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Sesso coercitivo in prigione - Centro Europeo di Studi di Nisida

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Sesso coercitivo in prigione - Centro Europeo di Studi di Nisida
SESSO COERCITIVO IN PRIGIONE (Coercive sex in prison)
1. Introduzione
La Howard League for Penal Reform1 ha costituito una Commissione indipendente sul sesso in
prigione, formata da eminenti studiosi del mondo accademico, ex direttori penitenziari e sanitari,
focalizzata su tre ampi temi:
1
Organizzazione no profit inglese che lavora per ridurre la criminalità, rendere la società più sicura e ridurre il numero
delle persone in carcere. E’ stata fondata nel 1866 ed è la più antica organizzazione caritatevole inglese; si fonda su
donazioni volontarie e sottoscrizioni dei propri membri. Lavora con il Parlamento ed i media, con i professionisti della
1
sesso consensuale in prigione
sesso coercitivo in prigione
minorenni in prigione.
Si tratta della prima indagine sul sesso all’interno delle carceri condotta in Inghilterra e Galles.
Attualmente vi sono pochi dati affidabili disponibili sull’attività sessuale in prigione, sia quella
consensuale che quella coercitiva e la Commissione si pone lo scopo di capire la natura e l’entità
delle questioni e dei problemi circa il sesso in prigione. Essa cercherà di fornire una serie di
raccomandazioni tese a rendere le prigioni più sicure ed esaminerà anche come la situazione in
Inghilterra e Galles sia diversa da quella di altri paesi, cercando buone pratiche.
La Commissione ha ricevuto testimonianze scritte ed orali da agenzie governative e di
volontariato, direttori penitenziari, detenuti ed ex detenuti. Ha tenuto una serie di seminari ed
ascoltato testimonianze varie provenienti dall’Her Majesty Inspector of Prison (HMIP) e
dall’Ombudsman delle Prigioni e del Probation (PPO), da direttori penitenziari, da staffs del
probation e da membri del mondo accademico.
Questo documento tematico è basato sulle testimonianze verbali e scritte presentate alla
Commissione. I nomi dei detenuti sono stati tutti cambiati per proteggere le loro identità. I
risultati della ricerca basata su interviste ad ex detenuti saranno pubblicati nel 2015.
2. Quanto è diffuso il sesso coercitivo nelle prigioni inglesi e gallesi?
Finora la ricerca sulla coercizione sessuale in prigione è stata minima e priva di studi condotti su
larga scala. Edgar ed altri (2003) hanno scoperto una “routine” pervasiva di vittimizzazione fisica:
meno del 2 % dei 530 uomini che hanno intervistato hanno riferito di essere stati sessualmente
aggrediti mentre erano in prigione, mentre il 3 % ha subito molestie sessuali ed il 2 % ha assistito
ad un’aggressione. I tre quarti dei loro intervistati pensavano che, almeno nel sistema penale
britannico, le violenze sessuali non avvenivano per niente o erano molto rare.
Banbury (2004) ha trovato che di 208 ex detenuti maschi e femmine l’1 % è stato violentato per
via anale o vaginale ed il 5,3 % è stato vittima di sesso forzato. Un ex direttore ha riferito alla
commissione che non possiamo dire che gli abusi sessuali non avvengono in prigione in Inghilterra
e Galles semplicemente perché non lo sappiamo.
Negli USA l’argomento delle aggressioni sessuali in prigione ha ricevuto maggiore attenzione.
Organizzazioni come Human Rights Whatch e Just Detention International hanno lavorato molto
giustizia penale, studenti e membri della società civile, raccogliendo dati e stimolando il dibattito sulla gestione della
Giustizia in Inghilterra e Galles.
2
per raccogliere testimonianze di stupri nelle prigioni americane e per assicurare che il problema
fosse preso seriamente in carico. Nel 2003 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il Prison Rape
Elimination Act che ha portato alla costituzione della Commissione Nazionale per l’eliminazione
degli stupri ed all’introduzione di una politica di tolleranza zero nei confronti delle violenze
sessuali in prigione. L’Ufficio sulle Statistiche Giudiziare degli Stati Uniti ha avuto ordine di
condurre analisi statistiche sugli stupri in prigione ed i dati dell’indagine annuale condotta su un
minimo del 10 % delle prigioni hanno evidenziato che il numero delle aggressioni sessuali
registrate nelle prigioni americane rappresentava soltanto una piccola percentuale del numero
delle aggressioni sessuali effettivamente vissute dai detenuti.
Dati da un’inchiesta nazionale sui detenuti della BJS (2013) hanno riscontrato che il 4 % dei
prigionieri aveva vissuto nell’anno precedente uno o più incidenti di vittimizzazione sessuale da
parte di un altro detenuto o da parte del personale; il 2 % dei prigionieri era stato vittima di atti
sessuali non consensuali con un altro prigioniero o di contatti sessuali non desiderati con il
personale della prigione.
