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LA RESPONSABILITA` CIVILE, AMMINISTRATIVO

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LA RESPONSABILITA` CIVILE, AMMINISTRATIVO
LA RESPONSABILITA’ CIVILE, AMMINISTRATIVO-CONTABILE
E PENALE DEI PUBBLICI DIPENDENTI.
di Vito Tenore
Consigliere della Corte dei Conti
Professore presso la SNA (*)
(*) Lo scritto è uno stralcio del volume TENORE, Il Manuale del pubblico impiego privatizzato, ed EPC, 2015, che
verrà presentato il 25 novembre ore 15.00 presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione di Roma.
SOMMARIO: 1. Le cinque responsabilità del pubblico dipendente: profili generali. – 2. La
responsabilità civile della p.a. (extracontrattuale, contrattuale e precontrattuale) e dei suoi
dipendenti: profili generali e fonti normative. La responsabilità da “contatto sociale”. – 2.1. La
responsabilità extracontrattuale della p.a. La solidarietà passiva tra p.a. e suoi dipendenti e i limiti al
principio: l’occasionalità necessaria con i compiti d’istituto e la cesura del rapporto organico.
- 3. La responsabilità amministrativo-contabile del pubblico dipendente: fonti normative (l.14
gennaio 1994 n.20), profili generali e distinzione tra illecito amministrativo e illecito contabile. –
3.1. Portata della giurisdizione contabile (su dipendenti di enti pubblici economici e di società a
partecipazione pubblica). – 3.2. L’autore del danno e il rapporto di impiego o di servizio con la p.a.
– 3.3. La non responsabilità degli organi politici in buona fede. – 3.4. La condotta dannosa: attiva ed
omissiva, vincolata e discrezionale.– 3.5. Il concorso di persone nella causazione del danno.
L’imputazione dell’addebito e il beneficium excussionis.
1. Le cinque responsabilità del pubblico dipendente: profili generali.
Il pubblico dipendente nell’esercizio delle proprie funzioni, può astrattamente incorrere in
cinque fondamentali responsabilità1: quella civile (se arreca danni a terzi, intranei o estranei
all’amministrazione, o alla stessa p.a.), penale (se delinque), amministrativo-contabile (se arreca un
danno erariale alla p.a.), disciplinare (se viola obblighi previsti dal c.c.n.l., da legge o dal codice di
comportamento novellato dalla l. n.190 del 2012) e dirigenziale (per il solo personale dirigenziale
che non raggiunga i risultati posti dal vertice politico o si discosti dalle direttive dell’organo
politico).
La privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ha ex novo regolamentato sia la
responsabilità disciplinare (art.55, co.3 seg., d.lgs.30 marzo 2001 n.165), devolvendo alla
contrattazione collettiva la materia, sia la responsabilità dirigenziale (art.21, d.lgs. n.165 cit.),
mentre non ha innovato la previgente disciplina sulle tre restanti responsabilità, ovvero quella
civile, penale ed amministrativo-contabile, per le quali viene testualmente richiamata la relativa
disciplina legislativa di settore ad opera dell’art.55, co.1, d.lgs. n.1652.
1
Sul tema v. TENORE, PALAMARA, MARZOCCHI BURATTI, Le cinque responsabilità del pubblico dipendente,
Milano, 2013.
2
Recita l’art.55, co.1, d.lgs. n.165 del 2001: “Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina
attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche”.
1
Nei Capitoli VI e X vengono puntualmente analizzate la responsabilità disciplinare e quella
dirigenziale. In questa sede vanno dunque trattate le restanti tre responsabilità, ovvero quella civile,
quella amministrativo-contabile e quella penale.
Giova premettere che tali cinque responsabilità non sono tra loro incompatibili o alternative,
in quanto spesso la medesima condotta illecita viola diversi precetti legislativi o contrattuali,
originando concorrenti reazioni ad opera dell’ordinamento: si pensi al caso di un dipendente che
accetti tangenti per aggiudicare una gara ad una ditta “amica”: tale comportamento configura un
reato (corruzione, art.319 c.p.), un illecito civile verso le imprese partecipanti non vincitrici
danneggiate (art.2043 c.c.), un illecito amministrativo-contabile (danno erariale da tangente e danno
all’immagine della p.a.), un illecito disciplinare (art.23, co.3, lett.m e art.25, co.5, lett.a del c.c.n.l.
Ministeri 1994-1998 come mod.to dagli art.11 e 13 del c.c.n.l. 1998-2001). Si pensi ancora al
dipendente che dopo aver timbrato il badge di ingresso, si allontana dall’ufficio per ore per motivi
personali: oltre ai risvolti penali (truffa ai danni dello Stato) e disciplinari, si configura anche un
illecito amministrativo-contabile (danno da erogazione di retribuzione da parte della p.a. senza
fruire di controprestazione).
Al contrario, talune condotte, che assumono valenza di illecito penale potrebbero non avere
rilevanza civile o disciplinare e viceversa, in quanto i presupposti di ciascun illecito non sono
sempre coincidenti: si pensi alla commissione di un illecito civile che non assuma valenza penale in
assenza di dolo, oppure alla commissione di un reato che non abbia però arrecato alcun danno
patrimoniale a terzi o alla p.a.
L’ordinamento appresta alcune norme volte a regolamentare, sul piano meramente
procedurale-temporale, il concorso di tali concorrenti reazioni ordinamentali che tuttavia, in
generale, sono tra loro autonome e seguono distinti binari: si pensi all’effetto sospensivo sul
procedimento disciplinare derivante dall’azione penale (v. c.c.n.l.), agli effetti del giudicato penale
in sede disciplinare, civile o amministrativa (art.651-654 c.p.p.), al possibile ingiusto cumulo di
condanne risarcitorie in sede civile e amministrativo-contabile (censurabile in sede di opposizione
all’esecuzione ex art.615 c.p.c.).
2. La responsabilità civile della p.a. (extracontrattuale, contrattuale e precontrattuale) e dei
suoi dipendenti: profili generali e fonti normative.
L’amministrazione pubblica ed il proprio personale possono pacificamente incorrere, al pari
di altri soggetti giuridici, nelle ordinarie forme di responsabilità civile.
La responsabilità civile viene comunemente intesa come quella forma di responsabilità
(distinta da quella penale, amministrativo-contabile, disciplinare e dirigenziale) che si traduce nel
dovere di risarcire il danno arrecato per la lesione della sfera giuridica di un altro soggetto.
Sul piano normativo, giurisprudenziale e dottrinale, sono state operate delle fondamentali
distinzioni all’interno del genus “responsabilità civile”, ripartendo in primo luogo quest’ultima
nella nota triade “responsabilità extracontrattuale”, “responsabilità contrattuale” e “responsabilità
precontrattuale”: la prima, spesso definita responsabilità aquiliana, individua la produzione, dolosa
o colposa, di un danno ingiusto ad altri, senza violazione di una preesistente obbligazione, ma frutto
della mera inosservanza del generale dovere del neminem laedere (obbligo generico nei confronti
dei consociati), e che obbliga a risarcire il danno ex art.2043 seg. c.c.; la responsabilità contrattuale
si configura invece come inadempimento di una preesistente obbligazione tra le parti (obbligo
specifico nei confronti del creditore), che comporta l’applicazione delle regole dettate dagli art.1218
2
ss. c.c.. Per tale responsabilità si ritiene che debba rispondere, la sola p.a. e non anche il dipendente
pubblico (che potrebbe rispondere però a titolo extracontrattuale del danno arrecato al terzo
creditore)3; la responsabilità precontrattuale, applicabile anch’essa alla sola p.a. contraente (e non
al singolo dipendente)4, individua infine le ipotesi di violazione del dovere di non ledere l’altrui
libertà negoziale, ovvero delle norme che regolano la fase delle c.d. trattative negoziali la cui
inosservanza si traduca in un danno per la controparte vanamente impegnatasi nella negoziazione,
da risarcire ai sensi degli art.1337 e 1338 c.c. 5 anche davanti al giudice amministrativo nelle materie
ad esse devolute6.
Tali forme di responsabilità possono tra loro concorrere quando coesistono i presupposti
dell’inadempimento e dell’illecito civile7, ovvero la lesione dell’interesse creditorio e di interessi
protetti dalla vita di relazione: si pensi al caso di un evento mortale in una struttura sanitaria
3
Sulla responsabilità contrattuale della p.a. v. D’ARPE, La responsabilità contrattuale della p.a., in VIOLA, I danni
cagionati dallo Stato, dalla pubblica amministrazione e dal fisco, Halley, 2008, 329; FRACCHIA, Osservazioni in
tema di responsabilità del dipendente pubblico e attività contrattuale (nota a Cass., sez. II, 6 febbraio 1999 n. 1045), in
Foro it., 1999, I, 1194 e MORBIDELLI, Della responsabilità contrattuale (e di quella “provvedimentale”) dei
dirigenti, in Dir.amm., 1999, f.2, 199 ss. Quest’ultimo attento studioso richiama diversi autorevoli indirizzi dottrinali
tendenti ad escludere, in caso di inadempimento contrattuale della p.a., una responsabilità contrattuale del singolo
dipendente, in quanto quest’ultimo non è parte del contratto e, come è noto, nella responsabilità contrattuale può
incorrere solo chi è parte del rapporto, ovvero la sola p.a. Tuttavia il dipendente materiale autore dell’inadempimento
(es.ritardo in un lavoro, tardiva restituzione di un’area) potrà essere chiamato a rispondere, in base all’ampia portata
dell’art.28 cost., a titolo extracontrattuale del danno arrecato alla controparte, anche alla luce della ormai acquisita tutela
extracontrattuale (c.d. esterna) del diritto di credito e della possibile concorrenza tra tutela contrattuale ed
extracontrattuale del terzo leso.
In deroga a tale generale principio della non responsabilità sul piano contrattuale dei singoli dipendenti, ma
della sola p.a., il legislatore ha previsto alcune tassative eccezioni: il riferimento è all’art. 191, d.lgs. 18 agosto 2000
n.267, in cui è refluito l’art.35, d.lgs. 25 febbraio 1995 n.77 (riproduttivo, a sua volta, dell’analogo previgente art.23,
co.4, d.l. 2 marzo 1989 n.66 (conv.to in l. 24 aprile 1989 n.144), secondo il quale in tema di assunzione di impegni e di
effettuazione di spese da parte degli enti locali, qualora la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da
amministratore o funzionario dell'ente locale non rientri nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal comma 3
della norma, non sorgono obbligazioni a carico dell'ente, bensì dell'amministratore o del funzionario, i quali rispondono
con il proprio patrimonio, senza che sia esperibile azione di indebito arricchimento nei confronti dell'ente.
In sintesi, al precedente regime (in cui, nelle ipotesi di nullità del negozio concluso dalla p.a. per effetto della
violazione delle norme regolatrici della sua formazione, era esperibile nei confronti della suddetta p.a. l'azione di
arricchimento senza causa, oltre, eventualmente, quella di responsabilità precontrattuale), si è sostituita, relativamente
agli enti locali, la disciplina del d.l. n. 66 del 1989 (convertito in legge n. 144 del 1989, riprodotta nell'art. 35 del d.lg. n.
77 del 1995), ed oggi dell’art.191, d.lgs. n.267 del 2000, che ha sancito l’interruzione del rapporto di immedesimazione
organica tra detti enti ed i loro funzionari o amministratori e regolato il rapporto tra questi ultimi ed i privati contraenti,
facendo salva la validità del contratto, ma configurando il rapporto negoziale come intercorrente tra il privato e
l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la fornitura, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto
di legge, con la conseguenza che è esclusa l'esperibilità dell'azione di indebito arricchimento nei confronti della p.a.,
data la sua natura sussidiaria. Sulla norma, ex pluribus, Cass., sez.II, 9 dicembre 2014 n. 21340; id., sez.VI, 23 gennaio
2014 n.1391, entrambe in Ced Cassazione; id., sez. III, 14 novembre 2003 n. 17257, in Giust. civ. Mass., 2003, f. 11.
La norma (nella sua originaria formulazione del d.l. 66 del 1989) ha retto anche il vaglio della Corte
Costituzionale: v. C.cost., 24 ottobre 1995 n.446, in Foro it., 1996, I, 21, con nota di CARINGELLA. Sulla ratio della
norma v. MORBIDELLI, op.ult.cit., 206 ss.
La giurisprudenza ha però chiarito (Cass., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11597, in Giust. civ. Mass., 2005, f. 5)
che l'ente territoriale può riconoscere a posteriori i debiti fuori bilancio, con apposita deliberazione consiliare di
riconoscimento del debito nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo restando che, in caso di mancato
riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore
che ha autorizzato la prestazione e che costoro restano comunque soggetti all'azione diretta e rispondono delle
obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla
contabilizzazione dei debiti fuori bilancio. Ogni valutazione circa l'opportunità di attivare il procedimento di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio e la ricorrenza dei presupposti di legge spetta all'amministrazione, senza alcuna
possibilità di sostituzione da parte del giudice.
4
Sulla responsabilità precontrattuale in generale v. TENORE, PALAMARA, BURATTI, Le cinque responsabilità cit.,
5 seg.; CHIESI-MEROLA, La responsabilità precontrattuale, Milano, 2012, 1429 ss.; v. CHIEPPA-GIOVAGNOLI,
3
pubblica per errore di un medico (alla responsabilità extracontrattuale del medico si aggiunge quella
contrattuale ed extracontrattuale della struttura).
Come detto, al pari di qualsiasi altro soggetto giuridico, anche la pubblica amministrazione,
e, nei limiti di seguito precisati, i propri dipendenti, possono incorrere in forme di responsabilità
civile. Difatti, il vigente quadro normativo, sia a livello costituzionale (art.28 e 113 cost.), sia a
livello di fonti primarie (art.2 e 4, l. 20 marzo 1865 n.2248 all. E; art.1218 e art.2043 seg. c.c.;
art.22 seg., d.P.R. 10 gennaio 1957 n.38), non prevede alcuna esenzione o privilegio per la pubblica
amministrazione qualora arrechi un danno a terzi, intranei o estranei alla p.a., ed anzi si assiste nella
nostra realtà giudiziaria, come si preciserà nel prosieguo, ad una progressiva crescita dei giudizi
risarcitori nei confronti di enti pubblici, sia innanzi al giudice ordinario, sia innanzi al giudice
amministrativo a sèguito delle modifiche introdotte al previgente sistema dall'art. 7, l. 21 luglio
Manuale di diritto amministrativo, 2011, 720; D’ARPE, La responsabilità contrattuale della p.a., in VIOLA, I danni
cagionati dallo Stato, dalla pubblica amministrazione e dal fisco, Halley, 2008, 329; CORRADINO, Il diritto
amministrativo alla luce della recente giurisprudenza, Padova, 2007, 795; BIANCA, Diritto civile, 3 Il contratto,
Milano, 2000, 155 ss.; sulla responsabilità precontrattuale della p.a., ipotizzabile anche a fronte dell’art.4, L.A.C.,
dovendo il giudice sindacare il comportamento dell’amministrazione che agisca iure privatorum come corretto
contraente e non già come corretto amministratore (v. Cass., 17 novembre 1978 n.5323, in Giust.civ., 1979, I, 32; id.,
sez.un., 4 agosto 1995 n.8541, in Giust.civ. Mass., 1995, 1479), v. GIURDANELLA, MATTA, La responsabilità
precontrattuale della pubblica amministrazione rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in
www.giustamm.it, n.12, 2005.
