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La responsabilità solidale negli appalti alla luce delle recenti
Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
La responsabilità solidale negli appalti
alla luce delle recenti modifiche legislative
SABRINA CASSAR
Ricercatore - Università di Roma «Tor Vergata»
1. - La frammentazione del processo produttivo-organizzativo: cenni
introduttivi. — Gli ultimi decenni,
come è noto, appaiono fortemente
segnati dallʼevoluzione dei modi
di produrre e di lavorare di talché
possono dirsi superati i «modelli
di produzione centralizzati e fortemente gerarchizzati» (1) ai quali
si è ispirato il codice del 1942 e la
legislazione successiva.
Le trasformazioni delle imprese e
dell’economia di mercato (2) hanno
condotto il diritto del lavoro ad «una
crisi dei concetti tradizionali» (3), in
specie, di fronte alla «deconcentrazione e smaterializzazione dell’impresa organizzazione» (4) e alle possibilità di c.d. delocalizzazione (5).
In particolare, sul finire del XX secolo, si osserva (6) una «straordinaria
metamorfosi» del processo di produzione «sul piano dell’evoluzione
organizzativa dell’impresa» la quale,
da «tecnostruttura integrata, tende
Sommario: 1. - La frammentazione del
processo produttivo-organizzativo:
cenni introduttivi. — 2. - La tutela delle posizioni creditorie dei lavoratori
negli appalti «genuini» alla luce delle
ultime novità: il coordinamento con
le riformate misure fiscali. — 3. - La
versione «semplificata» del nuovo co.
2, dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 e
l’efficacia oggettiva della tutela solidaristica. — 4. - L’efficacia soggettiva
della tutela solidaristica nella «catena degli appalti» e l’applicabilità
dell’art. 29 al committente pubblico.
— 5. - Il nuovo regime processuale
riformato dalla l. n. 92/2012. — 6. - Il
ritorno al piano nazionale per la delega alle Parti sociali di deroga alla
disciplina della responsabilità solidale. I limiti e le prospettive della l.
n. 92/2012. — 7. - La corresponsabilità
dell’adozione delle misure di sicurezza. — 8. - Considerazioni conclusive.
a divenire una rete estesa di unità
semiautonome o autonome con forme elastiche di coordinamento» (7).
Le formule applicate alle nuove architetture organizzative sono quelle
che, sostanzialmente, circoscrivono
la produzione alle attività che ne
costituiscono il differenziale competitivo e rinviano allʼesterno le altre
fasi che, pur tradizionalmente integrate, non figurano nelle c.d. core
competencies.
Si determina, in tal modo, la sostituzione di una parte del segmento
aziendale secondo una formula suscettibile di riprodursi a cascata lungo la catena dei subfornitori.
Peraltro, se complesse si rivelano
le chiavi di lettura (8) del cambiamento, differenti sono le fattispecie
con cui lʼimpresa realizza le nuove
modalità organizzative della produzione, spesso con ricorso a processi
di esternalizzazione in senso lato
(ovvero, di trasferimento dʼazienda
(1) M. PERSIANI, Autonomia, subordinazione e coordinamento nei recenti modelli di collaborazione lavorativa, in Diritto del lavoro,
Padova 2004, 643.
(2) Per una ricostruzione delle cause e degli effetti dei cambiamenti in atto si rinvia alle considerazioni (e alle relative note di approfondimento) di R. PESSI, Lavoro, mercato, impresa, utilità sociale, in Valori e regole costituzionali, in «Quaderni del Dipartimento di Scienze
giuridiche della Luiss Guido Carli», 29 e ss.
(3) Cfr. E. GHERA, Subordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto, in «Dir. lav. rel. ind.» 2006, 27.
(4) E. GHERA, op. cit.
(5) Il termine «delocalizzazione», come è noto, identifica il fatto che l’impresa sposta altrove (in specie all’estero), in tutto o in parte, la
propria attività produttiva, anche se non necessariamente la delocalizzazione implica anche l’esternalizzazione; cfr., tra gli altri, R. DE
LUCA TAMAJO, Ragioni e regole del decentramento produttivo, in «Dir. rel. ind.» 2005, 307 e ss.
(6) Cfr. R. DE LUCA TAMAJO, Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: scenari e strumenti, in «Riv.
it. dir. lav.» 2007, 4 e ss.
(7) R. DE LUCA TAMAJO, Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata, cit. Tra l’altro, l’Autore sottolinea come il
nuovo meccanismo di produzione, determinato non già da novità sugli strumenti di produzione (come accaduto durante la rivoluzione industriale o
la più recente rivoluzione informatica) ma dalle note novità organizzative, sia caratterizzato da «una duplice e apparentemente contraddittoria tendenza» in quanto se «alla sommità del sistema imprenditoriale, lì dove si giocano gli assetti societari, finanziari e manageriali, si delineano incalzanti processi di concentrazione», viceversa, «alla base della piramide si intensificano i programmi di frammentazione organizzativa e societaria».
(8) E vale segnalare come esse siano di varia natura (economica, organizzativa, sociale, ecc.); per un approfondimento si rinvia alla ricostruzione di R. DE LUCA TAMAJO, cit. 7-8.
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e di ramo), e dʼinternalizzazione
del fattore produttivo lavoro senza
lʼassunzione della titolarità datoriale
(vale a dire, con ricorso alla somministrazione di lavoro).
Assai di frequente, l’operazione
economica-organizzativa in parola
si compone congiuntamente di fasi
di esternalizzazioni e di fasi di insourcing, nelle quali lʼattività ceduta
è riacquisita e riaggregata al processo produttivo «snello», tipicamente,
appunto con un contratto dʼappalto
di opera o di servizio (9).
Di fronte alle accennate caratteristiche delle strategie di decentramento
il diritto del lavoro costruito, come è
noto, tutto attorno al modello della
grande impresa fordista ed integrata,
ha reagito, inizialmente, con un atteggiamento di diffidenza se non di
ostilità (10).
Man mano che di tali operazioni è
emerso il profilo fisiologico (11) e
RAPPORTO DI LAVORO
non frodatorio la diffidenza si è attenuata e la legislazione del lavoro si è
specialmente orientata — distinte le
ipotesi di decentramento fittizie da
quelle genuine — a salvaguardare
i diritti dei lavoratori coinvolti per
mezzo di un sistema di responsabilità congiunte ispirato ad un coinvolgimento sempre più esteso nelle
responsabilità dellʼappaltatore da
parte del committente.
Si realizza così una sorta di «codatorialità sostanziale» (12) — ancorché
limitata ad alcuni trattamenti — per
effetto della quale il lavoratore resta
alle dipendenze dellʼappaltatore,
sul quale incombe il complesso dei
diritti e dei doveri che connotano il
rapporto, ma lʼappaltante è coinvolto nella relazione debitoria, in ragione del fatto che lʼappalto è diretto
alla soddisfazione dei suoi interessi
produttivi-organizzativi (13).
Se questa via, si osserva (14), co-
stituisce il «paradigma regolativo»
relativo alle diverse forme di decentramento, nella situazione tipica in
cui — nellʼaccennato contesto di disintegrazione verticale — lʼimpresa
acquisisce dal committente un prodotto o un servizio rinunciando a
produrlo allʼinterno, la ricerca del
bilanciamento tra le esigenze di effettività della tutela dei lavoratori e
le ragioni dellʼimpresa, ha imposto
una continua opera di manutenzione.
Gli interventi normativi che si sono
succeduti a più riprese sulle regole
del lavoro negli appalti in questi anni
(15) — in alcuni casi sostituendo o
modificando la disciplina previgente,
in altri affiancando alle disposizioni
già esistenti nuove previsioni — hanno, tuttavia, determinato un complesso sistema normativo di tutela e reso
talora problematico il coordinamento
tra le diverse norme (16).
Ancora da ultimo, in poche setti-
(9) In tale ottica, si ricorda che la disposizione del d.lgs. n. 251/2004 ha anche modificato l’ultimo comma dell’art. 32 del d.lgs. n. 276/2003
sancendo che «nei casi in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’art. 29, co. 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276».
Tale precisazione, si osserva, a prima vista pleonastica, ha una portata innovativa consistente nel riconoscere la legittimità e la disciplina del
contratto c.d. di outsourcing, il quale consiste, sostanzialmente, in un’operazione economica complessa per lo più suddivisibile in due fasi:
la prima di outsourcing in senso stretto, consistente nella cessione del ramo d’azienda e la seconda di insourcing, cioè di reinternalizzazione
del processo produttivo mediante contratti commerciali di appalto.
Sicché, si conviene che se le due operazioni intese singolarmente ricadono, l’una nella disciplina del trasferimento d’azienda e, l’altra,
nella nozione di appalto, esse valgono, unitariamente considerate, a configurare «il contratto di outsourcing, di cui il co. 6 dell’art. 2112
c.c. pare costituire il recepimento normativo all’interno del nostro ordinamento»; così, D. VENTURI, Responsabilità solidale e regolazione
nei processi di esternalizzazione, in «Dir. rel. ind.» 2010, 842.
(10) Sul punto, si sottolinea come le «caratteristiche dei processi di esternalizzazione alterino il quadro di riferimento della normativa e
delle costruzioni del diritto del lavoro, ponendo a seconda delle diverse sensibilità e orientamenti dottrinali, per un verso un problema di
“eccedenza” dei vincoli posti alle imprese, per altro verso un’esigenza di modifica-rafforzamento delle tradizionali tutele dei lavoratori
implicati, onde renderle più adeguate ed efficaci» così R. DE LUCA TAMAJO, op. cit., spec. 10.
(11) Cfr. M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento
d’azienda e di ramo. Diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione dell’impresa, Torino 2010, 116.
(12) L’espressione è di R. DE LUCA TAMAJO, op. cit., 16. Vale appena chiarire che, in ogni caso, il regime di responsabilità solidale non
interviene a mutare la titolarità del rapporto di lavoro che rimane unica (ampiamente sul punto si rinvia a M.T. CARINCI, L’unicità del datore di lavoro — quale parte del contratto di lavoro, creditore della prestazione è titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad
esso connesse — è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico, in «Arg dir. lav.» 2007, II, 1019 e ss.) dovendosi ritenere ancora una
mera proposta de iure condendo l’ipotesi dottrinale della codatorialità (così, ad esempio, V. SPEZIALE, Le «esternalizzazioni» dei processi
produttivi dopo il d.lgs. n. 276 del 2003: proposte di riforma, in «Riv. giur. lav.» 2006, I, 3 e ss.).
(13) Per un richiamo del tema della titolarità del rapporto di lavoro e la destinazione della prestazione, si rinvia, per tutti alle considerazioni
di S. MAGRINI, La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro, Milano 1980, 44 e ss.
(14) Così L. CORAZZA, «Contractual integration» e rapporti d lavoro. Uno studio sulle tecniche di tutela del lavoratore, Padova 2004. In
particolare, l’Autrice sottolinea come questa scelta possa costituire efficace incentivo alla selezione di partners contrattuali seri ed economicamente affidabili scongiurando il ricorso al decentramento al fine di ridurre i costi di organizzazione; sul punto in particolare 73 e ss.
(15) Per una puntuale ricostruzione dell’evoluzione normativa degli ultimi anni si rinvia, tra gli altri, a L. IMBERTI, Responsabilità solidale
negli appalti e subappalti dopo il d.l. n. 97/2008: una disciplina in continuo movimento», in «Lav. giur.» 2008, 659 e ss.
(16) Anche in considerazione «della complessità della successiva legislazione e delle diverse fonti di riferimento» lo stesso Ministero del
Lavoro e delle Politiche sociali «ritiene opportuna una ricognizione» del quadro giuridico di riferimento e «delle principali problematiche
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mane tre nuovissimi provvedimenti
(decreto semplificazioni, decreto
semplificazioni fiscali e riforma del
mercato del lavoro) si aggiungono
al composito quadro giuridico di riferimento fornendo — già dopo una
prima lettura «a caldo» — una serie
di questioni applicative e ripercussioni operative.
In questa sede, in particolare, si tenta
una ricostruzione di sintesi del sistema di responsabilità determinatosi
allʼesito dellʼincessante processo di
riforma e di adeguamento che ha interessato gli strumenti di protezione
delle posizioni creditorie dei lavoratori in appalto.
