’Arma
corre il rischio di essere trascinata
nel baratro dalla Polizia. Mamma,
La Russa.
Colpa, essenzialmente per quanto riguarda lo sfascio della Polizia della
smilitarizzazione e di tutto quello che
essa ha portato: donne e, soprattutto,
sindacati. E non è solo la nostra una
questione di ripicca o di rancore.
Da circa trent’anni cerchiamo di far
capire ai governi in carica e alle forze politiche del Paese che, soprattutto
in momenti di crisi come quello attuale, è il caso di ottimizzare razionalizzando al massimo quello di cui si dispone.
Il coordinamento tra le Forze di Polizia, il coordinamento “reale”, non
quello previsto da leggi, circolari e
documenti che regolarmente rimangono senza attuazione non è un capriccio dei sindacati di polizia, come
afferma lo splendido La Russa.
È un’esigenza reale, concreta, fortissima del Paese, il quale non è più disposto a tollerare capricci, privilegi e
protagonismi da prime donne da
parte degli alti vertici delle Forze Armate e delle Forze di Polizia a status
militare: perché questo è il problema.
Ci sono comandanti che temono di
perdere il proprio potere, se diventano oggetto di coordinamento: coordinare vuol dire che ci deve essere
un’autorità in grado di dare ordini,
evitando sprechi, duplicazioni, intral-
attualità
ci e demotivazioni. E ci sono dirigenti
e comandanti che devono eseguire.
Se il problema non può riguardare i
vertici dell’arma dei carabinieri che,
si sa sono usi obbedir tacendo e tacendo morir, se il problema non può
riguardare la Guardia di Finanza,
giacché tutti gli operatori rivendicano
da tempo smilitarizzazioni, sindacalizzazioni e coordinamento, davvero
non si riesce a capire perché contro il
coordinamento debba scendere in
campo Ignazio Benito, ministro della
difesa: quasi che la sicurezza nazionale nel nostro Paese fosse diventata
affare dell’Esercito.
Qualcuno lo fermi, prima che alle parole seguano i fatti; qualcuno lo fermi
prima che, a furia di sparare delle
sonore baggianate seguite dal silenzio di chi ascolta, Ignazio Benito si
convinca che è lui ad aver ragione e
che siamo noi ad aver torto.
Nessuno ha mai parlato di far passare
i carabinieri nella Polizia di Stato: ma
chiedete ad un carabiniere o ad un
poliziotto quanto potrebbe avvantaggiarsi il sistema sicurezza da un reale
coordinamento tra Arma e Polizia.
Nessuno si sognerà di negare i benefici di questa indispensabile, irrinunciabile, indiscutibilmente necessaria
razionalizzazione.
Non sappiamo, per restare alla storia
delle Ferrari e delle FIAT, se davvero
noi siamo le FIAT e i carabinieri le
Ferrari: sappiamo per certo che FIAT,
Ferrari, Skoda e Alfa Romeo stanno
tutte ferme per mancanza di benzina.
E sappiamo che la situazione è destinata ad un precipitoso peggioramento. Sarebbe il caso di finirla con le
“boutade” da talk show televisivo e
porre veramente mano ai nodi centrali del sistema sicurezza.
In Europa l’hanno già fatto, e nella
Francia di Sarkozy, il premier francese ha già provveduto ad integrare in
un unico organismo polizia civile e
polizia militare, con enormi benefici
per tutti, in primis per gli stessi operatori della sicurezza. Piaccia o non
piaccia ad Ignazio Benito, la Polizia
di Stato, come potete vedere nell’apposito sondaggio pubblicato sul nostro sito è l’Istituzione più amata dai
cittadini italiani. Con l’84% delle preferenze: Ignazio, evidentemente, sta
nell’altro 16%.
Pazienza.
L’Esercito invece sta al 77%.
La Guardia di Finanza sta al 77%.
Come mai un Corpo di polizia militarizzato e, soprattutto senza sindacati, viene dopo la Polizia“smilitarizzata”?
Non siamo sindacalisti: siamo poliziotti che dedicano il proprio tempo
libero alla causa della sicurezza e alla tutela dei diritti nostri e dei colleghi. È vero che in questa classifica il
sindacato è messo male.
C’è soltanto un’Istituzione che è messa peggio, in questa graduatoria delle credibilità: è il Parlamento.
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attualità
Se questo sia dovuto essenzialmente
all’opera e al pensiero di Ignazio Benito non possiamo davvero giurarlo: ma
un pensierino, finché c’è democrazia
nel Paese, siamo autorizzati a farlo.
Mamma, La Russa.
Il 5 maggio in occasione del Congresso del Sindacato di cui è segretario, Nicola Tanzi afferma:
POLIZIA: SAP, NECESSARIO UNIRE I
CINQUE CORPI ESISTENTI
(ANSA) - RIMINI, 5 MAG - Un'unica
forza di polizia per avere maggiore
sicurezza. E' la proposta lanciata dal
Sap (sindacato autonomo di polizia)
al congresso in corso al Grand Hotel
di Rimini. Nella sua relazione il segretario Nicola Tanzi ha proposto di
unire in unico grande corpo polizia,
carabinieri, guardia di finanza, forestale e polizia penitenziaria. ''I tempi
sono maturi - ha detto - e la crisi ha
reso coscienti che bisogna razionalizzare le risorse. Stiamo gia' assistendo alla chiusura di caserme, c'e' necessita' di recuperare fondi e utilizzare gli uomini al meglio. E unire polizia e carabinieri vale quanto una
manovra finanziaria.
Questa suddivisione non risponde
piu' ai tempi, siamo il solo paese europeo ad avere cinque forze di polizia. Occorre avviare un iter di unificazione delle forze dell'ordine, con
la creazione di un'unica Polizia nazionale, composta da circa 325 mila
uomini e donne, che ponga fine alle
duplicazioni di competenze tra Carabinieri e Polizia di Stato e possa contare sulla specificita' delle competenze di Finanza, Penitenziaria e Forestale''
Rincara la dose l’inviato Leonardo
Nesti.