In particolare, sussiste la responsabilità della p.a. a titolo di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. nel
caso in cui l'amministrazione, dopo avere indetto una gara di appalto e pronunciato l'aggiudicazione, dispone la revoca
dell'aggiudicazione stessa e degli atti della relativa procedura per carenza delle risorse finanziarie occorrenti
sacrificando gli affidamenti suscitati nell'impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi. Il
risarcimento del danno va riconosciuto nei limiti dell'interesse negativo, rappresentato dalle spese inutilmente
sopportate nel corso delle trattative e dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipula con altri di un contratto almeno
parimenti vantaggioso. Si pensi ancora a casi di omissione, dolosa o colposa, di atti necessari per la validità o efficacia
di un contratto, o al recesso irragionevole da trattative in assenza di sopravvenienze di fatto o di diritto (v.BIANCA,
op.ult.cit., 178 ss.).
In giurisprudenza, vedasi Cass., 20 marzo 2012 n.4382, in Ced Cassazione e id., sez. III, 10 giugno 2005, n.
12313, in Giust. civ. Mass., 2005, f. 6, secondo cui la responsabilità precontrattuale della p.a. è configurabile in tutti i
casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i
principi della correttezza e della buonafede, alla cui puntuale osservanza anch'esso è tenuto, nell'ambito del rispetto dei
doveri primari garantiti dall'art. 2043 c.c.; in particolare, se non è configurabile una responsabilità precontrattuale, per
violazione del dovere di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla
scelta del contraente, essa è configurabile con riguardo alla fase successiva alla scelta, in cui il recesso dalle trattative
dell'ente è sindacabile sotto il profilo della violazione del dovere del "neminem laedere", ove sia venuto meno ai doveri
di buona fede, correttezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all'affidamento ingenerato nel privato circa il
perfezionamento del contratto. Spetta al giudice di merito accertare se il comportamento della p.a. abbia ingenerato nei
terzi, anche per mera colpa, un ragionevole affidamento in ordine alla conclusione del contratto.
In punto di giurisdizione, la recente sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato 5 settembre 2005, n. 6
(in D&G - Dir. e Giust,. 2005, f. 39, 99) ha chiarito che in base all'art. 6, l. n.205 del 2000 sussiste la giurisdizione
esclusiva del g.a. per tutte le controversie tra privato e p.a. riguardanti la fase anteriore alla stipula dei contratti di
lavoro, forniture e servizi (la fase di evidenza pubblica rivolta alla scelta del contraente privato): e ciò sia che tali
controversie concernino interessi legittimi, sia che riguardino diritti soggettivi. Sussiste quindi la giurisdizione esclusiva
del g.a. per le controversie che riguardano la responsabilità precontrattuale della p.a. per il mancato rispetto da parte di
quest'ultima delle norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune.
5
Sulla responsabilità civile in generale e sulle sue tipologie, oltre alla tradizionale manualistica, è sufficiente il richiamo
a FAVA (a cura), La responsabilità civile, Milano, 2010; SALVI, La responsabilità civile, in Trattato di Diritto Privato
a cura di Giovanni Iudica e Paolo Zatti, Milano, 2005; PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, Napoli, 2005, 639
ss.; BIANCA, Diritto civile, V La responsabilità, Milano, 1994; GIARDINA, Responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, Milano, 1993.
6
Per un recente caso di responsabilità precontrattuale vagliata dal G.A. v. Cons.St., sez.V, 18 aprile 2012 n.2239
(concernente danni arrecati da stazione appaltante) e id., sez.IV, 15 marzo 2012 n.1441, entrambe in www.giustiziaamministrativa.it, la seconda in ordine ai presupposti per la revoca in autotutela del provvedimento di aggiudicazione di
una gara pubblica da parte della P.A. e sulla configurabilità della responsabilità precontrattuale e del risarcimento
relativo. In precedenza, in punto di giurisdizione, v. Cons.St., ad.plen., 5 settembre 2005 n.6 e Cass., sez.un., 12 maggio
4
2000 n.2059 e, successivamente, dagli art.30 e 117 del codice del processo amministrativo (d.lgs. 2
luglio 2010 n.10410.
In parallelo ai basilari interventi giurisprudenziali, la tematica della responsabilità civile è
stata oggetto di una vastissima produzione dottrinale 11, che, oltre a vagliare profili teorico
sistematici, quali la natura diretta o indiretta della stessa 12, ha opportunamente individuato ed
analizzato le componenti strutturali dell’illecito civile della p.a. (condotta, evento, nesso causale,
elemento psicologico), ha classificato e sistematizzato le macro-tipologie di danno ed ha vagliato le
diverse reazioni risarcitorie (per equivalente o in forma specifica) apprestate dall’ordinamento.
Sulla più ricorrente forma di responsabilità, quella extracontrattuale della pubblica
amministrazione e dei suoi dipendenti occorre dunque soffermarsi nel prosieguo.
2008 n.11656. Sulla base di tali sentenze la giurisprudenza ha chiarito che dopo l’entrata in vigore dell' art. 6,
comma 1, della L. n. 205 del 2000 (riprodotto in forma pressoché analoga nel D.Lgs. n. 163
del 2006, all'art. 244), è stata configurata una giurisdizione esclusiva in favore del Giudice amministrativo
comprensiva anche dell'azione di risarcimento per responsabilità precontrattuale nelle procedure di affidamento di
contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, da parte di soggetti tenuti nella scelta del contraente all'applicazione
della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica (cfr. Cass., sez.un., 12
maggio 2008, n. 11656; 18 ottobre 2005, n. 20116 ). Sin da allora sussiste, quindi, la
giurisdizione amministrativa esclusiva anche per le controversie che riguardano la responsabilità precontrattuale della
P.A. per il mancato rispetto, da parte di quest'ultima, delle norme di correttezza di cui all' art. 1337 c.c. prescritte
dal diritto comune (Cons.St., ad.plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Per la giurisdizione ordinaria in caso di resp.precontrattuale (per informazioni inesatte) per comportamenti della p.a.
non collegati con lo svolgimento di attività provvedimentale: Cass., sez.un., 23 settembre 2010 n.20072 e id., sez.III, 9
febbraio 2004 n.2424, in Ced Cassazione. Si segnala anche Tar Valle d’Aosta, 11 maggio 2011 n.31, secondo cui la
controversia promossa da un privato per ottenere, nei confronti di un Comune, il risarcimento del danno per la
violazione degli obblighi di buona fede e correttezza appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché trattasi
di domanda risarcitoria che non attiene alla fase pubblicistica della gara, ma a quella prodromica, rispetto alla quale si fa
valere la responsabilità precontrattuale della p.a., con conseguente rilevanza del criterio di riparto della giurisdizione
fondato sulla natura della situazione soggettiva dedotta in giudizio, la quale, nella specie, ha consistenza di diritto
soggettivo.
Per alcuni precedenti giurisprudenziali in tema di resp. precontrattuale della p.a. v. Cons. Stato, sez. VI, 17 dicembre
2008, n. 6264; id., sez. V, 10 novembre 2008 n. 5574; id., 17 ottobre 2008 n. 5098; id., sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680;
id., sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457; id., sez. VI, 16 gennaio 2006, n. 86; id., sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3989; id., sez.
V, 6 dicembre 2006, n. 7194, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
7
Sul punto BIANCA, Diritto civile, V La responsabilità, cit., 551 ss.
8
Secondo l’art.22, d.P.R. 10 gennaio 1957 n.3 “L'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle
leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 (cioè con doloo colpa grave, n.d.a.) è
personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente
con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione qualora, in base alle norme ed ai principi vigenti
dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato.
L'amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente si rivale agendo contro quest'ultimo
a norma degli articoli 18 e 19. Contro l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici
l'azione dell'Amministrazione è ammessa solo nel caso di danni arrecati per dolo o colpa grave“.
Si rammenta che il disposto degli art.22 seg., d.P.R. n.3 del 1957 è ancora vivo e vitale anche dopo la c.d.
privatizzazione del rapporto di pubblico impiego in virtù dell’espresso richiamo alla disciplina sulle responsabilità
previgente alla “depubblicizzazione” del rapporto di lavoro con la p.a. operato dall’art.55, d.lgs. 30 marzo 2001 n.165,
secondo cui “Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di
responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche”.
9
L’azione risarcitoria innanzi al g.a. è stata ritenuta costituzionalmente legittima da C.cost., 6 luglio 2004 n.204 (in
www.cortecostituzionale.it e in Foro it., 2004, I, 2594 con note di TRAVI e FRACCHIA), che ha stralciato dalla
previsione dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (nella versione di cui alla legge n. 205 del 2000) il termine
«comportamenti», devolvendo al giudice ordinario la cognizione delle liti relative a diritti soggettivi provocate da
condotte materiali dell’amministrazione e lasciando al giudice amministrativo le liti per danni da provvedimenti dannosi
o da mancata (o tardiva) adozione di provvedimenti. Sulla generale giurisdizione ordinaria in materia risarcitoria e sulla
eccezionale giurisdizione amministrativa in caso di danni derivanti da provvedimenti amministrativi (o dall’omissione
5
Va poi segnalato che alcuni orientamenti giurisprudenziali13 tendono ad estendere alla
pubblica amministrazione la responsabilità da contatto sociale14, quando il comportamento
dell’amministrazione (tenendo conto dell’immediata percepibilità del canone di corretta condotta)
sia da qualificare come negligente o imprudente secondo i parametri dell’azione amministrativa di
cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i quali implicano il corretto sviluppo procedimentale
e la legittima emanazione del provvedimento finale, salvo errore scusabile. Tanto comporta che la
responsabilità dell’amministrazione pubblica per lesione di interessi legittimi non del tutto coincide
con quella extracontrattuale, sussistendo anche profili (rilevanti, in particolare, sul piano probatorio)
assimilabili a quelli della responsabilità contrattuale, in considerazione dell’interesse giuridicamente
protetto al giusto procedimento amministrativo.
di atti dovuti) v. Cass., sez.un., 9 agosto 2001 n.10979, in Giust.civ.Mass., 2001, 1583.
Sulla giurisdizione risarcitoria del g.a., sia nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva che in quelle
affidate alla sua giurisdizione di legittimità, si segnalano, tra gli studi anteriori alla novella della l. n.104 del 2010 DE
FELICE, Le tecniche di tutela del giudice amministrativo nei confronti dei comportamenti illeciti della p.a., in
Dir.proc.amm., 2005, f.4, 869 ss.; PAJNO, Il giudice amministrativo e la tutela dei diritti, in Dir.proc.amm., 2005, f.4,
965 ss.; FOLLIERI, Il modello di responsabilità per lesione degli interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del
g.a.: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico, in www.giustamm.it, f.12, 2005; AA.VV. (a cura di
CARINGELLA e PROTTO), La responsabilità civile della pubblica amministrazione, Bologna, 2005.
10
Tra i contributi sul codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010 n.104), v. D’ANGELO, Accertamento
dell’illegittimità (a fini risarcitori) senza esito di annullamento, in Corr.Merito, 2012, 2, 201; MIGNONE, VIPIANA,
Giustizia amministrativa, Padova, 2012, 109; CARINGELLA, PROTTO, Codice del nuovo processo amministrativo,
Dike Roma, 2010; PALLIGGIANO, ZINGALES, Il codice del nuovo processo amministrativo, Ipsoa, 2010; PAJNO,
PELLEGRINO, Codice del processo amministrativo, Maggioli, 2010; SANTI Di PAOLA, Guida al nuovo codice del
processo amministrativo, Maggioli, 2010; AA.VV., Il nuovo codice del processo amministrativo, Guida al diritto,
settembre 2010.
11
Sulla responsabilità civile del dipendente pubblico e della p.a. in generale cfr., senza pretesa di esaustività, tra gli
studi più recenti CHIEPPA GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011; COSSU, La
responsabilità della P.A., in FAVA (a cura di), La responsabilità civile, Milano, 2010; CARINGELLA, PROTTO (a
cura di), La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, Bologna, 2005; FOLLIERI (a cura di), La
responsabilità civile della pubblica amministrazione, Milano, 2004; GARRI-GIOVAGNOLI, Responsabilità civile
delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, Itaedizioni Torino, 2003; NAPOLITANO, La responsabilità civile, in
DE BRANCO-NAPOLITANO-PENNONI-DE BRANCO, Le responsabilità del pubblico dipendente, Padova, 2003;
AA.VV. (a cura di VISINTINI), Le nuove aree di applicazione della responsabilita' civile, Milano, 2003; CARANTA,
Attività amministrativa ed illecito aquiliano, Milano, 2001.
12
Come è noto, sulla natura della responsabilità (extracontrattuale) della p.a. si sono delineati due fondamentali
indirizzi dottrinali: secondo una più risalente tesi, propugnata dal Casetta (L’illecito degli enti pubblici, Torino, 1953 ed
ancora pervicacemente sostenuta in Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2004, 576 ss.), la stessa avrebbe natura
indiretta, mentre secondo il prevalente, ed oggi univoco a livello giurisprudenziale, orientamento, va inquadrata quale
responsabilità diretta. Oltre agli scritti citati nella precedente nota, per una felice sintesi sul dibattito dottrinale e
giurisprudenziale sulla natura diretta ex art.2043 cc. (tesi prevalente in dottrina ed univoca in giurisprudenza) o indiretta
ex art.2049 cc. (tesi isolata in dottrina) della responsabilità civile della p.a., si rinvia alla limpida nota di SERRAINO a
Cass., sez.III pen., 11 giugno 2003, in Foro it., 2004, II, 522.
