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La causa del contratto - Università degli Studi di Firenze

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La causa del contratto - Università degli Studi di Firenze
La causa del contratto nell’esperienza giuridica italiana otto – novecentesca.: dallo “scopo
individuale” dei contraenti alla “funzione economico-sociale” del contratto.
La causa del contratto è da sempre un tema assai dibattuto, tanto che autorevole dottrina (Ferrara F.
Jr, Teoria dei contratti, Napoli, 1940, p. 127) l‟ ha definita come un “oggetto vago e misterioso”,
ben esprimendo la difficoltà incontrata dall‟interprete nell‟affrontare lo studio concernente il
problema dell‟elemento giustificativo della convenzione e soprattutto quello di doverne fornire una
chiara definizione.
Il codice vigente non ha facilitato il lavoro dell‟interprete, non prevedendo alcuna norma volta a
definire la causa del contratto. L‟articolo 1325 la elenca, infatti, tra i requisiti essenziali del
contratto stesso e, nella sezione II del capo II del libro IV, è oggetto di tre specifiche norme (quelle
degli articoli 1343 – 1345), la prima delle quali è riferita alle ipotesi di sua illiceità, la seconda a
quel particolare tipo di causa illecita che ricorre quando la pattuizione è posta in essere per eludere
una disposizione di legge, mentre la terza è rivolta a regolare il caso del motivo comune ai
contraenti, determinante per la formazione del loro consenso, ma contrario ad ordine pubblico,
norme imperative e buon costume.
Tutti gli articoli appena citati si collegano al disposto dell‟art. 1418, che al comma primo sanziona
con la nullità la contrarietà del contratto alle norme imperative (risultando, quindi, applicabile anche
alle ipotesi appena viste di illiceità della sua causa) e, al secondo comma, prevede la medesima
sanzione per le ipotesi di mancanza della causa o per la presenza di un motivo illecito comune ai
contraenti e determinante del loro consenso.
Tale quadro normativo, caratterizzato dalla totale assenza di una definizione di causa accolta dal
codice, ha determinato inevitabilmente lo sviluppo di un acceso dibattito dottrinale sul senso e sulla
portata del concetto stesso di causa nel nostro ordinamento, dibattito che, lungi dall‟essersi nel
tempo esaurito, ha anzi ultimamente ripreso vigore soprattutto a causa del recente orientamento
della Corte di Cassazione la quale, dopo decenni di pacifico riconoscimento del concetto oggettivo
di causa come funzione economico-sociale del contratto, ha invece optato per l‟opposta concezione
soggettiva di essa, quale “funzione individuale” della convenzione (teoria della “causa concreta”).
Come già evidenziato poco sopra, se l‟entrata in vigore dell‟attuale codice che non contempla
alcuna definizione di causa è stata foriera di un inevitabile acceso dibattito, in realtà le origini di
esso sono ben più datate. Altrettante discussioni, infatti, erano state sollevate dalla “causa” anche in
vigenza del codice del 1865.
Nel codice liberale, la causa viene riferita all‟obbligazione e non al contratto propriamente inteso:
l‟art. 1104 poneva, infatti, la sussistenza di una “valida causa per obbligarsi” fra i requisiti per la
validità delle stipulazione e l‟art. 1119, in accordo con questa disposizione, considerava del tutto
inefficace “l‟obbligazione senza causa o fondata su causa illecita”.
Modellato, come noto, sul codice francese del 1804, anche sul tema della causa il codice del 1865
era a quest‟ultimo profondamente ispirato, quasi traducendo, con le previsioni appena citate, gli
articoli 1131 e 1132 del code civil.
Sulla scorta delle disposizioni del codice, la dottrina di gran lunga dominante, sia in Francia che in
Italia, intendeva la causa in senso “soggettivo”: essa veniva fatta coincidere essenzialmente con lo
scopo individuale del contratto, lo scopo, in altri termini, in vista del quale la parte si obbligava, la
motivazione del consenso della parte ad obbligarsi (in tal senso, Capitant, De la cause des
obligations, Parigi, 1927, pp. 19 ss.; Giorgi, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano,
III, Firenze, 1885, p. 43 ss, p. 717 ss).
Questo l‟orientamento prevalente in dottrina. Non mancarono, però, voci fuori dal coro. Già in
vigenza, infatti, del codice liberale, la concezione soggettiva della causa fu oggetto di forti critiche.