L’Ispettorato Penitenziario di Sua Maestà (Her Majesty Inspectorate of Prison) conduce
un’inchiesta con i detenuti come parte del processo di ispezione. In ciascuna prigione ispezionata,
ad un campione di detenuti viene chiesto se, da quando sono incarcerati, siano stati sessualmente
abusati da un altro detenuto o dal personale del carcere. L’1 % dei detenuti di prigioni di varie
categorie di sicurezza ha risposto di essere stato sessualmente abusato in carcere. L’Ispettorato
ha riferito alla commissione che, data la dimensione del set del database e la consistenza dei dati
raccolti nel tempo, questa cifra dell’1 % può essere considerato statisticamente significativa. Dato
che l’ammontare della popolazione giornalmente detenuta è in media di 85.000 persone, questa
percentuale può essere usata per estrapolare che 850 persone in prigione potrebbero essere
vittime di aggressione sessuale. Visto che più di 165.000 persone arrivano ogni anno in prigione è
possibile che 1.650 persone potrebbero essere sessualmente abusate. Il numero delle aggressioni
sessuali potrebbe essere molto più alto dal momento che le testimonianze indicano che alcune
vittime sono abusate ripetutamente. La percentuale piccola maschera la reale estensione del
problema per l’ampio numero di persone mandate in carcere ogni anno e questo significa che gli
attuali dati potrebbe essere drammaticamente più alti.
Il PPO (Prison and Probation Ombudsman) ha descritto l’aggressione sessuale in prigione come un
“argomento nascosto in un mondo nascosto”. L’Ombudsman ha riferito alla Commissione di aver
ricevuto, durante il periodo 2007-2012, 108 denunce di natura sessuale, delle quali 47 avevano i
requisiti per essere investigati dal PPO. Il report del PPO sull’abuso sessuale in carcere affermava:
L’Ombudsman ha trovato che alcuni comportamenti di abusi sessuali in carcere non sempre sono
presi seriamente in considerazione e la qualità delle investigazioni interne è variabile. Queste
accuse possono anche diventare gravi questioni penali ed il PIO (police intelligence officer, ossia
l’ufficiale delle indagini di polizia penitenziaria) della prigione dovrebbe essere informato
tempestivamente. L’indagine di polizia dovrebbe essere facilitata e, se necessario, incoraggiata.
3
I dati del Ministero della Giustizia (2014) sul numero delle aggressioni sessuali registrate nelle
prigioni inglesi e gallesi rivela che le aggressioni sessuali registrate in prigione sono aumentate
negli ultimi due anni, passando dalle 113 del 2012 alle 169 del 2013. L’incremento si è interamente
registrato nelle prigioni maschili, dove si sono verificate 165 delle 169 aggressioni, che hanno visto
coinvolti detenuti che aggredivano sessualmente dei compagni. In realtà le aggressioni sessuali
registrate conteggiano meno del 2 % di tutte le aggressioni registrate in prigione. Inoltre i dati non
includono il numero delle aggressioni sessuali rilevate messe in atto dal personale sui detenuti.
Non si conosce l’entità delle aggressioni sessuali in prigione non denunciate e quindi non
registrabili. L’inchiesta anonima condotta da BJS negli Stati Uniti ha rivelato che il numero delle
aggressioni denunciate è solo la punta di un iceberg. C’è, perciò, un urgente bisogno di ricerche
che determinino la natura e la portata degli abusi sessuali in carcere in Inghilterra e Galles.
3. Aggressioni sessuali pepetrate da detenuti
Alla Commissione è stato riferito che le aggressioni sessuali in carcere non sono tollerate dal
personale, che non ha mai fatto finta di non vedere. La circolare di istruzioni n. 64/11 del Prison
Service (un’analogo del nostro DAP) Gestione dei detenuti a rischio di autolesionismo, di
aggressioni verso gli altri o da parte degli altri (per una custodia più sicura) recita:
Il National Offenders Management Service (NOMS) – Servizio Nazionale di Gestione dei Detenuti - è
totalmente impegnato in una politica nelle nostre prigioni di tolleranza zero nei confronti della
violenza. La violenza non è accettabile in qualsiasi forma si manifesti. Ognuno ha il diritto di vivere,
lavorare e svilupparsi in un ambiente sicuro e senza la paura di abusi, aggressioni o oppressioni.
Ogni atto di violenza fisica o verbale deve essere contrastato. Devono essere vigorosamente
applicate, in una maniera giusta e coerente, appropriate sanzioni per i responsabili di tali azioni. Le
vittime devono essere supportate e protette.