SICUREZZA: SAP, UNIRE FORZE POLIZIA. MANGANELLI FRENA /ANSA
SINDACATO AUTONOMO RILANCIA
PROPOSTA,UN CORPO DA 325 MILA UOMINI
(ANSA) - RIMINI, 5 MAG - Trasformare carabinieri, polizia,finanza, fo-
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attualità
restale e penitenziaria in unica grande di forza di polizia nazionale. E' la
provocatoria proposta rilanciata dal
Sap, il sindacato autonomo degli
agenti, riunito a Rimini in congresso.
Una rivoluzione storica che creerebbe un grande corpo da oltre 300 mila uomini, che ha subito trovato un
avversario nel capo della polizia Antonio Manganelli, ospite del congresso del Sap. Il Sap ha voluto rilanciare
un'idea di cui si parla da decenni,
partendo gia' dal titolo del congresso: 'Piu' polizie significano piu' sicurezza?'. La risposta che si sono dati il
segretario Nicola Tanzi e i delegati
del congresso di Rimini e' negativa.
Anzi, sostengono, i risparmi che si
produrrebbero da una simile fusione
equivarrebbero, piu' o meno, ad una
manovra finanziaria e consentirebbero alla nuova superpolizia di avere
piu' risorse per combattere il crimine.
Consapevoli, ovviamente, che una simile proposta, destinata a cambiare
alla base istituzioni cosi' radicate, e'
destinata ad incontrare dubbi e resistenze.
''I tempi - ha detto Tanzi - sono maturi e la crisi ha reso coscienti che bisogna razionalizzare le risorse. Stiamo
gia' assistendo alla chiusura di caserme, c'e' necessita' di recuperare fondi e utilizzare gli uomini al meglio.
Ormai e' chiaro che non e' piu' rispondente ai tempi di oggi una
suddivisione delle forze di polizia in
cinque corpi. Occorre avviare un iter
di unificazione delle forze dell'ordine, con la creazione di un'unica Polizia nazionale che ponga fine alle duplicazioni di competenze tra carabinieri e polizia e possa contare sulla
specificita' delle competenze di finanza, penitenziaria e forestale''.
La Polizia ha 108 mila uomini, contro
i 110 mila dei carabinieri e 60 mila
della finanza, ai quali si aggiungono
i 38 mila impiegati nelle carceri e gli
8 mila nella guardia forestale. La riunificazione produrrebbe cosi' un cor-
po da circa 325 mila agenti che potrebbero farsi eredi delle storiche
tradizioni dei vari corpi, ma avrebbe
un'unita' d'azione e un coordinamento piu' efficaci.
''Il modello - ha spiegato Tanzi - e'
quello francese, dove dove la gendarmeria e la polizia nazionale da
gennaio hanno un'unica guida e sono alle dipendenze del ministero dell'Interno. Presto una legge perfezionera' l'integrazione che dara' risparmi e maggiore efficienza''.
L'idea non piace al capo della polizia Antonio Manganelli.
''Io - ha spiegato Manganelli alla
platea del Sap - sono sempre molto
prudente per intervenire su un sistema che funziona perche' e' strutturato in maniera intelligente. Razionalizzare e coordinare meglio e' necessario, ma non credo che per questo si
debbano fondere le forze di polizia.
Piuttosto dobbiamo togliere i compiti
burocratici abusivamente attribuiti in
via di supplenza alla polizia, come il
rilascio di passaporti e permessi di
soggiorno. E' meglio far si' che ognuno faccia cio' che deve fare''.
Fa eco Gasparri: SICUREZZA: GASPARRI, ABOLIRE I CARABINIERI?
UN'ASSURDITA'
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - ''E' giusto pensare ad un'opera di razionalizzazione nel settore della sicurezza
come propongono alcuni sindacati.
Ma e' evidente che ne' ora ne' mai ci
sara' l'unificazione delle forze di polizia. Ognuno ha storia, tradizioni,
specificita' da tutelare e valorizzare.
Un conto e' evitare sovrapposizioni e
confusioni di ruoli, stabilire meglio le
competenze e le presenze di ciascuno. Ma chi propone l'abolizione dei
carabinieri e' completamente fuo ri
strada. Sorprende che persone che
hanno una lunga esperienza dicano
cose cosi' assurde e prive di qualsiasi
possibilita' di attuazione''. Lo dichiara il capogruppo del PdL al Senato,
Maurizio Gasparri.
Interviene anche Franceschini:
DIFESA: FRANCESCHINI, IO HO FATTO MILITARE, BERLUSCONI NO
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - Va sfatato il luogo comune secondo il quale
la sinistra non e' vicina ai problemi
dei militari: lo ha detto il segretario
del Pd, Dario Franceschini, che ha rivendicato il fatto di aver fatto il servizio militare, come soldato semplice,
diversamente dal premier Berlusconi
che ''lo ha evitato''. Franceschini ha
infatti incontrato i rappresentanti dei
Cocer nel corso di un'assemblea in
cui e' stata illustrata la proposta di
legge di Roberta Pinotti, sulla riforma
della rappresentanza militare.
Dopo aver ascoltato tutti gli interventi,
Franceschini ha affermato che il ruolo
dell'opposizione e' quello di ''tenere
accesi i riflettori su quei temi in cui
c'e' troppa distanza tra quanto la
maggioranza ha promesso in campagna elettorale e cio' che fa in concreto dopo''. Uno di questi casi riguarda
il comparto Difesa, visti i pesanti tagli
effettuati in Finanziaria che riguardano soprattutto il personale.
''Non si possono usare parole roboanti - ha aggiunto - e poi fare pesanti tagli; non si possono fare tagli e
poi mantenere lo stesso modello di
Difesa; non si possono fare questi tagli e dire che non succede nulla''. I
militari, ha proseguito, ''non sono un
corpo separato, come sostiene il ministro La Russa; la nostra filosofia e'
opposta, i militari sono cittadini che
fanno il loro lavoro e devono avere
diritti e tutele'', per i quali il Pd ha
presentato la sua proposta di legge.
