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Sentenza Nord-Sud - Stampo Antimafioso

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Sentenza Nord-Sud - Stampo Antimafioso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 443/93 Not.Reato
N. 16/97 della Sentenza
N.34/94 (10/94+33/94
+35/95+36/94+37/94+
38/94)
La 4^ CORTE d‟ASSISE di MILANO
Composta dagli illustrissimi signori:
1° Dr. RENATO SAMEK LODOVICI
2° Dr. MARIA TERESA BRUNO
3° Sig. ADRIANA SIVIERO
4° Sig. CINZIA
RUI
5° Sig. ANGELO DEMBECH
6° Sig. MAGDA
ANTONUCCI
7° Sig. MANUELA RONCALLI
8° Sig. GIUSEPPE DELL‟ACQUA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
NELLA CAUSA PENALE
a carico di: Vedi interno
Presidente
Giudice
Giud. Pop.
“ “
“ “
“ “
“ “
“ “
UDIENZA
del giorno
11 giugno 1997
CAUSA
a carico di:
AGIL FUAT + 132
INDICE TEMATICO
Capitolo 1: Le indagini e il processo
Pag.
277
Capitolo 2: Brevi notazioni di ambiente e di cultura criminale
“
344
Capitolo 3: Sulla chiamata di reità e correità in generale
“
355
Capitolo 4: La chiamata in reità e correità nel presente processo
“
401
Capitolo 5: Il metodo di valutazione della prova
“
459
Capitolo 6: Sequestri di persona a scopo di estorsione
“
471
- sequestro in danno di FERRARINI GIUSEPPE
“
473
- sequestro in danno di GALLI ANGELO
“
492
- sequestro in danno di SCALARI GIUSEPPE
“
565
- sequestro in danno di CAMPARI ALBERTO
“
612
- sequestro in danno di RANCILIO AUGUSTO
“
626
- sequestro in danno di CATTANEO EVELINA
“
649
- sequestro in danno di JACOROSSI ANGELO
“
691
- sequestro in danno di VISMARA ALESSANDRO
“
712
- sequestro in danno di CASELLA CESARE
“
726
“
763
- omicidio in danno di MADAFFARI SALVATORE
e tentato omicidio di SERGI SAVERIO
“
766
- tentato omicidio in danno di CANNAO‟ STEFANO
“
789
- omicidio in danno di TROMBADORE SALVATORE
“
803
- omicidio in danno di RIBAUDO CARLO e
tentato omicidio in danno di SCALERA GIUSEPPE
“
812
- tentato omicidio in danno di RUTIGLIANO MARIO
“
826
- tentato omicidio in danno di SGHEZZI ALESSANDRO “
838
Capitolo 7: Omicidi e tentati omicidi
- omicidio in danno di LABATE PIETRO
Pag.
861
- omicidio in danno di MANCUSO SALVATORE
“
896
- omicidio in danno di MUSITANO ROCCO
“
907
- omicidio in danno di PERRE ADAMO
“
920
- omicidio in danno di BARRECA CONSOLATO e
tentato omicidio in danno di BISESI DOMENICA
“
940
- omicidio in danno di ASPROMONTE GIOSAFATTE
“
968
- duplice omicidio in danno di CAVALLARO PIETRO e
CAMPODIPIETRA GUGLIELMO
“
983
- omicidio in danno di PONZIO RAFFAELE
“
1016
- omicidio in danno di VOTTARI GIOVANNI
“
1031
- tentato omicidio in danno di NIZZOLA FRANCESCO
“
1046
Capitolo 8: Considerazioni generali sul traffico di stupefacenti e sui
reati associativi
“
1073
Capitolo 9: Avvio del traffico di sostanze stupefacenti periodo
1979 - 1982
“
1090
Capitolo 10: Gruppo SERGI
“
1138
Capitolo 11: Gruppo PAPALIA
“
1333
Capitolo 12: Gruppo AMANTE
“
1443
Capitolo 13: Fornitori di stupefacenti del Gruppo SERGI
“
1459
Capitolo 14: Gruppo CAROLLO e rapporti con lo stesso
“
1636
Capitolo 15: Rapporti con il Gruppo FLACHI-TROVATO
“
1694
Capitolo 16: Rapporti con il gruppo PANNUNZI e Raffineria di
Rota Imagna
“
1709
Capitolo 17: Acquirenti di stupefacenti
“
1792
- paragrafo 1
“
1801
- paragrafo 2
“
2291
Capitolo 18: Altri reati
Pag. 2336
“
2460
- in generale
“
2460
- in particolare
“
2478
Capitolo 19: Profili sanzionatori
Capo
1
Pag. 492
Capo
23
Pag.
838
Capo
2
Pag. 565
Capo
24
Pag.
838
Capo
3
Pag. 612
Capo. 25
Pag.
838
Capo
4
Pag. 626
Capo. 26
Pag.
861
Capo
5
Pag. 643
Capo. 27
Pag.
861
Capo
6
Pag. 691
Capo
28
Pag.
896
Capo
7
Pag. 712
Capo
29
Pag.
896
Capo
8
Pag. 726
Capo
30
Pag.
896
Capo
9
Pag. 473
Capo
31
Pag.
907
Capo
10
Pag. 983
Capo
32
Pag.
907
Capo
11
Pag. 983
Capo
33
Pag.
907
Capo
12
Pag. 983
Capo
34
Pag.
920
Capo
13
Pag. 789
Capo
35
Pag.
920
Capo
14
Pag. 766
Capo
36
Pag.
940
Capo
15
Pag. 803
Capo
37
Pag.
940
Capo
16
Pag. 803
Capo
38
Pag.
1016
Capo
17
Pag. 803
Capo
39
Pag.
1016
Capo
18
Pag. 812
Capo
40
Pag.
1016
Capo
19
Pag. 812
Capo
41
Pag.
1031
Capo
20
Pag. 812
Capo
42
Pag.
1031
Capo
21
Pag. 826
Capo
43
Pag.
1031
Capo
22
Pag. 826
Capo
44
Pag.
1046
Capo
45
Pag. 1046
Capo
70
Pag.
1334
Capo
46
Pag. 1046
Capo
71
Pag.
1601
Capo
48
Pag. 968
Capo
72
Pag.
1710
Capo
49
Pag. 968
Capo
73
Pag.
1802
Capo
50
Pag. 1138
Capo
75
Pag.
1805
Capo
51
Pag. 1138
Capo
76
Pag.
1819
Capo
52
Pag. 1443
Capo
78
Pag.
1831
Capo
53
Pag. 1333
Capo
79
Pag.
1841
Capo
54
Pag. 1333
Capo
79/bis
Pag.
1851
Capo
55
Pag. 1636
Capo
80
Pag.
1861
Capo
56
Pag. 1636
Capo
81
Pag.
1861
Capo
57
Pag. 1636
Capo
82
Pag.
1861
Capo
58
Pag. 1694
Capo
83
Pag.
1875
Capo
59
Pag. 1709
Capo
84
Pag.
2344
Capo
60
Pag. 1709
Capo
85
Pag.
2344
Capo
61
Pag. 2337
Capo
89
Pag.
1888
Capo
62
Pag. 1092
Capo
90
Pag.
2352
Capo
63
Pag. 1092
Capo
91
Pag.
1898
Capo
64
Pag. 1486
Capo
92
Pag.
2143
Capo
65
Pag. 1486
Capo
93
Pag.
1904
Capo
66
Pag. 861
Capo
94
Pag.
1118
Capo
67
Pag. 1610
Capo
95
Pag.
1118
Capo
68
Pag. 2337
Capo
96
Pag.
1904
Capo
69
Pag. 1139
Capo
97
Pag.
1092
Capo
98
Pag. 1092
Capo 126
Pag.
1588
Capo
99
Pag. 1092
Capo 127
Pag.
1588
Capo 100
Pag. 1916
Capo 130
Pag.
2048
Capo 100/bis
Pag. 1916
Capo 131
Pag.
2060
Capo 101
Pag. 1928
Capo 132
Pag.
2065
Capo 104
Pag. 1935
Capo 133
Pag.
2065
Capo 105
Pag. 1552
Capo 134
Pag.
1517
Capo 106
Pag. 1461
Capo 135
Pag.
1517
Capo 107
Pag. 1948
Capo 135/bis
Pag.
1517
Capo 108
Pag. 1967
Capo 136
Pag.
2099
Capo 109
Pag. 1978
Capo 138
Pag.
1533
Capo 112
Pag. 2356
Capo 139
Pag.
1533
Capo 113
Pag. 1461
Capo 140
Pag.
1533
Capo 114
Pag. 1987
Capo 141
Pag.
2373
Capo 115
Pag. 2000
Capo 142
Pag.
2373
Capo 116
Pag. 2006
Capo 143
Pag.
2112
Capo 117
Pag. 2031
Capo 143/bis
Pag.
2112
Capo 118
Pag. 1123
Capo 144
Pag.
2118
Capo 120
Pag. 1831
Capo 145
Pag.
2130
Capo 121
Pag. 2041
Capo 146
Pag.
1123
Capo 123
Pag. 2364
Capo 147
Pag.
2135
Capo 124
Pag. 1710
Capo 148
Pag.
2143
Capo 124/bis
Pag. 1710
Capo 150
Pag.
2152
Capo 124/ter
Pag. 1719
Capo 151
Pag.
2158
Capo 153
Pag. 2172
Capo 183
Pag.
2403
Capo 154
Pag. 2181
Capo 184
Pag.
2411
Capo 155
Pag. 1610
Capo 185
Pag.
2411
Capo 156
Pag. 2189
Capo 186
Pag.
1935
Capo 157
Pag. 2201
Capo 187
Pag.
1935
Capo 158
Pag. 1135
Capo 188
Pag.
2262
Capo 159
Pag. 1135
Capo 189
Pag.
2006
Capo 160
Pag. 2377
Capo 190
Pag.
2416
Capo 161
Pag. 2215
Capo 191
Pag.
2416
Capo 164
Pag. 2220
Capo 192
Pag.
2421
Capo 165
Pag. 2226
Capo 193
Pag.
2421
Capo 166
Pag. 1614
Capo 195
Pag.
2292
Capo 167
Pag. 2229
Capo 196
Pag.
2292
Capo 169
Pag. 2387
Capo 197
Pag.
2292
Capo 171
Pag. 2118
Capo 199
Pag.
2305
Capo 172
Pag. 2236
Capo 200
Pag.
2305
Capo 173
Pag. 2242
Capo 201
Pag.
2319
Capo 174
Pag. 2250
Capo 203
Pag.
2321
Capo 175
Pag. 2258
Capo 204
Pag.
2321
Capo 176
Pag. 2262
Capo 205
Pag.
2329
Capo 179
Pag. 2391
Capo 206
Pag.
2329
Capo 180
Pag. 2400
Capo 208
Pag.
2427
Capo 181
Pag. 2400
Capo 209
Pag.
1875
Capo 182
Pag. 2403
Capo 210
Pag.
2446
Capo 211
Pag. 2446
Capo 212
Pag. 1443
Capo 214
Pag. 1935
Capo 216
Pag. 2427
Capo 217
Pag. 2427
Capo 219
Pag. 2172
Capo 220
Pag. 2281
Capo 222
Pag. 2286
Capo 225
Pag. 1123
Capo 226
Pag. 2455
Capo 227
Pag. 2455
Capo 228
Pag. 1831
Capo 229
Pag. 1637
Capo 230
Pag. 2456
Capo 231
Pag. 1461
Capo 232
Pag. 2065
Capo 233
Pag. 2392
Capo 234
Pag. 2305
Capo 235
Pag. 2099
Capo 236
Pag. 1334
Capo 237
Pag. 1334
REPUBBLICA ITALIANO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 443/93 Not.Reato
N. 16/97 della Sentenza
N.34/94 (10/94+33/94
+35/95+36/94+37/94+
38/94)
La 4^ CORTE d‟ASSISE di MILANO
Composta dagli illustrissimi signori:
1° Dr. RENATO SAMEK LODOVICI
2° Dr. MARIA TERESA BRUNO
3° Sig. ADRIANA SIVIERO
4° Sig. CINZIA
RUI
5° Sig. ANGELO DEMBECH
6° Sig. MAGDA
ANTONUCCI
7° Sig. MANUELA RONCALLI
8° Sig. GIUSEPPE DELL‟ACQUA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
NELLA CAUSA PENALE
a carico di: Vedi interno
Presidente
Giudice
Giud. Pop.
“ “
“ “
“ “
“ “
“ “
UDIENZA
del giorno
11 giugno 1997
CAUSA
a carico di:
AGIL FUAT + 132
2
1) AGIL FUAT,
n. a Kajseri (TR) l‟1.2.48;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
2) AGOSTINO ROCCO,
n. a Marina di Gioiosa Jonica il 21.5.64, res. a Roccella
Jonica contrada Lacchi, 37 c/o Hotel “Kennedy”;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
3) AGRESTA ANTONIO,
n. a Platì il 5.9.60, res. a Platì via A. De Gasperi, 2 - dom.to a
Buccinasco via Solferino, 4/6;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
4) ALFONSI MARCO,
n. a Ascoli Piceno il 6.1.58, res. ed el. dom.to ad Ascoli
Piceno via Galiè, 8/C;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
5) AMANTE ANTONINO,
n. a Messina il 29.8.37, re. a Roma via B. Longo, 72 - dom.to
a Viggiù viale Varese, 23;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
6) AMANTE GIOVANNI,
n. a Colongo Monzese il 16.12.62, res: a Corsico via Parini,
7;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
7) AMANTE PIETRO,
n. a Messina il 2.8.48, res. a Buccinasco via Vigevanese, 7/L;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
3
8) AQUINO SALVATORE,
n. a Marina di Gioiosa Jonica il 29.2.44, re. a Marina di
Gioiosa Jonica via S. Fines, 9;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
9) ATZENI GIAMPIERO,
n. a Carbonia il 7.12.52, el. dom.to a Noviglio via Mascagni,
3 - res. a Rosate via A. Manzoni, 19;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 20.7.94
LIBERO - PRESENTE
10) BARBAGALLO SALVATORE
n. a Catania il 15.9.59, re. a Busto Garoflo via Carducci, 12 dom.to a Catania via P. Novelli, 41;
arrestato il 21.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.3.94
LIBERO - PRESENTE - DECEDUTO il 10.6.96
11) BARBARO DOMENICO,
n. a Platì il 21.2.54, res. a Platì vico III G. Mazzini, 2;
arrestato il 28.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
12) BARBARO GIUSEPPE,
n. a Platì il 19.10.48, res. a Platì vico III D. Mittiga, s.n.;
arrestato il 28.9.95 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
13) BARBARO GIUSEPPE,
n. a Platì il 24.5.56, res. a Platì via Roma nr. 25;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
4
14) BARBARO GIUSEPPE,
n. a Platì il 4.8.59, res. a Platì via Matteotti, s.n.;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
15) BIFFI SIRO FRANCESCO,
n. a Pieve Porto Morone il 17.7.25, res. ed el. dom.to a
Milano via G. D‟Annunzio, 3;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
LIBERO - ASSENTE PER RINUNCIA
16) BISSONI FRANCO,
n. a Milano il 19.2.57, el. dom.to a Zelo Surrigone via
Confalonieri, 9 - res. a Milano via Forze Armate, 237 dom.to a Milano via Pastronchi, 2;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. de
l2.10.93)
scarcerato l‟8.8.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
17) BOMBARA MICHELE,
n. a Siderno l‟1.2.62, res. a Siderno via Feudo Vecchio, s.n. dom.to a Siderno corso Garibaldi, s.n.;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
18) BOMBARA NICOLINO,
n. a Siderno il 21.12.57,. res. a Siderno II traversa corso
Garibaldi, 20;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
19) BONANNO LUIGI,
n. a Palermo il 21.4.43, res. a Corsico via Copernico, 1 dom.to a Orta San Giulio via Bersani, 24;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO PRESENTE
5
20) BRANCA DOMENICO,
n. a Melito Porto Salvo il 30.8.58, res. a Milano via
Varesina, 63 - dom.to a Milano via Principe Eugenio, 20;
arrestato il 29.6.95 estradato in Italia il 29.11.95 (O.c.c.
2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
21) CALABRO‟ FRANCESCO,
n. a San Luca l‟8.10.57, res. a San Luca via don Signati, 42 dom.to a Milano via Comasina, 30;
arrestato il 21.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
22) CAMMARERI DOMENICO,
n. a Oppido Mamertina l‟11.5.67, res. a Seveso via Monte
Cassino, 24;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
scarcerato il 12.9.93
LIBERO - PRESENTE
23) CARBONE DOMENICO,
n. a Platì il 27.10.59, res. a Cesano Boscone via Brunelleschi,
3 - el. dom.to a Zelo Surrigone via Fermi, 2;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
LIBERO - PRESENTE
24) CARBONE PASQUALE,
n. a Platì il 13.2.63, re. a Cesano Boscone via Brunelleschi, 3;
arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e 3169/94 N.R. del 11.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
25) CAROLLO ANTONINO,
n. a Palermo il 18.11.59, res. ad Albairate via San Francesco,
27;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
6
26) CARUSO ROBERTO,
n. a Giarre l‟1.10.64;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
27) CATANZARITI AGOSTINO,
n. a Platì il 17.9.47, res. a Corsico via L. Salma, 13;
arrestato il 26.10.64 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e dell‟8.11.93)
DETENUTO - PRESENTE
28) CELINI VINCENZO,
n. a Rosarno il 21.8.64, res. a Rosarno via Papa Giovanni
XXIII, 26 - dom.to a Milano via M. Melloni, 19;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
29) CERULLO PIETRO,
n. a Centola il 17.8.41, agli arr. dom.ri a Corsico via
Concordia, 25;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
30) CIAMPA ANTONIO,
n. a Buccinasco il 13.10.63, res. ed el. dom.to a Corsico
piazza Europa, 34 c/o il padre DOMENICO;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e 3169/94 N.R. dell‟11.2.94)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
31) CODISPOTI GIOVANNI
n. a Natile di Careri il 2.11.47, el. dom.to a Milano via
Panfilo Castaldi, 17 - res. a Milano via Venini, 46;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 7.3.94
LIBERO - PRESENTE
7
32) COLUCCIO GIUSEPPE,
n. a Marina di Gioiosa Jonica il 12.4.66, res. a Siderno via E.
Fermi, 55;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
33) CORNIGLIA FEDERICO,
n. a Venezia il 31.7.36, res. a Milano via Fontana, 8;
arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
34) D‟ANGELO ANIELLO
n. a Cantola il 13.5.62, res. a Milano viale Puglia, 20/A - el.
dom.to e dom.to a Corsico via R. Sanzio, 9;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
35) DISCEPOLO LUIS VINCENT,
n. a Parigi il 9.4.47, res. a Milano via Servio Tullio, 4;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
36) DUCHINI DINO,
n. a Corsico il 5.3.60, res. ed el. dom.to a Corsico via
Marzabotto, 10;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
37) ESPOSITO GIUSEPPE,
n. a Napoli il 22.5.47, res. ed el. dom.to a Napoli via
Montenevoso, 11 c/o parenti - dom.to a Trezzano sul
Naviglio via Boito, 6 dom.to a Corsico via Alzaia Trieste, 11
c/o Hotel “Naviglio Grande”
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.3.94
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
8
38) FERRATO ANTONIO,
n. a Platì l‟11.4.56, res. ed el. dom.to a Corsico piazza
Europa, 38;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 13.8.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
39) FERRERO WALTER,
n. a San Pietro Vernotico il 26.7.49, res. a Milano galleria
Buenos Ayres, 13;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93 )
DETENUTO - PRESENTE
40) FONTANA VINCENZO,
n. a Gallico il 17.2.47, res. a Milano piazza Santo Stefano,
10;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
41) FRANCHETTI ALESSANDRO,
n. a Cesate il 30.4.50, res. a Cesate via C. Battisti, 16 - el.
dom.to a Milano via Fiamma, 27 c/o avv. N. TERZI;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 21.6.95
LIBERO - PRESENTE
42) GIRGENTI GASPARE,
n. a Palermo il 23.12.40, res. a Milano viale Regina
Giovanna, 22 - dom.to a Varese via Adda, 31;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
43) GRASSO DOMENICO,
n. a San Luca il 3.2.55, res. a San Luca via Verga, 21 - el.
dom.to a Bovalino Marina via 24 Maggio, 91;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
9
44) GRASSO GIOVANNI,
n. a San Luca il 4.10.59, res. ed el. dom.to a Ospedaletti corso
Marconi, 11/B;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
45) GRILLO MICHELE,
n. a Platì il 27.11.47, res. a Platì via San Pasquale, 38 dom.to a Corsico via Concordia, 70 c/o il fratello;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
46) INZAGHI MARIO,
n. a Reggiolo il 19.2.45, reperibile a mezzo Servizio Centrale
di Protezione;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.1093. e del 7.10.93)
scarcerato il 20.5.94
LIBERO - PRESENTE
47) IOFFRIDA LEONE LUIGI,
n. a Melito Porto Salvo il 27.8.65, res. ed el. dom.to a
Roghudi via Rizzari, 11;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.3.94
LIBERO - PRESENTE
48) LA ROSA GAETANO,
n. a Palermo il 22.6.54, res. a Nichelino via Ponchielli, 29;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.1.94
DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA
49) LENA GIULIO,
n. a Roma il 19.4.31, res. a Roma via Gabi, 8;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
10
50) LO COCO GIUSEPPE,
n. a Palermo il 17.5.58, el. dom.to a Gudo Visconti via
Ungaretti, 19/21;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
scarcerato il 20.5.94
LIBERO - PRESENTE
51) LOMBARDO GIULIO ANTONINO, n. a Reggio Calabria il 14.9.62, res. ad Arese via delle
Groane, 9/B;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
52) LOPEZ PATINO SERGIO LEON,
n. a Ceja Aut l‟8.8.65, res. a Medellin (Colombia);
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
53) LO PRETE NICOLA,
n. a Isola Capo Rizzuto l‟8.7.47, res. a Cassano d‟Adda via L.
da Vinci, 23;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
54) MAIOCCHI ROBERTO,
n. a Milano il 4.1.52, re. a Milano via Lessona, 42 dimorante ad Arese via Barzi, nr. 7;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93 e del 21.10.94)
DETENUTO - PRESENTE
55) MAIOLO PASQUALE,
n. a Oppido Mamertina il 18.2.46, res. e dom.to a Buccinasco
via Duse, 2;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato l‟8.8.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
56) MALLAMACE ANTONIO,
n. a Cirò Marina il 7.6.61, res. a Milano via A. Carbonera, 21;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
11
57) MAMMOLITI DOMENICO,
n. a Locri il 16.12.68, res. ed el. dom.to a San Luca via
Lucania, 12;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 2.7.94
LIBERO - PRESENTE
58) MAMMOLITI DOMENICO,
n. a San Luca il 20.6.62, res. a San Luca via G. D‟Annunzio,
16;
arrestato il 29.6.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
59) MAMMOLITI ROCCO,
n. a San Luca il 26.7.66, dom.to ed el. dom.to a Bologna via
Emilia Ponente, 323 - res. a San Luca corso Matteotti, s.n.;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 21.2.96 per dec. termini
LIBERO - ASSENTE PER RINUNCIA
60) MAMMOLITI SEBASTIANO,
n. a San Luca il 25.7.44, res. ed el. dom.to a San Luca via
Lucania, 12;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 21.2.9 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
61) MANCUSO GIANFRANCO,
n. a Brancaleone il 24.11.47, res. a Brancaleone corso
Umberto 1°, 158 - el. dom.to a Milano via Manara, 15 c/o
avv. E. TORELLI Proc. speciale;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 13.4.94
LIBERO - PRESENTE
62) MARINO SALVATORE,
n. a Caltanissetta il 6.4.58, res. a Milano via F. Filzi, 30 - el.
dom.to a Milano via Plana, 43;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 3.5.96
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
12
63) MAZZU‟ SAVERIO
n. a Oppido Mamertina il 9.3.64, el. dom.to a Cornaredo via
Garibaldi, 140 - el. dom.to a Milano via Rismondo, 9 - res. a
Milano via Quinto Romano, 72;
arrestato il 14. 10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.3.94
LIBERO - CONTUMACE
64) MEDICI EMANUELE,
n. a Sant‟Agata del Bianco il 10.1.43, re. a Biassone via S.
Riboldi, 42;
arrestato il 22.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
65) MIRABELLA GIUSEPPE,
n. a Belpasso l‟11.10.41, res. a Torino via S. Beltrame, 95 agli arr. dom.ri a Sommariva del Bosco via Canale, 24 c/ la
convivente AIELLO ANNA
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO AGLI ARRESTI DOMICILIARI - PRESENTE
66) MOLLUSO FRANCESCO,
n. a Platì l‟8.2.51, res. a Cesano Boscone vi Trento, 4;
arrestato il 6.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 2.12.93)
DETENUTO - PRESENTE
67) MORABITO SAVERIO,
n. a Platì il 18.9.52, reperibile a mezzo Servizio centrale di
Protezione Roma;
LIBERO - PRESENTE
68) MOSCARDI GIANFRANCO,
n. a Breno il 14.1.44, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via
Donizetti, 4 - dom.to a Inzago via Fumagalli, 30;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 29.4.94
LIBERO - PRESENTE
13
69) MOSCARDI GIULIANO,
n. a Breno l‟1.10.62, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via
Donizzetti, 4;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 2.11.93
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
70) MUFATO ANGELO,
n. a Milano il 28.10.49, res. a Milano via Appennini, 149;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
71) MUSCIO MARIO,
n. a Brescia il 23.2.38, res. a Torbole Casaglia via Verdi, 20;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
72) MUSCICO‟ ANTONINO,
n. a Messina l‟8.3.53, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone
via Gobetti, 3 - dom.to a Zelo Surrigone via Provinciale, 23
c/o CORNEGLIANI NADIA
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
73) MUSITANO ANTONIO,
n. a Platì il 17.10.61, res. a Buccinasco via Kennedy, 20 oppure a Vermezzo via Piemonte nr. 14;
arrestato il 15.4.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e 3169/94 N.R. dell‟11.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
74) MUZZUPAPPA GIUSEPPE,
n. a Nicotera il 2.1.41, res. ed el. dom.to a Reggiolo via
Paisiello, 28;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 2.7.94
LIBERO - CONTUMACE
14
75) NIRTA ANTONIO
n. a San Luca l‟8.7.46, res. a San Luca via Mazzini, 30;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e dell‟8.11.93)
DETENUTO - PRESENTE
76) NIRTA GIUSEPPE,
n. a San Luca il 26.10.60, res. ed el. dom.to a San Luca via
Marconi, 1;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 21‟-93)
scarcerato il 21.2.96 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
77) NUCARA ALESSANDRO,
n. a Reggio Calabria il 5.8.59, res. a Milano via degli
anemoni, 3;
arrestato il 25.5.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
78) ORIO UMBERTO,
n. a Milano il 10.6.49, res. a Milano via dei Giaggioli, 11 - el.
dom.to a Milano via dei Giardini, 10 c/o avv. GIAN LUCA
MARIS
arrestato il 7.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
18.12.93)
scarcerato il 14.6.96
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
79) PANIA ANTONIO
n. a Siderno l‟11.8.59, res. a Pieve Emanuele frazione
Fizzonasco via Marche, 25;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
80) PAOLUCCI ANTONIO,
n. a Napoli il 30.12.38, res. ed el. dom.to a Firenze via del
Moro, 16 c/o LAZZERINI WALTER;
arrestato il 15.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
15
81) PAPALIA ANTONIO,
n. a Platì il 26.3.54, res. a Buccinasco via F.lli Rosselli, 6;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e dell‟8.11.93;
3169/92 N.R. dell‟11.2.94; 8091/92 - 3966/93 GIP di Torino
del 26.5.93)
DETENUTO - PRESENTE
82) PAPALIA DOMENICO,
n. a Platì il 18.4.45, res. a Platì;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
83) PAPALIA GIUSEPPE,
n. a Platì il 7.10.61, res. a Platì traversa case popolari dom.to ad Assago via Reggio Emilia, 25;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
84) PAPALIA ROCCO,
n. a Platì il 24.10.50, res. ad Assago via Papa Giovanni
XXIII, 6;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93, dell‟8.11.93 e del 2.12.93; 3169/92 N.R.
dell‟11.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
85) PARISI ANTONIO,
n. a Platì il 26.8.62, res. a Vermezzo via Petrarca, 12;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
86) PARISI DOMENICO,
n. a Platì il 13.11.59, res. a Buccinasco via Gorizia, 10;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93; 3169/92 N.R. dell‟11.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
16
87) PEDRANI ROBERTO,
n. a Legnano il 2.10.51, res. a Legnano via Roma, 50;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
88) PELLIZZERI BIAGIO,
n. a Milano il 2.10.70, res. ed agli arr. dom.ri a Corsico via A.
Diaz, 43;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
89) PERRE FRANCESCO,
n. a Platì l‟11.11.56, res. a Platì via A. De Gasperi, 3;
arrestato il 20.10.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93; 8091/92 - 3466/93 GIP Torino del 26.5.93)
DETENUTO - PRESENTE
90) PETRACHI ALESSANDRO,
n. a Taranto il 29.6.65, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone
via Don Minzoni, 7;
arrestato il 22.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 3.3.96 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
91) PETRACHI LEONARDO,
n. a Taranto il 30.1.61, res. a Cesano Boscone via Don
Minzoni, 7 - dom.to ed el. dom.to a San Martino di Bareggio
via Milano, 17 c/o la madre FANELLI R.;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 3.3.96
LIBERO - PRESENTE
92) PISANI SAVERIO ROSARIO,
n. a Magisano il 15.10.57, res. a Milano via Martiri della
Libertà, 32 - dom. dichiarato a Buccinasco via Mascagni, 7
c/o TROIANO F.;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 13.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA
17
93) PIZZATA GIOVANNI,
n. a San Luca il 2.7.62, res. a San Luca via Martin Luther
King, 4;
arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
94) PORRO CARLO,
n. a Milano il 24.5.65, res. a Buccinasco via G. Garibaldi,
8/A;
arrestato il 18.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
scarcerato il 7.7.94
LIBERO - PRESENTE
95) PUGLISI CARMELO,
n. a Catania il 2.1.64, res. ed el. dom.to a Catania via Pozzo
Canale, 25;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95
DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA
96) PUMA MASSIMILIANO,
n. a Gela il 28.6.62, res. a Cinisello Balsamo via G.
Garibaldi, 23 - el. dom.to a Milano via E. Lopez, 7;
arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 3.3.96 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
97) QUARTUCCIO LUIGI,
n. a Cittanova il 23.6.52, res. ed el. dom.to ad Appiano
Gentile via Marconi, 4;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
7.10.93)
scarcerato il 13.4.94
LIBERO - PRESENTE
98) RECHICHI DIEGO,
n. a Oppido Mamertina il 20.6.59, res. a Buccinasco via
Marconi, 20 - dom.to a Sannazzaro dei Burgundi frazione
Buscarella;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
18
99) ROMEO FRANCESCO,
n. a Reggio Calabria il 4.1.36, res. ed el. dom.to a Milano via
Oxilia, 1;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 22.12.93
LIBERO - PRESENTE
100) ROMEO GIUSEPPE,
n. a Siderno il 9.6.60, res. ed el. dom.to a Siderno Marina via
Circonvallazione sud, 58;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 20.7.94
LIBERO - CONTUMACE
101) RUBINO CIRO,
n. a Napoli il 2.9.37, agli arr. dom.ri a Bussolengo via Don
Calabria, 3;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO AGLI ARR. DOM.RI - PRESENTE
102) SAFFIOTI VINCENZO,
n. a Oppido Mamertina il 3.5.58, res. a Cisliano via
Garavaglia, 4;
arrestato il 19.2.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93, del 7.10.93 e dell‟8.11.93)
DETENUTO - PRESENTE
103) SALERNO DOMENICO,
n. a Bagnara Calabra il 5.1.31, res. ed el. dom.to a Busa di
Vigonza via Reggia, 7;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 13.4.94
LIBERO - CONTUMACE - DECEDUTO il 16.3.96
104) SALESI GIOVANNI,
n. a Pachino l‟1.6.46, res. a Monza via U. Bassi, 21;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
19
105) SANGIORGIO GIOVANNI
BATTISTA,
n. a Palermo il 13.6.39, res. ed el. dom.to a Corsico via Di
Vittorio, 4;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
106) SARACENO VINCENZO,
n. a Reggio Calabria il 9.2.52, res. ed el. dom.to a Messina
via Principe Umberto, 108/A;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 30.11.93
LIBERO - PRESENTE
107) SCHIATTARELLA VINCENZO,
n. a Villa di Briano il 9.4.53, res. a Maranello via T. Vignoli,
1;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
108) SCOLLO AGATINO,
n. a Catania il 7.11.60, res. a Milano via Amadeo, 60 - dom.to
a Milano via Mameli, 48;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
109) SERGI FRANCESCO,
n. a Locri il 4.2.68, res a Corsico via 4 Novembre, 45;
arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
110) SERGI FRANCESCO,
n. a Platì il 6.7.56, res. a San Vittore Olona via Ariosto, 7;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 2.12.93)
DETENUTO - PRESENTE
20
111) SERGI GIUSEPPE,
n. a Platì il 28.12.53, res. ed el. dom.to a Corsico via Monti,
17;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
112) SERGI PAOLO,
n. a Platì il 25.1.48, res. a Buccinasco via Odessa, 3;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
113) SERGI SAVERIO,
n. a Locri il 4.2.68, res. a Corsico via 4 Novembre, 45;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e del 7.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
114) SGAMBELLONE MARIO,
n. a Reggio Calabria l‟11.9.62, res. ed el. dom.to a Natile di
Careri contrada Croce, s. n.;
arrestato il 20.10l93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p.a.c. - PRESENTE
115) SOMNEZ MUSTAFA‟,
n. a Sivrihisar (TR) l‟8.9.47, res. a Sivrihisar;
latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93)
LATITANTE - CONTUMACE
116) STRANGIO FILIPPO,
n. a Oppido Mamertina il 5.1.51, res. ad Alagna Lomellina
via N. Sauro, 24/F;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 4.12.93
DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA
21
117) STRANGIO FRANCESCO,
n. a San Luca il 28.11.54, res. ed el. dom.to a San Luca corso
Matteotti, 60;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 7.5.94
LIBERO - CONTUMACE
118) TOMASELLO SANTO,
n. a Ramacca il 27.11.52, res. ed el. dom.to a Basilio - Milano
3 via Filare, 542;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 14.7.94
LIBERO - CONTUMACE
119) TRICHILO ANTONIO,
n. a Siderno il 24.5.35, res. a Milano via Camminabella, 17;
arrestato il 13.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.12.93)
DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA
120) TRIMBOLI DOMENICO,
n. a Platì il 2.5.61, dom.to a Cesano Boscone via Pascoli, 2
c/o la moglie DE BARTOLO MARILINA;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93 e dell‟8.11.93)
DETENUTO - PRESENTE
121) TRIMBOLI DOMENICO,
n. a Platì il 7.11.59, res. a Corsico via Milano, 7;
arrestato il 10.1.95 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
122) TRIMBOLI FRANCESCO,
n. a Platì‟ il 3.11.56, res. a Gudo Visconti via Ungaretti, s.n.;
arrestato il 26.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
22
123) TRIMBOLI VINCENZO,
n. a Platì il 29.11.58, res. a Cesano Boscone via Repubblica,
26 - el. dom.to a Godo Visconti via Fiume, 36;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 13.4.94
LIBERO - PRESENTE
124) TROPIANO FRANCESCO,
n. a Platì il 19.2.57, res. ed el. dom.to a Buccinasco via
Solferino, 4/6 B;
arrestato il 14.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
125) VIOLI ANTONIO,
n. a Platì l‟1.3.57, res. a Buccinasco via dei Mille, 10;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93; 3169/93 N.R. dell‟11.2.94)
DETENUTO - PRESENTE
126) VIOLI PASQUALE,
n. a Platì il 14.10.66, res. e dom.to a Zelo Surrigone via
Carducci, 15 - el. dom.to a Milano via C.G. Merlo, 1 c/o avv.
D. MARTINI;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93; 3169/93 N.R. dell‟11.2.94)
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
127) VIOLI SALVATORE,
n. a Ravagnese il 10.12.50, res. a Castellanza via Saronno, 4 el. dom.to a Milano via Principe Eugenio, 20;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 2.7.94
LIBERO - CONTUMACE
128) VIRGILLITO GAETANO,
n. a Paternò il 27.5.49, res. a Milano via Pestalozzi, 2 dom.to a Siziano via 25 aprile, 6 - el dom.to a Siziano via
Papa Giovanni, 6;
23
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 16.11.93
DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA
129) VITALE ANTONINO,
n. a Palermo il 31.3.64, res. a Rozzano frazione Quinto
Stampi via Curiel, 90;
arrestato il 21.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
130) ZACCO ANTONINO,
n. a Palermo il 10.2.48, res. a Cesano Boscone via Milano, 5;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
131) ZAPPIA VINCENZO,
n. a Platì l‟1.8.67, res. a Buccinasco via Solferino, 2 - dom.to
ed el. dom.to a Gudo Visconti via Ungaretti, 25;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
scarcerato il 21.2.96 per dec. termini
LIBERO - PRESENTE
132) ZAVETTIERI GIUSEPPE,
n. a Roghudi il 19.11.54, res. a San Vittore Olona via Ariosto,
7;
arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93)
DETENUTO - PRESENTE
133) ZINGHINI‟ DOMENICO,
n. a Platì il 15.5.59, res. ed el. dom.to a Buccinasco via 1°
Maggio, 38/28;
arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del
2.10.93
scarcerato il 26.7.95 per dec. termini
DETENUTO p. a c. - ASSENTE PER RINUNCIA
24
IMPUTATI
AMANTE PIETRO
BARBARO GIUSEPPE (cl. 1948)
CATANZARITI AGOSTINO
GRILLO MICHELE
INZAGHI MARIO
MOLLUSO FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
MUSCIO MARIO
NIRTA ANTONIO
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ROCCO
TRICHILO ANTONIO
1) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P., per avere, agendo in concorso tra loro e
AMANDINI MICHELE, con causali anche distinti e comunque convergenti, sequestrato GALLI
ANGELO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della sua liberazione, così
ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione, la somma di lire 165.000.000 ponendo
in essere, in attuazione di comune progetto criminoso, le seguenti condotte:
MUSCIO MARIO: per avere ideato e quindi proposto ai complici di procedere al sequestro in
questione, mostrando quindi fisicamente il GALLI ed evidenziandone le disponibilità finanziarie;
TRICHILO ANTONIO, NIRTA ANTONIO e PAPALIA DOMENICO: per aver partecipato
all‟azione delittuosa prendendo parte attiva alla fase di ideazione, concentrazione ed organizzazione
della stessa, anche proponendo la partecipazione, all‟azione materiale, di persone a loro legate e non
potute identificare e comunque agendo in ambito di rafforzamento del disegno criminoso e di
sostegno dello stesso;
MOLLUSO FRANCESCO, MORABITO SAVERIO, BARBARO GIUSEPPE, GRILLO
MICHELE e CATANZARITI AGOSTINO: per aver proceduto agli opportuni servizi di
appostamento e quindi essere addivenuti alla scelta del luogo e del omento ritenuti più opportuni
per
il
prelievo
dell‟ostaggio
e
per
avere
25
quindi materialmente proceduto all‟apprensione fisica del GALLI;
INZAGHI MARIO: per avere preso parte alla fase organizzativa, in particolare mettendo a
disposizione la sua abitazione di Via Copernico in Corsico, quale luogo di incontro tra i complici,
per avere mantenuto stabili contatti tra gli esecutori materiali del sequestro e gli altri corresponsabili
e per avere provveduto al reperimento delle vetture e delle armi utilizzate per il sequestro;
AMANTE PIETRO: per avere preventivamente garantito il suo apporto all‟operazione in questione,
in particolare mettendo a disposizione un box di Piazza Negrelli, dove il GALLI fu immediatamente
portato dopo il sequestro;
TRICHILO ANTONIO, AMANDINI MICHELE: per avere gestito la fase delle trattative
telefoniche con i familiari del GALLI e quindi la fase del ritiro del riscatto;
PAPALIA ROCCO, CATANZARITI AGOSTINO: per avere gestito le fasi delle trattative in epoca
immediatamente successiva al 24.5.1977 e sino al conseguimento del riscatto di cui in precedenza.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Fatto avvenuto in Cesano Boscone l‟8.5.1977 fino al 29.7.1977, data della liberazione dell‟ostaggio
avvenuta in Cavallirio (NO).
26
CATANZARITI AGOSTINO
DISCEPOLO LUIS VINCENT
INZAGHI MARIO
MOLLUSO FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
NIRTA ANTONIO
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ROCCO
STRANGIO FRANCESCO
AMANTE ANTONINO
2) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro e con
AMANDINI MICHELE, STRANGIO ANTONIO (stralciato), UGONE SALVATORE, DE
GREGORIO GIUSEPPE, LUVARA‟ RENATO, TRICHILO ANTONIO (già giudicati) e con
NERI ANTONIO (deceduto), nonchè con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
sequestrato SCALARI GIUSEPPE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della
sua liberazione, così ricevendo e conseguendo quale prezzo della sua liberazione, la complessiva
somma di L. 843.000.000, somma versata in due rate rispettivamente di L. 500.000.000 e
343.000.000 e ponendo in essere, in attuazione di comune progetto criminoso, le seguenti condotte:
NIRTA ANTONIO e PAPALIA DOMENICO; unitamente al TRICHILO partecipavano all‟azione
delittuosa prendendo parte attiva alla fase di ideazione, concertazione ed organizzazione della
stessa, anche proponendo la partecipazione, alla fase materiale, di persone a loro legate e non potute
identificare e, comunque, agendo in ambito di rafforzamento del disegno criminoso e di sostegno
allo stesso;
MOLLUSO, MORABITO, STRANGIO A., STRANGIO F. Partecipavano alla azione delittuosa
procedendo alla materiale apprensione dello SCALARI, unitamente al NERI ed al LUVARA‟, e ciò
dopo avere seguito e pedinato il predetto al fine di addivenire alla scelta del momento e del luogo
ritenuti più idonei e per averlo, quindi, trasportato sino all‟interno di un box con attività di custodia
svolta da MORABITO SAVERIO e STRANGIO FRANCESCO;
AMANDINI MICHELE - per avere gestito, inizialmente e sino al suo arresto, in data 18.07.1977, la
fase delle trattative telefoniche con la famiglia dello SCALARI;
PAPALIA ROCCO - CATANZARITI - per essere subentrati ai prevenuti, allorchè tutti tratti in
arresto
in
data
27
24.5.1977 (l‟AMANDINI il 18.07.1977) nella fase delle trattative e, quindi, della riscossione delle
somme sopra indicate;
DISCEPOLO Per avere materialmente ritirato, in accordi “funzionali” con l‟AMANDINI, le rate
del riscatto, ed in particolare la somma di L. 500 milioni (versata l‟1.7.1977) e quella di L. 343
milioni (versata l‟1.8.1977);
INZAGHI Per avere preso parte alla fase organizzativa, in particolare mettendo a disposizione la
sua abitazione di via Copernico, in Corsico, quale luogo di incontro per tutti i complici, per avere
mantenuto i contatti tra il gruppo direttivo (TRICHILO, LUVARA‟ UGONE) e le persone
incaricate di procedere al materiale sequestro dello SCALARI (v. sopra) ed altresì per avere
provveduto al reperimento delle vetture e delle armi utilizzate per la fase del sequestro stesso.
AMANTE ANTONINO Per avere aderito al progetto criminoso in concorso con le altre persone
sopra indicate e rafforzato, altresì, l‟attuazione dello stesso partecipando e portando ad effetto
l‟attività di “pulizia” del denaro (o parte dello stesso) provento del riscatto pagato per la liberazione
dello SCALARI, tramite versamenti dello stesso presso la Banca Popolare di Abbiategrasso e con
successivo ritiro, a fronte dei versamenti stessi, di somme di denaro contante ovvero di assegni
circolari.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di
avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
In Trezzano sul Naviglio il 16.05.1977, sino al 2.8.1977 (data di liberazione dell‟ostaggio avvenuta
a Lainate).
(Per AMANTE ANTONINO contestato all‟udienza dibattimentale 10/6/95; capo precisato
/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
28
PAPALIA ROCCO
CATANZARITI AGOSTINO
AMANTE PIETRO
3) del reato p. e p. dagli artt .110, 112, n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, agendo in concorso tra di loro
e con altre persone rimaste sconosciute, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
sequestrato CAMPARI ALBERTO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come presso della
sua liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione la somma di L.
200.000.000.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di
avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
In Milano dal 16.12.1977 al 27.04.1978.
29
MORABITO SAVERIO
SERGI FRANCESCO cl. 56
AMANTE PIETRO
PAPALIA ROCCO
4) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112, n. 1, 630, I e II comma C.P. per avere, in concorso tra di loro e
con AMANDINI MICHELE, MODAFFERI SALVATORE (deceduto) ed altresì con MUIA‟
GIUSEPPE, MAMMOLITI GIUSEPPE, DE PASQUALE GIUSEPPE, MAMMOLITI SAVERIO
(cl. 59), MAMMOLITI SAVERIO (cl. 33), AMANTE ALFONSO, POLISTENA FRANCESCO
ANTONIO, SERGI SAVERIO, HANOMAN PASQUALE, DE PASQUALE ANTONINO e con
altri rimasti sconosciuti, di comune concerto e con apporti causali distinti e, comunque, convergenti,
sequestrato RANCILIO AUGUSTO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della
liberazione, ponendo in essere, in particolare, ed in via di sintesi, le seguenti condotte:
PAPALIA ROCCO - MORABITO - SERGI - AMANTE: per avere materialmente preso parte,
dopo gli opportuni contatti con i suddetti complici, intercorsi nella fase ideativa ed organizzativa,
alla apprensione materiale dell‟ostaggio e alla sua iniziale custodia, il MORABITO e l‟AMANTE,
in particolare, per avere scortato, sul luogo del sequestro, le persone sconosciute che lo stesso
posero in essere, nonchè per avere ivi recapitato anche le armi utilizzate, l‟AMANTE PIETRO per
avere trasportato il RANCILIO, e taluni di coloro che ebbero a sequestrarlo, presso località ove
trovavasi altra auto a bordo della quale, quindi, il RANCILIO fu trasferito in box nella disponibilità
di MADAFFARI SALVATORE, il MORABITO, altresì, il SERGI ed il PAPALIA, per avere poi
trasportato il RANCILIO, unitamente ad altri complici e utilizzando due autovetture, dal box di
MODAFFARI SALVATORE, sito in Buccinasco, sino all‟interno di una cascina nella disponibilità
di AMANTE ALFONSO ed ubicata tra Nerviano e San Giorgio sul Legnano al cui interno, infine, il
SERGI rimase alcuni giorni a custodire l‟ostaggio sino al suo trasferimento in Calabria (o almeno
così da doversi ritenere il luogo di destinazione);
MODAFFARI SALVATORE per avere, come già sopra rilevato ed in attuazione di un comune
programma criminoso, messo a disposizione box nella sua disponibilità, sino in Buccinasco, dove
fu inizialmente tenuto in custodia il RANCILIO sino al suo trasferimento nella cascina
dell‟AMANTE ALFONSO;
30
AMANDINI per avere, nella parte iniziale del sequestro, gestito la fase delle trattative, mantenendo,
e facendo mantenere da terzi non identificati e sotto le sue direttive, i primi contatti telefonici con la
famiglia RANCILIO.
Con l‟aggravante dell‟avvenuta morte del sequestrato, come conseguenza non voluta e dell‟avere
agito nel numero di almeno cinque persone.
In Cesano Boscone il 2.10.1978 e sino ad epoca e luogo non precisati ed ove avvenne il decesso del
RANCILIO.
(Condotta di AMANTE PIETRO così precisata all‟udienza dibattimentale del 24/9/1996).
31
AMANTE ANTONINO
AMANTE PIETRO
BARBARO GIUSEPPE (cl. 1948)
CATANZARITI AGOSTINO
CORNIGLIA FEDERICO
FERRERO WALTER
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
PAPALIA ROCCO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
TRIMBOLI FRANCESCO
ZACCO ANTONINO
5) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra loro, con
AMANDINI MICHELE e con altre persone non potute identificare, di comune concerto e con
apporti causali distinti e, comunque, convergenti, sequestrato CATTANEO EVELINA allo scopo di
conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale
prezzo della sua liberazione, la somma di L. 500.000.000 e ponendo in essere, in attuazione di
comune progetto criminoso, le seguenti condotte:
AMANDINI - CORNIGLIA - MORABITO - INZAGHI - PAPALIA - TRIMBOLI - SERGI per
aver attuato, in fase ideativa ed organizzativa, la proposta di sequestro della CATTANEO (avanzata
da CORNIGLIA e quindi, sollecitata dall‟AMANDINI) così provvedendo alla concertazione delle
singole modalità operative del sequestro e procedendo agli opportuni sopralluoghi per la scelta dei
tempi e luoghi più opportuni per la esecuzione dello stesso;
MORABITO - INZAGHI - BARBARO - CATANZARITI - SERGI: per avere materialmente
proceduto al prelievo fisico della CATTANEO, in via Vivaio, in Milano, e quindi al suo trasporto
sino a porre la stessa nella disponibilità dello ZACCO, incaricato della fase della custodia;
ZACCO: per avere organizzato tutta la fase della custodia della CATTANEO e quindi attuato la
stessa, presso abitazione nella zona di “Milano Due”, unitamente ad altre persone non identificate;
AMANDINI e FERRERO: per avere curato la fase dei contatti telefonici con i familiari e gli
intermediari della famiglia CATTANEO finalizzati al pagamento del riscatto;
32
MORABITO - INZAGHI - TRIMBOLI - CATANZARITI - AMANTE PIETRO e ANTONINO
Per avere gestito e portato ad effetto la fase della apprensione del riscatto pagato dalla famiglia della
CATTANEO, riscatto immediatamente portato presso l‟abitazione nella disponibilità
dell‟AMANTE ANTONINO, in via Biancospini a Milano.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Fatto commesso in Milano in data 5.2.1979 sino al 15.05.1979 (data della liberazione dell‟ostaggio,
avvenuta presso lo Sporting Mirasole di Opera - MI)
33
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
6) del reato p. e p. dagli artt. 100, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro, con
AMANDINI MICHELE, CORSO FRANCESCO GIUSEPPE, PERROTTA VITTORIO,
COPPOLA “FRANK”, tale “BRUNO” ed altri non potuti identificare, con apporti causali distinti e,
comunque, convergenti, sequestrato JACOROSSI ANGELO allo scopo di conseguire un ingiusto
profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della
liberazione, la somma di L. 716.000.000 ed agendo, in particolare il CORSO nella fase esecutiva
del sequestro, e tutti partecipando attivamente alla fase delle trattative con la famiglia del
sequestrato finalizzate alla consegna del riscatto ed alle fasi materiali di ritiro dello stesso.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
In Roma dall‟11.09.1979 al 18.11.1979.
34
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
7) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro, con
PERROTTA VITTORIO, SERGI SAVERIO (cl. 48), MANCUSO SALVATORE (deceduto) e con
altre persone non potute identificare, con apporti causali distinti e, comunque, convergenti,
sequestrato VISMARA ALESSANDRO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo
della liberazione, così ricevendo e conseguendo quale prezzo della liberazione, la somma di L.
500.000.000 ed agendo, in particolare, tutti nella fase di organizzazione ed attuazione della
apprensione materiale del VISMARA ed il SERGI, quindi, nelle successive fasi di gestione della
custodia dell‟ostaggio e della riscossione del riscatto.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
In Milano (Bareggio - Cisliano) dal 5.5.1989 al 4.9.80 (data in cui il VISMARA fu liberato in
Terrazzano di Rho).
35
AGRESTA ANTONIO
MORABITO SAVERIO
MUFATO ANGELO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI PAOLO
8) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P., per avere, in concorso tra di loro e con
altre persone non ancora identificate, ovvero già identificate e a cui carico si procede dinanzi
all‟A.G. di Pavia, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, sequestrato
CASELLA CESARE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione,
così ricevendo la loro quota di riscatto a fronte di un pagamento per cifra di oltre un miliardo di lire
e ponendo in essere, in particolare ed in attuazione di un comune progetto criminoso, le seguenti
condotte (in sintesi):
persone in corso di identificazione e collegate, comunque al “gruppo” MARANDO di Volpiano: per
avere partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del sequestro e per avere, altresì, proposto a
SERGI PAOLO e a SERGI FRANCESCO di custodire l‟ostaggio nel primo periodo di tempo
immediatamente successivo alla apprensione materiale dello stesso, proposta accettata ed attuata
come di seguito indicato;
Gli altri per avere organizzato e portato ad effetto la richiesta di cui sopra ed in particolare per
avere, così, ricevuto in consegna il CASELLA il giorno stesso del suo sequestro; per averlo
trasportato presso un box sito in Buccinasco/Milano Più, nella materiale disponibilità del MUFATO
ANGELO e dal medesimo concesso in uso appositamente allo scopo di custodire l‟ostaggio, box
ubicato in via Aldo Moro n. 8; per avere ivi, quindi, tenuto segregato il CASELLA per circa 10/12
giorni lasciandolo, in particolare, all‟interno di autovettura, provvedendo altresì, il PARISI e
l‟AGRESTA, alla stabile sorveglianza in loco dell‟ostaggio ed il MORABITO alle attività connesse
anche alla somministrazione di cibo; per avere quindi, accompagnato il CASELLA in località sita
nei pressi del citato box per lasciarlo quindi, in consegna a persone che, utilizzando un automezzo
destinato
al
trasporto
in
Calabria
di
un
carico
di
mobili,
36
trasportarono nella predetta regione il CASELLA per ivi lasciarlo in custodia ad altre persone non
identificate.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Fatto commesso in Pavia il 18.1.1988 sino al 30.1.1990 (data di liberazione del CASELLA in Natile
di Careri RC).
37
MOLLUSO FRANCESCO
9) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, agendo in concorso con
PAPALIA DOMENICO, KRAVOS ARTURO, BARBARO GIUSEPPE (U CASTANU cl. 1956)
(già giudicati) e altri rimasti sconosciuti, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti,
sequestrato FERRARINI GIUSEPPE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo
della sua liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione la somma di
lire 800.000.000 (ottocento milioni).
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla
parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.
In Corsico ed Assago dal 9.7.1975 al 16.7.1975.
38
INZAGHI MARIO
SERGI FRANCESCO (cl. 1956)
SERGI PAOLO
MORABITO SAVERIO
10) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3, 81 C.P. perché, agendo in concorso tra di loro, con
apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di CAVALLARO
PIETRO e CAMPODIPIETRA GUGLIELMO, ed in particolare perchè, dopo avere tutti concertato
la eliminazione dei predetti, in ragione anche delle posizioni di vertice assunte dai due SERGI nella
organizzazione criminale loro facente capo (v. capo 50), indotti il CAVALLARO ed il
CAMPODIPIETRA a recarsi in via Frà Cristoforo, con il pretesto di dovere loro consegnare parte
di denaro relativo ad una fornitura di eroina o altro espediente similare, recatisi quindi, a bordo di
un auto rubata, l‟INZAGHI postosi alla guida della stessa, sul luogo dell‟appuntamento, il
MORABITO ed il SERGI FRANCESCO, rispettivamente in possesso di un fucile e di due pistole a
tamburo, esplodevano numerosi colpi contro il CAVALLARO ed il CAMPODIPIETRA,
cagionando il pressochè istantaneo loro decesso.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano il 4.7.88.
39
INZAGHI MARIO
SERGI FRANCESCO (cl. 1956)
MORABITO SAVERIO
11) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè, al fine di eseguire il reato di cui al capo che
precede, di comune concerto acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza
delittuosa, la vettura Lancia Delta tg. MI/6/D9904 compendio di un furto consumato da ignoti.
In Milano acc. il 4.7.88. Fatto commesso in epoca antecedente e prossima.
12) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497 perchè, in
concorso tra di loro, di comune concerto e con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12, di marca non
potuta accertare ed almeno due pistole a tamburo, cal. 38 e 357, armi comuni da sparo.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui al capo n. 10.
In Milano da epoca antecedente e prossima al 4.7.1988, sino alla medesima data.
40
SCOLLO AGATINO MAURIZIO
13) del reato p. e p. dagli artt. 56, 575, 577 n. 3 C.P. per avere posto in essere atti idonei diretti in modo
non equivoco a cagionare la morte di CANNAO‟ STEFANO, allorchè entrambi si trovavano
detenuti presso la Casa Circondariale di Milano, atti consistiti in particolare, nell‟aggredire il
CANNAO‟ facendo uso di un coltello ed attingendolo all‟emitorace sinistro in guisa da
determinarne l‟immediato ricovero ospedaliero con prognosi riservata in ragione della profondità
della ferita, e non portando compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla propria
volontà.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
Fatto commesso in Milano il 19.6.1981.
41
SERGI FRANCESCO cl. 56
14) del reato p. e p. dagli artt. 81, 575, 577 n. 3 C.P., 56, 575, 577 n. 3 C.P. per avere cagionato la morte
di MODAFFERI SALVATORE, ed avere posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a
cagionare la morte di SERGI SAVERIO, ed in particolare perchè, portatosi presso il bar “Grillo” in
via dei Mille, in Buccinasco in ore serali, esplodeva numerosi colpi d‟arma da sparo (utilizzando
una pistola) all‟indirizzo delle persone sopra indicate e nell‟atto in cui costoro, usciti dal locale,
stavano salendo a bordo di autovettura, colpi uno dei quali attingeva il MODAFFERI all‟addome
determinando così la sua morte avvenuta, a causa ed in conseguenza della lesione riportata, presso
l‟Ospedale San Carlo di Milano, e non portando a compimento l‟intento criminoso nei confronti di
SERGI SAVERIO per cause non dipendenti dalla sua volontà.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto agendo con premeditazione.
Fatto commesso in Buccinasco il 21.9.79
Evento mortale verificatosi in Milano il 9.10.1979.
42
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
15) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, con
apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di TROMBADORE
SALVATORE ed in particolare perchè, dopo che lo stesso si era posto alla guida di vettura Fiat
500, raggiuntolo sulla Tangenziale Ovest, all‟altezza dello svincolo per la “Vecchia Vigevanese”,
entrambi a bordo di vettura Renault 5 (INZAGHI alla guida), e dopo averlo di proposito tamponato,
in guisa da indurlo a fermarsi, esplodevano contro lo stesso colpi d‟arma che ne determinavano il
pressochè istantaneo decesso (fatto materialmente commesso dal MORABITO dopo essere disceso
dalla vettura e avere raggiunto il lato guida della autovettura del TROMBADORE)
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano il 6.10.82.
16) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè, in concorso tra di loro, al fine di procurarsi
un profitto, ed in particolare si eseguire il reato di cui al capo che precede, pur conoscendone la
provenienza delittuosa, acquistavano o ricevevano una vettura Renault 5 compendio di furto
commesso in luogo, epoca ed in danno di persona non potuti accertare.
In Milano in epoca antecedente e prossima al 6.10.82
17) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497
perchè, in concorso tra di loro, e al fine di eseguire il reato di cui al capo 15 detenevano e portavano
in luogo pubblico una pistola (revolver) cal. 357 Magnum, arma comunque da sparo.
In Milano da epoca prossima al 6.10.82 sino alla medesima data.
43
TRIMBOLI FRANCESCO
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
18) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P. 81, 56, 110, 575, 577 n. 3 C.P. perchè, agendo in
concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la
morte di RIBAUDO CARLO e ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a
cagionare la morte di SCALERA GIUSEPPE, non portando a compimento l‟intento criminoso, in
quest‟ultimo caso, per cause non dipendenti dalla loro volontà, ed in particolare perchè portatisi a
bordo della autovettura di cui al capo n. 20 al seguito di vettura sulla quale viaggiavano il
RIBAUDO e lo SCALERA, giunti in Cesano Boscone, nei pressi della via Vittorio Veneto, dopo
avere cercato di tamponare l‟auto con a bordo il RIBAUDO al fine di costringerlo a fermarsi, si
affiancavano alla predetta auto, e quindi esplodevano numerosi colpi d‟arma da fuoco che
attingevano mortalmente il RIBAUDO e provocavano gravi lesioni allo SCALERA che veniva,
pertanto, prontamente ricoverato.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto con premeditazione.
In Cesano Boscone il 4.2.1983
44
TRIMBOLI FRANCESCO
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
19) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè,
agendo in concorso tra di loro, al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e
portavano in luogo pubblico armi comuni da sparo tra le quali una pistola 357 Magnum.
In Milano, Corsico, e Cesano Boscone fino al 4.2.83
20) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè agendo in concorso tra di loro al fine di
procurarsi un profitto ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 18, acquistavano o
ricevevano pur conoscendone la provenienza delittuosa, vettura non meglio precisata e, quindi,
compendio di furto da meglio precisare.
Fatto commesso in epoca antecedente e prossima al 4.2.83 ed accertato in Cesano Boscone nella
stessa data.
45
TRIMBOLI FRANCESCO
21) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 575, 577 n. 3 C.P. perchè, agendo in concorso con NIZZOLA
FRANCESCO (stralciato), do comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque,
convergenti, ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di
RUTIGLIANO MARIO, non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti
dalla loro volontà, ed in particolare per avere inserito dell‟esplosivo, azionabile con comando a
distanza, sulla vettura A112 tg. MI/W55872 nella disponibilità del RUTIGLIANO e quindi per
avere azionato l‟esplosivo allorchè il RUTIGLIANO era appena salito a bordo della predetta auto,
cagionando così allo stesso gravi lesioni che ne determinarono l‟urgente ricovero ospedaliero.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano il 15.4.1983
22) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, e 12 della Legge 14.10.1974 perchè, in
concorso come sopra, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede,
detenevano e portavano in luogo pubblico un imprecisato quantitativo di esplosivo, utilizzato poi
per quanto già descritto al capo precedente.
In Milano da epoca antecedente e prossima al 15.4.83 sino alla stessa data.
46
PAPALIA DOMENICO
BARBARO DOMENICO (U CASTANU cl. 1956)
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
23) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, in concorso tra di loro, con apporti
causali anche distinti e, comunque, convergenti ponevano in essere atti idonei diretti in modo non
equivoco a cagionare la morte di SEGHEZZI ALESSANDRO, non portando a compimento
l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla loro volontà ed in particolare per avere tutti
partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto, con ambito decisionale proprio e precipuo
del PAPALIA e del BARBARO, e quindi, portatisi, il MORABITO ed il SAFFIOTI, con l‟uso di
vettura condotta da quest‟ultimo, in Buccinasco e, quindi, avvistato il SEGHEZZI e postisi così al
seguito della vettura dal medesimo condotta, raggiunta ed affiancata la stessa, in Assago,
esplodevano colpi d‟arma contro il predetto (fatto materialmente commesso dal MORABITO)
attingendolo in parti vitali e, una volta inceppatesi le armi in possesso del MORABITO, per averlo
questi inseguito a piedi e quindi, raggiuntolo, per averlo ripetutamente colpito alla testa con il calcio
di una pistola senza tuttavia portare a compimento il progetto criminoso.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano l‟8.10.83.
47
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
24) del reato p. e p. dagli artt. 110.61 n. 2, 648 C.P. perchè, al fine di eseguire il reato di cui al capo
precedente, acquistavano o ricevevano una vettura non meglio precisata e, comunque, compendio di
furto consumato da ignoti e ciò pur conoscendone la provenienza delittuosa.
In Milano in epoca antecedente e prossima all‟8.10.83.
25) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497,
perchè, agendo in concorso tra di loro ed al fine di eseguire il reato di cui al capo 23, illecitamente
detenevano e portavano il luogo pubblico due pistole a tamburo di calibro e marca non potuti
accertare.
In Milano da epoca antecedente e prossima all‟8.10.83 sino alla predetta data.
48
PAPALIA DOMENICO
INZAGHI MARIO
SARACENO VINCENZO
MORABITO SAVERIO
26) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro e
con DE STEFANO PAOLO (deceduto), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti
di comune concerto, cagionavano la morte dell‟avvocato LABATE PIETRO ed in particolare il
PAPALIA ed il DE STEFANO per avere ideato, organizzato e mandato a compimento il delitto
nella loro posizione di vertice nella organizzazione criminale a loro riferibile, il SARACENO per
essere di persona venuto a Milano dalla Calabria, allo scopo preciso di comunicare e commissionare
la eliminazione del legale per conto dei predetti, il MORABITO e l‟INZAGHI per aver
materialmente posto in essere l‟azione omicida consistita, in particolare, nell‟avvicinare il LABATE
nel corso di una udienza presso il tribunale di Milano (processo a carico di PAPALIA ROCCO e
altri) nel porsi a sua disposizione in guisa da indurlo a salire su vettura in loro possesso e nella falsa
convinzione di essere così accompagnato in luogo dal medesimo indicato, giunti lungo la
Tangenziale est, esplodevano contro lo stesso colpi d‟arma da fuoco che ne determinavano il
pressochè istantaneo decesso.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano il 17.11.83.
49
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
27) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè,
agendo in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al
fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, illecitamente detenevano e portavano in luogo
pubblico due pistole (armi comuni da sparo), tra le quali una sicuramente cal. 7,65 e di marca non
potuta accertare.
In Milano in epoca antecedente prossima al 17.11.83 e sino alla predetta data.
50
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
TRIMBOLI FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
28) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune
concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti cagionavano la morte di
MANCUSO SALVATORE, ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed
organizzativa del delitto, il SERGI ed il TRIMBOLI, altresì, quali esecutori materiali dello stesso,
indotto con un pretesto il MANCUSO a portarsi, a bordo di auto, al seguito di altra vettura sulla
quale avevano preso posto il SERGI e il TRIMBOLI, giunti lungo la Tangenziale Ovest ed arrestata
la marcia, così inducevano anche il MANCUSO a fermarsi, scesi dall‟auto ed affiancatolo
esplodevano contro lo stesso numerosi colpi d‟arma da sparo che ne determinavano il pressochè
istantaneo decesso.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Milano il 3.1.84.
51
TRIMBOLI FRANCESCO
SERGI FRANCESCO cl. 56
29) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, in concorso tra di loro ed al fine di
eseguire il reato di cui al capo che precede, acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la
provenienza delittuosa, una vettura non meglio potuta accertare, compendio di furto consumato da
ignoti.
In Milano in epoca antecedente e prossima al 3.1.84.
30) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12, e 14 della Legge del 14.10.74 n. 497,
perchè, in concorso tra di loro e al fine di eseguire il reato di cui al capo 28 illecitamente
detenevano e portavano in luogo pubblico pistole cal. 7,65 di marca non potuta accertare e nel
numero di almeno due (armi comuni da sparo).
In Milano sino al 3.1.84
52
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
TRIMBOLI FRANCESCO
31) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577, n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro, di comune
concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti cagionavano la morte di
MUSITANO ROCCO ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa
del delitto ed il MORABITO ed il TRIBOLI, quali esecutori materiali che, in particolare, portatisi a
bordo di auto nella zona di Bareggio ed affiancata, quindi, la vettura ove trovavasi a bordo il
MUSITANO, esplodevano contro lo stesso numerosi colpi d‟arma da sparo determinandone così il
pressochè istantaneo decesso.
Con l‟aggravante di avere commesso il fatto con premeditazione.
In Bareggio il 23.3.84
53
MORABITO SAVERIO
TRIMBOLI FRANCESCO
32) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè
agendo in concorso tra di loro ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, illecitamente
detenevano e portavano in luogo pubblico due cd. “mitragliette” (armi da guerra) ed una pistola cal.
38 (arma comune da sparo).
In Milano, Corsico, Bareggio e zone limitrofe, da epoca prossima al 23.3.84 sino alla predetta data.
33) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, al fine di
procurarsi un profitto ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 31 acquisivano o
ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, una vettura Mercedes compendio di furto
consumato in epoca ed in danno di persona non potuta identificare.
Fatto commesso in Milano in epoca antecedente e prossima al 23.3.84.
54
SERGI GIUSEPPE
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI PAOLO
TRIMBOLI FRANCESCO
PAPALIA ANTONIO
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
34) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro,
con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di PERRE
ADAMO, tutti partecipando alla fase ideativa ed organizzativa della azione criminosa ed il
MORABITO, il TRIMBOLI ed il SAFFIOTI, alla fase esecutiva, dopo avere appreso da SERGI
GIUSEPPE che PERRE ADAMO trovavasi presso il “Caffè Nilo” di Corsico, si portavano
(MORABITO e TRIMBOLI) all‟interno del locale, ove travisati con passamontagna, esplodevano
colpi d‟arma contro il PERRE cagionandone il pressochè istantaneo decesso, nel mentre il
SAFFIOTI restava in attesa dei predetti a bordo di auto sulla quale, quindi, si davano alla fuga.
Con l‟aggravanti dell‟avere con premeditazione e nel numero di almeno 5 persone.
In Corsico il 15.11.84.
55
TRIMBOLI FRANCESCO
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
35) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497,
perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al
capo che precede, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12 e due
pistole di cui una cal. 357 Magnum, armi comuni da sparo.
In Corsico da epoca prossima al 15.11.84 sino alla data stessa.
56
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI PAOLO
MORABITO SAVERIO
TRIMBOLI FRANCESCO
PAPALIA ANTONIO
NUCARA ALESSANDRO
BRANCA DOMENICO
LOMBARDO GIULIO ANTONINO
36) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 81, 575, 477 n. 3 C.P., 56, 575, 577 n. 3 C.P. perchè,
agendo n concorso tra di loro, di comune concerto e con rapporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, cagionavano la morte di BARRECA CONSOLATO e ponevano in essere atti idonei
diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di BISESI DOMENICO, non portando a
compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti delle loro volontà, ed in particolare
perchè, tutti partecipando alla fase ideativa ed organizzativa dell‟azione criminale ed attuando,
altresì il TRIMBOLI ed il LOMBARDO il progetto criminoso in particolare portandosi, a bordo di
una motocicletta (condotta dal LOMBARDO) sulle tracce di vettura ove viaggiavano il BARRECA
e a BISESI e, quindi affiancata la vettura, allorchè ferma ad un semaforo di Via Casoretto,
esplodevano (il TRIMBOLI) contro i predetti colpi d‟arma da fuoco che determinavano il pressochè
istantaneo decesso del BARRECA e lesioni gravi alla BISESI, prontamente poi ricoverata in
Ospedale in Milano.
Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno cinque persone e di avere commesso il fatto
con premeditazione.
In Milano il 27.6.85
57
TRIMBOLI FRANCESCO
LOMBARDO GIULIO ANTONINO
37) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, di
comune concerto, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, allo scopo di eseguire
il reato di cui la capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico due pistole di marca e
calibro non potuti accertare e, comunque, armi comuni da sparo.
In Corsico e Milano, da epoca antecedente e prossima al 27.6.85 sino alla predetta data.
58
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI SAVERIO (cl. 68)
SERGI FRANCESCO (cl. 68)
MORABITO SAVERIO
38) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro,
con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, cagionavano la morte di PONZIO
RAFFAELE ed il particolare perchè partecipavano tutti alla fase ideativa ed organizzativa e gli
ultimi tre alla fase esecutiva, esplodevano contro il PONZIO almeno n. 6 colpi d‟arma da sparo
(fatto commesso da SERGI FRANCESCO cl. 68 e da SERGI SAVERIO, nel mentre il
MORABITO SAVERIO era rimasto in attesa a bordo di autovettura), cinque dei quali attingevano
il PONZIO determinandone, così, il pressochè istantaneo decesso.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto con premeditazione, e di avere agito nel numero di
almeno cinque persone.
In Milano il 23.1.1989
59
SERGI FRANCESCO (cl. 68)
SERGI SAVERIO (cl. 68)
MORABITO SAVERIO
39) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497,
perché, agendo in concorso tra di loro e di comune concerto, illecitamente detenevano e portavano
il luogo pubblico due pistole, di cui una cal. 7,65 e l‟altra cal. 357 Magnum o 38 special (armi
comuni da sparo).
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede.
In Milano il 23.1.1989
40) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro e di comune
concerto, al fine di procurarsi un profitto, ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 38,
acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, una vettura Y10 di colore
chiaro, compendio di furto consumato in epoca ed in danno di persona non potuta accertare.
In Milano in epoca antecedente e prossima al 23.1.89
60
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI PAOLO
SERGI SAVERIO (cl. 68)
TRIMBOLI FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
41) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro e
con persone rimaste sconosciute, con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti,
cagionavano la morte di VOTTARI GIOVANNI, in particolare tutti partecipando alla fase ideativa
ed organizzativa dell‟omicidio ed il MORABITO, il TRIMBOLI ed il SERGI SAVERIO, portando
a compimento il disegno criminoso, di fatto portandosi a bordo di un furgone nei pressi del bar
“Emilia” di Limbiate e da qui, quindi, esplodendo colpi d‟arma da fuoco contro il VOTTARI, pochi
istanti dopo che costui era uscito dal predetto locale, colpi che attingevano in più parti del corpo il
VOTTARI, determinandone il pressochè istantaneo decesso.
Con l‟aggravante dell‟avere agito di concerto nel numero di almeno cinque persone e di avere
commesso il fatto con premeditazione.
In Limbiate il 12.5.1989
61
TRIMBOLI FRANCESCO
SERGI SAVERIO (cl. 68)
MORABITO SAVERIO
42) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune
concerto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato
di cui al capo che precede, acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa i
seguenti automezzi:
Furgone Fiat Ducato tg. TN-447564, compendio di furto consumato in Milano, nella notte tra il 4
ed il 5 aprile 1989;
Lancia Thema non meglio precisata, compendio di furto consumato in epoca, luogo ed in danno
di persona da accertare.
Fatti commessi in Milano, corsico e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 4.4.89 ed il 12.5.89
43) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497,
perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al
capo 41, detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12 marca “Winchester” (arma
comune da sparo) e due pistole cal. 4,65 (armi comuni da sparo).
Fatti commessi in Milano, Corsico, Limbiate e zone limitrofe da epoca antecedente e prossima al
12.5.89 sino alla stessa data.
62
SERGI PAOLO
MORABITO SAVERIO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
44) del reato p. e p. dagli artt. 110, 45, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro, con
apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, cagionavano la morte di NIZZOLA
FRANCESCO ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del
delitto ed il MORABITO per avere portato a compimento il progetto criminoso e segnatamente
perchè, dopo aver condotto il NIZZOLA, con un pretesto, all‟interno di un box nella sua
disponibilità in Buccinasco, via Aldo Moro n. 8, esplodeva contro lo stesso alcuni colpi d‟arma che
attingevano il NIZZOLA senza, tuttavia, cagionarne la morte per cause non dipendenti dalla volontà
del MORABITO.
Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione.
In Buccinasco il 12.6.89
(Per SERGI FRANCESCO contestato all‟udienza dibattimentale 30/6/95)
MORABITO SAVERIO
45) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, al
fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, illecitamente deteneva e portava in luogo pubblico una pistola cal. 7,65, arma comune da
sparo.
In Buccinasco il 12.6.89
63
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
46) del reato p. e p. artt. 81 cpv., 110 C.P., 10, 12 della legge 14.10.74 n. 497, perchè, di comune
concerto e, quindi, in concorso tra di loro, acquistavano o ricevevano da NIZZOLA FRANCESCO
e quindi detenevano e portavano in luogo pubblico (custodendoli in box sito in via Aldo Moro n. 8,
Buccinasco) cinque fucili “Khalasnhikov”, armi da guerra.
In Milano e Buccinasco da epoca antecedente e prossima al 12.6.89 sino alla predetta data.
47) OMISSIS
64
BARBARO GIUSEPPE (U CASTANU cl. 56)
PIZZATA GIOVANNI
BARBARO DOMENICO (U CASTANU cl. 54)
MORABITO SAVERIO
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
48) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro di
comune concerto e con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, cagionavano la
morte di ASPROMONTE GIOSAFATTE ed in particolare tutti per avere partecipato alla fase
ideativa ed organizzativa del delitto, BARBARO GIUSEPPE, BARBARO DOMENICO e
PIZZATA GIOVANNI, per avere, tra l‟altro, chiesto ed ottenuto dai vertici del “gruppo SERGI” il
“permesso” di potere eliminare l‟ASPROMONTE allorchè si sarebbe recato nella zona di Corsico
o, comunque, di avviare da quella zona l‟azione delittuosa, SERGI PAOLO, SERGI FRANCESCO
e MORABITO SAVERIO, per avere prestato il consenso, così rafforzando il progetto criminoso, ed
altresì il MORABITO, BARBARO DOMENICO ed altra persona rimasta sconosciuta per avere
anche scavato una fossa (poi non utilizzata) destinata ad occultare il cadavere dell‟ASPROMONTE
in zona di Gudo Gambaredo, BARBARO GIUSEPPE e PIZZATA GIOVANNI, quindi, per avere
indotto l‟ASPROMONTE, una volta giunto quest‟ultimo in Corsico, ad effettuare assieme un tratto
di strada in guisa, quindi da fermarsi lungo il tragitto ed esplodere contro l‟ASPROMONTE colpi
d‟arma che ne determinavano il pressochè istantaneo decesso, tutti quindi operando e cooperando in
ambito di rafforzamento e propositivo dell‟azione delittuosa.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di
avere agito con premeditazione.
Fatto avvenuto in Milano il 4.11.85.
65
BARBARO GIUSEPPE (cl. 56)
PIZZATA GIOVANNI
49) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo
in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di
eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico armi comuni
da sparo (verosimilmente pistole) non meglio potute accertare, una delle quali, comunque, cal. 7,65.
In Milano, Corsico, e zone limitrofe sino al 4.11.85 e da epoca antecedente e prossima.
66
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
SERGI SAVERIO (cl 68)
TRIMBOLI FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
AMANTE PIETRO
AMANTE GIOVANNI
MOSCARDI GIANFRANCO
INZAGHI MARIO
PARISI ANTONIO
BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59)
ZAVETTIERI GIUSEPPE
CERULLO PIETRO
PAPALIA ANTONIO
50) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, III e IV comma della Legge 22.12.75 n. 685 - 74, I, II, III e IV
comma del DPR 9.10.90 n. 309, perchè, in concorso tra di loro con NIZZOLA FRANCESCO
(stralciato) LANZO SANTO e MANCUSO SALVATORE (deceduto) ROMEO ANNUNZIATINO
(nei cui confronti si procede separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, anche in
tempi diversi (v. infra) e con modalità di attuazione non omogenee, si associavano allo scopo di
dare vita e portare ad effetto una organizzazione finalizzata alla consumazione di più reati tra quelli
previsti dagli artt. 71 e 73 della Legge e del DPR sopra indicati, ed in particolare perchè, mediante
predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di capitali, reperimento di luoghi destinati alla
custodia e alla lavorazione delle sostanze stupefacenti, per lo più nella fascia territoriale compresa
tra le zone di Corsico e Buccinasco, costituzione di società commerciali, destinate a fornire
copertura alle attività di reimpiego dei proventi del traffico degli stupefacenti e direttamente a loro
riferibili), mediante articolata ripartizione di compiti e funzioni, mediante predisposizione di attività
permanente di controllo della fascia territoriale ove veniva posto in essere lo smercio degli
stupefacenti ed in attuazione di un comune e preordinato programma criminoso ed in adesione allo
stesso, davano vita e portavano ad effetto una struttura organizzata finalizzata al commercio di
eroina, cocaina ed hashish con ambito di riferimento precipuo nelle zone di cui ai Comuni sopra
indicati e zone limitrofe, organizzazione nel cui ambito e nei tempi che di volta in volta saranno
precisati:
67
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
TRIMBOLI FRANCESCO
PAPALIA ANTONIO
INZAGHI MARIO
operavano a livello di vertice e direttivo, in particolare stabilendo, mantenendo e gestendo i rapporti con
i canali di rifornimento delle sostanze stupefacenti, coordinando e dirigendo le attività degli appartenenti
alla organizzazione, essi stessi talvolta provvedendo alle attività di lavorazione e confezionamento di
ingenti partite di eroina, nella specie, mantenendo, altresì, i contatti con la fascia della clientela tramite
giornalieri stazionamenti in locali pubblici, nelle zone di Corsico e Buccinasco, provvedendo alle
trattative in questione, delegando di volta in volta gli altri membri del gruppo all‟uopo destinati a
provvedere alle materiali esigenze dello stupefacente, curando il ritiro finale delle somme introitate dal
traffico e quindi, segnatamente i due SERGI, provvedevano al reimpiego di parte delle stesse in attività
economiche o finanziarie tramite principalmente la costituzione di numerose società commerciali
immobiliari o edili;
SERGI SAVERIO (cl. 68)
PARISI ANTONIO
AMANTE PIETRO
AMANTE GIOVANNI
NIZZOLA FRANCESCO
BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59)
ROMEO ANNUNZIATINO
partecipavano alle attività della organizzazione in ambito subalterno rispetto alle posizioni sopra
indicate ed in particolare provvedendo al controllo della fascia territoriale ove veniva attuato il
commercio degli stupefacenti, provvedendo anche al reperimento di luoghi ove di volta in volta essi
stessi custodivano partite di sostanza stupefacente, curando, quindi, contatti con la fascia della clientela
e provvedendo essi stessi alle consegne della quantità di eroina, cocaina ed hashish di volta in volta
negoziate e, quindi, anche al ritiro delle equivalenti somme di denaro;
68
MOSCARDI GIANFRANCO
quale gestore di area di distribuzione di carburante nella Via Milano in Corsico, fungeva quale punto di
riferimento della organizzazione ed in particolare quale intermediario tra membri della organizzazione e
la fascia della clientela, di volta in volta, quindi, egli stesso curando il mantenimento di tali contatti ed
altresì mettendo a disposizione i locali dell‟area di servizio, o di concessionaria di auto dal medesimo
gestita, per la custodia di partite di sostanze stupefacenti o delle somme di denaro di volta in volta
consegnate da taluni degli acquirenti ovvero predisponendo egli stesso nascondigli per la custodia dello
stupefacente su auto di acquirenti;
CERULLO PIETRO
ZAVETTIERI GIUSEPPE
Operando nel contesto associativo, in organico e funzionalmente alla vita ed esistenza dello stesso, quali
titolari di attività commerciali e finanziarie destinate a fornire copertura agli illeciti proventi del traffico
della droga e garantendo, altresì, il reimpiego degli stessi, in particolare tramite le attività delle seguenti
società commerciali o finanziarie, ovvero attività di esercizi pubblici:
Società “FRATELLI CERULLO”
“EDIL ASSAGO”, via Gattinare 90 Milano
IMMOBILIARE MARCELLA S.a.s.
IMMOBILIARE ANGELA C.so Garibaldi 127 Legnano (MI)
“SIRIO PARKING CAR” Via Moscova 43 Milano
RA. DI CE S.a.s. Via Cortina d‟Ampezzo 9 Milano
SOFILEA S.r.l. Via Fatebenefratelli n. 17 Milano
Bar “TREVI”, via Bramante 14, Buccinasco
Bar pizzeria “RISTORACASA”, via Sant‟Adele 2 Corsico
Ristorante pizzeria “EDEN”, via Saronnese, 31 Rescaldina (VA)
Ristorante pizzeria “BELLA NAPOLI”, via Sempione, 9 Castelletto sopra Ticino;
società “LIGUS SERVICE” via cortina d‟Ampezzo 9 Milano
Bar pizzeria “Scacco Matto” P.zza Europa Corsico (MI)
società “edilcostruzioni” s.r.l.
69
così anche destinando lo ZAVETTIERI in particolare, i locali di taluni dei predetti esercizi pubblici a
luogo di custodia di sostanza stupefacente ovvero di deposito di somme di denaro provento dello
smercio delle sostanze stupefacenti.
Con le aggravanti del numero degli associati (almeno 10 persone) e del carattere “armato” della
associazione.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Milano zone limitrofe
nelle epoche di seguito indicate:
SERGI FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino all‟ottobre del 1993
SERGI PAOLO da epoca prossima alla fine del 1985/1986, sino all‟ottobre del 1993.
AMANTE PIETRO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino ad epoca prossima al 1989.
AMANTE GIOVANNI dagli inizi del 1980 o epoca prossima, sino ad epoca prossima 1989.
NIZZOLA FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima sino ad epoca prossima al 1988/89
TRIMBOLI FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino al 1985/86 e quindi dall‟estate
del 1990 sino all‟ottobre del 1993
MORABITO SAVERIO da epoca prossima al 1984 sino al settembre del 1990
INZAGHI MARIO da epoca prossima al 1984 sino al novembre 1988
PAPALIA ANTONIO da epoca prossima al 1984/85 sino al 1986
BARBARO GIUSEPPE da epoca prossima al 1986 sino al 1989 circa
SERGI SAVERIO da epoca prossima al 1985 sino al marzo aprile del 1992
PARISI ANTONIO da epoca prossima al 1984 sino al giugno 1989
ZAVETTIERI GIUSEPPE da epoca prossima al 1984 sino all‟ottobre del 1993
CERULLO PIETRO come sopra
70
MOSCARDI GIANFRANCO da epoca prossima al 1985 sino alla fine del 1990.
ROMEO ANNUNZIATINO da epoca prossima all‟autunno del 1986 sino al maggio del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
51) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2 II comma, della Legge
22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè in concorso tra
di loro e NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) o, di volta in volta tra taluni di loro e con LANZO
SANTO (già giudicato) e MANCUSO SALVATORE (deceduto), ROMEO ANNUNZIATINO (nei
confronti del quale si procede separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, con
apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui ai capi nn. 55/56,
62, 64/65, 71, 80, 82, 86, 93, 100, 105, 113, 124, 126, 129, 134, 138 ed altresì da FLACHI
GIUSEPPE, TROVATO FRANCO, SCHETTINI ANTONIO, CHIRICO ANTONIO,
CARNOVALE GIUSEPPE e PACE SALVATORE (a carico dei quali si procede separatamente)
nonchè da altre persone non ancora potute identificare (talune, peraltro, di nazionalità turca ed altre,
quali ad esempio, TUSCANO MICHELE o CAMPIONE GIOVANNI decedute) sia i quantitativi di
sostanze stupefacente (eroina, cocaina, ed hashish) già indicati nelle suddette imputazioni e sia altri
quantitativi della medesima consistenza ed in particolare ed in sintesi forniture di eroina varianti da
20/30 Kg. ai 100 Kg circa alla volta, forniture di cocaina sino a circa 10 Kg. la volta e partite di
hashish anche sino a 200 Kg. cadauna (per ciò che riguarda il “gruppo FLACHI-TROVATO” di cui
sopra, v. forniture di eroina dai due ai cinque Kg. la volta e di cocaina di analogo peso, in più
occasioni e per un quantitativo complessivo oscillante sui 20 Kg. circa), sostanze stupefacenti che
quindi, agendo di volta in volta ed anche in tempi separati (v. infra) tra di loro e, comunque, in
ambito di adesione a comune disegno criminoso, detenevano presso abitazioni o box reperiti do
volta in volta nelle zone di Corsico e Buccinasco, o parti del territorio limitrofe, e quindi
vendevano, ponevano in vendita o cedevano a terzi, tra i quali le persone di cui ai capi nn. 52, 54,
73, 74, 75, 76, 77, 79bis, 81, 83, 88, 89, 96, 101, 102, 104, 106, 107, 108, 109 111, 114, 115, 116,
117, 119, 120, 121, 122, 124 bis, 124 ter, 125, 127, 128, 130, 131, 132, 135, 136, 137, 140, 143,
144, 145, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 156, 157, 161, 164, 165, 167, 168, 172, 173, 174,
175, 176, 177, 178, 221, 222, ed altresì MARANDO FRANCESCO, PANGALLO ANTONIO,
CAMPIONE GIOVANNI, MORABITO ASSUNTO LUIGI, PAVIGLIANITI SANTO
SALVATORE, FERRARO SANTO SALVATORE, GIGLIOTTI UMBERTO, ed esponenti del
“gruppo FLACHI - TROVATO” di cui sopra, ROMEO BRUNO (per complessivi Kg. 1,5 di eroina
e gr. 100 di cocaina), PERROTTA VITTORIO (Kg. 0.500 di eroina) ed altri in corso di
identificazione, e per quantitativi già specificati nelle predette imputazioni (per il “gruppo FLACHI
TROVATO”
per
71
fornitura di eroina e di cocaina varianti, per entrambe le sostanze, dai 1 ai 5 Kg. la volta per
complessive 6/8 forniture), operando principalmente nelle zone di Corsico e Buccinasco con le
condotte già indicate nel capo che precede.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II previste dagli artt.
12 e 14 della Legge e del D.P.R. sopra indicati.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, e zone limitrofe nei periodi di
tempo già meglio indicati nel capo che precede e, per AMANTE GIOVANNI e AMANTE
PIETRO, sino ad epoca antecedente e prossima al 24.4.1982.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/09/96).
72
AMANTE PIETRO
AMANTE GIOVANNI
52) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè, agendo in
concorso tra di loro, con NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) e con altre persone in corso di
identificazione, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali
anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano quantitativi di
eroina cocaina ed hascich non puntualmente specificabili e, comunque, sicuramente anche di
ingente consistenza (tra i quali e sino ad epoca prossima al maggio del 1990, quantitativi di eroina
pari a circa 20 Kg. la volta che ritiravano da esponenti del c.d. Gruppo SERGI) che, quindi,
detenevano e vendevano o cedevano ad acquirenti gravitanti nelle zone di Corsico, Buccinasco e
zone limitrofe.
Con le aggravanti della riferibilità delle condotte a quantitativi da considerarsi ingenti e dell‟avere
agito nel numero di almeno tre persone.
Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacente classificate nelle tab. I e II previste dall‟art. 12
della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, da epoca prossima al 1989 sino ad epoca
antecedente e prossima l‟ottobre del 1993.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
73
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ANTONIO
PAPALIA ROCCO
PAPALIA GIUSEPPE
AGRESTA ANTONIO
MUSITANO ANTONIO
MOLLUSO FRANCESCO
VIOLI ANTONIO
RECHICHI DIEGO
PERRE FRANCESCO
PARISI DOMENICO
TRIMBOLI DOMENICO (MICO MURRUNI - cl 59)
53) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, III e IV comma della Legge 22.12.75 n. 685 - 74, I, II, III e IV
comma del DPR 9.10.90 n. 309, perchè, in concorso tra di loro, con PAPALIA PASQUALE, e con
altre persone in corso di identificazione, anche in tempi diversi e con modalità di attuazione non
omogenee, si associavano allo scopo di dare vita ad una organizzazione finalizzata alla
consumazione di più reati tra quelli previsti dagli artt. 71 (L. 685/75) e 73 (D.P.R. 309/90), ed in
particolare perchè mediante predisposizioni di mezze e strutture (v. reperimento di capitali,
reperimento di luoghi destinati alla custodia e alla lavorazione delle sostanze stupefacenti, per lo più
nelle zone di Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, costituzione di società commerciali destinate
a fornire coperture alle attività di reimpiego dei proventi del traffico degli stupefacenti e
direttamente a loro riferibili), mediante articolata ripartizione di compiti e funzioni, mediante
predisposizione di attività permanente di controllo della fascia territoriale ove veniva posto in essere
lo smercio degli stupefacenti ed in attuazione di un comune e preordinato programma criminoso ed
in adesione allo stesso, davano così vita ed effetto ad una struttura organizzata al commercio di
eroina, cocaina ed hashish, con ambito di riferimento precipuo nelle zone di cui ai Comuni sopra
indicati e zone limitrofe, organizzazione nel cui ambito e nei tempi che di volta in volta saranno
precisati:
74
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ANTONIO
PAPALIA ROCCO
MOLLUSO FRANCESCO
operavano a livello di vertice e direttivo, in particolare il PAPALIA DOMENICO, benchè detenuto,
mantenendo stabili legami con gli altri, partecipando alle principali attività di programmazione e
“strategiche” del gruppo, prendendo parte diretta ad incontri di vertice in occasione di permessi di
uscita dal carcere e di fatto, quindi, prendendo parte attiva e primaria a tutte le scelte di fondo del
gruppo e gli altri stabilendo, mantenendo e gestendo i rapporti con i canali di rifornimento delle
sostanze stupefacenti, coordinando e dirigendo le attività degli appartenenti alla organizzazione,
essi stessi talvolta provvedendo alle attività di lavorazione e confezionamento di ingenti partite di
eroina, in particolare, mantenendo, altresì, i contatti con la fascia della clientela tramite giornalieri
stazionamenti in locali pubblici nelle zone di Corsico, Buccinasco, provvedendo alle trattative in
questione, delegando di volta in volta, gli altri membri del gruppo all‟uopo destinati a provvedere
alle materiali consegne dello stupefacente, curando il ritiro finale delle somme introitate dal traffico
e quindi, segnatamente il PAPALIA ANTONIO ed il PAPALIA ROCCO, provvedendo al
reimpiego di parte delle stesse attività economiche o finanziarie tramite principalmente la
costruzione di società commerciali immobiliari o edili;
GLI ALTRI
partecipavano alle attività della organizzazione in ambito subalterno, rispetto alle posizioni sopra
indicate, ed in particolare provvedendo al controllo della fascia territoriale ove veniva attuato il
commercio degli stupefacenti, provvedendo anche al reperimento dei luoghi ove di volta involta
essi stessi custodivano partite di sostanza stupefacente, curando, quindi, i contatti con la fascia della
clientela e provvedendo essi stessi alle consegne di quantità di eroina, cocaina, ed hashish di volta
in volta negoziate ed altresì procedendo al ritiro delle equivalenti somme di denaro ed il
RECHICHI, infine, anche curando e gestendo attività commerciali, unitamente alle persone sopra
indicate e ad altri in corso di identificazione, finalizzate al reimpiego di parte dei proventi degli
illeciti traffici di droga.
75
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
inquadrabile nei primi anni 80 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993:
PAPALIA DOMENICO, PAPALIA ROCCO, AGRESTA ANTONIO: dagli inizi degli anni 80 sino
ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993
MOLLUSO FRANCESCO dagli inizi degli anni 80 sino ad epoca prossima al 1984.
PAPALIA ANTONIO da epoca prossima al 1986 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre
del 1993
GLI ALTRI: da epoca prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993
Con l‟aggravante del numero degli associati (almeno dieci persone)
54) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè agendo di
volta in volta in concorso tra di loro e con altre persone in corso di identificazione, con apporti
causali anche distinti, e comunque convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui ai capi 55/56, da
FOSCHINI VITTORIO (fornitura di Kg. 300 di hashish nel 1987/88), da esponenti del c.d. Gruppo
SERGI (v. fornitura di 10 Kg. di eroina materialmente eseguita da ROMEO ANNUNZIATINO a
mani di VIOLI ANTONIO in epoca immediatamente successiva al 12/6/89) nonchè da altre
persone, anche di nazionalità estera (turchi e colombiani, in particolare) non ancora potute
identificare, i quantitativi di eroina, cocaina ed hashish non precisabili specificamente e, comunque,
di certa ingente consistenza (v. per l‟eroina quantitativi varianti sino a 100/200 Kg. la volta) che
quindi, agendo di volta in volta, ed anche in tempi separati (v. infra) tra di loro, e, comunque, in
ambiti di adesione a comune disegno criminoso, detenevano presso abitazioni o box di volta in volta
reperiti nelle zone di Corsico e Buccinasco in particolare, quindi, vendevano, ponevano in vendita,
offrivano o cedevano a persone gravitanti nelle zone dei Comuni di Corsico, Buccinasco, Cesano
Boscone, alcuni già indicati nei capi che seguono, ed altri in corso di identificazione ed altri a
FOSCHINI VITTORIO (per complessivi Kg. 2 di eroina), a PERROTTA VITTORIO (complessivi
Kg. 1,5 di eroina), a PACE SALVATORE, CASSANIELLO LEONARDO ed altri legati ai
prevenuti (forniture di eroina per circa 10 Kg. la volta in almeno 10/15 occasioni), a ROMEO
BRUNO (gr. 500 di cocaina) operando principalmente con le condotte già meglio precisate nel capo
che precede.
76
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanze stupefacenti da considerarsi ingenti.
Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II di cui agli artt. 12 e
14, rispettivamente della Legge e del D.P.R. sopra citati.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe per tutti in ambito
di tempo compreso tra epoca antecedente e prossima al 1984, con le precisazioni di cui già al capo
che precede.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
77
CAROLLO ANTONINO
ZACCO ANTONINO
SCHIATTARELLA VINCENZO
BONANNO LUIGI
GIRGENTI GASPARE
PANAIA ANTONIO
LA ROSA GAETANO
55) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma della legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo n
concorso tra di loro e con CAROLLO GAETANO e CAROLLO PIETRO (deceduto il primo e
scomparso il secondo) e con altre persone non potute identificare, si associavano allo scopo di
commettere più delitti tra quelli previsti dall‟art. 71 della predetta Legge, ed in particolare perchè,
mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di capitali, reperimento di luoghi
destinati sia alla custodia di partite di eroina e sia destinati alla lavorazione di quantitativi di
morfina base procurati tramite trafficanti turchi) mediante articolata ripartizione di compiti e
funzioni ed in attuazione e di comune e preordinato programma criminoso, ed in adesione allo
stesso, davano così vita ed effetto ad una struttura organizzata finalizzata al commercio di ingenti
partite di eroina ovvero alla trasformazione di ingenti partite di morfina base in “eroina bianca” ai
fini del commercio in ambito nazionale ed internazionale, organizzazione nel cui ambito il
CAROLLO GAETANO svolgeva funzioni di vertice unitamente a ZACCO ANTONINO, entrambi,
infatti mantenendo i rapporti con i fornitori turchi, procedendo alle fasi delle trattative e, quindi,
curando la gestione di laboratori di trasformazione della morfina base e, quindi, la loro messa in
opera:
TUTTI procedendo alle attività di custodia e lavorazione delle partite di eroina sia in attività
connesse alla sopra indicata lavorazione e trasformazione della morfina base e quindi tutti
prendendo parte attiva alla gestione dei quantitativi di eroina (bianca o brown sugar) di volta in
volta nella loro disponibilità e pertanto stazionando nei luoghi ove avvenivano le trattative con gli
acquirenti (v. Via Anguissola, principalmente e zone limitrofe), portando a perfezionamento le
stesse, curando, quindi le consegne dello stupefacente ed il ritiro delle somme di denaro
corrispondente.
Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, dagli inizi degli anni 80 sino al 1988 (essendo già stati
giudicati per fatti identici avvenuti in epoca successiva).
Il GIRGENTI sino ad epoca prossima all‟11.04.1986.
78
Imputati di cui al capo 55
56) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con altre persone non identificate, di
comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti e talvolta, e
nell‟arco di tempo compreso tra il 1980 ed il 1988, anche agendo in concorso con le persone di cui
al capo che segue, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente
acquistavano o ricevevano ingenti quantitativi di eroina e di morfina base che quindi trasformavano
in cd. “eroina bianca”, quantitativi che quindi detenevano, trasportavano, vendevano, offrivano o
cedevano a terzi (tra i quali esponenti dei gruppi PAPALIA, SERGI, COCO TROVATO-FLACHI,
nonchè CRISAFULLI BIAGIO, CRISAFULLI ALESSANDRO e DI DONATO MICHELE) con le
condotte già meglio precisate nel capo che precede e così operando gestivano quantità di eroina
varianti dai 3/5 Kg. ai 50/70 Kg. circa alla volta.
Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge
predetta.
Con le aggravanti dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte e quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
In Milano e zone limitrofe dagli inizi degli anni 80, sino al 1988 (v. capo che precede).
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
79
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
PARISI ANTONIO
ZAVETTIERI GIUSEPPE
CERULLO PIETRO
INZAGHI MARIO
57) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con le persone di cui al capo che precede
(“gruppo CAROLLO”), di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, in attuazione ed adesione di comune ideazione criminosa, illecitamente acquistavano o
ricevevano e quindi detenevano, ingenti partite di eroina (dai 50 ai 70 Kg. per volta), che
provvedevano congiuntamente ai prevenuti a sottoporre ad operazione di cd. “taglio”,, anche con
utilizzo di particolare e non conosciuta sostanza contenente prodotti medicinali, presso luoghi di
volta in volta, reperiti per l‟occasione (v. cascina del CERULLO PIETRO, sita in Assago, abitazioni
nella disponibilità del MORABITO o del PARISI in Buccinasco, Assago, Corsico) e quindi, in
concorso tra di loro, provvedevano successivamente a trasportare, custodire in luoghi reperiti
principalmente nelle zone di Corsico e Buccinasco e a vendere, porre in vendita o comunque a
cedere a terzi, taluni già indicati nei capi di imputazione menzionati al capo n. 51, ed altri non potuti
identificare, principalmente gravitando, per lo smercio nelle zone di Via Anguissola e di via delle
Legioni Romane.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di eroina da considerarsi ingenti.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe dal 1985/86 al 1988 circa.
(Per INZAGHI MARIO capo contestato all‟udienza dibattimentale 30/6/95).
80
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
CERULLO PIETRO
PARISI ANTONIO
58) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con FLACHI GIUSEPPE, COCO
TROVATO FRANCO, SCHETTINI ANTONIO (nei confronti dei quali si procede separatamente),
di comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente
detenevano per l‟arco di una giornata, presso cascina nella disponibilità del CERULLO e sita in
Assago, un quantitativo di eroina pari a Kg. 92 circa che quindi, dopo avere ricevuto o trattenuto per
sè un quantitativo pari a Kg. 5, restituivano alle persone sopra indicate.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte a quantitativo di eroina da considerarsi ingente.
In Assago in epoca antecedente e prossima al 29.10.1987.
81
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl 56)
AQUINO SALVATORE
COLUCCIO GIUSEPPE
AGOSTINO ROCCO
ROMEO GIUSEPPE
BOMBARA MICHELE
BOMBARA NICOLINO
TRIMBOLI FRANCESCO
59) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, e III comma della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in
concorso tra di loro ed altresì con PANNUNZI ROBERTO, con MORABITO SAVERIO, ROMEO
ANNUNZIATINO, ROMEO FRANCESCO, MAZZA ALAIN e PAIRONE GIL (già giudicati),
mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di una abitazione in zona di Rota
Imagna, reperimento di attrezzatura specifica destinata alla lavorazione della morfina base e di
attrezzatura chimica destinata ai predetti fini), mediante distribuzione di compiti e di ruoli ed in
attuazione di un comune e preordinato progetto criminoso ed in adesione allo stesso, davano vita ad
attività di trasformazione della morfina base in eroina cd. “bianca”, tutti partecipando alla ideazione
ed organizzazione del programma criminoso, il PANNUNZI, in particolare, l‟AQUINO,
COLUCCIO, AGOSTINO, ROMEO GIUSEPPE, BOMBARA MICHELE e BOMBARA
NICOLINO, provvedendo alla individuazione dei canali di smercio dello stupefacente, il “gruppo
SERGI”, curando, principalmente, la fase della custodia dello stupefacente ottenuto a seguito della
lavorazione nella indicata “raffineria”, davano così via ed effetto ad attività associata finalizzata a
quanto sopra e, quindi, alla trasformazione dello stupefacente e alla sua successiva
commercializzazione con più violazioni, quindi, della norma di cui all‟art. 71 della Legge citata.
Con l‟aggravante della presenza alla associazione di almeno dieci persone.
In Milano, Corsico, Buccinasco, Rota Imagna e zone limitrofe, dai primi mesi del 1989 al maggio
del 1990.
(Per TRIMBOLI FRANCESCO contestato all‟udienza
precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
dibattimentale
24/9/96;
capo
82
Imputati di cui al capo 59 più SERGI SAVERIO (cl. 68).
60) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con le persone già indicate nel capo che
precede, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, in
attuazione di comune progetto criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano un quantitativo
di morfina base pari a Kg. 50 circa che quindi trasformavano in cd. “eroina bianca” parte della
quale, per Kg. 4 circa, custodivano presso negozio di falegnameria nella disponibilità di ATZENI
GIAMPIETRO e quindi, unitamente ad altro quantitativo pari a circa Kg. 8 vendevano, offrivano o
cedevano a terzi.
Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta
Legge.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tra persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
In Milano, Corsico, Buccinasco, Rota Imagna e zone limitrofe, dai primi mesi del 90 sino ad epoca
prossima al settembre del 90.
(Per TRIMBOLI FRANCESCO contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
83
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56
MORABITO SAVERIO
INZAGHI MARIO
TRIMBOLI FRANCESCO
SERGI SAVERIO (cl. 68)
61) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè,
agendo di comune concerto con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti
illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico (fuori dalle ipotesi di cui agli specifici reati
in materia di armi già contestati) un numero imprecisabile di pistole, fucili, mitragliette o altre armi
da guerra che, anche agendo talvolta in concorso tra taluni di loro e, comunque, nel comune
interesse ed in adesione di comune disegno criminoso, detenevano o facevano detenere di volta in
volta a persone “di comodo” e ciò anche in riferimento al munizionamento e alla disponibilità di
parti delle predette armi.
In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe nelle epoche per ciascuno già
specificate al capo n. 50.
84
MORABITO SAVERIO
62) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE ed altresì con SALIBA‟
BERNARD, ZUCCHI UGO, GUILLEMET JEAN CLAUDE, RESTORI JOSEPH ANTOINE,
LAVAGNA MADDALENA, ZAPPA ANITA (a cui carico si è già proceduto) ed altri non potuti
identificare, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente acquistavano o ricevevano da cittadino turco residente a Verona, e non potuto
identificare e da RUBINO CIRO, quantitativi di morfina base oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. la volta
per un numero di fornitura compreso tra le 5 e le 10, quantitativi che, quindi, venivano dai
medesimi destinati ad attività di raffinazione ai fini della trasformazione in cd. eroina bianca poi
destinata al commercio, anche all‟estero, e con cessioni in Milano in favore di LA FORTEZZA
VITO (deceduto) per complessivi Kg 10 circa e di SERGI FRANCESCO, AMANTE PIETRO,
AMANTE GIOVANNI, NIZZOLA FRANCESCO, TRIMBOLI FRANCESCO ed altri ai quali in
particolare, venivano venduti o consegnati due quantitativi di eroina cd. “caramellata” del peso di
gr. 100 cadauno, nonchè grammi 500 in favore di CORNIGLIA FEDERICO ed altra persona non
identificata e grammi 300 in favore di RUBINO CIRO (v. capi 97 e 99).
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta
legge.
In Milano, zone limitrofe, Sanremo, Ventimiglia e zone limitrofe in epoca compresa tra il 79/89 ed
il 1981.
85
MORABITO SAVERIO
63) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, in concorso con
AMANDINI MICHELE e con le persone di cui al capo che precede, mediante le condotte già
descritte nella citata imputazione ed in attuazione di comune programma criminoso, mediante
predisposizione di luoghi e di attrezzatura tecnica e chimica destinata alla lavorazione e
trasformazione della morfina di base in eroina cd. “bianca” o del tipo residuale cd. “caramellato”,
con suddivisione di ruoli e di compiti, si associavano tra di loro allo scopo di commettere più delitti
tra quelli previsti dall‟art. 71 della predetta legge e segnatamente al ritiro di partite di morfina e
quindi alla loro trasformazione in eroina per la successiva commercializzazione, l‟AMANDINI
operando a livello di vertice e quindi nelle fasi di ideazione ed organizzazione del gruppo e
mantenendo i contatti tra i complici di nazionalità francese ed i complici italiani ed altresì
coadiuvando il MORABITO nella fase di vendita dell‟eroina in Milano e zone limitrofe.
In Milano e zone limitrofe, Sanremo, Ventimiglia e zone limitrofe in epoca compresa tra il 78/79 ed
il 1981.
86
AGIL FUAT
SONMEZ MUSTAFA‟ (UMBERTO)
64) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, in concorso tra
di loro e con BAYBASIN MEHMET EMIN, BAYBASIN SIRIN, FAROOK TAOOFIK, SUDA
ERDINC (a carico dei quali si è proceduto separatamente) e con altre persone non potute
identificare, si associavano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall‟art. 71 della
predetta Legge, ed in particolare perchè mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. capitali,
reperimento della materia prima, eroina, direttamente in territorio turco, occultamento, trasporto e
custodia della stessa in talune occasioni, dalla Turchia, sino al territorio dello Stato.) mediante
suddivisione di compiti e funzioni, mediante stabili collegamenti tra i membri della organizzazione,
sia operanti in Turchia che in Italia ed in adesione allo stesso, davano così vita ed effetto ad una
struttura organizzata finalizzata alla importazione e alla gestione, nel territorio dello Stato , di
ingenti partite di eroina, organizzazione nel cui ambito, in particolare, sotto le attività di direzione e
di coordinamento svolte dai BAYBASIN, operavano anch‟essi in funzione di vertice mantenendo i
contatti con la fascia di clientela italiana, curando e seguendo ogni singola importazione delle
partite di eroina per le quali fungevano, come sopra, da intermediari, provvedendo alle fasi delle
trattative, gestendo le attività di consegna dello stupefacente ed altresì il ritiro e, quindi, la
trasmissione in Turchia, delle somme di denaro relative alle concessioni dell‟eroina.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe.
Il SONMEZ: da epoca antecedente e prossima al 1984, sino al giugno luglio del 1986 (di fatto sino
alla fine del 1988, lasso di tempo per il quale si è già autonomamente proceduto).
AGIL FUAT: da epoca antecedente e prossima al 1984 sino alla fine del 1988.
87
AGIL FUAT
SONMEZ MUSTAFA‟
65) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.75 n. 685, perchè agendo in concorso tra di loro e con altre persone di cui al capo che
precede, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, illecitamente importavano nel territorio dello Stato, trasportavano,
detenevano e quindi ponevano in vendita, vendevano o comunque cedevano alle persone di cui ai
capi 50 e 51 nonchè ad altri in corso di identificazione, ingenti partite di eroina, di volta in volta
varianti tra i 20/30 e i 100 Kg. circa per quantità di forniture non precisabili e, comunque, in ambiti
di rapporti di fornitura costanti ed abituali anche perfezionatisi più volte nell‟arco di ciascun mese.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe negli archi di tempo di cui già al capo che precede.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno 3 persone e della riferibilità delle condotte
a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
88
MUFATO ANGELO
66) del reato p. e p. dagli artt. 9, 10, 12 e 14 della legge 14.10.74 perchè, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, portava in luogo pubblico ed altresì vendeva
o cedeva a MORABITO SAVERIO una pistola di marca e calibro non potuti accertare (arma
comune da sparo poi utilizzata per l‟omicidio in danno di LABATE PIETRO).
In Milano e Corsico in epoca antecedente e prossima al 17.11.1983
89
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
67) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, ultimo comma, 74 II comma della Legge 22.12.75 n. 685),
perchè agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente acquistavano o ricevevano da ZACCO ANTONINO e SPOTO ANGELO un
quantitativo di hashish del peso di Kg. 40 circa, che ritiravano presso una carrozzeria ubicata in
Cesano Boscone e che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi (rif. capo n.
155).
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi ingente.
Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Corsico, Cesano Boscone, Buccinasco e zone limitrofe nel corso del 1985.
90
CERULLO PIETRO
68) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 10 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, per avere illecitamente
detenuto, presso cascina nella sua disponibilità e sita tra Milano e Assago, almeno quattro pistole
cal. 9x21, n. 5 fucili a pompa (armi comuni da sparo) e due fucili mitragliatori (armi da guerra), di
cui al capo 141.
In Milano e Assago tra il 1989 ed il 1990.
91
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
SERGI SAVERIO (cl. 68)
TRIMBOLI FRANCESCO
MOSCARDI GIANFRANCO
INZAGHI MARIO
PARISI ANTONIO
BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59)
ZAVETTIERI GIUSEPPE
CERULLO PIETRO
PAPALIA ANTONIO
69) del reato p. e p. dagli artt. 416, I, II, III, IV comma C.P. e 416/bis, I; II; III e IV comma C.P., per
avere fatto parte di una associazione per delinquere di stampo mafioso, ed in particolare perchè, di
concerto tra di loro e NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) e con legami costanti con altri gruppi
criminali operanti in Platì (RC) e zone limitrofe nonchè, in ambiti temporali contrassegnati da
episodi di cd. “guerre di mafia”, anche con gruppi operanti nella zona di Reggio Calabria (v., in
particolare, “gruppo DE STEFANO”), nonchè previa “spartizione” del territorio, considerato come
fascia di ingerenza, con le persone di cui al capo che segue mediante articolata e capillare
distribuzione di compiti e funzioni, mediante costante ed organizzata attività di controllo del
territorio dei Comuni di Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, nella parte di loro quotidiana ed
abituale frequentazione, attività svolta direttamente o tramite persone di volta in volta reclutate per
la esecuzione di veri e propri servizi di pattugliamento finalizzati a segnalare eventuali presenze di
Forze di Polizia o di personaggi ritenuti membri di differenti organizzazioni criminali, mediante
sistematico ricorso alla violenza per la definizione di qualsivoglia tipo di contrasto sia nel territorio
in questione e sia in altre zone e sempre, e comunque, in ragione delle attività illecite dagli stessi
poste in essere o per ragioni di “prestigio” (v. capi 13 e seguenti) mediante reperimento di garage,
box o abitazioni di compiacenti persone finalizzati alla custodia di ingenti partite di sostanza
stupefacente, armi ed auto rubate e destinate ad ogni singola illecità attività, luoghi idonei, altresì, a
determinare la più estesa presenza sul territorio indicato, mediante il ricorso alla violenza anche allo
scopo di “esemplarietà” e, quindi, al fine di incutere timore e soggezione pressochè costante in
occasione di vicende giudiziarie a loro carico e mediante lo stato di compulsione psichica
determinato dal numero delle persone direttamente operanti nella associazione e dalla facilità di
aggregazione ovvero di reclutamento di persone, per lo più aventi le loro stessi origini natali, per
singole
attività
illecite,
così
agendo,
valendosi
della
forza
di
92
intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà derivanti
dalle condotte indicate, ponevano in essere una serie indeterminata ed indeterminabile di delitti tra i
quali le violazioni della Legge Stupefacenti, omicidi e tentati omicidi, detenzioni e trasporto armi,
sequestri di persona a scopo di estorsione, rapine, ricettazioni di auto e di cui, per la gran parte, ai
capi di imputazione già in precedenza agli stessi ascritti rispettivamente, i reati agevolati e portati ad
effetto proprio in ragione della indicata ingerenza, dominio e controllo territoriali.
Con l‟aggravante dell‟essersi trattato di associazione armata.
In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in riferimento all‟art. 416 C.P. dagli anni 79/80 sino al
29.9.82 e, in riferimento all‟art. 416/bis C.P. dal 29.9.82 sino ad epoca antecedente e prossima
l‟ottobre del 1993, con le specificazioni temporali, per ciascuno loro, di cui già al capo 50.
93
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ANTONIO (cl. 54)
PAPALIA ROCCO
PAPALIA GIUSEPPE
AGRESTA ANTONIO
MUSITANO ANTONIO
RECHICHI DIEGO
VIOLI ANTONIO
PERRE FRANCESCO
TRIMBOLI DOMENICO (cl. 59 detto “MURRUNI”)
PARISI DOMENICO
70) del reato p. e p. dagli artt. 416, I; II; III comma C.P. e 416/bis, I, II, e III comma C.P., per avere
fatto parte di una associazione per delinquere di stampo mafioso, ed in particolare perchè, di
concerto tra di loro e PAPALIA PASQUALE, con legami costanti con altri gruppi criminali
operanti in Platì (RC) e zone limitrofe nonchè, in ambiti temporali contrassegnati da episodi di cd.
“guerra di mafia”, anche con gruppi operanti nella zona di Reggio Calabria (v. “gruppo DE
STEFANO”), nonchè previa “spartizione” del territorio, considerato come fascia di ingerenza, con
le persone di cui al capo che precede, mediante costante ed organizzata attività di controllo del
territorio dei Comuni di Corsico e Buccinasco e zone limitrofe, nella parte di loro quotidiana ed
abituale frequentazione, attività svolta direttamente o tramite persone di volta in volta reclutate per
la esecuzione di veri e propri servizi di pattugliamento finalizzati a segnalare eventuali presenze di
Forze di Polizia o di personaggi ritenuti membri di diverse organizzazioni criminali, mediante
sistematico ricorso alla violenza per la definizione di qualsivoglia tipo di contrasto, sia nel territorio
in questione e sia in altre zone e sempre, e comunque, in ragione delle attività illecite dagli stessi
poste in essere o per ragioni di “prestigio” (v. capi 13 e seguenti) mediante reperimento di luoghi
destinati alla custodia di partite di sostanze stupefacente e quant‟altro destinato all‟espletamento
delle attività di commercio degli stupefacenti nonchè di armi e munizioni, mediante il ricordo alla
violenza anche allo scopo di “esemplarietà” e, quindi, al fine di incutere timore e soggezione nei
confronti degli abitanti le zone in questione, mediante lo stato di compulsione psichica determinato
dal numero delle persone direttamente operanti nella associazione e dalla facilità di aggregazione
ovvero di reclutamento di persone per lo più aventi le loro stesse origini natali, per singole attività
illecite, così agendo, valendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della
condizione di assoggettamento e di omertà derivanti dalle condotte indicate, ponevano in essere una
serie indeterminata ed indeterminabili di delitti tra i quali, principalmente, attività di commercio di
sostanze stupefacenti, con precipua ingerenza, dominio e controllo territoriali.
94
Con l‟aggravante dell‟essersi trattato di associazione armata.
In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in riferimento all‟art. 416 negli anni 79/80 sino l 29.9.82 ed
in riferimento all‟art. 416/bis C.P. dal 29.9.82 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del
1993 e con le ulteriori specificazioni temporali, per ciascuno di loro di cui già al capo 53.
95
LENA GIULIO
71) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I e ultimo comma, 74 I comma n. 2, II comma,
della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
agendo in concorso con AMANDINI MICHELE e con persone non potute identificare con apporti
causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e quindi vendevano o
comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di hashish
del peso di 80 Kg circa.
Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tra persone e della
riferibilità della condotta e quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente
ingente.
Fatto commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987
sino ad epoca prossima al 1989.
96
ATZENI GIAMPIERO
72) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.75 n.
685 (artt. 74, I e IV comma, 80, II comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè agendo di volta in
volta in concorso con le persone di cui già ai capi 50 e 60, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, illecitamente deteneva, presso il proprio laboratorio di falegnameria ubicato in
Corsico, per conto e nell‟interesse delle persone di cui sopra, quantitativi di eroina di vario peso
sino anche a quantitativi di circa 20 Kg. (rif. persone di cui al capo 50) la volta nonchè un
quantitativo di eroina bianca del peso di Kg. 4 circa prodotto dalla raffinazione della morfina base
di cui alla imputazione sub capo n. 60.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con l‟aggravante dell‟avere agito di volta in volta nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
In Buccinasco e Corsico da epoca prossima al 1988 sino ad epoca antecedente e prossima al maggio
del 1990.
97
BARBAGALLO SALVATORE
73) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv C.P. 71, I comma, della legge 22.12.1975 n. 685 (poi
modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perchè, agendo in concorso con BARBAGALLO ANTONIO
(deceduto), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo
SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta sino a forniture di Kg. 0,500, in modo costante ed
abituale che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al
1984 sino al 7.2.1985.
74) OMISSIS
98
BISSONI FRANCO
75) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del
D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e
cocaina di volta in volta del peso di gr. 200/300 sino a gr. 500 (per l‟eroina) e gr. 50/100 (per la
cocaina), con ritiri mediamente bisettimanali, nonchè quantitativi di hashish per circa 3/4 Kg. la
volta, per un numero non precisabile di forniture, che quindi, deteneva, trasportava, vendeva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina e cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I e II prevista dall‟art. 12
della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1988, ad esclusione del periodo intercorso tra il
26.03.1986 e l‟8.01.1987 in cui era detenuto.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96)
99
BRANCA DOMENICO
NUCARA ALESSANDRO
76) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 della Legge 22.12.75 n.
685 (73, I e IV comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè agendo in concorso tra di loro con
persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con
apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone
sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti dai 100 gr. a 1 Kg.
circa in un contesto di forniture abituali e costanti che quindi detenevano, trasportavano, vendevano
o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
77) OMISSIS
100
MUSICO‟ ANTONINO
78) del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma, legge 22.12.1975 n. 685 (art. 73, I comma del D.P.R.
9.10.1990 n. 309) per avere illecitamente acquistato o ricevuto da MORABITO ASSUNTO LUIGI,
e quindi detenuto, trasportato, venduto, posto in vendita, offerto o ceduto a terzi, un quantitativo di
cocaina del peso di gr. 100 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 12 e 14 della legge e del
D.P.R. sopra indicati.
In Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra gli indizi del 1988 ed il 1991.
101
CARBONE DOMENICO
MORABITO SAVERIO
INZAGHI MARIO
79) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2 della legge 22.12.75 n.
685, perchè, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano
e, quindi, vendevano, offrivano, distribuivano e cedevano a terzi, gravitanti nella zona di Cesano
Boscone - quartiere Tessera, quantitativi di eroina varianti dai 50 gr. ai 500 gr., attività nel cui
contesto il MORABITO e l‟INZAGHI svolgevano funzioni di coordinamento nel mentre il
CARBONE provvedeva alla custodia dello stupefacente e ad attività di consegna dello stesso agli
acquirenti, in posizione subordinata rispetto ai due coindagati.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 delle predetta Legge.
Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di tre persone.
Fatti commessi in Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1980/81 sino ad
epoca antecedente e prossima al 1985.
102
CALABRO‟ FRANCESCO
79 bis) del reato p. e p. dagli artt. 110, cpv C.P. 71 I comma e 74, II comma, della legge 22.12.1975
n. 685 perché agendo in concorso con persona non potuta identificare, con più azioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti,
acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) quantitativi di eroina del
peso di 3/4 kg. la volta o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tabella I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti.
In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984 ed il 1986/87.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/6/96).
103
CELINI VINCENZO
MARINO SALVATORE
80)
del reato p. e p. dagli artt. 110, cpv. C.P., 9, 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perché,
in concorso tra di loro, e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
illecitamente detenevano, portavano in luogo pubblico e vendevano o cedevano alle persone di
cui al capo 50 (“gruppo SERGI”) almeno quattro pistole cal. 9x21 di marca non precisabile, n. 5
fucili a pompa (armi comuni da sparo) e due fucili mitragliatori (armi da guerra).
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1990.
81)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 II comma, della legge 22.12.75
n. 685 (73 I comma e 80 II comma D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso tra di
loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo
SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti da 2 a 3 kg. ogni quindici giorni circa,
nonchè un quantitativo di cocaina pari a circa 1 kg., che quindi detenevano, trasportavano,
vendendo o cedevano a terzi.
EROINA E COCAINA: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
Legge predetta.
Con la aggravante della riferibilità della condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi obiettivamente ingenti.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
104CELINI VINCENZO
MARINO SALVATORE
82)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma della Legge
22.12.75 n. 685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in
concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente
detenevano e quindi vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd.
“gruppo SERGI”) quantitativi di cocaina del peso di kg. 2/3 per ciascuna fornitura sino ad un
massimo, in almeno una occasione, di un quantitativo pari a kg. 10 ed in numero non precisabile
di forniture ed altresì un quantitativo di eroina pari a kg. 15 circa.
Cocaina ED EROINA: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi obiettivamente ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987
sino ad epoca prossima al 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
105
CIAMPA ANTONIO
83)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71. I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma,
del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina di volta in volta del peso di gr. 100/200 per un numero non quantificabile di occasioni ed
in ambito comunque di forniture periodiche ed abituali, che quindi deteneva, trasportava,
vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacenti classificata nella tab I prevista dall‟art. 12 della predetta legge (o
14 del citato D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1985, sino ad epoca prossima all‟estate 1990 escluso il periodo a decorrere
dall‟8.11.1989.
106
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
MORABITO SAVERIO
MUFATO ANGELO
SERGI SAVERIO (cl. 68)
INZAGHI MARIO
84)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 81 cpv, 81 cpv., 629, I e II comma in rif. al III comma
nn. 1 e 3 dell‟art. 628 C.P. perché agendo in concorso tra di loro ed al fine di procurarsi un
ingiusto profitto, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed in attuazione di
un comune progetto criminoso, mediante minaccia e violenza consistite, in particolare nel:
. prospettare anonimamente, e per via telefonica, a SANFELICE ALDO, in più occasioni, gravi
ed ingiusti mali qualora non avesse versato loro la somma contante di lire 500 milioni:
. nel collocare dell‟esplosivo presso i cantieri edili della società gestita dal SANFELICI, la
“Edil President S.r.l.” con sede in via Garibaldi nr. 8, Buccinasco;
. nell‟esplodere colpi d‟arma da fuoco contro le vittime dell‟ufficio vendite della “Edil
President S.r.l.”, così infrangendole;
. nell‟esplodere colpi d‟arma da fuoco contro le vetrate dell‟abitazione del SANFELICI sita in
via Diaz 26, Corsico;
. nell‟intervallare le predette azioni cruente con ulteriori telefonate minatorie ed altresì con
l‟invio di missive anonime nelle quali veniva prospettato, tra l‟altro, il sequestro di un familiare
del SANFELICI qualora non fosse stata versata la somma di cui sopra, così agendo ponevano in
essere atti idonei diretti in modo non equivoco a procurarsi l‟ingiusto profitto della somma di lire
500 milioni, con corrispondente danno per il SANFELICI, non portando a compimento l‟intento
criminoso per cause non dipendenti dalla loro volontà (v. ferma reazione negativa da parte del
SANFELICI ed avvio di indagini a seguito di denunzia sporta dal medesimo)
Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite ed armate
e tutte, escluso il MUFATO, facenti parte di associazione criminale di cui all‟art. 416/bis del
C.P.
In Corsico e Buccinasco dal marzo al giugno 1987.
107
Imputati di cui al capo 84)
85)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 112, n. 1, 81 cpv., 61 n.2 C.P., 10, 12 e 14 della legge
14.10.1974 n. 497 perché, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto e con apporti
causali anche distinti e, comunque, convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e
portavano in luogo pubblico, così come già indicato nel capo precedente, materiale esplosivo,
non meglio precisato, nonchè armi comuni da sparo (pistole e fucili di calibro e marca non potuti
accertare).
Fatti commessi in Corsico e Buccinasco dal marzo al giugno 1987.
86) OMISSIS
87) OMISSIS
88) OMISSIS
108
D‟ANGELO ANIELLO
89)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv C.P., 71, I comma, della legge 22.12.75 n.685 (73, I
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina, di volta in volta del peso di gr. 200 con frequenza settimanale, che quindi,
deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (
o 14 del citato D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 14.7.87, sino ad epoca prossima all‟estate del 90, ad esclusione del periodo tra il
28.11.1989 ed il 24.05.1990 in cui era detenuto.
109
MUSCIO MARIO
MORABITO SAVERIO
90)
DEL REATO P. E P. DAGLI ARTT. 110, 628, I e III comma n. 1 (triplice ipotesi) C.P.
perché agendo in concorso tra di loro e con apporti casuali anche distinti e, comunque,
convergenti, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo avere bloccato la vettura su cui
viaggiava TOIA FIORENZO, mediante minaccia, consistita nel bloccare il TOIA, nel puntargli
contro un fucile prospettandogli gravi ed ingiusti mali in caso di reazione contestualmente
operando con il viso travisato da passamontagna, così agendo si impossessavano della somma
contante di lire 15 milioni circa sottraevano al TROIA (somma custodita all‟interno della vettura
condotta dal medesimo).
Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite, armate e
travisate.
In Settimo Milanese il 15.2.1977.
110
FERRARO ANTONIO
91)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685, 73 I comma
del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 53 nonchè da altre non potute
identificare e riferibili, comunque, ad organizzazione riconducibile alla famiglia BARBARO,
quantitativi di eroina e di cocaina di volta in volta dell‟ordine di gr. 200/300 sino a forniture di
un kg. la volta, che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classifficata nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art. 14 della
legge e del D.P.R. sopra indicati.
In Corsico, Cesano Boscone, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, negli anni compresi tra il
1988 ed il 1991 (novembre).
111
SAFFIOTI VINCENZO
TRIMBOLI DOMENICO (cl. 1961)
92)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309),
perché in concorso tra di loro ed agendo di comune concerto, illecitamente detenevano, presso
abitazione sita in Via Quinto Romano nr. 66 e nella loro esclusiva disponibilità, un quantitativo
di eroina mista a sostanza eccipiente per complessivi kg. 3,928 di cui kg. 1,141 di eroina intesa
come sostanza pura, quantitativo da considerarsi ingente.
Eroina: sostanza stupefacente, classificata nella tab I prevista dall‟art. 14 del citato D.P.R.)
In Milano acc. il 14.10.1993
112
FERRERO WALTER
93)
del reato o. e p. dagli artt. 71, I comma, 74, II comma della Legge 22.12.75 n. 685, perché,
illecitamente e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo
SERGI”) un quantitativo di cocaina del peso di kg., 2 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo dio sostanza stupefacente da
considerarsi obiettivamente ingente.
Fatto commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987,
sino ad epoca prossima al 1988.
94)
del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma della Legge 22.12.75 n. 685 per avere illecitamente
detenuto e quindi venduto, offerto o, comunque, ceduto ad AMANDINI MICHELE e a
MORABITO SAVERIO un quantitativo di cocaina del peso di gr. 500 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, in epoca compresa tra il 79 ed il 1982.
113
MORABITO SAVERIO
95)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685. perché,
agendo in concorso con AMANDINI MICHELE, di comune concerto e con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da FERRERO
WALTER e, quindi, detenevano, trasportavano, offrivano o comunque cedevano a MONFRIN
ANGELO un quantitativo di cocaina del peso di gr. 500 circa (rif. capo 110)
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, in epoca compresa tra il 1979 ed il 1982.
114
FERRERO WALTER
96)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 CPV., c.p., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così
come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso con persona non
potuta identificare con apporti causali anche distinti, e comunque, convergenti, acquistava o
riceveva dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di cd. “eroina bianca” del
peso di Kg. 1 circa, che quindi deteneva, trasportava, vendeva, o cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1987 sino ad epoca prossima al 1988.
115
RUBINO CIRO
97)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., I comma, 74 I comma n. 2 II comma, della
Legge 22.12.1975 n. 685, perché, agendo in concorso con cittadino turco ed altri non potuti
identificare, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, deteneva, trasportava, vendeva o, comunque, cedeva
alle persone di cui al capo 62 quantitativi di morfina base oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. la volta,
per numero di forniture compreso tra le cinque e le dieci occasioni, ed altresì per avere acquistato
o ricevuto, complessivamente, circa tre etti di eroina (in tre distinte occasioni) ottenuti a seguito
della lavorazione e raffinazione della morfina base di cui sopra.
Morfina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
In Milano, Verona e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1979/80 ed il 1981.
116
INZAGHI MARIO
98)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71 , I comma della Legge 22.12.1975 n. 685,
perché, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE, di comune concerto e con apporti
causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente deteneva e quindi trasportava,
vendeva o cedeva a RUBINO CIRO, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, tre quantitativi di eroina del peso di gr. 100 circa ciascuno, eroina proveniente dalla
raffinazione della morfina base di cui al capo 62.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Verona e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1979/80 ed il 1981.
117
CORNIGLIA FEDERICO
99)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma della Legge 22.12.1975 n. 685 perché,
agendo in concorso con altra persona non potuta identificare, acquistava riceveva o, comunque,
si intrometteva nel procurare, fa acquistare o ricevere un quantitativo di eroina pari a circa gr.
500, quantitativo proveniente dalla raffinazione della morfina base di cui al capo 62.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, in epoca compresa tra il 1979/80, ed il 1981.
118
FONTANA VINCENZO
100)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma della
Legge 22.12.75 n. 685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
agendo in concorso, con persone non potute identificare con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti, illecitamente deteneva, e quindi vendeva o comunque cedeva alle
persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) due quantitativi di eroina del peso,
rispettivamente di Kg. 30 e di Kg. 15 circa.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità della condotta e quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente
ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1988
sino ad epoca prossima al 1989.
100 bis) del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv. C.P., 71 I° co., 74 II° co. della Legge 22/12/75 n. 685
perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava
riceveva dalle persone di cui al capo 50 (c.d. “Gruppo SERGI”) quantitativi di eroina varianti dai
Kg. 0,500 ad 1 Kg. la volta per un numero complessivo di forniture pari a circa 10/15 consegne,
che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi anche ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico e zone limitrofe da epoca prossima al 1987 sino ad epoca
prossima al 1987 sino ad epoca prossima al maggio del 1990.
(Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
119
GRASSO DOMENICO
GRASSO GIOVANNI
101)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv, C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così
come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso tra di loro con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta di circa 500 gr. cadauno e di cocaina pari a 200 circa la
volta per un numero di forniture non quantificabili e comunque circa una volta al mese, che
quindi detenevano, trasportavano, vendevano o comunque cedevano a terzi.
Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima all‟autunno del 1986 sino alla fine del 1987, (rif. DOMENICO GRASSO) e sino ad
epoca prossima al settembre del 1990 (rif. GIOVANNI GRASSO).
