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Una fede diversa
Carmelo Dotolo Una fede diversa Alla riscoperta del Vangelo Studi religiosi Studi religiosi CARMELO DOTOLO UNA FEDE DIVERSA ALLA RISCOPERTA DEL VANGELO A coloro che nel quotidiano condividono e ricercano in modi diversi la bellezza e il significato del Vangelo: alla mia famiglia, ai miei genitori, a mia suocera, a mia sorella e cognati, alle amiche e amici. ISBN 978-88-250-2742-6 Copyright © 2009 by P.P.F.M.C. MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO – EDITRICE Basilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova www.edizionimessaggero.it Prima edizione digitale 2010 Realizzato da Antonianum Srl Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941. INTRODUZIONE «Non basta preoccuparsi dello “specificamente cristiano” di cui si fa sì gran uso e abuso, non basta preoccuparsi dell’identità cristiana, che a ogni occasione fa ribadire che la salvezza è stata già donata in Cristo. Ci può essere anche un’altra sorta particolare d’insufficiente identità, che è sintomo di una senescenza precoce e che va disseminando la sua segnaletica di sicurezza e salvaguardia: un’insufficiente identità, che preferisce assoggettarsi alla dittatura di quanto è avvenuto e compiuto, piuttosto che mettersi sulla via d’una speranza che abbia ancora delle attese» (J.B. METZ, La fede, nella storia e nella società. Studi per una teologia fondamentale pratica, Queriniana, Brescia 1978, 174). Forse, è difficile vivere l’avventura della differenza che il vangelo propone. Non per un eccesso di scetticismo nei riguardi del suo progetto, né per un’ironica sufficienza di chi pensa che è solo un’utopia, ma perché si tratta di uno stile di vita e di pensiero al di là delle evidenze superficiali, delle convenzioni prestabilite, dei menù culturali e religiosi pronti all’uso. Ed è difficile, perché impegna ogni uomo e ogni donna ad assumersi la responsabilità di scelte che sappiano andare al cuore dell’esistenza, con domande, desideri, attese, dubbi. Deve essere stato così anche per i cristiani della prima ora, coloro che, dinanzi alla scoperta di una notizia straordinaria, hanno dovuto fare i conti con la fatica del quotidiano, con la pressione dell’incertezza, con il sospetto di trovarsi, ancora una volta, dinanzi a un sogno irrealizzabile. Insomma, un’ennesima delusione per 5 chi non si è rassegnato a dare ascolto al senso comune, al conforto dell’esperienza del «nulla di nuovo sotto il sole». Tuttavia, nonostante incomprensioni e pregiudizi, hanno avuto il coraggio di essere diversi nell’uguaglianza; di percorrere un altro cammino, tra le tante strade possibili; di creare le condizioni per una cultura significativa, tra le molteplici sapienze che alimentavano la storia1. È quanto narra la Lettera a Diogneto, 5: «I cristiani, infatti, non si differenziano dagli altri uomini, né per il territorio, né per la lingua, né per l’abbigliamento. Non abitano città proprie, non usano un linguaggio particolare, non conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è il ritrovato dell’attenta indagine di uomini di genio, e non si fanno promotori, come alcuni, di una teoria umana. Disseminati per città greche o barbare, secondo come a ciascuno è toccato in sorte, e uniformandosi alle abitudini locali nel vestire, nei cibi e in ogni altro aspetto del vivere, mostrano come sia meravigliosa e, a detta di tutti, straordinaria la forma della loro vita associata»2. Certo, rimane il sospetto che la finzione narrativa abbia preso il sopravvento sulla realtà. Un sospetto che preferisce decostruire, falsificare, disincantare, ironizzare… Verbi di un tempo, il nostro, sedotto dall’ipotesi che il mondo vero è, in fondo, una favola, un’abile rappresentazione, e che è inutile tentare di trovare valori umanizzanti, segni di una diversità costruttiva, esperienze capaci di trasformare la realtà3. Stranamente, però, la crisi dei grandi racconti del passato (e, tra questi, il cristianesimo) non ha provocato 1 Cf. G. JOSSA, Giudei o cristiani? I cristiani di Gesù in cerca di una propria identità, Paideia, Brescia 2004, 69-172 e la prima parte dello studio di J. RIES, I cristiani e le religioni. Dagli Atti degli Apostoli al Vaticano II, Queriniana-Jaca Book, Brescia-Milano 2006, 3-197. 