13
V. Cons. Stato, sez.VI, 30 dicembre 2014 n.6421; id., sez.VI, 4 luglio 2012, n. 3897, entrambe in www.giustiziaamministrativa.it.
14
La responsabilità da contatto sociale qualificato è una particolare forma di responsabilità civile che prescinde
dall'esistenza di un contratto inteso nel senso stretto del termine, laddove tra il danneggiato e il danneggiante sussista
una particolare relazione sociale considerata dall'ordinamento giuridico idonea a determinare specifici doveri
comportamentali non riconducibili al dovere generico di non ledere l'altrui sfera giuridica. Secondo parte della dottrina
e la giurisprudenza, il contatto sociale qualificato deve essere annoverato tra gli atti o fatti idonei a produrre
obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico ex art. 1173 cod.civ. Ne deriva che, secondo tale orientamento, in
virtù del principio dell’atipicità delle fonti delle obbligazioni di cui all’art. 1173 c.c., anche la violazione di obbligazioni
specifiche che trovano la loro fonte (non già in un contratto ma) nel "contatto sociale qualificato" determina una
responsabilità di tipo contrattuale. La speculazione dottrinale e giurisprudenziale intorno al concetto di responsabilità da
contatto sociale qualificato ha finalità eminentemente garantista, atteso che riconducendo la responsabilità da contatto
6
2.1. La responsabilità extracontrattuale della p.a. La solidarietà passiva tra p.a. e suoi
dipendenti e i limiti al principio: l’occasionalità necessaria con i compiti d’istituto e la cesura
del rapporto organico.
La principale peculiarità dell’illecito civile, e, in particolare, di quello extracontrattuale,
qualora l’autore del danno sia una pubblica amministrazione è data, rispetto alla generale evenienza
di una condotta illecita posta in essere da comuni soggetti privati, dal meccanismo della c.d.
solidarietà passiva delineata dall’art.28 cost., e dagli art.22 seg., d.P.R. n.3 del 1957: se a produrre
un danno a terzi è un pubblico dipendente nell’esercizio di compiti istituzionali, del danno risponde
anche l’ente di appartenenza.
La previsione, statuente una corresponsabilità tra datore di lavoro e lavoratore, trova
nell’impiego privato un corrispondente nell’art.2049 c.c., rispondente tuttavia ad una diversa
finalità.
La ratio del coinvolgimento “pecuniario” della pubblica amministrazione in caso di danni
arrecati a terzi da propri dipendenti va ricercata nella evidente circostanza che lo Stato e gli altri enti
pubblici non possono agire che a mezzo dei propri organi, il cui operato non è di soggetti distinti,
ma degli enti stessi in cui essi s'immedesimano: ed è in virtù di tale rapporto organico che la
responsabilità derivante dalla loro attività risale appunto alle persone giuridiche pubbliche delle
quali sono espressione15.
Dovrebbe semmai stupire che la sovrarichiamata normativa sancisca una corresponsabilità
anche del lavoratore: ma la scelta del costituente fu dettata, come è noto, dall’esigenza di pungolare
il pubblico dipendente ad una più puntuale e diligente osservanza dei propri doveri, coinvolgendolo
sociale nell’alveo della responsabilità contrattuale il soggetto danneggiato beneficia di indubbi vantaggi sotto il profilo
della prescrizione (10 anni nella responsabilità contrattuale a fronte del termine di 5 anni previsto per la responsabilità
extracontrattuale) e dell’onere della prova (si noti che, in virtù del principio della vicinanza della prova, nella
responsabilità contrattuale può dirsi operante l’inversione dell’onere della prova, potendo il danneggiato limitarsi ad
allegare l’inadempimento della controparte alla quale spetterà, invece, provare di avere adempiuto all’obbligazione.
La casistica ha, tra i vari casi, riguardato: la responsabilità dell'insegnante per l'autolesione dell'allievo (la
responsabilità dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che tra insegnante e allievo si
instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del
complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che
l'allievo si procuri da solo un danno alla persona); la responsabilità della banca per il pagamento dell'assegno non
trasferibile a persona diversa dal beneficiario; la responsabilità del medico-chirurgo nei confronti del paziente (l'ente
ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della
prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche l'obbligazione di quest'ultimo nei confronti del
paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul «contatto sociale», ha natura contrattuale, atteso che ad esso si
ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi
o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso).
15
Osserva Cass., sez. III, 10 maggio 2005, n. 9741, in Giust. civ. Mass., 2005, f. 5, che l'art. 28 cost., nel sancire che i
funzionari e i dipendenti dello Stato sono "direttamente" responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti, non
postula un'antinomia fra responsabilità diretta (e cioè ricollegata a fatto proprio) e responsabilità indiretta (scaturente,
cioè, da fatto altrui), volendo, viceversa intendere soltanto che essi rispondono "personalmente" di tali atti, senza che
ciò elida la responsabilità dell'Amministrazione (vedi Corte cost. n. 64 del 1992).
7
economicamente in prima persona in casi di danni arrecati a terzi nell’espletamento di compiti
istituzionali.
Sta di fatto, come la ricca casistica giurisprudenziale ha da sempre evidenziato, che ben
raramente venga evocato in giudizio risarcitorio personalmente il dipendente pubblico (civile o
militare), preferendo il terzo danneggiato convenire il più solvibile datore di lavoro pubblico 16, che
poi, all’esito di un pluriennale contenzioso, ha il dovere di rivalersi nei confronti del proprio
dipendente segnalando la notitia damni (intervenuta condanna risarcitoria definitiva della p.a. in
sede civile o amministrativa) alla Procura della Corte dei Conti o attivando (il che avviene assai
raramente) un’azione civile di danni innanzi all’a.g.o.17.
La giurisprudenza ha poi chiarito che la responsabilità della p.a. sussiste anche quando non
sia possibile identificare il pubblico dipendente responsabile del danno18.
La responsabilià solidale della p.a. datrice di lavoro per condotte dannose verso terzi di
propri dipendenti incontra tuttavia un ontologico limite: la pubblica amministrazione può essere
chiamata a rispondere di tali danni arrecati a terzi solo qualora il proprio dipendente li abbia arrecati
nell’esercizio di compiti istituzionali o di compiti legati da “occasionalità necessaria” con compiti
di istituto.
La miglior dottrina19 ha chiarito che tale “occasionalità necessaria” con compiti istituzionali
viene meno qualora la condotta dannosa del dipendente sia frutto di comportamenti dolosi o
egoistici e, in particolare, qualora questi si traducano in un illecito penale doloso, comportante,
come tale, una cesura del rapporto organico con la p.a. che non può essere ritenuta corresponsabile
di reati dolosi o di scelte (illecite, stravaganti, egoistiche) esclusivamente personali del lavoratore,
in quanto il delinquere, almeno per la pubblica amministrazione (per alcuni enti privati, riconosciuti
o meno, le conclusioni ….potrebbero non essere le stesse!), non è un compito istituzionale,
ispirandosi le scelte pubbliche a principi costituzionali di liceità, ancor prima che di legalità e buon
andamento della p.a.
16
La giurisprudenza ha però chiarito che il danneggiato che intenda proporre azione risarcitoria contro lo Stato per atti
compiuti da funzionari o dipendenti nell'esercizio delle loro funzioni (art. 28 cost.) deve, pur essendosi determinato a
promuovere la domanda nei confronti del solo Stato, esporre, nell'atto introduttivo del giudizio, tutti i fatti dannosi
addebitabili al funzionario o dipendente in assenza di che (ed in conseguente assenza di qualsivoglia "causa petendi") la
domanda non può dirsi legittimamente proposta: Cass., sez. I, 7 marzo 2002, n. 3283, in Giust. civ., 2002, I,1544.
17
La rivalsa dell’amministrazione innanzi alla Corte dei conti in caso di condanna tuttavia non sortisce quasi mai un
reale recupero, con conseguente accollo in capo alla collettività dei danni risarciti dall’amministrazione e solo in
minima parte refusi dal lavoratore: difatti in occasione delle inaugurazioni degli anni giudiziari della Corte dei Conti, i
vari Procuratori generali hanno chiarito che delle condanne pronunciate dalla Corte si recupera concretamente meno del
10%, a causa della scarsa solvibilità del pubblico dipendente, notoriamente incapiente e tutelato da una legislazione di
favor che impedisce aggressioni della retribuzione, della pensione e della buonuscita oltre il quinto. Ne consegue che il
costo dei danni arrecati a terzi da pubblici dipendenti a terzi, dopo la condanna della p.a., non viene recuperato e resta a
carico della collettività ! Sul tema TENORE, La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano,
2004, 7 ss.
18
Trib Milano, 19 marzo 1990, in N.giur.civ.comm., 1990, I, 555.
19
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, 1117, secondo il quale “non sono riferibili
all’Amministrazione …le azioni che non provengono da soggetti i quali possano essere considerati agenti di essa, ….
gli atti personali degli agenti (lettere e negozi privati), ….gli atti viziati da incompetenza assoluta (straripamento di
potere) e i comportamenti posti in essere volutamente (dolosamente) in violazione di norme proibitive (diversamente
dall’opinione corrente nella dottrina francesi, si ritiene che il fatto che costituisca reato doloso istituzionalmente non
può essere ascritto all’Amministrazione)”. Sul punto v. anche CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano,
2004, 575; GRECO, La responsabilità civile dell’amministrazione e dei suoi agenti, in AA.VV., Diritto amministrativo,
Bologna, 2003, 1741; PASSERONE, Il requisito della riferibilità all’amministrazione del comportamento illecito del
pubblico dipendente nell’accertamento della responsabilità civile della p.a., in Resp.civ., 1996, 620; CLARICH, La
responsabilità civile della pubblica amministrazione nel diritto italiano, in Riv.trim.dir.pubbl., 1989, 1085.
8
Anche in altri ordinamenti, quale quello francese, la pubblica amministrazione non può
essere chiamata a rispondere di faute personelle dei propri dipendenti, ma di soli faute de service20.
Alcuni recenti studi21 hanno tuttavia evidenziato come la magistratura ordinaria, pur
condividendo in via di principio tale approdo dottrinale, che ha contribuito essa stessa a creare e
consolidare22, così da farlo assurgere a “principio generale del diritto”, spesso, nelle concrete
applicazioni, si discosta vistosamente dalla regola posta in via astratta, effettuando strappi
applicativi nell’individuare la sussistenza della cennata occasionalità necessaria, che lasciano
talvolta sconcertati non solo le parti in lite e i relativi difensori (soprattutto l’Avvocatura dello Stato,
difensore istituzionale della p.a. in frequentissimi giudizi risarcitori), ma gli stessi studiosi e “addetti
ai lavori” che, non limitandosi alla superficiale lettura della massima enunciante il corretto principio
di diritto suddetto, estendano l’esame della sentenza alla applicazione del principio alla fattispecie
fattuale sub iudice.
Va comunque ribadito che il criterio della "occasionalità necessaria" va escluso in quattro
ipotesi-tipo: a) qualora l’autore materiale non sia qualificabile come pubblico dipendente; b)
qualora il pubblico dipendente produca un danno con comportamenti o provvedimenti che siano
espressivi di straripamento di potere (incompetenza assoluta); c) qualora il dipendente produca un
danno con comportamenti o provvedimenti che attengano alla sua vita privata e/o che non abbiano
alcun riferimento alla sua qualifica di pubblico dipendente (es. fuori dall’orario di servizio); d)
qualora il dipendente, pur nell’esercizio di proprie funzioni (es. durante l’orario di servizio), agisca
per finalità e motivazioni assolutamente incompatibili con le finalità istituzionali dell’ente di
appartenenza.
3. La responsabilità amministrativo-contabile del pubblico dipendente: fonti normative,
profili generali e distinzione tra illecito amministrativo e illecito contabile.
Nell’ambito delle cinque responsabilità in cui può incorrere il pubblico dipendente, quella
amministrativo-contabile trova oggi la sua unitaria e fondamentale disciplina, sostanziale e
processuale, nelle leggi 14 gennaio 1994 n.19 e 20, come novellate dalla legge 20 dicembre 1996
20
Sulla distinzione tra faute personelle e faute de service v. CUOCCI, Tutela dei singoli e responsabilità civile della p.a.
nell’esperienza francese, in FOLLIERI (a cura di), La responsabilità civile della pubblica amministrazione, Milano,
2004, 528 ss.
21
Ci sia consentito il riferimento al nostro TENORE, PALAMARA, BURATTI, Le cinque responsabilità cit., 12 seg.;
TENORE, Responsabilità solidale della p.a. per danni arrecati a terzi da propri dipendenti: auspicabile il recupero di
una nozione rigorosa di occasionalità necessaria con i fini istituzionali, in Rass.Avv.Stato, 2005, 1368 ss., a cui si
rinvia per una puntuale ricognizione della dottrina e soprattutto della giurisprudenza che ha fatto (spesso distorta)
applicazione del principio di occasionalità necessaria.
22
V. le sentenze citate in TENORE, Responsabilità solidale della p.a., cit, e, in particolare, Cass., sez. VI, 15 dicembre
2000, n. 1269, in Rass.Avv.Stato, 2000, I, 344 con nota di PLUCHINO cit. e id. Cass., sez. III, 12 agosto 2000, n.
10803, in Foro it., 2001, I, 3289 con nota di GIRACCA, secondo cui “….a tale riguardo, l'attività può essere riferita
all'Ente se sia e si manifesti come esplicazione dell'attività di quest'ultimo, cioè tenda (pur con abuso di potere) al
conseguimento dei suoi fini istituzionali, nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio o del servizio cui esso dipendente è
addetto; e questo riferimento all'ente può venire meno solo quando il dipendente agisca come un semplice privato, per
un fine strettamente personale ed egoistico, che si rilevi assolutamente estraneo all'amministrazione - o addirittura
contrario ai fini che essa persegue - ed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente (così,
sostanzialmente, Cass., 17 settembre 1997, n. 9260; Cass., 6 dicembre 1996 n. 10896; Cass., 13 dicembre 1995 n.
12786, Cass., 7 ottobre 1993 n. 9935, Cass., 3 dicembre 1991 n. 12960)”.
9
n.639 (23) che ha apportato significative modifiche alla materia, nonché al funzionamento del
giudice di tale responsabilità, ovvero la Corte dei conti. Detta normativa ha unificato il differenziato
regime sostanziale della materia, che in precedenza trovava la sua fonte in testi non uniformi e
distinti a seconda dell'appartenenza dei dipendente ad amministrazioni statali (artt. 82 e 83, r.d. 18
novembre 1923, n. 2440; art. 52, r.d. 12 luglio 1934, n. 1914, artt. 18-20, d.P.R. 10 gennaio 1957, n.