Nel contempo, alla luce del richiamo della normativa e delle ultime
novità, lʼanalisi sarà diretta a precisare — in specie, con riferimento
alla «tenuta del tipo» — il grado di
efficacia del sistema di protezione
in parola con riguardo agli ambiti
oggettivi e soggettivi della speciale
tutela offerta dalla coobbligazione
solidale fra i soggetti datoriali interessati, nonché con riguardo alle
possibilità di deroga demandate alle
Parti sociali.
2. - La tutela delle posizioni creditorie dei lavoratori negli appalti «genuini» alla luce delle ultime novità:
il coordinamento con le riformate misure fiscali. — Al fine di sintetizzare
i profili normativi ed operativi utili
all’indagine — prescindendo quindi
dalla disamina degli elementi di distinzione tra interposizione di lavoro
e appalto (17) — vale premettere un
richiamo, essenziale, ai caratteri di
definizione del contratto di appalto.
In questa prospettiva, si ricorda
appena che detta tipologia negoziale è caratterizzata da un obbligo
«di fare» dellʼappaltatore, vale a
dire di realizzare a proprio rischio,
nellʼinteresse esclusivo o comunque
del tutto prevalente di un altro sog-
getto, il committente o altrimenti
detto appaltante, un determinato
risultato (lʼopera o il servizio, appunto), da compiere avvalendosi
in piena autonomia di una propria
organizzazione imprenditoriale e di
proprio personale (dipendente ma
anche autonomo).
La definizione, ricavabile dalla disciplina codicistica (artt. 1655-1677
c.c.), è chiamata ad integrarsi — sul
piano lavoristico (18) — con la
statuizione a mente della quale l’appalto «genuino» si caratterizza per
l’assunzione da parte dell’appaltatore del «rischio di impresa» (19) e
per «l’organizzazione dei mezzi necessari (20)» che — come chiarisce
il legislatore del 2003 (21) — «può
anche risultare, in relazione alle
esigenze dell’opera o del servizio
dedotti in contratto, dall’esercizio
del potere organizzativo e direttivo
nei confronti dei lavoratori utilizzati
nell’appalto» (22).
che gli operatori incontrano nel ricorrere all’appalto», così a mente dell’ampia circ. n. 5 dell’11 febbraio 2011. Più in generale, con
riguardo ai criteri orientativi per individuare gli elementi essenziali dell’appalto lecito o genuino, sul piano della prassi amministrativa,
si ricordano oltre la circ. n. 5/2011, anche la nota 29 novembre 2007, n. 15749, due risposte ad interpello (la n. 16 e la n. 77 del 2009),
nonché, da ultimo, la circ. n. 2 del 2012. Per un esame della prassi appena menzionata in particolare si rinvia a P. RAUSEI, Appalto: linee
guida di tutela, in «Dir. prat. lav.» 2012, 3, 141 e ss. Tutti i documenti ministeriali sono scaricabili da www.lavoro.gov.it.
(17) In dottrina, a titolo solo esemplificativo, si richiamano O. MAZZOTTA, Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Milano 1979; F.
SCARPELLI, Interposizione e appalto nel settore dei servizi informatici, in O. Mazzotta (a cura di), Nuove tecnologie e rapporti fra imprese,
Milano 1990, 43 e ss.; P. BELLOCCHI, Interposizione e subordinazione, in «Arg. dir. lav.» 2001, 125 e ss.; L. CALCATERRA, Il divieto di
interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in R. De Luca Tamajo (a cura di), I processi di
esternalizzazione, Napoli 2002.
In giurisprudenza, tra le decisioni più importanti, senza alcuna pretesa di esaustività, si rinvia a Cass. Sez. Un., 19 ottobre 1990, n. 10183,
in «Foro it.» 1992, I, 524 e ss.; Cass. Sez. Un. 21 marzo 1997, n. 2517, ibidem 1997, I, 3318 e ss.; Cass. 30 ottobre 2002, n. 15337, ibidem
2003, I, 815 e ss.; Cass. 11 settembre 2000, n. 11957, in «Riv. it. dir. lav.» 2001, II, 253 e ss.; Cass. 22 ottobre 2003, n. 12363, ibidem
2004, II, 48 e ss.
(18) Cfr. co. 1 dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, rimasto indenne alle modifiche delle ultime settimane.
(19) In particolare, si sottolinea che l’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore deve comportare l’esposizione all’eventuale risultato negativo dell’attività se il servizio non è portato a compimento; cfr. sul punto la nota ministeriale n. 15749/2007, cit., con cui
il Ministero precisa — in specie con riferimento agli appalti infermieristici — che la gestione «a proprio rischio» da parte dell’appaltatore
«va oltre il mero significato economico relativo alle prospettive di convenienza dell’affare, acquisendo l’espressione un valore giuridico».
(20) Per cui si chiarisce, che «il solo utilizzo di strumenti di proprietà del committente o dell’appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non costituisce elemento di per sé decisivo per qualificare la fattispecie come appalto non genuino, dovendosi valutare e verificare tutte
le circostanze concrete dell’appalto e in specie la natura e le caratteristiche dell’opera o del servizio dedotti nel contratto, in modo che possa
ritenersi compatibile, in concreto, con un appalto genuino anche un’ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, a condizione che la responsabilità del loro utilizzo sia affidata totalmente all’appaltatore e che con tale fornitura di mezzi non si inverta
il rischio d’impresa, che deve gravare sull’appaltatore o subappaltatore»; così il Ministero del Lavoro, con la risposta ad interpello n. 77/2009.
(21) Si ricorda che, ai sensi dell’art. 85, lett. a), c) e f), d.lgs. n. 276 del 2003, sono abrogati dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo, rispettivamente, l’art. 27 della legge 29 aprile 1949, n. 264, in toto la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, gli artt. da 1 a 11
della legge n. 196 del 1997.
(22) Per un approfondimento, in particolare, dei criteri e degli indici di «genuinità» dell’appalto, ovvero della sua distinzione rispetto alla
fattispecie illecita di interposizione di manodopera — cui si prescinde per l’economia del lavoro — si rinvia, senza pretesa di esaustività, ai
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IL SOLE 24 ORE
Alla più ampia connotazione
dellʼistituto (23) nell’ambito delle
tecniche di esternalizzazione del
lavoro — venuta meno, anche, la
distinzione tra appalto esterno e
appalto interno (24) — fa riscontro
RAPPORTO DI LAVORO
la centralità della responsabilità
dellʼimpresa «capofila» dei processi di segmentazione produttiva a
tutela delle posizioni creditorie dei
lavoratori interessati.
In particolare, alla tutela già ap-
prestata ai sensi dellʼart. 1676 c.c.
il legislatore, nel dare attuazione
alla riforma Biagi, aggiunge la
protezione prevista dall’art. 29
operante in caso di ricorso legittimo (25) ad appalto di opere o
contributi raccolti in M. Tiraboschi (a cura di), Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi. Somministrazione, appalto, distacco e trasferimento d’azienda, Milano 2006; M. LAMBERTI, L’appalto nel diritto del lavoro, in R. Pessi (a cura di), Codice commentato del lavoro,
Milano 2011, 419 e ss.; A. PESSI, L’appalto di opere e servizi, in M. Persiani (diretto da), I nuovi contratti di lavoro, Milano 2010, 699 e
ss.; M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro, cit.; M.T. Carinci, C. Cester (a cura di), Somministrazione, Comando,
Appalto, Trasferimento d’azienda, in F. Carinci (a cura di), Commentario al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276/2003, Milano 2004; P.
CHIECO, Le nuove esternalizzazioni fra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in P.
CURZIO, Lavoro e diritti. A tre anni dalla legge n. 30/2003, Bari 2006; L. CORAZZA, Somministrazione di lavoro e appalti, in G. Santoro
Passarelli (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Milano 2009, 1297 e ss.; P. RAUSEI, Somministrazione di
lavoro, Milano 2009; R. DEL PUNTA, La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il
mercato del lavoro, Milano 2004; P. ICHINO, Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in M. Pedrazzoli (diretto da), Il nuovo mercato del lavoro, Bologna 2004; M. TIRABOSCHI, Somministrazione di lavoro, appalto di servizi e distacco, in M. Tiraboschi (a cura
di), La riforma Biagi del mercato del lavoro — Prime interpretazioni e proposte di lettura del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Il diritto
transitorio e i tempi della riforma, Milano 2004. In giurisprudenza, tra le numerose decisioni tese a segnalare una serie di aspetti sintomatici sulla scorta dei quali far emergere e sanzionare gli appalti (illeciti) di manodopera, ieri alla luce della abrogata legge n. 1369/1960,
oggi in virtù delle norme introdotte dal d.lgs. n. 276/2003, si richiama tra le ultime Cass. 27 gennaio 2005, n. 1676, che sottolinea come al
fine di delineare i requisiti oggettivi di principale rilevanza per un appalto genuino occorra «di volta in volta procedere ad una dettagliata
analisi di tutti gli elementi che caratterizzano il rapporto instaurato tra le parti allo scopo di accertare se l’impresa appaltatrice, assumendo su di sé il rischio economico dell’impresa, operi concretamente in condizioni di reale autonomia organizzativa e gestionale rispetto
all’impresa committente; se sia provvista di una propria organizzazione di impresa; se in concreto assuma su di sé l’alea economica insita
nell’attività produttiva oggetto dell’appalto; infine se i lavoratori impiegati per il raggiungimento di tali risultati siano effettivamente diretti
dall’appaltatore ed agiscano alle sue dipendenze e nel di lui interesse»; di talché, «quando l’impresa appaltatrice sia sprovvista di effettiva
autonomia imprenditoriale» ovvero «i poteri decisionali siano riservati al committente e sia sottratta all’appaltatore ogni autonomia […],
il fatto che egli abbia anche potuto impiegare, nell’esecuzione dei lavori, capitale, attrezzature e mezzi propri, diventa circostanza del tutto
marginale ed irrilevante ai fini del riconoscimento della sussistenza della situazione interpositoria».
(23) Vale sottolineare (come suggerisce la circ. min. n. 5/2011, cit.) che la complessità delle relazioni negoziali e dei rapporti che possono
derivare dalla instaurazione di un contratto di appalto rilevano ai fini della possibilità di ricorso all’istituto della certificazione sia in sede
di stipulazione del contratto, sia nelle fasi di attuazione del programma negoziale, ai sensi e per effetto dell’art. 84 del d.lgs. n. 276/2003
in attuazione di quanto previsto, sul punto, dall’art. 1, co. 2, lett. m), punto 7, dalla l. n. 30/2003 per cui si prevede l’«utilizzazione del
meccanismo certificatorio di cui all’art. 5 ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e appalto genuino, sulla base di indici
e codici di comportamento elaborati in sede amministrativa che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi
e dell’assunzione effettiva del rischio di impresa da parte dell’appaltatore»; sulla certificazione, in specie, ai fini della distinzione in parola,
si rinvia tra gli altri a F. PASQUINI, M. TIRABOSCHI, La certificazione dopo il Collegato lavoro (L. 183/2010), Milano 2011, 84 e ss.; M.
EMANUELE, La certificazione dell’appalto, in C. Enrico, M. Tiraboschi (a cura di), Compendio critico per la certificazione dei contrattili
lavoro. I nuovi contratti: lavoro pubblico e lavoro privato, Milano 2005, 59 e ss.; C. BIZZARRO, Le politiche di contrasto al lavoro «nero» tra nuovo regime degli appalti e procedure di certificazione», in «Dir. rel. ind.» 2007, 517 e ss.; L. CACCIAPAGLIA, La certificazione
dell’appalto, in G. Perone, A. Vallebona (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, Torino 2004, 284 e ss.
(24) Decade, in particolare, nel caso di appalti «interni» l’obbligo sancito dall’art. 3 della l. n. 1369/1960, di corrispondere ai dipendenti
dell’appaltatore un trattamento minimo retributivo e normativo non inferiore a quello spettante ai lavoratori dipendenti dell’appaltante.