E’ probabile che la violenza sessuale sia nascosta ed è probabile che le aggressioni sessuali e gli
stupri in carcere siano sottostimati perché non denunciati così come accade anche all’esterno
delle prigioni. Turchik e Edwards (2012) hanno trovato che l’invisibilità e la marginalizzazione delle
aggressioni sessuali maschili erano ampiamente dovute alla perpetuazione dei miti dello stupro
maschile, che includeva che gli uomini “veri” sono capaci di difendersi dallo stupro e solo quelli
gay sono vittime o attori di stupro. La ricerca Stern, condotta dall’Ufficio Governativo sulla Parità e
dal Ministero degli Interni nel 2010, sulle denunce per stupro ha confermato che lo stupro
maschile è ampiamente sottodimensionato in quanto a numero di denunce.
Gli uomini trovano seria difficoltà a parlare di cosa gli è successo a causa del luogo comune che un
uomo dovrebbe essere capace di difendersi da un aggressore. I maschi vittime ‘non riescono
facilmente ad identificarsi come vittime ed a chiedere aiuto’
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C’è un grande mito attorno alle aggressioni sessuali tra uomini, che conduce a molti
fraintendimenti su quel reato e le sue vittime. Questo ha delle conseguenze sul modo in cui il
maschio si percepisce come vittima di reati sessuali e gli impedisce di parlare di cosa gli sia
successo e di ricevere aiuto.
Alla Commissione è giunta evidenza che ci sono state difficoltà addizionali nel denunciare stupri o
aggressioni sessuali in carcere, le stesse difficoltà che esistono anche all’esterno del carcere. La
cultura prevalente all’interno delle prigioni maschili, particolarmente nei padiglioni principali, è
stata spesso descritta come iper-maschilista ed omofobica. Un detenuto, John, ha raccontato alla
Commissione:
Le persone che sono sessualmente aggredite o stuprate in carcere è molto improbabile che dicano
qualcosa perche sono troppo spaventate, sono state traumatizzate e saranno ulteriormente
prevaricate e vittimizzate se parlano. Soprattutto nelle sistema detentivo per minorenni (Young
Offender Institutions) dove vi sono molti carceri minorili che non sono dotati di sezioni protette per
i detenuti più vulnerabili.
Alcuni detenuti hanno riferito alla commissione che non è raro il caso di detenuti che in cambio di
tabacco o altri generi come alcool o droghe si rendono disponibili a fare sesso. Altri usano il sesso
per appianare debiti o transazioni con altri detenuti quando non hanno altro modo per pagare. I
detenuti non hanno accesso diretto al denaro contante che è depositato sui loro conti correnti e
l’acquisto di generi o “sopravvitto” (canteen) dallo spaccio interno è limitata. James ha scritto:
Negli ultimi tre mesi sono stato testimone di un detenuto che adescava e costringeva a prestazioni
sessuali almeno altri due detenuti comprando loro generi allo spaccio oppure dicendo a compagni
che sapevano essere senza tabacco “ ti do del tabacco se mi fai favori sessuali”.
Un altro prigioniero; William, ha raccontato:
La coercizione esiste, come si verificano offerte di tabacco, che sono accettate da parte di chi ne ha
bisogno, in cambio di una rapida gratificazione sessuale. Qualche volta si verificano anche abusi
sessuali.
Un ex detenuto ha riferito alla Commissione di aver visto detenuti vulnerabili essere adescati
sessualmente.
E’ necessaria un’ulteriore ricerca per determinare l’entità delle aggressioni sessuali e degli stupri
in carcere non denunciati e se la prevalenza dei miti sullo stupro maschile impedisca alle vittime di
parlarne apertamente. Devono essere prese delle misure per essere certi che i detenuti possano
chiedere un supporto specialistico o rivelare un abuso confidenzialmente. E’ necessario che Il
personale peniteniziario sia a conoscenza dei segni di un abuso sessuale o di un adescamento
come il prendere di mira ed isolare individui vulnerabili (Survivors Manchester, 2014).
4. Chi è a rischio di aggressioni sessuali in carcere?
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Dati del BJS (Bureau of Justice Statistics) del 2013 hanno dimostrato che negli USA specifici gruppi
di detenuti sono più a rischio di aggressioni sessuali di altri. I risultati di ricerche del BJS svolte nel
2011-2012 hanno trovato che i detenuti non eterosessuali che avevano riferito del loro
orientamento sessuale, come gay, lesbiche, bisessuali o altri, erano tra quelli con i tassi più alti di
vittimizzazione sessuale, come anche i detenuti che avevano avuto esperienza di aggressione
sessuale prima di entrare in carcere, i detenuti che erano dentro per reati sessuali violenti ed i
detenuti con una storia di malattia mentale. I tassi di abuso erano più alti nei carceri per minori;
nel 2012 il 9,5 % dei detenuti minorenni avevano avuto esperienza di abuso sessuale in carcere ed
il 70-80% di essi ha riferito di essere stato abusato dal personale penitenziario. Lo Special
Rapporteur sulla tortura al Consiglio dei Diritti Umani (Nazioni Unite, 2001) ha trovato
In particolare, le persone transessuali e transgender, specialmente i reclusi transessuali da
maschio a femmina, sono considerate ad alto rischio di abuso fisico e sessuale da parte dei
poliziotti penitenziari e dei compagni detenuti se sistemati nelle sezioni detentive comuni delle
carceri maschili.