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
102)
OMISSIS
103)
OMISSIS
120
CARBONE PASQUALE
104)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della
legge 22.12.75 n. 685 (73, I e IV comma, 80 II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché,
agendo di volta in volta in concorso con persone non potute identificare, con più azioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente acquistava o riceveva da persone non identificate e, comunque, da ritenersi inserite
di cui ai capi 50 e 53, quantitativi di eroina e di cocaina non puntualmente specificabili e,
comunque, anche superiori al Kg. per fornitura, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o
comunque cedeva a terzi.
Con l‟aggravante dell‟avere talvolta agito anche nel numero di tre persone e della riferibilità
delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art.
14 della legge e D.P.R. sopra indicati.
In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca antecedente al 1988
sino ad epoca prossima al 2.11.1991.
121
LOPEZ PATINO
105)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma della Legge
22.12.75 n. 685, perché agendo in concorso con persone non potute identificare illecitamente
deteneva e quindi, vendeva, offriva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 un
quantitativo di cocaina di circa 6 Kg.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della
condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingente.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
In Milano, Corsico, o zone limitrofe, in epoca antecedente e prossima al novembre del 1988.
122
LOPRETE NICOLA
106)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpcv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, della Legge
22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in
concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o riceveva
dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di
Kg. 0,500 per un numero non precisabile di forniture, che quindi deteneva, trasportava, vendeva
o cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca
prossima all‟estate del 1990, escluso il periodo tra il 30.4.1986 e il 17.3.1987, fatta eccezione per
i periodi di tempo corrispondenti ai numerosi permessi ottenuti.
123
MAIOLO PASQUALE
SGAMBELLONE MARIO
107)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così
come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso tra di loro, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano delle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”)
nonchè da persone operanti in gruppo riferibile alla famiglia BARBARO, quantitativi di eroina
di volta in volta varianti dai 200 ai 500 gr. la volta, per un numero di forniture non precisabile e
comunque in ambito di consegne anche battesimali, che quindi detenevano, trasportavano,
vendevano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1985 sino agli inizi del 1989. (per lo Sgambellone in particolare, a decorrere da
epoca prossima agli inizi del 1988).
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
124
MAMMOLITI SEBASTIANO
MAMMAOLITI DOMENICO (cl. 68)
MAMMOLITI DOMENICO (cl. 62)
MAMMOLITI ROCCO
NIRTA GIUSEPPE (cl. 60)
108)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71, I comma, 74 I comma n.2 della Legge 22.1275 n.
685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309),
perché, agendo in concorso tra di loro e con persone non potute identificare con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi
di eroina di volta in volta varianti dai 200 ai 500 grammi la volta con forniture mensili, che
quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone.
fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990, escluso, per NIRTA GIUSEPPE
(cl. 60) il periodo a decorrere dal 5.6.1984 al 19.7.1986 in cui era detenuto.
125
MANCUSO GAINFRANCO
109)
del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv, C.P., 71, I comma, della legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr.200/300 sino ad un massimo di 500 grammi
e per un numero non precisabile di forniture e con cadenza mensile, che quindi deteneva,
trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
(o 14 del citato del D.P.R.)
fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1986.
110) OMISSIS
111) OMISSIS
126
MOLLUSO FRANCESCO
112)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma del D.P.R. 9.10.1990 . 309,
perché, agendo in concorso con altri non ancora identificati, acquistava o riceveva da persone
appartenenti ad organizzazione criminale riferibile ai fratelli MANNINO (a cui carico si procede
separatamente) e quindi deteneva, trasportava, vendeva, offriva o cedeva a terzi un quantitativo
da considerarsi obiettivamente ingente.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
Fatto commesso in Milano, Corsico, Buccianasco, Cesano Boscone e zone limitrofe in epoca
compresa tra il novembre del 1991 ed il 1992.
127
MEDICI EMANUELE
LOPRETE NICOLA
113)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma,
della Legge 22.12.75 n. 685, perché, agendo in concorso tra di loro con altre non ancora
identificate, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente
acquistavano o ricevevano da trafficanti di eroina di origine turca ingenti partite di eroina parti
delle quali per quantitativi di volta in volta oscillanti tra i 30 ed il 50 Kg. detenevano e quindi
vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (“gruppo SERGI”).
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle
condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
In Monza, Milano e zone limitrofe da epoca antecedente e prossima al 1984 sino ad epoca
antecedente e prossima al luglio del 1988.
128
MIRABELLA GIUSEPPE
114)
del reato p. e p. dagli artt. 110, C.P., 71, I comma, 74 II comma, della Legge 22.12.75 n. 685
(così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso con persona
non potuta identificare con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o
riceveva dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”), un quantitativo di eroina del peso di Kg.
2,5 circa, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi obiettivamente ingente.
Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, tra il 1986 ed epoca prossima al 9 novembre 1987.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
129
MOSCARDI GIULIANO
115)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (“gruppo SERGI”), quantitativi
di eroina e cocaina di volta in volta con cadenza pressochè settimanale del peso di gr. 200 (per
l‟eroina) e di gr. 50/100 (per la cocaina), che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque
cedeva a terzi.
Cocaina ed eroina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (0 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1985 sino ad epoca prossima al 27.6.1988.
130
MUFATO ANGELO
BIFFI SIRO
116)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, della Legge
22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in
concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o
ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta
varianti da 200 a 500 grammi per un quantitativo complessivo stimabile in circa un Kg di eroina
ed altresì quantitativi di cocaina varianti da 50 ai 100 gr. la volta per un numero non precisabile
di forniture che quindi, detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi.
Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificata nella Tab. I. prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge.
Con l‟aggravante di avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
131
MUSCIO MARIO
117)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n.
685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, acquistava, o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta del peso variante da Kg. 3 a Kg. 5 per ciascuna fornitura
(quantificabili nel numero di circa 20), che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque
cedeva a terzi.
Eroina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge
(o 14 del citato D.P.R.)
Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi anche ingenti.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino da epoca prossima all‟estate del 1990, per MUSCIO MARIO ad
esclusione del periodo tra il 21.05.1985 ed il 19.07.1988 in cui era detenuto.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
132
MUSCIO MARIO
118)
del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n.
685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente
acquistava o riceveva da INZAGHI MARIO, MORABITO SAVERIO e TOMASELLO
MARIO e, quindi deteneva, vendeva o cedeva a terzi un quantitativo di eroina del peso di Kg. 4
circa nonchè altri due quantitativi rispettivamente di Kg. 0,500 e Kg. 1.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante delle riferibilità delle condotte a quantititavi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti (rif. Kg. 4 e Kg. 1 di eroina).
In Milano, Corsico, Buccinasco, e zone limitrofe, tra il dicembre del 1981 ed il maggio del 1983.
119)
OMISSIS
133
MUSICO‟ ANTONINO
120)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, in concorso con persona non identificata, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva, dalle persone di cui
al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina dal peso variante tra i 200/300 gr. ed i
500 gr. e ciò in almeno tre occasioni, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque
cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca e zone limtrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca
prossima al maggio 1988, escluso il periodo compreso tra il 21.6.85 ed il 31.7.86.
134
MUZZUPAPPA GIUSEPPE
121)
del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv. C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma
del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina di volta in volta del peso di gr. 200 circa nonchè di eroina bianca, per forniture di circa
100 gr. alla volta per un numero di forniture non precisabile che, quindi, deteneva, trasportava,
vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina : sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge
(o 14 del citato del D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟8.7.1988 (data arresto).
135
122)
OMISSIS
VIOLI SALVATORE
123)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 9, 10, 12, 1 14 della Legge 14.10. n. 497 perché, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, portava in luogo
pubblico e quindi vendeva o comunque cedeva a persone del cd. gruppo SERGI (v. capo n. 50
della richiesta di misure coercitive del 12.7.1993) un numero non precisato di pistole, di marca e
calibro non potuti accertare.
In Corsico e Buccinasco in epoca compresa tra il 1985 e l‟estate del 1990.
136
BOMBARA NICOLINO
BOMBARA MICHELE
ROMEO GIUSEPPE
COLUCCIO GIUSEPPE
AGOSTINO ROCCO
124)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della
legge 22.12.1975 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
agendo in concorso tra di loro e PANNUNZI ROBERTO e con persone non potute identificare,
con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e quindi
vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un
quantitativo di eroina del peso di Kg. 30 circa ed altro di Kg. 13 circa nonchè un quantitativo di
cocaina del peso di Kg. 10 circa.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta legge.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1988
sino ad epoca prossima al maggio del 1990.
137
BOMBARA NICOLINO
BOMBARA MICHELE
ROMEO GIUSEPPE
COLUCCIO GIUSEPPE
AGOSTINO ROCCO
124)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71 I° co. n. 2 II° co. della Legge 22/12/75 n. 685
(modif. poi nel D.P.R. 9/10/90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, agendo in concorso tra loro e PANNUZZI ROBERTO, con apporti causali anche
distinti e comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui al
capo 50 (c.d. Gruppo SERGI) e quindi detenevano, offrivano o cedevano a terzi quantitativi di
eroina del peso di circa 2/3 Kg. la volta in cinque o sei occasioni.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con le aggravanti dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico e zone limitrofe tra il febbraio ed il settembre del 1989.
(Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
138
COLUCCIO GIUSEPPE
AGOSTINO ROCCO
AQUINO SALVATORE
BOMBARA MICHELE
124 bis)del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71 I° co. II^ co. della legge 22/12/75 n. 685 (modif. poi
nel D.P.R. 309/90) perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e
comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui al capo 50
(c.d. Gruppo SERGI) e segnatamente da ROMEO ANNUNZIATO e TRIMBOLI
FRANCESCO, un quantitativo di eroina pari a Kg. 3 che, quindi, detenevano, vendevano,
offrivano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I^ prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della
condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente.
In Milano, Corsico, Gioiosa Jonica e zone limitrofe nel settembre del 1989.
(Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
125)
OMISSIS
139
PEDRANI ROBERTO
126)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. 71, I comma, della legge 22.12.75 n. 685 perché con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e, quindi,
trasportava, vendeva, poneva in vendita e comunque cedeva a persone tra quelle indicate al capo
50, in tre occasioni, quantitativi di cocaina del peso di Kg. 4 per ciascuna fornitura.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe tra il 1988 ed il 1989.
127)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva, dalle persone di cui
al capo n. 50, e quindi deteneva, trasportava, vendeva e quindi cedeva a terzi, quantitativi di
eroina del peso di Kg. 0,500 per ogni singola fornitura, di numero complessivo non specificabile
e comunque in ambito di rapporti costanti ed abituali.
Eroina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, tra il 1984 ed epoca antecedente
e prossima al 1989.
140
128)
OMISSIS
129)
OMISSIS
PETRACHI LEONARDO
PETRACHI ALESSANDRO
130)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71, I comma. 74, I comma n. 2 della legge 22.12.75
n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché agendo in concorso tra di
loro, e con PETRACHI SALVATORE e PUMA MAURIZIO con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di
volta in volta varianti da 100 a 500 gr. per un numero complessivo di forniture non quantificabile
che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
141
QUARTUCCIO LUIGI
131)
del reato p. e p. dagli 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come
poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in concorso con QUARTUCCIO
PIETRO con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50(cd. “gruppo
SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta sull‟ordine dei 200 gr. con forniture mensili che
quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1988.
142
SAFFIOTI VINCENZO
132)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina e cocaina di volta in volta del peso variante dai 200 gr. al Kg. circa con frequenza
settimanale che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. i prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico,Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1988 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96)
143
SAFFIOTI VINCENZO
MORABITO SAVERIO
133)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I ed ultimo comma, della legge 22.12.75 n.
685 perché agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente
detenevano e quindi vendevano, offrivano o cedevano a terzi, gravitanti nella zona di Corsico,
Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, quantitativi di eroina e di hashish non
puntualmente specificabili e, comunque, sicuramente di non modica quantità.
Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e II previste dall‟art. 12 della
predetta Legge.
In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984 ed il
1988.
144
SALESI GIOVANNI
134)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 II comma, della
legge 22.12.75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un disegno criminoso, agendo in
concorso con persone non potute identificare con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, illecitamente deteneva e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al
capo 50 (cd: “gruppo SERGI”) un quantitativo di eroina del peso di Kg. 30 circa ed altri
oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. in un numero imprecisabile di occasioni e, comunque, per
quantitativo complessivo stimabile in circa 100 Kg.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente
ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985
sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
145
SALES GIOVANNI
135
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della
legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in
concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o riceveva
dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta oscillanti sui
Kg. 5 per un numero imprecisabile di forniture e quantitativi di cocaina pari a Kg. 1 la volta (per
circa 15/20 consegne) che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge.
Con le aggravanti della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi obiettivamente ingenti e dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno
tre persone.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
146
SALESI GIOVANNI
135)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309
perché, agendo in concorso con persone non identificate, illecitamente deteneva e quindi
vendeva, offriva o comunque cedeva a FIORISI ANGELO, IANNI‟ SIMONE, CUVATO
FRANCO e CUVATO MAURIZIO ( a cui carico si procede separatamente) un quantitativo di
eroina del peso di Kg. 5 circa.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta ad un quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi ingente.
In Milano in epoca compresa tra il marzo/aprile 91 o epoca prossima.
147
SANGIORGIO GIOVANNI
136) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, della Legge 22.12.1975 nr. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché. con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso o
riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta
del peso di ½ kg. circa e quantitativi di hashish varianti dai 10 ai 20 kg. la volta e per un numero di
forniture non quantificabile che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi, talvolta anche
agendo in concorso con SCHIAVO GIUSEPPE (v. capo n. 137).
Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e II prevista dall‟art. 12 della predetta
Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al
1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
137) OMISSIS
148
SCOLLO AGATINO
138)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della
Legge 22.12.75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
agendo in concorso con RAPPOCCIOLO CATERINA (deceduta) e con persona non potuta
identificare, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente deteneva e
quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un
quantitativo di eroina del peso di Kg. 40 nonchè altri quantitativi del peso di Kg. 5 cadauno in
più occasioni.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente
ingenti.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985
sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
139)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n.
497 perché agendo in concorso con le persone di cui al capo che precede, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva e portava in luogo pubblico
armi da guerra (mitragliette) e comuni da sparo (pistole) di marca e calibro non potuti accertare e
ciò, in particolare, in occasione della consegna del quantitativo di eroina di Kg. 40 di cui sopra e
pertanto agendo al fine di commettere e portare a compimento il reato di cui al capo precedente.
Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985
sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
149
SCOLLO AGATINO
140)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 II comma, della Legge 22.12.75 n.
685 (73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd.
“gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di Kg. 0,500 - Kg. 1 ed in una
occasione anche un quantitativo di Kg. 2 circa che quindi deteneva, trasportava, vendeva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.).
Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi anche ingenti (rif. fornitura di Kg. 2 circa).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima ai primi mesi del 1990.
141)
del reato p. e p. dagli artt. 9, 10, 12 della Legge 14.10.74 n. 497 per avere illecitamente
detenuto, portato in luogo pubblico e quindi venduto o ceduto a SERGI FRANCESCO,
INZAGHI MARIO e MORABITO SAVERIO quattro “mitragliette” di marca e calibro non
potuti accertare e, comunque, del tipo armi di guerra.
In Milano tra il 1980 ed il 1983.
150
SERGI FRANCESCO cl. 56
MORABITO SAVERIO
INZAGHI MARIO
142)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 10 e 12 della Legge 14.10.74 n. 497 perché in concorso
tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o
ricevevano da SCOLLO AGATINO e, quindi, detenevano e portavano in luogo pubblico
quattro “mitragliette” di marca e calibro non potuti accertare, armi da guerra.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra il 1980 ed il 1983.
151
SERGI FRANCESCO (cl. 68)
143)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 200/300 circa, con abituali e costanti
forniture, almeno mensili, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge (o 14 del
citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
143 bis)del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P. 71, I° co. n. 2, II° co., della L. 22/12/75 n. 685 perché,
agendo in concorso con SERGI SAVERIO cl. 68, ROMEO ANNUNZIATINO e SERGI
FRANCESCO cl. 56, illecitamente deteneva e trasportava un quantitativo di eroina bianca a
circa Kg. 2, proveniente dalla raffineria di cui ai capi 59 e 60.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I^ prevista dall‟art. 12 della predetta legge.
Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno 3 persone e della riferibilità della
condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente.
In Milano, Corsico, Assago e zone limitrofe in epoca antecendente e prossima al maggio del
1990.
(Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
152
FRANCHETTI ALESSANDRO
144)
del reato p. e p. dagli art. 81 cpv. C.P., 71. I comma della Legge 22.12.1975 nr. 685 (ora art.
73 I comma del D.P.R. 9.10.1990 nr. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo n. 50 della richiesta di
misure coercitive del 12.7.1993 (cd. gruppo SERGI) quantitativi di eroina e di cocaina del peso,
di volta in volta variante dai 100 ai 500 gr. per almeno 20 forniture complessive che quindi
deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (art. 14 del D.P.R. citato).
Fatti commessi in Corsico, Bucinasco, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1986 e
l‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
153
STRANGIO FILIPPO
145)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma
del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina di volta in volta del peso variante dai 200 ai 500 gr. che quindi deteneva, trasportava,
vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1987/88 sino ad epoca prossima al 25.1.1989.
154
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
146)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della
Legge 22.12.75 n. 685 perché, agendo in concorso tra di loro e con SORCE PAOLO e
TOMASELLO MARIO (deceduti), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente acquistavano o ricevevano dal cittadino turco YASA CEMIL quantitativi di eroina
del peso, rispettivamente di Kg. 4, Kg. 0,500 e Kg. 1, un quantitativo di morfina base del peso di
gr. 20 circa nonchè, agendo in concorso con YASA CEMIL e JORIO ESPOSITO VINCENZO,
altro quantitativo ci circa 8 Kg. di eroina che veniva ritirato in Turchia, di comune concerto, ad
opera di persone non ancora identificata, forniture, le prime tra quelle indicate, che il
MORABITO e l‟INZAGHI vendevano o, comunque, cedevano a terzi tra i quali MUSCIO
MARIO (rif. Kg. 4 della prima fornitura e le altre due forniture di Kg. 0,500 e Kg. 1) e gr. 500 al
“gruppo SERGI” (capo 50), fornitura che veniva, quindi, loro restituita e poi ceduta al MUSCIO
(già sopra indicata nell‟ambito della fornitura di Kg. 4 di eroina) (rif. capo 118 per il MUSCIO e
103 per YASA CEMIL).
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di tre persone e della riferibilità delle condotte a
quantitativi e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti (escluso il quantitativo di Kg. 0,500 di eroina ed il sopra indicato
quantitativo di morfina).
Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra il dicembre del 1981 ed il maggio del 1983.
155
TOMASELLO SANTO
147)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge (73, I comma del D.P.R.
9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o
riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina ciascuno di
volta in volta, del peso gr. 200 circa per una fornitura complessiva di almeno un Kg, che quindi
deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1988 sino ad epoca prossima al 1989.
(capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
156
TRIMBOLI DOMENICO (cl. 61)
148)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.1975 n. 685 (73, I
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina di volta in volta del peso di gr. 100 circa e per un un numero di forniture non precisabile
e, comunque, periodicamente ed abitualmente che quindi deteneva, trasportava, vendeva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
149)
OMISSIS
157
TRIMBOLI VINCENZO
150)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma
del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi da
hashish non meglio precisati e, comunque, di non modica quantità che quindi deteneva,
trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina Cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II previste
dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9)6).
158
TROPIANO FRANCESCO
151
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”), nonchè
da persone non identificate e riconducibili al gruppo BARBARO, quantitativi di eroina di volta
in volta del peso anche di 500 grammi e di cocaina per circa 200/300 gr. la volta, per un numero
complessivo di forniture non precisabile e comunque nell‟arco di circa 6 mesi e con ritiri ogni 10
giorni circa (in riferim. alle forniture dal Gruppo SERGI) che quindi deteneva, trasportava,
vendeva o cedeva comunque a terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1988 sino ad epoca antecedente prossima al 2/1171991.
(capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96).
159
152)
OMISSIS
VIOLI PASQUALE
153)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71 I comma, della Legge n. 685 (73, I comma del D.P.R.
9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o
riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) ed al capo 53 (gruppo
PAPALIA) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 50/100 per un numero non
precisabile di occasioni e, comunque in ambito di forniture costanti ed abituali che quindi
deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge (o
14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1985 sino ad epoca prossima al 1988/89.
160
VITALE ANTONINO
145)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685
(73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo
SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta anche sino a 5 Kg. la volta e quantitativi di
cocaina nell‟ordine dei 200/300 gr. la volta per un numero non precisabile di forniture e,
comunque con cadenza quasi settimanale che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a
terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.)
Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi anche ingenti (in rif. ai sopra indicati quantitativi di eroina).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
161
ZACCO ANTONINO
155)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P. 71, ultimo comma, 74, II comma, della legge 22.12.75 n.
685 per avere, in concorso con SPOTO ANGELO, illecitamente detenuto e quindi venduto,
offerto o comunque ceduto a SERGI FRANCESCO ed a MORABITO SAVERIO un
quantitativo di hashish del peso di Kg. 40 circa, quantitativo da considerarsi ingente. (rif. capo n.
67)
Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
in Milano e Cesano Boscone nel corso del 1985.
162
ZAPPIA VINCENZO
156)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, 74 I comma n. 2 della Legge 22.1275
n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché agendo in concorso con
ZAPPIA GIUSEPPE ed altri non identificati, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o
ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta
varianti da 200 a 500 grammi anche due o tre volte la settimana ed in ambito di forniture costanti
ed abituali che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi tra i quali
PANETTA GIUSEPPE e ROMEO ANTONIO.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1983 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
163
ZINGHINI‟ DOMENICO
SERGI GIUSEPPE
157)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così
come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in concorso tra di loro con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta sull‟ordine dei 500 grammi con ritiri che avvenivano più
volte al mese e quantitativi non precisati e comunque non modici di cocaina ed hashish in ambito
di forniture costanti ed abituali che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a
terzi tra i quali PANETTA GIUSEPPE.
Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e tab. II previste
dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca
prossima al 1984 e sino ad epoca prossima all‟estate del 1990.
164
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
158)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1 C.P. perché, agendo in concorso tra di
loro, con CIULLA GIUSEPPE (deceduto), e MUSCIO RICCARDO, con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo avere
ricevuto dal CIULLA la indicazione circa la presenza in Milano, in albergo nella zona di Corso
Lodi, di un cittadino sudamericano avente con sé un carico di circa 20 Kg. di cocaina, in
attuazione di un comune progetto criminoso, mediante minaccia, consistita nel prospettare allo
straniero gravi ed ingiusti mali, anche simulando di essere appartenenti alle Forze di Polizia ed
altresì, e comunque, approfittando dello stato di compulsione psichica derivato dal numero delle
persone e dalle particolari circostanze di luogo e di fatto, si impossessevano del predetto
quantitativo di sostanza stupefacente, sottraendolo al non identificato cittadino sudamericano.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite.
In Milano tra il 1980 ed il 1983.
165
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
159)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della Legge
22.12.1975 n. 685 perché agendo in concorso come al capo 158), di comune concreto e con
apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, nei modi, tempi e luoghi di cui al capo
che precede, illecitamente entravano nella disponibilità di un quantitativo di cocaina del peso di
Kg. 20 circa che, quindi, detenevano, trasportavano e vendevano o cedevano a terzi nella zona di
Milano.
Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano tra il 1980 ed il 1983.
166
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
ROMEO FRANCESCO
PARISI ANTONIO
MORABITO SAVERIO
160)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 423 C.P. perché agendo in concorso tra di loro, di comune
concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, il ROMEO ed il SERGI
quali ideatori ed organizzatori, il MORABITO ed il PARISI quali materiali esecutori del
delitto, introdottisi questi ultimi nel deposito di automezzi della “ FRANCESCO ROMEO &
C. S.r.l.” con sede in via Campania, angolo via Umbria, e cosparsi i locali e gli automezzi ivi in
custodia di gasolio e appiccato, quindi, il fuoco, cagionavano un incendio che distruggeva quanto
sopra in giusta così da consentire al ROMEO di lucrare il premio assicurativo.
In Segrate il 16.8.1986.
167
PUGLISI CARMELO
1619 del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., I comma della legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso ed in concorso con altra persona non potuta ancora identificare, di comune concerto e
con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente acquistava o riceveva
dalle persone di cui al capo 50 e, quindi, deteneva, trasportava, vendeva, offriva o cedeva a terzi
quantitativi di eroina non puntualmente specificabili e, quindi, deteneva, trasportava, vendeva,
offriva o cedeva a terzi quantitativi di eroina non puntualmente specificabili e, comunque,
dell‟ordine di 100/300 grammi la volta in un contesto di forniture plurime.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Corsico, Buccinasco, Milano, zone limitrofe ed in Catania in epoca compresa tra il 1984 e
l‟estate del 1990, esclusi i periodi tra il 27.10.1985 ed il 12.12.1986 e a decorrere dall‟1.4.1989.
162)
OMISSIS
163)
OMISSIS
168
IOFRIDA LEONE
164)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma,
del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
illecitamente acquistava o riceveva da persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) e, quindi,
deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi quantitativi di eroina del peso, di volta
in volta dell‟ordine di grammi 200/300, in un contesto di forniture periodiche ed abituali.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art. 14 della
legge e del D.P.R. sopra indicati.
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in ambito di
tempo compreso tra epoca prossima al 1984 ed epoca antecedente e prossima all‟estate del 1990.
169
SALERNO DOMENICO
165)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) e
quindi deteneva, trasportava, vendeva offriva o comunque cedeva a terzi quantitativi di eroina
dell‟ordine di gr. 100/200 la volta per un ambito di forniture non superiore alle dieci consegne.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge e
14 del citato D.P.R. .
In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984
e l‟estate del 1990, escluso il periodo compreso tra il 21.11.1987 ed il 14.12.1988.
170
ORIO UMBERTO
SERGI PAOLO
SERGI FRANCESCO (cl. 1956)
MORABITO SAVERIO
166)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 56 C.P., 71, ultimo comma, 74, I comma n. 2, II comma,
della legge 22.12.1975 n. 685 perché agendo in concorso tra di loro di comune concerto e con
apporti causali anche distinti e comunque convergenti ponevano in essere atti idonei diretti in
modo non equivoco ad importare nel territorio dello Stato un quantitativo di hashish del peso di
Kg. 200 circa, atti consistiti, in particolare, nel partecipare tutti alla fase ideativa ed organizzativa
dell‟operazione, nell‟assumere (l‟ORIO) gli opportuni contatti con fornitori di hashish del
Marocco e con coloro, non identificati, che materialmente ebbero a trasportare lo stupefacente a
bordo di nave, nel mettere in comune il denaro occorrente ai fini dell‟acquisto dell‟hashish
(50.000.000 di lire convertite in franchi svizzeri, da parte dei due SERGI e del MORABITO),
non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalle loro volontà ed in
particolare per l‟avvenuto sequestro dello stupefacente in Ventimiglia da parte della Guardia di
Finanza.
Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della
condotta a quantitativo di hashish da considerarsi ingente.
Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in epoca antecedente e prossima alla fine del
1989.
171
PISANI SAVERIO ROSARIO
167)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I
comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”)
quantitativi di eroina di volta in volta del peso dell‟ordine di gr. 300/500 in ambito di forniture
periodiche e pressochè mensili che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a
terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca
prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 14.2.1990.
168)
OMISSIS
172
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
169)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628 I e III comma n. 1 (duplice ipotesi) C.P. perché agendo in
concorso tra di loro, con COLAFIORI FRANCESCO (deceduto) e AMANDINI MICHELE,
con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed al fine di procurarsi un ingiusto
profitto, mediante minaccia, costituta nel puntare contro cliente dello studio legale del
COLAFIORI, non meglio potuto identificare, armi da sparo, contestualmente prospettandogli
gravi ed ingiusti mali in caso di reazione, così agendo si impossessavano della somma contante
di circa 75 milioni di lire in valuta svizzera, che sottraevano al predetto.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite ed armate.
Fatto commesso in Milano in epoca antecedente e prossima al 28.11.1979 epoca della morte
del COLAFIORI
170)
OMISSIS
173
FRANCHETTI ALESSANDRO
171) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 9, 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497 e 3 della Legge
18.4.1975 n. 110 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente
deteneva, portava in luogo pubblico e vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 61, n. 10
pistole Cal. 7,65 di marca Beretta, armi comuni da sparo e tutte munite di silenziatore, nonché deteneva,
vendeva o cedeva a MORABITO ASSUNTO LUIGI una pistola Cal. 7,65.
In Corsico, Milano e zone limitrofe in epoca antecedente e prossima al 12.6.1989 (ferimento di
NIZZOLA FRANCESCO di cui al capo 44) ed in epoca successiva e prossima in relazione all‟ultimo
episodio.
Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96.
174
VIRGILITTO GAETANO
172)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché, con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva dalle
persone di cui al capo n. 50 (gruppo SERGI) quantitativi di eroina dell‟ordine dei 100/200
grammi, almeno due volte la settimana che, quindi, deteneva, trasportava, vendeva, offriva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge sopra
indicata.
In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe in epoca compresa tra il 1984 ed epoca
antecedente e prossima al novembre del 1986.
175
MAZZU‟ SAVERIO
173) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge n. 685 (73, I comma del
D.P.R. 9.10.1990 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina ed
hashish anche sino a 500 grammi la volta, in ambito di forniture quasi settimanali che quindi deteneva,
vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II dell‟art. 12 della predetta Legge
(o 14 del citato D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad
epoca prossima al 1989, escluso il periodo compreso tra il 14.11.1985 ed il 29.12.1986.
CODISPOTI GIOVANNI
174) del reato p e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della legge n. 685 (73, I comma del D.P.R.
9.10.1990 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o
riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e di cocaina per
forniture di grammi 100/200 circa la volta per circa dieci consegne che quindi deteneva, vendeva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dell‟art. 12 della predetta Legge
(o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad
epoca prossima all‟estate del 1990.
176
ESPOSITO GIUSEPPE
175)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma della Legge n. 685 (73, I comma del
D.P.R. 9.10.1990 n. 309) perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso o
riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina pari a circa
100 grammi la volta per un numero complessivo di forniture non precisabile, che quindi
deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o
14 del citato D.P.R.)
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino
ad epoca prossima all‟estate del 1990, esclusi i periodi tra il 4.10.1985 ed il 14.2.1987; tra il
24.3.1988 e l‟1.4.1988 e a decorrere dal 3.10.1988.
177
DUCHINI DINO
176)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.-P., 71, I comma, della Legge 685 (73, I comma del
D.P.R. 9.10.1990 nr. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di
eroina e di cocaina pari a circa grammi 220/300 la volta, in ambito di forniture di almeno una
volta al mese, che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della
predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.).
Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino
ad epoca prossima all‟estate del 1990.
177)
OMISSIS
178)
OMISSIS
178
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
PAPALIA ANTONIO
SERGI FRANCESCO (cl. 1956)
179)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1 (duplice ipotesi), 61 n. 7 C.P., perché,
agendo tra di loro, e AMANDINI MICHELE, RADICE GIANLUIGI, con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, operando, in particolare il RADICE quale “basista” e,
quindi, unitamente all‟AMANDINI, quali ideatori e promotori dell‟azione delittuosa (fornendo
le opportune indicazioni per il raggiungimento dell‟illecito fine) e gli altri quali esecutori
materiali, mediante minaccia, consistita nel puntare pistole contro i commercianti di preziosi
CERRI SERGIO e MENEGATTO CLAUDIO, allorchè gli stessi si trovavano presso il
ristorante “Gran Maracana” di Viale Abruzzi 19, contestualmente prospettando gravi ed
ingiusti mali in caso di reazione, si impossessavano di oggetti preziosi e di denaro nella
disponibilità dei predetti (per un valore complessivo di circa 80 milioni).
Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite ed armate ed altresì di
avere cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di ingente rilevanza.
In Milano il 17.10.1978.
179
INZAGHI MARIO
MORABITO SAVERIO
180)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I comma e III comma n. 1 (duplice ipotesi) C.P. perché
agendo tra di loro al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza e minaccia
consiste nell‟affiancare, a bordo di auto, la vettura Panda condotta da RETTORI LIDIA e
quindi, costretta la predetta a fermarsi, nel puntarle contro una pistola contestualmente
prospettandole gravi ed ingiusti mali, così agendo si impossessavano della somma contante di
lire 10.274.000 e di assegni bancari per complessive lire 10.900.000 che la RETTORI deteneva
nella sua qualità di amministrare della SOVECAR (concessionaria IVECO).
Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite ed armate.
In Pero il 10.01.1983.
181)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 Legge 14.10.1974, n. 497
perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola di marca e calibro non potuti accertare e,
comunque, arma comune da sparo.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14
Legge 497/74) ed altresì al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede.
In Milano e Pero sino al 10.1.1983 da epoca antecedente e prossima la predetta data.
180
MUSCIO MARIO
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
INZAGHI MARIO
TRIMBOLI FRANCESCO
SCOLLO AGOSTINO
MORABITO SAVERIO
182)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1(triplice ipotesi), 61 n. 7 C.P. perché,
agendo in concorso tra di loro e con altre persone in corso di identificazione con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, ed allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, dopo
essersi introdotti nel deposito di pelli pregiate della ditta “V.D.O.” sito in Milano, via Valsoda
5/7, taluni di loro anche usando false divise della Guardia di Finanza, mediante minaccia
consistita, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti, anche
puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso di
loro reazione così agendo si impossessavano di merce per un valore complessivo stimato in
circa 170 milioni che sottraevano dal predetto deposito, azione nel cui contesto, in particolare il
MUSCIO ebbe ad operare quale cd. “basista” promuovendo il progetto criminoso, fornendo le
indicazioni utili per il positivo conseguimento del profitto e garantendo il successivo smercio dei
prodotti in pelle asportati e gli altri procedendo materialmente all‟asportazione dei modi di cui
sopra.
Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite, armate e travisate e
dell‟avere cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di rilevante gravità.
In Milano il 14.5.1982.
181
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
INZAGHI MARIO
TRIMBOLI FRANCESCO
SCOLLO AGATINO
MORABITO SAVERIO
183)
del reato p. e p. dagli artt. 110 81 cpv, 61 n. 2 C.P., 10. 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497
perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
detenevano e portavano in luogo pubblico armi da guerra e comuni da sparo tra le quali, in
particolare, pistole e fucili in numero imprecisato e di marca e calibro non potuti accertare.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14
Legge 497/74) ed eseguire il reato di cui al capo che precede.
In Milano il 14.5.1982
182
INZAGHI MARIO
MORABITO MARIO
184)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 629 I e II comma, in rif. all‟art. 628 III comma n. 1
C.P.perchè agendo in concorso tra di loro e AMANDINI MICHELE, PERROTTA VITTORIO,
MANCUSO SALVATORE (deceduto), con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante minaccia consistita nel
prospettare gravi ed ingiusti mali a GASAPINI GIORGIO ed anche approfittando del suo stato
di confusione psichica determinato dal numero delle persone che contestualmente agirono,
costringevano così il GASAPINI a rilasciare loro cheques bancari per un controvalore di circa
70/80 milioni di lire.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite.
In Milano il 21.5.1981.
185)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 61 n. 2, 605 C.P. perché, agendo concorso tra di loro
e con le persone di cui al capo che precede, con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, ed in particolare allo scopo
di assicurarsi il positivo incasso degli chèque che si erano fatti consegnare dal GASAPINI
GIORGIO ed a titolo di “garanzia” di tale operazione, privano della libertà personale il
predetto, subito dopo la consegna forzata degli chèque, costringendolo a soggiornare presso
l‟Hotel “Cavalieri” di Milano e sotto la loro vigilanza, i giorni 21 e 22.5.1981.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone ed al fine di conseguire
il profittò del reato che precede.
In Milano il 21 e 22.5.1981.
183
CARBONE PASQUALE
186)
del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma, della Legge 22.12.1975 n. 685 (modif. art. 73, I
comma, D.P.R. 9.10.1990 n. 309) per avere illecitamente detenuto e, quindi, venduto, offerto o
comunque ceduto a DE BENEDETTO MONTANO, un quantitativo di cocaina pari a circa 200
grammi, quantitativo da considerarsi di non lieve entità.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatto commesso in Buccinasco in epoca non meglio precisata e, comunque, nel corso del 1989.
187)
del rato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110 C.P., 73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309 perché,
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva
da DI BENEDETTO MONTANO (a cui carico si procede separatamente) un quantitativo di
eroina pari a circa 100 grammi (agendo, in questa circostanza, in concorso con persona non
potuta identificare), nonchè, in questa circostanza, in concorso con persona non potuta
identificare), nonchè, in autonome occasioni, altro quantitativo di eroina pari sempre a gr. 100 e
quantitativo di cocaina pari a gr. 50, quantitativi da considerarsi ciascuno non di lieve entità.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto
D.P.R..
Fatti commessi in Buccinasco, Rozzano, Lachiarella e zone limitrofe in epoca successiva al
maggio-giugno del 1993 ed antecedente e prossima all‟ottobre dello stesso anno.
184
DUCHINI DINO
188) del reato p. e p. dall‟art. 73, I comma, D.P.R. del 9.10.1990 nr. 309 perché, illecitamente
deteneva, presso un box nella propria disponibilità, un quantitativo di cocaina del peso di grammi 700
circa e come tale, quindi, da ritenersi di non lieve entità.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tabella I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
In Milano o zone limitrofe, sino al 23.5.1991.
185
MUFATO ANGELO
189)
del reato p. e p. degli artt. C.P., I comma del D.P.R. n. 9.10.1990 n. 309, perché, agendo in
concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, di comune concerto e con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico il
quantitativo di cocaina di cui già al capo che precede (pari, quindi, a grammi 700 circa),
quantitativo che prelevano dal box del DUCHINI per trasportarlo in altro luogo, non meglio
precisato, ed ivi custodirlo.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
In Milano o zone limitrofe, in epoca successiva e prossima al 23.5.1991.
186
MUSCIO MARIO
MORABITO SAVERIO
SAFFIOTI VINCENZO
INZAGHI MARIO
190)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n.1 (duplice ipotesi) C.P. 61 n. 7 C.P.
perché, agendo in concorso tra di loro e con MORABITO ASSUNTO LUIGI, MANCUSO
SALVATORE (deceduto) con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti ed allo
scopo di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotti nell‟esercizio commerciale “BAR
TABACCHI” sito in Via Manin nr. 23, Milano, e gestito da COLOMBO GUIDO, mediante
minaccia consistita, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti,
anche puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso
di loro reazione così agendo si impossessavano di denaro, valori bollati ed accendini per un
complessivo valore di circa lire 110 milioni che sottraevano dalla casa e dalle vetrinette del citato
esercizio, azione nel cui contesto, in particolare, il MUSCIO operava quale cd. “basista”
proponendo, in particolare, il progetto criminoso e fornendo tutte le indicazioni utili ai fini della
sua esecuzione nonchè garantendo il suo apporto per la conversione in denaro dei valori bollati e
gli altri, di fatto, portando a compimento ed effetto il progetto stesso.
Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite e armate e dell‟avere
cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di rilevante gravità.
In Milano il 14.10.1982.
187
MORABITO SAVERIO
SAFFIOTI VINCENZO
INZAGHI MARIO
191)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 nr.
497 perché, agendo in concorso tra di loro e con MORABITO ASSUNTO LUIGI, MANCUSO
SALVATORE (deceduto) con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano e
portavano in luogo pubblico armi comuni da sparo tra le quali, in particolare, pistole di marca e
calibro non potuti accertare, con relativo munizionamento.
Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14
Legge 497/74) ed altresì al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede.
In Milano sino al 14.10.1982, da epoca antecedente e prossima.
188
MORABITO SAVERIO
INZAGHI MARIO
MUFATO ANGELO
192)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1, (triplice ipotesi) C.P. perché, agendo
in concorso tra di loro e con MANCUSO SALVATORE (deceduto) e MORABITO
ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti ed allo scopo di
procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotti nel laboratorio orafo nr. 84, gestito da
ANTILOPE RINO, alcuni di loro indossando false divise da Carabinieri, mediante minaccia e
violenza consistite, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti,
anche puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso
di loro reazione così agendo si impossessavano di denaro ed oggetti preziosi per un ammontare
complessivo allo stato non meglio accertato, nonchè di un revolver che sottraevano dal predetto
esercizio commerciale in danno di ANTILOPE RINO, azione nel cui contesto, in particolare,
l‟azione delittuosa e fornendo indicazioni utili alla sua esecuzione, e gli altri materialmente
provvedendo all fase esecutiva.
Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite armate e
travisate.
In Mede Lomellina il 15.12.1982.
189
MORABITO SAVERIO
INZAGHI SAVERIO
193)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 nr.
497 perché, agendo in concorso tra di loro e con MANCUSO SALVATORE (deceduto) e
MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano in luogo
pubblico pubblico armi comuni da sparo tra le quali, in particolare, pistole in numero, marca e
calibro non potuti accertare, ivi compresa l‟arma sottratta ad ANTILOPE RINO (v. capo che
precede) con relativo munizionamento.
Con le aggravanti e Mede Lomellina, da epoca antecedente e prossima al 15.12.1982 sino alla
predetta data.
194)
OMISSIS
190
MALLAMACE ANTONIO
CAMMARERI DOMENICO
195)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73 I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309
perché, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque,
convergenti, illecitamente detenevano, trasportavano e quindi vendevano o cedevano a
MORABITO ASSUNTO LUIGI e CARUSO ROBERTO un quantitativo di cocaina del peso
di Kg. 5 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi ingente.
In Milano o zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca antecedente e
prossima al maggio del 1992.
191
CARUSO ROBERTO
196)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309
perché agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da MALLAMACE
ANTONIO e CAMMARERI DOMENICO un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 5 circa
che, quindi, detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi, tra i quali PORRO
CARLO.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi ingente.
In Milano o zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca antecedente e prossima al
maggio del 1992.
192
PORRO CARLO
197)
del reato p. e p. dall‟art., I comma, del D.P.R. 9.10.1990 n. 309 per avere illecitamente
acquistato o, comunque, ricevuto da MORABITO ASSUNTO LUIGI e CARUSO ROBERTO
un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 1 circa che, quindi, deteneva, trasportava, vendeva o
cedeva a persona non potuta identificare.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R..
In Milano, zone limitrofe e Legnano, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca successiva e
prossima al maggio del 1992.
198)
OMISSIS
193
MAIOCCHI ROBERTO
199)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 73 I e VI comma, 80, II comma, del D.P.R.
9.10.90 n. 309 (già artt. 71, I comma, 74, I comma n. 2 e II comma della Legge 22.12.1975 n.
685) perché agendo in concorso con altre persone non ancora potute identificare di comune
concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e quindi vendeva o cedeva a
MORABITO ASUNTO LUIGI e a CARUSO ROBERTO in tre occasioni quantitativi di
cocaina del peso di Kg. 1 la volta, per complessivi Kg. 3 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 14 e 12 del predetto
D.P.R. e della Legge sopra indicati.
Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della
condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente.
In Milano e zone limitrofe in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992.
194
CARUSO ROBERTO
200)
del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 73, I comma, 80 II comma, del D.P.R.
9.10.1990 n. 309 (già artt. 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.1975 n. 685) perché,
agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
illecitamente acquistavano o ricevevano da MAIOCCHI ROBERTO, in due occasioni,
quantitativi di cocaina del peso del Kg. 1 circa cadauno ed il MORABITO, altresì, in autonoma
occasione, altro quantitativo del peso sempre di Kg. 1, che quindi detenevano, trasportavano,
vendevano o cedevano a terzi.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 14 e 12 del D.P.R. e
della Legge sopra indicati.
Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti.
In Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992.
195
LO COCO GIUSEPPE
201)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 nr. 309 (già 71, I
comma, della Legge 22.12.75 n. 685) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI e quindi
deteneva, vendeva, offriva o cedeva a terzi un quantitativo di cocaina del peso di gr. 20/30 e tale,
comunque, da doversi considerare di non lieve entità.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R. e
12 della Legge sopra indicata.
In Milano in epoca compresa tra il 1898 ed il 1992.
202)
OMISSIS
196
PELLIZZERI BIAGIO
203)
del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I e VI comma, 80, II comma, del D.P.B. 9.10.90 n.
309 perché, agendo in concorso con CAMPIONE GIOVANNI (deceduto) e con SERGI
FRANCESCO (a cui carico, per questo episodio, si procede separatamente), con apporti causali
anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistava o riceveva da MORABITO
ASSUNTO LUIGI e, quindi, deteneva al fine di farne commercio, un quantitativo di eroina del
peso di Kg. 1 circa.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.
Con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente.
In Corsico, Buccinasco o zone limitrofe in epoca antecedente e prossima all‟aprile del 1992.
204)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 (già 71, I
comma, della Legge 22.12.75 n. 685) perché, illecitamente e con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI
quantitativi di cocaina varianti, di volta in volta, dai 50 ai 100 grammi, per una quantità di
forniture non precisabile, che quindi deteneva, vendeva, distribuiva o cedeva a terzi ed altresì per
avere egli stesso venduto o ceduto a MORABITO ASSUNTO LUIGI un quantitativo di
cocaina del peso di gr. 30 circa.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 e 12 del D.P.R. e
Legge sopra indicati.
In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992.
197
ALFONSI MARCO
205)
del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 73, I comma, 74 II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309
perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o
riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI e PAOLUCCI ANTONIO in due occasioni (il
PAOLUCCI partecipe ai fatti una sola volta) quantitativi di eroina del peso di Kg. 1 la volta che
quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza da considerarsi
ingenti.
In Milano ed Ascoli Piceno in epoca successiva e prossima al 23.5.1991.
198
PAOLUCCI ANTONIO
206)
del reato p e p. dagli artt. 110, 81 cpv. (riferito al solo MORABITO) c.p., 73, I comma, 74 II
comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO
LUIGI, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti,
illecitamente detenevano e quindi trasportavano da Milano ad Ascoli Piceno e quindi
consegnavano ad ALFONSI MARCO in vendita un quantitativo di eroina del peso di Kg. 1 circa
ed il MORABITO, altresì, e con più azioni ad Ascoli Piceno, e quindi venduto o ceduto ad
ALFONSI MARCO altro quantitativo di eroina sempre del peso di Kg. 1 circa.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.
Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da
considerarsi ingenti.
In Milano ed Ascoli Piceno, in epoca successiva e prossima al 23.5.1991.
207)
OMISSIS
199
PAPALIA ANTONIO
MUSITANO ANTONIO
PAPALIA ROCCO
208)
del reato p. e p. 110, 81 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 e II comma della Legge
22.12.1975 n. 685 perché, in concorso con PIRRONE MAURIZIO, CALLIPARI GIUSEPPE,
CAVALIERE DOMENICO (detto PIRRONE MAURIZIO, CALLIPARI GIUSEPPE,
CAVALIERE DOMENICO (detto “MIMMO il COLOMBIANO”) e RISUENNO SORIA
FERNANDO (nei confronti dei quali “MIMMO il COLOMBIANO”) con più azioni esecutive
del medesimo disegno criminoso, illecitamente importavano in Italia dalla Colombia attraverso
la Spagna (passando per un valico di frontiera non identificato) e quindi detenevano 200 Kg. di
cocaina (sostanza stupefacente di cui alla tab. i prevista dall‟art. 12 della legge citata), in
particolare:
il CAVALIERE proponeva l‟affare al CALLAIPARI e si offriva quale tramite dell‟operazione
con il gruppo colombiano di PABLO ESCOBAR;
il CALLIPARI estendeva il proposito di PABLO ESCOBAR;
il PIRRONE proponeva la collaborazione di ANTONIO MUSITANO e della famiglia
PAPALIA o organizzava con il CALLIPARI le modalità del trasporto e dell‟introduzione in
Italia dello stupefacente;
il RISUENO SORIA, in concorso con altri cittadini di nazionalità spagnola, trasportava,
occultato nel serbatoio della sua autovettura, ed introduceva in Italia dalla Spagna lo
stupefacente di cui sopra, che veniva depositato all‟interno di un box del CALLIPARI in
Buccinasco;
i PAPALIA e il MUSITANO ricevevano lo stupefacente introdotto nel territorio italiano, lo
deteneva presso locali di propria pertinenza e lo cedevano successivamente a terzi non
identificati e, in parte, agli stessi PIRRONE, CALLIPARI e “MIMMO”,
con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto in più di tre persone e dell‟ingente quantitativo.
In Buccinasco, nella seconda metà del 1989.
200
CIAMPA ANTONIO
209)
del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma Legge 685/1975 (quanto ai fatti
commessi fino all‟entrata in vigore del D.P.R. 309/90) e 73, I comma D.P.R. 309/90 perché, in
concorso con AMBROSIO CARMINE -stralciato -, con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso, acquistavano e cedevano diversi quantitativi di cocaina (entrambe sostanze
stupefacenti di cui alle tabelle I previste rispettivamente dagli artt. 12 L. 685/75 e 14 D.P.R.
309/90), avendo come base il bar di Via della Resistenza, ang. Via F.lli Di Dio a Corsico, e
procurandosi lo stupefacente dalla famiglia PAPALIA.
In Corsico, almeno dal 1988 fino al 1993.
201
MUSITANO ANTONIO
PARISI DOMENICO
VIOLI ANTONIO
210) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; I comma, 74, I comma n.2, L. 685/75
perchè, in concorso tra loro (il MUSITANO quale promotore ed organizzatore e gli altri due quali
esecutori materiali), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente
detenevano e vendevano vari quantitativi di “cocaina” (sostanza stupefacente di cui alla tab. I della
Legge citata) nell‟ordine di circa un kg. al mese, al solo PIRRONE MAURIZIO fino a tutto il
1989, al PIRRONE e al FRAGALA‟ nel corso del 1990, con maggiore frequenza, avendo come
base del loro “traffico” il bar di Via Salma in Corsico, in particolare il MUSITANO ANTONIO
con l‟aggravante della qualità di promotore ed organizzatore dell‟attività delittuosa, ex art. 112 n.
2 C.P.
In Corsico, dalla fine del 1989 al 1990.
MUSITANO ANTONIO
PARISI DOMENICO
VIOLI ANTONIO
211) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; I e IV comma del D.P.R. 309/90 perchè, in
concorso tra loro (il MUSITANO quale promotore ed organizzatore e gli altri due quali esecutori
materiali), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente detenevano e
cedevano vari quantitativi di “cocaina” (sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall‟art.14
del D.P.R. citato) nell‟ordine di circa un kg. alla settimana, a PIRRONE MAURIZIO e a
MUSITANO ROSARIO, avendo come base del loro “traffico” il bar di Via Salma in Corsico; in
particolare il MUSITANO ANTONIO con l‟aggravante della qualità di promotore ed
organizzatore dell‟attività delittuosa, ex art. 112 n. 2 C.P.
In Corsico, dall‟inizio del 1991 a maggio 1992.
202
AMANTE GIOVANNI
AMANTE PIETRO
212) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; IV comma L. 685/75 perchè, in concorso tra
di loro e NIZZOLA FRANCESCO - stralciato -, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, illegalmente acquistavano e quindi detenevano in box di Buccinasco nella disponibilità
del NIZZOLA, a fini di ulteriore spaccio, vari quantitativi di hashish (sostanza stupefacente di cui
alla tabella II prevista dall‟art.12 della Legge citata), nell‟ordine di 10-20 kg. per volta, forniti loro
da PIRRONE MAURIZIO; con l‟aggravante di cui all‟art.74 comma II della Legge citata,
avendo commesso i fatti in relazione a quantitativi ingenti di stupefacente e con quella dell‟avere
commesso il fatto in tre persone, ex art.74, I comma n.2 Legge citata.
In località sempre diverse collocabili tra Milano, Buccinasco e i comuni limitrofi, negli anni
1987/88.
213) OMISSIS
203
CARBONE PASQUALE
214) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. e 71 I comma, della Legge 685/75, perchè con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente acquistava e deteneva, a fini di
spaccio, vari quantitativi di cocaina ed eroina (entrambe sostanze stupefacenti di cui alla tabella I
prevista dall‟art.12 della Legge citata) nell‟ordine di circa un chilogrammo per volta, fornitigli da
MUSTANO ANTONIO, detto TOTO‟ BRUSCA.
In Corsico, almeno negli anni 1988/1990.
215) OMISSIS.
204
MUSITANO ANTONIO
216) del delitto p. e p. dall‟art. 73, I comma D.P.R. n. 309/90, perchè illegalmente cedeva a
CLIVIO ANTONIO e a MORABITO ASSUNTO LUIGI mezzo chilogrammo di eroina
(sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall‟art. 14 del citato D.P.R.), a fini di spaccio,
dietro il corrispettivo di un orologio Rolex modello “DAYTONA”.
In Milano, estate 1991.
205
PAPALIA ANTONIO
MUSITANO ANTONIO
217) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 10 e 12 Legge 14.10.1974 n.497 e 648 C.P.
perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro,
acquistavano da LUCIANO FRANCESCHETTI (successivamente deceduto), per procurarsi un
profitto, almeno due fucili mitragliatori KALASCHNICOV ed un fucile lanciagranate, armi da
guerra incommerciabili e, come tali, sicuramente di provenienza delittuosa; armi che, poi,
illegalmente, detenevano e portavano in luogo pubblico.
In Milano, Buccinasco e zone limitrofe attorno alla fine del 1989.
218) OMISSIS
206
VIOLI PASQUALE
219) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. e 73 I comma D.P.R. n. 309/90, perchè, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente acquistava e deteneva, ai fini dello
spaccio, vari quantitativi di cocaina nell‟ordine di alcuni etti per volta e di hashish nell‟ordine di
5/6 kg. per volta (entrambe sostanze stupefacenti di cui alla tabella I e II prevista dall‟art. 14 del
citato D.P.R.) fornitogli da PIRRONE MAURIZIO.
In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra la fine del 1989 e la fine del 1991.
(Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96).
207
PAPALIA ANTONIO
220) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71e 74 I comma n.2 e II comma L. 685/75
perchè, in concorso con persone sconosciute (appartenenti alla sua organizzazione), con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente deteneva e cedeva a CAPONERA
STEFANO (o alle persone da costui indicate) quantitativi ingenti di eroina (sostanza stupefacente
di cui alla tabella I prevista dall‟art.12 L. 685/75), dell‟ordine di 4/5 kg. per volta, con periodicità
mensile; con l‟aggravante di far parte di un‟associazione per delinquere.
In Milano, San Donato Milanese e zone limitrofe dal 1988 alla fine del 1989.
221) OMISSIS.
208
PIZZATA GIOVANNI
222) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui
al capo n.50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina dell‟ordine dei 100/200 grammi la volta,
in modo abituale e non puntualmente specificabile che quindi deteneva, vendeva, offriva o
comunque cedeva a terzi.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab.I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Milano, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino
ad epoca antecedente e prossima al novembre del 1988.
223) OMISSIS
224) OMISSIS
209
MUSCIO MARIO
225) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685,
perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva da
CIULLA SALVATORE, CIULLA ANTONINO e GIANNONE ANDREA (gli ultimi due
deceduti ed il primo separatamente), quantitativi di cocaina varianti da iniziali 10/20 grammi sino
a quantitativi di circa un kg. la volta, circa, che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o
cedeva a terzi.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art.12 della predetta legge.
In Milano, Trezzano sul Naviglio e zone limitrofe, da epoca prossima al 1978/79 sino al marzoaprile del 1982.
210
TRIMBOLI FRANCESCO
226) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 648, 61 n.2 e 61 n. 6 C.P. perchè, al fine di procurarsi un
profitto, ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo che segue, acquistava o riceveva, pur
conoscendone la provenienza delittuosa, i moduli per carta di identità (n.07463980) e per patente
di guida (cat. “B” n. MI - 4831615P) compendio del reato di falso (ex art. 477 C.P.) consumato da
ignoti.
Con l‟aggravante ulteriore dell‟avere commesso il fatto durante il periodi di tempo in cui si era
volontariamente sottratto all‟esecuzione dell‟ordinanza di custodia cautelare in carcere n.443/93
2707/93 emessa dal G.I.P. di Milano in data 2.10.1993.
Acc. in Milano il 26.01.1994. Fatti commessi in epoca antecedente e prossima.
227 del reato p. e p. dagli artt. 81 477/482, 61 n.6 C.P. per aver falsificato, o fatto falsificare, i
documenti di identità di cui al capo che precede in particolare apponendo sugli stessi proprie
fotografie e facendoli figurare intestati a BENUSSI ALBERTO, nato a Milano il 9.10.1961.
Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto nel periodo di tempo durante il quale si era
volontariamente sottratto alla esecuzione del provvedimento restrittivo di cui al capo che precede.
Acc. in Milano il 26.01.1994.
211
MUSICO‟ ANTONINO
228 del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73 I° co. del DPR. 9/10/90 n.309, perchè con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da PERROTTA
VITTORIO (che a sua volta effettuava i ritiri da esponenti dei gruppi SERGI e PAPALIA)
quantitativi di eroina, in almeno tre occasioni per complessivi kg. 2 circa.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I^ prevista dall‟art. 12 del predetto DPR.
In Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, nel corso del 1991.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96).
212
BONANNO LUIGI
229 del reato p. e p. degli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I° co., della L.22/12/75 n.685 (modif. art. 73,
I° co., del DPR. 309/90), perchè, agendo in concorso con RIBAUDO CARLO (deceduto), con
apporti causale anche distinti e comunque convergenti con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceva da esponenti del cd. Gruppo CIULLA (v.
CIULLA SALVATORE, CIULLA ANTONINO, GIANNONE ANDREA ed altri) quantitativi di
cocaina pari a kg. 0,500 la volta in ambito di forniture periodiche e per lo meno mensili, che
quindi deteneva, vendeva, offriva o comunque cedeva a terzi.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
In Trezzano sul Naviglio, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1978
ed il 1980.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96).
213
TRIMBOLI DOMENICO (cl. ‟59)
230 del reato p. e p. dall‟art. 73, I e IV co., del DPR 9/10/90 n.309 per avere illecitamente detenuto
e quindi venduto o comunque ceduto a ROMEO BRUNO (nei confronti del quale si procede
separatamente) un quantitativo di marijuana pari a kg.10.
Marijuana: sostanza stupefacente, classificata nella tab. II prevista dall‟art. 14 del predetto DPR.
In Platì (RC) nel febbraio del 1993 o, comunque, nei primi mesi del predetto anno.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale 24/9/96).
214
MEDICI EMANUELE
LO PRETE NICOLA
231) del reato p. e p. dagli artt. 110 cpv C.P. 71 I° co., della L. 22/12/75 n.685 perchè agendo in
concorso tra loro, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti e con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano e, quindi, vendevano
offrivano o comunque cedevano a FUSCALDO GIUSEPPE (nei confronti del quale si procede
separatamente) quantitativi di eroina pari a kg. 0,500 la volta per circa 8 o 9 volte.
Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I^ prevista dall‟art.12 della predetta Legge.
In Vedano al Lambro e zone limitrofe fino al 1988 ed a epoca antecedente e prossima il predetto
anno.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96).
215
SAFFITTO VINCENZO
22)
del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., C.P., 73 I° co. e 80, II co., del D.P.R. 9/10/90 n.309 perchè
con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e, quindi
vendeva o comunque cedeva a SACRIPANTI LUIGI, con la intermediazione di CALABRESE
FRANCESCO (nei confronti del quale si è proceduto separatamente) i seguenti quantitativi di
sostanze stupefacenti: kg. 0,500 di cocaina, kg.3 di eroina e kg. 0,500 di eroina.
Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto
DPR.
Con l‟aggravante della riferibili della condotta anche a quantitativo di sostanza stupefacente da
considerarsi ingente (rif. fornitura di kg.3 di eroina).
Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, da epoca prossima al giugno-luglio 1993 sino al
gennaio del 1994.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96).
216
PAOLUCCI ANTONIO
233 del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73 I° co. del D.P.R. 9/10/90 n.309, perchè agendo in
concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, illecitamente deteneva, trasportava e quindi
vendeva o comunque cedeva a terzi un quantitativo di cocaina pari a gr.700 circa (rif. imputazione
sub. nn. 188 e 189).
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art.14 del predetto DPR.
In Milano o zone limitrofe, in epoca successiva e prossima al 23/5/1991.
(Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96).
217
Decreto che dispone il giudizio G.I.P. di Milano del 16/11/94
MAIOCCHI ROBERTO
234 ex A) per il reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 73, I e VI co., 80 II co. del D.P.R. 9/10/90
n.309 perchè, agendo in concorso con CUSCUNA‟ SALVATORE (nei cui confronti si procede
separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, con apporti causali anche distinti e,
comunque, convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
illecitamente deteneva e quindi vendeva, offriva o, comunque, cedeva a SAPIENZA ANDREA
AGATINO (nei cui confronti si procede separatamente), in circa trenta occasioni, quantitativi di
cocaina di volta in volta varianti da 1 a 2 kg. per ciascuna fornitura ed altresì per avere acquistato
o ricevuto, dallo stesso SAPIENZA ANDREA AGATINO, in almeno due occasioni, quantitativi
di cocaina del peso di circa un kg. la volta.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab.I prevista dall‟art.14 del predetto DPR.
Con le aggravanti di aver commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della
riferibilità degli stessi a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi, allo stato, anche
ingenti.
Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1990 ed epoca prossima al
maggio 1993.
SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA
235 ex B) in ordine al reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 71, I° co., della Legge 22/12/75
n.685 perchè agendo in concorso con persona rimasta sconosciuta con apporti causali anche
distinti e, comunque, convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
illecitamente deteneva e quindi vendeva, offriva o comunque cedeva a FRISINA ANTONIO (nei
confronti del quale, per gli episodi in questione, si procede separatamente) quantitativi di cocaina
del peso di circa gr.50 la volta, in almeno quattro occasioni.
Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge.
Fatti commessi in Milano, Trezzano S/N, Cesano Boscone e zone limitrofe in epoca compresa tra
il 1987 ed il 1988.
218
Decreto che dispone giudizio G.I.P. di Torino del 21/4/94
PAPALIA ANTONIO - PIERRE FRANCESCO
236) ex C) del reato di cui all‟art.110 C.P., 61 n.2 C.P.73 DPR. 9/10/90 n.309 perchè in concorso tra
loro illegalmente detenevano mezzo kg. di eroina che PIERRE FRANCESCO cedeva
materialmente a NUCERA FRANCESCO; con l‟aggravante di aver commesso il fatto per
assicurare ad altri il profitto del reato di cui ai capi A) e B).
In Corsico nell‟ottobre 1991 o in epoca immediatamente successiva;
PAPALIA ANTONIO, inoltre:
237 ex D) del delitto di cui all‟art.73 DPR. 9/10/90 n.309, 61n.2 C.P. perchè illecitamente deteneva
circa 500 gr. di eroina che cedeva materialmente a RUSSO ROSARIO e NUCERA
FRANCESCO, essendo il destinatario GIOFFRE‟ GIUSEPPE.
Con l‟aggravante di aver commesso il fatto per assicurare al GIOFFRE‟ GIUSEPPE il profitto del
reato di cui all‟art. 74 DRP 309/90
Commesso in Domodossola da epoca imprecisata fino ad oggi.
Con la recidiva ex art. 99 C.P. per entrambi.
219
RECIDIVA REITERATA, SPECIFICA ED INFRAQUINQUENNALE
nei confronti di:
FONTANA VINCENZO
MASSIMILIANO
QUARTUCCIO LUIGI
FRANCHETTI ALESSANDRO
ALFONSI ALESSANDRO
RECIDIVA REITERATA E SPECIFICA
nei confronti di:
AMANTE ANTONINO
AMANTE GIOVANNI
AMANTE PIETRO
BARBAGALLO SALVATORE
BARBARO GIUSEPPE (cl.56)
BARBARO DOMENICO
BONANNO LUIGI
CARUSO ROBERTO
CATANZARITI AGOSTINO
CELINI VINCENZO
CIAMPA ANTONIO
D‟ANGELO ANIELLO
ESPOSITO GIUSEPPE
220
GIRGENTI GASPARE
INZAGHI MARIO
LOMBARDO GIULIO ANTONINO
MAIOCCHI ROBERTO
MAIOLO PASQUALE
MIRABELLA GIUSEPPE
MOLLUSO FRANCESCO
MUFATO ANGELO
MUSCIO MARIO
NIRTA ANTONIO
PAPALIA ROCCO
PAPALIA DOMENICO
PEDRANI ROBERTO
PETRACHI LEONARDO
PISANO SAVERIO ROSARIO
SCOLLO AGATINO
SERGI FRANCESCO (cl.56)
STRANGIO FILIPPO
TOMASELLO SANTO
TRIMBOLI FRANCESCO
VIRGILLITO GAETANO
RECIDIVA REITERATA E INFRAQUINQUENNALE
221
nei confronti di:
FERRARO ANTONIO
PUGLISI CARMELO
RECIDIVA REITERATA
nei confronti di:
AQUINO SALVATORE
ATZENI GIAMPIERO
BARBARO GIUSEPPE (cl.59)
BARBARO GIUSEPPE (cl.48)
CARBONE PASQUALE
CORNIGLIA FEDERICO
FERRERO WALTER
LA ROSA GAETANO
LENA GIULIO
LOPRETE NICOLA
MAMMOLITI SEBASTIANO
MOSCARDI GIANFRANCO
MUSICO‟ ANTONINO
MUZZUPAPPA GIUSEPPE
PANAIA ANTONIO
PARISI ANTONIO
PERRE FRANCESCO
222
PIZZATA GIOVANNI
RECHICHI DIEGO
ROMEO FRANCESCO
SALERNO DOMENICO
SALESI GIOVANNI
SCHIATTARELLA VINCENZO
SERGI PAOLO
SGAMBELLONE MARIO
TRIMBOLI VINCENZO
TROPIANO VINCENZO
TROPIANO FRANCESCO
VITALE ANTONINO
ZINGHINI‟ DOMENICO
RUBINO CIRO
BIFFI SIRO FRANCESCO
DUCHINI DINO
LO COCO GIUSEPPE
MALLAMACE ANTONIO
RECIDIVA SEMPLICE E SPECIFICA
nei confronti di:
GRILLO MICHELE
VIOLI PASQUALE
ZACCO ANTONINO
223
RECIDIVA SEMPLICE
nei confronti di:
CALABRO‟ FRANCESCO
CERULLO PIETRO
COLUCCIO GIUSEPPE
GRASSO DOMENICO
MARINO SALVATORE
NUCARA ALESSANDRO
PETRACHI ALESSANDRO
SAFFIOTI VINCENZO
STRANGIO FRANCESCO
TRIMBOLI DOMENICO
MAZZU SAVERIO
AGRESTA ANTONIO
CAMMARERI DOMENICO
224
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
n.443/93.21
1)
Richieste finali del P.M.
Foglio seguito N.1
Ud. 9/1/97
AGIL FUAT
capi 64 e 64
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 di recl. e L.350 milioni di multa
2)
AGOSTINO ROCCO GIUSEPPE
capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa
3)
AGRESTA ANTONIO
capo 8
pena: anni 27 recl.
capi 53. 54 e 70
unif. art.81/2 C.P.
pena: anni 16 recl. e L.200 milioni di multa
pena finale ex art.78 C.P.: anni 30 recl. e L.200 milioni multa
4)
ALFONSI MARCO
capo 205 previa correzione della aggravante contestata ex art. 74. II c. DPR 209/90
aggravante ex art. 80, II c. stesso DPR
pena: anni 11 recl. e L.150 milioni di multa
nella
225
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
5)
Foglio seguito N.2
AMANTE ANTONINO
capi 2 e 5
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 26 recl. (capo 5 anni 25 + 1 per capo 2)
6)
AMANTE GIOVANNI
capi 50, 51, 52 e 212
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. L.230 milioni multa
7)
AMANTE PIETRO
capi 1, 3, 4 e 5
unif. art.81/2 C.P.
capo 4 anni 30 + anni 5 per ogni altro sequestro
di persona = anni 45
capi 50, 51, 52 e 212
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. e 230 milioni multa
pena finale ex art. 78 C.P: anni 30 recl. e L.230 milioni multa
8)
AQUINO SALVATORE
capi 59, 60 e 124/ter unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa
226
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
9)
ATZENI GIAMPIERO
capo 72
pena anni 12 recl. e L.120 milioni multa
10)
BARBAGALLO SALVATORE
capo 73
pena: anni 10 recl. e L.120 milioni multa
11)
BARBARO DOMENICO
capo 48
pena: ergastolo
capo 23
pena: anni 14 recl.
pena finale: ergastolo + isolamento diurno anni 1 e mesi 6
12)
BARBARO GIUSEPPE cl.48
capi 1 e 5
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. (25 capo 5 + 5 capo 1)
13)
BARBARO GIUSEPPE cl.59
capi 50, 51 e 69
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 20 recl. e L.230 milioni multa
Foglio seguito N.3
227
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
14)
Foglio seguito N.4
BARBARO GIUSEPPE cl.56
capi 48 e 49
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo + isolamento diurno anni 2
15)
BIFFI SIRO
attenuanti generiche equivalenti all‟aggravante contestata e alla
capo 116
recidiva
pena: anni 6 recl. e L.80 milioni multa
16)
BISSONI FRANCO
capo 75
17)
pena: anni 13 recl. e L.170 milioni multa
BOMBARA MICHELE
capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa
18)
BOMBARA NICOLINO
capi 59, 60, 124 e 124/bis
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 27 recl. e L.300 milioni multa
228
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
19)
BONANNO LUIGI
capi 55, 56 e 229
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa
20)
CALABRO‟ FRANCESCO
capo 79/bis
pena: anni 16 recl. e L. 200 milioni multa
21)
CAMMARERI DOMENICO
capo 195
pena: anni 13 recl. e L. 180 milioni multa
22)
CARBONE DOMENICO
capo 79
pena: anni 7 recl. e L. 80 milioni multa
23)
CARBONE PASQUALE
capi 104 (esclusa aggr. art. 74, I comma n.2 L. 685/75), 186, 187
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa
Foglio seguito N.5-
229
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
24)
Foglio seguito N.6
CAROLLO ANTONINO
capi 55 e 56
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 17 recl. e L. 210 milioni multa
25)
CARUSO ROBERTO
capi 196 e 200
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 15 recl. e L. 200 milioni multa
26)
CATANZARITI AGOSTINO
capi 1, 2 e 5
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 35 recl. (anni 25 capo 5 + anni 5 per ciascuno degli
altri reati)
pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl.
capo 3
27)
assoluzione ex art. 530, II comma, C.P.P.
CELINI VINCENZO
capi 80, 81 e 82
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. e L.230 milioni multa
28)
CERULLO PIETRO
capi 50, 51, 57, 58, 68 e 69 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. e L.230 milioni multa
230
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
29)
Foglio seguito N.7
CIAMPA ANTONIO
capi 83 e 209
con la precisazione, in rif. al capo 83, che i fatti devono
intendersi commessi dagli inizi del 1984 sino ad epoca prossima
24.10.84
al
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 9 recl. e L.120 milioni ulta
assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al capo 83 nella parte in cui sono stati contestati
fatti avvenuti da epoca successiva al 24.10.84 sino alla estate del 1990
30)
CODISPOTI GIOVANNI
capo 174
precisato nel senso che i fatti contestati devono intendersi
verificati “dal 1987 al 1989”
pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa
assoluzione per fatti commessi tra il 1984 ed epoca antecedente e prossima al 1987 perchè il fatto non
sussiste ed analogamente per fatti commessi in epoca successiva al 1989
31)
COLUCCIO GIUSEPPE
capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa
32)
CORNIGLIA FEDERICO
capo 5
pena: anni 27 recl.
capo 99
pena: anni 7 recl. e L. 90 milioni multa
pena
finale
ex
art.
78
C.P.:
anni
30
recl.
e
L.
90
milioni
multa
231
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
33)
Foglio seguito N.8
D‟ANGELO ANIELLO
capo 89
pena: anni 13 recl. e L.180 milioni di multa
34)
DISCEPOLO LUIS VINCENT
capo 2
35)
pena: anni 22 recl.
DUCHINI DINO
capi 176 e 188
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 13 recl. e L. 180 milioni multa
36)
ESPOSITO GIUSEPPE
capo 175
37)
pena: anni 9 recl. e L. 100 milioni multa
FERRARO ANTONIO
capo 91
pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
38)
FERRERO WALTER
capo 5
capo 94
capi 93 e 96
pena
finale
pena: anni 27 recl.
pena: anni 6 recl. e L. 80 milioni multa
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
ex
art.
78
C.P.:
anni
30
recl.
e
L.
230
milioni
multa
232
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
39)
FONTANA VINCENZO
capi 100 e 100/bis
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa
40)
FRANCHETTI ALESSANDRO
capi 144 e 171
41)
unif. art. 81/2 C.P.
attenuanti generiche prev. su recidiva
pena: anni 4 recl. e L. 20 milioni multa
GIRGENTI GASPARE
capi 55 e 56
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl. e L. 170 milioni multa
42)
GRASSO DOMENICO
capo 101
pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa
43)
GRASSO GIOVANNI
capo 101
pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa
44)
capo 1
GRILLO MICHELE
pena: anni 21 recl.
Foglio seguito N.10
233
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
45)
Foglio seguito N.11
INZAGHI MARIO
capi 1, 2, 5, 6 e 7
unif. art. 81/2 C.P.
p.b. anni 25 recl. in rif. reato sub 5 - atto.630/5 C.P. = anni 9
- att. gentile. = anni 6 + cont. = anni 9 - art. 442 C.P.P. = anni 6
pena: anni 6 recl.
per gli omicidi che seguono deve intendersi applicata la disposizione di cui all‟art.8 Legge 12.7.91 n.203
(ergastolo = pena da anni 12 ad anni 20) nonchè la concessione delle attenuanti generiche con giudizio
di prevalenza sulle contestate aggravanti e la ulteriore riduzione di un terzo ex art. 442 C.P.P.
capi 10, 11 e 12
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (12 - 8 + cont. = 9 - 442 CPP = 6)
capi 15, 16 e 17
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra).
capi 26 e 27
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
il capo 27 deve intendersi riferito al porto e alla detenzione di una sola pistola cal. 7,65 con conseguente
assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al porto e alla detenzione della seconda pistola in
contestazione
capi 50, 51, 57, 61, 69, 79, 84, 85, 98, 142, 146, 158, 180, 181, 159, 192 e 193
unif. art. 81/2 C.P.
attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti attenuanti di cui al 7° comma degli artt. 73 e
74
del
DPR
309/90
234
reati da porsi, quindi, in continuazione con la pena definitiva di cui alla sentenza emessa in data 3.4.90
dalla Corte d‟Appello di Milano pari ad anni 8 di recl. e L. 15 milioni di multa, con rideterminazione,
quindi, della pena complessiva pari ad anni 10 di reclusione e con aumento della pena pecuniaria nei
limiti minimi di legge
capi 169, 179, 182, 183, 184, 185, 190 e 191
concesse le attenuanti generiche da giudicarsi prevalenti sulle contestate aggravanti, reati estinti per
prescrizione
penale finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e pena pecuniaria determinata come sopra
235
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
46)
Foglio seguito N.12
IOFRIDA LEONE
capo 164
precisato nel senso che i fatti contestati devono intendersi
verificati “da epoca antecedente e prossima al 1988 sino ad
antecedente e prossima alla estate del 1990”
epoca
pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste per i fatti commessi da epoca prossima al 1984 sino ad epoca
antecedente è prossima al 1988
47)
LA ROSA GAETANO
capi 55 e 56
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
48)
LENA GIULIO
capo 71
pena: anni 16 recl. e L. 60 milioni multa
49)
LO COCO GIUSEPPE
capo 201
attenuanti generiche
pena: anni 6 recl. e L. 60 milioni multa
50)
LOMBARDO GIULIO ANTONINO
capi 36 e 37
unif. art.81/2 C.P.
pena: ergastolo + isolamento diurno anni 2
236
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
51)
Foglio seguito N.13
LOPEZ PATINO
capo 105
pena: anni 12 recl. e L. 160 milioni multa
52)
LO PRETE NICOLA
capi 106, 113 e 231
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 e mesi 6 recl. e L.280 milioni multa
53)
MAIOCCHI ROBERTO
capo 199 + altra imputazione contestata con autonomo decreto di rinvio a giudizio
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 16 recl. e L. 210 milioni multa
54)
MAIOLO PASQUALE
capo 107
pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa
55)
MALLAMACE ANTONIO
capo 195
pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa
56)
MAMMOLITI DOMENICO cl.68
57)
MAMMOLITI DOMENICO cl.62
58)
MAMMOLITI ROCCO
59)
MAMMOLITI SEBASTIANO
75)
NIRTA GIUSEPPE
237
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
capo 108
Foglio seguito N.14
con la precisazione che i fatti devono intendersi verificati tra la
fine del 1987 ad epoca antecedente e prossima l‟estate del 1990
pene: per MAMMOLITI DOMENICO cl.68 MAMMOLITI
DOMENICO cl.62 NIRTA GIUSEPPE e MAMMOLITI ROCCO
per ciascuno: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
per MAMMOLITI SEBASTIANO: anni 14 recl. e L.180 milioni
multa
per tutti: assoluzione perchè il fatto non sussiste in relazione ai fatti contestati al capo 108 come
avvenuti tra epoca prossima al 1984 ed epoca prossima alla fine del 1987
60)
MANCUSO GIANFRANCO
capo 109
61)
pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa
MARINO SALVATORE
capi 80, 81 e 82
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. e L. 230 milioni multa
62)
MAZZU‟ SAVERIO
capo 173
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
63)
MEDI EMANUELE
capi 113 e 231
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L. 270 milioni multa
238
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
64)
Foglio seguito N.15
MIRABELLA GIUSEPPE
capo 114
pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa
65)
MOLLUSO FRANCESCO
capi 1, 2 e 9
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 35 (25 per capo 2 + 5 anni per ciascuno degli altri due
reati)
capi 53, 54 e 112
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa
penale finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 250 milioni multa
66)
MORABITO SAVERIO
capi 1, 2, 4, 5, 6 e 7
p.b. anni 30 reato sub 4 - 2/3 ex art. 630/5 C.P. = anni 10 - attenuanti generiche prevalenti sulle
contestate aggravanti = anni 7 + anni 1 per ciascuno degli altri reati di cui sopra = anni 12 - rid. ex
art. 442 C.P.P. = anni 8
capo 8 p. b. 27 630/5 C.P. = 9 - att. gentile. = 6 - art. 442 CPP = anni 4
Per tutti gli omicidi che seguono deve intendersi applicata la disposizione di cui all‟art.8 Legge 12.7.91
n.203 (ergastolo = pena da anni 12 a 20) nonchè la concessione delle attenuanti generiche con giudizio
di prevalenza sulle contestate aggravanti e la ulteriore riduzione di un terzo art. 442 C.P.P.
239
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.16
capi 10, 11 e 12 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (12 - 8 + cont. = 9 - 442 CPP = 6)
capi 15, 16 e 17 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
capi 18, 19 e 20 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
23, 24, 25, 26 e 27 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
il capo 27 deve intendersi riferito al porto e alla detenzione di una sola pistola cal 7.65 con conseguente
assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al porto e alla detenzione della seconda pistola in
contestazione
capo 28
pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra)
capi 31, 32 e 33 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 (come sopra)
capi 34 e 35 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
capo 36
pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra)
capi 38, 39 e 40 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
capi 41, 42, 43, 44, 45 e 46 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 6 recl. (come sopra)
capo 48
pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra)
240
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.17
capi 50, 51, 57, 58, 61, 62, 63, 67, 69, 79, 84, 85, 95, 133, 142, 146, 158, 159, 160, 166, 180, 181, 192 e
193
unif. art. 81/2 C.P.
attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti attenuanti di cui al 7° comma degli artt. 73 e
74 del DPR 309/90
pena: anni 2 e mesi 4 recl. da porsi in continuazione con la condanna definitiva ad anni 12 e mesi 6 recl.
di cui alla sentenza emessa in data 28.5.1992 dalla Corte d‟Appello di Brescia.
Con rideterminazione, quindi, della pena complessiva in anni 15 di reclusione ed un aumento nel
minimo consentito della pena pecuniaria inflitta nella sentenza di cui sopra (pari a L.120 milioni di
multa).
capi 90, 169, 179, 182, 183, 184, 185, 190 e 191
concesse le attenuanti generiche da giudicarsi prevalenti sulle contestate aggravanti, reati estinti per
prescrizione
penale finale, ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e pena pecuniaria determinata come sopra
241
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
67)
Foglio seguito N.18
MOSCARDI GIANFRANCO
capi 50, 51 e 69
unif. art. 81/2 C.P.
attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante capo
51 e recidiva
pena: anni 8 recl. e L. 80 milioni multa
68)
MOSCARDI GIULIANO
capo 115
pena: anni 13 recl. e L. 170 milioni multa
69)
MUFATO ANGELO
capo 8
pena: anni 25 recl.
capo 66
pena: anni 2 e mesi 4 recl. e L. 2 milioni multa
capi 84, 85, 116 e 189 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl. e L. 170 milioni multa
capo 192
pena: anni 7 recl. e L. 2 milioni multa
pena finale, ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 174 milioni multa
70)
MUSCIO MARIO
capi 1 e 90
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 22 recl.
capi 117, 118, 182, 190 e 225 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 18 recl. e L. 239 milioni multa
pena
finale,
ex
art.
78
C.P.:
anni
30
recl.
e
L.
230
milioni
multa
242
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
71)
Foglio seguito N.19
MUSICO‟ ANTONINO
capi 78, 120 e 228
con la precisazione, per il capo 120, che i fatti devono intendersi
commessi in epoca compresa tra il 31.7.86 ed epoca prossima al
maggio
1988
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in relazione al capo 120 in riferimento ai fatti contestati e
compresi nel periodo di tempo tra epoca prossima al 1984 al 21.6.1985
72)
MUSITANO ANTONIO
capi 53, 54, 70, 208, 210, 211, 216 e 217 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 28 recl. e L.350 milioni multa
73)
MUZZUPAPPA GIUSEPPE
capo 121
con la precisazione che i fatti devono intendersi commessi in
epoca compresa tra il 1987 ed epoca prossima all‟8.7.1988
pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in riferimento alle condotte contestate e comprese, nel capo
121, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1987
74)
NIRTA ANTONIO
capi 1 e 2 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl.
75)
NIRTA GIUSEPPE
v. sub n.56 e segg. (MAMMOLI DOMENICO cl. 68 e altri)
243
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
76)
Foglio seguito N.20
NUCARA ALESSANDRO
capo 36
pena: ergastolo con isolamento diurno per anni 2
capo 76
con la precisazione che i fatti contestati devono intendersi
verificati da epoca successiva e prossima al 27.6.85 sino ad
antecedente e prossima alla estate del 1990
epoca
pena: anni 15 recl. e L. 180 milioni multa
penale finale ex art. 78 C.P.: ergastolo con isolamento diurno per anni 2 e L.180 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al capo 76 per gli episodi compresi tra epoca
prossima al 1984 ed epoca antecedente e prossima al 27.6.85
77)
ORIO UMBERTO
capo 166
attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti
pena: anni 1 e mesi 6 recl. e L. 5 milioni multa
79)
PAOLUCCI ANTONIO
capi 206 e 233
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa
previa correzione della erronea indicazione della aggravante ex art. 74, II comma DPR 309/90 in luogo
della aggravante ex art. 80, II comma, dello stesso DPR in riferimento al capo 206
244
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
80)
Foglio seguito N.21
PAPALIA ANTONIO
capo 34
pena: ergastolo e isolamento diurno anni 2
capo 36
pena: ergastolo e isolamento diurno anni 2
capo 179
pena: anni 7 recl. e L. 5 milioni multa
capi 50, 51, 53, 54, 69, 70, 208, 217 e 220 unif. art. 81/2 C.P. unitamente alla imputazione di cui al
procedimento riunito trasmesso dalla AG di Verbania
pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 2 e L. 405 milioni di multa
81)
PAPALIA DOMENICO
capi 1 e 2
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl.
capo 23
capo 26
pena: anni 14 recl.
pena: ergastolo con isolamento diurno anni 2 capi 53, 54 e 70
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno anni 2 e L. 400 milioni multa
82)
PAPALIA GIUSEPPE
capi 53, 54 e 70 unif. art. 81/2 C.P.
pena:
anni
13
recl.
e
L.
150
milioni
multa
245
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
83)
Foglio seguito N.22
PAPALIA ROCCO
capi 1, 2, 3, 4 e 5
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 50 recl. (anni 30 capo 4 + anni 5 per ciascun altro
reato)
capi 53, 54, 70 e 208
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.400 milioni multa
pena finale, ex art.73/2 C.P.: ergastolo, con isolamento diurno anni 1 e L. 400 milioni multa
84)
PARISI ANTONIO
capo 8
pena: anni 26 recl.
capi 50, 51, 57, 58, 69 e 160 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 23 recl. e L. 250 milioni multa
pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 250 milioni multa
85)
PARISI DOMENICO
capi 53, 54, 70, 210 e 211 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 25 recl. e L. 300 milioni multa
86)
PEDRANI ROBERTO
capi 126 e 127
unif. art. 81/2 C.P.
pena:
ani
18
recl.
e
L.
230
milioni
multa
246
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
87)
Foglio seguito N.23
PELLIZZERI BIAGIO
capi 203 e 204
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 10 recl. e L. 130 milioni multa
88)
PERRE FRANCESCO
capi 53, 54 e 70
unif. art. 81/2 C.P. unitamente alla imputazione di cui al
procedimento riunito trasmesso dalla AG di Verbania
pena: anni 18 recl. e L. 200 milioni multa
89)
PETRACHI ALESSANDRO
capo 130
90)
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
PETRACHI LEONARDO
capo 130
91)
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
PISANI SAVERIO ROSARIO
capo 167
da precisarsi nel senso che i fatti commessi devono intendersi
commessi da epoca prossima al 1989 sino all‟epoca prossima al
14.2.90
pena: anni 10 recl. e L. 120 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste per i fatti contestati come commessi nel periodo compreso tra
epoca antecedente e prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima al 1989
92)
PIZZATA GIOVANNI
capi 48 e 49
unif. art. 91/2 C.P.
pena: ergastolo con isolamento diurno anni 1
247
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
capo 222
Foglio seguito N.24
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
pena finale: ergastolo con isolamento diurno anni 1 e L. 150 milioni di multa
93)
PORRO CARLO
capo 197
attenuanti generiche
pena: anni 7 recl. e L. 100 miloni multa
94)
PUGLISI CARMELO
capo 161
da precisarsi nel senso che i fatti devono intendersi commessi da
epoca prossima alla fine del 1987 - inizi del 1988 sino ad epoca
prossima all‟1.4.1989
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento ai fatti contestati e compresi tra il 1984 ed epoca
prossima alla fine del 1987
95)
PUMA MASSIMILIANO
capo 130
96)
pena: anni 10 recl. e L. 100 milioni multa
QUARTUCCIO LUIGI
capo 131
pena: anni 11 recl. e L. 120 milioni multa
248
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
97)
Foglio seguito N.25
RECHICHI DIEGO
capi 53, 54 e 70
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 25 recl. e L. 300 milioni di multa
98)
ROMEO FRANCESCO
capo 160
pena: anni 6 recl.
99)
ROMEO GIUSEPPE
capi 59, 60, 124 e 124/bis unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 22 recl. e L. 260 milioni multa
100) RUBINO CIRO
capo 97
pena: anni 23 recl. e L. 260 milioni multa
101) SAFFIOTTI VINCENZO
capi 18, 19 e 20
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo con isolamento diurno anni 1
capi 23, 24 e 25
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl.
capi 92, 132, 133, 190, 191 e 232 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno anni 1 e multa di L. 250 milioni
capi 34 e 35: assoluzione ex art. 530, II comma, C.P.P.
249
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.26
102) SALERNO DOMENICO
capo 165
pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa
103) SALESI GIOVANNI
capi 134, 135 e 135/bis unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 26 recl. e L. 300 milioni multa
104) SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA
capo 136 + altra imputazione contestata con autonomo decreto di rinvio a giudizio
con la precisazione, in riferimento alla imputazione di cui al capo 136, che i fatti
intendersi commessi fino al 1988
devono
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 13 recl. e L. 160 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al reato di cui al capo 136 in riferimento ai fatti
contestati come avvenuti in epoca successiva al 1988.
105) SARACENO VINCENZO
capo 26
art. 8 L. 12.7.1991 n.203 + attenuanti generiche + riduzione ex art. 442 C.P.
= anni 12 ridotti ad anni 9 e quindi ad anni 6 recl.
pena finale: anni 6 recl.
250
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.27
106) SCHIATTARELLA VINCENZO
capi 55 e 56
unific. art. 81/2 C.P.
pena: anni 16 recl. e L. 180 milioni multa
197) SCOLLO AGATINO MAURIZIO
capo 13
esclusa aggravante della premeditazione
pena: anni 9 recl.
capi 138, 139, 140
con la precisazione che i fatti di cui ai capi 138 e 139 devono
intendersi commessi da epoca prossima la settembre del 1988
epoca prossima alla estate del 1990
sino ad
con la ulteriore precisazione che i fatti di cui al capo 140 devono
intendersi commessi con la esclusione del periodo compreso tra il
20.11.84 ed il
27.9.88.
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 22 recl. e L. 260 milioni multa
capi 182 e 183
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 8 recl. e L. 3 milioni multa
pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 263 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento ai capi 138 e 139 per i fatti contestati come
avvenuti da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima al settembre del 1988
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al capo 140 per i fatti contestati come avvenuti tra
il 20.11.84 ed il 27.9.88.
251
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.28
108) SERGI FRANCESCO cl.56
capi 4 e 5
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 35 recl. (30 capo 4 + 5 anni capo 5)
capo 8
pena: anni 28 recl.
capi 10, 11 e 12 unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capo 14
pena: ergastolo
capi 28, 29 e 30 unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capo 31
pena: ergastolo
capo 34
pena: ergastolo
capo 36
pena: ergastolo
capo 38
pena: ergastolo
capi 41, 44, 46 unif. art. 81 cpv. C.P.
pena: ergastolo
capo 48
pena: ergastolo
capi 50. 51, 57, 58, 59, 60. 61, 67, 69, 84, 142, 160, 166, 182 e 183
unif art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L.400 milioni di multa
capo
179
assoluzione
ex
art.
530,
II
comma,
C.P.P.
252
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.29
109) SERGI FRANCESCO cl.68
capi 38, 39 e 40
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 143 e 143/bis
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 1 e mesi 6 e L. 180 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento alla imputazione di cui al capo 157 nella parte in
cui sono contestati fatti commessi da epoca successiva al 1989 sino alla estate del 1990
253
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
111)
Foglio seguito N.30
SERGI PAOLO
capo 8
pena: anni 28 recl.
capo 10
pena: ergastolo
capo 31
pena: ergastolo
capo 34
pena: ergastolo
capo 36
pena: ergastolo
capo 38
pena: ergastolo
capi 41, 44 e 46 unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capo 48
pena: ergastolo
capi 50, 51, 57, 58, 59, 60, 61, 69 e 166 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L. 400 milioni multa
112) SERGI SAVERIO
capi 38, 39 e 40 unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 41, 42 e 43 unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 50, 51, 57, 58, 59, 60, 61 e 166 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 23 recl. e L. 250 milioni multa
i fatti di cui ai capi 40, 51, 61 e 69 devono intendersi commessi dal 4.2.86 (essendo l‟imputato
minorenne
prima
di
tale
data)
254
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.31
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 1 e mesi 8 e L. 250 milioni di multa
113) SGAMBELLONE MARIO
capo 107
pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
114) SONMEZ MUSTAFA‟
capi 64 e 65
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa
115) STRANGIO FILIPPO
capo 145
pena: anni 13 recl. e L.170 milioni multa
116) STRANGIO FRANCESCO
capo 2
pena: anni 21 recl.
117) TOMASELLO SANTO
capo 147
pena: anni 9 recl. e L.110 milioni multa
118) TRICHILO ANTONIO
capo 1
pena: anni 10 in continuazione con la pena definitiva già comminatagli
dalla AG di Milano nel processo per il sequestro di SCALARI
GIUSEPPE (v. sentenza della Corte d‟Appello di Milano dell‟11.12.81
con la quale veniva condannato alla pena di anni 16 di reclusione e
L.1.600.000 di multa) con rideterminazione della pena in complessivi
anni 26 di reclusione ed aumento di L. 1 milioni per la pena pecuniaria.
255
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
119) TRIMBOLI DOMENICO cl.61
capi 92 e 148
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 15 recl. e L.190 milioni multa
120) TRIMBOLI DOMENICO cl.59
capi 53, 54, 70 e 230
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 21 recl. e L.250 milioni multa
121) TRIMBOLI FRANCESCO
capi 5
pena: anni 27 recl.
capi 18, 19 e 20
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 21 e 22
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 14 recl.
capi 28, 29 e 30
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 31, 32 e 33
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 34 e 35
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 36 e 37
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
capi 41, 42 e 43
unif. art. 81/2 C.P.
pena: ergastolo
Foglio seguito N.32
256
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.33
capi 50, 51, 59, 60, 61, 69, 182, 183, 226 e 227 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 28 recl. e L.380 milioni multa
pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L.380 milioni di multa
122) TRIMBOLI VINCENZO
capi 150
pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
123) TROPIANO FRANCESCO
capi 151
pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa
124) VIOLI ANTONIO
capi 53, 54, 70, 210, e 211 unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 25 recl. e L.300 milioni multa
125) VIOLI PASQUALE
capi 153 e 219
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa
126) VIOLI SALVATORE
capo 123,
pena: anni 6 recl. e L.2 milioni multa
127) VIRGILLITO GAETANO
capo127
pena: anni 10 recl. e L.120 milioni multa
257
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Foglio seguito N.34
128) VITALE ANTONINO
capo 154
pena: anni 20 recl. e L.240 milioni multa
129) ZACCO ANTONINO
capo 5
pena: anni 28 recl.
capi 55, 56 e 155
unif. art. 81/2 C.P.
pena: anni 23 recl. e L.280 milioni multa
130) ZAPPIA VINCENZO
capo 156
pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa
131) ZAVETTIERI DOMENICO
capo 157
con la precisazione che i fatti devono intendersi commessi sino al
1989
pena: anni 14 recl. e L.170 milioni multa
assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento alla parte di contestazione di cui al capo 157 ove
sono contestati fatti commessi da epoca successiva al 1989 sino alla estate del 1990
258
- Richiesta, altresì, di applicazione della misura della interdizione dai pubblici uffici temporanea o
perpetua a seconda delle ipotesi previste dalla legge.
- Richiesta di confisca di tutti i beni di cui al decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. di
Milano in data 4.5.1994 n.1707/93-443/93 di cui ai voll. 176, 177 produzione P.M. ovvero, in
subordine, emissione di sequestro conservativo, sui beni de quibus, a garanzia delle spese di giustizia.
- Richiesta di riemissione di provvedimento di cattura nei confronti dei seguenti imputati e per i capi di
imputazione che si specificheranno, in considerazione della eccezionale gravità dei fatti e della ritenuta
sussistenza dei cd. “pericula libertatis” ex art.274 C.P.P. e tenuto anche conto della estrema pericolosità
sociale delle persone de quibus quale desumibile dagli altri reati già ascritti nel presente procedimento,
dai precedenti penali, dal comprovato loro inserimento in contesti criminali di primaria rilevanza e dal
certo ripristino di legami operativi, in senso malavitoso, laddove posti in libertà:
1)
PAPALIA DOMENICO rif. capi nn. 1 e 2
2)
PAPALIA ROCCO
3)
AMANTE ANTONINO rif. capo n.2
4)
SERGI GIUSEPPE rif. capo 34
5)
SERGI FRANCESCO rif. capo 44
6)
TRIMBOLI FRANCESCO rif. capi 59 e 60
7)
STRANGIO FRANCESCO rif. capo 2.
rif. capo n.1
IL
SOST.
PROCURATORE
REPUBBLICA
(Dott. ALBERTO NOBILI)
Milano 9/1/97
LETTA ALL‟UDIENZA
SOPRA INDICATA
DELLA
259
Conclusioni difensive
per AGIL FUAT
avv. D. MARTINI:
Assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub solo partecipazione, att. gen. minimo
pena.
per AGOSTINO ROCCO
avv. T. GURRADO e F. LO IACONO Assoluzione con formula piena, in sub
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in ulteriore
sub continuazione con sent.
Trib. Locri del
22.12.93.
per AGRESTA ANTONIO
avv. G. PECORELLA e A. VENETO: Per sequestro CASELLA: assoluzione per non
aver commesso il fatto, per droga: assoluzione
con formula piena.
per ALFONSI MARCO
avv. A. TROFINO:
Assoluzione quanto meno ex art. 530 2° co.
c.p.p., in sub rito abbreviato, att. gen.
per AMANTE ANTONINO
avv. C. VALNEGRI;
Assoluzione per non aver commesso il fatto o
quanto meno ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub
favoreggiamento,
abbreviato, att. gen.
minimo pena.
per AMANTE GIOVANNI
avv. M. SARNO:
Assoluzione con formula piena, in sub art. 649
c.p.p., in sub escluse aggravanti, normativa del
1990,
con sent. C.A. Cagliari del
3.2.94.
rito
continuazione
260
per AMANTE PIETRO
avv. S. ONESTI e J. PENSA:
per droga: assoluzione con formula piena, in
sub rito abbreviato; per sequestri:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per AQUINO SALVATORE
avv. G. LUPIS:
assoluzione con formula piena.
per ATZENI GIAN PIERO
avv. K. KOLAKOWSKA:
assoluzione perchè il fatto non sussiste o per
non aver commesso il fatto
per BARBAGALLO SALVATORE
avv. G. SILIATO:
n.d.p. per morte del reo.
per BARBARO DOMENICO
avv. A. BARTOLO e S. FURFARO:
assoluzione con formula piena,
per BARBARO GIUSEPPE (cl.48)
avv. G. PECORELLA e A. SPEZIALE:
assoluzione con formula piena in sub
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per BARBARO GIUSEPPE (cl.56)
avv. A. BARTOLO:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per BIFFI SIRO
avv. S. RENNA:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
261
per BISSONI FRANCO
avv. R. CILIA:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen., minimo pena.
per BOMBARA NICOLINO
avv. D. CARTOLANO e G. TROPEANO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per BONANNO LUIGI
avv. V. CHIUSANO e L. TERRANOVA: per capi 55 - 56: assoluzione perchè il fatto non
sussiste o per non aver commesso il fatto, per
capo 229: n.d.p. per
prescrizione.
per CALABRO‟ FRANCESCO
avv. F. LO GIUDICE:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub
continuazione con sent. 2479/92, minimo pena.
per CAMMARERI DOMENICO
avv. M. CONTINIELLO:
80 L. stup., att. gen.
assoluzione ex art. 530 c.p.p., in sub escluso art.
262
per CARBONE DOMENICO
avv. G. D‟AMATO:
assoluzione quanto meno ex art.530 2° co. c.p.p.
per CARBONE PASQUALE
avv. S. ONESTI
per capo 104: assoluzione perchè il fatto non
sussiste; per capi 186 - 187 - 214: assoluzione
per non aver commesso
il fatto, in sub esclusa
l‟ingente quantità, att. gen. minimo pena.
per CAROLLO ANTONINO
avv. V. CHIUSANO e F. PAOLA:
art. 649 c.p.p.; in sub assoluzione perchè il fatto
non sussiste; in sub att. gen., continuazione
con
sent.
Palermo, escluso art. 74 D.L.
309/90.
per CARUSO ROBERTO
avv. D. MARTINI:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen., minimo pena.
per CATANZARITI AGOSTINO
avv. S. ONESTI:
per CELINI VINCENZO
avv. M. D‟AGOSTINO:
c.p.p.
per CERULLO PIETRO
avv. G. D‟AMELIO:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
assoluzione quanto meno ex art. 530 2° co.
att. gen., rito abbreviato, minimo pena.
Trib.
263
per CIAMPA ANTONIO
avv. A. RANIELI:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen., minimo pena, continuazione con
sent. C. Appello.
per CODISPOTI GIOVANNI
avv. F. MOBILIO:
assoluzione perchè il fatto non sussiste.
per COLUCCIO GIUSEPPE
avv. F. LO IACONO e T. GURRADO: assoluzione con formula piena, in sub
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub
continuazione con sent.
Trib. Locri del
22.12.93.
per CORNIGLIA FEDERICO
avv. I. CHIESA e G. ESCOBEDO:
per capo 5: assoluzione per non aver commesso
il fatto; per capo 99: assoluzione perchè il fatto
non sussiste.
per D‟ANGELO ANIELLO
avv. S. ONESTI:
assoluzione quanto meno ex art.530 2° co. c.p.p.
per DISCEPOLO LUIS VINCENT
avv. G. BOSCO:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato.
per DUCHINI DINO
avv. V. MINASI:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per ESPOSITO GIUSEPPE
avv. D. MARTINI:
n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione
con precedenti condanne già passate in
giudicato.
264
per FERRARO ANTONIO
avv. E. PECORA:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per FERRERO WALTER
avv. V. EPIFANI e S. ONESTI:
per capo 5: assoluzione per non aver commesso
il fatto; per capi 93 - 94 - 96: assoluzione per
non aver commesso il
fatto.
per FONTANA VINCENZO
avv. V. MINASI:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per FRANCHETTI ALESSANDRO
avv. T. SCULCO:
art. 8 L. 203/91 o art. 73 7° co. L. 309/90, att.
gen., prevalenti, continuazione minimo pena.
per GIRGENTI GASPARE
avv. E. BARBETTA:
già giudicato (sent. 26.2.88 C. App. Milano), in
sub assoluzione perchè il fatto non sussiste.
per GRASSO DOMENICO
avv. A. VENETO:
assoluzione con formula piena.
per GRASSO GIOVANNI
avv. R. CONSOLE:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub assoluzione per i reati commessi nel
periodo 1986/87 e nel
marzo 89/90;
applicazione
della
disciplina
sugli
stupefacenti
del 1990; continuazione con sent. C. App.
Torino del 20.9.94.
per GRILLO MICHELE
avv. J PENSA:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub esclusione della recidiva.
265
per INZAGHI MARIO
avv. M. PELLICIOTTA:
vedi allegato.
per IOFFRIDA LEONE LUIGI
avv. A. CHIZZONITI:
assoluzione con formula piena.
per LA ROSA GAETANO
avv. F. STIVALA:
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non sussiste.
per LENA GIULIO
avv. A. BAZZONI:
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen.,
minimo pena.
per LO COCO GIUSEPPE
avv. F. RESTIVO:
per LOMBARDO GIULIO ANTONINO
avv. G. FINO e K. KOLAKOWSKA:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
assoluzione per non aver commesso il fatto,
in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per LOPEZ PATINO SERGIO
avv. A. BAZZONI:
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen.,
minimo pena.
per LO PRETE NICOLA
avv. G. FIORELLA
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per MAIOCCHI ROBERTO
avv. I. CHIESA:
assoluzione con formula piena.
266
per MAIOLO PASQUALE
avv. M. IAVICOLI e F. CASTELLANO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub continuazione con sent. 35/92 Trib. Casale
Monferrato, att. gen., rito abbreviato.
per MALLAMACE ANTONIO
avv. S. STIVALA:
gen., esclusa aggravante.
assoluzione con formula piena, in sub att.
per MAMMOLITI DOMENICO( cl.68)
avv. R. ADAMO:
assoluzione con formula piena, in sub att. gen.,
esclusa aggravante, minimo pena.
per MAMMOLITI DOMENICO (cl. 62)
avv. S. FURFARO e E. LO GIUDICE: assoluzione ex art. 539 2° co. c.p.p.
per MAMMOLITI ROCCO
avv. E. LO GIUDICE:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per MAMMOLITI SEBASTIANO
avv. R. ADAMO:
assoluzione con formula piena, in sub att.
gen., escluse aggravanti, minimo pena.
per MANCUSO GIANFRANCO
avv. E. TORELLI:
per MARINO SALVATORE
avv. A. BAZZONI:
81: minimo pena.
assoluzione perchè il fatto non sussiste.
assoluzione con formula piena, in sub solo capo
267
per MAZZU‟ SAVERIO
avv. A. FAVARATO:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per MEDICI EMANUELE
avv. I. CHIESA:
assoluzione con formula piena, in sub
continuazione con sent. C. App. Bari.
per MIRABELLA GIUSEPPE
avv. C. PALUMBO:
atti al P.M. ex art. 512 3° co. c.p.p., in sub
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non
sussiste.
per MOLLUSO FRANCESCO
avv. C. CICCIO‟ e C. PECORA:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen. prevalenti, rito abbreviato, minimo
pena.
per MORABITO SAVERIO
avv. G. L. MARIS:
vedi allegato.
per MOSCARDI GIANFRANCO
avv. N. ARGENTO:
assoluzione con formula piena, in sub
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub att.
gen.,
minimo pena.
per MOSCARDI GIULIANO
avv. C. SHAMMAH:
n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione
con sent. GI? Milano n.386/88.
per MUFATO ANGELO
avv. S. RENNA:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
prevalenti,
268
per MUSCIO MARIO
per i capi 1 - 90 - 182 - 190 - 225: assoluzione
con formula piena; per i capi 117 - 118: minimo
pena, in
abbreviato.
per MUSICO‟ ANTONIO
avv. F. STIVALA:
minimo pena;
assoluzione con formula piena, in sub att. gen.,
per MUSITANO ANTONIO
avv. A. CILLARIO:
assoluzione perchè il fatto non sussiste, in sub
per i capi 53 - 54: att. gen., minimo pena.
per MUZZUPAPPA GIUSEPPE
avv. E. CORSI:
n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione
con sent. Trib. Reggio Emilia, condono 394/90.
per NIRTA ANTONIO
avv. A. GIOVENE:
assoluzione con formula piena.
per NIRTA GIUSEPPE
avv. E. LO GIUDICE:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per NUCARA ALESSANDRO
avv. M. D‟AGOSTINO e G. MADIA:
assoluzione con formula piena.
per ORIO UMBERTO
avv. G.L. MARIS:
vedi allegato.
per PAOLUCCI ANTONIO
avv. C. PECORA:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen., escluse aggravanti, minimo pena.
sub
rito
269
per PANAIA ANTONIO
avv. S. SCUTO:
assoluzione con formula piena.
per PAPALIA ANTONIO
avv. A. MARTUCCI e D. RIPAMONTI: per capi 34 - 36: assoluzione con formula piena;
per art. 416 bis c.p. e 75 L. stup.: assoluzione
perchè il fatto non
sussiste; per omicidi e
rapine: assoluzione per non aver commesso il
fatto; per i reati di droga: assoluzione perchè il
fatto non sussiste; in sub per tutti i reati:
assoluzione ex art. 530
2° co. c.p.p.
per PAPALIA DOMENICO
avv. G. NUCERA e C. TAORMINA:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per PAPALIA GIUSEPPE
avv. L. COLALEO e A. MANAGO‟:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per PAPALIA ROCCO
avv. C. TAORMINA e F. PISCOPO:
assoluzione con formula piena.
per PARISI ANTONIO
avv. U. GIANNANGELI:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per PARISI DOMENICO
avv. N. AMATO e R. BRAMBILLA
assoluzione con formula piena o quanto meno ex
art. 530 2° co. c.p.p., in sub assoluzione per i
reati di associazione.
270
per PEDRANI ROBERTO
avv. A. BAZZONI:
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen.,
minimo pena, benefici.
per PELLIZZERI BIAGIO
avv. A. AUGIMERI e F.SARNO:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub assoluzione per art.80 L. 309/90.
per PERRE FRANCESCO
avv. P. MARRAPODI:
assoluzione perchè il fatto non sussiste, in sub
escluso art. 416 bis c.p., att. gentile., minimo
pena.
per PETRACHI ALESSANDRO
avv. D. BOLOGNESI:
assoluzione per non aver commesso il fatto in
sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per PISANI SAVERIO ROSARIO
avv. M. CAMINADA:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per PIZZATA GIOVANNI
avv. S. FURFARO:
assoluzione con formula piena.
per PORRO CARLO
avv. E. TORELLI:
assoluzione perchè il fatto non sussiste.
271
per PUGLISI CARMELO
avv. L. COLALEO:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per PUMA MASSIMILIANO
avv. B. COLALEO
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub
att.
abbreviato, escluse 3 persone.
per QUARTUCCIO LUIGI
avv. G. CORNALBA:
gen.,
art. 73 n.5 L. stup.
per RECHICHI DIEGO
avv. L. BORELLI e P. PANTANO:
assoluzione perchè il fatto non sussiste o per
non aver commesso il fatto, minima
partecipazione,
gen., rito abbreviato,
minimo pena, benefici.
per ROMEO FRANCESCO
avv. E. BRUNI:
rito
att.
assoluzione con formula piena, in sub att. gen.
per ROMEO GIUSEPPE
avv. D. CARTOLANO e A. GERACE: assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub solo partecipazione; per episodio di
spaccio:
con formula piena, in sub
att. gen., art. 114 c.p.
assoluzione
272
per RUBINO CIRO
avv. A. BAZZONI:
sub att. gen.
assoluzione per non aver commesso il fatto in
per SAFFIOTTI VINCENZO
avv. S. STIVALA:
assoluzione con formula piena, in sub
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p.
per SALERNO DOMENICO
avv. S. STIVALA:
n.d.p. per morte del reo.
per SALESI GIOVANNI
avv. M. MURGO:
assoluzione con formula piena, in sub att.
gen., escluse aggravanti, minimo pena (per
capi 134 - 135); per
capo 135 bis: art. 649
c.p.p.
per SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA
avv. R. ZAPPARRATA:
assoluzione con formula piena.
per SARACENO VINCENZO
avv. A. CALIRI e G. SPERANDEO:
co. c.p.p.
per SCHIATTARELLA VINCENZO
avv. E. LEPRE:
n.d.p. ex art. 54 3° co. c.p.p. e art. 530 1° e 3°
assoluzione con formula piena.
per SCOLLO AGATINO MAURIZIO
avv. M. MURGO:
per capi 13 - 182 - 183: assoluzione per non
aver commesso il fatto; per capi 138 - 139 140 - 141: assoluzione
perchè il fatto non
sussiste o per non aver commesso il fatto.
273
per SERGI FRANCESCO (cl.56)
avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato
o perchè il fatto non sussiste.
per SERGI FRANCESCO (cl. 68)
avv. G. LUPIS e G. GIAMPA‟:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato
o perchè il fatto non sussiste.
per SERGI GIUSEPPE
avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per SERGI SAVERIO
avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato
o perchè il fatto non sussiste.
per SGAMBELLONE MARIO
avv. K. KOLAKOWSKA:
assoluzione perchè il fatto non sussiste o per
non aver commesso il fatto.
per SOMNEZ MUSTAFA‟
avv. G. BOSCO:
att. gen., minimo pena.
per STRANGIO FILIPPO
A. BAZZONI:
assoluzione per non aver commesso il fatto o
perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen., stato
di salute, minimo pena,
benefici.
per STRANGIO FRANCESCO
avv. A. RANIELI e A. LUGARA‟:
assoluzione con formula piena.
274
per TOMASELLO SANTO
avv. M. MURGO:
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub att.
gen., minimo pena, rito abbreviato.
per TRICHILO ANTONIO
avv. E. DE SIMONE:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per TRIMBOLI DOMENICO (cl 61)
avv. R. CURRAO e G. GIAMPA‟:
assoluzione per non aver commesso il fatto.
per TRIMBOLI DOMENICO (c.59)
avv. P. MARRAPODI e S. ARCADIPANE:
assoluzione con formula piena o quanto meno ex
art. 530 2° co. c.p.p. in sub att. gentile., esclusa
associazione,
minimo pena.
per TRIMBOLI FRANCESCO
avv. G. LUPIS e G. GIAMPA‟:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato
o perchè il fatto non sussiste.
per TRIMBOLI VINCENZO
avv. G.B. GRECO:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gentile., minimo pena.
per TROPIANO FRANCESCO
avv. C. PECORA e L. TERRANOVA: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per
non aver commesso il fatto.
per VIOLI ANTONIO
avv. G. D‟AMATO e R. PALMIERI:
assoluzione con formula piena.
275
per VIOLI PASQUALE
avv. D. MARTINI:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub continuazione con sent. 1985, att. gen.,
minimo pena.
per VIOLI SALVATORE
avv. V. TUCCI:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub att. gen., minimo pena.
per VIRGILLITO GAETANO
avv. A. EGIDI:
formula piena.
per VITALE ANTONINO
avv. D. IZZO:
n.d.p. ex art. 649 c.p.p.; in sub assoluzione con
assoluzione, in sub att. gen., minimo pena.
per ZACCO ANTONINO
avv. G. PECORELLA e G. ARICO‟:
per sequestro: assoluzione per non aver
commesso il fatto; per gruppo CAROLLO:
assoluzione perchè il
fatto non sussiste.
per ZAPPIA VINCENZO
avv. R. QUAGLIATA:
assoluzione per non aver commesso il fatto, in
sub per i fatti del 1988: escluso art. 74 1° co.
n.2 L. 685/75, att. gen.,
minimo pena.
per ZAVETTIERI GIUSEPPE
avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS:
assoluzione perchè il fatto non costituisce reato
o perchè il fatto non sussiste.
276
per ZINGHINI‟ DOMENICO
avv. V. GALLO:
minimo pena.
assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub
277
CAPITOLO I
LE INDAGINI E IL PROCESSO
La complessità e la eccezionale molteplicità dei reati oggetto del presente procedimento, impone e
rende anche opportuno dare un “taglio” a questa parte della motivazione in qualche modo diverso da
quello tradizionale, riservando la puntuale trattazione del “fatto” ex art. 546/1, lett. e) c.p.p. alla sede in
cui verrà esaminato - per l‟accertamento delle singole responsabilità - ciascun addebito.
Si procederà, pertanto1, in termini di concisa ricostruzione storica delle principali fasi delle
indagini preliminari e dello svolgimento del dibattimento, con qualche anticipazione di “giudizio”
suggerita dalla particolare occorrenza storica e per afferrarne, nell‟immediato, la valenza e significanza
sotto diversi profili.
=0=
Intanto, merita subito porre in rilievo che la inchiesta che ha dato l‟avviso al presente
procedimento penale ha indubbiamente tratto origine dalla scelta fatta da MORABITO SAVERIO di
collaborare con l‟A.G. Già in epoca passata, in verità, la stessa Procura della Repubblica aveva svolto
indagini sul conto del MORABITO ed altri personaggi calabresi allo stesso legati, ma la scelta di
collaborazione dell‟imputato, oltre alla sua intrinseca eccezionale rilevanza probatoria, è valsa quella
volta a fungere da chiave di lettura e “collante” (di mosaici a più tessere), sia per le inchieste più recenti
____________________________
1
Anche sulla scorta delle esposizione introduttiva ex art. 493 c.p.p. del P.M.
278
sia, soprattutto, per le numerose precedenti indagini. Le dichiarazioni del MORABITO, infatti, hanno
consentito una rilettura organica e di logica coerenza di numerose vicende la cui riconducibilità ad
unitari consessi malavitosi era stata, per taluni episodi, soltanto sfiorata o ipotizzata.
Nel corso dei suoi lunghi ed articolati interrogatori2, il MORABITO ha ricostruito la sua
esperienza malavitosa dalla metà degli anni ‟70 sino al suo ultimo arresto, nel settembre del 1990, con
proficue indicazioni anche per fatti successivi. Si è così potuta far luce su numerosi gravissimi episodi
ed in particolare su diciannove omicidi (tra consumati e tentati), nove sequestri di persona a scopo di
estorsione, numerosi reati contro il patrimonio, e su innumerevoli coinvolgimenti nel traffico degli
stupefacenti.
Di particolare interesse, altresì, le informazioni fornite sulla “ „ndrangheta”, sui principi ispiratori
della stessa e sul ,modus vivendi dei suoi adepti. E questo è potuto avvenire per la “contiguità” del
MORABITO con gli aderenti a tale organizzazione criminale: MORABITO, infatti, non ebbe mai a
prestare alcun giuramento o formale adesione alla “ndrangheta”.
Rinviando al prosieguo l‟analitica esposizione delle principali vicenda narrate dal “collaboratore”,
quel che preme porre in evidenza sin d‟ora, in un‟ottica di indispensabile premessa sostanziale, sono due
temi - che saranno comunque ripresi trattando “funditus” della “chiamata di correo”3 - di indubbia
pertinenza e rilevanza: la personalità del MORABITO e le ragioni e le modalità della sua scelta di
collaborazione. E così:
A) sotto il primo riguardo, è da tener presente che la importanza e consistenza delle rivelazioni
fornite dal MORABITO sono state, a giudizio della Corte, di carattere eccezionale anche perchè
direttamente proporzionali al livello operativo e decisionale che lui aveva assunto nell‟ambito della
criminalità organizzata. Il curriculum criminale del “collaboratore” è, a dir poco, impressionante e ciò
sia
per
le
vicende
processuali
per
le
quali
è
__________________________
2
3
Quasi integralmente registrati nella fase preliminare
V Capitolo 4
279
stata riconosciuta la sua responsabilità, sia per le innumerevoli altre inchieste, sempre per fatti
gravissimi, alle quali è stato sottoposto.
Trattasi di persona originaria di Platì (RC) che, trasferitasi in giovane età con la famiglia in
Lombardia, ed in particolare in Corsico e Buccinasco, da sempre incrementò le fila della malavita con
una allarmante progressione delittuosa (dai furti e dalle rapine sino agli omicidi, ai sequestri di persona e
al traffico degli stupefacenti a livelli di primissimo piano). Del resto, della sua statura criminale ci si
rese conto ben presto, se si pensa che già nei primi anni ‟80 - vale a dire, ben prima dei gravissimi e
numerosi delitti successivamente commessi (v. omicidi, sequestri, etc. sino, da ultimo, la partecipazione
alla messa in opera di una raffineria di eroina) - nella proposta per l‟applicazione della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale della P.S. avanzata dal Questore di Milano già nel lontano
17.582, si poteva leggere:
“MORABITO SAVERIO, nonostante sia ancora molto giovane, è un irriducibile pregiudicato
estremamente scaltro e particolarmente nocivo per la collettività. Egli è ritenuto uno degli individui più
pericolosi della nuova malavita organizzata... nonchè inserito nell‟elenco nazionale delle persone facenti
parte della malavita organizzata dedita ai sequestri di persona a scopo di estorsione. E‟ legato ai nomi
più noti della delinquenza sicula-calabrese (anche di estrazione mafiosa) trapiantatisi nel Nord Italia,
con i quali, sin dall‟inizio della sua “carriera” criminale, è stato incriminato...”4.
Mentre, alla pag. 128 della sentenza emessa in data 26.11.1985 dal Tribunale Penale di Locri
(n.34/82 proc. pena. a carico di MORABITO GIUSEPPE ed altri) è scritto:
“MORABITO SAVERIO: è da ritenersi uno dei più pericolosi esponenti della cosca di Platì,
avendo svolto le mansioni di procacciatore di armi per i suoi associati e di esecutore di numerosi
sequestri di persona, pur se per questi ultimi le indagini svolte non hanno consentito di pervenire ad un
giudizio di responsabilità nei suoi confronti. Emigrato giovanissimo da Platì per la Lombardia,
incominciava a farsi distinguere all‟età di 15 anni...”5
____________________
4
5
Cfr. Vol.54
Cfr. Vol 216, sub. n.76
280
Si sono menzionati questi due documenti solo in via esemplificativa, giacchè il certificato penale
del MORABITO e le innumerevoli denunzie a suo carico sono di per sè più eloquenti in proposito e non
lasciano davvero dubbi sulla “caratura” criminale dell‟imputato. In tal senso, e solo figurativamente
parlando, possono sicuramente ritenersi “adeguate” al personaggio le rivelazioni da lui fornite. La
successiva scelta di collaborazione da parte del MORABITO, infatti, nulla può togliere alla eccezionale
intrinseca gravità dei delitti ammessi.
B) Per ciò che invece riguarda le ragioni e le modalità di attuazione della scelta di collaborazione
del MORABITO, si può rinviare alla sede in cui se ne tratterà ampiamente6.
Qui si può solo qui anticipare, in sintesi estrema, che per quanto attiene le ragioni della scelta
collaborativa del MORABITO le sue stesse parole ricalcano una sorta di standard culturale sul tema
(come la volontà di distacco dall‟ambiente criminale, il desiderio di poter beneficiare della speciale
normativa di legge in favore dei collaboratori, i timori per l‟incolumità personale determinati dagli
inevitabili rischi propri dell‟ambiente malavitoso, il desiderio di recupero di una vita familiare, etc).
Ma quello che, invece, è sicuramente avvenuto al di fuori di ogni standard - come si vedrà in
dettaglio più avanti - è stato il modo di attuazione della scelta di collaborazione. Il MORABITO, infatti,
ha chiesto ed ottenuto di non mutare la sua situazione di detenuto e cioè di non entrare nei circuiti
penitenziari destinati ai collaboratori, così da impedire la inevitabile immediata conoscenza esterna della
sua scelta e, di riflesso, consentire per un verso una oculata strategia di protezione dei suoi familiari e
per altro verso far conseguire l‟obiettivo di maggiore efficacia alla sua collaborazione in ragione della
sua imprevedibilità. Di particolare rilievo, sotto quest‟ultimo aspetto, la prospettata (ed accolta) richiesta
del MORABITO di procedere al trasferimento di alcuni detenuti presenti in Bergamo, giudicati “a
rischio” per la sua collaborazione, nonchè di alcuni Agenti di custodia ritenuti, a diverso titolo,
inaffidabili.
________________________
6
V. cit. Capitolo 4
281
Di particolare efficacia - anche per intuitive ragioni connesse alle modalità dell‟esame - in
riferimento al discorso fatto circa le peculiarità della collaborazione prestata dal MORABITO
SAVERIO, sono le stesse dichiarazioni registrate dal MORABITO in cassetta consegnata al PM in data
24.11.92 e al cui ascolto e relativa trascrizione si può rinviare per esser state entrambe (cassetta e
trascrizione) acquisite al fascicolo del dibattimento7. E‟ bene poi rammentare, ai fini della complessiva
valutazione di attendibilità, che il MORABITO si è assunto la responsabilità della quasi totalità dei
delitti riferiti e, comunque, sicuramente dei più gravi.
Sempre a proposito delle modalità di attuazione della collaborazione, deve essere ricordato che il
MORABITO, in riferimento ad alcune posizioni di persone a lui particolarmente vicine, effettuò una
sorta di apertura progressiva nel senso che, in particolare, omise o limitò inizialmente indicazioni di fatti
penalmente rilevanti a loro carico. Fatti che, tuttavia, allorchè sempre più a fondo maturò la sua scelta di
lealtà e responsabilità verso la giustizia, decise di evidenziare giustificando le precedenti omissioni in
ragione, appunto, o della stretta amicizia o della eccessiva gravità delle conseguenze penali connesse a
tali fatti e non proporzionate, a suo modo di giudicare, alla reale pericolosità sociale di quelle persone8. I
casi più eclatanti di questa scelta di “apertura progressiva”9 hanno riguardato le posizioni di PARISI
ANTONIO, di MUFATO ANGELO e di DUCHINI DINO. Di tanto dovrà, quindi, tenersi conto ai fini
della complessiva ricostruzione storica di talune vicende (v. ad es. il sequestro CASELLA) nelle quali
solo nella parte finale degli interrogatori il MORABITO così meglio delineando eventi e circostanze
sulle quali aveva inizialmente mantenuto atteggiamenti vaghi o non veritieri.
Non solo, nello stesso spirito di leale e completa collaborazione con l‟A.G. e facendo forza sulla
umanamente
comprensibile
resistenza
che
poteva
all‟evidenza
derivargli
_______________________
7
Cfr. ordinanza 13 aprile 1995
Questo discorso sarà naturalmente ripreso più avanti e in occasione dell‟esame delle singole posizioni interessate.
9
Apertura progressiva di cui darà un ulteriore importantissimo esempio ROMEO ANNUNZIATINO che solo al dibattimento
abbandonerà l‟atteggiamento omertoso tenuto nel corso delle indagini preliminari e farà la scelta coraggiosa di
collaborazione con l‟A.G. (v. infra Capitolo 4).
8
282
dall‟enormità - se così si può dire - dell‟impatto che la rivelazione avrebbe avuto sui suoi più stretti
vincoli di parentela, MORABITO confesserà in dibattimento quanto non aveva mai avuto il “coraggio”
sino ad allora di dire, neppure al P.M., e cioè d‟esser stato autore (peraltro, per un futile motivo)
dell‟omicidio del suocero del fratello LUIGI ASSUNTO.10
=0=
Riprendendo il discorso sull‟avviso delle indagini preliminari e le varie carenze del processo - con la
sintesi che ci si è ripromessa - va rammentato che:
1) MORABITO SAVERIO avviò concretamente la sua scelta di collaborazione in data
4.10.92, dopo tre richieste di spontanee dichiarazioni che diedero vita ai preliminari interrogatori del
20.9.92, 19.9.92 e del 3.10.92.11 Non pare inutile riportare di seguito l‟elenco delle date di tutti gli
interrogatori da lui resi al PM di Milano, interrogatori eseguiti, quasi tutti (come già annotato), con il
ricorso alla registrazione (potranno notarsi anche non brevi lassi di tempo tra gli interrogatori e ciò
proprio in ragione della necessità di non destare sospetti, nell‟ambiente carcerario, in ordine alla scelta
di collaborazione del MORABITO ovvero lassi di tempo concentrati in ragione di spostamenti
temporanei dall‟ambiente carcerario):
20.9.92
29.9.92
_____________________
10
16.12.92
17.12.92
2.6.92
13.7.93
Trattasi dell‟assassinio di AMBROSIO VINCENZO avvenuto, prima che la figlia sposasse MORABITO ASSUNTO
LUIGI (cfr. ud. dibatt. 17 ottobre 1995, aff. 3630 e segg.). Cfr. in proposito anche le ordd. dibatt. in data 17 ottobre e 15
novembre 1995).
11
E‟ il caso di anticipare e subito precisare che tali interrogatori “istruttori” del MORABITO (e così quelli di MORABITO
LUIGI, INZAGHI MARIO e AMANDINI MICHELE) sono confluiti nel fascicolo del dibattimento con la citata ordinanza
del 13 aprile 1995, alla cui parte motiva si rinvia, per esser tali costituiti entrati a far parte del materiale probatorio di processi
separati, in considerazione del rifiuto a rispondere in tali sedi opposto dalle medesime fonti, ed essendo tali costituiti
“migrati”, in forza della predetta ordinanza, nella presente sede dibattimentale ex art. 238 c.p.p. Essi costituiscono quindi
legittima fonte di prova ex art. 526, anche se ad essi si farà riferimento, in definitiva, solo per attestare una delle peculiarità
della “chiamata in correità e reità” del collaboratore, vale a dire la costanza e specularità, in via di massima, delle
dichiarazioni rese in allora con quelle dibattimentali.
283
3.10.92
4.10.92
8.10.92
14.10.92
28.10.92
6.11.92
11.11.92
16.11.92
21.11.92
24.11.92
28.11.92
3.12.92
4.12.92
11.12.92
12.12.92
13.12.92
14.12.92
15.12.92
6.1.93
15.1.93
21.1.93
13.2.93
24.2.93
9.3.93
10.3.93
11.3.93
12.3.93
15.3.93
18.3.93
26.3.93
2.4.93
17.4.93
11.5.93
12.5.93
13.5.93
14.5.93
14.7.93
15.7.93
30.7.93
3.9.93
10.9.93
30.9.93
24.10.93
14.3.94
29.3.94
2) nel corso della collaborazione del MORABITO SAVERIO, e grazie anche al contributo fornito
dallo stesso, si ottenne la ulteriore ed importante collaborazione del fratello LUIGI ASSUNTO
MORABITO. Un personaggio non certo del calibro del fratello maggiore, ma pur sempre in grado di
riferire su vicende non secondarie di traffico di stupefacenti e, soprattutto, di rapine.
Per quel che merita sin d‟ora di anticipare, può dirsi che il MORABITO A. LUIGI, in relazione a
fatti e situazioni per le quali fu a lui fatto riferimento dal fratello SAVERIO, rese dichiarazioni di utile
conferma e riscontro. Le dichiarazioni del LUIGI ASSUNTO MORABITO furono acquisite nel corso
dei seguenti interrogatori (eseguiti, come già quelli del fratello, anch‟essi pressochè integralmente con il
sistema della registrazione):
22.2.93
8.3.93
10.3.93
5.5.93
20.5.93
24.5.93
26.5.93
27.5.93
28.5.93
8.6.93
22.9.93
9.9.93
284
25.5.93
7.10.93
3) Le indagini e gli accertamenti di PG, aventi ad oggetto le dichiarazioni rese dai due
MORABITO, venivano integralmente delegati alla Direzione Investigativa Antimafia di Milano.
Innumerevoli, si vedrà, gli obiettivi riscontri acquisiti in riferimento alle dichiarazioni fornite dai due
MORABITO, riscontri tutti riportati nelle informative di PG redatte dalla D.I.A. di Milano12 e tali da
non lasciar dubbi di sorta circa la positiva valutazione di affidabilità in ordine alla scelta di
collaborazione con la A.G. da parte dei prevenuti.
E‟ importante sottolineare che il lavoro svolto dalle forze di P.G. si è caratterizzato anche nella
attività di recupero e di disamina di voluminosi incartamenti processuali relativi alle vicende riferite dal
MORABITO. Tale lavoro di recupero ha consentito la acquisizione di fondamentali elementi di
riscontro. Si è, infatti, potuta accertare la perfetta rispondenza tra i fatti esposti (specie dal MORABITO
SAVERIO) ed i fatti come effettivamente avvenuti, e sono stati altresì acquisiti inequivoci positivi
riferimenti specie laddove si è potuto accertare che le indagini, all‟epoca dei fatti, erano state orientate
proprio nei confronti o del MORABITO stesso o di altri personaggi a lui legati (ciò, soprattutto, in tema
di sequestri di persona). Le dichiarazioni del collaboratore, con l‟aiuto degli esiti delle indagini a suo
tempo svolte, hanno, in questi casi, consentito una rilettura logica e coerente di vicende la cui dinamica
era stata a suo tempo solo ipotizzata o parzialmente ricostruita. Il dibattimento svolto darà compiuta ed
esaustiva dimostrazione di tutto ciò.
4) In data 12.7.93, il P.M. chiedeva al GIP di Milano la emissione di n.159 ordinanze di
custodia cautelare in carcere sulla base degli esiti delle indagini di cui sopra. In epoca successiva
venivano avanzate altre richieste di misure coercitive sulla base di esiti di accertamenti di P.G.
intervenuti in epoca successiva alla stesura della richiesta di cui sopra.
___________________
12
Informative acquisite in atti, per quanto di ragione, con ordinanza 13 aprile 1995, e testimonialmente comprovate con
esplicitazione delle modalità stesse della loro compilazione (cfr. depp. Ispettore GATTI MAURIZIO: aff. 12134/12146,
12154/12168; Ispett. DE NOBILE: aff. 12169/70; M.llo CAROPPO ANTONIO: aff. 12171/2).
285
Una circostanza va a questo punto ulteriormente sottolineata: e cioè che molte indicazioni fornite
dal MORABITO, specialmente sui traffici di stupefacenti, erano già state confortate a quella data non
solo dalle dichiarazioni del fratello LUIGI ASSUNTO ma, soprattutto, dalle più rilevanti affermazioni
rese da altro collaboratore, tale PIRRONE MAURIZIO. Sennonchè, la scelta di cooperazione con
l‟A.G. di costui, di poco successiva a quella del MORABITO e gestita all‟epoca della richiesta di
provvedimenti coercitivi per ragioni di tutela processuale e personale. Dei contributi coercitivi per
ragioni di tutela processuale e personale. Dei contributi di numerosi altri collaboratori - come ha riferito
il P.M. nella esposizione introduttiva - venne comunque data menzione nella richiesta del 12.7.93.
Sul traffico di stupefacenti e i numerosissimi fatti di reato ad esso connessi e di cui tratta questo
dibattimento, di straordinaria efficacia probatoria si rileveranno poi, soprattutto, le dichiarazioni di
ROMEO ANNUNZIATINO e ROMEO BRUNO che, inquisiti in autonomo procedimento,
inizieranno a collaborare con l‟A.G. - con intuibile sgomento di taluno -13 a decorrere dal febbraiomarzo 1995 (e, quindi, a dibattimento iniziato).14
Il richiamo alle dichiarazioni di altri collaboratori assume rilievo decisivo per un dato di fondo:
vale a dire la sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni rese da chi collaborò nella presente
inchiesta e chi ebbe invece a collaborare in altre indagini, presso altre Autorità Giudiziarie ed in tempi
diversi. Dallo studio e dal raffronto di tali dichiarazioni si trarrà pertanto ulteriore ed importante
conferma della attendibilità del MORABITO, in particolare. Una specularità e complementarietà di
versioni rese da soggetti diversi, in tempi e sedi diverse, che conferisce a tali versioni una peculiare
forza probante, anche in ragione del fatto che nessun contatto avvenne mai - durante la collaborazione tra i “dichiaranti” di cui si parla e nessun loro rapporto di pregressa conoscenza o frequentazione risulta
mai documentato per molti di loro (si fa riferimento a collaboratori quali BARRECA FILIPPO, LAURO
_____________________
13
Ci si riferisce, in particolare, al gruppo PAPALIA che aveva indicato nella propria lista come fonte di prova a discarico il
ROMEO ANNUNZIATINO.
