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emilia-romagna - Corriere di Bologna
www.corrieredibologna.it
Lunedì, 2 Novembre 2015
L’intervista
La strategia
Negozi
Vittorio Sgarbi:
«Emilia-Romagna
togliti il velo»
Academy con Bocconi,
Unieuro forma
i retailer di domani
Immobili commerciali,
Bologna è l’ultima
nelle compravendite
5
8
12
IMPRESE
EMILIA-ROMAGNA
UOMINI, AZIENDE, TERRITORI
L’analisi
Progetto Fico,
una narrazione
per Bologna
Primo piano
di Dario Di Vico
Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera
I
l progetto Fico è stata
presentato in pompa
magna lunedì 26 ottobre
all’Expo ed è quindi
iniziato il count down
ma la presentazione
milanese si presta a tutta
una serie di considerazioni
che vanno al di là del
conteggio-di-quanto-manca
all’apertura. L’aspetto più
interessante sul quale
riflettere è il rapporto che
va delineandosi sin dalle
prime battute tra Oscar
Farinetti e Bologna.
L’impressione che si è
avuta è che ciascuno abbia
bisogno dell’altro, che
l’inventore di Eataly cerchi
un retroterra culturale e
produttivo più largo e
robusto del suo «vecchio»
Piemonte e che Bologna
necessiti hic et nunc di un
acceleratore d’impresa o se
preferite di una iniezione
di adrenalina. Farinetti dà
(in abbondanza) all’Emilia
entrambe queste cose e le
condisce con quella
capacità di narrazione che
oggi in loco purtroppo
manca. Se dovessi coniare
uno slogan direi «con
Oscar non ci si annoia»
ovvero la discussione
diventa immediatamente
verticale, è proiettata in
avanti ed ha come naturale
palcoscenico la dimensione
globale. Per carità i
successi internazionali
dell’Emilia industriale
parlano abbondantemente
— e con profitto — la
lingua del mondo ma
quando il territorio deve
presentarsi come sistema
in una vetrina
internazionale come è la
Milano di oggi allora
finisce per diventare subito
«orizzontale», si carica di
procedure e di riti, perde
spontaneità e proiezione.
continua a pagina 15
Ingegno
una sessione di scribing per sviluppare meglio
le idee a cura di Housatonic
California dreamin’
Missione della Regione in Silicon Valley: promuovere le nostre aziende, ma anche
inaugurare un presidio che aiuti le startup a crescere. Palma Costi: «Una volta rientrate
creeranno lavoro». Intanto aumentano i fondi alle imprese innovative, mentre l’ultima
Start Cup premia progetti biomedicali e legati all’alimentare. Le idee del TedX
L’intervento
Il Trattato transatlantico
è un’occasione:
non bisogna avere paura
di Gianni Bessi
G
li incontri per definire i contenuti del Ttip
— il Trattato transatlantico su commercio
e investimenti che punta a creare una zona
di libero scambio, così come le contestazioni —
sono entrati nel vivo. È quindi il momento giusto per approfondire il tema, evitando i pregiudizi e cercando di avere un approccio «positivo»,
perché un Ttip definito da norme condivise e
trasparenti è una grande opportunità per sostenere le produzioni e le esportazioni italiane. Così
come avrà un significato politico, perché dovrà
essere approvato dal Parlamento europeo e ratificato dalle assemblee nazionali.
Ci sono quindi ragioni urgenti per trovare un
accordo: l’economia europea deve mantenersi
concorrenziale e dobbiamo esplorare ogni opportunità in grado di aiutare la ripresa, dando
ossigeno alle imprese e sostenendo, cosa fondamentale, l’occupazione. Come ha ricordato in più
occasioni il membro della commissione agricola
dell’Ue Paolo De Castro, grazie al Ttip saranno
rimossi ostacoli tecnici e regolamentari con effetti positivi per molti settori: soprattutto l’agroalimentare, in particolare quello italiano, perché
dopo quelli tedesco e francese, il mercato statunitense con il 9% è la terza destinazione delle
nostre esportazioni nel settore, per un totale di
3 miliardi, che ci vede al primo posto per vino,
olio, formaggi, salumi e prosciutti.
continua a pagina 15
2
Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
BO
PRIMO PIANO
La Regione apre un presidio per startup in California e aumenta
i fondi per gli innovatori. Costi: «Tornino qua e creino occupazione»
L’Emilia-Romagna sogna
la sua Silicon Valley
Chi sono
di Andrea Rinaldi
N
 Palma Costi,
assessore
regionale alla
Attività
produttive
 Patrizio
Bianchi,
assessore
regionale alla
Formazione
 Fabio
Rangoni,
presidente di
Aster
el ‘66, come cantavano
i Dik Dik, la California
si sognava. Oggi la terra
del sole non è più una
destinazione mitica,
ma un traguardo alla portata di
molti. Per lo meno di quei molti
che hanno in valigia una bella
idea e tanto ingegno. La giunta
Bonaccini finalmente ha capito
l’immenso patrimonio di giovani
innovatori che abita la via Emilia
e su di loro ha deciso di scommettere. Prova provata sono gli
ultimi sommovimenti nati in seno a via Aldo Moro.