Tale ricostruzione era, infatti, accusata di essere portatrice di confusione fra uno dei requisiti
oggettivi del contratto (la causa, appunto) e l‟elemento soggettivo consistente nella volontà delle
parti. Questa dottrina minoritaria, ma tenace, ribadiva come la causa sia un antecedente storico della
volontà, che da essa non può in alcun modo dipendere, non potendo essere vista come il motivo per
cui la parte agisce, ma, semmai, come il motivo in virtù del quale l‟ordinamento riconosce e
sanziona giuridicamente il rapporto che le parti hanno posto in essere (Bonfante, Il contratto e la
causa del contratto, in Riv. dir. comm., 1908, II, pp. 115 ss.).
In realtà, non mancava chi, pur considerando ancora la causa in chiave soggettiva come il motivo
ultimo che induce le parti alla contrattazione, arrivava ad affermare che tale motivo ultimo si
risolveva nella natura intrinseca e nella finalità economico – giuridica del contratto stesso, che non
poteva in alcun modo essere confusa con i “motivi” che inducono il singolo contraente alla
stipulazione (De Ruggiero, Istituzioni di diritto civile, Messina, 1929, 266-273; Scialoja, Negozi
giuridici, Roma, 1933, 88-90).
Ciò che rilevava, per questa dottrina, era in effetti l‟“utilità sociale” del contratto, del singolo tipo
contrattuale, la necessità, in altri termini, che l‟effetto del contratto si giustificasse in virtù di una
sua “funzione economico-sociale” e non meramente individuale (De Gennaro, I contratti misti,
Padova, 1934, 19 - 39).
L‟abbandono definitivo della teoria soggettiva a favore della concezione oggettiva della causa quale
funzione economico-sociale del contratto avviene, però, solo successivamente all‟entrata in vigore
del codice del 1942. Nonostante la mancanza di una definizione codicistica di causa, la scelta del
Legislatore sembra chiara. Nel paragrafo 613 della Relazione che accompagna il codice si legge,
infatti, che sono ormai maturi i tempi per il superamento dell‟esegesi che vede nella causa lo scopo
soggettivo perseguito dai contraenti nel caso concreto e, conseguentemente, per configurare tale
elemento come la funzione economico – sociale che il diritto riconosce come rilevante e che
giustifica la tutela apportata alla stipulazione intesa come atto esplicativo dell‟autonomia privata.
E‟, infine, ad Emilio Betti (Teoria Generale del negozio giuridico, Milano, 1951; ma anche la voce:
Causa del negozio giuridico, in Novissimo Digesto Italiano, III, Torino, 1957, pp. 32 ss.), che si
deve la migliore formulazione della teoria oggettiva della causa, definita dall‟autore come la
“funzione sociale dell‟intero negozio”, dei cui elementi essenziali e costitutivi rappresenta la sintesi.
La definizione formulata da Betti viene accolta pacificamente anche della giurisprudenza di
legittimità.
A partire dagli anni „60 sono, però, state mosse alla teoria oggettiva della causa varie critiche in
dottrina, alcune delle quali di stampo più politico che giuridico, volte a ritenere la causa intesa in
senso oggettivo come mezzo grazie al quale lo stato fascista poteva attuare una sorta di politica
dirigistica dell‟economia nazionale.
La ricerca che s‟intende svolgere sarà finalizzata prioritariamente all‟analisi del passaggio dalla
teoria soggettiva della causa del contratto alla teoria oggettiva nell‟ambito dell‟esperienza italiana.
Ciò implicherà, in primo luogo, lo studio delle origini della teoria soggettiva, con particolare
attenzione alla scelta del codice francese, modello ispiratore del codice del 1865, ed al dibattito
dottrinale relativo. La prima parte del lavoro sarà incentrata sull‟analisi del dibattito dottrinale
precedente e successivo all‟entrata in vigore del codice liberale, con particolare riguardo alla
dottrina “dissenziente”, già orientata verso l‟accoglimento della concezione oggettiva della causa.
La seconda parte sarà, invece, dedicata al passaggio “definitivo” alla teoria oggettiva, coincidente
con l‟entrata in vigore del codice del 1942, con particolare attenzione non solo al dibattito
dottrinale, ma anche all‟evoluzione dell‟orientamento giurisprudenziale sul tema. S‟intende in
questa fase approfondire la fondamentale elaborazione della causa quale funzione economicosociale del contratto di Emilio Betti, al quale si deve un apporto decisivo per l‟accoglimento
definitivo della teoria oggettiva.
Infine, si cercherà di approfondire la c.d. teoria della “causa concreta”, di recente affermatasi in
giurisprudenza, con l‟obbiettivo di comprenderne la portata in termini di effettivo “ritorno” (o
meno) alla concezione soggettiva della causa.
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F.to Il Responsabile del progetto
(Prof. Paolo Cappellini)
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