''Il nostro impegno - ha proseguito il
segretario del Pd - e' di reintrodurre
in ogni campo in Italia la parola serieta', a cominciare dal rigore dei
comportamenti. I nostri avversari – ha
proseguito - devono smettere di dire
una stupidagine, e cioe' che il nostro
campo ha avversione verso il ruolo
delle Forze Armate: nel 2009 questi
sono argomenti sciocchi''.
25
attualità
''Io ho conosciuto dall'interno le Forze armate - ha quindi detto Franceschini - perche' quando ero gia' consigliere comunale, e quindi facevo
gia' politica, ho fatto il servizio militare. Ho fatto il soldato semplice nell'artiglieria contraerea, quando c'era
la leva, e so come questa abbia contribuito a formare l'identita' nazionale. Non vi dico – ha aggiunto sorridendo - quale autorevolissimo esponente del governo lo ha evitato''. Al
termine dell'incontro i cronisti hanno
chiesto a Franceschini se si fosse riferito a Berlusconi e il segretario del Pd
ha risposto affermativamente.
Alcuni quotidiani affrontano l’argomento i primi giorni di maggio, per
tutti un articolo di “Libero” del 9
maggio:
"Ritengo ormai maturi i tempi, dopo
quasi trent'anni, per procedere alla
revisione dell'ordinamento dell'amministrazione della Pubblica sicurezza
definito dalla legge 121 del 1981".
Con queste parole pronunciate a
piazza del Popolo in occasione della
cerimonia per il 157esimo anniversario della fondazione della Polizia di
Stato, Roberto Maroni, ministro dell'Interno, lascia intendere l'intenzione
di modificare l'assetto delle Forze
dell'ordine ponendo sotto il controllo
del Viminale sia i poliziotti sia i carabinieri.
Obiettivo: "Adeguare l'organizzazione di strutture e servizi delle nostre
Forze dell'ordine alle nuove sfide della sicurezza globale e ai mutati scenari che oggi si annunciano sulla scena internazionale". La riforma consentirebbe sia di procedere sulla strada del maggior coordinamento delle
forze di Polizia (oggi i carabinieri dipendono a livello funzionale dal ministero della Difesa, mentre la Polizia
è collocata alle dipendenze del Viminale), sia, in tempi di tagli al bilancio, di risparmiare. Basti pensare, a
questo proposito, alla duplicazione
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delle centrali operative tra le due organizzazioni Dal processo di unificazione sotto il ministero dell'Interno resterebbero esclusi i militari dei carabinieri impegnati all'estero nelle missioni di pace. Per procedere sulla
strada della modifica, però, è necessario convincere Alleanza Nazionale,
da sempre vicina all'Arma dei carabinieri e contraria all'ipotesi adombrata da Maroni.
Nei giorni scorsi la proposta di creare un unico corpo di Polizia era stata
rilanciata, tra gli altri, anche dal Sindacato autonomo di Polizia (Sap) nel
congresso di Rimini nel quale Nicola
Tanzi è stato riconfermato per i prossimi cinque anni alla carica di segretario generale.”
Il 26 maggio il Ministro degli Interni
Maroni dichiara: ''Entro fine legislatura intendo giungere anche alla
riforma della 121, la legge sull'ordinamento delle forze di Polizia, che risale al 1981''. Lo ha detto il ministro
dell'Interno, Roberto Maroni, intervenuto al Forum internazionale delle
polizie locali, a Riva del Garda, in
Trentino, organizzato dall'Aci. ''La
vostra legge - ha detto ai circa 300
vigili in sala - e' del 1986 e fra due
anni quella della Polizia compie
trent'anni.
Se voi andate indietro con il pensiero
a quegli anni, al terrorismo, con modelli diversi, era un altro mondo ed e'
giusto organizzare una revisione,
una riforma anche dell'ordinamento
delle forze di polizia. Qui non voglio
anticipare nulla – ha aggiunto il ministro - perche' ci sono tante idee diverse e tante proposte diverse, dico solo
che io ho studiato a fondo i nuovi
modelli organizzativi di tutti i Paesi
europei e i modelli organizzativi vanno nel senso di una concentrazione
delle forze di polizia, di un coordinamento stretto, anzi dell'eliminazione
dei corpi che ci sono per prevedere
un sistema omogeneo e che funzioni.
L'Italia e' l'unico paese ormai che ha
cinque forze di polizia separate, per
non parlare di tutte quelle che ci sono, e questo comporta''. (ANSA)
Il 28 maggio il quotidiano sul quotidiano “LA PADANIA” viene pubblicata la lettera di NICOLA TANZI Segretario Generale Sap e Presidente
Consulta Sicurezza: FORZE DI POLIZIA, HA RAGIONE MARONI: Siamo
l`unico Stato che ha cinque corpi separati, come dice il ministro bisogna
razionalizzare.
Il ministro dell`Interno Roberto Maroni, sottolineando la necessità di una
razionalizzazione delle forze di polizia esistenti, ha dimostrato di cogliere quelli che sono i reali problemi
della sicurezza nel nostro Paese.
Una posizione che il Sindacato Autonomo di Polizia porta avanti da sempre e che abbiamo rilanciato durante
il nostro recente congresso nazionale
di Rimini. Maroni ha sottolineato,
nell`articolo pubblicato martedì da la
Padania, che "l`Italia è l`unico Paese
ormai che ha cinque forze di polizia
separate, evidenziando come "i nuovi modelli organizzativi di tutti i Paesi
europei vanno nel senso di una concentrazione delle forze di polizia, di
un coordinamento stretto, anzi
dell`eliminazione dei corpi che ci sono per un sistema omogeneo e che
funzioni". il Sap condivide queste affermazioni, anche perché la stessa
Unione europea favorisce e auspica
progetti di armonizzazione organizzativa delle polizie del vecchio continente. A nostro avviso, un progetto di
unzione delle forze dell`ordine nel
nostro Paese è importante e potrebbe
andare nella direzione di quanto realizzato in Francia, dove a gennaio è
stato celebrato il matrimonio tra polizia nazionale, presente nelle città, e
gendarmeria, per tradizione presente
prevalentemente in campagna Le due
forze, 120mila uomini i primi e
100mila la seconda, hanno ora una
sola guida e sono entrambe alla dipendenza del Ministero dell`Interno.
attualità
Non solo. È in corso di definizione un
provvedimento legislativo che perfezionerà gli aspetti tecnici dell`unificazione e permetterà risparmi fino a 5
mila unità. Anche in Spagna è stato
creato un organo di pubblica sicurezza "terzo", che coordina polizia e
guardia civil, tutti dipendenti dal Ministero dell`Interno.