2 Lettera a Diogneto. Testo greco a fronte, a cura di G. CARRARO - E. D’AGOSTINI, Servitium, Troina 2007. È uno scriito che risale al 200 d.C. 3 Cf. le riflessioni di S. ARGENTIERI, L’ambiguità, Einaudi, Torino 2008. 6 l’attesa distanza critica dalle maschere delle ideologie, dal pensiero a senso unico, dalla commercializzazione della vita. Ci ha reso, sì, più attenti alle domande di felicità, giustizia, libertà, ma ha anche rischiato (in alcuni casi riuscendoci) di omologare le possibili risposte. L’effetto è quantomeno contrastante: si preferisce il mondo virtuale, dimenticando gli insegnamenti della realtà; si sceglie l’ebbrezza dell’attimo fuggente rispetto alla fatica dell’attesa e alla pedagogia del progetto; si investe nell’apparenza, in un giocoso andirivieni di emozioni, contatti, desideri. Non si vuole, con questo, negare l’orizzonte di possibilità positive e liberanti che la cultura contemporanea ha fatto emergere, ma solo segnalare alcune ferite che stanno lacerando la fiducia nella bontà della vita, pseudovalori che giustificano il disappunto nei riguardi del futuro e che, al tempo stesso, appaiono incompatibili con i valori cristiani. Può essere d’aiuto a uno sguardo critico leggere quanto l’assemblea mondiale del Consiglio ecumenico delle chiese, Verso la solidarietà dell’alleanza per la giustizia, pace e integrità del creato4, indica come la narrazione dominante del mondo d’oggi: una idolatria del profitto e della ricchezza, la cui convinzione, quella di consumare e produrre sempre di più e rapidamente, sta impoverendo l’immagine dell’uomo e creando una disumanizzazione sempre più crudele; un individualismo escludente, che porta a una cultura dell’emarginazione, del diritto del più forte, della sicurezza come alibi per non incontrare e accogliere l’altro; una tecnocrazia incondizionata, la cui legge è fare ciò che è tecnicamente opportuno e possibile, senza altre considerazioni di carattere umano, né ecologico, tanto a rimetterci sono sempre gli ultimi e coloro che non hanno voce. Eppure, senza cedere alla logica del sospetto a ogni costo o alla rassegnazione della decadenza, il cristianesimo Il testo si può trovare in Enchiridion Œcumenicorum 5, EDB, Bologna 2001, 2387-2455. 4 7 può scrivere diversamente la storia dei segni dei tempi, consapevole che il cambiamento di paradigma in atto ha rotto armonie prestabilite, invocando una rimessa a fuoco dell’apparato percettivo. È inutile nascondere la crisi che sta attraversando lo stesso cristianesimo, segno che un certo modo convenzionale di interpretare e vivere la fede sembra giunto alla fine del suo percorso. Si tratta, senza dubbio, di una crisi di rilevanza che relega il messaggio cristiano in una zona periferica della cultura e del quotidiano, quasi incapace di indicare vie percorribili o risposte «che si danno a domande che nessuno pone»5. Ma, ancor di più, si è di fronte a una crisi di identità, che potrebbe essere espressa con la questione se il messaggio cristiano sia capace o meno di una nuova narrazione del mondo. Il punto nodale sta nel rischio di una dimenticanza culturale della fede, che rende distante, perché non significativo, il suo progetto6. Un dato, però, è importante. La fede cristiana non è al riparo dalla necessità di doversi riformulare, soprattutto se intende suscitare ancora una volta l’interesse per una interpretazione differente dell’esistenza, dell’uomo, della religione, dell’etica. È una questione di qualità, perché rompe il monopolio del già noto e lascia intravedere, attraverso l’evento pasquale, l’inedito della genesi dell’uomo, nel sabato della terra e nella creazione di una cultura della solidarietà fondata sul riconoscimento dell’a/Altro. «Nel suo stato di crisi salutare non c’è dunque scampo per il cristianesimo se non in questo nuovo confronto con l’Evento che lo ha fatto nascere e che oggi lo interpella nelle profondità dove diventano tenebra 5 W. KASPER, Teologia e Chiesa, 2, Queriniana, Brescia 2001, 206. Cf. anche P. HÜNERMANN, Dal Concilio Vaticano II – La Chiesa del futuro, «Annali di Studi Religiosi» 8 (2007), 223-236. 