14
Cfr. aff. 14.147 e ordinanza 30 giugno 1995
286
GIACOMO, ZAGARI ANTONIO, ANNACONDIA SALVATORE, CIULLA SALVATORE,
FRISINA ANTONIO ed altri ancora15).
5)
In data 27.8.93 veniva avanzata richiesta di n.48 ordinanze di custodia cautelare in carcere
sulla base delle indicazioni fornite da MORABITO ASSUNTO LUIGI (per la gran parte, come
anticipato, riguardanti rapine consumate in Milano e zone limitrofe tra il 1982 ed il 1992).
6) Con le ordinanze di custodia cautelare del 2.10.93 (a carico di AGIL FUAT + 164, emessa in
base alle dichiarazioni di MORABITO SAVERIO) e del 7.10.93 (a carico di ALFONSI MARCO + 55,
emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO A. LUIGI) il GIP di Milano accoglieva
pressochè integralmente le richieste del P.M. Tali provvedimento cautelari sono confluiti nel fascicolo
per il dibattimento16. Non pare inutile un riepilogo cronologico dei più rilevanti fatti in ordine ai quali fu
emessa, in particolare, la ordinanza coercitiva del 2.10.93 (riguardante quasi esclusivamente le
indicazioni fornite da MORABITO SAVERIO). Per ciò che riguarda i traffici di sostanze stupefacenti
saranno fornite indicazioni solo dei fatti dotati, per così dire, di rilievo “storico” e come tali
temporalmente documentabili:
9.7.75..................................................................
2.11.76................................................................
15.2.77................................................................
8.5.77..................................................................
16.577.................................................................
16.12.77..............................................................
2.10.78................................................................
17.10.78..............................................................
5.2.79..................................................................
11.9.79................................................................
21.9.79................................................................
27/28.11.79.........................................................
_________________________
15
16
Anche qui si rinvia alla trattazione specifica del tema nel Capitolo 4
Cfr. cit. ordinanza 13 aprile 1995.
sequestro FERRARINI
omicidio D‟AGOSTINO
rapina TOIA
sequestro GALLI
sequestro SCALARI
sequestro CAMPARI
sequestro RANCILIO
rapina CERRI-MENEGATTO
sequestro CATTANEO
sequestro JACOROSSI
omicidio MODAFFERI
scoperta
della
raffineria
in
287
Sanremo
sequestro VISMARA
estorsione GASAPINI
tent. om. CANNAO‟
rapina Ditta V.D.O.
omicidio TROMBADORE
rapina bar Via Manin
rapina orafo Mede Lomellina
rapina RETTORI
om. RIBAUDO e tentato om.
5.5.80..................................................................
21.5.81................................................................
19.6.81................................................................
14.5.82................................................................
6.10.82................................................................
14.10.82..............................................................
15.12.82..............................................................
10.1.83................................................................
4.2.83..................................................................
SCALERA
15.4.83................................................................
tent. om. RUTIGLIANO
8.10.83................................................................
tent. om. SEGHEZZI
17.11.83..............................................................
omicidio LABATE
3.1.84..................................................................
omicidio MANCUSO
23.3.84................................................................
omicidio MUSITANO
15.11.84..............................................................
omicidio PERRE
27.6.85................................................................
om. BARRECA e t.o. BISESI
4.11.85................................................................
omicidio ASPROMONTE
3.6.87..................................................................
estorsione SANFELICI
18.1.88................................................................
sequestro CASELLA
4.7.88..................................................................
omm. CAVALLARO
CAMPODIPIETRA
23.1.89................................................................
omicidio PONZIO
12.5.89................................................................
omicidio VOTTARI
12.6.89................................................................
tent. om. NIZZOLA
21.5.90................................................................
scoperta della raffineria in
Val D‟Imagna
18.9.90................................................................
arresto di MORABITO a
seguito delle indagini
riguardanti la raffineria di Val
d‟Imagna
Come si è anticipato, si riserva al prosieguo la esposizione e la trattazione analitica dei singoli fatti
di reato, ma qui val la pena di porre già in evidenza - con riferimento agli omicidi, soprattutto - come
non possano appieno comprendersi causale e modalità di attuazione se non ci si cala nell‟ambiente
umano in cui sono maturati, nella “cultura criminale” che li permea, una cultura di “anti Stato” e di
“valori” assai distanti da quelli della società civile.
288
Questo discorso sarà naturalmente approfondito più avanti17, ma sin d‟ora va detto che si è ucciso
non solo per “tradizionali” sgarri da ambiente malavitoso, ma anche per vendicare uno schiaffo ad un
congiunto, per scongiurare ipotetici rischi di delazioni, per scambi di “favori” con altre organizzazioni
criminali, per meri sospetti di “infamità” e financo per ragioni mai chiarite perchè mai rivelate, ma solo
in ossequio ai principi di un doveroso “riserbo”, della obbedienza, della reverenza, del “rispetto”. Una
riservatezza che è vissuta come legge e, ancor prima, come norma deontologica tra gli stessi componenti
l‟organizzazione criminale, tanto che la sua trasgressione, dettata magari da una istintiva, ingenua
“curiosità” su certi fatti, può assumere subito i connotati di una domanda “sospetta” di una ingerenza
pericolosa e può far esplodere l‟atto cruento, senza necessità di tanti approfondimenti.
=0=
Riprendendo la narrativa della “storia” del presente procedimento, va segnalato che le
dichiarazioni di MORABITO SAVERIO non hanno riguardato, ovviamente, i soliti fatti specifici di cui
al predetto elenco sommario ma hanno anche illustrato, con dovizia di dettagli ed informazioni,
l‟ambiente criminale in cui gli stessi maturarono anche sotto il profilo “storico” e cioè in riferimento alla
evoluzione criminale dei personaggi e dei gruppi nei quali e con i quali il collaboratore ebbe a che fare.
Sono stati così individuati precisi gangli criminali con ricostruzioni sufficientemente analitiche
delle loro vicende, degli scontri intervenuti, di fusioni e scissioni sino alle più recenti forme di assoluto
controllo dei territori sui quali tali gruppi operavano. Si intende, in particolare, far riferimento a quei
gruppi che, a seguito di fenomeni di emigrazione-aggregazione, consolidarono la loro presenza in
Comuni limitrofi a Milano e segnatamente nei Comuni di Corsico e Buccinasco ove trasferirono anche
gli stessi “modus operandi”, della criminalità delle zone di origine ed in particolare, per il presente
processo, in riferimento alle zone di Platì ed altre della Locride.
__________________
17
Capitolo 2.
289
Si è così avuta conferma, anche in base alle acquisizioni di atti di pregresse indagini, della
esistenza di organizzazioni di natura e stampo mafioso in grado di gestire i propri interessi
(specialmente nel traffico degli stupefacenti) grazie anche al clima di omertà generato dalla forte e
minacciosa presenza in loco dei componenti i gruppi criminali di cui si parla, presenza in grado di
assicurare una sorta di controllo “militare” e potentemente armato delle zone dei Comuni di cui sopra. Si
fa, in particolare, riferimento ai Gruppi PAPALIA e SERGI le cui vicissitudini, grazie anche all‟apporto
di altri collaboratori (v. infra), sono state ricostruite così come i loro rapporti con altre organizzazioni
criminali (v. gruppi FLACHI-TROVATO, CAROLLO, PANNUNZI, in particolare) ovvero con l‟ampia
fascia dei fornitori e degli acquirenti. E‟ così emerso anche il livello assolutamente primario di tali
traffici di stupefacenti ed ampi squarci sono stati aperti, altresì, sulle attività di reimpiego dei proventi
degli stessi.
7) In data 14.10.93 veniva data esecuzione alle complessive n.221 ordinanze di custodia cautelare
in carcere. Il medesimo giorno il MORABITO SAVERIO veniva trasferito dal Carcere di Bergamo in
struttura detentiva adeguata. Solo nella predetta occasione, infatti fu data ufficiale notizia della sua
scelta di collaborazione.
8) In data 15.10.93 INZAGHI MARIO, persona legata a MORABITO SAVERIO da fortissimi
vincoli di amicizia e dallo stesso chiamato in causa per gravissimi episodi (omicidi, sequestri di persona
ed altro), decideva anch‟egli di collaborare con l‟A.G. Dalle dichiarazioni rese dal MORABITO e dagli
esiti delle indagini svolte (anche nel passato) era emerso in modo nitido il ruolo primario assunto
dall‟INZAGHI nel gruppo criminale in cui ebbe ad operare il MORABITO. Proprio in considerazione
del livello di vertice assunto dall‟INZAGHI, le sue confessioni e la sua collaborazione con l‟A.G. hanno
dato vita, come si vedrà, ad importantissime conferme alle ricostruzioni di fatti e alle indicazioni di
responsabilità già evidenziate dal MORABITO SAVERIO.
290
Va rilevato che pochi giorni prima della esecuzione delle ordinanze coercitive di cui sopra,
l‟INZAGHI era stato trasferito, in accoglimento di sua precedente richiesta, presso lo stesso carcere ove
trovavasi ristretto il MORABITO. Tale circostanza aveva consentito al MORABITO, quando era ancora
collaboratore “occulto”, di saggiare la eventuale possibilità di collaborazione da parte dell‟INZAGHI,
non scoprendo ovviamente la sua già avvenuta scelta di campo. Come riferito in seguito dallo stesso
INZAGHI, il MORABITO ebbe a prospettargli una sorta di futura comune scelta di collaborazione onde
valutare la possibilità di ottenere lo schieramento dell‟INZAGHI accanto a sè. Il netto rifiuto
dell‟INZAGHI fece desistere il MORABITO da ogni ulteriore tentativo.
Solo dopo la notificazione della ordinanza coercitiva, resosi ormai conto della gravità delle accuse
e della consistenza delle stesse, l‟INZAGHI, come dal medesimo chiarito sin nel suo primo
interrogatorio, decise immediatamente di collaborare con l‟AG fornendo un contributo, come già
anticipato, assolutamente primario e concludente. In proposito, e per inciso, va ricordato che il
MORABITO tentò, anche nei confronti di altre persone chiamate in causa, di indurre le stesse alla
collaborazione (si è già prima detto del fratello ASSUNTO LUGI, e così poi nei confronti del cugino
ROMEO ANNUNZIATINO) e ciò sempre in ambito di scelte personali ed autonome (v. ad es. con il
DUCHINI DINO). Proprio in riferimento al DUCHINI ebbero notevole spazio, in sede di udienza
preliminare (e poi anche in dibattimento), gli accertati (e registrati) colloqui telefonici intercorsi tra il
MORABITO e la madre del DUCHINI, colloqui nei quali il MORABITO, in modi e forme che saranno
analiticamente esaminati, tentò di indurre la donna a convincere il figlio a collaborare anch‟egli con la
giustizia quale unico modo, a suo dire, per attenuare la sua posizione processuale18.
9) In data 8.11.1993 il GIP di Milano emetteva altre n.7 ordinanze di custodia cautelare in carcere
a seguito delle ulteriori acquisizioni investigative (v. anche sequestri di sostanza stupefacente nel corso
del “blitz” del 14.10.94) ed altresì a seguito delle nuove individuazioni di responsabilità derivate dalle
dichiarazioni rese da INZAGHI MARIO;
____________________
18
Su tutti questi fatti, si diffonderà il Capitolo 4.
291
10) In data 2.12.1993 venivano emesse ulteriori n.5 ordinanze di custodia cautelare in carcere e
ciò, in particolare, a seguito di revoca di sentenze istruttorie di proscioglimento emesse negli anni
passati per sequestri di persona ed omicidi in ordine ai quali furono indagati e prosciolti proprio il
MORABITO ed altri dallo stesso poi chiamati in causa nel presente procedimento (v. ordinanza di
revoca di sentenze istruttorie di proscioglimento del 23.11.1993 n.443/93-2707/93).
11) In data 16.11.93 AMANDINI MICHELE, anch‟egli già chiamato in causa dal MORABITO (e
successivamente anche dall‟INZAGHI) per fatti gravissimi, decideva di collaborare con la giustizia
contribuendo così a dar vita, unitamente a quanto già acquisito (in ispecie dopo le dichiarazioni rese in
particolare, dal MORABITO e dall‟INZAGHI ed ai relativi riscontri già ottenuti) ad un quadro
accusatorio di sicuro spessore probatorio in ragione delle precise, concordanti ed univoche conferme
così ulteriormente potute conseguire.
Di notevole rilievo, altresì, le indicazioni fornite dall‟AMANDINI su fatti e vicende non note agli
inquirenti, o soltanto adombrate, e tali da inserirsi ad incastro perfetto con le risultanze delle indagini già
svolte.
12) Nel prosieguo delle indagini preliminari altri indagati decidevano di collaborare con l‟AG nel
mentre altri preferivano solo ammettere le proprie responsabilità, senza chiamare in causa terzi, anche in
ragione di palesati o intuibili timori per la incolumità personale. Tra le più significative ulteriori
collaborazioni o ammissioni val la pena di segnalare quelle dei seguenti indagati:
a) PERROTTA VITTORIO19
________________________
19
Per una sintesi delle sue più rilevanti dichiarazioni in merito al Gruppo SERGI quale importante riscontro alle deposizioni
rese sul punto dai collaboratori di giustizia per così dire “storici” di tal sodalizio (MORABITO SAVERIO, INZAGHI
MARIO e ROMEO ANNUNZIATINO), v. la scheda di sintesi tracciata in sede di trattazione del reato associativo
concernente, per l‟appunto, il Gruppo SERGI. Qui è sufficiente, in via generale, ricordare che il PERROTTA ha reso
dichiarazioni
ammissive
di
292
b) CIULLA SALVATORE20
c) SARACENO VINCENZO (omicidio LABATE)
d) FRISINA ANTONIO21
_____________________________
responsabilità relative a tutte le imputazioni elevate nei suoi confronti (con relative chiamate in correità) con particolare
riferimento:
- al sequestro di persona a scopo di estorsione in danno di JACOROSSI ANGELO;
- al sequestro di persona a scopo di estorsione in danno di VISMARA ALESSANDRO;
- al coinvolgimento nel commercio delle sostanze stupefacenti;
- al sequestro di persona ed estorsione in danno di GASAPINI GIORGIO.
20
Posizione stralciata e definita con rito abbreviato. Da lui si avranno importanti notizie sul Gruppo CAROLLO. Come
dichiarato anche nelle udienze di questo processo, dopo l‟omicidio di CAROLLO GAETANO apprende dai MADONIA che
il gruppo del CAROLLO aveva stretto (prima dell‟omicidio) un rapporto di società, nel traffico di droga, con i calabresi di
Corsico tra i quali gravitava il MORABITO. In riferimento poi alla posizione di CAROLLO ANTONINO ed al suo
coinvolgimento in questi traffici, in epoca che interessa questo processo, trattandosi di vicende riguardanti gli anni
1986/1987, CIULLA affermerà in modo chiaro e incontrovertibile che:
“di tali rapporti ebbi poi ulteriore e più importante conferma nelle confidenze fattemi da ANTONINO CAROLLO durante un
colloquio in carcere ad Alessandria in cui lui venne a trovarmi con il fratello PIETRO e poco prima della sparizione di
quest‟ultimo (fine 1987: n.d.r.) Entrambi mi fecero riferimento ai calabresi di Corsico quali persone con le quali il padre
aveva instaurato rapporti di affari in comune con la droga.... ANTONINO e PIETRO mi confermarono che... lavoravano
assieme l‟eroina che ritiravano i CAROLLO, eroina che poi veniva gestita sulla piazza direttamente dai calabresi... con
questi calabresi c‟erano stati sempre buoni rapporti...”).
21
Posizione definita in abbreviato. E‟ personaggio di grande interesse processuale (cfr. in particolare il suo ultimo
interrogatorio) in riferimento al gruppo SERGI e ad alcuni dei suoi componenti (v. SERGI FRANCESCO, SERGI PAOLO,
MORABITO e INZAGHI, PARISI ANTONIO e MOSCARDI GIANFRANCO). L‟interesse processuale di questo imputato
viene anche dal fatto che esso pacificamente era stato identificato - e come tale si è riconosciuto - nel cliente contrassegnato
dalla sigla “TON. FRI” di cui alla agenda dell‟INZAGHI. Anche altri personaggi, come DUCHINI (“DINO”), MUFATO
(“ANG.”), VAGHETTI (“TOB”), VIOLA ANTONIO (“TONINO o TON”) e, sia pure parzialmente, MUZZUPAPPA
(“RE”) hanno ammesso di avere avuto rapporti per forniture di droga con il gruppo SERGI e trattandosi di persone i cui nomi
sono stati decodificati da MORABITO i INZAGHI sulla nota agenda, ben si comprende la rilevanza delle altre
decodificazioni (in relazione, ovviamente, a coloro che non hanno ammesso le loro responsabilità).
Interessante, l‟escursus del suo “pentimento”.
Nell‟int. 23.11.93, all‟inizio nega tutto, poi chiede una sospensione dell‟interrogatorio per poter conferire con il suo
difensore.
Alla riapertura dell‟interrogatorio fa parziali ammissioni, ed in particolare:
- avrebbe trattato solo la cocaina che ritirava da “gente di Corsico” per forniture da 50 grami la volta in circa 10/15 occasioni.
Solo in una occasione aveva ritirato 150 grammi. Ciò era accaduto nel 1988;
- entra in contatto con quelli di Corsico dato che ricevette da costoro un prestito di circa 70/80 milioni che gli servivano per
un Autosalone che gestiva a Gaggiano “Mi proposero di rientrare nelle spese trafficando con droga che loro stessi mi
avrebbero potuto procurare.... si tratta di gente di indubbia pericolosità e, quindi, preferisco non fare nomi e limitare il
discorso
alle
mie
responsabilità.
Posso
solo
dire
che
è
vero
293
_________________________
che trattai con INZAGHI MARIO... acquistavo da quella gente a circa 90/100.000 lire il grammo e al rivendevo a circa
L.120.000 il grammo...”;
- “... le mie frequentazioni di Corsico si sono limitate alle presenze presso l‟Autosalone di MOSCARDI GIANNI. Autosalone
che ho sempre ritenuto fosse di fatto gestito anche dal CICCIO SERGI e dal MORABITO SAVERIO, nonchè dall‟INZAGHI.
Dico ciò perchè li vidi spesso in quel posto e poi la riprova è data dal fatto che erano sempre loro a prendere parte attiva
alle trattative che io svolgevo per le autovetture...”.
Nell‟interr.... 2.12.93, si apre maggiormente:
- ribadisce il suo terrore per i calabresi di Corsico che gli procurarono droga e ribadisce che, salvi i “pentiti” MORABITO ed
INZAGHI, non intende fare i nomi di nessun altro;
- ammette anche ritiri di eroina varianti dai 50 ai 150 grammi avvenuti sempre in Corsico. Tra ritiri di eroina e cocaina ne
fece complessivamente circa 15;
- circa i contatti con i fornitori presso bar di Corsico/Buccinasco: “La consegna, il più delle volte, veniva eseguita da altre
persone, più giovani, che venivano convocate all‟uopo da parte...”;
- per giustificare i suoi timori fa presente che pochi giorni dopo il suo precedente interrogatorio il suo negozio di panetteria
sito in Via Mar Nero 6 subì un attentato (sul punto si veda il teste TUCCI PAOLO).
Nell‟int. 7.6.94 si apre in maniera definitiva e riferisce:
- entra in contatto con i fornitori calabresi di Corsico tramite SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA. Lo conosce nel 1987
e da lui ritira cocaina per circa 50 grammi la volta in almeno 4/5 occasioni (v. analitica descrizione di tali rapporti);
- in occasione della partenza per le vacanze estive del 1987 il SANGIORGIO, su pressione del FRISINA che intende ritirare
altra droga, lo mette in contatto con il suo fornitore di cocaina e cioè il SERGI FRANCESCO detto “CICCIO BILLY”
(trattasi, in realtà, di “MBILLI” storico soprannome dei fratelli PAOLO e FRANCESCO SERGI), (come si vede, le
affermazioni del FRISINA risulteranno quindi importanti non solo per il gruppo SERGI (v. infra) ma anche in relazione: a) al
coinvolgimento del SANGIORGIO in traffici di droga (v. autonoma contestazione al SANGIORGIO in relazione proprio alle
forniture eseguite al FRISINA); b) al fatto che il SANGIORGIO era effettivamente cliente di droga che ritirava dal gruppo
SERGI, così come affermato da MORABITO ed altri);
- la presentazione avvenne presso il distributore del MOSCARDI GIANFRANCO che divenne, poi, il suo abituale punto di
riferimento per i contatti con il gruppo SERGI.... nella stessa occasione oltre il SERGI conobbe anche MORABITO
SAVERIO e INZAGHI MARIO;
- conferma di avere ritirato da queste persone eroina e cocaina per circa 15 volte per quantitativi varianti dai 50 ai 150
grammi (non andrà trascurato a questo proposito il fatto che anche chi compera dal gruppo SERGI non è in grado di precisare
analiticamente le singole forniture: questo sin d‟ora per replicare a quei difensori che hanno contestato le genericità delle
indicazioni fornite dai collaboratori del gruppo SERGI circa le forniture eseguite. Se non riescono ad essere precisi coloro
che non hanno avuto molti rapporti, ben si può capire come possano non esserlo coloro che hanno avuto centinaia di rapporti
con una moltitudine di clienti);
- “circa le modalità delle forniture posso dire che quelle persone erano abbastanza metodiche. Uno di loro era sempre
reperibile presso il bar di cui sopra ovvero presso il distributore del MOSCARDI. Personalmente ebbi a che fare, per la
droga, con le seguenti persone:
SERGI FRANCESCO
MOSCARDI GIANNI (GIANFRANCO)
INZAGHI MARIO
PARISI TOTO
294
e LANDOLINA GAETANO22
_______________________________________________________________________
ed un paio di ragazzi di cui si servivano per le consegne. Preciso che anche il PARISI era persona addetta alle consegne.
Agli inizi io trattai esclusivamente con il SERGI FRANCESCO con il quale mi accordavo su prezzi e quantitativi. Lui poi
dava ordine o al PARISI o a uno dei ragazzi di cui ho detto di eseguire materialmente la consegna previ accordi con me. Le
consegne avvenivano sempre in quella zona, spesso di fronte alla Metro di Trezzano. Il SERGI non eseguiva mai le consegne
ma le delegava ai suoi collaboratori....”;
- in seguito ebbe anche contatti analoghi (accordi) con l‟INZAGHI MARIO
“GIANNI MOSCARDI svolgeva un ruolo di accordo tra i clienti ed i calabresi di cui parlo. Faceva da tramite per i contatti
e in talune occasioni io lasciai a lui il denaro relativo alle forniture. Solo in una occasione fu lui a consegnarmi un
quantitativo di circa 50 grammi di cocaina che custodiva all‟interno di un cassetto dietro il bancone di vendita
dell‟autosalone. Si trattava di un quantitativo per la cui vendita avevo già preso accordi con il SERGI FRANCESCO”;
- ricorda una volta che diede 25 milioni al MOSCARDI per pagare una fornitura e questi non li consegnò al SERGI
FRANCESCO. Per tale vicenda fu contattato da SERGI PAOLO, verso il luglio del 1988, che pretese il pagamento dei 25
milioni. Pur avendo ammesso il MOSCARDI di essersi lui appropriato dei 25 milioni ricevuti dal FRISINA il SERGI
PAOLO “mi disse che a lui nulla interessava di quel rapporto che aveva avuto con il MOSCARDI e con fare minaccioso mi
disse che dovevo comunque versare a sue mani quella somma, fui costretto a lasciare in più occasioni degli assegni bancari
direttamente al PAOLO SERGI... ancora oggi sono creditore con il MOSCARDI per la somma di circa 19/20 milioni...”
Parole che la dicono lunga suo modi usati dai SERGI per “convincere” i ... renitenti;
- indica come clienti del gruppo SERGI, per sua esperienza personale:
- TOMARCHIO NUNZIO (già come tale indicato da MORABITO e INZAGHI e già giudicato e condannato con rito
abbreviato);
* D‟ANGELO ANIELLO
* DUCHINI DINO
* GUZZARDI ANTONIO (posizione stralciata in udienza);
- subisce minacce in Carcere, allorchè si apprende della sua confessione in Nord Sud, da parte di:
§ D‟ANGELO ANIELLO
§ SERGI GIUSEPPE
§ CIAMPA ANTONIO
ed altri.
22
Anche questa posizione è stata definita con rito abbreviato. L‟interr. del 2.12.93 è stato utilizzato a fini contestativi e
quindi prodotto dal P.M. nell‟udienza 15.5.96 e acquisito con ordinanza 4.6.96.
L‟interesse processuale è dato dal “riscontro” che riceve il giudizio di credibilità del MORABITO. L‟imputato, infatti, ha
ammesso analiticamente tutte le indicazioni di MORABITO sul suo coinvolgimento in traffici di droga. Ha precisato,
tuttavia, che non avrebbe parlato di altri calabresi di Corsico e Buccinasco coinvolti in quei traffici in quanto gente di estrema
pericolosità. E tanto avvalora il giudizio di “mafiosità” di quella “societas” criminale dei SERGI (e non solo quella, come si
dirà). Ha riferito inoltre fatti di rilievo, quali:
- ha indicato INZAGHI come socio del MORABITO. Ha lavorato come dipendente del MORABITO, per la droga, presso un
bar di Corsico dove il MORABITO era solito stazionare;
- sulle modalità di consegna della droga: identiche a quelle descritte dai collaboratori del gruppo SERGI (MORABITO,
INZAGHI e ROMEO);
295
f) VIOLA ANTONIO23
g) VAGHETTI PIERLUIGI24
_____________________________________________________________________________________________________
- ha consegnato quantitativi da 50 o 100 grammi la volta (il dato è di rilievo in quanto conferma che il gruppo del
MORABITO smerciava a livelli elevati);
- ha ammesso di avere prestato al MORABITO un cliente di Bari che fece poi alcuni ritiri di eroina dal gruppo del
MORABITO.
23
Imputato anch‟esso nell‟originario processo “Nord-Sud” e giudicato in abbreviato. Si è qui avvalso della facoltà di non
rispondere, one ne è stato prodotto dal P.M. il costituto nell‟udienza 15.5.96 con successiva acquisizione da parte della Corte
con ordinanza 4.6.96. L‟interesse processuale è nella direzione di cui sopra e dai riferimenti a luoghi e personaggi di questo
dibattimento che lui fa, tenuto conto che ammette ritiri di eroina dal gruppo SERGI ed in particolare indica come suo
fornitore l‟INZAGHI MARIO che già aveva conosciuto a San Vittore durante una comune detenzione. “Intrattenni stabili
rapporti con l‟INZAGHI per forniture di eroina... i rapporti con INZAGHI avvenivano più o meno in modo standard e cioè ci
si incontrava a Corsico ed io gli chiedevo l‟eroina e lui me la faceva portare, in posti che concordavamo in precedenza,
tramite qualche ragazzo di sua conoscenza. Personalmente l‟INZAGHI non faceva le consegne.... INZAGHI lo incontravo o
presso il distributore del MOSCARDI GIANFRANCO... oppure in uno dei bar della zona limitrofa...”
24
Altro imputato di “Nord-Sud”, già giudicato in abbreviato: VAGHETTI PIERLUIGI (“TOBIA”).
L‟interesse processuale è il medesimo: oltre al consueto “autorevole” riscontro - segnatamente per i reati di droga - ai
collaboratori “storici” (MORABITO, INZAGHI, ROMEO) di questo dibattimento, anche uno “spaccato” della attività dei
SERGI e dei luoghi (“uffici”) dei loro traffici, delle grosse quantità di droga trattate del loro modus operandi e della loro
pericolosità. In questo dibattimento si è avvalso della facoltà di non rispondere, onde si è proceduto come sopra (tempi e
modi).
Ammette di essersi rivolto al MORABITO e di avere da lui ricevuto forniture di cocaina. Lo conosce da anni e del resto abita
di fronte al bar Trevi di Via Bramante (già bar Jolly):
“ben sapevo che presso il bar Trevi stazionavano a tutte le ore del giorno, praticamente, un gruppo di calabresi che
notoriamente si sapeva nell‟ambiente essere inseriti nel commercio della droga.... e tra costoro proprio il MORABITO
SAVERIO.... conoscevo i suoi amici di vista, so anche i loro nomi ma vorrei essere compreso nella gravi preoccupazioni che
ho per me e per la mia famiglia e quindi non intendo fare nominativi diversi da quelli del MORABITO pur precisando, ed è il
massimo che posso dire, che presso quel bar stazionava un gruppo di calabresi pressochè in pianta stabile e che si sapeva
far parte dello stesso gruppo ove operava il MORABITO. Giravano con macchine da 60/70 milioni e nell‟ambiente era
notorio il loro inserimento in attività illecite, non esclusa la droga, e ciò posso dirlo sia per la mia esperienza diretta e sia
perchè in quel bar c‟era un viavai della Madonna...” (pag.2). Riferisce poi che MORABITO dava la cocaina facendosi
coadiuvare, per le consegne, da dei ragazzi anch‟essi calabresi ed anch‟essi regolarmente presenti presso il bar di Via
Bramante (pag.3):
“io mi recavo al bar Trevi, contattavo uno dei ragazzi che avevo conosciuto tramite il MORABITO e fissavo con costoro un
appuntamento, sempre nell‟arco della stessa giornata, e quindi avveniva, sempre in zona, la consegna. Pagavo direttamente
a mani di queste persone.... non trattai mai più con lui direttamente (il MORABITO) se non dopo il primo contatto, ma
sempre e solo con i suoi collaboratori....” “... sopportavano poco clienti che come me ritiravano pochi grammi di sostanza
stupefacente...” (pag.3).
296
h) YASA CEMIL25
i) SALESI GIOVANNI (ammissioni parziali)
l) ZUFFRANO VINCENZO26
m) MOSCARDI GIANFRANCO
n) CORSO FRANCESCO GIUSEPPE27
o) GIORGI FRANCO28
Apparirà in prosieguo ancor più evidente come tali ulteriori scelte processuali abbiano giovato al
rafforzamento delle già inizialmente solide prospettazioni accusatorie. Nel decreto di rinvio a giudizio è
stato dato risalto ai “settori di influenza” delle dichiarazioni di coloro che collaborarono o confessarono
a seguito degli arresti del 14.10.93 e d‟altro canto essi compariranno specificamente nella trattazione dei
singoli episodi delittuosi.
Sempre in un‟ottica di sintetica ma opportuna anticipazione di quanto verrà approfondito nelle
pagine che seguiranno, vale la pena di sottolineare ancora una volta, con vigore, l‟assoluta importanza
e rilevanza delle dichiarazioni rese da chi, dopo i due MORABITO, intese collaborare con l‟AG ovvero
intese solo “dissociarsi” rendendo ammissioni relative solo alla propria persona. L‟insieme di tal
dichiarazioni, infatti, come si vedrà, ha finito per dar vita e corpo ad un quadro accusatorio di
rara
efficacia
ed
altresì
a
________________________
25
Altra posizione di imputato definita con rito abbreviato. Lo YASA CEMIL ammette le indicazioni a suo carico fornite da
MORABITO SAVERIO e da INZAGHI MARIO, e porta inoltre un valido riscontro alle indicazioni date dagli stessi
collaboratori sul conto di MUSCIO MARIO e sul Gruppo di SERGI, nonchè su TOMASELLO SANTO (a questa
posizione si rinvia per un approfondimento sul punto).
26
E‟ imputato che, come i precedenti, ha chiesto e ottenuto di procedere col rito abbreviato. Ha ammesso la fornitura di 10
kg. di marijuana ad opera di MORABITO ASSUNTO LUIGI, così come dal medesimo descritta.
27
E, in verità, una posizione minore. E tuttavia val la pena di ricordare che, ammesso e condannato in rito abbreviato, anche
questo imputato - che qui si è avvalso della facoltà di non rispondere, con conseguente acquisizione, come sopra, dei suoi
costituti - sostanzialmente ammette tutte le indicazioni fornite dal MORABITO in riferimento alla sua partecipazione al
sequestro JACOROSSI.
28
Anche questa è una posizione minore ma val la pena di menzionarla in riferimento a una vicenda che, se non vi fossero
anche le parole di altri collaboratori, avrebbe il sapore dell‟incredibile. GIORGIO FRANCO, indagato a piede libero in
“Nord Sud” che qui si è avvalso (in parte) della facoltà di non rispondere, con le conseguenze di cui alla posizione che
precede (i suoi costituti sono stati prodotti dal P.M. nella udienza 15 maggio 1996 e sono stati acquisiti con ordinanza 4
giugno 1996), conferma infatti in toto le “vicende della Libia” così come riferite da MORABITO, AMANDINI ed
INZAGHI
(v.
partecipazione
di
FRANK
COPPOLA,
tappa
a
Malta
etc).
297
fornire il pieno convincimento della affidabilità dei primi collaboratori.
Le dichiarazioni rese da INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, PERROTTA VITTORIO,
ROMEO ANNUNZIATINO e BRUNO e gli altri sopra menzionati, infatti, congiuntamente lette
consentono una ricostruzione sicuramente tranquillizzante della gran parte delle originarie indicazioni
fornite, in particolare, dal MORABITO SAVERIO e tale univocità consente, di converso, il
raggiungimento di una positiva valutazione di attendibilità anche in riferimento, ben si intende, alle
dichiarazioni delle persone sopra menzionate (e cioè di chi collaborò in seconda battuta).
Non è certo di poco rilievo, infatti, il rammentare come l‟INZAGHI, l‟AMANDINI, i due
ROMEO e il PERROTTA e le altre persone in questione abbiano ammesso le loro responsabilità per
tutti gli episodi contestati, con dovizia di dettagli e sovente anche con integrazioni e precisazioni
rispetto alle dichiarazioni rese dal MORABITO, ed in ispecie allorchè tra i reati ammessi figuravano
fatti gravissimi quali omicidi e sequestri di persona. A mero titolo esemplificativo, in ordine alla
efficacia della originaria chiamata in causa eseguita dal MORABITO SAVERIO, vale la pena di
sottolineare la piena ed esaustiva confessione resa da SARACENO VINCENZO il quale, indicato solo e
soltanto come colui che portò al MORABITO, dalla Calabria, l‟ordine di uccidere l‟avvocato PIETRO
LABATE, ha inteso serenamente ammettere la propria responsabilità con ciò comprovando non solo il
suo effettivo distacco dall‟ambiente mafioso, che ammise di avere frequentato, ma anche la piena
affidabilità del MORABITO il quale, è bene precisarlo, aveva fornito sul conto del SARACENO
indicazioni precise ed intrinsecamente attendibili ma, va detto, di per sè, per la loro stessa natura, non
suscettibili - o difficilmente suscettibili - di oggettivi riscontri.
Analoga efficacia sarà posta in evidenza, “mutati mutandis”, in riferimento a numerose altre
scelte processuali sostanzialmente similari a quella del SARACENO.
13) La gran parte delle dichiarazioni rese da MORABITO ASSUNTO LUIGI, e di cui alla
ordinanza coercitiva n. 443/93 del 7.10.93, dava successiva vita ad autonomo fascicolo processuale
298
(n.10772/93 RGNR/21) e ciò a seguito della scelta di separazione, dal presente procedimento, di tutte le
vicende riguardanti le circa 40 rapine di cui riferì il MORABITO ASSUNTO LUIGI.
Tale soluzione veniva adottata, sia per ragioni di economia processuale, sia perchè non ricorrevano
ostative ragioni di connessione.
Altri provvedimenti di separazione venivano adottati nel corso delle indagini, il più delle volte
per la concomitanza di altre indagini a carico delle stesse persone o gruppi (v. ad es. stralcio per il cd.
gruppo FLACHI). Altri, come si dirà, seguiranno nel corso del dibattimento.
Di converso, venivano a confluire nel presente procedimento, a seguito di analoghi
provvedimenti di separazione, risultanze investigative relative a procedimenti connessi riguardanti taluni
degli attuali imputati.
Si fa, in particolare riferimento allo stralcio disposto dal proc. pen. n. 3169/92-21 relativo alle
posizioni degli imputati chiamati a rispondere dei reati compresi dal n.208 al n.219.
Trattasi, in particolare, di imputazioni mosse a seguito della collaborazione prestata dal già
menzionato PIRRONE VINCENZO e riguardante, appunto, vicende connesse.
Dal proc. pen. n. 12602/92/21 “confluiva” nel presente procedimento anche la imputazione di
cui al capo 220 e ciò, in particolare, sulla base di indicazioni fornite dal collaboratore ANNACONDIA
SALVATORE.
14) In data 15.5.94 il P.M. avanzava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di AGIL
FUAT + 170 e cioè per tutti gli indagati nel procedimento in oggetto (come risultanti a seguito dei sopra
menzionati provvedimenti di separazione)-
con
15) Nel corso della udienza preliminare venivano formulate numerose richieste di definizione
giudizio
abbreviato,
ed
in
particolare
da
parte
dei
seguenti
imputati:
299
AMANDINI MICHELE
AMANTE ANTONINO
AMANTE PIETRO
BISSONI FRANCO
CERULLO PIETRO
CORSO FRANCESCO G.
FRISINA ANTONIO
INZAGHI MARIO
LANDOLINA GAETANO
LO PRETE NICOLA
MAIOLO PASQUALE
MANFRIN ANGELO
MOLLUSO FRANCESCO
MORABITO ASSUNTO LUIGI
MORABITO SAVERIO
MUSCIO MARIO
MUSCIO RICCARDO
PAPALIA ROCCO
LOMBARDO GIULIO ANTONINO
PERROTTA VITTORIO
PETRACHI ALESSANDRO
PETRACHI LEONARDO
PETRACHI SALVATORE
PUMA MASSIMILIANO
RADICE GIANLUIGI
RECHICHI DIEGO
SARACENO VINCENZO
SCHIAVO GIUSEPPE
SERGI SAVERIO (‟48)
TOMARCHIO NUNZIO S.
TOMASELLO SANTO
VAGHETTI PIERLUIGI
VIOLA ANTONIO
ZAPPIA GIUSEPPE
ZITO ANTONINO
ZUFFRANO VINCENZO
YASA CEMIL
Il P.M. prestava il consenso per tutte le richieste di giudizio abbreviato con la sola esclusione per
quella avanzata dall‟imputato LOMBARDO GIULIO ANTONINO ed in ragione dell‟ostativa pena
massima prevista per il reato contestato allo stesso (ergastolo).
Il consenso veniva formulato anche in riferimento alle posizioni di MORABITO SAVERIO,
INZAGHI MARIO e SARACENO VINCENZO per i quali, nonostante le contestazioni di reati punibili
anche con la pena dell‟ergastolo, il P.M. riteneva applicabile la speciale normativa di cui all‟art.8 del
D.L. 13.5.91 n.152 conv. con Legge 12.7.91 n.203.
Ma il G.i.p. non aderiva a tale interpretazione, seguendo quella contraria assolutamente dominante
in giurisprudenza e che questa Corte, lo si può anticipare, pienamente condivide.
16) Il rito abbreviato veniva invece ammesso dal GIP per le seguenti posizioni:
300
AMANDINI MICHELE*
CORSO FRANCESCO GIUSEPPE*
FRISINA ANTONIO*
LANDOLINA GAETANO*
MANFRIN ANGELO
MORABITO ASSUNTO LUIGI*
MUSCIO RICCARDO
PERROTTA VITTORIO*
PETRACHI SALVATORE
RADICE GIANLUIGI*
SCHIAVO GIUSEPPE
SERGI SAVERIO (cl. 48)*
TOMARCHIO NUNZIO SEBASTIANO
VAGHETTI PIERLUIGI*
VIOLA ANTONIO*
ZAPPIA GIUSEPPE
ZITO ANTONINO
ZUFFRANO VINCENZO*
YASA CEMIL*
17) Tutti gli indagati ammessi al rito abbreviato venivano giudicati responsabili dei reati ad
essi rispettivamente ascritti (con la sola esclusione del PETRACHI SALVATORE) e per taluni di essi le
decisioni sono divenute definitive, così indirettamente avvalorando il complessivo impianto
accusatorio e, più in particolare l‟accreditamento del MORABITO, come personaggio attendibile e
affidabile e così pure di quant‟altri come lui intesero collaborare con l‟A.G.29
18) La udienza preliminare, snodatasi in più fasi, si concludeva con il rinvio a giudizio di
tutti gli indagati (con la sola esclusione di PAPALIA PASQUALE per il quale, su conforme richiesta
del PM, veniva emessa sentenza di non luogo a procedere).
_______________
29
Cfr. dispositivi e sentenza per gli imputati contrassegnati dallo * prodotti dal P.M. alla udienza del 28 marzo 1995 e
acquisiti al dibattimento con la citata ordinanza 13 aprile 1995 (cfr. Vol 228, sub. 161). Sentenze che sono divenute definitive
per MANFRIN, MUSCIO, TOMARCHIO, SCHIAVO, ZITO (cfr. prod. P.M. del 17.1095, par. nn.4 e 5, e ordinanza
acquisitiva 24.10.95) e ZAPPIA (cfr. produzione della difesa di ZAPPIA VINCENZO).
301
19) Per completezza, va altresì ricordato che avevano precedentemente optato per la scelta del
giudizio immediato (cui faceva seguito il relativo decreto, ex art.453/3 e 419/5 c.p.p.) i seguenti
indagati:
DI MARCO SALVATORE
GUZZARDI ANTONINO
LO COCO GIUSEPPE
MARINO SALVATORE
MEDICI EMANUELE
PINO GIACINTO
PISANI SAVERIO ROSARIO
SCHIATTARELLA VINCENZO
VITALE ANTONINO
20) Ulteriori acquisizioni investigative, ex art.430 c.p.p..., ovvero esiti di accertamenti
provenienti da altre separate indagini, ovvero ancora esiti di altri procedimenti penali, andavano ancora
a rafforzare il quadro probatorio del presente procedimento così come delineato dalla Pubblica Accusa.
Ci si intende riferire:
a) alle acquisizioni relative ad altri dibattimenti, e di cui alle liste presentate ex art. 468/4bis
c.p.p. Trattasi di risultanze che assumono rilevanza e concludenza in ragione del loro incastro perfetto
con il materiale probatorio già proprio del presente procedimento;
b) agli ulteriori arresti di imputati che, avendo beneficiato della revoca della misura coercitiva
emessa nei loro confronti nel presente procedimento, erano stati nuovamente colpiti, in autonome
indagini, da provvedimenti restrittivi sempre per fatti analoghi (v. ad es. MOSCARDI GIULIANO ed
ESPOSITO GIUSEPPE, arrestati ancora una volta per violazione della Legge Stupefacenti);
c) alle ulteriori acquisizioni derivanti da dichiarazioni di altri collaboratori, per taluni dei quali la
scelta di collaborazione era stato possibile alla P.A. rendere palese solo in epoca successiva alla
302
udienza preliminare.Trattasi di dichiarazioni utili ad evidenziare nuovi elementi di responsabilità a
carico di imputati nel presente procedimento e di notevole rilevanza probatoria in quanto anch'esse in
grado di aderire perfettamente al materiale probatorio già acquisito (v. ad esempio le dichiarazioni rese
da SAKIROGLU MUSTAFÀ SADUN , a seguito delle quali veniva emessa nuova ordinanza coercitiva
a carico , tra gli altri, di SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO per traffico di stupefacenti,
ovvero, le ulteriori e più recenti dichiarazioni rese da CIULLA SALVATORE, PERROTTA
VITTORIO, FUSCALDO GIUSEPPE ed altri);
d) agli esiti di procedimenti penali (tra i tanti, v. la sentenza di condanna emessa dal Tribunale
di Milano, in data 8.2.95, nell'ambito del procedimento a carico di PAPALIA ANTONIO (cl.'75),
PAPALIA FRANCESCO, BARBARO LORENZO e ROMEO ANTONIO. Trattasi di pronunzia che, in
ambito di indagine autonoma, riconosce i predetti come responsabili, tra l'altro, del reato p. e p. dall'art.
416 bis C.P. "per aver fatto parte di una associazione di tipo mafioso facente capo al cosiddetto clan
PAPALIA (oggetto del procedimento n. 443/93 RG mod. 21)...".
Trattasi, come ben si intende, di una importante conferma -sia pure nei limiti indicati nella
ordinanza 13 aprile 1995 di questa Corte- della provata esistenza di uno dei gruppi criminali protagonisti
nel presente procedimento, conferma che, probatoriamente parlando, assume ancor più rilevanza ove si
consideri che nella fase dibattimentale del procedimento sopra indicato hanno avuto ingresso taluni atti
ritenuti di primaria importanza nel procedimento penale a carico di AGIL FUAT ed altri (v., ad
esempio, gli interrogatori resi da MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO, PIRRONE MAURIZIO
ed altri);
e) alla riconosciuta attendibilità ed affidabilità della scelta di collaborazione effettuata da
MORABITO SAVERIO, così come già esplicitamente evidenziata in sentenze emesse in procedimenti
nei quali il predetto fu interrogato ex art. 210 C.P.P. (v. ad esempio, oltre quanto già osservato nel
paragrafo che precede: la (2°) sentenza di appello emessa nel procedimento riguardante la cd. "Duomo
Connection". Di altre importanti conferme giudiziarie della affidabilità dei "dichiaranti" che interessano
questo processo si dirà più avanti).
303
Queste, a grandi linnee, le principali vicende caratterizzanti la fase delle indagini preliminari del
presente procedimento:
In data 23 febbraio 1995, si apriva il dibattimento. Dopo le prime ordinanze (tra le quali quelle
relative alla separazione di talune posizioni e alla declaratorie contumaciali30, nonché alla sospensione,
ex art.304/2 c.p.p., dei termini massimi di custodia cautelare di fase31), ne seguivano numerose altre
sulle più varie tematiche, spesso sollecitate anche dalla applicazione del nuovo rito penale a dibattimenti
- come questo- di lunga durata, con molti imputati (da ultimo, per evenienze diverse:133) e una elevata
molteplicità di addebiti. Non resta che rinviare ad esse, come parte integrante della presente sentenza,
segnalando tra esse: le seguenti:32
___________________________________________
30
Ordinanze del 23 febbraio 1995.
31
Ordinanza del 25 marzo 1995 Per BARBARO GIUSEPPE cl. 48, arrestato il 28 settembre 1995, i termini verranno sospesi
con ordinanza 21 febbraio 1996. Per BRANCA DOMENICO la cui posizione è stata inizialmente separata con ordinanza 27
settembre 1995 dalle altre del c.d. troncone principale e quindi riunita su richiesta delle stesse sue difese, con ordinanza 8
aprile 1997 la sospensione dei termini massimi di custodia cautelare della fase dibattimentale è stata disposta con ordinanza
29 febbraio 1996 (v.sul punto, la dettagliata nota al Capo di imputazione 76).
32
Tra le ordinanza che sono state pronunciate dalla Corte su questioni o richieste delle difese si ritiene utile ricordare le
principali, nell'ordine che segue. Una menzione separata meritano comunque le ordinanze relative alla posizione del c.d.
Gruppo SERGI (SALVATORE AQUINO, FRANCESCO SERGI cl.56, GIUSEPPE SERGI, FRANCESCO
SERGIcl.68,PAOLO SERGI, SAVERIO SERGI cl.68, FRANCESCO TRIMBOLI e GIUSEPPE ZAVETTIERI ) e, in
particolare, l'ordinanza 29 aprile 1997 in qualche modo "riepilogativa " di talune questioni concernenti la posizione
dell'imputato PAOLO SERGI e questo, vuoi per le vicende processuali di tale posizione (in sede di discussione in un primo
tempo separata dal processo principale e poi nuovamente unita ad esso), vuoi per la singolarità e "atipicità " della difesa
tecnica che l'ha assistita (con riferimento anche all'intero Gruppo):
AGIL FAUT
23.02.1995
AGOSTINO ROCCO
28.03.1995
05.11.1996
AGRESTA ANTONINO:
28.03.1995
06.12.1995
18.07.1996
26.09.1996
304
07/11/1996
12/11/1996
25/03/1997
ALFONSI MARCO
28/03/1995
13/04/1995
AMANTE ANTONINO
28/03/1995
13/04/1995
AMANTE GIOVANNI
28/03/1995
13/04/1995
18/07/1996
26/09/1996
AMANTE PIETRO
28/03/1995
13/04/1995
18/07/1996
AMBROSIO CARMINE
23/02/1995
13/04/1995
26/09/1996
08/01/1997
AQUINO SALVATORE
23/02/1995
01/03/1995
13/04/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
18/07/1996
05/11/1996
23/04/1997
BARBARO DOMENICO
28/03/1995
13/04/1995
12/03/1996
18/04/1996
BARBARO GIUSEPPE (cl. 56)
23/02/1995
13/04/1995
BARBARO GIUSEPPE (cl. 59)
28/03/1995
13/04/1995
12/06/1996
BARBARO GIUSEPPE (cl. 48)
23/02/1995
13/04/1995
17/010/95
21/02/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
305
BENEDETTO GIUSEPPE
28.09.1998
BIFFI SIRO FRANCESCO
13.04.1995
17.10.1995
BISSONI FRANCO
13.04.1995
15.11.1995
18.07.1996
BOMBARA MICHELE
28.03.1995
13.04.1995
05.11.1996
12.11.1996
BOMBARA NICOLINO
28.03.1995
18.07.1996
05.11.1996
BONANNO LUIGI
28.03.1995
BRANCA DOMENICO
23.02.1995
13.04.1995
27.09.1995
18.06.1996
08.04.1997
CALABRO' FRANCESCO
28.03.1995
18.07.1996
CAMMARERI DOMENICO
28.03.1995
CARBONE PASQUALE
28.03.1995
13.04.1995
CAROLLO ANTONINO
09.03.1995
28.03.1995
13.04.1995
CARUSO ROBERTO
28.03.1995
18.07.1996
CATANZARITI AGOSTINO
28.03.1995
CELINI VINCENZO
28.03.1995
CERULLO PIETRO
28.03.1995
13.04.1995
24.10.1995
15.11.1995
11.06.1996
12.06.1996
27.06.1996
18.07.1996
306
CIAMPA ANTONIO
13/04/1995
COLUCCIO GIUSEPPE
28/03/1995
13/04/1995
05/11/1996
CORNIGLIA FEDERICO
28/03/1995
13/04/1995
26/10/1995
11/06/1996
27/06/1996
18/07/1996
26/09/1996
CRISAFULLI ALESSANDRO
28/03/1995
03/04/1995
25/10/1995
CRISAFULLI BIAGIO
23/02/1995
03/04/1995
13/04/1995
25/10/1995
D'ANGELO ANIELLO
13/04/1995
18/07/1996
26/09/1996
DI MARCO SALVATORE
09/03/1995
DISCEPOLO LUIS VINCENT
23/02/1995
DUCHINI DINO
13/04/1995
12/06/1996
18/07/1996
FERRARO ANTONIO
13/04/1995
FERRERO WALTER
28/03/1995
13/04/1995
18/07/1996
26/09/1996
08/01/1997
FONTANA VINCENZO
28/03/1995
FRANCHETTI ALESSANDRO
28/03/1995
GIRGENTI GASPARE
28/03/1995
13/04/1995
26/09/1996
GRASSO GIOVANNI
05/11/1996
GRILLO MICHELE
28/03/1995
307
GUZZARDI ANTONINO
09.03.1995
GUZZARDI CARLO MAURIZIO
09.03.1955
INZAGHI MARIO
28.11.1995
IOFFRIDA LEONE LUIGI
13.04.1995
LENA GIULIO
23.02.1995
13.04.1995
LO COCO GIUSEPPE
09.03.1995
LOMBARDO GIULIO A.
28.03.1995
13.04.1995
18.07.1996
LOPEZ PATINO SERGIO L.
23.02.1995
13.04.1995
LO PRETE NICOLA
28.03.1995
05.11.1996
MAIOCCHI ROBERTO
28.03.1995
13.04.1995
18.07.1996
MALLAMACE ANTONIO
28.03.1995
18.07.1996
MAMMOLITI DOMENICO(cl.62)
23.02.1995
MANCUSO GIANFRANCO
13.04.1995
MARANDO DOMENICO
09.03.1995
MARANDO PASQUALE
09.03.1995
MARANDO ROSARIO
09.03.1995
MARINO SALVATORE
28.03.1995
13.04.1995
18.07.1996
MAZZU' SAVERIO
23.02.1995
MEDICI EMANUELE
28.03.1995
13.04.1995
26.10.1995
02.04.1996
22.05.1996
11.06.1996
04.07.1996
18.07.1996
308
26/09/1996
MIRABELLA GIUSEPPE
28/03/1995
13/04/1995
18/06/1996
MOLLUSO FRANCESCO
28/03/1995
18/07/1996
MORABITO SAVERIO
15/05/1995
MOSCARDI GIANFRANCO
13/04/1995
MOSCARDI GIULIANO
09/03/1995
MUFATO ANGELO
28/03/1995
13/04/1995
17/10/1995
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
MUSCIO MARIO
28/03/1995
13/04/1995
02/05/1997
MUSICO' ANTONINO
13/04/1995
18/07/1996
MUSITANO ANTONIO
23/02/1995
13/04/1995
17/10/1995
06/12/1995
07/02/1996
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
MUZZUPAPPA GIUSEPPE
23/02/1995
13/04/1995
NIRTA ANTONIO
28/03/1995
13/04/1995
26/03/1996
18/06/1996
18/07/1996
NIRTA DOMENICO
23/02/1995
09/03/1995
NIRTA GIUSEPPE (cl. 65)
09/03/1995
NIRTA GIUSEPPE (cl. 60)
27/06/1996
18/07/1996.
309
NIZZOLA FRANCESCO
23/02/1995
27/09/1995
NUCARA ALESSANDRO
28/03/1995
13/04/1995
24/04/1996
12/06/1996
18/06/1996
10/07/1996
18/07/1996
ORIO UMBERTO
28/03/1995
PANAIA ANTONIO
28/03/1995
PAOLUCCI ANTONIO
28/03/1995
13/04/1995
28/09/1995
18/07/1996
PAPALIA ANTONIO
28/03/1995
13/04/1995
12/03/1996
24/04/1996
14/05/1996
22/05/1996
11/06/1996
27/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
12/11/1996
PAPALIA DOMENICO
02/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
12/03/1996
02/04/1996
14/05/1996
22/05/1996
27/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
PAPALIA GIUSEPPE
28/03/1995
24/04/1996
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
PAPALIA ROCCO
28/03/1995
13/04/1995
24/04/1996
310
22/05/1996
18/07/1996
05/11/1996
PARISI ANTONIO
28/03/1995
13/04/1995
23/04/1996
18/07/1996
05/11/1996
PARISI DOMENICO
28/03/1995
13/04/1995
18/07/1996
05/11/1996
PEDRANI ROBERTO
28/03/1995
03/04/1995
27/06/1996
18/06/1996
05/11/1996
PELLIZZERI BIGIO
28/03/1995
13/04/1995
PERRE FRANCESCO
23/02/1995
PETRACCHI LEONARDO
18/07/1996
PINO GIACINTO
23/02/1995
PISANI SAVERIO ROSARIO
13/04/1995
PIZZATA GIOVANNI
28/03/1995
PUGLISI CARMELO
13/04/1995
27/06/1996
26/09/1996
PUMA MASSIMILIANO
13/04/1995
RECHICHI DIEGO
28/03/1995
11/06/1996
ROMEO FRANCESCO
13/04/1995
27/06/1996
ROMEO GIUSEPPE
23/02/1995
RUBINO CIRO
13/04/1995
27/06/1996
18/07/1996
SAFFIOTI VINCENZO
28/03/1995
26/09/1996
05/11/1996
311
SALERNO DOMENICO
23/02/1995
SALESI GIOVANNI
09/03/1995
28/03/1995
02/04/1996
SANGIORGIO GIOVANNI B.
13/04/1995
SARACENO VINCENZO
13/04/1995
SAVOCA SALVATORE
23/02/1995
SCHIATTARELLA VINCENZO
28/03/1995
13/04/1995
26/10/1995
SCOLLO AGATINO
09/03/1995
28/03/1995
18/07/1996
SERGI FRANCESCO (cl. 68)
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
23/04/1997
SERGI FRANCESCO (cl. 56)
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
12/11/1996
23/04/1997
SERGI GIUSEPPE
09/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
312
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
23/04/1997
SERGI PAOLO
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
12/11/1996
11/03/1997
09/04/1997
18/04/1997
22/04/1997
23/04/1997
29/04/1997
SERGI SAVERIO(cl. 68)
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
05/11/1996
23/04/1997
SGAMBELLONE MARIO
13/04/1995
SOMNEZ MUSTAFA'
23/02/1995
STRANGIO ANTONIO
23/02/1995
13/04/1995
27/09/1995
STRANGIO FILIPPO
13/04/1995
STRANGIO FRANCESCO
23/02/1995
13/04/1995
18/07/1996
TOMASELLO SANTO
23/02/1995
313
09/03/1995
13/04/1995
TRICHILO ANTONIO
28/03/1995
TRIMBOLI DOMENICO (cl. 61)
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
26/09/1996
23/04/1997
TRIMBOLI DOMENICO (cl. 59)
28/03/1995
13/04/1995
05/11/1996
TRIMBOLI FRANCESCO
23/02/1995
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
17/10/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
23/04/1997
TRIMBOLI ROCCO
23/02/1995
09/03/1995
TROPIANO FRANCESCO
13/04/1995
21/02/1996
VIOLI ANTONIO
28/03/1995
13/04/1995
11/06/1996
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
VIOLI PASQUALE
13/04/1995
VIOLI SALVATORE
23/02/1995
VIRGILLITO GAETANO
23/02/1995
314
* 9 marzo 1995, su questioni preliminari (eccezioni varie di nullità e/o inutilizzabilità e di res
iudicata; questioni relative al
______________________________________________________________________
VITALE ANTONINO
28/03/1995
13/04/1995
ZACCO ANTONINO
28/03/1995
06/12/1995
28/05/1996
18/07/1996
26/09/1996
07/11/1996
12/11/1996
ZAPPIA VINCENZO
13/04/1995
18/07/1996
ZAVETTIERI GIUSEPPE
09/03/1995
28/03/1995
13/04/1995
15/05/1995
18/10/1995
19/10/1995
23/10/1995
13/03/1996
12/06/1996
18/07/1996
26/09/1996
05/11/1996
23/04/1997
ZINGHINI' DOMENICO
13/04/1995
PER TUTTI
23/02/1995
02/03/1995
09/03/1995
13/04/1995
30/06/1995
07/11/1995
06/12/1995
21/02/1996
22/05/1996
29/04/1997
02/05/1997
315
contenuto del fascicolo del dibattimento; di riunione al p.pen. AGIL FUAT di altri procedimenti, taluni
dei quali pervenuti a contestuale dibattimento a seguito della richiesta di giudizio immediato di cui si è
detto; di separazione, per contro, di altre posizioni e loro trasmissione ad AA.GG. diverse per eventuale
loro riunione a procedimenti pendenti avanti le medesime 33 : in punto di " stralcio" di altre posizioni
cfr. anche ordinanze 23 febbraio 199534 , 27 settembre 199535 , 28 settembre 199536 , 25/26 ottobre
199537 e 8 gennaio 199738 );
* 13 aprile 1995, sulle richieste di prove orali e documentali ( ordinanza con la quale, tra l'altro,
la Corte enuncia i criteri di utilizzo dei documenti acquisiti, segnatamente quelli provenienti
dall'indagine preliminare o da istruttorie di vecchio rito o da separati dibattimenti e delibera sulla
"formulazione" dei vari capitoli di prova orale hinc et hinde proposta, nonché sulla loro rilevanza e
ammissibilità39 : giudizio, quest'ultimo, ripreso con la ordinanza 12 giugno 1996 all'esito della
istruttoria dibattimentale a carico)40;
___________________
33
Con questa ordinanza sono state "stralciate" le posizioni di: MARANDO PASQUALE, MARANDO DOMENICO e
MARANDO ROSARIO; di TRIMBOLI ROCCO, NIRTA GIUSEPPE e NIRTA DOMENICO; DI MARCO SALVATORE;
GUZZARDIA ANTONINO e GUZZARDI MAURIZIO.
34
Con la quale sono state " stralciate" le posizioni di PINO GIACINTO e SAVOCA SALVATORE.
35
Con la quale sono state "stralciate" le posizioni di NIZZOLA FRANCESCO e STRANGIO ANTONIO.
36
Con la quale è stata separata la posizione di BENEDETTO GIUSEPPE:
37
38
39
Con la quale sono state separate le posizioni di CRISAFULLI BIAGIO e CRISAFULLI ALESSANDRO.
Con la quale è stata separata la posizione di AMBROSIO CARMINE
Tutte le fonti di prova ( documentale e non) utilizzate nella motivazione della presente sentenza, ove non illustrate nella
loro utilizzabilità e valenza probatoria nella specifica sede in cui sono state richiamate, devono quindi intendersi utilizzate e
valutate alla stregua dei criteri esposti in questa ordinanza.
Merita poi ricordare che, tra le varie acquisizioni documentali, molte sono state quelle concernenti sentenze non irrevocabili
e ordinanze di custodia cautelare e molte, parallelamente, sono state le obiezioni avanzate dalle difese degli imputati alla loro
producibilità in giudizio. La Corte, con ripetute ordinanze conformi(sul punto) a quella sopra citata (v. pagg. 2 e 3 ),ha
disatteso tali obiezioni e ha ritenuto la acquisibilità di tali documenti e la loro utilizzabilità probatoria (s'intende, non con la
valenza di cui all'art. 238 bis) con riferimento al principio del libero convincimento di cui all'art. 192/1 e alla primaria finalità
del processo penale, id est l'accertamento della verità. Oltre ai precedenti giurisprudenziali citati nella richiamata ordinanza
13 aprile 1995, vale la pena ricordare questi ultimi della S.C: " In tema di prova documentale, poichè l'art.234 c.p.p.
ricomprende, genericamente, nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura e, quindi,
anche
le
sentenze
non
irrevocabili
e
316
* 30 giugno 1995 ( in punto - come altra successiva del 22 maggio 1996 - di attività integrativa
d'indagine e di altre importanti acquisizione istruttorie, nonché - unitamente alle ordinanze 15 maggio,
17 e 26 ottobre e 7 novembre 1995 e 7 febbraio 1996 - su procedura e sequenze da imprimere al corso
di esami e controesami, nonché sulle modalità di acquisizione dei relativi costituti d'indagine
preliminare);
* 18 luglio 1996 ( che delibera, tra l'altro, in punto di acquisizione dei verbali di interrogatori
resi dagli imputati nel corso dell'indagine preliminare 41 ; sulle richieste di "confronto" avanzate
______________________________________________________________________
le ordinanze di custodia cautelare emesse in procedimenti diversi, di tali atti è possibile l'acquisizione al processo; da essi,
tuttavia, non può trarsi la prova dei fatti ivi descritti, essendo la piena valenza probatoria riservata espressamente dalla legge
alle sole sentenze divenute irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.). Ciò non esclude, tuttavia, che il giudice, in base al libero
convincimento, possa dai predetti provvedimenti trarre elementi di giudizio, anche favorevoli all'imputato e comunque
finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè l'accertamento della verità." ( Cass. Sez. 2, 16.1.1996
- 10.5.1996, RV. 204767). Nello stesso senso, con riferimento anche alle ordinanze di convalida di arresto e di fermo, cfr.
Cass. Sez. 3 , 4.12.1996 - 6.2.1997, RV. 207300 . Con riferimento, invece, alla emissione di una misura cautelare, cfr. Cass.
Sez. 2, 17.10.1996 - 11.11.1996, RV. 206279.
40
Seguiranno nel corso del dibattimento, è appena il caso di precisarlo, numerose altre ordinanze di ammissione di nuove
prove per esame o per lettura (segnatamente con riferimento a verbali di prove raccolte in dibattimenti "paralleli", e questo
sotto il duplice profilo: e dell'arricchimento del materiale probatorio raccolto in questa sede ai fini del giudizio di
responsabilità, e della riprova di "affidabilità" delle fonti di prova quivi sperimentate.
41
Si riporta, "in parte qua", il testo della ordinanza, che varrà in prosieguo quale esplicitazione di dette acquisizioni. In altre
parole, ogniqualvolta si farà riferimento, nella parte motiva della presente sentenza, ai verbali di interrogatori
predibattimentali resi dagli imputati, per le modalità, le ragioni e le finalità della acquisizione di detti costituiti, si intenderà
implicitamente richiamata codesta ordinanza.
" 2) Sulle richieste avanzate dal P.M. nella udienza del 4 luglio 1996, preso atto che nessuna obiezione è stata sollevata dalle
difese entro il termine loro assegnato della successiva udienza 10 luglio ( cfr. aff. 19.720), la Corte così decide:
Si tratta di tre faldoni, contenenti i verbali di interrogatorio resi da imputati di questo procedimento nel corso della indagine
preliminare ad esso relative o in istruttorie di vecchio rito poi riaperte e confluite in questo dibattimento. Sono divisi in tre
categorie, a secondo della condotta tenuta nel corso del dibattimento. Ossia, a secondo che
* si siano avvalsi della facoltà di non rispondere ( contrassegnati da un "NO").
* non si siano presentati nell'udienza in cui era fissato il loro esame ( contrassegnati da un "Ass. " o da un " cont." a secondo
che vi sia stata assenza o contumacia);
* abbiano consentito all'esame, ma siano stati oggetto di c.d. contestazione probatoria ( contrassegnati dalla lettera "C ")
317
Il P.M. chiede che, previa lettura, tali costituti entrino a far parte del fascicolo del dibattimento: i primi due gruppi, ex art.
513, l'ultimo ex art. 503.
Tra questi atti vi sono inoltre, in alcuni casi, memorie scritte o missive provenienti dagli imputati, di cui pure il P.M. chiede
l'acquisizione ex art. 237.
Entrambe le richieste sono legittime e quindi da accogliere, disposta la loro lettura come per legge.
I documenti ovvero i verbali da unire agli atti concernono i seguenti imputati:
1) AGOSTINO ROCCO, 18/10/93 GIP Catanzaro (NO) e missiva 6.2.94, ex art. 237.
2) AGRESTA ANTONIO, 29.10.93, GIP Asti (NO)
3) ALFONSI MARCO 28.10.93, GIP Ascoli Piceno (NO)
4) AMANTE ANTONINO 29.10.93, GIP Milano (NO)
5) AMANTE GIOVANNI 17.10.93, GIP Milano e 23.12.93, P.M. Milano (NO)
6) AMANTE PIETRO 16.10.93, GIP Milano e 6.11.93, P.M. Milano (C)
7) ATZENI GIAMPIERO 17.10.93, GIP Milano e 19.11.93, P.M. Milano (Ass.)
8) BOMBARA MICHELE 16.10.93, GIP Locri, 15.3.94, P.M. Milano (NO)
9) BOMBARA NICOLINO 16.10.93, GIP Locri (NO)
10) BARBAGALLO SALVATORE 25.10.93, GIP Catania e 1.11.93, PM Milano (Ass.)
11) BARBARO DOMENICO 29.10.93, GIP Palmi (C)
12) BARBARO GIUSEPPE ('59), 29.10.93, GIP Palmi (NO)
13) BIFFI SIRO FRANCESCO, 17.10.93, GIP Milano (C)
14) BISSONI FRANCO, 22.10.93, GIP Milano (NO)
15) BONANNO LUIGI, 29.10.93, GIP Ferrara (NO)
16) CALABRO' FRANCESCO, 22.12.93, GIP Milano (Ass.)
17) CAMMARERI DOMENICO, 16.10.93, GIP Milano e 2.12.93, P.M. Milano (Ass.)
18) CARBONE DOMENICO, 16.10.93, GIP Milano e 12.4.94, P.M. Milano ( Ass.)
19) CARBONE PASQUALE, 29.10.93, GIP Milano e 15.3.94, P.M. Milano (C)
20) CAROLLO ANTONINO, 16.10.93, GIP Milano; 9.02.94, PM Milano; 22.03.94 PM
Milano; 6.4.94 P.M. Milano (NO)
21) CARUSO ROBERTO, 22.10.93 GIP Milano (C)
22) CATANZARITI AGOSTINO, 29.10.93 GIP S. Maria Capua Vetere e 18.11.93 GIP Milano (C)
23) CELINI VINCENZO, 22.10.93 GIP Milano (NO)
24) CERULLO PIETRO, 16.10.93 GIP Milano e 6.11.93 P.M. Milano (C)
25) CIAMPA ANTONIO, 16.10.93 GIP Milano; 8.2.94, P.M. Milano ; 7.3.94 GIP Cremona (Ass.)
26) CODISPOTI GIOVANNI, 17.10.93 GIP Milano; 19.01.94 PM Milano; 3.03.94 PM Milano (Ass.)
27) COLUCCIO GIUSEPPE, 30.10.93 GIP Catanzaro (NO)
28) CORNIGLIA FEDERICO, 29.10.93 GIP Milano; 16.02.94, GIP Milano (C)
29) D'ANGELO ANIELLO, 16.10.93 GIP Milano (C)
30) DUCHINI DINO, 29.10.93 GIP Milano, confronto con MORABITO SAVERIO 29.3.94 P.M. Milano; 14.6.94 PM
Milano; 27.09.90 PM Bergamo (C)
31) ESPOSITO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano; 22.12.93 PM Milano (NO)
32) FERRARO ANTONIO, 27.04.94 GIP Locri (C)
33) FERRERO WALTER, 29.10.93 GIP Padova; 20.01.94 PM Milano (C)
34) FONTANA VINCENZO , 27.10.93 GIP Milano (NO)
35) FRANCHETTI ALESSANDRO, 16.10.93 GIP Milano (C)
36) GIRGENTI GASPARE, 27.10.93 GIP Milano (NO)
37) GRASSO DOMENICO, 28.10.93 GIP Roma; 26.10.93 PM Milano; 27.10.9 (NO)
38) GRASSO GIOVANNI, 29.10.93 GIP Biella; 22.12.92 PM Torino; 22.12.92 PM Torino (NO)
318
39) GRILLO MICHELE, 29.10.93 GIP Melfi; 15.12.93 PM Milano; confronto con Gen.F. DELFINO del 25.1.94 PM Milano
(Ass.)
40) IOFRIDA LEONE LUIGI, 16.10.93 GIP Cosenza (C)
41) LA ROSA GAETANO, 27.10.93 GIP (a Volterra) (NO)
42) LO COCO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano (C)
43) LOMBARDO G. ANTONINO, 16.30.93 GIP Milano e missiva del 27.6.95 (C)
44) LOPRETE NICOLA, 22.10.93 GIP Milano (C)
45) MAIOCCHI ROBERTO, 16.10.93 GIP Milano; 22.02.94, P.M. Milano (C)
46) MAIOLO PASQUALE, 17.10.93 GIP Milano e 19.11.93 P.M. Milano (NO)
47) MALLAMACE ANTONIO, 16.10.93 GIP Milano; 22.02.94 P.M. Milano (C)
48) MAMMOLITI DOMENICO ('68), 7.05.94 GIP Locri (Ass.)
49) MAMOLITI ROCCO, 30.10.93 GIP Catanzaro (NO)
50) MAMMOLITI SEBASTIANO, 16.10.94 GIP Cosenza (Ass.)
51) MANCUSO GIANFRANCO, 16.10.93 GIP Torino; 19.01.94 PM Milano (C)
52) MARINO SALVATORE, 29.10.93 GIP Milano (C)
53) MAZZU' SAVERIO, 16.10.93 GIP Milano; 14.01.94 PM Milano (cont.)
54) MEDICI EMANUELE, 25.10.93 GIP (C)
55) MIRABELLA GIUSEPPE, 29.10.93 GIP Torino (C)
56) MOLLUSO FRANCESCO, 22.10.93 GIP Milano; 5.11.93 PM Milano; 9.12.93 GIP Milano; 26.09.75 G.I. Milano;
30.05.77 PM Milano; 7.7.7 7 G.I. Como; 10.11.77 G.I. Milano (C)
57) MOSCARDI GIANFRANCO, missiva del 29.5.96 (ex 237); 16.10.93 GIP Milano; 14.01.94 PM Milano; 8.04.94 PM
Milano + memoriale (Ass.)
58) MOSCARDI GIULIANO, 16.10.93 GIP Milano (NO)
59) MUFATO ANGELO, 22.10.93 GIP Milano e 5.11.93 PM Milano (C)
60) MUSCIO MARIO, 16.10.93 GIP Milano; 23.11.93 PM Milano; 16.05.94 PM Milano (C)
61) MUSICO' ANTONINO, 22.10.93 GIP Milano; 22.02.94 PM Milano (C)
62) MUZZUPAPPA GIUSEPPE, 15.10.93 GIP REGGIO EMILIA (cont)
63) NIRTA ANTONIO, 29.10.93 GIP S.Maria Capua Vetere; 18.11.93 GIP Milano;
15.12.93 PM Milano (C)
64) NIRTA GIUSEPPE, 29.10.93 GIP Bari; 5.02.94 PM Milano (C)
65) ORIO UMBERTO, 11.01.94 GIP Milano; 4.02.94 PM Milano (C)
66) PANAIA ANTONIO, 22.10.93 GIP Milano (NO)
67) PAOLUCCI ANTONIO, 19.10.93 GIP Livorno (NO)
68) PAPALIA ANTONIO, 16.10.93 GIP Palmi; 13.12.93 GIP Milano; 13.01.94 PM Milano (C)
69) PAPALIA DOMENICO, 16.10.93 GIP Roma; 25.10.93 PM Milano (C)
70) PAPALIA GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano (NO)
71) PAPALIA ROCCO, 16.10.93 GIP Milano; 11.11.93 GIP Milano; 15.12.93 GIP Milano; 15.3.94 PM Milano (C)
72) PARISI ANTONIO, 17.10.93 GIP Milano (C)
73) PARISI DOMENICO, 16.10.93 GIP Milano; 5.03.94 GIP Brescia (NO)
74) PEDRANI ROBERTO, 29.10.93 GIP Milano; 18.12.93 PM Milano (copia); 18.12.93 PM Milano (originale) (C)
75) PELLIZZERI BIAGIO, 17.10.93 GIP Milano; 3.03.94 PM Milano (C)
76) PETRACHI ALESSANDRO, 26.10.93 GIP Milano (C)
77) PETRACHI LEONARDO, 16.10.93 GIP Milano (C)
78) PISANI SAVERIO ROSARIO, 22.10.93 GIP Milano; 5.05.94 PM Milano (Ass.)
79) PIZZATA GIOVANNI, 29.10.93 GIP Milano; 23.05.94 PM Milano (NO)
80) PORRO CARLO, 22.10.93 GIP Milano (C)
319
da taluni di essi e/o di ulteriori acquisizioni dibattimentali di prove orali o documentali);
__________________________________
81) PUGLISI CARMELO , 29.10.93 GIP Civitavecchia (NO)
82) PUMA MASSIMILIANO, 22.10.93 GIP Milano; 11.01.94 PM Milano (C)
83) QUARTUCCIO LUIGI, 29.10.93 Gip Padova; 20.01.94 PM Milano (Ass.)
84) RECHICHI DIEGO, 16.10.93 GIP Milano (NO)
85) ROMEO FRANCESCO, 16.10.93 GIP Milano (C)
86) ROMEO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP LOCRI ((cont.).)
87) RUBINO CIRO, 16.10.93 GIP Verona; 2.12.94 PM Milano (C)
88) SAFFIOTI VINCENZO, 22.02.94 GIP Palmi; 6.05.94 GIP Milano; 3.05.94 PM Milano (C)
89) SALERNO DOMENICO, 16.10.93 GIP Padova; 20.01.94 PM Milano (cont.)
90) SALESI GIOVANNI, 29.10.93 GIP Terni; 28.02.94 PM Milano; 9.06.94 PM Milano; 5.07.93 PM Firenze; 5.08.93 PM
Firenze; 4.11.93 PM Firenze (NO)
91) SANGIORGIO G. BATTISTA, 16.10.93 GIP Milano; 8.02.94 PM Milano (Ass.)
92) SCHIATTARELLA VINCENZO, 27.10.93 GIP Milano (NO)
93) SCOLLO AGATINO, 27.10.93 GIP Milano (NO)
94) SERGI FRANCESCO ('56),, 16.10.93 GIP Milano; 19.05.94 PM Milano (NO)
95) SERGI FRANCESCO ('68), 29.10.93 GIP Perugia (NO)
96) SERGI GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano; 8.02.94 PM Milano (NO)
97 ) SERGI PAOLO, 16.10.93 GIP Milano; 18.05.94 PM Milano (NO)
98) SERGI SAVERIO, 22.10.93 GIP Milano; 22.02.94 PM Milano (NO)
99) SGAMBELLONE MARIO, 22.10.93 GIP Milano (C)
100) STRANGIO FILIPPO, 27.10.93 GIP Milano (NO)
101) STRANGIO FRANCESCO, 16.10.93 GIP Cosenza (cont.)
102) TOMASELLO SANTO, 29.10.93 GIP Pesaro (cont,)
103) TRICHILO ANTONIO, 15.12.93 GIP MILANO; 22.10.93 PM Milano; 2.02.94 PM Milano; missiva 2.11.93; 26.5.77.
PG di Milano; 31.5.77 PM Milano; 20.7.77 G.I. Como; 21.10.77 G.I. Milano; missiva del 1977 (senza data); missiva del
1977 (3.11.77 ?); missiva del 10.10.77; missiva del 12.11.77 (NO)
104) TRIMBOLI DOMENICO cl. 61, 17.10.93 GIP Milano (C)
105) TRIMBOLI FRANCESCO, 29.1.94 GIP Milano (NO)
106) TRIMBOLI VINCENZO, 16.10.93 GIP Milano; missiva 9.12.93 Carcere Mantova; 21.12.93 PM Milano; 1.02.94 PM
Milano; 31.03.94 PM Milano; 17.06.94 PM Milano (C)
107) TROPIANO FRANCESCO, 13.01.94 GIP Milano; 14.01.94 GIP Milano; 22.03.94 PM Milano (Ass)
108) VIOLI ANTONIO, 17.10.93 GIP Milano (C)
109) VIOLI PASQUALE, 16.1093 GIP Milano (Ass)
110) VIOLI SALVATORE, 16.10.93 GIP Milano (cont.)
111) VIRGILLITO GAETANO, 17.1093 GIP Milano (cont)
112) VITALE ANTONINO, 22.10.93 GIP Milano; 13.01.94 PM Milano (NO)
113) ZACCO ANTONINO, 28.10.93 GIP Roma; 26.10.93 PM Milano (C)
114) ZAPPIA VINCENZO, 18.10.93 GIP Milano (NO)
115) ZAVETTIERI GIUSEPPE, 18.10.93 GIP Milano (NO)
116) ZINGHINI DOMENICO, 27.10.93.GIP Milano; 2.02.94 PM Milano (NO)
320
* 5 novembre 1996 (che chiude l'istruttoria dibattimentale pronunziandosi sulle relative ultime istanze
dei difensori)42 . Nel
___________________
42
Si ritiene utile indicare le fonti di prova orale escusse, la loro qualità (se: testimoni, imputati di questo dibattimento o in
procedimenti separati per reato connesso o collegato - I.R.C. - e quindi sentiti ex art, 210 c.p.p.) e, ove "colllaboratori di
giustizia" e sottoposti a programma di protezione, se essi abbiano deposto in aula (segnati in neretto) o se, invece, si siano
avvalsi della facoltà di non deporre (segnati in corsivo).
Collaboratori di giustizia "di fatto" sono solo due: PERROTTA VITTORIO, che ha deposto, e SARACENO VINCENZO,
che si è avvalso della facoltà di non deporre. Gli altri I.R.C. che si sono avvalsi della facoltà di non deporre sono
contraddistinti dalla sottolineatura del loro nominativo (i verbali dei loro interrogatori"istruttori" sono stati prodotti dal P.M.
nella udienza 15 maggio 1996 e sono stati acquisiti dalla Corte con ordinanza 4 giugno 1996). Della condotta processuale
tenuta dagli imputati di questo processo, sotto questo profilo, si è già fatta menzione in precedente nota con richiamo della
ordinanza dibattimentale 18 luglio 1996, e tuttavia se ne rinnova qui la tipologia.
L'indicazione come fonte di prova, nella parte motiva delle sentenza, di detti "colllaboratori" processuali, comporterà, alla
stregua della precisazione testè fatta, implicito rinvio al dato documentale (acquisito al fascicolo del dibattimento con
apposita ordinanza) del verbale di interrogatorio reso in altra sede o in precedente fase,
Eccone l'indice:
AGRESTA ANTONIO (IMPUTATO ud, 30/05/96, non ha risposto)
ALBINI ENRICO (TESTE ud. 02/04/96)
ALFONSO GRAZIANO (TESTE ud. 23/01/96)
ALTOMONTE NADIA (TESTE ud.01/02/96)
AMANDINI MICHELE (I.R.C. ud. 19/12/95- 20/12/95 - 21/12/95 - 09/01/96)
AMANTE ALFONSO (I.R.C. ud. 18/01/96)
AMANTE MARIA (TESTE ud. 14/03/96)
AMANTE PIETRO (IMPUTATO ud. 26/06/96)
AMOROSO TERESA (TESTE ud. 02/07/96)
ANDRESI UMBERTO (TESTE ud. 25/01/96)
ANNACONDIA SALVATORE (I.R.C. ud. 19/03/96
ANTILOPE DANIELA (TESTE ud: 14/02/96)
ANTILOPE EMANUELA (TESTE ud. 14/02/96)
ANTILOPE RINO (TESTE ud: 14/02/96)
ANTONELLO GIOVANNI (TESTE ud. 01/02/96)
ARANITI SANTO (I.R.C. ud. 20/06/96)
ARCADI GIUSEPPE (I.R.C. ud. 20/06/96)
ARIOSTO SALVATORE (TESTE ud. 30/01/96)
ARMANO MAURIZIO (TESTE us: 03/07/96)
ARONICA CARMELO (TESTE ud. 28/02/96
ARTUSO LUIGI (I.R.C. ud. 16/04/96)
AVESANI SUSANNA (TESTE ud. 30/01/96)
AZTORI AUGUSTO (TESTE ud. 15/02/96)
BABBINI MARCO (TESTE ud. 07/02/96)
BALBONI GIOVANNI (TESTE ud. 22/02/96)
BALDUZZI PIERO (TESTE ud. 14/02/96)
BANCONE FORTUNATO (TESTE ud. 01/02/96)
BARBARO ANNA (TESTE ud. 22/02/96)
BARBARO
DOMENICO
(IMPUTATO
ud.
04/06/96)
321
BARBARO GIUSEPPE cl. '48 (IMPUTATO ud. 04/06/96)
BARBARO GIUSEPPE cl: '59 (IMPUTATO ud. 19/06/96, non ha risposto)
BARIATTI VINCENZO Avv. (TESTE ud. 17/01/96)
BARRECA FILIPPO (I.R.C. 18/07/96- 12/03/96)
BARTEZAGHI GIORGIO (TESTE ud. 16/01/96)
BASIRICO' ENZO (TESTE ud.13/02/96)
BATTIATO GIROLAMO (TESTE ud. 06/02/96)
BAYKAL KENAN (I.R.C. - ud. 19/03/96)
BECHERINI GIULIANA (TESTE ud. 20/02/96)
BENEDETTI PIETRO, PERITO (TESTE ud. 30/01/96 - 28/03/96 - 23/05/96)
BERNARD FRANCO (TESTE ud. 13/02/96)
BERTOLA FABRIZIO (TESTE ud. 27/06/96)
BERTOLINI GIOVANNI (TESTE ud. 23/01/96)
BERTO LOREDANA (RESTE ud. 22/02/96)
BERTOLONE VINCENZO, mar.(TESTE ud. 28/02/96)
BEVACQUA GIOVANNI cap. (TESTE ud. 28/02/96)
BEVILACQUA NICOLA (TESTE ud: 20/03/96)
BIANCHESSI FERRUCCIO (TESTE ud. 28/02/96)
BIANCO MICHELE (I.R.C. ud. 28/02/96)
BIFFI SIRO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 12/06/96)
BILLI GIUSEPPINA (TESTE ud. 03/07/96)
BIONDINI GRAZIELLA (TESTE ud. 13/02/96)
BIRONDI ATTILIO (TESTE ud. 08/02/96)
BISESI DOMENICA (TESTE ud.06/02/96)
BISSONI FRANCO (IMPUTATO ud. 4/06/96, non ha risposto)
BOMBARA NICOLINO (IMPUTATO ud. 30/05/96, non ha risposto)
BOMBARA MICHELE (IMPUTATO ud. 30/05/96, non ha risposto)
BOMPADRE LUIGI (TESTE ud.07/02/96)
BONANNO LUIGI (IMPUTATO ud.04/06/96, non ha risposto)
BONATTO GIANPIERO (TESTE ud. 27/02/96)
BONIZZONI GIORGIO (TESTE ud. 25/01/96)
BONOMI EMILIO (TESTE ud. 13/02/96- 02/04/96)
BONZANO ROBERTO (TESTE ud. 14/02/96)
BORRELLI ANDREA (TESTE ud. 18/01/96)
BORTOLOZZO PAOLO (TESTE ud. 29/02/96)
BOTTI CLAUDIO (TESTE ud. 16/01/96)
BOTTIROLI GIOVANNI (TESTE ud. 15/02/96)
BOVIO RENATO (TESTE ud. 16/01/96)
BRANDONE ALBERTO, perito (TESTE ud. 04/07/96)
BRENICCI (I.R.C. ud. 16/01/96)
BRESSAN EDELMINO (TESTE ud. 16/01/96)
BRIGNOLI UGO (TESTE ud. 15/02/96)
BRUGI ANGELO (TESTE ud. 03/07/96)
BUFFA SALVATORE (TESTE ud. 01/02/96)
BULGARI GIORGIO LINO (I.R.C. ud. 29/02/96)
CABRI AMILCARE (TESTE ud. 07/02/96)
CAGNONI LUIGI (TESTE ud. 08/02/96)
CALAU RAOUL Ispettore (TESTE ud. 28/02/96)
CALLIPARI MARIA (TESTE ud. 08/02/96)
CALVI PINUCCIO (TESTE ud. 13/03/96- 28/03/96)
322
CAMPARI CARLO (TESTE ud. 17/01/96)
CANELLI NICOLA (TESTE ud. 23/01/96)
CANGEMI, Maresciallo (TESTE ud. 18/07/96)
CANNAO' STEFANO (TESTE ud. 24/01/96)
CAPITANO ELISABETTA (TESTE ud. 01/02/96)
CAPPELLINI GIOVANNI (TESTE ud. 23/01/96)
CAPPUCCIO BERNARDINO (TESTE ud. 13/02/96)
CARANGI GABRIELE (TESTE ud. 24/01/96)
CARBONARA ADDOLORATA (TESTE ud. 22/02/96 - 27/06/96)
CARBONE DOMENICO (I.R.C. ud. 27/06/96)
CARBONE PASQUALE (IMPUTATO ud. 04/06/96)
CARBONE ROCCO (TESTE ud. 02/07/96)
CARBONE SANTINO Ispettore (TESTE ud. 25/01/96 -06/02/96)
CARDONA MARCELLO (TESTE ud. 08/02/96)
CARLUCCIO LUCIO Dottore (TESTE ud. 14/02/96)
CARNACCINI ALBERTO (TESTE ud. 13/02/96)
CARNEVALE PALMINA TESTE (ud. 22/02/96)
CARNEVALE PASQUALE (TESTE ud. 19/03/96)
CAROPPO ANTONIO (TESTE ud. 06/03/96)
CARRERA GIUSEPPE (TESTE ud. 27/03/96)
CARULLI ANTONIO (TESTE ud. 23/01/96)
CARUSO ROBERTO (IMPUTATO ud. 04/06/96)
CASAGRANDE ROBERTO (TESTE ud. 07/02/96)
CASELLA CESARE (TESTE ud. 24/01/96 - 28/05/96)
CASSANIELLO LEONARDO (I.R.C. ud. 23/05/96)
CASSARA' FRANCESCO (TESTE ud. 15/02/96)
CATANZARITI ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96)
CATANZARITI VINCENZO (TESTE ud. 27/06/96)
CATANZARITI AGOSTINO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
CATTANEO ALESSANDRO (TESTE ud. 16/01/96)
CATTANEO ENZO (TESTE ud. 20/02/96)
CATTANEO EVELINA (TESTE ud. 23/01/96)
CATUSCELLI GIOVANNI (TESTE ud. 15/02/96)
CATTURINI ELSA (TESTE ud. 01/02/96)
CAVAGNINI SILVANO (TESTE ud. 02/04/96)
CAVALLARO ALESSANDRA (TESTE ud. 25/01/96)
CAZZANIGA DINO professore (TESTE ud. 13/02/96)
CELINI VINCENZO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
CERONE ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96)
CERRI SERGIO (TESTE ud. 14/02/96)
CERULLO PIETRO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
CIARINI LUIGI (TESTE ud. 17/01/96)
CICCONE GABRIELE (TESTE ud. 14/02/96)
CINIERO PIETRO (TESTE ud. 30/01/96)
CIRILLO VITTORIO (TESTE UD. 28/03/96)
CIULLA SALVATORE (I.R.C. ud. 21/02/96)
CIVATI SILVANA (TESTE ud. 13/02/96)
CLEMENTE PASQUALE (TESTE ud. 13/03/96)
CLIVIO ANTONIO (I.R.C. ud. 02/07/96)
COGLIANO CLAUDIO (TESTE ud. 14/03/96)
COLACE PASQUALE (TESTE ud. 30/01/96)
323
COLTRARO SALVATORE (TESTE ud. 28/03/96)
CONTALDO ANGELA (TESTE ud. 25/01/96)
CONTESSINI SUSANNA (TESTE ud. 04/07/96)
CORNIGLIA FEDERICO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
CORSO FRANCESCO GIUSEPPE (I.R.C. ud. 20/02/96)
COTIGNOLA RICCARDO (TESTE ud. 30/01/96)
CREMONESI MARIA AUSILIA (TESTE ud. 13/02/96)
CRISAFULLI GAETANO (TESTE ud. 15/02/96)
DALL'OGLIO VASCO (TESTE ud. 13/03/96)
DATTOLO PASQUALE (TESTE ud. 20/03/96)
DE BARTOLO ROSARIO (TESTE ud. 03/07/96)
DE LUCA GIOVANNI (TESTE ud. 06/02/96)
DE MANA PIETRO (TESTE ud. 01/02/96)
DE NOBILE ROLANDO (TESTE ud. 05/03/96 -06/03/96)
DE STEFANO FABRIZIO (TESTE ud. 22/02/96 - 03/07/96)
DEBOLA GIOVANNI Avv. (TESTE ud. 17/01/96)
DEL GIUDICE MICHELE (TESTE ud. 22/02/96)
DELLA ROCCA GIOVANNI (TESTE ud. 16/01/96)
DEMONTIS DELIO (TESTE ud. 08/02/96)
DI BENEDETTO MONTANO (I.R.C. ud. 21/03/96)
DI BELLA ANTONINO (TESTE ud. 08/02/96)
DI BELLO MARISA (TESTE ud. 25/01/96)
DI CENSI IVAN ALBERTO (TESTE ud. 20/02/96)
DI DONATO MICHELE (I.R.C. ud: 19/03/96)
DI GIOVANNI SERGIO, Capitano (TESTE ud: 07/02/96)
DI GIOVINE SANTA MARGHERITA (I.R.C. ud. 19/03/96)
DI MODICA LUIGI (I.R.C. ud: 26/03/96)
DI SAPIO (TESTE ud: 14/02/96)
DUCHINI DINO (IMPUTATO ud. 13/06/96)
DURHEIM MADELENE IVETTE (TESTE ud. 06/02/96)
D'ANGELO ANIELLO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
D'ANGELO FABRIZIO (TESTE ud. 27/06/96)
D'ANGELO ROSANNA (TESTE ud. 27/06/96)
D'ANTUONO LUIGI (TESTE ud. 20/03/96)
D'ASCOLA ANNA LUCE (TESTEA ud. 13/02/96)
D'ISANTO VINCENZO, Colonnello (TESTE ud. 06/02/96)
FALZONE FRANCESCO (TESTE ud. 20/03/96)
FARINA ANNA (TESTE ud. 22/02/96)
FARINA ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96 -27/06/96)
FARINA UMBERTO (TESTE ud. 03/07/96)
FELETTI ADRIANA (TESTE ud. 13/02/96)
FEMIA DOMENICO (TESTE ud. 29/10/96)
FERRARI SERENA (TESTE ud. 08/02/96)
FERRARO ANTONIO (IMPUTATO ud. 05/06/96)
FERRERO WALTER (IMPUTATO ud. 06/06/96)
FIORAVANTE LAVINIA (TESTE ud. 18/01/96)
FIORE SERAFINO (TESTE ud. 14/03/96)
FORNARI ELIGIO (TESTE ud. 17/01/96)
FORTE LIDIA (TESTE ud. 07/02/96))
FOSCHINI VITTORIO (I.R.C. ud. 23/04/96 - 24/04/96)
FOTI MILENA (TESTE ud. 02/07/96)
324
FRANCHETTI ALESSANDRO (IMPUTATO ud. 30/05/96)
FRISINA ANTONIO (I.R.C. ud.21/02/96)
FRUSTAGLI ANTONELLA (TESTE ud. 01/02/96)
FUSCALDO GIUSEPPE (I.R.C. ud. 14/03/96)
FUSCO ROMANO (TESTE ud. 24/01/96)
GABETTA SERGIO (TESTE ud. 13/02/96)
GALBIATI RITA (TESTE ud. 16/01/96)
GALLO CARMINE , Ispettore (TESTE ud. 24/01/96 - 05/03/96 -02/04/96 - 14/05/96 - 15/05/96 - 28/05/96)
GALLO GENNARO (TESTE ud. 20/03/96)
GANDOLFO GIUSEPPE (TESTE ud. 28/02/96)
GASTALDI MASSIMO (TESTE ud. 24/01/96)
GATTI MAURIZIO, Ispettore (TESTE ud. 06/03/96 - 20/03/96 - 14/05/96 -23/05/96)
GATTI MAURIZIO, Dottore (TESTE ud. 14/05/96)
GATTUSO ROSARIA (TESTE ud. 03/07/96)
GELONESE GIUSEPPE (TESTE ud. 14/03/96)
GERBINO GIUSEPPA (TESTE ud. 02/07/96)
GIANVITO MARIO (TESTE ud. 27/03/96)
GIOIA SABATO (TESTE ud. 22/02/96)
GIORDANO ANGELO, Maresciallo (TESTE ud: 27/06/96)
GIORGI FRANCO (I.R.C. ud. 20/02/96)
GIORGI MARIO (TESTE ud. 16/01/96)
GOY CARLO, Professore (TESTE ud.02/04/96)
GRANOZIO LORENZO (TESTE ud. 27/06/96)
GRECO MARIA (TESTE ud: 13/02/96)
GRIFANTINI ANNA MARIA (TESTE ud. 17/01/96)
GRISANTI MILLO (TESTE ud. 02/07/96)
GUFFANTI ROBERTA (TESTE ud.08/02/96)
GUIDETTI GIACOMO (TESTE ud. 16/01/96)
IACOROSSI ANGELO (TESTE ud. 17/01/96)
IACOROSSI OVIDIO (TESTE ud. 17/01/96)
IANNI' SIMON (I.R.C. - ud. 19/03/96)
INCARBONE SALVATORE (TESTE ud. 07/02/96)
INTEGLIA LUIGI (TESTE ud. 29/02/96)
INVERNIZZI FRANCA (TESTE ud. 14/02/96)
INZAGHI MARIO (IMPUTATO ud. 28/11/95- 29/11/95 - 30/11/95 - 05/12/95 - 06/12/95)
IOFFRIDA LEONE LUIGI (IMPUTATO ud. 06/06/96)
ISMAN FABIO (TESTE ud. 18/01/96)
IZZO IGINO (TESTE ud. 30/01/96)
LA FRANCA AGOSTINO (TESTE ud. 15/02/96)
LA ROSA ANDREA (TESTE ud. 06/02/96)
LA ROSA CAROLINA (TESTE ud. 06/02/96)
LAGANA' MARIA GRAZIA (TESTE ud. 29/10/96)
LANDOLINA GAETANO (I.R.C. ud. 20/02/96)
LANDOLINA TOMMASO (TESTE ud. 01/02/96)
LANZI ALESSIO Avv. (TESTE ud. 19/03/96)
LARELLI SERGIO (TESTE ud. 29/02/96)
LAURO GIACOMO (I.R.C. ud. 12/03/96)
LENA SANDRA, Ispettore (TESTE ud. 06/02/96)
325
LEONE ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96)
LEONE A. (TESTE ud. 20/03/96)
LIGATO PASQUALE (TESTE ud. 15/02/96)
LO COCO GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 06/06/96)
LO PRETE NICOLA (IMPUTATO ud. 26/06/96)
LOIODICE (TESTE ud. 28/03/96)
LOMBARDO GIULIO ANTONINO(IMPUTATO ud.26/06/96)
LONGONI MARIO (TESTE ud. 27/03/96)
LOTTA MICHELANGELO (TESTE ud. 15/02/96)
LUCENTE AMEDEO (TESTE ud. 15/02/96)
LUCENTE AMEDEO (TESTE ud. 10/07/96)
MACRI' ENRICO (TESTE ud. 17/01/96)
MADAFFARI ANNA MARIA (TESTE ud. 25/01/96)
MADAFFARI GIACOMO (TESTE ud. 19/03/96)
MAIOCCHI ROBERTO (IMPUTATO ud. 19/03/96)
MALLAMCACE ANTONIO (IMPUTATO ud. 11/06/96)
MANCA PIETRO (TESTE ud. 08/02/96)
MANCA RENZO (TESTE ud. 08/02/96)
MANCUSO ANNA (TESTE ud. 30/01/96)
MANCUSO GIANFRANCO (IMPUTATO ud. 02/07/96)
MANGO GIOVANNI (TESTE ud. 02/07/96)
MANICONE NUNZIA ( TESTE ud. 24/01/96)
MANNARINO GIANFRANCO (TESTE ud. 06/02/96)
MANZONI GIUSEPPE(TESTE ud.13/02/96)
MARAGGIA ROSANNA (TESTE ud. 20/02/96)
MARCELLO ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96)
MARCHINI ANNA CARLA (I.R.C. ud. 16/04/96)
MARINO GUIDO, Dottore (teste ud. 06/02/96)
MARINO SALVATORE (IMPUTATO ud. 11/06/96)
MAROTTA ANTONIO (TESTE ud. 27/06/96)
MAROTTA OLGA (TESTE ud. 25/01/96)
MARTINI ANNA CARLA (TESTE ud. 16/04/96)
MARTORANA ALFONSO (TESTE ud.23/01/96)
MARZANO SALVATORE (TESTE ud. 13/02/96)
MASCAGNI TONINO (TESTE ud.20/02/96)
MASCIOCCHI GIUSEPPE (TESTE ud. 14/02/96)
MASTROPIETRO MICHELE (TESTE ud. 18/07/96)
MAZZILLI ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96)
MEDICI EMANUELE (IMPUTATO ud. 11/06/96)
MEDICI MATTEO (TESTE ud. 11/07/96)
MENEGATO CLAUDIO (TESTE ud. 14/02/96)
MENTANA GAETASNO (TESTE ud. 13/02/96)
MENTO ANTONINO (TESTE ud. 13/03/96)
MERLINO GIUSEPPE (TESTE ud. 22/02/96)
MIRABELLA GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 11/06/96)
MOLLUSO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 12/06/96)
MONTI MARCO (TESTE ud. 27/02/96)
MORABITO SAVERIO (IMPUTATO ud. 15/05/96 - 16/05/95 - 17/05/95 -18/05/95 - 22/05/95 - 23/05/95 25/05/95 - 05/06/95 - 07/06/95 - 12/06/95 - 13/06/95 - 14/06/95 - 26/06/95 - 27/06/95 - 28/06/95 - 29/06/95 27/09/95 - 28/09/95 - 17/10/95 - 18/10/95 - 19/10/95 - 23/10/95 - 24/10/95 - 25/10/95 - 26/10/95 - 07/11/95 09/11/95
-
24/05/95 26/09/95 08/11/95 14/05/96)
326
MORABITO ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96)
MORABITO ASSUNTO LUIGI (I.R.C. ud. 14/1195 - 15/11/95 - 16/11/95)
MOREO CESARINA (TESTE ud. 30/01/96)
MORO GIAMPIETRO (TESTE ud. 18/04/96)
MOSCONI ERNESTO (TESTE ud. 20/02/96)
MOTTO MADDALENA (I.R.C. ud. 28/02/96)
MUFATO ANGELO (IMPUTATO ud. 12/06/96)
MURANDO GIANNA (TERSTE ud. 13/02/96)
MUSCARI ANTONIO (TESTE ud. 27/03/96)
MUSCIO MARIO (IMPUTATO ud. 12/06/96)
MISICO' ANTONINO (IMPUTATO ud. 270/06/96)
MUSITANO ANTONIO (IMPUTATO ud. 19/06/96)
NALLI EUSAPIA (TESTE ud. 01/02/96)
NANI RENATO (TESTE ud. 14/02/96)
NANNI GIUSEPPINA (TESTE ud.14/02/96)
NICOLI NICOLETTA (TESTE ud. 23/01/96)
NIRTA ANTONIO (IMPUTATO ud. 20/06/96)
NIRTA GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 12/06/96)
NIZZOLA ORESTE (TESTE ud. 07/02/96)
NOBILE GAETANO (I.R.C. - ud. 21/03/96)
NUCARA ALESSSANDRO (IMPUTATO ud. 12/06/96, non ha risposto)
NUCCIONI MARIO (TESTE ud. 18/07/96)
NUCERA FRANCESCO (I.R.C. ud. 21/03/96)
NUGNES EMILIO (TESTE ud. 08/02/96)
OLIVERI FRANCO (TESTE ud. 14/05/96)
OLLARI MARINO (TESTE ud. 23/01/96)
ORIO UMBERTO (IMPUTATO ud. 30/05/96)
ORTOLANI STEFANO (TESTE ud. 07/02/96)
PACE SALVATORE (I.R.C. ud. 18/04/96)
PADRE GIUSEPPE BRUNETTA (TESTE ud. 170/01/96)
PAGGINI SANTI (TESTE ud. 20/03/96)
PANEDURO FRANCESCO (TERSTE ud. 07/02/96)
PANETTA GABRIELE (TESTE ud. 20/02/96)
PANETTA GIUSEPPE (I.R.C. ud. 12/03/96)
PAPALIA ANTONIO cl. '54 (IMPUTATO ud. 13/06/96)
PAPALIA DOMENICO cl. '45 (IMPUTATO ud. 13/06/96)
PAPALIA GIUSEPPE cl. '61 (IMPUTATO ud. 13/06/96, non ha risposto)
PAPALIA ROCCO cl. '50 (IMPUTATO ud. 13/06/96)
PARISI ANTONIO cl. '62 (IMPUTATO ud. 13/06/96)
PARISI DOMENICO cl. '59 (IMPUTASTO ud. 13/06/96, non ha risposto)
PATACCINI FRANCO (TESTE ud. 07/02/96)
PAZIENZA ANTONIO (I.R.C. ud. 29/02/96)
PECORARO VINCENZO (TESTE ud. 29/02/96)
PEDRANI ROBERTO (IMPUTATO ud. 18/06/96)
PELLE ANTONIO (I.R.C. ud. 11/07/96)
PELLEGRINO ANGELO, Colonnello (TESTE ud. 23/05/96)
PELLIN DANIELE (TESTE ud. 17/01/96)
PELLIZZERI BIAGIO (IMPUTATO ud. 18/06/96)
PERICOLI LEONIDA (TESTE ud. 17/01/96)
PERILLI
DANIELE
(TESTE
ud.
20/03/96)
327
PERRA FERNANDO (TESTE ud. 13/02/96)
PERRE FRANCESCO(TESTE ud. 25/01/96)
PERRE GIUSEPPE (TESTE ud. 01/02/96)
PERRE MARIA (TESTE ud. 01/02/96)
PERROTTA VITTORIO (I.R.C. ud. 21/02/96)
PETA IRMA (TESTE ud. 06/02/96)
PETRACHI ALESSANDRO (IMPUTATO ud. 18/06/96)
PETRACHI LEONARDO (IMPUTATO ud. 13/06/96)
PICCOLO SALVATORE (TESTE ud. 30/01/96)
PIOGGIA GIUSEPPINA (TESTE ud. 27/03/96)
PIOL GIANFRANCO (TESTE ud. 27/02/96)
PIPPA ANTIMO (TESTE ud. 30/01/96)
PIRRONE MAURIZIO (I.R.C. ud. 10/01/96 - 11/01/96 - 16/01/96)
PITASI DEMETRIO (TESTE ud. 06/02/96)
PLACIDA VINCENZO (TESTTE ud. 15/02/96)
POMPONI VIRGILIO (TESTE ud. 08/02/96)
PORRO CARLO (IMPUTATO ud. 18/06/96)
PRIMAVERA GIUSEPPE, Maresciallo (TESTE ud. 0702/96)
PRINCIOTTA CARIDDI GIUSEPPE (TESTE ud. 07/02/96)
PUMA MASSIMILIANO (IMPUTATO ud. 18/06/96)
RAIMONDO ANTONIO (TESTE ud. 02/07/96)
RAMUNDO ANTONIO (TESTE ud. 07/02/96)
RASPONE GIANCARLO (TESTE ud. 15/02/96)
RAVAGNATI PAOLO (TESTE ud. 06/02/96)
REA TULIO (TESTE ud. 28/02/96 - 27/03/96)
RECHICHI DIEGO (IMPUTATO ud. 18/06/96, non ha risposto)
RETTORI LIDIA (TESTE ud. 14/02/96)
RICCI CARLO (TESTE ud. 11/07/96)
RIZZO GAETANO (TESTE ud. 20/03/96)
ROMANO NUNZIO (TESTE ud. 14/02/96)
ROMEO ANNUNZIATINO (I.R.C. ud. 03/04/96 - 10/04/96 - 11/04/96 - 16/04/96 - 17/04/96)
ROMEO BRUNO (I.R.C. ud. 18/04/96)
ROMEO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 19/06/96)
RUBINO CIRO (IMPUTATO ud. 19/06/96)
RUSSO FRANZ, Avvocato (TESTE ud. 02/04/96)
RUTIGLIANO MARIO (TESTE ud. 07/02/96)
SACCOMANNO, Ispettore (TESTE ud. 18/04/96)
SACRIPANTI LUIGI (I.R.C. ud. 21/03/96)
SAFFIOTI VINCENZO (IMPUTATO ud. 25/06/96)
SAINAGHI ANNIBALE (TESTE ud. 25/01/96)
SALA CLAUDIO (TESTE ud. 30/01/96)
SALAMONE PLACIDO (TESTE ud. 07/02/96)
SALESI GIOVANNI (TESTE ud. 18/06/96, non ha risposto)
SALIGARI ELISA , perito (TESTE ud. 13/03/96)
SALVATI VITTORIO (TESTE ud. 28/02/96)
SANFELICI ALDO (TESTE ud. 14/02/96)
SANFELICI DINO (TESTE ud. 01/02/96)
SANFELICI MAURIZIO (TESTE ud. 01/02/96)
SANTACROCE MARIAGRAZIA (TESTE ud. 06/02/96)
SANTACROCE
CIFARIELLO
MARISA
(TESTE
ud.
14/02/96)
328
SANTO CARUSO (TESTE ud. 29/10/96)
SANTORO ARCANGELO (TESTE ud. 20/02/96)
SAPIA SALVATORE (TESTE ud.29/02/96)
SAPIENZA ANDREA AGATINO (I.R.C. ud. 29/02/96)
SARACENO VINCENZO (IMPUTATO ud. 28/05/96)
SAUSA GIOACCHINO (TESTE ud. 20/03/96)
SAVIGNANO ROBERTO, Ispettore (TESTE ud. 08/02/96)
SCAFFIDI ALFREDO (TESTE ud. 17/01/96)
SCALARI GIUSEPPE (TESTE ud. 16/01/96)
SCALERA GIUSEPPE (TESTE ud. 30/01/96)
SCAMBIA ANTONIO (I.R.C. ud. 21/03/96)
SCARCELLA ANGELA (TESTE ud. 19/03/96)
SCARPA GIOVANNI (TESTE ud. 17/01/96)
SCAVO AGOSTINO (TESTE ud. 22/02/96)
SCHEMBARI VINCENZO (TESTE ud. 15/02/96)
SCHETTINI ANTONIO (I.R.C. ud. 21/05/96 - 22/05/96)
SCIBONA, Colonnello (TESTE ud. 16/01/96)
SCIGLITANO PAOLINO (TESTE ud. 02/07/96)
SCORPANITI ANTONIO (TESTE ud. 14/02/96)
SCROFANI PAOLO (TESTE ud. 15/02/96)
SEGHEZZI ALESSANDRO (I.R.C. ud. 27/02/96)
SENNECA ANTONIO (TESTE ud. 14/03/96)
SERGI FRANCESCO cl. '56 (IMPUTATO ud. 20/06/96, non ha risposto)
SERGI GIUSEPPE cl. '53 (IMPUTATO ud. 20/06/96,nonha risposto)
SERGI PAOLO cl. '48 (IMPUTATO ud. 20/06/96), non ha risposto)
SERGI SAVERIO cl. '68 (I.R.C. ud. 20/02/96)
SERGI ANTONINO (TESTE ud. 27/02/96)
SFORZI GIULIA (TESTE ud. 13/02/96)
SGAMBELLONE MARIO (IMPUTATO ud. 19/06/96)
SGRO' BENITO (TESTE ud. 25/01/96)
SOZZI ARMANDO (TESTE ud. 02/04/96)
SPAGNOLO VINCENZO (TESTE ud. 30/01/96
SPANO' FRANCESCO (TESTE ud. 27/02/96)
SPINA GIUSEPPE (TESTE ud. 20/03/96)
SPINELLI ANNABELLEA (TESTE ud. 22/02/96)
SPINELLI MICHELE (TESTE ud. 13/03/96)
STURIALE ROSARIO (TESTE ud. 30/01/96)
STUTO FELICE (TESTE ud. 27/06/96)
SUPERTI AMEDEO (TESTE ud. 25/01/96)
TASSONE MARIO (TESTE ud. 28/02/96)
TEMPORITI ELISA (TESTE ud. 30/01/96)
TOCCI GIORGIO (I.R.C. ud. 26/03/96)
TOIA FIORENZO (TESTE ud. 14/02/96)
TOMASI GIANFRANCO (TESTE ud. 30/01/96)
TOMEO CARMELO (TESTE ud. 18/01/96 - ud. 23/01/96)
TORTOIOLI GIAMPIETRO (TESTE ud. 13/02/96)
TOSTO GIUSEPPE (TESTE ud. 13/03/96)
TRICARICO MARIO (TESTE ud. 28/02/96)
TRIMBOLI DOMENICO cl. 61 (IMPUTATO ud. 25/06/96)
TRIMBOLI DOMENICO cl.'59 (IMPUTATO ud. 25/06/96, non ha risposto)
TRIMBOLI
FRANCESCO
cl.
'54
(IMPUTATO
ud,
25/06/96
,
non
risponde)
329
corso di detta istruttoria, il "paniere" probatorio si arricchiva del contributo di numerosi altri personaggi,
taluni collaboratori processuali e altri no, che per un verso davano ennesimi riscontri alle principale fonti
di accusa del presente dibattimento (ci si riferisce ai noti MORABITO, INZAGHI, AMANDINI,
ROMEO, ecc.), e per altro verso ulteriormente irrobustivano il già consistente quadro probatorio
proposto alla Corte dalla Parte Pubblica a carico dei presenti imputati: Tra tali contributi merita sin d'ora
ricordare - lasciando al prosieguo della trattazione su specifici temi relativi a singoli imputati la
menzione delle altre acquisizioni - quelli di:
_____________________________________________________________________________
TRIMBOLI ROCCO (I.R.C. ud. 20/06/96)
TRIOLO CARMELO (TESTE ud. 22/02/96)
TRIPODI PIETREO (I.R.C. ud. 16/01/96)
TUCCI GIOVANNI ( TESTE ud. 18/01/96)
TUCCI LUCIANO (I.R.C. ud. 29/02/96)
TUCCI PAOLO (TESTE ud. 21/02/96)
TUFANO DOMENICO (TESTE ud. 01/02/96 - 23/01/96)
TURIELLO ROBERTO (TESTE ud. 25/01/96)
URSO CONO (TESTE ud. 28/02/96)
VATTIATO GIROLAMO (TESTE ud. 06/02/96)
VAGHETTI PIERLUIGI (I.R.C. ud. 20/02/96)
VALLO ANTONIO (I.R.C. ud. 16/04/96)
VALLONE PIETRO (TESTE ud. 10/07/96)
VALOTTI DONATELLA (TESTE ud. 07/02/96)
VARONE VINCENZO (TESTE ud. 27/02/96)
VENEROSO UGO (TESTE ud. 25/01/96)
VENTRIGLIA LUIGI (TESTE ud. 20/02/96)
VINCENSI IVAN ALBERTO (TESTE ud. 20/02/96)
VINCI COSIMO (TESTE ud. 23/01/96)
VIOLA ANTONIO (I.R.C. ud. 14/05/96)
VIOLI ANTONIO (IMPUTATO ude. 20/06/96)
VISMARA ALESSANDRO (TESTE ud. 23/01/96)
VOTTARI GIUSEPPE (TESTE ud. 0702/96)
VOTTARI SEBASTIANO (TESTE ud. 13/02/96)
ZACCO ANTONINO (IMPUTATO ud. 26/06/96)
ZAGARI ANTONIO (I.R.C. ud. 14/03/96)
ZAMPARINI DOMENICO (TESTE ud. 13/03/96)
ZANETTI LUIGI (TESTE ud. 16/01/96)
ZANFORLIN CRISTIANO (TESTE ud. 07/02/96)
ZANINI DOMENICO (I.R.C. ud. 28/02/96 - 14/03/96
ZANINI GRAZIANO (TESTE ud. 13/03/96)
ZAPPIA VINCENZO (IMPUTATO ud. 26/06/96, non ha risposto)
ZAZZANI NEVIA (TESTE ud.25/01/96)
ZUFFRANO VINCENZO (I.R.C. ud. 18/01/96)
ZULLO
GENNARO
(TESTE
ud.
18/01/96)
330
- BAIKAL KENAN43
__________________
43
BAYKAL KENAN si è avvalso, come già si è visto, della facoltà di non deporre all'udienza del 19 marzo 1996, onde si
sono acquisiti gli esami da lui resi in separato procedimento (c.d. processo BRUZZANITI e altri: Vol. 191, par. 3), La parte
principale delle dichiarazioni del BAYKAL è già riepilogata nella ordinanza di custodia cautelare in carcere del 2.10.1993,
nella parte relativa, in particolare, agli omicidi CAVALLARO e CAMPODIPIETRA. Analogamente, la si legge nelle
sentenze (di 1° grado, di Appello e di Cassazione) relative al c.d. "processo BAYKAL" di cui si tornerà a parlare tra breve: In
merito si veda anche -per quanto di ragione e nei limiti probatori già puntualizzati- l'ordinanza di custodia cautelare in
carcere emessa nel processo BAYKAL e di cui al cit. vol. 191 par. 1.
Importante contributo probatorio, quello del BAIKAL, in quanto egli, in sintesi, porta indicazioni utili a comprovare il
coinvolgimento in traffici di droga, che merita sin d'ora lumeggiare nel dar conto del progressivo incremento dibattimentale
del "paniere" probatorio, a carico di:
1) CALABRO' FRANCESCO
2)SERGI FRANCESCO
3)MORABITO SAVERIO
4)PARISI ANTONIO
5)SERGI PAOLO
Per ciò che riguarda CALABRO' FRANCESCO, si può aggiungere che l'imputato è già stato condannato in via definitiva in
relazione alle predette accuse: Resta, quindi, il dato del suo comprovato inserimento nei traffici in questione peraltro proprio
in epoca coincidente con le indicazioni fornite dal MORABITO (fino al febbraio 1988.
Per ciò che riguarda gli altri componenti il gruppo SERGI, si può anche anticipare (il discorso verrà naturalmente ripreso in
occasione della trattazione delle singole posizioni) che il collaboratore:
- riconosce nella foto di MORABITO SAVERIO tale "GIANNI di CORSICO.. costui fa parte di un gruppo che ha ricevuto
dal BAYBASIN un quantitativo di 74 Kg di eroina ed io lo conobbi durante una trattativa per definire il pagamento in
sospeso e ciò su richiesta del BAYBASIN... è un calabrese e non so come sia finita la questione. So, tuttavia, che costui fece
uccidere o uccise personalmente due italiani in via Fra, Cristoforo e si chiamavano PIERO CAVALIERI e GIANFRANCO,
se non erro....seppi di tale duplice omicidio da parte di tali FUAT e MUSTAFA' SONMEZ di cui dirò .....suo cognato (del
CAVALIERI e cioè come intuibile CAVALLARO: n.d.r.) dovrebbe essere turco di origine armena e vive a Milano in Via
Vitruvio.
Questo GIANNI frequenta tali FRANCO, il fratello di questo FRANCO, entrambi calabresi, e si ritrovano spesso presso un
benzinaio in Corsico che so essere gestito da un certo MOSCARDI GIANFRANCO che io, però non ho mai conosciuto ...
alle trattative per il debito vantato dal BAYBASIN erano presenti oltre al GIANNI, il FRANCO e suo fratello..." (pag. 174 e
175).
La vicenda di cui sopra (che ruota attorno al citato duplice omicidio) verrà più analiticamente esposta dal collaboratore nelle
pagine 180 e segg. in termini assolutamente identici a quelli narrati poi dal MORABITO, da ROMEO ANNUNZIATINO ed
in parte da INZAGHI MARIO.
BAYKAL, come già si intuisce, sarà un importantissimo riscontro alle parole dei collaboratori "storici" di questo processo, in
quanto conferma tutta la complessa ed articolata vicenda che precedette la uccisione di CAVALLARO e CAMPODIPIETRA
in modo conforme alle loro indicazioni ed è particolarmente significativo che tale conferma
331
_______________________________________________________________________________
provenga da persona che operava in gruppo diverso e poi in conflitto con quello dei SERGI.
Riferirà, in particolare:
- che MUSTAFA' SONMEZ era noto come "Umberto" (si vedrà, sul punto, il riscontro che perviene al MORABITO e
l'appunto sequestrato sulla persona del CAVALLARO al momento della sua uccisione);
- che MUSTAFA' era un grosso intermediario di droga, operava in quel frangente per la famiglia BAYBASIN ed era in
stretto contatto con AGIL FUAT. Quest'ultimo si sarebbe occupato del commercio di occhiali e orologi (v. anche in tal senso
MORABITO e la CAVALLARO ALESSANDRA, anche se entrambi precisano che FUAT era socio del SONMEZ
MUSTAFA' nel traffico di droga);
- che MUSTAFA' e BAYBASIN SIRIN avevano invitato BAYKAL a partecipare con loro al tentativo di recuperare un
credito con dei calabresi che avevano pagato solo L. 470 milioni a fronte di circa 73/74 Kg. di eroina;
- che i turchi avevano localizzato uno dei luoghi di incontro dei calabresi presso la stazione di benzine sita in Corsico e
gestita da MOSCARDIO GIANFRANCO (pag. 180).
Si annoti sin d'ora che BAYKAL non sa come abbiano fatto i turchi ad individuare l'area di servizio del MOSCARDI. Si
vedrà, al momento della trattazione specifica dell'episodio,come il MORABITO abbia precisato che secondo lui era stato il
MEDICI EMANUELE (e che solo lui poteva averlo fatto), a fornire tale indicazione al SONMEZ; e che proprio per tale
motivo aveva manifestato al SERGI FRANCESCO la sua intenzione di uccidere il MEDICI. A riscontro di quanto sopra, alla
pag. 79 del citato documento, il BAYKAL dà indicazioni di un referente dei turchi (tale "ANTONIO BABA' ") reperibile
presso un bar in zona di Monza (181). (sulla possibilità concreta che si tratti del MEDICI, vedasi quanto si dirà trattando la
posizione di quest'ultimo).
- che con questi calabresi c'era stato "summit" presso un ristorante nella zona di Corsico al quale, assieme ai turchi (tra cui
BAYBASIN SIRIN, SONMEZ MUSTAFA', il Colonnello FARROK) presero parte alcuni dei calabresi del gruppo in
questione ed in particolare:
1) GIANNI di Corsico (già riconosciuto nel MORABITO)
2) FRANCO
3) il fratello di FRANCO
4) TOTO che era l'autista del GIANNI
5) altre cinque o sei persone che svolgevano un ruolo di protezione (si vedranno, sul punto, i riscontri portati alle
dichiarazioni di INZAGHI e ROMEO).
In un servizio di ricognizione di luoghi il collaboratore riconoscerà poi anche il luogo ove avvenne il "summit" nel ristorante
"Il Mulino del la Paia" (in senso conforme a MORABITO, ROMEO ed INZAGHI, quindi) (v. cit. vol. 191 pag. 238);
- BAYKAL riconosce in fotografia anche il FRANCO nel FRANCESCO SERGI, nel mentre mostra incertezza ("somiglia
molto") sulla fisionomia del fratello PAOLO del quale preciserà che "aveva identiche caratteristiche fisiche (rispetto al
FRANCO)ma era più giovane, così almeno mi sembra" (pag. 181).
Una incertezza, peraltro giustificata -essendo quella l'unica occasione in cui il collaboratore ha visto il fratello del FRANCO che fa comprendere il perché non sia stato incriminato SERGI PAOLO nel processo BAYKAL, dandosi evidentemente
anche peso al fatto che il BAYKAL preciserà che il FRANCO fu partecipe alla discussione, mentre il fratello era rimasto in
disparte e nulla aveva detto.
- il collaboratore confermerà, poi, che i calabresi versarono in almeno tre occasioni 100 milioni di lire la volta (attività di
consegna svolte da Morabito e Toto: v. pag. 182).
332
FIORINO GIUSTINO 44
_______________________________________________________________________
- dirà anche che i calabresi uccisero CAVALLARO e CAMPODIPIETRA che erano intervenuti in aiuto dei turchi e che
avevano organizzato una spedizione “agguerrita” presso il distributore del MOSCARDI;
- che la sorella del CAVALIERI (CAVALLARO) era arrabbiatissima con il FUAT per avere coinvolto il fratello in quella
storia (pag. 183):
- riconoscerà il TOTO in PARISI ANTONIO (pag. 191) e dirà di avere appreso che era stato ucciso o ferito (infatti: v.
episodio NIZZOLA);
- fornirà, infine, ulteriori indicazioni sulla vicenda relativa alla uccisione di CAVALLARO e CAMPODIPIETRA (pagg. 208,
209 e 210).
44
FIORINO GIUSTINO è quel collaboratore di giustizia grazie alle cui dichiarazioni è stata eseguita la operazione cd.
“Terra Bruciata”. Nella udienza 27 febbraio 1996 il P.M. ha prodotto i verbali di prova delle sue dichiarazioni in separato
dibattimento (trattasi di due faldoni). La Corte li ha acquisiti con ordinanza 12 marzo 1996.
La rilevanza delle dichiarazioni del FIORINO GIUSTINO è sicuramente diminuita a seguito dello stralcio delle posizioni di
CRISAFULLI BIAGIO e di CRISAFULLI ALESSANDRO. Il FIORINO, infatti, ebbe ad operare per diversi anni nella
organizzazione capeggiata dal BIAGIO, detto “DENTINO”, CRISAFULLI, organizzazione dedita al commercio degli
stupefacenti, gravitante nella zona di Quarto Oggiaro e strettamente collegata ai gruppi FLACHI-COCO TROVATO ed altre
organizzazioni di vertice. Costituiva un importante riscontro in ordine alla collocazione dei due CRISAFULI ai vertici della
predetta organizzazione, collocazione già indicata, in modo assolutamente analogo, dal MORABITO SAVERIO, CIULLA
SALVATORE, DI DONATO MICHELE, PACE SALVATORE, FOSCHINI VITTORIO, di MODICA LUIGI ed altri.
Resta comunque valido il dato di obiettivo e positivo riscontro rappresentato dalle affermazioni del FIORINO ai fini della
complessiva valutazione di attendibilità delle persone sopra indicate, attendibilità che va valutata in riferimento a tutte le
indicazioni fornite e, quindi, anche in relazione a fatti e posizioni stralciate.
Il valore di tali dichiarazioni, poi, si estende inevitabilmente anche alle indicazioni fornite da MORABITO, CIULLA e DI
DONATO sul cd. Gruppo CAROLLO, risultando confermati dal FIORNINO i legami, per forniture di droga, tra il
CRISAFULLI e personaggi siciliani facenti parte del citato gruppo:
“entrando in confidenza con GINO (BIAGIO CRISAFULLI) appresi che lui ritirava la droga non dai trafficanti stranieri
ma direttamente dai siciliani di “Cosa Nostra” e che gravitavano a Milano. In particolare io conobbi il BONANNO LUIGI
che seppi essere il referente diretto del CRISAFULLI per le forniture di eroina e so che tramite tali contatti talvolta fu anche
consegnata EROINA BIANCA” ... (pag. 24)”...il CRISAFULLI era una sorta di rappresentante degli interessi di Cosa Nostra
in Milano e so anche che aveva rapporti oltrechè con il BONANNO con il gruppo CAROLLO..” (pag. 25).
Riferisce il collaboratore che aveva tali contatti anche tramite il fratello ALESSANDRO (43) e che fu presente allorchè, nel
corso di una detenzione a Milano, prima della sua scarcerazione nel 1988, allorchè erano detenuti anche GINO
CRISAFULLI e LUIGI BONANNO, avvennero dialoghi tra costoro relativi a traffico di droga. Di notevole rilievo è poi
anche il fatto che il FIORIONO riferisca che l‟eroina veniva indicata con il termine “materiale” che è la stessa espressione
che MORABITO ha indicato essere stata utilizzata da ZACCO e BONANNO per indicare, appunto, l‟eroina (pag.44).
Si apprende poi dal collaboratore che già nel 1984 il gruppo di CRISAFULLI ritirava eroina dai siciliani e che chi si
occupava di tali attività era un “dipendente” del CRISAFULLI e cioè PALAZZOLO DOMENICO (45 e segg.) il dato
apparirà probabilmente molto importante in quanto PALAZZOLO DOMENICO si accerterà esser la persona che fu arrestata
nella
flagranza
della
detenzione
di
eroina
che
ritirò
dopo
un
333
GUERRIERO EGIDIO 45
LA BARBERA ROBERTO46
________________________________________________________________________
contatto con esponenti del gruppo CAROLLO (v. dep. teste CALVI PINUCCIO e le sentenze della “Duomo c.”). Di pari
rilievo la circostanza che il FIORINO si sia riferito a rapporti con il gruppo CAROLLO a decorrere almeno dal 1988, così da
confermare la validità della accusa in ordine a tale gruppo, il suo avere gestito anche eroina bianca, il coinvolgimento nello
stesso del BONANNO LUIGI, etc.
Il collaboratore esegue un positivo ric. fotografico del BONANNO (pag. 411).
Importante apparirà il contributo di questo personaggio anche in riferimento alla posizione di LOMBARDO GIULIO
ANTONINO (on. BARRECA).
Dal medesimo si apprenderà anche:
a) del coinvolgimento in attività di traffico di droga e illecite in genere di LOMBARDO GIULIO ANTONIO e MAIOCCHI
ROBERTO;
b) di manifestazioni di interni omicidiari, nei confronti del PM del processo Nord Sud, da parte di LOMBARDO GIULIO
ANTONINO e del Gruppo PAPALIA (pag.18);
c) di forniture di droga e LOMBARDO GIULIO ANTONINO che indica come “un calabre appartenente al clan dei De
Stefan” (pag.330). Il dato è significativo in quanto conferma quell‟area di appartenenza del Lombardo, come indicata dai
collaboratori di “Nord Sud” (gruppo Libri e, quindi, “area De Stefano”) già evidenziata per la sua rilevanza in riferimento
all‟omicidio BARRECA;
d) di aver conosciuto LOMBARDO GIULIO ANONINO nel 1988 inizi 1989 allorchè il LOMBARDO acquista una moto
Kawasaki presso negozio gestito dal FIORINO (pag. 331). In seguito gli venderà 2 Kg. di eroina (331 e segg.). Il dato non fa
altro che confermare la già indicata “passione” del LOMBARDO per le moto: il che conferma gli assunti del TUCCI Luciano
ed il suo ruolo nell‟omicidio BARRECA.
e) dirà anche che in quel periodo LOMBARDO era socio di MAIOCCHI ROBERTO che, infatti, partecipa ad una riunione
allorchè si deve definire il pagamento del LOMBARDO per i due Kg. di eroina di cui sopra (anche in tale occasione il
LOMBARDO aveva accumulato debiti, secondo un costume costantemente riferito da tutti i collaboratori che hanno parlato
di lui) (pag.334-335). Procederà poi anche positive ricc. fott. del Lombardo (pag.410) e del MAIOCCHI (pag.419);
f) confermerà, infine, la posizione del FOSCHINI VITTORIO nel gruppo CRISAFULLI ed i suoi contatti con il gruppo
COCO-FLACHI. Trattasi di dati di rilievo ai fini della positiva valutazione complessiva della attendibilità del FOSCHINI
stesso.
45I costituiti di questo collaboratore sono consacrati in verbali di prova di separato dibattimento, prodotti dal P.M.
all‟udienza 27 febbraio 1996 e acquisiti con ordinanza 12 marzo 1996. Sono di grande rilievo probatorio le sue parole, con
particolare riguardo alla posizione degli imputati BRANCA e NUCARA, e sotto il profilo dell‟ulteriore accreditamento, sia
del MORABITO SAVERIO che del TUCCI LUCIANO(cfr. le posizioni citate).
46
E‟ persona che rende ampie e diffuse dichiarazioni (acquisite con ordinanza 13 aprile 1995) utili soprattutto in riferimento
alla posizione del MOLLUSO FRANCESCO in relazione al capo n.112. Il dato di riscontro è rappresentato, in particolare,
dal fatto che il LA BARBERA mette in luce il livello consistente raggiunto dal MOLLUSO in ambito di traffici di croma
sino all‟aprile del 1992 (v. sentenza di condanna definitiva, come confermato in udienza dallo stesso MOLLUSO, di cui alle
pag. 168 e segg. della sua cartella personale). In quella indagine, si parla di forniture gestite dal MOLLUSO nell‟ordine di 30
Kg. di eroina in media per volta (simili e conformi, quindi, quindi, al quantitativo di contestazione di cui al capo 112), sino a
ritiri
dell‟ordine
di
80
Kg
la
volta.
334
-MOTTO MADDALENA47
-PANETTA GIUSEPPE48
_________________________________________________________________________
Il collaboratore conferma anche il coinvolgimento nei traffici del MOLLUSO del cognato DI BUONO SALVATORE detto
l‟ELVIS” (v. es. oag, 47). Trattasi della stessa persona indicata da FOSCHINI VITTORIO quale socio di ROCCO
PAPALIA, MOLLUSO FRANCESCO e RECHICHI DIEGO nei traffici di droga dagli stessi svolto nei primi anni „80. Il
dato è utile ai fini della positiva valutazione della attendibilità, in questo caso, del FOSCHINI.
47
Anche questo imputato si è valso della facoltà di non deporre, onde il P.M. ne ha prodotto gli interrogatori all‟udienza del
15 maggio 1996 e la Corte li ha acquisiti con ordinanza 4 giugno 1996. MOTTO MADDALENA (imputata nel proc.
pen.5754/92/21 di cui al vol.165 delle produzioni iniziali del PM) dirigeva l‟Ufficio Fidi del Casinò di Montecarlo ritenuto,
sulla base delle indagini (sintetizzate negli atti di cui al cit.vol.165), uno strumento utilizzato per il “lavaggio” di denaro
sporco e per l‟esercizio dell‟usura. nei suoi interrogatori, la MOTTO precisa le modalità di gestione dei fidi presso il Casinò
di Montecarlo che appaiono perfettamente compatibili con le prospettate possibili attività di riciclaggio di denaro sporco.
Del ruolo della MOTTO MADDALENA ebbero a riferire, in modo incidentale, AMANDINI MICHELE e PACE
SALVATORE e la indicarono, in particolare, quale persona legata a quel CANALE VITTORIO che avrebbe svolto
reinvestimenti per conto dei PAPALIA utilizzando anche il canale del Casinò di Montecarlo.
La sua posizione è, quindi, un dato obiettivo di riscontro in ordine alle dichiarazioni di AMANDINI e PACE circa i contatti
tra il gruppo PAPALIA ed il CANALE VITTORIO (noto e più volte inquisito esponente „ndrangheta - v. anche sentenza
sub.n.155 in cui fu inquisito per fatti di mafia degli ultimi anni „70 in contesto criminale riferibile ai noti PAOLO DE
STEFANO, DOMENICO LIBRI, SANTO ARANITI ed altri). (In proposito si ricorda che il CANALE fu controllato a
Parma allorchè trovavasi in compagnia di PAPALIA DOMENICO ed era, altresì, in possesso di cospicua somma di denaro
(v. cartella personale di PAPALIA DOMENICO).