In Germania esiste, invece, lapolizia
nazionale investigativa sotto la direzione degli Interni E in Gran Bretagna, allapiù nota Scotland Yard, la
polizia nazionale, si affiancano la
metropolitan police service, che opera nella provincia di Londra, e i poliziotti locali in ogni città. Le parole del
ministro Maroni, che aveva espresso
simili concetti anche durante la festa
della polizia, pongono con forza la
necessità di una riforma anche in Italia I tempi sono maturi e la crisi ha
reso coscienti che bisogna razionalizzare le risorse. Senza contare che, ai
sensi della legge 121 dell`81, l`ordine e la sicurezza pubblica competono in via esclusiva, al Dipartimento di
pubblica sicurezza Ormai è chiaro
che non è rispondente ai tempi di oggi una suddivisione delle forze di polizia in cinque corpi, come previsto
dalla citata legge 121 (art. 16): polizia di Stato (108mila. unità), arma
dei carabinieri (110mila unità), corpo della guardia di finanza (60mila
unità), polizia penitenziaria (39mila)
e polizia ambientale e forestale (8mila unità). Siamo il solo Paese europeo, come ha ben rammentato il nostro ministro dell`Interno, ad avere
cinque forze di polizia, di cui soltanto
due (polizia di Stato e carabinieri)
impiegate per il controllo del territorio urbano ed extraurbano; fanno eccezione, in qualche caso, solo le
fiamme gialle. È necessario utilizzare
al meglio ciò che si ha, evitando duplicazioni che recano con sé innegabili sprechi di risorse economiche e di
personale. Occorre avviare, pertanto,
un progetto di unificazione delle for-
ze dell`ordine, ovviamente coi necessari e dovuti accorgimenti che rispettino la storia e la struttura di ciascuna
di esse, con la creazione di un`unica
polizia nazionale, composta da circa
325 mila uomini e donne, che ponga
fine alle duplicazioni di competenze
tra carabinieri e polizia di Stato e
possa contare sulla specificità delle
competenze di finanza, penitenziaria
e forestale.
Il giorno successivo il Ministro della
difesa, Ignazio La Russa, replica: “
Nessuno pensi a minare la specificita' dell'Arma dei carabinieri. Lo ha
detto oggi, a Torino, in occasione
della visita alla scuola allievi nella
Caserma Cernaia, il ministro della
Difesa Ignazio La Russa. ''Se mai a
qualcuno venisse in mente di minare
in qualunque modo la specificita' e
l'unicita' del vostro essere forza di
27
attualità
polizia e militare nel contempo - ha
detto - chiunque esso fosse troverebbe in me un avversario irremovibile
che non accetterebbe mai di scendere
a patti sulla vostra storia, sulla vostra
specificita', sulla vostra natura, sul
vostro essere un esempio
unico per tutti gli italiani. L'Arma e'
l'istituzione piu' amata dai nostri concittadini. Essa sa offrire all'Italia ''la
capacita' di essere al servizio della
legalita', della sicurezza e della serenita' dei cittadini''. ''Con voi - ha aggiunto - abbiamo manifestato nel
mondo una ulteriore eccellenza della
nostra Patria. Lo avete dimostrato prima in Iraq e poi in Afghanistan dando prova di grande addestramento. I
carabinieri hanno una storia antica. Il
motto fedeli nei secoli non e' un modo di dire. E' una realta'. E' assoluta
dedizione al dovere con forte professionalità''. (ANSA).
Sul sito www.ficiesse.it viene pubblicato un intervento di Gianluca Tacalozzi: IL POLIZIOTTO NON E’ UN
SOLDATO: A CIASCUNO IL SUO MESTIERE. BISOGNA DIVIDERE UN
COMPARTO ETEROGENEO E FIGLIO
DEL COMPROMESSO.
“I progetti più meno esplicitati dal Ministro degli Interni Maroni, e più o
meno condivisi da una buona fetta di
intellettuali e politici, riguardano l’istituzione di un nuovo modello di sicurezza con un’unica Forza di Polizia
generalista, con compiti di ordine e
sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria, lasciando esclusivamente alle
Forze Armate i compiti di difesa e
principalmente alle polizie locali i
compiti di polizia amministrativa.
Una riforma che, come ho già avuto
modo di affermare in precedenti articoli, a mio avviso sarebbe auspicabile e porterebbe alla creazione di una
moderna Forza di Polizia, unica, specializzata, snella, senza troppi uffici
amministrativi e/o funzionali (composta da personale non in possesso del-
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attualità
le qualifiche di PG, PS, PT ecc. ma in
possesso di specifica preparazione
amministrativa), con ordinamento e
regole di impiego più prossime ai canoni del pubblico impiego.
Contestualmente si sta progettando
(in ambito Ministero della Difesa e
Consiglio Superiore della Difesa) un
nuovo modello di Difesa che presuppone l’adozione di ordinamenti e regole di impiego molto distanti dal lavoro civile (orario di lavoro, sensibile
compressione di diritti, ecc.) e quindi
una netta separazione del comparto
difesa (la cosiddetta specificità) dal
resto del pubblico impiego.
Una cosa è certa: entrambe queste
riforme presuppongono l’abbandono
dei compiti di sicurezza interna dei
Carabinieri e l’inevitabile separazione del comparto sicurezza e difesa.
Con questi presupposti, infatti, non si
può pensare di tenere unito un comparto tanto eterogeneo quanto inopportuno, con una componente (sicurezza) che muove verso il pubblico
impiego ed una componente (difesa)
che muove verso ordinamenti e regole di impiego più tradizionalmente
militare.