La commissione ha ricevuto evidenza di ciò da parte di un transgender detenuto in uno
stabilimento detentivo maschile:
Mentre aspettavo di essere visitato dal medico c’è stato un detenuto che mi ha abbassato i jeans
da donna di fronte ad altri compagni ed agli infermieri di turno per vedere che tipo di biancheria
intima femminile indossavo. Poi un infermiere mi ha portato dentro una stanza dell’ambulatorio in
modo che io potessi risistemarmi e calmarmi lontano da quell’ordalia.
Il detenuto ha dichiarato di essere stato sottoposto ad aggressioni e molestie sessuali,
intimidazioni e soprusi da parte del personale della prigione. Ella ha riferito alla Commissione che
il direttore del carcere si è rifiutato di indagare sull’abuso e di informare la polizia come da lei
richiesto.
L’impatto della paura di abusi sessuali non dovrebbe essere ignorato. I detenuti vulnerabili che
sono a maggior rischio di abuso sessuale in carcere possono essere terrorizzati ma non
comunicare a nessuno i loro sentimenti di vulnerabilità. Ragazzi che si ‘contraddistinguono’ per un
diverso orientamento sessuale e sono assegnati a prigioni che ospitano adulti sono
particolarmente vulnerabili ad abusi sessuali e possono essere pieni di ansia e paura. Le prigioni
dovrebbero tener conto di come identificare, supportare e rispondere ai bisogni dei detenuti
vulnerabili inclusi quelli a maggior rischio di abuso sessuale durante la reclusione.
5. Prevenire l’abuso sessuale in prigione
Il personale penitenziario ha il dovere di prevenire la violenza, incluso la violenza sessuale nei
confronti dei detenuti. Ciascuna prigione deve avere un ‘coordinatore per la riduzione della
violenza’ (CRV) che segue costantemente gli andamenti delle violenze nella prigione e le risposte
agli incidenti violenti, alle vittime ed ai carnefici. La circolare di istruzioni n. 64/11 del Prison
6
Service ‘Gestione dei detenuti a rischio di autolesionismo, di aggressioni verso gli altri o da parte
degli altri’ recita:
Il CRV coopera con la polizia penitenziaria ed i direttori della struttura per assicurare che quei
detenuti a rischio di aggredire o di essere aggrediti siano opportunamente identificati ed il loro
rischio gestito.
Buone relazioni tra personale e detenuto sono fondamentali per la gestione di carceri sicure e
decenti. Esse sono essenziali per la gestione e la riduzione dell’autolesionismo e della violenza.
Il Servizio Nazionale di Gestione dei Detenuti riconosce che collocare più di un detenuto in una
cella comporta un rischio. Le prigioni devono attenersi alle procedure di ‘Valutazione del Rischio
della Condivisione di Cella’ quando valutano il rischio che un detenuto comporti nei confronti di un
altro detenuto in una cella chiusa o in un altro spazio chiuso non supervisionato. I detenuti che
sono stati condannati per stupro o gravi aggressioni sessuali nei confronti di un adulto dello stesso
sesso sono considerati ad alto rischio.
Alcune prigioni selezionano e formano dei detenuti a supportare i detenuti nuovi giunti durante la
fase di inserimento. I membri della Commissioni hanno raccolto preoccupazioni sul fatto che la
rivelazione di informazioni sensibili, quali il reato di una persona o la sua sessualità, potrebbero
rendere i detenuti nuovi giunti più vulnerabili ad abusi sessuali da parte degli altri.
Dati ottenuti dalla Howard League for Penal Reform (2013) rivelano che nell’anno economico
2012-2013 una media di 19.194 detenuti hanno condiviso celle progettate per una persona. Altri
777 detenuti hanno condiviso la stessa cella in tre. Parallelamente all’aumento del
sovraffollamento nelle prigioni maschili è cresciuto anche il numero delle aggressioni sessuali da
parte di detenuti maschi denunciate. Mettere insieme detenuti in una cella certamente aumenta
la possibilità che si verifichino abusi sessuali, al di fuori della visuale delle telecamere di controllo
del personale della prigione.
La Commissione ha avuto conferma dall’Associazione dei Poliziotti Penitenziari che tagli degli
organici del personale e sovraffollamento nelle carceri hanno determinato contraccolpi sulle
relazioni staff-detenuti. Riduzioni del numero dei contatti tra poliziotti e detenuti potrebbe
rendere più difficile per lo staff identificare i detenuti a rischio di aggressione sessuale o prevenire
o indagare su aggressioni sessuali in carcere.