6 C. DUQUOC, Fede cristiana e amnesia culturale, «Concilium» 35 (1999), 160: «È accettabile che il legame tra la tradizione che si è materializzata in Occidente e la fede sia così pregnante che l’oblio del suo valore significante si risolva, non provvisoriamente per un effetto di moda, ma strutturalmente, in una svalutazione della fede stessa?». 8 le luci della memoria apologetica, dove, insomma, è dato di sentirsi stranieri nella patria cristiana»7. È bene, però, non minimizzare. Riscoprire il Vangelo è un invito a un pensare altrimenti, che sta stretto in una religiosità di maniera, o dentro una credenza utile al bisogno di credere a buon mercato. Il Vangelo è esso stesso portatore di una critica radicale circa il modo d’intendere Dio, la relazione con la storia, l’etica come spazio di maturazione interpersonale. È un messaggio interessante, sorprendente, ma anche impegnativo, duro, che può scandalizzare (cf. Gv 6,60-61.67), ma che non ambisce alla forza di una qualsiasi ideologia e consiglia una gratuità comunicativa senza misura e, per questo, liberante8. Anzi, il nostro tempo che segnala l’esigenza di spazi di ricerca e luoghi di confronto, può essere più aperto di quanto non si pensi alla riscoperta del Vangelo. «Forse – scrive C.M. Martini – questa situazione è migliore di quella che esisteva prima. Perché il cristianesimo ha la possibilità di mostrare meglio il suo carattere di sfida, di oggettività, di realismo, di esercizio della vera libertà, di 7 E. BALDUCCI, La terra del tramonto. Saggio sulla transizione, Giunti, Firenze 2005, 149. 8 Così si legge in una pagina molto intensa di D. BONHOEFFER, Sequela, Queriniana, Brescia 19754, 165: «L’idea richiede uomini fanatici, che non conoscono né rispettano una resistenza. L’idea è forte. La Parola di Dio, invece, è tanto debole che si lascia schernire e respingere dagli uomini. Davanti alla Parola i cuori possono indurirsi e le porte chiudersi, e la Parola riconosce l’opposizione che incontra e la sopporta. È un’esperienza dura: per l’idea non c’è nulla di impossibile, per l’Evangelo, invece, ci sono cose impossibili. La Parola è più debole dell’idea. Perciò anche i testimoni della Parola sono, con questa Parola, più deboli dei propagatori. Ma in questa debolezza essi sono liberi dalla morbosa irrequietezza dei fanatici; infatti essi soffrono con la Parola […]. Se volessero imporre la Parola in ogni modo, con ogni mezzo umano, essi muterebbero la Parola vivente di Dio in idea, e il mondo a ragione si opporrebbe a un’idea che non gli serve a nulla. Ma proprio come testimoni deboli fanno parte di coloro che non cedono, ma rimangono – certo solo lì dove è la Parola […]. Eppure questa Parola così debole, che subisce l’opposizione del peccatore, è l’unica parola forte, misericordiosa». 9 religione legata alla vita del corpo e non solo della mente. In un mondo come quello che viviamo oggi, il mistero di Dio non disponibile e sempre sorprendente acquista maggiore bellezza; la fede compresa come un rischio diventa più attraente. Il cristianesimo appare più bello, più vicino alla gente, più vero. Il mistero della Trinità appare come una fonte di significato per la vita e un aiuto a comprendere il mistero dell’esistenza umana»9. L’invito, allora, è quello di rendersi disponibili a confrontarsi col fascino di una proposta che può produrre effetti positivi per il mondo, non perché la fede sia così ingenua da pensarsi come una nuova lampada di Aladino. Senza inutili trionfalismi, ma anche senza falsi pudori, può aiutare a scavalcare le lusinghe di chi pensa che tutto è già definito, per il fatto che, nell’apertura di Dio in Gesù e nello Spirito a ogni essere umano, scuote le evidenze immediate, allarga le speranze limitate, diventa questione aperta per ogni uomo e donna. L’importante è sapersi mettere in cammino, instancabili ricercatori di una verità che non teme l’usura del tempo. «La nostra fede deve avere la sensibilità del nomadismo. Dobbiamo essere nomadi, gli uomini del cammina-cammina, persone che si mettono in viaggio. La fede non è qualcosa di stabilizzato per sempre. A volte noi ci tuteliamo con gli stabilizzatori e siamo sempre uniformi. C’è uno standard nella nostra vita: né un tantino in più, né un tantino in meno. Quella è la caratura. Non ci sono soprassalti, non ci sono stupori, non ci sono sussulti. È malinconico! Significa non vivere; significa non sperimentare più la gioia del cammino, l’ansia della ricerca, la tribolazione, la difficoltà, la preoccupazione, la paura e poi il soprassalto di gioia quando sperimenti che la strada che stai percorrendo è quella giusta»10. 