D’altronde è del tutto evidente che il
poliziotto e il soldato non fanno lo
stesso mestiere, tutt’altro, ed è per
questo che in tutti i Paesi occidentali
a democrazia avanzata la sicurezza
interna è affidata ad amministrazioni
civili e la sicurezza esterna ad amministrazioni militari, con organizzazioni e regole di impiego completamente
diverse tra loro.
E allora !!!??? Quale soluzione!? Smilitarizzare tutti!? Militarizzare tutti!?
La logica vorrebbe che si arrivasse
alla separazione del comparto sicurezza e difesa ed alla creazione di
due settori distinti e separati, il primo
civile- speciale ed il secondo militare,
superando, una volta per tutte, l’attuale situazione di confusione generata da riforme, ricorsi, controriforme, riordini e controriordini. Un com-
promesso all’italiana abilmente ed
artatamente creato per accontentare
tutto e tutto e mantenere indenni le
Forze di polizia ad ordinamento militare (Gdf e Carabinieri).
Il comparto sicurezza e difesa discende, infatti, dalla smilitarizzazione
della P.S. e dai successivi ricorsi dei
Carabinieri tendenti all’equiparazione con i cugini civili della P.S. (vinto
per quanto riguarda la parte economica e perso per quanto riguarda la
parte dei diritti sindacali). Una continua ed affannosa rincorsa al compromesso che ha generato quelle
condizioni di sostanziale omogeneità
degli ordinamenti e di allineamento
dei trattamenti economici alla base
dell’istituzione del comparto.
Il dibattito politico-istituzionale dovrebbe essere incentrato su questi temi ma, come spesso accade in Italia,
la discussione è invece spostata sul
terreno dell’ideologia e degli interessi
particolari. Chi oggi, infatti, difende
l’integrità dell’Arma dei Carabinieri e
la militarità della stessa, lo fa attaccando i sindacati di PS definendoli il
male delle polizie ad ordinamento civile, attaccando lo spirito della riforma della Rappresentanza militare del
1978 ed evocando gli articoli della
Costituzione che sanciscono la specificità dei militari rispetto agli altri cittadini (senza tuttavia pensare che
quegli articoli e quelle specificità fanno riferimento ai cittadini deputati alla difesa della sovranità e del territorio dello Stato e non già ai poliziotti).
Al contrario, chi parteggia per le Forze di Polizia civili evoca gli spettri del
ventennio, il sindacato per i militari,
ecc.. Come se fosse in discussione la
smilitarizzazione delle Forze Armate
o la militarizzazione delle Forze di
Polizia.
Con una politica che rimane debole
ed ostaggio degli interessi corporativi, si rischia una volta ancora di addivenire ad un compromesso o meglio di non affrontare la problemati-
ca. L’attuale dibattito parlamentare,
infatti, propone due riordini delle carriere (uno per i civili ed uno per i militari), una finta riforma della Rappresentanza militare ed una specificità
eguale dal punto di vista dei benefici
(economico-previdenziali) e diversa
dal punto di vista dei sacrifici (maggiori per i militari in termini di compressione dei diritti). In sostanza, si
propone di far rimanere l’attuale
comparto con una distanza ancora
maggiore tra gli ordinamenti civili e
quelli militari, a tutto danno, in particolare, delle Forze di polizia militari,
costrette ad arrabattarsi in un vestito
(ordinamento) sempre meno adatto
per i compiti di polizia.
Superando ogni interesse ed ideologia di sorta, sarebbe ora che si iniziasse a discutere seriamente sulla
definizione di un modello di sicurezza ed un modello di difesa, separati
efficienti, chiari, specifici e funzionali.
E’ ora che anche in Italia, finalmente,
il poliziotto faccia il poliziotto e ed il
soldato faccia il soldato.
Viva l’Italia, viva le corporazioni e gli
interessi particolari.
Interessante appare poi un articolo
di Piero La Porta apparso sul quotidiano “Italia Oggi” dal titolo “No ai
Carabinieri in divisa blu” Le dichiarazioni di Brunetta sul contratto della
sicurezza sostengono la tesi della
smilitarizzazione.
L'Arma nel mirino dei sindacati perchè si fonda con la Polizia
"Le dichiarazioni di alcuni sindacati
del comparto sicurezza e difesa sul
decreto di riforma della pubblica amministrazione sono assolutamente prive di fondamento. L'unica norma che
li riguarda è quella dell'adeguamento
a tre anni della durata del contratto
di lavoro. Questi sindacati saranno
comunque consultati durante l'iter di
approvazione del provvedimento al
fine di verificare la compatibilità della nuova durata dei contratti con la
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attualità
specificità del comparto, della quale
io stesso sono stato e sono un attivo
sostenitore".
Non sappiamo chi abbia materialmente scritto questo comunicato, diffuso a nome del ministro Renato Brunetta. Questo comunicato è errato. I
Cocer, le rappresentanze dei militari,
hanno espresso perplessità per l'inserimento dei militari nei decreti delegati che disciplineranno il nuovo rapporto di lavoro nella Pubblica amministrazione.
La risposta di Brunetta è un triplice
errore. È un errore di linguaggio, ed
è un errore nell'approccio costituzionale e istituzionale. I Cocer non sono
sindacato e non possono esserlo: la
Corte di cassazione sanzionò più volte il divieto di appartenenza dei militari al sindacato. Rivolgersi ai “sindacati del comparto sicurezza e difesa”,
come fa Brunetta, costituisce quindi
un errore di linguaggio e un vulnus
istituzionale. Il terzo errore, di profilo
costituzionale, è meno visibile ma
non meno grave. Sin dagli anni '70
l'antimilitarismo è solo la punta più
visibile d'una corrente trasversale che
assimila i militari a impiegati dello
stato, svuotando gli art. 52 e 82 della
Costituzione e imponendo una lettura
ideologica e parziale dell'art.11.
L'appello di Brunetta è nella scia della cultura consociativa. D'altro canto,
gli stessi Cocer spesso invocano la loro trasformazione in sindacato. L'errore di Brunetta, pertanto, non è detto
che spezzi i cuori grigioverde perché
le numerose spallate per snaturare le
forze armate spesso sono anticipate
dagli stessi militari, ai vertici come alla base, come accadde quando caldeggiano l'orario di servizio impiegatizio, gli straordinari o le superindennità.