Con riguardo al complesso dibattito dottrinale ed alle soluzioni accolte dalla giurisprudenza circa il significato riferibile alla locuzione
«appalto interno» si rinvia alla ricostruzione operata da L. CORAZZA, Appalti «interni» all’azienda: inadeguatezza del criterio topografico
alla luce delle tecniche di esternalizzazione dell’impresa, in questa rivista 1998, 848 e ss.
(25) Vale sottolineare che il regime delle responsabilità congiunte che si va indagando trova applicazione esclusivamente in caso di appalto
lecito in quanto — come chiarito dalla giurisprudenza (in particolare la nota Cass. Sez. Un., 26 ottobre 2006, n. 22910, che si può leggere in
«Arg. dir. lav.» 2007, 1011 e ss. con nota di M.T. CARINCI) — nel periodo antecedente la sentenza che accerta l’illiceità dell’appalto sussiste
non già una responsabilità solidale tra pseudo-appaltante e pseudo-appaltatore ma solo una responsabilità esclusiva del primo. Analogamente,
è appena il caso di sottolineare che nel caso di domanda di un lavoratore avente ad oggetto differenze retributive e obblighi contributivi connessi ad un’interposizione fittizia nelle prestazioni di lavoro — domanda nei confronti dell’effettivo datore di lavoro — nonché, per ogni altra
obbligazione derivante dal rapporto, il contraddittorio non deve essere esteso anche all’appaltatore o soggetto interposto poiché in tale ipotesi,
infatti, le prestazioni previdenziali e retributive gravano solo sull’appaltante e non sull’appaltatore, in quanto a seguito della nullità, per illiceità
dell’oggetto e della causa, del contratto fra committente ed appaltatore i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato le prestazioni; così, tra le altre, Cass. Sez. Un. 26 ottobre 2006, n. 21920, cit.; Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733, in
«Inf. Pirola» 2001, 155; Cass. 18 agosto 2004, n. 16160, in «Giur it. - Mass.» 2004; Cass. 14 giugno 1999, n. 5901, in questa rivista 1999, 132.
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PROBLEMI E DIBATTITI
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RAPPORTO DI LAVORO
di servizi (26). Viene così a coesistere un doppio regime di tutela
che — stante il diverso oggetto e
il diverso ambito di applicazione
degli strumenti azionabili (27) —
rafforza la posizione del lavoratore
interessato, il quale può indifferentemente far ricorso ad entrambe le
azioni per ottenere la soddisfazione del proprio credito (28).
In specie, si sottolinea (29), che la
natura solidale dell’obbligazione
posta in capo al committente dalla
norma lavoristica (co. 2, art. 29
del d.lgs. n. 276/2003) — finanche oltre, si osserva, le intenzioni
del legislatore delegante (30) — la
differenzia dallʼobbligazione che
grava sullʼappaltatore in forza della
previsione codicistica e ciò esclude
la sovrapposizione degli ambiti di
applicazione delle due norme.
Come è noto, lʼart. 1676 c.c. definisce lʼoperatività della responsabilità
Contra, I. ALVINO, Il regime delle responsabilità negli appalti, in «Giur. dir. rel. ind.» 2007, 511 e ss., per cui non necessariamente l’appalto illecito consiste in una fornitura ovvero somministrazione irregolare di lavoratori subordinati potendosi configurare anche il diverso
caso di appalto non lecito allorquando esso «è realizzato senza assunzione del rischio da parte dell’appaltatore» sia pure in presenza
dell’organizzazione di mezzi; in questo caso, si rivela, «diversamente da quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte […], fino
al momento del passaggio in giudicato della sentenza che costituisce il rapporto, il committente sarà soggetto al regime di responsabilità
solidale previsto dall’art. 29, co. 2».
(26) Si ricorderà che l’originaria e assai discutibile formulazione della norma prevedeva un regime lavoristico di responsabilità solidale
del committente (per i trattamenti retributivi e contributivi previdenziali nel limite di decadenza di un anno dalla cessazione dell’appalto)
limitatamente alla sola ipotesi (peraltro non definita) di appalto di servizi; successivamente l’art. 6 del d.lgs. n. 251/2004 «correttivo» del
d.lgs. n. 276/2003, ha reso omogenea la disciplina (seppure con l’attribuzione alla contrattazione collettiva della possibilità di stabilire un
regime di solidarietà diverso da quello legale); per un’analisi del dibattito che si è sviluppato sul punto, si rinvia tra gli altri, a P. CHIECO,
Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in P. Curzio
(cura di), Lavoro e diritti a tre anni dalla legge 30/2003, Bari 2006, 202 e ss.
(27) Per un esame delle quali si veda, tra gli altri, M. CATTANI, Sulla competenza e il litisconsorzio necessario nell’azione promossa dal
lavoratore contro il committente ex art. 1676 c.c., in «Riv. it. dir. lav.» 2001, 382 e ss.
(28) Da ultimo, Trib. Udine 7 febbraio 2012, n. 37, la cui massima si può leggere in «Giur. lav.» 2012, 24, 35.
In specie, si osserva che dati i diversi ambiti di applicazione oggettivi e soggettivi delle singole norme, nulla esclude che una buona
tutela giudiziale richieda — laddove sia possibile e nell’ambito dei relativi presupposti giuridici — di azionare contemporaneamente
più disposizioni, mantenendo peraltro l’art. 1676 c.c. la sua funzione di garanzia limitata ma generale a tutela del credito per i lavoratori
impiegati nell’appalto; cfr, sul tema, M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro, cit., 131 per cui «si deve concludere che l’azione diretta prevista dall’art. 1676 c.c. conserva la sua portata generale nell’ambito degli appalti: è invocabile dal lavoratore
tutte le volte che ne ricorrano i presupposti e concorre con l’obbligazione solidale prevista dall’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003»;
analogamente L. IMBERTI, op. cit., per cui l’art. 1676 c.c. deve essere considerato «una vera e propria norma di chiusura del sistema di
tutela del credito per i lavoratori subordinati impiegati nell’appalto». Di diverso avviso V. SPEZIALE, Appalti e trasferimento d’azienda,
in «WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona» 2006, 41, 18, per il quale «non vi è dubbio che il lavoratore dipendente dell’appaltatore che
voglia agire nei confronti del committente (anche non imprenditore) non potrebbe azionare contemporaneamente entrambe le norme
che regolano la medesima fattispecie concreta».
(29) Cfr. I. ALVINO, op. cit., 521-522, per cui «l’art. 1676 c.c. non pone in capo al committente un’obbligazione solidale, ma realizza
un’economia di mezzi giuridici tramite il riconoscimento di un’azione diretta in capo ai dipendenti dell’appaltatore» anche perché nel
caso dell’art. 1676 c.c. non c’è «corrispondenza dell’oggetto della prestazione» in quanto «da un lato, il pagamento al lavoratore non è
dovuto se il committente non è più debitore dell’appaltatore, dall’altro, l’adempimento libera il committente dagli obblighi nascenti dal
contratto di appalto».
Contra, CHIECO, op. cit., 16, nota 27 anche per il richiamo alla dottrina concorde, il quale sostiene la tesi della «continuità della responsabilità solidale dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, con quella affermata in via generale dall’art. 1676 c.c.» in quanto egli ritiene che le
previsioni codicistiche valgono ad individuare «la soglia al di sotto della quale il potere di rideterminazione del quantum di solidarietà del
committente verso i dipendenti dell’appaltatore affidato dall’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276 alla contrattazione collettiva non potesse andare».
(30) Per cui si giunge a ravvisare «un eccesso di delega» rispetto ai principi e ai criteri direttivi previsti dall’art. 1, lett. p), punto 3 della
l. n. 30/2003, attraverso cui il Parlamento delegava il Governo ad adottare un decreto legislativo che prevedi un «regime particolare di
solidarietà tra appaltante e appaltatore» nel rispetto dei limiti posti all’art. 1676 c.c. e che operi solo con riferimento alle «ipotesi in cui
il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda»; così motiva l’ordinanza di rinvio (a mente dell’art. 76 Cost.)
alla Corte costituzionale di qualche mese fa del Tribunale di Sanremo; cfr. Trib. Sanremo, 21 gennaio 2012, proc. civ. n. 397/2010, in
«Boll. Adapt» 2012, 8.
In dottrina, in particolare, si era già prospettato l’eccesso di delega con riguardo al fatto che la l. n. 30/2003 non prevedeva affatto
una modifica del regime di responsabilità di committente e appaltatore, ma soltanto una chiarificazione di distinzione fra appalto
e interposizione; sul punto, si veda, tra gli altri, A. MARESCA, Modifica all’art. 2112 c. quinto, del codice civile, in M. Pedrazzoli
(coordinato da), Il nuovo mercato del lavoro, Bologna 2004, 386 e ss. Contra, I. ALVINO, op. cit., 509, che sottolinea soprattutto
come, in ogni caso, «i dubbi di legittimità costituzionale siano superati dalle modifiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2007,
per gli appalti stipulati successivamente alla promulgazione di quest’ultima» (per cui si rinvia ultra), in quanto, «il nuovo testo del
secondo c. dell’art. 29 cit., essendo il prodotto dell’esercizio del potere legislativo che spetta originariamente al Parlamento, non ha
infatti più alcun legame con la l. n. 30/2003».
838
Novembre 2012 • n. 11
Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
del committente (31) in ordine al pagamento diretto (32) e non surrogato
(33) a favore dei lavoratori (34) entro il limite di quanto è loro dovuto
dallʼappaltatore (35) relativamente
alle quote di retribuzione maturate
nell’esecuzione dell’appalto (36).
A tale forma, autonoma (37), di corresponsabilità in materia di appalto,
prevista dallʼordinamento civilistico, si aggiunge un più ampio regime
solidale finalizzato — sulla base
di un approccio più pragmatico del
contesto di riferimento — non solo
RAPPORTO DI LAVORO
alla tradizionale tutela dei lavoratori
che producono lʼopera o il servizio
ma anche ad impedire diseconomie.
In tale prospettiva, a più riprese, si
è assistito ad una serie di successive
modifiche della norma lavoristica,
dirette — non sempre in modo coerente — a rafforzare detta generale
posizione di garanzia.
Nel tentativo di sintetizzare — a
grandi linee — questa «terza fase
dell’evoluzione storica della normativa di tutela del credito» (38) dei
lavoratori impegnati nellʼappalto
— ancora incalzante nelle ultime
settimane, come già segnalato —
vale subito ricordare che il fulcro della tutela in parola, costituito
dal co. 2, dell’art. 29 del d.lgs.
n. 276/2003, deve coordinarsi con
una serie di disposizioni rilevanti
sul piano fiscale e della sicurezza sul lavoro (39), anch’esse oggetto di importanti innovazioni.
In specie, il legislatore tributario
richiede agli operatori economici
attenzione nellʼesecuzione delle
rispettive obbligazioni e — fatte
(31) Sulla natura del committente, cfr., tra le altre, Cass. 10 luglio 1984, n. 4051, in «Giust. civ.» 1985, I, 1744 e ss., nonché Cass. 10
marzo 20001, n. 3559, in «Lav. giur.» 2001, 679 e ss., nonché l’ampia ricostruzione di L. IMBERTI, La responsabilità solidale negli appalti.
Alla ricerca di un’adeguata tutela delle posizioni creditorie dei lavoratori, in «Arg. dir. lav.» 2008, 524-528.
(32) Peraltro, una volta proposta la domanda (che nonostante la formulazione letterale della norma si ritiene possa essere presentata anche
per via stragiudiziale purché non si tratti di una generica comunicazione in forma orale, ma di un «espresso richiamo alla responsabilità
del committente per debiti di lavoro contratti dall’appaltatore», così Cass. 19 aprile 2006, n. 9048, in questa rivista 2006, 810, (m); anche,
Trib. Bologna, 8 giugno 2007, in «Arg. dir. lav.» 2008, II, 517 e ss.) il committente non può più pagare l’appaltatore e se paga non è liberato dall’obbligazione verso i lavoratori dell’appaltatore; cfr. M.T. CARINCI, La fornitura di lavoro altrui, in P. Schlesinger (diretto da), Il
Codice Civile. Commentario, Milano 2000, 477; in giurisprudenza, tra le altre, Cass. 19 aprile 2006, n. 9048, cit.