3), enti locali (r.d. 3 marzo 1934, n. 383 e poi art. 58, l. 8 giugno 1990, n. 142), USL (d.P.R. 20
dicembre 1979, n. 761), enti pubblici non statali (l. 20 marzo 1975, n. 70).
Successive “limature” legislative sono poi intervenute direttamente o indirettamente su tali
norme di base (si pensi all’articolo 17, commi 30-ter e quater, lettera a), del d.l. 1
luglio 2009, n. 78, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c, del d.l. 3
agosto 2009, n. 103, volgarmente noto come “lodo Bernardo”; si pensi all’art.1, co.12, 44 e
62 della legge anticorruzione 6 novembre 2012 n.190).
Come è noto, la generale applicabilità dell'attuale regime della responsabilità
amministrativo-contabile a tutti i dipendenti pubblici, non solo statali, anche dopo l'intervenuta «
privatizzazione » del rapporto di pubblico impiego, è confermata da settoriali previsioni: v. l'art. 55,
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (« Per i dipendenti di cui all'art. 2, co. 2, resta ferma la disciplina
attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche »), l'art. 93 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (« Per gli
amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di
responsabilità degli impiegati civili dello Stato »), l'art. 33, d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76 (« Gli
amministratori e i dipendenti della regione, per danni arrecati nell'esercizio delle loro funzioni,
rispondono nei soli casi e negli stessi limiti di cui alle l. 14 gennaio 1994, n. 20 e 20 dicembre
1996, n. 639 »). Inoltre, con la novella del 1994, il funzionamento della magistratura contabile ha
subìto notevoli correttivi, soprattutto a seguito della regionalizzazione della Corte dei conti,
presente oggi in tutti i capoluoghi di Regione.
Su tale unitario quadro normativo di riferimento, favorevolmente salutato da tutti gli
operatori del diritto per aver uniformato un regime in passato frazionato e disomogeneo, avrebbe
potuto tuttavia avere una rilevante incidenza sgretolante, in realtà non avutasi, la riforma del titolo
V della Costituzione operata della l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, che ha ribaltato il previgente criterio
di riparto delle competenze legislative e amministrative tra Stato e Regioni24.
23
Tra i principali studi in materia di responsabilità amministrativa dopo la l. 14 gennaio 1994, n. 20, senza pretesa di
esaustività, si segnalano: TENORE, La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano, 2013, 26
seg.; ALTIERI, La responsabilità amministrativa per danno erariale, Milano, 2012; GARRI (a cura di), La Corte dei
conti, controllo e giurisdizione, contabilità pubblica, Milano, 2012; BAX, La corte dei conti - Le funzioni
giurisdizionali e di controllo, Napoli, 2004; CIMINI, La responsabilità amministrativa e contabile. Introduzione al tema
ad un decennio dalla riforma, Milano, 2003; MIRABELLA, Le responsabilità nella pubblica amministrazione e la
giurisdizione contabile, Milano, 2003; AUTIERI, Il risarcimento del danno nel processo amministrativo-contabile, in
AA.VV. (a cura di DE PAOLIS), Il risarcimento del danno nel processo civile, amministrativo, contabile, penale,
tributario, Rimini, 2003, 415 ss.; SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, 2003, 29 ss.; CORPACI, La
responsabilità amministrativa alla luce della revisione del Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2002, 542 ss.;
SCHLITZER (A CURA DI), L'evoluzione della responsabilità amministrativa, Milano, 2002; MERCATI, Responsabilità
amministrativa e principio di efficienza, Torino, 2002.
24
Tale novella costituzionale, non compiutamente analizzabile in questa sede, poneva un basilare interrogativo: la
responsabilità amministrativo-contabile rientra tra le tassative materie riservate dall'art. 117 cost. alla competenza
legislativa esclusiva o concorrente statale, o può essere oggetto di regolamentazione ad opera del legislatore regionale?
A nostro avviso, i profili processuali di tale responsabilità sono da considerare devoluti alla competenza legislativa
esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, co. 2, lett. l) cost., in quanto agevolmente riconducibili alla materia «
giurisdizione e norme processuali » e « giustizia amministrativa ».
Per quanto concerne i profili sostanziali, la soluzione appare invece alquanto complessa. Potrebbe infatti da un lato
sostenersi che la stessa, in quanto riconducibile alla materia « ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato
e degli enti pubblici nazionali » di cui all'art. 117, co. 2, lett. g) cost., rientri nella competenza legislativa esclusiva
statale, ma limitatamente ai dipendenti dello Stato e degli enti pubblici nazionali. Per i restanti dipendenti pubblici, le
10
La responsabilità amministrativo-contabile si configura qualora il dipendente pubblico (o
soggetti legati alla p.a. da rapporto di servizio, v.infra) provochi un danno patrimoniale alla propria
amministrazione o ad altro ente pubblico (ivi compresa l’Unione Europea 25). Essa, dunque, non
differisce sostanzialmente dalla ordinaria responsabilità civile (art. 2043 c.c.), se non per la
particolare qualificazione del soggetto autore del danno (pubblico dipendente o soggetto legato alla
p.a. da rapporto di servizio), per la natura del soggetto danneggiato (ente pubblico) e per la
causazione del danno nell'esercizio di pubbliche funzioni o in circostanze legate da occasionalità
necessaria con lo svolgimento di pubbliche funzioni.
In casi di danni arrecati alla p.a. da un proprio dipendente, l’ente danneggiato potrebbe
recuperare il risarcimento attraverso una normale azione civile innananzi al giudice ordinario: in
tale evenienza non si pone alcuna interferenza (né pregiudizialità ex art. 295 c.p.c.) tra l'illecito
amministrativo-contabile e quello civile, con l'unico limite del divieto di doppia condanna del
dipendente, in sede civile e contabile, per lo stesso fatto e con eventuale effetto decurtante sulla
pretesa della Procura erariale derivante dal parziale recupero intervenuto in sede civile o in sede
transattiva)(26). L'indipendenza tra i due giudici (ordinario e contabile), anche quando vengano
investiti di un medesimo fatto materiale, comporta una mera interferenza tra giudizi
Regioni potrebbero dunque legiferare anche in deroga ai principi generali della legge statale n. 20 del 1994, nel solo
rispetto dei principi comunitari, internazionali e costituzionali.
La Corte Costituzionale, con una prima sentenza del 24 ottobre 2001, n. 340 (in Foro it., 2002, I, 327, con
osservazioni di D'AURIA; in Giur. it., 2001, 165; in Resp. civ. e prev., 2002, 96, con note di QUARANTA e DE
CRISTOFARO; in Regioni, 2002, 537, con nota di CORPACI), ha ritenuto non fondata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 103
cost. e all'art. 8 st. spec. T.A.A., la questione di legittimità dell'intera normativa — impugnata nel suo complesso, sotto
il profilo della estraneità della materia alla competenza provinciale e per aver disciplinato congiuntamente la
responsabilità amministrativa di amministratori e personale della Provincia, — in quanto rientra nelle competenze della
Provincia autonoma di Bolzano disciplinare la materia della responsabilità amministrativa, dovendosi ritenere che essa
sia ricompresa nella previsione statutaria (art. 8) concernente l'«ordinamento degli uffici e del personale».
Tale sentenza n. 340 del 2001 è stata poi smentita da C. cost., 12 giugno 2007 n. 184, in Giur. cost., 2007, 3 (in linea
con la pregressa C. cost., 15 novembre 2004 n. 345, relativa a Regioni a Statuto ordinario), la quale ha affermato che “la
disciplina dei principi che governano la responsabilità amministrativa rientra nella competenza esclusiva dello Stato in
materia di ordinamento civile e non tra le attribuzioni della provincia autonoma di Bolzano”.
25
Sulla giurisdizione contabile per danni direttamente prodotti all’UE v. C.conti, sez.giur.Lombardia, 8 aprile 2004
n.528 la cui intuizione è stata oggi recepita dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con ordinanze 10
luglio 2013 n.20701 e 2 dicembre 2013 n.26935, in Ced Cassazione.
26
Sulla non configurabilità di una questione di giurisdizione e di una litispendenza a seguito della previa proposizione di
un'azione civile di danni per i medesimi fatti e per la piena legittimità del sistema del c.d. doppio binario (azione civile e
contabile) per il recupero del danno patito dalla p.a., che consente il promovimento dell'azione giuscontabile anche se ci
sia stata costituzione di parte civile in sede penale da parte della p.a. nei confronti dell'autore del danno erariale, o,
addirittura, una condanna in sede civile (o penale) sull'an del risarcimento (condanna generica), vedasi, tra le tante, C.
conti, sez. riun., 29 ottobre 1986, n. 516, in Foro amm., 1987, 2432; id., sez. I, 15 maggio 1991, n. 743, in Riv. C. conti,
1991, f. 4, 102; id., sez. riun., 17 febbraio 1992, n. 752/A, in Sett. giur., 1992, IV, 169; C. conti, sez. I, 23 settembre
1992, n. 200, in Riv. C. conti, 1992, f. 5, I, 50; id., sez. riun., 9 dicembre 1992, n. 816/A, in Riv. C. conti, 1993, f. 1, 50;
id., sez. II, 2 novembre 1993, n. 256, ivi, 1993, 6, II, 91; id., sez. Veneto, 2 aprile 1994, n. 29, in Riv. C. conti, 1994, 2,
II, 182; id., sez. I Lazio, 18 febbraio 2002, n. 48/A, in Riv. C. conti, 2002, f. 1, 130; id., sez. I Lazio, 9 aprile 2002, n.
109/A, in Riv. C. conti, 2002, f. 2, 130; id., sez. I Lazio, 4 giugno 2002, n. 178/A, in Riv. C. conti, 2002, f. 3, 89; id.,
sez. Abruzzo, 3 ottobre 2002, n. 699, in Riv. C. conti, 2002, n. 5, 128; id., sez. Lazio, 23 ottobre 2002, n. 2876, in Riv.
C. conti, 2002, f. 5, 117; id., sez. Abruzzo, 7 gennaio 2004, n. 1, in www.amcorteconti.it.
La tesi è confermata da Cass., sez. un., 4 gennaio 2012 n.11; id., 22 dicembre 2009 n.27092; id., 12 maggio 2009 n.10856, tutte in Ced
Cassazione; id., 23 novembre 1999, n. 822/SU, in Foro it., Rep. 2000, voce Responsabilità contabile, n. 1012; id., sez. un., 21 maggio 1991,
n. 369/ord., in Riv. C. conti, 1991, f. 5, 235 e Cons. St., parere 20 gennaio 1997, n. 1420, in Cons. Stato, 1997, III, 1321. Oltre a molte delle
sentenze sopracitate, v.anche C. cost., 7 luglio 1988, n. 773, in Cons. Stato, 1988, II, 1354 e in Foro it., 1989, I, 368, con nota di VARRIENTI;
C. conti, sez. riun., 2 giugno1990, n. 670, in Riv. C. conti, 1990, f. 4, 71.
11
(innegabilmente caratterizzati da regimi sostanziali e processuali assai diversi) ( 27) e non tra
giurisdizioni.
Tale approdo interpretativo è stato sottoposto a serrata critica da parte della dottrina, volta a
superare il regime della pluralità di azioni (civile e contabile) fondato sul concorso di norme,
rivendicando « l'esclusività » della responsabilità amministrativa, quale sistema chiuso, rispetto a
quella civile, anche in considerazione dell’ingiustificato distinguo di regimi sostanziali applicati dai
due concorrenti giudici, e la più recente giurisprudenza della Cassazione a sezioni riunite sembra
ormai orientarsi in questo senso (28).
Nell’ambito della responsabilità in esame, definita amministrativo-contabile, in realtà, sul
piano terminologico e concettuale, va operata la fondamentale distinzione, sancita dagli artt. 81 e
82, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (c.d. legge di contabilità generale dello Stato), tra responsabilità
amministrativa e responsabilità contabile dell'agente pubblico, le quali, nonostante presentino
alcune essenziali diversità, vengono sovente unitariamente unificate nella più ampia (e generica)
nozione di responsabilità amministrativo-contabile.
La responsabilità contabile è quella particolare responsabilità patrimoniale in cui possono
incorrere solo alcuni pubblici dipendenti, ovvero gli agenti contabili, qualifica ex lege spettante (art.
74, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, c.d. l. cont. gen. St.; art. 178, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, reg.
cont. gen. St.) ai soggetti che hanno il maneggio di denaro o di altri valori dello Stato o la materiale
disponibilità di beni, e, segnatamente:
a) agli agenti della riscossione o esattori, incaricati di riscuotere le entrate;
b) agli agenti pagatori o tesorieri, incaricati della custodia del denaro e dell'esecuzione dei
pagamenti;
c) agli agenti consegnatari, incaricati della conservazione di generi, oggetti e materie appartenenti
alla p.a.
La rilevanza giuridica dell'assunzione della qualifica di agente contabile si evidenzia dalla
lettura degli artt. 33 e 194, r.d. 23 maggio 1924, n. 827 (reg. cont. St.), secondo cui gli agenti
contabili rispondono patrimonialmente per la mera discrasia esistente (per difetto) tra la quantità di
beni o denaro a proprio carico «di diritto» e la quantità realmente esistente «di fatto»: la mera
deficienza numerica o qualitativa dei beni o valori custoditi o gestiti comporta la responsabilità
dell'agente, la cui colpevolezza si presume, e sul quale grava l'onere di dimostrare che la sottrazione
27
Le principali differenze tra l'azione civile e quella contabile attengono: a) al meccanismo di attivazione delle due magistrature (a domanda
e, quindi, a discrezione della p.a. l'azione civile; d'ufficio e obbligatoriamente l'azione contabile); b) al regime della intrasmissibilità agli
eredi della responsabilità risarcitoria (operante solo in sede contabile); c) alla sussistenza o meno di concorrenti azioni a tutela del credito (le
azioni revocatorie, surrogatorie e di simulazione non sono esperibili in sede contabile dall'attore P.M., ma solo in sede civile dal creditorep.a.); d) al regime probatorio (in sede civile vi è, di fatto, un vasto utilizzo della prova testimoniale); e) al regime prescrizionale (decennale
per l'illecito contrattuale innanzi all'a.g.o., quinquennale innanzi alla Corte dei conti); f) all'utilizzo della riduzione dell'addebito da parte del
giudice (meccanismo inesistente innanzi all'a.g.o.); g) all'applicabilità dell'art. 1225 c.c. (« Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da
dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione »), non operante in sede
contabile; h) al diverso regime della responsabilità degli organi collegiali (innanzi al g.o. opera l'irresponsabilità dei soli componenti « che
abbiano fatto constatare nel verbale il proprio dissenso », art. 24, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; innanzi alla Corte dei conti rispondono solo
coloro che « hanno espresso voto favorevole », art. 1, co. 1-ter, l. n. 20 del 1994); i) al triplice grado di giudizio che caratterizza il giudizio
civile, a fronte del duplice grado in sede contabile.