L'ingresso della Lega nel governo ha
accelerato questi processi degenerativi, innestando il neo antimilitarismo
padano su una cultura di governo
non ancora matura, alimentato dalla
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presunzione o dalla necessità di sicurezza solo con le risorse locali. Ne
consegue il paradosso d'una perfetta
continuità con l'antimilitarismo consociativo degli anni '70, nella persistente distrazione dei “pensatori militari”
(con rare eccezioni come Caligaris,
D'Avossa o Ilari), che si guardano
bene dallo stigmatizzare gli errori
politici che hanno snaturato le forze
armate, fino a renderle complementari alla polizia e persino alla nettezza
urbana.
L'incapacità di “leggere” le questioni
militari ha varie rappresentazioni; talune tragiche come la fuga delle istituzioni dopo la strage di Nassirya,
lasciando i comandanti operativi col
cerino in mano, oppure la morte di
militari in operazioni per gli assetti
inadeguati; talune più divertenti come
quando Berlusconi, durante la sfilata
del 2 Giugno, si levava a salutare il
passaggio dei Carabinieri, per poi
reimmergersi nei suoi appunti quando sfilavano altri reparti. E in un certo senso aveva ragione, perché per
una serie di circostanze l'Arma dei
Carabinieri è divenuta concessionaria unica delle migliori tradizioni militari.
Non bisogna tuttavia dimenticare che
proprio l'Arma è il primo obiettivo
dei sindacati e di quanti aspirano ad
annacquare e sottomettere i Carabinieri nei ranghi della polizia. La cattura di un tale bottino può essere poderosamente favorita dalla sindacalizzazione e dalla definitiva omologazione dei militari con gli impiegati.
Chi ha materialmente scritto il comunicato stampa di Brunetta forse non
ha alcuna necessità di riflettere su
questo articolo.
L'argomento UNIFICAZIONE FFPP
non può essere un TABÙ. Il CoBaR
del Friuli VG affronta la materia in
maniera innovativa con una delibera
destinata a stimolare il dibattito e le
riflessioni.
Seguono una serie di dichiarazioni:
MARONI, CAMBIARE LEGGE RIFORMA FORZE ORDINE
(ANSA) - ROMA, 26 GIU - 'La legge
121 del 1981 di riforma delle forze
dell'Ordine, fra due anni ne compie
30: occorre metterci mano non per
stravolgerla ma per attualizzarla'.
Lo ha detto il ministro dell'Interno,
Roberto Maroni, nel suo intervento alla cerimonia di chiusura dell'anno
accademico della scuola perfezionamento delle forze di polizia. Quel
modello, ha spiegato Maroni, 'e' stato disegnato nel 1981, quando c'era
un altro modo e altri problemi: serve
dunque rivedere la legge per renderla attuale ed efficiente: e' il compito
che ci accingiamo a fare nei prossimi
mesi, chiamando tutti coloro che sono
coinvolti per sviluppare idee e realizzare una proposta di aggiornamento'. L'obiettivo, ha concluso, 'e' arrivare al 30mo anniversario della 121
con una nuova legge'.
SAP: BENE MARONI SU LEGGE 121,
UNICO CORPO POLIZIA
(ANSA) - ROMA, 26 GIU - 'Condividiamo le dichiarazioni del ministro
Maroni. Occorre una riforma della
121/1981 in linea con lo spirito originario della legge ed una razionalizzazione delle forze dell'ordine che
punti all'istituzione di un unico corpo
di polizia nazionale ad ordinamento
civile'.
E' quanto afferma Nicola Tanzi, segretario generale del Sap, il sindacato autonomo di polizia, commentando quanto dichiarato dal ministro
dell'Interno, Roberto Maroni.
'In una recente intervista - ricorda
Tanzi - il ministro Maroni aveva dichiarato come sia necessario guardare ai nuovi modelli organizzativi di
tutti i Paesi europei che vanno nel
senso di una concentrazione delle
forze di polizia, di un coordinamento
stretto, anzi dell'eliminazione dei corpi che ci sono per un sistema omogeneo e che funzioni'.
Per il segretario del Sap 'non e' piu' ri-
attualità
spondente ai tempi di oggi una suddivisione delle forze di polizia in cinque
corpi, come previsto dalla citata legge
121/81: polizia di stato (108 mila unita'), arma dei carabinieri (110 mila
unita'), corpo della guardia di finanza
(60 mila unita'), polizia penitenziaria
(39 mila) e polizia ambientale e forestale (8 mila unita')'.
Occorre avviare, sottolinea, 'assieme
ad un riordino del ruoli e delle funzioni piu' volte promesso dal Governo, un progetto di unificazione dei
corpi, ovviamente coi necessari e dovuti accorgimenti che rispettino la storia e la struttura di ciascuno di essi,
istituendo un'unica polizia nazionale
che ponga fine alle duplicazioni di
competenze tra carabinieri e polizia,
potendo contare invece sulla specificita' delle competenze di finanza, penitenziaria e forestale'.
SICUREZZA: SIULP, SI' A RIFORMA
MA SALVAGUARDARE PRINCIPI
(ANSA) - ROMA, 26 GIU - Si alla
riforma della legge 121 che regola il
sistema della sicurezza del Paese, ma
salvaguardandone i principi ispiratori. Così il segretario generale del
Siulp, Felice Romano, commenta
quanto dichiarato dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni.
"Le accresciute e mutate esigenze di
sicurezza che il Paese rivendica oggi,
insieme alla mancanza di adeguate
risorse necessarie al funzionamento
del sistema così comè - afferma Romano - richiedono necessariamente
un intervento di innovazione e razionalizzazione delle risorse attualmente
disponibili per la sicurezza interna
del Paese". Ma, sottolinea, è necessario che l'azione riformatrice rispetti i
principi ispiratori della riforma contenuti nella legge 121/81; e cioè un
modello di polizia civile, basato sulla
centralità dell'Autorità di P.S. civile,
nazionale e provinciale con piena
potestà di gestione di tutte le forze in
campo, che confermi la titolarità dell'azione di polizia in capo allo Stato
per garantire una tutela uniforme della sicurezza dei cittadini sull'intero
territorio nazionale".