48
Di notevole rilievo il contributo probatorio di questo collaboratore di giustizia i cui costituiti sono stati prodotti dal P.M. in
data 15 maggio 1996 (dal momento che il PANETTA si era avvalso della facoltà di non rispondere in aula), e acquisiti dalla
Corte con ordinanza 4 giugno 1996.
PANETTA GIUSEPPE ha deposto avanti l‟AG di Torino. Ed ivi così si è espresso: Dopo una detenzione, per droga, dal
settembre del 1984 sino all‟agosto del 1987 (pag.33) “...ho iniziato a trafficare con l‟eroina nel 1987, dopo che uscii dal
carcere nel mese di agosto. All‟epoca mi ero messo in società con tale Antonio Romeo. Ci rifornivamo di eroina da
AGRESTA ANTONIO che era in società con tal GIAMPAOLO che so essere stato processato per un sequestro di persona
insieme al padre di AGRESTA” (pagg. 16 e 17).
Evidente il riferimento al sequestro di BONGIOVANNI CARLO, avvenuto nel 1977, per il quale furono inquisiti e
condannati il padre di AGRESTA ANTONIO (DOMENICO) e GIAMPAOLO FRANCESCO. Il dato è riscontrato dalla
produzione del PM del 29.10.96, vol.III, all.1., acquisita con ordinanza 5 novembre 1996.
“..il ROMEO ed io acquistammo dall‟AGRESTA e dal GIAMPAOLO fino all‟arresto dell‟AGRESTA poi continuammo
ancora un po' ad acquistare dal suo GIAMPAOLO ... fino al settembre ottobre 1990 epoca in cui il ROMEO ed io
sciogliemmo la società ed io iniziai ad acquistare da MARANDO PASQUALE... (pag.-17 meno i periodi di detenzione di
AGRESTA ANTONIO);
...”l‟incontro per concordare il primo acquisto di eroina il ROMEO ed io lo avemmo, con il GIAMPAOLO E l‟AGRESTA, in
un ristorante sito a Volpiano. Lì concordammo l‟acquisto di due chili e mezzo di eroina... il prezzo fu £ 65.000 al grammo
che
335
_________________________________________________________________________
pagammo regolarmente dopo la consegna..” (18). Interessante quest‟ultima circostanza che si apprende dal PANETTA, in
quanto dimostra l‟infondatezza dello assunto di quei difensori che hanno sostenuto la inattendibilità di quei collaboratori
quanto meno nella parte in cui gli stessi analoghi ritiri di droga a credito. Secondo quei difensori ciò non sarebbe neppure
pensabile. Di fatto, sembra invece un sistema assai in uso nella malavita, non fosse altro perchè si garantisce con la vita..;
-”..dopo questo primo acquisto feci altri acquisti dall‟AGRESTA e dal GIAMPAOLO sempre in quantitativi che variavano
dal mezzo Kg. al chilo di eroina..” (19);
-”...continuai ad acquistare dall‟AGRESTA fino al momento del suo arresto... venne a farmi visita in cascina MORANDO
PASQUALE... mi disse che aveva saputo che ero cliente dell‟AGRESTA e che, ora che era detenuto, aveva preso lui la
gestione del mercato dell‟eroina... così acquistai dal MORANDO ... questo episodio si può cronologicamente collocare a
circa 6/7 mesi fa prima di Natale” (20) (trattasi del natale „90 essendo l‟int. in questione del 19.6.91);
Un passo assai interessante, perchè, a proposito delle vicende del sequestro CASELLA fornirà un prezioso riscontro in
relazione agli strettissimi legami qui evidenziati tra l‟AGRESTA ANTONIO e MORANDO PASQUALE.
“.. dopo tornai a rifornirmi a Corsico dall‟AGRESTA che nel frattempo era stato scarcerato ed aveva avuto il soggiorno
obbligato a Corsico.. quando ricominciai a rifornirmi dall‟AGRESTA andavo a prendere l‟eroina a Corsico.” (20-21).
Risulta provato il periodo di soggiorno dell‟AGRESTA in Corsico e BUCCINASCO sia pure non come soggiorno obbligato
ma quale conseguenza del divieto di soggiorno dal Piemonte e dalla Calabria impostogli dalla A.G. di Torino nel 1989.
- “..in quel periodo mi rifornivo a Corsico in un bar dove contattavo l‟AGRESTA che o mi consegnava subito l‟eroina o mi
dava appuntamento per uno o due giorni successivi per la consegna. Non ricordo il nome del bar nè la via, ma sono in grado
di andarci. So che è gestito da un calabrese..” (21).. “.. lo stupefacente che mi è stato sequestrato al momento del mio
arresto, sia l‟eroina che la cocaina, l‟avevo acquistata da AGRESTA ANTONIO ... faccio presente che nei confronti
dell‟AGRESTA ho un debito che ammonta a circa 120 o 130 milioni - aggiungo che dall‟AGRESTA compravo
indifferentemente sia cocaina che eroina...” (22).
PANETTA “prende il fiore” nel 1981 circa (26).
Il capo della „ndrangheta a Volpiano diventa PASQUALE MARANDO (26 e 53).
- cita poi l‟episodio di un ritiro di circa 100/200 grammi di eroina in Corsico consegnati da AGRESTA ANTONIO e da un
suo cugino a nome ROCCO (33);
- riconosce in fotografia AGRESTA ANTONIO (pag. 35);
- AGRESTA ANTONIO una volta gli consegna un Kg. di eroina assieme ad un certo MIMMO che aveva già visto con lui a
Corsico (pag.35);
- “.. parlando con l‟AGRESTA ANTONIO, il figlio di DOMENICO, seppi che il Residence sito a Buccinasco, dove abita
l‟AGRESTA, è di proprietà dei PAPALIA anche se non so se questi risultino effettivamente proprietari o se ci sia un
intestatario di comodo. Dei PAPALIA posso dire che sicuramente comandano l‟AGRESTA ANTONIO, io personalmente
conosco di loro solo ANTONIO PAPALIA..” (pag. 52);
- “.. a Torino io comprai la droga da AGRESTA ANTONIO e GIAMPAOLO ANTONIO che erano a Volpiano e mi davano la
droga a Volpiano... poi AGRESTA ANTONIO e AGRESTA SAVERIO furono confinati a Corsico ed allora andavo a
prendere la roba a Corsico... so che gli AGRESTA compravano dai PAPALIA che erano i loro zii e che facevano venire la
roba da tutte le parti del mondo e la ridistribuivano in Italia... che gli AGRESTA acquistassero dai PAPALIA me lo hanno
detto
gli
stessi
AGRESTA,
in
particolare
336
_________________________________________________________________________
ANTONIO, anzi solo lui me lo ha detto. Preciso che anche in precedenza io prendevo droga da uno di Reggio da cui sapevo
che proveniva dai PAPALIA..” (pag. 63);
- “.. Il sindaco di Platì è stato ucciso da PASQUALINO MARANDO. Questo mi è stato detto da lui stesso dicendomi che il
Sindaco non si era comportato bene...”(pag.17). Si vedrà più avanti che nello stesso senso si è espresso anche il
MORABITO per averlo appreso da PAOLO SERGI.
Il PM di Torino mostra al PANETTA alcuni appunti con sigle e cifre allo stesso sequestrati in occasione del suo arresto.
Nell‟esaminare la sigla “AAMC” (v. anche appunti effettivamente in sequestro) PANETTA precisa trattasi di “AGRESTA
ANTONIO Milano Corsico... le annotazioni si riferiscono a soldi da me dati ad AGRESTA ANTONIO in pagamento dei miei
debiti...” (pag. 74; nello stesso senso pag. 83,84 e 85 dove si specifica che trattasi di denaro per forniture di droga). Il
riscontro rappresentato dagli appunti in questione è di certa primaria rilevanza.
- riferisce vicende relative alla faida MUSITANO-MARANDO (pag. 82) che offriranno utili riscontri in relazione alla
conferma della causale (così come indicata dal MORABITO) circa l‟omicidio di MUSITANO ROCCO.
- MARANDO PASQUALE e AGRESTA ANTONIO gli confidano di avere eseguito una estorsione in danno di un mobiliere
di Leini ed altresì l‟AGRESTA ANTONIO e GIAMPAOLO GIOVANNI avrebbero eseguito una strage in un bar di
Chivasso (82);
- “..AGRESTA ANTONIO fu mio fornitore di eroina e cocaina a far tempo dal 1983 quando, cioè, io ho iniziato a lavorare
con la droga. Preciso che prima dell‟83 o meglio prima dell‟incontro con l‟AGRESTA io presi dell‟eroina, una cinquantina
di grammi, da una persona che viveva a Corsico ed il cui padre aveva un distributore di benzina a Corsico.. era di Plati.. si
chiama PASQUALE e saprei riconoscerlo in foro. Comunque da lui per l‟eroina sono andato solo nel 1983 ed in più
occasioni.. le consegne variavano da un minimo di 20 ad un massimo di 50 grammi. Questo traffico è durato quindi pochi
mesi... le ordinazioni venivano fatte a questo PASQUALE però le consegne materialmente venivano fatte da un certo TOTO
di Reggio Calabria che viveva a Corsico e che ci dava la roba dietro un bar di Corsico di cui ora non mi viene il nome. Io
vidi in quel bar anche l‟AGRESTA ANTONIO che già conoscevo. Io lo avevo già visto in precedenza spacciare a Volpiano:
difatti ricordo di aver consegnato all‟AGRESTA ed al ROMEO ANTONIO mezzo Kg. di eroina che avevo acquistato a
Corsico dal PASQUALE.. poi io venni arrestato ... quando sono uscito nell‟agosto del 1987 contattai nuovamente AGRESTA
ANTONIO a Volpiano..”, da allora forniture periodiche di “stupefacenti... continuate anche quando AGRESTA ANTONIO si
trasferì a Corsico.. da AGRESTA comperavo quantitativi che si aggiravano a volte sul Kg - a volte sul mezzo Kg....abitava in
un Residence dello zio, il PAPALIA..” (pag.g.88 e 89). Nello stesso senso pag. 92 dove si precisa che lo zio di AGRESTA
ANTONIO cui si riferimento è PAPALIA ANTONIO e dove si forniscono ulteriori indicazioni circa i ritiri di droga eseguita
da AGRESTA ANTONIO e da persone a lui legate (tra cui tale NATALE).
In ordine al PAPALIA (V. pag. 108):
“.. lui era il capo, quello che organizzava tutto, che organizzava tutta la situazione della droga... me l‟ha detto sia
PASQUALINO MARANDO che l‟ANTONIO AGRESTA, me l‟ha detto che lui, che il capo dell‟organizzazione della droga di
Milano era lui.. gli arrivava la merce dall‟estero..”
ANTONIO AGRESTA era un “rimpiazzato (aveva i “fiore”) (pag 147-148).
Nell‟int. al PM di Milano del 17.2.1992 (pagg.153-156) riferirà ancora:
- sui primi contatti in Corsico per forniture di eroina, nel 1983, con tali PASQUALE e TONINO (o TOTO) sino al 1984, che
PASQUALE era figlio del titolare di un distributore di carburante, gli pareva della “Shell” che si trovava sulla strada tra
Corsico
e
337
49
-PAZIENZA ANTONIO
_________________________________________________________________________
Buccinasco. Vi era una terza persona che operava con loro, di bassa statura, originario di Plati. TONINO aveva occhiali con
lenti spesse.
E ancora (pagg.156 e segg) parlerà dei rapporti con ANTONIO AGRESTA dal 1987 sino al 1991 per forniture da 500 gr.
sino ad un Kg. la volta (ogni 10/15 giorni). AGRESTA operava con due persone a nome NATALE e ROCCO (158).
“..Circa i contatti CON L‟agresta gli stessi avvenivano presso un bar che si trovava nei pressi del cimitero” (157); “Le
consegne in genere avvenivano presso il bar dove ci si vedeva con l‟AGRESTA. Solitamente io lasciavo la mia auto in sosta
vicino al bar, con un finestrino o la portiera aperta, e loro, prima il ROCCO e poi il NATALE, caricavano la droga a bordo
...(158).
E‟ chiaramente il noto bar Lyons di Via dei Mille vicino, come si vedrà, al cimitero.
Anche le modalità della consegna di droga sono identiche a quelle riferite da altri che ebbero rapporti con il gruppo
PAPALIA.
“..con ANTONIO PAPALIA non ho mai avuto a che fare direttamente con la droga, ma sapevo, per averlo appreso dal
TONINO di Reggio, dal PASQUALE e dallo stesso AGRESTA ANTONIO, nipote del PAPALIA, che costui era il maggior
“azionista” dei giri di droga in Corsico..” (158).
Il collaboratore esegue poi riconoscimenti fotografici positivi:
a) MUSITANO ANTONIO: lo riconosce come persona che coadiuvava tali PASQUALE e TONINO (o TOTO) nel traffico
di droga in Corsico nel periodo 1983/84 (pag.159). Il riconoscimento è molto importante in quanto è proprio in quel periodo,
come affermato anche da MORABITO, che il MUSITANO entra nel gruppo PAPALIA (v. anche episodio dell‟incendio al
ristorante San Marino avvenuto, appunto, nel 1984);
b) ZAPPIA VINCENZO: lo indica probabilmente come colui che gli forniva la droga nel 1983/84 e che erroneamente aveva
menzionato come PASQUALE (evidentemente confondendolo con il padre a nome effettivamente PASQUALE) (pag. 159);
c) PARISI ANTONIO: lo indica come persona che spacciava assieme ad AGRESTA anche se a lui noto NATALE o
ROCCO (nomi...d‟arte?) (pag. 160). Il dato ha il suo rilievo in quanto alla fine del 1989, come dichiarato sia da MORABITO
che da ROMEO, TOTO PARISI usci dal gruppo e si avvicina ai PAPALIA in particolare trattando droga assieme al cugino
AGRESTA ANTONIO.
d) SERGI GIUSEPPE noto come “PEPPONE”. Tratta droga e gli fa una consegna nel periodo antecedente il suo arresto del
1984. Era in contatto con quelli che avevano un distributore di carburante (gli ZAPPIA: n.d.r.);
e) PARISI DOMENIO :(161) “.. Era uno che lavorava con ANTONIO AGRESTA e se non vado errato anch‟egli ebbe a
farmi qualche consegna”.
E, infine “Conosco un mobiliere di Leini che è molto legato sia a MARANDO che agli AGRESTA.... io l‟ho visto diverse
volte.. e so che ha curato, perchè ha anche uno o più camion, il trasloco di ANTONIO AGRESTA quando è andato ad
abitare giù in Calabria. Per quello che so io faceva favori illeciti a MARANDO e agli altri, anche se non so specificare che
cosa di concreto facesse..” (pag. 176). Si vedrà più avanti il rilievo della presente circostanza a proposito del sequestro
CASELLA.
49
PAZIENZA ANTONIO è imputato in procedimento già in carico dinanzi l‟AG di Trani. La rilevanza delle sue
dichiarazioni, prodotte in parte qua come contestazione probatoria (cfr. prod. 15.5.96 e ord. cit. 4.6.96), apparirà evidente in
relazione alle dichiarazioni fornite da PIRRONE MAURIZIO (v. acquisti di armi e giubbotti antiproiettile, provenienti dal
Belgio, venduti da FRANCESCHETTI LUCIANO a PAPALIA ANTONIO
e MUSITANO ANTONIO).
SAKIROGLU MUSTAFA' SADUN
50
338
__________________________________________________________________________________________________________
Conferma, infatti, di avere procurato armi dal Belgio al FRANCESCHETTI e di avere da lui ricevuto ordinativi di giubbotti
antiproiettile dello stesso tipo di quelli indicati dal Pirrone come desiderati dal PAPALIA ("tipo canottiera").
50
SAKIROGLU Mustafa' Sadun è un trafficante di eroina turco, che si presenterà quale fonte di estremo interesse per le
vendite di eroina a SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO ( il P.M. nell'udienza 27 febbraio 1996 ha prodotto
verbali d'esame raccolti in separato dibattimento e la corte ne ha disposto l'acquisizione con ordinanza 12 marzo 1996), in
particolare:
a) Kg. 44 di eroina procurati al SERGI FRANCESCO nella primavera-estate del 1990;
b) Kg. 20 di eroina procurati a SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO nell'agosto del 1993 (N.B: questo proprio
nel periodo immediatamente successivo alla scarcerazione del Sergi per il noto processo di appello "BAYKAL " in cui
MORABITO aveva preannunziato che sarebbero stati assolti). Va del pari annotato che il SAKIROGLU è stato riconosciuto
in fotografia dal MORABITO quale cittadino turco che lavorava in semilibertà presso la carrozzeria di ENZO FONTANA e
che vide anche dialogare in Buccinasco con SERGI FRANCESCO ed apprese che avrebbe potuto procurare droga (nulla
seppe poi degli sviluppi di tali incontri). Il dato apparirà in tutto il suo rilievo in quanto:
a) SAKIROGLU effettivamente lavorò con il FONTANA e fece qui la conoscenza di DI PASQUALE FRANCESCO con il
quale divenne poi socio nei traffici di droga;
b) conferma la esistenza di rapporti tra il SAKIROGLU e MORABITO confermano che SERGI FRANCESCO aveva canali
diretti con i trafficanti turchi (nello stesso senso v. anche il citato BAYKAL KENAN).
Si consideri, poi, che per i fatti riferiti dal SAKIROGLU, SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO sono già stati
condannati rispettivamente a 24 e a 18 anni di reclusione. il processo è ora in fase di appello (v. dispositivo prodotto dal P.M.
il 25.6.96 par. 4 e ordinanza acquisitiva del 18 luglio 1996).
Dichiarazioni, in particolare, il SAKIROGLU nella ud. 19.7.95:
- il suo ultimo periodo di detenzione risale al 15.1.1994(6);
- traffica in eroina da quando ottiene la semilibertà nel giugno del 1988, allorché trovavasi detenuto a S.Vittorio (12 e 63).
Era stato arrestato nel 1984 a Milano (62);
- complessivamente importa in Italia quasi 1.055 Kg di eroina (12):
- in semilibertà lavora presso le officine di FONTANA VINCENZO (riscontro positivo a MORABITO - pag. 14) indicazioni, come anticipato - su fornitura di 44 Kg. di eroina a FRANCESCO SERGI (69) prima del suo arresto nel 1990 (si
riferisce chiaramente all'arresto per il processo Baykal);
- allorché lavora presso l'officina di FONTANA VINCENZO conosce DE PASQUALE FRANCO, già socio del FONTANA
(12 e se.). Il DE PASQUALE nel maggio 1989 lascia il lavoro con il FONTANA (75) e avvia, con il SAKIROGLU, la
gestione di una lavanderia che servirà come copertura per i traffici di droga (77) e quindi, ai medesimi fini, una officina da
gommista in Via Melchiorre Gioia.
- conosce FRANCESCO SERGI presso l'officina di FONTANA VINCENZO "lui veniva con la sua macchina, ogni tanto
veniva con un Ferrari, ogni tanto arriva una Mercedes o un Land Rover. ho conosciuto il fratello PAOLO CICCIO SERGI e
compare di signor FONTANA (79 e 80);
-FRANCO ( DE PASQUALE ) gli dice " se noi troviamo un cliente come CICCIO SERGI noi siamo tranquilli ...nostro
sogno è diventato verità..." Fu il DI PASQUALE, quindi, a fare da tramite tra SAKIROGLU e CICCIO SERGI (81 e 89);
339
-all'inizio della collaborazione aveva preferito non parlare di FRANCESCO SERGI in quanto " quel tempo come famiglia
Sergi molto famoso, molto potente e molto pericoloso, quel tempo paura (per) mia famiglia ... poi secondo tempo ho deciso
tutto con la verità ..." (82);
- la presentazione formale con il FRANCESCO SERGI avvenne a Buccinasco o Corsico " noi abbiano andato due volte ...
presso un bar... un'altra volta andato un altro bar" (90). si vedrà, in proposito, come MORABITO abbia in effetti precisato
di avere visto il SAKIROGLU proprio presso uno dei bar del gruppo allorché dialogava con CICCIO SERGI.
- in occasione di tali contatti con CICCIO SERGI fu raggiunto l'accordo per la fornitura di 44 Kg. di eroina" uno dei bar in
cui fu l'incontro era il "bar UGO" (trattasi chiaramente del noto bar Tip Tap, gestito da UGO VENERUSO (pag. 91);
-descrive la consegna dei 44 Kg. di eroina a CICCIO SERGI (93 e segg.);
- "...(CICCIO) SERGI è stato arrestato mi sembra autunno del 1990 con mio paesano, con HAMZA TURKURESIN e so che
uscito dal carcere nel maggio o aprile del 1993..."(94). Dati che assolutamente precisi. Trattasi dell'arresto del
FRANCESCO SERGI proprio nella primavera del 1993. In quella indagine fu arrestato e condannato anche il noto trafficante
turco HAMZA TURKURESIN (per lui la condanna fu confermata in appello e Cassazione);
- nell'agosto del 1993 curò la consegna di eroina a FRANCESCO SERGI e a FRANCESCO TRIMBOLI (146) e la stessa fu
integralmente pagata(147).
Nella udienza 31.7.1995, il collaboratore riferisce:
- la droga consegnata a FRANCESCO TRIMBOLI e a FRANCESCO SERGI nell'agosto del 1993 era una partita di 20 Kg di
eroina che SAKIROGLU e FRANCESCO DI PASQUALE ritirarono da ZEKI ZEREN (58):
- la droga che arrivava dalla Turchia talvolta veniva nascosta in un doppio fondo di serbatoi di nafta di automezzi (68 - il dato
ricorda ovviamente - come si vedrà in prosieguo - l'episodio riferito da MORABITO relativo allo scarico di 92 Kg. di eroina
all'interno della cascina del Cerullo);
- commenta il "blitz" operato in "Nord Sud" al telefono con il suo socio, per traffici di droga, RAMIZ e questo perché
conoscevano persone tratte in arresto (79-80);
- conosce FRANCESCO SERGI nel 1988 presso l'officina di FONTANA VINCENZO. Nello stesso periodo conosce
PAOLO SERGI e FRANCESCO TRIMBOLI ... (81)" noi abbiamo sognato lavorare con (FRANCESCO) SERGI per
andare bene, perché persona bene e potente ... noi abbiamo detto: se lavoriamo con SERGI non abbiamo problema .. anche
FRANCO (DI PASQUALE) mi diceva : persona brava, molto potente, ricco ... per la consegna dei 44 Kg. ha pagato tutto in
poco tempo ... quando uscito dal carcere, nel 1993, arriva TRIMBOLI FRANCESCO, officina di DI PASQUALE, che voleva
prendere un appuntamento con me per parlare con SERGI..."82 e 83);
- avviene l'incontro, nell'agosto del 1993, a San Vittore Olona (luogo di abitazione del SERGI FRANCESCO: n.d.r.); e sono
presenti SAKIROGLU,FRANCESCO DI PASQUALE,F.SERGI e F.TRIMBOLI (85);
- diedero un anticipo corrispondente al pagamento di 10 Kg di eroina ... FRANCO (DI PASQUALE) ha ritirato i soldi da
TRIMBOLI la fornitura fu poi di 20 Kg (85 e 86 e segg. v anche ud. 5.1.95 pag. 57):
- con SERGI F e TRIMBOLI F non si parlava mai al telefono ovvero si utilizzava il cellulare di TRIMBOLI ma facendo finta
che chi lo chiamava era ENZO FONTANA. Lui capiva e si concordava l'appuntamento (89/90);
- la consegna dei 20 Kg avviene verso l'agosto del 93 e verso la metà del settembre tutta la fornitura fu pagata (91), Non ci
furono altri rapporti in quanto il SERGI FRANCESCO è poi arrestato per Nord Sud TRIMBOLI ancora latitante e si
nasconde da DI
340
PASQUALE FRANCESCO (ud. 5.10.95 pag.55: ed infatti sarà arrestato solo in seguito e si accerterà che era ospite proprio
di FRANCO DI PASQUALE, il socio del SAKIROGLU);
- era prevista un'altra fornitura di 10 Kg. di eroina per il mese di ottobre 1993. L'accordo era stato preso con il TRIMBOLI
FRANCESCO (93). Quando ci fu il blitz di Nor Sud SERGI F e TRIMBOLI F. avevano ancora 7 Kg. di eroina facenti parte
della fornitura dei 20 Kg. di cui sopra.(92). Nella udienza 5.10.1955, ribadisce in via generale le due forniture a SERGI F. e
TRIMBOLI F. Aggiunge che nel gennaio del 1994 aveva preso già accordi con il TRIMBOLI FRANCESCO per una
fornitura dei altri 10 Kg. di eroina ma l'affare non andò in porto dato che il TRIMBOLI era latitante (ed è vero: n:d.r.) e
quindi l'affare sfumò (88-92). Il dato è sintomatico per la "vitalità" del gruppo SERGI che riprende subito vigore non appena
le circostanze lo consentano. Val la pena di ricordare, a questo proposito, l'arresto di SERGI SAVERINO e SERGI
FRANCESCO (i gemelli) avvenuto nel marzo-aprile del 1992, allorché ai predetti fu sequestrata notevole quantità di droga e
di denaro (v. atti di cui alle rispettive cartelle personali). In quel periodo erano detenuti SERGI FRANCESCO, MORABITO
SAVERIO e PARISI ANTONIO (per il processo BAYKAL) e ROMEO ANNUNZIATINO (per la raffineria).
Evidentemente fu il SERGI PAOLO e TRIMBOLI FRANCESCO. Allorché fu scarcerato, nel marzo del 1993, il SERGI
FRANCESCO, questi riprese subito gli affari e riprova ne è la fornitura di 20 Kg. di eroina dell' agosto del 1993 di cui alle
dichiarazioni del SAKIROGLU. Non è un caso che in quella circostanza il SERGI FRANCESCO sia stato affiancato dal
TRIMBOLI F. il quale, ormai, era rientrato nei ranghi ed infatti è lui che, dopo l'arresto di SERGI F. e SERGI PAOLO per
Nord Sud, tratta i 10 Kg. di eroina successivi sia pure senza perfezionare l'affare (v. pagg. 88-92 dich. SAKIROGLU ud.
5.10.95).
Nella udienza 19.10.95 (cfr. prod. PM. del 26.3.96 paragrafi 4 e 5, ordinanza acquisitiva 2 aprile 1996), il collaboratore
esegue positive individuazioni fotografiche di :
a) FRANCESCO TRIMBOLI (pag. 101);
b) FRANCESCO SERGI (ibidem);
- ribadisce, inoltre, di avere conosciuto il suo futuro socio nella droga (FRANCESCO DI PASQUALE) presso l'officina di
ENZO FONTANA (pag.114);
- ribadisce le due forniture al gruppo SERGI (44 Kg. a SERGI FRANCESCO e 20 a SERGI F. e a TRIMBOLI
FRANCESCO) (pagg. 122 e 123 e 125).
Nella udienza del 27.2.1996 il P.M. produrrà (e la Corte acquisirà con ordinanza 12 marzo 1996), atti di riscontro alle
dichiarazioni del collaboratore. In particolare:
1) i conteggi relativi alle somme che SAKIROGLU ha indicato come corrispondenti a quelle ricevute da TRIMBOLI e ERGI
a fronte della fornitura di 20 Kg. di eroina dell'agosto del 1993;
4) atti comprovanti l'avvenuto sequestro di 31 Kg. di eroina così come riferito dal SAKIROGLU nei suoi interrogatori;
5) la relazione di servizio dell'8.7.93 comprovante l'incontro tra SAKIROGLU e persona che viaggiava su vettura Lancia
Thema tg. MI-8K0218 nei pressi dell'autostrada Milano-Varese;
6) verbale della deposizione del Cap. SINI della DIA di Milano, secondo cui:
- TRIMBOLI FRANCESCO, allorché fu tratto in arresto per "Nord-Sud", era nascosto presso abitazione nella disponibilità di
DI PASQUALE FRANCESCO;
7)verbale della deposizione del M.LLO GIUSEPPE LEGGIERO, secondo cui
- SAKIROGLU nel 1988 beneficio' della semilibertà e va a lavorare presso l'officina dei FONTANA VINCENZO (pag.6). Il
dato avrà il suo rilievo anche per la posizione del FONTANA VINCENZO in quanto riscontro del fatto che costui, che fu
anche fornitore del gruppo SERGI (in ragione di contatti con trafficanti turchi indicati da
341
- SAPIENZA ANDREA AGATINO51
- SCAMBIA ANTONIO52
___________________________________________________________
MORABITO) effettivamente aveva tale tipo di rapporto con personaggi
turchi gravitanti nel commercio della droga.
- DI PASQUALE FRANCESCO fino al 1989 lavorò con il FONTANA VINCENZO alla CAM-CAR di via DE CASTILLA
in MILANO (8);
- SAKIROGLU commenta preoccupato gli arresti di Nord Sud ed in una occasione viene intercettata una chiamata che DI
PASQUALE fa su utenza cellulare intestata a SAFFIOTI VINCENZO ed in uso a TRIMBOLI FRANCESCO (19 e 20);
- SAKIROGLU, nel corso di una ricognizione luoghi eseguita allorché divenne collaboratore, mostrò il bar di SAN
VITTORE OLONA dove si incontrò con SERGI F. e TRIMBOLI F. ed altresì il bar "da UGO" di CORSICO. Conferma che
TRIMBOLI FRANCESCO fu rintracciato, per Nord Sud, presso una abitazione messagli a disposizione da DI PASQUALE
FRANCESCO (44);
- dopo la scarcerazione nell'aprile del 1993 (per il processo BAYKAL), SERGI FRANCESCO aveva l'obbligo di soggiorno a
SAN VITTORE OLONA. Era stato arrestato il 3.12.90. (45 e 46);
- durante gli accertamenti di PG, verificano che SERGI FRANCESCO ha la disponibilità di autovettura FERRARI 328 tg.
MI9A0244 e di vettura MERCEDES 300 SL tg. MI 6H6829 (47). SERGI F. aveva anche una MERCEDES 200 SW tg.
MI5P6386 ed una Y10 tg. MI0Z7783 (57), mentre TRIMBOLI FRANCESCO aveva una LANCIA THEMA (48). La vettura
FERRARI di cui sopra, la si vedrà goffamente portata fuori dal box dal CERULLO PIETRO, fittizio intestatario del mezzo
(per un riscontro sulla identità dell'auto v. pag. 11 vol. 140 relativo al tentato omicidio in danno di NIZZOLA
FRANCESCO).
51
SAPIENZA ANDREA AGATINO è stato imputato nel processo cd. "AUTOPARCO" dinanzi l'AG di FIRENZE. Ha reso
l'esame nel presente dibattimento e il P.M. ha prodotto, in funzione contestativo-probatoria nella udienza 15 maggio 1996 (e
la Corte ha in tal senso poi acquisito con suo provvedimento del 4 giugno 1996) sue dichiarazioni rese nella sede fiorentina.
Dal complesso delle sue dichiarazioni emergerà:
"..essendo io nella malavita inserito da circa vent'anni, ed a livelli primari, conoscevo assai bene le strutture di tutte le
organizzazioni che operavano in MILANO. Circa i PAPALIA sapevo che il vero capo era DOMENICO PAPALIA, detenuto
da parecchio tempo, così come mi confidò in particolare il SALESI GIOVANNI che aveva stretti rapporti con costoro.
ANTONIO PAPALIA, il fratello di DOMENICO, era il responsabile "sulla piazza" assieme al fratello ROCCO che era, però,
quello che aveva meno prestigio tra i tre fratelli .. dopo gli arresti di ANTONIO e ROCCO (nel settembre del 1992: n.d.r.)...
il personaggio di maggior spicco era diventato TOTO BRUSCA (pag.2). Preciso che questo TOTO BRUSCA io non l'ho mai
conosciuto, ma avevo preso informazioni in quanto avevo bisogno di combinare un incontro tra il SALESI GIOVANNI ed il
responsabile dei PAPALIA per affari che riguardavano i traffici di droga che sapevo intercorrevano tra i calabresi ed il
SALESI ... (pag. 3: int. 2.5.1994). Da altri interrogatori acquisiti si sono avute lunghe e rilevanti dichiarazioni sul conto di
MAIOCCHI ROBERTO; sui rapporti con questi per forniture di cocaina, sui rapporti tra MAIOCCHI e LOMBARDO
GIULIO ANTONINO (nello stesso senso dirà (?) il MORABITO LUIGI) e tra MAIOCCHI e CUSCUNA' SALVATORE
(nello stesso tempo ancora MORABITO LUIGI) sulle sue frequentazioni presso un bar in zona VIALE CERTOSA, sulla
disponibilità di una CLIO bianca e di vettura fuoristrada, sul padre malato, etc., tutte circostanze che si potranno apprezzare,
naturalmente come elementi di riscontro, nell'esame della posizione del MAIOCCHI ROBERTO. E si potrà anche constatare
come le dichiarazioni di SAPIENZA ANDREA AGATINO e quelle di MORABITO LUIGI si integrino perfettamente, sui
dati circostanziali e sulle attività illecite, in riferimento a quella posizione.
342
___________________________________________________________
52
SCAMBIA ANTONIO si è invece avvalso della facoltà di non deporre. Di conseguenza il P.M. ha prodotto nella udienza
del 15.5.96 i verbali dei suoi interrogatori al P.M. torinese. Il collaboratore, infatti, era stato tratto in arresto dalla AG di
TORINO nell'ambito della inchiesta che portò, nel marzo del 1994, al sequestro di circa 5 tonnellate di eroina: cfr. il
provvedimento di cattura sub volume 175 par.11, acquisito con la ormai nota ordinanza 13 aprile 1995. Dallo SCAMBIA si
saprà che:
- fa parte di una importante organizzazione internazionale dedita alla importazione in ITALIA di ingenti partite di cocaina dal
1991/92. I trasporti avvengono via mare tramite containers;
- parte dei 5000 kg. di cocaina sequestrati nel marzo del 1994 erano destinati al gruppo PAPALIA-BARBARO stanziato in
CORSICO e BUCCINASCO (pag. 3);
- per tali traffici entra in contatto con esponenti delle note famiglie CUNTRERA-CARUANA operanti in VENEZUELA
(pag. 9) nel mentre in ITALIA opera sotto l'egida di VINCENZO MAZZAFERRO di MARINA DI GIOIOSA JONICA;
- fa una descrizione analitica dei singoli episodi di importazione di cocaina in ITALIA dal SUDAMERICA. Per tali vicende
ha anche a che fare con BARBARO DOMENICO di PLATI' che operava per conto del MAZZAFERRO (N.B.: è persona
diversa dall'imputato di Nord Sud);
- i traffici prevedevano la importazione di ingenti quantitativi di cocaina che, quindi, venivano in ITALIA smistati tra alcune
importanti famiglie malavitose;
- apprende e capisce, per considerazioni fatte da VITO GENCO che i principali acquirenti di importazioni di cocaina che
avvengono nel corso del 1992 sono proprio i PAPALIA (pag. 30 "gli unici che potevano gestire simili carichi e simili
somme, a quanto sentivo dire, erano proprio detti gruppi (BARBARO e PAPALIA)". (cfr. anche pag. 37);
- in occasione di una delle varie operazioni di importazione di cocaina egli apprende da VINCENZO MAZZAFERRO
(deceduto poi nel marzo del 1993) che l'intero carico, sempre per centinaia di Kg. di cocaina, era destinato ai PAPALIA;
- nel corso di uno dei vari incontri per forniture che interessavano le famiglie calabresi, i MAZZAFERRO in particolare, fu
presente anche tale GIUSEPPE BARBARO (pag. 67) poi riconosciuto in foto per BARBARO GIUSEPPE cl. 48 (U NIGRO)
(v. pag. 75 ove nel riconoscerlo lo chiama eloquentemente "PEPPE". Il dato richiama le famose intercettazioni telefoniche
relative al sequestro GALLI ove tale "PEPPE", da ritenersi proprio il BARBARO cl. 48, dialogava con il MOLLUSO
FRANCESCO);
- "...pochi giorni dopo la riunione di cui ho detto, a casa mia a CARUGATE ricevetti la visita del MICO BARBARO che era
accompagnato da uno dei PAPALIA. Non ne ricordo il nome ma era uno di media statura di corporatura piuttosto robusta...
Il PAPALIA voleva dirmi che aveva parlato con il MAZZAFERRO VINCENZO e che quando fosse arrivata la merce
intendeva prenderla tutta lui. In realtà poi i PAPALIA non hanno preso la cocaina dal MAZZAFERRO ma, come ho già
accennato, ritiravano direttamente dal VITO e quindi dalla parte dei carichi che rimanevano, attraverso il VITO, ai
CARUANA ed ai produttori colombiani ... VITO aveva conosciuto in carcere qualcuno della famiglia PAPALIA .... (costoro)
almeno per una certa parte del loro traffico, si servivano della famiglia BARBARO con la quale erano imparentati ed in
ottimi rapporti, come la visita di MICO BARBARO e PAPALIA di cui ho prima detto testimoniava "(pagg. 38 e 39, circa tali
stretti rapporti v. anche pag. 66);
- (a pag. 76) "nella foto 22 riconoscevo il PAPALIA che è venuto a casa mia assieme al MICO BARBARO. Nell'occasione il
PAPALIA aveva detto che avrebbe ritirato tutto il carico che stava per arrivare. Ciò precedeva l'arrivo della prima
spedizione di cui ho parlato." (si da atto che trattasi di PAPALIA ROCCO, nato il 24.10.1950). (Si segnala che l'album
fotografico mostrato allo SCAMBIA trovasi nel vol. 236 delle prod. del PM par. 8)
343
- SCAVO AGOSTINO53
Sempre con riguardo alla "storia del processo, si ricorda che nelle udienze 30 giugno 199554, 18
settembre 199655 e 24 settembre 199656 il P.M. provvedeva a "nuove contestazioni"57 nei confronti di
taluni imputati, ai sensi degli artt. 516 e segg. c.p.p..
La discussione finale, apertasi il 12 novembre 1996 con la Requisitoria del P.M., si chiudeva
con le ultime arringhe difensive (accompagnate, in molti casi, dal deposito di memorie difensive di
"lumi", ex combinato disposto degli artt. 121 e 482 c.p.p.) il 2 maggio 1997. Ritiratasi in Camera di
consiglio, questa Corte di Assise terminava i suoi lavori l'11 giugno 1997, dando lettura del dispositivo
in calce alla presente, sorretto -in punto di fatto e di diritto- dalle motivazioni che seguono.
___________
_____________
53
SCAVO AGOSTINO è imputato nel proc. pen. 3340/92/21 a carico dei gemelli SERGI, BIANCO MICHELE ed altri. E'
l'ultimo titolare del bar di Via BRAMANTE (lo "ufficio" per lo spaccio di droga dei SERGI, come si vedrà). La sua
deposizione (nella quale afferma -e si capisce perché- di nulla sapere dell'arma e dei soldi rinvenuti presso il bar-ristorante di
Via BRAMANTE (v. quanto evidenziato a proposito di BIANCO MICHELE), merita di esser ricordata perché -e non par
poco- conferma che presso il suo bar c'era un certo giro di spacciatori.
54
Aff. 2973-3010.
55
Aff. 20.100-20.122.
56
Aff. 20.166-20.194, ove si dà atto del deposito del testo scritto in Cancelleria e si dispongono le notifiche (tutte poi
regolarmente eseguite) ex art. 520 C.P.P..
57
Tutte ritualmente notificate.
344
CAPITOLO 2
Brevi notazioni di ambiente e di cultura criminale
_________
Il dibattimento che si è celebrato, nella sua straordinaria ricchezza di contributi probatori
provenienti anche da altri processi, alimentati dalle realtà tipiche dei territori e degli ambienti di
pertinenza, e con gli approfondimenti consentiti da una trattazione di così ampio respiro durata oltre due
anni, ha offerto uno spaccato di circa vent'anni di attività illecita (grosso modo dal '75 al '93), una realtà
criminale che è maturata e cresciuta su una realtà sociale per altri versi già nota in talune sue
caratteristiche, quali:
a) una cospicua emigrazione al Nord negli anni '60 (quelli del noto "boom" economico) di
popolazione del Sud. Restando alla realtà emersa nel presente processo, si è assistito in quegli anni a un
progressivo insediamento nella cd. cintura milanese, di cittadini calabresi provenienti dalla LOCRIDE
ed in particolare da Comuni già con elevato indice di criminalità (come PLATI', SAN LUCA, CARERI
etc.). Per gli originari di PLATI' assolutamente eloquente la concentrazione assai elevata nei Comuni di
BUCCINASCO e di CORSICO;
b) i problemi di inserimento di quella popolazione del nuovo tessuto sociale, spesso con
ripristino, in loco, di realtà criminali dotate delle stesse caratteristiche della criminalità della zona di
origine.
Ne è riprova il "boom dei sequestri di persona"1 che esplose in LOMBARDIA negli anni '70,
allorché si furono ivi definitivamente consolidate le emigrazioni al Nord di cittadini provenienti dalla
LOCRIDE e ad opera di coloro che non intesero inserirsi nella società civile;
________________
1
Così come lo definì lo stesso MORABITO.
345
c) la sussistenza di fortissimi legami nella malavita calabrese in prevalenza radicata su stretti e
spesso impenetrabili vincoli familiari. Si fa riferimento, in particolare, alla formazione di "nuclei"
pressoché costantemente formati tra originari dei medesimi Comuni e con intrecci, tra appartenenti alle
stesse famiglie, talvolta di difficoltosa "lettura". Il rapporto di parentela rende assai compatto e ben
amalgamato non solo il nucleo familiare, ma anche quello delinquenziale, con elevatissimo indice di
omertà.2
Per tale compattezza, di conseguenza, rarissimi se non inesistenti sono stati i casi di
collaborazione con la A.G., o di semplice dissociazione. Non è certo un caso che coloro che hanno
collaborato o hanno reso ammissioni in questo dibattimento non appartengano a nessuna delle zone e
quindi a nessuna delle culture di cui sopra. La nascita in PLATI' di MORABITO SAVERIO e di
MORABITO LUIGI non pare sconfessare affatto questo rilievo se si considera che quei personaggi
emigrarono al Nord in giovanissima età (il MORABITO SAVERIO aveva circa sette anni quando la
sua famiglia si è trasferita a BUCCINASCO3), non furono mai ufficialmente inseriti nella "'ndrangheta"
e così fu loro possibile riuscire ad assorbire la nuova realtà, recidendo nettamente il cordone con la terra
di origine. Più volte MORABITO SAVERIO, in particolare, intese sconfessare, anche con ironia, la
teorizzazione criminale calabrese riconducibile ai parametri della cd. "'ndrangheta".
E non è parimenti un caso che la collaborazione di ROMEO ANNUNZIATINO - pure nativo di
PLATI', ma estraneo anch'esso alla 'ndrangheta, nonostante i tentativi di taluno di inserirvelo 4 - sia
scaturita dal vincolo di parentela e dal fortissimo legame affettivo (ricambiato) con il cugino
MORABITO SAVERIO5;
d) il mantenimento di stretti e solidi legami con la terra di origine, e questo sia in riferimento ai
contatti mantenuti con i membri della famiglia rimasti in CALABRIA, sia in riferimento ai rapporti con
gli esponenti della malavita rimasti a operare in quella terra. La forza di tali legami, specie per coloro
che intesero anche prestare giuramento alla "'ndrangheta", si coglie, in tutta la sua rilevanza,
________________
2
Non in tutti i casi, ben si intende: il discorso, è quasi superfluo sottolinearlo, vale per le sole realtà individuate nel presente
procedimento o in altri strettamente connessi.
3
MORABITO, aff. 759.
4
Si fa riferimento al PICCOLO, della cosca dei D'AGOSTINO (aff. 14.111)
5
Tanto che l'averlo presso di sè nel carcere di BERGAMO, come si dirà, fu una delle prime richieste che MORABITO
SAVERIO fece al P.M. nel suo primo interrogatorio del 20 settembre 1992, interrogatorio nel quale fa intendere che sta
pensando di collaborare con l'A.G..
346
dalle stesse dichiarazioni fornite dal MORABITO e da altri collaboratori calabresi in altri ambiti
processuali. Un legame inscindibile che concorre a rendere ancor più difficile l'abbandono di principi di
vita di ispirazione delinquenziale coltivati nella terra di origine. La concomitanza di altri processi in
Calabria, a carico di indagati nel presente procedimento, pare esser proprio la riprova del citato
mantenimento di legami non solo affettivi con personaggi non trasferitisi al Nord;
e) il reinvestimento, in attività economiche locali, dei proventi delle attività illecite (per lo più
nelle attività di edilizia o di scavi e movimentazione terra) con conseguente infiltrazione nel nuovo
tessuto sociale di regole e principi malavitosi e quindi con ulteriore inquinamento dei rapporti sociali.
Per taluni degli attuali imputati, e segnatamente per gli appartenenti ai cd. gruppi PAPALIA e
SERGI (nel quale ultimo "militarono" proprio MORABITO SAVERIO, l'INZAGHI MARIO e il
ROMEO ANNUNZIATINO) è stato possibile ricostruire un modus vivendi assolutamente coerente e
conforme a quanto si è sopra brevemente esposto e cioè:
- emigrazione al Nord anche in giovane età;
- iniziale consumazione dei reati, anche da minorenni, con particolare incidenza per i reati contro il
patrimonio e reati minori comunque denotati aggressività e contrasto con le istituzioni (porto di armi
improprie, risse, oltraggi, etc.);
- "salti di qualità" con la consumazione di reati contro il patrimonio evidenzianti maggiore pericolosità
(rapine) sino ai sequestri di persona a scopo di estorsione che, come sopra rilevato, caratterizzano tali
gruppi criminali nella seconda metà degli anni '70;
- inserimento nel traffico delle cd. "droghe pesanti" (eroina e cocaina), anche grazie ai proventi delle
precedenti illecite attività e raggiungimento, in tali traffici, sin dai primi anni '80, di posizioni di
primissimo piano;
- ricorso alla violenza, sino all'omicidio, quale modo di soluzione costante per qualsiasi dissidio o
contrasto anche di modesta e secondaria rilevanza;
- approvazione, è il caso di dirlo, di ben delimitate fasce di territorio assunte, quindi, ad autentici luoghi
di affari (detti, infatti,
347
anche "uffici") con particolare riferimento alle trattative per i commerci di droga;
- reinvestimenti in attività apparentemente lecite anche con il ricorso alla rilevazione di società già
esistenti e decotte e sempre tramite terzi compiacenti ovvero con amici o rappresentanti delle stesse
famiglie;
- raggiungimento della "omertà" nel territorio di influenza in ragione del presidio costante dello stesso e
del ricorso alla violenza e alla intimidazione quale regola costante nei rapporti con gli estranei al gruppo
criminale.
Le indicazioni fornite da MORABITO, dall'INZAGHI ed altri (v., ad esempio, i già menzionati
PIRRONE MAURIZIO e ROMEO ANNUNZIATINO) gioveranno meglio di ogni altro ulteriore
esposizione a rendere palese la realtà sopra accennata. Una disamina congiunta, poi, tra le dichiarazioni
dei predetti collaboratori di giustizia e collaboratori già residenti ed operanti in Calabria, e che ebbero a
rendere dichiarazioni in altri ambiti processuali (ne sono stati ascoltati oltre 30 in questo dibattimento),
gioverà a meglio rendere chiari i legami e i rapporti sopra accennati che, come detto, rappresentano il
terreno di base per quella cultura della illegalità cui si è accennato e che è la chiave di lettura di questo
processo.
A questo riguardo, di fondamentalmente importanza, per la esatta comprensione delle dinamiche
e delle causali degli episodi delittuosi più gravi, è stata la possibilità offerta da un dibattimento dalle
caratteristiche su riferite di avvicinarsi, sino a quasi respirarla, alla cultura propria della malavita
organizzata calabrese sin nelle sue radici più antiche e profonde. Solo tenendo presenti le
caratterizzazioni proprie di tale assetto criminale si son potute comprendere le causali di molte vicende
sottoposte al giudizio della Corte, nonché il livello, lo spessore e la attendibilità delle dichiarazioni dei
"collaboratori" da essa ascoltati.
E' un dato, questo, che non si può trascurare in un procedimento penale che vede imputati, su
133 persone, 97 calabresi. Senza con ciò, si ben chiaro, voler fare di ogni erba un fascio e criminalizzare
una terra che di ben altre cose può andare, invece, meritatamente orgogliosa.
Solo prendendo atto di questa realtà, solo "assimilando" quella cultura si comprendono certe
condotte, certe vicende, modi di parlare e di riferire, anche da parte dei "collaboratori" di giustizia.
348
Modi e ambienti piuttosto lontani dalla esperienza comune e che potrebbero destare, in prima battuta,
non poche perplessità.
Solo così si potrà "spiegare" come possa esser stato possibile a un MORABITO uccidere l'avv.
LABATE senza conoscerne le ragioni e solo perché così gli era stato ordinato.
Solo così si "accetteranno" racconti di omicidi consumati per vendicare e lavare l'onta di uno
"schiaffo"6, o di una espressione sgradevole7, oppure omicidi eseguiti senza sapere perché, a titolo di
"favore" e come corrispettivo di una analoga cortesia.8
Questa è la "logica", la cultura criminale, antisociale, oppositiva delle regole di vita della società
civile di cui sono pregni i fatti delittuosi in esame: occorre prenderne atto, calarvisi dentro per vincerne
l'apparente incredibilità.
Perché -sempre esemplificando- può essere "incredibile" che si sia potuto tenere incatenato, in
una grotta dell'Aspromonte, per due anni, un ragazzo di 18-20 anni -CESARE CASELLA- e questo solo
per denaro e in paziente attesa che il riscatto venisse integralmente pagato.
E così, ancora, per EVELINA CATTANEO, per la stessa ragione tenuta per oltre tre mesi legata
mani e piedi a una branda, occhi e bocca bendati: libera solo di respirare.Vigilata accuratamente da
uomini che le sedevano accanto. Una condizione che riesce a scuotere lo stesso MORABITO
SAVERIO, che di quella cultura è certamente figlio, quando va a trovarla nel luogo in cui è segregata,
per sbloccare "le trattative" del pagamento del suo riscatto
_______________________________
6
Cfr. gli omicidi RIBAUDO e TROMBADORE che, secondo MORABITO, furono consumati per lavare l'offesa di uno
schiaffo ricevuto, rispettivamente, dal fratello LUIGI e da TRIMBOLI VINCENZO (v.oltre). E vedi pure il t.o. in danno
dello stesso MORABITO operato dal BARBARO DOMENICO per analoghi futili motivi (v. episodio del cinema Italia,
infra).
7
Cfr. l'omicidio di AMBROSIO VINCENZO ("Vincenzo il Napoletano") che MORABITO SAVERIO confesserà, per la
prima volta in dibattimento, di aver commesso per essersi l'AMBROSIO lasciato andare (peraltro in sua assenza e forse nel
corso di un diverbio con SERGI FRANCESCO), a una apprezzamento alquanto pesante nei confronti dei calabresi ("Sti
calabresi di merda stanno impestando tutta la zona").
Omicidio commesso insieme a TRIMBOLI FRANCESCO, a cavallo dell'inverno '82 e l'inizio dell'83, sostanzialmente per
fare una cortesia allo stesso TRIMBOLI e al SERGI FRANCESCO che non erano riusciti sino ad allora a metterlo a segno
(aff. 3630-3642 e infra Capitolo 4).
8
Cfr. l'omicidio VOTTARI a Milano, eseguito "in cambio" dell'invio di uomini al Nord per uccidere i componenti del
gruppo AMANTE. E lo stesso modo, come si è appreso da altri dibattimenti, si è ucciso il figlio di RAFFAELE CUTOLO al
Nord, in cambio della uccisione di SALVATORE BATTI a Napoli (v. infra).
349
Non meno eloquente la "prigionia" di ANGELO JACOROSSI: per più di due mesi tenuto sotto
terra, in un "loculo" due metri per uno e mezzo, grondante di acqua e di umidità.
Uomini che sono in grado di trattare con i famigliari del rapito la restituzione dei suoi resti, come
nel sequestro di AUGUSTO RANCILIO9. Uomini che parlano di "prima" e "seconda" "guerra di
mafia", col distacco dello storico che ricostruisce gli eventi bellici che hanno scosso la Nazione. E in un
qualche modo li si comprende, se si pensa che in quella prima "faida" per la spartizione di denaro
pubblico destinato alla ricostruzione in terra di Calabria sono state uccise circa 400 persone, e che nella
seconda sono rimasti sul terreno altri 700 morti.10
Ne v'è da meravigliarsi se nell'anno 1985 i carabinieri di Platì, uscendo dalla Caserma del
Comando Stazione per andare a telefonare, sentivano la necessità di indossare il giubbotto antiproiettile
e, possibilmente, farsi accompagnare da un commilitone11, o se, durante le indagini del sequestro
CASELLA, per individuare l'abitazione di BARBARO GIUSEPPE ('u Pillari) in quella cittadina, a
causa del silenzio omertoso dei suoi abitanti, fu necessario "forzare" la collaborazione del locale vigile
urbano.12
Solo riflettendo su questi episodi si possono comprendere le parole di chi apprezza la bontà sotto il profilo commerciale (che altro non interessava)- della soluzione strategica di introdurre ingenti
partite di cocaina in territorio australiano sol perché quel territorio era ancora "sano", vale a dire non era
stato ancora scoperto dai narcotrafficanti e quindi era uno spazio da occupare al più presto13.
Ed è difficile trovare una chiave di lettura di questa realtà criminale più significativa delle parole
di quel ROMEO
_________________________
9
Si leggano, anche, in proposito, le pagine della sentenza MUIA' della 4° Corte di Assise di Milano pronunciata in data
22.12.1982 (coperta da giudicato e acquisita al fascicolo del dibattimento a Vol.114 delle produzioni iniziale del P.M.) e
relativa decisione di Appello 15.12.1984 (ibidem a Vol.115).
10
Si vedano i racconti di GIACOMO LAURO, di FILIPPO BARRECA e, segnatamente, del col. ANGELO PELLEGRINO
(v.infra omicidio LABATE).
11
V. le disposizioni dibattimentali dei carabinieri LA FRANCA e CRISAFULLI (om. ASPROMONTE).
12
Cfr. dep. dell'ispettore GALLO.
13
Deposizione dibattimentale di DI DONATO MICHELI e di ANNACONDIA SALVATORE. E a riscontro di tali
dichiarazioni, nonché in ordine alle persone e ai contatti intercorsi tra ANNACONDIA, DI DONATO, CAPONERA
STEFANO, SFREGOLA MICHELE, ANNIBALDIS ANTONIO sul punto di tale progettata esposizione di cocaina in
Australia, cfr. produzione P.M. nella udienza 15.5.96 Vol.1, All.ti da 9 a 10/c. e in particolare All.9, pag.7, in relazione alla
individuazione, da parte di ANNACONDIA, del bar di via Dei Mille come luogo ove fece la conoscenza di ANTONIO
PAPALIA.
Documentazione acquisita con ordinanza 4.6.96.
350
ANNUNZIATINO che, risoltosi -per le ragioni che presto si diranno- a collaborare senza riserve con
l'A.G. e quindi a non nascondere nulla, anche se solo moralmente ripugnante, interpellato dal P.M. in
quale altra occasione avesse avuto modo di brindare rispose: ".. quando saltò in aria il giudice
FALCONE e la sua scorta .."
E sono manifestazioni di quella cultura, ancora, le parole sfuggite a PAPALIA ANTONIO,
quando osservò che MORABITO SAVERIO si era comportato male allorché, sfuggito a un colpo di
pistola esplosogli contro da DOMENICO BARBARO (detto "canarino"), anziché startene zitto (".. se lo
doveva tenere ..") -per provvedere poi, naturalmente e a suo modo, alla ritorsione- diede invece spunti
alla Autorità per individuare il responsabile del fatto.
Così come ben rappresenta quel mondo, quella che il P.M. ha chiamato "la cultura del
tradimento", ovvero la tecnica di ingraziarsi il nemico, di instaurare con lui rapporti di simpatia,
addirittura di affetto e di assidua frequentazione, ma solo per non insospettirlo e in tal modo diminuire le
difese, per poi colpirlo a tradimento, quando meno se lo aspetta. Con questa tecnica -racconta
MORABITO SAVERIO- si era deciso di annientare il gruppo degli AMANTE (si pranzava insieme, si
tenevano buoni rapporti, anche con cessioni di droga, ecc.); con quel sistema - raccontano i
"collaboratori" GIACOMO LAURO e FILIPPO BARRECA- PAOLO DE STEFANO aveva deciso di
uccidere l'avvocato LABATE (trattandolo come amico, con affetto, facendogli fare persino da padrino
alla cresima del proprio figlio, ecc.14). Una capacità di covare rancori, di maturare una vendetta anche in
tempi lunghi, di anni, preparando il terreno più adatto per portarla a compimento.
E GIORGIO TOCCI -ex poliziotto e pregiudicato, pure "dichiarante" in questo dibattimento per
talune vicende- racconterà come, nel solco di quella cultura, si prestò, per salvarsi la vita e sapendo che
faceva parte di una banda antagonista a quella di COCO TROVATO-FLACHI, ad uccidere un suo caro
amico, tale SALVATORE DE VITIS.15
E così pure ANNACONDIA e DI DONATO, mentre è in corso una delle tante "guerre" di mafia
(in questo caso, quella che vede opposto il gruppo COCO da una parte e quello di BATTI dall'altra)
andranno a San Giuseppe Rotondo, nel foggiano, per tendere un agguato e uccidere tale PASQUALE
PIACENTINO, un loro
___________________________
14
15
V. G. LAURO F.BARRECA.
Trattasi di episodio delittuoso oggetto di altro dibattimento (cfr. dep. TOCCI)
351
carissimo amico che, solo proprio per questo si sarebbe di loro fidato, accantonando ogni prudenza e
sospetto.
E' questa "cultura" criminale 16 che detta spesso le condotte delittuose oggetto di questo
dibattimento che occorre tenere presente per meglio interpretarle e valutarle 17 , ed è questa stessa
cultura che ha imposto, è lecito pensarlo, certe condotte processuali (dibattimentali, in specie) di
assoluta "chiusura" alla logica o alla evidenza delle prove a carico. Condotte ostative di qualunque
ipotesi non dicesi di "collaborazione" con l'A.G., ma anche di semplice "dissociazione" attraverso la
confessione dei propri addebiti (per l'intuibile preoccupazione della ripercussione che tale condotta
avrebbe potuto avere sull'accertamento delle responsabilità dei coimputati).
Collaborazione e dissociazione si sono avute solo nel corso delle indagini preliminari - come si è
visto - e ben si spiega. Ma, pubblicamente, di fronte a certi sguardi e certi personaggi che già all'età di
17 - 18 anni (prima, cioè, di far il servizio militare e proprio per evitare il rischio di contaminarsi con le
Istituzioni dello Stato e così di inserirsi nella società civile) hanno prestato giuramento alla 'ndrangheta'
(il c.d. rimpiazzo o battesimo) 18 e sono cresciuti respirandone le "regole", ebbene non è facile di fronte
a quei personaggi invertire la rotta e cambiare vita.
Quando uno ha prestato quel giuramento è fatta, non può più ragionare con la sua testa, ragiona e
agisce come gli altri comandano, è diventato una macchina cui "hanno inserito la spina".19 Il giuramento
è una cosa importante, è ammantato da una certa sacralità anche di forme che esercitano la loro
suggestione, soprattutto sui giovani, più facili da manipolare e volgere al crimine.20 Magari dopo un
periodo di "allenamento" o di "prova", come capitò ai due gemelli SERGI (FRANCESCO e SAVERIO,
detto "SAVERINO"), che ancora giovanissimi e ansiosi di essere messi alla prova il MORABITO
"svezzò" facendoli partecipare all'omicidio dell'avvocato PONZIO.
______________________
16 Per altri esempi v. sub. posizioni di TROPEANO FRANCESCO (Capo 151) e di BRANCA e NUCARA (Capo 76).
17 Ovviamente, con la freddezza e il distacco che si richiedono a chi giudica.
18 Sono eloquenti in proposito, ancora una volta, le deposizioni di FIPIPPO BARRECA, GIACOMO LAURO, ANTONIO
ZAGARI, ALFONSO AMANTE.
19 Così dirà SALVATORE PACE parlando del FOSCHINI: "a uno come il FOSCHINI col giuramento tu gli metti la
spina.."
20 Riferisce SALVATORE ANNACONDIA di aver giurato davanti alla fotografia di due boss - in occasione di una sua
investitura - MIMMO TEGANO e JOE GAMBINO, impediti ad esser presenti (aff.13031/32).
352
Nè si pensi che questa sia solo realtà di PLATI (perché, per esempio, ben 42 imputati sono
proprio di quella città, ed è un platiota lo stesso SAVERIO MORABITO). Lo si è anticipato: quei
costumi, quei moduli criminali, quella legge del terrore, dell'omertà, del consenso coatto si sono
trasferiti coi loro adepti, hanno camminato coi loro personaggi, aggregati come in terra di origine (quasi
tutti quei 42 platioti si sono trasferiti e risiedono a CORSICO e BUCCINASCO). E così, a
BUCCINASCO, si vedrà come i legittimi titolari di una stazione di servizio di distribuzione di
carburante, dopo un "convincente" stillicidio di attentati, cedano agli ZAPPIA la gestione di quelle
pompe di benzina. E si vedrà pure come ancora siano impregnati di paure i gestori di bar ed esercizi
pubblici i quali quotidianamente stazionavano, come fossero i loro "uffici", imputati di spicco di questo
procedimento per mandare avanti il loro lucroso traffico di stupefacenti.
Una cultura antisociale - quel che è ancora più grave - che non è radicata, si badi bene, nella
ignoranza, nella impossibilità di conoscere e praticare le regole del consesso civile, ma è frutto di una
precisa scelta. Una scelta che è di convenienza economica, anzitutto. Si vedranno più avanti gli enormi
profitti provenienti dalla droga, si vedrà come il passaggio dalle rapine, ai sequestri estorsivi e quindi al
narcotraffico abbia obbedito esclusivamente a una logica di profitto e di minor rischio. Il diniego delle
attenuanti generiche a tutti gli imputati (con le rare eccezioni che si diranno), oltre che dalla gravità dei
delitti commessi e dal curriculum criminale di ciascuno di essi, non potrà non risentire di questo aspetto.
Si è, sovente, a cospetto di imputati furbi, intelligenti, che sapevano bene quello che facevano. 21 Così è
stato anche MORABITO SAVERIO che ci fa sapere come lui - non diversamente da molti dei suoi
coimputati - sia stato un professionista del crimine, che si rendeva perfettamente conto dell'illiceità del
disvalore sociale di quel che faceva. Ma, era cresciuto dentro quella logica, e aveva deciso e scelto di
agire così.
Di qui la grande importanza, il grosso rilievo che anche da un punto di vista umano e sociale
vengono ad assumere le "collaborazioni processuali" di taluni personaggi di questo dibattimento, in
parte già menzionati, che erano impregnati di quella
_____________________
21 La stesa "storia" delle loro condotte delittuose ne mette in risalto l'intelligenza perversa.
353
"cultura".22 Sono costoro che hanno consentito ciò che altrimenti si presentava, quanto meno, poco
probabile o difficilmente fattibile: penetrare all'interno di quelle "cosche", scovare i componenti, di
svelarne i crimini, spezzarne le omertose solidarietà. E ciò è avvenuto, è potuto avvenire perché si è fatta
una scelta di campo - come si è scritto nelle pagine che precedono - perché si è fatto il grande salto,
quello che segna per ogni singolo collaboratore il passaggio dall'area della illegalità a quella della
legalità, e non rileva per quali motivi ciò sia avvenuto, nè tanto meno - lo si ripete a grandi lettere - se
alla base vi sia un sincero "pentimento" morale.23
Ciò che a questa Corte soprattutto interessa, in una versione necessariamente pragmatica e laica del
processo, non sono le ragioni intime della collaborazione, ma i suoi (comprovati) risultati. E questi, nel
presente dibattimento, per la lealtà di chi ha collaborato, sono stati assai notevoli. Senza, con ciò, per
nulla sminuire la netta riprovazione per i crimini orrendi consumati da quegli imputati che hanno
collaborato con la Giustizia.
Una lealtà che si è spinta sino a smascherare chi, ancora una volta secondo moduli già
sperimentati dalla malavita organizzata, riusciva a piegare a proprio vantaggio gli spazi di operatività
della legislazione premiale.24
Una lealtà che "si paga" per tutta la vita e si fa pagare anche alle persone più care 25, che cambia
radicalmente la vita in ogni senso, anche topografico, e spesso la trasforma in "vita blindata"26.
_____________________________
22 E si immagini per un SAVERIO MORABITO, il primo platiota che si "pente" e che spezza la forza di una catena
omertosa come quella della "Cosca di Plati", come la chiama un lontano Rapporto del 23 aprile 1981 del Co. MORELLI in
atti, dopo il quale, a leggere i nomi dei personaggi che vi sono denunziati, pare che proprio nulla sia cambiato (cfr. anche
GIACOMO LAURO, che ricorda come quella Cosca fosse solidamente arroccata, chiusa in se stessa, tanto da non prender
parte diretta alle guerre di mafia in Calabria e a contribuire ad esse solo indirettamente). E questo - certamente insieme al
contributo eccezionale che è derivato dalla collaborazione di MORABITO - può anche meglio render ragione della intensità,
dell'attacco processuale che è stato portato contro la sua scelta collaborativa, contro la intelligenza della sua "strategia"
centrata sulla gestione occulta e oculata della sua collaborazione (v.infra).
23 Tanto meglio se questo vi sarà, se ne potrà tener conto nel trattamento sanzionatorio.
24 Ci si intende riferire al tentativo di "depistaggio" operato - almeno inizialmente - dallo SCHETTINI e smascherato proprio
da altri collaboratori, quelli che si trovavano con lui in carcere, i vari CASSANIELLO, FOSCHINI e altri, e dallo stesso
SCHETTINI poi confessato anche in questa sede.
25 Si pensi alle c.d. vendette trasversali.
26 Si consideri lo sradicamento, che si rende inevitabile per l'efficienza del programma di protezione, dal territorio di origine
per iniziare daccapo lavoro, abitudini di vita, scuole per i figli ecc. Il tutto, sotto la "vigilanza" del servizio di protezione.
354
Una lealtà che scardina sovente la famiglia al suo interno, nei sentimenti più profondi. Perché non è
facile per certa cultura "accettare" una persona che ha scelto la strada della collaborazione con lo Stato.
La si può accettare solo se esiste un forte e saldo vincolo affettivo e se si è scoperta e si è creduto in una
diversa visione del mondo e dei suoi valori.
Il "collaboratore " è poi una persona destinata a vivere clandestinamente tutta la sua esistenza,
perché la vendetta è sempre in agguato, non ha perenzione, non ha scadenza per quella cultura.
Una realtà processuale, una "cultura criminale" - per concludere - che mano mano si vedranno
emergere nella trattazione dei singoli fatti di reato di cui è processo.
355
CAPITOLO 3
Sulla chiamata di reità e correita' in generale
Il quadro probatorio posto a base delle decisioni della Corte su molte delle posizioni rassegnate
al suo esame, ha come elemento caratterizzante dichiarazioni a contenuto confessorio-accusatorio e/o
indicazioni di reità rese da molti "collaboratori processuali"1 - il più delle volte esaminati direttamente
nel corso del dibattimento2 - e gli elementi che ne confermano l'attendibilità.
Giova dunque premettere alcune osservazioni sulla chiamata in reità e correità in generale, al
solo fine di esplicitare, pur con la sinteticità imposta dalla notorietà della problematica, i criteri
ermeneutici accolti.3
______________________
1 In questa figura comprendiamo, sia i "coimputati del medesimo reato" nel presente processo cumulativo (artt.192/3 e 197
lett.a), sia tutti gli altri soggetti cui il codice fa riferimento nel dettare le corrispondenti disposizioni (e, dunque, sia le
"persone imputate in un processo connesso a norma dell'art. 12" - tra le quali potrebbe rientrare, altresì, l'imputato del
medesimo reato contro cui si proceda separatamente, come risulta del resto dall'art. 210 -, sia anche le "persone imputate di
un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'art. 371/2, lett.b", grazie alla estensione normativa
univocamente sancita dalle disposizioni dettate in materia: artt.192/4, 197 lett.b., 210/6 e 363/2.
2 In rare occasioni, infatti, i collaboratori si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, con conseguente acquisizione da
parte della Corte dei loro costituiti ex artt.238 o 513 c.p.p.
3 Non è certamente esatto che questo sia stato "un processo di pentiti", come ha detto qualche difensore per svilirne in
qualche modo la rendita probatoria, perché molte sono state le prove documentali e testimoniali che vi hanno trovato
proficuamente ingresso, ma è pur vero che un notevole peso in esso rivestono le chiamate in correità e in reità: per numero
(ve ne sono state oltre una trentina) e per intrinseca loro consistenza. Di qui l'opportunità di tracciare, sia pur con la sintesi
imposta anche dalla sede, le linee ermeneutiche guida cui si ispirerà questa Corte nella valutazione del loro contributo.
356
In ordine alla chiamata in reità e correità (tra loro assimilabili, quanto a valenza probatoria4 ) si
può innanzitutto e in generale osservare che l'art. 192/3 del nuovo c.p.p. ha eliminato ogni dubbio sulla
natura di mezzo di prova (e non quindi di semplice indizio5 ) che ad essa deve essere attribuito e ciò sia
per la formulazione della rubrica della norma ("valutazione della prova") che per il testuale
accostamento delle "dichiarazioni rese dal coimputato" agli "altri elementi di prova che ne
confermano l'attendibilità"6.
____________________________
4
Nel parificare probatoriamente la chiamata di correità a quella di reità, la S.C. afferma: "in tema di valutazione
probatorie, l'art. 192/3, nel codificare, in ossequio al principio del libero convincimento del giudice, la regola della
utilizzabilità come fonti di prova delle chiamate di correo, purchè "valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne
confermino l'attendibilità", fa indistinto riferimento "alle dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o persona
imputata in un procedimento connesso, senza nessun riguardo al carattere più o meno confessorio di esse. La mancanza,
totale o parziale, di tale carattere non può mai, quindi, costituire ragione di inutilizzabilità di quelle dichiarazioni e neppure di
aprioristico giudizio di inattendibilità delle stesse, salvo, ovviamente, a tenerne conto nel quadro complessivo dell'indagine
sulla loro credibilità intrinseca." (Cass. Sez.2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1557 e ivi richiamata, Cass.Sez.4°, 3
luglio 199, SPANO'). I due tempi di chiamata possono poi essere reciprocamente interferenti quando il chiamante è
organicamente inserito all'interno di organizzazioni criminali. In punto di fatto, inoltre, la chiamaata in correità presuppone
una conoscenza diretta del chiamante, mentre la chiamata in reità può scontare un minor grado di conoscenza diretta e può
contenere, quindi, una maggiore possibilità di "inquinamento" probatorio. Ma si tratta di considerazioni criminologiche di cui
il giudice può tener conto caso per caso e in sede di accertamento della credibilità intrinseca (nella fattispecie, ad esempio,
considerando diverso e più alto il grado di credibilità attribuibile a chi, prima di accusare gli altri, ha accusato se stesso,
confessando le proprie responsabilità per gli stessi delitti e accettando le conseguenti responsabilità penali, e chi invece ha
riferito di responsabilità altrui per gravi fatti delittuosi, ai quali però si è dichiarato estraneo e quindi senza che si sia avuto un
suo coinvolgimento personale).
5 Escludono esplicitamente che la chiamata di correo abbia valore di mero indizio, Cass.Sez. Un.3 febbraio 1990, Belli, Cass.
Sez.1,30 gennaio 1992, ABBATE e altri.
6 Che la "chiamata" debba dunque considerarsi una vera e propria prova (rappresentativa o diretta, o storica che dir si voglia)
a un livello superiore a quello dell'indizio, sia pure regolata in modo particolare sotto il profilo dei criteri valutativi, risulta
anche dalla collocazione dell'art.210 - che ne disciplina l'assunzione - nel Titolo (il II del Libro III) dedicato ai "mezzi di
prova". Del resto, la stessa formula usata ("altri") riconferma l'assunto: "altri" rispetto alle prove già acquisite, sulla cui
fisionomia non incide, evidentemente, la circostanza che le medesime siano state ritenute dalla legge bisognose di una
adeguata corroboration per poter esplicare in pieno la loro valenza probatoria.
357
A tale conclusione era del resto già pervenutala prevalente giurisprudenza della Corte di
Cassazione sulla base di solidi argomenti di ordine logico e sistematico (argomenti che a ben vedere
fanno passare in secondo piano l'argomento di ordine testuale ora richiamato, permettendo di attribuire
ad esso una funzione di mera conferma) e tale principio di diritto - che ha preso l'avvio dalle note
decisioni delle Sezioni Unite penali 7- può dirsi oggi assolutamente consolidato.8
Ma anche sotto altro profilo l'art. 192 c.p.p. ha confermato la scelta interpretativa fatta propria
dalla prevalente giurisprudenza del S.C., vigente il c.p.p. del 1930.
Tale norma infatti, imponendo al giudice di valutare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
"unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'" sembra avere innanzitutto
respinto quella impostazione che, appellandosi (spesso in termini peraltro assai generici) alla necessità
di c.d. "riscontri oggettivi", concepisce questi ultimi come autonomi elementi di prova aventi ad
oggetto il fatto di reato, che sarebbero richiesti in quanto la chiamata in reità o correità costituirebbe una
sorta di prova strutturalmente incompleta che necessita di un'integrazione ad opera di altre prove
(appunto i c.d. riscontri oggettivi): una concezione questa che, se portata rigorosamente alle sue estreme
conseguenze conduce inevitabilmente a privare la chiamata in reità e correità di ogni valore probatorio
(nel senso, per intendersi, che il riscontro non deve consistere in una prova distinta della colpevolezza
del chiamato: v. anche infra9).
______________________________________
7 Sez.Un.3 febbraio 1990, Belli cit. e 6 dicembre 1991, Scala ed altri. Trattasi di conclusione che costituisce ormai un punto
fermo e essenziale nell'economia del nuovo sistema delineato dal legislatore dell'88 e che consente di archiviare
definitivamente quelle opinioni dottrinali che vedevano nella chiamata di correo una semplice notitia criminis o un imput per
nuovi scenari investigativi, o tutt'al più un mero indizio.
8 cfr. da ultimo Cass. Sez. 1, 20 febbraio/26 marzo 1996, n.3070, RV.204295.
9 cfr. in tal senso, anche recentemente, v. Cass. Sez.2, 13 dicembre 1996-5 febbraio 1997, n.938, Bronzini; Cass. Sez.6,13
giugno 1996, n.6040, Bianco, cui adde, per la chiarezza della massima, Cass. 7 febbraio 1991, n.3992, RV. 187187: "In tema
di chiamata di correo, se è vero che non può esser ritenuto sufficiente l'accertamento dell'attendibilità intrinseca della parola
dell'accusatore e che occorre anche, in relazione alle accuse che quest'ultimo muove, operare una verifica estrinseca, è
altrettanto vero che l'elemento di riscontro non deve necessariamente consistere in una prova distinta della consapevolezza
del chiamato, perché ciò renderebbe ultronea la testimonianza del correo; esso deve comunque consistere in un dato "certo"
che, pur non avendo la capacità di dimostrare la verità del fatto oggetto di dimostrazione, sia tuttavia idoneo ad
358
La scelta espressamente fatta nel nuovo c.p.p. appare invece, profondamente diversa: il giudice
deve dimostrare l'attendibilità delle dichiarazioni rese dal chiamante10 - cioè l'affidabilità probatoria
delle stesse - e deve inoltre fondare tale giudizio di attendibilità su altri elementi di prova; in altri
termini, per usare le parole delle sentenze delle Sezioni Unite da ultimo citate, il giudizio di
attendibilità " deve essere confortato da altri elementi o dati probatori che non sono peraltro
predeterminati nella specie e qualità e che di conseguenza possono essere, in via generale, di qualsiasi
tipo e natura", possono essere cioè, come emerge dai lavori preparatori, tutto ciò che può essere
assunto in un processo
______________________________________________________________________
offrire garanzie obiettive e certe circa l'attendibilità di chi lo ha riferito. Ne consegue che tale dato non deve
necessariamente concernere il "thema probandum", in quanto esso deve valere solo a confermare ab extrinseco"
l'attendibilità delle chiamate in correità, dopo che questa sia stata attentamente e positivamente verificata nell'intrinseco".
10
Una esigenza, questa, che deriva dalla peculiarità delle dichiarazioni del coimputato (o imputato connesso o collegato che
sia), dalla particolarità della sua posizione processuale, a causa degli elementi di interesse in causa propria che potrebbero
inficiarle. Egli si trova in una posizione di potenziale non imparzialità. Anche per questo vige il divieto probatorio dell'art.
197, lett. a e b. - oltre a quella esigenza di garanzia, a tale norma principalmente sottesa, riconducibile alla logica del nemo
tenetur contra se detegere - e tali soggetti vengono, conseguentemente, esonerati dagli obblighi tipici della testimonianza (es.
di deporre e di rispondere secondo verità, ex art. 198/1) evitando loro di trovarsi in una posizione che potrebbe risultare in
conflitto con il diritto a non autoincriminarsi (tutelato soltanto in parte dall'art. 198/2), o, comunque, con l'interesse che gli
stessi potrebbero avere a un certo esito del processo cui si riferisce il divieto.
E' a questa peculiarità delle loro dichiarazioni che il legislatore -una volta considerata la necessità di non disperdere i
possibili apporti probatori (diversi dalla testimonianza di tali persone - si è posto il problema relativo ai modi e ai criteri della
loro valutazione.
Da ciò è scaturita la regola oggi codificata nel terzo comma dell'art. 192.
Una regola - è stato detto - forse inopportuna, certo destinata a gettare un'ombra aprioristica, e in una certa misura arbitraria,
sulla credibilità delle dichiarazione del coimputato, anche se - sotto l'enunciato profilo - non più sospettabili di quelle di altre
persone (quali, l'offeso del reato, la parte civile, i prossimi congiunti dell'imputato, - cfr. oltre) per le quali non è emersa una
preoccupazione del genere. Di tutto questo vuol tenere conto questa Corte, nel proposito di discostarsi da letture "estreme"
della norma che, anche in questo dibattimento, hanno voluto accentuare ora l'uno ora l'altro dei profili indicati, e per
converso, intenzionata a mantenersi realisticamente, pragmaticamente, aderente ai singoli casi concreti, alle loro peculiari
specificità.
Questo, senza dimenticare l'esigenza - che questa Corte del pari doverosamente avverte - di una rigorosa "valutazione
unitaria" rispetto ad ogni altra prova concorrente con quella qui in discorso (in altre parole l'esigenza, l'obbligo di una
valutazione congiunta di tutti gli elementi probatori eventualmente disponibili).
359
argomentativo, a prescindere dalla circostanza - sembra lecito precisare - che possa o non qualificarsi
come indizio11. Tali elementi riguarderanno ovviamente per lo più ( e quindi non necessariamente: v.
infra) il fatto di reato come narrato dal dichiarante, ma anche in tal caso essi dovranno essere utilizzati
sempre nella prospettiva della verifica dell'attendibilità dello stesso.
Era questa del resto l'unica strada che il legislatore poteva seguire dovendo fare salvi da un lato il
principio del libero convincimento del giudice12 e dall'altro l'esigenza di richiamare ad un rigore nella
valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia per evitare un uso arbitrario delle stesse.13
______________________________________________________________________
11
Una conferma di ciò si ricava dal fatto che la prima versione dell'art. 192/3, come si evince dai lavori preparatori,
richiedeva, a proposito del riscontro che doveva presentare la chiamata, "prove o indizi", mentre in un secondo momento, a
seguito del parere espresso sul punto della Commissione parlamentare, la norma assume l'attuale fisionomia, essendo stata
l'espressione "prove o indizi" sostituita da quella di "elementi di prova", in quanto comprensiva di ogni tipo di circostanza
probante il che significa che ogni fatto idoneo a divenire elemento di un processo conoscitivo-valutativo può svolgere la
funzione di riscontro.
12
cfr. da ultimo anche Cass. Sez. 4, 5 aprile - 4 maggio 1996, n. 4580; Cass. Sez. Un. 21 ottobre 1992, Marino e
segnatamente, la nota decisione 18 maggio - 3 giugno 1992, n. 255 della Corte costituzionale.
13
Il discorso è analogo a quello che la Corte costituzionale ha recentemente fatto a proposito dell'art. 500/4 nella recente
formulazione seguita alla legislazione del 1992 che aveva destato qualche dubbio di incostituzionalità ( per un ipotizzato
conflitto col principio-cardine del processo penale del libero convincimento): una formulazione per l'appunto speculare a
quella dell'art. 192/3. Ebbene, la Corte costituzionale nel giudicare infondato il dubbio sollevato con riferimento alla
disposizione in commento - nella parte in cui subordina all'esistenza di altri elementi di prova, capaci di confermarne
l'attendibilità, l'utilizzabilità come prove delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone nel corso delle indagini
preliminari ed utilizzate nel corso del dibattimento rese dal testimone nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate nel
corso del dibattimento per le contestazioni - nella motivazione della decisione 9 -16 giugno 1994, n.241 ha osservato che il
legislatore, discrezionalmente, ma non irragionevolmente, ha inteso codificare un criterio logico-argomentativo in base al
quale non è sufficiente un giudizio di attendibilità intrinseca e di superiore dignità logica della dichiarazione utilizzata per la
contestazione, per assegnare prevalenza a questa, occorrendo a tal fine che essa sia anche coerente con qualche altro e
diverso elemento di prova, nei sensi che spetterà alla giurisprudenza definire. E, a quest'ultimo riguardo, ha testualmente
precisato: "Posto che la dichiarazione predibattimentale, in quanto allegata al fascicolo, costituisce certamente prova
(contribuendo così a formare il materiale probatorio utilizzabile dal giudice). Potrà ritenersi idoneo elemento di riscontro
altro simile atto, o un semplice indizio, ovvero (come parte della dottrina ritiene) un qualsiasi elemento estrinseco che non
necessariamente
corrobori
il
fatto
specifico,
ma
solo
il
quadro
generale
del
racconto"
360
Il giudice, dunque, potrà fondare il proprio convincimento sulle dichiarazione dei (coimputati)
"dichiaranti", ma dovrà valutare tali dichiarazioni, e quindi tenerne conto all'interno del proprio
itinerario logico soltanto se, e quando, le medesime risultino suscettibili di riscontro attraverso altri
elementi probatori, la cui presenza e la cui potenzialità corroborativa - con un vaglio naturalmente
rimesso all'appezzamento dello stesso giudice - si pongono come condicio sine qua non per l'impiego
delle dichiarazioni stesse ai fini decisori.
E quella prova, non è revocabile in dubbio, una volta positivamente apprezzata (per la presenza
di tali indici sintomatici della sua affidabilità) potrà esser anche la sola sufficiente a fondare il
convincimento giudiziale14. La regola ermeneutica in discorso, infatti, non pone limiti, né quantitativi,
né qualitativi al grado significativo della chiamata di correo15. Diversamente opinando, si verrebbe a
configurare e introdurre indebitamente un vero e proprio limite legale rispetto alla fisiologia del libero
convincimento, riecheggiando, non a caso, fatte le debite differenze, il modello del brocardo unus testis,
nullis testis, tipico delle prove legali (vale a dire: a tasso probatorio predeterminato), testualmente
espunte dal nostro codice (art. 192/1, v. infra)
Il terzo comma dell'art. 192 si pone allora, a ben vedere, solo come una specificazione, una
declinazione (anche se in termini di particolare rigore) del principio generale sancito dal primo comma
dello stesso articolo che espressamente sottolinea l'obbligo per il giudice di esplicitare nel modo più
compiuto e rigoroso la motivazione posta a base della decisione: la norma riconferma da un lato la
validità del principio del libero convincimento, ancorandolo tuttavia all'indicazione specifica dei dati
utilizzati, quale correttivo a un uso arbitrario di detto principio (così testualmente la sentenza delle
sezioni unite sopra richiamata).16
______________________________________________________________________
14
La recente decisione 22 gennaio - 25 febbraio 1997 n. 112, BOMPRESSI e altri due, della Sez. 6° della S.C. ne dà chiara
conferma, nel noto caso esaminato (om. CALABRESI), una soltanto (MARINO) essendo stata la chiamata di correo
(naturalmente) riscontrata.
15
Così, testualmente, in motivazione, Cass. Sez 1,30 gennaio 1992, ALTADONNA.
16
In questa sede di messa a punto dei criteri valutativi cui questa Corte si atterrà nel presente procedimento, il tema del
"libero convincimento giudiziale" consacrato nel primo comma della citata norma dell'art. 192 merita qualche ulteriore
puntualizzazione.
361
Il percorso mentale seguito dal Giudice non ha vie obbligate; il Giudice "valuta la prova" - recita la norma - "valuta", senza
ulteriori specificazioni, è cioè "liberamente", svincolato da previe definizioni normative sulla attitudine dimostrativa degli
elementi di prova acquisiti. In ciò sta il suo "libero convincimento": perché se "prova" nel dizionario del processualista è ogni
fatto, sul presupposto del quale il giudice, in base all'esperienza o secondo una regola legale, ne afferma o nega un altro,
"libero convincimento" significa: prove "valutabili liberamente", ossia fuori da un canone legalmente prestabilito", purché
siano ammissibili e, quando consistano in atti processuali, risultino validamente costituite (cfr. anche Cass. 15 ottobre 1990
in casi pen. 91, 11, 643).
Il nuovo codice riconferma il principio del libero convincimento del Giudice con una certa solennità per scelta di sede e per
autonomia di esplicitazione, con una formula che in qualche modo ricorda l'art. 116/1 c.p.p. ("il giudice deve valutare le
prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti"). Nel codice abrogato mancava una
esplicita formulazione e il principio era desunto dal sistema (v. in particolare le menzioni incidentali degli artt. 158 - poi
soppresso- e 308, ora sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente
riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità
significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta
sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art.
193). La novità significativa del codice vigente, sta piuttosto - come avverte la stessa Relazione al Progetto preliminare (pag.
61) - nell'aver sottolineato, anche a livello normativo, quel raccordo tra il libero convincimento del giudice e l'obbligo di
motivazione che si traduce in due assiomi: a) su un piano generale che la libertà di apprezzamento della prova trova un limite
in principi razionali che devono avere risalto nella motivazione ( e motivazione "ragionata" significa caratterizzata da
"obiettività" e "prudenza", come forse in maniera ridondante si esprimeva il testo del Progetto preliminare '88); b) su un
piano più strettamente operativo: che nella motivazione in fatto il Giudice: 1) dovrà, per un verso enunciare le risultanze
processuali ("dare conto dei risultati acquisiti"), ossia, dovrà enunciare il risultato conseguito all'espletamento dei vari mezzi
di prova; 2) per altro verso, dovrà indicare i criteri di valutazione utilizzati ("i criteri adottati") per vagliare quelle risultanze
processuali (di qui la ragione del discorso che si sta ora svolgendo sul tema nevralgico della "chiamata in correità o e di
reità"). E' questo, ora accreditando determinati elementi (giudicati pertanto idonei a costituire "prova": deve indicare, recita
l'art. 546/1/e, le "prove esposte a base della decisione"); ora scartandone altri (scarto tradotto nella successiva espressione
normativa: "enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie"). Ciò, tenendo
presente che "i criteri di valutazione" -le "ragioni", il ragionamento seguito - altro non sono che le "massime di esperienza",
ossia quelle regole mentali universalmente adottate in quanto suggerite dalla esperienza comune (vale a dire l'id quod
plerumque accidif), regole che sono l'espressione di un certo rodine di successione fenomenica, quell'ordine secondo cui, data
una certa azione, si può formulare un giudizio di (rilevante) probabilità su quella che l'ha preceduta e sulle altre che
seguiranno. Ed è proprio la conoscenza di quell'ordine-ordine che il Giudice è tenuto per l'appunto a rivelare - che è possibile
(con un procedimento essenzialmente non dissimile, sia per la prova c.d. storico-rappresentativa, che per quella logicocritica) inferire, ossia risalire dalla conoscenza di un certo fatto alla conoscenza del fatto da provare (donde, appunto,
l'espressione di "pensare all'indietro" che scolpisce l'essenza del conoscere giudiziale).
Così interpellato il modulo che presiede alla diagnosi della prova, può allora concludere questa Corte nel senso che essa, nel
valutarla secondo il suo libero apprezzamento, fonderà la sua decisione: a) su prove ammissibili (e, come tali, in questa sede
ammesse), nonché regolarmente acquisite ( come testimonieranno le molte ordinanze pronunziate in dibattimento, che si avrà
cura,
per
comodità
espositiva,
di
richiamare
362
Un'ultima considerazione: a favore dell'indicata interpretazione dell'art, 192 c.p.p. sembra deporre anche
l'argomento di ordine sistematico desumibile dal recente e ben noto sviluppo della legislazione premiale,
poiché tale scelta di politica legislativa sembra necessariamente presupporre una valorizzazione della
chiamata in reità e correità anche sul piano probatorio, apparendo invero incompatibile con una scelta
interpretativa che finisse con il privare di qualunque reale valore probatorio le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia.
---0--Per concludere le osservazioni, necessariamente sintetiche, sulla chiamata in reità e correità in
generale si deve osservare che il giudizio di attendibilità si dipana e si specifica in una articolata
indagine progressiva con cadenze e peculiarità sue proprie.
Detta indagine prevede, infatti, che - in ordine alla particolare "fonte" in esame - si valuti
preliminarmente17:
______________________________________________________________________
nelle presenti note, come parte integrante della decisione stessa, evitando pericolose sintesi o inutili ripetizioni nel testo) e
pienamente utilizzabili a tal fine; b) darà conto, ossia spiegherà di volta in volta il convincimento cui è pervenuta, con la
illustrazione dei principi razionali ( e perciò universalmente condivisi) seguiti ( con esplicito invito a quelli eventualmente
già illustrati in premesse espositive di carattere generale) . Sono questi i due argini attraverso i quali fluirà il libero
convincimento giudiziale che questa Corte si appresta a versare nella presente sentenza.
Naturalmente, con l'osservanza degli ulteriori criteri valutativi desumibili dai comma 2, 3 e 4 che si vanno, per l'appunto, ad
ulteriormente qui sopra illustrare.
17
Cfr. da ultimo sul tema, Cass. Sez. 2°, 13 dicembre 1966 - 5 febbraio 1997, n. 938, Cass. sez. 2°, 1 ottobre 1996 - 10
febbraio 1997, n. 1157. PAGANO ed altri, cui adde anche Sez. Un. 21 aprile - 1 agosto 1995. COSTANTINO e altro, in
motivazione,
sia
pure
con
riferimento
alla
fase
cautelare.
363
A) la sua attendibilità intrinseca (o verosimiglianza di quanto il collaboratore dichiara). E questo:
A1) sia con riferimento alla persona (c.d. credibilità sotto il profilo soggettivo del chiamante, ciò
vuol dire che la sua credibilità, in questa sede, va misurata in relazione: alla sua personalità18, al
______________________________________________________________________
18
Tenendo, tuttavia, presente che la personalità negativa del collaborante non esclude necessariamente la sua credibilità
intrinseca (Cass. Sez. 6, 17 febbraio '96, n. 4108, R.V. 204436: "Un apprezzamento negativo della personalità dei chiamanti
in correità non vale di per sé, ad escludere la credibilità intrinseca. Trattasi invero di una connotazione comune a quasi tutti
gli imputati per lo stesso reato o per reati connessi; connotazione tenuta presente dal Legislatore nel subordinare la rilevanza
di tali fonti di prova, ad una puntuale verifica circa l'attendibilità intrinseca della chiamata e la presenza di riscontri esterni.").
Questo discorso merita qualche ulteriore annotazione, perché non pochi difensori si sono intrattenuti ad illustrare il profilo
criminale di questo o quel collaboratore per ricavare dal giudizio etico necessariamente negativo che ne scaturiva, una
valutazione parimenti negativa sulla loro attendibilità.
Ma merita sottolineare - riprendendo il pensiero di autorevole dottrina, col conforto di giurisprudenza affinata e vigile - che,
alla base di ciò, vi è l'equivoco (voluto o no poco importa) imperniato sulla confusione tra ravvedimento etico del
collaboratore e utilità ( e utilizzabilità) dei suoi contributi ai fini dello accertamento dei fati e delle responsabilità. Poiché,
tuttavia, si tratta di un equivoco già molte volte chiarito anche in tali autorevoli ambiti, è difficile allontanare il sospetto che
certe asprezze polemiche sulla "indegnità morale" di alcuni collaboratori siano in realtà esclusivamente funzionali - su un
piano più generale e sociale- a obiettivi politici estranei ( e che tali devono rimanere) alla giurisdizione. Mentre per quanto
più specificamente attiene il presente procedimento, l'attacco ai c.d. "pentiti" portato da non pochi difensori attraverso la
sottolineatura della riprovazione morale della loro condotta, appare trasparentemente volto a contrastare l'impegno nel
dibattimento del prezioso contributo probatorio spesso derivante dall'utilizzo delle loro dichiarazioni. Quasi ad accreditare,
insomma, l'idea che i collaboratori di giustizia costituiscano una specie di categoria antropologica da accettarsi o da
respingersi a priori (nel caso nostro, certamente da respingersi, ad avviso di quei difensori), anzichè delle fonti di prova
(come qualsiasi altra) da sottoporsi (come qualsiasi altra) a verifica processuale, caso per caso, circa la loro concreta
attendibilità (cosa, per l'appunto, che questa Corte intende esattamente fare). Né questa Corte cade ingenuamente nell'errore
che si vorrebbe indurre nel giudicante dall'uso lessicale insistito delle parole "pentito" e "pentimento" ( o spregiativamente,
secondo qualche difensore "pentitista"): come se ogni forma di collaborazione dovesse sempre presupporre una resipiscenza
nel profondo dell'anima.
Non si può non sapere, infatti, che questo aspetto dell'atteggiamento interiore dei collaboratori (che tra l'altro, in non pochi
casi corrisponde alla realtà), è piuttosto irrilevante nell'ottica giudiziaria. Ciò che importa ( ed è stato anche di recente
ribadito, con la chiarezza espositiva e la solidità argomentativa che lo distingue, da uno dei più autorevoli studiosi
contemporanei del diritto processuale penale), ai fini delle inchieste e dei processi, è la circostanza che i collaboratori della
giustizia, dopo aver rotto gli antichi vincoli criminosi, forniscano ai magistrati gli elementi necessari per poter accertare uno
o
più
delitti,
per
individuarne
i
colpevoli,
per
conoscere
le
strutture
delle
364
suo passato, ai suoi rapporti coi chiamati in correità e con altri eventuali collaboratori di giustizia sui
medesimi fatti, alle sue condizioni familiari, e socio-economiche, alla genesi remota e prossima della
sua risoluzione alla confessione19 e all'accusa dei complici, e quindi alla spontaneità della sua
risoluzione, al disinteresse20, alla immunità da suggestioni, odi, rancori, errori21,
______________________________________________________________________
organizzazioni criminali e, spesso, anche per prevenire futuri reati. Questo è il grande salto, che segna per ogni singolo
collaboratore il passaggio dall'area della illegalità a quella della legalità, e non rileva per quali motivi avvenga, né tanto meno
se alla base vi sia un sincero "pentimento" morale. Ciò che conta, secondo una visione necessariamente laica e pragmatica
del processo, non sono le ragioni intime della collaborazione, ma i suoi risultati. Alla giustizia - e dunque a questa Corte non interessa scandagliare le coscienze, ma prendere atto delle dichiarazioni rese dai collaboratori ( in questo, come in
procedimenti paralleli e quivi ritualmente riversate) per poi sottoporle alla più rigorosa valutazione, attraverso la doverosa
verifica dei riscontri esterni ( e della intrinseca credibilità della fonte).
19
Tenendo tuttavia presente quanto si è avvertito nelle note che precedono. E' considerando, altresì, la situazione concreta
nella quale si è trovato il dichiarante allorché ha deciso di collaborare. Perché avrebbe indubbiamente un risvolto positivo, in
termini di credibilità - come ha già avuto occasione di rilevare il Supremo Collegio in una situazione che si vedrà
specularmente riprodotta anche in questo procedimento - il fatto di chi, in tale circostanza, si fosse "..trovato in una
situazione nella quale non avrebbe avuto alcuna ragionevole alternativa rispetto alla decisione di riprendere ( o iniziare:
n.d.r.) la collaborazione con la Giustizia e che, imboccata tale strada obbligata, avrebbe avuto tutto da perdere e nulla da
guadagnare se avesse tentato di sviare le indagini o lanciare false accuse. Da una parte infatti, sarebbe andato incontro a
condanne pesantissime per gli episodi criminosi che gli inquirenti comunque avrebbero potuto ricostruire senza il suo
contributo probatorio, d'altra parte come egli stesso aveva rilevato, avrebbe corso il serio pericolo di esporsi a qualunque tipo
di vendetta ove nell'ambiente carcerario, che lo attendeva dopo la rapina di (...) si fossero diffuse voci relative alla sua
precedente collaborazione con gli inquirenti". (così, testualmente in motivazione, ma recente decisione del S.C. - 1 ottobre
1996 - 10 febbraio 1997, n. 1157. PAGANO e altri - citata da molti difensori proprio quale più recente e valido insegnamento
impartito dal giudice di legittimità sui criteri da seguire nella valutazione della chiamata di correo).
20
Con due importanti precisazioni: la prima, che il "disinteresse" va riferito alla persona chiamata in causa, all'incolpato, nel
senso che il collaboratore non deve avere un "interesse" ad incolpare che non sia quello del rispetto della verità, la seconda,
che non si potrà negare attendibilità al chiamante in correità, al "collaboratore di giustizia" per il solo motivo che egli è
sollecitato a "collaborare" per l'interesse a fruire dei benefici di legge per i c.d. pentiti, onde questo interesse (palese, o
addirittura palesato in questo stesso dibattimento) si vorrebbe che inficiasse le sue dichiarazioni. Anche a prescindere dalla
considerazione che a ben vedere può essere più rischioso "pentirsi" che delinquere ( si vedano in proposito le eloquenti
parole di PIRRONE MAURIZIO in questa sede), e che solo se il collaboratore parla con la prospettiva di fruire dei benefici
ciò non significa - come è stato pur riconosciuto da non pochi difensori - che esso non dica la verità ( che, anzi, in tal senso
depone la logica "premiale"), va ricordato che la stessa Corte di legittimità ha avuto già modo di ripetutamente chiarire che "è
del
tutto
365
reticenze 22 o intenti calunniosi 23). L'esito positivo di questa valutazione potrà fondare un giudizio di
"generale attendibilità" del collaboratore.
______________________________________________________________________
inconferente la considerazione che il collaboratore, essendo normalmente autore di reati di una certa gravità, miri alla
fruizione di misure premiali in funzione della collaborazione restata, dovendo invece farsi riferimento, ai fini della verifica
della sua attendibilità soggettiva, ai parametri sopra parenteticamente indicati" ( che sono i medesimi qui ricordati. Cass. Sez.
1 n. 3070 cit. e Cass. Sez. 1, 6 maggio 1994, n. 2100). Del resto sarebbe incongruo che lo Stato, da una parte incentivasse "il
pentimento" (rectius, la collaborazione processuale) col diritto premiale, e dall'altra screditasse che se ne è avvalso. Tutto
questo, in definitiva, equivale a dire - quanto meno - che la caratteristica del "disinteresse" subisce necessariamente un forte
ridimensionamento allorché si parli di "pentiti". E anche, in una certa misura, quella della "spontaneità", che potrebbe al più
ricollegarsi alla iniziale collaborazione con la giustizia, con la conseguente assunzione dei relativi impegni con lo Stato, ma è
difficile ipotizzarlo per le successive singole chiamate in correità, le quali innegabilmente sono da ricondurre al contratto
stipulato con lo Stato, del quale, in sostanza, vengono a costituire una sorta di adempimento.
21
Sulle conseguenze derivanti da tale eventualità v. postea. Sul tema - che ha costituito per molti difensori uno spunto per
insinuare, in via ipotetica o di grande probabilità con riferimento a casi concreti di errore del dichiarante - si può comunque
osservare sin d'ora che il rilievo difensivo, se posto in tali termini, finisce per provare troppo, posto che l'errore umano è certo
eventualità che non può mai esser scartata, di qualunque persona si tratti, mentre il discrimine, per la tesi a carico ( e l'inverso
per quella a discarico) riposa invece nella dimostrazione: a) che l'ipotizzato errore sia nel caso concreto improbabile ( per le
ragioni più diverse es. la partecipazione diretta al fatto, i rapporti personali e la frequentazione tra incolpato e suo accusatore,
ecc.); b) che gli errori eventualmente commessi dal dichiarante in altri casi traino spiegazioni ben circoscritte e limitate ad
essi, in modo che solo per ipotesi analoghe sia plausibile ipotizzare la stessa eventualità.
22
Vale lo stesso discorso. Certo, che ciò possa essere avvenuto - come è avvenuto in questo procedimento ( si vedrà, ad es. il
caso del MORABITO SAVERIO con riferimento alle posizioni di MUFATO ANGELO. ROMEO ANNUNZIATINO, ecc.)
allerterà il giudice all'impiegato di un accentuato rigore valutativo, che è tuttavia inversamente proporzionale alla consistenza
e plausibilità di una "logica" che autorizzi a confinare, a "congelare" quei casi alle situazioni concrete che li hanno
determinati in altre parole, incomberà a colui che ne ha interesse dimostrare il contrario, o comunque far dubitare che la
provata "reticenza" ( e così l'errore) di una volta non siano il frutto di particolari contingenze, ma il segno inquietante di una
qualità negativa del soggetto che si traduce nella sua generale inaffidabilità.
Diversamente, si opererebbe una perdita di sapere giudiziale che consegue, esclusivamente, a una astratta e teorica
possibilità, mai umanamente smentibile.
23
Cass. Sez. 1, 22 dicembre 1995, n. 00683, RV 203796 e Corte di Assise Catania 12 maggio 1995 - 22 luglio 1996, n. 11/95
e Cass. Sez. Un. 21 ottobre 1992 - 22 febbraio 1993, n. 1653, MARINO e altri.
Anche a questo riguardo, per situazioni analoghe che si ritroveranno in questo procedimento, è assai interessante notare coma
la S.C. - nella decisione surrichiamata dell'1 ottobre 1996 - 10 febbraio 1997 n. 1157 - Abbia convalidato il ragionamento
dei
giudici
del
merito
nella
parte
in
cui
costoro,
nell'accreditare
la
credibilità
del
366
A2) sia con riferimento al racconto in sé (c.d. profilo oggettivo, ovvero, della credibilità del
racconto in sé), vale a dire con attenzione alle caratteristiche oggettive e alla consistenza delle
dichiarazioni rese dalla "fonte" (dichiarazioni che, pertanto dovranno esser valutate sulla scorta, per
esemplificare, dei seguenti parametri: certezza, logicità, precisione, costanza o fermezza - con
particolare riferimento alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari, ove di esse si possa
fruire24, o in altri dibattimenti - coerenza intrinseca).
L'attenzione che si porta a tale duplice profilo è espressione del convincimento che il grado di
approssimazione al vero della narrazione (sino alla sua identificazione con esso) si misura, anzitutto, sia
considerando chi parla, sia considerando cosa dice. E procedere alla valutazione unitaria della chiamata
di correo appare necessario chiarire dubbi che eventualmente si addensino sulla
_________________________________________________________________________________
collaboratore processuale, hanno tra l'altro scritto: "...eventuali intenti calunniatori del collaborante lo avrebbero indotto
pacificamente in errore più di una volta , così come l'esigenza di scaricare su altri responsabilità esclusivamente proprie; e
allora il mendacio ne avrebbe danneggiato la posizione processuale con esclusione delle agevolazioni speciali previste dalla
legge, qualora si fosse scoperto che egli aveva del tutto o in parte detto il falso"; e hanno aggiunto che detti "eventuali intenti
calunniatori, oltre che estranei agli interessi del (collaboratore: n.d.r.) ed al contesto nel quale lo stesso si è venuto a trovare,
non trovano riscontro nei rapporti personali intercorsi tra l'imputato ed i singoli chiamati in correità o in reità. Non sono
emerse, infatti, ragioni di risentimento del collaboratore nei riguardi di qualsiasi chiamato in correità." Ed ancora, il S.C.
positivamente valuta il fatto che i giudici del merito abbiano evidenziato - a riprova della affidabilità del dichiarante - che
l'asserito cinismo del (collaboratore: n.d.r.), il quale non avrebbe esitato a consegnare alla Giustizia il suo "luogotenente", il
(.....), rende il personaggio ancor più intollerabile nell'ottica difensiva, ma non intacca minimamente, anzi conferma la sua
attendibilità, "dimostrando" come il (collaboratore: n.d.r.) non relazionasse i personaggi sulla base della loro simpatia o
convenienza personale pur di mantenere e continuare il rapporto di collaborazione"; tanto che "gli unici soggetti coi quali vi
era un certo screzio (in certa misura inevitabile nell'ambito di una attività delinquenziale quale quella che ci occupa) erano
quelli interessati dal minor numero di chiamate ed ai quali veniva assegnato dal dichiarante un ruolo del tutto marginale,
circostanza in aperto conflitto con il perseguimento di uno scopo calunnioso o di scarico delle responsabilità o di copertura di
altri personaggi ritenuti più importanti."
24
Come è possibile per le dichiarazioni rese da MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO, AMANDINI..... ecc. per
effetto del disposto dell'art. 238/1: cfr. ordinanza 13 aprile 1995 di questa stessa Corte.
367
chiamata in sé, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa.
Va da sé, poi, che la valutazione che si compie già in questo suo primo approccio possiede la
connotazione della sua scindibilità.
E questo in un duplice significato:
* nel senso che il giudizio (sulla attendibilità intrinseca) può esser frazionato, sia con riguardo al
profilo soggettivo della chiamata, sia con riguardo a quello oggettivo; e questo con conseguenze
analoghe, nell'uno come nell'altro caso, vale a dire che l'esito negativo della valutazione su una singola
accusa o su un singolo accusato, mentre rende inutilizzabili le dichiarazioni ad essi relative, può non
compromettere (o non compromette necessariamente) la attendibilità intrinseca (soggettiva e oggettiva)
delle
altre
accuse25;
riguardo
il
secondo
aspetto
oggettivo
può
del
______________________________________________________________________
25
Nel senso, invece, che il criterio di valutazione debba essere unitario e complessivo, allorché venga in discussione il profilo
soggettivo, cfr. Assise Catania cit. Ma non pare convincente e giustificata la distinzione. Può sostenersi, invece, che occorre
pragmaticamente distinguere caso per caso: potrebbe infatti in un caso - per l'esito negativo della valutazione della chiamata
con riferimento a un singolo episodio o incolpato - pervenirsi (in considerazione della gravità e del peso della vicenda) a una
valutazione negativa sull'attendibilità complessiva del chiamante e, al contrario, potrebbe esser irrilevante quell'esito per altri
episodi e incolpati allorché le imprecisioni, contraddizioni o incoerenze rinvenibili nelle singole accuse siano non eclatanti, o
investano punti marginali delle stesse, o siano spiegabili col tempo trascorso tra il fatto e le dichiarazioni, con dèfaillances
della memoria, oppure - nel caso di accusa calunniosa, o, al contrario, di "assoluzione" operata dal chiamante con riferimento
a specifici addebiti dell'incolpato - ove queste trovino spiegazioni convincenti e tali da poter circoscrivere la vicenda ad
eventi e entro confini logici ben definiti. In ogni caso, pare alla Corte che debba sempre esser tenuto distinto il ruolo che si
intende conferire alla "chiamata" che eventualmente entrasse "in crisi" in esito alla valutazione in commento. Si prenda, ad
es. il caso, nel presente processo, del collaboratore ANTONIO SCHETTINI. Non potrà apprezzarsi la sua collaborazione,
non sarà possibile costruire con tranquillante esito una accusa sulla scorta delle sue dichiarazioni, in quanto pregiudicate, in
prima battuta, dal suo (quanto meno originario) tentativo di "depistaggio" (si vedano in proposito anche i verbali degli esami
dibattimentali resi su questo episodio, in separato giudizio, da DINO CASSANIELLO, SALVATORE PALADINO,
ANTONIO MACCARONE, GIUSEPPE MODESTO e SALVATORE PACE, e acquisiti agli atti con ordinanza 18 luglio
1996). Ma se le sue parole non potranno assurgere a dignità di "prova", questo non vuol dire affatto che le stesse non
potranno, all'occorrenza, essere utilizzate come "riscontro" esterno di altre fonti probatorie, ad es. di altre chiamate in
correità. Ciò appare consentito dal ruolo diverso che svolge il "riscontro" rispetto a quello occupato dalla "prova". In altre
parole, ciò che può esser inidoneo a fondare un convincimento giudiziale, può invece valere a
368
pari dirsi che l'esito negativo della valutazione su una singola accusa mossa a un singolo accusato,
mentre rende inutilizzabili le dichiarazioni su quest'ultima, può non compromettere la attendibilità e nei
casi più gravi - si pensi all'accusa calunniosa - anche sulla complessiva attendibilità del soggetto)26.
La frazionabilità della chiamata di correità, nel senso della conferma (o della smentita)
probatoria alle sole parti coinvolte, senza estensione alle altre sta alla base del principio (v. infra) che
non l'attendibilità complessiva deve esser provata, per inferirne la comunicabilità per traslazione
dell'intero racconto, ma ogni parte di questa può e deve essere oggetto di verifica, residuando, dunque,
l'inefficacia probatoria di quelle non provate o, peggio, smentite, con esclusione di reciproche
interferenze totalizzanti. E in questo modo viene salvaguardata, anche a maggiore garanzia
dell'accusato, quella duttilità di giudizio, che muove dalla plausibilissima, eventuale coesistenza, in un
medesimo soggetto dichiarante, di verità e di menzogne, anche involontarie, talché l'indagine del
giudice (di questa Corte) obbligatoriamente si darà carico di operare la separazione dell'una dalle altre,
osservando costantemente il parametro della razionalità della libera valutazione (come già detto e si avrà
ancora modo di puntualizzare);
_________________________________________________________________________________
misurare l'affidabilità di una diversa fonte di prova che di per se stessa sia già stata giudicata intrinsecamente credibile,
proprio perché immune da quel soggetto di non genuinità che connota invece l'altra. D'altro canto non va trascurato, a
proposito dello SCHETTINI, quando incisivamente ebbe a dire un altro collaboratore, come si vedrà meritevole di grande
affidabilità: e cioè che lo SCHETTINI non dice il falso, non mente, perché non è sciocco, non cade nella insidia di una
calunnia che può esser facilmente scoperta e con la quale può giocarsi il trattamento premiale. SCHETTINI va preso con le
molle, non per quello che dice, che è la verità, ma per quello che non dice, per le persone che può coprire con i suoi silenzi
(LEONARDO CASSANIELLO aff. 16866-16868).
26
Cass. Sez.6 17 febbraio 96 RV:204438: "E' del tutto legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie
provenienti da un chiamante in correità e l'attendibilità di costui, anche se denegata per una parte del suo racconto, non
coinvolge necessariamente tutte le altre che reggano alla verifica del riscontro esterno. "adde: Ced 190998. Il principio può
considerarsi assolutamente pacifico.
27
Così, testualmente, in motivazione cit. dec. ALTADONNA.
369
* Nel senso che l'attendibilità soggettiva di un chiamante, riscontrata nell'ambito di un processo,
influisce in senso positivo anche nell'altro, senza tuttavia esimere, in quest'ultimo, dalla verifica della
attendibilità oggettiva delle dichiarazioni dallo stesso ivi rese28.
Con riferimento al singolo episodio narrato o al singolo chiamato in reità o correità la
valutazione del valore probatorio della chiamata in reità o correità la valutazione del valore probatorio
della chiamata è ovviamente diversa a seconda delle caratteristiche per così dire strutturali della
chiamata stessa (se diretta o "de relato" ).
Nella chiamata diretta (o per scienza diretta: dichiarazione di chi afferma un fatto accaduto sotto
la sua diretta e personale osservazione) il grado di affidabilità sarà del più alto spessore: il chiamante è
stato per così dire "testimone" del fatto narrato; concettualmente - del resto - le due prove c.d.
rappresentative, la prima solo essendo assoggettata, per ragioni giuridico - formali, ad un vaglio di
credibilità più rigoroso).29
______________________________________________________________________
28
In altri termini, il fatto che un chiamante in correità sia stato ritenuto attendibile soggettivamente nell'ambito di un
determinato procedimento se non può costituire una sorta di patente di attendibilità che possa esser esibita a valere in modo
pregiudiziale e indiscusso in altri procedimenti, può però esser considerato un elemento positivo fra gli altri che debbono
comunque esser considerati in ogni procedimento (Assise Catania cit.; Cass. 2.11.94, Aveta, RV.190998; Cass.10 giugno - 7
agosto 96, n.7758, Timpani; Cass.21 ottobre 94, Riola).
29
Si è detto che la chiamata in correità appartiene concettualmente, così come la testimonianza, alla classe delle prove
rappresentative. In effetti, la proposizione: "Tizio afferma di aver visto Caio sparare a Sempronio" non è ontologicamente
diversa se Tizio è testimone o imputato, (né se egli è imputato che confessa o che nega la propria responsabilità). Su questo
punto dottrina e giurisprudenza sono sostanzialmente concordi. La struttura della testimonianza (dichiarazione di percezione;
rappresentazione del fatto percepito) si riproduce identicamente nella chiamata di correità. Questa può bensì essere
considerata diversamente quanto a efficacia probatoria, ma non è un fenomeno diverso da quella sul piano concettuale. Lo è
sul piano giuridico perché l'art.197 dispone che "Non possono essere assunti come testimoni... i coimputati del medesimo
reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art.12... le persone imputate di un reato collegato a
quello per cui si procede, nel caso previsto dall'art.371/2, lett.b") (nel vecchio codice una analoga regola si rinveniva negli
artt.348 e 465). L'art. 192/3, inoltre, subordinava la rilevanza probatoria della chiamata alla presenza di riscontri. Nel caso
della testimonianza, invece, il giudice, può ritenere che sussista il fatto riferito dal teste per il solo fatto che il teste glielo
rappresenta. Come suol dirsi: il teste può esser creduto "sulla parola". Beninteso, un vaglio di credibilità deve superarlo
anche
il
teste,
ma
mentre
per
lui
può
370
Nella chiamata "de relato" (di primo, secondo, terzo grado, ecc.: che si ha quando si afferma di
aver appreso da terzi, fonte originaria, secondaria, ecc. di informazione) il peso probatorio,
tendenzialmente, è minore e progressivamente decrescente (mano mano che ci si allontana dal
"testimone" diretto30), o meglio va sottoposto a un vaglio più rigoroso di attendibilità.31 In questo caso,
infatti, il soggetto - che non ha assistito alla commissione del fatto illecito - non può esser certo che
quanto riferitogli sia vero, perché ciò è avvenuto fuori dalla sua sfera di azione e percezione. Quindi
dovrà esser valutata non soltanto l'attendibilità e la veridicità della persona da cui la notizia è stata
appresa32
(occorrerà,
cioè
verificare,
per
______________________________________________________________________
esser sufficiente un controllo ab intrinseco, per il chiamante il controllo - come meglio si dirà più oltre - deve essere anche
ab extrinseco.
30
Onde, la affidabilità dei "relata" sarà delle più rassicuranti, nell'ipotesi che il collaboratore - come capiterà spesso per le
vicende delittuose delle quali si occupa questa Corte - abbia ricevuto informazioni e confidenze direttamente dai protagonisti
di quelle vicende (cfr. Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996, n.3070 cit. in motivazione).
31
Nonché, naturalmente, al reperimento di riscontri esterni obiettivi e certi. Sulla possibilità di valida collaborazione
reciproca fra più chiamate in correità provenienti da diversi soggetti, ai fini di cui all'art.192/3, anche se trattasi di chiamate
fondate su una conoscenza indiretta della condotta attribuita al chiamato - con osservanza dei criteri valutativi e metodologici
di cui agli artt.192/3 e 195 ex 210 -, cfr. Cass. Sez. 1, 10 maggio 1993, n.11344, RV.195775; Cass. 12 novembre 1993,
n.4843, RV.195748; Cass. Sez. 1,20 maggio 1992, 7946 RV.191242). I relata non verificabili, infatti, in linea di massima
van presi "con le molle".
32
Cfr. Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996, n.3070 cit. in motivazione con citazione di precedenti). Fatta questa
doverosa precisazione, vatuttavia del pari posto in evidenza che un eventuale criterio ulteriormente limitativo
dell'apprezzamento della prova, tra chiamata diretta e de relato, non ha ragione d'esser invocato. Nel senso, cioè, che non
potrebbe pregiudizialmente assumersi una intrinseca inaffidabilità della dichiarazione accusatoria, dal momento che il
collaboratore deve esser valutato per tale profilo, sia che riferisca circostanze apprese direttamente, sia che riporti quelle da
altri riferitegli (cfr. in motivazione dec. ult. cit.) E non può non essere che così, perché così avviene anche nella valutazione
della testimonianza de relato (art.195), la cui utilizzabilità probatoria (salvo trasgressione della regola di cui al comma 1 cit.
disp.) non è stata mai posta in discussione, essendosi anzi ripetutamente puntualizzato, addirittura, che il giudice può - per
motivate ragioni - arrivare a dare maggiore attendibilità ai relata, al teste indiretto, piuttosto che al teste di riferimento (Cass.
28 aprile 1995, n.6672, RV.201536; Cass.17 maggio 1993, Rizzo; Cass. 11 febbraio 1992, Caruso RV.187554; Cass.Sez.1, 1
ottobre 1990, Di Biasi).
371
esempio, che la notizia non abbia subito alterazioni da parte della fonte del collaboratore: per es. per
millanteria33).
A questo proposito. meriterà, in ogni caso, di esser tenuto nel più alto grado di apprezzamento
quel collaboratore che abbia mostrato, nel corso del suo "racconto", di saper tenere ben distinti i suddetti
due profili, ovvero quello dei fatti direttamente percepiti e quello dei fatti solo appresi da altri e non
direttamente conosicuti34.
Così come va del resto posto nel dovuto rilievo che non sono assimilabili a pure e semplici
dichiarazioni de relato, quelle con le quali si riferisca in ordine a fatti o circostanze attinenti la vita e le
attività di un sodalizio criminoso dei quali il dichiarante sia venuto a conoscenza nella sua qualità di
aderente al medesimo sodalizio, sia pure tenendo presenti le articolazioni territoriali di esso e quindi i
diversi punti di osservazione del dichiarante35.
E questo perché in siffatti contesti si dovrebbe poter parlare, piuttosto, di un patrimonio
conoscitivo - su fatti di interesse sostanzialmente comune - derivante da un flusso circolare di
informazioni, analogo a quello che si produce, di regola, in ogni organismo associativo, articolato e
operante (peraltro con connotazioni "gerarchiche")36.
______________________________________________________________________
33
Un esempio lo si avrà nell'episodio del t. om. CANNAO' (v.infra). Con questa cautela, comunque - e la riflessione vale non
solo per l'ipotizzato caso di millanteria, ma mutatis mutandis, anche per i casi analoghi-: che non sarà sufficiente adombrare
il solo sospetto sulla credibilità della fonte, occorrendo che tale sospetto trovi quanto meno seri indizi tra le carte processuali.
34
Sotto questo profilo, si raccomandano con una forza persuasiva non comune le dichiarazioni rese da SAVERIO
MORABITO, MARIO INZAGHI, ROMEO ANNUNZIATINO, MICHELE AMANDINI (e altri). Nel contesto dei loro
racconti, infatti, si apprezza spesso il loro scrupolo nel mettere in evidenza ciò che riferiscono per conoscenza diretta dei fatti,
oppure per notizie apprese da terzi.
35
Cfr., nel presente dibattimento, i casi di ANTONIO ZAGARI, di FILIPPO BARRECA o di GIACOMO LAURO, e altri
ancora. Non può negarsi, infatti, aver avuto una posizione elevata: ANTONIO ZAGARI, quale affiliato alla 'ndrangheta e
figlio di GIACOMO "capo di società" - "santista o locale" - in quel di Varese: cfr. aff. 12.711; e FILIPPO BARRECA, pur
esso affiliato alla 'ndrangheta e "santista" nella zona di Lazzaro, Bocale, Pellaro e quindi portatosi verso il Nord: cfr. aff.
12.165. E così dicasi di GIACOMO LAURO.
36
Cfr. al riguardo Cass. Sez. 1, 20 febbraio 1996, n.3070 e Sez. 1, 10 maggio 1993 n.421). Di tale principio è stata fatta
applicazione da parte di questa Corte nella ordinanza 14 maggio 1996.
372
E, ancora, non va pregiudizialmente connotata da "sospetto" l'ipotesi di dichiarazioni c.d. a
rate, o inizialmente imprecise e scarsamente dettagliate da parte del collaborante.
Nel primo caso, è bene ricordare che l'interprete deve fare i conti anche con i meccanismi
mnemonici dell'individuo che non oprano a comando, ma spesso sotto le più diverse sollecitazioni
mnestiche. 37 Non sembra ragionevole pretendere che un soggetto ricordi e dichiari tutto e subito, a pena
di inutilizzabilità. Certo, si può comprendere la preoccupazione di qualche difensore di non lasciare
spazio al sospetto di "pilotaggi" nella gestione o nel contatto col "pentito", ma l'affacciare solo gratuiti
"sospetti" non è cosa che la Corte apprezzi, ed anzi decisamente sente di poter censurare come
intervento di obiettiva "deligittimazione", tanto ingiusto e ingiustificato quanto suscettibile -in tesi- di
ritorcersi in danno del suo autore.
In definitiva, è alla professionalità del magistrato che va rimessa, anche in questo caso, la
valutazione della genuinità e credibilità delle ipotetiche "tardive" dichiarazioni. Ed egli -e così questa
Corte- non si asterrà dal sottoporre a severo e rigoroso controllo le possibili ragioni che possono aver
determinato un arricchimento progressivo del patrimonio conoscitivo esternato dal collaborante.
Nel secondo caso (quello di dichiarazioni inizialmente imprecise o scarsamente dettagliate) -che
non è poi così nettamente scindibile dal primo- non va assolutamente pretermesso che una maggiore
precisione nei dettagli potrebbe logicamente spiegarsi con una indagine più mirata, con un interrogatorio
che -dopo un primo approccio del "pentito" col giudice per una panoramica complessiva sugli episodi
delittuosi di cui è a conoscenza e sui quali potrà in seguito utilmente deporre- passi successivamente
all'esame mirato di ciascuno di essi.38
_______________________
37
Vedi infra.
Come, per esemplificare, è avvenuto nei primi interrogatori di SAVERIO MORABITO (v. Capitolo successivo). Cfr.
inoltre Assise Catania cit. cui adde, tra le tante, Cass. Sez. I 30 novembre 1995, n. 1428 RV 203671: "L'esistenza di eventuali
imprecisioni della chiamata di correità non è, di per sè, sufficiente ad escludere l'attendibilità del collaborante allorché, alla
luce di altri obiettivi riscontri, il giudice di merito valuti globalmente, con prudente apprezzamento, il materiale indiziario e
ritenga,
con
congrua
38
373
B) la sua attendibilità estrinseca.
Entra a questo punto in gioco la nota e più sopra menzionata tematica dei riscontri39, un approccio che
viene fatto, per l'appunto, solo dopo che sia stata ritenuta la attendibilità intrinseca della chiamata di
correo, ovvero -come anticipato- la sua verosimiglianza.40 In altre parole, compiuta la prima verifica, si
passa ad individuare quali possano essere gli altri elementi di prova necessari per confermare
l'attendibilità di quanto detto dal
______________________________________________________________________
motivazione, di dare prevalenza agli elementi che sostengono la credibilità dell'accusa.
"Adde: Cass.Sez.2, 26 aprile 1993, n.4000
39
Che sono la trasposizione e la esplicitazione nel nostro sistema della esperienza dei paesi di common law, ove la
valutazione della accomplice evidence è accompagnata dalla c.d. corroboration (cfr. Relazione al progetto preliminare).
40
Non si può infatti procedere a una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli altri elementi di prova che ne
confermano l'attendibilità se prima no si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sè,
indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa (cfr. cit. Cass Sez: Un.22 febbraio 1993, n. 1653, Marino). E' pur
vero, tuttavia, che "...la norma dell'art. 192/3 è tutta bilanciata sull'obbligo della considerazione unitaria degli elementi
emersi, con la conseguenza che lo stesso pacifico criterio che distingue l'approfondimento accertativo della attendibilità
intrinseca da quello relativo all'attendibilità estrinseca, non può sottrarsi al criterio della congiunta analisi, sicchè sarebbe
inesatto attribuire al primo esame, se di incerto e contraddittorio, valenza esclusiva, a priori, del confronto con ulteriori
elementi, proprio perché dal coevo apprezzamento della attendibilità estrinseca potrebbero derivare elementi di conferma in
grado di bilanciare le risultanze del primo approccio. In tale senso spinge, del resto, anche il rilievo che l'articolazione del
comma 3 in esame mostra di indirizzarsi nella direzione di una limitazione della rilevanza dell'esame di credibilità intrinseca,
mettendo in evidenza la sola necessità della valutazione unitaria degli elementi di prova, ai fini dell'accertamento di
attendibilità". (così in motivazione dec. cit. Altadonna). D'altra parte, così è anche il senso letterale della norma, per la quale
il riscontro è chiamato a "confermare" l'attendibilità intrinseca della chiamata. Sul punto, il dispositivo dell'art. 192/3
non pare che lasci margine a dubbi, facendo agevolmente intendere come si sia voluto escludere, rispetto alle dichiarazioni
ivi previste, la sufficienza di un riscontro ab intrinseco, ai fini del loro impiego sul piano decisorio. Ciò che differenzia
queste "dichiarazioni" da ogni altra dichiarazione di prova, a cominciare dalle deposizioni testimoniali per le quali potrebbe
bastare un controllo limitato alla loro intrinseca attendibilità, quale si potrebbe operare sulla base delle caratteristiche delle
medesime e dei profili di credibilità soggettiva del testimone dichiarante, in quanto assunti dal giudice quali fattori di ordine
logico a conforto della propria valutazione di controllo, tanto in assenza di elementi probatori di segno opposto (cfr. infra).
374
collaboratore.41 L'art. 192/3 pone, insomma, l'esigenza di un riscontro ab extrinseco sulle dichiarazioni
del "coimputato", destinato ad aggiungersi necessariamente al controllo di natura intrinseca, che si
suppone già operato.
Il giudice, in conclusione, per quanto attiene al profilo della attendibilità c.d. estrinseca della
chiamata, dovrà appurare se sussistano, o meno, elementi obiettivi che la smentiscano e se la stessa sia
confermata da riscontri esterni di qualsiasi natura, rappresentativi o logici, dotati di tale consistenza da
resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall'accusato.42
Soltanto nel caso che questa duplice indagine abbia avuto un esito positivo sarà consentito concludere
che la chiamata di correità acquisisce la consistenza di una prova, alla pari di qualsiasi altra.43
__________________
In ciò si esprime quel particolare rigore nella motivazione che deve avere il giudice, e del quale s'è detto all'inizio. Particolare
rigore che va applicato alla prova costituita dalla chiamata del correo per esigenza che scaturisce da una massima di
esperienza già enucleata dalla giurisprudenza della Corte di legittimità sotto il codice abrogato (cfr. Cass. Sez. I,22 dicembre
1986, n. 4221, Alfano) e connaturata al dubbio che si può nutrire sull'assoluto disinteresse del chiamante in correità e alla sua
particolare posizione -anche processuale, all'atto dell'esame: artt.210,351,363,- ben distinta da quella del testimone e che se da un lato- lo sottrae al rischio di rendere dichiarazioni a sè sfavorevoli senza l'assistenza di una adeguata tutela -dall'altropuò, per converso, indurlo a coinvolgere terzi al fine di occultare o attenuare la sua effettiva responsabilità. "In questa
prospettiva è sufficiente una conferma ab extrinseco della credibilità della chiamata, considerata nel suo complesso,
attraverso una serie di riscontri che per numero, precisione e coerenza, siano idonei a confermare quanto meno le modalità
obiettive del fatto descritte dal chiamante, in modo da allontanare, a livello indiziario, il sospetto che costui (il chiamante:
n.d.r.) possa aver mentito." (cfr.in motivazione, cit. Sez. Un. 21 aprile-1 agosto 1995).
42
Cfr. Cass. Sez. Un. 21 aprile- 1 agosto 1995 cit., in motivazione e Cass. Sez. 6. 2 maggio-13 giugno 1996 n.6040.
43
Il "riscontro" -sia per la disposizione in commento, sia per quella del richiamato art.500 che del primo mutua letteralmente
la formula- si risolve, in definitiva, nella giustificazione che il giudice deve dare del perché attribuisce credito al
"collaborante processuale".
Pare alla Corte importante sottolineare questa caratteristica, di recente scolpita dalla dottrina.
In particolare, per l'art.500/4, sarà una spiegazione plausibile della divergenza della dichiarazione testimoniale
dibattimentale rispetto a quella resa in indagini preliminari: in base alle risultanze dibattimentali dovranno cioè apparire
comprensibili plausibili) le ragioni per le quali il testimone, una volta sentito in dibattimento, abbia modificato in tutto o in
parte il contenuto delle sue dichiarazioni. La legge però non dice se tale spiegazione possa essere o no desunta anche da
indici di attendibilità intrinseca della dichiarazione (riscontro c.d. intrinseco). oppure debba necessariamente far capo ad
elementi
diversi,
oggettivamente
esistenti
ed
acquisiti
agli
atti
(riscontro
c.d.
estrinseco).
375
In altre parole e per quanto più strettamente attiene il tema in discorso, la chiamata potrà essere
validamente assunta a fondamento della decisione solo si ci sono dei riscontri: quindi la esistenza di un
fatto non può esser dimostrata (regola di esclusione dalla sfera del convincimento o divieto) con la
semplice presa d'atto che esiste la dichiarazione di un chiamante in correità che lo conferma. Ciò
vuol dire che si il giudice non riesce a reperire, tra le altre risultanze processuali, elementi che
conferiscano -dall'esterno (ab extriseco) della chiamata- forza persuasiva alla chiamata stessa, deve
______________________________________________________________________
Certo è, comunque, che la regola del riscontro non può per definizione impedire l'ampio margine di opinabilità che
caratterizza la valutazione del giudice. La regola, infatti, si risolve -come si è detto sopra- in un mero criterio di
orientamento per il giudice che, in presenza di "difformità" deve spiegare le ragioni del contrasto e quindi giustificare la
scelta operata in termini di attendibilità dell'una piuttosto che dell'altra versione testimoniale.
Non diversamente si pone il problema per l'art.192/3: con la precisazione, in questo caso, che la spiegazione deve esser
ricondotta -per un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale- ad elementi di giudizio ricavati dall'esterno (ab
extrinseco) della dichiarazione del collaborante. Ma dal punto di vista funzionale e cioè nella prospettiva della sua operatività
concreta, questa Corte dà assolutamente per acquisito che la regola del riscontro per essa si risolve -secondo l'indirizzo
dottrinale e giurisprudenziale già richiamato, cui testualmente, adde Cass.Sez. I, 3 giugno 1993, De Tommasi, Ced. Cass. n.
198572- in un canone di corretta metodologia da osservare nella motivazione della presente decisione e concernente il
valore dimostrativo del mezzo di prova: il legislatore non prestabilisce, infatti, il valore dell'elemento di prova che deve
essere "riscontrato" (nel nostro caso: la chiamata di correità), ma si limita a prescrivere che, in presenza di tale elemento,
occorre seguire alcuni criteri nella valutazione di attendibilità (è questo, in sostanza, il discorso sulla motivazione intesa
come processo di giustificazione razionale illustrato da autorevole dottrina.
Ben diverso invece, è il caso in cui il legislatore fissa anche "in positivo" il valore da attribuire ad un determinato elemento di
prova: in questa ipotesi la valutazione probatoria è predeterminata, e la sfera del convincimento del giudice è ristretta al
massimo, dovendosi quest'ultimo limitare ad effettuare l'operazione di sussunzione del fatto concreto nella fattispecie
probatoria astratta prevista dal legislatore: una volta acquisita la prova e verificatene la corrispondenza rispetto allo schema
previsto dal legislatore, il giudice attribuisce a tale prova il valore prestabilito e decide di conseguenza, indipendentemente
dal suo personale convincimento circa l'attendibilità della prova assunta: ciò che può avvenire in sede civilistica. Ma non è
questa una ipotesi prospettabile in sede processuale-penalistica proprio per quel principio del "libero convincimento
giudiziale" sul quale la Corte si è volutamente più sopra intrattenuta).
E dunque, anche nell'art. 192/3 la legge si limita a fornire un criterio valutativo che il giudice deve osservare nella
motivazione del provvedimento, ma poi, per quanto riguarda il valore dimostrativo che in concreto il giudice attribuisce
ad un determinato mezzo di prova, è chiaro che egli si orienta in base al suo personale convincimento fondato sulla
interpretazione delle risultanze processuali, secondo quelle regole di esperienza tratte dal suo patrimonio conoscitivo e per
l'innanzi
richiamate.