9 C.M. MARTINI, Quale cristianesimo nel mondo postmoderno, «Avvenire», Agorà, 27 luglio 2008, 5. 10 A. BELLO, Senza misura, Edizioni la meridiana, Molfetta 1993, 20. 10 CAPITOLO 1 LA COMUNICAZIONE DEL VANGELO. QUALI PROSPETTIVE? Non è una novità la consapevolezza che nell’attuale situazione socio-culturale, soprattutto europea, i processi dell’annuncio del Vangelo sono chiamati a un’inedita stagione creativa. I mutamenti in atto nel quadro di una complessa transizione epocale, invocano una verifica su determinati modelli di lettura e su talune opzioni che non sembrano rispondere adeguatamente alle domande della storia contemporanea. Non è affatto semplice individuare percorsi di dialogo critico con le istanze culturali e religiose che attraversano gli scenari della vita quotidiana e degli stili etici. Ciò che risulta improrogabile, però, è la capacità di ascoltare il lento lavorio che la storia umana sta operando intorno all’affermazione della centralità della persona e della sua ricerca di felicità. Non è un sintomo significativo l’insistenza, talvolta esasperata, sulla priorità del diritto ai diritti? Non sembra quantomeno paradigmatico il ritorno alla problematica dell’identità intesa come polo di attrazione di speranze, paure, incertezze e dubbi sul futuro della condizione umana? Se i dinamismi di cambiamento stanno liquidando consolidate immagini di mondi a noi noti, l’effetto non può ridursi a un aristocratico distacco dalla lotta per il senso, ma deve ingaggiare un confronto serio sui punti nodali e sulle possibili prospettive. Sotto tale angolatura, rimettere a tema la questione dell’identità cristiana1 esige, 1 2002. Cf. G. RUGGIERI (ed.), Le Chiese nel Novecento, EDB, Bologna 11 a nostro avviso, un duplice chiarimento previo: la lettura delle visioni del mondo che caratterizzano la realtà europea (e non solo) oggi; la forma che il cristianesimo deve assumere perché il vangelo del regno possa contribuire al cammino di identità culturale e religiosa nell’accoglienza delle differenze2. La stessa storia del rapporto tra cristianesimo e cultura europea3 testimonia quanto sia decisivo cogliere l’interazione tra valori cristiani e processi di costruzione sociale e individuale, sia per evidenziare gli aspetti negativi di esso, sia per discernere la positività di esperienze e tradizioni che hanno favorito una dinamica di liberazione e umanizzazione della storia contemporanea. 1. L’ATMOSFERA SOCIO-CULTURALE La realtà contemporanea è alla confluenza di una relazione a tratti amichevole, spesso conflittuale, tra dimensione religiosa (cristiana) della vita e ricerca di autonomia culturale. Si potrebbe affermare che in tale nesso sta la specificità dell’avventura (europea) dell’umanità: nell’affermazione dell’autonomia della realtà e libertà del soggetto, insieme alla consapevolezza delle potenzialità valoriali e concettuali che la religione offre all’interpretazione della vita. Il cristianesimo è stato senza dubbio un elemento che ha contribuito all’avventura dell’età nuova, di quella modernità che, in definitiva, porta con Cf. W. KASPER, Il caso Europa: il contributo delle Chiese, in Ispirazione cristiana, causa dell’Europa. Atti dell’incontro di studio, Camaldoli, 30 giugno - 2 luglio 2000, «Il Regno-attualità» (2/2001), Supplemento, 28-33; F. MASTROFINI, Geopolitica della Chiesa cattolica, Laterza, Roma-Bari 2006, 28-48. 3 Cf. J. RATZINGER, L’Europa nella crisi delle culture, «Il Regno-attualità» 9 (2005), 214-219. Cf. anche PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, Sfide della secolarizzazione in Europa. Annuncio, dialogo e testimonianza, a cura di R. Rouse, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2008. 