Il 30 giugno il capo della polizia Antonio Manganelli si dichiara contrario
alla unificazione:
(ANSA) - ROMA, 30 GIU - No alla
fusione delle cinque forze di polizia,
ma occorre che tutte mettano in sinergia le loro potenzialita' per rendere
un servizio piu' efficace. Lo ha detto il
capo della polizia, Antonio Manganelli, inaugurando un monumento ai
caduti delle forze di polizia al Polo
interforze.
Anagnina del Dipartimento di pubblica sicurezza. Alla cerimonia hanno
preso parte il cardinale Giovani Battista Re, prefetto della Congregazione
dei vescovi, i responsabili degli altri
corpi, tra cui il capo di Stato Maggiore dell'Arma e futuro comandante dei
31
attualità
carabinieri, generale Leonardo Gallitelli e parenti delle vittime del dovere
che hanno scoperto il monumento.
''Questo complesso - ha spiegato
Manganelli - e' il punto di arrivo di
un processo iniziato anni fa per mettere sempre di piu' a fattor comune
tutte le forze di polizia, in modo che
mantengano la loro autonomia e le
loro tradizioni, senza la prospettiva
di fondersi in un unicum che non e'
detto moltiplichi le loro potenzialita',
ma, anzi, potrebbe renderle piu' fragili; serve pero' - ha aggiunto - mettere a regime un percorso comune in
modo che ognuno nella propria specificita' possa dare il suo contributo''.
Ormai, ha proseguito il capo della
polizia, ''e' stato avviato un circuito
virtuoso che realizza una buona sinergia tra le varie forze, rispettando
l'orgoglio di appartenenza''.
Appare importante, al fine di fornire
l’ampia panoramica di opinioni che
ci siamo prefissati, soffermarci sulle
dichiarazioni che il neo eletto Deputato Europeo De Magistris ha rilasciato in una intervista a Grnet.it:
GrNet.it: parliamo di un argomento
spinosissimo. L'unificazione delle forze di polizia. Che ne pensa di quel
progetto che vorrebbe l'Arma alle dipendenze funzionali del ministro dell'Interno
De Magistris: guardi, credo che questo sia un tema che prima o poi dovremo affrontare, meglio prima che
poi, però con i dovuti riguardi alla
specificità e soprattutto alle particolari specializzazioni operative sul territorio possedute dall'Arma dei Carabinieri. Mi spiego meglio: è un fatto
che in Italia abbiamo 5 forze di polizia, diciamo anche 7 se ci mettiamo
anche la polizia provinciale e quella
locale, e questo è un fatto abbastanza inaccettabile. Se dovessi risultare
eletto al parlamento europeo guarderò con particolare attenzione a
quei paesi come la Francia e la Spa-
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gna che come noi italiani hanno una
"doppia o tripla polizia". Credo che
si debba andare verso un' armonizzazione delle forze relativamente ai
loro compiti senza perdere, a mio avviso, le tradizioni e le specificità di
ogni singolo Corpo. La cosa più semplice da attuarsi è la divisione territoriale. E' inutile stare tutti in città. Noi
carabinieri abbiamo una diffusione
capillare soprattutto nei piccoli centri
ed anche nelle città mentre la Polizia
di Stato si concentra soprattutto nei
centri urbani più popolati. Credo allora che, come si dice in gergo, la
Polizia di Stato debba stare nelle città
e i Carabinieri nelle campagne, fatta
eccezione per quei reparti con particolari competenze - penso alla tutela
del patrimonio artistico, all'ecologia che abbiamo da tempo organizzato
e che hanno dato frutti operativi considerevoli contribuendo in maniera
determinante alla lotta a quel tipo di
criminalità molto specifica. Credo sia
sciocco, antiproduttivo e antioperativo rinunciare a reparti così specializzati. Gli ambiti dove ritengo si debba
procedere con un'ottimizzazione sono quelli della polizia giudiziaria, il
controllo del territorio la prevenzione
e la sicurezza generale che fanno
sprecare risorse a causa dell'accavallamento delle competenze. Dividendo
il territorio potremmo utilizzare più
efficacemente gli uomini a nostra disposizione per puntare ad una maggiore presenza "fisica" nelle zone di
competenza e risparmiare risorse che
in questo periodo scarseggiano.
GrNet.it: Dr. De Magistris, qual è la
sua opinione in merito alle recenti
polemiche che si sono innescate sul
progetto di unificazione delle forze di
polizia?
De Magistris: Guardi io da sempre,
nei miei 15 anni da pubblico ministero, mi sono occupato di inchieste
molto importanti, e sono assolutamente non favorevole a questa unificazione. Ritengo che le singole forze
di polizia debbano mantenere le loro
specifiche competenze professionali e
la loro autonomia. Sono invece favorevole, anche per una razionalizzazione dei costi, ad un migliore e più
efficace coordinamento di alcune attività, mi riferisco in particolare a quelle relative alla prevenzione sul territorio, i servizi di 112 e 113 ma, se
parliamo di polizia giudiziaria, di indagini e di rapporto con la magistratura, credo che la storia giudiziaria
d’Italia dimostri come l’autonomia
delle forze di polizia sia un valore
democratico e di efficienza da salvaguardare.
GrNet.it: Crede quindi che la "militarità", ad esempio dell’Arma dei Carabinieri, sia un valore aggiunto per
una forza di Polizia?
De Magistris: Come ho accennato
prima, penso che per i Carabinieri
sia importante mantenere una propria autonomia. Sono però, nello
stesso tempo, favorevole acchè i valori costituzionali e i principi che stanno
a fondamento della costituzione repubblicana debbano essere estesi a
tutte le forze di polizia e quindi anche ai Carabinieri, che hanno un ordinamento di tipo militare. Insomma
quanta più democrazia c’è all’interno
delle forze di polizia, tanto maggiore
sarà il beneficio per tutti e quindi anche per i cittadini.