6. Indagare sulle aggressioni sessuali in carcere
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L’ordine n. 1330 del Prison Service: Indagini stabilisce che il personale della prigione ha l’obbligo di
condurre un’indagine formale su qualsiasi incidente che abbia conseguenze maggiori o determini
seri danni ad una persona.
Indicazioni del Crown Prosecution Service (Procura della Repbblica) prevedono:
I Direttori Penitenziari sono stati informati che dei seguenti reati deve essere informata la Polizia:
stupro e tentato stupro;
violazione sessuale personale diversa dallo stupro ma dove la vittima è particolarmente
vulnerabile o vi è stata violenza o minaccia di violenza.
Un avvocato che ha fornito alla Commissione la sua testimonianza ha riferito che raramente un
detenuto chiede al suo difensore di sostenerlo nel caso di un abuso sessuale. I detenuti avevano
precedenti penali ed in genere non veniva loro concessa alcuna compensazione dallo ‘schema di
compensazione per i danni penali’ (criminal injuries compensation scheme) per essere stati vittima
di un’aggressione. La sentenza Stenning contro il Segretario di Stato per il Ministero dell’Interno
(2002) EWCA Civ 793 ha posto una soglia alta per la responsabilità nei casi civili concernenti
aggressioni da parte di detenuti.
La Commissione ha raccolto testimonianza che i detenuti alcune volte volevano denunciare un
reato ma la polizia non ha indagato su di esso. Un avvocato ha riferito che il coinvolgimento della
polizia in casi di aggressioni sessuali in carcere era deludente sebbene unità specializzate in reati
sessuali, come le unità della Polizia Metropolitana di Sapphire, il cui compito primario è quello di
indagare su stupri ed altri gravi violenze sessuali e fornire assistenza e supporto alle vittime, ha
dimostrato di saper fornire risposte immediate e di essere disponibile ad indagare casi di
aggressioni sessuali in carcere.
La Howard League nel 2013 ha ottenuto informazioni sul numero di aggressioni sessuali per le
quali la polizia è stato chiamata ad indagare in prigione nel 2012 in Inghilterra e Galles: 91. Nello
stesso anno il Servizio Nazionale di Gestione dei Detenuti ha registrato 113 denunce di aggressioni
sessuali in carcere.
Case study 1: sentenza EWHC 1816 riguardante N. M. contro il Segretario di Sato per la Giustizia
Gli avvocati della Howard League hanno difeso un giovane uomo che riferiva di essere stato stuprato ed aggredito
sessualmente varie volte in differenti prigioni. La richiesta di revisione giudiziaria della decisione del Segretario di
Stato per la Giustizia di non indagare una delle aggressioni in una prigione è stata respinta.
N. M. è un uomo di 24 anni con difficoltà di apprendimento. Egli ha riferito ai legali della Howard League di
essere stato stuprato e sessualmente aggredito dal suo compagno di cella nel 2007. Contro il suo aggressore non è
stata avviata alcuna azione giudiziara. N. M. è stato trasferito in un’altra prigione nel 2007 e trasferito
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nuovamente nel 2010. Le note del suo fascicolo rivelano che due detenuti avevano informato lo staff che N. M. era
stato sessualmente insidiato da un altro detenuto nel 2010.
Nel 2010 N. M. riferì al padre per telefono che un amico in prigione lo aveva ‘afferrato per le parti basse’. Il
padre telefonò in prigione e lo riferì allo staff. N. M. denunciò l’episodio allo staff e disse che avrebbe preferito che
fosse coinvolta la polizia. N. M. e l’autore dell’aggressione, che inizialmente sosteneva che il palpeggiamento
fosse consensuale, furono interrogati dallo staff della prigone. N. M. presentò una dichiarazione scritta che
affermava:”La ragione per cui non ho detto niente per cosi tanto tempo è che ero terrorizzato. Sentivo che lo staff
non mi avrebbe creduto. Lui mi aveva intimato di non dirlo a nessuno”. Non vi erano testimonianze indipendenti e
l’aggressione era avvenuta nella cella di N. M. che non era coperta da videosorveglianza.
La polizia fu informata dell’incidente due mesi dopo che N. M. aveva manifestato la sua chiara volontà che essa
fosse coinvolta. In seguito a discussioni con l’ufficiale di polizia di collegamento, N. M. riferì di non voler più il
coinvolgimento della polizia ma di volere che la prigione si occupasse di quanto accaduto. Il detenuto che aveva
toccato il pene di N. M. ammise l’aggressione e fu punito con tre giorni di isolamento in cella.