376
espungere questa dal contesto degli elementi di conoscenza su cui fonderà il proprio convincimento,
anche se ritiene le dichiarazioni del chiamante intrinsecamente attendibili.44
E qui si impone -approfondendo il discorso- una serie di puntualizzazioni dei criteri valutativi
cui si atterrà questa Corte, sempre nella prospettiva di rendere chiarezza, in prima battuta e in via
generale e soprattutto ai fini e per gli effetti di un successivo rinvio (per così dire "recettizio"), nel senso
che questi criteri valutativi verranno dati per presupposti nella trattazione dei singoli capi di
incolpazione nel corso della esposizione "motiva" sulle diverse posizioni processuali interessate (e,
quindi, in una prospettiva di economia e di sintesi nella valutazione di ciascuna di esse).
* E' pacifico, anzitutto, che i riscontri possono essere di qualsiasi tipo e natura.45 Riscontro è
dunque qualsiasi elemento certo -oggettivo o soggettivo46 - e che non presenti carattere di ambiguità,47
desumibile dagli atti e che si ponga, logicamente, nella stessa direzione della chiamata in correità48;
qualsiasi dato di fatto autonomo, rispetto alla chiamata, la cui correlazione logica con la
__________________________
44
E' di tutta evidenza come questa interpretazione -che la Corte fa propria-porti già di per sè a delle gravi conseguenze sul
piano delle acquisizioni probatorie, poichè priva il giudice di conoscenze non altrimenti conseguibili quando i riscontri non
vengano trovati. E ciò non può non indurre a grande cautela nell'introdurre ulteriori condizioni limitative che
rischierebbero di porsi in insanabile contrasto con quel principio cardine del processo penale che si è ricordato esser quello
del " libero convincimento". L'assenza di riscontri, in ogni caso, non potrà mai risolversi -come pretenderebbe qualche
difensore- in una prova positiva di innocenza: si sarà in presenza unicamente di una prova (d'accusa) incompleta,
insufficiente, con conseguente adozione della relativa formula assolutoria dell'art..530/2 c.p.p.
45
Cfr. Sez. Un. 1 febbraio 1992, n. 1048 e cit. Sez.Un.3 febbraio 1990, Belli. La giurisprudenza è ormai pacifica in proposito.
46
Non è proponibile, come vorrebbe qualche difensore, in contrasto tuttavia anche con autorevole dottrina, una distinzione tra
i riscontri "oggettivi" e riscontri "soggettivi", del tipo di quella profilata da una certa giurisprudenza all'epoca del codice
abrogato, allo scopo di desumere che unicamente i primi (talora individuati, oltretutto, nelle sole prove reali) avrebbero di per
sè l'attitudine ad assolvere alla funzione corroborativa prevista dall'art. 192/3. E questo proprio per la latitudine e generosità
della formula legale.
47
Cfr. Cass. Sez. 6,8 gennaio 1996, n. 27, RV 204259. Naturalmente, non isolatamente considerato.
48
Cfr.
Cass.2
febbraio
1996
in
RV.204657
377
dichiarazione accusatoria ne rafforzi la credibilità49; qualsiasi elemento, sia materiale che logico50, non
proveniente dal propalante (ossia riconducibile a fatti esterni a quelle dichiarazioni51), da cui possa
trarsi il convincimento che egli è credibile allorchè riferisce il fatto delittuoso alla persona
dll'imputato che ha chiamato in causa52.
Qualsiasi elemento, data la latitudine della formula normativa, che sia fornito di forza
rappresentativa dell'attendibilità del "dichiarante" e che possa essere assunto -come si è detto per
l'innanzi- in un processo argomentativo volto a darne dimostrazione.53 Non si esige, in particolare, che
gli elementi di riscontro esterno presentino di per sè attitudine ad attestare il contenuto delle
dichiarazioni del collaborante, nè che siano plurimi (anche un solo riscontro può bastare) risultando
invece (necessario e) sufficiente la idoneità del dato utilizzato a produrre il necessario effetto
corroborativo - all'interno della ricostruzione probatoria operata dal giudice e puntualmente trasfusa in
motivazione- anche soltanto attraverso il collegamento, il raccordo
__________________
49
Cfr. da ultimo, cit. Cass. 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997,n.1157.
Cass. Sez.6, 17 febbraio 1996, n. 4108, RV. 204439:" I riscontri esterni possono essere sia rappresentativi che logici,
purchè dotati di tale consistenza da resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall'imputato. Si è inoltre
chiarito che essi non debbono consistere nè in una prova autonoma della consapevolezza del chiamato, il che
renderebbe superflua la chiamata correità, nè necessariamente concernere in modo diretto il "thema probandum", essendo
invece sufficiente che gli stessi si risolvano in una conferma anche indiretta delle dichiarazioni accusatorie, la quale però
consenta, per la sua consistenza, di dedurre in via logica, a mente dell'art. 192/3 c.p.p. l'attendibilità di tali fonti di prova. In
base a questo principio - applicato all'ipotesi della coesistenza di più chiamate di correità- deve desumersi che qualora un
coimputato od imputato per reati connessi rendano dichiarazioni plurime, l'integrazione probatoria di una di esse può anche
derivare dalla sussistenza di elementi di conferma riguardanti direttamente le altre, purchè sussistano ragioni idonee a
giustificare siffatto giudizio. E tali ragioni possono individuarsi nella stretta connessione risultante tra i fatti oggetto delle
dichiarazioni direttamente riscontrate e i fatti di cui alle ulteriori accuse, per essere, ad es., gli uni prodromi degli altri".
51
Circa la natura degli "altri elementi di prova", ovverossia dei "riscontri", quello della loro estraneità -intesa come
provenienza ab externo- rispetto alle dichiarazioni del collaborante, è l'unico dato che la
orma certamente richiede.
52
cfr. Cass. Sez.I n. 2968 cit. in motivazione
53
Si rammenti il richiamo fatto sopra all'art. 500/4, nella recente "lettura" della Consulta.
54
Considerata la mancanza di specifiche restrizioni e data la indeterminatezza dell'aggettivo "altri" (cfr.in motivazione, cit.
Sez. I, 30 gennaio 1992, Altadonna).
50
378
Con le dichiarazioni ritenute ex lege bisognose di conferma.55 Fermo restando che metro di
apprezzamento, in materia, resta la libera indagnie del giudice, non soggetta a canoni intermpretativi
speciali, una volta osservato il limite precettivo della comparata e congiunta valutazione della di
hiarazione con l'elemento di conforto e con ogni altra emergenza atta a sostenere, e, si badi bene, anche
a confutare, il risultato.56
L'incolpazione del c.d. pentito, in definitiva, deve apparire plausibile attraverso l'impiego di un
argomento (si rammenti quanto in proposito anticipato con riferiòmento alla motivazione) che abbia
riferimento a un dato, a una circostanza, che sia all'esterno della dichiarazione e del propalante, nel
senso che tale entità non deve esser reperita nella persona del dichiarante o nel contenuto del dichiarato.
A titolo esemplificativo sono state valorizzate dalla giurisprudenza57, in termini di efficaci
riscontri della rapportabilità di un fatto delittuoso al soggetto accusato:
-le analisi schietifiche di cose connesse col delitto.
-le ammissioni dell'accusato.
-le contraddizioni nelle quali l'accusato sia incorso.
-le sue dichiarazioni false o menzognere.
-la fuga dopo il delitto.
-la latitanza (prima che sia psiccato un provvedimento restrittivo).
-la partecipazione dell'accusato agli atti preparatori del delitto.
-la prossimità dell'accusato al luogo dove è stato commesso il delitto accopagnata da circostaze
inusuali.
-l'associazione con persone coinvolte con modalità tali da suggerire la partecipazione congiunta al
delitto.
-il possesso di strumenti probabilmente usati per commettere il reato.
-la non spiegabile disponibilità dei frutti del delitto.
-la deposizione di altri complici.
______________________________
55
Giacchè, se così non fosse, come del resto si è già anticipato, basterebbero i c.d. riscontri a sostenere il convincimento del
giudice, e non vi sarebbe bisogno di far necessariamente leva anche sulle dichiarazioni del coimputato.
56
In tal senso, testualmente, in motivazione, cit. Sez. I, 30 gennaio 1992, Altadonna.
57
Vedine la puntuale esemplificazione nella citata dec. Altadonna.
379
-le dichiarazioni precedentemente rese dal testimone o dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo
del P.M., che siano state utilizzate ex artt.500 e 503.58
-la ricognizione di cose59.
-gli accertamenti urgenti di P.G.60
-i legami esistenti tra l'accusato e altri soggetti appartenenti alla Organizzazione61.
-l'accertata dosponibilità di immobili dettagliatamente descritti come luoghi di consumazione di
reati62.
-un qualsiasi elemento che ricolleghi in qualche modo l'accusato al reato e quindi anche circostanze
di fatto che, isolatamente considerate, non avrebbero alcuna rilevanza accusatoria, ma che acquistano
tale valore se valutate complessivamente63 (come il ritrovamento di tracce di reato).
-i risultati tecnici delle riprese fotografiche o filmiche.64
Ed altri esempi si potrebbero aggiungere, sia in base a una più minuziosa rassegna della
giurisprudenza, sia procedendo per assimilazione o scorporazione e sottodistinzione, delle ipotesi
generali, in sottoipotesi aventi gli stessi elementi costitutivi. Anche, per ricordare un tema che hanno
affrontato molti difensori negandone radicalmente ogni portata probatoria, il riscontro offerto dalla
elencazione da parte del chiamante in correità, di una serie di elementi identificanti la persona
dell'incolpato (poi, magari, anche riconsosciuto in foto).
A questo proposito, anzitutto, non può sfuggire il primo criterio valutativo, che deve essere
quello dello "approccio narrativo" da
______________________________
58
In altri termini - seguendo una assai apprezzata dottrina - "...volendo esemplificare, se le precedenti dichiarazioni
dell'imputato possono venire legittimamente impiegate dal giudice per valutare in chiave critica la credibilità delle
dichiarazioni successivamente rese dall'imputato stesso durante l'esame dibattimentale, nell'ipotesi in cui quest'ultime
dichiarazioni risultimo di contenuto opposto rispetto a quelle provenienti dal coimputato sembra difficile negare che le prime
dichiarazioni - dopo esser state lette in udienza ai sensi dell'art.503/3- possano venire utilizzate ex adverso, nel momento
valutativo, anche al fine di corrobale l'attendibilità delle dichiarazioni del coimputato, tutte le volte in cui con esse risultino
concordanti".
59
Cass.Sez.3°, 21 marzo 1990. Aglieri
60
Ibidem
61
Cass-Sez. 4°, 7 maggio 1990, Pilo
62
Cass.Sez. 6°, 9 maggio 1990, Villafranca
63
Cass.Sez. I°, 29 ottobre 1990 e 18 gennaio 1991
64
Cit. Cass. Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1157.
380
parte del dichiarante, del tenore del discorso che introduce i c.d. dati "identificanti"dell'imcolpato (es.: il
solo nome, o il solo soprannome o "ngiuria", i dati somatici, quelli lavorativi, i mezzi di trasporto usati, i
personaggi cui si è accompagnato, i luoghi e le persone in ogni caso frequentate, le sue precedenti
esperienze giudiziarie ecc.).
In seconda battuta vanno poi passati in rassegna, in una considerazione complessiva, tutti gli
"elementi" (identificanti) ricordati. E non pare affatto alla Corte che possa o debba essere in ogni caso
minimizzato, svilito, questo apporto conoscitivo del "dichiarante, come quello che, chiunque, potrebbe
riferire, sol perché corrispondente a fatti storici obiettivi e più o meno facilmente acquisibili da
chiunque.65
Fatti i debiti "distinguo" (giacchè, anche in questo caso, ricca e assai varia e di diverso peso
probatorio può essere la casistica) una elementare considerazione di buon senso dovrebbe indurre, in
linea di massima, a ritenere:
-che gli elementi identificanti rivelano, anzitutto, che il "dichiarante" conosce l'incolpato;
-che quella conoscenza è tanto più approfondita, quanto più numerosi e "intimi" sono i particolari
riferiti;
-che una conoscenza "approfondita", in difetto di alternativa e plausibile spiegazione (giornali, comuna
attività lavorativa, parentela, amicizia, ecc.), può evocare una "frequentazione" tra accusato e suo
accusatore, l'esistenza di rapporti o relazioni personali tra di loro;
-che se detta "relazione" intercorre con una persona che delinque e fa del delitto lo stile della sua vita, il
suo "impiego lavorativo" (e magari l'incolpato non svolge attività lavorativa lecita), ciò può
___________________________
65
Non pare, in conclusione, operazione logicamente corretta e persuasiva quella svolta da taluni difensori nell'intento di
ridurre la portata probatoria dell'indicazione di talidati identificanti, "banalizzandoli" con esemplificazioni improponibili, del
tipo: se il dichiarante chiama in causa Tizioaccusandolo dia ver visto consumare un delitto nella p.zza de Duomo di Milano,
non lo si può condannare sulla base del ... riscontro che...il Duomo esiste! E' una esemplificazione negativa questa che, nella
sua elementarietà, prova troppo, mentre invece ben più articolato e complesso e tendenzialmente produttivo può essere, caso
per caso, l'argomentazione sulla somma e qualità e fonte dei dati conoscitivi esposti dal dichiarante.
381
ragionevolmente idurre a pensare che sia improntata all' "illecito" anche l'attività e la vita dell'incolpato;
-che se così è lecito pensare, l'area di illeceità che può connotare il "vissuto" dell'incolpato si colora di
una certa omogeneità di natura con quella posta in essere dal dichiarante.
Insomma, anche a questo proposito, non pare logicamente corretto scartare "a priori" -con
l'argomento di una pretesa o presunta "ovvietà"-la natura di riscontro anche a questa posssibile serie di
dati. Il giudizio, in definitiva, si carica di una attesa: che cioè da parte dell'incolpato provengano
"spiegazioni", "ipotesi alternative" a questa a lui svavorevole, che diano convincenteente conto con
l'acquisizione di quelle notizie (così come riferite dal "collaboratore") si sia operata del tutto al di fuori
dell'area dell'illecito.
Un riscontro esterno di carattere generale molto interessante - per la ragione che sicuramente si
segnalerà anche in questo procedimento per le più significative chiamate in correità- è stato individuato
dalla giurisprudenza recente nel fatto che: "...in nessun caso i collaboratori hanno chiamato in
correità un soggetto che non fosse stato in libertà nei giorni (del delitto: n.d.r.)", questa circostanza,
peraltro, secondo detti giudici, è di grande rilievo, in quanto "tale precisione sarebbe stata assolutamente
improbabile ove le accuse fossero state mosse da calunniatori, considerato che pressocchè impossibile
per un soggetto che faccia astrattamente indicazioni calunniose, ricordare alla perfezione il continuo
susseguirsi di periodi di libertà, di detenzione, etc., di oltre una decina di soggetti, inventare la
composizione dei gruppi di (partecipanti ai vari delitti: n.d.r.) per ogni (delitto:n.d.r.) nell'arco di circa
due anni senza incorrere in errore ed in modo tale da "infilare" (i delitti: n.d.r.) negli spazi di libertà
goduti dai destinatari delle loro calunnie". Mentre "imputato con maggiori periodi di restrizione della
libertà personale alle spalle, nei confronti dei quali, quindi, l'indicazione di date precise, disseminate in
un periodo di due anni, avrebbe presentato un altissimo tasso di rischio di errore, sono stati chiamati
in correità dal (collaboratore: n.d.r.) e dagli altri dichiaranti per molti episodi accaduti proprio nei loro
brevi periodi di libertà, laddove coimputati quasi sempre in libertà vengono viceversa chiamati in causa
per pochissimi episodi, anche
382
se, come sopra detto, ove il collabroante fosse stato mosso da intenti calunniatori, sarebbe stato più
facile approfittare di tali circostanze per caricarli di accuse senza rischiare la smentita del riscontro
negativo sullo stato di libertà degli accusati nei giorni (dei delitti: n.d.r.)"66
L'applicazione di tale criterio valutativo troverà sicuramente spazio e la pià cospicua
giustificazione e valorizzazione nel presente processo.
Come si può notare, in conclusione, gli elementi di riscontro coprono un'area indefinita e
vastissima.
L'esemplificazione di cui innanzi comunque è già sufficiente per individuare non solo altri
elementi oggettivi, ma anche elementi di contenuto diveros, come gli esperimenti giudiziali,
l'anomalia del comportamento dell'indiziato nel momento del delitto rispetto al comportamento
consueto, l'assenza dal luogo del lavoro e la mancanza di una indicazione precisa che escluda la
presenza sul luogo del delitto e così via.67
L'esemplificazione rivela ancora un altro aspetto importante segnalando che tutti gli elementi in
essa compresi, anche quelli attimenti al fatto storico, hanno potenziale capacità a rivelare collegamenti
del fatto con il soggetto accusato.68
*riscontro, in particolare e proseguendo nell'analisi, può poi certamente essere anche una
chiamata di correità o in reità69 (proveniente da uno o più altri imputati:70 e questo sarà frequente nel
presente processo) purchè questa, a sua volta sia giudicata
______________________________
66
Cit.Cass.Sez.2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1157, menzionata -come già si è detto- da molti e autorevoli difensori
come esemplare indicazione giurisprudenziale.
67
Cit. sentenza Altadonna.
68
Ibidem.
69
Proposizione questa assolutamente indubitabile, posto che l'art. 192/3 non specifica che gli "elementi di riscontro" debbano
essere di diversa natura rispetto a quelli di cui si cerca la conferma. Ove avesse inteso esigere una differenziazione di tipo
ontologico, infatti, nella legge si sarebbe dovuto perlomeno alludere a "diversi", anzichè ad "altri", elementi di conforto.
70
Ivi compresi, ovviamente, gli imputati di reato collegato a norma dell'art. 192/4.
383
(anche soltanto)71 intrinsecamente attendibile e significativa (e non importa se intervenuta
successivamente a quella da verificare72) in ordine al songolo fatto o al songolo imputato,73 non quindi
se sia giudicata già di per sè, per esempio, anche soltanto "dubbia"74.
Si parla, a questo riguardo, di chiamate c.d. "incrociate", di convergenza del molteplice (la c.d.
mutual corroboration).75 Ma è bene tenere distinta -sul piano teorico e pratico- l'ipotesi della
__________________________
71
Non è possibile infatti pretendere (contrariamente all'assunto di qualche difensore) che questa chiamata di riscontro abbia
già avuto, a sua volta, il beneficio della convalida a mezzo di altro elemento ad essa esterno, giacchè è evidente che, in tal
caso, si avrebbe già la prova desideerata e non sarebbe necessaria alcun'altra operazione di comparizione e di verifica (cfr. in
tal senso, testualmente in motivazine, la già citata dec Altadonna). Dopo un originario dissenso tra chi affermava che la
seconda chiamata dovesse a sua volta essere riscontrata estrinsecamente e chi riteneva, invece, che il carattere integrativo
implicasse la non necessità del riscoantro per la seconda chiamata, ferma restando l'autonomia strutturale della fonte, che
garantisse l'assenza di una convergenza concertata dall'accusa o di una convergenza altrimenti raggiunta (ad esempio: per
lettura di giornali), la giurisprudenza si è consolidata nel secondo orientamento (cfr., oltre alla decisione Altadonna citata,
anche Cass. 18 febbraio 1993, Capelli, e Cass. 6 febbraio 1992, Baraldo, Ced. 189867).
72
Così, testualmente in motivazione, la cit. dec. Altadonna: "...la struttura sistattica della formula legislativa eleva anche le
chiamate successive alla prima a termini di confronto dialettico, al fine di trovare ragioni per convalidarne l'attendibilità
intrinseca e, per conseguenza, porta a dover concludere che le ulteriori chiamate vanno òsicuramente a collocarsi allo stesso
livello probatorio di ogni altro diverso elemento di riscontro". Naturalmente, occorre che la successiva chiamata si riveli
proveniente da una fonte conoscitiva distinta dalla prima; perché altrimente sarebbe incapace, come tale, di offrire alternative
in senso confermativo o in senso negativo.
73
Non essendo in definitiva recuperabile una dichiarazione scarsamente attendibile di un collaborante grazie alla piena
attendibilità della dichiarazione di altro soggetto. Nessuna dichiarazione dei collaboranti può essere utilizzata se non sia
pienamente attendibile -e non importa se essa rigurada lo stesso fatto della precedente chiamata di correo, che abbia
coinvolto nel medesimo contesto i chiamanti: Cass. 15 febbraio 19965, n.2540 in RV.204580- perché come non può essere
utilmente suscettibile di riscontri, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non può essa costituire riscontro. In sostaza, una
dichiarazione di collaborante o è attendibile intrinsecamente o è tamquam non esset: tertium non datur: cit. Assise di
Catania).
74
Tenendo presente che, come già posto in rilievo: "...l'integrazione probatoria di una di esse può anche derivare dalla
sussistenza di elementi di conferna riguardanti direttamente le altre, purchè sussistano ragioni idonee a giustificare siffatto
giudizio. E tali ragioni possono individuarsi nella stretta connessione riultante tra i fatti oggetto delle dichiarazioni
direttamente riscontrate e i fatti di cui alle ulteriori accuse, per essere, ad es. gli uni prodromi degli altri" (cfr. Cass.n.4108/96,
RV 204439 cit.).
75
Giur. cons. Per tutte, v. Cass. Sez. 1. 10 giugno-7 agosto 1996, n.7758; Cass.n. 3070/96 cit. motivazione; Cass. Sez.6, 26
gennaio-17 luglio 1996, n.6308, Fiore e Cass. Sez.6, 12 gennaio 1995, Grippi in RV.200994.
384
chiamata di correità la cui "adprobatio" (intesa come "risulatato" di prova che riscuote l'approvazioneadesione del giudicante76) viene conseguita dal credito che essa (o meglio, il suo autore) ottiene da un
altro dichiarante (che, appunto, "accredita" -in qualsivoglia maniera- il primo) dalla ben diversa ipotesi
in cui, affianco, parallelamente alla prima "chiamata" se ne aggiunga un'altra, o più altre, ciascuna
delle quali possiede una autonoma affidabilità e, di conseguenza, forza probante.
In quest'ultimo caso, è più che evidente, ci si trova a cospetto non di una chiamata di correo cui per il riscontro ricevuto da altre- si riconosce il valore di una prova, ma di più prove, quante sono le
chiamate stesse.77
Nè, a condizionarne l'autonoma protata probatiroa, potrebbe essere il requisito di una loro pretesa
"contemporaneità". Anzi, men che screditarsi, si avvalorebbe la collaborazione successiva al
"pentimento" del primo dichiarante, ove risultasse che essa fosse stata suggerita da opportunismo o dalla
impossibilità di proseguire per la strada intrapresa senza correre il rischio di subire pesanti condanne. In
un caso siffatto -e se ne vedranno di analoghi nel presente procedimento-, è stato scritto: "E' chiaro,
infatti, che il rischio di essere smentiti (e di perdere o non ottenere i vantaggi processuali ai quali si
mirava) risultava particolarmente elevato nello stato avanzato delle indagini in cui ci si trovava in quel
momento, allorchè già si erano avute plurime chiamate di correo già costituenti ampia base per la ricerca
di riscontri e per la ricostruzione dei fatti in esame, rischio oltre tutto non giustificato da nessun altro
interesse o vantaggio concorrente, non emerso e neppure allegato nel corso della
___________________________
76
La chiamata di correo è prova nel senso che il giudice -a conclusione del proprio iter argonentativo condotto alla stregua
dei criteri interpretativi dell'art. 192- consente, aderisce, approva (da adprobatio) la attitudine dimostrativa della fonte (del
collaboratore processuale) e la capacità dimostrativa e di convincimento di cui è fornito l'elemento di prova (inteso come
esito della escussione della fonte).
77
Cass. Sez.4, 19 novembre-3 dicembre 1996, n.10372, Bonaventura: "Il contenuto precettivo dell'art. 192/3 significa che il
giudizio di colpevolezza può essere basato sulle dichiarazioni dei collaboranti purchè corredate da riscontri esterni, ma non
incide sulla disciplina generale della prova, nel senso che possono legittimamente fondare il giudizio di colpevolezza anche
gli elementi di riscontro, da soli, quando costituiscano di per sè prova piena." Con ciò si vuo dire, implicitamente, che
chiamata di correo e riscontro rientrano complementariamente in un giudizio "complesso" (donde la qualificazione della
prova in discorso come "complessa") solo allorchè il riscontro non abbia già di per se stesso dignità di rpova autonoma.
385
istruttoria dibattimentale. Non risultando, del resto, minimamente provate eventuali ragioni di
risentimento nei confronti degli imputati (accusati: n.d.r.)."78
*è necessario, comunque, in quest'ultima ipotesi, porsi il problema della piena autonomia nelle
loro dichiarazioni (ad esempio, che non vi siamo stati accordi calunniosi, accorta ispirazione da notizie
di stampa che possano in qualche modo aver orientato il racconto del collaborante79, od altro ancora80).
_______________________________
78
Così, in motivazione, la più volte citata -anche dai difensori- decisione della Sez.2° del S.C. in data 1 ottobre 1996-10
febbraio 1997, n.1157.
79
Non bastando, tuttavia, una generica affermazione di posssibile conoscenza dei fatti, da parte di chiunque (cfr. in
motivazione, Cass. cit. n.3070/96). E' questo il tema più volte dibattuto dai difensori: quello della c.d. circolarità della
prova. Ma va obiettato che, al di fuori di comprovate e specifiche ragioni di sengo opposto, non può essere sufficiente a
screditare le dichiarazioni di un (secondo) chiamante in rorreità il fatto che costui, raggiunto da un provvedimento di custodia
cautelare motivato con la deposizione del (primo) correo-"pentito" -e, quindi, inevitabilmente informato del contenuto della
sua deposizione- a sua volta decidesse di collaborare con l'A.G., fornendo informazioni (anche su terzi) coincidenti con
quelle del suo accusatore. Potremmo anzi dire che, sempre in via di principio: "è la contraddizione che non consente", posto
che, se il chiamato è indotto a collaborare (vale a dire: confessa e a sua volta chiama in causa gli altri correi), ciò significa,
anzitutto, che il primo "pentito" ha detto la verità. Diversamente, non si spiegherebbe l'atteggiamento processuale del
secondo "pentito". Se poi si oppongono dubbi su una certa "specularità" delle deposizioni dell'uno e dell'altro chiamato,
anche qui, se si tratta solo di narrazioni coincidenti nelle parti essenziali delle varie vicende delittuose su cui i collaboratori
sono chiamati a deporre, la ragione è sempre e inevitabilmente la stessa. Ma, al di là di questa ovvietà, vi sarebbe anche da
spiegare -segnatamente allorchè i contributi dei collaboratori in discussione si sostanziazzero in narrazioni di una miriade di
episodi delittuosi che si snodano in un percorso criminale di molti lustri, che occupa una deposizione di centinaia e centinaia
di pagine, con una molteplicità di dettagli
personali, storici, ambientali, ecc. - ebbene, se così fosse, e se, a cospetto di una tale messe di informazioni da parte di
entrambi ( o più) i " dichiaranti" si constatasse una sostanziale coincidenza di versioni sugli episodi nei quali, essi per primi,
dichiarano il loro diretto coinvolgimento, allora la credibilità rispettiva, lungi dal suscitare dubbi e perplessità, all'opposto
crescerebbe ulteriormente, per la - diremmo - umana impossibilità di " memorizzare" strumentalmente, dolosamente e
artatamente i dati riferiti. Il presente processo darà più occasioni per verificare questa situazione: il pensiero corre al
momento, e per esemplificare, a due - tre grossi collaboratori: MORABITO SAVERIO, AMANDINI MICHELE, INZAGHI
MARIO. A quest'ultimo, in particolare. Non solo: si vedrà poi più oltre che il loro tasso di credibilità sarà ancora più
consistente nella misura in cui, ciascuno - forte dei propri ricordi sugli episodi delittuosi comuni - lungi dall'appiattirsi sulla
posizione dell'altro - quasi ad avvalorare un credito che da questo dovesse scaturire, o ad accreditare di riflesso la (denunziata
da qualche difensore) ipotesi del " complotto" - insistono ciascuno sulla propria versione, intimamente convinti, ciascuno,
della propria verità ( si pensi, a questo proposito all'incontro CORNIGLIA, AMANDINI, MORABITO per
386
* non sfugge poi alla Corte il problema che consegue alla esistenza di possibili discrasie e
mancate corrispondenze fra le varie dichiarazioni rese dai c.d. pentiti. Ma avverte subito che tali
situazioni possono orientare esattamente in senso opposto a quello in ipotesi temuto.
Non è un caso, infatti, se il S.C. ha più volte avvertito che " l'esigenza che le plurime
dichiarazioni accusatorie di cui all'art. 192/3, per costituire riscontro l'una dell'altra, siano
______________________________________________________________________
i preliminari del sequestro di EVELINA CATTANEO, o alle quasi divertite " messe a punto" di INZAGHI a cospetto di certe
dichiarazioni di MORABITO).
E ancora: per sostenere la falsità del " molteplice", la ipotizzata e strumentale "collusione", occorre dare spiegazione
convincente in ordine a ciascun caso concreto.
Perché - ad esempio - non vi è dubbio che quando - nella variegata casistica di questo dibattimento - si constata che a esser
raggiunto dalle stesse plurime chiamate di correo è un personaggio " minore", nella costellazione criminale sottoposta al
giudizio della Corte (es. un D'ANGELO ANIELLO), un personaggio magari insignificante ( perché, ad es. ha fatto un solo
acquisto di droga, ma sono in più collaboranti a dirlo), allora occorre spiegare alla Corte quale possa esser il motivo di tale
fraudolento accordo, e se di tanto non si riesce a dare contezza, ne consegue un risultato esattamente opposto ( l'ulteriore
accreditamento dei dichiaranti"), che riverbera inevitabilmente i suoi effetti sull'intero scenario processuale.
E non si pone diversamente - vale a dire: deve fare i conti con le obiezioni testè esemplificatamente sviluppate - anche
l'argomento difensivo della c.d. circolarità della prova
80
Nel senso - per esempio - che le dichiarazioni dei collaboranti possano aver subito influenze reciproche, suggestioni o
condizionamenti, anche involontari, da parte degli inquirenti nel corso delle loro audizioni ( come ha adombrato la difesa di
BIFFI e MUFATO con specifico riferimento ai colloqui investigativi: v. oltre) o da parte dei loro difensori nel corso dei loro
colloqui ( nell'ipotesi - che nel presente processo non si è tuttavia verificata - che vi siano stati difensori comuni e che,
quindi, nell'esercizio del loro incarico defensivo essi abbiano potuto, anche inconsapevolmente, fare capire ad ognuno di essi
quello che ha dichiarato l'altro). Naturalmente, non basta insinuare il sospetto, proporre l'ipotesi astratta che l'evento temuto
si sia in effetti verificato: il processo non si fa su ipotesi astratte, ma su fatti concreti e, in questo caso, che quanto meno
rendano verosimile quanto adombrato. Diversamente, si tratta solo di "tattica" difensiva che non potrà ricevere dalla Corte
nessun avallo, neppure di quel dubbio che legittimi la relativa formula assolutoria dell'art. 530/2. Assolutamente condivisibile
è dunque quanto insegna, a questo questo riguardo, anche la più volte ricordata (dai difensori, sia pure per altri profili di
diritto) recente decisione della S.C. (Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n. 1157, PAGANO e altri , in motivazione): e
cioè che devono essere prospettate " fondate ragioni" per " temere che la convergenza stessa sia o possa essere il frutto di
collusioni o comunque di reciproche influenze tra i dichiaranti." (cfr. anche Cass. Sez. 1°, 16 ottobre 1990, ANDRAOUS ivi
citata). Nel Capitolo 4° - analizzando le modalità delle scelte collaborative dei principali "dichiaranti" di questo processo - si
darà dimostrazione di come sia improponibile l'ipotesi di una loro collusione in danno dei coimputati.
387
convergenti, non può implicare la necessità di una loro totale e perfetta sovrapponibilità ( la quale, anzi,
a ben vedere, potrebbe essa stessa costituire motivo, talvolta, di sospetto 81), dovendosi al contrario
ritenere necessaria solo la concordanza sugli elementi essenziali del thema probandum, fermo restando
il potere- dovere del giudice di esaminare criticamente gli eventuali elementi di discrasia, onde
verificare se gli stessi siano o meno da considerarsi rivelatori di intese fraudolente o, quanto meno, di
suggestioni o condizionamenti di qualsivoglia natura, suscettibili di inficiare il valore della suddetta
concordanza."82
Necessario, piuttosto, è che la mancata corrispondenza di taluni aspetti del fatto riferito non
travolga il fondamentale nucleo di convergenza delle dichiarazioni, nel senso che l'aspetto qualitativo
e quantitativo delle circostanze conformemente riferite, non solo investa gli aspetti peculiari del fatto di
delitto, ma ne individui le modalità essenziali e i compartecipi, in sostanziale concordanza con gli esiti
delle indagini di P.G.83
* Il riscontro esterno non è la prova autonoma della responsabilità dell'imputato. Lo si è
già anticipato, ma merita d'esser ribadito qui per conseguenze erronee che possono derivare da una
inesatta o incompleta messa a punto della questione.84
In altre parole, i riscontri non devono possedere di per sè idoneità probatoria rispetto al fatto
di accertare. Essi sono soltanto criteri di valutazione, indici rivelatori della attendibilità del dichiarante.
" Prova" e "riscontro" sono concetti ontologicamente diversi : vi sono processi di prove, non processi
di riscontri. E questi possono essere tratti dal materiale probatorio, possono desumersi sia dai dati
obiettivi, sia da dichiarazioni di testimoni o di coimputati o dello stesso accusato, purchè siano idonei a
far verificare aliunde l'attendibilità dell'accusa e senza che debbano afferire direttamente al fatto reato, il c.d. thema probandum.85
_________________
81
La discordanza è stata addirittura considerata " indice della autonomia di una dichiarazione dall'altra e del non
appiattimento di un pentito sul racconto dell'altro": cit. Cass. Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n. 1157.
82
Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996 n. 3070 cit. e ivi precedenti.
83
Cfr. cit. dec. Cass. n. 3070.
84
Cfr. anche nelle note che precedono.
85
Cfr. Cass. n. 3902/91, RV. 187187 cit. e, più recentemente, Cass. Sez. 2° , 29 ottobre - 28 novembre 1996, n. 10249,
TOTARO : Cass. n. 4108/96 RV. 204439 cit., Cass. 13 giugno 1996, n. 6040, BIANCO cit. In questa prospettiva, sono state
considerate circostanze realmente estrinseche, che corroborano le dichiarazioni dei collaboratori, sia (quelle
388
* altra puntualizzazione va fatta con riferimento alla indicazione di reità, nel senso che la
convergenza del molteplice tra dichiarazioni di reità del relato appare difficilmente ipotizzabile.
Questo perché il riscontri devono essere quanto mai obiettivi e certi e tali non sono - per
definizione - le dichiarazioni del relato, non essendo logicamente ammissibile che sia attribuita funzione
verificatrice della certezza di un fatto ad un elemento del quale, a sua volta, dovrebbe esser verificata la
certezza.
* ulteriore particolare attenzione - per la maggior forza argomentativa posseduta - la Corte
riserverà poi ai riscontri c.d. "qualificati" dai quali può esser assistita la specifica narrazione del singolo
episodio.
Tali sono quei riscontri che dimostrano come le dichiarazioni rese possono provenire solo da chi ebbe a
partecipare o ad assistere al fatto narrato o ebbe comunque come fonte di conoscenza
necessariamente chi partecipò o assistette al fatto narrato.
Con questo si vuol sottolineare che i riscontri sul singolo episodio narrato o sul singolo
chiamato in reità o correità dovranno essere il più possibile valorizzati non solo ed ovviamente per
verificare la rispondenza al vero di quanto narrato dal collaboratore, ma soprattutto per ricercare la
presenza di quegli indici che confermino l'effettiva partecipazione o presenza al fatto del
collaboratore o della fonte di questi.
Con la presente accortezza: ovvero che - contrariamente a quanto qualche difensore ha sostenuto, ma
invece l'esperienza professionale ( e anche comune) insegna - con riferimento ai riscontri sul singolo
episodio narrato assume decisiva importanza la caratteristica dell'episodio stesso: così mentre con
riferimento a reati quali ad esempio i sequestri di persona o gli omicidi la ricerca del riscontro al fatto
appare più agevole trattandosi di episodi ricostruibili attraverso vari elementi di prova (testimonianze,
______________________________________________________________________
riferite: n.d.r.) circa particolari fatti caratterizzanti la vita della vittima, sia circa la accertata veridicità di situazioni, luoghi e
fatti di quella dei referenti, in ordine all'apprendimento delle notizie offerte in giudizio." (cfr. Cass. Sez. 1, dec. n. 3070/96
cit.).
389
dichiarazioni del sequestrato, rinvenimento del cadavere ecc.), rispetto ad altri reati e segnatamente
rispetto all'acquisto ed alla cessione di sostanze stupefacenti, la pretesa di ricercare specifici riscontri (
segnatamente obiettivi) al fatto appare pressocchè assurda trattandosi di episodi che, a parte l'ipotesi
della sorpresa in flagranza, non lasciano normalmente alcuna traccia che ne permetta la compiuta
ricostruzione; in questo ultimo caso assume valore decisivo il giudizio di generale affidabilità
probatoria del collaboratore nonché elementi di riscontro per specifici, ma per così dire più
lontani dal singolo fatto.
Onde, proprio con riferimento al traffico di droga dovrà farsi riferimento ad altri parametri e
potrà, in particolare, assumere valore decisivo di riscontro specifico il comprovato contesto di una
generale attività di spaccio realizzata in una determinata zona e nella quale è stato comprovatamente
coinvolto il collaboratore, di modo che se le dichiarazioni del collaboratore dimostrano, per i particolari
riferiti, un effettivo rapporto di conoscenza e frequentazione con la persona indicata come sistematico
acquirente dello stupefacente e se non esiste alcun elemento indicativo di una volontà calunniosa, in
presenza di una chiamata proveniente da un collaboratore del quale è stata provata la generale
attendibilità, ben può tale chiamata in correità fondare un quadro non solo di gravi indizi di
colpevolezza, ma anche di penale responsabilità. E ciò tanto più nel caso in cui il coinvolgimento di
traffici di stupefacenti del chiamato risulti provato, ad esempio, da intervenute sentenze di condanna,
da condizioni patrimoniali del tutto ingiustificate a cospetto della apparente o reale attività lavorativa
dello stesso, o da altri elementi significativi.
* se, infine e sempre in generale, il riscontro esterno debba esser per così dire
"individualizzante" la Corte anticipa che si atterrà al seguente criterio.
Posto che detta tematica attiene (segnatamente, ma non esclusivamente) alla c.d. chiamata di
correo plurima, sia "soggettiva" ( più persone incolpate dal " collaboratore"), sia " oggettiva" ( più
fatti di reato attribuiti allo stesso incolpato), rileva preliminarmente questa Corte che è ad essa noto
come,
sul
punto
e
390
per quanto riguarda la valutazione della chiamata di correo ai fini della sentenza di condanna, si
registrino sia decisioni che assumono una necessaria correlazione fra riscontri obiettivi e posizione
soggettiva dell'imputato86, sia pronuncie che - in ossequio al principio del libero convincimento del
giudice - ritengono sufficiente che dal riscontro esterno derivi un generale, complessiva attendibilità
della chiamata.87
Donde, nel primo caso, l'esigenza che i riscontri esterni, gli elementi di conferma, debbano
riguardare direttamente la persona dell'incolpato e lo specifico fatto che gli si addebita e
conseguentemente, nell'ipotesi di chiamata plurima, l'esigenza che il c.d. riscontro individualizzante
debba concernere ogni singolo fatto - nel caso in cui il chiamante attribuisca a uno stesso soggetto la
responsabilità di più episodi criminosi - ovvero ogni singolo imputato, nell'ipotesi di accusa diretta a
più soggetti.
Mentre secondo la tesi opposta, il principio del libero convincimento del giudice ( che, in
qualche misura, già subisce il limite derivante dal canone valutativo in discorso, il quale vieta al giudice
di porre a base della sua decisione la sola dichiarazione del chiamante, priva di riscontri) riemergerebbe
in tutto il suo vigore proprio in ordine alla valutazione dei più volte citati " elementi di prova", della loro
idoneità e sufficienza a confermare ab extrinseco l'attendibilità della chiamata, indipendentemente dalla
presenza o meno in essi di profili individualizzanti, della capacità, cioè, dell'elemento di prova di
collegare il fatto criminoso con l'asserito colpevole.88 Tale orientamento, di conseguenza, "si
accontenta" del
________________
86
Cfr. la più volte citata Cass. Sez. 2° , 1 ottobre - 10 febbraio 1997, n. 1157; Sez. 1°, 15 novembre - 3 dicembre 1996, n.
1038, LOCOROTONDO e altri; Cass. Sez. 1, 30 gennaio 1992, ALTADONNA; Sez. 1, 24 ottobre 1990, FRANZA; Sez. 1,
30 aprile 1990, LUCCHESE; Sez. 1, 19 febbraio 1990, PESCE.
87
Cass. cit. n. 10249/96; Cass. Sez. 4, 11 maggio 1993, AMEGLIO; Sez. 6, 23 aprile 1992, SORMAI; Sez. 5, 19 marzo
1991, MEMMO; Sez. 1, 25 giugno 1990; BARBATO; Sez. 5, 15 giugno 1990 cit.; Sez. 5, 28 maggio 1990, MOSCHETTI;
Sez. 5, 2 marzo 1990, ACHILLI.
88
Cosa che contrasterebbe, si sostiene, col sistema, il quale ruota attorno al principio della legalità della prova e rifiuta quello
della prova legale, vale a dire con predeterminato tasso di idoneità dimostrativa. Introdurre, quale riscontro idoneo a
confortare la chiamata, un elemento individualizzante, significherebbe - secondo tale orientamento dottrinale e
giurisprudenziale - introdurre nel processo un riscontro "tipizzato per legge" il quale finirebbe praticamente col vanificare
gli effetti della citata dec. n. 255/92 della Corte costituzionale. Il voler rendere la regola di giudizio fissata nell'art. 192 ( che,
come
detto,
già
vieta
al
giudice
di
porre
a
base
della
decisione
391
riscontro concernente una singola posizione, ovvero uno solo dei fatti per poi, in virtù di una sorta di
proprietà transitiva o espansiva dell'effetto probatorio conseguito su tali dati (soggettivi o oggettivi),
estendere e ricomprendere in quel risultato anche le altre posizioni o gli altri fatti di reato.89
Ciò premesso, ritiene questa Corte di seguire l'indirizzo per c.d. più garantista sul tema in
discorso, con qualche temperamento che, da una parte eviti di cadere nella tentazione di una lettura
dell'art. 192/3 che finisca per vanificare il principio cardine del processo penale più volte richiamato:
quello del "libero convincimento" e, dall'altra parte, si tenga parimenti distante dalla tentazione di una
utilizzazione plurivalente, totalizzante del riscontro, che consenta una fruizione onnicomprensiva
dell'apporto gnoseologico del dichiarante.
Per esemplificare, anche a questo proposito: è difficilmente negabile che il riscontro sul fatto
storico ( per es.: su un episodio di omicidio) si ponga su un piano comunque diverso rispetto
all'ulteriore riscontro quanto alle persone degli imputati che si vuole esserne stati protagonisti, ben
potendosi prospettare l'eventualità che il "pentito", veritiero sul fatto, non lo sia stato sulle persone da lui
accusate. Oppure che, in tutta buona fede, si sia sbagliato ( per le ragioni più varie).
Ma non può del pari negarsi che "... l'ulteriore elemento indivualizzante deve tener conto
dell'esito positivo di quello afferente al fatto, perché, se non altro, rafforzativo della attendibilità
intrinseca del dichiarante, destinata inevitabilmente a proiettarsi in
_____________________________________________________________________
la sola dichiarazione del chiamante, priva di riscontri) ancora più rigida, esigendo in ogni caso tra i riscontri esterni anche
quello individualizzante, condurrebbe ad una interpretazione del comma 3 dell'art. 192 in contrasto con i principi
costituzionali di ragionevolezza, di obbligatorietà dell'azione penale e di legalità ( artt. 3, 24/1 e 25/2 Cost.). Secondo la tesi
in rassegna, in conclusione, è privo di ragionevole giustificazione il voler calare nella regola di giudizio di cui si discute una
ulteriore regola quale quella di ricercare, in ogni caso, l'elemento caratterizzato dal riferimento ad personam: sarebbe un
limite arbitrario al principio del libero convincimento e si risolverebbe in una inammissibile compressione dei poteri di
cognizione del giudice nell'esercizio della giurisdizione.
89
Decisamente contrastante con questo indirizzo interpretativo è la recente e più volte citata decisione n. 1157/97 che gran
parte dei difensori ha ricordato, anche se solo sotto questo profilo e non per altri del pari interessanti e menzionati nelle
pagine che precedono.
392
senso favorevole sul secondo esame, che può dunque prospettarsi anche in termini di meno rigoroso
impegno dimostrativo. Se è vero, difatti, che l'attendibilità intrinseca e quella estrinseca vanno poste
sul piano di un reciproco bilanciamento (e, dunque, tanto maggiore e più agevolmente ottenibile è
l'accredito dell'una, in funzione del più convincente accertamento dell'altra), è intuitivo che all'ottenuto
riscontro sul fatto possa seguire quello dei protagonisti indicati in termini valorizzati anche da elementi
indiretti, purchè esterni e provvisti di complementare efficacia probatoria." 90
In altre parole, non può non esservi un rapporto di integrazione tra chiamata di correo e elemento di
contorno rafforzativo, di tal che quanto più è dettagliato e preciso l'elemento principale, tanto meno è
rilevante, e tanto meno rigoroso può essere l'elemento sussidiario, e viceversa.
Sotto questo riguardo, sempre per esemplificare (ma non a caso, perché le pagine che seguono
daranno ragione di ciò), non pare revocabile in dubbio che la chiamata de auditu o de relato richiederà
un riscontro integrativo ben più solido e rigoroso (di quello esigibile per la chiamata "diretta"), e questo
non solo perché essa dovrà esser controllata anche in relazione alla fonte originaria dell'accusa.
In definitiva, ciò che non deve accadere - e che la giurisprudenza e dottrina più rigorose
giustamente esigono - è che non si pervenga a un accertamento giudiziale su basi possibilistiche, ovvero
che non si introduca una valutazione meramente possibilistica dell'efficacia dimostrativa della prova.
Prova che, tuttavia - va tenuto presente - non potrà mai esser "matematica", quasi che le condotte umane
a ciò si prestassero, come se fossero riproducibili e "sperimentabili" e quindi tecnicamente verificabili,
siccome accade in ambiti scientifici. In tal senso, la "certezza" del convincimento giudiziario, fuor di
ogni ipocrisia, soffre certamente e inevitabilmente dei grossi limiti.91 Ma resta del pari indubbiamente
vero che essa
________________________________
90
Così testualmente, citata dec. Altadonna
Sulla non "scientificità" della conoscenza processuale e sulla analisi delle regole che la presiedono, rinviamo alle prime pagine del
presente capitolo, ricordando, con uno dei più illustri studiosi contemporanei del processo penale, come quella "esperienza" che sta alla
base di quelle "regole", altro non sia che la sola constatazione - nella misura dello id quod plerumque accidit - che le aioni dell'uomo si
svolgono secondo certe cadenze, seguono e si ripetono secondo un "ordine" che le legge della psicologia,
91
393
non può neppure esser surrogata da un automatismo fondato su mera presunzione, per quanto
concerne la porzione di fatto storico o la persona che non siano stati neanche lambiti dai riscontri
afferenti gli altri profili della vicenda penale. E ciò, come è stato giustamente affermato, in omaggio ai
principi del giusto processo e della responsabilità penale individuale, che mal si conciliano con un
accertamento di responsabilità per traslazione.
In sostanza, ritiene questa Corte, l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale che valorizza il
riscontro c.d. individualizzante è espressione della esigenza di un particolare rigore dimostrativo
dell'attendibilità specifica complessiva del chiamante in correità e reità. Una avvertenza, questa, che si
segnala soprattutto quando si sia in presenza di una chiamata plurima (oggettiva o soggettiva). Nel senso
che deve esser sempre rivenuto, all'esterno della chiamata, anche un collegamento (di qualsiasi tipo e
natura: diretto o indiretto, logico o di fatto) tra il fatto di reato (eventualmente ulteriore) o il soggetto
(eventualmente ulteriore) incolpato e sui quali si discute. Non certo, va detto con estrema chiarezza, una
prova autonoma della responsabilità del chiamato (o della esistenza del reato), poichè ciò equivarrebbe a
negare in pratica il valore di prova pacificamente attribuibile alla chiamata stessa.
Soddisfacente, allora, riguardo il tema in argomento, pare alla Corte anche l'approdo ermeneutico
di una recente decisione della Corte di legittimità, secondo la quale, in relazione ad ipotesi di chiamata
plurima oggettiva (cioè concernente, come si è precisato sopra, più fatti a carico della stessa persona),
resta possibile "sul piano logico" e "in mancanza di elementi contrari", una "valutazione unitaria della
chiamata", a condizione che i delitti siano della stessa specie e siano commessi nello stesso contesto o in
contesti analoghi. Cioè, si ammette un principio di integrazione probatoria in via logica per i fatti di
reato non specificamente corroborati.92 E pare allora
________________________________________
fisiologia, economia ci aiutano a capire: di modo che, data una certa azione, noi possiamo formulare un giudizio di rilevante probabilità su
quella che l'ha preceduta e sulle altre che la seguiranno.
92
Cass. Sez.2, 1-21 marzo 1996, n.2968, ove, in motivazione si legge: "Nè può esser condivisa la motivazione della sentenza di primo
grado che ha ritenuto utilizzabile la chiamata di correo in base alla considerazione che, essendo la sussistenza del fatto e la partecipazione
degli
altri
imputati
riscontrata
da
un
complesso
di
elementi
oggettivi
394
ragionavole ritenere che il margine di opinabilità del "decisum" si riduca in tal modo, e in casi analoghi,
a porzioni umanamente accettabili.
Sembra poi alla Corte che tale recente indirizzo giurisprudenziale si accordi anche con quella
esigenza spesso correttamente avvertita (e sopra ricordata) che a una congrua ricostruzione delle
modalità obiettive del fatto di reato (come quella effettuata sulla scorta delle dichiarazioni del "pentito")
tale da conferire piena attendibilità al dichiarante, si accompagni - come anticipato - un elemento (anche
indiretto) che consenta di risalire al coinvolgimento in esso del singolo imputato.93 Certo, data la
______________________________________
esterni, poteva logicamente ritenersi riscontrata anche a chiamata nei confronti di STRANGIO. Al riguardo va rilevato che se tale inferenza
appare ammissibile nell'ambito della stessa posizione soggettiva, nel senso che se ad una persona sono attribuiti una pluralità di fatti, il
riscontro concernente uno, o più di essi, può sul piano logico far ritenere riscontrata in virtù di una unitaria valutazione anche gli altri fatti
oggetto della medesima dichiarazione, non altrettanto legittimo appare, invece, ritenere che tale inferenza sia possibile nel caso di un'unica
accusa rivolta a più persone. Va rilevato infatti che, se anche la dichiarazione è unica, ogni accusa costituisce un fatto delittuoso autonomo
riferibile a un determinato soggetto, per cui il riscontro dove riguardare sia il fatto che il soggetto. Orbene, se nell'ambito della stessa
dichiarazione contenente più accuse nei confronti della stessa persona può non ritenersi necessario un riscontro individualizzabile per ogni
singolo fatto in considerazione che in forza di una valutazione complessiva e in mancanza di elementi contrari, può logicamente ritenersi
che l'autore di un determinato delitto possa essere anche l'autore di delitti della stessa specie, commessi nello stesso contesto o in contesti
analoghi, non può, invece, mai utilizzarsi il riscontro positivo che riguarda una determinata persona quale riscontro nei confronti di persona
diversa. Trattandosi, infatti, di entità autonome e separate, la estensione ad una persona degli elementi individualizzanti relativi ad altra
costituirebbe una operazione priva di logico fondamento." Nello stesso senso cfr. Cass.Sez.6, 24.1.91, Poli, in Cass. pen.91,867,
Cass.13.6.96, BIANCO.
93
Proprio in questo, a ben vedere, è stata individuata la "novità" introdotta dall'art.192/3: che nel richiedere un riscontro ab externo
dell'attendibilità del "dichiarante" (ciò che avrebbe finito per corrispondere ad un particolare aspetto del controllo di attendibilità
intrinseca) ha preteso che il suddetto riscontro fosse tale da coprire anche l'area del "dichiarato": cioè il contenuto delle dichiarazioni del
coimputato, inclusa la parte di esse che collega il fatto all'incolpato. In altre parole, non si ritiene sufficiente, nei confronti di ciascuno dei
soggetti incolpati, un riscontro diretto a suffragare soltanto in via generale l'attendibilità delle dichiarazioni complessivamente rese dal
"chiamante", qualora non ne risulti in qualche modo confermato anche l'addebito rivolto da quest'ultimo ad uno o più dei medesimi
soggetti. Restando comunque indiscutibile che, su quest'ultimo versante, riprende vigore la logica del libero convincimento, che si
esprimerà anzitutto nella verifica circa la concreta attitudine degli ulteriori "elementi di prova" - indicati dalla P.A. e processualmente
disponibili
ad
assolvere
alla
funzione
corroborativa
prevista
dalla
legge.
395
richiamata latitudine del concetto di riscontro, deve ammettersi che sarà sufficiente in proposito un
qualsiasi dato (le relazioni personali col collaboratore o con altri correi di accertata responsabilità, i
particolari rapporti tra vittima e imputato che forniscono una spiegazione plausibile sulla riconduzione
del delitto al chiamato in correità, la partecipazione dell'incolpato ad altri analoghi episodi delittuosi, la
comprovata filosofia di vita delittuosa del medesimo, il suo tenore di vita, le sue accertate e
ingiustificate potenzialità di reddito, ecc.) che in qualche modo accrediti il dichiarante nella parte in cui
collega l'imputato alla commissione di un determinato reato e, per converso, non si rilevino specifici
elementi probatori di segno opposto e di obiettivo contrasto.
Naturalmente, per questo aspetto del problema, a una sorta di apparente affievolimento del ruolo
individualizzante del riscontro, fa da contrappeso una più incisiva valorizzazione della accertata
credibilità intrinseca del chiamante in correità, nella misura in cui, non solo resta improponibile
l'ipotesi astratta di intenti calunniosi, di odi o rancori da parte del collaborante, ma è lo stesso
incolpato a dichiararsi non in grado di proporre, credibilmente (vale a dire sulla scorta anche di un
qualche minimo elemento indiziario o logico) "ipotesi alternative"94 a quella che conduce ad esso
come responsabile del fatto che gli si attribuisce.
Anche: in questa prospettiva, non potrà essere indifferente la forza probante che intuibilmente
può derivare dall'alto livello di credito che, in generale, il collaboratore può aver riscosso in questo
come in dibattimenti paralleli, o la circostanza che (per le persone incolpate) vi siano stati (per lo stesso
fatto di reato) correi che abbiano ammesso la loro responsabilità, o la constatazione che (andando al
settore "droga"), non pochi dei nominativi "in codice" segnati nella contabilità del gruppo criminale (si
pensi alle famose "agende" di INZAGHI o del FERRARO) siano stati correttamente decrittati e i
personaggi così identificati abbiano poi anch'esso confessato.
_____________________________________________________
In altri termini, il principio del libero convincimento - è stato ben detto in dottrina - che in un certo senso subisce il limite legale derivante
dal necessario riferimento agli "elementi di riscontro", "...torna ad emergere proprio in ordine alla valutazione di tali elementi, dal
particolare punto di vista della loro ideneità e della loro sufficienza a confermare ab extrinseco l'attendibilità delle suddette dichiarazioni."
94
Vedi
"funditus",
in
proposito,
il
Capitolo
5°
396
* la chiamata in correità - una volta che abbia assunto dignità di prova - può, come si è già anticipato e
dimostrato, da sola e per la sua solida consistenza, costituire fonte sufficiente per l'affermazione
della penale responsabilità del chiamato.
A tale conclusione non pare possa ragionevolmente opporsi alcun serio argomento. Solo alcune
considerazioni aggiuntive.
Si è già detto, a proposito della testimonianza, che il giudice può ritenere che sussista il fatto
riferito dal teste solo perché questi glielo rappresenta.
Tale principio (enucleabile nel vecchio codice di rito dall'art. 348) si ricava dal combinato disposto degli
artt. 196/1 (per il quale "ogni persona ha la capacità di testimoniare"), e 194/1 (il quale dispone che "il
testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova."). Poichè nulla è detto sui modi con
cui il giudice deve valutare la credibilità del teste (che non sia de relatio) e trovando quindi applicazione
la norma generale espressa dall'art. 192/1, ne discende che ogni persona (ad eccezione di quelle
espressamente escluse) è idonea a riferire "sui fatti ....oggetto di prova" (che poi sono i "fatti che si
riferiscono alla imputazione": art.187) e che il giudice può crederle o non crederle, ma per non
crederle deve avere una precisa ragione.
E la giurisprudenza pacificamente riconosce che l'accusa proveniente anche da uno solo teste
(addirittura anche se si tratti della parte lesa o della parte civile95) può costituire da sola una valida base
di prova nel convincimento del giudice, quando proviene da una fonte, che in una valutazione globale e
complessiva di tutte le circostanze che ne accompagnino l'espressione, possa ritenersi attendibile.96
E non si vede perché - considerato anche quanto testè riferito nell'esame parallelo delle due realtà
processuali (testimonianza e
__________________________________________________
95
Giurisprudenza costante: fra le tante, Sez.6, 17 marzo 1988, DI SALVO; Sez.6, 17 marzo 1987, DEL ROSSO. Questo
nonostante siano certamente interessati, sia l'una che l'altra adun ben determinato esito del processo, la prima per motivi di
carattere psicologico, la seconda di ordine patrimoniale.
96
Cass.Sez.2,23 settembre 1988, ROMANO, Sez. 1,7 febbraio 1984, DI NANNI; Sez.3, 14 gennaio 1983, VISENTIN; Sez.
5,27
gennaio
1980,
VENTURI.
397
chiamata di correo) - non si possa affermare la stessa cosa per la chiamata in correità o reità una volta
che essa abbia superato il rigoroso vaglio di attendibilità che si è sopra dettagliatamente descritto.97
-----0-----
Restano solo alcune rapide notazioni finali, in qualche modo di carattere psicologico, di
psicologia "spicciola" ben s'intende (e pur tuttavia - forse - non inutili), senza alcuna pretesa di
invasione di campi riservati ad altri ben più autorevoli commentatori. Notazioni, se si vuole, di comune
esperienza, sui meccanismi mnestici, sulla capacità di fissazione del ricordo, che possono rendere
ragione di certe lacune, di certe dimenticanze di questo o quell'altro "dichiarante". Oppure della
straordinaria limpidezza con la quale un certo particolare, apparentemente privo di capacità suggestiva,
emerge invece sorprendentemente nella memoria di taluno. Rilievi cui si è sollecitati da assai pertinenti
osservazioni del P.M., che gli stessi difensori han mostrato di pienamente condividere.
Il meccanismo del ricordo non agisce, per tutti e per ogni tipo di evento, nello stesso modo.
_________________________________________
97
Non è chi non veda, infatti, come sarebbe assolutamente irragionevole l'operato di chi, da un lato, ritenesse la parola del
teste-parte lesa o del teste-parte civile idonea a costituire anche da sola prova di colpevolezza, nonostante il riconosciuto loro
interesse alla punizione dell'imputato, e dell'altro, in una situazione che certamente giustifica minori sospetti, vuoi perché il
chiamante in correità non è per definizione in conflitto di interessi con l'incolpato (normalmente infatti è un soggetto che, in
relazione a un determinato fatto di reato, prima di accusare un terzo accusa se stesso e inoltre ha superato la verifica di
attendibilità intrinseca), vuoi perché potrà trarre concreti vantaggi dalla sua collaborazione soltanto se questa risulterà
veridica, fosse così rigoroso nella verifica dell'attendibilità della fonte probatoria da richiedere, non solo il riscontro ab
extrinseco della chiamata, già non necessario nel primo caso, ma che questa - sia pur in tal modo saggiata - debba essere
accompagnata ad altra prova a carico dell'incolpato (chè, anzi, in base a questa stessa logica, è stato autorevolmente ritenuto
che neppure si giustifica l'esigenza che il riscontro esterno abbia tale forza da collegare di per sè il fatto-reato all'incolpato,
richiamando in proposito, a proprio conforto, la giurisprudenza prevalente sotto il rigore del codice abrogato: citando per
tutte
Sez.1,19
aprile
1988,
SERPA).
398
A comprometterlo, può esserci, anzitutto, il timore della "fonte" che lo evoca. Magari anche
soltanto a comparite in aula, a cospetto delle persone che si accinge a incolpare di gravissimi delitti. E'
successo, succederà spesso, non solo agli imputati, ma agli stessi testimoni: è stato il caso -per restare a
un imputato- di MARIO INZAGHI, che chiedeva di esser ascoltato a distanza, in "teleconferenza". La
Corte ha risposto motivatamente di no, con una sua ordinanza. 98 Ma ciò non toglie che una
preoccupazione c'era indubbiamente e potrebbe aver falsato dei ricordi, anche se il "collaboratore" è
parso via via rinfrancarsi nel corso dell'esame. Come è pure importante che non si sia avvalso della
facoltà di non deporre.
Poi può agire sul ricordo -per la coerenza e completezza della vicenda narrata- l'epoca cui essa
risale. Occorre in proposito tener presente che vi sono state persone (si pensi in particolare a
MORABITO SAVERIO) che hanno riferito di fatti risalenti all'anno 1975 (cfr. sequestro FERRAINI). I
più importanti collaboratori sono stati chiamati a deporre su fatti assai "antichi" (accaduti anche circa 20
anni orsono). Pretendere la narrazione di dettagli, in linea di massima non particolarmente significativi,
sarebbe fuor di luogo. E la significanza, il rilievo di quei dettagli, va misurato col metro di chi vive
nell'ambiente delinquenziale, per cui ciò che alla persona "normale" pare eccezionale", per quello può
rientrare invece nella più scontata "ovvietà" ed è stato perciò del tutto "rimosso" dalla memoria.
Può inoltre avvenire che ciò che la memoria non riesce a evocare, possa invece il ragionamento,
la riflessione sul fatto da riferire. E si arrivi così a confermare una certa circostanza, non perché lo si
rammenti bene, ma perché, a fil di logica, nella esperienza della fonte escussa, non può che essersi verificata.99
_________________________
98
Ordinanza 28 novembre 1995.
Nel sequestro VISMARA, ad esempio, MORABITO al dibattimento ribadirà di non ricordare che insieme al VISMARA ci
fosse nell'auto un'altra persona. Dirà onestamente che, solo per via logica e non perché la memoria lo soccorra, può ritenerlo.
Questo perché, rammenta, in quella occasione si era preoccupato di estrarre le chiavi del quadro di accensione della vettura
montata dal VISMARA, prima di portarlo via: questo stava a significare che a bordo dell'auto doveva esservi rimasta un'altra
persona di cui il collaboratore voleva impedire l'allontanamento in tempi ravvicinati dal luogo del rapimento (cfr. sul punto la
trattazione
specifica
dell'episodio
delittuoso).
99
399
E poi ci sono i veri e propri "vuoti di memoria".100 Non c'è nulla di strano, capita a tutti.
Un ruolo importante rivestono poi la sensibilità individuale, la partecipazione emotiva alla
vicenda, l'interesse o gli interessi personali che rendono più sensibili a talun aspetto dell'evento piuttosto
che a un altro, la misura del coinvolgimento stesso nel fatto di reato. Situazioni che danno luogo a
ricordi "forti" a cospetto di altri "deboli".101
______________________
100
Vedi MORABITO, che nella vicenda del t.om. SEGHEZZI non ricorda affatto che, in auto, affianco al SEGHEZZI, c'era
un'altra persona, il TIMMASI: e insiste il "collaboratore" nel suo ricordo pur avendo letto nell'ordinanza di custodia cautelare
che non è così, dando prova di onestà intellettuale. Come egualmente non rammenta che nel sequestro CATTANEO erano
state usate due auto, una con la CATTANEO e una che seguiva come copertura. Così come non ricorda, nel sequestro
VISMARA, il ragazzo che sedeva affianco al rapito e con quale lui aveva addirittura parlato, come si saprà da PERROTTA.
Neppure INZAGHI si ricorda di quel ragazzo:eppure pacificamente sappiamo che c'era e che quella dimenticanza non
obbedisce a nessuna strategia: tre sono gli imputati e tre sono stati confessi (tranne SAVERIO SERGI, il "principale" che ha
scelto, opportunamente, l'abbreviato ed è stato condannato con decisione passata in giudicato). E neppure ricorda
MORABITO, che il quel sequestro agirono con due auto. Si ricorda tutto e bene PERROTTA, ma la spiegazione può ben
risiedere nel fatto che è l'unico sequestro in cui egli è operativo in senso vero è proprio: nell'altro, il sequestro JACOROSSI,
farà solo il telefonista.
101
Così, forse, può esser spiegabile che MORABITO, impegnato nella apprensione del GALLI che si agita disperatamente,
con tutte le sue forze, fino a piegare il montante dell'autovettura che lo porta via, non si accorga, o meglio, non ricordi affatto
i colpi d'arma da fuoco (inutilmente) esplosi da CATANZARITI. E ricordi bene, invece, quando arriva in piazza Negrelli che segna la fine del suo faticoso tener a bada il GALLI legandolo anche con la sua cintura dei pantaloni- AMANTE
PIETRO che lo attende sulla rampa di discesa al box in cui il rapito sarà segregato. E non conservi, invece, la stessa certezza
di immagine sulla persona in attesa nei pressi del box, nel sequestro SCALARI: Mentre rammenta bene il particolare curioso
-riscontrato nelle foto agli atti- delle chiavi dell'auto dello SCALARI rimaste inserite nella serratura o cadute a terra vicino ad
essa, quando lo afferrano per portarselo via. Non rammenta neppure MORABITO che sorte abbia avuto la Lancia Beta usata
nel sequestro VISMARA: chiaramente non v'era ragione per un suo interesse in proposito. Se lo ricorda, invece, molto bene
INZAGHI che, per gli interessi sempre avuti per le auto, dirà che se l'era presa lui quell'autovettura per taroccarla e poi
rivenderla. Il sequestro CATTANEO, vedrà poi un MORABITO ricordare al dibattimento un fatto singolare, più che altro,
almeno per lui che non si scompose più di tanto, e forse proprio per questo lo ha rammentato: lo ZACCO che, mentre sono
indaffarati nel disseminare i vari messaggi alla famiglia della rapita, preoccupato da strane presenze in loco, sale su un
autobus e lo lascia in asso. E, nella stessa prospettiva, forse perché vissuto analogamente, ricorda come si inalberò ROCCO
PAPALIA quando, arrivato nell'abitazione di AMANTE ANTONINO -dove si erano dati appuntamento dopo il ritiro
400
Tutto questo per segnalare forse ciò che, in definitiva, poteva essere anche ovvio: vale a dire che
nella evocazione dei vari episodi delittuosi di questo processo, ciascuna fonte porta molto di sè, del suo
vissuto, del suo modo di essere. E quindi una avvertenza: a interrogarsi, nella valutazione della sua
complessiva attendibilità, anche tenendo presenti quegli aspetti peculiari dei meccanismi mnestici che,
molto sinteticamente e in punta di penna, si sono richiamati.
Tutto ciò premesso e ritenuto, la Corte -sempre ai fini e per gli effetti innanzi esplicitati e nella
"logica" del percorso valutativo già illustrato. ritiene ora di scendere allo esame della credibilità
intrinseca dei principali e più rilevanti (ai fini probatori) "collaboratori" di questo processo. Degli altri si
tratterà all'interno delle singole posizioni processuali interessate dal loro contributo.
401
CAPITOLO 4
La chiamata in reità e correità nel presente processo
--- o ---
Si passano ora in rapida rassegna - anche a completamento di quanto anticipato in parte
espositiva (capitolo 1) - le principali “collaborazioni” del presente processo per porne in rilievo il
carattere di generale loro attendibilità, riservando alla trattazione di ogni singolo episodio il giudizio di
attendibilità specifica. Così come in tali sedi verranno trattate, secondo il loro specifico riferimento, le
altre “collaborazioni” emerse in questo o in altri dibattimenti e qui utilizzate.
--- o ---
MORABITO SAVERIO
MORABITO LUIGI
INZAGHI MARIO
AMANDINI MICHELE
ROMEO ANNUNZIATINO
e altri ancora.
Prima di scendere all‟esame delle ragioni e delle modalità di attuazione della scelta di
collaborazione di SAVERIO MORABITO (dalla cui trattazione, sotto il profilo indicato, si prende
l‟avvio), va fatta una importante premessa. E cioè che quando (nel settembre del „92) manifestò,
direttamente al P.M., la volontà di cooperare con l‟A.G. , l‟imputato, sposato e con due figli, si trovava
ristretto presso la Casa circondariale di Bergamo dal 18.9.90 e a suo carico
402
esistevano in quel momento (a riscontro, se si vuole, anche di quella “caratura” criminale cui s‟è fatto
testé cenno):
a) una condanna a 12 anni e 6 mesi di reclusione, comminata dalla Corte d‟Appello di Brescia, in
data 28.5.92, per i fatti della cd. “raffineria di Valle Imagna” (di cui si tratterà anche nel presente
procedimento - v. capi di imputazione nn. 59 e 60)1;
b) una condanna a 24 anni di reclusione comminata, il 2 aprile 1992, dal Tribunale di Milano per
traffico di stupefacenti (c.d. processo BAIKAL KENAN)2.
Fatta questa premessa, su cui si ritornerà più oltre, si può affermare che delle ragioni della
scelta di collaborazione del MORABITO, nel settembre 1992, danno sufficientemente conto le sue
stesse parole che, peraltro ricalcano ormai una sorta di standard culturale in tema di scelta di
collaborazione (la previsione di un ulteriore non breve periodo di carcerazione dopo i due anni che
aveva già alle spalle, la comprensione dei gravi errori commessi accompagnata dalla volontà di riscatto
e di allontanamento dell‟ambiente criminale, il desiderio di poter beneficiare della speciale normativa di
legge a favore dei collaboratori, i timori per l‟incolumità personale determinati dagli inevitabili rischi
propri dell‟ambiente malavitoso sua in carcere che una volta uscito, il desiderio di recupero di una vita
familiare, etc.)3.
Motivi portati, potrebbe dire taluno, con accenti più o meno convincenti e sincerii4, ma che non
interessano più di tanto alla Corte
________________________________
1
In primo grado, dinanzi al GIP di Bergamo, in data 27.4.91, in ambito di rito abbreviato, il MORABITO era stato
condannato alla pena di 16 anni di reclusione .
2
Annotiamo - e comunque il discorso sarà ripreso in chiusura del presente Capitolo - che fu proprio durante il dibattimento di
appello avverso questa decisione che MORABITO preannunziò, come poi di fatto avvenne, la assoluzione sua e quella di
altri due coimputati anch‟essi già condannati in primo grado (aff. 775-776). E fu proprio a seguito di quel dibattimento,
conclusosi con la condanna del “collaboratore” a 24 anni di reclusione, che - come si dirà tra poco - egli decise di chiedere un
colloquio col PM (che aveva sostenuto l‟accusa in quel procedimento)per palesare il suo intento di collaborazione con l‟A.G.
(v. infra).
3
Aff. 777, 799-800, 3684-3685, 3750-3751.
4
Tenendo conto, in ogni caso, che sembra del tutto umano e non immediatamente incredibile che anche un malavitoso a tutto
spessore come MORABITO, un vero e proprio professionista del crimine, un “Killer “ che ha provato il carcere minorile, che
ha 25-30 di malavita alle spalle, ma ha anche moglie e figli giovani fuori dal carcere cui è attaccatissimo, a quel punto, all‟età
di 40 anni (è del 18 settembre 1952), si senta stanco e logoro, dentro, per la vita assurda che ha fatto e decida di voltar
pagina. Può essere. Non è detto che non sia così
403
- come si è già anticipato - tenuto anche conto del fatto che essi vanno a collocarsi nel profondo
dell‟animo e sono difficilmente sondabili e verificabili, tanto più nel perso e nel ruolo che ciascuno di
essi può aver avuto in una scelta così delicata e difficile quale è quella di collaborazione con l‟A.G. Si
vedrà, in ogni caso, la spontaneità della scelta adottata da MORABITO, la coerenza e fermezza della
stessa , un interesse al suo mantenimento di solo carattere giudiziario, senza alcun disegno strategico e
senza alcun modo farsi portatore di specifici interessi di cordata. MORABITO ha, infatti, riferito di
gravissimi episodi riconducibili a persone a lui notoriamente molto legate (come MARIO INZAGHI,
suo amico e compagno di vecchissima data; come ANTONIO PARISI, suo fedele accompagnatore;
come MICHELE AMANDINI che con lui e INZAGHI aveva formato un terzetto criminale di lunga
durata e, purtroppo - di grandi “successi”, come Angelo MUFATO e DINO DUCHINI, quest‟ultimo sia
pure per cose da poco, ma comunque entrambi a lui legati da forte e antica amicizia), o addirittura suoi
parenti, come LUIGI ASSUNTO, suo fratello, come ROMEO ANNUNZIATINO, suo cugino
carissimo.6
E‟ stata però, alla fine, una scelta a 360 gradi e senza riserve nella quale l‟imputato ha riferito
anche di agghiaccianti episodi sa lui stesso commessi. Una scelta che è stata quasi un rito liberatorio,
che pare davvero dettata dalla ferma volontà di “voler chiudere col passato in maniera totale” 7 e che lo
porterà persino a confessare, in dibattimento, un omicidio che aveva sempre taciuto. Facendo forza
sulla, umanamente comprensibile, resistenza che poteva derivargli dall‟enormità dell‟impatto che la
rivelazione avrebbe avuto sui suoi più stretti vincoli di parentela, in questa sede confesserà infatti quanto
non aveva mai avuto il “coraggio” sino ad allora di dire; neppure al P.M.8 : e cioè d‟esser stato autore
(peraltro, per un futile
_____________________________________
5
Non si può dire, infatti, che MORABITO, si considerasse definitivamente “annientato” e senza prospettive per le condanne
riportate: tra pena già espiata, trattamenti sanzionatori di favore e benefici penitenziari vari, non sarebbe passato un tempo
eccessivo e insopportabile per poter guadagnare nuovamente la libertà (aff. 3693, 3749- 3750).
6
Si dirà più avanti che la chiamata in causa di molti di loro è stata sofferta dal MARABITO e non è venuta subito, perché vi
sono state reticenze, omissioni, “coperture” iniziali. E si vedrà anche perché (v. infra).
7
Come riferisce nel suo esame dibattimentale: aff. 3693, 3750.
8
Gli aveva solo anticipato di aver commesso anche un altro omicidio del quale, tuttavia, si riservava di parlarne, forse, in
futuro (aff. 3641/2). Questo come a sottolineare il grande sforzo interiore necessario per consiliare l‟onestà intellettuale della
scelta fatta con il peso anche morale di rivelare certi fatti che andavano a toccare le persone più care.
404
motivo) financo dell‟omicidio del suocero del fratello LUIGI ASSUNTO9.
E‟ innegabile, comunque, che quando MORABITO SAVERIO decide di collaborare, il suo
futuro gli si presenti - quanto meno - assai incerto, se non addirittura inquietante, non solo e non tanto
per le condanne appena riportate, quanto piuttosto per una vicenda dell‟ottobre „90 che gli aveva aperto
- contro ogni sua previsione - prospettive assai fosche per l‟epoca in cui avrebbe lasciato il carcere.
Era accaduto10, in particolare, che in quel tempo - vale a dire a ridosso del suo arresto del
settembre „90 per i fatti della Raffineria di Rota Imagna - aveva richiesto un colloquio con l‟allora col.
FRANCESCO DELFINO11 per giocare, secondo un classico “clichè” mafioso e da uomo astuto e
spregiudicato quale era, una certa carta che in qualche modo potesse rimediare gli insuccessi raccolti
sino a quel momento in quella sfortunata (per lui) vicenda giudiziaria12.
In quella occasione, MORABITO chiede all‟alto ufficiale che, in cambio di una serie di
“confidenze”, di informazioni che gli dà su fatti e nomi di malavita calabrese (suscettibili di fargli
conseguire ulteriori successi investigativi), spenda qualche buona parola per lui. Quelle notizie sono un
concentrato di fatti veri, verosimili13, e falsi. Una cosa certamente MORABITO tace e non può che
tacere
_______________________________
9
Trattasi dell‟assassinio di AMBROSIO VINCENZO e del quale si è parlato del Capitolo 2, omicidio commesso prima che
la di lui figlia conoscesse e poi sposasse MORABITO ASSUNTO LUIGI (cfr. ud. dibatt. 17 ottobre 1995, citt. aff. 36303642). Cfr. in proposito anche le ordd. dibatt. in data 17 e 24 ottobre e 15 novembre 1995: con quest‟ultima ordinanza, a
richiesta del P.M. , è stato trasmesso alla Procura della Repubblica del Locale Tribunale, per le determinazioni di una
competenza, il verbale di raccolta delle dichiarazioni sul punto, di MORABITO).
10
Aff. 777 e segg.
11
Nativo, come lui di Platì e molto attaccato a quella terra e alla sua popolazione. Ufficiale che già aveva “conosciuto “ alla
Caserma CC. di v. Moscova in Milano nel maggio „77 in occasione degli arresti per i sequestri estorsivi di quell‟epoca
(GALLI e SCALARI, v. infra). E non vedeva da quella data (cfr. in proposito la Relazione del col. DELFINO ri-prodotta dal
P.M. alla udienza del 18.5.95 e acquisita con ordinanza 30.6.1995, pag. 9).
12
Era stato arrestato, dentro la Raffineria, il 31 maggio di quell‟anno, ROMEO ANNUNZIATINO; erano falliti i vari
“depistaggi” che per tale vicenda avevano puntato su i vari DINO DUCHINI, i VINCENZO LAVORATA, i FRANCESCO
ROMEO (v. infra) e lui era finito così in carcere.
13
Come quando falsamente addossa a GIOVANNI BRUZZANITI la vicenda della RAFFINERIA di Rota Imagna,
speculando sul fatto che era stato già coinvolto in fatti di droga (aff. 786-787).
405
rigorosamente14: che è coinvolto in pieno nella vicenda della Raffineria (perché così sarebbe venuta
meno anche la giustificazione dell‟aiuto richiesto e perché, altrimenti, avrebbe trascinato con sè, nella
rovina, anche il Gruppo SERGI di cui era rilevante esponente e che voleva decisamente proteggere, in
modo particolare quanto meno celando l‟alto livello del loro coinvolgimento nel narcotraffico anche
internazionale).15
Non solo, ma per far “pesare” la propria richiesta MORABITO invia all‟ufficiale un
“messaggio” allarmante: gli fa credere di sapere alcune cose sull‟omicidio del sindaco di Platì,
DOMENICO DE MAIO, aggiungendo inoltre che “correva voce” che fosse in esso coinvolto suo
fratello giornalista, ANTONIO DELFINO16, sul cui capo pendeva, in quel contesto, un preciso progetto
omicidiario (ad opera di PAOLO SERGI17).
Quale effetto potesse avere sull‟Ufficiale dell‟Arma un simile insidioso “messaggio” da parte di
un delinquente che non appariva l‟ultima ruota del carro (anche per quel che di vero sicuramente andava
dicendo18), è facile immaginare. Parte in tal modo L‟Informativa “riservata” 13 novembre 199019 del
col. DELFINO che, tuttavia tanto riservata non deve rimanere se, non si sa bene come e perché,
nell‟ambiente delinquenziale (proprio quello calabrese di MORABITO) trapela la notizia di quel
“colloquio riservato” avuto con il colonnello. Lo dice MARIO INZAGHI che
_________________________
14
Anche secondo il codice di „ndrangheta: un mafioso non confesserà mai, o “va pentito” o nega, ma non ammetterà mai
neanche l‟evidenza (cfr. LEONARDO CASSANIELLO: “...c‟è una cosa da sottolineare: che un mafioso o
„ndranghetista...(omissis)... non va mai reo confesso, o va negativo o si pente. Cioè, il reo confesso non esiste nella mentalità
di un mafioso. Capisce?... (omissis)... cioè o si tiene nel negativo e dice che lui è estraneo a tutti i fatti, anche se condannato,
ma reo confesso in una mente mafiosa, cioè in una persona mafiosa non esiste...”:aff. 16874)
15
Cfr. aff.3699, in specie. Nel Rapporto riservato 13 novembre 1990 del col. DELFINO ai SERGI, infatti come Gruppo
operante nella droga in Corsico e Buccinasco unitamente ai PAPALIA e ad latri, vien fatto appena un cenno, è alquanto
sfumata la loro posizione, non vi è indicazione di fatti specifici. Ben diverso è il “trattamento” riservato, ad esempio ai
PAPALIA, cui si accollano omicidi e rapporti per droga coi turchi. Perciò, il Rapporto riservato 13 novembre 1990, che il
col. DELFINO stilerà su questo incontro, non si può certo prestare per svolgere difese in favore dei SERGI, come vorrebbe il
loro difensore (cfr. anche ordinanza 18 ottobre 1995)
16
All‟epoca preside di liceo in Bovalino.
17
Probabilmente per una storia di appalti pubblici non concessi dal DE MAIO alla “famiglia” di riferimento e di patti
malavitosi non rispettati (aff. 789-794)
18
Sui traffici in droga del gruppo FLACHI, dei PAPALIA, degli AMANTE, dei NIZZOLA, ecc., come dimostrerà questo
dibattimento.
19
Acquisita nuovamente, come sopra anticipato, con ordinanza 30 giugno 1995 (cfr. anche cit. ordinanze 18 e 23 ottobre
1995).
406
“voci” su quell‟incontro erano giunte addirittura al Carcere di Reggio Calabria, lo conferma anche
Annunziatino ROMEO.
Quando MORABITO apprende questo20 , e più precisamente apprende che i suoi compaesani,
sebbene informati di quel colloquio, , non gli avevano detto nulla e, soprattutto, quando in carcere a
Bergamo - molto prima della sua collaborazione - avvicinato DOMENICO PAPALIA per sapere se
anche lui avesse saputo della cosa, ricevette questa risposta: “sì ma non ho dato peso alla cosa... stattene
tranquillo”, allora capisce che è perduto. Perché non aver chiesto di quell‟incontro, così delicato e
tenuto celato significava che non v‟era nulla da chiedere perché nulla lo giustificava ai loro occhi: era
solo condannabile e basta, senza spiegazioni e senza appello. Conclusione tanto più vera quanto
eloquente, a quel punto, gli era apparsa una frase sibillina pronunciata da DOMENICO PAPALIA verso
l‟inizio estate „91, in relazione a un programmato suo (di MORABITO) ricovero ospedaliero senza
piantonamento. PAPALIA gli aveva infatti detto in quella occasione: “fammi sapere in quale reparto ti
mandano”. A quel punto avevo capito tutto.
Perché solo chi conosce un certo “ambiente”, quell‟ambiente mafioso di cui si è parlato,
comprende benissimo il senso della divulgazione di un “contatto riservato” tra un personaggio mafioso
che conta e un alto Ufficiale dell‟Arma (un contatto, un colloquio che - secondo precisi accordi doveva rimanere segreto e che tale non era restato, e sul quale nessuna spiegazione sarebbe stata
richiesta al MORABITO se non fosse stato lui a saggiare il terreno). La cosa è letta nell‟ottica peggiore:
benché da una parte appare a MORABITO come un “tradimento” (di DELFINO) alla parola data - lo
“aveva buttato allo sbaraglio” per salvare il fratello, lo aveva già esposto a grave rischio (alla vendetta
di PAOLO SERGI) - mentre dall‟altra parte, se veramente non fosse stato dato peso a quell‟incontro,
MORABITO l‟avrebbe subito saputo. Glielo avrebbero subito detto, senza attendere che si fosse fatto
avanti lui a sondare il campo, giustamente preoccupato. Gli avrebbero immediatamente chiesto
spiegazioni, se non altro. E invece: silenzio.
E così MORABITO SAVERIO interpreta quella risposta in un solo modo possibile, nella sua
esperienza malavitosa: come un omicidio annunciato. Scontata la pena e uscito dal carcere la sua vita
sarebbe stata appesa a un filo.
_______________________
20
Lo viene a sapere da suo fratello LUIGI cui a sua volta l‟aveva riferito il cugino BRUNO ROMEO, fratello di
ANNUNZIATINO.
407
Un segnale, un motivo, questo, che insieme a tanti altri va sicuramente messo nel conto delle
tante ragioni che lo hanno indotto a scegliere di collaborare con l‟A.G. e a dire tutto quello che sapeva
sui circa 20 anni di malavita organizzata cui ha preso tanta parte.21
---0---
Ma quello che è sicuramente avvenuto al di fuori di ogni standard è stato il modo di attuazione
della scelta di collaborazione. MORABITO, infatti, ha chiesto ed ottenuto di non mutare la sua
situazione di detenuto e cioè di non entrare nei circuiti penitenziari destinati ai collaboratori, così da
impedire la inevitabile immediata conoscenza esterna della sua scelta e, di riflesso, consentire per un
verso una oculata strategia di protezione dei suoi familiari e per altro verso far conseguire l‟obiettivo di
maggiore efficacia alla sua collaborazione in ragione della sua imprevedibilità. Di particolare rilievo,
sotto quest‟ultimo aspetto, la prospettata (ed accolta) richiesta del MORABITO di procedere al
trasferimento di alcuni detenuti presenti in Bergamo, giudicati “a rischio” per la sua collaborazione,
nonchè di alcuni Agenti di custodia ritenuti, a diverso titolo, inaffidabili.22
Merita di soffermarsi su qualche dettaglio di tale collaborazione, sulle “cadenze” e modalità che
l‟hanno caratterizzata, sia per rendere quasi tangibile la “eccezionalità” della stessa. E questo per
l‟ambito in cui è avvenuta e per i personaggi che ha coinvolto, vuoi nell‟accusa di gravi delitti, vuoi
nella stessa scelta di campo da lui fatta, con passaggio coraggioso dall‟area della
__________________________
21
Su tutto quanto sopra cfr. esame dibattimentale di MORABITO, aff. 777-800, 3684/85, 3750/51. In particolare sulla
vicenda DELFINO, aff. 777-798, 3698/9.
22
Di particolare efficacia - anche per intuitive ragioni connesse alle modalità dell‟esame - in riferimento ala discorso fatto
circa le peculiarità della collaborazione prestata dal MORABITO SAVERIO, sono le stesse dichiarazioni registrate dal
MORABITO in cassetta consegnata al PM in data 24/11/92 e al cui ascolto e relativa trascrizione si può rinviare per esser
state entrambe (cassetta e trascrizione) acquisite al fascicolo del dibattimento. E‟ bene poi sottolineare - ai fini della
complessiva valutazione di attendibilità - quanto già anticipato (e su cui comunque si ritornerà in prosieguo) - e cioè che
MORABITO si è assunto la responsabilità della quasi totalità dei delitti riferiti e, in ogni caso, sicuramente dei più gravi.
408
illegalità a quella della legalità e con recisione di ogni legame col proprio passato delittuoso.
Tutto prende avvio dalla richiesta 9 settembre 199223, con la quale SAVERIO MORABITO
chiede di poter parlare (notisi la cautela: “... per motivi di giustizia...”) con il P.M. di questo
dibattimento (lo stesso del processo conclusosi con la citata sua condanna milanese a 24 anni di
reclusione24).
Il successivo giorno 20 settembre, nella Casa circondariale di Bergamo, l‟imputato, persona
intelligente, sottile, scaltra, lancia un primo “messaggio” a quel P.M.:
non dice che intende “collaborare”25, ma che sta seriamente pensando di “cambiar vita”, di tenersi
lontano - quando avrà guadagnato la libertà - dagli ambienti malavitosi tanto a lungo frequentati. Per il
momento, in quella prospettiva, chiede solo due cose per lui molto importanti: di non essere inviato
(come tutti, in relazione all‟addebito di reato associativo) alla sezione “differenziata” del carcere, e
inoltre di avere vicino a sè, in quello stesso carcere, in quella stessa sezione “ordinaria”, il cugino
ROMEO ANNUNZIATINO che era detenuto a Milano (nella Casa circondariale di Opera) per i fatti
della raffineria di Valle Imagna.
La prima richiesta è esplicitamente finalizzata ad evitare di riprendere “contatto” con i compagni
di un tempo (con pregiudizio della “riflessione” che sta portando avanti), e al mantenimento delle
modalità e possibilità di colloquio coi familiari, segnatamente dei due giovani figli (di nove e sei anni),
condizioni che sarebbero venute meno passando dalla sezione “ordinaria” a quella “differenziata”26. Il
motivo della seconda richiesta27 è accortamente
________________________
23
Cfr. modulo allegato al primo interrogatorio del MORABITO e aff. 802. Il dato è comunque pacifico: aff.3673.
Le ragioni di questa “scelta” le spiegherà lo stesso imputato nel nastro registrato di cui a precedente nota: in sintesi si può
dire che si rivolse al P.M. che aveva potuto più apprezzare per la sua professionalità.
25
Aff.800-801.
26
Nella sezione “differenziata”, infatti, tra altre limitazioni e perdite di vari benefici, non avrebbe neppure potuto più
incontrare i figli con quelle modalità (senza sbarre, guardie, ecc.) che avevano consentito di celare ai loro occhi lo stato
detentivo del padre (cfr. anche suo interr. 4.10.92).
27
Non esplicitamente, ma chiaramente desumibile dalla nota 9 ottobre 1992 (pag.4), a Vol.174, che il P.M. - anche a
dimostrazione, ove ve ne fosse stato bisogno, della assoluta “trasparenza” della “strategia” di collaborazione impiegata invierà
(e
24
409
lasciato all‟intuizione dell‟interlocutore. Ma non poteva non esser subito percepito, tanto più che viene
esplicitamente collegato alla eventualità di future condotte processuali del richiedente e di possibili
rischi che, come conseguenza, il congiunto avrebbe potuto correre: era evidente, insomma, che
MORABITO stava maturando la sua scelta di collaborazione e che, in quella prospettiva, si preoccupava
di mettere al sicuro il cugino (l‟unico parente stretto detenuto in quel periodo28) cui era legato da vincoli
di stima, di affetto, di fiducia fortissimi e ricambiati.29
Solo in seguito MORABITO dirà apertamente che sua intenzione, in quel momento, era stata
anche quella di sollecitare ROMEO ANNUNZIATINO a fare la sua stessa scelta di collaborazione
processuale30. Un tentativo che si spiegava con il fatto che MORABITO si sentiva in qualche modo
responsabile della vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il cugino. Era stato lui, infatti, nell‟autunno
dell‟86 a indurlo a trasferirsi da Platì a Corsico per lavorare per 4 anni nel gruppo SERGI31. ROMEO
era un giovane su
_____________________________________________________________________
produrrà in giudizio) al D.A.P. perché siano possibilmente accolte le richieste fatte dal MORABITO per poter “collaborare”
con minor rischio. In ogni caso cfr. lo stesso MORABITO ad aff. 811 e segg.
28
Ne dà conferma lo stesso ROMEO: aff. 14.172/3.
29
La scelta di collaborazione che nel febbraio „95 farà ROMEO ANNUNZIATINO è un riscontro eloquente della intensità
del legame che c‟è tra i due, un legame che va probabilmente oltre quello, pur stretto, di parentela: ROMEO infatti è cugino
di primo grado di SAVERIO MORABITO in quanto la madre di MORABITO è sorella del padre di ROMEO (cfr. ROMEO,
aff.14117). SAVERIO, poi, aveva fatto avere ad ANNUNZIATINO - tramite “CICCIO „U CAINU”, vale a dire
FRANCESCO PERRE (aff.14121) - dei soldi per aiutare la sua famiglia quando si trovava in carcere suo fratello. Un legame
dunque molto forte, ma di cui DOMENICO PAPALIA non si renderà conto o che non soppeserà abbastanza allorchè
incautamente lo chiamerà a deporre in suo favore (v.infra).
30
Cfr. anche ROMEO citt. aff. 14.172/2.
31
Cfr. aff. 812-814. E lo conferma lo stesso ROMEO nei preliminari del suo esame dibattimentale. Da lui infatti sappiamo
che, nato a Platì nell‟aprile „64 e ivi conseguita la terza media, dopo alcune esperienze lavorative come cameriere in un
ristorante di Platì e nel periodo estivo al “Lido di Bovalino” con quel tale BRUZZANITI - narcotrafficante di cui si sentirà
parlare a proposito del colloquio del MORABITO con il col. DELFINO - era presto incorso nei rigori della legge per
questioni di droga. Era stato arrestato, infatti, per droga nel settembre 1982 e da ultimo dell‟83 (pere estorsione), uscendo
nell‟85 (aff. 14.106-14.110). Dopo un primo accesso in Corsico nel marzo- aprile „85 per chiedere aiuto a Morabito per un
trasferimento di carcere del fratello BRUNO (aff.14.119/26:v. anche sopra in nota) ed altri successivi (anche per ritirare auto
taroccate:aff.14.142), si era trasferito stabilmente a Corsico nell‟autunno „86 su sollecitazione del cugino SAVERIO che gli
aveva proposto di lavorare con lui e con i SERGI nella droga (aff. 14.125/6 nel gruppo che si riuniva al bar Jolly, c‟erano
allora, ossia nell‟85. “CICCIO”. PEPPONE e PAOLO SERGI - che aveva quell‟obbligo di firma a Platì, come il fratello
BRUNO, che veniva facilmente aggirato (aff. 14.126/9)ANTONIO PAPALIA, MARIO INZAGHI e altri, come FRANCESCO TRIMBOLI che agiva da “esterno” al gruppo che
costituiva “il Governo”: MORABITO, FRANCESCO e PAOLO SERGI, INZAGHI). Era stato proprio PAOLO SERGI a
suggerirgli
un
èscamotage
per
410
cui MORABITO poteva contare: non aveva fatto il giuramento alla „ndrangheta, ma era impregnato di
quella “cultura”, nato e vissuto come era in Platì con mansioni di tutto-fare e autista di un personaggio
di accertata primaria posizione in quel consesso mafioso come BARBARO ROSARIO, detto “ROSY”.
Ma vi è anche un‟altra importante ragione alla richiesta di avvicinamento a sè del ROMEO:
quella di evitare che, restando il MORABITO (diversamente dagli altri detenuti) nella sezione
“ordinaria” del carcere di Bergamo, la popolazione di quel carcere cominciasse a sospettare qualcosa di
quello che stava avvenendo. Avendo invece presso di sè, in quella stessa sezione, il cugino ROMEO
(anch‟esso imputato di reato associativo e quindi, anch‟esso destinato alla sezione “differenziata” perché
aveva buoni rapporti con la Direzione del carcere.
Nei successivi giorni del 29 settembre e 3 ottobre „92 seguono altri due brevi interrogatori, e così
è anche quello del 4 ottobre nel corso del quale il MORABITO conferma ed esplicita la sua volontà di
collaborare con la Giustizia (intenzione già telegraficamente anticipata nell‟incontro col P.M. del giorno
precedente). Nessun contatto “esterno”, nessun colloquio investigativo, in particolare è intervenuto sino
a quella data del quale poter sospettare una non genuinità dell‟approccio collaborativo
_____________________________________________________________________
sganciarsi dall‟ambiente di Platì (cosa per lui non facile perché era coinvolto nell‟ambiente malavitoso di quella città,
fruendo anche del “prestigio” che gli derivava dal legame con un “personaggio” del posto - tale BARBARO ROSARIO,
parente dei “U NIGRO e dei “PILLARI” - di cui gestiva un ristorane e per il quale faceva anche da autista. Era stato ospitato
in un primo tempo a casa della zia Anna, madre di MORABITO, e da allora, cioè dall‟autunno 86, aveva ininterrottamente
lavorato nella droga col cugino e il suo gruppo sino all‟arresto del „90 per i fatti della Raffineria di Valle Imagna (14.106-14144)
32
Le gravi e urgenti ragioni di cautela personale e processuale, ecc.: cfr. anche sul punto il Vol. 174, aff. 216 e segg., delle
produzioni iniziali del P.M. acquisite, come ormai si sa, con ordinanza 13 aprile 1995.
411
del MORABITO e del suo successivo svolgimento. 33 Sulla stessa linea è l‟interrogatorio del successivo
8 ottobre „92.34
Quelli del 4 e dell‟8 ottobre „92, sono due interrogatori importanti, sia perché contengono una
prima elencazione sommaria degli episodi di poter poi riferire in dettaglio35, sia perché nell‟accreditare
la serietà e eccezionalità della “collaborazione” che si sta sviluppando, dando modo al P.M. di inoltrare
agli Uffici competenti quelle richieste che il MORABITO avanzava come “condizione” della sua
collaborazione. e tra queste, oltre al trasferimento di persone detenute nel carcere di Bergamo e ritenute
in grado di poter comprendere o venire in qualche modo a sapere e così condizionare la scelta di
collaborazione del MORABITO (primo fra tutti PAPALIA DOMENICO36), anche l‟allontanamento
----------------------------------------------------------------------------------------------------33
Aff. 3673/7. Solo nel „90/91, sul tema della Raffineria di Valle Imagna vi era stato un incontro con l‟Alto Commissario
(dott. SICA) che invano, aveva cercato di convincere il MORABITO a collaborare. Il tema dei colloqui investigativi è stato
in particolare coltivato dalla difesa del MUFATO ANGELO, senza che nulla sortisse da far dubitare della “genuinità” delle
dichiarazioni del MORABITO. Tanto che quella difesa non riprese quel tema neppure in sede di arringa finale (cfr. ord. 26
settembre 1996, pag. 5, che richiama anche le precedenti sullo stesso getto).
34
Su questa prima serie di incontri del MORABITO con il P.M. cfr. anche ordinanza della Corte del 9 marzo 1995 (pagg. 6 e
segg.).
35
In tal modo venendo incontro anche a quell‟esigenza, più volte manifestata nella trattazione delle tematiche relative ai
“collaboratori processuali”, di evitare le c.d. dichiarazioni “a rate”. Si è sostenuto, infatti, anche in questo dibattimento - per
indebolire l‟affidabilità dei “dichiaranti” - che i collaboratori di giustizia debbano dire subito o comunque in un periodo breve
tutto ciò che sanno. Questo è bene, senz‟altro, ne conviene la Corte. Ma non si può trascurare il fatto - indubitabile - che i
meccanismi mnemonici che non operano a comando, bensì spesso sotto le più diverse sollecitazioni mnestiche. E si deve pur
tener conto, e non è poco, del profilo psicologico e umano dell‟interlocutore e dell‟ampiezza e gravità del vissuto
delinquenziale che p chiamato a evocare. Si comprende d‟altra parte la preoccupazione dei difensori di non lasciare spazio al
sospetto di pilotaggi nella “gestione” del pentito. Si può dire su un piano generale - che la questione involge, in definitiva, un
problema di “bilanciamento” di esigenze contrapposte. Sul piano strettamente tecnico, poi, in qualche problema per la tesi
rigorista potrebbe derivare anche dall‟art. 112 Cost., sulla obbligatorietà dell‟azione penale: non pare che il P.M. possa far
finta di non sentire ciò che il “pentito” gli dice dopo un ampio lasso di tempo dal primo colloquio. Probabilmente, ancora una
volta, è alla professionalità del magistrato che occorre rimettersi perché egli possa e debba valutare la genuinità e credibilità
delle “tardive” dichiarazioni: occorre, in sostanza, che queste siano, come ritiene di aver fatto questa Corte, sottoposte a
severa e rigorosa dimostrazione sulle ragioni che ne hanno impedito la tempestiva conoscenza da parte del magistrato.
36
DOMENICO PAPALIA è trasferito a Roma-Rebibbia il 22 ottobre di quell‟anno. Gli altri detenuti erano FRATTINI
MILKO, MANNINO FRANCESCO e COMMISSO MARIO ROCCO, vicino al PAPALIA, che faceva il barbiere in quel
carcere e, quindi, poteva avere una certa libertà di movimento sarà lui, infatti, a portare a ROMEO ANNUNZIATINO la
“voce”
che
circolava
sul
conto
del
MORABITO,
circa
il
sospetto
di
412
temporaneo di due Brigadieri e un Maresciallo del Corpo degli Agenti di custodia presso quello stesso
carcere ritenuti, sia pure a diverso titolo, pericolosi in quanto potenziali divulgatori della sua scelta (sia
per eccesso di confidenza con i detenuti e sia per gravi sospetti di collusione con gli stessi). 37
E‟ poi lo stesso P.M., in quella occasione, 38 a chiedere, su sollecitazione di MORABITO, il
trasferimento (interno a quel carcere di Bergamo) di PARISI ANTONIO, 39 della Sezione
“differenziata” a quella “ordinaria”, sia per i rischi cui avrebbe potuto trovarsi esposto -come persona
notoriamente legata a MORABITO- in conseguenza della sua collaborazione, sia sempre nell‟ottica che
un maggior numero di detenuti destinati alla sezione “differenziata” (per il titolo dei loro addebiti) e
invece trattenuti in quella ordinaria avrebbe concorso a tener celata la scelta del MORABITO stesso.
ANTONIO PARISI non ne voleva sapere, era “titubante”, forse perché già c‟era in giro “qualche mezza
voce voce” sul conto della “fedeltà” di MORABITO in relazione alla vicenda DELFINO; forse anche
perché “aveva della paure” in relazione alla vicenda del ferimento NIZZOLA (v. infra), un omicidio
mancato - gli si rimproverava da parte del MORABITO - proprio perché lui in quel frangente non era
intervenuto ad appoggiarlo, ma s‟era tenuto in disparte.40 Sta di fatto però che, con l‟autorevole
intervento di DOMENICO PAPALIA - che, senza rendersi conto della macchinazione in corso, gli
aveva dato anche dello “stupido” - c‟era andato. Naturalmente, per quelle stesse paure, aveva fatto
ritorno al “carcere duro”, alla sezione “differenziata”, non appena il PAPALIA era stato trasferito a
Rebibbia. 41
----------------------------------------------------------------------------------------------------una sua “collaborazione” con l‟A.G. (ROMEO, aff. 14.174; MORABITO, aff.808-810).
37
Cfr. citata nota del P.M. del 9 ottobre 1992 (con allegati alla stessa a cit. Vol 174, aff. 222 -227) al D.A.P. e lo stesso
ROMEO ad aff. 14.187/9
38
Cfr. missiva citata dal D.A.P. a margine dei trasferimenti e/o dei movimenti i PAPALIA DOMENICO e PARISI
ANTONIO sono state poste dalla difesa del PARISI alcune questioni (che avrebbero dovuto porre in dubbio l‟affidabilità del
collaboratore) di cui trattano le ordinanze 23 aprile e 5 novembre (pag. 10) 1996 cui si rinvia. Sul punto v. anche esame
dibatt. del ROMEO, aff. 15.324/8.
39
Che era sta già imputato con MORABITO nel processo BAIKAL KEAN.
40
E non a torto, dice lo stesso MORABITO, perché lui non c‟entrava niente con quell‟omicidio: s‟era solo limitato ad
accompagnare il MORABITO in quel box dove il collaboratore aveva attirato il NIZZOLA con l‟inganno (con una strategia
della quale la presenza dell‟inconsapevole PARISI, uomo notoriamente incapace di fare male a una mosca, faceva parte,
avendo la funzione di rassicurare il NIZZOLA).
41
aff.
838-846
413
La necessità di tener quanto più celata quella scelta spiega anche la brevità, la rapidità dei primi
interrogatori del MORABITO. Occorreva evitare che si sapesse dei ripetuti e ravvicinati incontri del
detenuto col P.M.: i sospetti sarebbero stati immediati e le conseguenze intuibili. Per questo, ancora,
quegli incontri (come del resto tutti quelli avvenuti nel carcere di Bergamo) avvenivano in settori diversi
da quelli consueti (nell‟Ufficio del Comandante delle guardie di quel carcere) e in ore in cui il
movimento dei detenuti poteva apparire come del tutto normale (l‟ora d‟aria, che così però condizionava
la durata stessa dell‟interrogatorio) I successivi interrogatori, poi, i più complessi 42, per la stessa
esigenza e profittando di “giustificati” allontanamenti del MORABITO dal carcere (per malattia o esami
medici) avvenivano presso Uffici nella disponibilità della D.I.A.43
Siffatto oculato e “riservato” modo di procedere, avrebbe consentito anche di “preparare”
psicologicamente la famiglia dell‟imputato non solo a comprendere le ragioni della scelta da lui fatta 44,
ma anche ad accettare il sostanziale cambiamento (anche topografico) delle sue stesse abitudini di vita
(lavoro, scuola dei bambini, ecc.).45
I sospetti, probabilmente, sarebbero circolati egualmente, lo prevedeva lo stesso MORABITO,
ma a nulla avrebbe portato sino a che, a suo stesso dire, la sua “firma” sui verbali di interrogatorio fosse
rimasta celata. Il suo rango nell‟ambito malavitoso, infatti, non lo avrebbe esposto se non di fronte alla
“prova provata” della sua collaborazione con l‟A.G. Sino a quel momento non avrebbe rischiato la
vita.46
----------------------------------------------------------------------------------------------------42
Quelli interamente registrati.
V. per tutto questo la missiva in questione le stesse intestazioni dei verbb. di interr. e l‟esame dibatt. dell‟interessato ad aff.
806-809.
44
Ragioni non sempre facilmente “accettate”, in questi casi, come s‟è già detto nelle pagine che precedono.
45
In questa prospettiva, si tenne ad esempio presente l‟esigenza manifestata dallo stesso MORABITO che le attività di
“protezione” della famiglia e il suo “trasferimento” in località sicura coincidesse, possibilmente, con il momento in cui la sua
collaborazione dovesse necessariamente esser “scoperta”: cfr. interr. 8 ottobre 1992 cit. e la citata missiva 9 ottobre 1992 del
P. M. (pag. 6)
46
Il caso di SALVATORE MANCUSO è esempio eloquente era stato ucciso solo perché, date le sue personali condizioni e
condotta di vita, era stato sospettato di non esser in grado di tener celata l‟attività di narcotraffico che svolgeva nella zona di
Corsico insieme a MORABITO e INZAGHI e nell‟interesse dei TRIMBOLI e SERGI (v. infra omicidio MANCUSO). E
quella di tenere celata la collaborazione di MORABITO, di adottare ogni accorgimento perché restasse tale il più a lungo
possibile, fu sicuramente una “strategia” oculata e vincente, senza la quale sarebbe stato quanto meno assai
43
414
Per questo, è noto, quei verbali non vennero mai conservati nell‟Ufficio del P.M. e bene fu fatto,
perché da tutt‟altra fonte, da tale PIRRONE MAURIZIO47 , e quindi da tutt‟altra indagine48 , si è
appreso che nel febbraio 1993 MUSITANO ANTONIO gli aveva riferito che tramite persone
compiacenti (pare operanti nel Palazzo di giustizia milanese) qualcuno era riuscito ad entrare
nell‟ufficio del P.M. senza tuttavia trovare quello che cercava: evidentemente proprio quella firma sul
verbale. Una inquietante ulteriore conferma, questa, se non altro, che “voci” ebbero effettivamente a
circolare sul “pentimento” del MORABITO, senza tuttavia dar corso, fortunatamente, ad alcuna
conseguenza di fatto.
Del resto, è lo stesso INZAGHI a confermare che quelle “voci” effettivamente vi furono, e
consistenti, quando riferisce di aver saputo - verso ottobre-novembre 1992, allorché si trovava detenuto
a Locri con ROCCO e ANTONIO PAPALIA - che MORABITO aveva probabilmente avuto un
“cedimento”. Per questo era stato incaricato dai due, dato che sarebbe presto transitato dal carcere di
----------------------------------------------------------------------------------------------------improbabile l‟esito investigativo e processuale che è all‟esame di questa Corte. I vari PAPALIA DOMENICO, PARISI
ANTONIO, MOLLUSO FRANCESCO e altri hanno voluto far credere alla Corre di esser stati ben al corrente - durante la
comune detenzione a Bergamo - della “collaborazione” che stava facendo il MORABITO, per dimostrare così di non avervi
dato alcun peso perché falsa, mentre danno una riprova e lasciano chiaramente intendere, a contrariis, che cosa ( se fossero
stati al corrente della cosa) sarebbe accaduto a MORABITO, tenuto contro di quella “cultura” di cui sono impregnati e sulla
quale ci siamo avanti intrattenuti, per altro verso sono pesantemente smentiti dalla realtà processuale che è ora sotto i loro
stessi occhi (solo un ANTONIO SCHETTINI oserà spargere la notizia in carcere - ai vari COCO TROVATO, JIMMY
MIANO, ECC. - che sta collaborando, ma solo perché tale voce era stato concordata in attuazione di un progetto di c.d.
depistaggio: v. aff. 1635 e segg.) . La verità è che vi furono solo delle “voci” su ciò che MORABITO stava facendo, alle
quali, dopo frenetiche “consultazioni” e con l‟autorità stessa di un DOMENICO PAPALIA, si era ritenuto (per fortuna) di
non dar credito. Anche se, da epoca successiva al trasferimento del PAPALIA a Rebibbia, quelle “voci” sembravano aver
preso una certa consistenza, perché qualche cosa nel gruppo PAPALIA e qualcuno in quel gruppo ( o per quel gruppo),
comincia a muoversi e ad agitarsi ( v. il “sopralluogo” nell‟ufficio del P.M.; gli improbabili quanto autorevoli “pentimenti”
su giudizi di condanna del PAPALIA DOMENICO - per l‟omicidio di D‟AGOSTINO, in un lontano passato espressi e ormai
coperti da giudicato, seguiti poi anche da interessamenti di autorevoli personaggi (cfr. pagg. 292-298 e 402-435 della o.c.c. 2
ottobre 1993 del G.I.P. di Milano); strani improvvisi progetti, poi puntualmente attuati, di passaggio alla latitanza di un
ANTONIO MUSITANO - ex VITTORIO FOSCHINI cfr. infra la posizione MUSITANO, allarmanti conversazioni
telefoniche intercettate aventi ad oggetto progetti di aggressione a magistrati che di quei personaggi stavano interessandosi:
v. per tutto, esami dibatt. citt. collaboratori e infra)
47
V. infra.
48
E, quindi, anche al di là di ogni ipotesi di enfatizzazione dell‟atmosfera che pesava su quella inchiesta
415
Bergamo di accertare se quelle “voci” fossero fondate, se MORABITO stesse veramente collaborando.
49
E viene dallo stesso ROMEO una ulteriore, inquietante conferma di come si agitarono le acque a
Bergamo quando cominciò a serpeggiare il sospetto della collaborazione di MORABITO. Vi furono
frenetiche consultazioni: qualcuno si rifiutò di credere, proprio per quello che rappresentava il
MORABITO, per il prestigio di cui godeva la sua figura: DOMENICO PAPALIA anzitutto, che
provvide anche a tranquillizzare gli altri ( i vari TOTO PARISI, i FRANCHINO MANNINO, quello
stesso MARIO COMMISSO che, con la libertà di circolazione nel carcere che il suo lavoro di barbiere
gli offriva, quelle voci aveva concorso a far circolare). ma poi, quando DOMENICO PAPALIA fu
improvvisamente trasferito al carcere di Rebibbia a Roma, senza apparente ragione, i dubbi, le
preoccupazioni ripresero.50
----------------------------------------------------------------------------------------------------49
Cfr. MORABITO, aff. 827 e INZAGHI
Merita di riportare integralmente i passi più importanti dell‟esame dibattimentale di ROMEO su questo tema, per poter
meglio apprezzare, dalle sue stesse parole, che cosa realmente significò per MORABITO, fare la scelta di collaborare con
l‟A.G. e come furono giustificate le sue preoccupazioni e accorto il suo modo di procedere. Parla ROMEO, interrogato dal
P.M.:
„‟‟‟‟‟I.R.C. - Allora per lo più io mi incontravo con il MARIO COMMISSO al passeggio del carcere ed era lui che mi riferiva
dei sospetti che avevano di là alla sezione differenziata, perché il TOTO PARISI e il MANNINO FRANCHINO erano alla
sezione differenziata e avevano un passeggio antistante al nostro, dove c‟era la finestra del barbiere dell‟Istituto, il barbiere
dell‟istituto era MARIO COMMISSO.
Quindi io più di una volta sono andato in quella stanza adibita a barberia e dalla finestra avevo modo di parlare con TITO
PARISI o con il FRANCHINO MANNINO, i quali avevano saputo anche loro che SAVERIO MORABITO aveva avuto
l‟incontro con il dottor NOBILI, cioè con Lei, e che quindi il sospetto era più che fondato che SAVERIO stesse
collaborando. Poi ho parlato con DOMENICO PAPALIA, non ricordo adesso preciso il periodo, comunque lui mi disse ...
era rientrato dalla sospensione pena e mi disse che aveva saputo attraverso il FRANCHINO MANNINO che SAVERIO
MORABITO stava o voleva collaborare.
P.M. - Quindi il DOMENICO PAPALIA le fa presente che ha saputo dal FRANCHINO MANNINO, ma l‟ha saputo quando
era fuori dal carcere ...
I.R.C. - Si, lui era in sospensione pena.
P.M. - Lei sa dove ha trascorso il periodo di sospensione?
I.R.C. - Io precisamente non lo so, però quando abbiamo parlato disse che era in albergo vicino al lago, non ricordo con
molta precisione.
P.M. - Ho capito. Quindi quando sta fuori dal carcere apprende di questi sospetti, diciamo, dal FRANCHINO MANNINO.
I.R.C. - Quando sta fuori, si. Lui gli manda a dire al FRANCHINO - almeno questo lui ha detto - di stare più che tranquillo,
che non erano vere quelle voci, che erano infondate. Questo perché? Mi dice DOMENICO che pensa che il FRANCHINO
voleva vendicarsi su di SAVERIO, perché una volta aveva detto il FRANCHINO MANNINO a SAVERIO MORABITO che
lui aveva un debito ... cioè avanzava un debito da - mi sembra - FRANCO MOLLUSO, un mio compaesano, adesso non
ricordo perfettamente, comunque il nome di questo FRANCO MOLLUSO era sicuramente .. faceva parte di questo tipo di
discorso,
perché
il
MOLLUSO
o
chi
per
lui
dovevano
50
416
MORABITO SAVERIO, sin dall‟inizio, rese chiara la sua intenzione di allargare la fascia di
collaborazione a persone che gli erano estremamente care, come il cugino ROMEO ANNUNZIATINO,
più giovane di lui di una decina d‟anni e verso cui, come si è detto,
----------------------------------------------------------------------------------------------------pagare una partito di roba, mi sembra di cocaina, al FRANCHINO MANNINO.
Quindi il FRANCHINO aveva detto a SAVERIO MORABITO se lui avrebbe fatto da tramite, cioè se lo avrebbe aiutato a
recuperare i soldi da parte di questi miei compaesani. Mi sembra che SAVERIO gli abbia detto di si, poi non abbia fatto
niente o gli abbia detto che non gi interess.... non so bene la risposta che gli ha dato SAVERIO.
Quindi DOMENICO pensava che FRANCHINO gli ha mandato a dire questo solo perché voleva vendicarsi in un certo senso
con SAVERIO e in altro senso per apparire bello alla vista di DOMENICO PAPALIA.
P.M. - Ma DOMENICO PAPALIA le ha manifestato sospetti, nel senso lui ha preso in consid.. per quello che ha riferito a
Lei ovviamente...
I.R.G. -No.
P.M. - Ecco, ha creduto a queste voci per le confidenze che ha fatto a Lei o ha avuto anche lui dei momenti di perplessità?
I.R.C. - Lui, per quello che abbiamo parlato con me, mi ha sempre detto che non crede mai che SAVERIO collaborerà, in
quanto lo conosce molto bene, che lo vuole troppo bene, tutte queste cose qua. Dice “non crederò a nessuno che mi venga a
dire che SAVERIO collabora”. Tanto che in quel periodo c‟era TOTO PARISI che si trovava alla sezione differenziata, come
mi sembra di aver già detto, e per una settimana credo l‟hanno portato di qua alla sezione normale. Questo perché il PARISI
aveva incontrato il DOMENICO PAPALIA e gli aveva detto: c‟è SAVERIO che mi dice di continuare a venire di là alla
sezione normale, anche l‟Ispettore dell‟Istituto mi ha chiamato e mi ha detto che c‟è la possibilità di questo trasferimento alla
sezione normale, però non voglio venire perché c‟è SAVERIO e ci sono queste voci”. Lo stesso DOMENICO dice a TOTO
PARISI di stare tranquillo, anzi di venire subito nella sezione dove eravamo noi e il TOTO è rimasto lì credo una settimana,
questo finché il DOMENICO non è stato trasferito. Quando DOMENICO è stato trasferito la mattina stessa mi ha chiamato il
TOTO PARISI e il MARIO COMMISSO e mi ha detto: “allora vedi che le cose risultano per quello che abbiamo detto noi,
perché non è possibile che DOMENICO sia trasferito così senza che nessuno sappia niente, quindi vuoi dire che SAVERIO
sta collaborando veramente”.
P.M. - Lei questo l‟ha riferito .. questi sospetti Lei poi li riferiva poi a SAVERIO MORABITO?
I.R.C. - Si, tutto quello che io parlava all‟aria con questi signori qua riferivo tutto a SAVERIO.
P.M. - Ecco, ma poi, visto che siete stati un anno in cella etc., quindi mi pare che ... così, non sia successo alcunché, cioè
parte DOMENICO PAPALIA, cioè viene trasferito dal Carcere di Bergamo, Lei ha detto: “MARIO COMMISSO mi dice
<vedi che allora c‟è qualcosa>“.
I.R.C. - Si.
P.M. - Ecco, quand‟è che finisce questo giro di voci, questo giro di ..
I.R.C. - Questo giro di voci finisce perché dopo, guardi, li è stato trasferito anche MARIO COMMISSO, anche qualcuno
delle Guardie o qualche Brigadiere, non so bene adesso che grado aveva. Quindi partiti loro le voci sono finite, anche
FRANCHINO MANNINO era stato trasferito, adesso non so per quale motivo era stato trasferito il FRANCHINO e gli altri,
però una volta che questi sono stati trasferiti le voci non ci sono più state nel carcere, quindi abbiamo ... posso dire così, 5 o 6
mesi, gli ultimi 5 o 6 mesi li abbiamo trascorsi potrei dire tranquillamente „‟‟‟ (aff. 14.183-14.1879
417
avvertiva delle responsabilità. 51 Come il fratello LUIGI ASSUNTO, che voleva togliere da un ambiente
delinquenziale nel quale navigava pericolosamente, anche per la sua passata dipendenza dalla droga. 52
E intervenne, in tal senso, del tutto legittimamente. Pensare a collusioni tra tali personaggi per
costruire prove false a carico degli altri imputati, con totale vuoto di indicazioni probatorie in proposito,
appare assolutamente fuori luogo. ROMEO, a cospetto della imponente massa di informazioni su
episodi delittuosi gravissimi riferiti dal cugino MORABITO, poteva parlare, peraltro, solo di droga e
solo su ciò (sia pure, robustamente) avvalorarne il discorso. LUIGI ASSUNTO dal canto suo poteva
riferire, come poi ha fatto, solo su una gran quantità di rapine53 che sfiorano appena il complesso
accusatorio del fratello e su un piccolo traffico di droga (questo perché era fuori dal gran giro del
gruppo SERGI54). Non era certo, dunque, il personaggio che poteva molto servire per accreditare un
----------------------------------------------------------------------------------------------------51
Tra l‟altro, MORABITO, non gli aveva neppure dato retta quando ROMEO aveva cercato di dissuadere lui e , suo tramite,
i SERGI dall‟impiantare la raffineria in Rota Imagna: aff. 812-815. MORABITO sperava addirittura che ROMEO arrivasse a
collaborare “spontaneamente”, non sotto la sollecitazione che gli sarebbe arrivata dal peso di accuse di chiamanti in correità:
sarebbe stata certamente più apprezzata dal magistrato (aff. 811-814, con conferma sul punto dello stesso ROMEO: aff.
14.177, 14.179).
52
Aff. 816. Nel novembre-dicembre 1992, si saprà dallo stesso LUIGI ASSUNTO (v. interr. al P.M. del 5.5.93, pag. 12), che
aveva preso parte a una rapina a una Agenzia del Banco di Roma in Milano. fu precisa ed espressa volontà del MORABITO
SAVERIO quella di convincere anche il fratello ASSUNTO LUIGI, a seguire le sue stesse tracce, per la semplice ragione
che quello fu ritenuto l‟unico modo per poter garantire l‟incolumità del congiunto, trattandosi, ASSUNTO LUIGI, di persona
dalle esperienze più varie, ivi compresa quella del consumo, per non breve periodo, di droghe “pesanti” (anche anfetamine,
come dallo stesso poi confermato) e dalla volontà non granitica e di facile influenzabilità in certi ambienti malavitosi. Non
senza qualche rischio MORABITO SAVERIO decise di rivelare, con notevole anticipo, la sua scelta di collaborazione al
fratello ASSUNTO LUIGI al fine precipuo di indurre costui a soppesare rischi di una vendetta che avrebbe potuto
coinvolgerlo a pieno titolo. L‟unico modo, in sostanza, per evitare che il fratello restasse in ambienti la cui pericolosità
poteva non esattamente soppesare, anche in riferimento a presunti autentici “amici”, era quello di convincerlo a schierarsi
dalla medesima parte, così da entrare in quell‟ambito di protezione istituzionale che ne avrebbe assicurato l‟abbandono dai
pericolosi citati ambienti. Non da ultimo, poi, tale scelta avrebbe consentito di alleviare quel lungo periodo di carcerazione
(anni 12 circa) che incombeva su ASSUNTO LUIGI per l‟imminenza di un ordine di carcerazione per gravi episodi, sia pure
di vecchia data (fatti del 1986).
53
In danno di istituti di credito, gioiellerie ed oreficerie, in particolare.
54
LUIGI MORABITO, infatti, non fu mai inserito nel “gruppo SERGI”. Questo perché - in sintesi, e secondo la spiegazione
fornita sia dal LUIGI che dal SAVERIO MORABITO - lo stato di tossicodipendenza in cui versò il LUIGI MORABITO sin
dagli inizi degli anni „80 lo rendeva “inaffidabile” e poteva costituire un rischio per un gruppo criminale di spessore ed
efficienza sicuramente fuori del comune come quello dei SERGI. Questo, tuttavia, non impedì a LUIGI MORABITO di
mantenere rapporti con quel gruppo, sia pure a livello occasionale e sempre grazie al “filtro” del fratello maggiore
SAVERIO.
418
MORABITO SAVERIO. E se si considera che quest‟ultimo ha cominciato a collaborare a cavallo tra la
fine settembre e i primi dell‟ottobre 1992 e il fratello LUIGI, nel novembre-dicembre di quello stesso
anno, era impegnato nell‟ennesima rapina55, appare più che credibile il racconto di MORABITO quando
dice che lo voleva tirar fuori da quel mondo balordo.
L‟approccio di MORABITO con il cugino ROMEO è poi estremamente cauto, da par suo, anche se sa
che il giovane che ha davanti non lo tradirebbe mai: e se non osa dirgli chiaramente che sta collaborando
con la giustizia (lo interpella solo per sapere come la penserebbe se questo avvenisse, saggia il terreno),
il ragazzo lo intuisce subito egualmente. E la risposta negativa è immediata: se vuole, che lo faccia e che
conti pure sul suo silenzio, ma per quanto lo riguarda, lui, ROMEO, non ci pensa neppure a prender
quella via. 56 In ogni caso, non vuol sapere nulla di quel che il cugino intende riferire al magistrato (ne
tanto meno il MORABITO si sognerà di dirglielo57). Vuole solo esser lasciato in pace58: è pronto a farsi
i suoi 10 anni di carcere che gli rimangono per la condanna riportata per i fatti della Raffineria di Rota
Imagna,59 per poi mettersi a lavorare e cambiar vita.60
___________________
55
Cfr. nota precedente.
MORABITO, aff. 811 e 814 e ROMEO, aff.14.148.
57
ROMEO , aff. 14.79.
58
Ci sarà solo un approccio in futuro per la decrittazione di alcuni soprannomi riportati su appunti relativi a clienti per la
droga (aff. MORABITO, aff. 815).
59
ROMEO, aff. 14.178.
60
Ecco uno dei tanti passi, forse il più significativo, nel quale ROMEO spiega così alla Corte la condotta tenuta da
MORABITO: “””””””I.R.C.- Perché lui aveva deciso di collaborare e voleva prima di tutto proteggermi in qualche modo,
perché in quel periodo l‟unico parente che era in prigione del MORABITO ero io. Quindi se sarebbe venuto fuori che lui
stava collaborando io avrei corso dei seri rischi e anche perché lui voleva convincermi a collaborare. Per questo lui......
almeno così mi ha detto, che per questo motivo mi ha fatto trasferire a Bergamo intercedendo presso il dottore.
P.M. -Ecco, quindi Lei è arrivato a Bergamo, appena ha rivisto il MORABITO ha appreso subito della Sua scelta di
collaborazione: ecco, può raccontare come è andata, diciamo come....... così, se ha un ricordo almeno di questa prima fase?
I.C.R.- No, lui subito non mi ha parlato chiaramente. Io avevo capito, come mi sembra di aver detto, che c‟era qualcosa che
non andava perché ero stato trasferito dalla sezione differenziata senza manette, senza perquisizione. Poi sono arrivato al
Carcere di Bergamo dove io conoscevo un Brigadiere mi ha chiesto se ero il cugino di MORABITO e se volevo andare in
cella con lui, gli ho detto di sì e mi chiese se avevo dei problemi con il MORABITO, se avevamo avuto delle discussioni: alla
mia risposta negativa mi ha detto che dovevo firmare un foglio, una carta dove io mi assumevo tutte le responsabilità per
poter passare in cella con il MORABITO. Tutto questo mi ritornava strano. Quindi quando sono andato in cella con il
MORABITO ho visto che lui mi faceva dei discorsi, un Po vaghi comunque, su quanto stava succedendo, sulla legge per i
collaboratori, mi diceva “......se eventualmente qualcuno
56
419
Con il fratello LUIGI il discorso può esser diverso.
MORABITO SAVERIO non impiegato molto a coinvincerlo, tanto che già nel gennaio-febbraio „93 (il
suo primo interrogatorio è, infatti, del 22 febbraio 1993) in esito a un colloquio che ha col
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collaborerà e saremo chiamati in causa, tu come di comporterai?. Io pensandola in modo diverso naturalmente ha detto:
“niente, mi farò la mia prigione e farò tutto il possibile per smentire questo eventuale collaboratore che mi accuserà, se ci
sarà”.
Quindi dopo circa un mese, forse prima, c‟era nel carcere di Bergamo un signore che si chiamava MARIO..... non ricordo
adesso ilo cognome, non mi viene, uno che avevo conosciuto quando ero stato portato a Bergamo appena arrestato. Il
MARIO ebbe a dirmi un giorno a passeggio che c‟erano dei sospetti sul MORABITO SAVERIO in quanto lui aveva saputo
da un Brigadiere mi sembra, da un Brigadiere della Casa Circondariale, che SAVERIO MORABITO aveva un incontro con il
dottor NOBILI della Procura di Milano e quindi si sospettava che SAVERIO MORABITO volesse collaborare. Anche
perché in quel periodo nel carcere di Bergamo stavamo allestendo la Sezione differenziata, cioè era già allestita, quindi
stavano attuando i trasferimenti dalle sezioni normali alla sezione differenziata tutti quelli che avevano il reato associativo.
Sia io che il MORABITO avevamo il reato associativo però non siamo stati condotti lì in quella sezione, non ci hanno
portato nella sezione differenziata e questo è stato anche un motivo per cui le voci sulla possibile collaborazione di
MORABITO sono venute fuori da parte di MARIO COMMISSO, ecco adesso ho ricordato il cognome. Quindi....era dopo un
mese, ho detto, io sono andato in cella e ho detto a SAVERIO MORABITO “guarda che ho parlato oggi con MARIO
COMMISSO e mi ha detto che sospettano di te, che ultimamente non ti vedono più come ieri prima, che hai cambiato in Po
il tuo atteggiamento, che sei sempre lì nell‟ufficio del Brigadiere al primo piano” e lui mi ha detto: “ ma non sono le voci,
così, perché sono invidiosi perché io mi so muovere qua nel carcere “Parlavamo del più e del meno, così, poi una sera gli ho
detto: “ma scusa, perché non mi spieghi il motivo perché noi non siamo andati in quella sezione differenziata visto e
considerato che abbiamo il reato associativo, io ero già nella sezione differenziata, e il fatto stesso che tu ti muovi nel carcere
e vai dove vuoi, in quale sezione vuoi, spiegami un attimo com‟è la storia in questo carcere?” lui ha capito subito che io
avevo in qualche modo pensato che lui eventualmente sta collaborando e ha cercato di aprire il discorso, a un certo punto io
gli ho detto: “senti, parliamoci chiaro, è inutile che stiamo qua a tirare troppo la corda. Dimmi quello che stai facendo.” E lui
mi ha detto: “guarda, io ho iniziato a collaborare con la Procura di Milano nella persona del dottor NOBILI, ti ho fatto
trasferire qua proprio per questo: prima perché non volevo lasciarti lì perché pensavo che potevi correre qualche pericolo e
poi per convincerti a collaborare”. Certo, sono rimasto male. Per due o tre giorni sono rimasto freddo con il MORABITO,
quasi non ci parlavamo. Poi era una situazione.... non poteva andare troppo avanti, va bene, gli ho detto: “ascolta, guarda, io
non collaborerò perché non rientra nel mio ordine di idee questo tipo di discorso. Tu hai fatto questa scelta, vai avanti, se
vuoi che rimango qua, rimango, se no fammi trasferire è indifferente. Comunque sia, o rimango qua o vado via, da parte mia
nessuno saprà mai che stai collaborando”. Lui mi ha detto: “guarda, non perché tu stai zitto, io ti lascio fuori, non ti chiamerò
in causa per i reati che abbiamo commesso insieme solo perché penso che tu un domani deciderai di collaborare. Se tu
collabori spontaneamente allora anche il Magistrato la prenderà in un altro modo la collaborazione se invece tu collabori
dietro.... cioè dopo che ti è arrivato il mio ordine di carcerazione delle mie dichiarazione la collaborazione è meno
credibile....”non lo so, una storia così. Comunque siamo rimasti li un anno e io non ho voluto collaborare.””””(aff, 14.17314.177).
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fratello, LUIGI ne segue il suggerimento e si affida ai due funzionari di Polizia che quello gli ha
indicato e che lo attendono fuori del carcere.61
E‟ poi la volta di MARIO INZAGHI, il fedele compagno di MORABITO, correo di tante imprese
delittuose (omicidi, sequestri, droga, ecc.), suo “compagno di avventura per circa vent‟anni”, come lui
stesso dice. Anche lui è nei pensieri di MORABITO che però non vuole metterlo davanti alla sua
collaborazione come a un “tradimento”, e cioè senza aver prima tentato di convincerlo a scegliere la
stessa strada, 62 “...perché quando si è amici per venti anni, si è compagni di avventura, se pure avventure
non belle, uno si sente sempre tradito quando si vede trattato in un modo come questo.” E così anche
INZAGHI è volutamente avvicinato al MORABITO: arriva al carcere di Bergamo, provenendo da
quello di Palmi, il 27 settembre 1993. E‟ l‟occasione per il MORABITO di tentar di far breccia nella
testa dell‟amico, “di aprirgli gli occhi,” anche se non ha molte speranze, sapendolo in quel in quel
momento ancora molto legato al suo ambiente. Gli interrogatori più importanti di MORABITO sono a
quell‟epoca già terminati, ne resta uno brevissimo il 30 settembre e altri cinque di contorno dopo il noto
“blitz”, del 14 ottobre „93, quando scatta la prima grossa ondata dei 221 arresti operati sulla scorta della
collaborazione sua e del fratello LUIGI.
La cautela è d‟obbligo, anche in questo caso, anzi di più perché INZAGHI non è della tempre di
ROMEO, non è calabrese, non è uno di Platì, ha appena due anni di carcere da scontare e poi è fuori:
Inoltre non ha quella capacità di arrivare subito al nocciolo dei problemi e di risolverli con quella
rapidità e determinatezza che ha ROMEO: la formula è comunque la stessa (“....ma tu cosa pensi se
dovessimo..perchè non decidiamo di collaborare, perché non facciamo......2)63, insomma prende le
mosse la lontano (i SERGI che li avevano abbandonati, i pericoli che avrebbero corso una volta usciti
dal carcere..64), ma la risposta è anche in questo caso negativa: gli dà, anzi chiaramente del “matto”.
Sta di fatto, però, che INZAGHI mangia la foglia e lo fa sapere subito a ROCCO PAPALIA, tramite la
moglie di lui.65 E l‟allarme
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61
Aff. 816. Anch‟egli poi, come il fratello SAVERIO, ha volontariamente accettato di rimanere in un regime carcerario
ordinario tutto il periodo in cui è stato interrogato, pur consapevole dei rischi che ciò comportava.