GrNet.it: Lo strumento militare italiano è oggi impegnato in vari scenari,
soprattutto all’estero ma anche in territorio italiano con una piccola aliquota di soldati che affiancano le forze dell’ordine in compiti di pattugliamento del territorio. Qual è la sua
opinione in merito all’uso dei militari
per compiti di pubblica sicurezza?
De Magistris: Per come sono utilizzati
sono molto perplesso, anzi diciamo
pure contrario. Io penso che sarebbe
stato molto più utile, se si volevano liberare le forze di polizia da attività
che potevano distoglierle da cose più
importanti, impiegare i militari a pre-
attualità
sidiare obiettivi sensibili, non so ad
esempio cantieri stradali come la Salerno - Reggio Calabria, le ambasciate eccetera. Penso sia un messaggio non positivo nei confronti delle
forze dell’ordine quello di affiancarli
ai militari, perché sarebbe come dire
che non sono in grado da sole di dare un messaggio di efficienza sul piano della sicurezza. Avrei preferito
piuttosto che la politica fornisse mezzi, risorse, macchine, benzina, uomini alle forze di polizia e poi mi lascia
un po’ perplesso il dato che sul piano
economico non ci sia lo stesso trattamento. Inoltre, la mia perplessità riguarda soprattutto il fatto che i militari sono impiegati nelle zone a minore
densità criminale, quasi a calmierare
più un’esigenza simbolica nell’opinione pubblica ma che in concreto
non dà nessun risultato in termini di
maggior efficienza.
GrNet.it: Da più parti, i componenti
delle forze armate e delle forze di
polizia ad ordinamento militare, avvertono la necessità che anche a loro
sia consentito il diritto di libera associazione e quello a formare liberi sindacati.
In Europa queste realtà sono già operative da moltissimi anni, tanto che la
comunità europea ha più volte emanato delle raccomandazioni rivolte a
quei pochi paesi membri, tra i quali
c’è l’Italia, che ancora si ostinano a
negare ai nostri militari quei diritti civili minimi che altrove sono una regola. Lei ritiene giusto che i militari italiani debbano soffrire una tale arretratezza sociale nei confronti dei colleghi europei?
De Magistris : Sono assolutamente
d’accordo che i militari possano godere dei diritti costituzionali, come la
libertà di associarsi, di manifestare
pubblicamente il proprio pensiero,
anche negli aspetti di tipo sindacale
perché ciò diventi un patrimonio di
tutti e quindi anche delle forze
dell’ordine e le forza armate che so-
no una parte rilevantissima della
struttura portante del nostra paese.
Non vedo perché non possano godere degli stessi diritti costituzionali che
valgono per tutti gli altri cittadini
GrNet.it: Parliamo adesso di magistratura, in particolare quella amministrativa. Capita a volte che coloro i
quali intendano aprire un contenzioso verso la pubblica amministrazione, si trovino nelle condizioni in cui il
giudice ha rapporti di collaborazione
o consulenza con l’amministrazione
verso la quale si sta ricorrendo. Addirittura c’è stata una petizione sottoscritta da quasi 200 avvocati che
chiedono, allo scopo di eliminare
questa commistione di interessi contrapposti, l’abolizione degli incarichi
extragiudiziali. Come la pensa a tal
proposito?
De Magistris: Guardi anche qui vale
il solito discorso dell’indipendenza
degli organi giudicanti e degli organi
di garanzia. Il nostro è un paese dove ci sono troppi conflitti di interesse
e quindi sono assolutamente favorevole al fatto che il magistrato dia garanzia assoluta, anche nelle apparenze, sotto il profilo dell’indipendenza. Io sono stato sempre contrario,
anche nella magistratura ordinaria,
agli incarichi extra-giudiziari per i
magistrati. Il magistrato deve rappresentare una garanzia assoluta per
coloro che devono essere giudicati.
GrNet.it: Parliamo un pò del suo impegno politico: tutti sono a conoscenza delle vicende che riguardano
le sue inchieste che coinvolgono a
vario titolo il mondo politico e quello
imprenditoriale. Le domando: se da
magistrato l’avessero lasciata lavorare serenamente, così come avviene
in qualsiasi paese civile, avrebbe
pensato ad un suo impegno nella
politica?
De Magistris: Assolutamente no, ancora adesso se potessi riprendere a fare il magistrato così come lo facevo
non avrei mai pensato ad altre cose
perché il mio sogno, fin da quando mi
sono iscritto all’università nel 1985 è
stato quello di fare il magistrato e in
particolare il pubblico ministero. Quello che posso dire è che però dentro rimarrò sempre un magistrato, quindi
quei valori quei principi che ho praticato in questi anni me li porterò sempre dentro e penso mi torneranno utili
per continuare quel tipo di impegno in
un'altra sede. E’ un fatto molto grave
quello di constatare che in paese come
il nostro, e ciò la dice lunga sulla stato
di salute della nostra democrazia, un
magistrato che fa il suo dovere debba
essere costretto a prendere atto che
non può più farlo quando si toccano
interessi molto forti.
GrNet.it: Nel caso in cui, ce lo auguriamo, dovesse risultare eletto nella
competizione per il parlamento europeo, quali progetti politici si propone
di portare all’attenzione del consesso
europeo?
De Magistris: Sono tanti, ma davanti
a tutti mettiamone uno: vigilare affinchè l’enorme massa di risorse pubbliche che vengono destinate all’Italia vengano impiegate correttamente
e siano spese per uno sviluppo economico compatibile con l’ambiente,
che dia lavoro soprattutto ai più giovani secondo un criterio meritocratico e non secondo il malcostume delle
raccomandazioni, e che si spezzi
quel legame criminale tra controllo
illegale della spesa pubblica, criminalità dei colletti bianchi e criminalità organizzata. Sappiamo bene che
per tantissimi anni sono stati sperperati miliardi di euro che non hanno
creato sviluppo, soprattutto nell’Italia
meridionale, ma che invece hanno
rimpinguato le tasche di ristretti circoli di comitati d’affari ed hanno
rafforzato la criminalità organizzata
che attraverso il controllo del denaro
pubblico è penetrata sempre di più
nel bilancio economico nazionale e
nello stesso tessuto istituzionale del
nostro Paese.
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