Inoltre, il regime di favor debitoris delineato dalla l. n. 20 del 1994, non sembra estensibile in sede civile: il riferimento è alla irresponsabilità
degli organi politici in buona fede, alla insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali
Non riteniamo invece, contrariamente a quanto sostenuto da molti autori, che vi sia una divergenza di regime, in sede civile e contabile, in
ordine all'elemento psicologico dell'illecito, che deve essere sempre caratterizzato, anche innanzi all'a.g.o., da « dolo o colpa grave » (v. art.
23, co. 1, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 10; art. 1, co. 1, l. 14 gennaio 1994, n. 20).
28
Per l'esclusività della responsabilità amministrativa e l'esclusione di una concorrente azione civile v. PASQUALUCCI, Introduzione, in
PASQUALUCCI-SCHLITZER, L'evoluzione della responsabilità amministrativa, Milano, 2002, 26 ss.; SCHLITZER, Profili sostanziali della
responsabilità amministrativo-contabile, PASQUALUCCI-SCHLITZER, L'evoluzione, cit., 143 ss.
In giurisprudenza, per la esclusività della giurisdizione contabile Cass. sez.un., 2 aprile 2007 n. 8093 in www.lexitalia.it, secondo
cui quando si assuma verificato un danno erariale che si ricolleghi a comportamenti di medici specialisti in regime di
convenzionamento esterno con Aziende USL riconducibili ad attività amministrativa (come nel caso di prescrizioni di specialità
medicinali effettuate in contrasto con istruzioni impartite) , in ordine alla relativa responsabilità - che dipende non dall'esercizio della
professione del sanitario, bensì dal comportamento illegittimo, doloso o colposo posto in essere nell'ambito del rapporto di pubblico
servizio - sussiste la giurisdizione contabile della Corte dei Conti e non dell’a.g.o. in sede civile ( in terminis Cass., sez. un., 13
novembre 1996 n. 9957, 21 dicembre 1999 n. 922, 13 marzo 2001 n. 114). Sul punto v. anche Cass., sez. un., n. 201 del 2001 e n. 98
del 2000. V anche C cost., 13 luglio 2007 n.272, in Giust.civ., 2007, 10, 2062.
12
non è a lui imputabile a titolo di dolo o colpa grave, o che si sia verificata per fortuito o forza
maggiore.
In altre parole, a differenza della responsabilità amministrativa, in cui è la pubblica accusa a
dover dimostrare la colpevolezza del presunto autore del danno all'erario, per la responsabilità
contabile tale (grave) colpevolezza si presume (29). Le restanti componenti strutturali dell'illecito
(condotta, evento, nesso causale) non presentano invece differenze tra l'illecito contabile e quello
amministrativo.
3.1. Portata della giurisdizione contabile (su dipendenti di enti pubblici economici e di società
a partecipazione pubblica).
Non può in questa sede essere ripercorso l’antico dibattito sulla natura, pubblicistica o
privatistica, della responsabilità amministrativa e sulla funzione sanzionatoria o risarcitoria
(contrattuale o extracontrattuale) della giurisdizione contabile ( 30), anche se vanno rimarcate le
sempre crescenti ipotesi di interventi normativi tesi ad esaltare la funzione sanzionatoria del
giudizio contabile31.
Ci sia consentito osservare, in una prospettiva pragmatica ed applicativa, che il problema
della natura della responsabilità in esame appare oggi abbastanza teorico ed accademico a fronte di
un regime normativo «speciale», dettagliato e puntuale (quello della l. n. 20 del 1994), che,
prescindendo dal problema ontologico (o nominalistico) su tale responsabilità e mutuando spunti
regolamentari sia dal diritto civile sia dal diritto penale, offre all'interprete soluzioni
tendenzialmente inequivoche ai problemi che la realtà giudiziaria pone (32); per cui la riconducibilità
dell'illecito in esame a quello penale o a quello civile, contrattuale o extracontrattuale, non presenta
più, come in passato, divergenti corollari applicativi, come invece da taluni autori (pervicacemente
ma erroneamente) ritenuto, in tema, ad esempio, di onere probatorio o di termine prescrizionale,
desumendosi a chiare lettere dalle leggi n. 19 e 20 del 1994 che l'onere probatorio in ordine alla
sussistenza delle componenti strutturali dell'illecito grava sulla Procura erariale e che la prescrizione
è sempre quinquennale.
È dunque preferibile, in un'ottica aderente al dettato normativo, optare per la tesi che in altra
33
sede abbiamo definito «eclettica», ovvero che individua nell'illecito amministrativo-contabile un «
terzo genere » di illecito, caratterizzato da un proprio completo corpus normativo, permeato sia di
profili civilistici che penalistici, tendenzialmente ben coordinati tra di loro e funzionali al peculiare
oggetto del giudizio contabile ed ai suoi obiettivi, ovvero determinare, come ha chiarito la Consulta
nella sentenza 20 novembre 1998, n. 371, un punto di equilibrio su quale parte del danno accertato
29
Il peculiare regime della responsabilità contabile è stato da taluni ricondotto al meccanismo della « presunzione di colpa », da altri alla c.d.
« culpa in re ipsa », mentre altri autori parlano di mera inversione dell'onere della prova. Non sono infine mancati tentativi di avvicinamento
di tale responsabilità alle previsioni civilistiche della responsabilità da inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c., che presuppone la
colpevolezza) o del depositario (art. 1766 ss. c.c.). Sul tema v. TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 43 seg.; CIMINI, La responsabilità,
cit., 122 ss.; GARRI, I giudizi, cit., 207 ss.; DONNO, Danno erariale, cit., 102 ss.
30
Per una felice prospettazione delle varie tesi sulla natura della responsabilità amministrativo-contabile, si rinvia al nostro TENORE, La
nuova Corte dei conti cit., 49 ss., con vasti richiami dottrinali e giurisprudenziali.
31
Tale ipotesi, sino a quelle introdotte dalla l. anticorruzione n.190 del 2012 sono ben riassunte in TENORE, La nuova
Corte dei conti cit., 54 seg.
32
Quanto sostenuto nel testo in ordine alla inattualità, nell'attuale puntuale e compiuto regime normativo della l. n. 20 del 1994, del dibattito
sulla natura della responsabilità amministrativo-contabile, non derivando dalla soluzione del problema alcun utile corollario operativo, quale,
ad esempio, il ricorso analogico alla disciplina dell'illecito contrattuale o extracontrattuale per colmare lacune, è condiviso da POLICE, La
natura della responsabilità amministrativa, in SCOCA, La responsabilità amministrativa, cit., 156 ss. e da MERCATI, Responsabilità
amministrativa e principio di efficienza, Torino, 2002, 306.
Per una permanenza a tutt'oggi dell'interesse al predetto problema classificatorio si esprime CIMINI, La responsabilità, cit., 170 ss., il quale
ritiene che la riforma del titolo V della Costituzione, operata dalla l. cost. n. 3 del 2001, rende ancora attuale la questione.
33
TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 61 ss.
13
deve restare a carico della p.a. e quale a carico del dipendente, al fine di stimolare, e non già di
disincentivare, l'azione dei pubblici dipendenti, creando una « griglia di protezione » normativa a
favore del lavoratore al fine di alleviare, con una attenta graduazione della condanna, il « timore
della firma » in calce a provvedimenti, atti e contratti (34).
Anche l’ambito oggettivo e soggettivo della giurisdizione contabile è stato oggetto di un
ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
Sotto il profilo oggettivo di detta giurisdizione, va premesso che il danno erariale, come
meglio si vedrà nel prosieguo, ha contenuto storicamente patrimoniale, ma la giurisprudenza
contabile, spesso in contrasto con autorevoli interventi della Consulta, ha tradizionalmente
interpretato estensivamente tale nozione di «danno pubblico», ritenendola idonea a ricomprendere
ogni compromissione di interessi di carattere generale del corpo sociale e la lesione dell'interesse
pubblico generale all'equilibrio economico e finanziario dello Stato: il danno erariale, e la
conseguente giurisdizione contabile, ricomprenderebbero anche i danni a beni che non
appartengono al patrimonio dello Stato-persona, ma a tutti i membri indifferenziati della collettività
organizzata.
La magistratura contabile, con progressivo avallo delle sezioni unite della Cassazione (in sede di
regolamento di giurisdizione), ha dunque ritenuto ad essa devoluta la cognizione su ogni tipo di
danno erariale, considerando ad essa assegnata dall'art. 103, co. 2, cost. una generale giurisdizione
in materia (il riferimento è alla categoria dei soggetti legati da « rapporto di servizio » alla p.a., cui
si farà riferimento nel prosieguo e, da ultimo, ai danni prodotti da dipendenti degli enti pubblici
economici e di società a partecipazione pubblica).
Nonostante tale crescente estensione soggettiva della giurisdizione contabile, un lapidario
indirizzo delle Sezioni unite della Corte di Cassazione aveva invece escluso, sino al recente passato,
la giurisdizione contabile sulle condotte dei dipendenti e amministratori di enti pubblici economici
esplicative di attività imprenditoriale, limitandola alle sole condotte dannose che esorbitassero da
tale attività.
Recependo gli interessanti spunti provenienti dalla dottrina e da alcune decisioni della
magistratura contabile, la sentenza 22 dicembre 2003, n. 19667 delle sezioni unite della Cassazione,
incidentalmente confermata da Cass., sez. un., 26 febbraio 2004 n. 3899 (35) ha coraggiosamente
sconfessato il proprio precedente indirizzo ostativo, ed ha statuito la giurisdizione contabile (in
materia di responsabilità amministrativa, ma non di conto) su amministratori e dipendenti di enti
pubblici economici per i fatti successivi alla l. n. 20 del 1994.
La decisione ha tratto basilari argomenti a sostegno di tale approdo ermeneutico dai seguenti
concorrenti rilievi: a) la progressiva privatizzazione della p.a., che ha reso labile la distinzione tra
enti pubblici ed enti pubblici economici; b) l'irrilevanza dello strumento, privatistico o
pubblicistico, utilizzato dalla p.a. per l'esercizio funzioni istituzionali; c) il progressivo ampliamento
della giurisdizione contabile operato dal legislatore; d) la devoluzione alla Corte dei conti degli
illeciti extracontrattuali derivanti da condotte dannose poste in essere da dipendenti pubblici nei
confronti di amministrazioni ad enti diversi da quelli di appartenenza (art. 1, ultimo co., l. n. 20 del
1994); e) l'ampliamento della giurisdizione contabile nei confronti di dipendenti e amministratori di
enti a prevalente partecipazione pubblica operato dall'art. 7, l. n. 97 del 2001.
Tale chiara e condivisibile evoluzione giurisprudenziale è stata poi portata ad ulteriori
sviluppi ad opera della magistratura contabile, inizialmente avallata dalle sezioni unite della
Cassazione, con l'attribuzione alla Corte dei Conti, sulla scorta dei medesimi soprarichiamati
34
C. cost., 20 novembre 1998, n. 371 cit. Sulla valorizzazione delle peculiari finalità della responsabilità amministrativo-contabile (applicare
una sanzione congrua che non scoraggi l'efficienza, lo spirito di iniziativa e la dedizione dei dipendenti pubblici) piuttosto che la natura,
civilistica o pubblicistica, della stessa si sofferma anche SCOCA, La responsabilità amministrativa, cit., 8 ss.
35
La storica sentenza 22 dicembre 2003, n. 19667 delle Sezioni Unite, originata da una accurata prospettazione defensionale della Procura
Regionale Abruzzo della Corte dei Conti, è rinvenibile in www.giurisprudenza.it e in www.amcorteconti.it. In dottrina, tra i primi commenti
v. CREA, Organizzazione in forma privata di funzioni e servizi pubblici e responsabilità erariale, in www.amcorteconti.it. La sentenza 22
febbraio 2004 n. 3899 (in CED Cassazione), nel confermare la bontà della tesi recepita nella sentenza n. 19667 cit., ha ritenuto sussistere la
giurisdizione contabile su società a partecipazione pubblica legate alla p.a. da rapporto di servizio.
Sulla giurisdizione contabile sulle aziende municipalizzate v. Cass., sez. un., 19 febbraio 2004, n. 3351, in CED Cassazione.
14
argomenti afferenti gli e.p.e., della giurisdizione sulle s.p.a. a partecipazione pubblica (anche
minoritaria e indiretta, c.d. di secondo grado, secondo talune recenti pronunzie), quale attribuzione
diretta di giurisdizione su ente pubblico in una moderna accezione e non già, come già in passato
affermato, in virtù del classico ragionamento fondato sul rapporto di servizio tra la società
(es.concessionaria di servizi pubblici o destinaria di finanziamenti pubblici) e la p.a. Tale indirizzo
è stato poi parzialmente superate dalla giurisprudenza della Cassazione intervenuta dal 2009 in poi
e, in parte, dal criticabile sopravvenuto art. 16-bis, l. 28 febbraio 2008 n. 31, che aveva escluso la
giurisdizione contabile, a favore dell'a.g.o., per le società quotate in borsa con partecipazione
pubblica inferiore al 50%.
L'iniziale indirizzo favorevole all'ampliamento della giurisdizione contabile, assai rilevante
in un momento storico caratterizzato da sistematiche trasformazioni di e.p.e. in s.p.a. e di diffusi
(discutibili) ricorsi a strutture societarie per gestire la cosa pubblica, era stato favorevolmente
salutato dalla dottrina più avveduta36 , che non aveva però mancato di evidenziare taluni problemi di
concorso con le parallele azioni civilistiche a tutela dei soci solo di recente risolti dalla
giurisprudenza delle sezioni unite della Cassazione37.