Case study 2
Un teenager che per errore era stato messo in un carcere per adulti è stato violentato da un altro detenuto nelle
docce. In seguito all’aggressione, egli è stato trasferito in un istituto per minori dove ha messo in atto diversi
tentativi di suicidio. Nonostante l’innegabile evidenza a riguardo dell’aggressione, incluso l’impatto che essa aveva
sortito sul suo equilibrio mentale, non c’è stata alcuna indagine di polizia e gli avvocati hanno valutato non
percorribile un ricorso in sede civile.
Case study 3
Un detenuto in un carcere a gestione privata è stato stuprato durante una r5ivolta ed ha contratto l’HIV in
seguito all’aggressione. A riguardo della data dell’aggressione c’è stato un riscontro medico specialistico.
L’indagine di polizia sull’accaduto è stata molto lenta ed il responsabile dell’aggressione è stato espatriato prima
che il processo avesse inizio. Un ricorso civile è stato depositato prima del processo penale.
I case studies hanno messo evidenziato i problemi chiave che i detenuti incontrano nel denunciare
un’aggressione sessuale, quando ottengono un’indagine di polizia o l’avvio di un procedimento
penale:
I detenuti posso essere riluttanti a denunciare un’aggressione sessuale. Possono aver paura
delle rappresaglie da parte degli altri detenuti o essere convinti che il personale non dia
loro credito.
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E’ più probabile che le aggressioni sessuali in prigione avvengano dove non ci sono
testimoni neutrali o copertura da parte di sistemi di videosorveglianza.
Può essere molto difficoltoso stabilire se atti sessuali tra detenuti siano consensuali o
coercitivi.
Non sempre la polizia è informata di un aggressione sessuale in prigione e vi possono
essere ritardi nelle indagini di polizia o nella raccolta di prove processualmente valide.
La popolazione detentiva è spesso in transito e vittime e carnefici possono essere trasferiti
prima che un’indagine sia condotta o completata.
7. Il supporto per le vittime di aggressioni sessuali
La già citata circolare di istruzioni n. 64/11 del Prison Service riconosce che le vittime di violenza in
carcere hanno bisogno di sostegno. Essa stabilisce:
E’ vitale che i sistemi siano in grado di supportare le vittime. Il sostegno disponibile dovrebbe
essere appropriato al torto o all’ingiuria subita. Dove è possibile si raccomanda che le vittime siano
informate sui risultati di qualsiasi azione messa in atto in seguito all’incidente.
La circolare stabilisce che ‘le vittime di un’aggressione possono diventare essi stessi carnefici,
quindi un supporto efficace può essere visto sia come una misura preventiva che di supporto’.
Essa fornisce una guida per riconoscere le vittime di aggressione in carcere, ma non si riferisce
specificamente a vittime di violenza sessuale e non include una guida su come supportare i
detenuti che hanno subito un’aggressione sessuale. Alcune delle misure positive suggerite nella
circolare, come incoraggiare ‘le vittime a riflettere sul loro stesso comportamento che può aver
portato ad atti di violenza’, potrebbero risultare assolutamente inutili nel sostenere vittime di
violenza sessuale.
In seguito ad una’aggressione sessuale è fondamentale che siano immediatamente accessibili
medici specialistici e servizi forensi per conservare qualsiasi prova processualmente valida.
Comunque alla Commissione sia le vittime che i loro legali hanno riferito che potevano verificarsi
ritardi nel contattare la polizia o nel raccogliere e conservare prove valide.
Penal Reform International e l’Associazione per la Prevenzione della Tortura (2013) hanno
stabilito:
Tenuto conto della paura di rappresaglie se essi denunciano simili atti di violenza (sessuale) alle
autorità, ai detenuti dovrebbe essere fornita anche l’opzione, quando denunciano un abuso
sessuale in prigione, di usare confidenzialmente sia una procedura di denuncia interna che una
esterna. I reclusi che sono vittime di abusi sessuali dovrebbero ricevere tempestivamente
trattamenti medici e consulenze psicologiche.
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Il personale penitenziario dovrebbe ricevere un’apposita guida su come supportare vittime di
aggressioni sessuali. A tutte le vittime deve essere offerto, tempestivamente, uno specialista
confidenziale ed un supporto adeguato ed il personale deve essere attento a coinvolgere subito
servizi specialistici per conservare prove legalmente valide nel caso si sia alla ricerca di soluzioni
legali in futuro. Alle vittime di aggressioni sessuali dovrebbe essere offerto un consulenza legale.
E’ una buona pratica rimettere alla polizia tutte le accuse di aggressioni sessuali se la vittima lo
richiede e non soltanto se la vittima è una persona vulnerabile.
8. Abusi sessuali da parte del personale
Al personale penitenziario non è permesso di avere rapporti sessuali con i detenuti. La circolare
1215 della Prison Service Organitation recita:
Il personale deve avere particolare cura nell’essere sicuri che le loro relazioni con detenuti, ex
detenuti e loro amici e parenti non siano aperte ad abusi, rappresentazioni fuorvianti o
sfruttamento da entrambe le parti.
