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Testo completo della sentenza n. 65/05 01/03/2005
Sentenza n. 65/05 Pronunciata il 04/02/2005 Depositata il 01/03/2005 Infortuni sul lavoro – Infortunio (requisiti e nesso causale) – Dipendente di banca – Caduta accidentale Prospettazione di colpa specifica del datore di lavoro – Norma violata e nesso causale con il danno – Onere della prova – Dovere di ottemperanza – Insussistenza – Rif.Leg.artt.1218,2043,2049,2087cc; art.10 DPR1124/65; art.1 DLgs 626/96; REPUBBLICA ITALIANA – TRIBUNALE DI MODENAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO All'udienza del 4/2/05 il Tribunale di Modena in funzione di Giudice del Lavoro di prima grado nella persona del dott. Claudio Bisi ha pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa da: XX, residente in (omissis) (Modena), rappresentato e difeso in forza di procura speciale a margine del ricorso introduttivo dall'Avv. Gianluigi Mazzoni del foro di Bologna e dall'Avv. Carmer Pisanello, presso lo studio del quale in Modena, viale Medaglie d'Oro, 23, è elettivamente domiciliato parte attrice CONTRO Cassa di Risparmio di Carpi spa, con sede in Carpi di Modena, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce alla memoria difensiva dall'Avv. Eliseo Pini, presso il cui studio in Modena, Corso Canalchiaro, 65 è elettivamente domiciliata parte convenuta Conclusioni di parte attrice, come emendate con le note finali: accertare e quantificare il danno biologico per inabilità permanente e temporanea, morale e per esborsi in euro 14.654,98, ivi inclusi gli accessori al 18/1/05 e condannarsi parte convenuta alla loro rifusione, oltre ulteriori accessori, spese rifuse. Conclusioni di parte convenuta: rigettarsi le domande; spese rifuse. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso introduttivo ritualmente notificato, parte attrice si doleva di infortunio sul lavoro subito in data 19/7/00 e, ai fini di ottenere il risarcimento del danno patito, sia patrimoniale in senso stretto (solo quanto agli esborsi come in corso di causa precisato), che biologico e morale, conveniva in giudizio il datore di lavoro, di cui in epigrafe. Deduceva, in particolare, che era caduto a terra, mentre "stava per sedersi su una sedia", causa "il cedimento di una struttura metallica della sedia stessa". La convenuta chiedeva la reiezione della domanda, posto che, anche accedendo a quanto in un secondo tempo dichiarato dal ricorrente nell'imminenza del sinistro, (mentre la prima dichiarazione era nel senso che "a seguito di movimento brusco era comparso dolore acuto alla spalla sinistra"), trattavasi di descrizione dell'evento e del nesso causale relativo diverso, (sarebbe inciampato nei piedi della sedia e, appoggiatosi allo schienale della sedia, e causa un difetto dello stesso, era caduto a terra), rispetto alla prospettazione giudiziale. Nessun difetto presentava , comunque, la sedia, in questione. Alla prima udienza il difensore del ricorrente eccepiva la nullità della procura speciale ad litem e per l'effetto la nullità della memoria difensiva. La causa istruita documentalmente,con l’assunzione dei testi indotti e con l'espletamento di CTU medico legale era definita come da separato dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Quanto al danno biologico, tale danno, osserva il tribunale, in seguito alle sentenze n. 485/91 e 356/91 della Corte Costituzionale è dovuto indipendentemente dalla corresponsione della rendita Inail che, in relazione alle ultime rivalutazioni, è ormai in genere pari (o addirittura superiore), ove capitalizzata, al danno civilistico patrimoniale in senso stretto ed a prescindere dalla esistenza di un reato ad azione pubblica, (la violazione anche del solo art 2087 c.c. però si ritiene concreti colpa specifica e non generica ed il reato anche all'esito della novella n. 689/1981 rimane nella fattispecie aggravata procedibile officiosamente) e al relativo principio di tendenziale previetà del procedimento penale, potendo, quanto al danno patrimoniale in senso stretto, il reato essere accertato dal giudice civile solo ove lo stesso sia estinto o in ipotesi prescritto, o il giudice penale abbia comunque proceduto al non esercizio, (archiviazione) o alla reiezione dell'azione penale, (proscioglimento ovviamente istruttorio), in relazione al restringimento dell'area di operatività dell'esonero via via intervenuta (si vedano le sentenze n.22/1967, 102/81, 18/86 della Corte Costituzionale) e senza alcuna detrazione della rendita capitalizzata eventualmente in godimento. Né è applicabile la legge n. 38/00 che, è entrata in vigore, (art 13, comma 2), una volta vigente il relativo dm 12/7/00, (GU 25/7/00), e quindi successivamente rispetto all'infortunio de quo, (19/7/00). E gli stessi principi si applicano anche al danno morale, (Corte Cost. 37/94, Cass n. 10405/98). È pur sempre necessario, ovviamente, (anche al di fuori dell'azione di danno differenziale), la ricorrenza di una responsabilità o una corresponsabilità del datore, (o di una persona del cui reato in riferimento ai danni morali o, in riferimento al danno patrimoniale biologico, del cui illecito contrattuale o extracontrattuale -si ritiene che le due azioni possano concorrere -Cass n.1566/88- e che anche per l'azione extracontrattuale sussista la competenza funzionale del giudice del lavoro -Cass n.3428/90-) ove l'illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze lavorative ex art 2049 cc lo stesso debba rispondere, giacché ove si versasse in fattispecie di colpa esclusiva, (cd rischio elettivo), del prestatore, (o di fortuito o di forza maggiore), nessun illecito parte convenuta avrebbe commesso, (e a nessun risarcimento sarebbe consequenzialmente tenuta), ed al ricorrente, nella presenza dei presupposti di legge, (ed in particolare il superamento della soglia del 10% di riduzione della capacità di lavoro, come pare nella specie), competerebbe esclusivamente le prestazioni assicurative Inail. Espressiva del novum apportato in materia dalle predette sentenze della Corte Costituzionale può considerarsi il seguente arresto della Corte Suprema, che, per completezza espositiva pare opportuno integralmente trascrivere: “In tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, a seguito della giurisprudenza della corte costituzionale espressa dalle sentenze n. 87 e n. 356 del 1991, va interpretato non (più) nel senso che l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile comprende il danno biologico, la risarcibilità del quale, come danno differenziale, è possibile solo nell'ipotesi di responsabilità penale, ma nel senso che tale esonero opera nell'ambito della copertura assicurativa e non comprende il danno biologico; peraltro, il risarcimento di tale danno, finché il legislatore non ottemperi ai moniti rivoltigli dalle citate pronunce costituzionali, spetta al lavoratore che può richiederlo autonomamente (e non più a titolo differenziale) al proprio datore di lavoro (indipendentemente della prestazione previdenziale dell'INAIL) - nei casi di infortunio o malattia professionale addebitabile ad una colpa (anche se concorrente e non di rilievo penale) dell'imprenditore, o di qualsiasi suo sottoposto di cui egli debba rispondere civilmente, restando esso escluso (fino all'auspicato intervento legislativo suddetto) in ipotesi di eventi che dipendano da caso fortuito, forza maggiore o da colpa esclusiva dello stesso lavoratore”. Cassazione civile sez. lav., 8 luglio 1992 n. 8325, I principi devono poi coordinarsi can quelli propri del processo civile, che fissa nelle allegazioni inziali, (come eventualmente emendate in seguito alle altrui difese), la causa petendi, con correlativo divieto, in particolare nel rito del lavoro, di nuove allegazioni in itinere, Il ricorrente pare dedurre nel libello che il sedile, (della sedia in questione), deve essere stabile, (ex allegato 7, art 1, lett e, al Dlg n. 626/94 ) e che le attrezzature di lavoro, (per tali intendosi sempre la sedia in questione) dovevano essere oggetto di idonea manutenzione, (ex art 35, comma quattro del medesimo provvedimento normativo) È prospettata quindi una colpa specifica quanto ai due concorrenti profili, di cui supra. Quanto alla colpa specifica, ricade, infatti sul ricorrente l'onere della prova, come suole insegnare la Carte Suprema, non solo in punto a ricorrenza della omissione, (si veda il seguente arresto: “Nei giudizio civile promosso dal lavoratore per il risarcimento del danno derivante da un infortunio subito per responsabilità del datore di lavoro (nell'ipotesi di estinzione del reato) spetta allo stesso lavoratore provare la colpa dell'imprenditore ed in particolare quali norme sulla prevenzione degli infortuni siano state in concreto violate”. Cassazione civile sez. lav., 15 febbraio 