62
Vedi la conferma di tutto questo anche in ROMEO, aff. 14.192.
63
Vedine la conferma anche in ROMEO, aff. 14.193 e segg.
64
Aff. 823-828.
65
Circostanza non smentita.
421
rientra solo grazie al fatto che MORABITO, allertato da ROMEO che ha percepito la mossa di
INZAGHI, dà ad intendere a costui di aver voluto solo fare un battuta, di aver detto una “stupidata” in
un momento di stanchezza, di scoramento forse dovuto alla lunga carcerazione.66 Occorrerà però poco a
INZAGHI, più tardi, per convincersi a fare quella scelta: la notte freneticamente passata a leggere
l‟ordinanza di custodia cautelare 2 ottobre 1993 che MORABITO li lascia tra le mani la mattina del
giorno 14 ottobre 199367, quando- come da programma- chiude dietro di sè le porte del carcere di
Bergamo per passare in struttura detentiva esterna al circuito penitenziario, gli aprirà definitivamente gli
occhi: “Non fare lo stupido, se hai un briciolo di cervello. sai che cosa devi fare, chiama il
magistrato...”, potrà finalmente e apertamente dirgli quella mattina, nel salutarlo, MORABITO (v.
avanti).
Sta di fatto che i tre, MORABITO, ROMEO, e INZAGHI per una quindicina di giorni stanno nello
stesso carcere, vicinissimi, i primi due nella stessa cella addirittura, l‟altro nella cella di fronte.
Eppure ciò che avviene in quelle due settimane è raccontato dai tre, seppure in tempi diversi, in maniera
così ricca di dettagli anche insignificanti, così precisa, che resta inimmaginabile (pur nella sostanziale
identità dei contenuti narrativi) una fraudolenta concertazione.
Per rendersene conto basta, a titoli di esempio, scorrere le pagine nelle quali MORABITO e INZAGHI
raccontano come si svolsero i fatti quella mattina del 14 ottobre „93. I racconti sono così specularmente
ricchi di sfumature, di annotazioni, di particolari tutto sommato irrilevanti nell‟economia complessiva
del racconto che si raccomandano da soli per genuinità, spontaneità e veridicità: Da diverse prospettive,
attraverso le parole dei personaggi così diversi (per profilo psicologico e caratura criminale), emerge in
tutta la sua vivezza un quadro che nessuna artificiosa costruzione sarebbe riuscito a rappresentare in
modo tanto coerente, con identiche sequenze e a tinti tanto convincenti.
Merita davvero riportarli per intero.
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66
Aff. 823-828. Vedine la conferma in ROMEO, aff. 14.194 e segg.
In verità, assieme a quella del 2 ottobre 1993 riceve anche quella del 7 ottobre 1993 emessa sulla scorta delle dichiarazioni
di MORABITO LUIGI ASSUNTO, ma è certamente -e intuibilmente-la prima che risolve ogni possibile indecisione.
67
422
Quella mattina, dunque, MORABITO SAVERIO incontrerà per l‟ultima volta l‟amico INZAGHI: è
l‟ultima occasione per “saggiare” l‟amico, per lanciargli quel messaggio che sino ad allora non aveva
capito e su cui d‟altra parte lo stesso MORABITO non aveva ritenuto di insistere più di tanto,
conoscendolo bene e, soprattutto, sapendo i suoi limiti 68.
Gli domanda allora il P.M.:
“Il giorno- e concluso-il giorno del suo trasferimento, quindi il giorno dell‟esecuzione delle ordinanze di
custodia cautelare mi sembra che disse che ebbe comunque a incrociarsi o a vedersi un attimo con
l‟INZAGHI...
I.-Sì.
P.M.- Se è così che cosa avvenne, cioè a quel punto era scoperta la sua collaborazione, vi siete detti
qualche cosa, gli ha lanciato Lei qualche messaggio?
I.-Allora tutto avviene al mattino verso le 8.00 Io esco dalla mia cella per andare a fare la doccia,
(MORABITO sa che quella mattina avrebbe lasciato il carcere: n.d.r.) rientro, mi preparo, quando sto
per uscire.... siccome INZAGHI occupava la cella di fronte alla mia, quando sto per uscire dalla cella,
perché avevo pregato alla Guardia di venire ad aprirmi, l‟INZAGHI si affaccia dalla sua porta e mi dice
“ma hai sentito il televisore?”. Ho detto “no, non ho sentito niente, perché cosa è successo?” “mah
davano la notizia a canale 5 che c‟è stata una grossa retata nel gruppo dei SERGI e dei
PAPALIA”.(MORABITO capisce al volo, e prosegue il racconto: n.d.r.) Io avevo intuito di cosa poteva
trattarsi e gli rispondo “mah le solite cose, ogni tanto ne TIRANO fuori uno” perché non potevo
trattenermi lì con lui perché ero stato già chiamato negli uffici che c‟erano degli agenti della Dia che mi
aspettavano, mentre ero giù (cioè negli uffici matricola del carcere: n.d.r.) che stavano espletando le
PRATICHE di scarcerazione (MORABITO veniva infatti scarcerato per esser tradotto in detenzione
extracarceraria: n.d.r.) altri agenti convocano l‟INZAGHI per la
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68
Cfr. MORABITO:.....” io ho tentato un paio di volte, quando ho visto che lui...mi sono reso conto che lui non ci sentiva, mi
sono ritirato e non ho più avanzato nessuna manifestazione: Ho chiuso l‟argomento subito, però ho pregato mio cugino
ROMEO ANNUNZIATO di sollecitarlo, dicevo a mio cugino “cerca di capire cosa gli passa per la testa” e mi ricordo che...
siccome mio cugino coabitava con me, la stessa cella, quando io rientravo in cella dopo le ore di lavoro, chiedevo a mio
cugino “ma il MARIO cosa ti dice, cosa te ne sembra, secondo te è uno che potrebbe collaborare o no?” e mio cugino mi
rispondeva “ no, no, guarda assolutamente il MARIO non ne vuole sapere assolutamente nulla “(ud.15.5.95)
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notifica della custodia cautelare, ecco e in quella circostanza ci siamo incrociati (sono nell‟ufficio
matricola: n.d.r.), lui credo abbia capito, però anche se non aveva capito io gliel‟ho detto, gli ho detto
“guarda MARIO io ho collaborato, quest‟ordinanza (quella che stavano notificando a INZAGHI: n.d.r.)
è arrivata per le mie dichiarazioni, leggitela e vedi cosa vuoi fare, non fare lo stupido, se hai un briciolo
di cervello sai cosa deve fare, chiama il Magistrato e vedi “cosa che poi ha fatto”.
P.M. -Questo è stato l‟ultimo incontro, quindi, che....
I. -Si , l‟ultimo incontro con INZAGHI.”
E‟ un brano che come pochi, nella sua naturalezza, nella indicazione di particolari tanto insignificanti -e
proprio perciò tanto più veri- dà la misura della autenticità dell‟episodio, del legame profondo che
unisce i due imputati, così diversi tra loro, della sincerità -infine-di chi sta rievocando un momento
particolare, forte, del suo passato. E, di riflesso, della sincerità della sua scelta di collaborazione e della
narrazione che farà al Giudice del suo passato.
E così, pressoché specularmente, lo racconta INZAGHI che sino a quel momento, come abbiamo detto,
aveva dato del “pazzo” al MORABITO quando gli aveva prospettato l‟ipotesi di una “collaborazione”69:
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69
P.M. “Le chiedo di spiegare cosa è avvenuto, se è avvenuto qualche cosa, quando Lei è stato trasferito a Bergamo circa -Lei
ha detto -due settimane prima, della notificazione dell‟ordinanza NORD SUD, cioè se c‟è stato da parte del MORABITO nei
suoi confronti qualche approccio?
I. -Dunque, fino al mio arrivo a Bergamo per me era tutta sconosciuta la sua collaborazione; c‟è stato un episodio, diciamo i
primi giorni, che il MORABITO mi ha contattato e mi ha esposto un suo pensiero di voler collaborare, al che io gli ho detto:
“ma sei tutto impazzito-dico- non vedo il motivo perché ci sia da coll.... almeno per quanto riguarda me non c‟è nessuna
motiviazione, che fra l‟altro io fra due anni sono fuori”.
P.M. - Lei doveva scontare altri due anni quindi e basta.
I. Si praticamente e poi ero fuori. Dico...insomma si parla del più e del meno, cerco di capire il perché lui voglia collaborare,
mi espone un pò i suoi fatti, che secondo lui ci sono dei pericoli o che cosa...
P.M. -Può dire, se lo ricorda, quali fatti le espone il MORABITO?
I. -Si, dei fatti tipo che era stato decretato la sua e la mia morte, di questo dico “mah, a me mi sembri un pò fuori strada” e
cerco di convincerlo a riprendere i suoi passi.
P.M. -Quindi, chiedo scusa, lui le dice che è decretata la vostra morte, ma decretata da che..
I.-Si, che infatti c‟è ...dalla famiglia SERGI E PAPALIA.
P.M. - E perché sarebbe stata decretata questa morte?
I.- Diciamo..... embrionalmente non me lo so neanche spiegare io, perché non è che io abbia chiesto tante volte spiegazioni
dei fatti o meno, però a mio parere non vedevo questa diciamo questo pericolo.
P.M. -Quindi Lei l‟ha considerato quasi un bluff allora, se non sapeva il perché?
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I.-Ecco, poi a quel punto lì ho cercato ...
P.M. -Ecco, chiedo scusa, quindi il MORABITO allora le dice che sta già collaborando o le dice “che ne dici tu se collab...”.
I.-No, lui mi fa ... lui mi dice “cosa ne pensi se io collaboro?”, “ma dico.... ma tu sei tutto pazzo?!”, sempre considerando che
io avevo finito.
P.M. -Ho capito, ma questa richiesta “cosa ne pensi se io collaboro?” aveva anche il fine di portare anche Lei a seguire la sua
strada o era soltanto una comunicazione di un amico, diciamo, così?
I.-Mah. secondo me, vedendo i fatti, diciamo, che poi si sono verificati era un qualche cosa come volermi salvare, però al
momento io non l‟ho presa in considerazione: Sta di fatto che al primo colloquio che ho avuto con mia moglie ho fatto
avvisare la moglie di ROCCO PAPALIA, dico “c‟è MORABITO che ha dei cedimenti”. Poi il giorno successivo o dopo due
giorni il MORABITO riapre ancora questo discorso e mi fa “mah, effettivamente ci hai ragione un pò -fa- non vale la pena
che collaboro”, cioè lui ha agito furbescamente perché sapeva quello che aveva combinato. Allora a questo punto qui mando
fuori un‟altra ambasciata e gli dico “guarda che è tutto tranquillo”, sempre tramite mia moglie, ci ho telefonato.
P.M. -Quindi la prima volta, quando lui le dice “che ne dici se io collaboro?” e quindi lei capisce cosa vuol dire “...se
collaboriamo”, Lei manda questa ambasciata ....
I.-Si, assolutamente gli ho detto:”tu sei pazzo, non fare neanche questi discorsi”.
P.M. -Ecco io le chiedo questo:Lei ha sempre dichiarato nei suoi interrogatori - e poi lo vedremo meglio in seguito, ma anche
oggi ha avuto uno spunto - di essere un appartenente, diciamo così, a quello che solo per comodità noi chiamiamo il gruppo
SERGI, io le chiedo come mai Lei fra tante persone che poteva avvertire di questo, come Lei l‟ha chiamato, cedimento del
MORABITO sceglie ROCCO PAPALIA?
I.-Scelgo ROCCO PAPALIA perché per me, diciamo, negli anni precedenti...... perché poi quando adremo avanti nel
processo si capirà meglio, io avevo molta più fiducia nella famiglia PAPALIA, in quanto che i SEGI si sono verificati dei
buffoni.
P.M. -Ecco può spiegare il perché, scusi? Lei è stato arrestato nell‟ 88, diciamo, di quale Gruppo fa parte?
I.-Appartenevo al Gruppo SERGI.
P.M. -Ecco, allora dall‟ 88 al „93, quando Lei effettua questa scelta, Lei ha avuto un giudizio duro, ha usato la parola
“buffoni”, può spiegare in questi anni di carcere che cosa l‟ha fatta.... che cosa è maturato in Lei per arrivare a questo
giudizio?
I.-Mah, possiamo citare un particolare, tipo la valigia per la quale sono stato arrestato e sono stati trovati i soldi di svariati
sequestri, che io affettivamente no sapevo nulla, mentre loro sapevano quello che mi davano per effettuare questo pagamento.
P.M. -Cioè quindi quando Lei...
I.-Questo è uno dei tanti particolari.
P.M. -Quindi Lei, se non capisco male, recrimina che quando ha consegnato quella somma di denaro.... a quanto ammontava
circa?
I.-Erano 360 milioni.
P.M. -Ecco, quando ha versato quella somma c‟erano dei soldi di sequestri...
I.-Si
P.M. -.... di persona e Lei, se non capisco male, contesta ai suoi ex complici o soci che loro sapevano che c‟erano quei soldi
ma Lei no?
I.-Appunto
P.M. -Quindi Lei la considera questa una grave, se non capisco male....
I.-E‟ una grave mancanza questa, forse peggio di quella che secondo loro io sono ritenuto qua oggi.
P.M. -Ho capito E sono accadute altre cose. Lei durante il carcere ha avuto dei contributi, delle sovvenzioni, chiamiamole
così, da parte dei SERGI per Lei, per la sua famiglia?
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I.- Assolutamente niente.
P.M. -Ecco, ma come mai - io torno alla domanda di prima - come mai sceglie il ROCCO PAPALIA. Cioè Lei dice “io ho
avuto più stima per i PAPALIA”.
I.-Per il semplice che sebbene io ero con i SERGI, quando ho avuto bisogno diciamo di un aiuto, diciamo, l‟ho avuto dai
PAPALIA, sebbene che io ero con i SERGI.
P.M. -Quando lei è stato agli arresti domiciliari...
I.- Precisamente.
P.M. -..... Quei sei mesi circa...
I.- Precisamente.
P.M. -... ha avuto delle visite, ha avuto degli aiuti?
I.- Si, ho avuto delle visite e ho avuto anche un aiuto economico.
P.M. -Da parte di chi?
I.-Di ANTONIO PAPALIA.
P.M. - Di ANTONIO....
I.- Di ANTONIO e ROCCO PAPALIA naturalmente.
P.M. -Ho capito. Le ha dato anche del denaro?
I.- Si, del denaro
P.M. -Può ricordare, se ricorda...
I.- Non mi ricordo quanto era la cifra.
P.M. -Ho capito. Quindi, diciamo, Lei aveva del rancore in buona sostanza verso il Gruppo SERGI?
I.- Beh, insomma, non è che ero contento del suo operato, diciamo del suo comportamento nei miei confronti, considerando
anche un particolare, che quando è morta mia madre ho mandato a chiedere da mio figlio al signor PAOLINO SERGI due
milioni, ha detto che erano senza una lira.
P.M. -Due milioni per che cosa?
I.- Per fare il funerale a mia madre.
P.M. -E hanno negato questa cifra.
I.- E lì è intervenuto ROCCO PAPALIA.
P.M. - E‟ intervenuto ROCCO PAPALIA ho capito. Quindi allora, il MORABITO le dice “che ne dici se collaboriamo”, Lei
fa avvertire tramite la sua...
I.- Mia moglie
P.M. -.... sua moglie, la moglie -Lei ha detto - di ROCCO PAPALIA
I.- Si
P.M. -Poi, dopo, quando il MORABITO le dice “hai ragione tu, è una scemenza”....
I.- Infatti io mi ero convinto, ho detto “mando fuori l‟ambasciata - dico -<<è tutto a posto, si vede che è stato un attimo di
cedimento, era da solo e tutto quanto >> pensavo che era un suo cedimento momentaneo.
P.M. -Quindi, Lei ha detto, quindi tutto è, almeno a suo modo di vedere, sistemato, diciamo, con questa successiva
ambasciata di contro ordine?
I.- Si
P.M. -Lei ha detto prima che le era completamente sconosciuta questa volontà di collaborare da parte del MORABITO.
I.- Si
P.M. -Lei però ha dichiarato nel suo interrogatorio che almeno un anno prima, un anno addietro, era circolata qualche voce
sul conto del MORABITO.
I.- Si
P.M. -Se lo ricorda, può dire quale voce era circolata?
I.- E‟ successo nel carcere di Locri che mi aveva chiamato ROCCO PAPALIA e mi aveva...
P.M. -Voi eravate detenuti insieme a Locri?
I.- Come?
P.M. -Lei era detenuto con ROCCO PAPALIA a Locri?
426
Prosegue la domanda, a questo punto il P.M.:
“Senta, ecco allora torniamo un attimo al momento centrale di questa scelta di collaborazione per
opportunismo, come Lei l‟ha definita. Quindi il MORABITO le dice “non se ne fa più nulla”. Poi però
pochi giorni dopo, visto che Lei è detenuto da 15 giorni circa e sappiamo che nell‟ottobre del „93 viene
notificata quell‟ordinanza, che cosa accade quando viene notificata quell‟ordinanza? Se c‟è statop - io
le chiedo, glielo chiedo perché Lei ne ho parlato - un incontro terminale, finale, ultimo diciamo con
MORABITO e se questo c‟è stato cosa è accaduto?
I.- Niente, succede che al mattino alle 8.00 sto sentendo Canale 5 e sento “ una grossa operazione
NORD SUD, oltre 200 arresti tra la Calabria e Milano”. La prima cosa che mi viene in testa, dico “qua
c‟è qualche altro mandato di cattura”, visto e considerato che ero sommerso di mandati di cattura da
Reggio Calabria, dico “qua ce n‟è qualcun altro ancora”. Al che cerco di chiamare SAVERIO
MORABITO, che era di cella di fronte a me, e non c‟era. Mi dice un lavorante che era a fare la doccia.
Nel frattempo viene fuori, perché non avevano fatto i nominativi per televisione, lo vedo passare dalla
doccia e gli chiedo “ma hai sentito l‟operazione?” fa “No. -Fa- Ma cosa è successo” e dico “oltre 200
arresti”. Fa “sicuramente qua ci sarà qualche altro mandato di cattura. Eh! “mi ha dato
un‟esclamazione così, se n‟è andato e poi non l‟ho più visto. Verso le 10.30 mi chiamano, la matricola.
Come mi chiama la matricola già immagino che ci ho qualche cosa di strano. Di fatti mi portano in
matricola, dopo 10 minuti, un quarto d‟ora viene fuori il Maresciallo PROIETTI mi fa “ Lei ha qualche
cosa con MORABITO” dico “No”. Al che entro e mi trovo MORABITO tutto
____________________________
I.- Si. .... e mi aveva detto: “guarda che forse c‟è MORABITO che sta collaborando” e ho detto: “gurda, mi sembra
impossibile che stia collaborando, perché se MORABITO stesse collaborando a quest‟ora saremmo pieni di mandati di
cattura” al che ROCCO mi fa “forse tu ma non io”, “va beh - dico - comunque - dico - non va bene per tutti, si saprebbe già
qualche cosa” e poi è sfumata via la cosa.
P.M. - Quindi era stata una voce?
I.- Si una voce.
P.M. -Ma lei sa se era stato preso qualche accorgimento, qualche cautela o soltanto se n‟era parlato e basta?
I.- Se n‟era parlato e basta in quel frangente lì. Poi in altro frangente, che non mi ricordo o un anno prima o due anni prima,
era arrivata fuori un‟ambasciata qui dal carcere di Bergamo, che mi è stato detto, che non mi ricordo nemmeno chi me l‟ha
detto, che DOMENICO PAPALIA aveva detto che aveva dei cedimenti il MORABITO, che poi erano già rientrati questi
cedimenti, sempre voci.
P.M. - Ho capito. Quindi c‟erano state delle voci. Senta, ecco, allora torniamo ....” (ud. 28 novembre 1995).
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vestito di tutto punto di fianco a due persone della DIA, penso che erano, e mi fa “non fare lo scemo fa- cerca di dire tutto quanto, perché io è un anno che sto collaborando”. Ho detto:”ma tu sei pazzo!”
ho cercato di tergiversare dandogli del pazzo, mi fa “aspetta un momentino, adesso ti consegnano
l‟ordinanza e vedrai”. Nel momento in cui mi consegnano l‟ordinanza, come vedo quel malloppo, l‟ho
scartabbellato un pò, già dentro di me ho detto: “qua è finita”. Poi nella nottata l‟ho letto, ho cercato
di tirare una soluzione che era da fare era quella di tirare una soluzione, ma l‟unica soluzione che era
da fare era quella di tirare i remi in barca ed è quello che ho fatto, diciamo il mattino alle 8.30, ho
chiamato il dottor NOBILI tramite il Maresciallo PROIETTI.”
A questo punto il P.M. riprende l‟esame, per un approfondimento:
“P.M. -Ecco, torniamo un attimo indietro. Quindi l‟ufficio matricola la chiamano, quindi praticamente
è il giorno della notificazione che le fanno, delle .... perché mi sembra che Lei ne abbia ricevute due di
ordinanze (quella del 2 ottobre 1993, emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO SAVERIO,
e quella 7 ottobre 1993, emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO ASSUNTO LUIGI:
n.d.r.) di custodia cautelare.
I.- Si
P.M. - Lei ha parlato di quella grossa, forse era quella che ....
I.- Si, di quella grossa che sarebbe la più pesante. (quella del 2 ottobre 1993)
P.M. - ..... più preoccupante. Ecco, alla matricola Lei scende e lì c‟è il MORABITO che le dice ....
vestito di tutto punto ...
I.- Si.
P.M. - ..... aveva anche delle borse, aveva una valigia, anche qualche cosa?
I.- Non ho notato.
P.M. - C‟erano però questi uomini, dice ....
I.-Si
P.M.- Da quella volta Lei l‟ha più visto?
I.- No.
Anche qui, un racconto di una forza persuasiva -per se stesso- che non necessita di commento, di
una genuinità e trasparenza, di una drammaticità, anche, che non consentono, neppure per un attimo, di
pensare che sia stato ispirato o dettato per fini diversi da quelli di raccontare la pura verità.
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Sono parole con una forte carica suggestiva e ad alto tasso di credibilità quelle di MORABITO e
di INZAGHI che, congiuntamente a quanto sappiamo di ROMEO, danno un esempio, una indicazione:
di come debba esser sgombrato il campo da eventuali sospetti e gratuite illazioni su ciò che può esser
avvenuto nel periodo in cui i tre, MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO e ROMEO
ANNUNZIATINO si sono trovati a contatto di gomito in quel carcere di Bergamo.
Della lealtà della loro condotta, tutti e tre daranno distinta e separata e ripetuta testimonianza e
riscontro.
Ma intanto, per quanto in particolare concerne MORABITO e INZAGHI si può sin d‟ora
anticipare (e lo si constaterà più avanti, allorchè si passeranno in rassegna i singoli episodi delittuosi)
che non vi è un solo episodio, una sola circostanza raccontata dall‟uno che l‟altro non rievochi secondo
la sua personale esperienza e memoria.
Certo, INZAGHI quando viene ascoltato dal P.M. sa quello che ha detto MORABITO, ha potuto
leggere anche attentamente le pagine di quell‟ordinanza di custodia cautelare che raccoglie le sue parole,
sono dunque più che corrette e ingiustificate le sollecitazioni dei difensori degli imputati ad esaminare
attentamente, scrupolosamente ciò che dicono i due “collaboratori, ad evitare il sospetto che l‟uno si sia
appiattito (ma si dovrà poi spiegare anche il perchè) sulle dichiarazioni dell‟altro. Ma non potrà neppure
sfuggire che, nel corso della sua deposizione al P.M.70 è INZAGHI ad anticipare l‟interrogante
avvertendolo che, ad esempio, l‟episodio su cui l‟interpella non lo conosce se non per averlo appreso
dalla lettura di quell‟ordinanza, oppure che ciò che ha riferito il MORABITO non è esattamente come
lui lo ricordava, ovvero ancora, che MORABITO si sbaglia, confonde, ricorda malamente ecc. ed è
invece lui, INZAGHI, a ricordare come esattamente sono andate le cose, si sono svolti quei fatti.
MARIO INZAGHI - s‟è detto - avvia la sua “collaborazione” il 15 ottobre 1993. Si rende conto,
dalla
lettura
dell‟ordinanza
di
__________________
70
Gli interrogatori di INZAGHI non sono stati registrati e poi trascritti, come quelli di MORABITO, ma sono stati
direttamente redatti in forma riassuntiva in considerazione - spiegherà il P.M. - della necessità di procedere rapidamente nelle
indagini e nel contempo di inoltrare al T.D.L., tempestivamente investito dai ricorsi degli imputati arrestati, gli ulteriori
elementi di riscontro alle dichiarazioni di MORABITO, forniti dalle dichiarazioni di INZAGHI.
429
custodia cautelare 2 ottobre 1993, che MORABITO ha detto tutto e lo ha coinvolto a pieno titolo.
Capisce che non c‟è altro da fare (“...qua è finita..”), che non ha altra scelta che non gli resta altro che
seguire, ancora una volta, l‟amico di sempre (“..l‟unica soluzione che era da fare era quella di tirare i
remi in barca, ed è quello che ho fatto.”) Certo, si può immaginare, non a cuor leggero, ma non poteva
separarsi da lui, così come non l‟aveva fatto in libertà, anche nelle imprese più spietate: come
l‟assassinio di SALVATORE TROMBADORE, perchè aveva dato uno schiaffo al fratello LUIGI; come
quello dell‟avv.to PIETRO LABATE, senza sapere neanche il perchè; di PIETRO CAVALLARO e
GUGLIELMO CAMPODIPIETRA, per coronare una truffa e accrescere a spese dei turchi il loro
bottino di droga, e tanti altri ancora; come nei sequestri di ANGELO GALLI e GIUSEPPE SCALARI,
della povera EVELINA CATTANEO, di quel “sepolto vivo” di ANGELO JACOROSSI, di
ALESSANDRO VISMARA...
Ma è stato detto: se ha scelto quella strada, come mai allora non fa subito il nome di ROMEO
ANNUNZIATINO e lo tace, proprio come aveva fatto lo stesso MORABITO?71
E‟ vero questo: INZAGHI (come del resto MORABITO) non parla di lui sino a quando, nel
febbraio del „95, non viene a sapere che anche ROMEO ha scelto la via della collaborazione. Spiegherà
poi che aveva taciuto quel nome perchè, accortosi subito che neppure MORABITO SAVERIO l‟aveva
nominato - parlando del gruppo SERGI, del quale a pieno titolo ROMEO faceva parte -, s‟era fatto
l‟idea che, mancandogliene il coraggio (forse per i sentimenti che a quello lo legavano o perchè non
fosse stato a ciò autorizzato), MORABITO avesse volutamente lasciato a lui, INZAGHI, lo sgradito
compito di “tradirlo”. E invece, per ripicca, lui non aveva voluto stare a quel gioco.
Una spiegazione tutto sommato accettabile, perchè come MORABITO aveva apertamente
confessato di aver suggerito al fratello LUIGI di non fare il nome di ROMEO72, non si vede perchè
altrettanto non avrebbe potuto fare con INZAGHI, quando lo aveva incrociato quella mattina del 14
ottobre „93 nell‟ufficio matricola del carcere di Bergamo. E, invece, non è stato così: la versione
_________________71
MORABITO dirà che non aveva fatto quel nome perchè sperava che il cugino maturasse la volontà di collaborare e
seguisse il suo esempio, e poi anche perchè verso di lui aveva quel “senso di colpa” di cui s‟è detto (aff. 812-814).
72
Circostanza che MORABITO LUIGI confermerà nel suo esame, confermando anche le ragioni adottate dal fratello, così
come sopra riportate.
430
INZAGHI viene in tal modo ad essere un segno ulteriore di lealtà processuale dei due collaboratori.
E l‟esame che la Corte porterà sui singoli episodi delittuosi non farà che confermare questa
valutazione. Con una lettura attenta dei racconti da loro fatti, degli stessi loro modi di dire.73
Riprendendo il discorso, il giorno 15 ottobre 1993 - immediatamente successivo a quello del c.d.
“blitz”, alla prima ondata di arresti - vede i tre collaboratori, MORABITO SAVERIO, INZAGHI
MARIO e ROMEO ANNUNZIATINO in questa situazione:
MORABITO, il giorno prima, ad evitare sino all‟ultimo il sorgere di sospetti sulla sua
collaborazione, è stato trasferito da Bergamo in detenzione extracarceraria (ove rimarrà per 6/7 mesi, per
poi passare agli arresti domiciliari)74;
INZAGHI, avvia la sua collaborazione e non si vedrà più con MORABITO SAVERIO,
perchè sta dove s‟è appena detto, mentre lui resta ancora in carcere per diverso tempo, dopo di che
passerà anch‟egli agli arresti domiciliari e quindi alla libertà;
_____________
73
Perchè potrebbero talvolta trarre in inganno. Si prenda, solo per fare degli esempi, l‟interrogatorio dell‟11 novembre
1992, avanti al P.M. Si sta parlando del sequestro JACOROSSI e MORABITO non ricorda chi sia stato il telefonista.
Dovrebbe esser PERROTTA, dice, ma non è sicuro, lo dice onestamente, ha in quel momento un vuoto di memoria. Fa quel
nome, insomma, per logica deduzione da altre circostanze che invece ricorda benissimo. E conclude: “..adesso credo che sia
lui... Ma credo che INZAGHI sarà più preciso.” (pag. 162). Ma INZAGHI a quella data - se si presta fede a MORABITO non si è ancora “pentito” e dunque non si può contare su nessuna sua “precisazione”! Dunque, potrebbe pensare qualcuno,
MORABITO mente, anzi tutte e due mentono: questa è la spia della loro fraudolenta e concertata costruzione accusatoria. Ma
la verità è che quello è un modo di esprimersi di MORABITO. La conferma la si ha scorrendo il suo racconto sul sequestro
SCALARI del 6 novembre 1992, sempre avanti al P.M. Si parlava di AMANTE PIETRO: MORABITO è incerto sul suo
coinvolgimento. Anche qui manifesta e spiega, con tutta lealtà, il perchè dei suoi ricordi imprecisi, e conclude “..su questo
particolare potrà essere più preciso FRANCESCO MOLLUSO (che è certamente coinvolto in quella vicenda: n.d.r.) se si
deciderà a dare il suo contributo.” (pag. 36). Come si vede: stessa dizione, con l‟aggiunta di quella precisazione rimasta
invece, prima, nella testa di MORABITO. Ma MOLLUSO - si sa - a collaborare non ha neppure pensato. Non solo, perchè
anche INZAGHI ha usato un intercalare assai simile. Nell‟interrogatorio avanti al P.M. del 23 ottobre 1993, a proposito
dell‟omicidio D‟AGOSTINO dirà: “Confermo integralmente le mie dichiarazioni e voglio precisare che anche MOLLUSO
FRANCESCO potrà confermare le indicazioni che ho fornito circa la decisione di eliminare il D‟AGOSTINO ANTONIO.”
(pag. 43).
74
Nell‟aprile 1994 otterrà la libertà. Non percepisce alcun contributo dallo Stato, vive con proventi di lecita provenienza
(aff. 3677/80, 3745/46).
431
ROMEO, pochi giorni prima del “blitz” è stato trasferito, per sicurezza, dal carcere di
Bergamo a quello di Vigevano75: collaborava con l‟A.G. senza dir nulla ai compagni di un tempo,
equivale a un vero e proprio “tradimento” che si paga con la vita. A Vigevano ROMEO resterà sino al
febbraio 1995 (quando accadrà un fatto molto importante che indurrà anche lui a collaborare).
Incontrerà il cugino, a colloquio, un paio di volte: aveva cercato di convincerlo a quella scelta, ma
inutilmente. Si era limitato solo a “decrittare” alcuni soprannomi di comuni clienti di droga che
figuravano sull‟agenda sequestrata ad ANTONIO FERRARO (v. infra)76. Dal maggio 1994 - epoca
dell‟ultimo colloquio col cugino - non lo rivedrà più. Ne tanto meno avrà occasione di leggere quello
che lui ha riferito all‟A.G.77
Su un fronte assolutamente diverso, nel carcere di Opera, troviamo MICHELE AMANDINI.
La figura di AMANDINI ha un certo suo fascino, una certa sua raffinatezza che d‟altra parte si
coglie nei suoi stessi modi di porre le cose, di presentarsi, di esprimersi: è uomo di mondo e nella vita
malavitosa (e non) che ha condotto i ruoli e i contatti hanno probabilmente sempre risentito di queste
sue caratteristiche personali.
E‟ nato in Etiopia, da principessa etiope (così lui dice) e da padre italiano. E‟ quindi transitato in
Somalia per poi, all‟età di 5 anni giungere in Italia per esser affidato ai parenti (nonni e zii) coi quali ha
vissuto, in San Cesario di Lecce, sono all‟età di 15 anni, frequentando la scuola sino a conseguire il
diploma della “Terza avviamento”. Poi è emigrato in Svizzera dove ha fatto un po‟ di tutto. A 20 anni è
andato a raggiungere suo padre in Rodesia, dove si era trasferito e risposato. Rientrato in Italia, l‟ha
girata in lungo e in largo, con vari lavori (anche come rappresentante in una industria di bottoni) e poi ha
prestato servizio militare (caporalmaggiore).
A Milano è arrivato nei primi anni „70 andando a lavorare in varie importanti industrie dolciarie
come piazzista. Poi, piano piano, ha cominciato a frequentare locali notturni e discoteche, avendosi così
________________
75
76
77
ROMEO, aff. 14.180.
MORABITO, aff. 815 e ROMEO, aff. 14.195, 15.184.
ROMEO, aff. 14.208, 15.288
432
modo di conoscere i vari FEDERICO CORNIGLIA (grande esperto in truffe e falsificazioni di
documenti, dirà) e i FRANCESCO TURATELLO, i MARIO D‟AGNOLO, LUCIO BOSSI, ecc. (dirà: i
“big della malavita”) subendo il fascino quei personaggi e dell‟ambiente nel quale finirà presto per
entrare. Ricorda, tra l‟altro, che fu TURATELLO - che a quel tempo si occupava prevalentemente di
bische e sequestri estorsivi (v. il seq. NASSISI) - a proporgli di partecipare col CORNIGLIA al
rapimento (poi non attuato) della figlia di BURT LANCASTER e alla gestione delle sue bische. I
rapporti coi due poi si raffreddarono quando fu tenuto fuori da una operazione di falsificazione di titoli
pubblici messa in atto dal CORNIGLIA. Una vita avventurosa, insomma, che tutto sommato gli è
costata forse meno di quanto meritava: ha infatti dei precedenti nel „75 per sola detenzione di armi, se
l‟è cavata furbamente nel „78 dall‟accusa di partecipazione ai sequestri GALLI e SCALARI (v. infra)
riportando ivi condanna esclusivamente per il reato associativo, chiudendo i suoi conti con la giustizia
nell‟88 con una condanna a due anni di reclusione per droga e falso nummario.78 Poi è intervenuto
nell‟ottobre 1993 l‟arresto per i fatti di cui è processo.
Ora, AMANDINI MICHELE, da quando è stato arrestato in quell‟ottobre 1993 e ristretto nel
carcere di Opera, non ha mai avuto alcun contatto con i tre personaggi di cui si sta parlando:
MORABITO, INZAGHI e ROMEO.79 Da Opera sarà trasferito al carcere di Vercelli (in apposita
sezione) solo quando anch‟egli sceglierà la via della collaborazione.
Una scelta che ha una storia molto semplice e processualmente anche molto eloquente. Ci dice,
infatti lo stesso AMANDINI di non essersi dato particolare pensiero quando gli era stata notificata
l‟ordinanza di custodia cautelare 2 ottobre 1993 con il racconto delle vicende delittuose in cui
MORABITO lo coinvolgeva. Anche se l‟impresa si presentava non da poco (si era “reso conto che le
accuse erano abbastanza pesanti”), aveva tuttavia deciso di fronteggiare processualmente l‟amico
(“..cercherò di lottare...bene o male avevo deciso di combatterlo”), contando evidentemente di farla
franca come altre volte.80
_____________
78
Aff. 6274-6296.
I tre si incontreranno solo, durante questo dibattimento, nell‟aula Bunker romana in occasione del processo di revisione
per l‟omicidio D‟AGOSTINO in corso di celebrazione avanti la Corte di Appello di quella città.
80
Come quando, ad esempio, in un lontano passato, era stato chiamato a rispondere dei sequestri GALLI e SCALARI e si
era guadagnato il proscioglimento (con formula dubitativa) “giocando” il perito fonico. Compito suo, anche in quei sequestri,
per
le
sue
79
433
Ma il mondo gli era crollato addosso quando aveva ricevuto l‟ordinanza di custodia cautelare 8
novembre 1993, con le accuse di INZAGHI. A quel punto, ogni ipotesi di resistenza processuale non
poteva che apparirgli improponibile: i due compagni di ventura coi quali, dalla sua scarcerazione del
marzo-aprile 1978 aveva cementato un legame fortissimo, che per due-tre anni lo aveva portato a
consumare con loro delitti gravissimi di varia natura, e che sapevano tutto di lui lo avevano ormai
inchiodato con le congiunte e uniformi confessioni. E, allora, da persona furba e certamente capace di
cogliere l‟opportunità del momento quale è, AMANDINI capisce immediatamente che non ha altra
strada che unirsi a loro e, come loro, collaborare con l‟A.G.: cosa che fa dal suo primo interrogatorio del
16 novembre 1993 da lui stesso sollecitato (“..mi sono reso conto che non c‟era difesa, non c‟era modo
di alcuna difesa..”)81
La sua “collaborazione” è dunque di estremo rilievo processuale, perchè interviene in tempi e
modi - e con una conclusione82 - che lo allontanano decisamente da ogni ipotesi di previa collusione con
quegli importanti chiamanti in correità quali i MORABITO, gli INZAGHI (e lo stesso ROMEO
ANNUNZIATINO), a buon diritto considerati la struttura portante dell‟impalcatura accusatoria del
presente processo.
Certamente, anche nel suo caso, la Corte non si sottrarrà alla doverosa attenzione di discernere
se, e eventualmente in che misura, il racconto confessorio-accusatorio di AMANDINI possa esser stato
influenzato dalla lettura delle versioni rese dai suoi accusatori, ma è altrettanto certo che egli si presenta
in partenza alla Corte, per le ragioni indicate, con un attestato di forte e generale affidabilità soggettiva.
Di ROMEO ANNUNZIATINO si è già detto molto. Ma una cosa va ancora detta: forse la più
significativa per il tema in esame.
____________________________________
spiccate qualità intellettuali (di astuzia, dialettiche, ecc.) era stato, infatti, quello del telefonista nelle trattative del riscatto.
Alterando la voce sino a mordersi e ferirsi la lingua era riuscito allora anche ad ingannare l‟esperto del giudice (v. infra).
81
Aff. 6299-6304).
82
In rito abbreviato l‟AMANDINI riporterà una condanna a 10 anni di reclusione (crf. sentenza prodotta dal P.M.
all‟udienza del 28.3.95, acquisita con ordinanza 13 aprile 1995).
434
ROMEO ANNUNZIATINO era destinato a sostenere la tesi difensiva di DOMENICO
PAPALIA, tanto da esser inserito nella sua lista testi del 16 febbraio 1995 (pag. 2) il cui deposito
tardivo (in pari data) ne ha tuttavia impedito l‟ammissione.83
In particolare, ROMEO avrebbe dovuto dire, con riferimento al periodo della comune
carcerazione a Bergamo:
* di aver sentito il cugino SAVERIO MORABITO manifestare a DOMENICO PAPALIA il timore di
esser ucciso dal fratello di lui ANTONIO;
* che lui - ROMEO - temeva d‟esser destinatario di un “mandato di cattura” originato da una chiamata
di correità dello stesso MORABITO;
* che, peraltro, MORABITO aveva confidato a ROMEO di non aver mai commesso alcun reato con
DOMENICO PAPALIA.
Come si vede, c‟erano tutti gli ingredienti per sostenere un determinato (falso) movente per le
accuse mosse dal “collaboratore” a PAPALIA ANTONIO (la vendetta e la prevenzione per l‟azione
omicidiaria paventata) e, quel che più contava, per sostenere la patente falsità della sua chiamata in
correità in danno di DOMENICO PAPALIA. In questa stessa ottica, era stato citato anche il detenuto
ROCCO MARIO COMMISSO, proprio uno di quei quattro detenuti che MORABITO aveva chiesto e
ottenuto di far trasferire da Bergamo prima di dar corso alla sua collaborazione perchè “compare” di
DOMENICO (calabrese come lui, allocato nella sua stessa sezione, ostile ai “collaboratori”, con molte
possibilità di movimento nel carcere - e quindi di diffusione di notizie da tenere il più possibile nascoste
- per le sue mansioni di barbiere84).
Ma DOMENICO PAPALIA non aveva fatto bene i suoi conti, non aveva ben valutato, proprio
lui che di quella cultura di „ndrangheta è (e lo si toccherà con mano trattando l‟omicidio dell‟avv.to
LABATE) una delle migliori espressioni, non ha ben soppesato il forte legame che univa ROMEO a
MORABITO: e ha commesso un errore da ricadute probatorio per lui (e non solo per lui) negative
imponenti.
_________________
83
Cfr. citata ordinanza 13 aprile 1995, pag. 36.
84
Aff. 808-809.
435
Era successo questo, che quando, come già si sa, ROMEO si trova a Vigevano perchè lì trasferito
da Bergamo per la sua sicurezza (stava scattando l‟operazione di P.G. maturata con le dichiarazioni del
cugino) riceve intorno ai mesi di settembre-novembre 1994 una serie di “messaggi” - lui li chiama
“ambasciate”, termine tipico di quella cultura: in altre parole, sollecitazioni che sono ordini di “batteria”
- che certo non gli fanno piacere, ma non lo disturbano più di tanto.
Ci sono, insomma, dei personaggi che gli chiedono di venire a deporre in questo processo contro
il cugino SAVERIO MORABITO. Lui non sapeva che cosa avrebbe dovuto “inventare”. Ma il motivo
glielo inventano e glielo fanno sapere loro stessi:
* BARBARO DOMENICO (U PILLARI): che v‟era stato un “contrasto” (con SAVERIO stesso o suo
fratello) per una questione di donne;
* GRILLO MICHELE: che aveva avuto un “diverbio”, quando si trovavano nel carcere di Reggio
Calabria, per via di certe foto relative a un sequestro di persona;85
* SERGI SAVERIO (detto “SAVERINO”, il gemello), non aveva più specificato - a richiesta di
ROMEO - il motivo da addurre, e anzi lo aveva poi dispensato dall‟intervenire;
* CARBONE PASQUALE (attraverso CIAMPA ANTONIO): che lui, ROMEO, s‟era sbagliato
quando a Bergamo, a SAVERIO che gli chiedeva in quali persone si identificasse il nominativo “i
marocchini” che figurava in un appunto concernente i clienti di droga, aveva risposto che si trattava dei
fratelli ROCCO e PASQUALE CARBONE.
In definitiva, c‟era sempre - come volevano i richiedenti - una ragione di malanimo che avrebbe
dovuto rendere ragione delle accuse contro di loro rivolte da MORABITO SAVERIO. E non si era
particolarmente scomposto ROMEO: è vero che eran tutte “stupidate” e che nessuno vi avrebbe creduto
ma lui sarebbe andato egualmente a “testimoniare” e, per non perdere la faccia, si sarebbe avvalso della
facoltà di non deporre. E tutto sarebbe finito lì.
_______________________
83
Si
vedrà
più
avanti
cosa
c‟è
di
vero
di
questa
vicenda
di
foto
e
di
sequestro.
436
Una cosa, piuttosto, lo preoccupava: che quella “ strategia (andasse) a inquadrarsi in un disegno
molto più ampio..”.
E non aveva torto, perché poco tempo dopo, nel gennaio-febbraio 1995, a ridosso quindi
dell‟inizio di questo dibattimento, il fratello BRUNO ( anche lui detenuto all‟epoca a Vigevano) gli
porta l‟inquietante messaggio di ROCCO TRIMBOLI (pure esso ivi detenuto in sezione differenziata,
ma che aveva avuto la possibilità di incontrarlo86). Costui, uomo vicino ai PAPALIA,87 aveva fatto
sapere che DOMENICO PAPALIA “ contava su di (lui, ROMEO) al processo, nel senso che voleva che
(lui andasse) al processo a dichiarare che (suo) cugino aveva detto cose false.” Richiesta assai
preoccupante, questa volta, “.. perché DOMENICO PAPALIA non è una persona di poco conto..”, non
avrebbe certamente potuto dirgli di no.88 E non avrebbe neppure potuto scegliere la strada immaginata
per gli altri: perché il silenzio al dibattimento agli occhi di DOMENICO PAPALIA sarebbe equivalso a
un vero e proprio rifiuto di soccorso a un “capo”, a un personaggio, a un “mito” della „ndrangheta.89
DOMENICO PAPALIA chiedeva, all‟evidenza, un comportamento attivo, non meramente passivo
come sarebbe stato il silenzio. E l‟inquietudine di ROMEO era aumentata quando, fatto sapere a
PAPALIA che cosa avrebbe dovuto dire “contro SAVERIO”, non aveva ricevuto risposta. Nel “
linguaggio” mafioso questa condotta non aveva bisogno di spiegazioni e di commenti.
A quel punto ROMEO - che sino ad allora era rimasto fermo, irremovibile nella sua decisione di
non collaborare-90 capisce che “non aveva più scelta”, che “non era più semplice come prima la storia”.
Doveva decidersi: “ o sto con DOMENICO PAPALIA, cioè (andava) a testimoniare contro SAVERIO,
o (stava) con SAVERIO.” E
______________
86
Quale riscontro, sulla contemporanea detenzione in quello stesso carcere di Vigevano, oltre che dei due ROMEO, BRUNO
e ANNUNZIATINO, anche di TRIMBOLI ROCCO, cfr. produzione (paragrafo n.1) del P.M. all‟udienza 25.6.96
(aff.18911), acquisita con ordinanza 18.7.96 (pag.2, lett.c.1/a).
87
Come si sa anche da ZAGARI ANTONIO.
88
Senza contare che non dire di “no” a lui, significava che la stessa cosa avrebbe dovuto fare per i SERGI, non avrebbe
potuto usare due pesi e due misure. Insomma: era spacciato, era “fatto”, come lui stesso dice. Appena fuori dal carcere
l‟avrebbero ucciso (aff.14.158 e segg.).
89
Si sprecano le “fonti” che hanno così delineato in dibattimento la figura di DOMENICO PAPALIA: da PIRRONE a
FOSCHINI, da LAURO GIACOMO a FILIPPO BARRECA, ecc.
90
ROMEO aff. 14.191. E non aveva sino all‟ultimo ceduto alle sollecitazioni dello stesso MORABITO che era andato a
trovarlo a Vigevano, prospettandogli anche il rischio di essere ucciso dai SERGI, una volta uscito di prigione (aff.
14.196/14.201).
437
stare con SAVERIO “(significava) collaborare ... Quindi, siccome io a SAVERIO l‟ho sempre
rispettato, è sempre stato una persona corretta, mi ha sempre aiutato, è mio cugino, ho deciso di
collaborare e di dire quello che ho detto.”91
Il “piccolo” ROMEO ANNUNZIATINO, volta le spalle al “ grande”DOMENICO PAPALIA e
sceglie così, con estremo coraggio e con grande dignità, la strada della verità e della lealtà in omaggio
anche a ciò che di buono e di sano vi è nella comune “cultura”: l‟amicizia, il vincolo di parentela e di
affetto, il rispetto dell‟uomo e dei suoi autentici valori.92
_________________________
91
La sua collaborazione darà l‟avvio - a misurata riprova della sua affidabilità-anche ad altre iniziative giudiziarie nei
confronti anche di taluni imputati di questo processo (v. i SERGI): cfr. atti acquisiti con ordinanza 30 giugno 1995.
92
Vale la pena di riportare alcuni passi della lunga deposizione di ROMEO sul punto:
“”I.R.C. - Perché, vede, a quel punto lì io devo scegliere o sto con DOMENICO PAPALIA, cioè vengo a testimoniare contro
SAVERIO o sto con SAVERIO. Stare con SAVERIO significa collaborare, ciò non è che c‟era un‟altra possibilità.
“Stare”nel senso non che vado a stare con lui. Scelgo, sono a un bivio praticamente io lì, non ho più scelta, non ho più tempo
assolutamente. Da quel momento lì devo decidere o una strada o l‟altra. Quindi siccome io a SAVERIO l‟ho sempre
rispettato, è sempre stata una persona corretta, mi ha sempre aiutato, è mio cugino, ho deciso di collaborare e di dire quello
che ho detto....
........omissis..........
I.R.C. - Perché, vede, DOMENICO PAPALIA è una persona molto furba, capirebbe subito se io vengo qua.... cioè se io
vengo qua e dico “ mi avvalgo della facoltà di non rispondere” avrei fatto il gioco dell‟oca, voglio dire; non sarei andato a
favore di DOMENICO PAPALIA. Avrei detto: “non intendo rispondere” quindi gli dicevo “sì” però non era vero e con
DOMENICO PAPALIA non si può fare questo tipo di ragionamento: se “sì”, e se “no” deve essere “no”. Quindi io sapevo di
dover dire di sì e se era “sì” dovevo venire qui a testimoniare contro SAVERIO. Se dicevo “no” collaboravo, come ho
collaborato.
P.M. - Quindi la strategia del silenzio non sarebbe stata più sufficiente?
I.R.C. - Assolutamente no.
.........(omissis).................
P.M. - Cosa avrebbe potuto fare Lei per aiutare DOMENICO PAPALIA? Cioè Lei dice “andare contro SAVERIO
MORABITO per aiutare PAPALIA”, cosa avrebbe potuto fare in concreto?
I.R.C. - Guardi, io le ho pensate tutte, alla fine sono arrivato a un risultato: più che venire qua e dire che quando eravamo
nella stessa cella nel „92, quando SAVERIO collaborava... più di dire che SAVERIO mi aveva riferito che quello che diceva
in riferimento a DOMENICO PAPALIA o qualcuno del Suo Gruppo fosse stato del falso... cioè ha capito cosa intendo?
P. - Sì, sì, ho capito benissimo.
I.R.C. - Più di questo non potevo dire, perché, ripeto, del Gruppo PAPALIA conosco quasi niente. So solo quello che
abbiamo visto nell‟ambiente, tranne qualche contatto diretto che ho avuto con qualcuno dei suoi uomini.
P.M. - Ho capito.
I.R.C. - Altrimenti ... non riesco, non sono riuscito...
P. - Quindi, cioè Lei dice “ per favorire i PAPALIA l‟unica strada che poteva apparire soddisfacente per loro era di dire <<
mio cugino ha detto tutte bugie>>“.
438
Ecco quindi che a questo punto ROMEO, che ha tenuto segreta la collaborazione del cugino per
quasi un anno e mezzo senza dir nulla a nessuno, 93 scrive subito - è il 7 febbraio 1995 94 - alla sorella
CATERINA dicendole di mettersi in contatto telefonico con l‟Ispettore GALLO e il dott. MAZZA della
D.I.A. di Milano95 per avvertirli della sua intenzione di collaborare. E così è : nel giro di una settimana i
due funzionari lo raggiungono a Vigevano e ne hanno conferma.
In quel momento i PAPALIA ( e così gli altri imputati) sono all‟oscuro di tutto e perciò il giorno
16 febbraio 1995 depositeranno la loro lista testi nella Cancelleria della Corte facendo totale
affidamento sulla “testimonianza” di ROMEO ANNUNZIATINO per il
______________________________________________________________________
I.R.C. - Certo.
P.M. - Ma questo in virtù del fatto...
P. - E questo sarebbe stato però poco producente alla fine?
I.R.C. - Sì, ma visto e considerato che io non avevo, voglio dire, elementi per poter smentire il SAVERIO nel vero senso
della parola non riuscivo a capire. Mi sono fatto tante domande, non ho trovato una risposta precisa a queste domande,
perché non sapevo che cosa dovevo venire a dire. Visto e considerato che lui mi ha mandato a dire “ devi dire questo” anche
dietro mia richiesta. Io ho pensato”l‟unica cosa che io posso dire è andare lì e dire << quando eravamo in cella con
MORABITO, il MORABITO mi ha detto che tutto quello che riferisce del Gruppo PAPALIA è falso, solo che però li vuole
incastrare>>“, insomma non detta in questi termini, detta in altri termini. Più di questo non potevo dire io per quanto riguarda
il Gruppo PAPALIA.
.....(omissis).......
I.R.C. - Ma perché, le ripeto, prima di tutto avrei dovuto andare contro SAVERIO MORABITO e credo che non ci sarei
riuscito. Voglio dire: perché se io non avevo elementi per poter contrastare quello che il MORABITO dice non vedo cosa...
sarei venuto qua, avrei fatto la mia figura bene o male, bella o brutta che sarebbe stata, però non avevo elementi di concetto.
P. - Quindi Lei dice “non avrei potuto dimostrare che quello che lui aveva detto erano tutte bugie”.
I.R.C. - Che lui aveva detto il falso. Ma perché, vede signor Presidente, io non conosco i fatti che il MORABITO ha narrato
oppure che ha commesso, se li ha commessi con il Gruppo PAPALIA. Quindi non conoscendo i fatti io come faccio a dire “
lui ha detto il falso”, solo perché lui mi ha riferito questa... Però magari il DOMENICO aveva fatto un altro pensiero, magari
mi avrebbe detto:”dici queste altre cose”, però io dico: io ho pensato solo questo, non ho trovato un‟altra risposta logica, se
logica si può chiamare.
E poi proprio non era praticabile perché io non me la sentivo contro SAVERIO MORABITO “”””” (ROMEO, aff.
14.155,14.159-14.150, 14.161-14.163, 14.168 - 14169).
93
ROMEO, aff. 14.163, 14.176.
94
ROMEO, aff. 14.146/47/56/57/64-66. La lettera è in atti, prodotta dal P.M. all‟udienza 15.5.95 (par. n.2) e acquisita dalla
Corte, unitamente ad altra documentazione concernente l‟etiologia della collaborazione del ROMEO ANNUNZIATINO, con
ordinanza 30.6.95 (pag. 8, lett. b 1).
95
Che lui allora neppure conosceva, ma agendo come gli aveva suggerito a suo tempo MORABITO, per l‟eventualità che lui
si
fosse
deciso
a
collaborare.
439
quale è intanto scattata la procedura per il suo trasferimento alla Sezione “Collaboratori” del carcere di
Brescia.96
Per DOMENICO PAPALIA la citazione di ROMEO ANNUNZIATINO si è rivelato un
autentico “boomerang” - se ci si passa l‟espressione- che neppure un ROCCO MARIO COMMISSO
avrebbe potuto a quel punto rimediare. Una improvvida mossa processuale, per DOMENICO
PAPALIA, e soprattutto per molti altri imputati ( di narcotraffico, in particolare) che provocherà un vero
e proprio diluvio di prove d‟accusa.97
A questo punto, la collaborazione di ROMEO ANNUNZIATINO libera MORABITO da
quell‟impegno morale che si era preso nei suoi confronti di non chiamarlo in causa, e quindi soltanto in
questa sede dibattimentale finalmente MORABITO SAVERIO potrà raccontare tutta la sua esperienza,
in particolare nel traffico di stupefacenti, citando senza più riserve il cugino che molta parte vi ha avuto.
Così come ha iniziato a raccontare le rapine che aveva fatto nei primi anni „80 solo quando ha avuto la
tranquillità che il fratello Luigi avrebbe collaborato.98
Non solo, perché una situazione simile si avrà anche con ROMEO BRUNO. Costui - che
confermerà anche l‟episodio inquietante del messaggio di DOMENICO PAPALIA, trasmesso al fratello
ANNUNZIATINO su incarico di ROCCO TRIMBOLI - quando il fratello ANNUNZIATINO decide di
collaborare, non solo è molto lontano da quella idea, ma oppone allo stesso, che cerca di convincerlo, un
sacco di resistenze. Poi, dal marzo 1995, anche lui seguirà quella strada.
Ma la collaborazione di MORABITO SAVERIO, cui sono seguite quelle di MORABITO
LUIGI, INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, ROMEO ANNUNZIATINO, ROMEO BRUNO
apre la via a una serie imponente di altre collaborazioni o quanto meno di “dissociazioni”, ovvero di
confessioni senza (o evitando) chiamate di correità o reità. E non pare prospettabile una spiegazione di
questo
_______________
96
ROMEO, aff.14.182. Al momento del suo esame dibattimentale si trovava da un paio di mesi in detenzione domiciliare
(aff. 14.182).
97
Il che non significa assenza di errori, di discordanze, lacune, ecc. tra le deposizioni dei vari collaboratori. E‟ evidente. Ma
di ciò si darà conto nell‟analisi dei vari episodi delittuosi.
98
Aff. 816
440
fenomeno diversa da quella che il buon senso - anzi il lo stesso senso comune - con immediatezza
suggerisce: che non restava altro da fare, che non v‟era altra scelta perché quelle persone avevano detto
la verità, che sarebbe stato inutile “lottare” ( s‟intende, con carte truccate), come aveva pensato per un
pò di fare AMANDINI.
E così si fa avanti un PERROTTA VITTORIO, che non risulta abbia mai avuto contatto con i
personaggi sin qui nominati, che dalla latitanza aveva fatto pervenire una lettera con la quale spiegava con un desiderio di vendetta e di ripicca ( per la solita questione di donne, cui altri “ mutatis mutandis”
si appellerà, come vedremo, nello stesso intento99) - le false accuse nei suoi confronti di MORABITO
SAVERIO. Arrestato e preso atto che non solo MORABITO, ma anche AMANDINI E INZAGHI lo
inchiodavano ai sequestri JACOROSSI e VISMARA, confessa. E dà l‟avvio a una collaborazione che si
estende anche ad altri ambiti processuali e per fatti persino omicidiari di estrema gravità.100
E così dicasi per CIULLA SALVATORE ( per una imputazione di narcotraffico), per
SARACENO VINCENZO. Una collaborazione (rectius: una ammissione di responsabilità),
quest‟ultima, di estremo interesse, forse tra le più interessanti e significative, processualmente, per il
tema in trattazione: l‟affidabilità dei collaboratori di questo processo, di MORABITO SAVERIO, nella
specie. Perché MORABITO indicherà il SARACENO come la persona che gli aveva portato a Milano il
messaggio di uccidere l‟avvocato LABATE (v. infra). E a carico di SARACENO non vi era che la
parola di MORABITO, priva di riscontri, perché il riscontro di un mandato siffatto è difficile anche
ipotizzarlo. E SARACENO, avvocato, non poteva non pensare che in questo caso sì che avrebbe potuto
“lottare”. Eppure ha confessato, e niente meno che un omicidio da ergastolo, l‟unico fatto di delitto qui
addebitatogli.
Anche da questo episodio, dunque, l‟attendibilità soggettiva del MORABITO riceve un attestato di
eccezionale valore.
E poi FRISINA ANTONIO, altro imputato che ha confermato le dichiarazioni di MORABITO,
INZAGHI e tanti altri.
________________
99
Cfr. MOLLUSO, MUSICO‟ , VIOLI ANTONIO.
Riscuotendo credito presso quei giudici e, di riflesso, anche in questa sede, pur con la valenza probatoria di quelle
pronunzie già puntualizzata (cfr. Capitolo 1 : certo, non “pro-veritate”, ma come eventi storicamente documentati e non
probatoriamente insignificanti), non risultando che vi sia già giudicato (cfr. produzione del P.M. all‟udienza 15.5.96, aff.
16287
Vol.
III,
par.
5
e
6
e
ordinanza
di
acquisizione
4.6.96,
pag.
11).
100
441
E così LANDOLINA GAETANO, VIOLA ANTONIO, VAGHETTI PIERLUIGI, JASA
CEMIL, il “JIMMI” che nei primi anni „80 ha dato vita a una delle prime esperienze di droga con
MORABITO E INZAGHI (V. OLTRE).
E SALESI GIOVANNI che, dei due addebiti di cui è gravato, uno lo ammette senza esitazione,
mentre sull‟altro preferisce non rispondere, ma solo perché coinvolge alcuni personaggi di questo
dibattimento che, evidentemente, gli fanno più paura di una condanna che non possa tener conto della
sua confessione (come, inevitabilmente, sarà).
E, ancora: ZUFFRANO VINCENZO ( che ha confermato integralmente le accuse), MOSCARDI
GIANFRANCO e CORSO FRANCESCO GIUSEPPE ( che ha sostanzialmente ammesso il sequestro
JACOROSSI).
Imputati che per la maggior parte - come già si sa - hanno scelto la via del rito abbreviato e in
questo dibattimento non sono comparsi, se non per dichiarare che si avvalevano della facoltà di non
rispondere. Imputati tutti, comunque, le cui scelte processuali di collaborazione o di semplice
dissociazione hanno giovato al consolidamento dell‟impalcatura accusatoria già assai robusta in virtù
delle già riferite principali “ collaborazioni”.
A quei dati probatori, vanno poi aggiunti i contributi derivanti da altre importanti collaborazioni
processuali - rese spesso in autonomi ambiti processuali- che vengono in tal modo a costituire una sorta
di terreno di verifica e di riscontro di quei dati: quelle dei PACE SALVATORE, recente
“collaboratore”, tratto in arresto anche in virtù del provvedimento restrittivo del 2 ottobre 1993: fu uno
dei primi di cui parlò SAVERIO MORABITO. Dei PIRRONE MAURIZIO - del quale s‟è già detto-,
degli ANNACONDIA SALVATORE, BARRECA FILIPPO, LAURO GIACOMO, SAKIROGLU
MUSTAFA‟, BAIKAL KENAN, SCAMBIA ANTONIO, DI DONATO MICHELE, DI GIOVINE
MARGHERITA, FOSCHINI VITTORIO, CASSANIELLO LEONARDO, DI BENEDETTO
MONTANO, BULGARI GIORGIO LINO, FUSCALDO GIUSEPPE, ZAGARI ANTONIO. 101 Tutte
persone che _________________
101
Trattasi, in particolare e come detto sopra, di dichiarazioni sovente rese in autonomi ambiti processuali e alle quali si farà
riferimento, di volta in volta, allorchè tali affermazioni verteranno su singoli episodi o questioni di fondo affrontate dal
MORABITO
SAVERIO.
442
vuoi per un episodio, vuoi per un altro - hanno suffragato appieno le dichiarazioni dei SAVERIO
MORABITO , degli INZAGHI, AMANDINI, ROMEO, ecc.
Per non dire anche delle piccole - ma non per questo meno significative-ammissioni dell‟ultima
ora, in aula: quasi a dimostrare l‟inutilità di contestare anche l‟evidenza. Come è avvenuto per ORIO
UMBERTO, per MUFATO e DUCHINI DINO, imputati di cui avanti meglio si dirà.
-==o-===
Un altro punto che merita di essere ripreso, sempre a proposito delle modalità di attuazione della
collaborazione di SAVERIO MORABITO - se ne è via via accennato nelle pagine che precedono - è
quello delle reticenze, delle omissioni, delle “coperture” che MORABITO ha operato, nel corso delle
sue deposizioni in sede di indagine preliminare, in riferimento ad alcune posizioni di persone a lui
particolarmente vicine. Abbiamo già anticipato, infatti, come il “collaboratore” abbia effettuato una
sorta di apertura progressiva nel senso che , in particolare, egli omise o limitò inizialmente
indicazioni di fatti penalmente rilevanti a loro carico. Fatti che, tuttavia, allorchè sempre più a fondo
maturò la sua scelta di lealtà e responsabilità verso la giustizia, decise di evidenziare giustificando
____________________________________________________________________
In questo ambito preliminare può, per maggiore comodità anche di lettura, premettersi che le dichiarazioni rese segnatamente
dai collaboratori LAURO GIACOMO, BARRECA FILIPPO e ZAGARI ANTONIO, salvo rare occasioni (vedi ad es. infra a
proposito dell‟omicidio dell‟avv. PIETRO LABATE) non hanno contribuito, in linea di massima, a chiarimenti di fatti
delittuosi specifici; tali dichiarazioni presentano invece pregnante rilevanza, anche in questo processo, per la loro idoneità a
illustrare quel quadro di fondo, quello scenario di fatti di “ ndrangheta”, di lotte di mafia, di scontri di vertice che
rappresenteranno, come si avrà modo di vedere, il presupposto per la comprensione di taluni eventi (soprattutto in riferimento
agli omicidi) e di taluni atteggiamenti strategici all‟interno dei più rilevanti gruppi criminali di cui si parlerà (v. soprattutto
gruppo PAPALIA e gruppo SERGI ).
MORABITO SAVERIO, infatti, ha dato contezza di tali scontri di mafia e ha inquadrato nello scenario di guerra taluni gravi
fatti di sangue, scenario che risulterà perfettamente confermato dai predetti collaboratori e decisamente compatibile con i
moventi di cui ai reati indicati dal prevenuto. Si tratta, in via di sintesi, della nota guerra intercorsa tra le organizzazioni
facenti capo alla famiglia DE STEFANO e ad altre riferibili ai gruppi CONDELLO - IMERTI. Si avrà occasione di meglio
chiarire tali vicissitudini nella parte relativa agli omicidi ed in quella riguardante il traffico degli stupefacenti e nei limiti in
cui i fatti illeciti indicati subirono gli influssi del conflitto.
443
le precedenti omissioni in ragione, appunto, o della stretta amicizia o della eccessiva gravità delle
conseguenze penali connesse a tali fatti e non proporzionate, a suo modo di giudicare, alla reale
pericolosità sociale di quelle persone.102 I casi più eclatanti di questa scelta di “apertura progressiva”
hanno riguardato le posizioni di PARISI ANTONIO, di MUFATO ANGELO, di DUCHINI DINO, di
ROMEO ANNUNZIATINO, dello stesso fratello MORABITO LUIGI. Di tanto dovrà, quindi, tenersi
conto ai fini della complessiva ricostruzione storica di talune vicende (v. ad es. il sequestro Casella)
nelle quali, solo nella parte finale degli interrogatori, il MORABITO precisò ulteriori responsabilità
(nella specie di PARISI e del MUFATO) così meglio delineando eventi e circostanze sulle quali aveva
inizialmente mantenuto atteggiamenti vaghi e non veritieri.
Un fatto è però da tener bene in considerazione: che MORABITO ha sempre spiegato in maniera
convincente le ragioni della sua condotta processuale in quelle occasioni e, soprattutto, non ha mai
chioamato in causa altre persone che in qualche modo “coprissero” gli spazi, le omissioni, le reticenze
nella sua narrazione. Non ha mai calunniato nessuno.
Si prendano, per esemplificare, le posizioni del fratello LUIGI: MORABITO non ha parlato delle
due o tre rapine che aveva fatto con lui sino a che non ha saputo che anch‟egli aveva fatto la stessa
scelta collaborativa. Non ha impiegato molto a convincerlo, come si è visto, e il motivo della iniziale sua
copertura non ha bisogno di spiegazione.103
Per il cugino ROMEO ANNUNZIATINO, abbiamo ricordato i “sensi di colpa” che aveva
MORABITO verso di lui e il desiderio che pervenisse a quella grave scelta spontaneamente.104
Di ANTONIO PARISI, poi, aveva taciuto solo la sua partecipazione al sequestro CASELLA.
Quello era un fatto fuori della quotidianità, cui PARISI, stando al MORABITO, aveva in definitiva
dovuto prender parte perché “succube” dei SERGI: FRANCESCO SERGI “lo comandava a bacchetta”,
PAOLO SERGI “lo intimoriva”. Lui era un timido, un timoroso, un titubante. Per i fatti di droga, la
cosa era diversa, non aveva potuto tenerlo fuori perché
_______________________________
102
Questo discorso sarà naturalmente ripreso più avanti e in occasione dell‟esame delle singole posizioni interessate.
Aff. 816104
Cfr.
aff.
citt.
811/15
e
lo
stesso
ROMEO
ANNUNZIATINO,
locc.
103
citt.
444
lo sapevano tutti che era “organico” al gruppo SERGI: parlando di loro non avrebbe potuto certamente
tacere di PARISI, che peraltro aveva sempre considerato un poveruomo, incapace di fare male a
chicchessia. Un uomo cui era legato da vecchia amicizia e che aveva persino a suo tempo aiutato
facendo in modo che i SERGI gli regalassero anche un appartamento (salvo poi, quelli, più tardi farsi
dare l‟equivalente in denaro)105.
Per ANGELO MUFATO, oltre alla vecchia amicizia, bruciava molto a MORABITO l‟averlo
indotto a rendere disponibile il suo box per il sequestro CASELLA - quando lui s‟era tenuto fuori, pur
avendone uno suo, contiguo - con la promessa per giunta di un significativo compenso: cosa che invece
non s‟era verificata. Aveva, all‟inizio della collaborazione, anche tentato d‟ingannare gli inquirenti
dicendo falsamente che il box in cui era stato tenuto il CASELLA era il suo, ma poi si era reso conto che
la bugia non poteva resistere a lungo e che sarebbe anche venuto meno all‟impegno di lealtà che s‟era
ripromesso. E così s‟era risolto a fare anche il suo nome in quella vicenda. Ma aveva poi anche
inutilmente tentato di indurlo a collaborare, a “fargli aprire gli occhi... guardare la realtà”. Gli aveva
fatto pervenire anche una missiva in tal senso in carcere che parla da sè sui sentimenti nutriti da
MORABITO verso MUFATO. 106 Ma era stato tutto inutile.107
DINO DUCHINI. Altro imputato molto legato a SAVERIO MORABITO e particolarmente al
fratello di lui, LUIGI (col quale aveva fatto anche una rapina, ferendosi a un braccio nello scontro a
fuoco che ne era conseguito). Erano amici di famiglia, frequentavano le rispettive abitazioni, sedevano
insieme a tavola, stavano a godersi alla televisione le partite di calcio, andavano assieme allo stadio. Ma
lui non ne ha voluto sapere di collaborare. MORABITO aveva tentato di indurlo a questo anche
ricorrendo a telefonate alla madre (GIULIANA BECHERINI). Le aveva raccontato delle storie,
enfatizzando i vantaggi che il figlio avrebbe avuto collaborando. Le
__________________________________
105
Aff. 817/18, 839-846. Questo anche adimostrazione dell‟assenza, almeno stando a MORABITO, di ogni ipotesi di
malanimo nei confronti del PARISI che, se proprio avesse voluto danneggiare, avrebbe colto l‟occasione di farlo dalla
vicenda NIZZOLA (intuitivamente assai propizia al riguardo)
106
E‟ la nota vicenda di FRANCO OLIVIERI. La documentazione è agli atti , acquisita con ord. 23 aprile 1996. MUFATO
aveva poi tentato un depistaggio o screditamento del MORABITO dando incarico a quel tal FRANCO OLIVIERI, all‟epoca
codetenuto, di falsificare la missiva del collaboratore (cfr. esame dibattimentale dell‟OLIVIERI, ord. 14 maggio 1996; e,
amplius, seq. CASELLA ).
107
Aff.
816/18.
822/23.
445
aveva fatto anche i nomi di altri che avevano collaborato e che si erano guadagnati così la libertà
(invero, in quanto la modestia dell‟addebito lo consentiva: n.d.r.). Che, insomma, diceva MORABITO a
quella donna: il figlio “gli facesse da eco”, confessasse cioè che in effetti, come era vero, aveva preso
droga dal gruppo SERGI.108 Ma lui, che era poi anche una persona d‟animo buono, non aveva capito un
bel nulla. Anzi aveva detto alla madre di registrare quella telefonata: per farne che cosa, nemmeno
MORABITO riusciva ad immaginarlo.109
_____________________________________________________
108
Cfr. la trascizione della telefonata, in atti (v. Vol.173 delle produzioni del P. M., acquisite dalla Corte con la citata ord. 13
aprile 1995). Vi sono anche le cassette usate per la registrazione, a suo tempo consegnata dalla difesa del DUCHINI al P. M.
109
Meriota riportare questo passo dell‟esame dibattimentale di MORABITO, perché si raccomanda da sè, quanto a
naturalezza, e quindi a dimostrazione della spontaneità e trasparenza di intenti del collaboratore:””””I. - Ho tentato di farlo
con il DUCHINI DINO, attraverso sua madre e anche con il MUFATO scrivendogli una lettera in carcere. Solo che con il
DUCHINI, lui non ha capito che io lo stavo, diciamo, portando ad una scelta per abbandonare la vita che lui conduceva, Lui
ha creduto forse di fare una exploit all‟interno della malavita e aveva ordinato alla madre di registrare tutte le telefonate che
facevo io. Quindi di servirsene per chissà quale ragione.
P: M. - Lei come mai scelse la madre, che rapporti aveva con questa persona per convincere il DUCHINI?
I. - Per una semplice ragione, che erano amici di famiglia, perché il DUCHINI ha sempre frequentato casa di mia madre
perché era molto amico di mio fratello LUIGI, stava là addirittura a cena, a pranzo, stavano lì delle giornate a guardare
incontri di calcio, andavano assieme allo stadio a Milano, a Torino, anche la madre, la signora BECCHERINI, venivano a
casa mia....Insomma erano vicino alla famiglia e il DUCHINI stesso tutto sommato è solamente un ragazzone che vuole fare
vedere cose che in realtà non sono. Non è una persona cattiva d‟animo, non è quello che cova la vendetta per poi vendicarsi a
distanza di tempo, è uno che subisce, subisce e poi dimentica.
P. M. - Ecco, Lei ha chiamato in causa oltre 150 persone per episodi vari, come mai ha concentrato le sue attenzioni, diciamo
così, per questa scelta, per questa attività dio convincimento alla collaborazione per esempio sul DUCHINI?
I. - Gliel‟ho detto, perché DUCHINI non è una persona... non è un cattivo DUCHINI.
P. M. - Ma giocava solo questa valutazione morale o anche i rapporti di famiglia, i rapporti...
I. - Mah i rapporti con la famiglia, con la madre abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, anche lei, la madre con mia
madre, con mia moglie, siamo stati spesse volte a cena insieme, abbiuamo discusso di tanti argomenti, argomenti non di
natura malavitosa. La mamma di DUCHINI aveva prima un negozio di abbigliamento e poi un laboratorio per confezionare
abiti. Ha fatto degli abitini alla mia bambina, quindi mi sentivo anche un po' in... non in dovere, però volevo che il
DUCHINI scegliesse la strada della collaborazione per venire fuori dal carcere, non perché speravo che lui cambiasse,
solamente per venire fuori dal carcere e anche perché in salute credo non stia tanto bene per via di una ferita... cioè lui porta
un braccio offeso per una ferita che si è procurato durante un tentativo di rapina assieme a mio fratello.
P. M. - Lei sa che queste conversazioni telefoniche con la mamma del DUCHINI sono state intercettate, diciamo così in
termini improprio, però registrate dalla sua interlocutrice e quindi abbiamo già in atti anche la trascrizione di questi colloqui.
Ecco, può spiegare, poi se la Corte lo riterrà opportuno potremmo anche ascoltarle in aula per
446
===0===
Facendo un primo bilancio e tirando le fila di quanto sin qui si è detto sulle ragioni e sulle
modalità della scelta dei principali collaboratori di questo processo, sembra a questa Corte legittimo
trarre a questo punto, già in prima battuta e in via generale, questa conclusione: che esse togono in
radice ogni ragionevole possibilità di formulare ipotesi di critica alle lro chiamate in correità o reità che
siano fondate sulla calunnia, attivata da qualsivolglia interesse personale, da inimicizia o altri odiosi
motivi. E tanto meno ipotesi che insinuino accuse più o meno concertate a tavolino.
Non è così. Niente, della “storia” di quelle collaborazioni, del modo in cui si sono sviluppate e
delle ragioni che le hanno prodotte induce a pensarlo. A meno che, per convincersi di questo, sia
sufficiente scoprire e additare (come è stato fatto, peraltro con scarsa coerenza logica) “identità” di
versioni, o addirittura “discordanze” tra i vari “dichiaranti”. Ma di questo si è scritto trattando in
gemnerale sulla chiamata di correo.
Certo, resta l‟ipotesi che si sia errato nel ricordo. E‟ questa una ipotesi percorribilissima, per
tante ragioni (molteplicità dei fatti, loro lontananza nel tempo, prospettive di osservazione diverse, fonti
stesse diverse di informazione per le notizie “de relato”, ecc.) E su questa eventualità - e comunque
senza neppure trascurarne altre ove sia stata specifica e motivata sollecitazione difensiva - la Corte
______________________________________________________________________
le eventuali precisazioni sulle singole... alcuni passaggi etc. Può spiegare qual era la strategia che Lei intese adottare per
convincera la mamma del DUCHINI a far qualcosa per convincere a sua volta il figlio a collaborare?
I. - Sì, cert. Innanzitutto ho cercato di far presa sui sentimenti facendo... ho cercato di usare la madre di DUCHINI verso il
figlio affinchè fosse lei a convincerlo dietro le mie parole a collaborare, facendogli capire che il DINO - “DINO” sarebbe il
DUCHINI - che il DINO soffre fisicamente per via dei postumi della ferita, quindi si trova in carcere con una condanna
definitiva da sontare, una nuova ordinanza di custodia cautelare, le cose sarebbero andate per le lunghe e rischiava con la
salute parecchio. E poi naturalmente ho bleffato anche facendogli credere che i vantaggi che derivavano dal servizio centrale,
l‟organo preposto per tutelare i collaboratori e i familiari erano molto vantaggiosi, facendogli credere che si percepiva un...chiamiamolo stipendio mensile di una somma notevole e tanti altri vantaggi economici, cosa che in realtà non è così, adesso
non
so
che
cosa
si
mormora
in
giro,
comunque...””””(aff.
819-822)
447
porterà, scrupolosamente, principalmente , tutta la sua attenzione nell‟esaminare i vari episodi delittuosi
che seguono,
=====0=====
Forse qualche parola, tuttavia, vale la pena che sia ancora spersa a caratterizzare la
collaborazione del principale dei personaggi che sopra abbiamo ricordato: SAVERIO MORABITO. A
ciò indubbiamente induce, non solo l‟eccezionalità della sua scelta, ma anche la estrema quantità e
precisione delle cose riferite. Può di conseguenza, esser opportuno, scontando qualche ripetizione, un
cenno al periodo storico di riferimento del MORABITO e qualche considerazione generale sul merito di
quanto ha detto.
MORABITO SAVERIO ha riferito, infatti, un‟innumerevole serie di episodi delittuosi anche
gravissimi (sequestri di persona, omicidi, traffico di ingenti partite di stupefacenti, rapine ecc.) in
moltissimi casi - come si è già anticipato - ammettendo la propria partecipazione agli stessi (ed anche
per episodi per i quali era stato a suo tempo prosciolto in fase istruttoria) e così narrando tutta la propria
lunghissima “carriera criminale” fin dai suoi inizi.
L‟ambito criminale nel quale si inseriscono gli episodi narrati è quello della “ndrangheta”
trapiantata al nord negli anni „70 , quando - come abbiamo già visto - con una progressiva emigrazione,
persone trasferitesi dalle medesime zone geografiche si concentrarono in ben individuate fasce del
territorio, ricomponendo in loco ambienti, culture, atteggiamenti sociali e rapporti di vita analoghi a
quelli esistenti nelle terre di origine, così che - come nel caso che qui interessa- quando la zona di
origine risultava caratterizzata da forte penetrazione mafiosa o comunque criminale era giocoforza che
anche gli atteggiamenti antisociali venissero mantenuti nelle nuove zone, con il risultato, in definitiva,
del rigenerarsi, in parti diverse dello Stato, della stessa realtà criminale.
Nel Capitolo 2° ci si è già intrasttenuti su questo fenomeno e s‟è visto che ciò accadde anche nei
comuni di Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, alle porte di Milano, nei quali dagli anni „70 si è
assistito ad una forte emigrazione di calabresi, tra i quali, in misura assai rilevante, molti originari di
Platì
(RC).
MORABITO
SAVERIO
448
aveva sette anni quando la sua famiglia si è trasferita da Platì a Buccinasco.110
A partire dagli anni 70 innumerevoli sono state le inchieste ed i processi che hanno visto
inquisite in Lombardia persone di origine calabrese stabilitesi nei predetti comuni dell‟interland
milanese o aventi comunque collegamenti con tali ambienti criminali: sono diventate così ormai “parte
di storia” le vicende criminali delle “famiglie” dei PAPALIA, dei SERGI, dei BARBARO, dei
TRIMBOLI, dei ROMEO ecc.
E‟ su questo sfondo che si colloca la scelta di collaborazione di MORABITO SAVERIO, scelta
che proprio per la vastità delle esperienze del collaboratore (che coprono un arco di tempo dal 1972 al
momento del suo arresto nel 1990 e per taluni fatti appresi in carcere, anche dopo) ha permesso di
inserire in un quadro organico singoli episodi delittuosi rimasti fino ad ora per lo più fatti isolati ed ha
permesso di acquisire importanti elementi oltre che sul gruppo del quale il MORABITO faceva parte
(gruppo SERGI) anche su altri gruppi criminali di primaria importanza (CIULLA, CAROLLO,
FIDANZATI, PANNUNZI, SALESI, TROVATO, FLACHI, ecc.)
In particolare i fatti esposti da MORABITO SAVERIO possono essere più facilmente compresi
se si tengono presenti le principali tappe della “carriera criminale” del collaboratore, le quali possono
essere così schematicamente sintetizzate:
- primi approcci111 - agli inizi degli anni „70 - alla malavita organizzata (CIULLA GIUSEPPE,
UGONE SALVATORE, MUSCIO RICCARDO, BOVA GIOACCHINO, PERROTTA VITTORIO,
SOFIO CLEMENTE, CICIRIELLO GIUSEPPE ed altri) e conseguente partecipazione ad una serie di
rapine commesse in danno di supermercati nelle zone di Biella, Milano, Bergamo mediante sequestro
del direttore del supermercato (per alcuni di tali episodi il MORABITO è già stato condannato) nonchè
partecipazione alla consumazione di altri reati contro il patrimonio (fu arrestato per tali rapine nel
febbraio „74, uscendo dal carcere nel febbraio 1977 e
_________________________
110
Famiglia composta da padre, madre e quattro figli, MORABITO terminò la sacuola elementare a Buccinasco e lì
conseguì con corso serale - lavorava in una azienda artigiana di giorno- la licenza di terza media. Abitavano in un
appartamento adibito a portineria di uno stabile: la madre ne era la custode. Si trasferirono poi a Corsico dove il padre
lavorava, prima come bidello e poi come messo comunale (aff. 759-762).
111
In ogni caso, c‟era già stata qualche esperienza di carcere minorile, per furti vari e con un certo crescendo poi,
frequentando
gente
di
Baggio
e
di
Corsico
(aff.
759-761/2).
449
riprendendo subito contatto con MOLLUSO FRANCESCO per un progetto di “taroccamento di
autovetture rubate e consumando altresì con MUSCIO Mario, la rapina di cui al capo 90);112
- partecipazione a sequestri di persona a scopo di estorsione a partire dalla sua scarcerazione nel
febbraio 1977 e stabile inserimento nella realtà criminale dei calabresi operante nelle zone di Corsico e
Buccinasco (seqq. SCALARI, GALLI: v. la parte sui sequestri di persona). Arrestato per tali fatti il 24
maggio 1977 con condanna, a tre anni, per il solo reato associativo (venne prosciolto per i fatti di
sequestro estorsivo), uscì dal carcere nell‟aprile del 1978;
- prime attività nel campo degli stupefacenti a partire dal 1979/1980, in concorso inizialmente
con AMANDINI Michele e poi con altre persone e contemporanea attività nel campo della ricettazione
di autovetture rubate assieme ad INZAGHI e a un gruppo di napoletani (per tale ultima attività il
MORABITO fu imputato in uno dei primi grossi processi per traffico di autovetture rubate celebratisi a
Milano che si concluse con la condanna del MORABITO in primo grado nel 1981)113; il MORABITO
ha riferito anche di omicidi consumati in questo periodo, alcuni da lui personalmente eseguiti (v. om.
TROMBADORE e om. RIBAUDO),
- dalla scarcerazione nel 1983 (nell‟ambito di un processo celebratosi a Locri per associazione
per delinquere) inizia la sistematica attività del MORABITO nel campo degli stupefacenti, sempre
assieme ad INZAGHI - e dall‟‟86 anche con il cugino ROMEO ANNUNZIATINO-, che lo porterà in
poco tempo ai vertici del gruppo SERGI dedito al commercio di ingenti partite di eroina (e
_______________________
112
Aff. 762-770. In questo contesto il collaboratore inserisce e spiega la mite condanna riportata per tali episodi delittuosi (le
dette rapine) con la corruzione del presidente del collegio giudicante in sede di Appello del capoluogo piemontese.
113
Aff. 772-774. Con tutta la approssimazione cronologica possibile, in relazione alla risalenza nel tempo dei fatti, riferisce il
collaboratore che era stato arrestato nel marzo del 1978 per traffico di autovetture rubate (mentre era detenuto per questo
fatto, gli era stato notificato l‟ordine di cattura per reato associativo mafioso emesso dalla Procura di Locri. Dopo un anno,
era comunque di nuovo libero. Sarà riarrestato nell‟‟83 per scontare un breve periodo di carcerazione a Reggio Calabria ed
esser poi liberato nel corso dello stesso anno. Nell‟‟85 seguirà un altro breve periodo di carcerazione per espiazione di un
residuo pena /in questo tomo di tempo godrà di un periodo di semilibertà sulla scorta di una falsa attestazione lavorativa
rilasciatagli da CERULLO PIETRO). Quindi, nell‟‟86/87, altro periodo breve periodo di carcerazione per il sequestro
RANCILIO (con ROCCO PAPALIA), grazie alla ritrattazione “coatta” del “pentito” ALFONSO AMANTE.
450
successivamente anche alla produzione di eroina) e in misura minore al commercio di cocaina e hashish;
tale periodo termina con l‟arresto del MORABITO nel settembre 1990 (ROMEO, nel maggio del „90)
quando viene scoperta la raffineria di eroina a Rota Imagna alla cui gestione il MORABITO cooperava
attivamente convolgendovi anche il cugino; con riguardo a questo periodo il MORABITO ha riferito
non solo dell‟attività del gruppo di appartenenza (gruppo SERGI), ma anche dell‟attività, per lo più nel
campo degli stupefacenti, di altre organizzazioni criminali presenti sul territorio e con le quali entrò in
più occasioni in contatto per comuni attività criminali (es. gruppi PAPALIA, CAROLLO, CIULLA
ecc.); ha riferito altresì di numerosi omicidi e tentati omicidi (v. i relativi episodi) gran parte dei quali
eseguiti personalmente ed aventi motivazioni differenziate.
Ciò posto, va detto sempre in via generale (ed a prescindere dunque dalla specifica analisi dei
singoli aspetti dei fatti riferiti), che -alla stregua dei normali criteri elaborati per la valutazione
dell‟attendibilità della chiamata, siccome esposti per l‟innanzi nel Capitolo 3° e scendendo al merito
delle stesse- le dichiarazioni rese dal collaboratore presentano tutti quegli indici che, ancora una volta,
permettono innanzitutto di formulare un generale giudizio di attendibilità del dichiarante ed in
particolare:
- le dichiarazioni da lui rese, in un amplissimo arco di tempo (di vari mesi), presentano
un‟intrinseca coerenza e forza logica complessive, pur essendo assai articolate (riguardando centinaia di
episodi e di persone), reiterate (non solo, a più volte, in questo dibattimento, ma anche in numerosi altri
dibattimenti, avanti ad altre autorità giudiziarie, i cui verbali sono stati puntualmente prodotti dal P.M. e
via via acquisiti agli atti114) e rese talora in forma del tutto
_________________
114
A proposito del requisito della c.d. reiterazione, costanza e sostanziale uniformità delle dichiarazioni rese via via sugli
stessi temi dal “collaboratore” -caratteristiche da intendersi quali ulteriori e assai significativi requisiti di credibilità dei fatti
narrati- merita sottolineare che per MORABITO SAVERIO, MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO e AMANDINI
MICHELE un utilissimo strumento di raffronto è rappresentato dalle dichiarazioni rese dagli stessi collaboratori in sede di
indagine preliminare e acquisite dalla Corte con la ordinanza 13 aprile 1995 (pagg. 14 e segg: come già anticipato, per esser
tali costituiti entrati a far parte del materiale probatorio di processi separati, in considerazione del rifiuto a rispondere in tali
sedi opposto dalle medesime fonti, ed essendo poi tali costituti “migrati” nella presente sede dibattimentale, ex art. 238/1,
c.p.p.). Con l‟avvertenza, in ogni caso, che quei requisiti emergono, “a contrarus”, anche dalla assenza, in via di massima, di
contestazioni ex artt.210/5 e 503, c.p.p. sollevate dalle parti durante gli esami dibattimentali dei collaboratori (l‟utilizzo della
c.d. contestazione probatoria è stato infatti in quei casi assai contenuto). E tuttavia, la
451
incidentale (nel contesto cioè di altro argomento): tutto ciò già di per sè difficilmente si accorda con
l‟ipotesi della falsità delle stesse;
___________________________________________________________
rilevanza che tali costituti “istruttori” assumono, si segnala in tutta la sua evidenza anche sotto altro, più incisivo, profilo. Si
vuol dire che -oltre a rappresentare un utile strumento di raffronto, per apprezzare la fermezza e costanza delle versioni
fornite dal “dichiarante”- l‟acquisizione della serie degli interrogatori da lui resi (con riferimento alla stessa “storia” della sua
collaborazione, ossia: del quando, come, perché si raccomanda (già da un punto di vista generale) anche come mezzo
ineludibile per verificare, “funditus”, l‟esistenza del requisito della intrinseca attendibilità del dichiarante-chiamante in
correità (o reità). Quel requisito cui, sappiamo, la Corte regolatrice assegna la condizione di premessa indefettibile perchè le
accuse possano essere prese in considerazione dal giudice e poste a base della decisione. Requisito che va inteso come
credibilità soggettiva del chiamante, i cui indici rivelatori sono rappresentati, per l‟appunto, da spontaneità, costanza,
coerenza, precisione, logica interna del racconto, mancanza di interesse diretto dell‟accusa, assenza di contrasto con altre
acquisizioni, e di contraddizioni eclatanti o difficilmente superabili. Ora, non è chi non veda come, sulla scorta del solo esito
dibattimentale dell‟esame (con o senza contestazione probatoria), una valutazione siffatta, o risulti impraticabile, o risulti
incompleta e, in ogni caso, rischi di presentarsi insoddisfacente. Senza una minuziosa ricostruzione storica del contributo
processuale, che ne metta in risalto il suo procedere nel tempo, con attenzione alle sue scansioni, magari anche a fronte delle
altre emergenze processuali, con curiosità scientifica al suo atteggiarsi, volta a volta, al suo eventuale aprirsi progressivo o al
suo regredire su posizioni condizionate o in qualche modo giustificate da peculiari contingenze; ebbene, senza la
disponibilità dei precedenti costituti (nella loro interezza), v‟è da chiedersi come -ferma restando la utilizzabilità del solo
risultato probatorio dibattimentale- possa farsi buon governo di detti indici rivelatori, come insomma ed esemplificando,
possa formularsi, convincentemente, una valutazione sulla coerenza interna complessiva del racconto, sulla sua precisione,
sulla sua costanza nel progredire del tempo, sulla sua inalterata ricchezza di particolari, sulla sua riconducibilità o meno a
disegni o schemi o costruzioni accusatorie o assolutorie prefabbricate, sulla sua stessa spontaneità (giudizio, questo, in
particolare, compiutamente esprimibile -ad avviso della Corte- tenendo presente, soprattutto, lo scenario, il quadro storico, le
condizioni tutte esistenti all‟atto del primo interpello del soggetto). D‟altro canto, appare assai difficile ipotizzare che in un
esame dibattimentale possa riprodursi con esattezza “la storia” della fonte di prova nel suo ripetuto -come spesso avvieneapproccio con l‟A.G.E. se ciò non è possibile, quasi per irripetibilità intrinseca (ontologica) di eventi, allora occorre prendere
atto che, diversamente opinando, ossia non dando ingresso ai costituti in parola (come la legge allo stato impone, al di fuori
di particolari situazioni, dove, come nel presente caso, lo stesso risultato si ottiene per mezzo di determinati meccanismi
processuali), grave e irragionevole è -per il Giudice- la perdita di “sapere”, la dispersione di mezzi e risultati di prova a
dispetto di quello che costituisce il fine primario e ineludibile del processo penale: la ricerca della verità. Ma nel presente
caso -si può dire del tutto fortuitamente, e certo legittimamente e fortunatamente, nell‟interesse generale del processo- si è
potuto disporre degli strumenti d‟indagine e valutazione in parola.
Per ,questo, in non pochi casi, si potrà utilmente -anche sul versante espositivo- esordire con il testo delle dichiarazioni rese
dai collaboratori in sede di indagini preliminari, segnatamente dal MORABITO (come da colui che ha preso avvio questa
importante inchiesta giudiziaria), per poi procedere al raffronto con quelle dibattimentali, segnalando eventuali incertezze,
rettifiche o contraddizioni.
452
- nella narrazione il dichiarante ha dimostrato precisione nel racconto (pur cadendo talora
incomprensibili errori di cui si dirà), nonchè una capacità di individuazione delle responsabilità
individuali e di distinzione dei fatti dalla interpretazione degli stessi o dalla supposizione sugli stessi,
che sicuramente depongono per l‟affidabilità della fonte delle dichiarazioni;
- le dichiarazioni del collaboratore presentano un fondamentale contenuto autoaccusatorio che
costituisce indice della serietà del dichiarante e della sua spontaneità e che ne avvalora l‟affidabilità
anche nelle parti nelle quali egli accusa terze persone;
- il quadro complessivo dei riscontri e delle conferme esterne ai fatti riferiti è come si vedrà
trattando dei singoli reati, talmente articolato ce già di per sè dimostra come le dichiarazioni rese non
possano certo ritenersi frutto di fantasia (bisogna in proposito ricordare che, oltre a quanto si dirà
trattando dei fatti riportati nei singoli capi di incolpazione, il collaboratore ha riferito di molti altri fatti
in ordine ai quali, il P.M. - come s‟è anticipato in parte espositiva - ha formulato contestazioni
integrative e/o suppletive), nè è pensabile - ripetesi - che tali dichiarazioni siano frutto di un‟operazione
calunniosa che, utilizzando moltissimi fatti veri, li abbia combinati in un racconto complessivamente
non rispondente a verità, perchè ciò non sarebbe infatti, nel caso di specie, umanamente possibile, attesa
la complessità ed articolazione delle dichiarazioni e considerato che le stesse sono sempre rimaste
coerenti, pur essendo ribadite nel corso di vari, innumerevoli interrogatori non solo nella fase d‟indagine
preliminare, ma anche nel corso del presente dibattimento e, ripetesi, di dibattimenti c.d. “paralleli” a
questo. 115
Con specifico riferimento a taluni errori (inversioni di date ecc) nei quali è caduto il
collaboratore, s‟è detto che gli stessi saranno valutati trattando dei singoli episodi ai quali si riferiscono.
E‟ tuttavia possibile affermare fin d‟ora, in via generale, che quegli errori (peraltro numericamente assai
ridotti) non sono tali da compromettere il giudizio di affidabilità complessiva del dichiarante, poichè da
un lato essi riguardano episodi il cui racconto è comunque assistito da riscontri significativi e dall‟altro
il tipo di errore, il tempo trascorso dal fatto e le caratteristiche dello stesso pienamente giustificano
l‟errore
medesimo
(che
anzi,
semmai
ve
ne
fosse
_______________
115
Come testimoniano i verbali di prove acquisiti con numerose ordinanze dibattimentali.
453
bisogno, indirettamente dimostrano - secondo quelle stesse osservazioni svolte sul tema generale della
“Chiamata di correo” al Capitolo 3° - che le dichiarazioni rese non sono frutto di manipolazione o
fraudolenta concertazione).
E v‟è da dire che, le stesse connotazioni di affidabilità si colgono nelle narrazioni degli altri
collaboratori che si sono nominati nelle pagine che precedono: intendiamo soprattutto far riferimento ai
vari MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, ROMEO ANNUNZIATINO e
ROMEO BRUNO. Senza, tuttavia, trascurarne altri, per così dire minori (s‟intende, per settore di
riferimento, come ad esempio: ANNACONDIA SALVATORE, BARRECA FILIPPO, CASSANIELLO
DINO, CIULLA SALVATORE, DI DONATO MICHELE, DI MODICA LUIGI, FOSCHINI
VITTORIO, LAURO GIACOMO, ORIO UMBERTO, PACE SALVATORE, PIRRONE MAURIZIO,
SACRIPANTI LUIGI, TUCCI LUCIANO, TOCCI GIORGIO, ecc) che hanno anch‟essi contribuito in
maniera non indifferente ad arricchire il patrimonio conoscitivo del presente processo.
Senza contare poi che molti dei collaboratori citati hanno già ricevuto una sorta di attestato di
affidabilità da altri uffici giudiziari 116 e che per molti di essi - come si è testè ricordato - sono stati
acquisiti al fascicolo del dibattimento, con pieno valore di prova ex art. 238/1, c.p.p. i verbali che
raccolgono le dichiarazioni da loro rese in dibattimenti “paralleli” su temi processuali comuni. 117 Cosa
______________
116
Un attestato sia pure di “spessore probatorio” diverso, in relazione al tipo e alla definitività o meno del provvedimento
giudiziario che dalle loro dichiarazioni è scaturito. Per citare solo alcuni di tali provvedimenti, tra i tanti che il P.M. ha
documentato e la Corte acquisito nel corso del lungo dibattimento e lasciando al prosieguo della trattazione l‟indicazione
degli altri, secondo l‟opportunità espositiva del momento, si possono ricordare: provvedimenti restrittivi (documenti
acquisiti: per SAVERIO MORABITO, con ord. 30 giugno 1995, 2 aprile 1996; per ROMEO ANNUNZIATINO, con ord. 30
giugno 1995); provvedimenti di rinvio a giudizio (vedine una elencazione tra quelli acquisiti con la citata ordinanza 2 aprile
1996); sentenze di merito non coperte da giudicato (CIULLA, dal Trib. Milano, documento acquisito con ordinanza 23 aprile
1996; MORABITO LUIGI, Trib. Milano, documento acquisito con ord. 2 aprile 1996; MORABITO SAVERIO, documento
acquisito con ord. 26 settembre 1996) decisioni irrevocabili (per AMANDINI, documenti acquisiti con ordinanza 30 giugno
1995; INZAGHI, Ass. Roma, acquisita con ord. 26 settembre 1996; App. Torino, documento acquisito con ord. 5 novembre
1996; MORABITO SAVERIO, documento acquisito con ord. 24 ottobre 1995).
117
Anche qui a titolo esemplificativo (e riservando al prosieguo le precisazioni del caso), segnaliamo che sono stati acquisiti
agli atti, con le ordinanze dibattimentali che seguono, i verbali di prova dei corrispondenti “collaboratori processuali”: con
ord. 30 giugno 1995 (ROMEO BRUNO); con ord. 24 ottobre 1995 (CIULLA e MORABITO LUIGI); con ord. 15 novembre
1995
(ANNACONDIA
e
PIRRONE);
con
ord.
19
454
che consente quel controllo assai importante di costanza, fermezza e sostanziale uniformità di contenuti
narrativi dei vari racconti, indicato più sopra come segno di sincerità della fonte.
--==0==--
La rapida rassegna sugli indici di generale affidabilità della fonte di prova rappresentata da
SAVERIO MORABITO, non può trascurare le conferme che sono venute dal c.d. processo BAIKAL
KENAN. E questo per un duplice aspetto di quella vicenda: ovvero, sia con riferimento ai fatti di delitto
portati in tale occasione all‟esame della A.G., sia con riferimento ad altri fatti scaturiti da quel processo
e per i quali, per eventuali profili penalmente rilevanti, si sta occupando altra A.G. (Brescia).
Ciò che è nel complesso avvenuto ha una forza probatoria (per l‟aspetto che qui interessa), forse
come poche altre e dà sicuramente ragione della scelta interpretativa fatta da questa Corte di Assise 118 e
del giudizio probatoriamente positivo che essa ha formulato nella specie riguardo la chiamata di correità
del MORABITO. Una scelta interpretativa che, pur consapevole dei rischi connessi all‟utilizzo della
chiamata in reità e correità come mezzo di prova, non rinuncia (magari mascherando tale rinuncia con la
richiesta di impossibili “riscontri” o di prove autonome della responsabilità del chiamato119), a tale
indispensabile strumento di prova, ma si incentra sul problema della valutazione dell‟affidabilità
probatoria delle dichiarazioni del collaboratore.
Al nocciolo.
Quel processo traeva origine dalle ampie e dettagliate dichiarazioni rese dal cittadino turco che
aveva
all‟epoca
collaborato
_______________________________________________________________
dicembre 1995 (DI DONATO); con ord. 10 gennaio 1996 (AMANDINI); con ord. 12 marzo 1996 (BARRECA, LAURO e
TUCCI); con ord. 26 marzo 1996 (DI MODICA e TOCCI); con ord. 18 aprile (PACE); con ord. 23 aprile 1996 (INZAGHI e
PIRRONE); con ord. 4 giugno 1996 (FOSCHINI); con ord. 18 luglio 1996 (CASSANIELLO, PACE, DI DONATO,
MORABITO S. ORIO e SACRIPANTI).
118
Cfr. Capitolo 3.
119
Nella pretesa di un elemento di prova autonoma della responsabilità del chiamato, viene a risolversi, secondo taluno,
l‟orientamento giurisprudenziale abbastanza recente sul c.d. riscontro “individualizzante”. Orientamento interpretativo non
condivisibile, poichè ciò equivarrebbe a negare in pratica il valore di prova pacificamente attribuibile alla chiamata di correo
(v. Capitolo 3).
455
con l‟A.G.; BAYKAL KENAN, e aveva così consentito di aprire una prima breccia nella realtà delle
organizzazioni criminali calabresi operanti a Corsico e Buccinasco. Il BAYKAL, in particolare, aveva
reso possibile far luce su uno scorcio di quelle attività di commercio di droga che, come si vedrà, molti
degli attuali imputati portavano avanti dagli inizi degli anni „80 e che (come emergerà poi dalle
dichiarazioni del MORABITO e di altri collaboratori) giunsero, negli anni più recenti, a livelli di
primissimo piano (v. gestione di circa 150 Kg. di eroina al mese).
Ebbene, come prima considerazione, va preso atto che le dichiarazioni successivamente rese da
MORABITO SAVERIO in questo dibattimento hanno pienamente confermato le dichiarazioni rese dal
BAYKAL e, implicitamente, il giudizio di credibilità già formulato alla stregua dei criteri interpretativi
e valutativi della chiamata di correo che si sono innanzi esposti (cfr. citato Capitolo 3 e la sentenza qui
acquisita 120). Si sottolinea, in proposito, che in quel processo MORABITO aveva negato la propria
responsabilità, mentre ha poi qui ammesso, fin nei minimi particolari, le indicazioni fornite su di lui dal
BAYKAL KENAN, ed ha anche ammesso la sua partecipazione al duplice omicidio di CAVALLARO e
CAMPODIPIETRA in relazione al quale era stata pronunciata nell‟ambito di quel processo sentenza di
n.l.p.):
Ma le vicende connesse al processo c.d. BAYKAL hanno anche fornito un‟occasione
sicuramente eccezionale di conferma dell‟esattezza dell‟indicata scelta interpretativo-valutativa, poichè
è stata prospettata l‟ipotesi 121 che ad “altro” si dovette ricorrere da parte degli imputati per addivenire
ad alcune assoluzioni in grado di appello.
E‟ insomma avvenuto - passando al secondo aspetto di quella vicenda dinanzi evidenziato - che
SAVERIO MORABITO (risoltosi ormai a quel tempo a collaboratore con l‟A.G.) mentre si svolgeva il
dibattimento di appello di quel processo, aveva potuto preannunziare, per così dire “in presa diretta”, al
P.M. che aveva condotto quell‟indagine in primo grado e stava raccogliendo la sua
_____________
120
Cfr. Vol. 221, sent. n. 126. Del processo c.d. BAYKAL KENAN si tornerà ancora a parlare, tra l‟altro anche trattando il
reato associativo concernente il Gruppo SERGI.
121
Se fondatamente o no sarà solo l‟A.G. di Brescia a dirlo. Per questo motivo questa Corte, nella sua ordinanza 13 aprile
1995 (pag. 25), non ha accolto la richiesta istruttoria della difesa SERGI intesa a dibattere in questa sede, anche attraverso
l‟escussione dei magistrati componenti quel Collegio giudicante, la fondatezza della prospettata ipotesi delittuosa.
456
“collaborazione”, il progetto di “corruzione” - stando naturalmente alle sue parole - che (come a lui
veniva riferito, con progressivi aggiornamenti sulla sua evoluzione) era in corso nei confronti di
componenti il collegio giudicante, per ottenere la assoluzione (sua e, tra suoi coimputati, anche di
SERGI FRANCESCO e PARISI ANTONIO).
Il processo si era concluso infatti in primo grado con una sentenza di condanna degli imputati
(tra cui SAVERIO MORABITO e FRANCESCO SERGI a 24 anni di reclusione, ANTONIO PARISI a
12 anni di reclusione, oltre le pene pecuniarie per tutti e tre). 122
Ora, la collaborazione di MORABITO SAVERIO, protrattasi con le modalità indicate durante lo
svolgimento del processo in appello, ha permesso di seguire come s‟è detto “in diretta” la sorte di quel
processo in tale fase. Una sorte che pare alquanto singolare, se si tiene presente che MORABITO
SAVERIO, ancor prima che quel dibattimento di appello avesse inizio, aveva appreso dal fratello LUIGI
che SERGI PAOLO si stava attivando per “aggiustare” il processo e che dava per certo il buon esito del
suo intervento.
Nel corso del dibattimento, aveva poi avuto ripetute conferme (tra l‟altro anche dallo stesso
SERGI FRANCESCO, suo coimputato e fratello di PAOLO) che qualcuno si era mosso per “pilotare” il
suo processo. Non aveva saputo niente di più, per la voluta e rigorosa riservatezza tenuta dai diretti
interessati. Certo, era stato rassicurato anche sotto il profilo economico: non occorreva che mettesse
anche lui del denaro, perchè l‟interessamento di PAOLO SERGI, oltre che per il fratello FRANCESCO,
valeva anche per lui e l‟altro coimputato PARISI ANTONIO. 123
Dichiarazioni queste sicuramente inquietanti e anche in qualche modo rinviano col pensiero a
episodi di corruzione o intimidazione o comunque di “avvicinamento”, nei confronti di appartenenti
all‟Autorità giudiziaria e/o a testimoni, riferiti dal MORABITO (si vedano ad esempio: gli episodi
riportati trattando dell‟omicidio dell‟avv. PONZIO: v. infra; quanto riferito dal collaboratore a proposito
del processo celebratosi avanti alla Corte d‟Assise di Appello di Torino nel processo per le rapine ai
supermercati 124;
quanto riferito dal collaboratore a proposito di un cancelliere e di un
___________
122
123
124
Sentenza 2 aprile 1992 citata all‟inizio.
Cfr. gli interrogatori resi dal MORABITO al P.M. nelle date del 13 febbraio, 26 marzo e 2 aprile 1993.
Aff. 768 e interr. al P.M. pagg. 1085 e segg.
457
giudice di Roma 125; quanto riferito dal collaboratore a proposito della concessione degli arresti
domiciliari a INZAGHI nel noto processo per “riciclaggio”: v. infra c.d. affare FORTUNY; e a
proposito di una assoluzione ottenuta da ROCCO PAPALIA grazie all‟intervento di un avvocato: v.
infra omicidio PONZIO e ivi ampi richiami nella nota 4).
Sta di fatto - questo è il dato storico ineludibile emergente dall‟intera vicenda - che la “profezia”
di MORABITO ebbe puntualmente a verificarsi: furono tutti e tre assolti, lui, SERGI FRANCESCO e
PARISI ANTONIO. Per gli altri vi fu una sostanziale conferma della decisione di primo grado. 126
Si aggiunga poi che MORABITO ASSUNTO LUIGI ha pienamente confermato quanto riferito
dal fratello, vale a dire che SERGI PAOLO in più di un‟occasione gli aveva espressamente chiesto di
riferire al fratello SAVERIO di non preoccuparsi per il suo processo di appello, perchè quello che
stavano facendo per il fratello FRANCESCO valeva anche per lui e per il PARISI. Che anzi, si era
raccomandato di fargli sapere di non smuovere nulla, di non dare soldi a nessuno, perchè tutto stava
andando per il verso giusto. Altro non aveva potuto sapere, ma per lui era chiaro che avevano
“manovrato” qualche giudice 127.
Una “assoluzione annunciata” appare dunque, allo stato, quella pronunciata in data 25.3.1993,
sulla quale l‟A.G. competente 128 sicuramente svolgerà tutti i necessari approfondimenti, anche al fine
di verificare se le dichiarazioni rese da MORABITO in epoca che parrebbe non sospetta e col rischio di
guadagnarsi una clamorosa smentita 129, confermate oltretutto dal fratello LUIGI e seguite dalla effettiva
verificazione del risultato prognosticato e ottenuto (con metodo sicuramente illecito, stando lo si
ribadisce
a
___________
125
Interr. al P.M., pag. 1092.
Cfr. sentenza Appello Milano 25 marzo 1993 a Vol. 223, doc. n. 138. Gli altri imputati ebbero solo riduzioni di pene.
Detta sentenza - va pure detto - ha trovato conferma in Cassazione. Ma non pensa la Corte che questa sentenza possa far
venir meno il giudizio di positiva attendibilità del collaboratore, a meno che gli si voglia riconoscere una capacità “profetica”
di cui la storia giudiziaria non offre altri esempi.
127
Cfr. interr. al P.M. dell‟8.6.93, pag. 293.
128
Quella bresciana, come si è anticipato, che risulta investita dell‟indagine per il profili penali della vicenda con riguardo
all‟intero Collegio giudicante.
129
Riesce peraltro anche difficile ipotizzare, in quel momento, un interesse personale del collaboratore a riferire al P.M. sulla
vicenda in questione. Del resto proprio in un contesto in cui l‟A.G. avanti la quale si trova sta giudicandola sua affidabilità.
126
458
quanto riferito dai due collaboratori), siano o no compatibili con l‟ipotesi di una millanteria.
Comunque sia, per i dati storici qui evidenziati e per quanto strettamente riguarda questa Corte, il
giudizio di affidabilità del collaboratore esce da questa complessa e assai delicata vicenda processuale,
ancora una volta e marcatamente in positivo.
--===0===--
459
CAPITOLO 5
Il metodo di valutazione della prova
--===0===--
Nella stessa prospettiva 1 che ha suggerito l‟opportunità di premettere, alla trattazione dei singoli
episodi delittuosi, a quali condizioni verrà riconosciuto il valore di “prova” alla “chiamata di correo”, la
Corte espone ora il proprio pensiero sul metodo, sulla procedura mentale che seguirà nel prevenire sulla scorta delle prove raccolte - al giudizio conclusivo in quanto di responsabilità nella valutazione
della capacità dimostrativa insita il ciascun elemento di prova in generale, ovvero quello che
giustificherà le conclusioni da essa Corte assunte per ciascun imputato in relazione a ciascun fatto di
reato addebitatogli.
Un metodo che - grazie anche al contributo di illuminata dottrina, non solo delle discipline
giuridiche - questa Corte ritiene di adottare e qui esplicitare, vuoi per prevenire un possibile argomentare
difensivo che malamente contesti (per un equivoco di fondo) l‟assenza di una certezza logica, stricto
sensu, nelle conclusioni che essa avrà assunto, vuoi e soprattutto perchè il metodo adottato si presenta
concettualmente più appagante di altri e, in particolare, perchè offre uno valido strumento per rispondere
al sempre inquietante interrogativo - il cui dilemma di “scarica” interamente e principalmente nel
momento della valutazione finale - su “quanto pesa”, quanto “conta” il singolo elemento probatorio,
con il rischio ora di sacrificarne la portata in nome del dubbio residuo, ora invece di accettarne il piccolo
rischio marginale in nome della forte carica indicativa che in esso è pur racchiusa.
________
1
E con le stesse esigenze di sintesi imposte dalla sede in cui l‟argomento è trattato.
460
Il pensiero tradizionale
Vale a dire, quello della giurisprudenza meno recente, può sintetizzassi nel seguente assioma:
sicura certezza della conclusione e procedura connotata dal metodo della dimostrazione (tipica
dell‟inconfutabilità della proposizione finale) individuano il grado e il tipo di conoscenza che si ritiene
(rectius: si riteneva, vedi infra) racchiusa nella pronuncia giudiziale. Non pochi difensori si sono
richiamati a questo orientamento di pensiero nel richiedere alla Corte, per la eventuale condanna del loro
assistito, uno standard di conoscenza quale, appunto, la certezza. Con il corollario che a quest‟ultima la
Corte potesse pervenire solo se in possesso di alcuni eventi qualificati, definiti “prove”, tali da offrire di
per sè la forza dimostrativa piena voluta dalla sentenza. Di qui, con evidenti riferimenti a classificazioni
di sapore civilistico, l‟indicazione di una sorta di gerarchia probatoria tra i vari elementi raccolti nel
processo che, grosso modo, vede ai suoi estremi da una parte la “prova” (quale, classicamente, quella
diretta o rappresentativa come la testimonianza e il documento) e dall‟altra “l‟indizio” (come la
“chiamata in correità”, o altra quale prova “minore”, o indiretta).
Il pensiero moderno
Ma, anzitutto, la pretesa di attribuire un determinato coefficiente probatorio, o tasso di idoneità
probatoria al tipo astratto di strumento impiegato è da considerarsi ormai abbandonata dalla
elaborazione dottrinale e giurisprudenziale più recente che ha accolto una concezione unitaria della
prova. 2
Non solo.
Nella motivazione di talune pronunzie traspare poi anche la adesione al criterio che - al di là di
una
certezza
logicamente
____________
2
“Deve ritenersi superata la tradizionale distinzione tra prova rappresentativa e quella critica, che solitamente si è per
lungo tempo fatta al fine di una attribuzione di un maggiore o minore valore processuale all‟una piuttosto che all‟altra (Cass.,
Sez. I, 22 giugno 1992, ALFANO). Anzi, “ad alcune prove, che rientrano nella categoria delle “indirette” o “critiche”, deve
riconoscersi un rilievo di attendibilità superiore rispetto ad altre, che pure rientrano in quelle a quelle dirette o
rappresentative, ed anzi possono valere a verificare queste ultime” (Cass. Sez. I, 13 novembre 1991, COSSEDDU). E ancora
“Il legislatore ha accolto una concezione unitaria della prova che, per comodità di analisi, può suddividersi nei vari elementi
che la compongono e può tollerare classificazioni, ma che, nel momento valutativo finale, non accetta altra definizione che
quella di prova critica unitariamente intesa.” (Cass. 11 gennaio 1991, TERESI).
461
irraggiungibile e scientificamente indimostrabile 3 - questa Corte giudica più realistico, più appagante
nel delicato percorso valutativo del materiale probatorio acquisito al processo: vale a dire il criterio della
c.d. “ipotesi preferibile”, ossia quello della accettabilità di una “storia criminale” (ovvero: di una ipotesi
di ricostruzione del fatto di reato e del coinvolgimento del suo autore) che, se non può presentare mai, a
stretto rigore, carattere di logica certezza, purtuttavia si accredita al controllo della ragione, e da questa
ne riceve quel consenso che giustifica la decisione finale.
Una ipotesi di storia criminale che si presenta, quindi, come capace di fornire spiegazione
ragionevole a tutti gli elementi raccolti, ed è prevalente su ogni altra ipotesi formulata o formulabile nel
processo. 4
E questo perchè quella esigenza di certezza a suo tempo conclamata, e in qualche modo
psicologicamente spiegabile, si è trovata a fare i conti e a piegarsi di fronte a considerazioni di logica
lineare 5 poste in evidenza da altre branche del sapere e che, in termini inevitabilmente semplificati, si
possono così esprimere:
a) la conoscenza dell‟uomo si estende per constatazione o per inferenza. Il giudice non può, per
definizione, constatare il reato 6, poichè il reato appartiene a un passato non ricostruibile
_____________
3
E spiegabile solo come esigenza psicologica, nel senso che si dà per acquisita una “certezza” che tale non è, e non può
essere, ma è necessario che “convenzionalmente” sia, essendo (rectius: apparendo) intollerabile che un evento così grave
come la limitazione della libertà di una persona possa scaturire da altro che non sia una categorica certezza.
4
Cfr. in proposito il seguente passo della motivazione - nel capitolo relativo all‟omicidio del prefetto DALLA CHIESA di Cass. Sez. I, 30 gennaio 1992, ALTADONNA - già ampiamente citata per l‟innanzi a proposito del tema: “chiamata di
correo”) “...Risultano pertinenti e fondate, invece, le critiche del ricorrente p.g. avverso quelle parti della motivazione che,
valutando la portata di un elemento obiettivo e certo (l‟identità delle armi usate nell‟eccidio, quelle stesse impiegate nella
precedente strage della circonvallazione ed in parte usate anche in altre imprese criminali contro la vita, ascritte alla
Commissione) ne anno piegato il significato verso ipotesi congetturali ingiustificatamente divergenti da quella collegabile,
secondo una logica lineare alla più accreditabile delle causali, l‟impegno manifesto del nuovo Prefetto nella lotta contro la
mafia, accompagnato dalla facile prevedibilità di reazione a tutto campo da parte degli organi repressivi in caso di suo
assassinio. Considerazioni, queste, riconducenti facilmente ad una matrice programmatica e decisionale di generale autorità e
di indiscusso potere che, giusta gli schemi di fatto accertati, sarebbe arduo non identificare nella Commissione di Palermo,
vertice supremo dell‟organizzazione mafiosa.”
5
Quella stessa giustamente “pretesa” dal S.C. nella decisione surrichiamata 30 gennaio 1992, ALTADONNA.
6
Quello commesso in udienza è eccezione insignificante.
462
sperimentalmente 7. Dunque il giudice, per dichiarare l‟esistenza di un reato e la sua attribuibilità ad una
persona, deve ricavarlo da determinati indicatori sottoposti al suo vaglio.
b) l‟inferenza è una tecnica di ragionamento incentrata sul passaggio “dal particolare ad un altro
particolare attraverso la mediazione di un universale”. L‟”universale” che funge da ponte è una legge le c.d. “massime di esperienza”, il “criterio” evidenziato dall‟art. 192/1 - che, di regola 8, non ha valore
assoluto, e quindi riverbera la sua “non necessità logica” sulla conclusione, anch‟essa opinabile e
probabilistica. L‟enunciato finale del giudice, pertanto, non ha carattere di certezza, ma ha la possibilità
di essere “giustificato”, nel senso che, offrendosi al controllo razionale, può ricevere il suo consenso.
Una base testuale rassicurante di quanto detto la si trova nel citato art. 192/1: se il giudice deve “dare
conto” delle operazioni compiute (ovvero: del “criterio” seguito) e dei risultati raggiunti, è segno che
questi ultimi non possiedono, di per sè, la evidenza della dimostrazione, non sono sostenuti da una
necessità logica: in altri termini, non vi è “certezza” nel risultato, così come non vi sono “prove” che di
per sè la forniscano. Vi sono, semplicemente, degli “elementi di prova” ai quali viene riconosciuta, o
negata, la capacità di convalidare una ipotesi, sulla base di un criterio razionale offerto al consenso
generale. 9
___________
7
Cfr. in proposito quanto già accennato nelle pagine che precedono, discorrendo a proposito del riscontro c.d.
individualizzante.
8
Anche quando la “regola, anziché esser tratta dalla osservazione di comportamenti umani, è costituita da una legge
scientifica e quindi connotata da “certezza” in quanto sperimentata, essa opera sempre per passaggi logici intermedi e mai per
l‟inferenza (rectius: abduzione) finale.
9
Questa importante acquisizione - si sottolinea in dottrina - è stata recepita dal codice in almeno altre due norme: l‟art.
546/1, lett. e) stabilisce che la sentenza deve contenere, tra l‟altro, “l‟indicazione delle prove poste a base della decisione
stessa e l‟enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie”. Ciò sta a significare che
vi possono essere, e normalmente vi sono in processi di almeno media complessità, degli elementi che orientano verso una
data conclusione ed elementi che orientano ella direzione opposta. Entrambi presentano, visti a parte ante, una certa capacità
dimostrativa, che permette di considerarli argomento a sostegno di una ipotesi: ma solo taluni, a parte post, si trasformano in
“risultato di prova”, o prova tout-court, ossia ricevono l‟adprobatio del giudice, mentre agli altri viene negata dal giudice
l‟efficacia che la parte loro attribuiva.
Ancora più nitida è la conferma che si ricava - sempre secondo la dottrina citata - dall‟art. 637/3. Questa norma regola il
procedimento di revisione e stabilisce che “il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di
una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio”. Argomentando a rovescio, si desume che il giudice
potrebbe, sul piano strettamente logico-conoscitivo, addivenire ad una diversa valutazione delle prove che condussero alla
condanna,
ma
ciò
gli
è
impedito
463
c) Il consenso è conseguibile in misura proporzionale alla validità e concludenza della regolaponte impiegata; e poichè la vicenda processuale non offre normalmente un solo elemento di
valutazione, ma una pluralità di elementi, il consenso si lega altresì alla conguenza di questa messe di
informazioni con una certa ipotesi esplicativa del loro insieme, e con la preferibilità di questa ipotesi a
qualsiasi altra, espressamente formulata o astrattamente formulabile.
La mancanza di una cogenza logica nelle “regole” che vengono usate nel sillogismo giudiziario,
per passare (in via inferenziale) dell‟evento noto (o elemento di prova) all‟evento investigato, e la
mancanza intrinseca di un rigore dimostrativo nel “pensare all‟indietro” tipico del giudicante 10, se
hanno portato quest‟ultimo a familiarizzare con la scomparsa del mito della certezza, surrogandolo con
il criterio (più realistico) della probabilità - sia pure alta probabilità - sicuramente non gli hanno fatto
venir meno l‟esigenza di approdare ad una conclusione che presenti il minor possibile rischio di errore
“in malam partem”. Nonostante che queste conclusioni egli, spesso, nominalmente continui ancora a
considerare frutto di “certezza”. Ma che tale, a stretto rigore, sa che non è, anche per le acquisizioni
provenienti da discipline diverse da quella giuridica, ma che questa arricchiscono e affinano.
Una garanzia per la correttezza del procedere logico del giudicante - a contrastare la prevedibile
(quanto infondata e sbrigativa) accusa che taluno intendesse muovergli di affidare in tal modo la sorte di
un uomo a una semplice “probabilità”, anzichè a una ben più rassicurante “certezza” 11 - è rappresentata
dalla presenza (secondo le discipline considerate), di quelli che vengono giudicati i requisiti di
accoglibilità dell‟ipotesi formulata dalla parte interessata.
Tali sono stati indicati, in sintesi e sul piano più generale negli studi di “logica”: la rilevanza
(cioè
la
capacità
di
spiegare
il
fatto,
__________________________________________________________________
per esigenze di stabilità del giudicato. Questo significa che quegli elementi di prova, che furono “adprobati” nel processo
definito con la sentenza di condanna sottoposta a revisione, solo formalmente hanno espresso una certezza, tant‟è che ora
sarebbero suscettibili di condurre a un risultato diverso. L‟art. 637/3 sottolinea pertanto in modo testuale il valore meramente
probabilistico delle certezze giudiziarie, come del resto già osservato nelle pagine che precedono.
10
Deficienze che, sul terreno difensivo, si traducono sovente - e intelligentemente, per la incontestabilità del dato di
partenza - in argomento di impugnazione delle conclusioni assunte dal giudicante.
11
Che a ben vedere assomiglia molto (e tanto vale) a quella “intime convintion” di antica e non entusiasmante memoria.
464
nel senso che questo deve essere deducibile dall‟ipotesi proposta); la comprovabilità (nel senso che deve
esistere un rapporto tra il fatto ipotizzato e taluni dati empirici posseduti o possedibili); la compatibilità
(tra l‟ipotesi formulata e altre ipotesi già stabilite in precedenza, nel procedere del racconto per cerchi
concentrici); la capacità di previsione e di spiegazione (di fatti ulteriori rispetto a quello considerato); la
semplicità (nel senso che è preferibile l‟ipotesi, a sostenere la quale si richiede una minore
complicazione di eventi).
Ora, trasferendo queste acquisizioni sul piano dell‟indagine giudiziaria, 12 e considerato che
l‟essenza del processo sta proprio nell‟esser luogo di confronto tra ipotesi contrapposte (quella
dell‟accusa e quella della difesa), può anticipare la Corte che, quando - sulla base di tutte le prove
assunte - essa si troverà a scegliere tra l‟una e l‟altra ipotesi, essenzialmente due saranno i parametri in
base ai quali formulerà la sua opzione: quello della quantità dell‟informazione coerente con l‟una, e che
la sorregge, piuttosto che con l‟altra, e la maggiore semplicità della prima rispetto alla seconda, ovvero
la sua minore complicazione a cospetto delle altre eventuali ipotesi contrapposte e asseritamente
esplicative degli elementi posseduti.
Si vuol dire, in sostanza, che l‟ipotesi preferita e plausibile sarà tale non perchè possieda un
connotato di necessità logica, dal momento che è sempre possibile contrapporle altre ipotesi in qualche
modo esplicative dei fati acclarati, ma perchè è sostenuta da una maggiore quantità di informazione, di
dati, di evenienze o accadimenti, coerenti tutti tra loro e concludenti con essa e dalla medesima
interamente spiegati secondo un canone di “normalità” esperienziale. Laddove l‟altra ipotesi, oltrechè
evocatrice, magari, di scenari complessi, privi di riferimenti fattuali, e spesso immaginari, può trovarsi
anche a dover render conto di dati non coerenti o scarsamente compatibili tra loro (se non addirittura
contraddittori) o addirittura esigui. 13
____________
12
Tenendo presente, peraltro, che esse hanno valore non solo nel momento della deliberazione finale, anche se è in questa
occasione che si apprezza funditus l‟efficacia operativa della regola di giudizio, ma nel corso dell‟intera vicenda processuale.
13
Una conferma della validità del criterio seguito, la Corte rinviene nella recente statuizione del S.C., del seguente tenore,
meglio illustrato in parte motiva: “La prova indiziaria deve consentire la ricostruzione del fatto e delle responsabilità in
termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche da escludere la più
astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con ogni e qualsivoglia verosimiglianza e in conseguenza di un ipotetico,
inusitato
combinarsi
di
465
______________________________________________________________
imprevisti e imprevedibili fattori (la “complicazione” della ipotesi: n.d.r.), la realtà delle cose sia stata diversa da quella
ricostruita (naturaliter, simpliciter, n.d.r.) in base agli indizi disponibili.” (Cass., Sez. 5, 1 aprile 1996, COMPAGNIN;
conforme: Cass. Sez. 1, 2 marzo 1992, DI PALMA) La Corte censura, quindi, nel caso portato al suo esame, il “dubbio
soggettivo” avvertito dai giudici di merito, e nato da “ipotesi poco plausibile” e riafferma (citando un proprio precedente:
Cass. Sez. 1, 2 marzo 1992, DI PALMA) il principio che per la “certezza” della decisione (e in questa limitata eccezione è
accettabile questo attributo della decisione: n.d.r.) non è necessario giungere ad escludere ogni altra possibile ricostruzione
del fatto da provare sulla base di mere ipotesi che facciano ricorso ad improbabili - ma purtuttavia possibili - combinazioni di
fatti imprevisti e imprevedibili (“Se così fosse, infatti, non si dovrebbe più parlare di prova indiziaria e di indizi atti a
sostenerla, ma di dimostrazione per absurdum, secondo regole che sono proprie soltanto delle scienze esatte, la cui
osservanza non può quindi esser pretesa nell‟esercizio dell‟attività giurisdizionale”). Ciò, tuttavia, prosegue la Corte
regolatrice, “non può significare che la presenza di indizi permetta di addossare all‟imputato il rischio di una realtà
inverosimile. Se l‟indizio non consente, per definizione, di stabilire un rapporto di necessaria implicazione tra factum
probans e factum probandum, ne consegue che la concordanza degli indizi potrà rafforzare la verosimiglianza di una ipotesi,
ma non potrà escludere la compatibilità, con i fatti noti, anche di ipotesi diverse. Tuttavia, l‟ipotesi sorretta da una pluralità di
indizi concordanti può essere ragionevolmente posta a fondamento di una decisione giudiziale, in quanto sia congruente coi
fatti accertati e, quindi, sia l‟unica, tra quelle disponibili, a dare un “senso” alla storia che si propone per la ricostruzione
della vicenda oggetto di indagine. Ciò significa che gli indizi non vanno valutati in astratto, con riferimento alle conclusioni
logicamente infinite che sono compatibili coi fatti noti, ma richiedono una valutazione riferita all‟effettivo contesto della
vicenda, alle diverse “storie” alternative che realmente emergano dal confronto delle concrete prospettive delle parti
coinvolte nel processo.”
Ovvero, esplicitando il pensiero del S.C.: la valutazione degli elementi indiziari non va fatta in astratto, con riferimento cioè
alle conclusioni logicamente infinite che risultino compatibili con i fatti noti, ma con un occhio alle ipotesi di ricostruzione
dei fati messe in campo dalle parti, per misurarne le caratteristiche di accettabilità e preferibilità dell‟una sull‟altra (in quanto
se la concordanza degli indizi sarà in grado di rafforzare la verosimiglianza di una ipotesi, pur tuttavia non potrà escludere
che gli stessi possano ritenersi compatibili anche con ipotesi diverse e alternative alla prima).
Ciò però non significa - avvertono i giudici di legittimità - che quegli indizi possano far ricadere sull‟imputato una realtà
inverosimile, proprio perchè la valutazione degli stessi deve fare riferimento all‟effettivo contesto della vicenda, ossia al
“teatro” nel quale il reato è stato commesso (intendendosi come tale non solo la realtà materiale modificata dalla condotta
delittuosa, ma anche la realtà umana che da questo evento è stata “impressionata”): gli indizi, cioè, devono, per così dire,
calarsi nelle diverse “storie” alternative che realmente emergano dal confronto delle ipotesi prospettate dalle parti coinvolte
nel processo e “dare un senso” alle medesime. E se - come è vero - l‟ipotesi altro non è che uno schema esplicativo possibile,
che dà ragione di tutti gli eventi constatati e li trasforma, da fenomeni scollegati in una “sequenza coerente”, il giudice, tra le
varie ipotesi possibili, dovrà dare preferenza a quella dotata delle caratteristiche più sopra indicate.
Per concludere, la Corte ricorda che, lungi dall‟essere plausibile e verosimile (id est: accettabile e preferibile), una ipotesi
che non sia sorretta da elementi che consentano di dare un senso alla “storia” che si propone - in alternativa alla tesi
accusatoria - per la ricostruzione della vicenda oggetto di indagine, sarà destinata a cedere a fronte di una pluralità di indizi
che in concreto siano in grado di stabilire un rapporto di necessaria implicazione fra factum probans e factum probandum,
pur
trattandosi
di
indizi
non
466
La valutazione della prova viene così a risolversi in un raffronto tra “storie” complessive aventi
un diverso grado di accettabilità. Certo, non basterà a questa Corte, per sciogliere il sempre inquietante
dilemma, dire che è “più credibile” lo svolgimento dei fatti suggerito dall‟accusa, per legittimare una
affermazione di colpevolezza; così come non sarà sufficiente constatare che l‟ipotesi dell‟accusa è
soltanto “più semplice” di quella avanzata dalla difesa. occorrerà che quest‟ultima - sulla scorta delle
risultanze probatorie e delle stesse allegazioni dell‟imputato - resti confinata in un ambito totalmente
remoto di accettabilità da poter essere esclusa “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ma - per l‟appunto e
nel solco di pensiero della S.C. - non al di là di ogni dubbio, bensì di ogni dubbio che rimane dopo che
sono state esplorate e confrontate le ipotesi concretamente messe in campo e esso non si presenti come
meramente soggettivo, ovvero riconducibile soltanto ad astratte ed ipotetiche congetture o anche ad
allegazioni non tempestivamente enunciate (magari anche per esser in tal modo sottratte alle opportune e
doverose verifiche). 14
__________________________________________________________________
esaustivi in termini di esclusione di ogni più astratta e remota delle possibilità che i fatti si siano svolti in maniera diversa da
quella ricostruita in base agli indizi disponibili.
14
Così come - specularmente - incorrerebbe in un vizio motivazionale la decisione che desse rilievo a ipotesi difensive (o
anche d‟ufficio e autonomamente prospettatasi dal giudicante, forzando il proprio scrupolo nella ricerca di una
irraggiungibile matematica certezza) fondate unicamente sulla possibilità di uno svolgimento dei fatti diverso da quello
ipotizzato dall‟accusa in base ai fatti noti, e senza sottoporre a verifica (ovviamente sulla scorta delle indicazioni e
allegazioni difensive) l‟ipotesi alternativa enunciata.