La cennata decisione delle sezioni unite della Cassazione 19 dicembre 2009 n. 26806, ha
dunque segnato una brusca interruzione nel progressivo ampliamento giurisprudenziale (delineato
dalle stesse sezioni unite) e normativo della giurisdizione contabile, statuendo che va esclusa la
giurisdizione della Corte dei conti, dovendosi affermare la giurisdizione del Giudice ordinario, nel
caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente
pubblico, atteso che tali società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro
capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico. La
scelta della P.A. di acquisire partecipazioni in società private implica, infatti, il suo assoggettamento
alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Dall'identità dei diritti e degli obblighi facenti
capo ai componenti degli organi sociali di una società a partecipazione pubblica, pur quando
direttamente designati dal socio pubblico, logicamente perciò discende la responsabilità di detti
organi nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini
— contemplati dagli artt. 2392 e segg. del codice civile — in cui tali diverse possibili proiezioni
della responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di
qualsivoglia altra società privata.
Ha soggiunto il massimo organo giudicante che rientra invece nella giurisdizione della Corte
dei conti l'azione di responsabilità per il danno arrecato all'immagine dell'ente da organi della
società partecipata (la cui perseguibilità è stata però drasticamente ridotta ad opera dell'art. 17, co.
30-ter, l. 3 agosto 2009, n. 102, c.d. lodo Bernardo). Infatti, tale danno, anche se non comporta
apparentemente una diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una
valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso.
Tale conclusione è stata poi confermata dalla decisione “fotocopia” 15 gennaio 2010 n. 519 delle
stesse sezioni unite (e da altre successive)38, che ha ribadito che non sussiste la giurisdizione della
Corte dei conti, ma quella del giudice ordinario, per una azione di responsabilità proposta nei
36
Tra i numerosi contributi e commenti sul tema della giurisdizione contabile sulle società a partecipazione pubblica v. TENORE, La nuova Corte
dei conti cit., 79 seg con vasti richiami dottrinali.
37
Cass., sez. un., 19 dicembre 2009 n. 26809 e id., sez. un., 15 gennaio 2010 n. 519, in Foro amm.-CdS, 2010, 1, 92, con nota di TENORE, La
giurisdizione della Corte dei Conti sulle società a partecipazione pubblica; in Foro it., 2010, I, 1473 con nota di D'AURIA, Non esiste (con eccezioni)
la responsabilità erariale per i danni cagionati alle società pubbliche dai loro amministratori, e in www.giustamm.it, n. 1, 2010, con note di
COLONNA, Danni al patrimonio della società. Difetto di giurisdizione della Corte dei Conti - giurisdizione del Giudice ordinario, e di CAPALBO, I
limiti esterni alla giurisdizione della Corte dei Conti e società partecipate: una brusca battuta di arresto. Particolarmente critico su tale sentenza è lo
studio di VETRO, Rivisitazione, alla luce della recentissima sentenza n. 809/2012 della Sezione I d'appello della Corte dei conti, della problematica:
a) sulla giurisdizione in tema di responsabilità, nei confronti della p.a., degli amministratori e dipendenti delle società con partecipazione pubblica;
b) sul danno all'immagine della p.a.; c) sul c.d. danno alla concorrenza, in www.lexitalia, f.1, 2013
38
Cass., sez. un., 15 gennaio 2010 n. 519, in Foro amm.-CdS, 2010, 1, 92 con nota di TENORE, La giurisdizione cit., in www.lexitalia.it, 2010,
n. 2 e in Società, 2010, 803, con nota di GIUGLIONE-BIALLO. In terminis anche Cass., sez. un., 23 febbraio 2010 n. 4309, in Foro it., 2010, I, 1775, e in
Società, 2010, 1370 con nota di DALFINO; id., sez. un., 12 luglio 2010 n. 16286, in Foro it., 2011, I, 510; id., sez. un., 5 luglio 2011 n. 14655, in Foro
amm. CDS, 2011, 7-8, 2299, Resp. civ. e prev., 2011, 12, 2596, in Giust. civ. Mass., 2011, 7-8, 1008. Tali sentenze sono state seguite dalle similari
pronunce Cass., sez. un., n. 14655, n. 14957 e n. 20941 del 2011 e da Cass., sez. un., 1 febbraio 2012 n. 1419 e id., sez.un., 9 marzo 2012 n. 3692,
tutte in Ced Cassazione. Per una attenta ricostruzione della giurisprudenza in materia v. TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 79 seg.
15
confronti di amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico proposta per
reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società.
Il quadro così sintetizzato, frutto del “combinato-disposto” di fonti legislative e interventi
interpretativi delle sezione unite della Cassazione, è, senza inutili giri di parole, desolante ed
espressivo di un disegno scientemente (per il legislatore) e incoscientemente (per la Cassazione)
teso a depotenziare la sfera d'azione della Corte dei conti in uno dei settori, quello della mala gestio
di amministratori e dipendenti nelle società a partecipazione pubblica, in cui comportamenti poco
virtuosi o illeciti sono frequenti ed in crescita per vari motivi, tra i quali la assenza di adeguati
controlli esterni e imparziali e la possibile (colposa o dolosa) inerzia della compagine sociale,
spesso incapace di cogliere profili di illegalità dei vertici gestionali o non interessata a perseguirli
con le pur esistenti azioni civilistiche. Difatti, mentre l'azione civile (actio pro socio o pro societate)
è volontaria e non coartata, l'azione della Procura contabile è officiosa ed obbligatoria: devolvere
al socio l'azione per danni arrecati da amministratori significa “confidare” nella sua (non sempre
riscontrabile) volontà di attivarsi in sede civile (fermo restando che la mancata attivazione, ove
accertata da organi di controllo interni, se realmente “terzi”, origina una responsabilità erariale).
3.2. L’autore del danno e il rapporto di impiego o di servizio con la p.a.
Le componenti strutturali dell'illecito amministrativo-contabile sono notoriamente,
costituite: a) dal rapporto di impiego o di servizio con la p.a.; b) dalla condotta; c) dal danno
erariale; d) dall'elemento psicologico; e) dal nesso causale.
Partendo dal primo elemento, che rappresenta uno dei presupposti caratterizzanti della
giurisdizione contabile, va evidenziato che al giudizio della Corte dei Conti per responsabilità
amministrativa sono sottoposti, di regola, i soli dipendenti, intranei alla p.a., legati
all'amministrazione da rapporto organico.
La normativa di riferimento è costituita dall'art. 52, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, che fornisce
un'ampia nozione di dipendente pubblico sottoposto alla giurisdizione contabile, statuendo che « I
funzionari, impiegati ed agenti, civili e militari, compresi quelli dell'ordine giudiziario e quelli
retribuiti da amministrazioni, aziende e gestioni statali ad ordinamento autonomo, che
nell'esercizio delle loro funzioni, per azione od omissione imputabili anche a sola colpa o
negligenza, cagionino danno allo stato od altra amministrazione dalla quale dipendono, sono
sottoposti alla giurisdizione della corte nei casi e modi previsti dalla legge sull'amministrazione del
patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato e da leggi specialistiche ».
Un'analoga ampia dizione è contenuta nell'art. 2, l. 8 ottobre 1984, n. 658 (richiamato
dall'art. 1, l. 14 gennaio 1994, n. 19), che ribadisce l'estensione della giurisdizione contabile nei
confronti di « amministratori e funzionari, impiegati e agenti di uffici e organi dello Stato e di enti
pubblici ».
Pur avendo la Corte dei conti generale cognizione sui dipendenti pubblici legati alla p.a. da
rapporto organico, tuttavia, ormai da alcuni anni, il giudice contabile ha rivendicato la propria
giurisdizione anche nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione danneggiata, ma legati alla
stessa da un rapporto di servizio, che si configura quando una persona fisica, o anche giuridica (es.
banca tesoriere di un ente pubblico, società concessionaria per la riscossione), venga inserita a
qualsiasi titolo (volontario, coattivo, onorario o impiegatizio) nell'apparato organizzativo pubblico e
venga investita sia autoritativamente che convenzionalmente dello svolgimento in modo
continuativo di un'attività retta da regole proprie dell'azione amministrativa, così da essere partecipe
dell'attività amministrativa (39).
39
Sul rapporto di servizio e la giurisdizione contabile, cfr. TENORE, La nuova Corte dei conti, cit. 49 ss. In giurisprudenza Cass., sez. un.,
30 gennaio 2003, n. 1472, in Giust. civ. Mass., 2003, 231; Cass., sez. un., 28 novembre 1997, n. 12041, in Riv. C. conti, 1997, f. 6, 286;
Cass., sez. un., 10 ottobre 2002 n. 14473, in Giust. civ. Mass., 2002, 1782, in Riv. C. conti, 2002, f. 5, 212.
16
La Corte dei Conti 40 ha così ritenuto sussistere la propria giurisdizione sulle condotte dannose
per l'erario poste in essere da medici privati c.d. « di base » legati da apposita convenzione al
Servizio sanitario nazionale, o dal professionista privato nominato direttore dei lavori pubblici o
collaudatore, mentre si discute sulla sussistenza della giurisdizione contabile sui progettisti esterni
di opere pubbliche.
Parimenti l'organo giuscontabile ha ritenuto sussistente la propria giurisdizione nei confronti
di farmacisti che abbiano arrecato danno al aziende USL, nei confronti dei componenti del Secit che
abbiano danneggiato l'amministrazione finanziaria, nei confronti dei membri del collegio dei
sindaci o dei revisori di un ente pubblico, nei confronti di consulenti esterni di enti pubblici, nei
confronti dei sanitari dipendenti o convenzionati della USL, componenti le commissioni mediche
incaricate di accertare il grado di invalidità degli aspiranti al relativo assegno, legati da rapporto di
servizio con il Ministro dell'interno, a carico del quale è posta tale provvidenza, nei confronti dei
professionisti che rivestendo le cariche di Presidente, Segretario e revisore dei conti abbiano
arrecato danno ad un Collegio professionale, nei confronti dei gestori di ricevitorie del lotto e nei
confronti dei revisori dei conti di istituzioni scolastiche, nei confronti degli organi c.d. straordinari
costituiti per rendere pareri e valutazioni nel contesto di procedimenti, originando così un rapporto
di servizio con l'amministrazione, nei confronti degli amministratori di un ente ospedaliero, nei
confronti dei componenti di un seggio elettorale, nei confronti dei medici incaricati operanti
nell'ambito degli istituti di prevenzione e di pena.
Analogo indirizzo è stato seguito per persone giuridiche (ed il relativo amministratore) legati
alla p.a. da rapporto di servizio (es. banca-tesoriere di enti locali; società affidatarie di corsi di
formazione professionale, come tali gestori di fondi pubblici; cooperative preposte dalla Regione
all'attuazione dei progetti socialmente utili; cooperative di gestione di corsi di promozione
dell'occupazione giovanile, di cui alla l. 1 giugno 1977, n. 285) (41). Non è da escludere dunque la
giurisdizione contabile a fronte di danni cagionati all'amministrazione fiscale dai concessionari per
la riscossione.
La Corte di Cassazione42 ha invece negato che sussista un rapporto di servizio tra
l'amministrazione finanziaria e i messi notificatori dei Comuni per erronee, omesse o tardive
notifiche di atti fiscali, essendo ex lege instaurato un rapporto giuridico solo tra Comune e
Ministero, e non tra quest'ultimo ed il messo e ha altresì negato tale rapporto nella relazione tra
l'Unione nazionale produttori latte bovino (Unalat) e la p.a. in relazione alla c.d. gestione delle
quote-latte nel periodo 1988-1993. Parimenti inconfigurabile è il rapporto di servizio tra la p.a. e i
propri i delegati di parte pubblica, partecipanti alla contrattazione collettiva relativa al personale
USL, o tra la p.a. ed una società di distribuzione di generi di monopolio che abbia ricevuto
l'incarico in base ad un contratto privatistico.
Non può infine attivarsi la Corte dei conti a fronte di danno cagionato da professionista
esterno all'amministrazione nell'esercizio di attività libero-professionale (es. patrocinio legale),
caratterizzata da ampio mandato e non sottoposta a vincoli e direttive della p.a., anche se non manca
qualche pronuncia in senso contrario (43).
40
V. l’ampia giurisprudenza rinvenibile in TENORE, La nuova Corte dei conti, cit. 103 ss.
41
Sul rapporto di servizio con una persona giuridica in generale v. C. conti, sez. I, 26 aprile 2002 n. 132/A, in Riv. C. conti, 2002, f. 2, 139.
Per la giurisdizione contabile su società di gestione di corsi professionali v. Cass., sez. un., 10 ottobre 2002 n. 14473, in Foro amm. - C.d.S.,
2002, 2327; id., sez. un., 22 gennaio 2002 n. 715, in Giust. civ. Mass., 2002, 105 e in Riv. C. conti, 2002, f. 2, 277; id., sez. un., 29 gennaio
2000, n. 19, in Riv. C. conti, 2000, f. 1, 189; id., sez. un., 30 marzo 1990, n. 2611, in Giust. civ., 1990, I, 1726 e in Riv. C. conti, 1990, f. 2,
162; id., sez. un., 28 ottobre 1995, n. 11309, in Giust. civ. Mass., 1995, f. 10; id., sez. riun., 5 marzo 1993, n. 2668, in Cons. Stato, 1993, II,
1448; C. conti, sez. III centrale, 15 ottobre 1997, n. 292 e id., 30 ottobre 1997, n. 313, entrambe in Panorama giuridico, 1997, n. 6, 41 e 47;
id., sez. Basilicata, 28 luglio 1998, n. 272, ivi, 1998, n. 5, 44, con ampi richiami giurisprudenziali. Vedi anche Cass., sez. un., 28 ottobre
1995, n. 11309.
Per la giurisdizione contabile su società di gestione di corsi di promozione dell'occupazione giovanile, di cui alla l. 1 giugno 1977, n. 285, v.
Cass., sez. un., 5 giugno 2000, n. 400, in Foro it., 2000, I, 2789.
42
V. l’ampia giurisprudenza rinvenibile in TENORE, La nuova Corte dei conti, cit. 49 ss.
43
Sulla carenza di giurisdizione contabile sul legale esterno alla p.a. atteso che l'espletamento di tali attività non è sufficiente a mutare un
rapporto privatistico di opera intellettuale in un rapporto di pubblico servizio, presupponente n on solo lo svolgimento di attività in favore
17
Rilevante corollario derivante dalla mancanza di un rapporto di servizio con la p.a. (di
privati o di dipendenti pubblici appartenenti ad amministrazione diversa da quella danneggiata) è
dato dalla impossibilità di perseguire l'illecito da parte della magistratura contabile. Resta
ovviamente ferma la possibilità (rectius doverosità) per l'ente danneggiato di citare innanzi al
giudice ordinario l'autore del danno (ove i vertici dell'ente abbiano la volontà di deliberare la
proposizione dell'azione).