1992 n. 1844, Centazzo c. Societal Ponteggi, Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 2) ma anche sull'esistenza del nesso di causalità tra omissione e infortunio ed è solamente che una volta di tali elementi, (esistenza del danno, violazione di una cautela specifica o generica e nesso causale tra questi due elementi - Cass n. 14323/02 - ) sia data la prova che, secondo i principi propri della responsabilità contrattuale, è il datore onerato di dimostrare che l'evento si è verificato per causa a lui non imputabile, (art 1218 cod civ) e quindi di avere adottato tutte le cautele, (specifiche o generiche a seconda del relativo thema decidendum, delimitato in base alle allegazioni attoree ). Orbene, la stabilità del sedile, ad avviso del tribunale, è prescrizione finalizzata alla prevenzione di possibili pregiudizi nell'utilizzo della sedia, (e non al fine di rendere la sedia appoggio fisso cui aggrapparsi in caso di caduta in sua prossimità), anche a prescindere che trattandosi pacificamente, di sedia "a rotelle", a prescindere dalla stabilità dello schienale, funzione di appoggio fisso, comunque, la sedia in questione, non avrebbe potuto svolgere. In ogni caso il "gioco" di due e tre centimetri dello schienale riferito dal teste B. non rappresenta, sempre ad avviso del tribunale, un difetto di stabilità nell'accezione di cui al precetto predetto e non vi sarebbe stato comunque alcun nesso causale per quanto supra riferito in caso in cui, come riferito dal ricorrente al datore in data 31/7/00, (doc n. 3), il medesimo inciampato "nei piedi di una sedia a rotelle sistemata nei paraggi" sarebbe caduto per il predetto difetto di stabilità, non rappresentando per definizione, si ribadisce, una sedia "a rotelle" una solida base di appoggio. Mentre della prospettazione di cui al ricorso, - caduta da seduto o "nel momento in cui (..) stava per sedersi"-, non vi è prova, (e ciò anche non attribuendo alla predetta dichiarazione, rivolta alla controparte - natura confessoria e quindi revocabile solo nella ricorrenza e nella prova degli elementi codicisticamente scanditi - art 2732 cod. civ. -, in ordine ai quali manca, financo, la deduzione). La sedia, poi, non può ritenersi "attrezzatura di lavoro", come emerge dell'incompatibilità di tale stato con le mansioni affidategli. Cassazione civile sez. lav., 22 aprile 1997, n. 3455 Carrera c. Banco Napoli Giust. civ. Mass. 1997, 623 "In tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art 2097 cod civ, la parte che subisce l'inadempimento non deve dimostrare la colpa dell'altra parte, dato che ai sensi dell'art. 1218 c.c. è il debitore-datore di lavoro che deve provare che l'impossibilita della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che subisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile, ma è comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale ed anche le regale di condotta che assume essere state violate, provando che l'asserito debitore ha posto in essere un comportamento contrario o alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede o alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per, tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatore di lavoro. (..)" Cassazione sez.lavoro n. 14469/00 Conclusivamente, ad avviso del tribunale, solo configurando la responsabilità datoriale come oggettiva, sarebbe possibile l'accoglimento delle doglianze attoree. Il mancato assolvimento dell'onere della prova tale sarebbe anche nella contumacia della convenuta. Ma valida deve ritenersi la procura speciale ad litem de qua, ben emergendo la qualifica del conferente, ben intelligibile la sottoscrizione, così come ben successivamente documentati, a fronte della relativa contestazione, i poteri rappresentativi. La particolarità della fattispecie, unitamente alla sussistenza di ragioni di indole equitativa, inducono alla integrale compensazione fra le parti delle spese di lite, ad eccezione di quella della espletata CTU che, liquidate come in atti, vanno poste a titolo definitivo a carico di parte ricorrente. PQM definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta: respinge le domande attoree Pone le spese del CTU liquidate come in atti a titolo definitive a carico di parte ricorrente Dichiara interamente compensate le spese di lite residue Modena, il 4 febbraio 2005 IL GDL Dott. Claudio Bisi Depositato in Cancelleria il 1° marzo 2005