Interessante, in proposito, appare il seguente passo della motivazione della sentenza (inedita) n. 611 del 4 ottobre 1991,
CAPPELLANO e altri, nella quale scrive il S.C.: “Altro profilo di lacunosità e illogicità riscontrabile su un punto essenziale
dell‟impugnata sentenza (ed esattamente rilevato dal P.G.), appare poi quello concernente la possibilità (implicitamente
ritenuta e non motivata), che un piano, necessariamente complesso e articolato al pari di quello che avrebbe dovuto essere
elaborato e attuato dagli attuali imputati, fosse stato elaborato e attuato da altri, mediante subitaneo inserimento in una serrata
serie di avvenimenti per essi sconosciuti e imprevedibili, sia nella loro genesi che nel loro svolgimento. La mancata
esplorazione e dimostrazione di detta possibilità appare in effetti censurabile giacchè, trattandosi dell‟unica ipotesi alternativa
a quella respinta dalla Corte di merito siccome non provata e poco verosimile (nel comune presupposto, dato per acquisito
dalla stessa Corte, che il delitto dovesse necessariamente essere scaturito da un piano avente le caratteristiche anzidette),
sarebbe stato necessario porre a confronto le due ipotesi, onde pervenire a una motivata conclusione in ordine alla maggiore o
minore plausibilità dell‟una o dell‟altra.
Fondata deve infine riconoscersi la censura avanzata dal ricorrente P.G. a proposito della mancata presa in esame
dell‟elemento indiziante costituito dal pur ricordato tentativo del CAPPELLANO di crearsi un alibi falso. La prospettazione,
anche a livello di tentativo, di un alibi falso (a differenza di quanto si verifica in caso di semplice
467
Il metodo esposto - per concludere sul tema - certamente non toglie al giudice la responsabilità
valutativa che gli è propria, ma - come è stato efficacemente detto - “riduce il rischio dell‟errore senza
farlo pagare solamente al processo (anche la pratica del dubbio ad oltranza riduce il rischio dell‟errore
“in malam partem”, ma penalizza eccessivamente il processo).”
Il diritto al silenzio
Il discorso sin qui fatto, ha dei riflessi anche sul presente tema e sul quesito se l‟imputato possa
in qualche modo esser gravato da oneri di tipo probatorio. E‟ noto il principio ricavabile dall‟art. 64/3:
nemo tenetur contra se detergere.
E tuttavia, se è vero - come è vero e si è testè ricordato - che il processo è tendenzialmente il
luogo di confronto di ipotesi contrapposte (quella dell‟accusa e quella della difesa) e che esse vanno
verificate e confrontate tra loro, non può esser del pari disconosciuto che l‟onere di allegazione di
ipotesi alternative a quella dell‟accusa non rappresenta un carico che si pone sulle spalle dell‟indagatoimputato, ma un interesse del medesimo ad offrire una diversa chiave di lettura che dia ragione degli
elementi a lui contestati. Questo e non altro significa, infatti, l‟invito ad “esporre quanto (l‟indagato)
ritiene utile per la sua difesa”, che compare nell‟art. 65/2, e contro il quale non possono certo venir
mosse accuse di inversione dell‟onere della prova.
E‟ stato scritto: “E‟ certamente compito dell‟accusa configurare ipotesi diverse; ma non di rado
l‟ipotesi alternativa, se davvero è conforme a realtà, è conosciuta solo dall‟indagato, ed è conforme al
modello accusatorio il sollecitarlo ad offrirla, sia pure eventualmente, in termini ora di mera allegazione,
ora anche di dimostrazione, quando la ricerca da parte dell‟accusa non può esser fruttuosa.” 15
___________
fallimento dell‟alibi), costituisce infatti, con ogni evidenza, un elemento che, seppur non necessariamente decisivo, non può,
tuttavia, esser del tutto trascurato (come invece ha fatto la Corte in merito), nella valutazione, necessariamente globale, dei
singoli elementi assunti come indizianti, ai fini del giudizio in ordine alla loro idoneità o meno a costituire, nel loro
complesso, prova di colpevolezza.
I vizi motivazionali finora illustrati, siccome incidenti, come già in parte anticipato, su punti nodali della decisione adottata
dal giudice di merito, appaiono tali da determinare l‟annullamento di detta decisione, senza necessità di esame delle ulteriori
censure avanzate dal ricorrente P.G., da considerarsi quindi assorbite.”
15
Si fa il caso del documento che solo l‟indagato è in grado di procurare.
468
E sostanzialmente in questi stessi sensi si è espressa più volte la giurisprudenza anche di
legittimità.
Si sostiene, infatti, che non contrasta con le garanzie assicurate all‟imputato, per il caso che non
intenda rispondere nella fase dell‟interrogatorio, il significato che dal giudice può esser attribuito al suo
comportamento allorchè, potendo fornire indicazioni di dati che potrebbero scagionarlo, ometta o si
rifiuti di farlo. In tali casi, si sostiene, non si tratta di valorizzare il silenzio come tacita confessione, ma
di attribuire un particolare valore probatorio a elementi che sarebbero già idonei a suffragare un giudizio
di colpevolezza. 16
Il percorso metodologico che questa Corte - in adesione ad autorevole dottrina - ha qui esposto
come quello cui si atterrà nelle pagine che seguono nel momento valutativo del paniere probatorio
riempito nel corso del lungo dibattimento, privilegerà allora l‟ipotesi d‟accusa purchè - come anticipato
- fondata su una “alta probabilità”, a sua volta incentrata sull‟idea di “normalità”. “...Il rischio della idea
di normalità è, ovviamente, l‟evidenza di una “non normalità”, essendo noto che innumerevoli possono
essere le cause degli accadimenti. Ma questa “non normalità” se può, e di regola deve, esser cercata da
chi investiga, più spesso, se esiste, può esser conosciuta solo su indicazione di chi l‟ha vissuta...” E, val
la pena di
aggiungere
- in
ossequio
ai
principi
di
condotta processuale,
__________
16
“Il principio secondo cui l‟imputato non ho l‟obbligo di rispondere alle contestazioni che gli vengono rivolte non
comporta una limitazione legale della sfera del libero convincimento del giudice, che può legittimamente esercitarsi anche
sulla portata significativa del silenzio mantenuto dall‟interrogato, su circostanze su cui questi, potendo fornire indicazioni di
dati che potrebbero scagionarlo e contribuire all‟accertamento della verità, si rifiuti di farlo. In tal caso non può dirsi che il
silenzio - garantito all‟imputato come oggetto di un suo diritto processuale - venga utilizzato, in contrasto con tale garanzia,
come tacita confessione di colpevolezza, giaccè il convincimento di reità nel giudice viene a formarsi non sulla
valorizzazione confessoria del silenzio, bensì sulla valorizzazione in senso probatorio di elementi già idonei a suffragare un
giudizio di colpevolezza, in ordine ai quali il silenzio del soggetto viene ad assumere un valore di mero riscontro obiettivo.”
(Cass. Sez. 5, 21 dicembre 1988, PAVONI; Cass. Sez. 6, 5 dicembre 1984, TORREGGIANI). E, ancor più recentemente, v.
Cass. Sez. 6, 9 febbraio 1996, FEDERICI (“Il silenzio, garantito all‟imputato come un suo diritto processuale, non può essere
utilizzato, in contrasto con tale garanzia, quale tacita confessione di colpevolezza. Ciò, però, non può comportare una
limitazione legale della sfera del libero convincimento del giudice, sicchè la convinzione di reità può legittimamente basarsi
sulla valorizzazione in senso probatorio di idonei elementi in ordine ai quali il silenzio dell‟imputato viene ad assumere
valore di mero riscontro obiettivo.”
Assunto che certamente richiede dal giudice prudenza e vigilanza, ma che non per questo può esser messo in discussione.
469
e per la efficienza e funzionalità stessa del processo (che non può presentarsi a strategie che ne
vanifichino lo scopo, con trasgressione della tutela costituzionale in proposito prevista 17) - che tale
indicazione deve collocarsi in tempi processuali congrui a renderne possibile la verifica ad opera della
parte (ritenuta) istituzionalmente “antagonista”. 18
Menzogna e alibi falso
In un ambito probatoriamente non dissimile vanno a collocarsi, ad avviso della Corte, queste
altre due evenienze, la prima delle quali (il mendacio) taluno, tuttavia, tende a interpretare (e
minimizzare) come manifestazione di un comune contesto di garanzia (al pari del silenzio).
Trattasi di evenienze delle quali la “storia” del presente processo darà alla Corte modo di
occuparsi e delle quali qui si vuol far cenno per comodità e opportunità espositiva ed anche perchè‟ esse,
come la condotta di silenzio testè ricordata (naturalmente in quanto tenuta nelle cennate particolari
circostanze), hanno - secondo la Corte - (o possono avere o normalmente hanno, se non di per sè,
unitamente ad altri elementi acquisiti dello stesso segno) ricadute negative sulla posizione dell‟imputato.
Pare innegabile, anzitutto, che tali evenienze denotino comportamenti strutturalmente ben distinti
dal primo (il silenzio), risolvendosi essi - e non il mero silenzio - in forma di condotta attiva che non
può non segnalarsi, già per se stessa, incisivamente, come un sintomo prespicuo di una personalità
negativa. L‟imputato non si limita, qui, ad esercitare un suo diritto (lo ius tacendi: ossia di non esser
costretto a collaborare con l‟Autorità giudiziaria o addirittura ad autoincriminarsi), ma opera attivamente
in senso opposto ad essa, contro il processo e la sua finalità di accertamento della verità.
Perciò la giurisprudenza, riguardo il contegno menzognero tenuto dall‟imputato, (analogamento
al silenzio “qualificato” come come sopra) ha espresso valutazioni tendenzialmente negative (per
__________
17
18
Corte cost. decc. 9-23 gennaio 1997, n. 10 e 14-22 ottobre 1996, n. 353.
Dizione che qui si adotta per scolpire il concetto, perchè, più correttamente, dovrebbe parlarsi di “parte imparziale”.
470
esempio, negando il riconoscimento delle attenuanti generiche
giudizio finale di penale responsabilità.
19
) che paiono estensibili anche al
E ancora più netto è l‟accento negativo da essa conferito all‟alibi falso.
La corte di legittimità, in proposito, distingue anzitutto tra albi mancante o fallito (ossia, addotto
e non provato) e alibi falso o mendace, e rileva che se è vero che nel processo penale incombe
sull‟organo dell‟accusa l‟onere di provare la colpevolezza dell‟imputato e non si richiede a questo di
fornire la prova della sua innocenza (onde non è consentita la attribuzione di un valore pregiudizievole
all‟incolpato alla assenza di un alibi o alla sua incertezza probatoria per il momento dell‟illecito che gli
si contesta 20)m non è meno vero che un alibi falso o mendace appaia sintomatico del tentativo, da parte
dello stesso incolpato, di sottrarsi all‟accertamento della verità. Sicchè di esso il giudice - e così questa
Corte - ben può, e anzi deve, tener conto, quale elemento indiziante, unitamente a tutti gli altri acquisiti,
valutandolo nel suo prudente apprezzamento per la formazione del giudizio finale in ordine alla penale
responsabilità di colui che lo ha addotto. 21
---===0===---
_________
19
Tra le tante, cfr. Cass. Sez. 1, 3 marzo 1994, MANNARINO; Sez. 2, 29 maggio 1990, GRAMMATICO. Così come
potrebbe esser legittimata anche l‟adozione di misure cautelari personali, durante le indagini preliminari, sotto il profilo che
tale contegno menzognero potrebbe oggettivamente dare luogo ad una di quelle “situazioni di concreto pericolo per
l‟acquisizione o la genuinità della prova” previste dall‟art. 274/1, lett. a). Si fa in proposito il caso del soggetto che, attraverso
una serie di chiamate di correo calunniose, miri a deviare il corso delle indagini.
20
cfr. Cass. Sez. 1, 8 aprile 1991, LAVAZZA. Tranne, evidentemente (e richiamando quanto sopra detto), che tale alibi
venga a identificarsi con l‟ipotesi formulata dalla difesa in alternativa a quella di accusa. Perchè, in tal caso, è chiaro che
anche la semplice assenza dell‟alibi o li suo fallimento, al pari del silenzio, finiscono per valorizzare in senso probatorio gli
elementi di accusa, riguardo i quali vanno ad assumere la portata di riscontro obiettivo.
21
Oltre alla decisione più sopra ricordata in nota, v. Cass. Sez. 1 24 febbraio 1992, BARBIERI; Sez. Un. 21 ottobre 1992,
MARINO; Sez. 1, 16 ottobre 1990, ANDRAOUS.
471
CAPITOLO 6
---oooOOOooo--SEQUESTRI DI PERSONA A SCOPO D‟ESTORSIONE
---oooOOOooo--Le pagine che seguono sono dedicate alla trattazione dei singoli episodi delittuosi, secondo l‟ordine
appresso indicato:
Sequestro di persona in danno di FERRARINI GIUSEPPE
Sequestro di persona in danno di GALLI ANGELO
Sequestro di persona in danno di SCALARI GIUSEPPE
Sequestro di persona in danno di CAMPARI ALBERTO
Sequestro di persona in danno di RANCILIO AUGUSTO
472
Sequestro di persona in danno di CATTANEO EVELINA
Sequestro di persona in danno di JACOROSSI ANGELO
Sequestro di persona in danno di VISMARA ALESSANDRO
Sequestro di persona in danno di CASELLA CESARE
473
SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d‟ESTORSIONE
di FERRARINI GIUSEPPE
Corsico, 9 luglio 1975
---oooOOOooo---
CAPO 9 1
MOLLUSO FRANCESCO
---oooOOOooo---
Il fatto
FERRARINI GIUSEPPE fu vittima di sequestro di persona la sera del 9 luglio 1975: mentre
percorreva, a bordo della sua “Fiat 127”, la via Galilei di Corsico, venne immobilizzato e portato via da
tre persone armate e travisate, giunte a bordo di un‟auto “A.R. Giulia”. Di lì a tre giorni, i rapitori
contattarono il fratello EZIO, chiedendo un riscatto di tre miliardi di lire. 2
Durante le trattative per il riscatto, precisamente il giorno 16 luglio, la Polizia riuscì a
fotografare, all‟interno di una cabina telefonica ubicata nel piazzale del Cimitero Maggiore di Milano,
PAPALIA DOMENICO, BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO, mentre parlavano al telefono
delle condizioni del pagamento con i familiari del sequestrato. 3
_____________
1
O.c.c. del 2.12.93; decr. rinv. giud. del 16.9.94.
Le modalità del rapimento e l‟iter delle indagini risultano dai relativi atti di p.g. in vol. 106.
3
Il particolare viene più volte menzionato nel capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione del tentato omicidio di
SEGHEZZI ALESSANDRO.
2
474
Il riscatto, pari a 800 milioni di lire, fu versato quella sera stessa ; la consegna del denaro
avvenne sulla tangenziale ovest, sotto il cavalcavia per Corsico. A ricevere il pagamento furono due
persone, che viaggiavano a bordo di una moto. La p.g., su disposizioni dell‟A.G., seguì e fotografò tutta
la scena.
Nel corso della notte il sequestrato fu rilasciato nelle vicinanze del ponte “Cantalupa”, sito
nell‟omonimo quartiere, poco prima di Assago. La sera del 18 luglio si procedette all‟arresto di
BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO; PAPALIA DOMENICO venne catturato solo molto
tempo dopo, nel marzo 1977, rimanendo latitante fino a tale epoca.
Furono disposte ed eseguite numerose perquisizioni domiciliari: quella effettuata
nell‟appartamento del KRAVOS ARTURO e della convivente DI CORATO ANTONIETTA portò al
ritrovamento di banconote da cento e cinquantamila lire per la somma complessiva di 116 milioni: tali
banconote provenivano dal sequestro del FERRARINI. Venne, altresì, eseguita perquisizione
domiciliare nei confronti di MOLLUSO FRANCESCO, denunziato in stato di irreperibilità per concorso
nel predetto sequestro di persona, e, all‟interno della sua abitazione di Corsico, si rinvennero una tuta ed
un caso da motociclista, simile a quello utilizzato da uno dei due rapitori all‟atto della riscossione del
riscatto.
Il quadro emerso dalle dichiarazioni del FERRARINI indicava che il luogo di prigionia del
predetto era stato un piccolo appartamento (probabilmente un bilocale con servizi), ubicato a non grande
distanza dal punto in cui era avvenuto il rilascio.
Le vicende processuali degli imputati si conclusero con il proscioglimento istruttorio, per
insufficienza di prove, di MOLLUSO FRANCESCO, laddove BARBARO GIUSEPPE, PAPALIA
DOMENICO e KRAVOS ARTURO furono condannati alla pena definitiva di 15 anni di reclusione i
primi due e di otto anni il terzo.
475
Le rivelazioni di MORABITO SAVERIO
Ha dichiarato al dibattimento (1064-1066) MORABITO SAVERIO che, essendo egli
detenuto all‟epoca del sequestro di FERRARINI, apprese in carcere dagli organi d‟informazione che
per tale delitto erano stati emessi dei provvedimenti a carico di suoi compaesani. Uscito dal carcere, nel
„77, ebbe conferma di tanto nonchè ulteriori specifiche notizie, parlando con MOLLUSO
FRANCESCO, il quale gli confidò di avere preso parte al sequestro del FERRARINI, svolgendo il ruolo
di autista durante le fasi del rapimento e mettendo a disposizione, per la custodia del sequestrato, la sua
casa, sita nella via Cellini di Corsico e lasciata disabitata dai suoi genitori. Il MOLLUSO confidò
congiuntamente al MORABITO che al sequestro avevano preso parte PAPALIA DOMENICO,
BARBARO GIUSEPPE ed il fedele amico di quest‟ultimo, KRAVOS ARTURO; spiegò ancora il
predetto MOLLUSO a MORABITO che successivamente gli se n‟era andato in Sicilia con la moglie:
aveva comprato una “Ferrari” e se n‟era andato in vacanza.
Ha fatto presente il MORABITO di aver avuto modo di assistere anche ad una o più
udienze del dibattimento riguardante il sequestro FERRARINI ed ha ricordato l‟episodio di un alterco
intercorso fra il presidente del collegio, dott. MARCUCCI, ed il BARBARO GIUSEPPE, che aveva
scagliato una scarpa contro il predetto. A proposito di tale presidente, ha precisato MORABITO che,
essendo questi apparso duro ed inflessibile agli imputati, si era pensato i ucciderlo ed egli stesso aveva
avviato delle ricerche per individuarne il luogo d‟abitazione: l‟idea, peraltro, era gradualmente svanita,
sia perchè non vi erano state, da parte degli imputati, pressioni molto consistenti in tale direzione sia
perchè all‟epoca il PAPALIA “non aveva ancora acquisito quel carisma acquisito negli anni successivi,
legandosi con i DE STEFANO e con gli altri gruppi della „ndrangheta della Calabria” (1067-1068: un
carisma
sufficiente,
in
altri
termini,
ad
ottenere
immediata
ed
incondizionata
476
acquiescenza ai suoi desiderata da parte degli uomini del gruppo e di quelli gravitanti attorno ad esso4.
Ha spiegato ancora il MORABITO al dibattimento che il MOLLUSO, imputato in quel processo
e venutone poi inspiegabilmente fuori, gli raccontò che “aveva imbastito una storia con il magistrato ed
era riuscito a cavarsela”; in particolare gli disse, che, sapendo di essere colpito da ordine di cattura, si
era presentato spontaneamente al magistrato a palazzo di giustizia, gli aveva “imbastito” una storia e
poco dopo era stato prosciolto.
A proposito delle rievocate udienze dibattimentali del sequestro FERRARINI, il MORABITO ha
precisato di non essere in grado di affermare che ebbe modo di assistere all‟udienza in cui SEGHEZZI
ALESSANDRO fu arrestato in aula per reticenza, pur avendo certamente appreso all‟epoca tale
circostanza. Ha aggiunto ancora il collaboratore che il SEGHEZZI, il quale era un frequentatore della
autocarrozzeria del MOLLUSO, venne arrestato nel famoso blitz dei Carabinieri di Milano del maggio
„77. Ha infine, a proposito del SEGHEZZI, richiamato il MORABITO l‟episodio del tentato omicidio5
in danno del predetto, rimarcando l‟esistenza di un collegamento con il sequestro del FERRARINI,
essendo l‟attentato al SEGHEZZI “praticamente una conseguenza del suo comportamento non
favorevole nei confronti degli imputati di quel processo” (1071).
Il racconto dibattimentale del MORABITO ha focalizzato un episodio riguardante BARBARO
GIUSEPPE e correlato al sequestro del FERRARINI. Il predetto BARBARO aveva nascosto in un
appartamento di Milano la somma di duecento milioni di lire provenienti dal riscatto pagato dalla
famiglia
_________________
4
v. capitolo della sentenza relativo all‟omicidio di LABATE PIETRO, ma anche quello riguardante il tentato omicidio
indicato alla nota che precede.
5
v. capitolo della sentenza citato alla nota I. Mette conto, peraltro, richiamare in questa sede lo specifico timore, per
l‟incolumità‟ propria e della sua famiglia, manifestato dal SEGHEZZI al termine delle sue rivelazioni ai Carabinieri di
Abbiategrasso: un timore quanto mai fondato, posto che, a circa otto anni di distanza, arrivò puntualmente - per mano del
MORABITO, reo confesso - la vendetta di PAPALIA e BARBARO (cfr. verb. dichiar. rese dal SEGHEZZI ai Carabinieri di
Abbiategrasso il 12.12.75, un prod. P.M. del 15.5%, acquis. con ordinanza del 4.6.96, nel vol. intitolato “deposizioni
testimoniali o ex art. 210 rese nelle indagini preliminari in relazione ad omicidi o tentati omicidi”)
477
FERRARINI: a conoscenza della circostanza erano il MOLLUSO, il fratello del BARBARO
GIUSEPPE, DOMENICO, e tale LA ROSA GIOVANNI. Ad un certo punto, i duecento milioni erano
spariti dall‟appartamento ed il BARBARO GIUSEPPE aveva incolpato del fatto MOLLUSO, il quale
aveva sempre negato, giurando di non saperne alcunchè6; la colpa era quindi stata addebitata al LA
ROSA. In proposito, ha precisato MORABITO di aver appreso da PAPALIA DOMENICO - “cugino
diretto di BARBARO GIUSEPPE ed in ottimi rapporti con il LA ROSA” - che, prima di rendersi
latitante, il BARBARO GIUSEPPE si era incontrato nel carcere di Parma7 con il LA ROSA
GIOVANNI e l‟aveva minacciato con un coltello, esigendo la restituzione di quel denaro. il LA ROSA,
che aveva sempre affermato di non essere in grado di restituire quei soldi, aveva poi consegnato venti
milioni di lire, quale prima rata della restituzione: Ha ancora ricordato il MORABITO che egli stesso,
unitamente al BARBARO DOMENICO, fratello di GIUSEPPE, si era recato per due o tre sere “in una
zona del comune di Arese” per cercare il LA ROSA ed eliminarlo, proprio per quell‟episodio
dell‟ammanco dei duecento milioni; “per sua fortuna”, il LA ROSA non era mai passato dal luogo in
cui i due erano “appostati” (1075). Ha, peraltro, soggiunto il MORABITO di aver saputo che, proprio a
cavallo del citato incontro nel carcere di Parma, la moglie del LA ROSA era stata vittima di un
ferimento: le avevano sparato alle gambe “per dare un avvertimento”, non per ucciderla (1078).8
__________________
6
A dire del MORABITO, l‟episodio aveva creato le condizioni per una sorta di atteggiamento prevaricatore,
sistematicamente assunto dal BARBARO GIUSEPPE nei confronti del MOLLUSO, cui era rimasta attaccata l‟etichetta di
essere stato additato come colui che poteva aver sottratto il denaro de quo.
7
Sono stati prodotti dal P.M. i tabulati attestanti la contemporanea detenzione del PAPALIA e del LA ROSA nel carcere di
PARMA (prod. P.M. del 23.5.95, acquis. con ordin. del 30.6.95). Quanto alla valenza probatoria di siffatta tipologia di
documentazione, cfr. ordinanza del 13.4.95.
8
v. - in ordine a tutto il racconto del MORABITO riguardante il LA ROSA GIOVANNI - il già richiamato capitolo della
sentenza riguardante la ricostruzione del tentato omicidio premeditato in danno di SEGHEZZI ALESSANDRO in
particolare, la nota n. 30.
478
Le acquisizioni testimoniali
L‟ispettore della polizia di stato FORNARI ELIGIO, all‟epoca del sequestro in servizio presso la
Criminalpol di Milano, ha rievocato in dibattimento le fasi delle indagini che seguì personalmente . Il
FORNARI ha, in particolare, dichiarato di aver effettuato con i colleghi servizio di vigilanza su due
cabine telefoniche della zona del cimitero Musocco e di aver, una volta appresa dalla centrale operativa
la circostanza che erano in corso contatti telefonici dei rapitori con la famiglia del sequestrato, verificato
che effettivamente, all‟interno del posto telefonico pubblico, c‟erano tre persone che stavano
telefonando (7840). Immediatamente erano stati allora fatti i rilievi fotografici dal personale della
polizia scientifica che era con il FORNARI. Quest‟ultimo ha aggiunto che i soggetti fotografati erano
poi stati identificati in tali BARBARO, PAPALIA E KRAVOS ed ha puntualmente riconosciuto le foto
che erano state scattate nell‟occasione e che gli sono state mostrate in dibattimento (7842).9
L‟ispettore FORNARI effettuò anche un servizio di p.g. in occasione del pagamento del riscatto,
che ha ricordato essere avvenuto sull‟autostrada. Il FORNARI ha altresì rammentato, di quel frangente,
che la sua auto era stata sorpassata da una motocicletta, la quale si avvicinò all‟auto in cui era
l‟emissario della famiglia del FERRARINI con il denaro.10 A bordo della moto c‟era, unitamente al
conduttore, una persona che scese dal veicolo, si avvicinò alla vettura dell‟emissario, prese il riscatto,
scavalcò la rete metallica dell‟autostrada, salì sul ponte e si dileguò; il conduttore della moto, a sua
volta, si allontanò a bordo della stessa. Anche nell‟occasione il personale della Polizia, che sorvegliava
tutta la scena, effettuò dei rilievi fotografici come ha confermato al dibattimento il FORMARI, che ha
puntualmente riconosciuto le foto de quibus.11 Ha specificatamente rammentato il FORNARI che il
motociclista portava un casco e che, nel proseguo delle indagini, all‟esito dell‟esecuzione di alcune
perquisizioni domiciliari, vennero
___________________
9
Il fascicolo fotografico fa parte del vol. 106, pagg. 116 e segg.
10
auto recante sul portabagagli del tetto, quale segno di riconoscimento, una damigiana (7851)
11
v. nota precedente, pagg. 120 e segg.
479
rinvenuti un casco ed una tuta da motociclista. Ha, infine ricordato, il predetto FORNARI che qualche
giorno dopo venne individuata l‟auto “Porsche” a bordo della quale i tre soggetti fotografati nell‟atto di
telefonare alla famiglia FERRARINI si erano, subito dopo, allontanati. Tale auto venne localizzata
dalla Polizia il 18 luglio e, fatta oggetto di inseguimento, si arrestò dopo aver investito un pedone, che
perse la vita nell‟incidente, ed aver danneggiato altre vetture.12
Il teste SCARPA GIOVANNI, che all‟epoca era in polizia e prestava servizio presso la sezione
antisequestri della Squadra mobile di Milano, era alla guida dell‟auto incaricata di tenere sotto controllo
la vettura che si recava - con a bordo l‟incaricato della famiglia FERRARINI - all‟incontro con i
rapitori, per consegnare il riscatto. Seguendo tale vettura, lo Scarpa notò una moto ferma e, vicino ad
essa, due individui, uno dei quali aveva un casco in braccio; dopo un po, tale moto sorpassò l‟auto
condotta dallo SCARPA, frenando successivamente e facendosi risorpassare: a bordo c‟erano le stesse
due persone notate in precedenza dallo SCARPA vicino alla moto ferma. Una sola di esse aveva il
casco, secondo quanto ha rammentato SCARPA al dibattimento (7860-7862), e tale casco era “di colore
rosso con qualche striscia arancione”; il conducente della moto era vestito con “dei jeans e forse un
giubbotto..... un giubbino”.
L‟ispettore PIOL GIANFRANCO, anch‟egli in servizio presso la Squadra mobile di Milano
all‟epoca del sequestro FERRARINI, ha, a sua volta, rievocato in dibattimento (11432-11436) lo
svolgimento delle indagini alle quali prese parte. Ha, in particolare, il teste rammentato di essere stato di
servizio durante le operazioni di vigilanza del luogo in cui venne pagato il riscatto e di aver
personalmente visto una moto con a bordo due persone avvicinarsi all‟auto in cui era l‟incaricato di
effettuare il pagamento: uno dei due motociclisti era sceso, si era avvicinato a tale auto, aveva preso in
consegna il denaro e quindi, scavalcata una recinzione della strada, si era allontanato a piedi; a sua volta,
il conducente della moto era
__________________
12
Fu nell‟occasione che vennero arrestati BARBARO GIUSEPPE E KRAVOS ARTURO, che si trovavano a bordo della
“Porsche” inseguita, come si evince dalle sentenze relative al procedimento a carico dei predetti e del PAPALIA (m cit vol
106,
pagg
220
e
segg)
480
ripartito a bordo della stessa. Il teste PIOL ha, ancora, dichiarato di aver preso parte all‟esecuzione di
perquisizioni nell‟ambito delle indagini relative al sequestro FERRARINI
ed ha rammentato che,
nel corso di una di esse13 , vennero rinvenuti una tuta “che sembrava quella usata dal motociclista” ed un
casco. Tali oggetti si trovavano all‟interno di una valigia14 . Il teste ha evidenziato di non poter ricordare
direttamente - a tanta distanza di tempo - il colore di tale casco, talché ha avuto lettura della parte finale
della sua relazione di servizio in data 16.7.75 15, in cui indicava di colore “arancione fosforescente” il
casco del motociclista. Il teste ha altresì avuto lettura del rapporto giudiziario all‟A.G. da lui redatto in
data 19.7.75, per la parte relativa alla perquisizione domiciliare a carico di MOLLUSO FRANCESCO,
effettuata alla presenza della moglie GRECO MARIA LORETA, ed al rinvenimento di una tuta e di un
casco per motociclista, espressamente qualificati come “del tutto simili a quelli indossati da uno dei
partecipanti al prelievo del riscatto per il sequestro di FERRARINI”.16 Il teste ha, quindi, testualmente
dichiarato (11436): “Si, ricordo della tuta e del casco; i colori non li ricordo più, ma se ho scritto che
era del tutto simile, doveva essere un casco quantomeno arancione ed una tuta scura”.
Ed invero la tuta rinvenuta nell‟abitazione del MOLLUSO era, come si evince dal verbale di sequestro,
precisamente nera.
Resta da aggiungere che non è stato possibile esaminare al dibattimento il FERRARINI
GIUSEPPE ed il fratello EZIO, essendo entrambi deceduti. Dalle rispettive dichiarazioni resse dai
predetti a suo tempo, nel corso dell‟istruttoria relativa al sequestro, è peraltro possibile, essendo state
opportunamente acquisite agli atti 17 rilevare ulteriori elementi di riscontro al racconto del MORABITO.
Il FERRARINI GIUSEPPE, invero, ebbe a fornire indicazioni sul luogo in cui venne tenuto, parlando di
una “casa non isolata” e descrivendo diversi particolari; il predetto, inoltre, specificò
___________________
13
Si tratta della perquisizione in casa MOLLUSO a Corsico, effettuata in assenza del predetto ed in presenza della moglie,
come si evince dal relativo processo verbale di perquisizione e sequestro (in vol. 109, pag. 51). Quanto alla valenza
probatoria di siffatta tipologia di documentazione, cfr. ordinanza dibattimentale del 13.4.95, già richiamata in nota 4:
14
v proc. verb. indicato alla nota precedente
15
m cit. vol. 106, pag. 18
16
m vol. indicato alla nota prec. pag. 14
17
m produz. P.M. del 23.1.96 acquisite con ordinanza del 20.2.96
481
espressamente che il tragitto da tale luogo di prigionia al posto del rilascio, avvenuto a seguito del
versamento del riscatto, era durato circa 40 minuti. un tragitto, di conseguenza, compatibile
esclusivamente con un luogo di prigionia molto vicino. A sua volta, il FERRARINI EZIO - che, in
compagnia di TUROLA FRANCO, genero del fratello, effettuò il pagamento del riscatto - ebbe, fra
l‟altro, a dichiarare che il casco indossato da uno dei due motociclisti era di colore rosso: orbene, il
casco rinvenuto all‟interno della valigia in casa del MOLLUSO era precisamente di colore rosso18.
Le dichiarazioni dell‟imputato Molluso
All‟esame dibattimentale del 12.6.96 MOLLUSO FRANCESCO ha negato ogni responsabilità
in ordine al sequestro del FERRARINI, assumendo essere le accuse del MORABITO calunniose e
dovute ad un radicato rancore del predetto verso di lui: rancore derivante da una relazione avuta con la
moglie dello stesso MORABITO (17830 - 17831). Sennonché, richiesto reiteratamente del perché, al
contrario, avesse, nelle dichiarazioni rese al GIP in sede di indagini preliminari, espressamente
affermato di non sapersi spiegare le ragioni per le quali il MORABITO lo aveva accusato, l‟unica
spiegazione fornita dal predetto MOLLUSO è stata, testualmente, la seguente: “perché non....non volevo
credere che mi avrebbero fatto una cosa così grave per una storia del genere”.
Il MOLLUSO ha escluso che il MORABITO avesse mai lavorato nella sua autocarrozzeria; a
fronte della contestazione scaturente dal fatto che egli stesso, interrogato nel „77, aveva dichiarato il
contrario, il MOLLUSO ha fatto presente di aver a quel tempo effettivamente reso tale dichiarazione al
solo scopo di aiutare il MORABITO, che mai in realtà aveva lavorato per lui, a differenza del fratello
LUIGI, occupato presso l‟autocarrozzeria per qualche settimana (17796).
_________________
18
v. proc.verb. di sequestro indicato alle note 10 e 11.
482
Nel negare recisamente di aver mai confidato al MORABITO una sua partecipazione al
sequestro del FERRARINI, il MOLLUSCO ha tenuto ad evidenziare che, allorché, trovandosi in
vacanza, apprese dalla stampa di essere coinvolto col PAPALIA nelle indagini relative a tale sequestro,
si premurò di rientrare a Milano e di concordare con il suo legale una presentazione spontanea davanti al
magistrato; a fronte della osservazione che il sequestro e la liberazione del FERRARINI risalivano al
mese di luglio e che la presentazione spontanea de qua era invece della fine di settembre, il predetto
MOLLUSO ha affermato che egli si trovava in vacanza con i figli, si sentiva “pulito” , l‟avvocato era in
ferie, talché non vi erano i motivi e le condizioni per presentarsi con urgenza. In ordine alla circostanza
che il MORABITO ha raccontato di aver appreso da lui stesso l‟episodio della presentazione spontanea,
il MOLLUSO, pur seguitando a negare di aver confidato alcunché d‟altro al MORABITO, ha, però,
ammesso di avergli confidato di essersi sua sponte presentato al magistrato inquirente (17799-17800).
Del resto, è agevole considerare che davvero non si vede come il MORABITO avrebbe potuto
apprendere aliunde una circostanza siffatta.
L‟imputato ha altresì ammesso di essere stato in possesso di una tuta e di un casco, oggetti che
gli erano stati sequestrati nel corso di una perquisizione; ha spiegato che, essendo “sempre andato in
moto”, si trattava di oggetti che usava abitualmente e che, di conseguenza, teneva a portata di mano. Ha
negato che fossero in una valigia, ma ha contestualmente affermato “Sarà stata una borsa, non lo so, ma
credo la valigia, a casa mia non mi ricordo mai valige”: con ciò, ammettendo che i due oggetti erano
stati riposti ad hoc, se non proprio occultati. Ne diverso ordine di considerazione ha opposto alla
circostanza che il casco in suo possesso era risultato simile a quello di uno dei rapitori; al riguardo ha,
invero, osservato il MOLLUSO: “Non credo che quella marca lì l‟han fatta solo per me”.
Quando all‟abitazione sita in via Cellini a Corsico, il MOLLUSO ha sostenuto che i suoi genitori
l‟avevano occupata in epoca successiva e che al tempo del sequestro FERRARINI vi abitava, invece,
egli stesso con la famiglia, mentre i suoi genitori abitavano allora in via Vigevanese. Il predetto
MOLLUSO ha poi
483
affermato (17805) di non aver mai avuto cognizione delle dichiarazioni rese a suo tempo ai Carabinieri
di Abbiategrasso da SEGREZZI ALESSANDRO, 19 persona peraltro a lui ben notaavendo insieme
lavorato, come trasportatori, presso una ditta che produceva pane. Ha negato specificamente di aver
presentato al SEGHEZZI BARBARO GIUSEPPE e, tanto più, di essere stato presente al dialogo fra i
due, nel corso del quale il BARBARO aveva chiesto al SEGHEZZI, secondo le dichiarazioni di
quest‟ultimo, la disponibilità della sua casa per tenerci una persona, dietro compenso di tre milioni di
lire; ha, in particolare, osservato il MOLLUSO che, semmai, una richiesta del genere l‟avrebbe avanzata
egli stesso al SEGHEZZI, non essendovi motivi perchè lo facesse il BARBARO, che non conosceva il
predetto SEGHEZZI. Senonchè il MOLLUSO ha omesso di considerare che richiedere direttamente la
disponibilità di una casa, dove poi i rapitori avrebbero tenuto prigioniero un sequestrato, avrebbe
certamente comportato non trascurabili rischi per il richiedente; ed ha congiuntamente omesso di
considerare che, proprio perchè i due non si conoscevano, fu necessario che egli presentasse il
BARBARO al SEGHEZZI, per i successivi sondaggi relativi appunto alla disponibilità
dell‟appartamento. E peraltro il predetto MOLLUSO ben doveva essere al corrente del tipo di richiesta
al SEGHEZZI del BARBARO: poichè i due, appunto, non si conoscevano, infatti, intanto il MOLLUSO
li presentò, in quanto ipotizzò che il SEGHEZZI avrebbe potuto mettere a disposizione l‟appartamento
di cui v‟era bisogno.
Il MOLLUSO al dibattimento ha ammesso ( 17809) di aver conosciuto KRAVOS ARTUTO e di
conoscere molto bene i
______________
19
Il 12.12.75 SEGHEZZI dichiarò testualmente ai Carabinieri di ABBIATEGRASSO: ”Venti giorni prima che avvenisse il
sequestro di certo FERRARINI, fui avvicinato, durante una visita che feci presso la carrozzeria di FRANCO MOLLUSO,
dallo stesso. Questi mi disse che mi avrebbe dovuto parlare un suo paesano, certo “CANARINO” (identificato in BARBARO
GIUSEPPE): in effetti “CANARINO” mi avvicinò e mi propose di cedergli il mio appartamneto per il periodo in cui sarei
andato in ferie: nella stessa occasione mi pregò di anticipare il mio periodo di ferie: l‟appartamneto sarebbe dovuto servire
per tenerci una persona”, ilcompenso sarebbe stato tre milioni di lire”. Aggiunse contestualmente il SEGHEZZI che, dopo
due o tre giorni, sempre nella carrozzeria del FRANCO, lo stesso “CANARINO” gli mostrò tre pacchetti di biglietti da
centomila lire, “nuovi di stampa”, per invogliarlo ad accettare. A suo dire, il predetto SEGHEZZI, effettivamente dopo una
settimana circa, seppe che era avvenuto il sequestro di FERRARINI.
484
fratelli PAPALI, ROCCO e DOMENICO20. Ha altresì ammesso che conosceva la “concessionaria” del
FERRARINI a Corsico,affermando di aver conosciuto quest‟ultimo solo in epoca successiva al
sequestro, a partire dal ?79-80, epoca in cui il fratello GIOSAFATTE aveva preso a lavorare per il
predetto FERRARINI.
Nel corso del suo esame dibattimentale ha espressamente negato (17831) che il MORABITO
fosse stato il padrino di battesimo della fiuglia, evidenziando che siffatta erronea circostanza era stata
oggetto di correzione nell‟interrogatorio reso al GIP. Senonchè siffatto disinvolto tentativo del
MOLLUSO di sminuire decisamente la portata dei suoi rapporti col MORABITO ha trovato
inoppugnabile smentita in una produzione dibattimentale21 della difesa di BARBARO GIUSEPPE, che,
per sviluppare proprie tesi difensive, ha esibito il certificato di battesimo della figlia di MORABITO:
certificato da cui risulta che il predetto fu nell‟ccasione il padrino e che sua madre, ROMEO ANNA, fu
la madrina.
La valutazione del complessivo quadro brobatorio
Il racconto del MORABITO, come s‟è già rilevato, trova la propria scaturigine in una specifica
confidenza del MOLLUSO, consistita nel rivelargli di aver preso parte al sequestro del FERRARINI.
E‟, dunque, metodologicamente corretto - e la Corte lo ritiene, per vero, doveroso - porsi il quesito se
nella specie si configuri plausibile una confidenza siffatta, tenendo adeguatamente conto della
“riservatezza” vigente nell‟ambito malavitoso. La risposta al quesito de quo è largamente affermativa,
alla stregua di analitiche considerazioni basate su elementi oggettivi, che occorre adeguatamente
lumeggiare.
________________
20
Mette conto rilevare che il MOLLUSO ha descritto PAPALIA DOMENICO come “una persona fatta così che, se sapeva
che due compaesani andavano a litigare faceva di tutto per non farli litigare”. (17851)
21
La produzione è stata effettuata all‟udienza del 2.7.96 ed ammessa con ordinanza del 18.7.96.
485
I legami fra il MOLLUSO ed il MORABITO erano d‟antica data, risalendo ad anni prima del
sequestro del FERRARINI. Ed invero, nel luglio „73, il MORABITO e la madre, come s‟è già
evidenziato, furono i “compari” di battesimo della figlia del MOLLUSO: un legame particolarmente
significativo, in una società “arcaicizzante” e tradizionalista quale quella de qua, e tale, in ogni caso, da
testimoniare l‟esistenza di rapporti di intesa consuetudine e di profonda intesa, cementatisi nel tempo.
Non è un caso, del resto, che il MOLLUSO, nel tentativo di prendere le distanze dal MORABITO e di
cancellare il back ground in cui una confidenza delicata come quella in questione si inscriveva
perfettamente, ha negato che il MORABITO avesse tenuto a battesimo la figlia: negazione
documentalmente smentita, secondo quanto è già stato rimarcato.
E‟, peraltro, interessante considerare come il MOLLUSO, pu sulla totale negativa in ordine ai
fatti indicati nelle accuse del MORABITO, abbia però ammesso di averlo aiutato, quando il predetto
uscì dal carcere, dandogli una mano nell‟attività di “taroccamento di auto” (17796-17797). Dunque il
MOLLUSO- evidentemente nella presupposizione di dare più forza alle sue dichiarazioni per la parte in
cui negava - ha dovuto ammette di avere intrattenuto rapporti di natura delittuosa con il MORABITO, E
v‟è da chiedersi - a voler - per un attimo e per mero artifizio dialettico, ritenere i rapporti di illeciti affari
fra i due limitati a quelli ammessi dal MOLLUSO - perchè quest‟ultimo avrebbe dovuto aiutare il
MORABITO fino al punto di “taroccargli qualche macchina” e di dichiarare falsamente che lavorava
per lui: perchè mai, se non in forza degli intensi e stretti legami risalenti nel tempo.
E però di intensi e stretti legami fra i due non può parlarsi solo de praeterito, con riferimento,
cioè, esclusivamente all‟epoca precedente il sequestro di FERRARINI. Ed invero la partecipazione di
entrambi, fra il maggio ed i primi d‟agosto del „77, ai sequestri di GALLI ANGELO e di SCALARI
GIUSEPPE22
_______________
22
v. in dettaglio i capitoli della sentenza dedicati alla ricostruzione specifica dei due succitati sequestri di persona a scopo
d‟estorsione. Mette, peraltro conto rilevare che già a suo tempo il MOLLUSO ed il MORABITO, pur essendo stati proscilti
per gli specifici addebiti ai due sequestri, vennero condannati, unitamente a diversi altri esponenti del gruppo, per
associazione del delinquere finalizzata al compimento di
486
dimostra che la relativa “intrensicità” criminale aveva spessore e portata ben più consistenti e rilevanti
di una complicità limitata al settore del “taroccamento di auto”: una intrensecità criminale, a ben vedere,
certo più che sufficiente a legittimare - siccome perfettamente conferente - una confidenza come quella
in esame. Nè si trascuri di considerare che in quel tipo d‟ambiente le confidenze che si facevano
dovevano essere necessariamente veridifiche.23 Il MORABITO, del resto, avrebbe con estrema facilità
potuto verificare se il MOLLUSO gli aveva raccontato fandonie e, in caso affermativo, non avrebbe che
potuto ritenerlo del tutto inaffidabile; orbene, la ricostruzione della genesi dell‟omicidio di MANCUSO
SALVATORE24 fornisce eloquente contezza del trattamento riservato dal MORABITO e dal suo gruppo
di complici ritenuti inaffidabili.
Se dunque la confidenza del MOLLUSO al MORABITO circa la partecipazione al sequestro del
FERRARINI risulta, alla stregua del complessivo contesto cui afferisce, avere piena plausibilità, per
così dire, sia estrinseca che intrinseca, non minore plausibilità presenta il ruolo di autista, che il
MOLLUSO si attribuì nel fare la confidenza de qua. Il MOLLUSO, che avrebbe svolto il medesimo
ruolo nel contesto del sequestro di SCALARI GIUSEPPE,25 era, infatti, un autocarrozziere e conosceva
perfettamente la zona di CORSICO, costituente lo scenario in cui il sequestro del FERRARINI si
consumò: Funse cioè, se è consentita l‟immagine, da autista operante in domo sua.
Analoga, piena correlabilità al coinvolgimento del MOLLUSO presenta il luogo di custodia del
rapito, quale emerge dalle dichiarazioni di quest‟ultimo, che parlò, come s‟è rilevato, di ubicazione di un
centro abitato e di tragitto di circa 40 minuti. Orbene, pur contrastando, ancora una volta, le
dichiarazioni di MORABITO, lo stesso, MOLLUSO ha ammesso che all‟epoca
____________________
sequestri di persona: già prima della fine degli anni „70 - la sentenza del Tribunale di Milano è del 6.3.79 - furono, dunque,
giudizialmente accertati gli stretti rapporti criminali intercorrenti fra il MOLLUSO ed il MORABITO.
23
Possono richiamarsi le dichiarazioni dibattimentali di ZAGARI ANTONIO sul punto, nonchè quelle di LAURO
GIACOMO a proposito della fine toccata a NIRTA BRUNO perchè era un tragediatore”
24
v. capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione di tale delitto
25
v. relativo capitolo della sentenza
487
v‟erano ben due appartamenti a lui riferibili in CORSICO: quello occupato da lui con la
famiglia, in via Cellini, e quello occupato dai suoi genitori, in Via Vigevanese, Dove il FERRARINI sia
effettivamente tenuto priogioniero è circostanza verosimilmente mai più verificabile con precisione,
atteso l‟avvenuto decesso del predetto FERRARINI. E‟ però chiaro che il MORABITO ha riferito essere
stato lo stesso prigioniero, per una settimana, in una casa nella disponibilità del MOLLUSO; così come
è chiaro ed inequivocabile che il sequestro durò in effetti quasi una settimana. Ed in tale scenario, in
ogni caso, si colloca significativamente una circostanza di grande spessore, lumeggiata, questa volta,
non già dal MORABITO bensì dal diretto interessato: ci si riferisce al già illustrato episodio della
richiesta . resa possibile proprio dalla apposita presentazione dei due ad opera del MOLLUSO formulata da BARBARO GIUSEPPE e SEGHEZZI ALESSANDRO e finalizzata ad ottenere la
disponibilità dell‟appartamento di quest‟ultimo. Le dichiarazioni del SEGHEZZI, in buona sostanza,
costituiscono un importante riscontro in ordine al fatto che MOLLUSO ebbe un ruolo concreto nella
ricerca del luogo in cui tenere il sequestrato.
Vi sono, peraltro, ulteriori profili, direttamente correlantisi alla persona del MOLLUSO, che che
corroborano eloquentemente, per altri versi, le dichiarazioni del MORABITO. Il sequestro de quo fu
opera, com‟è stato giudiziariamente accertato ben prima delle predette dichiarazioni, dei “platioti”,
precisamente di BARBARO GIUSEPPE e PAPALIA DOMENICO, entrambi da PLATI‟; il KRAVOS,
pur non essendo platiota, intanto fu coinvolto in quanto era amico fidatissimo del platiota BARBARO
GIUSEPPE. Ed è perfettamente plausibile . non solo il profilo della logica, ma anche sotto quello della
storia e dell‟evoluzione dei rapporti all‟interno del gruppo criminale de quo - che ad un‟impresa delicata
quale l‟effettuazione e la gestione di un sequestro di persona, progettato dai platioti, fosse stato chiamato
a partecipare il platiota MOLLUSO. --del resto la condotta del predetto nel periodo del sequestro ed in
quello immediatamente successivo è tutt‟altro che assimilabile a quella che avrebbe naturalmente e
ragionevolmente tenuto chi non avesse avuto nulla da temere.
488
E‟ opportuno, allora, fare un brevissimo riepilogo della sequenza temporale degli accadimenti
succedutisi nell‟arco di pochi giorni. La sera del 16 luglio „75, com‟è noto, fu pagato il riscatto e quella
stessa notte il FERRARINI, che era stato sequestrato il 9 luglio, venne rilasciato. Il successivo 18 luglio
BARBARO E KRAVOS - che erano stati, qualche giorno prima, fotografati col papalia all‟interno della
cabina telefonica, nell‟atto di telefonare alla famiglia FERRARINI, si erano poi allontanati a bordo di
una “Porsche” - vennero localizzati mentre viaggiavano sulla predetta auto e vennero tratti in arresto
dalla polizia, all‟esito di un movimentato inseguimento; il PAPALIA non fu individuato e rimase
lungamente latitante. Quello stesso giorno, fra le altre, fu eseguita una perquisaizione domiciliare - che
portò al noto rinvenimento del casco e della tuta - nei confronti del MOLLUSO, compaesano ed amico
del BARBARO e del PAPALIA. Senonchè il predetto MOLLUSO, non era in casa a CPRSICO, talchè
all‟esecuzione della predetta perquisizione presenziò la moglie. Ha dichiarato (17798) al dibattimento il
MOLLUSO di aver appreso d‟esser inquisito mentre si trovava al mare ed ha aggiunto che la fonte fu un
giornale,che riportava il suo nome e quello del PAPALIA. E peraltro una genesi siffatta
dell‟informazione appare sostanzialmente smentita dalla presenza della moglie alla perquisizione,
circostanza chefornisce la ragionevole certezza di un “allertamento” immediato del MOLLUSO, in ogni
caso ben più tempestivo e diretto di quanto sostenuto dallo stesso. Del resto, a suo tempo, fu lo stesso
MOLLUSOad ammettere innanzi al Giudice Istruttore di essersi allontanato per timore di essere
arrestato.26 E fu, difformemente da quanto sostenuto nell‟occasione dal MOLLUSO, un ben prolungato
allontanamento, posto che, com‟è noto, solo a distanza di oltre due mesi il predetto ebbe a presentarsi al
magistrato inquirente, dopo una breve permanenza al sud d‟Italia: è stato, d‟altra parte, proprio il
MOLLUSO e confermare siffatte circostanze al
______________
26
cfr.verb. d‟interrogatorio effettuato dal G.I. di Milano il 26.9.75, facente parte delle prod. del P.M. all‟udienza del 4.7.96.
In tale interrogatorio il MOLLUSO dichiaro testualmente: “Dopo la perquisizione ho saputo che la polizia aveva messo le
manette a mio fratello ROCCO, rilasciato subito dopo, e mi preoccupai per me. Andai dal mio legale, con il quale mi
accordai per presentarmi spontaneamente da magistrato. Mancai dall‟officina per qualche giorno, proprio per evitare di
subire il trattamento di mio fratello, pur non avendo a che fare con fatti di cui è processo”. Quanto alla valenza di siffatta
tipologia di documentazione cfr ordinanza dibattimentale del 13.4.95
.
489
dibattimento. Orbene, il MORABITO ha precisamente dichiarato che, secondo le confidenze fattegli dal
MOLLUSO, quest'ultimo era all'epoca scappato in Sicilia e successivamente si era presentato al
magistrato: confidenze, invero, dimostratesi veritiere, come solo quelle provenienti dal protagonista
potevano essere; confidenze, per di più, tali, che il MORABITO non avrebbe potuto apprenderle da altri
se non dal diretto interessato, E' ben vero, come s'è già avuta occasione di evidenziare, che lo stesso
MORABITO ha fatto presente di aver seguito il dibattimento relativo al sequestro del FERRARINI, ma
è altrettanto vero che in quel dibattimento il MOLLUSO non ebbe parte alcuna, essendo stato prosciolto
per insufficienza di prove in fase istruttoria: e dunque non si trattò la sua posizione nella fase
dibattimentale ed il MORABITO non potè, seguendo il dibattimento, ricavare, in ordine alla posizione
del MOLLUSO, gli specifici elementi di cognizione che ha poi rivelato.
Di quanto dichiarato al dibattimento dal maresciallo PIOL - che a pienamente confermato e
puntualizzato le risultanze delle indagini a suo tempo espletate e riferite ai magistrati inquirenti nei
relativi atti di p.g. - s'è già trattato diffusamente, talchè non ci si soffermerà ulteriormente. Occorre,
peraltro, aggiungere che da un rapporto giudiziario27 redatto dal predetto maresciallo il 1.2.76, a carico,
fra gli altri, del MOLLUSO e di tale FALCONE SALVATORE, si evince che il precedente 31 gennaio
il MOLLUSO venne fermato a bordo di un'auto "MINI MINOR", recante nel bagagliaio un sacco di
plastica contenente targhe, libretti di circolazione ed altro materiale atto al "taroccamento" di
autovetture; nella circostanza MOLLUSO dichiarò di aver ricevuto la vettura dall'autocarrozziere
FALCONE SALVATORE. Quest'ultimo venne rintracciato e trovato in possesso di una banconota da
cinquantamila lire, risultata proveniente dal riscatto del FERRARINI: emerse in tal modo, a pochi mesi
dal pagamento di tale riscatto un ulteriore, non trascurabile elemento ricollegante, ancora una volta, il
sequestro alla persona del MOLLUSO.
Il complessivo quadro probatorio sussistente appare, in definitiva, conclamare pienamente, ad
avviso della Corte, la corresponsabilità del MOLLUSO nel sequestro di persona in danno
27
in vol. 106 pagg. 100 - 102, quanto alla relativa valenza processuale, cfr ordinanza di cui alla nota che precede.
490
di FERRARINI GIUSEPPE. Ed invero imponente si delinea il novero degli elementi d'accusa a carico
dello stesso: tali elementi - fra i quali assumeva ed assume un ruolo d'indubbio rilievo il rinvenimento in
casa del MOLLUSO della tuta e del casco simili a quelli usati da coloro che ritirarono il riscatto - hanno
trovato nelle rivelazioni del MORABITO, intervenute ad oltre un quindicennio di distanza, un suggello
che non si presta ad equivoci di sorta. Si tratta, invero, di rivelazioni di tale rilevanza e concludenza, per
la messe di specifici riscontri esistenti - ed "individualizzanti" precisamente nella persona del
MOLLUSO il correo dei soggetti già condannati per il sequestro de quo - da non consentire alcun
ragionevole margine di perplessità in ordine alla colpevolezza del predetto MOLLUSO. Deve, di
conseguenza, dichiararsi siffatta colpevolezza in ordine al reato in questione, così come indicato al capo
9 della rubrica delle imputazioni, ritenendosi pienamente sussistenti le circostanze aggravanti contestate.
Circa il numero delle persone - almeno cinque - che concorsero nel reato, è agevole, infatti considerare
che la partecipazione del MOLLUSO si configura aggiuntiva - e, per vero, sintonicamente tale, atteso il
ruolo svolto dal predetto - a quella dei tre soggetti (PAPALIA, BARBARO e KRAVOS) già condannati
con sentenza definitiva; v'è peraltro - nelle tessere del mosaico che raffigura il gruppo dei sequestratori
(apprensori materiali del FERRARINI, fra i quali un soggetto indicato come altro circa un metro e
novanta, motociclisti, etc.) - almeno una quinta persona che ebbe parte nel sequestro de quo. E tale
persona appare ragionevolmente corrispondere a quel LA ROSA GIOVANNI, del quale il PAPALIA
parlò diffusamente al MORABITO, come s'è già rilevato in dettaglio. Qui mette conto solo rammentare
che a lungo si sospettò - fino a progettare una dura punizione - del predetto LA ROSA, in alternativa col
MOLLUSO, quale responsabile della sottrazione di duecento milioni provenienti dal riscatto e custoditi
dal BARBARO GIUSEPPE in un nascondiglio noto appunto ai sequestratori.
Resta da aggiungere, quanto alla contestata aggravante del danno patrimoniale di rilevante
gravità cagionato alla persona offesa dal reato, che l'entità del riscatto versato, pari ad ottocento milioni
di lire - valuta dell'anno 1975 - esime, di per sè, dalla necessità o anche solo dalla opportunità di
indugiare più che tanto
491
sul punto, trattandosi di somma più che sufficiente in assoluto ad integrare, all'epoca, gli estremi di un
gravissimo danno patrimoniale.
492
SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d'ESTORSIONE
di GALLI ANGELO
CESANO, BOSCONE, 8 maggio 1977
---oooOOOooo--CAPO 11
AMANTE PIETRO
BARBARO GIUSEPPE cl. '48
CATANZARITI AGOSTINO
GRILLO MICHELE
INZAGHI MARIO
MOLLUSO FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
MUSCIO MARIO
NIRTA ANTONIO
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ROCCO
TRICHILO ANTONIO
---oooOOOooo--Introduzione
__________________
O.c.c. del 2.10.93 per AMANTE PIETRO, BARBARO, GRILLO, MUSCIO: P.C.C. dell'8.11.93 per
CATANZARITI, NIRTA: oc.c. del 2.12.93 per MOLLUSO, TRICHILO, PAPALIA DOMENICO, INZAGHI, MORABITO
a p.l.: provv. di c.c. per PAPALIA ROCCO emesso dalla Corte contestualmente alla presente sentenza.
Decr. rinv. giud. del 28.6.94 per BARBARO, CATANZARITI, GRILLO, NIRTA, PAPALIA DOMENICO, TRICHILO;
decr. del 16.9.94 per AMANTE, INZAGHI, MOLLUSO, MORABITO, MUSCIO, PAPALIA ROCCO.
493
Per una adeguata e compiuta intelligenza dei fatti, occorre premettere, a giudizio della Corte,
talune indispensabili considerazioni di carattere generale, atte a lumeggiare l'antefatto storico e lo
scenario in cui erano inseriti "alle origini" i personaggi resisi autori del sequestro in esame nel presente
capitolo e di diversi altri oggetto dei capitoli che seguono.
Dagli atti acquisiti alle carte processuali (in particolare quelli concernenti il sequestro di
FERRARINI2, il sequestro di ALBERGHINI3, l'omicidio di D'AGOSTINO ANTONIO4, le sentenze
della A.G. di MILANO già pronunciate sui sequestri di GALLI e di SCALARI5) emerge chiaramente
che già dalla metà degli anni 70 gravitava su ROMA un gruppo di soggetti che aveva posto in essere un
articolato programma criminoso: tale gruppo annoverava, fra i suoi protagonisti di maggiore spicco,
PAPALIA DOMENICO, D'AGOSTINO ANTONIO, uomo emergente della "ndrangheta", e TRICHILO
ANTONIO. Il PAPALIA era già apparso in azione nel sequestro di FERRARINI, unitamente a
BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO; nel 76 c'era stato il sequestro di ALBERGHINI, con la
partecipazione ancora di soggetti originari di PLATI', così come nel sequestro di FERRARINI v'era
stata la partecipazione del platiota MOLLUSO, con i già citati - anch'essi platioti - PAPALIA
DOMENICO e BARBARO GIUSEPPE, appartenente alla famiglia soprannominata "i castani". In
quello stesso 76 a MILANO si registrava la presenza di un altro gruppo di calabresi - PAPALIA
ROCCO, TRIMBOLI FRANCESCO, MOLLUSO FRANCESCO, CATANZARITI AGOSTINO,
CERRA NINO, BARBARO DOMENICO e così via), che stava attivamente avviando un consistente
programma di attività criminale, non ancora ai livelli del gruppo romano, ma potenzialmente in grado di
attingere agli stessi: tale potenzialità avrebbe avuto la sua attuazione quando - come in effetti si verificò
- i personaggi agenti a ROMA si fossero trasferiti in LOMBARDIA, dando origine a sinergie operative
che si sarebbero rivelate micidiali nel campo dei sequestri di persona. I rapporti di amicizia e di
frequentazione dei componenti di gruppo operante in LOMBARDIA appaiono comprovati, oltre che
dalle stesse
________________________
.
V. il relativo capitolo della sentenza.
.
In vol. 107.
.
In particolare, le sentenze della Corte d'Assise e della Corte d'Assise d'Appello di ROMA, che sono in vol. 122.
.
In vol. III.
494
ammissioni degli imputati al dibattimento, dalla vicenda, avvenuta nell'ottobre 76, dell'omicidio del
nomade DE ROSA presso il locale notturno milanese "SKYLAB". La sparatoria avvenuta presso tale
locale era stata preceduta da una rissa, scoppiata qualche giorno prima, fra gli stessi calabresi ed il DE
ROSA presso il "PARCO DELLE ROSE", a causa di una donna, tale ROSSINI CARMEN, contesa al
contempo dal CERRA e dal DE ROSA6. La rissa costituì il preludio dell'omicidio del DE ROSA, per il
quale furono poi condannati in primo grado il CERRA ed il TRIMBOLI, assolti successivamente in
appello per insufficienza di prove; PAPALIA ROCCO iniziò un periodo di latitanza che terminò con
l'arresto del gennaio 77.
Il contesto al quale si raccorda l'origine delle vicende relative ai sequestri di GALLI e di
SCALARI attiene all'operatività del gruppo insediato a ROMA, la cui esistenza fu significativamente
segnata dall'omicidio di D'AGOSTINO ANTONIO. Le sentenze della Corte d'Assise e della Corte
d'Assise d'appello di ROMA7, che hanno condannato all'ergastolo PAPALIA DOMENICO per
l'omicidio del D'AGOSTINO, forniscono una serie di dati di cognizione rilevantissimi in ordine alle
attività economico-finanziarie che il PAPALIA ed il D'AGOSTINO avevano avviato a copertura delle
loro imprese criminali. Dalle sentenze citate emerge che nel novembre 75 fu eseguita una serie di
controlli presso banche ed uffici postali della LOCRIDE, dove vennero sequestrate numerose banconote
provenienti dal sequestro di FERRARINI e da diversi altri sequestri di persona: presso il BANCO DI
NAPOLI di LOCRI, in particolare, fu individuato un versamento di quattro milioni e trecentomila lire,
provenienti dal sequestro di FERRARINI, effettuato da ZAPPIA DOMENICO per conto di PAPALIA
DOMENICO. Si accertò altresì che quest'ultimo - che risultò anche essere socio di un supermercato, sito
in via SACCHETTI a ROMA, nel quale aveva investito circa venti milioni - era anche beneficiario,
sotto il falso nome di MARANDO DOMENICO, di due conti-corrente accesi rispettivamente presso
l'agenzia 7 del BANCO DI SANTO SPIRITO e presso l'agenzia 3 del CREDITO ITALIANO in
ROMA. Il PAPALIA risultava essere stato presentato al direttore dell'agenzia del BANCO DI SANTO
SPIRITO da LOKE ANTONIO, funzionario
__________________.
Cfr rapp. giudiz. del 12.10.76 - in vol. 68 pag. 70 - confermato (11705) al dibattimento dall'estensore PECORARO
VINCENZO.
.
In vol. 122 pagg. 79 e segg..
495
all'epoca del comune di ROMA nonché della segreteria regionale della DEMOCRAZIA CRISTIANA: il
predetto ebbe a dichiarare agli investigatori di essersi effettivamente adoperato in favore del PAPALIA,
perché richiestogli da TRIPODI PIETRO, nei cui confronti egli nutriva profonda gratitudine essendo il
predetto stato un grande sostenitore della sua campagna elettorale. I rapporti fra il PAPALIA e il
TRIPODI risultano accertati anche sulla base delle circostanze illustrate nelle sentenze già emesse
dall'A.G. di MILANO in ordine ai sequestri di GALLI e di SCALARI8. E' da considerare che il numero
di telefono del TRIPODI era appuntato su un foglio di carta rinvenuto - nascosto nella fodera della
giacca - indosso al cadavere del D'AGOSTINO; quest'ultimo, elemento di spicco della "ndrangheta"
calabrese9, risultò avere una partecipazione in un supermercato della capitale, "IL BOTTEGONE DEL
RISPARMIO", ed essere titolare di una società di import-export con sede in CALABRIA (a S. ILARIO
IONIO) e diramazione romana. Le richiamate sentenze danno ampia contezza delle finalità di
copertura10 che avevano le attività finanziarie dei predetti soggetti, a fronte di un accertato contesto di
criminalità organizzata nel quale operavano il D'AGOSTINO, il PAPALIA, il TRICHILO 11, contesto
che andava dai sequestri di persona alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti, al contrabbando
di tabacchi lavorati.
E', del resto, precisamente questo il contesto evocato dall'AMANDINI, allorchè ha riferito della
conoscenza, avvenuta a ROMA nel 76, del PAPALIA, dal quale gli furono presentati il TRICHILO ed il
D'AGOSTINO; in particolare, AMANDINI ha spiegato12 che PAPALIA gli fece capire che avevano
messo su
_____________________
8
Lo stesso TRIPODI, sentito in dibattimento ex art. 210 c.p.p., ha ammesso (7567) di essere stato amico dei fratelli
PAPALIA e di averli anche ospitati in casa sua a ROMA.
9
Il D'AGOSTINO viene così inquadrato nella sentenza della Corte d'Assise di ROMA: "sorvegliato speciale, indicato
quale mandante di numerosi omicidi, dedito a sequestri di persona ed al traffico internazionale di stupefacenti, preziosi e
sigarette estere"; ed ancora "capobastone della
LOCRIDE di altissimo livello".
10
Si legge testualmente, al riguardo, nella sentenza citata alla nota che precede: "La società d'import-esxport di S.
MARIA IONIO, gestita dal D'AGOSTINO e dai suoi familiari, svolge sostanzialmente una funzione di copertura delle
illecite attività della cosca mafiosa".
11
Il TRICHILO, nella sentenza richiamata alle note precedenti, è "indicato come elemento di collegamento tra la
mafia calabrese e la malavita marsigliese e soggetto dedito al traffico di sostanze stupefacenti ed ai sequestri di persona".
12
V., più diffusamente, infra.
496
un'organizzazione in grado di operare a qualsiasi livello. E fu a ROMA, nel corso degli incontri fra
AMANDINI, PAPALIA, TRICHILO e D'AGOSTINO, che prese corpo il progetto del sequestro di
PENTERIANI, che è menzionato nella pagine che seguono. Lo stesso INZAGHI ha riferito (5539) di
aver fatto qualche viaggio a ROMA nel 76, per portare ivi, insieme col MOLLUSO, un'auto di grossa
cilindrata che doveva servire per un sequestro13.
Un'ulteriore, rilevante conferma dei rapporti esistenti all'epoca fra i componenti del gruppo
romano è venuta dallo stesso imputato TRICHILO ANTONIO, che ha fornito indicazioni al riguardo
negli interrogatori resi al P.M. in fase di indagini preliminari14. Il predetto TRICHILO ha, fra l'altro,
confermato che, all'epoca in cui egli si accompagnava al D'AGOSTINO a ROMA, vi furono diversi
incontri con PAPALIA ed AMANDINI presso un bar di piazza CAVOUR e che a ROMA fu messo a
punto il sequestro di PENTERIANI, del quale fu basista tale ROLAND15, presentato loro da
AMANDINI. Il TRICHILO - che pure non ha scelto certo la strada della collaborazione di giustizia appare aver, dunque, confermato ampiamente sul punto le dichiarazioni rese da AMANDINI, pur
avendo tenuto ad escludere la partecipazione propria e del PAPALIA al sequestro di PENTERIANI,
accollandone ogni responsabilità al D'AGOSTINO, ormai deceduto.
La morte del D'AGOSTINO, avvenuta a ROMA nel novembre 76, della quale è stato ritenuto
responsabile il PAPALIA segnò lo sgretolamento del gruppo romano e l'avvio di una lunga stagione di
gravi vicende criminali a MILANO. Nei primi mesi del 77 il PAPALIA, già latitante per il sequestro di
FERRARINI, prese a frequentare l'area milanese. AMANDINI ha riferito, come si rileva in dettaglio
nelle pagine che seguono, del summit di VIALE CIRENE, tenuto dal PAPALIA per convincere i
familiari di D'AGOSTINO
_____________
13
Cfr. per la ricostruzione dei rapporti esistenti all'epoca fra i personaggi citati, gli atti, prodotti dal P.M. all'udienza
del 10.1.96 ed acquisiti con ordinanza in pari data, relativi al proc. pen. n. 13/95 della Corte d'Assise di ROMA (rif. omicidio
D'AGOSTINO) e, in particolare, agli interrogatori resi da AMANDINI.
14
I relativi verbali sono stati prodotti all'udienza del 4.7.96 ed acquisiti con ordinanza del 18.7.96, essendosi il
TRICHILO avvalso al dibattimento della facoltà di non rispondere. Si veda, in particolare, di tali interrogatori, quello del
2.2.94.
15
Si tratta dell'imputato DISCEPOLO LOUIS VINCENT, detto "ROLAND", come si rileva da quanto illustrato infra.
497
della sua estraneità all'omicidio. Anche il TRICHILO, con le false generalità di tale TONI DE
BERNARDI16, prese a frequentare MILANO, città nella quale, presso l'ufficio di VIALE CIRENE,
cominciarono ad incontrarsi con AMANDINI il PAPALIA, il MOLLUSO, il NIRTA, il MORABITO e
gli altri sodali. La liaison di VIALE CIRENE suggellò, in qualche modo, i rapporti di fiducia instauratisi
fra il PAPALIA e l'AMANDINI ed il trasferimento, per così dire, della relativa operatività, in terra di
LOMBARDIA: fu, in buona sostanza, la piattaforma, dalla quale trassero humus e presero avvio le
vicende delittuose delle quali so occupa di seguito la presente trattazione.
Quello dinanzi delineato era, dunque, il cupo scenario criminale nel quale si inseriscono i
sequestri di persona in danno di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE17 18.
_____________________
16
Cfr. proc. verb. di perquisizione in data 27.5.77 dell'abitazione del TRICHILO, sita nella via CARPACCIO 3 di
MILANO: in vol. 108, pag. 60.
17
Un quadro globale degli elementi di cognizione richiede peraltro, per delinearsi nei necessari termini di
completezza, che, unitamente allo scenario storico, si abbia presente l'antefatto giudiziario concernente le vicende in esame:
una esigenza di cui appare aver tenuto adeguatamente conto il Giudice delle indagini preliminari, allorchè, nell'emettere
l'ordinanza di custodia cautelare (in data 2.10.93) con riferimento ai sequestri di GALLI e di SCALARI, ha specificatamente
illustrato nel relativo provvedimento l'articolato antefatto giudiziario a suo tempo registratosi in ordine a tali vicende. Mette
conto, dunque, anche in questa sede fornirne contezza, pur nei termini sintetici imposti dalla circostanza che si tratta di profili
ormai "storicamente" acquisiti e cristallizzati. Le indagini dell'epoca, invero, ebbero sviluppo ed approfondimento nel
contesto investigativo concernente il sequestro di LAZZARONI LUIGI, attuato il 21.3.77, attenendo peraltro, oltre che ai
sequestri di GALLI e di SCALFARI, altresì al sequestro di RIMOLDI ERMINIO, posto in essere il 19.5.77. Tali indagini
sfociarono nell'operazione del 24.5.77 - cfr. infra - culminata negli arresti di LUVARA' RENATO, NERI ANTONIO,
BARCHETTA GIUSEPPE, SERGI SAVERIO, SERGI DOMENICO, MORABITO SAVERIO, LONGO BRUNO,
SEGHEZZI ALESSANDRO, FABIANO FRANCESCO, MUIA' GIUSEPPE, SARCONE SALVATORE, BRENICCI
SAVINO, TRICHILO ANTONIO, GIRARD FRANCOISE PASCAL, MAZZA ALAIN ALBERT, GRISTI
BUONUMANNO LUCIE CLAIRE, PATRUNO GIUSEPPE, MOLLUSO FRANCESCO. La motivazione degli arresti de
quibus risultava testualmente articolata nei seguenti termini: "nel corso delle indagini susseguenti il sequestro di persona in
pregiudizio di LAZZARONI PAOLO si acquisivano concrete prove a loro carico, desumibili da un'intensa attività di po.g.
preliminare consistente in pedinamenti, constatazione dell'elevato tenore di vita che non trae origini da reddito da lavoro
dipendente, nonché da una chiara terminologia attinente ai sequestri di persona rilevabile da prolungate intercettazioni
telefoniche, che hanno consentito di conoscere che gli stessi stavano per perpetrare due sequestri di persona, poi
effettivamente verificatisi in pregiudizio di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE avvenuti
498
rispettivamente in CESANO BOSCONE il giorno 8.5.77 ed in TREZZANO sul NAVIGLIO il 16.5.77. Gli stessi, come si
evince dalle intercettazioni telefoniche, sono legati tra loro da vincoli di attività delittuose in cui si evidenzia la funzione di
capo e di gregario". Siffatte motivazioni sostanziavano altresì il 30.5.77, la denuncia, in stato di irreperibilità, di UGONE
SALVATORE, DI GREGORIO GIUSEPPE, "MICHEL" successivamente identificato in AMANDINI MICHELE, TRIPODI
PIETRO. Due giorni prima, il 28.5.77, i Carabinieri - coordinati dal capitano DELFINO all'epoca in servizio a BERGAMO e
dal capitano SCIBONA, in servizio presso il Nucleo operativo di MILANO - avevano eseguito una perquisizione presso
l'abitazione di SAPIENZA FILIPPO ed avevano liberato il sequestrato RIMOLDI ERMINIO, traendo in arresto il predetto
SAPIENZA FILIPPO, MARSENA GIOVANNI, MARSENA ROSETTA, SELVAGGIO DOMENICO; AMANDINI
MICHELE venne individuato ed arrestato a LECCE il successivo 18.7.77. In data 1.6.77 il P.M. presso il Tribunale di
MILANO emise a carico di tutti i soggetti succitati un ordine di arresto per concorso nei sequestri di LAZZARONI PAOLO
e di RIMOLDI ERMINIO e per associazione per delinquere finalizzata al compimento dei sequestri di persona a scopo
d'estorsione. Il successivo 10.6.77 il Giudice istruttore presso il Tribunale di COMO - essendo stati gli atti trasmessi ivi per
competenza - emise a carico degli stessi soggetti mandato di cattura in ordine alle medesime imputazioni. Gli atti vennero in
prosieguo ritrasmessi all'A.G. di MILANO, ritenendosene la competenza, ed il Giudice istruttore del capoluogo lombardo, a
conclusione della formale istruzione del procedimento, il 14.7.78 dispose: a) il rinvio a giudizio di LUVARA', INZAGHI,
SERGI SAVERIO, SERGI DOMENICO, MORABITO, TRICHILO, MOLLUSO, SAPIENZA, MARSENA ROSETTA,
MARSENA GIOVANNI, SELVAGGIO, UGONE, DI GREGORIO, AMANDINI per il reato di associazione per delinquere
finalizzata al compimento di reati di sequestro di persona, fra i quali, in particolare, i rapimenti di LAZZARONI, RIMOLDI,
GALLI e SCALARI; b) il rinvio a giudizio di LUVARA', TRICHILO, UGONE e DI GREGORIO per il sequestro di
SCALARI GIUSEPPE; c) il rinvio a giudizio di SAPIENZA, MARSENA ROSETTA, MARSENA GIOVANNI,
SELVAGGIO, per il sequestro di RIMOLDI ERMINIO; d) il proscioglimento per insufficienza di prove di TRIPODI e
NERI dal reato di associazione per delinquere; e) il proscioglimento per insufficienza di prove di MORABITO ed INZAGHI
dal reato di concorso nel sequestro di SCALARI e con formula piena dal concorso nel sequestro GALLI; f) il
proscioglimento con formula piena degli altri imputati - fra i quali MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI, - dei sequestri di
GALLI e di SCALARI. Successivamente il Tribunale di Milano, con sentenza del 6.3.79, condannò per il reato di
associazione per delinquere LUVARA‟, INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI; condannò
TRICHILO per il sequestro di SCALARI, assolvendo LUVARA‟ per insufficienza di prove da tale imputazione: condannò
SAPIENZA e MURSENA GIOVANNI per il sequestro di RIMOLDI, assolvendo per insufficienza di prove gli altri imputati
di tale reato. La Corte d‟Appello di Milano, con sentenza dell‟11.12.81, dichiarò non doversi procedere nei confronti di
LUVARA‟, essendo lo stesso stato ucciso a Milano nel novembre di quello stesso anno; assolve AMANDINI per
insufficienza di prove dal reato di associazione per delinquere; confermò nel resto la sentenza impugnata, con una diversa
quantificazione della pena pecuniaria a carico di TRICHILO.
18
La succitata sentenza del Tribunale di Milano del 6.3.79 - che condannò appunto il TRICHILO per il sequestro di
SCALARI, nonchè MORABITO, INZAGHI, MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI, LUVARA‟ per associazione a
delinquere finalizzata alla consumazione dei sequestri di persona .- pose in evidenza che “una parte
499
sostanziale degli elementi di prova raccolti in questo processo si basa sulle intercettazioni telefoniche eseguite a carico degli
imputati”. Sia il Tribunale che, nel successivo giudizio d‟impugnazione, la Corte d‟Appello di Milano affrontarono e
risolsero - ritenendone l‟infondatezza - la questione delle eccezioni di nullità delle predette intercettazioni, confermandone la
piena utilizzabilità processuale: ed invero il contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate venne costantemente
ripreso in motivazione a supporto delle ricostruzioni dei fatti e della configurazione dei profili di responsabilità a carico degli
imputati. La piena utilizzabilità di siffatte intercettazioni telefoniche - che sono in vol. 109, pagg.53-343 - è stata, dunque,
ritenuta e dichiarata con sentenza ormai passata in cosa giudicata. La difesa di NIRTA ANTONIO ha ritenuto di sollevare in
questa sede un‟eccezione di nullità di tali intercettazioni, con riferimento alla posizione del predetto NIRTA, assumendo che
nel giudizio celebrato a suo tempo costui non era imputato, talchè non si sarebbe formato alcun giudicato nei suoi confronti;
è stata così contestata in questa sede la utilizzabilità delle intercettazioni, sulla scorta di asserite irregolarità procedurali
riguardanti le modalità con le quali furono all‟epoca effettuate le relative trascrizioni. Siffatto assunto non appare presentare,
ad avviso della Corte, alcun profilo di fondatezza, posto che la complessiva questione della ritualità ed utilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche venne a suo tempo, in sede propria, giudizialmente analizzata e deliberata nella sua interezza, per
di più alla luce delle norme processuali che all‟epoca disciplinavano la materia; ed il valore di esaustività e definitività di
siffatta deliberazione attenne ed attiene evidentemente, ai vari LUVARA‟, MORABITO, INZAGHI, etc., imputati in quella
sede, non meno di quanto sia fondatamente invocabile con riferimento alla ricostruzione delle condotte dei vari “FILIPPO”,
compare ANTONIO” l‟esaurito”, legittimamente operata da quelle sentenze anche sulla scorta delle risultanze delle
intercettazioni. Nel momento in cui ulteriori, precise risultanze scandiscono l‟identificazione in NIRTA ANTONIO del
“compare ANTONIO e dell‟esaurito”, unificati in un‟unica persona - cfr., infra, il paragrafo riguardante il predetto NIRTA discende logicamente, ma anche ontologicamente e giuridicamente, che la posizione di quest‟ultimo debba essere valutata
tenendo doverosamente conto anche delle conclusioni e delle valutazioni formulate nella sentenza definitiva con riferimento
al “compare ANTONIO ed all‟esaurito”, ritenuti nella stessa “personaggi onnipresenti”. Nè v‟è chi non veda, allora,
l‟assoluta carenza, di fondamento di un assunto teso ad elidere, in buona sostanza, la valenza se non l‟esistenza di una
pronuncia definitiva, che ha legittimamente conosciuto e giudicato dell‟intera materia. Le considerazioni che precedono - e
che si è ritenuto di svolgere per completezza di trattazione - potrebbero essere peraltro anche pretermesse, ove si consideri
che in ogni caso: a) le sentenze in questione sono comunque, unitamente a tutti gli altri atti e documenti all‟uopo indicati,
legittimamente acquisiti, in forza dell‟ordinanza generale della Corte del 13.4.95, ed il loro diritto di cittadinanza fra gli atti
del processo ed il relativo valore di documenti storici non appaiono fondatamente contestabili e revocabili in dubbio; b) le
intercettazioni telefoniche in questione appaiono, per i loro contenuti, concorrere semplicemente - e del tutto ritualmente - a
completare il quadro d‟intelligenza delle vicende oggetto di ricostruzione giudiziale e non certo a fondare la configurazione
dei profili di responsabilità penale del NIRTA - e degli altri - per i sequestri di GALLI e di SCALARI, essendovi ben altri e
ben consistenti elementi probatori a supporto com‟è diffusamente illustrato nei paragrafi che seguono. E del resto, ove così
non fosse, non si sarebbe dovuto attendere quasi un ventennio per giungere alla dichiarazione di responsabilità penale degli
autori
500
Le rivelazioni di MORABITO: la fase ideativa.
Ha riferito il MORABITO al dibattimento(19) che, mentre erano in corso i preparativi del
sequestro di SCALARI GIUSEPPE, MOLLUSO(20) gli confidò di essere continuamente incalzato dagli
amici di -‟ i quali pretendevano insistentemente di poter partecipare ai sequestri di persona che in quel
periodo venivano attuati al nord dai calabresi(21). Secondo il racconto(991) del MORABITO, un giorno
MOLLUSO gli disse specificamente: “Dobbiamo fare un lavoro, altrimenti questi qui non la smettono
_______________________________________________________________________
dei sequestri di GALLI e di SCALARI, nei termini che le pagine seguenti si fanno carico di illustrare analiticamente e
compiutamente.
19. In ordine al sequestro di GALLI ANGELO il MORABITO ebbe modo di rendere ampie dichiarazioni negli interrogatori
resi in fase di indagini preliminari, in particolare il 28.10.92, il 6.11.92, il 12.5.93: i relativi verbali sono stati acquisiti agli
atti e risultano pienamente confermati dal tenore delle dichiarazioni dibattimentali del MORABITO stesso. Deve rilevarsi,
peraltro, che il predetto MORABITO; dalle indicazioni fornite nei predetti interrogatori resi in fase di indagini preliminari,
appare aver invertito le date dei due sequestri, riferendo che il rapimento dello SCALARI precedette quello del GALLI.
L‟errore de quo ha, in realtà, una specifica spiegazione logico-concettuale, che, del resto, lo stesso MORABITO - la cui
attendibilità appare conclamata dall‟imponente mole delle complessive risultanze processuali - non ha mancato di fornire. Ed
invero il predetto ha spiegato come nella sua memoria fosse rimasto sempre ben chiaro che il quadro dei preparativi del
sequestro di SCALARI era già ampiamente in corso da tempo, allorché il MOLLUSO gli fece la proposta di effettuare il
sequestro del GALLI. E d‟altronde, come è noto, il MORABITO ha riferito che MOLLUSO pensò di attuare il sequestro di
GALLI proprio per accontentare gli amici del paese, che si lamentavano del fatto di non essere stati coinvolti nell‟attività
relativa ai sequestri che i calabresi avevano in corso al nord: attività che all‟epoca era precisamente focalizzata sul progetto
del sequestro di SCALARI. Si comprende agevolmente, allora, la prospettazione di MORABITO, secondo cui nella sua
mente era rimasto impresso il ricordo di una priorità temporale del sequestro di SCALARI rispetto a quello di GALLI: cosa
che, in ultima analisi, resta peraltro effettiva con riferimento alla fase di ideazione e progettazione.
31. MORABITO ha collocato temporaneamente tale incontro con MOLLUSO nel mese di aprile 77, precisando(3799) che
il sequestro del GALLI avvenne a distanza di circa un mese dalla proposta fattagli dal MOLLUSO.
21. Come ha ricordato(907) MORABITO il MOLLUSO aveva già partecipato al sequestro dell‟industriale FERRARINI cfr.
il capitolo della sentenza relativo alla ricostruzione di tale delitto.
501
più, facendo presente che le pressioni maggiori venivano da BARBARO GIUSEPPE (detto “u nigru”).
MORABITO ebbe la sensazione che il MOLLUSO non potesse rifiutare, perchè in qualche modo
obbligato in ragione di qualche favore ricevuto; in seguito, peraltro, egli venne a sapere che il predetto
MOLLUSO era stato “affiliato” alla “ndrangheta” grazie all‟intervento di BARBARO “u nigru”. (22)
Nonostante fosse in fase di avanzata progettazione il sequestro di SCALARI, MOLLUSO
propose, quindi, al MORABITO di rapire un‟altra persona: proposta che il predetto MORABITO ha
riferito(914) di non aver potuto rifiutare, in virtù di una sorta di debito di riconoscenza, avendo ricevuto
aiuto dal MOLLUSO subito dopo la scarcerazione del febbraio 1977 ed essendo a lui legato da un
rapporto di “comparaggio”, giacchè ne aveva a battesimo la figlia. (23)
Secondo il racconto(915-920) di MORABITO, allorchè egli chiese chi fosse il soggetto da
rapire, MOLLUSO gli disse di ricordare che una volta MARIO “BRESCIA”, ossia MUSCIO MARIO,
(24) gli aveva proposto di rapire una persona di Cesano Noscone: così entrambi decisero di andare a
trovare il predetto a BAGGIO, dove era di solito reperibile. Quest‟ultimo fece loro il nome di GALLI
ANGELO e riferì di conoscerlo molto bene, perchè parente di sua moglie; aggiunse che la domenica
spesso era a pranzo a casa del GALLI e raccontò loro che recentemente costui aveva acquistato una
cascina pagata un miliardo di lire. In quell‟occasione il MUSCIO ai due amici indicò fisicamente il
GALLI nonchè i campi da tennis di proprietà che lo stesso gestiva e la “Fiat 500! con cui era solito
spostarsi. MORABITO ebbe la sensazione che non si trattasse di una persona facoltosa nei termini
magnificati dal MUSCIO, che peraltro egli ed il MOLLUSO in prosieguo non contattarono
utleriormente, se non nella fase delle trattative, per attingere informazioni sulle reazioni della famiglia
______________________________
22 Trattasi di BARBARO GIUSEPPE della classe 194823 Cfr. il certificato di battesimo di MOLLUSO M. GRAZIA, prodotto dalla difesa da BARBARO GIUSEPPE all‟udienza del 2.7.96 ed
acquisto con ordinanza del 18.7.96.
24 V. al rigurado, quanto evidenziato infra con riferimento alla posizione del MUSCIO
502
MORABITO ha riferito(922), che avendo effettuato qualche appostamento per studiare bene le abitudini
del GALLI e gli orari del suo quotidiano rientro a casa, si rese conto che ogni sera il predetto era
l‟ultima persona ad uscire dai campi da tennis, che chiudeva sempre intorno alle ore 19,30 o 20,
dirigendosi quindi veso l‟auto con cui rincasava. Così il MORABITO decise che bisognava intervenire
proprio in tale fase, quando il GALLI lasciava i campi da tennis.
Le rivelazioni di MORABITO: l‟azione ed i partecipanti.
Quando si ritenne che tutto fosse pronto MOLLUSO fece venire dalla Calabria BARBARO
GIUSEPPE (25) e GRILLO MICHELE. Secondo il racconto(924) del MORABITO, i due furono
ospitati in casa di PAPALIA MARIANNA, dirimpettaia del MOLLUSO e coniugata con DELLA
ROCCA GIOVANNI: a proposito di quest‟ultimo, MORABITO ha fatto presente che si trattava di
persona estranea ai loro traffici e che il MOLLUSO ne utilizzava l‟utenza telefonica, essendo all‟epoca
sfornito di una propria.(26)
Ha riferito(925) MORABITO che il GRILLO fece un sopralluogo, essendogli stato affidato il
ruolo di autista in virtù della sua ottima conoscenza della zona, giacchè in passato aveva vissuto e
lavorato come autista camionista a Milano, Corsico e Buccinasco. L‟auto
__________________________________
25
Su tale partecipazione del BARBARO detto appunto “Peppe u nigru”, e del GRILLO, mette conto qui face specifico
richiamo a quanto evidenzato infra, nel paragrafo dedicato alla disamina della posizione del BARBARO, con riferimento a
talune conversazioni telefoniche - intercorse fra il MOLLUSO ed il BARBARO.
26
Ed invero sull‟utenza telefonica del DELLA ROCCA vennero a suo tempo intercettate numerose conversazioni
intercorse fra gli organizzatori dels equestro (cfr. la relativa trascrizione in vol. 109) Lo stesso MOLLUSO nel corso
dell‟esame dibattimentale, ha confermato(17813) che all‟epoca non aveva il telefono in casa.
503
prescelta per il sequestro fu un “Alfetta” di color grigio metallizzato, all‟uopo procurata da INZAGHI
MARIO. (27)
L‟azione esecutiva del rapimento, (28) secondo quanto ha dichiarato(928-945) MORABITO, si
svolse nei termini di seguito indicati. A bordo della “Alfetta” partirono in cinque: MOLLUSO,
GRILLO, BARBARO, lo stesso MORABITO ed una quinta persona di cui quest‟ultimo non ha
rammentato il nome. Giunti sul posto, discesero in quattro dall‟auto, lasciando GRILLO alla guida, e si
divisero in gruppi di due, per destare meno sospetti nei passanti. (29) MOLLUSO, appena il GALLI
uscì dal cancello, si dileguò, spiegando il giorno dopo al MORABITO di essere scappato via perchè una
persona si era affacciata alla finestra ed egli aveva temuto di essere riconosciuto. Sparito il MOLLUSO,
MORABITO e BARBARO aggredirono il GALLI, spingendolo a viva forza sul sedile posteriore
dell‟auto che, guidata dal GRILLO, si era intanto loro affiancata. Il GALLI era una persona assai
robusta (30) ed opponeva molta resistenza, tanto che riuscì a deformare lo sportello posteriore dell‟auto,
(31) facendo forza con le gambe. A causa di tale
_____________________________
27 Cfr. l‟intercettata conversazione telefonica del 2.5.77 fra INZAGHI e LUVARA‟, in cui si parla di “quella Alfetta”.
L‟INZAGHI ha peraltro confermato(5556) - v. infra - di aver procurato la “Alfetta” e di essersi poi occupato della distruzione
della stessa.
28 Emerge dagli atti di p.g. riguradanti il sequestro del GALLI (rapporto dei Carabinieri di Milano del 9.5.77 - in vol. 108,
pagg. 1 e segg. - puntualmente confermato al dibattimento dal colonnello SCIBONA, che lo sottoscrisse) che la sera veniva
rapito GALLI ANGELO, proprietario del complesso sportivo denominato “Lord Gall Tennis”: il predetto, mentre si
accingeva a salire sulla sua autovettura “Fiat 500” targata MI E 06911, veniva aggredito da tre o quattro persone a volto
scoperto, le quali lo caricavano con la forza sui sedili posteriori di una “Alfetta” di colore grigio metallizzato, targata MI
Z96469, di provenienza furtiva, con la quale erano giunte sul posto; il successivo 10 maggio tale autovettura veniva
rinvenuta, abbandonata e parzialmente incendiata, in via Merula, poco distante da Corsico. In data 29.7.77, venne rilasciato,
dopo il pagamento di un riscatto di 165 milioni di lire.
29 I testi CATTANEO(7381) e SOLAZZO (verb. dichiar. del 9.5.77) hanno riferito diaver visto tre o quattro persone. Il
GALLI (verb. dichiar. del 30.7.77) ha parlato di quattro persone (v. al riguardo infra) il citato verbale del GALLI è in vol.
108, pag. 362 e segg.
30 MORABITO la ha definito “un omaccione”.
31 A riscontro di tale indicazine del MORABITO, cfr. i rilievi fotografici dell‟auto (in vol. 108, pagg. 243 e segg.) dai quali
risulta una piegatura in altro dello sportello posteriore sinistro dell‟Alfetta. Giova osservare che il particolare della
deformazione dello sportello non era stato posto specificamente in luce in nessun atto di p.g. il
504
accanita resistenza, il MORABITO ricorse all‟uso del cloroformio e legò le mani dell‟ostaggio con la
sua cintura. (32) Mentre il GALLI veniva caricato in macchina, il complice del quale il MORABITO
non ha ricordato il nome fungeva da “palo”. Durante l‟azione erano tutti a viso scoperto (33) ed armati
e, di solito in tale fase, a mostrare le armi erano proprio coloro che fungevano da “palo”, il MORABITO
non ha rammentato “visivamente” che nell‟occasione furono esplosi colpi di armi da fuoco, (34) ma ha
ricordato che dopo il sequestro qualcuno fu rimproverato per aver fatto inutile uso delle armi. Con
l‟ostaggio a bordo, costeggiando il Naviglio, i sequestratori giusero in piazza Negrelli e, sulla destra del
semaforo ivi esistente, imnoccarono una rampa che conduceva all‟area dei box: vicino al cancello di tale
rampa, trovarono ad attenderli AMANTE PIETRO, che fornì loro le indicazioni per raggiungere il box
destinato all‟ostaggio ed aprì, quindi, tale locale. MORABITO sapeva bene che ad attendere l‟ostaggio
dopo il rapimento ci sarebbe stato l‟AMANTE PIETRO, giacchè nella fase organizzativa era stato
stabilito che sarebbe stato il predetto a fornire il box in cui chiudere il sequestrato. MORABITO rimase
da solo col GALLI tutta la notte nel predetto box, (35) continuando a tenere l‟ostaggio legato ed
imbavagliato. La mattina seguente qualcuno andò a riprendere il MORABITO - il quale non ha ricordato
bene se nell‟occasione ci fosse anche il MOLLUSO - ed il GALLI venne
_____________________________________
relativo riferimento - fatto anche da INZAGHI come è evisdenziato infra - appare, dunque, di significativa rilevanza.
32 Cfr. il già citato vernale di dichiarazioni rese il 30.7.77del GALLI, il quale riferì che all‟atto di riprendere conoscenza,
dopo essere statonarcotizzato, si era ritrovato, legato mano e piedi, sul sedile posteriore dell‟auto dei rapitori.
33 E la circostanza spiega l‟improvvisa fuga del MOLLUSO. Il teste CATTANEO(7384) ha riferito che i sequestratori erano
tutti a volto scoperto; il teste SOLAZZO (nelle già citate dichiarazioni del 9.5.77) ha fornito la descrizione di uno dei
rapinatori seduto sul sedile posteriore, indicandolo “con i capelli lisci ed un ciuffo che scendeva sulla fronte...”
34 Dal verbale di sopralluogo dei Carabinieri dell‟8.5.77 (in vol. 108, pag. 5) emerge che sul posto vennero rinvenuti due
bossoli calibro 45 e quattro bossoli calibro 7,65. I testi CATTANEO e SOLAZZO - v. infra - hanno riferito dell‟avvenuta
esplosione di colpi di pistola..
35 La circostanza appare correlabile alla intercettazione della telefonata pervenuta sull‟utenza del MORABITO il 9.5.77 ad
ore 10.17; nella stessa (in vol. 109, pag. 146) la persona chiamante, dopo aver appreso che il MORABITO non c‟era,
chiedeva testualmente: “Non sa se rientra stanattina Saverio?”.
505
trasportato in un altro luogo, (36) sconosciuto al predetto MORABITO, (37) quest‟ultimo raggiunse la
casa del DELLA ROCCA, dove trovò il BARBARO ed il GRILLO: pranzarono insieme e, subito dopo,
questi ultimi ripartirono per la Calabria.
La fase delle trattative con i familiari del sequestrato era affidata a TRICHILO ANTONIO,
all‟epoca latitante per concorso nell‟omicidio del D‟AGOSTINO; in tale contesto, il TRICHILO riservò
il ruolo di telefonista al suo amico AMANDINI MICHELE.
Gli arresti del 24 maggio 1977 ed il ruolo di NIRTA ANTONIO nel racconto di MORABITO.
Come risulta dal capitolo che segue, il 16 maggio 1977 venne effettuato il sequestro di
SCALARI GIUSEPPE; il successivo 24 maggio vennero arrestati dai Carabinieri - ad eccezione di
GRILLO, BARBARO, AMANDINI, UGONE, DI GREGORIO e dei due fratelli STRANGIO - tutti
coloro che erano stati oggetto delle attività d‟indagine espletate fino a quel momento e basate soprattutto
sulle intercettazioni telefoniche. (38) Al riguardo ha fatto presente il MORABITO che in carcere egli
ebbe modo di riflettere sull‟accaduto e cominciò a sospettare che i Carabinieri potessero
__________________________________
36 Il GALLI , nel corso delle già citate dichiarazioni rese il 30.7.77, riferì di essere stato portato inizialmente in un garage e
di qui strasferito successivamente in altri dui luoòghi di prigionia.
37 Il MORABITO ha spiegato che del reperimento dei luoghi dove nascondere gli ostaggi si interessava specificamente
SERGI SAVERIO, detto “il principale”, ed ha aggiunto che nell‟attività deis equestri vi era una divisione in “cellule” dei vari
gruppi operativi, per evidenti ragioni di sicurezza.
38 Si procedette all‟arresto di 19 persone (cfr. rapp. giud. dei Carabinieri di Milano del 27.5.77, in vol. 108) e la relativa
operazione - come ha spiegato(7599) il colonnello SCIBONA (v., più in dettaglio, infra) al dibattimento - scattò sulla base di
una intercettazione telefonica intercorsa fra TRICHILO, che il quel momento era in Calabria, e NERI ANTONIO, che si
trovava a Milano, nel corso di tale conversazione - del 20.5.77, ad ore 21,34 - veniva pronunciata la frase “papà sta poco
bene”, talchè i Carabinieri, i quali sapevano delle malferme condizioni di salute dello SCALARI, capirono che la telefonata
faceva verosimilmente riferimento allo stesso e che occorreva intervenire, visto che l‟ostaggio stava male.
506
essere stati messi sulle loro tracce da NIRTA ANTONIO, cui il TRICHILO era uso confidare ogni
dettaglio dell‟attività svolta.
Ha riferito(998 e segg.) MORABITO che i suoi sospetti si fondavano su una serie di circostanze
che, poste il correlazione fra loro, apparivano assumere un significato univoco. Il NIRTA, invero, gli
aveva chiesto in un‟occasione di ineressarsi per conoscere il luogo in cui era nascosta una persona che
era stata rapita dai calabresi a Torino, (39) successivamente il MORABITO aveva saputo che i due
custodi erano stati arrestati e che uno di essi era cugino di GRILLO MICHELE. Ancora il NIRTA gli
aveva anticipato che l‟allora capitano dei Carabinieri DELFINO sarebbe stato trasferito a Milano; era
poi accaduto, secondo il racconto(1000) del MORABITO, che, proprio ad opera dei Carabinieri del
capitano DELFINO, venissero arrestati a Milano, in corso Lodi, due calabresi, mentre stavano ritirando
il riscatto del sequestro BELLOLI. Siffatti accadimenti indussero MORABITO a sospettare che NIRTA
fosse proprio un confidente del predetto DELFINO. Un altro episodio oggetto di riflessione da parte del
MORABITO risaliva ai rimi mesi del „78, epoca in cui nel carcere di S.Vittore a Milano tale AGRESTA
di San Luca, titolare di un mobilificio in Sesto San Giovanni, gli riferì che, nel periodo in cui aveva
avuto il telefono sotto controllo, l‟apparecchio era stato più volte utilizzato dal NIRTA e peraltro
l‟AGRESTA non aveva riscontrato alcuna traccia delle telefonate del predetto NIRTA, nei relativi
verbali di intercettazioni telefoniche che aveva avuto modo di leggere.
Secondo il racconto(1007) del MORABITO, a parlargli del NIRTA, fu anche SERGI PAOLO, il
quale gli riferì che “DUE NASI” - soprannome con cui il NIRTA era conosciuto, per il fatto che
prediligeva sparare con la “doppietta” - era stato l‟autore dell‟omicidio di un detenuto nel carcere di
Bianco, sparandogli
__________________________________
39 Secondo il racconto di MORABITO, il NIRTA gli spiegò testualmente: “se riesci a sapere dove lo tengono, noi andiamo
e ce lo prendiamo”. Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 29.10.96 - e la Corte ne ha disposto l‟acquisizione con ordinanza del
5.11.96 - l‟estratto della sentenza della Corte d‟appello di Torino in ordine al sequestro BONGIOVANNI: ciò, a riscontro del
racconto di MORABITO circa la riferita informazione chiestagli dal NIRTA sul sequestro di persona, effettuato a Torino, a
seguito del quale risulta essere stato effettivamente condannato tale GRILLO DOMENICO.
507
dall‟esterno di tale carcere, dopo essere salito su una scala posizionata in prossimità della finestra della
cella. (40)
Il MORABITO ha riferito(3838) di aver avuto conferma dei suoi sospetti nel „78, dopo la
scarcerazione, a seguito delle confidenze di tale FRATTA PIERO, (41) ex poliziotto, amico di
PAPALIA ROCCO e titolare del locale notturno “Odissea 2000”. Il FRATTA, in particolare, alla
presenza di MORABITO, esortò il confidente dei Carabinieri, allorchè il PAPALIA gli chese il nome
costui, il FRATTA rispose di averlo annotato su una scatola di cerini e di ricordare comunque che si
trattava di un nome simile a “NITTA” o “NICA”, insomma “un nome corto”. Recatisi a Platì nell‟agosto
del 78, MORABITO e PAPALIA parlarono della questione con PERRE GIUSEPPE, detto “u maistro”,
e questi consigliò loro di chiudere senz‟altro lì la cosa e di non divulgare la notizia: MORABITO ha
evidenziato(1004) di essersi spiegato quella raccomandazione del PERRE col fatto che il NIRTA
apparteneva ad una delle più influenti e temute famiglie della “ndrangheta”calabrese, talchè nessuno
aveva interesse a mettersi contro di essa. (42) Il predetto MORABITO ha aggiunto(1006) di essersi
reso conto di persona, per essere stato detenuto a Reggio Calabria con il NIRTA nell‟83,che in effetti
venivano costantemente tollerate tutte le stravaganze e prepotenze delle quali lo stesso si rendeva
frequentemente autore.
Ha spiegato MORABITO di aver visto per la prima volta il NIRTA mentre parlava con
AMANDINI nell‟ufficio di viale Cirene, dopo il rientro dalla sartoria del D‟URSO, dove era stato
tenuto il già menzionato incontro avente ad oggetto l‟omicidio del
______________________________________
40 Sull‟omicidio di tal BARILLARO nel carcere di Bianco il P.M. ha prodotto documentazione a riscontro il 18.5.95 ed il
5.6.95: atti acquisiti con ordinanza del 30.6.95. In particolare, dal rapporto giudiziario del 13.11.76 risulta che il Killer usò
una scatola di ferro appoggiata sul muro di cinta del carcere: è stato altresì accertato che SERGI PAOLO all‟epoca
dell‟omicidio era detenuto in quel carcere.
41 L‟ispettore GALLO del centro DIA di Milano ha specificamente riferito (16054) al dibattimento in ordine all0esito delle
indagini espletate per l‟identificazione del FRATTA.
42 La circostanza appare confermata al dibattimento anche da LAURO GIACOMO (12387). ZAGARI ANTONIO (12697)
e BARRECA FILIPPO (12250) i quali hanno dichiarato che il NIRTA ANTONIO era tollerato da tutti per “rispetto” e
timore della sua famiglia di appartenenza v. più diffusamente, infra.
508
D‟AGOSTINO 43. Nel corso di una successiva visita in tale ufficio, fu PAPALIA DOMENICO a
presentare al MORABITO (880) il NIRTA ed a raccomandargli di mettersi a sua disposizione, ove il
predetto NIRTA avesse avuto bisogno di qualcosa.44 Ancora secondo MORABITO (899), dopo l‟arresto
del marzo 77 di PAPALIA DOMENICO, il NIRTA continuò a gravitare nell‟area milanese: si fermava
spesso a dormire a casa del MOLLUSO, aveva preso l‟abitudine di frequentare CORSICO E
BUCINASCO e chiedeva sempre a qualcuno del gruppo di accompagnarlo in giro.
Il MORABITO ha collocato (3823) la presenza del NIRTA a Milano nel 77 - precisamente nel
periodo di marzo/aprile di tale anno, allorchè il gruppo si riuniva per organizzare i sequestri di persona ed ha riferito dei frequenti colloqui telefonici che il NIRTA aveva in quel periodo con il TRICHILO,
che provvedeva a metterlo costantemente al corrente di quanto accadeva nel gruppo. Ha specificamente
osservato (3827) al riguardo MORABITO che “TRICHILO purtroppo era plagiato dalla personalità del
NIRTA e quindi succube di lui”, precisando (3883) altresì che fu il predetto TRICHILO a dare al
NIRTA il soprannome “L‟ESAURITO”.45
___________________
43
V. in particolare, sul punto, il paragrafo dedicato alle dichiarazioni di AMANDINI.
L‟episodio presenta significative somiglianze a quello della presentazione, sempre ad opera di PAPALIA DOMENICO,
del MORABITO a DE STEFANO PAOLO: v., al riguardo, il capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione
dell‟omicidio dell‟avvocato LABATE. Ancora una volta il PAPALIA appare protagonista di una presentazione e,
soprattutto, di una contestuale raccomandazione al MORABITO di “mettersi a disposizione”.
45
Circa lo stretto sodalizio esistente fra il TRICHILO ed il NIRTA, vedansi, infra, le considerazioni svolte nel paragrafo
dedicato alla disamina della posizione del predetto NIRTA, compresi i riferimenti alle intercettazioni telefoniche
direttamente o indirettamente riguardanti i due soggetti. E‟ qui interessante richiamare la telefonata del 25.4.77, in cui
TRICHILO informava INZAGHI che “L‟ESAURITO” aveva chiesto di rintracciare “IL BARONE”, nonchè la telefonata del
9.5.77, in cui la moglie di INZAGHI avvertiva LUVARA che aveva chiamato “L‟ESAURITO”, il quale desiderava essere
richiamato alle ore 23,20.
Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 23.1.96 i verbali delle dichiarazioni dibattimentali del TRICHILO nel processo innanzi
al Tribunale di Milano conclusosi con la già citata sentenza del 6.3.79. Da tali verbali - acquisiti ex ART. 238/1 c.p.p. con
ordinanza del 7.2.96 si ricava che in quella sede il TRICHILO ebbe a dichiarare testualmente a proposito
dell‟”ESAURITO”.”ESAURITO, perchè per me è veramente un esaurito mentale”. Il TRICHILO concluse quelle
dichiarazioni affermando che “ESAURITO” e “COMPARE ANTONIO” erano la stessa persona.
44
509
Questo era, dunque, il personaggio in ordine al quale nella mente del MORABITO prese a farsi
sempre più consistente il sospetto che fosse all‟origine degli arresti del 24 maggio: arresti che posero il
predetto MORABITO e gli altri del tutto al di fuori dalla sfera di gestione delle fasi delle ulteriori
trattative per il pagamento dei riscatti con riferimento ai sequestri di GALLI e di SCALARI.
Le rilevazioni di MORABITO: l‟ulteriore fase della gestione del sequestro e della spartizione del
riscatto.
Dopo gli arresti del 24 maggio 1977, il MORABITO non ebbe più modo di seguire gli sviluppi
delle successive fasi del sequestro del GALLI. Egli ha riferito (1010) che, in seguito all‟arresto - nel
luglio „77 - di AMANDINI MICHELE, che svolgeva il ruolo di “telefonista”, subentrarono nella
gestione del sequestro PAPALIA ROCCO, CATANZARITI AGOSTINO,46 PERRE GIUSEPPE (“U
MAISTRO”), BARBARO GIUSEPPE (“U NIGRU”) e GRILLO MICHELE.
Ha spiegato MORABITO che ebbe modo di constatare direttamente l‟avvenuta partecipazione
del PAPALIA ROCCO, perchè, quando egli era ancora detenuto, suo fratello ANTONIO venne
avvicinato dal PAPALIA, che gli disse di avere del denaro da dare a SAVERIO; il MORABITO,
appreso ciò dal fratello, capì subito che si trattava del denaro proveniente dai sequestri, anche perchè
non vi era nessun‟altra ragione che giustificasse la dazione di denaro da parte del PAPALIA, che
notoriamente non era solito fare regali. Qualche tempo dopo, il predetto PAPALIA consegnò al fratello
di MORABITO la somma di 30 milioni di lire. Il predetto MORABITO ha riferito (1019) che, avendo
egli ritenuto estremamente esigua tale somma ed essendosene doluto prima col MOLLUSO e poi con lo
stesso PAPALIA ROCCO, quest‟ultimo
__________________________
46
Il MORABITO ha fatto presente di non sapere con quale ruolo il CATANZARITI partecipò a tale fase successiva,
precisando che l‟intervento del predetto fu dovuto al fatto che era amico di PAPALIA ROCCO e di AMANTE PIETRO.
510
aveva cercato di rabbonirlo, adducendo inizialmente pretestuose esigenze di solidarietà nei confronti
degli amici del paese; gli aveva poi fatto osservare che poteva ritenersi comunque soddisfatto perchè il
denaro datogli era stato già “pulito”.
Il MORABITO fatto presente di non aver mai saputo quali somme in realtà fossero state
incassate per il sequestro del GALLI e per quello dello SCALARI e di aver appreso dai giornali che il
riscatto per il primo era stato di 200 milioni e quello per il secondo di 850 milioni: cifre in base alle
quali il MORABITO ha indicato che a lui sarebbe dovuta spettare la quota di 80 milioni. Sul punto ha,
invero, spiegato che era consuetudine suddividere gli importi dei riscatti rispettando determinate
aliquote: 30% al gruppo dei rapitori, 30% ai custodi, 30% ai gestori delle trattative, con il restante 10%
destinato a pagare le spese e gestito dai predetti responsabili delle trattative.
Quanto al riciclaggio del denaro, MORABITO ha riferito (1022) che questo era stato “ripulito”
da AMANTE ANTONINO, noto nell‟ambiente come “TONINO BALLERINO”.47 Ha aggiunto che ad
INZAGHI furono dati solo due milioni dal “principale”, SERGI SAVERIO,48 e che al MUSCIO non fu
dato alcunchè, anche perchè costui aveva trattato solo col MOLLUSO - unitamente allo stesso
MORABITO - e non già con i soggetti che avevano portato a conclusione la gestione del sequestro.
Le dichiarazioni di INZAGHI
INZAGHI MARIO ha riferito che l‟ingresso dei suoi amici nel settore dei sequestri di persona si
verificò a ridosso del
_________________________
47
In ordine a siffatta attività di riciclaggio di AMANTE ANTONIO appaiono significative le risultanze degli accertamenti
bancari eseguiti dal Centro DIA di Milano, in ordine alle quali ha riferito (1419) al dibattimento l‟ispettore GALLO sul punto
va integralmente qui richiamato quanto specificamente evidenziato al riguardo nel capitolo relativo al sequestro di SCALARI
GIUSEPPE.
48
La circostanza è stata confermata anche da INZAGHI v. sul punto infra
511
periodo - novembre 76 - in cui avvenne l‟omicidio del D‟AGOSTINO49 ed ha aggiunto (5605) che a
prendere inizialmente in mano tale attività erano stati il NIRTA, il TRICHILO, il PAPALIA ROCCO e
che poi erano arrivati CATANZARITI e MOLLUSO. Secondo l‟INZAGHI (5597), PAPALIA
DOMENICO - che alcune volte si fermava a casa sua - si recava solo sporadicamente a Milano, perchè
all‟epoca viveva a Roma. Lo stesso INZAGHI ha spiegato di non ricordare d‟aver mai sentito il
PAPALIA DOMENICO parlare, durante le sue presenze a Milano, di sequestri di persona e tuttavia, a
suo avviso, il predetto doveva comunque essere al corrente di tutto ; ha aggiunto (5607) al riguardo di
non escludere d‟avere qualche volta sentito qualcuno affermare la necessità di consultare il PAPALIA
DOMENICO.
Ha altresì riferito l‟INZAGHI che il NIRTA ed il TRICHILO frequentavano assiduamente casa
sua, precisando di aver ivi ospitato la moglie del TRICHILO per qualche settimana ed aggiungendo che
qualche volta anche il NIRTA si era fermato a dormire da lui; ha ricordato (5610) inoltre che sia il
TRICHILO che il NIRTA avevano fatto grande uso del suo telefono e che, da quanto qualche volta gli
era capito di ascoltare, aveva avuto la sensazione che parlassero di interessi comuni nell‟attività dei
sequestri.
A dire dell‟INZAGHI, mentre si stava organizzando il sequestro di SCALARI, si verificò una
battuta d‟arresto e fu inserito il progetto del sequestro di GALLI: a suo avviso, poichè nel sequestro di
SCALARI non era stata prevista la presenza di gente di PLATI‟, dal paese erano giunte insistenti
lamentele al MOLLUSO il quale fu così costretto ad organizzare un altro “lavoro”, onde consentire la
partecipazione ad un sequestro anche agli amici di PLATI‟. INZAGHI ha ancora riferito (5554) di aver
appreso dal MOLLUSO che il basista, colui che aveva dato “la dritta” era stato MUSCIO, ma non ha
escluso di averne parlato direttamente con lo stesso, precisando di aver saputo che il predetto MUSCIO
era legato al GALLI da qualche vincolo di parentela.
________________________________
49
Nell‟interrogatorio reso il 16.12.93, in fase di indagini preliminari, INZAGHI ha spiegato di aver sentito per la prima volta
il MOLLUSO ed il PAPALIA DOMENICO parlare di sequestri di persona con altri calabresi e in occasione di uno dei suoi
viaggi a Roma, in epoca a ridosso, appunto dell‟assassino del D‟AGOSTINO. Fu in quel periodo che INZAGHI, a suo dire
(5539), trasportò a Roma un‟auto di grassa cilindrata, da utilizzare per il sequestro di PENTERIANI.
512
Gli ulteriori elementi di cognizione specificamente forniti da INZAGHI in ordine al sequestro
del GALLI si articolano nei seguenti termini:
- egli non prese parte all‟azione materiale del rapimento, ma fornì ai suoi amici un appoggio esterno,
consistito nell‟aver messo loro a disposizione l‟utilizzo del proprio telefono nonchè la propria abitazione
di via Copernico 19, per le riunioni del gruppo, e nell‟essersi adoperato per procurare l‟auto “Alfetta”
servita per il sequestro e le armi, che a sua volta aveva ritirato dal SARCONE SALVATORE50 o dal
SEGHEZZI ALESSANDRO;
___________________________
50
Cfr. - in ordine all‟apporto fornito da INZAGHI durante la fase preparatoria del sequestro - l‟intercettazione della
conversazione telefonica del 25.4.77, in cui INZAGHI chiedeva a LA RUFFA IGNAZIO una vettura rubata di grossa
cilindrata, nonchè la telefonata del 2.5.77, in cui il predetto INZAGHI, parlando con LUVARA‟, discuteva di “quell‟Alfetta”.
Sul reperimento delle armi, si vedano, in particolare, la telefonata del 25.4.77 in cui INZAGHI, conversando con
MOLLUSO, gli riferiva di aver presso di sè “quello dei giocattoli” ed i due discutevano su dove portarli; la telefonata del
3.5.77, intercorsa fra INZAGHI e MOLLUSO, nella quale si faceva specifico riferimento al procacciamento “ di due
piccole”, ossia due pistole; la telefonata del 2.5.77 fra LUVARA‟ E salvatore -verosimilmente SARCONE - dalla quale
risulta che quest‟ultimo poteva procurare “una 22 lungo”. Mette conto rimarcare che al dibattimento l‟INZAGHI ha spiegato
(5558) che il termine “giocattoli” si riferiva precisamente alle armi.
In ordine ai quotidiani rapporti intrattenuti da INZAGHI con i vari componenti del gruppo (TRICHILO, MOLLUSO,
LUVARA‟, NIRTA, AMANDINI, MORABITO, etc.) sia nella fase antecedente il sequestro sia nella fase successiva
appaiono emblematiche le numerose intercettazioni di conversazioni telefoniche intercorse fra il 22.4.77 ed il 22.5.77 (tutte
in vol. 109, pagg. 53 e segg.). In particolare, si vedano la telefonata del 29.4.77 fra INZAGHI e TRICHILO, in cui si faceva
riferimento alla necessità di “incontrarsi tutti quanti per prendere la decisione”, la telefonata del 9.5.77 (ad ore 8,26) in cui
MORABITO (verosimilmente dopo aver trascorso la notte nel box , di essere andato a casa di DELLA ROCCA, dirimpettaio
di MOLLUSO e di averi pranzato con GRILLO e BARBARO); la telefonata del 10.5.77, in cui LUVARA‟ sollecitava
INZAGHI a leggere “l‟ultimo libro”, verosimilmente riferendosi all‟ultima edizione del quotidiano del pomeriggio (cfr.
rapp. giudi. del 30.5.77, in vol. 108) che riportava un‟intervista al vice-capo della Polizia, nel corso della quale si affermava
che gli investigatori conoscevano i nomi degli autori del sequestro di GALLI nello stesso giorno INZAGHI telefonava
all‟AMANDINI e gli accennava alla vicenda “dell‟ultimo libro”, ricevendo assicurazione dal suo interlocutore che avrebbe
provveduto subito a comprarlo, la conversazione telefonica del 9.5.77 in cui TRICHILO annunciava a LUVARA‟ che, dopo
la telefonata da AMANDINI, sarebbe andato a verificare una determinata
513
- apprese le modalità di attuazione del rapimento dal racconto fattogli da MOLLUSO e da MORABITO,
i quali gli riferirono che a partecipare al prelievo dell‟ostaggio erano sta in cinque, giacchè con loro
avevano operato CATANZARITI, GRILLO ed un altro calabrese (5559);
- gli fu riferito della resistenza opposta dal GALLI, mentre veniva spinto a viva forza nell‟auto, e della
conseguente deformazione dello sportello posteriore della vettura, conseguenza che lo stesso INZAGHI
potè constatare de visu, allorchè si occupò di ritirare l‟auto per distruggerla: “C‟era la portiera che era
tutta svirgolata, che era fuori di una spanna”,51 tanto da far pensare che il GALLI dovesse essersi
dimenato “come un pazzo, per combinare un danno del genere, cioè stortare un piantone”;
- ancora da MOLLUSO e MORABITO apprese che CATANZARITI aveva esploso alcuni colpi di
pistola e poi era stato rimproverato per aver fatto inutile uso delle armi (5564); seppe altresì da
MORABITO che MOLLUSO si era dato alla fuga per timore di essere riconosciuto;
- ebbe ad accompagnare il “TELEFONISTA” AMANDINI in alcune occasioni nelle quali dal predetto
vennero effettuate delle telefonate alla famiglia del rapito, ma non ascoltò mai il contenuto delle stesse
(5566);52
- gli fu raccontato da MOLLUSO e MORABITO che i box utilizzati per i sequestri di GALLI e di
SCALARI erano due, distanti fra loro circa un chilometro: uno in piazza Negrelli e l‟altro vicino al
ristorante Rugantino, sulla strada del Naviglio in direzione di Corsico (5567);
________________________________
situazione relativa ad uno spostamento il tenore di tale conversazione appare significativo, correlando la stessa alle
dichiarazioni rese dal GALLI in ordine ai vari spostamenti subiti (v. verb. d‟interrogatorio del 30.7.77 in vol. 108 P.M. pag.
362).
51
Cfr. i rilievi fotografici della vettura ritrovata in via Merula, lungo il Naviglio (in vol. 108 P.M. pag. 243).
52
La circostanza è stata pienamente confermata (6370) da AMANDINI, le cui dichiarazioni sono illustrate infra.
514
- ancora da MORABITO apprese che, dopo gli arresti del 24 maggio, erano subentrati nella gestione
della fase finale del sequestro PAPALIA ROCCO e CATANZARITI; seppe altresì che per GALLI
erano stati incassati 200 milioni e per SCALARI 800 milioni: a lui venne data - da SERGI
SAVERIO, “il principale”, che la definì “un fiore per te” - l‟esigua somma di due milioni, che in realtà
rappresentò solo una partecipazione alle ingenti spese telefoniche sostenute nella vicenda (5585).
- Quanto al NIRTA, INZAGHI lo ha indicato (5611) come persona influente ed autoritaria, cui
tutti in qualche modo sottostavano, ed ha descritto i rapporti di totale sudditanza nei suoi confronti del
TRICHILO, che era solito chiamarlo “COMPARE ANTONIO”. L‟INZAGHI ha affermato (5576) di
essersi molto stupito del fatto che numero telefonate fatte dal NIRTA sulla sua utenza, mentre questa era
sotto controllo, non figuravano fra quelle intercettate; ha aggiunto che, allorchè i diversi interlocutori
chiamavano al telefono il NIRTA, chiedeva sempre dell‟”ESAURITO”, giacchè il predetto NIRTA era
nel loro ambiente conosciuto con tale soprannome o con quello di “due nasi”.53
L‟INZAGHI ha altresì riferito dei sospetti che si nutrivano sul NIRTA circa il suo ruolo di
confidente dei Carabinieri ed in particolare del capitano DELFINO; ha ricordato (5578), in proposito, di
essere stato una sera a Baggio, nel locale “punta dell‟ovest”, in compagnia di PAPALIA ROCCO,
MORABITO, MOLLUSO e CATANZARITI, e di aver dai predetti amici appreso che il titolare del
locale, tal FRATTA, li aveva informati che il NIRTA era appunto un confidente del capitano DELFINO.
Sempre a proposito di supposti rapporti di tal genere fra calabresi ed il capitano DELFINO,
INZAGHI ha altresì raccontato (5593) che un giorno, mentre accompagnava MOLLUSO da un suo
amico, tal PORTOLESI, amico a sua volta del fratello di GRILLO MICHELE nonchè dello stesso
DELFINO, sentì definire il PORTOLESI “un infame” dal MOLLUSO, perchè, a dire di questi, già
prima dei loro arresti del 24 maggio, il predetto PORTOLESI aveva saputo dal capitano DELFINO che
si stata indagando su di
_____________________________________
53
Nelle telefonate intercettate compare ripetutamente il personaggio dell‟ “ESAURITO” chiamato spesso dai componenti
del gruppo “COMPARE ANTONIO”.
515
loro e non li aveva avvertiti; il PORTOLESI avrebbe, invece, avvertito il GRILLO che i Carabinieri
erano in possesso di una sua fotografia, scattata nell‟ambito delle indagini sul sequestro di GALLI,
talchè il predetto GRILLO, grazie a tale avvertimento, avrebbe avuto modo di sfuggire agli arresti del 24
maggio.
Le dichiarazioni di AMANDINI
AMANDINI MICHELE ha diffusamente spiegato al dibattimento termini, tempi e modalità del
suo ingresso nell‟attività dei sequestri di persona a scopo d‟estorsione, riferendo, in particolare, quanto
segue:
- il suo amico LA ROSA ANTONIO ebbe occasione di parlargli - erano gli anni 75/76 - dei suoi
rapporti di cordialità a Roma con l‟avvocato BARBETTI e con monsignor PACE, nonchè di un ufficio
romano gestito dal BARBETTI ed adiancente all‟appartamento del predetto monsignore; 54 il LA ROSA
gli offrì congiuntamente la possibilità di servirsi di tale ufficio per trattare i suoi affari a Roma, cosa che
effettivamente avvenne dopo che AMANDINI ebbe conosciuto il citato avvocato BARBETTI (6306);
- nell‟ufficio romano de quo il LA ROSA presentò nel 76 PAPALIA DOMENICO ad AMANDINI, il
quale lo rincontrò ancora un paio di volte in quel luogo ed in seguito lo rivide, sempre a Roma, in un bar
di piazza Cavour (6313); fu il PAPALIA a presentare a Roma il TRICHILO ed il D‟AGOSTINO
all‟AMANDINI; 55
- egli seguitò ad incontrare frequentemente a Roma i predetti ed in particolare il PAPALIA, dal quale
acquistò una “Range Rover” e col
________________________________
54
A pag. 59 del vol. n. 4 è riprodotta la copia del biglietto da visita intestato a monsignor PACE EUGENIO e nell‟agenda
sequestrata ad AMANDINI (in vol. 4 pag. 174) compare anche il numero telefonico del predetto monsignore alla voce
“ESARC”
55
AMANDINI ha precisato (6334) che il TRICHILO era in una posizione di totale sudditanza nei confronti del
D‟AGOSTINO, mentre quest‟ultimo ed il PAPALIA DOMENICO avevano un rapporto pantano.
516
quale trattò una partita di brillanti di provenienza furtiva (6315); in tale contesto fece conoscere il suo
amico DISCEPOLO ROLAND al predetto PAPALIA, il quale propose loro di “lavorare” nel campo dei
sequestri, delle estorsioni, delle rapine (6320); il DISCEPOLO si mostrò favorevole alla proposta e
suggerì di rapire tal PENTERIANI, facoltoso imprenditore romano operante nel settore avicolo, noto
appunto come “re dei polli”, 56 all‟esecuzione del sequestro non partecipò l‟AMANDINI, il quale, però,
nell‟estate del 76 - a sequestro avvenuto - ricevette dal PAPALIA un regalo di dieci milioni, per avergli
fatto conoscere il DISCEPOLO (6326);57
- agli inizi del 77 egli apprese dalla stampa la notizia della morte del D‟AGOSTINO ed in quello stesso
periodo gli fu richiesto da PAPALIA DOMENICO se avesse potuto procurargli a Milano un locale dove
ricevere alcune persone, talchè egli gli offrì la disponibilità del proprio ufficio di viale Cirene, che
divideva con il suo socio BRENICCI SAVINO; in realtà l‟incontro indetto da PAPALIA non si tenne
poi nel predetto ufficio ma nella vicinissima sartoria di tal D‟URSO, cui AMANDINI chiese il favore di
ospitare i tanti partecipanti alla riunione, presentatisi in numero largamente superiore alle tre o quattro
persone delle quali gli aveva parlato il PAPALIA; solo successivamente AMANDINI apprese dal
predetto che la ragione di quell‟incontro era quella di convincere i parenti del defunto D‟AGOSTINO
che non era PAPALIA il responsabile dell‟assassinio del loro congiunto: dalle parole di costui, peraltro,
AMANDINI comprese che doveva essere stato proprio lui l‟esecutore materiale di tale omicidio (6341);
- Dopo l‟incontro di viale Cirene - nel quale AMANDINI conobbe MORABITO,
MOLLUSO - il PAPALIA DOMENICO
58
NIRTA,
_________________________________
56
Emerge dagli atti del sequestro di PENTERIANI (in vol. 175) che effettivamente per tale delitto venne inquisito il
TRICHILO: sul punto cfr. anche la deposizione dibattimentale dell‟ispettore GALLO (16049).
57
AMANDINI ha precisato che i dieci milioni gli furono consegnati al termine di un pranzo in un ristorante fuori Roma e
che in quella occasione il PAPALIA gli presentò il fratello di DE STEFANO PAOLO, GIORGIO il quale era tra i
commensali.
58
Occorre tener presente che MORABITO uscì dal carcere il 10 febbraio 77 e che PAPALIA DOMENICO venne arrestato
l‟8 marzo 77 talchè quella riunione venne tenuta nell‟arco di tempo compreso fra le due date AMANDINI ha peraltro riferito
(6831) che la proposta di partecipare ad un sequestro da parte del PAPALIA gli venne fatta qualche giorno dopo quella
riunione e che il PAPALIA venne arrestato a distanza di circa venti giorni dalla riunione stessa. L‟ AMANDINI, alla
domanda del
517
si recò altre colte a trovare l‟AMANDINI in tale ufficio ed anche nel bar vicino al garage di via
Dolomiti, ritrovo abituale del predetto AMANDINI: in uno di tali incontri il PAPALIA gli chiese, alla
presenza del TRICHILO, se fosse interessato a partecipare ad un sequestro che stavano progettando e gli
spiegò che, in caso di accettazione, avrebbe dovuto far capo al TRICHILO (6344).59
Con riferimento specifico al sequestro di GALLI ANGELO, AMANDINI ha dichiarato che fu il
MOLLUSO a prospettare l‟idea di effettuare, prima ancora dell‟attuazione del sequestro di SCALARI,
un altro rapimento, perché bisognava accontentare “quelli di giù”, molto risentiti per la loro esclusione
dai progetti di sequestri che si stavano organizzando al nord. Secondo AMANDINI (6356), il
TRICHILO non si mostrò entusiasta all‟idea del MOLLUSO di inserire nei programmi un nuovo
sequestro, mentre si stava lavorando alla preparazione di quello in danno di SCALARI: il MOLLUSO
comunque riuscì a convincere il predetto TRICHILO. Le riunioni preparatorie si tennero
prevalentemente in casa di INZAGHI o di TRICHILO PAPALIA DOMENICO venne arrestato nel
marzo 77, prima ancora, dunque, che i sequestri di GALLI e di SCALARI venissero realizzati.
Ha riferito(6374-6377) AMANDINI che NIRTA ANTONIO seguì le vicende relative alla
realizzazione dei due sequestri e che ebbe frequenti contatti con lui, facendosi vedere spesso in viale
Cirene e facendosi sentire telefonicamente - anche attraverso un apparecchio “cercapersone” di cui
l‟AMANDINI in quel periodo faceva uso - per parlare di questioni attinenti ai sequestri stessi.60 Il
predetto AMANDINI ha spiegato di non aver
______________________________________________________________________
P.M. se la proposta attenesse ad un sequestro o genericamente ad un‟attività di sequestri ha testualmente risposto(6344) “No,
un sequestro, All‟epoca, si. All‟epoca mi pare che era un sequestro”.
59
Verosimilmente il progetto cui si riferiva il PAPALIA riguardava il sequestro di SCALARI, giacche anche AMANDINI ha
confermato le asserzioni di MORABITO e INZAGHI circa il fato che il progetto del sequestro di GALLI venne proposto dal
MOLLUSO, mentre erano già in corso, appunto, i preparativi del sequestro di SCALARI.
60
AMANDINI HA SPECIFICATO(6375) che allorché vi furono tali telefonate, i sequestri erano già stati eseguiti, talché egli
col NIRTA ebbe occasione di fare, in sostanza, qualche accenno, “qualche sfumatura” avendo peraltro, già stabilito un
rapporto
diretto
col
TRICHILO
che
gli
impartiva
le
istruzioni.
518
mai ricevuto direttamente istruzioni dal NIRTA - i cui primi incontri con lui risalivano al marzo 77 - di
averlo incontrato in una riunione in casa di LUVARA „61 e di non averlo più rivisto dopo la
realizzazione dei due sequestri, confermando(6407) che il personaggio era noto con i soprannomi di
“due nasi” e “l‟esaurito” e che in prosieguo si diffusero i sospetti che fosse un confidente dl capitano
DELFINO.
A proposito dell‟iter del sequestro di GALLI ANGELO, AMANDINI ha, ancora, riferito quanto
segue:
- da MORABITO e MOLLUSO apprese successivamente in carcere che alla fase materiale del
rapimento aveva partecipato anche CATANZARITI (6370);
- era solito riferire il contenuto delle telefonate ad INZAGHI, ma anche a MOLLUSO e MORABITO,
affinché informassero il TRICHILO, che impartiva abitualmente le disposizioni alle quali egli doveva
attenersi nell‟effettuare le telefonate stesse; secondo AMANDINI, il TRICHILO, a sua volta, rendeva
conto a PAPALIA DOMENICO, ancorché quest‟ultimo fosse in quel periodo detenuto; i contatti col
PAPALIA venivano tenuti tramite la sua donna, DONATO BRUNA, che AMANDINI aveva
conosciuto a Roma, dove gli era stata presentata come giornalista e proprietaria di un supermercato
(6372);
______________________________________________________________________
61
In tale riunione nell‟abitazione del LUVARA‟ in via Tolstoj, il NIRTA a dire dell‟AMANDINI(6355), aveva ascoltato
attentamente
ed
aveva
fornito
dei
suggerimenti.
519
- dopo gli arresti del 24 maggio rimase privo di interlocutori, ai quali riferire il contenuto delle
telefonare fatte alla famiglia del rapito, e conseguentemente privo di istruzioni che di volta in volta gli
venivano fornire dai suoi amici; un giorno venne contattato da PAPALIA ROCCO e da
CATANZARITI, i quali andarono a trovarlo presso il garage62 di via Dolomiti63 e gli chiesero tutte le
______________________________________________________________________
62
Sulla assidua presenza di AMANDINI presso il garage ed il bar di via Dolomiti, cfr. anche quanto dichiarato(7551) dal
teste GUIDETTI.