(33) In quanto l’azione è esperibile nei confronti del committente in base ad un diritto di credito autonomo rispetto a quello dell’appaltatore; in altri termini, si sottolinea, che in questa ipotesi di solidarietà non avviene una sostituzione tra diversi creditori, ma piuttosto una
sostituzione tra diversi debitori, in quanto la legge prevede che il committente si sostituisca come debitore all’appaltatore e ciò determina l’estinzione o la modifica di due distinti rapporti obbligatori: quello tra committente-debitore ed appaltatore-creditore e quello tra
appaltatore-debitore e lavoratore; nello stesso tempo, si ammette, che qualora il committente possa vantare nei confronti dell’appaltatore
anche crediti non derivanti dal contratto di appalto, ma da altre vicende obbligatorie tra essi sussistenti il dipendente dell’appaltatore possa
esperire anche un’autonoma azione surrogatoria ai sensi dell’art. 2900 c.c.; cfr. L. IMBERTI, op. cit., 527.
(34) Stante l’espressa lettera della norma nei limiti in cui si tratti di lavoratori subordinati. D’altro canto, occorre ammettere che sia
ammissibile un’azione ex art. 1676 c.c. anche da parte dei dipendenti del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore-committente
in quanto anche il contratto di subappalto è un contratto ai sensi dell’art. 1655 e ss. c.c.: in tal senso, si veda, D. RUBINO, G. IUDICA,
Dell’appalto, in Scialoja, Branca (a cura di), Commentario del Codice Civile Bologna 1992, 496. In questi termini, Cass. 9 agosto
2003, n. 12048, in «Giust. civ.-Mass.» 2003, 7-8, ove si afferma che, ai sensi dell’art. 12 delle preleggi, l’art. 1676 c.c. si applica anche
ai «dipendenti del subappaltatore (nei confronti del sub committente o subappaltante). Il subappalto, infatti, altro non è che un vero e
proprio appalto, con l’unica particolarità che, quale contratto derivato, lo stesso dipende dal contratto che ne costituisce il presupposto,
di identica natura, stipulato a monte»; per analoghe considerazioni si veda anche Cass. 10 marzo 2001, n. 3559, cit.
(35) In particolare, si osserva che «non è sufficiente che il lavoratore provi l’esistenza di un rapporto di lavoro nei confronti dell’appaltatore avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto, ma è necessario altresì che provi l’esistenza di un credito dell’appaltatore
gravante sul committente al momento della domanda (credito che non può ritenersi implicito nella mera esistenza del contratto di appalto),
ponendosi questo come un requisito costitutivo della domanda»; così G. MIMMO, Il regime di solidarietà nell’appalto, in questa rivista
2012, 529, cui si rinvia in generale per un richiamo all’ambito di applicazione e ai requisiti dell’azione ex art. 1676 c.c.
(36) Contra, M. MARINELLI, Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori, Torino 2002, 141, per cui la garanzia si estende all’intera
retribuzione maturata nel periodo di esecuzione dell’appalto anche se nello stesso periodo il dipendente è stato impiegato nell’esecuzione
di altri appalti sia pure nei limiti dell’ammontare del debito del committente verso l’appaltatore nel momento in cui sia proposta domanda
nei suoi confronti da parte dei dipendenti di quest’ultimo.
(37) In specie, l’azione in questione che non pone alcun termine di decadenza è — nei limiti dell’ordinario termine prescrizionale — distinta ed autonoma da quella che, eventualmente, venga simultaneamente proposta nei confronti dell’appaltatore-datore di lavoro; così
Cass. 4 settembre 2000, n. 11607.
Su altro piano, si ricorda che, in considerazione del carattere di autonomia che riveste nell’ordinamento, l’azione diretta ai sensi dell’art.
1676 c.c. non è preclusa dall’eventuale apertura di un procedimento fallimentare nei confronti dell’appaltatore; così, da ultimo, Cass. 24
ottobre 2007, n. 22304, in «Arg. dir. lav.» 2008, II, 516 e ss.
(38) L’espressione è di M.T. CARINCI, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro, cit., 106, per cui appunto questa è la «terza fase
dell’evoluzione storica, dopo quella rappresentata dall’art. 1676 del c.c. e dall’art. 3 della l. n. 1369/1960, della normativa di tutela del
credito quale particolare tutela a beneficio dei dipendenti dell’appaltatore».
(39) Per un esame della corresponsabilità del debito di sicurezza si rinvia alle considerazioni successive.
Novembre 2012 • n. 11
839
Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
salve le scelte economiche delle
imprese — stabilisce una responsabilità solidale tra i soggetti datoriali
interessati in quanto strumento efficace per garantire il versamento
delle ritenute fiscali.
Il richiamo, immediato, a questo ulteriore ambito di applicazione della
responsabilità solidale appare utile
ai fini dell’indagine del composito
quadro giuridico di riferimento in
quanto consente di segnalare le ultimissime modifiche dettate dal co.
5 bis, dell’art. 2 della l. n. 44 del 26
aprile 2012 (40), a mente del quale
oggi anche «il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato
in solido con lʼappaltatore, nonché
con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni
dalla cessazione dellʼappalto, al
versamento allʼerario delle ritenute
sui redditi di lavoro dipendente
e dellʼIva scaturente dalle fatture
inerenti le prestazioni effettuate
nell’ambito dell’appalto, ove non
dimostri di avere messo in atto tutte
le cautele possibili per evitare l’inadempimento».
In particolare, occorre sottolineare
— dopo una prima lettura — come
tale disposizione uniformi, soprattutto per quanto attiene al rinvio ora
riferito a tutti i centri di imputazione
della responsabilità solidale (41) e al
termine di azionabilità della relativa
tutela (42), la possibilità riservata
alla pubblica amministrazione interessata di salvaguardare i propri
crediti fiscali e tributari rispetto alla
speciale tutela lavoristica — di cui si
dirà — sancita dal co. 2, dell’art. 29
del d.lgs. n. 273/2003.
Si osserva, inoltre, che se la recente
previsione alleggerisce sostanzialmente la portata dell’intervento solidale del subappaltante-appaltantecommittente con riguardo al mancato
richiamo ai contributi previdenziali
ed assicurativi — la cui effettività
appare pertanto ora affidata esclusivamente alla norma lavoristica —
nel contempo, in linea con la ratio
dell’intervento in parola (43) è sancita, per la prima volta, una nuova
corresponsabilità (anche questa estesa a tutti i livelli) per il pagamento
dellʼimposta sul valore aggiunto (44).
In ogni caso, lʼattuale coordinamento tra i due testi di legge consente di
superare le condivisibili perplessità
ed incertezze operative sollevate con
riguardo alla formulazione originaria della corresponsabilità sancita
nel testo di conversione del c.d. decreto Bersani (45).
Ed è appena il caso di sottolineare
— a questo punto dellʼesame —
come il «sistema di responsabilità»
che ne consegue è tale da incentivare lʼimprenditore a porre in essere
strategie di scelta di partner commerciali affidabili, al fine di ridurre
il rischio (46) di essere chiamato a
rispondere, nell’esecuzione dei contratti commerciali, di obbligazioni
non proprie, finanche oltre quelle
che derivano dal rapporto di lavoro.
(40) Di conversione con modifiche del d.l. n. 16/2012, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento», che sostituisce il co. 28, dell’art. 35 del d.l. 4 luglio, n. 223, «Misure di contrasto
dell’evasione e dell’elusione fiscale» (c.d. decreto Bersani), convertito nella l. n. 248 del 4 agosto 2006 che stabiliva che «L’appaltatore
risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del
versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei
dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore»
(41) In specie, per quanto attiene il richiamo al committente datore di lavoro o imprenditore.
(42) In questo senso rileva l’analoga attuale previsione del termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto, in luogo della
possibilità riferibile alla formulazione originaria della norma agli ordinari termini di prescrizione quinquennali.
(43) In quanto trattasi di regolamentazione diretta a potenziare le procedure di accertamento e di riscossione di carattere tributario.
(44) Si tratta — vale rimarcare per l’effetto positivo di questa previsione in un momento in cui fortissima è l’attenzione sulle dinamiche
del debito pubblico nel nostro Paese — di un’ulteriore estensione dell’ambito oggettivo della co-responsabilità in caso di appalto posta
in capo ai soggetti datoriali interessati chiamati a rispondere anche dell’adempimento di obbligazioni tributarie (che pure esulano dai
rapporti di lavoro) non proprie.
(45) In particolare, con riguardo alla possibilità di determinare ambiguità ovvero provocare l’indesiderato risultato di allungare ulteriormente la catena dei subappalti onde sottrarsi alle responsabilità previste; così I. ALVINO, op. cit., 529.
(46) Su questo piano, vale la pena di accennare alla vicenda — oramai richiamabile solo con riguardo alla ricostruzione storica del diritto
— per cui con i co. da 29 a 34 dell’art. 35 della l. n. 248/2006 si era introdotto un regime esonerativo della responsabilità solidale per
l’appaltatore (come sancita dal co. 28 rinnovato secondo quanto già avvisato) che, sostanzialmente, era chiamato attraverso l’acquisizione
della documentazione di pagamento degli stipendi, dei versamenti contributivi e delle ritenute fiscali dei dipendenti dei subappaltatori,
a verificare la correttezza di tutti gli adempimenti di questi ultimi relativamente alla massa complessiva del costo del lavoro, prima del
pagamento del corrispettivo dovuto per l’appalto. Parallelamente a tale nuovo regime esonerativo venivano però introdotti una serie di
controlli obbligatori in capo all’appaltatore, la cui evasione prevedeva una nuova fattispecie sanzionatoria (da cinquemila a ventimila
euro) che andava ad aggiungersi alla normale responsabilità solidale a suo carico nel caso avesse provveduto al pagamento senza effettuare detta verifica. L’operatività della norma in parola era condizionata all’adozione di un decreto del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale che avrebbe dovuto stabilire la documentazione necessaria ad
attestare l’assolvimento degli adempimenti di cui al co. 28; come è noto il decreto in parola è stato adottato con forte ritardo (d.m. Economia e Finanze del 25 febbraio 2008, n. 74 pubblicato in «Gazz. Uff.» 16 aprile 2008, n. 90) e nel frattempo i co. dal 29 al 34 dell’art.
35 della l. n. 248/2006 sono stati abrogati dal d.l. n. 97 del 3 giugno 2008 (con decorrenza dalla stessa data) convertito in l. n. 129/2008.
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
3. - La versione «semplificata» del
nuovo co. 2, dell’art. 29 del d.lgs.
n. 276/2003 e l’efficacia oggettiva
della tutela solidaristica. — La
responsabilità solidale disposta dal
co. 2 dellʼart. 29 del decreto attuativo della riforma Biagi — si è già
anticipato — costituisce il cardine
della speciale tutela creditoria per i
lavoratori interessati allʼesecuzione
dellʼappalto e si aggiunge allʼazione
concessa agli ausiliari a mente
dellʼart. 1676 c.c. (47).
Quanto al contenuto della norma,
all’esito degli ultimi interventi di
manutenzione (48), si precisa che
RAPPORTO DI LAVORO
i lavoratori possono far valere nei
confronti del committente imprenditore o datore di lavoro appaltatore ed eventuali subappaltatori, i
loro crediti per «i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché
i contributi previdenziali e i premi
assicurativi dovuti in relazione al
periodo di esecuzione del contratto
di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili
di cui risponde solo il responsabile
dell’inadempimento».
Questa «ennesima» versione della
norma specifica ulteriormente il
contenuto dell’obbligazione solidale
che non ha il limite oggettivo del
quantum debeatur dal committente
nei confronti dellʼappaltatore e che
è esperibile dal lavoratore (49) nel
limite temporale di due anni dalla
cessazione dell’appalto di opere e
servizi (50).