3.3. La non responsabilità degli organi politici in buona fede.
Sotto il profilo soggettivo, sono sottoposti alla giurisdizione contabile la totalità dei pubblici
dipendenti. L'art. 1, co. 1-ter, l. 14 gennaio 1994, n. 20 (nel testo novellato dalla l. n. 639 del 1996)
ha però escluso dal novero dei soggetti incardinati nella p.a. non giudicabili, di regola, dalla Corte
dei conti (ma ragionevolmente convenibili in sede risarcitoria innanzi all'a.g.o.) i componenti degli
organi politici. Difatti, la norma recita testualmente « Nel caso di atti che rientrano nella
competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari
degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o
consentito l'esecuzione ».
Si tratta di un coerente recepimento e corollario del principio, introdotto dall'art. 2, d.lgs. 3
febbraio 1993, n. 29 (oggi art. 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) e ribadito in altri testi normativi (es.
art. 107, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), di separazione funzionale tra organi politici ed organi
amministrativi e tecnici preposti alla gestione dell'apparato pubblico.
Del principio si è fatta immediata applicazione in numerosi contenziosi innanzi alla
magistratura contabile, che ha tuttavia limitato la portata del principio ai soli organi politici di
derivazione elettiva, con esclusione degli organi collegiali di altra derivazione (44).
Il punto centrale in sede di concreta applicazione della norma attiene, a nostro avviso,
all'accertamento da parte della magistratura contabile della « buona fede » del politico che assuma
una deliberazione dannosa per l'erario sulla scorta di errori o omissioni nell'istruttoria condotta dai
funzionari tecnici o amministrativi e sottesa al deliberato dell'organo politico che ha una genesi
procedimentalizzata (45). Ci sembra di poter affermare che la buona fede dell'organo politico è da
ritenere sussistente qualora la delibera dannosa dallo stesso adottata, sia stata condizionata, nei suoi
presupposti conoscitivi-istruttori, dalle competenze degli organi tecnici e amministrativi.
Riteniamo inoltre che possa egualmente configurarsi una responsabilità dell'organo politico
qualora abbia assunto una deliberazione dannosa omettendo di richiedere i necessari pareri tecnici o
ingerendosi direttamente in attività gestorie di competenza della dirigenza: in entrambi i casi, e
soprattutto nel secondo assai frequente negli enti locali, si configurano evenienze che travalicano i
limiti applicativi della esimente in esame (46).
della p.a., ma anche l'inserimento nell'organizzazione di quest'ultima, v. Cass., sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12707, in Giust. civ. Mass.,
1998, 2618; C. conti, sez. I, 4 giugno 1998, n. 171, in Riv. C. conti, 1998, f. 4, 65; id., sez. Sicilia, 5 maggio 1997, n. 97, in Panorama
giuridico, 1997, n. 3, 34. Sul punto, in terminis, v. anche PILATO, La responsabilità amministrativa, cit., 83 ss.
Contra C. conti, sez. I, 8 aprile 2002 n. 107/A (in Riv. C. conti, 2002, f. 2, 129), secondo cui se continuativa e prevista per la generalità dei
provvedimenti amministrativi emessi da un comune, l'attività libero professionale viene ad inserirsi nell'ordinaria sequela procedimentale
dell'attività amministrativa dell'ente pubblico, rispetto al quale viene a costituirsi in tal modo un rapporto di servizio del professionista stesso;
ne consegue, in tal caso, la giurisdizione della Corte dei conti in fattispecie di responsabilità amministrativa per erroneità delle prestazioni
svolte.
44
In giurisprudenza fra le varie applicazioni della esimente in esame v. l’ampia giurisprudenza richiamata da TENORE, La nuova Corte dei
conti cit., 126 ss.
45
In sintonia con quanto sostenuto nel testo appare SCHLITZER, Profili sostanziali della responsabilità amministrativo-contabile, in
SCHLITZER, L'evoluzione della responsabilità amministrativa, Milano, 2002, 104 ss.
18
La magistratura ha poi chiarito, assai opportunamente, che tale esimente non si configura per
atti e procedimenti riguardo ai quali il ruolo dei suddetti uffici tecnici e amministrativi ha carattere
meramente strumentale (47); parimenti è stato chiarito che l'organo politico risponde comunque dei
danni arrecati per scelte gestionali che le competano in via di eccezione in base ad espressa
previsione normativa (48).
3.4. La condotta dannosa: attiva ed omissiva, vicolata e discrezionale
Venendo alla seconda componente strutturale dell'illecito in esame, va in primo luogo
ricordato che la responsabilità amministrativa va desunta da condotte illecite dei dipendenti pubblici
e non necessariamente da atti illegittimi posti in essere dagli stessi.
Ciò che assume rilevanza è, dunque, la violazione dei doveri di ufficio e l'inadempimento di
obblighi di gestione. La mera illegittimità dell'atto (es. provvedimento di assunzione o di
inquadramento in una superiore qualifica contra legem; avviso di accertamento illegittimo annullato
in sede giurisdizionale; atto di autotutela illegittimo; delibera di realizzazione di un'opera pubblica
inutile; aggiudicazione di una gara ad impresa priva di requisiti etc.) può dunque essere un mero
indice sintomatico della illiceità di una condotta dannosa (da esborso di somme pubbliche per la
suddetta condotta « attizia » contra legem): la categoria della legittimità-illegittimità di un
provvedimento amministrativo attiene al rapporto tra il potere autoritativo della p.a. e le posizioni
soggettive dei privati, mentre la categoria della liceità-illiceità di una condotta afferisce alla idoneità
o meno della stessa ad arrecare un danno ingiusto.
Ne consegue che la Corte dei conti, pur non potendolo annullare, può incidentalmente valutare
la legittimità o meno di un atto amministrativo (giungendo eventualmente anche a conclusioni
discordanti rispetto a quelle del giudice amministrativo presso il quale l'atto sia stato impugnato
principaliter), al solo fine di coglierne i sintomi o i riflessi di illiceità della condotta posta in essere
attraverso l'adozione dell'atto stesso e non incontra i limiti valutativi posti al giudice amministrativo
dall'oggetto « provvedimentale » del giudizio (49).
In ogni caso, la cognizione della Corte dei conti in sede di responsabilità non è limitata alle
condotte contra legem, ma si estende, , anche a quelle formalmente conformi alla normativa, ma
egualmente non convenienti o irrazionali alla luce di parametri desunti dalla comune esperienza
amministrativa.
La condotta dannosa del pubblico dipendente, che origina una sua personale responsabilità
amministrativa, può essere, al pari di altre forme di responsabilità (civile, penale, disciplinare),
attiva o omissiva.
Come è noto, si assiste, a livello giurisprudenziale, alla progressiva crescita di giudizi
originati da danni erariali cagionati da condotte omissive di pubblici dipendenti. A tale linea
evolutiva non si sottraggono altre forme di illecito (civile, penale, disciplinare), come si evince dalla
lettura dei repertori degli ultimi anni delle varie magistrature, ricchissimi di fattispecie omissive.
Tale fenomeno trova una sua giustificazione nel notevole incremento della produzione
normativa nel nostro ordinamento, che comporta l'osservanza di una accresciuta serie di
disposizioni (si pensi, tra le tante, alla normativa in materia di appalti, sulla sicurezza sul lavoro, o a
46
C. conti, sez. Toscana, 29 aprile 1997, n. 313, in Riv. C. conti, 1997, f. 3, 107, estende la responsabilità all'organo politico qualora
quest'ultimo approvi il progetto di un'opera pubblica, rivelatosi poi inadeguato e dannoso, in assenza del parere dell'ufficio tecnico, agendo
così come organo amministrati vo. In terminis, sulla omessa acquisizione di pareri tecnici, C. conti, sez. III, 6 aprile 2001, n. 78, in Riv. C.
conti, 2001, f. 2, 133. Alle medesime conclusioni, ma sulla base di diverse argomentazioni (assenza di buona fede in capo agli
amministratori, in quanto devono possedere un minimo di capacità professionali per avvededersi di errori o omissioni nell'istruttoria condotta
dai funzionari tecnici o amministrativi), perviene C. conti, sez. Puglia, 1 giugno 1998, n. 25, inedita.
47
C. conti, sez. II centrale, 26 ottobre 1998, n. 234, in Panorama giur., 1998, n. 5, 31.
48
C. conti, sez. III, 10 dicembre 1998, n. 321/A, in Ragiusan, 1999, f. 177, 97.
49
Sulla distinzione in dottrina tra atto illegittimo e condotta illecita v. TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 133 ss.
Sulla distinzione de qua in giurisprudenza cfr. tra le tante, C. conti, sez. riun., 20 febbraio 1990, n. 652/A, in Riv. C. conti, 1990, f.
3, II, 45; id., sez. riun., 23 giugno 1992 n. 792, in Riv. C. conti, 1992, f. 4, 36 ss. Sulla illegittimità del provvedimento come indice
sintomatico dell'illiceità comportamentale v. C. conti, sez. II, 27 giugno 1995, n. 62, in Riv. C. conti, 1995, f. 4, 72; id., sez. riun., 19
settembre 1990, n. 684/A, in Riv. C. conti, 1990, f. 6, 44.
19
quella sul rispetto dei tempi per la chiusura dei procedimenti). A ciò aggiungasi, quali concause di
tale crescita degli illeciti omissivi, sia la complessità tecnica di alcuni precetti, che rende assai
difficoltosa la loro esatta applicazione, sia il progresso scientifico, che ha reso edotti i cittadini (e la
stessa Procura contabile) che alcuni eventi dannosi, un tempo ritenuti fortuiti, sono frutto di
omissioni colpose dell'uomo.
I giudizi contabili hanno vagliato fattispecie molto varie: di omessa o tardiva conclusione di
procedimenti di pagamento nei termini prescritti da contratti o dalla normativa attuativa dell'art. 2,
co. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241 (all'origine dell'esborso di interessi, rivalutazione e, talvolta, di spese
di lite in giudizi intrapresi innanzi al giudice ordinario o amministrativo); di omesso utilizzo di
opere pubbliche; di omesso azionamento di pretese risarcitorie da parte della p.a.; di omessa
adozione di mezzi di vigilanza per prevenire furti; di omessa adozione di ordini di servizio per
prevenire incidenti sul lavoro poi verificatisi; di omessa iscrizione della tassa per l'occupazione di
suolo pubblico; di omesso controllo su ditta appaltatrice che cagioni un danno all'amministrazione;
di omessa verifica su bomba dichiarata inerte e poi esplosa; di omesso recupero di somme
indebitamente erogate; di mancata convocazione di una giunta per l'approvazione dei ruoli di tassa;
di mancata convocazione del consiglio per la ratifica di un atto di transazione; di omessa
acquisizione di contributo regionale che ha comportato l'esborso di maggiori oneri per interessi e
spese legali a favore di un fornitore privato, creditore della p.a. destinataria del finanziamento; di
omessa dichiarazione e versamento di IVA con conseguente sanzione per omesso versamento di
doloso mancato (o parziale) accertamento fiscale in cambio della erogazione di tangenti; di omessa
adozione di atti interruttivi della prescrizione di un carico tributario; di mancato inoltro di avvisi di
accertamento; di mancata iscrizione a ruolo di partite di imposta; di mancata insinuazione di un
credito erariale nel fallimento di una impresa debitrice verso la p.a.; di omessa adozione di cautele
nella conduzione di autoveicoli; di omessa vigilanza su alunni; di omessa custodia di beni e valori
etc.
Tra le condotte omissive foriere di danno erariale va altresì segnalata l'importante fattispecie
introdotta dall'art. 1 co. 3, l. n. 20 del 1994, secondo il quale: «Qualora la prescrizione del diritto al
risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del
danno erariale i soggetti che hanno emesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione è
proponibile entro cinque anni dalla data entro cui la prescrizione è maturata » (50). Trattasi
dell'ipotesi di responsabilità amministrativa da omessa denuncia alla Corte dei conti di fatti dannosi
per l'Erario.
La condotta omissiva all'origine di danni erariali può spesso far capo, in considerazione
degli specifici compiti attribuiti, ai soggetti preposti ad attività di controllo che, non svolgendo una
adeguata vigilanza, cagionino o concorrano alla causazione di un illecito: la casistica potrebbe
riguardare omessi riscontri da parte di dirigenti su propri subordinati, omessi controlli in sede
ispettiva, omessi annullamenti (o omessi rilievi su) di atti illegittimi ed illeciti. Trattasi tuttavia di
ipotesi raramente assurte al vaglio della magistratura contabile, soprattutto per l'assenza di un
organo che segnali alla Procura erariale l'omissione di… un controllore interno (qui custodiet ipsos
custodes?).
Talvolta la condotta illecita non è frutto di una libera determinazione del dipendente
pubblico autore del danno erariale. Ne consegue che va esclusa la responsabilità amministrativa di
quest'ultimo qualora la condotta dannosa sia stata posta in essere in situazione di incapacità di
intendere e di volere, in stato di necessità o di legittima difesa, mentre alcun peso esimente assume
l'essersi adeguato a pregresse reiterate prassi (51).
50
Sull'obbligo di denuncia alla Corte dei Conti di comportamenti dannosi per la p.a. v.TENORE, La nuova Corte dei conti, cit., 405.
Sulla irrilevanza, ai fini della buona fede, dell'essersi conformati a prassi pregresse cfr. C. conti, sez. riun., 27 marzo 1995, n. 17/A, in Riv.
C. conti, 1995, f. 2, 66; id., sez. Emilia Romagna, 29 gennaio 2002 n. 282, in Riv. C. conti, 2002, f. 1, 198; id., sez. Campania, 8 novembre
1999, n. 72, in Riv. C. conti, 2000, f. 1, 119; id., sez. II, 3 febbraio 1999, n. 35, in Comuni Italia, 1999, 946; id., sez. riun., 27 marzo 1995, n.
17/A, in Riv. C. conti, 1995, f. 2, 66; id., sez. II, 16 gennaio 1989, n. 3, in Riv. C. conti, 1989, f. 1, 115.
Contra, per la rilevanza scriminante della prassi, soprattutto se praeter legem, v. C. conti, sez. Umbria, 12 luglio 2001, n. 315, in Riv. C.
conti, 2001, f. 3, 182; id., sez. Basilicata, 6 ottobre 1998, n. 312, in Riv. C. conti, 1998, f. 5, 77; id., sez. I, 1 giugno 1994, n. 97, Riv. giur.
scuola, 1995, 356. La prassi assume comunque rilevanza ai fini dell'esercizio del potere riduttivo dell'addebito (v. infra). Sul tema REBECCHI,
51
20
Parimenti non sussiste responsabilità qualora la condotta dannosa sia stata frutto di un ordine
del superiore gerarchico competente. Sul punto, va tuttavia richiamato il diritto-dovere di
rimostranza spettante al subordinato destinatario dell'ordine illecito, originariamente sancito dall'art.