63
Occorre evidenziare che AMANDINI al dibattimento, rispondendo alle domande di talune difese, ha collocato
temporalmente l‟incontro con PAPALIA ROCCO e CATANZARITI AGOSTINO in via Dolomiti a circa una settimana dal
“blitz” del 24 maggio. Se si confronta tale riferimento temporale con le inequivocabili dichiarazioni rese dallo stesso
AMANDINI in fase di indagini preliminari si comprende agevolmente come il riferimento temporale con le inequivocabili
dichiarazioni rese dallo stesso AMANDINI in fase di indagini preliminari, si comprende agevolmente come il riferimento de
quo sia il frutto di una imprecisione, Ed invero nell‟interrogatorio reso al P.M. il 17.12.93 AMANDINI ebbe a dichiarare
testualmente “Per i sequestri GALLI e SCALARI intrattenni, fino al mio arresto, stabili contatti con le famiglie dei
sequestrati”; nel successivo interrogatorio al P.M. del 18.1.94 l‟AMANDINI precisò ancora: “...finche fui in libertà, cioè fino
al luglio 77, so che fu pagata una sola tranche e cioè mezzo miliardo...per il sequestro di SCALARI, il pagamento della prima
tranche del riscatto, indicando ai familiari anche il luogo della consegna una zona dalle parti della tangenziale, nei pressi
dell‟imbocco della Milano-Genova...”. Dunque l‟AMANDINI rimase operativo nel suo ruolo almeno fino a tale data e che
dunque il passaggio di mano al PAPALIA ed al CATANZARITI avvenne dopo il pagamento della prima tranche del
riscatto, indicando ai familiari anche il luogo del pagamento. Poichè risulta dagli atti che tale prima tranche fu pagata il
1.7.77, deve necessariamente ritenersi che AMANDINI rimase operativo nel suo ruolo almeno fino a tale data e che dunque
il passaggio di mano al PAPALIA ed al CATANZARITI avvenne dopo il pagamento della prima tranche. E del resto, una
conferma sulla circostanza che il telefonista fu sempre la stessa persona fino ai primi di luglio è inequivocabilmente
rinvenibile nelle dichiarazioni del colonnello SCIBONA, che all‟epoca seguì le indagini e che ha ribadito(7624) al
dibattimento - cfr., più diffusamente, infra - quanto già indicato nei rapporti a sua firma acquisiti agli atti, ossia che la voce
del telefonista, fino all‟arresto AMANDINI seguitò a svolgere il ruolo di telefonista fino ai primi di luglio, non potè
incontrare PAPALIA e CATANZARITI in via Dolomiti dopo una settimana circa dal 24 maggio: ed invero, se in
quell‟incontro comunicò tutte le coordinate informative atte a far proseguire al PAPALIA i contatti con la famiglia, ciò
avvenne non prima dell‟inizio di luglio, avendo egli stesso spiegato e ribadito nelle indagini preliminari di aver seguito il
pagamento della prima tranche, avvenuto appunto il 1.7.77 L‟AMANDINI, dunque, è stato certamente impreciso nel
riferimento temporale indicato al dibattimento, anche perchè PAPALIA ROCCO fu detenuto fino al 23 giugno 77 e dunque
l‟incontro di via Dolomiti non potè comunque avvenire ad una settimana di distanza dagli arresti del 24 maggio. E‟ possibile,
peraltro, che AMANDINI abbia operato una confusione mnemonica fra gli arresti del 24 maggio e l‟arresto di UGONE del 2
luglio un avvenimento, questo che colpì particolarmente l‟AMANDINI¸ poichè, infatti, il predetto UGONE venne trovato in
possesso di 50 milioni provenienti dal riscatto di SCALARI, AMANDINI:decise di allontanarsi subito da Milano,
immaginando
che
gli
investigatori
presto
sarebbero
potuti
arrivare
a
lui.
Resta
da
520
coordinate informative per poter proseguire le trattative con la famiglia dell‟ostaggio, facendogli capire
che la situazione era ormai nelle loro mani:64 AMANDINI conunicò loro i numeri di telefono in suo
possesso nonchè il nome in codice che usava per farsi riconoscere e da quel momento furono i predetti
ad occuparsi prevalentemente della trattativa(6380);
- egli non seppe con precisione l‟ammontare delle somme incassate per i riscatti dei due sequestri e
ritenne che per SCALARI, dopo il versamento di una prima tranche di 500 milioni, avesse potuto
esservi una seconda tranche e che per GALLI l‟entità del riscatto potesse essere stata analoga; egli
ricevette la complessiva somma di 80 milioni per entrambi i sequestri: prima ancora del suo attesto
avvenuto il 17 luglio 77, incassò 30 milioni, che gli furono consegnati - confezionati in banconote “
fascettate”della Banca popolare di Abbiategrasso65 - dal PAPALIA ROCCO e dal CATANZARITI,
mentre altri 20 milioni gli vennero consegnati, dopo la scarcerazione, dallo stesso PAPALIA ROCCO
nella pasticceria “Biffi” di piazzale Baracca (6382); parte del denaro della prima tranche venne utilizzata
da AMANDINI per far fronte
______________________________________________________________________
aggiungere che anche il teste BOVIO, che trattò per telefono il pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI, ha
riferito che fino a tale pagamento, avvenuto appunto il 1.7.77, ebbe a trattare al telefono sempre con la medesima persona; lo
stesso BOVIO ha dichiarato che, invece, per il pagamento della seconda tranche, trattò con una diversa persona (cfr. sul
punto, quanto evidenziato in dettaglio al capitolo che segue): il che conferma ulteriormente la scansione temporale dinanzi
delineata.
64
Ha precisato (6363) sul punto AMANDINI che, secondo quanto gli disse specificamente il PAPALIA, “da quel momento
doveva far capo a loro, che avevano loro la situazione in mano”.
65
Cfr. gli atti relativi (in vol. 110. pagg. 1-132) all‟arresto di AMANDINI, al rinvenimento nel suo borsello di banconote per un importo di 1.790.000 lire - recanti la fascetta della Banca popolare di Abbiategrasso ed alle risultanze degli
accertamenti bancari illustrate(14019) al dibattimento dall‟ispettore GALLO. Mette conto qui evidenziare che la prima
tranche del riscatto di SCALARI, pari a 500 milioni, venne versata il 1.7.77 e che il denaro dato ad AMANDINI faceva
probabilmente parte di banconote consegnate dalla banca Popolare di Abbiategrasso in data 4 luglio ad AMANTE
ANTONINO, che svolse il ruolo di riciclatore del denaro del riscatto: cfr. al riguardo il capitolo che segue. Deve altresì
sottolinearsi che il ricordo dell‟AMANDINI appare preciso quando PAPALIA gli effettuò, dopo la scarcerazione, la seconda
consegna di 20 milioni, non c‟era CATANZARITI fu detenuto dal gennaio al novembre di quell‟anno
521
all‟acquisto di una “Ferrari”,66 essendogli stato detto che si trattava di denaro “pulito”, che poteva essere
speso liberamente (6384).
In ordine alla partecipazione di AMANTE PIETRO, AMANDINI ha riferito(6390) di sapere che
il predetto prese parte ad uno dei due sequestri, ma di non essere in grado di specificare a quale e con
quale ruolo: egli ebbe ad incontrarlo in casa del LUVARA‟ in via Tolstoj, dopo che i due sequestri
erano già avvenuti.
L‟AMANDINI ha, infine, ricordato(6387), a conferma del fatto che in quel periodo storico il
gruppo era fortemente dedito all‟attività dei sequestri di persona, che, contemporaneamente ai sequestri
di GALLI e di SCALARI, su proposta di TRIPODI PIETRO, intimo amico di PAPALIA DOMENICO,
si progettò anche di rapire un industriale di Abano Terme, proprietario di uno zuccherificio; il basista
era il cognato del TRIPODI, tale OSCAR, che viveva appunto ad Abano, e furono fatti dei sopralluoghi
sul posto dallo stesso AMANDINI, in compagnia di INZAGHI e di DISCEPOLO, ma poi il progetto
sfumò.67
Le deposizioni testimoniali
GALBIATI RITA, vedova GALLI, ha dichiarato al dibattimento di avere spesso avuto occasione
di vedere il MUSCIO______________________________________________________________________
66
Il teste ZANETTI LUIGI, concessionario d‟auto che vendette la “Ferrari” ad AMANDINI, ha confermato(7506) di aver
all‟epoca ricevuto 7 milioni di lire in banconote recanti la fascetta di una banca di cui non ha ricordato il nome.
67
Tale progetto di sequestro ad Abano Terme risulta confermato anche dalle dichiarazioni(5581) di INZAGHI e riscontrato
dal contenuto di talune conversazioni telefoniche intercettate, quali: quella del 25.4.77, ad ore 9.15, fra TRIPODI ed
INZAGHI, che veniva chiamato dal primo per fissare un appuntamento presso la casa di suo cognato, quella del 26.4.77, ad
ore 13.00, fra INZAGHI e TRIPODI, che concordavano un appuntamento alla stazione di Ferrara, in termini dai quali
emergeva che dovevano recarsi a Padova, quella del 4.5.77, ad ore 14.00, tra AMANDINI ed INZAGHI, che si riferivano ad
un‟operazione
da
farsi
con
“ROLAND”
e
PIETRO
ed
il
cognato
di
questi,
OSCAR.
522
il quale pure non era mai stato a casa sua - giacchè costui era solito frequentare una sua parente, tale
BERTOLETTI CESIRA, che aveva la casa sul suo stesso cortile. 68 La teste ha riferito(7359-7403) che
probabilmente il MUSCIO aveva sposato una parente indiretta di suo cognato, aggiungendo che il
marito GALLI ANGELO lo conosceva bene fin da ragazzo, perché erano vissuto nello stesso paese, pur
non essendo amici; del resto, il predetto MUSCIO - che tutti in paese usavano chiamare con il
soprannome “il Brescia”69 - aveva una reputazione non buona e la stampa aveva avuto modo di
occuparsi più volte delle sue vicende.
Durante il periodo del sequestro del marito, la GALBIATI notò che il MUSCIO veniva più
spesso a trovare i parenti, perché evidentemente attingeva notizie dalla zia, che rea solita frequentare la
predetta GALBIATI e ricevere le sue confidenze. In quell‟arco di tempo la teste ricevette la telefonata di
un ufficiale dei Carabinieri, il capitano SCIBONA, il quale ricevuta risposta affermativa alla domanda
se conoscesse un certo “Brescia”, le disse: “almeno non la saluti più questa persona”.
Circa l‟iter del sequestro, la vedova GALLI ha fatto presente che i rapitori telefonavano non già
a casa sua, bensì in casa di amici quali il dottor COLOMBO ed il dottor BELLI: peraltro, dopo le prime
due o tre telefonate, non si fecero sentire più per circa quaranta giorni; dopo aver ripreso i contatti
telefonici, le trattative vennero concluse in una decina di giorni. La richiesta iniziale di riscatto fu di tre
miliardi, ma la somma effettivamente pagata fu di 170 milioni, della cui consegna ebbe, ad occuparsi il
cognato BARTEZAGHI GIORGIO. Dopo la liberazione, il marito riferì che i suoi rapitori erano
meridionali. Secondo quanto dichiarato(7373) dalla teste, l‟acquisto della cascina pagata un miliardo era
stato fatto, molti anni addietro, da suo suocero, che poi l‟aveva rivenduta.
CATTANEO ALESSANDRO ha riferito di essere stato presente sul posto all‟atto del rapimento
del GALLI: era l‟orario di
______________________________________________________________________
68
L‟ispettore GALLO ha confermato(16050), sulla base degli accertamenti espletati, che il cortile della cascina abitata dalla
famiglia GALLI era attiguo alla casa di BERTOLETTI ALDINA.
69
Ha spiegato la GALBIATI che gli stessi parenti del MUSCIO che abitavano vicino a lei usavano chiamarlo “Brescia”
523
chiusura dei campi da tennis, intorno alle ore 19,30, ed il GALLI, uscito insieme con il teste, si stava
dirigendo verso la sua vettura. Il CATTANEO sentì alcune grida e, giratosi versi il GALLI, si accorse
che due individui lo avevano aggredito e lo stavano trascinando in un‟auto poco distante da essi. A dire
del teste (7378), una terza persona, armata di pistola, lo minacciò e nel contempo esplose un colpo di
arma da fuoco in aria: mentre la vettura si allontanava, il soggetto armato seguitò ad esplodere altri colpi
di pistola. 70 Il CATTANEO ha spiegato (7381) che rilevò la presenza di tre rapitori più l‟autista ed ha
precisato (7384) che erano tutti a volto scoperto: 71 all‟epoca egli fornì anche il numero di targa dell‟
“Alfetta” sulla quale era stato portato via il GALLI.72
BARTEZAGHI GIORGIO, cognato del GALLI, tenne i contatti con i rapitori negli ultimi
quindici giorni prima della liberazione ed in quel periodo ricevette due o tre telefonate al giorno da un
soggetto che, a suo dire (7391), aveva sempre la stessa voce. Ha riferito (7394) il teste che fu lui a
consegnare il riscatto, al termine di un percorso organizzato come “una specie di caccia al tesoro”: di
volta in volta gli fecero trovare in un cestino dei rifiuti un messaggio contenente le indicazioni della
meta successiva, fino a quando gli fu ordinato di lasciare il pacco contenente il denaro in un‟auto
parcheggiata nei pressi di piazza Miani.
ZANETTI LUIGI, concessionario d‟auto che vendette la “Ferrari” ad AMANDINI, riferito
(7506) di aver ricevuto, in parziale pagamento di tale vettura, sette milioni di lire in contanti,
_______________________
70
Dal verbale di sopralluogo dei Carabinieri dell‟8.5.77 (in vol. 108 P.M., pag. 5) risulta che sul posto vennero rinvenuti
quattro bossoli calibro 7,65 e due bossoli calibro 45.
71
La descrizione di taluni aspetti somatici di uno dei sequestratori è contenuta nel verbale di dichiarazioni rese il 9.5.77 a
Carabinieri da SOLAZZO GUIDO. Il predetto, indicato nella lista testi del P.M., non è stato sentito in dibattimento per
impedimento a comparire, talché si è disposta, con ordinanza del 7.2.96, l‟acquisizione della sua deposizione istruttoria,
prodotta dal P.M. il 23.1.96: da essa risulta che il teste vide l‟auto dei rapitori allontanarsi a luci spente, sentì l‟esplosione dei
colpi d‟arma da fuoco ed osservò sul sedile posteriore della vettura uno dei sequestratori che aveva in mano qualcosa di
simile ad una pistola e che venne da lui descritto: “con capelli lisci ed un ciuffo che scendeva sulla fronte i capelli erano
molto attaccati alla testa, tanto da apparire anche abbastanza lucidi”.
72
Cfr. il verbale di dichiarazioni rese dal teste CATTANEO in data X.5.77 (in già cit. produz. P.M. del 23.1.96, acquisite con
ord. del 7.2.96) utilizzato a fini contestativi.
524
precisamente in banconote che recavano ancora le fascette della banca di provenienza.
BRENICCI SAVINO, sentito al dibattito ex art. 210 c.p.p., ha riferito di essere stato inquisito
ed arrestato il 24 maggio 77, nell‟ambito delle indagini relative ai sequestri di GALLI e di SCALARI, e
di essere stato prosciolto in istruttoria; ha altresì dichiarato (7520) di aver avuto nel 77 un ufficio in
viale Cirene 14 a Milano, che era stato frequentato da AMANDINI, da lui conosciuto nei primi mesi di
quello stesso anno. Secondo quanto evidenziato (7520) dal BRENICCI, AMANDINI aveva subito preso
a fare un uso frequentissimo del suo telefono ed a ricevere in ufficio molti suoi amici, anch‟essi
utilizzatori di tale telefono, come emerse poi dalle intercettazioni di numerose telefonate effettuate su
tale utenza. Il BRENICCI ha escluso di aver avuto rapporti societari o comunque d‟affari con
AMANDINI. 73
Ha rappresentato il predetto BRENICCI che il suo ufficio era frequentato dal suo amico LA
ROSA GIOVANNI, divenuto poi anche amico di AMANDINI, dei fratelli PAPALIA DOMENICO e
ROCCO - che vi si recavano per incontrare appunto il LA ROSA e l‟AMANDINI - nonchè dal
MORABITO. Il BRENICCI ha altresì fatto presente di aver conosciuto il MOLLUSO in carcere a
Piacenza, dopo gli arresti del maggio 77, 74 e di non aver mai conosciuto il NIRTA ed il TRICHILO.
____________________
73
A fronte di siffatta dichiarazione, il P.M. ha proceduto alla contestazione di numerose affermazioni in senso contrario
fatte dal BRENICCI negli interrogatori resi il 26.5.77, il 12.7.77 ed il 9.5.94: da siffatte affermazioni emerge, invero, che fu
concordata con l‟AMANDINI una suddivisione delle spese di gestione dell‟ufficio di viale Cirene e che tale impegno sarebbe
stato rispettato dal predetto AMANDINI, secondo quanto dichiarato dal BRENICCI nel maggio 94, fino a 15 giorni prima di
tale data. Il BRENICCI, peraltro, nel corso del concitato esame dibattimentale (si vedano i relativi verbali dell‟udienza del
16.1.96) ha ammesso (75533), ancorché in termini di probabilità di essersi lamentato con AMANDINI perché aveva
convocato nel suo ufficio alcune persone che poi furono dirottate in un altro locale: ha aggiunto che spesso effettivamente si
lamentava perché il suo ufficio era diventato “un porto di mare” era sempre “ pieno di persone” che frequentavano il locale
anche in sua assenza.
74
Emerge, invece, dall‟interrogatorio del 26 maggio 77 (in succit. produz. del P.M. del 23.1.96) che il BRENICCI aveva
riconosciuto in fotografia MOLLUSO , INZAGHI e MORABITO e che aveva dichiarato averli visti frequentare il suo
ufficio.
525
Sulla vicenda della riunione (il summit) di viale Cirene - che, secondo l‟AMANDINI, non fu
possibile tenere nell‟ufficio del BRENICCI a causa delle lamentele del predetto per l‟alto numero dei
convenuti - il BRENICCI, rispondendo al P.M., ha dichiarato (7533) di ritenere probabile che egli si
fosse lamentato con AMANDINI per la presenza di più persone convocate presso il suo ufficio e che
queste fossero state poi dirottate in altri locali. In sede di controesame, peraltro, lo stesso BRENICCI,
rispondendo alla difesa del NIRTA, ha dichiarato che non si trattò di un incontro fra tante persone,
giacché i convenuti erano 5 o 6, e che comunque accadeva spesso che il suo ufficio si trasformasse in
luogo di abituale ritrovo per gli amici di AMANDINI; ha aggiunto (7544) al riguardo che, poiché il suo
ufficio “ era sempre pieno”, in seguito, per evitare tutto ciò, decise di licenziare anche le dipendenti e di
occuparsi personalmente della chiusura dell‟ufficio stesso non oltre le ore 18,30.
SCIBONA GIUSEPPE, all‟epoca capitano dei Carabinieri, ha riferito (7580)75 e che, nel corso
delle indagini effettuate a seguito del sequestro di LAZZARONI PAOLO del 22 marzo 77, si
acquisirono significativi elementi a carico di un determinato gruppo di soggetti, fra i quali MUIA‟,
MORABITO, LUVARA‟, MOLLUSO, TRICHILO, INZAGHI, SERGI SAVERIO, SEGHEZZI
ALESSANDRO: siffatti elementi scaturivano, in particolare, da una intensa attività di p.g., scandita, fra
l‟altro, da sistematici pedinamenti e da numerose intercettazioni telefoniche, dalle quali emerse che il
gruppo di persone oggetto delle investigazioni stava organizzando altri sequestri di persone,
effettettivamente poi verificatisi in danno di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE. Le
indagini avevano tratto impulso da una informazione di fonte segreta del capitano DELFINO, cui era
stato segnalato che i responsabili del sequestro di ) al riguardo che il predetto LAZZARONI andavano
ricercati fra MUIA‟ e coloro che gravitavano nella sua aerea. Il teste ha riferito (7585) al riguardo che il
predetto capitano DELFINO, da poco giunto a MILANO, già in precedenza era intervenuto nel contesto
delle indagini in atto presso il capoluogo lombardo sul sequestro di ALBERGHINI, determinando la
liberazione dell‟ostaggio.
_________________
73
Il teste ha confermato (7642) puntualmente tutti i rapporti acquisiti in atti (in vol. 108. pagg. 1 e segg.) a sua firma, fra i
quali quelli 9,27 e 30 maggio 1977.
526
L‟ufficiale ha fatto presente che, ascoltando le intercettazioni delle conversazioni telefoniche, gli
investigatori rilevarono che INZAGHI e MORABITO si erano accorti di essere pedinati e, facendo
riferimento al MOLLUSO, lo definivano un “malato”, perché seguito dalla “madama”.76 Il teste ha, in
particolare, ricordato (7591) l‟allarme destato dal contenuto di una conversazione telefonica del 13 o 14
maggio - intercettata sull‟utenza del DELLA ROCCA - nella quale MORABITO avvisava LUVARA‟
che il “lunedì sarebbero andati sul cantiere”, talché il capitano DELFINO si recò ad avvertire di tanto
il Procuratore della Repubblica, delineandosi la probabile imminenza di un altro sequestro: SCIBONA
non ha peraltro ricordato (7596) per quali ragioni non venne deciso un intervento operativo per evitare
l‟attuazione del sequestro, che, in realtà, si verificò proprio il 16 maggio in danno dello SCALARI. Si
decise, peraltro, di intervenire il 24 maggio con una serie di perquisizioni e circa 20 arresti, allorché, da
una telefonata intercorsa fra il TRICHILO e NERI ANTONIO, 77 gli investigatori ebbero modo di
ascoltare che quest‟ultimo riferiva che “il padre stava male ed aveva bisogno di medicine”, talché si
comprese che i due stavano parlando di un ostaggio con problemi di salute.
Il teste SCIBONA ha ricordato (7602) che, mentre veniva sentito il TRICHILO dopo gli arresti,
il capitano DELFINO chiese a lui un foglio che era stato sequestrato al predetto TRICHILO e gli disse
di eseguire degli accertamenti su un numero annotato a mano sul foglio stesso: “Pos” o “Dos” “230048
VINO FILIPPO”; il prefisso era 031, lo stesso emerso in una telefonata fatta da LUVARA a TRICHILO
il 18 maggio. Dagli accertamenti eseguiti e dalla “decodificazione” di tale numero emerse che era quello
di SAPIENZA FILIPPO, in casa del quale venne ritrovato il sequestrato RIMOLDI.78
___________________________
76
Le telefonate nelle quali si fa riferimento al MOLLUSO seguito dagli “angeli custodi” e dalla “madama” sono
precisamente quelle del 29.4.77, intercorse fra INZAGHI e TRICHILO ed INZAGHI e LUVARA‟: in vol. 109, pagg. 197 e
199.
77
Cfr. la telefonata intercorsa il 20.5.77 fra il TRICHILO ed il NERI (in vol: 109). Lo stesso SCALARI ebbe a riferire,
nelle dichiarazioni rese il 30.7.77, dei suoi problemi di salute e dei medicinali procuratigli dai rapitori.
78
Cfr. cit. vol. 108 P.M. pag. 65, che riporta il foglio sequestrato al TRICHILO
527
A proposito del NIRTA, SCIBONA ha riferito /7606) che dalle telefonate intercettate il
personaggio dell‟”esaurito” appariva sicuramente “di buon spessore”, “di spicco”, ben collegato ai
soggetti al centro delle indagini e peraltro gli investigatori non riuscirono ad identificarlo, almeno fino a
quando il teste restò a dirigere il nucleo operativo dei Carabinieri di Milano; circa un anno dopo, quando
gli aveva appunto già lasciato tale ufficio, seppe dal capitano MANGO che l‟”esaurito” era stato
identificato in NIRTA ANTONIO.
L‟ufficiale ha, ancora, riferito (7614-7616) di aver assistito personalmente, in piazza Napoli a
Milano, ad un incontro cui presero parte LUVARA‟, TRICHILO, UGONE e DE GREGORIO,
precisando che detto incontro era stato preannunciato in una telefonata intercorsa fra TRICHILO e
LUVARA‟:79 dal tenore delle conversazioni intercettate emergeva anche che in casa LUVARA‟
venivano tenute frequenti riunioni del gruppo e che ad esse partecipavano INZAGHI, MORABITO,
MOLLUSO e tale TONI. Gli operatori che lavoravano all‟elaborazione degli elementi di cognizione
emergenti dalle intercettazioni telefoniche si resero anche conto che il ruolo di telefonista nei sequestri
di GALLI e di SCALARI era svolto da tale “MICHEL”, poi identificato in AMANDINI MICHELE.
Ha dichiarato il teste che, già dopo il pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI (1
luglio 77), AMANDINI interruppe la sua attività di telefonista: ciò avvenne, dunque, ben prima
dell‟arresto del 17 luglio, precisamente ai primi di luglio, subito dopo l‟arresto di UGONE. 80 Ed invero
gli operatori che seguivano le telefonate ebbero la precisa sensazione che la voce del telefonista, in
entrambi i sequestri, fosse cambiata, giacché anche per il sequestro di SCALARI era avvenuta la stessa
cosa dopo l‟arresto del DI GREGORIO: le voci dei soggetti subentrati nel ruolo di telefonista non
vennero, peraltro, mai identificate. In casa
______________________
79
Cfr. la telefonata del 17.5.77, in cui TRICHILO e LUVARA‟ facevano riferimento ad un appuntamento alle ore 16.00
presso il cinema Ducale di piazza Napoli.
80
In effetti il 2 luglio 77 venne arrestato UGONE SALVATORE, nella cui casa furono rinvenute banconote provenienti dal
riscatto di SCALARI nonché la macchina da scrivere con la quale erano state redatte le lettere inviate alla famiglia del
predetto. Per gli accertamenti peritali eseguiti all‟epoca su tale macchina da scrivere, v. cit. vol 108, pag. 322 e segg.
528
del TRICHILO, arrestato il 24 maggio, venne rinvenuto uno scritto firmato da tal “MICO” o
“MIMMO”, 81 la cui paternità il teste ha riferito (7626) essere stata all‟epoca attribuita dagli
investigatori a PAPALIA DOMENICO, 82 in quanto nello scritto si faceva riferimento a fatti romani e
soprattutto a qualcosa che doveva essere fatto a Roma.
In relazione al sequestro di SCALARI, il teste SCIBONA ha spiegato 83 che la segretaria del
predetto, INVERNIZZI FRANCA, dopo gli arresti del 24 maggio, si recò negli uffici del Nucleo
investigativo dei Carabinieri, recando con sé un foglio di giornale su cui era riprodotta la fotografia del
TRICHILO, e dichiarò di aver visto l‟uomo ivi effigiato, qualche giorno prima del sequestro, nei pressi
dello stabilimento farmaceutico dello SCALARI.
Il teste ha, infine, rappresentato (7638-7641) che, all‟epoca delle indagini, gli investigatori
avevano maturato la convinzione che nel settore dei sequestri di persona operassero due distinti gruppi:
uno di calabresi, responsabili dei sequestri di LAZZARONI e GALLI, l‟altro di siciliani, responsabili
del sequestro SCALARI, effettuato a Trezzano sul Naviglio, località ritenuta appunto dagli inquirenti
specifica area operativa dei siciliani: esponente di spicco di questi ultimi era UGONE SALVATORE,
mentre il TRICHILO lo era dei calabresi ed il LUVARA‟ costituiva l‟anello di cognizione dei due
gruppi.
Il maresciallo dei Carabinieri TOMEO CARMELO, componente fin dal 72 della sezione del
Nucleo operativo di Milano, ha riferito (7969-7972) di aver preso parte alle operazioni che portarono
alla liberazione del sequestrato ALBERGHINI, precisando che vi fu l‟intervento del capitano DELFINO
, il quale - all‟epoca non ancora comandante del Nucleo di Milano - era venuto a conoscenza della
parola d‟ordine usata dai
____________________
81
In vol.109, pag. 1-4.
82
Si trattava di una missiva indirizzata al TRICHILO (in vol. 109, pag. 1), della quale è menzione infra, nel paragrafo
dedicato alla disamina della posizione di PAPALIA DOMENICO.
83
SCIBONA ha, così pienamente confermato le dichiarazioni dibattimentali al riguardo della teste INVERNIZZI
FRANCA: v. al riguardo, nel capitolo relativo al sequestro di SCALARI GIUSEPPE, il paragrafo delle testimonianze
dibattimentali.
529
rapitori per accedere al luogo dove era custodito l‟ostaggio, talchè si potè giungere alla liberazione dello
stesso: l‟arresto, peraltro, di tal FABIANO FRANCESCO, custode dell‟ALBERGHINI, venne
effettuato in casa di SERGI SAVERIO, personaggio implicato in diversi altri sequestri e conosciuto
come “il principale”.
Il teste ha spiegato che il suo compito era quello di eseguire appostamenti e pedinamenti nonchè
di individuare i luoghi frequentati dai soggetti indagati, come il cosiddetto “bar dei SERGI” in via
Donatello a Corsico, il bar di via Salma, il locale “Punta dell‟ovest” a Baggio, gestito dalla famiglia
MAMMOLITI; ha aggiunto di non aver effettuato servizi specifici riguardanti gli imputati dei sequestri
di GALLI e di SCALARI e di aver solo tenuto sotto controllo la casa del LUVARA‟, in via Tolstoj a
Milano, precisando (7989) che, in sostanza, il suo lavoro era consistito nello sviluppare
investigativamente i dati emergenti dalle intercettazioni telefoniche e nel riferire le relative risultanze
durante le quotidiane riunioni tenute al Nucleo con i colleghi che seguivano le operazioni di
intercettazione.
Il maresciallo TOMEO ha altresì riferito di aver avuto contatti con i suoi cilleghi di Lecce, in
occasione dell‟arresto di AMANDINI, ed ha ricordato che erano state rinvenute banconote recanti la
fascetta della Banca popolare di Abbiategrasso e che egli si era occupato direttamente degli accertamenti
presso il concessionario ZANETTI, il quale, com‟è noto, aveva venduto la “Ferrari” al predetto
AMANDINI.
Con riferimento al sequestro di SCALARI, il teste ha dichiarato (7994-7999) di aver svolto le
indagini relative alle estorsioni subite dallo SCALARI dopo la liberazione, precisando che fu
individuato il soggetto che da Platì faceva le telefonate estorsive e che venne arrestato proprio nel corso
dell‟effettuazione di una di esse: si trattava di tale SPINELLI ANTONIO, nativo di Seminara, il quale
dichiarò di essere solo un esecutore di ordini, impartitigli da un suo parente, tale TRIPEPI, che viveva a
Milano.
In ordine al personaggio che veniva indicato come l‟”esaurito”, il maresciallo TOMEO ha
riferito (8006-8035) che al Nucleo si erano resi conto trattarsi di una persona che contava
530
molto nell‟ambito del gruppo e si erano convinti che vivesse fuori Milano, ma non erano riusciti ad
identificarlo: solo in seguito , intorno al 1979-80, il teste seppe dal capitano MANGO che l‟”esaurito”
era stato identificato in NIRTA ANTONIO.
Il capitano dei carabinieri MANGO GIOVANNI ha spiegato al dibattimento di aver preso
servizio presso il Nucleo operativo dei Carabinieri di Milano, subentrando al capitano SCIBONA, nel
luglio 77, quando erano ancora in corso le indagini sui sequestri di GALLI e di SCALARI, e di essere
rimasto al predetto Nucleo fino all‟ottobre 81; ha quindi riferito (8563) di aver preso parte direttamente
agli arresti di UGONE e DI GREGORIO , precisando che l‟arresto del primo non fu legato al
pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI ma avvenne casualmente, poichè il predetto
UGONE era entrato in un bar di piazza Miani, tenuto da giorni sotto controllo dei Carabinieri, ed era sta
riconosciuto da un appuntato: nella perquisizione fatta in casa dell‟UGONE vennero rinvenuti soldi
provenienti dal riscatto di SCALARI ed una pistola; all‟arresto del DI GREGORIO si pervenne, invece,
seguendo i figli della sua convivente, tale SCALTRITTI.
Il teste MANGO ha ricordato (8569-8570) che dalle intercettazioni telefoniche l‟”esaurito”
emergeva come soggetto avente una posizione importante nel gruppo, ancorchè non si delineasse un suo
ruolo specifico nell‟ambito dei sequestri; ha, inoltre, fatto presente di non aver mai saputo, finchè lavorò
a quelle indagini, che l‟”esaurito” si identificava in NIRTA ANTONIO, escludendo di aver comunicato
al maresciallo TOMEO o ad altri colleghi siffatta identificazione ed osservando sul punto che, ove gli
fosse stata resa tale circostanza, la stessa sarebbe venuta in pari tempo a conoscenza del predetto
TOMEO, che lavorava insieme con lui.
Il capitano MANGO ha infine riferito (6574) che nell‟ambito delle indagini sui sequestri di
GALLI e di SCALARI venne riscontrata la presenza di uno degli AMANTE, ma non ha ricordato con
precisione di
chi
si
trattasse, facendo presente che
forse era ANTONINO.
531
Il capitano dei Carabinieri BALBONI GIOVANNI ha dichiarato 11303-11311) di aver
comandato la compagnia di Pontecorvo dal 92 al 95 e di essere stato, in tale veste, destinatario di una
richiesta, inoltrata al Centro DIA di Milano, di accertamenti in ordine al periodo di soggiorno obbligato
trascorso da NIRTA ANTONIO a Pico. Il teste ha spiegato che durante tale il NIRTA fu anche
denunciato per allontanamento arbitrario dal luogo di soggiorno obbligato. Ha riferito, inoltre, il teste
che i Carabinieri di Pico avevano segnalato in passato che il NIRTA era stato visto il 12 maggio 73 in
compagnia di persone che si muovevano a bordo di una “Lamborghini” di proprietà di tal BARBINO
DOMENICO, risultato successivamente implicato nelle indagini che il sequestro di PAUL GETTY JR.,
rapito nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1973, e che lo stesso NIRTA appariva essersi allontanato
arbitrariamente da Pico proprio la mattina del 9 luglio 73, per farvi ritorno il 4 giugno 74.
Il teste TRIOLO CARMELO ha dichiarato di aver conosciuto il NIRTA quando questi era stato
inviato a Pico in soggiorno obbligato, riferendo che il predetto frequentava anche l‟abitazione dei
genitori di sua moglie - all‟epoca fidanzata - e che almeno in un paio di occasioni fu egli stesso a
ricevere in casa dei futuri suoceri telefanate da parte di qualcuno che chiedeva del NIRTA: a cercarlo
era una voce femminile, che si qualificava come moglie del predetto NIRTA. Il teste ha precisato che il
prefisso telefonico per chiamare Pico era o776 e che il numero telefonico dei suoceri era il 544109;84 ha,
infine, fatto presente che il NIRTA era conosciuto da tutti, perchè aveva instaurato rapporti cordiali con
la gente del paese, peraltro molto piccolo.
CARNEVALE PALMINA, moglie del TRIOLO, ha confermato che il NIRTA era conosciuto da
tutti in paese, precisando che abitava a circa cinquanta metri da casa sua; ha
_________________
Il teste ha fatto presente di non ricordare se all‟epoca il numero dei suoceri fosse invece il 54109. Orbene, mette conto
richiamare la telefonata del 17.05.77 ad ore 20.11, intercorsa fra il NIRTA e la moglie di INZAGHI, cui il predetto NIRTA
comunicava il numero telefonico 54109, con preghiera di farlo richiamare alle ore 22.30 al prefisso che il marito già
conosceva, alle ore 23.24 dello stesso giorno, peraltro, LUVARA‟ RENATO, chiamava il NIRTA al numero 0776/54109 cfr.
per un quadro completo al riguardo. Le specifiche considerazioni riportate infra. nel paragrafo avente ad oggetto la disamina
della
posizione
del
NIRTA.
532
aggiunto (11367) essere il numero di telefono della sua famiglia il 544109, escludendo che nel 77
potesse essere stato il 54109 e sostenendo che non erano mai intervenute modifiche nel tempo85. La teste
ha negato che il NIRTA fosse solito frequentare casa sua, escludendo altresì che lo stesso facesse uso
del suo telefono; il P.M. le ha peraltro contestato le difformi dichiarazioni rese il 2.3.94, allorchè aveva
affermato che il suo numero telefonico era il 54109, che il NIRTA aveva frequentato in alcune occasioni
casa sua e che non escludeva aver il predetto talvolta usato il suo apparecchio telefonico: a seguito di tali
contestazioni, la CARNEVALE ha fatto presente (11371) che il NIRTA poteva essersi recato a casa dei
suoi genitori quando lei era assente e così, in tali occasioni, poteva aver fatto uso del loro telefono. Con
riferimento, poi, alle conversazioni telefoniche intercettate sulla sua utenza nel 77 e riguardanti i
riferimenti all‟”esaurito” ed a “compare ANTONIO”, la teste, alla richiesta di chiarimenti rivoltale dal
P.M. ha osservato (11375) di aver molti amici e parenti di nome ANTONIO, che all‟epoca potevano
essere stati menzionati nel corso di telefonate transitate sulla sua utenza.
LAURO GIACOMO ha riferito (12387-12397) di essere stato nel 79/80, unitamente a
SARACENO NINO, compagno di cella del NIRTA, a Reggio Calabria ed ha aggiunto che tutti
sapevano che il predetto NIRTA era confidente del capitano DELFINO e che era stato l‟artefice
dell‟arresto di PALAMARA MINNO per un sequestro di persona (quello di BELLOLI). Un giorno il
PALAMARA chiese nel carcere il permesso di poter uccidere il NIRTA, ma DE STEFANO PAOLO,
anch‟egli detenuto in quel periodo, non concesse l‟autorizzazione, per rispetto dello zio del NIRTA;
intanto la notizia dell‟intento di eliminare il NIRTA si era diffusa nel carcere, tanto che il predetto
NIRTA ritenne opportuno lasciare immediatamente la cella in cui era e, fingendosi pazzo, riuscì a farsi
ricoverare prima in infermeria e poi a raggiungere il fratello BRUNO ed i cugini, che erano detenuti
nella
________________________
85 Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 18.9.96 un documento della Telecom attestante che a Pico dal 24.11.92 a tutti i numeri
telefonici era stato aggiunto un “4” ciò a dimostrazione del fatto che nel 77 il numero in questione era contrariamente a
quanto indicato dalla teste - il 54109, proprio quello, cioè, cui si faceva specifico riferimento nel corso delle telefonate
intercettate.
533
sezione “Camerotti”86. A dire del LAURO, il NIRTA era stato presente nel novembre 77 all‟omicidio di
DE STEFANO GIORGIO, allorchè il SURACE PEPPE aveva sparato a costui alle spalle; lo stesso
NIRTA era, però, così influente e temuta che nessuno avrebbe mai pensato di eliminarne un componente
senza l‟approvazione di qualcuno della famiglia stessa,
BARRECA FILIPPO ha riferito (12249-12253) che negli anni 70 NIRTA ANTONIO aveva il
controllo della gestione dei sequestri di persona e rappresentava la famiglia NIRTA, di storiche
tradizioni nella “ndrangheta”. Il BARRECA, quando era detenuto unitamente a VOTTARI Giovanni,87
aveva saputo da questi che il NIRTA era confidente del capitano DELFINO e gli forniva notizie per
fargli liberare i sequestrati, in modo da poter beneficiare di favori e di compensi in denaro.
ZAGARI ANTONIO ha riferito (12696-12703))88 di aver trascorso nel 78 un periodo di comune
detenzione nel carcere di S. Vittore, a Milanp, con i tre calabresi arrestati dal carabinieri del capitano
DELFINO mentre stavano ritirando il riscatto del sequestro di BELLOLI: uno di essi, tale RUGOLINO
GIUSEPPE, gli raccontò di essere certo della delazione di NIRTA ANTONIO, perchè il percorso che
avrebbero dovuto fare per ritirare il riscatto era stato da loro concordato solo con il NIRTA; il
RUGOLINO aggiunse inoltre che, quando era stato condotto nella sede dei Carabinieri di via Moscova,
subito dopo l‟arresto, aveva sentito la voce del NIRTA, che parlava in un‟altra stanza con DELFINO, e
lo aveva anche intravisto mentre si spostava da un ufficio all‟altro. Ha precisato lo ZAGARI che
RUGOLINO gli raccontò tali circostanze per consentirli di informare suo padre ZAGARI GIACOMO,
che in quel periodo era in stretto contratto col NIRTA per la gestione dei
__________________
L‟ispettore GALLO ha confermato (16051) il periodo di comune detenzione trascorso nel carcere di Reggio Calabria, da
LAURO, DE STEFANO PAOLO, NIRTA ANTONIO e NIRTA BRUNO; ha confermato altresì di aver accertato che al
predetto NIRTA ANTONIO in data 8.5.79 fu diagnosticata una cefalea, con prescrizione di trasferimento presso il centro
clinico di Messina, cosa che avvenne il 10.6.79.
L‟ispettore GALLO ha riferito (16051) essere stato accertato che il BARRECA ed il VOTTARI furono entrambi detenuti nel
carcere di Messina dal 5.5.81 al 29.6.81
Lo ZAGARI ha congiuntamente evidenziato di aver riportato le circostanze riferite anche in un memoriale consegnato nel 93
al
P.M.
SPATARO
534
sequestri di persona. ZAGARI ha, ancora, riferito che il NIRTA si comportava in un modo strano e che
tutti lo subivano perchè era esponente della “leggendaria famiglia NIRTA”: proprio a causa del suo
comportamento, il predetto era noto con il soprannome “l‟esaurito” già negli anni 80.
La posizione degli imputati; MORABITO ed INZAGHI
Premesso che degli imputati che hanno reso piena confessione, sono chiamati a rispondere in
questa sede i soli MORABITO ed INZAGHI, giacchè l‟AMANDINI è già stato giudicato separatamente
con rito abbreviato 89, in ordine ai predetti occorre osservare sinteticamente quanto segue.
Il MORABITO ha confessato di aver avuto un ruolo di primo piano nella esecuzione del
rapimento del GALLI: ruolo comprensivo delle operazioni di pianificazione e sviluppo del progetto,
nonchè della partecipazione in prima persona nell‟apprensione materiale dell‟ostaggio. Orbene, il
racconto che MORABITO ha fatto di tali operazioni e dei relativi dettagli risulta, all‟esito del vaglio
dibattimentale, supportato da una imponente serie di riscontri oggettivi: dalla parte avuta dal basista
MUSCIO alias “Brescia” - uso a fornire “dritte”90 - alla ricostruzione effettuata dagli investigatori, sulla
base delle risultanze di P.G., delle modalità con le quali il GALLI venne sequestrato; dalla genesi e dalle
motivazioni del progetto delittuoso alla effettiva partecipazione degli “amici di Platì”, dal ruolo di
AMANDINI alle modalità di conclusione delle vicende del sequestro, con il subentro del PAPALIA
ROCCO e del CATANZARITI per colmare i vuoti fatti dagli arresti del 24 maggio, l‟incasso del
riscatto, la “ripulitura” del denaro e così via.
_________________
Cfr la relativa sentenza del GIP di Milano in data 13.10.94 depositata in data 11.03.95 (prod. del P.M. del 28.3.95 acquisite
con ordinanza del 13.4.95)
V.
nel
paragrafo
che
segue
le
dichiarazioni
al
riguardo
di
CIULLA
SALVATORE.
535
Le rivelazioni del MORABITO si configurano precisamente - per la qualità e quantità degli
elementi di riscontro che le sorreggono - come il portato di un soggetto che partecipò in primissima
persona al rapimento del GALLI: ed è sintomatico - ancorchè nulla sostanzialmente aggiunga alla
concludenza degli elementi acquisiti ed alla significatività del quadro complessivo - il fatto che nessuna
voce abbia oggettivamente potuto contestare al dibattimento l‟effettività della partecipazione del
MORABITO al sequestro in questione. Al contrario, le rivelazioni del MORABITO sono state
pienamente confermate dai contenuti delle dichiarazioni di INZAGHI, anch‟egli confesso sulla
partecipazione al sequestro, ancorchè in un ruolo più defilato rispetto a quello dell‟amico MORABITO:
il ruolo, di supporto, di chi mise a disposizione degli organizzatori la propria casa e la propria utenza
telefonica svolse attiva opera di raccordo e di collegamento, fornì l‟auto e le armi da utilizzare per le
operazioni di rapimento.
La massa dei dati di riscontro al racconto del MORABITO emergente dalle dichiarazioni di
INZAGHI è tale, tanta e tanto significativa da elidere in radice ogni profilo di perplessità sull‟effettivo
ruolo avuto dall‟INZAGHI nell‟economia della vicenda. Solo, infatti, un soggetto direttamente
coinvolto nell‟organizzazione e nell‟attuazione del sequestro poteva essere al corrente di una massa
siffatta di elementi di cognizione: tanto più che questi risultano accordarsi perfettamente al complesso
delle risultanze investigative a suo tempo acquisite.
Il quadro probatorio concernente i ruoli di MORABITO e di INZAGHI nel sequestro de quo è
ulteriormente ed eloquentemente integrato ed arricchito dalle rivelazioni di un‟altro soggetto che ebbe
una parte rilevante nell‟intera vicenda. Ed invero AMANDINI, nell‟ammettere a sua volta le proprie
responsabilità in ordine al sequestro del GALLI, ha fornito un resoconto dell‟iter di tale vicenda che si
correla perfettamente, su più piani, per più versi e per più direzioni al racconto del MORABITO ed alle
indicazioni di INZAGHI.
Tre diverse ed autonome fonti, dunque, hanno concordemente riferito - ciascuna in un proprio
contesto
536
confessorio - che MORABITO ed INZAGHI ebbero parte piena nella esecuzione del sequestro del
GALLI. Dall‟ampia attendibilità di tali fonti - conclamata dall‟intero quadro delle risultanze
investigativo-processuali - si avrà modo di fornire ulteriore, diffusa contezza nel paragrafo conclusivo
del presente capitolo.
La posizione degli imputati: MUSCIO
Il suo ruolo di basista, riferito dal MORABITO, appare confermato dalle dichiarazioni di
INZAGHI, che ne venne informato dallo stesso MORABITO. Ed un ulteriore riscontro, che la Corte
ritiene significativo, è agevolmente ricavabile dalle dichiarazioni dibattimentali di CIULLA
SALVATORE, il quale, all‟udienza del 21.02.96, ha riferito di conoscere il MUSCIO dall‟epoca in cui
entrambi erano dediti alle rapine, precisando che il predetto MUSCIO era quello “che dava le dritte”,
ossia il basista: proprio il ruolo, dunque, che MORABITO ed INZAGHI gli hanno attribuito nel
sequestro del GALLI.
Il predetto CIULLA alla stessa udienza ha precisato essergli stato MUSCIO noto, da sempre, col
soprannome di “Mario Brescia”. Circostanza emergente, peraltro, dalle stesse dichiarazioni della vedova
GALLI, GALBIATI RITA, e confermata dallo stesso MUSCIO al dibattimento, ancorchè lo stesso
abbia tenuto a precisare (17975) di essere stato soprannominato in tal modo solo presso l‟ippodromo di
S. Siro, dove lavorava come porta-quote.
Il racconto di MORABITO a proposito del MUSCIO risulta eloquentemente riscontrato anche in
ordine ai riferimenti sulla frequentazione della casa di GALLI e sui legami di parentela. Ed invero è
stato accertato che il MUSCIO frequentava una cascina a più alloggi, dove abitavano la famiglia GALLI
nonchè tale BARTOLETTI TONOLI CESIRA, zia del MUSCIO stesso. Quest‟ultimo ha ammesso che
frequentava
la
casa
di
tale
zia
e
la
537
vedova del GALLI ha confermato l‟intero quadro, spiegando che il MUSCIO aveva sposato una parente
del suo cognato, FELAPPI ANGELO, e che le visite del predetto MUSCIO a tali parenti si fecero più
frequenti durante il sequestro; MORABITO, dal canto suo, ha fatto presente che ebbe modo di rivedere
il MUSCIO durante le trattative, giacchè si volevano conoscere le reazioni dei familiari del sequestrato.
A proposito dell‟acquisto della cascina pagata un miliardo dal GALLI, riferito da MORABITO
per averlo appreso dal MUSCIO, deve osservarsi come la vedova del GALLI abbia fatto presente che il
marito non effettuò tale acquisto, precisando (7373), peraltro, che suo suocero, diversi anni prima del
sequestro del figlio, aveva effettivamente comperato una cascina pagata un miliardo di lire; la
GALBIATI ha altresì confermato che il marito conosceva bene il MUSCIO fin da quando erano
ragazzi.
Secondo il racconto del MORABITO, il MUSCIO non ricevette alcun compenso per il sequestro
del GALLI, giacchè, dopo gli arresti del 24 maggio, essendo finiti in carcere il predetto MORABITO ed
il MOLLUSO, egli rimase privo di interlocutori. E siffatta spiegazione fornisce una prima contezza delle
ragioni per le quali il MUSCIO non ebbe alcunchè: egli, infatti, aveva trattato con MORABITO e con
MOLLUSO e non poteva verosimilmente richiedere denaro a PAPALI ROCCO, con il quale non era
intercorsa alcuna intesa. Si aggiungano poi altre due circostanze , entrambe atte a confermare l‟assunto
del MORABITO: per un verso, gli arresti del 24 maggio causarono uno sconvolgimento dei piani dei
sequestratori e dei mutamenti sostanziali nella gestione dei sequestri in atto e, peraltro verso, i dati
informativi forniti dal MUSCIO in ordine alle condizioni economiche del GALLI si rivelarono
infondati, tanto da indurre i sequestratori ad accettare un riscatto (meno di 200 milioni di lire) assai
inferiore a quello inizialmente pianificato. Siffatto quadro complessivo spiega ampiamente, ad avviso
della Corte, la mancata corresponsione di denaro al MUSCIO per il sequestro del GALLI e toglie
effettivo fondamento all‟assunto difensivo, secondo cui dal fatto che il predetto MUSCIO non ricevette
alcun compenso deve dedursi che lo stesso non ebbe effettiva partecipazione al fatto delittuoso. Il ruolo,
invece,
del
MUSCIO
fu
indubbiamente
tutt‟altro
che
538
secondario nell‟economia del sequestro, essendo da lui venuto l‟imput fondamentale, in base al quale
venne individuato e prescelto come obiettivo il GALLI ANGELO.
La posizione degli imputati: BARBARO
MORABITO ha riferito in termini certi e circostanziati della sua partecipazione,
riferendo che il BARBARO, unitamente al GRILLO, giunse ad hoc dalla Calabria, alloggiò - essendone
, peraltro, cugino - a casa della sorella di PAPALIA , ebbe parte attiva nell‟apprensione materiale del
GALLI, pranzò il giorno successivo al sequestro con lo stesso MORABITO in casa della predetta
cugina e quindi fece ritorno in Calabria.
S‟è già avuta occasione di far menzione della intercettazione della telefonata del 29.4.77 in cui
TRICHILO diceva ad INZAGHI: “Ci dobbiamo riunire per prendere una decisione”. Ove si consideri
che il sequestro del GALLI avvenne a meno di dieci giorni di distanza, si comprenderà come appaia
probabile che la necessità di incontrarsi prospettata dal TRICHILO fosse correlata proprio alla
realizzazione di tale sequestro: un‟impresa - mette conto rammentarlo - che, secondo il racconto del
MORABITO, fu voluta da MOLLUSO, mentre erano ancora in corso i preparativi per il sequestro di
SCALARI, al solo fine di accontentare “quelli di giù” ossia gli amici di Platì, che premevano per
partecipare direttamente a tale lucroso genere di attività delittuosa. Lo stesso 29 aprile, alle ore 9,40,
LUVARA‟ telefonava ad INZAGHI, confermandogli che dovevano incontrarsi da lui e spiegandogli di
andare col MOLLUSO e di fare “un giro lungo”, essendo quest‟ultimo seguito dalla “madama”, la sera
di quel 29 aprile, alle ore 21,28 ossia dopo l‟incontro concordato, il MOLLUSO - privo, com‟è noto, di
utenza telefonica propria - riceveva una telefonata in casa DELLA ROCCA da un certo “PEPPE”, al
quale comunicava testualmente: “Facciamo tutto noi, sai come siamo combinati ..... ne hanno bisogno di
due,
se
si
possono
prendere,
hai
capito?
due,
due
539
sordi, sordi...”; nell‟occasione il MOLLUSO faceva altresì riferimento ad un garage, “dove andiamo
noialtri”.
Orbene, posti che il BARBARO era chiamato dagli amici “PEPPE BARBARO” ovvero “PEPPE
„ U NIGRU”91, appare indubbiamente fondato ipotizzare che egli fosse il “PEPPE” della telefona, cui
MOLLUSO, secondo le precedenti intese, teneva ad assicurare che avrebbero fatto tutto “loro”, ossia i
platioti, ai quali il “lavoro” era riservato: discorso che si delinea in perfetta sintonia con il racconto del
MORABITO, secondo cui il sequestro di Galli era stato voluto da MOLLUSO appunto per accontentare
gli amici di Plati.
Il successivo 5 maggio, alle ore 19,17, TRICHILO telefonava a INZAGHI e, non trovandolo,
conservava con MOLLUSO, dal quale apprendeva che “PEPPE” sarebbe arrivato l‟indomani; la sera
stessa, alle ore 21,59, il predetto MOLLUSO veniva chiamato al telefono, in casa DELLA ROCCA, da
“PEPPINO”, che gli comunicava: “Ci vediamo domani mattina... guarda che il camion sparisce..”:
siffatto riferimento al camion si configura afferente al GRILLO, notoriamente conducente del
camions,92 posto che MOLLUSO, evidentemente già sicuro dell‟arrivo del GRILLO, rispondeva
testualmente: “...che stai a dire ... se viene alle quattro...”. La sera del 6 maggio, da casa di DELLA
ROCCA - marito di PAPALIA MARIANNA, dirimpettaia di MOLLUSO - tale “compare PEPPINO”
chiamava, all‟utenza telefonica 0381/83849, tale MISITI, comunicandogli di trovarsi a Corsico ed
accennandogli ad una faccenda in ordine alla quale il MISITI osservava non essere prudente parlare per
telefono il “PEPPINO” comunicava contestualmente che non avrebbero potuto incontrarsi, avendo egli
impegni con della gente. Risulta, allora, più che ragionevole ritenere che “PEPPE” BARBARO la sera
del 6 maggio fosse già a Corsico: ed invero, se l‟interlocutore del MISITI tenne a precisare di essere a
Corsico, doveva trattarsi di un soggetto che non risiedeva abitualmente ivi; nè la circostanza risulta in
alcun modo distonica rispetto al racconto del MORABITO, che ha riferito
_____________________________
“ La circostanza emerge per più versi dalle carte processuali e comunque e stata specificamente riferita da MORABITO e da
INZAGHI.
“C.fr. le indicazioni al riguardo contenute nel paragrafo riguardante il GRILLO
540
di aver visto il BARBARO il giorno del sequestro, senza nulla precisare sulla data del suo arrivo in
Lombardia.
Tutte le intercettazioni telefoniche appaiono, dunque, in effettiva sintonia con le indicazioni del
MORABITO, il quale ha anche fatto presente, com‟è noto, che BARBARO e GRILLO ripartirono per la
Calabria il giorno dopo il sequestro: orbene, nel corso della già richiamata telefonata del 29 aprile fra il
“PEPPE” ed il MOLLUSO, costui, nell‟assicurare che il “lavoro” sarebbe stato fatto solo “da loro”,
faceva riferimento anche a qualcuno capace, che poi doveva “sparire con il treno”.
La posizione degli imputati: GRILLO
Secondo MORABITO, il GRILLO svolse il ruolo di autista e la sua partecipazione, come quella
del BARBARO, fu voluta da MOLLUSO: così, i due giunsero appositamente dalla Calabria, furono
alloggiati in casa di PAPALIA MARIANNA, parteciparono all‟apprensione materiale del GALLI e
ripartirono per la Calabria il giorno successivo al sequestro, dopo aver pranzato con lo stesso
MORABITO.
GRILLO MICHELE - nativo, come il BARBARO ed il MOLLUSO, di Plati - risulta aver
riportato, unitamente al CATANZARITI, condanna definitiva93 per il sequestro del KAUTEN,
successivo ai sequestri di GALLI e SCALARI.
Il GRILLO, per sua stessa ammissione, aveva vissuto a Corsico fino agli anni 70, abitando, in
particolare, presso CATANZARITI ANTONIO, fratello di AGOSTINO; già a quell‟epoca il GRILLO si
occupava della conduzione di camions e dunque conosceva bene la zona di Corsico e Buccinasco: egli
stesso
_______________________
V la cartella personale dell‟imputato n vol.38
541
ha ammesso tale circostanza, precisando94 altresì di essere proprietario di un camion, di aver fatto dei
viaggio a Milano fra il 70 e l‟80 e di essersi in tale occasioni fermato a Corsico, ospite di suo fratello
DOMENICO.95
S‟è già fatta specifica menzione, nel paragrafo che precede, alla telefonata intercorsa il 5 maggio,
alle ore 21,59, fra MOLLUSO e “PEPPE” ed la riferimento specificamente correlabile al GRILLO,
talchè non occorre qui ripetersi sul punto, ma solo effettuare il richiamo di caso, non senza rimarcare
che siffatto riferimento appare atteggiarsi ad ulteriore conferma del racconto di MORABITO.
Quest‟ultimo, peraltro, ha anche riferito (1043) che, nel periodo in cui era detenuto nell‟83 a Reggio
Calabria insieme con PAPALIA DOMENICO, BARBARO e GRILLO,96 ebbe a notare che quest‟ultimo
aveva uno strano comportamento, finchè un giorno disse a lui ed al PAPALIA di sapere che essi ce
l‟avevano con lui “per la storia della fotografia”; aggiunse il GRILLO di sentirsi colpevolizzato, perchè
essi dovevano aver saputo che egli era stato informato del fatto che, durante le indagini per i sequestri di
GALLI e di SCALARI, gli investigatori erano in possesso di fotografie dei soggetti ritenuti responsabili:
informazione che il GRILLO aveva tenuto per sè, pensando a porsi in salvo - tant‟è che non fu arrestato
nell‟operazione del 24 maggio - ed omettendo di avvertire il gruppo degli amici, che finirono tutti in
carcere.
Circa la fondatezza di siffatto riferimento di MORABITO si ricavano significativi elementi di
riscontro dalla dichiarazioni 97 rese in fase di indagini preliminari da DELFINO
_______________________________
94
Le richiamate ammissioni del GRILLO sono state effettuate nel corso delle indagini preliminari, non avendo il predetto
reso dichiarazioni al dibattimento i verbali dei relativi interrogatori sono stati prodotti da P.M. all‟udienza del 4.7.96 ed
acquisiti con ordinanza del 18.7.96.
95
INZAGHI, che viveva a Corsico, ha spiegato (6119) di conoscere GRILLO MICHELE e suo fratello DOMENICO: e
dunque quando egli seppe esser venuto da giù “ GRILLO MICHELE per il sequestro di GALLI recepì tale informazione
come afferente a persona a lui già nota.
“ V in vol. 38 i periodi ed i luoghi di detenzione di GRILLO MICHELE
“ Tali dichiarazioni sono state effettuate nel corso degli interrogatori resi da DELFINO il 16.10.93 e l‟11.11.93 e sono
riportate per le parti qui richiamate nel provvedimento di archiviazione del GIP (n vol 225 e n 149) infra citato
542
FRANCESCO,98 all‟epoca capitano dei Carabinieri, che ha in tale sede99 indicato la strategia utilizzata
per ottenere la liberazione del sequestro MERONI. Ha rappresentato l‟ufficiale di aver allora messo in
giro la voce, negli ambienti malavitosi di Corsico, che erano state scattate delle foto atte a coinvolgere i
fratelli GRILLO nelle indagini sui sequestri di persona: si trattava, in effetti, di un sorta di “bluff”,
attuato nella speranza di indurre i predetti fratelli ad aiutare, con qualche confidenza, gli investigatori a
liberare un sequestrato. L‟episodio fornisce contezza di come il GRILLO avesse saputo dell‟esistenza
delle foto e di come potesse aver maturato la convinzione, riferita dal MORABITO, che i suoi amici ce
l‟avessero con lui. Quel che peraltro interessa rimarcare in questa sede è che il GRILLO, in tanto poteva
tenere a spiegarsi col MORABITO e ad ottenere la comprensione, in quanto era ben consapevole di aver
partecipato con lui al sequestro del GALLI, in seguito al quale il predetto MORABITO era finito in
carcere, mentre egli era riuscito a sfuggire agli arresti: se così non fosse stato, evidentemente il GRILLO
non avrebbe avuto ragione alcuna per sentirsi in colpa verso il MORABITO e gli altri. E mette conto
congiuntamente rimarcare che il riferimento del predetto
______________________________________
98
Gli interrogatori citati alla nota precedente sono stati resi dal predetto DELFINO in qualità di indagato, con riferimento
all‟ipotesi di aver posto in essere attività volta a favorire il GRILLO MICHELE, di aver svolto nei confronti del
MORABITO attività di sollecitazione a non prestare collaborazione con l‟A.G., di aver infine omesso di impedire la
consumazione di sequestri di persona, pur in presenza di elementi di cognizione idonei prevenirla. Siffatto richiamo pur
necessariamente sintetico - non essendo stata devoluta la cognizione del caso a questa sede, in ragione dell‟iter giudiziario
della vicenda, trattata e definita separatamente - vale a dare immediata percezione dei profili di particolare delicatezza di tale
vicenda. E‟ da osservare peraltro che, alla stregua del tenore del provvedimento di archiviazione richiesto dal P.M. ed
emesso dal GIP il 25.11.94 a definizione del procedimento, gli sforzi investigativi avviati per fare la chiarezza del caso su
profili così delicati non appaiono, secondo quanto congiuntamente osservato dallo stesso P.M. e dal GIP, aver condotto
all‟acquisizione di elementi di cognizione idonei ad incrementare significativamente il quadro conoscitivo di partenza
conseguentemente il richiamato provvedimento definitorio si presenta scandito da interrogativi e aporie non minori di quelli
che avevano dato avvio al tentativo d‟approfondimento investigativo: il che, come ogni “quid” non compiutamente risolto
può lasciare naturalmente “omnibus” margini di non compiuta soddisfazione tanto più in una materia così delicata qual‟è
quella dei sequestri di persona.
99
E‟ stato acquisito agli atti il verbale di confronto effettuato il 25.1. 94 fra il DELFINO ed il GRILLO avvalsosi com‟è noto
al dibattimento della facoltà di non rispondere siffatta acquisizione comprensiva degli interrogatori resi dal GRILLO è stata
disposta cola la già citata ordinanza del 18.7.96 a seguito di produzione del P.M. all‟udienza del 4.7.96
543
MORABITO - specificamente riscontrato nei termini appena delineati dalle dichiarazioni di DELFINO attiene a circostanze che, per la loro peculiarità, egli poteva aver appreso soltanto dal GRILLO.
La difesa del GRILLO ha tenuto ad evidenziare che il GALLI, nelle dichiarazioni rese dopo la
liberazione, ebbe a descrivere l‟autista come soggetto all‟incirca ventenne, biondo e con i capelli
lunghi, mentre il GRILLO non era all‟epoca biondo: circostanza peraltro apoditticamente allegata dalla
stessa. Va specificamente osservato in proposito che il GALLI venne sentito una prima volta il 30.7.77
ed in tale occasione nulla disse dell‟autista dei sequestratori; solo nella parte finale del secondo verbale
di dichiarazioni, rese il 10.8.77, fornì le richiamate indicazioni in ordine all‟autista. E va rilevato che il
GALLI ebbe a riferire altri dettagli in termini difformi da quanto indicato dai testimoni: parlò, infatti, di
sequestratori travisati, mentre i testi CATTANEO e SOLAZZO riferirono, com‟è noto, che i rapitori
erano a viso scoperto; ancora, nelle sue prime dichiarazioni, il GALLI parlò di quattro soggetti, mentre
successivamente fece riferimento a tre sequestratori. Evidentemente, com‟è ragionevole ritenere, il
trauma vissuto non consentiva al GALLI dei ricordi precisi ed univoci, ne, d‟altra parte, può trascurarsi
la circostanza che, appena messo in auto, il predetto GALLI venne cloroformizzato, talchè l‟esatta
memorizzazione dei particolari di quei drammatici momenti risultò per lui quanto mai problematica.
Non provvisto di maggior fondamento si delinea l‟ulteriore assunto difensivo, secondo cui, se
fosse stata vera la citata storia delle foto del GRILLO, non si comprenderebbe come mai allo stesso
venne consentito di partecipare al successivo sequestro del KAUTEN: è agevole, invero, osservare al
riguardo che il predetto sequestro fu attuato nel 78, mentre la storia delle foto venne fuori solo nell‟83,
nel carcere di Reggio Calabria, per bocca dello stesso GRILLO, che intese spiegarsi con i suoi amici.
La di difesa del GRILLO ha, ancora, contestato il racconto del MORABITO, a proposito del
fatto che i sequestratori si recarono in cinque a bordo dell‟”Alfetta”, allegandone l‟inverosimiglianza,
posto che, se MOLLUSO non fosse scappato, al
544
ritorno avrebbe dovuto prender posto in sei sulla vettura compreso il GALLI, che era di costituzione
fisica robusta.
L‟osservazione non appare assistita da parametri argomentativi di valenza oggettiva, ove si consideri
che il sequestro avvenne di sera, che il tragitto da effettuare fino al box di via Negrelli era breve, che tale
percorso atteneva ad una zona non centrale a scarsamente trafficata a quell‟ora: ne deriva non doversi
affatto escludere che, in un contesto siffatto, i sequestratori potessero ragionevolmente ritenere
preferibile l‟utilizzo di una sola vettura, anche per richiamare in minor misura l‟attenzione dei passanti.
La posizione degli imputati: MOLLUSO
Il MOLLUSO fu colui che diede il via al sequestro del GALLI e che mise insieme la squadra
operativa: emblematica al riguardo risulta la più volte citata telefonata intercorsa il 29.4.77 con il
“PEPPE”.
Del centrale ruolo di MOLLUSO nell‟economia del sequestro di GALLI hanno diffusamente e
dettagliatamente riferito il MORABITO , l‟INZAGHI e l‟AMANDINI, talchè occorre qui fare integrale
richiamo delle relative dichiarazioni, che appaiono di tenore e contenuto assolutamente inequivocabile.
V‟è del resto, una convenzione telefonica intercettata, che appare costituire suggello ulteriore di
un quadro probatorio già risultante di tutta eloquenza a carico del MOLLUSO ed invero, alle 20.55
dell‟8 maggio, dopo circa un‟ora e mezzo dall‟effettuazione del sequestro, il MOLLUSO telefonò 100 a
casa DELLA ROCCA, per sapere se qualcuno l‟avesse cercato; la sua interlocutrice, dopo avergli
assicurato che non l‟aveva cercato nessuno, gli passò al telefono l‟amico SANDRO,101 cui il
______________________________________
100
C.fr. la relativa trascrizione in vol 109 pag.170
“” Si trattava di SEGHEZZI ALESSANDRO come veniva detto esplicitamente nella telefonata
545
MOLLUSO raccomandò di andare subito a prelevarlo nel punto in cui si trovava, spiegandogli
testualmente: “Vieni qui al bar dei miei paesani, sai dov‟è?... questo qui a Sant‟Adele, dove c‟è
SEBASTIANO, dove ci sono i tre gradini...vieni subito”. Il contenuto della conversazione non appare
lasciare dubbi di sorta sul fatto che quella sera MOLLUSO fosse rimasto a piedi, che sapesse che i suoi
amici potevano già averlo cercato, che avesse la necessità di rientrare al più presto. E non può escludersi
che la sua imprevista fuga dal luogo delle operazioni avesse causato delle modifiche al programma,
perchè in ipotesi era il MOLLUSO il soggetto destinato a passare la notte con l‟ostaggio ed in tale
incombente dovette essere sostituito dal MORABITO. Del resto, fu proprio il MOLLUSO a prelevare
dal box, la mattina seguente il MORABITO e ad accompagnarlo in casa di DELLA ROCCA: ivi il
MORABITO, alle ore 8.26 di quel 9 maggio, chiamò al telefono INZAGHI, dicendogli testualmente
“...da quando ti sei fatto i soldi, dormi!”: un modo scherzoso per confermare che stava andando bene la
vicenda che avrebbe fruttato un buon guadagno. E dunque il MORABITO a quell‟ora non era in casa
propria, come conferma l‟altra telefonata, già citata, pervenuta ivi da parte di qualcuno che, sentendosi
rispondere che SAVERIO non c‟era, domandava che quella mattina sarebbe rientrato.
Dei rapporti fra il MOLLUSO ed i PAPALIA vi sono amplissimi riferimenti in più punti della
presente sentenza e d‟altronde lo stesso interessato ha ammesso di conoscere i predetti fratelli fin da
ragazzi. Qui mette conto evidenziare che, come ulteriormente illustrato nel paragrafo dedicato alla
posizione di PAPALIA ROCCO, il MOLLUSO è risultato 102 essere andato a colloquio con il predetto detenuto dal 3 gennaio al 23 77 - sistematicamente 2 o 3 giorni prima dell‟effettuazione di ciascuno dei
sequestri posti in essere in quel periodo.
Le conversazioni telefoniche intercettate aventi riferimento, diretto o indiretto, alla persona del
MOLLUSO sono assai numerose e significative: essendosene peraltro fatta analitica menzione nelle
pagine che precedono, mette conto qui a richiamare
____________________
102
V. sul punto, più analiticamente infra
546
integralmente le stesse,103 non senza sottolineare la concludenza sotto il profilo della configurazione del
ruolo rilevante del MOLLUSO nell‟economia del sequestro del GALLI.
La posizione degli imputati : CATANZARITI
Il MORABITO non ha riferito della partecipazione del CATANZARITI all‟apprensione
dell‟ostaggio; ha tuttavia ripetutamente indicato la partecipazione a tale azione di una quinta persona,
spiegando di non ricordare il nome, ed ha rammentato la circostanza che qualcuno, dopo il rapimento,
venne rimproverato per aver fatto inutilmente uso delle armi, E‟ stato INZAGHI a riferire di aver
appreso in seguito che il CATANZARITI fu rimproverato per aver sparato inutilmente.
AMANDINI, oltre a parlare specificamente della partecipazione del CATANZARITI alla fase
del ritiro del riscatto, ha altresì riferito di aver appreso in carcere che il predetto CATANZARITI era
stato fra gli autori del rapimento.
Il teste SOLAZZO ha descritto le caratteristiche somatiche di uno dei sequestratori in termini che
appaiono ben attagliarsi alla foto in atti del CATANZARITI104 ed AMANDINI, dal canto suo, ha dato
in dibattimento(6400) una descrizione fisica del CATANZARITI pienamente correlabile alle
dichiarazioni del SOLAZZO ed alle caratteristiche della foto.105
___________________________________
103
E‟ utile rammentare che questo paragrafo, a titolo meramente esemplificativo, la conversazione telefonica in cui il
MOLLUSO parlava con INZAGHI delle armi e la telefonata in cui MOLLUSO concordava con BARBARO GIUSEPPE
l‟arrivo a Corsico del predetto.
104
Si tratta delle foto n.69 dell‟album n.1 risalente al 1978, allorchè il CATANZARITI venne arrestato per le vicende del
sequestro di FIOCCHI.
105
Anche l‟AMANDINI, come il SOLAZZO, ha in particolare parlato di “capelli lisci e neri”.
547
AMANDINI, com‟è noto, ha riferito del subentro di CATANZARITI e di PAPALIA ROCCO che andarono ad incontrarlo ad hoc in via Dolomiti - nella gestione del sequestro di GALLI; ha altresì
spiegato che il CATANZARITI era sempre col PAPALIA ROCCO, allorchè quest‟ultimo gli consegno i
primi 30 milioni della sua quota. E MORABITO ed INZAGHI, in quel momento detenuti, hanno, dal
canto loro concordemente riferito di aver appreso in carcere che il PAPALIA ROCCO e
CATANZARITI erano intervenuti per gestire la fase del pagamento del riscatto.
I rapporti di stretta amicizia fra il CATANZARITI e PAPALIA ROCCO erano, d‟altronde, DI
VECCHIA DATA: nel 76 i due erano insieme nella già richiamata vicenda dell‟omicidio dello
SKYLAB; a seguito di tale vicenda, il PAPALIA fu latitante fino al 3 gennaio 77, data in cui venne
arrestato: orbene, in casa del CATANZARITI furono rinvenuti la patente di guida ed altri documenti del
PAPALIA, che, non potendo tenerli con sè in quanto latitante, li aveva evidentemente lasciati in
custodia a persona di sua assoluta fiducia.
La difesa del CATANZARITI ha osservato che sul luogo del sequestro furono rinvenuti quattro
bossoli calibro 7,65 e due bossoli calibro 45, assumendo che dunque a sparare furono due armi diverse e
due persone diverse. Senonchè tale assunto non appare affatto smentire le dichiarazioni di INZAGHI il
quale non ha mai affermato che a sparare fu il solo CATANZARITI, ma ha solo riferito di aver saputo
che al CATANZARITI venne rimproverato di aver sparato inutilmente. Nulla vieta, peraltro, che a
sparare fosse stato più d‟uno ovvero che il CATANZARITI, poichè fungeva da ”palo”, avesse non una
ma due pistole: del resto lo stesso INZAGHI lo ha indicato106 come soggetto che aveva la mania per le
armi. In ogni caso, il particolare dei bossoli rinvenuti non appare in alcun modo idoneo a confutare le
dichiarazioni di INZAGHI, che trovano riscontro, come s‟è già rilevato, anche nel racconto di
MORABITO.
_____________________________
106
Nell‟interrogatorio reso in fase di indagini preliminari il 18.10.93 l‟INZAGHI ha, a proposito del CATANZARITI,
testualmente dichiarato “Lui infatti, non appena aveva occasione, tirava fuori qualche arma e si divertiva proprio a
sparare”.
548
La posizione degli imputati: PAPALIA ROCCO
Risulta che il PAPALIA ROCCO fu detenuto dal 3 gennaio 77 al 23 giugno 77, talchè egli non
potè prendere parte diretta alla realizzazione dei sequestri di GALLI E DI scalari, nella prima fase degli
stessi. Ed invero, secondo quanto spiegato da AMANDINI, PAPALIA ROCCO intervenne con
CATANZARITI, in epoca successiva agli arresti del 24 maggio, per gestire le fasi di pagamento dei due
riscatti: fase che risultano correlarsi perfettamente all‟epoca della scarcerazione del predetto PAPALIA,
dal momento che la prima tranche del riscatto di SCALARI venne pagata il 1.7.77, il riscatto di GALLI
fu versato il 28.7.77 e la seconda tranche del riscatto di SCALARI fu pagata il 1.8.77.
Adeguata attenzione appare meritare, ad avviso della Corte, il fatto che il MOLLUSO si recò a
colloquio in carcere con PAPALIA ROCCO due giorni prima del sequestro di GALLI, tre giorni prima
del sequestro di SCALARI ed ancora quattro giorni dopo l‟attuazione dello stesso. L‟effettuazione di
tali colloqui, rispettivamente il 6 maggio, il 13 maggio ed il 20 maggio 77, risulta documentalmente
provata107 ed appare fornire significativa contezza di come MOLLUSO, notoriamente in stretti rapporti
di amicizia e di fiducia con PAPALIA ROCCO, lo tenesse accuratamente al corrente dell‟attività in
corso. E dunque costui - indicato da INZAGHI come “il più attivo”, insieme con il NIRTA, nel
propugnare e pianificare la nuova attività dei sequestri - potè continuare a seguirne pienamente gli
sviluppi anche stando in carcere, giacché il MOLLUSO provvedeva a consultarlo e ad informarlo
adeguatamente.
Dal MORABITO è venuta la conferma che il denaro dei riscatti fu gestito direttamente da
PAPALIA ROCCO, che diede al fratello del predetto MORABITO, ANTONIO, i trenta milioni
assegnati a SAVERIO; e quando il MORABITO, uscito dal carcere, ebbe a lamentarsi con PAPALIA
ROCCO per l‟esiguità della
___________________________
107
Cfr produz. del P.M. del 15.5.96, acquisita con ordinanza del 4.6.96 (in vol. VII. all.6) in ordine ai colloqui effettuati dal
PAPALIA
durante
il
predetto
periodo
di
detenzione.
549
somma, si sentì rispondere che poteva ben accontentarsi, trattandosi di denaro già “ripulito”.
Ulteriore conferma di tale ruolo di PAPALIA ROCCO è stata fornita da AMANDINI, il quale ha
spiegato che fu proprio il predetto a consegnargli direttamente sia una prima tranche di trenta milioni,
prima del suo arresto, sia in prosieguo, una seconda tranche di venti milioni.
Quando ai rapporti tra PAPALIA ROCCO e TRICHILO, mette conto evidenziare che in casa di
quest‟ultimo, quando venne arrestato il 24.5.77, fu sequestrato un foglio dattiloscritto108 contenente
appunti criptici, fra i quali l‟annotazione “ROC.PAP.4410165”. E‟ emerso al riguardo109 che l‟attività
effettuata dagli investigatori per cercare di “decodificare” tale annotazione ha condotto al risultato,
utilizzando il cosiddetto “codice 8”110, di ottenere il numero corrispondente all‟utenza telefonica di casa
DELLA ROCCA: utenza, com‟è noto, risulta al centro di numerose telefonate - a suo tempo intercettate
- di imputati dei sequestri di GALLI e di SCALARI. Ed occorre ricordare ancora che in quel periodo a
frequentare casa DELLA ROCCA era anche FALETTI ADRIANA, moglie del PAPALIA ROCCO, la
quale effettuando sistematicamente i colloqui con il marito detenuto,111 aveva certo la possibilità di
costituire l‟anello di congiunzione fra il predetto ed i suoi amici. Significava, nel contesto appena
delineato, appare la telefonata dell‟8.5.77, ad ore 20,55 - che già s‟è avuta occasione di commentare pervenuta all‟utenza telefonica di DELLA ROCCA: telefonata in cui MOLLUSO - che era rimasto
appiedato, essendo fuggito dal luogo del sequestro poco prima che il GALLI venisse rapito, e telefonava
per chiedere all‟amico SEGHEZZI di andare a prelevarlo - parlava con ADRIANA, ossia
__________________
108
In vol. 108, pag. 65.
109
La circostanza è stata specificamente richiamata all‟attenzione del P.M. nel corso della sua requisitoria.
110
In particolare, sottraendo da altrettanti “8” allineati il numero riportato nell‟annotazione (8888888-4410165) e lasciando
l‟unico zero invariato, si ottiene precisamente il numero 4470723, ossia quello dell‟utenza telefonica di DELLA ROCCA.
111
Come risulta dalla relativa documentazione acquisita e già citata, FALETTI ADRIANA fece numerosi colloqui con il
marito PAPALIA ROCCO, durante la detenzione dello stesso (dal gennaio al giugno) nel 77.
550
proprio con FALETTI ADRIANA, moglie di PAPALIA ROCCO, reperibile a quella utenza.112
Dunque il TRICHILO conosceva il PAPALIA ROCCO già prima dell‟arresto di costui nel
gennaio 77. Ed INZAGHI, del resto, ha spiegato di aver conosciuto TRICHILO proprio tramite
PAPALIA ROCCO, e dunque quando il predetto PAPALIA era ancora libero, ragionevolmente verso la
fine del 76: proprio all‟epoca in cui, secondo lo stesso INZAGHI, questi sentì i suoi amici parlare per la
prima volta di sequestri.
La posizione degli imputati: TRICHILO
La partecipazione del TRICHILO al sequestro di GALLI è stata specificamene ribadita da
INZAGHI e da AMANDINI: quest‟ultimo ha riferito anche che MOLLUSO dovette discutere
lungamente per convincere il TRICHILO ad attuare il sequestro del GALLI, mentre da mesi il gruppo
era alle prese con l‟organizzazione del sequestro dello SCALARI.
Come si rileva dalle intercettazioni telefoniche richiamate nelle pagine che precedono, molte di
esse riguardavano proprio il TRICHILO, evidenziando che a lui in quel periodo tutti i componenti del
sodalizio criminale facevano sistematicamente capo. E con riferimento alla vicenda del sequestro di
GALLI ANGELO, particolarmente significative appaiono le seguenti conversazioni telefoniche,
all‟epoca intercettate:
- telefonata del 5.5.77, ad ore 19,17, in cui TRICHILO parlava con MOLLUSO ed apprendeva
dell‟arrivo di “BEPPE”, ossia di BARBARO GIUSEPPE, l‟indomani;
______________________
112
E‟ interessante rilevare che la FALETTI all‟epoca risultava domiciliata di fatto in via Marsala 3 a Buccinasco, ossia
presso casa DELLA ROCCA cfr al riguardo il verbale di perquisizione eseguita il 24.5.77 in casa DELLA ROCCA, nel
quale si dava atto della presenza, alle operazione di perquisizioni, di FALETTI ADRIANA “di fatto domiciliata in via
Marsala 3, Buccinasco” (in vol. 108, pag. 47)
551
- telefonata del 9.5.77, ad ore 21,54, in cui TRICHILO cercava LUVARA‟ e chiedeva se AMANDINI
avesse telefonato, aggiungendo che egli doveva andare a vedere “quella situazione...quello
spostamento”: e mette conto a raccontare al riguardo che la telefonata avveniva il giorno dopo il
rapimento del GALLI, il quale, proprio il giorno successivo, venne spostato dal box di piazza Negrelli;
- telefonata del 10.5.77, ad ore 12,08, in cui chiamato da AMANDINI, TRICHILO gli chiedeva; “Tu sai
come sono le condizioni?”, sentendosi rispondere dal predetto AMANDINI “Come abbiamo parlato,
no?”: discorso dal cui tenore si desume che TRICHILO voleva verificare se AMANDINI sapesse cosa
doveva comunicare alla famiglia GALLI circa il pagamento del riscatto;
- telefonata del 17.5.77, ad ore 11,47, in cui MOLLUSO, parlando con TRICHILO, diceva di dover
recuperare “quelle altre cose”, che appaiono essere le armi, posto che il riferimento testuale era a “tre
grossi e quello in legno a serra”: ed invero MORABITO ha, com‟è noto, riferito che per il sequestro
GALLI il NERI ANTONIO aveva con sè una pistola particolare, che era del TRICHILO, ossia la pistola
“Mauser” che si trasformava in mitraglietta, mediante assemblaggio al “fodero” in legno;
- telefonata del 10.5.77, ad ore 12,55, in cui TRICHILO chiedeva a LUVARA‟ di portargli una
macchina da scrivere. Orbene, quando il TRICHILO venne arrestato il 24.5.77, in casa sua fu
sequestrato un foglio dattiloscritto contenente alcune annotazioni criptiche: lo stesso TRICHILO, nel
processo innanzi all‟A.G. di Milano che lo condannò per il sequestro di SCALARI, ammise che si
trattava di suoi appunti scritti “in codice”. Ed invero su tale foglio comparivano, fra le altre, due
annotazioni di estremo interesse, a riprova dell‟esistenza di rapporti intercorrenti fra il predetto
TRICHILO, PAPALIA ROCCO e “l‟esaurito”: si tratta precisamente delle due annotazioni oggetto di
specifica disamina nei
552
paragrafi rispettivamente riguardanti PAPALIA ROCCO e NIRTA ANTONIO, talchè qui deve farsene
integrale richiamo.113
Resta da ricordare che il ruolo rilevantissimo svolto dal TRICHILO, nell‟economia dell‟attività
imperniata sui sequestri di persona e svolta intensamente dal suo gruppo in quel periodo, fu
diffusamente ed articolatamente posto in luce dalla già citata sentenza dell‟A.G. di Milano, che lo
condannò, come s‟è già rilevato, oltre che per il sequestro dello SCALARI, per associazione per
delinquere finalizzata alla realizzazione di sequestri di persona a scopo di estorsione.
La posizione degli imputati: NIRTA
A differenza di MORABITO e di AMANDINI, che conobbero NIRTA nell‟ufficio di viale
Cirene, INZAGHI ebbe a conoscerlo in epoca precedente, tant‟è che parlò di lui come dell‟istigatore
dell‟omicidio del D‟AGOSTINO, ossia di colui che aveva riferito a PAPALIA DOMENICO che
D‟AGOSTINO voleva eliminarlo, spingendo così il PAPALIA ad anticipare il predetto D‟AGOSTINO
e ad ammazzarlo. INZAGHI114 ebbe, dunque,
_________________________
113
Circa il Predetto foglio dattiloscritto sequestrato in casa del TRICHILO - ha riferito(7602) il teste SCIBONA - l‟ufficiale
dei Carabinieri che all‟epoca si occupò, fra gli altri, degli accertamenti per risalire all‟identificazione dei personaggi correlati
alle annotazioni riportate su quel foglio - che anche altri numeri ivi annotati risultarono riferirsi, una volta “decodificati”, a
personaggi implicati in attività di sequestri di persona: in particolare, compariva sul citato foglio il numero 230048 che,
appunto “decodificato” dagli investigatori, portò alla individuazione di SAPIENZA FILIPPO, residente in provincia di
Como, dove i Carabinieri, in un “abbaino” nella disponibilità del predetto, trovarono e liberarono il sequestrato RIMOLDI
ERMINIO. Ha precisato il teste che l‟individuazione di quel numero venne agevolata dal fatto che in una intercettazione
telefonica era stato fatto riferimento al prefisso 031, riguardante Como, e che la “decodificazione” del numero, correlata a
quel prefisso, portò alla individuazione del SAPIENZA ed alla localizzazione del sequestrato.
114
Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 18.9.96 - e la Corte ne ha disposto l‟acquisizione con ordinanza del 26.9.96 - la
sentenza della Corte d‟Assise d‟Appello di Roma, che ha ritenuto INZAGHI responsabile di concorso nell‟omicidio del
D‟AGOSTINO.
553
occasione, di rendere dichiarazioni sul NIRTA nel processo per l‟omicidio del D‟AGOSTINO, nel quale
il predetto NIRTA venne, peraltro, assolto.
A dire di INZAGHI il NIRTA115 ed il PAPALIA ROCCO erano gli organizzatori dei sequestri
di persona: “ erano i più attivi”. Ed AMANDINI, com‟è noto, ha riferito di aver visto il NIRTA nella
casa del LUVARA, in via Tolstoj, ad una riunione degli organizzatori. Sia MORABITO sia
AMANDINI sia INZAGHI hanno univocamente spiegato che il NIRTA si vedeva spesso a Milano in
quel periodo; che compariva di tanto in tanto, come per seguire la regia dei sequestri in gestazione, e
dava specifici suggerimenti; che, in effetti, era al corrente di tutto, perchè era legatissimo al TRICHILO,
che appariva chiaramente da lui dominato. Secondo INZAGHI - che ospitò in più occasioni il NIRTA in
casa sua - il predetto ed il TRICHILO facevano “diventare rosso” il suo telefono, per le tante telefonate
intercorse; l‟INZAGHI ha anche fatto presente che il NIRTA era privo d‟auto, talchè occorreva sempre
accompagnarlo qua e là e così gli capitò anche di doverlo accompagnare a Sesto San Giovanni, presso
un amico che aveva un mobilificio.116
Che il NIRTA, poi, si identificasse nell‟”esaurito”, è circostanza che, oltre ad essere stata
concordemente riferita dal MORABITO, dall‟AMANDINI e dall‟INZAGHI, venne a suo tempo
evidenziata dallo stesso TRICHILO, nelle dichiarazioni rese al dibattimento del processo che si
conclude con la sua condanna per il sequestro di SCALARI: in quella sede, come s‟è già avuta
occasione di rilevare, il TRICHILO spiegò che “il compare ANTONIO” era “l‟esaurito”.
___________________
115
Nel corso dell‟interrogatorio reso, in fase di indagini preliminari, il 20/10/93, INZAGHI ha, fra l‟altro, dichiarato
testualmente al riguardo: “Ho già detto e ribadisco che il NIRTA ANTONIO, detto l‟esaurito, era partecipe primario dei
sequestri GALLI e SCALARI. Prese parte alla fase ideativa ed organizzativa, con riunioni che avvennero anche presso la mia
abitazione.
116
E‟ da osservare che lo stesso NIRTA, nel corso del suo esame dibattimentale, ha ammesso (18801) di aver avuto modo di
recarsi a Milano e nell‟hinterland milanese fra il 76 ed il 78 e di aver, in più occasioni, incontrato un suo amico mobiliere a
Sesto S. Giovanni.
554
Che per i suoi amici il NIRTA si identificasse altresì nell‟”ingegnere” è circostanza che si ricava
anche da una telefonata117 intercorsa fra TRICHILO e LUVARA‟: nell‟occasione, in particolare,
LAVARA‟ diceva di aver avuto un numero di telefono da “lui”; TRICHILO chiedeva se si trattasse
dell‟”ingegnere” e riceveva conferma che era stato l‟”esaurito” a dare quel numero: dunque “l‟esaurito”
e l‟”ingegnere” erano la stessa persona.
Lo stesso LUVARA‟, peraltro, aveva a suo tempo spiegato - negli interrogatori istruttori del
procedimento svoltosi presso l‟A.G. di Milano118 - che il “compare ANTONIO”, il quale risultava suo
interlocutore in alcune telefonate intercettate, altri non era che “l‟esaurito”, personaggio del quale,
nell‟occasione, il predetto LUVARA‟ aveva detto di non conoscere il cognome, spiegando che si
chiamava effettivamente ANTONIO ed era amico di TRICHILO.119
____________________________
117
Si trattava delle telefonata (in vol. 109, pag.311) del 18..5.77, ad ore 9,40, in cui LUVARA‟ diceva appunto al TRICHILO
di essere stato chiamato dall‟”ingegnere”, il quale gli aveva dato il prefisso 031 ed aveva aggiunto che poi gli avrebbe anche
dato il numero telefonico; TRICHILO chiedeva conferma se chi gli aveva dato il prefisso fosse l‟”esaurito” e LUVARA‟, a
sua volta, annuiva - “uhm” - e gli dettava il prefisso in questione.
118
Cfr. le dichiarazioni in questione, in vol. 108, pagg.368 e segg., nonchè, in particolare, il verb. d‟interrogatorio del 25.5.77
(in già cit. prod. del P.M. del 23.1.96, acquis. con ordinanza del 7.2.96).
119
Il LUVARA‟ dichiarò ancora che il “compare ANTONIO”, appunto nel corso di una telefonata, gli aveva comunicato il
prefisso telefonico 031, da riferire al TRICHILO, spiegandogli che in seguito gli avrebbe dato anche il numero telefonico
correlato a quel prefisso (cfr. verbale d‟interrogatorio del LUVARA‟ del 13.10.77 in atti); dalle più volte richiamate
trascrizioni delle intercettazzioni telefoniche è emerso che si trattava, in particolare, della già citata telefonata del 17.5.77, ad
ore 23,24, in cui il “compare ANTONIO” - chiamato dal LUVARA‟ all‟utenza telefonica di Pico 0776/54109, quella della
teste CARNEVALE PALMINA - comunicava il prefisso 031 e poi chiedeva testualmente: “il lavoro com‟è andato ... al
termine risulta ancora qualche cosa” ed il LUVARA‟ rispondeva puntualmente: “compare, se riesce bene, c‟è anche il
vostro pensiero”. E mette conto rammentare che la telefonata de qua venne significativamente preceduta, quella stessa sera,
da tale sequenza: alle ore 19,55 TRICHILO, parlando al telefono con la moglie di INZAGHI, la avvertiva che avrebbe
chiamato l‟”esaurito” per comunicare un numero di telefono ed un nome, alle ore 20,11 giungeva in effetti una telefonata alla
moglie di INZAGHI, cui l‟interlocutore comunicava il numero 54109, aggiungendo che desiderava essere richiamato alle ore
22,30, al prefisso già noto, alle 21,57 la moglie di INZAGHI comunicava telefonicamente tale numero al LUVARA‟, che
successivamente chiamava al telefono il 2compare ANTONIO” a Pico.
555
Nel già citato foglio dattiloscritto rinvenuto in casa del TRICHILO e specificatamente analizzato
nel paragrafo concernente il predetto, compariva, fra gli appunti riportati, l‟annotazione: “Esaur...
KKKKK... XX2. 34775. Anche riguardo a siffatta annotazione, è emerso dai riferimenti dibattimentali
ai relativi accertamenti investigativi che, “decodificando” tale annotazione con il cosiddetto “codice
8”,120 gli investigatori avevano ottenuto il numero dell‟utenza telefonica di tale TORRINCIANI
ENRICO,121 gestore del bar di Pico, che il NIRTA, per la sua stessa ammissione, frequentava. V‟è
dunque anche riscontro documentale, ove mai ve ne fosse bisogno, degli strettissimi rapporti all‟epoca
intercorrenti fra il TRICHILO ed il NIRTA: un elemento ulteriore che si aggiunge a tutti quelli che
portarono il Tribunale di Milano, nella citata sentenza del 6.3.79,122 a fare significativo e testuale
riferimento “all‟esistenza, inoltre, di personaggi misteriosi ma onnipresenti, come il FILIPPO, il
compare ANTONIO, l‟esaurito”. Orbene, alla luce dei complessivi elementi di cognizione acquisiti,
l‟alone di mistero intorno al “compare ANTONIO” ed all‟”esaurito” appare del tutto svanito, a fronte
del materializzarsi, ragionevolmente incontestabile, della figura di NIRTA ANTONIO; viceversa, lungi
dall‟essere svanita, appare ulteriormente rimarcata e conclamata dalle complessive risultanze
processuali la sua “onnipresenza” nell‟economia dei sequestri di persona in esame.
La posizione degli imputati: AMANTE PIETRO
________________
120
Ed invero, sottraendo da una serie “8” il numero annotato (888888-34775), si ottiene il numero 54113, corrispondente
appunto all‟utenza del TORRINCIANI ENRICO a Pico.
121
Il P.M. ha prodotto documentazione proveniente dalla Telecom ed attestante che il numero de quo corrispondeva
all‟utenza telefonica del TORRINCIANI a Pico: trattasi della stessa documentazione (cfr. il paragrafo che concerne le
dichiarazioni dibattimentali dei testi TRIOLO e CARNEVALE) attestante la titolarità dell‟utenza telefonica n. 54109 di Pico
in capo alla famiglia della teste CARNEVALE PALMINA che all‟epoca il NIRTA frequentava.
122
V. in particolare, la pag.33 della stessa, già specificatamente richiamata nelle pagine precedenti.
556
Del ruolo di AMANTE PIETRO nell‟economia del sequestro di GALLI ANGELO ha
specificamente riferito il MORABITO, allorchè ha spiegato che l‟amante fornì il box dove il GALLI
venne portato e rinchiuso subito dopo il rapimento. E per vero non si trattò certo di una generica messa a
disposizione, per così dire, giacchè il MORABITO ha potuto precisare che AMANTE PIETRO si fece
trovare, presso lo stabile di piazza Negrelli, ad attendere i sequestratori con l‟ostaggio: MORABITO
vide personalmente l‟AMANTE, che era in attesa sulla rampa d‟accesso ai box, indicò loro il percorso
per raggiungere quello destinato all‟ostaggio e si curò anche di aprire il locale. Ha aggiunto, il
MORABITO che la presenza dell‟AMANTE non gli giunse certo inattesa, giacchè nella fase
organizzativa era stato precisamente stabilito che sarebbe stato il predetto a fornire il box in cui
rinchiudere il sequestrato.
E siffatto quadro appare raccordarsi perfettamente alle indicazioni rispettivamente fornite da
AMANDINI e da INZAGHI sul punto: indicazioni che appaiono apprezzabilmente aliene da ogni
tentazione di renderle più complete e significative e che, per ciò stesso, meritano particolare attenzione.
L‟AMANDINI ha, invero, riferito di sapere che l‟AMANTE prese parte ad uno dei due
sequestri, aggiungendo di non essere in grado di specificare di più; ha precisato, peraltro, di averlo
incontrato ad una riunione del gruppo in casa del LUVARA‟.
INZAGHI, dal canto suo, ha spiegato di essere, a conoscenza del fatto che per i due box utilizzati
per GALLI e per SCALARI si erano specificamente interessati l‟AMANTE PIETRO ed il MOLLUSO;
ha precisato di aver appreso di quest‟ultimo e dal MORABITO che i predetti box erano rispettivamente
in piazza Negrelli e vicino al ristorante Rugantino e distavano fra loro circa un chilometro.
Pur con differente portata informativa, sono, pertanto, ben tre le fonti che parlano del
coinvolgimento di AMANTE PIETRO nell‟attività culminata nel sequestri del maggio 77 e, fra esse, il
MORABITO lo collega, con la certezza derivategli
557
dall‟aver vissuto direttamente quell‟incontro, alla predisposizione del box di piazza Negrelli per la
custodia iniziale del GALLI.
Resta da aggiungere che AMANTE PIETRO era personaggio ritenuto dal gruppo
particolarmente affidabile sul versante dei sequestri di persona, giacchè ebbe parte attiva negli stessi per
un consistente arco temporale, come dimostrano le sue attive partecipazioni ai sequestri di RANCILIO
AUGUSTO e di CATTANEO EVELINA..123
La posizione degli imputati: PAPALIA DOMENICO
Il complesso delle risultanze processuali riguardanti PAPALIA DOMENICO afferisce alla sua
figura di capo del gruppo che operò nel periodo storico in esame ed al correlativo ruolo svolto in
concreto nell‟economia dell‟attività incentrata sui sequestri di persona. Non essendovi - come si evince
dalla articolata esposizione contenuta nelle pagine che precedono - ulteriori dati ed elementi di
cognizione concernenti specificamente il sequestro di GALLI ANGELO, occorre, dunque,
preliminarmente fare richiamo integrale alla illustrazione di tali complessive risultanze, riportata nel
capitolo dedicato alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE, per il quale la Corte,
ritenendo la responsabilità dell‟imputato, ha pronunciato sentenza di condanna del PAPALIA
DOMENICO.
Operato siffatto richiamo, che vale a dare compiuta contezza degli inequivocabili elementi
esistenti a carico del PAPALIA quale autentico centro decisionale e punto di riferimento dell‟intero
gruppo e quale ispiratore e pianificatore dell‟attività dei sequestri in generale e del sequestro di
SCALARI in particolare, occorre esaminare e verificare la posizione del predetto PAPALIA con
riferimento al sequestro di GALLI ANGELO.
________________
123
I relativi capitoli della sentenza
558
PAPALIA DOMENICO fu detenuto dall‟8 marzo al 20 aprile 77 nel carcere di S. Vittore a
Milano; venne poi trasferito a Roma e quindi ritradotto a S. Vittore il 10 giugno, restandovi fino al 5
luglio 77, per essere poi nuovamente da qui trasferito. Nel momento in cui il GALLI venne rapito e nei
due mesi successivi, dunque, PAPALIA DOMENICO stette in carcere: circostanza di per sè certo
inidonea - come si evince articolatamente e dettagliatamente dalla ricostruzione del sequestro di
SCALARI - a dirimere in senso discriminante la sua responsabilità da quella degli altri imputati.
Quel che rileva, invero, è l‟eventuale apporto fornito dal PAPALIA, prima di essere incarcerato od
anche durante la detenzione, alla pianificazione, attuazione gestione del sequestro del GALLI: rileva,
cioè, verificare se anche per il sequestro di GALLI , come per quello di SCALARI, la posizione di
PAPALIA DOMENICO risulti supportata da specifici elementi di prova idonei a dimostrarne il
concreto coinvolgimento. Una verifica siffatta va innanzitutto commisurata, nel caso di specie, al quadro
informativo proveniente dai soggetti che hanno rivelato la trama e lo scenario del rapimento del GALLI,
primo fra tutti MORABITO SAVERIO.
Orbene, il MORABITO ha precisato (3799) al dibattimento che il lasso di tempo intercorso fra la
proposta del MOLLUSO di effettuare il sequestro di GALLI e l‟attuazione dello stesso (8 maggio) passò
“grosso modo un mese” . Lo stesso MORABITO ha, altresì, avuto modo, in fase di indagini preliminari,
124
di spiegare che il MOLLUSO lo portò in casa del LUVARA‟ ed ivi incontrarono quest‟ultimo, il
TRICHILO ed il NERI; fu nel corso di tale incontro - collocato temporalmente dal MORABITO in
“aprile, metà aprile, fine aprile” - che il MORABITO manifestò specificamente ai predetti il proprio
consenso a partecipare al sequestro di SCALARI: il che avvenne, secondo lo stesso MORABITO, prima
della proposta del sequestro di GALLI da parte del MOLLUSO, talchè risulta ulteriormente confermato
che tale proposta non fu, comunque, formulata prima del mese di aprile. Sulla scorta di tale scansione
temporale del MORABITO, deve rilevarsi che PAPALIA DOMENICO si trovava detenuto non soltanto
nel momento in cui il rapimento del GALLI venne attuato, ma altresì allorchè lo stesso venne ideato e
progettato
______________________
124
Cfr. il relativo verbale d‟interrogatorio del 6.11.92.
559
E mette conto rammentare che, come si è osservato nel paragrafo che lo riguarda, l‟AMANDINI,
dal canto suo, nel riferire la proposta - fattagli dal PAPALIA DOMENICO, prima di essere incarcerato di partecipare ad un sequestro, ha precisato che si trattava di “un” sequestro, spiegando che tale proposta
gli fu fatta qualche giorno dopo la riunione di viale Cirene e che il PAPALIA venne arrestato a distanza
di circa venti giorni dalla riunione stessa.
Orbene, all‟epoca della proposta, il progetto di sequestro all‟esame era, com‟è noto, quello riguardante
SCALARI, mentre quello relativo a GALLI, come è del pari noto, non era ancora neppure nato: il che
collima perfettamente col tenore del riferimento dell‟AMANDINI, secondo cui la proposta del
PAPALIA DOMENICO riguardava “un sequestro”, per l‟appunto quello di SCALARI.
Resta da osservare che, secondo quanto si è articolatamente già illustrato, la genesi del progetto
di rapire il GALLI si correlò ad un‟idea del MOLLUSO - che dovette anche darsi da fare per convincere
il TRICHILO - di accontentare gli amici di Platì, i quali scalpitavano per partecipare al lucroso affare
dei sequestri: il che rende ragione della frettolosità e dell‟approssimazione del progetto e della sua
attuazione, ma anche del suo sovrapporsi all‟esecuzione del sequestro di SCALARI. Tale ricostruzione
della vicenda risulta, d‟altra parte - oltre che scandita dall‟oggettivo iter temporale degli accadimenti e
dalle rivelazioni di MORABITO e di AMANDINI - dalle specifiche dichiarazioni al riguardo rese da
INZAGHI e già diffusamente illustrate.
Se, dunque, l‟attuazione del progetto di rapire il GALLI rappresentò un “quid novi” nel contesto
dell‟organizzazione - da tempo in corso - del sequestro dello SCALARI, il ruolo del PAPALIA
DOMENICO di punto di riferimento dell‟intero gruppo ed il suo pieno coinvolgimento nel predetto
sequestro di SCALARI non appaiono elementi sufficienti a supportare probatoriamente l‟ipotesi di un
suo parallelo coinvolgimento nel rapimento di GALLI, ideato, progettato, attuato e gestito mentre il
predetto PAPALIA era detenuto: ciò, evidentemente, in mancanza di specifici elementi indicatori di un
qualsivoglia apporto concreto del PAPALIA stesso, pur in ipotesi dal carcere, alla fase della
pianificazione del sequestro o a quelle successive, a differenza del fratello ROCCO, che, una
560
volta scarcerato, intervenne attivamente sulla scena, come si è rivelato, dopo gli arresti del 24 maggio, e
gestì le fasi finali relative all‟incasso dei riscatti dei due sequestri.
Si configura naturalmente ragionevole, sotto il profilo logico, immaginare che il PAPALIA
DOMENICO, in considerazione del suo ruolo di vertice e della parte in concreto avuta nell‟economia
dell‟attività incentrata sui sequestri di persona - compresa la progettazione e la pianificazione del
sequestro di SCALARI “in itinere” - potesse essere stato informato e, più ancora, interpellato e
consultato in ordine all‟attuazione del rapimento di GALLI: e ciò, senza che il suo trovarsi in stato di
detenzione costituisse un ostacolo insormontabile al dispiegarsi di un “dialogare” siffatto. Ma un‟ipotesi
siffatta, pur non carente di una sua intrinseca ragionevolezza, resta necessariamente confinata alla sfera
delle costruzioni logiche e delle esercitazioni teoriche, in assenza di specifici elementi idonei a
sopportarle: di più, in presenza di coimputati confessi, come MORABITO, AMANDINI, INZAGHI, i
quali a differenza che per il sequestro dello SCALARI, nulla sono stati in grado di riferire circa il
concreto coinvolgimento di PAPALIA DOMENICO nella vicenda del rapimento di GALLI. E, per altro
verso, la genesi e l‟iter di tale delitto, se correlati al coevo andamento delle vicende personali del
PAPALIA, valgono a dare spiegazioni del perchè i predetti non siano stati in possesso di elementi di
cognizione da fornire al riguardo.
In siffatta situazione probatoria complessiva, risulta evidente, ad avviso della Corte, la mancanza
di sufficienti elementi di prova idonei a sopportare una dichiarazione di responsabilità del PAPALIA
DOMENICO per il sequestro di GALLI ANGELO.
Notazioni conclusive di sintesi
L‟articolata disamina contenuta nelle pagine che precedono s‟è fatta carico di lumeggiare ed
analizzare, per ciascun
561
imputato, il complesso di elementi probatori delineatisi all‟esito del vaglio dibattimentale. Non occorre,
di conseguenza, ripercorrere, neppure in un‟ottica di riepilogo complessivo, siffatta operazione d‟analisi,
giacchè altrimenti, si finirebbe inevitabilmente col ripetere, senza alcuna sostanziale utilità, argomenti,
concetti, parametri di valutazione.
Mette, invece , conto, nell‟economia dello svolgimento di notazioni conclusive di sintesi,
sottolineare i seguenti profili.
L‟attendibilità del racconto di MORABITO - conclamata per più versi dalle risultanze dell‟intero
dibattimento, come emerge dal complesso della presente sentenza e, in particolare, da tutti i capitoli
dedicati all‟esame dei sequestri di persona a scopo d‟estorsione e degli omicidi e tentati omicidi
volontari - appare, con riferimento alla vicenda del sequestro di GALLI ANGELO, scandita
uniformemente, sistematicamente e chiaramente dall‟intero quadro delle risultanze processuali: rectius,
l‟intera ricostruzione del rapimento del GALLI, quale emerge dall‟insieme delle rivelazioni di
MORABITO, di INZAGHI, di AMANDINI, trova nel complesso di elementi di cognizione acquisiti
all‟esito del dibattimento una formidabile, polifonica, inequivoca base di supporto probatorio.
Per ciascuno degli imputati chiamati a rispondere in questa sede del sequestro in questione, il
MORABITO ha - con la sola eccezione del PAPALIA DOMENICO, per il quale non disponeva di
specifici elementi di cognizione relativi a tale delitto - ha indicato, per scienza diretta, ruolo e precisi
contenuti dell‟attività svolta nella vicenda; per ciascuno l‟AMANDINI e l‟INZAGHI - evidentemente
nei termini e nei limiti del quadro conoscitivo rispettivamente in loro possesso - hanno diffusamente
confermato il coinvolgimento nel sequestro, fondendone convincente spiegazione; per ciascuno - infine
e soprattutto - il dibattimento ha puntualmente fatto emergere e posto in evidenza gli specifici profili di
responsabilità chiaramente sussistenti. E siffatta emersione tanto appare significativa e concludente,
quanto più attiene ad elementi di riscontro probatorio di tipo “individualizzante” ad elementi, cioè in
grado di coniugare ad un tempo l‟oggettiva riscontrabilità dei riferimenti del MORABITO con la
“soggettività” di ogni singolo
562
imputato, ossia con la sua personalità criminale, le sue attitudini, il “back ground” suo proprio e,
soprattutto, la peculiarità, la “suitas” dell‟attività dispiegata nella specie, tale da delineare un
inconfondibile “inprinting” del ruolo svolto, a guisa dell‟impronta digitale lasciata dal ladro sulla cosa
sottratta.
Così - esemplificando sinteticamente quanto si è in dettaglio illustrato nei singoli paragrafi - si
staglia la figura del MUSCIO basista, che indica il soggetto da sequestrare e ciò fa proprio quel
MUSCIO che è noto nell‟ambiente criminale de quo per la sua capacità di “dare le dritte”; così si
inquadrano le figure del BARBARO e del GRILLO, che giungono dalla Calabria per partecipare al
sequestro e vi rientrano subito dopo: due platioti coinvolti direttamente nell‟esecuzione di un rapimento,
che, invero, viene progettato ed organizzato proprio alla fine precipuo di accontentare “gli amici di
Platì”; così MOLLUSO, platiota ed antico sodale dei PAPALIA, già addentro all‟attività dei sequestri di
persona per aver partecipato con il BARBARO a quello del FERRARINI: soggetto, dunque,
intrinsecamente esperto e, in quanto tale, in grado di stabilire rapidamente che, per i già citati “amici di
Platì”, occorre mettere in cantiere un altro sequestro in aggiunta a quello di SCALARI; così il
MORABITO, uomo d‟azione incaricato, perciò, dell‟azione, capace pianificatore del teatro delle
operazioni attraverso accurati sopralluoghi, soggetto in grado anche nella vicenda del GALLI di
garantire quello standard operativo sistematicamente assicurato tante volte nell‟attuazione delle
imprese delittuose del gruppo; così l‟INZAGHI, amico di sempre di MORABITO, esperto di auto e, alla
bisogna, procacciatore di armi, che puntualmente fornisce - entrambe le merci - anche nel frangente de
quo, tenendo, per di più, i contatti con gli altri, mettendo a disposizione all‟uopo la propria casa ed il
proprio telefono, accompagnando, in occasione delle telefonate alla famiglia del rapito, il soggetto
incaricato di effettuarle: quell‟AMANDINI che, con le mansioni di telefonista, svolge un ruolo
“storico”, per così dire, giacchè ricoperto efficacemente tante altre volte; così AMANTE PIETRO,
fedele “supporter” di altri analoghi delitti del gruppo ed interprete nella specie del ruolo di fornitore del
box in cui rinchiudere l‟ostaggio appena rapito, seguendo anche in prima persona tale delicatissima fase
del sequestro, così PAPALIA ROCCO e CATANZARITI, che
563
subentrando nella conduzione diretta delle trattative dopo gli arresti del 24 maggio, avendo già un
collaudato rapporto di “soladitas scelerum”: due personaggi che compaiono significativamente in
presente trattazione, così TRICHILO e NIRTA, un binomio inscindibile, quasi una sorta di endiadi, per
così dire, frutto di uno straordinario affiatamento, due soggetti in grado di agire di perfetta conserva sul
duplice versante dei sequestri di GALLI e di SCALARI ed entrambi fedeli più che mai nell‟occasione
ad un “clichè” equivalente ad una sorta d‟impronta digitale: il TRICHILO inesauribile organizzatore
operativo di incontri, di riunione, di intese, il NIRTA “inesaurito” ed ineffabile tessitore semiocculto di
trame e di intrecci, il primo costituente il braccio ed il “verbo” del binomio, il secondo, silenzioso
ascoltatore ed onnipresente suggeritore, la mente. Una mente che dovette verosimilmente, ad un certo
punto, talmente prendersi ed accendersi di se medesima da ritenere, calandosi nella parte dell‟ “esaurito”
e valendosi del prestigio criminale della propria famiglia, di poter impunemente giocare su due fronti,
quello dell‟influente ispiratore e tessitore di delitti e, al contempo, quello del confidente degli
investigatori o di uno di essi: un tipo di personaggio, a ben vedere, che la storigrafia criminale s‟incarica
non di rado di segnalare all‟attenzione e che la criminalità organizzata, in tutti i tempi ed a tutte le
latitudini, non ha mai mancato di esprimere di quando in quando; un ruolo, in ogni caso, quello svolto
dal NIRTA, che appare, lungo un cospicuo arco temporale, non essere stato avaro di risultati per il suo
interprete.
Le complessive considerazioni fin qui svolte danno compiuta contezza, secondo il giudizio della
Corte, della sussistenza di plurimi ed inequivoci elementi probatori a carico di tutti gli imputati del
sequestro di GALLI ANGELO, ad eccezione, come s‟è rilevato, di PAPALIA DOMENICO, per il quale
nè il MORABITO nè l‟AMANDINI nè l‟INZAGHI sono stati in grado di fornire specifici elementi
d‟accusa, con riferimento al delitto in esame, e neppure le complessive risultanze dibattimentali hanno,
per altra via, condotto, all‟acquisizione di utili “input” probatori: al riguardo va, peraltro, integralmente
richiamata l‟analitica illustrazione effettuata nel paragrafo dedicato alla disamina di tale posizione
processuale
564
Alla stregua di tanto, PAPALIA DOMENICO va, ex art. 530, II° comma, c.p.p., assolto
dell‟imputazione di concorso nel sequestro di persona in danno di GALLI ANGELO, per non aver
commesso il fatto. In ordine a tale reato, così come articolato e specificato nel capo sub 1 della rubrica
delle imputazioni, deve, congiuntamente pronunciarsi dichiarazione di colpevolezza e conseguente
sentenza di condanna degli imputati AMANTE PIETRO, BARBARO GIUSEPPE (cl. 48),
CATANZARITI AGOSTINO, GRILLO MICHELE, INZAGHI MARIO, MOLLUSO FRANCESCO,
MORABITO SAVERIO, MUSCIO MARIO, NIRTA ANTONIO, PAPALIA ROCCO, TRICHILO
ANTONIO.
Va infine, ritenuta la sussistenza delle contestate aggravanti del numero - all‟evidenza
ampiamente superiore a cinque - delle persone concorse nel reato e del danno patrimoniale di rilevante
gravità cagionato alla vittima del delitto, attesa l‟oggettiva entità della cifra del riscatto versata per
ottenere la liberazione del sequestrato, in assoluto più che idonea - per di più, ove si consideri trattarsi di
valuta dell‟anno 1977, ossia di oltre un ventennio addietro - ad integrare gli estremi dell‟aggravante de
qua.
565
SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d‟ESTORSIONE
di SCALARI GIUSEPPE
Cesano Boscone, 16 maggio 1977
---oooOOOooo---
CAPO 2
AMANTE ANTONINO
CATANZARITI AGOSTINO
DISCEPOLO LOUIS VINCENT
INZAGHI MARIO
MOLLUSO FRANCESCO
MORABITO SAVERIO
NIRTA ANTONIO
PAPALIA DOMENICO
PAPALIA ROCCO
STRANGIO ANTONIO2
STRANGIO FRANCESCO
---oooOOOooo---
______________________
1
O.c.c. del 2.10.93 per CATANZARITI, DISCEPOLO, PAPALIA ROCCO, STRANGIO ANTONIO, STRANGIO
FRANCESCO (per quest‟ultimo, provv. di scarc. del Tribunale di Milano del 2.5.94): o.c.c. del 2.12.93 per MOLLUSO;
o.c.c. dell‟8.11.93 per NIRTA; contestazione suppletiva all‟udienza del 30.5.95 per AMANTE ANTONINO; MORABITO
ed INZAGHI a p.l.; provv. di c.c. per AMANTE ANTONINO e PAPALI DOMENICO emesso dalla corte contestualmente
alla presente sentenza.
Decr. rinv. giud. del 28.6.94 per CATANZARITI, DISCEPOLO, NIRTA, PAPALIA DOMENICO, STRANGIO
ANTONIO, STRANGIO FRANCESCO (per quest‟ultimo, come modificato nelle udienze del 18 e 24 settembre 96), decr.
del 16.9.94 per INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, PAPALIA ROCCO ut supra per AMANTE ANTONINO.
La relativa posizione è stata oggetto di separazione del presente procedimento con ordinanza della Corte in data 27.9.95.
566
Premessa con notazioni metodologiche
Alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE occorre premettere talune notazioni di
metodo - in ordine ai criteri informatori di siffatta ricostruzione - indispensabili a chi, procedendo alla
disamina della stessa, intenda avere una compiuta e completa intelligenza del quadro globale in cui la
vicenda si inserisce.
Ed invero il sequestro dello SCALARI costituì il frutto di una specifica ed articolata
pianificazione operata da un ben preciso spaccato criminale: in siffatto scenario si inserì - come
variazione ed arricchimento del tema, per così dire - il progetto del sequestro di GALLI ANGELO, che
si valse del medesimo contesto e “know-how” organizzativo e fu posto in essere, in parte, dai medesimi
autori, addirittura procedendo a circa una settimana l‟attuazione del sequestro dello SCALARI.
Ben si comprende, dunque, come la ricostruzione dei due sequestri presenti diversi profili, assai
significativi, che sono assolutamente comuni ovvero hanno una valenza egualmente rilevante
nell‟economia delle due vicende. Evidenti ragioni metodologiche - volte ad evitare prolisse e
pedisseque ripetizioni, alle quali conseguirebbe inevitabilmente un inutile appesantimento dell‟intera
trattazione - appaiono richiedere, pertanto, che nella ricostruzione del sequestro attuato successivamente
si abbiano per acquisite le parti già oggetto di analitica trattazione nel contesto dell‟altra vicenda: ciò,
ovviamente, allorchè non vi siano profili meritevoli di ulteriori specificazioni e valutazioni. Resta da
aggiungere, ancora in punto di metodo seguito, che, laddove il richiamo articolato e la stessa ripetizione
appaiano poter essere di immediata utilità nell‟economia del discorso in itinere e non comportare un
rilevante appesantimento della trattazione, se ne farà, comunque, menzione senz‟altro.
Le considerazioni appena svolte danno contezza dell‟esigenza, nel procedere alla disamina del
contenuto del presente capitolo dedicato alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE, di
avere adeguata e compiuta cognizione del quadro
567
delle risultanze processuali concernenti il sequestro di GALLI ANGELO ed approfonditamente esposte
ed illustrate nel capitolo precedente: ciò, essendo le due vicende accomunate da un unico genoma
criminale, per così dire, costituito dall‟identità sia del contesto di criminalità organizzata che ebbe ad
esprimerle sia del gruppo delinquenziale, che le avviò materialmente ad attuazione.
La genesi nel racconto di MORABITO
Ha riferito il MORABITO che, dopo aver lasciato il carcere di Torino il 10 febbraio 1977, egli
si avvicinò al MOLLUSO, che all‟epoca lavorava come autocarrozziere, per cercare di programmare
qualche “toraccatura” di automobili; frequentando il predetto MOLLUSO, ebbe modo di rivedere
INZAGHI, col quale aveva già rapporti di conoscenza da tempo, senza peraltro aver avuto occasione di
operare con lui in attività illecite. A suo dire (854- 855), MORABITO incontrò un giorno PAPALIA
DOMENICO, che aveva un appuntamento col MOLLUSO, ed insieme decisero di tenere una riunione
in casa di INZAGHI: scopo della stessa - cui in effetti presero parte MOLLUSO, INZAGHI,
MORABITO, PAPALIA DOMENICO, TRICHILO ANTONIO, BARBARO FRANCESCO (detto “u
castanu”) e BARBARO DOMENICO (detto “u nigru”) - era quello di pianificare un incontro con
esponenti della famiglia di D‟AGOSTINO ANTONIO, ucciso a Roma, per spiegare loro che il
PAPALIA DOMENICO non era colpevole di tale assassinio. Si decise di tenere siffatto incontro presso
l‟ufficio milanese di viale Cirene, gestito da BRENICCI SAVINO e da AMANDINI MICHELE, e
peraltro si utilizzarono poi, a tal fine, i locali della sartoria di tale D‟URSO SAVERIO - amico
dell‟AMANDINI - siti pure in viale Cirene; terminato l‟incontro, MORABITO ripassò dall‟ufficio del
BRENICCI, dove vide NIRTA ANTONIO intento a parlare con AMANDINI.
568
In prosieguo, precisamente nel marzo 77, PAPALIA DOMENICO venne arrestato a Roma ed il
MOLLUSO iniziò a far capo a TRICHILO ANTONIO, che aveva scelto come base operativa la casa di
LUVARA‟ RENATO, in via Tolstoj a Milano. Ha riferito (891) MORABITO che, in tal contesto, fu
MOLLUSO a chiedergli se si sentisse di partecipare ad un sequestro di persona e, ottenuto il suo
assenso, lo accompagnò in casa di LUVARA‟ , dove egli incontrò per la prima volta NERI ANTONIO
ed il TRICHILO. Quest‟ultimo disse a MORABITO di aver ricevuto “la dritta” per il sequestro da un
grosso personaggio palermitano che viveva al nord, in soggiorno obbligato, ma non rivelò il nome dello
stesso nè quello della persona da rapire: spiegò solo che stavano lavorando a quel progetto da oltre due
mesi e non riuscivano ancora a concretizzarlo. MORABITO manifestò la necessità di conoscere il
basista e così venne fissato un appuntamento in un bar di via Lorenteggio: ivi il MORABITO,
unitamente a MOLLUSO, TRICHILO e LUVARA‟, incontrò UGONE SALVATORE ed il suo braccio
destro, DI GREGORIO GIUSEPPE, il quale conduceva in locazione un immobile di proprietà dello
SCALARI3 . MORABITO - che già conosceva l‟UGONE, perchè erano stati coimputati nel processo per
le rapine ai supermercati4 - apprese in quell‟occasione dal predetto che la persona da rapire era un
industriale farmaceutico di nome SCALARI, soggetto molto facoltoso e titolare di uno stabilimento di
produzione sito in Trezzano sul Naviglio; apprese congiuntamente che il progetto del sequestro era
opera dei “siciliani”, i quali non avevano potuto concluderlo, perchè a seguito di disposizioni
provenienti dai loro vertici, avevano ricevuto l‟ordine di abbandonare il filone dei sequestri di persona.
Così, secondo il MORABITO (898) , UGONE, con ogni probabilità all‟insaputa dei siciliani, aveva
passato “la dritta ai calabresi: ed invero, allorchè venne poi rinvenuto in casa sua denaro proveniente dal
riscatto di SCALARI, egli si suicidò in carcere, verosimilmente per sfuggire alla punizione dei siciliani5.
_________________________________________
1
Siffatta circostanza è stata specificamente confermata (7453)al dibattimento dello stesso SCALARI GIUSEPPE.
C.fr. la relativa sentenza della Corte d‟Assise di Novara del 23.5.75 - in vol. 213 n. 10 - dalla quale si rileva che
UGONE era stato imputato, in quel processo, del reato di associazione per delinquere.
5
In ordine ai rapporti criminosi intercorrenti fra i vari componenti del gruppo dedito ai sequestri di persona, una serie di
significativi riscontri si ricava dagli elementi acquisiti nel procedimento penale culminato negli arresti del 24.5.77. Le
relative sentenze di
4
569
La fase organizzativa nel racconto di MORABITO
Dopo l‟incontro con UGONE, MORABITO decise di verificare personalmente la possibilità di
realizzazione del progettato sequestro, effettuando una serie di sopralluoghi.6 Egli ha precisato (902) di
non ricordare bene se ad accompagnarlo per la prima volta presso l‟azienda dello SCALARI a Trezzano
fosse stato MOLLUSO o TRICHILO: certamente fu uno dei due ad indicargli la persona di SCALARI e
la sua automobile, una “Lancia coupè” di colore grigio metallizzato. Le volte successive, MORABITO
ritornò sul posto da solo - in un paio di occasioni forse con MOLLUSO e
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primo e secondo grado dell‟A.G. di Milano - specificamente richiamate ed indicate nel capitolo precedente - delineano un
complessivo scenario quanto mai eloquente. Di particolare rilievo appare il quadro probatorio ivi evocato in ordine a
TRICHILO, UGONE, DI GREGORIO, LUVARA‟ e NERI (che non sono imputati nell‟ambito del presente procedimento,
perchè già giudicati o deceduti). Con riferimento a TRICHILO, UGONE e DI GREGORIO, mette conto, in particolare,
richiamare i punti delle citate sentenze volti a focalizzare le circostanze di seguito indicate: UGONE venne trovato in
possesso di 45 milioni provenienti dal sequestro di SCALARI il 2.7.77, ossia il giorno successivo a quello del pagamento
della prima tranche del riscatto; una perizia, peraltro, dimostrò che le lettere indirizzate alla famiglia SCALARI per il
pagamento del riscatto erano state redatte con una macchina da scrivere sequestrata proprio al predetto UGONE. TRICHILO
venne indicato da una teste - v. anche la disamina delle dichiarazioni della teste INVERNIZZI - come presente nei pressi
dello stabilimento di SCALARI alcuni giorni prima del sequestro; UGONE, TRICHILO e DI GREGORIO vennero
fotografati insieme nel corso di un incontro a piazza Napoli, preceduto da varie telefonate intercettate ed avvenuto il giorno
successivo al sequestro. Quanto al LUVARA‟, poi deceduto - in primo grado assolto per insufficienza di prove dal reato di
concorso nel sequestro, ma condannato per associazione per delinquere - nella sentenza del Tribunale di Milano se ne
rilevava la costante presenza accanto al TRICHILO, con mansioni di segretario, anche con riferimento al NERI, dall‟insieme
di elementi raccolti e di telefonate intercettate emergevano specifici profili di coinvolgimento ed intensissimi contatti e
rapporti con gli altri personaggi. E dunque il complesso delle risultanze di tale procedimento, illustrato nelle relative
sentenze, appare rappresentare un eloquente punto di riferimento e compendio di riscontri per le dichiarazioni di
MORABITO.
6
Era questo un modus operandi abituale di MORABITO, come si evince dalla ricostruzione delle tante azioni
delittuose
che
lo
videro
protagonista
o
comunque
partecipe
570
con INZAGHI - per effettuare ulteriori appostamenti. Ebbe così, a suo dire (954), modo di accertare che
lo SCALARI era una persona abitudinaria e che la sera, dopo aver lasciato i suoi uffici, percorreva
abitualmente la strada Vigevanese e la via Lorenteggio per raggiungere la propria abitazione, sita in
prossimità di piazza Missori a Milano.
Furono eseguiti degli appostamenti anche durante il giorno, non solo dal MORABITO ma altresì
dal TRICHILO e dal LUVARA‟. Grazie a tali osservazioni, MORABITO si accorse che, nel corso della
mattina, SCALARI era solito uscire dai locali dell‟azienda e raggiungere un altro stabile di sua
proprietà, sito nella stessa via Leonardo da Vinci, dove probabilmente operava una sua segretaria con la
contabilità “in nero” dell‟impresa: ha riferito (959) in proposito il MORABITO che egli pensò anche di
abbandonare il progetto del sequestro, per tentare di realizzare un‟estorsione ai danni di SCALARI,
previa sottrazione della documentazione contabile de qua, dietro minaccia di consegnarla alla Guardia di
Finanza, in caso di rifiuto di pagare. I suoi amici non condivisero però siffatta idea e vollero che si
procedesse con il sequestro.
Fu deciso di rapire lo SCALARI a Trezzano, perchè si aveva una migliore conoscenza di tali
luoghi, le strade erano meno frequentate e l‟effettuazione della fuga si presentava più facile. Poichè il
TRICHILO sollecitava continuamente MOLLUSO, affinchè si accelerassero i tempi del sequestro, fu lo
stesso MORABITO a telefonare al predetto TRICHILO per dargli assicurazioni al riguardo, dicendogli
che il lunedì successivo sarebbero andati “sul cantiere con gli attrezzi” 7: indicazione criptica,
finalizzata a comunicare che il lunedì successivo era il giorno designato per compiere il rapimento.8
________________________
7
Cfr. la trascrizione dell‟intercettazione telefonica del 14.5.77 ad ore 18,56, in vol. 109.
8
Le numerose conversazioni telefoniche intercettate appaiono acquisire - alla luce del complessivo quadro conoscitivo
fornito dal MORABITO ed ampiamente confermato (v. infra) da INZAGHI e da AMANDINI - caratteri di univocità e di
significatività di assoluta consistenza: quei caratteri che erano apparsi presenti in misura insufficiente prima delle rivelazioni
del predetto MORABITO, il che, in particolare, aveva impedito nel già richiamato processo a suo tempo celebrato a carico
del LUVARA‟ e degli altri, di affermare la responsabilità penale degli imputati per il sequestro di SCALARI GIUSEPPE,
eccezion
fatta
per
il
TRICHILO,
condannato
per
tale
reato:
la
valutazione
571
peraltro, con gli altri elementi di cognizione, di quelli emergenti dalle intercettazioni telefoniche de quibus aveva consentito
l‟affermazione della responsabilità penale di LUVARA‟, INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, TRICHILO e - solo in
primo grado - di AMANDINI, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di sequestri di
persona a scopo d‟estorsione (cfr., in vol. 111, la relativa sentenza del Tribunale di Milano del 6.3.79 e quella della Corte
d‟Appello di Milano dell‟11.12.81).
Con riferimento alle predette intercettazioni telefoniche - richiamato integralmente, in punto di utilizzabilità e di valenza
probatoria, quanto già specificamente osservato nel capitolo dedicato al sequestro di GALLI ANGELO - risulta interessante
soffermare l‟attenzione sulle seguenti:
- telefonata del 12.5.77 di TRICHILO, INZAGHI, MOLLUSO con tale “compare ANTONIO”, con particolare riguardo ai
riferimenti in ordine a contrasti esistenti all‟interno del gruppo circa le persone che avrebbero dovuto partecipare al
sequestro: appare da segnalare specificamente il passaggio in cui il “compare ANTONIO” cercava di proporre un “bravo
lavoratore” a lui noto e TRICHILO rispondeva testualmente: “compare, questo è un lavoro mio. Fino ad ora FRANCO ha
sempre organizzato gli operai per il cantiere, noh! Ora però ci siete voi. Per favore portatemi uno dei vostri ed io lo metto”;
il “compare ANTONIO” evidenziava poi che, appena fossero arrivati, bisognava “trovare loro la casa per farli stare”.
- telefonata del 13.5.77, in cui TRICHILO chiamava da casa di INZAGHI un numero di Roma (06/6653099), facendo
presente all‟interlocutore di aver “i due lavoratori” e facendo riferimento al “lavoro anziano”, che sarebbe scattato presto;
l‟interlocutore gli rispondeva che avrebbe dovuto richiamarlo al 54109, facendo il solito prefisso: sul fatto che il predetto
interlocutore del TRICHILO si identificava in NIRTA ANTONIO, “l‟esaurito”, si veda in dettaglio, nel capitolo relativo al
sequestro di GALLI ANGELO, la disamina delle dichiarazioni dei testi TRIOLO e CARNEVALE.
- telefonata del 14.5.77 tra MORABITO e LUVARA‟, nella quale veniva fissato un appuntamento per il lunedì successivo,
giorno in cui si sarebbero recati al “cantiere con gli attrezzi”;
- telefonata del 14.5.77 in cui una persona chiamava TRICHILO, avvertendolo che aveva telefonato “ANTONIO il biondo”;
il TRICHILO rispondeva testualmente: “a loro due, quando vengono a casa tua, li fai stare in salotto, prendi qualche
giornale o giornalino. Invece, quando devono mangiare, in cucina; quando finiscono, in salotto, capito? ... in modo da non
vedere niente... mi raccomando, in casa”;
- telefonata del 14.5,77 in cui TRICHILO, da casa LUVARA‟, cercava INZAGHI ed apprendeva dalla moglie che lo stesso
era con MOLLUSO: il TRICHILO si faceva passare allora la “persona bionda” e la salutava chiamandola “compare
ANTONIO” ed informandola che il programma era per lunedì;
- telefonate del 15.5.77 aventi come protagonista il TRICHILO, al centro di una frenetica attività di fissazione di
appuntamenti per il lunedì successivo 16 maggio : data in cui sarebbe accaduto certamente qualcosa, come tutti gli interessati
apparivano chiaramente sapere;
- telefonata del 16.5.77 (il giorno del sequestro), in cui MORABITO chiamava INZAGHI alle ore 7,54 che lo sgridava
perchè aveva faticato a trovarlo; gli diceva quindi: “ vedi che oggi piove eh!” e MORABITO gli rispondeva “allora bisogna
prendere l‟ombrello”.
- telefonata del 17.5.77, in cui “l‟esaurito” chiedeva al suo interlocutore LUVARA‟ “il lavoro com‟è andato?”, sentendosi
rispondere “alla fine vediamo se riesce bene, c‟è anche il vostro pensiero”.
572
La riunione conclusiva della fase organizzativa si tenne in casa del LUVARA‟; nell‟occasione
TRICHILO comunicò che all‟esecuzione del rapimento avrebbero preso parte due persone di San Luca,
che MORABITO non conosceva: STRANGIO ANTONIO, detto “Ricciolino”, e suo fratello.9
Il rapimento dell‟ostaggio nel racconto di MORABITO
MORABITO ha riferito che all‟azione esecutiva del sequestro presero parte, unitamente a lui
stesso, il MOLLUSO ed il LUVARA‟, in qualità di autisti, nonchè il NERI ed i due fratelli STRANGIO
e che nell‟occasione vennero utilizzate due auto procurate da INZAGHI
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