In particolare, si esplicita chiaramente — a valere quale «interpretazione
autentica» — che il contenuto della
solidarietà si estende oltre al credito
retributivo (51) di immediata corrispettività anche al trattamento di fine
rapporto — ovviamente pro quota
con riguardo al periodo in cui il con-
Sicché la disposizione in argomento che, da un lato, permetteva un vero e proprio esonero dalla responsabilità solidale nei confronti della
pubblica amministrazione, da parte dell’appaltatore per i crediti di cui all’art. 35, co. 28, l. n. 248/2006 e, dall’altra, aveva introdotto nuovi
obblighi e sanzioni non è nei fatti mai entrata in vigore; per un esame dei giudizi sulla norma si veda a favore, riscontrando un benefico
effetti di incentivazione all’azione di controllo, L. IMBERTI, op. cit., 672, mentre rileva numerose difficoltà applicative del meccanismo
farraginoso e burocratico relativo agli obblighi di acquisizione documentale, E. DE FUSCO, La nuova responsabilità solidale negli appalti,
in «Guida lav.» 2008, 16, 38.
(47) In specie, si è detto che l’azione descritta dall’art. 1676 c.c. non presuppone la solidarietà ma individua un debitore ulteriore (il
committente) ed attribuisce una legittimazione eccezionale, distinta ed autonoma a favore dei lavoratori dell’appaltante, mentre la solidarietà tra committente, appaltatore e subappaltatore, come regolata dalla norma lavoristica presuppone una solidarietà ai sensi dell’art.
1292 c.c., che dà titolo ad un’azione diretta, qualificabile come «azione di condanna»; cfr. Pret. Napoli 16 febbraio 1984, in «Lav. 80»
1984, 837.
Per un esame dei tratti di specialità dell’azione ex co. 2, art. 29, d.lgs. n. 276/2003 rispetto alla disciplina propria delle obbligazioni solidali
si rinvia ultra al paragrafo riservato al regime processuale offerto dall’attuale formulazione della norma in argomento.
(48) Così, a mente dell’art. 21 della l. n. 35/2012, di conversione del d.l. n. 5/2012 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e
di sviluppo) e — da ultimo — dell’art. 4, co. 31, della legge n. 92 del 28 giugno 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del
lavoro in una prospettiva di crescita, c.d. legge Fornero dal nome dell’attuale Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, con delega
anche alle Pari Opportunità), pubblicata in «Gazz.Uff.» 3 luglio 2012, Supp. ord. n. 136, che è entrata in vigore il 18 luglio 2012.
(49) Una questione già emersa nel dibattito dottrinale è quella afferente l’operatività del termine decadenziale in parola anche per l’azione
promossa dall’ente previdenziale nei confronti del committente avvalendosi della responsabilità su quest’ultimo gravante relativamente
al pagamento dei contributi, in specie, a seguito di una decisione di legittimità con cui la Suprema Corte modificando un precedente
orientamento ha ritenuto che l’art. 4 della l. n. 1369/1960 (che pure sottoponeva l’azionabilità della responsabilità solidale posta in capo
al committente in caso di appalto interno all’azienda di quest’ultimo al termine decadenziale di un anno) non troverebbe applicazione alla
pretesa dell’ente previdenziale attesa l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro; cfr Cass. 17 gennaio 2007, n.
996, in «Lav. giur.» 2007, 571 e ss.
Su questo piano rileva ulteriormente la recente novella che ha specificato come anche la peculiare azione riservata alla pubblica amministrazione soggiace al termine di decadenza di due anni seppure limitatamente, come già rilevato, con riguardo alle ritenute fiscali
e tributarie; sicché, stante l’attuale formulazione dell’art. 35, co. 28, del c.d. decreto Bersani restano esclusi i contributi previdenziali e
assistenziali che allora sono tutelabili solo azionando la tutela civilistica ex art. 1676 c.c. (per cui non c’è termine di decadenza ma limite
del debito, come sopra ricordato).
(50) Modifica già operata dal co. 911 dell’art. 1, legge finanziaria 2007 (laddove, si ricorderà, che la formulazione originaria del co. 2
dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 limitava la responsabilità solidale ad un anno dalla cessazione dell’appalto).
Come è noto, il termine di decadenza decorre, a prescindere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro del lavoratore interessato,
dalla data di cessazione dell’appalto: da tale momento, pertanto, il lavoratore ha un termine di due anni per proporre l’azione contro il
committente, anche se il proprio rapporto di lavoro con l’appaltatore prosegua ovvero se sia già cessato; d’altro canto, si sottolinea, che
l’eccezione di decadenza sollevata dal committente costituisce un’eccezione in senso proprio e quindi non può essere rilevata d’ufficio
ma deve essere eccepita dalla parte interessata, mentre è onere del lavoratore provare la (diversa) data di effettiva cessazione dell’appalto
che esclude la decadenza; cfr. G. MIMMO, op. cit., 535.
(51) Tale precisazione sembra escludere che la responsabilità solidale si estenda anche ai crediti di altra natura come ad esempio le somme
dovute ai lavoratori a titolo di indennità risarcitorie per il licenziamento illegittimo da parte dell’appaltatore; vedi in proposito anche F.
SCARPELLI, Art. 29. Appalto, in E. Gragnoli, A. Perulli (a cura di), La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, Padova
2004, 438. Di diverso (e non condivisibile) avviso Trib. Bologna, 19 marzo 2007, in «Arg. dir. lav.» 2008, II, 516 e ss.
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PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
tratto ha avuto svolgimento — nonché, ai contributi previdenziali (52) e
ai premi assicurativi dovuti (53).
Smentendo la più recente prassi amministrativa (54) la disposizione in
parola precisa, inoltre, che lʼampia
corresponsabilità trova — opportunamente — il limite nellʼobbligo
connesso al pagamento delle sanzioni
civili in quanto poste in capo esclusivamente al soggetto che non abbia
provveduto allʼadempimento (55).
D’altro canto, occorre ammettere,
che il vincolo solidale sia oggettivamente riferibile ai debiti retributivi
e contributivi relativi ai soli lavora-
tori impiegati nello specifico appalto
considerato, non estendendosi anche
a debiti che — pur della stessa natura
— derivino da obbligazioni estranee
al contratto stipulato con l’appaltante.
Per contro, è necessario e sufficiente
che un soggetto (persona fisica o
giuridica), nella qualità di titolare di
unʼorganizzazione imprenditoriale,
sottoscriva un qualsiasi contratto di
appalto (56) per il «compimento di una
opera o di un servizio» perché scatti
lʼoperatività del principio di responsabilità e dei precetti di solidarietà.
In altri termini, si conviene (57) che
è il contratto di appalto, e non la
destinazione (ad integrarsi nel ciclo
produttivo) delle opere e/o servizi
mediante esso acquisiti, che «funge
da fatto generatore della responsabilità solidale del committente».
Concordemente si sottolinea (58),
inoltre, che lʼoggetto dellʼappalto
come specificamente individuato nel
contratto tra committente e appaltatore varrà ad individuare lʼulteriore
operatività delle garanzie solidaristiche del committente nel caso in cui
lʼappaltatore ne subappalti (59), in
tutto o in parte, l’esecuzione.
Vale, infine, il rilievo (60) per cui
lʼambito oggettivo di imputazione
(52) Sostanzialmente, quindi, la contribuzione obbligatoria i.v.s. nei confronti dell’Inps.
(53) Si tratta dei premi Inail.
Su questo punto, come già accennato, si conviene che la formulazione acquisita dalla norma non sia «particolarmente felice in quanto i
contributi previdenziali e i premi assicurativi non sono dovuti in favore del lavoratore, ma in favore dell’istituto previdenziale o assicuratore» che tuttavia, alla luce della nuova disposizione sancita dal co. 28, art. 35 della l. n. 248/2006 ci sembra di poter escludere dalla
legittimazione attiva come sopra brevemente argomentato (si veda anche nota 49). Contra, appunto, G. MIMMO, op. cit., 534.
(54) Cfr. Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale che con risposta ad interpello n. 3 del 2 aprile 2010 aveva ritenuto che le sanzioni
in parola rientrassero nell’ambito della solidarietà.
(55) Si tratta, tipicamente, delle sanzioni applicate dallo stesso Istituto previdenziale in caso di ritardato o omesso pagamento dell’obbligo
contributivo ai sensi dell’art. 116, co. 8 e ss., l. n. 388/2000; si sottolinea che la stessa disposizione di regolamentazione qualifica tali
importi come sanzioni e non come interessi compensativi e/o moratori.
Sulla nuova formulazione della norma è già intervenuto il Tribunale civile di Bologna, con la sentenza del 1° giugno 2012 (che si può scaricare in www.ance.it) ove è dato leggere che «la recente novella legislativa contenuta nell’art. 21 del d.l. n. 5/2012, convertito in l. n. 35/2012
ha portata fortemente innovativa e non invece interpretativa e quindi retroattiva, in quanto delinea un’importante innovazione rispetto a ciò
che finora era stato affermato anche dalla Corte di Cassazione (cfr. sent. 14475/2009), secondo cui le somme aggiuntive dovute secondo la
legge dal contribuente hanno natura di sanzione civile non amministrativa, costituendo effetto automatico delle violazioni a cui conseguono,
essendo pertanto conglobate nell’obbligazione solidale del committente»; cosicché, secondo la stessa Corte l’entrata in vigore della l. n.
35/2012 è sul punto tale da determinare «una differenziazione tra la disciplina della responsabilità solidale da applicarsi precedentemente
al nuovo dettato normativo e quella attualmente in vigore, determinando quindi che il committente risponde in via solidale delle sanzioni
civili in base alla data in cui si colloca l’inadempimento dell’appaltatore» e detta diversa disciplina, secondo il Tribunale di Bologna, sarebbe
tale da porre una questione di legittimità costituzionale ex art. 3 Cost., che viene così rimessa con ordinanza da parte dello stesso Tribunale.
(56) Invero l’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 fa riferimento all’organizzazione dei mezzi necessari e non al titolo giuridico che permette
l’utilizzazione di tali mezzi; cfr. risposta del Ministero del Lavoro ad interpello n. 77/2009.
(57) Cfr. P. CHIECO, Lavoro e responsabilità solidale negli appalti: dalla legge Bersani alla Finanziaria 2007, in «WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona» 2007, 52, 14; in specie, nota 25, ove l’Autore sottolinea come in tal modo siano superati «i gravi problemi di individuazione dell’ambito di applicazione del precetto di solidarietà che dottrina e giurisprudenza avevano affrontato nel vigore del precetto di
solidarietà negli appalti interni di cui all’art. 3 l. n. 1369/1960».
(58) P. CHIECO, Lavoro e responsabilità solidale negli appalti, cit., 15
(59) A mente del co. 2, dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 come opportunamente modificato sul punto dal d.lgs. n. 251/2004.
Si ricorda appena che sulla base della formulazione originaria della norma — nel rispetto dei criteri ermeneutici di cui all’art. 12 , disp. prel.
c.c. — il regime lavoristico di solidarietà passiva non poteva essere esteso all’ipotesi del subappalto e quindi il committente non poteva
essere ritenuto solidalmente responsabile dei crediti vantati dai dipendenti del subappaltatore; così Trib. Milano, 16 novembre 2005, in «Lav.
giur.» 2006, 1025 e ss. Analogamente, il carattere eccezionale della disposizione escludeva l’applicazione della norma in via analogica; per
un approfondimento sul punto, si rinvia alle considerazioni di G. BURRAGATO, La disciplina giuslavoristica degli appalti dalla legge Bersani
alla Finanziaria 2007, Relazione Convegno Centro studi Domenico Napolitano, Sezione Lombardia, Milano 18 aprile 2007.
(60) G. BURRAGATO, op. cit., 16, per cui restano esclusi i dipendenti la cui attività sia meramente strumentale come, ad esempio, gli addetti
alle prestazioni concernenti i servizi di gestione amministrativa dei lavoratori addetti all’appalto. D’altro canto, l’Autore, non nasconde
la complessa applicazione del principio stante l’estrema difficoltà di distinguere sia nel caso in cui la prestazione attinente all’esecuzione
dell’appalto investa solo una parte del tempo di lavoro del dipendente dell’appaltatore o del subappaltatore sia, più in generale, per la
mancanza di un sistema oggettivo di conoscenza del contenuto dei contratti commerciali e quindi del modo in cui concretamente la filiera
produttiva si snoda dal primo committente all’ultimo subappaltatore.