2 12 sé l’utopia di una trasformazione qualitativa della vita. Che tale processo, poi, appartenga a quella dinamica di secolarizzazione4 che rinvia alla novità della religione cristiana, è una considerazione da tener presente senza sicurezze ingenue né miopie ideologiche. Non è casuale il fatto che, quando si affronta direttamente la questione della specificità religiosa del cristianesimo, si profila un sano conflitto interpretativo sulla modalità con cui l’evento cristiano configura il vissuto religioso. La domanda, presente nella letteratura teologica, se il cristianesimo sia o meno una religione5, non è un semplice artificio retorico per negargli l’appartenenza al genere religione, quanto piuttosto un invito a sottolinearne la particolarità in quanto religione. Il motivo (o uno dei motivi) sta nell’attribuzione al cristianesimo della figura di religione della secolarizzazione e della secolarità, con una triplice sottolineatura: 1. la secolarità è un prodotto storico ispirato alla riflessione biblico-cristiana, soprattutto perché la rivelazione biblica pensa Dio e l’uomo come soggetti di un’alleanza, caratterizzata dalla libertà dell’incontro e del dialogo; 2. la secolarizzazione-secolarità è un fenomeno culturale e antropologico che provoca un cambiamento dell’esperienza religiosa e una sua diversa funzione in rapporto alla progettazione del mondo e della storia; 3. la secolarità dichiara l’autonomia e la responsabilità dell’uomo che, secondo il progetto della creazione, è chiamato ad assumersi la responsabilità delle sue scelte. In tal senso, la secolarità appare come cifra universale dell’esistenza umana. Tali presupposti conducono alla conclusione che la secolarizzazione-secolarità rappresenta 4 Sulla pertinenza di tale termine rispetto ad altri cf. R. RÉMOND, La secolarizzazione. Religione e società nell’Europa contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1999, 16-19. 5 Cf. L’Editoriale a cura di M. ELIADE - D. TRACY, «Concilium» 16 (1980), 13-18. 13 un principio ermeneutico per leggere e comprendere il significato della religione cristiana6. Da questo orizzonte di riferimento scaturisce la complessità strutturale della storia culturale europea7: all’affermazione della democrazia, della proclamazione dei diritti dell’uomo, alle idee «cristiane» della Rivoluzione francese, si affianca la devastante violenza delle guerre di religione, degli antagonismi culturali e politici, della lotta contro qualsiasi forma di ingerenza istituzionale nella libertà individuale. Volendo sintetizzare8, si possono individuare questi tratti: a) l’affermazione del soggetto come orizzonte di riferimento centrale, perfino in quella figura emergente dell’individualismo che comporta una solitudine della condizione umana; b) la scelta preferenziale della democrazia come stile di organizzazione della società, sebbene ciò non abbia bloccato la prepotenza ideologica dei totalitarismi e le logiche di un capitalismo selvaggio; c) la scoperta dell’altro come differenza che inquieta e modifica il proprio punto di vista, mostrando la ricchezza culturale, religiosa ed etica presente nel mondo; d) la costante affermazione di una logica tecnocratica, come strategia di trasformazione della realtà e ottimizzazione della vita; e) il delinearsi di una religiosità attenta alla fragilità dell’uomo, segnato da bisogno di benessere e desideroso di tranquillità. Queste caratteristiche della modernità hanno contribuito allo sviluppo di una società e di una cultura sostenute 6 Cf. J.B. METZ, Sulla teologia del mondo, Queriniana, Brescia 1969, 17; 138; A. W.J. HOUTEPEN, Dio, una domanda aperta. Pensare Dio nell’era della dimenticanza di Dio, Queriniana, Brescia 2001, 25-52. 7 Cf. A. RIZZI, L’Europa e l’altro. Abbozzo di una teologia europea della liberazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 1991; R. MAZZOLA, Chiese cristiane, pluralismo religioso e democrazia liberale, in F. BOLGIANI - F. MARGIOTTA BROGLIO - R. MAZZOLA (edd.), Chiese cristiane, pluralismo religioso e democrazia liberale in Europa, Il Mulino, Bologna 2006, 21-54. 8 Per maggiori dettagli cf. C. DOTOLO, Un cristianesimo possibile. Tra postmodernità e ricerca religiosa, Queriniana, Brescia 2007, 17-49. 