Negli Sati Uniti relazioni sessuali tra personale e detenuti sono sempre considerate coercitive. La
Commissione Nazionale per l’Eliminazione dello Stupro (2009-2013) ha stabilito in modo
inequivocabile che ‘lo squilibrio di potere tra staff e detenuti vizia la possibilità di consenso
significativo’.
La commissione ha udito che non c’erano ufficiali che si occupavano a tempo pieno di corruzione
nell’amministrazione penitenziaria e che le indagini su relazioni coercitive tra staff e detenuti sono
venivano meno dopo l’ingresso della polizia per le indagini penali.
Le prigioni sono istituzioni chiuse che contengono persone che sono vulnerabili ad aggressioni
sessuali, incluse quelle che sono state precedentemente abusate sessualmente, persone con
difficoltà di apprendimento o disabilità e minori e giovani adulti che sono stati in cura o sono
marginalizzati. Il personale di un carcere maschile o femminile può abusare della sua posizione di
potere ed approfittare sessualmente di coloro che sono loro affidati. Un detenuto, Mark, ha
raccontato alla Commissione:
Quando avevo 16 anni sono stato mandato in un istituto penale per minorenni per 8 mesi.
Mentre ero lì ho avuto giornalmente rapporti sessuali con un poliziotto penitenziario di 32 anni.
Allora lo trovavo divertente ma ora ripensandoci mi meraviglio di come questo può accadere, tu
penseresti di poter avere fiducia di queste persone.
Non si sa se l’abuso da parte di personale penitenziario sia raro, diffuso o sistemico. Nel 2003 l’ex
poliziotto penitenziario Neville Husband è stato condannato per abusi sessuali nei confronti di
cinque ragazzi detenuti al Medomsley detention centre di Durham tra il 1974 ed il 1984. Nel 2005
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la condanna di Husband è aumentata a 10 anni dopo che si sono fatte avanti nuove vittime e lui ha
ammesso violenze nei confronti di altri quattro ragazzi. Il Ministero della Giustizia ha riferito al
Guardian che alla fine degli anni 70, alcuni detenuti nel Medomsley detention centre sono stati
fisicamente e sessualmente abusati da Neville Husband. Comunque il 28 Marzo 2014 il Guardian
riportava:
La Polizia che ha investigato sugli abusi sessuali al detention centre di Durham riferisce di aver
scoperto un giro organizzato di pedofilia che ha interessato negli anni 70 ed 80 più di 500
potenziali vittime.
Ora si sa che Neville Husband ha iniziato i suoi abusi quando lavorava nel carcere di Portland che
allora ed ora ospita ragazzi adolescenti. In risposta agli abusi perpetrati da Neville Husband,
l’ispettore capo delle Prigioni di Sua Mestà ha dichiarato al Guardian nel 2012:
Sarebbe pericolosamente compiacente immaginare che queste cose avvenivano soltanto in
passato. C’è sempre il pericolo che in istituzioni chiuse –siano esse prigioni, comunità per minori o
ospedali- comportamenti abusivi da parte del personale diventino norma accettata. Abbiamo
bisogno di riconoscere la vulnerabilità intrinseca nella situazione di ogni detenuto.
Una ricerca condotta dal Bureau of Justice Statistics degli Stati Uniti ha rivelato che gli abusi
sessuali ad opera del personale penitenziario sia maschile che femminile nelle prigioni USA erano
molto più diffusi di quanto se ne fosse a conoscenza, particolarmente nelle carceri per minorenni.
Il National Offenders Management Service (NOMS) deve riconoscere la vulnerabilità intrinseca dei
detenuti. Non bisognerebbe presumere che solo perché i detenuti non denunciano abusi da parte
del personale, gli abusi non avvengono.
9. Conclusioni
C’è un urgente bisogno di determinare la natura e l’entità dell’abuso sessuale in Inghilterra e
Galles. L’approvazione del Prison Rape Elimination Act nel 2003 negli USA e l’analisi statistica dei
dati annuali sugli abusi sessuali in prigione da parte del Bureau of Justice Statistics hanno rivelato
l’entità degli abusi nelle prigioni USA. Si è visto che le aggressioni sessuali denunciate costituiscono
solo una piccola percentuale delle aggressioni sessuali vissute dai detenuti.
Le limitate ricerche condotte sulle aggressioni sessuali nelle prigioni inglesi e gallesi suggeriscono
che ci possono essere parallelismi tra le esperienze dei detenuti negli USA e quelle dei detenuti in
Inghilterra e Galles. Il governo inglese dovrebbe condurre delle ricerche sulle aggressioni sessuali
in carcere, tenendo in considerazione i particolari sforzi fatti negli USA per riconoscere il problema
e prevenire l’abuso con l’approvazione del PREA.