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
e di delimitazione della speciale
responsabilità solidale che si va indagando è debitamente circoscritto
a favore dei crediti dei prestatori
di lavoro dellʼappaltatore o del subappaltatore le cui prestazioni siano
«concretamente e direttamente attinenti allʼesecuzione dellʼopera o del
servizio oggetto dellʼappalto».
4. - L’efficacia soggettiva della tutela
solidaristica nella «catena degli appalti» e lʼapplicabilità dellʼart. 29 al
committente pubblico. — Sul piano
soggettivo, occorre subito precisare
come sia il decreto semplificazione
che — a distanza di poche settimane
— la riforma del mercato del lavoro,
riscrivano esclusivamente il co. 2,
dell’art. 29, del d.lgs. n. 276/2003.
Sicché, anche a seguito delle modifiche in parola risulta opportunamente confermata, a mente del co.
3 ter, lʼeccezione della esclusione
dalla solidarietà di quei soggetti che
non svolgono professionalmente
lʼattività oggetto dellʼappalto (61).
In tutti gli altri casi, compatibilmente alla facoltà di organizzare liberamente la propria attività produttiva,
il committente imprenditore o datore
di lavoro è richiamato ad un esercizio «conveniente» di tale facoltà
(62) — che garantisca la scelta di
RAPPORTO DI LAVORO
un appaltatore serio e solvibile cui
affidare la realizzazione dell’opera
o del servizio — in quanto i lavoratori dipendenti dell’appaltatore
possono agire per la soddisfazione
dei loro crediti, nei termini oggettivi
sopra precisati, sia nei confronti del
proprio datore di lavoro che nei confronti del committente.
Nessun limite, si rileva, è posto al
numero degli appalti «genuini» che
si possono realizzare «a cascata»,
ovvero alla catena dei subappalti
lasciata alla libera determinazione
delle imprese, cui in ogni caso si
estende il regime di solidarietà in
capo allʼappaltante (63).
D’altro canto, in quest’ottica, ci
si domanda (64) — anche al fine
di definire compiutamente la sfera
di applicazione soggettiva della
tutela in esame — se sia possibile
qualificare come «committente»
solo il primo appaltante (65) ovvero
se detta qualificazione si estenda
anche all’appaltatore del primo
contratto (e dei seguenti) ogni volta
che egli divenga committente di
un successivo sub contratto (66) di
appalto (c.d. di subappalto).
A questo proposito, vale sottolineare
come dal punto di vista letterale,
anche l’ultima versione del co. 2,
dell’art. 29, lascia inalterate le incer-
tezze applicative e correlativamente
i rischi — da un lato — di commettere errori nella valutazione economica dell’operazione e — dall’altro
lato — di indebolire lo strumento di
tutela dei lavoratori (67).
Nonostante la segnalata resistenza
del piano letterale ci sembra possibile, tuttavia, proporre una interpretazione della norma orientata all’esigenza chiaramente perseguita dal
legislatore tale da rendere omogenei
i regimi di responsabilità in capo a
tutti i soggetti datoriali interessati
nella catena dell’appalto.
In particolare, può invocarsi a sostegno di tale interpretazione estensiva,
sul piano sistematico, anche l’ultima
modifica operata dal legislatore fiscale che — con riguardo al piano
soggettivo appunto — riconduce,
come sopra segnalato, il regime di
solidarietà azionabile dalla pubblica
amministrazione interessata, a mente del nuovo co. 28, dell’art. 35 della
l. n. 248/2006, alla formula già propria del co. 2, dell’art. 29 del d.lgs.
n. 276/2003.
Come detto, la norma che già prevedeva una responsabilità solidale
tra appaltatore e subappaltatore,
nella formulazione attuale estende
chiaramente detto regime in capo al
committente imprenditore o datore
(61) Comma introdotto, si ricorderà, dal d.lgs. n. 251/2004. Così ad esempio il committente privato nel caso in cui stipuli un appalto
d’opera per la ristrutturazione della propria abitazione è escluso dalla speciale tutela lavoristica e può rispondere solo ai sensi e nei limiti
dell’art. 1676 c.c. A titolo di completezza si ricordano anche gli altri commi dell’art. 29, ovvero il co. 3 che sancisce che «l’acquisizione
del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di
lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda»; nonché, il co. 3 bis, che prevede
la rigorosa sanzione tale da assicurare all’ordinamento giuridico il divieto di interposizione di lavoro (fatta salva l’eccezione, nel campo di
autorizzazione, della somministrazione di lavoro) per cui «quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal
co. 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che
ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto
dell’art. 27, co. 2».
(62) I. ALVINO, op. cit., 529.
(63) Già a mente delle modifiche apportate all’art. 29 dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296.
(64) Cfr. I. ALVINO, op. cit., 529.
(65) Con la conseguenza che diversa risulterebbe la posizione dei lavoratori a seconda che siano dipendenti di un appaltatore o di un
subappaltatore; in quest’ultimo caso, infatti, i lavoratori non potrebbero agire nei confronti dell’appaltatore ma solo nei confronti del
committente (oltre che nei confronti del subappaltante-datore di lavoro).
(66) Vale a dire «il contratto mediante il quale una parte reimpiega nei confronti di un terzo la posizione che gli deriva da un contratto in
corso detto contratto base. Il subcontratto riproduce lo stesso tipo di operazione economica del contratto base ma la parte assume col terzo
il ruolo inverso a quello che egli ha in tale contratto»; cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano 2000, 728.
(67) Per un esame di ulteriori argomenti a sostegno della differente posizione del primo committente si veda I. ALVINO, op. cit., 527-528.
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PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
di lavoro (che prima ne era escluso)
per il versamento all’erario delle
ritenute fiscali e dell’imposta sul
valore aggiunto.
Di certo, la coincidenza delle due
posizioni (del primo committente
e dell’appaltatore che lo diventi
a seguito della stipulazione di un
contratto di subappalto), sul piano
negoziale e sul piano degli obblighi
legali, consente una lettura coerente
del «sistema di responsabilità» in caso di appalto lecito ed impedisce che
vengano incentivate pratiche elusive
volte ad accrescere la «catena» degli
appalti per sottrarsi alle responsabilità previste (68).
Sempre sul piano dei soggetti rientranti nella sfera di applicazione del
regime di solidarietà vale rilevare come l’attuale disposizione lavoristica
sembra risolvere in termini positivi la
dibattuta questione dellʼapplicabilità
della speciale tutela solidale indipendentemente dalla natura, pubblica o
privata, del datore di lavoro.
In particolare, è possibile ritenere
che lʼazione attivabile a mente del
nuovo co. 2, dellʼart. 29 consenta
di far valere il titolo di credito del
lavoratore — nei limiti oggettivi già
chiariti — anche nei confronti del
committente pubblico (69).
A tal fine, già la giurisprudenza (70)
e gli autori (71) che hanno avuto
occasione di affrontare la questione,
chiariscono come il co. 2, art. 1 del
d.lgs. n. 276/2003 (il quale prescrive
che «il presente decreto non trova
applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale»)
sancisca — pena lʼillegittimità costituzionale della norma per eccesso
di potere legislativo delegato (72)
— unʼesclusione dalle regole dettate
dalla riforma del 2003 esclusivamente per lʼamministrazione pubblica
nella sua qualità di datore di lavoro.
In altri termini, secondo l’impostazione che si condivide, la previsione
in parola impedisce alla pubblica
amministrazione di avvalersi degli
istituti ivi sanciti (73) ma non sarebbe
tale da comportare la completa esenzione del datore di lavoro pubblico,
anche nell’ipotesi in cui esso operi
nel suo ruolo istituzionale e «di semplice committente dell’appalto» (74).
Tale conclusione — si sottolinea —
appare rafforzata dalle recenti modifiche (75) della norma lavoristica
in argomento, ed in particolare dal
fatto che esse siano inserite specificamente nella sezione terza del decreto
rivolta ai provvedimenti di semplificazione in materia di appalti pubblici.
(68) Diversamente, si osserva, sarebbe sufficiente stipulare un contratto di subappalto per cedere ogni responsabilità non rispondendo più
l’appaltatore (divenuto secondo committente) neppure sul versante delle ritenute fiscali e tributarie.
(69) Peraltro, si può pacificamente affermare che l’azione diretta per fatto dei terzi ex art. 1676 c.c. ha un campo di applicazione generale
e, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, si applica anche al settore degli appalti pubblici; tra le altre, si rinvia a Tar
Palermo, 1° febbraio 2006, n. 291; Cass, 7 marzo 2008, n. 6208; Cass. 19 aprile 2006, n. 9048; Cass. 10 marzo 2001, n. 3559; Cass. 10
luglio 1984, n. 4051.
(70) A titolo esemplificativo si veda Trib. Pavia 29 aprile 2006, in «Dir. lav.» 2006, 539 e ss., con nota di F. CAPURRO, Garanzie relative
a trattamenti economici spettanti ai lavoratori impiegati in appalti conferiti dalla pubblica amministrazione. In specie, tale Tribunale di
prime cure ritiene che — secondo un’interpretazione conforme a Costituzione del d.lgs. n. 276/2003 fondata sui principi di delega della l.
n. 30/2003 — il legislatore del decreto attuativo potesse escludere dall’applicazione del decreto stesso solo la pubblica amministrazione
in qualità di datrice di lavoro (e, quindi, con riguardo ai rapporti di lavoro alle dipendenze della stessa) ma non anche «la pubblica amministrazione nel proprio ruolo istituzionale» e «di semplice committente dell’appalto di servizi».
Da ultimo anche Trib. Roma 15 maggio 2012, n. 8819, inedita a quanto consta.
(71) Senza pretesa di esaustività, si rinvia alle tesi adesive di S. MAINARDI, R. SALOMONE, L’esclusione dell’impiego alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni. Le competenze di regioni a statuto speciale e province autonome, in M. Miscione, M. Ricci (a cura di)
Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro, Art. 1-19, in F. Carinci (coordinato da), Commentario al d.leg. 10 settembre 2003,
n. 276, I, Milano 2004, 36; M.T. CARINCI, La somministrazione di lavoro altrui, in F. Carinci (coordinato da), Commentario al d.leg. 10
settembre 2003, n. 276, II, Milano 20; I. ALVINO, op. cit., 534-535.
In senso contrario, CHIECO, Lavoro e responsabilità solidale negli appalti, cit., 471; L. IMBERTI, Responsabilità solidale negli appalti e subappalti dopo il d.l. 97/2008, cit., 665-666; G. MIMMO, op. cit., spec. 531-533. Anche sul piano amministrativo, si sottolinea, che«l’unica
forma di solidarietà che sussiste tra un committente pubblico ed un appaltatore privato è quella contemplata dall’art. 1676 c.c.» così circ.
n. 5/2011, cit., in senso analogo già Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, nella risposta ad interpello del 15 maggio
2009, n. 35, prot. 25/I/0007173, cit.
(72) Sul punto, rispetto al principio di cui all’art. 6 della l. n. 30/2003, si rinvia alle considerazioni di F. BORGOGELLI, T. GROPPI, Art. 1.
Finalità e campo di applicazione, in E. Gragnoli, A. Perulli (a cura di), La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali,
Padova 2004, 26-27.
Per i rilievi critici allo stesso art. 6, per cui «le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate» si veda E. GRAGNOLI, Il rapporto di lavoro con le Pubbliche Amministrazioni, in M.T.
Carinci (a cura di), La legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro, Milano 2003, 251 e ss.
(73) Con la sola previsione ammessa a favore del datore di lavoro pubblico (art. 86, co. 9, d.lgs. n. 276/2003) di ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, in ogni caso, senza applicazione della sanzione di cui all’art. 27, co. 1.
(74) Cfr. Trib. Pavia 29 aprile 2006, cit., analogo, Trib. Milano 22 gennaio 2010, n. 317.
(75) Attuate a mente dell’art. 21 della l. n. 35/2012 (di conversione del d.l. n. 5/2012, c.d. di semplificazioni).
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
5. - Il nuovo regime processuale
riformato dalla l. n. 92/2012. — Nel
riscrivere il co. 2 dell’art. 29 del
d.lgs. n. 276/2003, il legislatore del
2012 (76) prevede una significativa
novità per mezzo dell’introduzione
di uno speciale regime processuale
da far valere ai fini della tutela che
si va precisando.