A cominciare dalla missione
istituzionale che il presidente
della Regione — assieme agli assessori Simona Caselli e Palma
Costi, aziende leader dell’agroalimentare, atenei e industriali
emiliani — condurrà in Silicon
Valley da giovedì all'11 novembre.
Sei giorni in cui Bonaccini incontrerà il governatore dello stato americano Jerry Brown e il
suo ministro dell’agricoltura, vi-
Missione
Lo scopo della visita di
Bonaccini è affiancare
le nostre imprese sul
mercato americano
siterà il quartier generale di Google e il campus Apple, promuoverà la rete regionale Alta tecnologia e la Smart specialisation
strategy dell’Emilia-Romagna
nell’alimentare, ma soprattutto
lancerà a Menlo Park il programma «Emilia-Romagna Technology venture launch program». E
qui sta il bello. Perché 10 startup
nostrane, grazie alla vittoria di
un bando frequenteranno un
corso intensivo di formazione,
tra lezioni di finanza, esplorazioni di incubatori e workshop con
promettenti aziende californiane. Per la cronaca le startup sono FruttaWeb di Marco Biasin,
Sgnam di Giovanni Cavallo, Easy
Dinner di Nicola Calboli, GoVid
di Fabio Catani, Tickete di Massimo Giacchino, LocalJob di Andrea Lugli, Elements di Federico
Thei, Plumestars di Anna Giulia
Balducci, Saladz di Elena Galli,
SpesaCasa di Roberto Pasi.
La visita istituzionale porta
però con sé un’altra novità: l’ufficializzazione del primo presidio
della Regione in Silicon Valley,
rappresentato da Irene Mingozzi,
che si occuperà del tutoraggio
delle nostre imprese innovative.
Si trova a Downtown San
La mappa dell’innovazione
LE STARTUP IN REGIONE
SETTORI
2015
3.842
Servizi internet
35,5%
+123%
2013
1.719
Comunicazione e new media
12,05%
9
Rispetto al totale nazionale
27,1%
Numero medio di addetti
Ambiente e territorio
500.000 euro
77%
Fatturato medio
(+35% in 4 anni)
Tasso di sopravvivenza
elevato
20%
Microelettronica
e sensoristica
I CAPOLUOGHI DOVE NASCONO
% del totale
regionale
1
Bologna
32,1
settima provincia
italiana
2
Modena
27,1
3
Reggio Emilia
11,4%
Edilizia, nuovi materiali
e nanotecnologie
Il resto meccanica, design
e architettura, agroalimentare,
energia e salute
COSA CERCANO
62,5%
6
5
4
Ferrara
4
3
10%
57,5%
10
7
5
7
8,6
45%
5
ForlìCesena
e Parma
6
Piacenza
7,1
4,3
1,4
7
Ravenna e Rimini
Consulenze
specialistiche
Concorsi
e premi
per le imprese
Formazione
Fonte: Aster-Università di Bologna
Francisco, per ora all’interno di
un coworking: «Collaboriamo
però con una società americana
che è il nostro punto di appoggio fisico e operativo qua, a San
Mateo in particolare — racconta
Mingozzi — e nel 2016 prevediamo diverse tipologie di supporto
alle startup regionali in California, dall’educational al fund raising».
«Ci sono già soggetti efficientissimi che lavorano in Silicon
Valley per facilitare l’accesso alle
startup, il nostro ruolo non vuole essere quello di sostituirci a
loro — precisa la ricercatrice —,
ma quello di fare rete per massimizzare le loro opportunità».
Lo ribadisce chiaro e tondo
l’assessore alle Attività produttive, Palma Costi, «Attraverso il
consorzio Aster abbiamo attivato
questo presidio per aiutare i giovani startupper a trovare oppor-
Kick-Er
Da venerdì scorso
i nuovi startupper
possono essere aiutati
nel fare collette online
Finanziamenti
Entro dicembre un
nuovo bando da 10
milioni, mentre il fondo
StartEr è salito a 20,5
57,5%
2
1
stato battezzato: si chiama KickEr, è stato ideato da Aster in
collaborazione con la piattaforma Ginger, e da venerdì scorso
offre un servizio di accompagnamento alla raccolta fondi online
per costituire il capitale di partenza.
«All’inizio ci siamo buttati sui
fondi Por Fesr, poi c’è stata la
linea dei bandi Spinner per nuove imprese, poi ancora i Tecnopoli e la ricerca agricola — racconta Patrizio Bianchi, assessore
regionale alla Formazione — oggi stiamo unificando tutto questo e lo chiamiamo Smart specialisation strategy per fare sempre più politiche coordinate».
Bianchi da ex rettore è uno
che si è sempre speso per integrare il mondo delle aziende con
quello delle università. Le sue
parole cadono infatti dopo la
sessione finale della sedicesima
Start Cup. La competizione tra
startup, organizzata quest’anno
dal consorzio Aster, ha conosciuto quest’anno una nuova e
vivace spinta: di 140 idee pervenute, solo 10 sono arrivate alla
tunità di networking con investitori, imprese e università americane affinché ritornino qua, applichino le ulteriori conoscenze
acquisite e creino occupazione».