14 dall’universalità degli ideali illuministi, il cui progetto tendeva a una progressiva liberazione dell’uomo nel segno di un’autonomia responsabile e in virtù dell’appartenenza al genere umano. La stessa affermazione dei diritti dell’uomo9 trova la sua verità nell’indicazione di un’universalità che oltrepassa frontiere etniche, confessionali e politiche. Sta anche in questo l’insuperabilità dell’illuminismo che, più che essere un’epoca del passato, è un modo di guardare il mondo, una prospettiva etica critica nei confronti delle lacerazioni culturali, della mancanza di tolleranza e dialogo, dell’uso della guerra a scopo preventivo o risolutivo di conflitti. Ancora oggi, la richiesta di uguaglianza che deriva dall’universalità consente di continuare lotte importanti per il genere umano: «Le donne devono essere uguali agli uomini di fronte alla legge; la schiavitù deve essere abolita, perché l’alienazione della libertà di un essere umano non può mai essere legittima; i poveri, quelli che non hanno voce in capitolo, gli emarginati, devono essere riconosciuti nella loro dignità e i bambini percepiti come individui»10. Al tempo stesso, però, sembra che all’interno di una tale prospettiva operi un particolare paradosso, formulato da E. Böckenförde, in base al quale «la società moderna […] non vive soltanto di valori non prodotti da lei, bensì distrugge quei valori da cui dipende incondizionatamente, perché essi ne costituiscono il presupposto»11. È come se i valori costitutivi della società moderna venissero dissolti dalla negligenza nei riguardi degli stessi, non più percepiti nel loro insostituibile ruolo culturale e politico. Sul versante del cristianesimo, la storia della sua pre9 10 16. Cf. N. BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990. T. TODOROV, Lo spirito dell’illuminismo, Garzanti, Milano 2007, R.A. SIEBENROCK, Europa: un tentativo di definizione, in «Concilium» 50 (2004), 32. Cf. E.W. BÖCKENFÖRDE, La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, Morcelliana, Brescia 2006; G. ZAGREBELSKY, Imparare democrazia, Einaudi, Torino 2005, 3-47. 11 15 senza si è, nonostante innegabili meriti, arroccata su di un’idea lusinghiera, ma alla lunga rischiosa: quella di autocomprendersi, di fatto, se non per principio, come una religione civile, tradotta nel concetto di cristianità12. In altre parole, si è stabilizzata in un’identificazione tra le attese della società e le esigenze della cultura, entro cui si è giustificata una certa tipologia di religione cristiana. Al di là di un prezioso servizio alla formazione di identità e appartenenze, il suo incerto e oscillante destino – e il determinante fallimento suggellato nella divisione ecclesiale causata dalla Riforma – non è stato percepito in profondità come bisogno di un ripensamento dell’identità cristiana e dei processi di evangelizzazione. Anzi, si è capovolto nell’opposizione latente (e talvolta evidente) alla modernità, in particolare al valore della laicità e delle sue richieste. Il risultato si è determinato nella convinzione di un’autonomia senza condizioni, in cui la società lascia in disparte i principi religiosi e l’emancipazione politica e culturale diventa parola d’ordine. Va precisato, comunque, che «l’opposizione alla modernità non scaturisce da un attaccamento meschino e rigido a dei privilegi indebiti […], essa ha come origine una interpretazione del ruolo della fede nel mondo che era stata contrassegnata da una tale grandezza che il suo fallimento parve un anticipo tragico dell’esilio»13. Quali sono oggi le esigenze che interagiscono nella complessità delle forme di vita nel contesto europeo e, per certi versi, mondiale? Senza entrare nella complessità del conflitto interpretativo, è possibile individuare nell’orizzonte della post-modernità il tratto di una svolta epocale, 12 Cf. G. RUGGIERI, Il cristianesimo tra religione civile e testimonianza evangelica, in G. BOTTONI (ed.), Fine della cristianità? Il cristianesimo tra religione civile e testimonianza evangelica, Il Mulino, Bologna 2002, 21-43. 13 C. DUQUOC, Cristianesimo, memoria per il futuro, Queriniana, Brescia 2002, 99. 