17 t.u. imp. civ. St. (d.P.R. 10 gennaio 1957 n.3 ancora vigente per il personale non privatizzato), ed
oggi ribadito, per il personale privatizzato, dalla contrattazione collettiva (v. l'art. 23, lett. h del
CCNL comparto Ministeri 1994/1997 — confermato nella sua attuale vigenza dall'art. 11, CCNL
Ministeri 2002-2005 — e ripreso in tutti gli altri CCNL di comparto): ove l'ordine sia palesemente
illegittimo, il subordinato ha il dovere di esercitare il diritto di rimostranza. Se l'ordine viene
ribadito per iscritto, lo stesso va eseguito (con accollo di responsabilità in capo al superiore
gerarchico), salvo che la condotta non configuri un illecito penale. Non esercitando tale dirittodovere di rimostranza, il subordinato incorre in responsabilità amministrativa portando ad
esecuzione un ordine illegittimo foriero di danno erariale (52).
Sempre in ordine all'elemento strutturale «condotta», va rimarcata la notevole valenza
teorica ed operativa del principio di insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, sancito dal
novellato art. 1, co. 1, l. n. 20 del 1994.
Trattasi di una conferma settoriale del generale principio del riparto dei poteri già enunciato
dalla magistratura contabile in alcune pregresse decisioni: come ha ribadito la Corte dei conti a
sezioni riunite, la ratio della norma va ricercata nel principio generale secondo cui il giudice non
può sostituirsi all'amministrazione nel valutare quali siano le migliori scelte gestionali e i migliori
strumenti da utilizzare (53). Inoltre, un pregnante sindacato su tali scelte discrezionali
paralizzerebbe, o, quanto meno, potrebbe condizionare le iniziative di pubblici amministratori o
dirigenti.
Di analoga regola, come è noto, si fa sistematica applicazione anche innanzi al complesso TarConsiglio di Stato, a cui è precluso il sindacato sul merito sugli atti della p.a., salvo che la scelta
discrezionale dell'amministrazione si traduca in eccesso di potere. Parimenti presso la magistratura
contabile la norma è ormai di frequente protagonista di rilevanti contenziosi che hanno spesso
portato all'assoluzione dei convenuti (54).
Tra le più frequenti applicazioni di tale principio è sufficiente far riferimento alle scelte
transattive operate dalla p.a. (55), o alle spese per rappresentanza, per donativi, per contributi a
manifestazioni culturali o gemellaggio, alle consulenze esterne, alle scelte di resistere in giudizio
invece di chiudere in via amministrativa stragiudiziale un contenzioso o un possibile contenzioso
(56).
In base al principio introdotto dalla l. n. 20 del 1994, non sono dunque vagliabili dalla Corte
dei conti, e non vanno denunciate a tale organo, le condotte discrezionali che violano regole non
Prassi contra legem e responsabilità amministrativo-contabile: valore scriminante della colpa grave?, in Riv. C. conti, 1999, f. 2, 194.
52
Sulla rimostranza cfr. DE TARANTO, Il diritto di rimostranza degli impiegati civili dello Stato, in Il segr., 1964, 715; MAZZOTTA, Diritto di
critica e contratto di lavoro, in Foro it., 1986, I, 1878. Vedasi anche la giurisprudenza citata da VIRGA, Il pubblico impiego dopo la
privatizzazione, Milano, 1993, 80, n. 22; MAZZEO, Sull'obbedienza e diritto di rimostranza, in Riv. giur. scuola, 1977, 1; VOZA, Riflessioni
sulla sanzione disciplinare per inosservanza dell'ordine del superiore gerarchico, in TAR, 1991, II, 371.
In giurisprudenza, tra le tante, cfr. C. conti, sez. II, 10 dicembre 1992 n. 272, in Riv. C. conti, 1992, f. 6, I, 86, su una fattispecie di danno
erariale cagionato da un dirigente generale per mancato esercizio del potere di rimostranza nei confronti di un'ordine palesemente illegittimo
del Ministro.
53
C. conti, sez. riun., 3 giugno 1996, n. 30/A, in Riv. C. conti, 1996, f. 4, 59.
54
Per una accurata rassegna delle tante decisioni che hanno fissato limiti alla insindacabilità delle scelte discrezionali della p.a. da parte del
giudice contabile in relazione agli atti contra legem e agli atti arbitrari che si pongono contro la legge, v TENORE, La nuova Corte dei conti
cit., 77.
55
Costituisce atto che esprime discrezionalità di merito ed è, comunque, esente da colpa grave, la stipula di una transazione effettuata dal
direttore amministrativo di un'università su conforme parere dell'Avvocatura dello Stato (C. conti, sez. I, 31 maggio 2002 n. 173/A, in Riv. C.
conti, 2002, f. 3, 89). Per un'altra fattispecie assolutoria v. C. conti, sez. II, 21 luglio 1997, n. 154, in Riv. C. conti, 1997, f. 6, 139. Per
l'illiceità di una transazione su una pretesa palesemente infondata o prescritta, v. anche C. conti, sez. III, 20 aprile 1999, n. 80, in Foro amm.,
2000, 664 e in Riv. C. conti, 1999, f. 3, 100; id., sez. II, 27 novembre 1997, n. 231, in Riv. C. conti, 1998, f. 1, 103; id., sez. II, 2 aprile 1997,
n. 22, in Riv. C. conti, 1997, f. 3, 71.
56
Sulle consulenze esterne v.TENORE, Le incompatibilità per i pubblici dipendenti, le consulenze e gli incarichi dirigenziali esterni ,
Milano, 2014, 1 seg . Per una fattispecie in materia di consulenze esterne v. C. conti, sez. III, 8 gennaio 2003, n. 9/A, in Riv. C. conti, 2003,
f. 1, 141; id., sez. Liguria, 6 novembre 2003, n. 912, in www.corteconti.it. Sul superamento della discrezionalità in caso di lite temeraria v. C.
conti, sez. Calabria, 5 novembre 2003, n. 901 in www.corteconti.it.; id., sez. II app., 3 novembre 2003, n. 3003, ivi.
Sui limiti alla discrezionalità della p.a. per spese promozionali v. Cass., sez. un., 6 maggio 2003, n. 6851, in Foro it., 2003, I, 3404.
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scritte di opportunità e convenienza, ma solo quelle che si pongono in contrasto con norme espresse
o principi giuridici (atti contra legem) (57).
Tuttavia, così come il giudice amministrativo può sindacare le scelte discrezionali qualora si
traducano in un eccesso di potere (vizio di legittimità), le più recenti pronunzie del giudice contabile
hanno chiarito che va riconosciuto alla Corte dei conti, in quanto istituzionalmente preposta ad
impedire la dissipazione del pubblico denaro, un potere sindacatorio delle scelte discrezionali dei
pubblici operatori, per impedire effetti dirompenti e lesivi dei principi di imparzialità e di buon
andamento dell'azione amministrativa, pur dovendosi comunque evitare che il giudice, nello
svolgimento delle proprie valutazione, sostituisca le sue scelte a quelle operate dall'autorità
amministrativa in sede di esercizio del potere discrezionale, poiché così facendo, egli cesserebbe di
essere « operatore di giustizia » per divenire « amministratore » (58).
Sul sottile limite sindacatorio attribuito dalla norma in esame al giudice contabile (trattasi
comunque di questione di cognizione e non di giurisdizione) è intervenuta anche la Cassazione a
sezioni unite (59), che ha autorevolmente chiarito che la Corte dei conti, nella sua qualità di giudice
contabile, può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici
dell'ente pubblico; ma, per non travalicare i limiti esterni del suo potere giurisdizionale, una volta
accertata tale compatibilità, non può estendere il suo sindacato all'articolazione concreta e minuta
dell'iniziativa intrapresa dal pubblico amministratore, la quale rientra nell'ambito di quelle scelte
discrezionali di cui la legge stabilisce l'insindacabilità (art. 1, co. 1, l. n. 20 del 1994, nel testo di cui
all'art. 3, l. n. 639 del 1996), e può dare rilievo alla non adeguatezza dei mezzi prescelti dal pubblico
amministratore solo nell'ipotesi di assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi stessi rispetto ai
fini.
Il giudice di legittimità ha chiarito che tale sindacato: a) non può intendersi a scelte discrezionali
non inconciliabili normativamente con le finalità dell'ente; b) deve fondersi in una attenta
comparazione tra i costi sostenuti e i risultati conseguiti o perseguiti (Cass., sez. un., 6 maggio
2003, n. 6851).
Nel sindacare le scelte discrezionali della p.a., la cennata sentenza n. 30 del 1996 delle
sezioni riunite della Corte dei conti ha chiarito che la valutazione del giudice contabile al fine di
riscontrare comportamenti perseguibili, va svolta nei limiti ben circoscritti, dovendo essere
compiuta con giudizio ex ante e con il parametro del limite della irragionevolezza in presenza del
quale soltanto il comportamento psicologico del soggetto decidente può configurarsi come colpa,
limitandosi, in ipotesi di discrezionalità piena e non tecnica, ad una valutazione sulla razionalità e
congruità dei comportamenti, che va effettuata in relazione al momento in cui concretamente gli
amministratori hanno operato ed alla esigenza concreta da perseguire.
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Tra i più recenti studi sui limiti al sindacato del giudice contabile sull'esercizio del potere discrezionale dei funzionari della p.a. è
sufficiente il richiamo a TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 147; PINOTTI, Profili di rilevanza delle regole tecniche nel giudizio di
responsabilità amministrativa, in Cons. Stato, 1995, II, 567; BORELLI PORRECA, Il pubblico ministero contabile e l'attività discrezionale, in
Riv. C. conti, 1996, II, 375; VISCA, Sull'insindacabilità del giudice contabile nel merito delle scelte discrezionali (nota a Cass., sez. un., 29
gennaio 2001, n. 33), in Giust. civ., 2002, I, 2922; PAGLIARIN, Colpa grave ed equità, Padova, 2002, 139 ss. e 156 ss.; CIMINI, La
responsabilità, cit., 43 ss.
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Sull'utilizzo dei parametri di buon andamento dell'azione amministrativa, di economicità, efficacia ed efficienza della stessa per
l'accertamento della condotta antigiuridica v. POLICE, La disciplina attuale della responsabilità amministrativa, in SCOCA, La responsabilità
amministrativa, cit., 88 ss. Interessante è anche il richiamo al principio di « proporzionalità » cui fa riferimento ATTANASIO, Modulo
consensuale nell'esercizio della potestà amministrativa. Brevi note sui profili di rilevanza nel giudizio di responsabilità amministrativa , in
www.amcorteconti.it; COLOMBINI, Il principio di proporzionalità nel sindacato del giudice contabile, in Atti del seminario Le nuove
prospettive della responsabilità amministrativo-contabile, Venezia 2 ottobre 2001, in Il diritto della Regione, Padova, n. 1, 2002.
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Cass., sez. un., 29 gennaio 2001, n. 33, in Giust. civ., 2002, I, 2921, con nota di VISCA, Sull'insindacabilità del giudice contabile nel merito
delle scelte discrezionali; in D&G - Dir. e giust., 2001, f. 7, 28, con nota di DISTEFANO; in Foro it., 2001, I, 1171 con nota di D'AURIA e in
Riv. C. conti, 2001, f. 1, 252. Con tale sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che la partecipazione di giornalisti italiani alla
delegazione avente lo scopo di far conoscere in Cina la realtà economica, commerciale ed industriale milanese è scelta discrezionale di
merito e, pertanto, insindacabile da parte del giudice contabile. In terminis Cass., sez. un., 6 maggio 2003, n. 6851, in Foro it., 2003, I, 3404
(fattispecie relative a spese promozionali e di riformazione sull'attività dell'ente).
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3.5. Il concorso di persone nella causazione del danno. L’imputazione dell’addebito e il
beneficium excussionis.
L'illecita verificazione di un danno all'amministrazione può essere frutto anche della
condotta di una pluralità di pubblici dipendenti (es. un impiegato si appropri di una somma e il
relativo dirigente colposamente non se ne avveda; un dirigente ed un proprio subordinato che non
denuncino alla Corte dei conti un danno riscontrato da entrambi; due finanzieri concordino con un
contribuente la percezione di una tangente per « addomesticare » un accertamento tributario; un
dipendente timbra il bedge e torna a casa ed il dirigente lo “copre”).
In tali evenienze, l'art. 3 della l. 20 dicembre 1996, n. 639, aggiungendo il co.1-quater all'art.
1 della legge n. 20 del 1994, ha sancito, in caso di concorso di persone nell'illecito, il principio della
personalità e parziarietà (regola del c.d. «a ciascuno il suo») della responsabilità amministrativa (in
verità già previsto dall'art. 82, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, l. cont. Stato). È stato così espunto
l'antitetico principio di solidarietà passiva, recepito dalla prevalente giurisprudenza contabile per
esigenze di tutela del credito erariale, ed oggi limitato, a seguito della cennata novella del 1996, alle
due sole eccezionali ipotesi («punitive») di concorrenti beneficiari di « illecito arricchimento o che
abbiano agito con dolo ».
Riceve invece nuovi spunti il dibattito relativo all'esistenza o meno nel nostro ordinamento di un
beneficium excussionis in caso di concorso tra più dipendenti nell'illecito amministrativo, qualora
concorrano comportamenti dolosi e (gravemente) colposi nella causazione del danno erariale (60). È
comunque assolutamente prevalente l'indirizzo, avallato ormai dalla stessa Consulta e dalle sezioni
riunite della Corte (61), favorevole, come già prima della l. n. 20 del 1994, alla aggredibilità del
soggetto agente con colpa grave solo dopo l'infruttuosa escussione di chi abbia agito con dolo.
IL principio civilistico del beneficium excussionis è tipico delle obbligazioni che vedono più debitori dal lato passivo del rapporto, e
consiste nella previa aggressione da parte del cre ditore del patrimonio del debitore principale (ad es. quello che ha prodotto il danno agendo
con dolo) e solo in caso di incapienza pecuniaria di quest'ultimo anche del debitore sussidiario (es. quello che ha agito con colpa grave).
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Sul beneficium excussionis in giurisprudenza si rinvia a TENORE, La nuova Corte dei conti cit., 157.
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