All’esito delle modifiche che a distanza di pochi giorni hanno perciò
investito (anche quantitativamente)
la disposizione in parola rileva, in
primo luogo, l’introduzione di un’eccezione al principio generale secondo
cui le cause aventi ad oggetto le obbligazioni solidali non comportano il
litisconsorzio necessario.
In particolare, su questo piano, la
versione riformata del nuovo co. 2,
dell’art. 29, prevede, infatti, che il
committente sia necessariamente
convenuto «in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e
con gli eventuali ulteriori subappaltatori» (77).
D’altro canto, si sottolinea, che se
in tema di obbligazioni solidali (a
mente dell’art. 1292 c.c.), il creditore
può pretendere il pagamento dell’intero ammontare da ogni debitore, in
caso di contratto di appalto, l’ultimo
intervento di riforma fa ricadere le
obbligazioni che ne derivano in primo luogo direttamente sull’obbligato
principale e solo successivamente —
RAPPORTO DI LAVORO
esclusivamente in funzione di garanzia — sugli altri soggetti obbligati.
Invero, a fronte della ricostruzione
di tutta la «filiera» che sin dalla
prima udienza consente al giudice di avere cognizione di chi sia
l’obbligato principale e quali siano
invece gli obbligati solidali — resa
possibile dall’integrazione del contradditorio, eventualmente ordinata
dalla mancanza di tutti i convenuti
in giudizio — l’ultima formulazione
del co. 2 prevede specificamente il
diritto del committente «di eccepire,
nella prima difesa, il beneficio della
preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e
degli eventuali subappaltatori» (78).
Di talché, l’azione esecutiva — a
titolo di garanzia — può essere
intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro
solo dopo l’infruttuosa escussione
del patrimonio dei datori di lavoroobbligati principali (appaltatoresubappaltatore).
E detto principio di beneficium excussionis trova applicazione necessaria come oggi chiarisce il legislatore (anche nei confronti degli
eventuali subappaltatori) e non può
essere escluso per il committente
che non abbia indicato «i beni del
patrimonio dell’appaltatore sui quali
il lavoratore può agevolmente soddisfarsi» (79), come inizialmente pre-
visto dalla formulazione originaria
della disposizione in parola.
Sicché, il nuovo meccanismo, si sottolinea, è certamente più rispondente
alla logica della tutela in esame e supera le condivisibili critiche che sul
piano operativo erano state immediatamente sollevate nei confronti
di una prima maldestra stesura della
norma (80).
Resta fermo, in ogni caso, il diritto
del committente che ha eseguito il
pagamento di «esercitare l’azione di
regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali».
Vale rilevare, infine, come stante
l’eterogeneità dei provvedimenti
legislativi che interessano la materia
è sempre in agguato il rischio della
mancanza di armonizzazione dei
vari testi ogni qual volta si introduca
una modifica.
Così, sul punto appena richiamato,
si osserva che analogo speciale regime processuale non è previsto (n’è
quello appena riformato ne prevede
l’estensione) in tema di responsabilità solidale per le ritenute fiscali e tributarie, a mente del co. 28, dell’art.
35 della l. n. 248/2006, innovato da
ultimo — come già ricordato — dalla l. n. 44/2012.
6. - Il ritorno al piano nazionale per
la delega alla Parti sociali di deroga
della disciplina della responsabilità
(76) Invero, il testo emendato dell’art. 21 della l. n. 35/2012 nella formulazione approvata sancisce che «Ove convenuto in giudizio per il
pagamento unitamente all’appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della
preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli
obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa
escussione del patrimonio dell’appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma
in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può
agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso
nei confronti del coobbligato secondo le regole generali».
(77) Così lett. b) del co. 31 dell’art. 4 della l. n. 92/2012.
(78) Così lett. b) del co. 31 dell’art. 4 della l. n. 92/2012.
(79) Questa precisazione introdotta dall’art. 21 della l. n. 5/2012 ha, invece, inizialmente introdotto due diversi regimi processuali a seconda che il committente fosse convenuto in giudizio da solo (per cui era fatta valere) o unitamente all’appaltatore (solo in quest’ultimo
caso prevedendosi applicazione del principio del beneficium excussionis).
È appena il caso di rilevare come la versione riformata della disposizione lasci aperta la questione con riguardo ai procedimenti in cui sia
convenuto in giudizio solo il committente e la cui prima udienza si tenga tra il 7 aprile 2012 e la data di entrata in vigore della l. n. 92
fissata al 18 luglio del 2012.
(80) Si veda sul punto, G. GAMBERINI, D. VENTURI, Responsabilità solidale nell’appalto: tu chiamale, se vuoi, semplificazioni, in «Bollettino Adapt» 2012, 13, scaricabile all’indirizzo www.adapt.it.
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PROBLEMI E DIBATTITI
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RAPPORTO DI LAVORO
solidale. I limiti e le prospettive della previsione della l. n. 92/2012. —
Accanto alla razionalizzazione del
complesso meccanismo processuale
— nel senso sopra precisato — il
co. 31 dell’art. 4, della l. n. 92 del
28 giugno 2012 (c.d. riforma Fornero), inserisce un’ulteriore previsione
con il disposto previsto alla lett. a),
di cui si propone una primissima
lettura.
In particolare, per effetto della disposizione in parola al primo periodo del co. 2, dell’art. 29 del d.lgs. n.
276/2003, viene premessa la locuzione che al regime di responsabilità
previsto dalla stessa norma fa salva
una «diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti
da associazioni dei datori di lavoro e
dei lavoratori comparativamente più
rappresentative del settore che pos-
sono individuare metodi e procedure
di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti».
Per il vero, non si tratta di una innovazione in termini assoluti (81)
in quanto — si ricorderà — che una
possibilità di deroga della tutela in
esame è già stata introdotta a mente
dellʼart. 8 della l. n. 148/2011 (82)
che prevede (83) che le specifiche
intese, realizzate nei contratti di lavoro sottoscritti a livello aziendale
o territoriale (c.d. contratti collettivi
di «prossimità») da associazioni dei
lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale,
possano regolare (84), nellʼambito
dellʼorganizzazione del lavoro e
della produzione — tra lʼaltro —
anche il regime della solidarietà
negli appalti (85).
Nel confermare, sostanzialmente, il
meccanismo del rinvio normativo la
disciplina in esame — che è chiamata ad operare senza limiti di scopo
(86) — mantiene inalterata la critica
con riguardo alla questione — estranea al restante ambito di applicazione dell’art. 8 della l. n. 148/2011 e
che qui si ripropone sostanzialmente
immutata — dellʼindividuazione dei
soggetti effettivamente interessati
allʼaccordo in deroga, considerata la
pluralità di essi tra committente-appaltatore (finanche subappaltatore)
-lavoratore (87).
Significativamente, tuttavia, rileva
che i contratti collettivi nazionali
(88), sottoscritti dai soggetti selezionati ed indicati dalla norma (89),
in quanto abilitati dal legislatore
di riforma del mercato del lavoro a
derogare la disciplina della responsabilità solidale — espressamente
(81) Peraltro, come è noto, già il legislatore del 2004 nel sancire una prima correzione del co. 2, dell’art. 29, aveva previsto la possibilità
che il regime solidaristico potesse essere derogato da «previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni dei
datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative»; nel riscrivere la norma la legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) abroga per intero la locuzione (così, co. 911, dell’art. 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) e ri-afferma l’inderogabilità
in peius della tutela solidale.
(82) Che ha convertito con modificazioni il d.l. n. 138/2011 (c.d. manovra bis recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo»).
(83) Co. 2, lett. c), art. 8 l. n. 148/2011.
(84) Evidentemente con possibilità di deroga in peius della legge o del contratto collettivo nazionale.
(85) Stante l’ampia formulazione è possibile ammettere che la deroga possa riguardare tutte le norme del complessivo «sistema di responsabilità» anche sul piano fiscale, della sicurezza del lavoro nonché con riguardo alla tutela civilistica. Per l’approfondimento della disposizione in parola — che esula dall’economia del lavoro — si rinvia, senza pretesa di esaustività a R. PESSI, Art. 8 della manovra d’estate e
stabilità reale: molto rumore per nulla, che si può leggere all’indirizzo www.cuorecritica.it; M. TIRABOSCHI, Un testo equilibrato, in www.
adapt.it, 6 settembre 2011; R. DE LUCA TAMAJO, Crisi economica e relazioni industriali: prime osservazioni sull’art. 8 del d.l. 13 agosto
2011, in www.cuorecritica.it., A. MARESCA, La contrattazione aziendale dopo l’art. 8 d.l. 13 agosto 2011 n. 138, ibidem, M. MAGNANI,
La manovra di ferragosto e il diritto del lavoro, ibidem; A. VALLEBONA, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali: si
sgretola l’idolo dell’uniformità oppressiva, in questa rivista 2011, 682; V. SPEZIALE, A. PERULLI, L’articolo 8 della legge 14 settembre
2011, n. 148 e la «rivoluzione di agosto» del Diritto del lavoro, in «Working papers di Catania» 2011.
(86) Si ricorda appena, invece, che la deroga ammessa dall’art. 8 della l. n. 148/2001 è riservata alle finalità della maggiore occupazione,
della qualità dei contratti di lavoro, della emersione del lavoro irregolare, degli incrementi di competitività e di salario, della gestione delle
crisi aziendali e occupazionali, degli investimenti e dell’avvio di nuove attività.
(87) Nei limiti in cui si configuri solo a favore del committente c’è il pericolo di ingenerare effetti distorsivi in quanto la deroga sia prevista
quale condizione di concessione dell’appalto; così, con riferimento all’art. 8 della l. n. 148/2011, G. MIMMO, op. cit., 538.
(88) In specie, si sottolinea che il riferimento della norma in parola al massimo livello contrattuale consenta quantomeno di superare le
perplessità con riguardo alla possibilità di legalizzare un domestico «dumping sociale», ovvero di moltiplicare i particolarismi regolativi
rilevati con riguardo alla previsione dell’art. 8 della l. n. 148/2011; cfr. sul punto U. ROMAGNOLI, Una norma assolutamente da cancellare,
che si può leggere all’indirizzo http://www.eguaglianzaeliberta.it.
(89) Vale la pena ricordare che oggi l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 introduce dei criteri per verificare la rappresentatività
delle organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria (ponderazione tra dato elettorale e dato associativo
con superamento della soglia del 5%).
Si segnala, inoltre, che non coincidenti sono i soggetti abilitati alle deroghe ai sensi dell’art. 8 l. n. 148/2011 in quanto riferiti alle associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale; per un esame, critico, della selezione operata
dal legislatore del 2011 si rinvia a V. SPEZIALE, A. PERULLI, op. cit., 28 e ss.
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
(90) quella sancita dal co. 2 dell’art.
29 del d.lgs. n. 276/2003 — possano, anche, individuare (91) specifici
metodi e procedure atte a consentire
il controllo e la verifica della regolarità complessiva dellʼappalto.
In particolare, si conviene (92) che
tale chiaro e innovativo stimolo
alle parti collettive (93), della predisposizione di un sistema interno
di controllo condiviso, costituisca
unʼopportunità per lʼintroduzione,
in tale ambito, di un istituto di c.d.
due diligence (94), capace di offrire
maggiore certezza nella verifica
della «bontà» dei soggetti implicati
nella filiera dellʼappalto e, più in
generale, di determinare da parte dei
soggetti interessati comportamenti
più responsabili.
In questa prospettiva, pur senza sottovalutare il limite della previsione
— la quale, in ogni caso (95), abilita
le Parti sociali a derogare al regime
di responsabilità solidale in parola
RAPPORTO DI LAVORO
(96) — si ritiene che il sistema interno di controllo, ove effettivamente
sperimentato e implementato, possa
accrescere il sistema di responsabilità del lavoro in appalto in specie
la funzione, propria, di garanzia che
viene così attivata in modo «preventivo» anziché «sanzionatorio».
7. - La corresponsabilità dellʼadozione delle misure di sicurezza. —
Il «sistema di responsabilità» che
traduce il principio della solidarietà
passiva tra appaltante e appaltatore
con riguardo ai contratti di appalto
e di subappalto di opere, forniture
e servizi si caratterizza anche per la
quota che prettamente afferisce agli
obblighi di sicurezza, cui a titolo di
completezza, occorre fare un richiamo sia pure sintetico.