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Il numero delle aggressioni in carcere denunciate in Inghilterra e Galles è aumentato da 113 nel
2012 a 169 nel 2013 ed è il numero più alto registrato dal 2005. Il numero dei detenuti denunciati
per aggressioni sessuali a danno di compagni è cresciuto del 54% in un anno. Comunque va
considerato che il numero delle aggressioni sessuali in prigione denunciate può non rivelare la
reale entità dell’abuso sessuale. La sottocultura detentiva, soprattutto nelle prigioni maschili, può
rappresentare un fattore significativo per spiegare la riluttanza dei detenuti a rivelare di essere
stati vittime di aggressioni sessuali. Il personale penitenziario deve riconoscere che le aggressioni
possono avvenire in carcere e che le accuse di stupro o di aggressione dovrebbero essere prese in
seria considerazione. I detenuti che sono aggrediti sessualmente dovrebbero avere lo stesso
accesso alla giustizia delle persone in libertà.
I detenuti gay e transgender hanno maggiore probabilità dei detenuti eterosessuali di affrontare la
vittimizzazione sessuale. La paura di un’aggressione sessuale può prevalere maggiormente tra
certi gruppi di detenuti ed il suo impatto non dovrebbe essere ignorato. Anche la confidenzialità
deve essere mantenuta per le vittime di aggressioni sessuali. Le prigioni devono identificare,
supportare e rispondere ai bisogni dei detenuti vulnerabili a maggior rischi di abuso sessuale in
detenzione.
Il Ministero della Giustizia dovrebbe mettere in campo nuovi sistemi per incoraggiare le vittime di
aggressioni sessuali a denunciare gli abusi. Le prigioni devono fornire dei servizi specialistici di
sostegno per le vittime di aggressioni sessuali e per il personale dei corsi di formazione sulla
prevenzione e l’investigazione di aggressioni sessuali. I detenuti dovrebbero avere accesso
immediato a trattamento sanitario, servizi legali e counseling specialistico in seguito ad
un’aggressione sessuale. La polizia dovrebbe essere contattata se la vittima lo richiede.
Mettere due detenuti in una cella singola espone le persone a rischio di abuso sessuale ed è
contrario agli standards internazionali previsti dalle regole minime delle nazioni Unite e dalle
norme detentive europee. Nessun detenuto dovrebbe essere costretto a condividere una cella.
Molti detenuti sono intrinsecamente vulnerabili ad abusi sessuali e sfruttamento. Le istituzioni
chiuse, incluse le carceri, spesso non sono aperte ad uno scrutinio più ampio ed i detenuti possono
essere più suscettibile ad abusi d parte dello staff. I detenuti possono avvertire che il personale o
la polizia non li crederà se essi denunciano un abuso. Tutto il personale detentivo deve ricevere
una formazione su come riconoscere i segni di un abuso o di un insidia sessuale e le prigioni
devono incoraggiare una cultura dove personale e detenuti siano incoraggiati ad andare avanti se
sospettano un abuso.
Una lista completa delle fonti è disponibile sul website della Howard League all’indirizzo:
http://www.howardleague.org/publications-prisons/.
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Punti chiave della relazione
Le ricerche condotte sull’abuso sessuale in carcere sono minimali e la natura e l’estensione
del problema non sono conosciute
La violenza sessuale in carcere è nascosta e sottorappresentata
Una ricerca condotta da Banbury nel 2004 ha trovato che l’1 per cento dei detenuti erano
stati stuprati ed il 5,3 per cento erano state vittime di sesso coercitivo
Dati annuali forniti dall’Ufficio Statistiche del Ministero della Giustizia mostrano che il 2 per
cento dei detenuti negli USA sono state vittime di un atto sessuale non conosensuale ed il 4
per cento è stato vittimizzato sessualmente
Dati dell’ Her Majesty Inspector of Prison mostrano che l’un per cento dei detenuti hanno
denunciato di essere stati sessualmente abusati in prigione. Estrapolando dalla
popolazione detentiva complessiva e dai dati riguardanti gli ingressi, questo significa che
tra 850 e 1650 detenuti potrebbero essere vittime di aggressioni sessuali mentre ristretti.
Dati del Ministero della Giustizia mostrano che il numero di aggressioni sessuali in prigione
denunciate sono aumentate nel 2013 ed ora sono al livello più alto dal 2005
I detenuti gay e transgender corrono il rischio più alto di aggressione sessuale rispetto ai
detenuti eterosessuali
Buone relazioni tra personale e detenuti sono fondamentali per prevenire l’abuso sessuale.
Tagli al personale e sovraffollamento possono inficiare relazioni professionali e mettere i
detenuti a rischio
Le indagini su aggressioni sessuali possono essere lente e la polizia non viene notificata di
routine a riguardo di accuse di abuso
Le prigioni sono istituzioni chiuse. E’ compiacente desumere che sfruttamenti sessuali ed
abusi da parte del personale non avvengono mai in prigione.
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