16 disincantata nei confronti di alcune ideologie che hanno illuso la storia, fino alle degenerazioni violente con le quali si è ecceduto nella presunta umanizzazione del mondo. «Si assiste – scrive Giovanni Paolo II – a una diffusa frammentazione dell’esistenza: prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose […] il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l’egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi» (Ecclesia in Europa, 8)14. Non si tratta di indulgere in una visione pessimistica o tragica della storia che conduca allo smarrimento. Ciò che è importante, è percepire che quanto attiene alla critica postmoderna non sia altro che la denuncia della incompiutezza dei valori della modernità, quali la libertà, la giustizia, la pace, l’uguaglianza, la costruzione di un mondo qualitativamente attento ai diritti universali dell’uomo. È di questa mancanza che la post-modernità vive il disagio e, forse, la debolezza nell’individuazione di percorsi costruttivi. Non è un caso che l’effetto benefico prodotto dai processi di globalizzazione, con il fascino della comunicazione rapida e degli scambi molteplici a livello di mercato, abbia provocato una stagione sociale segnata da nuove povertà e da un’omologazione che crea violenza e fondamentalismi. Entro questo quadro, va evidenziata una concentrazione esclusiva sulle risorse dell’uomo che si configura come tentativo di una «antropologia senza Dio e senza Cristo» (Ecclesia in Europa, 9). In definitiva, se da un versante la spiegazione del mondo è data senza ricorrere all’ipotesi Dio, il che vuol dire che si è ormai rinunciato alle prospettive della creazione e della rivelazione a favore di quei Il testo dell’esortazione apostolica si trova in Enchiridion Vaticanum 22, EDB, Bologna 2006, 413-434. 14 17 processi scientifici e tecnici che sono esclusivi dell’uomo, dall’altro la mancanza di Dio non sembra creare disagio, né rappresentare un problema, quasi a conferma di quel fenomeno di indifferenza religiosa identificata come indifferenza post-atea15, la cui stranezza sta in una crisi in grado di favorire lo stesso ritorno della religione. Tuttavia, sarebbe miope non intravedere nella nostalgia dell’assoluto, nella sete di verità e di valori autentici un appello a una lettura più attenta dell’attuale ricerca dell’uomo europeo16. 2. TRA DOMANDA DI RELIGIOSITÀ… Volendo, però, concentrarsi su alcune costanti decisive nella ricerca etica e religiosa della contemporaneità, queste vanno nella linea di una duplice istanza: la domanda di nuova religiosità e il bisogno di uno spazio laico di confronto. Per quanto paradossale possa apparire, il fatto del ritorno della religione17 è un dato che supera ogni previsione. La nostra epoca è caratterizzata da una nuova religiosità che si 15 Y. LEDURE, Dall’ateismo all’indifferenza religiosa: il nuovo statuto del fatto religioso, in F. LENOIR - Y. TARDAN-MASQUELLIER (edd.), La Religione, VI. Linguaggio ed esperienze religiose. Le nuove religioni, UTET, Torino 2001, 363-364, annota che a tale livello «la religione non è più fondante, non può più avere la capacità strutturale di dare un significato al destino dell’uomo. Tutti i processi di attribuzione di significato si svolgeranno a livello antropologico, livello che esige l’intervento della libertà. Il religioso acquisterà senso e significato soltanto in questo spazio, dove l’uomo istituisce se stesso per mezzo della libertà. Se non rientra in questa prospettiva, perde la sua ragione d’essere». 16 Cf. S.M. THOMAS, Prendere sul serio il pluralismo religioso e culturale. La rinascita globale della religione e la trasformazione della società internazionale, in P. HATZOPOULOS - F. PETITO (edd.), Ritorno dall’esilio. La religione nelle relazioni internazionali, Vita e Pensiero, Milano 2006, 31-69. 17 Cf. D. HERVIEU-LÉGER, Il pellegrino e il convertito. La religione in movimento, Il Mulino, Bologna 2003; P. SEQUERI, Il sentimento del sacro: 18 esprime come bisogno di ritrovare equilibri insoliti, oasi di tranquillità psico-sociale in grado di stemperare le stressanti condizioni dell’esistenza, spazi di una religiosità interiore quale promessa di ricarica delle energie dell’io. In altri termini, l’esperienza religiosa si propone come elemento di identificazione nella galassia frantumata del sociale e nel depotenziamento in atto delle relazioni. L’ideale della società della gratificazione istantanea sembra essere lo sfondo di quella spiritualità postmoderna che attraversa il desiderio di molte persone, soprattutto nell’emergenza della soggettività quale unico punto di riferimento per l’interpretazione e la guida all’azione. «Si tratta invece di ottenere soddisfazione da un prodotto pronto per l’uso; se il piacere ricavato non è