Ancora una volta, in una prospettiva
di rafforzamento delle garanzie per
i lavoratori impiegati nell’appalto il
legislatore del c.d. testo unico (97)
interviene, in primo luogo, con una
norma che sancisce un ampliamento
degli obblighi prevenzionistici in
capo ai soggetti datoriali coinvolti.
In particolare, il co. 1, dell’art. 26
del d.lgs. n. 81/2008 ha reso più
stringente, in caso di affidamento
di lavori a un’impresa appaltatrice
o a lavoratori autonomi all’interno dell’azienda, o di una singola
unità produttiva, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo
dell’azienda medesima (98), la verifica da parte del datore di lavoro appaltante dell’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o
dei lavoratori autonomi in relazione
ai lavori da affidare in appalto.
D’altro canto, il co. 2 del medesimo
articolo ha imposto anche ai subappaltatori, oltre che agli altri datori
di lavoro interessati, di cooperare
all’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi
sul lavoro atti ad incidere sull’atti-
(90) Che così chiarisce l’ambito oggettivo della delega. Diversamente per quanto attiene l’incertezza anche con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione della deroga che deriva dalla disposizione dell’art. 8 della l. n. 148/2008 si rinvia a G. MIMMO, op. cit., 538-539.
(91) Invero, rileva che tali criteri non siano determinati una volta per tutti dal legislatore ma lasciati alla libera determinazione delle Parti
sociali al fine di individuare quelli che, con riguardo allo specifico settore di riferimento, meglio possono attagliarsi ad ogni specifico settore.
(92) Cfr. le considerazioni di G. GAMBERINI, D. VENTURI, Appalti e contrattazione collettiva, in P. Rausei, M. Tiraboschi (a cura di), Lavoro: una riforma sbagliata, Adapt Labour studies e-Book, serie n. 2, giugno 2012, 314 e ss.
(93) Non previsto dalla previgente disposizione (a mente della correzione apportata dal d.lgs. n. 251/2004).
(94) Si segnala, a titolo di completezza, che la questione dell’applicazione della due diligence come sistema alternativo alla responsabilità
solidale negli appalti è di stretta attualità presso la Commissione europea, dove si sta discutendo di una proposta di direttiva (2012/0061
Cod) del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 marzo 2012; per un approfondimento, si veda il documento preparatorio di Impact
Assessment elaborato dalla Commissione europea e consultabile in www.adapt.it, A-Z Index, voce Appalto e subappalto.
(95) Contra, G. GAMBERINI, D. VENTURI, i quali considerano il richiamo vincolante, op. cit., 314.
(96) Diversamente, a titolo di completezza, si ricorda la condizione legittimante del sistema già introdotto nel nostro ordinamento giuridico per l’esenzione dalla responsabilità solidale delle persone giuridiche in tema di sicurezza, a mente dell’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008,
per un richiamo essenziale del quale sia consentito rimandare a S. CASSAR, Il regime giuridico della delega di sicurezza: condizioni di
legittimità e limiti dell’incarico di funzioni nel nuovo assetto normativo», in questa rivista 2010, 613 e ss.
(97) Si tratta del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con cui viene attuata la delega al Governo per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, allo scopo di garantire: l’uniformità della tutela dei lavoratori sul
territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle
differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, prevista dal co. 1, art. 1 della legge 3 agosto 2007, n.
123, avente ad oggetto «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma
della normativa in materia».
Come è noto, nel dare attuazione alla delega l’art. 304 del d.lgs. n. 81/2008 ha esplicitamente abrogato il d.lgs. n. 626/1994 ma molte delle
previgenti disposizioni sono confluite (in alcuni casi con modifiche) nel decreto legislativo del 2008, così come è avvenuto con riferimento
ai contratti di appalto, d’opera o di somministrazione, per cui l’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008 ha sostanzialmente confermato, nei commi
da 1 a 5, l’impianto già previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 626/1994. Per un approfondimento, al riguardo, s rinvia tra gli altri a P. PASCUCCI,
Dopo la legge n. 123 del 2007. Prime osservazioni sul Titolo I del decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute e
della sicurezza nei luoghi di lavoro, in «WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona» 2008, 73, 96 e ss.
(98) Già così secondo la giurisprudenza di legittimità pure in mancanza di espresso riferimento normativo; cfr. Cass. pen. 12 ottobre 2007,
n. 37588, in «Dir. prat. lav.» 2008, 309 e ss.
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
RAPPORTO DI LAVORO
vità lavorativa oggetto del contratto
di appalto, nonché di coordinare gli
interventi di protezione e di prevenzione dai rischi cui sono esposti
— nel complesso — i lavoratori
coinvolti, garantendo informazioni
reciproche anche al fine di eliminare
o ridurre al minimo i rischi dovuti
alle c.d. interferenze tra i lavoratori
delle imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
Con riferimento alle responsabilità
solidali in materia, il co. 4 dell’art.
26 del d.lgs. n. 81/2008, in specie,
chiarisce che «ferme restando le
disposizioni di legge in materia di
responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei
contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente (99)
risponde in solido con l’appaltatore,
nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni
per i quali il lavoratore, dipendente
dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato per opera
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(Inail) o dall’Istituto di previdenza
per il settore marittimo (Ipsema)».
Sicché, la nuova disciplina, amplia
l’efficacia oggettiva della corresponsabilità a tutti i danni non solo
di carattere differenziale derivanti
da eventi infortunistici comunque
riconosciuti dalle relative assicurazioni ma anche ai danni che derivino da eventi infortunistici non
coperti dalle relative tutele ovvero,
finanche, ai danni riguardanti soggetti non compresi nella tutela.
Tuttavia, detta responsabilità solidale opera solo per i danni provocati
da rischi «non specifici» in quanto
la norma precisa (100) — non condivisibilmente — che la responsabilità passiva tra i soggetti datoriali
interessati non si estende per «i
danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese
appaltatrici o subappaltatrici».
Queste ultime, pertanto, restano le
uniche obbligate al risarcimento dei
danni che conseguano ad infortuni
derivanti da rischi propri della loro
attività tipica con affievolimento
(101), si osserva, della tutela patrimoniale dei crediti dei lavoratori
subordinati impiegati negli appalti.
Una parziale correzione delle conseguenze del criterio distintivo posto
dal legislatore con riguardo al campo
di applicazione della corresponsabilità in materia di sicurezza — come
sopra precisato — può derivare dalla
stringente previsione per cui «a pena
di nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c.»,
nei singoli contratti di subappalto
e di appalto devono essere specificamente indicati i costi relativi alla
sicurezza del lavoro, con particolare
riferimento a quelli propri connessi
allo specifico appalto.
Seppure non si sottovaluta la correlazione che esiste tra il grado di effettività della responsabilità oggettiva e
la funzione di prevenzione è possibile riconoscere alla stessa regola di
imputazione oggettiva anche la funzione di tradurre il rischio d’impresa
in un costo assicurativo, in modo da
orientare la produzione verso modelli economicamente più efficienti e
socialmente meno pericolosi (102).
Infine, nei limiti del richiamo al
«sistema di responsabilità» che si va
componendo, si segnala che l’azione
per far valere la responsabilità solidale — nei limiti appena precisati
— non è soggetta ad alcun termine
di decadenza.
8. - Considerazioni conclusive. —
All’esito del richiamo — nei suoi
tratti essenziali — alla disciplina del
sistema di garanzie posto a tutela dei
lavoratori impiegati nell’appalto, si
può concludere per una valutazione
sostanzialmente positiva.
Il regime di responsabilità solidale alla
luce dei limiti, delle condizioni generali e delle novità ricordate, in sostanza, comporta che l’impresa non possa
sfuggire sul piano dell’equità e della
buona fede, nei rapporti contrattuali
collegati, dall’obbligo di rispondere
delle eventuali distorsioni che possono
derivare dai processi di esternalizzazione e di disintegrazione verticale.
In altri termini, il committente in quanto «soggetto responsabile per «l’intera
filiera degli appalti» (103) è chiamato ad un’attenta selezione degli altri
soggetti datoriali dotati di adeguata
capacità economica ed organizzativa.
D’altro canto, l’obiettivo perseguito
dal legislatore — a più riprese — di
(99) È appena il caso di sottolineare come l’attuale formulazione conserva l’utilizzo del termine «imprenditore committente» — già fatto
proprio dal co. 3 bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 626/1994 — lasciando aperte le perplessità ed immutate le critiche sollevate in ordine alla possibilità che a rigore l’interpretazione letterale non consenta di includere nell’ambito di applicazione di questa norma di tutela i dipendenti di
appaltatori e subappaltatori di — nonché i lavoratori autonomi che acquisiscono commesse da — pubbliche amministrazioni e dalle organizzazioni non imprenditoriali. Cfr. sul punto P. CHIECO, op. cit., 12. Dello stesso avviso P. TULLINI, Sicurezza e regolarità del lavoro negli
appalti, in «Arg. dir. lav.» 2007, I, 895 e ss.
(100) Cfr. ultima parte del co. 4 dell’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008.
(101) Si sottolinea che analoga limitazione non era prevista al co. 3 bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 626/1994 (come introdotto dalla l. n.
296/2007, legge finanziaria per il 2007) in base al quale «l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con
ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dell’appaltatore o del subappaltatore,
non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro».
(102) Cfr. G. LUDOVICO, Sui limiti e contenuti della responsabilità solidale negli appalti per i danni da infortunio e malattia professionale,
in «Arg. dir. lav.» 2001, 567 e ss., anche per un richiamo critico e ampiamente approfondito ai limiti della relativa tutela.
(103) Così L. GALANTINO, Nuove prospettive in tema di tutela della sicurezza sul lavoro, in «Dir. prat. lav.» 2007, VII.
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Massimario di Giurisprudenza del Lavoro
PROBLEMI E DIBATTITI
IL SOLE 24 ORE
elevare la solidarietà ad unico rimedio di tutela del lavoro negli appalti,
rovesciando la precedente impostazione che riconosceva un ruolo di
assoluta centralità alla regola della
parità di trattamento — sì da evitare
che l’appalto interno fosse utilizzato
come strumento di riduzione del
costo del lavoro — segnala la diretta
manifestazione del mutato approccio
legislativo al fenomeno del decentramento produttivo (104).
RAPPORTO DI LAVORO
In sostanza, riconosciuto l’interesse
dell’impresa ad un’organizzazione economicamente più efficiente,
specularmente assume centralità la
regola della responsabilità solidale
tra i soggetti datoriali interessati e ne
diviene «paradigma generale» (105)
nella tutela dei lavoratori coinvolti
nell’appalto.
Restano i punti d’ombra dell’attuale
assetto legislativo — che di volta
in volta si è cercato di evidenzia-
re — ovvero, più in generale, la
persistenza di farraginosità nella
relativa disciplina (che è facile
osservare costituisce un’occasione
persa per le rinnovate recenti linee
d’intervento legislativo) che si manifesta soprattutto per la mancanza
di un esplicito coordinamento tra le
diverse disposizioni atto a definire
con maggiore chiarezza lo statuto
giuridico protettivo dei lavoratori
impiegati nell’appalto.
(104) Cfr. R. DEL PUNTA, Problemi attuali e prospettive in tema di interposizione di manodopera, in «Arg. dir. lav.» 2002, 301.
(105) L’espressione è ripresa da L. CORAZZA, La nuova nozione di appalto nel sistema delle tecniche di tutela del lavoratore, in «WP
C.S.D.L.E. Massimo D’Antona» 2009, 93, 13.
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LEGISLATIVE. — Riassunto. Il saggio affronta il tema della responsabilità
solidale negli appalti, in tutti i suoi profili sostanziali e processuali, tenendo
conto delle recenti innovazioni legislative.
THE JOINT LIABILITY IN CONTRACTS ABOUT THE LATEST LEGISLATIVE CHANGES.
— Summary. The essay addresses the issue of joint liability in contracts,
in all its substantial and procedural issues, taking into account the recent
legislative developments.
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