all’altezza del livello promesso e atteso, o se con la novità si esaurisce la gioia, non c’è ragione di rimanere attaccati al prodotto inferiore o invecchiato invece di trovarne un altro “nuovo e migliorato” al negozio»18. Senza dubbio, si assiste a un’inedita di domanda di salvezza e a una particolare esperienza del sacro, che si mostra particolarmente convincente nel proporsi più disponibile all’uomo, più vicino ai suoi bisogni di compensazione psichica e spirituale. È tipico della religiosità postmoderna, segnata dall’intreccio con prospettive religiose orientali, mostrare la possibilità di oltrepassare il reale in un mondo virtualmente sereno, di sovvertire l’esistenza attraverso una nuova grammatica spirituale. Per sconfiggere il nemico della routine quotidiana dispersivo e inquinante, ma anche per sottrarsi alla tendenza di istituzionalizzare le appartenenze, la religiosità contemporanea si fa interprete di una tensione mistica, di una spiritualità che sappia costituirsi come rifugio alle stanchezze e disillusioni della vita. Ora, di una nuova sapienza psicoreligiosa?, in La religione postmoderna, Glossa. Milano 2003, 55-97. 18 Z. BAUMAN, La società della gratificazione istantanea in culture differenti: Europa e Nord America, «Concilium» 34 (1999), 24. 19 a) Tra fedeltà e speranza: l’Antico Testamento b) La fede in Gesù, la fede di Gesù: il Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. Fede come stile di vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Credere, sperare e amare . . . . . . . . . . . . . . . . » 62 » » » 63 66 71 CAPITOLO 4 L’ORIGINALITÀ DEL DIO CRISTIANO . . . » 73 Significato e valore di un avvenimento . . . . Dio, mistero di relazione . . . . . . . . . . . . . . . . Essere-per-l’altro: la storia di Dio . . . . . . . . . Nell’attenzione responsabile alla vita . . . . . . La legge paradossale dell’amore . . . . . . . . . . » » » » » 73 76 81 88 91 CAPITOLO 5 UN MESSIA PARTICOLARE: GESÙ DI NAZARET. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 98 » 98 » » » 102 110 115 » » 121 133 Capitolo 6 ESSERE COMUNITÀ DIFFERENTE: IL VOLTO DELLA CHIESA . . . . . . . . . . . . . . » 136 1. Portatrice di un progetto singolare . . . . . . . . 2. Evento di comunione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Il dono della comunità. . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » 137 139 143 1. 2. 3. 4. 5. 1. Una notizia determinante. . . . . . . . . . . . . . . . 2. L’attesa della liberazione e la realizzazione della promessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Un ribaltamento impensabile . . . . . . . . . . . . 4. Una predicazione controcorrente . . . . . . . . . 5. Una liberante relazione con Dio, l’altro, la storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. L’importanza irripetibile di Gesù Cristo . . . . 223 4. 5. 6. 7. Nei ritmi dello Spirito . . . . . . . . . . . . . . . . . . Comunità nel e per il mondo . . . . . . . . . . . . . Missione della chiesa e storie di libertà. . . . . Conservare il pungolo della speranza . . . . . . » » » » 147 153 157 162 CAPITOLO 7 DIVENTARE PERSONA NELLA LIBERTÀ. L’ANTROPOLOGIA CRISTIANA . . . . . . . . . » 167 » » » 169 174 176 » » 180 185 » 188 Un’identità in cammino . . . . . . . . . . . . . . . . . Divenire uomini secondo il vangelo . . . . . . . Antropologia della povertà . . . . . . . . . . . . . . Essere persona: una scelta e una responsabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Creatori di un progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. 2. 3. 4. CAPITOLO 8 INCONTRO, DIALOGO, PACE. CRISTIANESIMO E RELIGIONI . . . . . . . . . . 1. Una nuova stagione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Il ruolo delle religioni nella storia dell’umanità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Un cambiamento di paradigma . . . . . . . . . . . 4. Le ragioni di un pluralismo convergente . . . 5. La particolare universalità del cristianesimo. 6. La ricchezza del dialogo. . . . . . . . . . . . . . . . . » 188 » » » » » 191 196 200 204 207 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 212 Indice degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 216 Finito di stampare nel mese di aprile 2009 Villaggio Grafica – Noventa Padovana, Padova