La cura startup per aumentare
l’occupazione. A riprova, conferma Costi, entro dicembre uscirà
un nuovo bando per startup e
spin-off universitari da 10 milioni, mentre il fondo StartEr è stato incrementato a 20,5 milioni e
finanzierà anche le nuove imprese innovative, ma non tecnologiche.
Un altro propellente per gli
aspiranti innovatori è invece già
Informazione
e orientamento
finale del 26 ottobre e la scelta
delle tre vincitrici (5.000 euro
ciascuna il premio finale, vedi
articolo a pagina 3) ha evidenziato chiaramente qual è la strada che si vuole imboccare per il
futuro: biomedicale e salute. Dal
2010 sono state oltre 500 idee di
impresa candidate alla gara che
ha distribuito 18 premi regionali,
altrettanti locali, ha coinvolto
due assessorati e 6 atenei.
Per capire come sta lievitando
la competizione aiuta anche pesare la qualità, non solo la quantità. Quest’anno i candidati hanno presentato la loro startup con
dei pitch di 4 minuti di fronte a
due imprenditori esperti che ne
hanno evidenziato su un palco i
lati deboli, in pure stile televisivo a la «Shark Tank».
«Questa è una terra dove le
persone sono abituate a fare
squadra», osserva Gianluca Dettori, il fondatore di DPixel che
vuole fare di Bologna un hub
dell’innovazione con le 50 migliori startup italiane. «E poi c’è
stato un grosso mutamento culturale, 10 anni fa radunavamo 60
proposte imprenditoriali, oggi
sono arrivate a 140».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
3
BO
La locomotiva dell’innovazione
La kermesse
A Bologna
L’analisi di Crif: la percentuale di imprese innovative sul totale delle società di capitale
è superiore alla media italiana. Siamo primi anche per il numero di brevetti
Incontri
di orientamento
con team
con progetti
d'impresa
63
Startup
accompagnate
da un mentor
42
71

Meles
Vogliamo
allevare
insetti in un
substrato
ottenuto
dagli scarti
aziendali
della
mondatura
dei vegetali
I traguardi del 2014 in EmiliaRomagna Startup
98
D
a un lato 541 startup
innovative che spingono ricerca e hi-tech
contaminando il terr i t o r i o ; d a l l ’a l t r o
3.000 società internazionalizzate con più di 25 anni di attività che fungono da apripista
per intere filiere di subfornitura e trainano l’occupazione.
È il ritratto dell’eccellenza industriale emiliano-romagnola
realizzato dal gruppo bolognese di analisi finanziaria Crif
fondato e guidato dall’imprenditore bolognese Carlo Gherardi.
Crif ha scandagliato il brulichio di imprenditorialità che
si colloca tra giovani realtà all’avanguardia, come Bio-On e
Silicon Biosystem, e colossi
manifatturieri mondiali, come
Ima e Ducati, facendo oggi
della nostra regione la locomotiva del Paese. La via Emilia
guida infatti la classifica delle
grandi regioni manifatturiere
italiane, se si guarda all’incidenza delle startup innovative
(quelle iscritte alla sezione
speciale del Registro delle imprese, ex Dl 79/2012) sul tota-
Bandi
per startup
pubblicati
nella sezione
dedicata
62
16
Startup che
usufruiscono
dei percorsi
di Emilia
Romagna
Startup
6
Startup
portate
in fiera
Tutoraggi
di orientamento
online
le delle società di capitale:
0,49% contro lo 0,45% del Piemonte, lo 0,32% della Lombardia, lo 0,31 del Veneto e lo
0,28 della Toscana. Ed è prima
anche per innovazione, con
3,46 brevetti ogni mille imprese contro i 3,32 della vicina
Lombardia (che con 2.708
brevetti nel 2014, contro i
1.427 dell’Emilia-Romagna, ci
batte solo in numeri assoluti
secondo i dati del Mise).
È allineato invece alla media italiana il dinamismo delle
giovani imprese della via Emilia, quelle con meno di tre anni di vita e già internazionalizzate (tra attività di importexport e partecipazioni azio-
narie estere): il loro fatturato è
più che quintuplicato tra 2012
e 2013, secondo le elaborazioni Crif (+410%, ma si parte da
numeri assoluti bassi essendo
società appena nate). Ma è altrettanto sorprendente anche
la tenuta della aziende «storiche», attive da più di un quarto di secolo, che hanno colto
la sfida globale aprendo il loro
business oltreconfine, tra attività commerciali e investimenti diretti esteri in entrata
e in uscita. Dai bilanci di queste 3.000 società risulta che
dall’inizio della crisi del 2007
a fine 2013 i ricavi sono saliti
in media di oltre il 20% e il
loro fatturato nel 2013 era già
risalito sopra il dato pre-crisi
(+7,5%) mentre le loro omologhe italiane hanno ancora
quasi 5 punti da recuperare
rispetto alle performance del
2007. Segno forse che il dinamismo delle nuove generazioni imprenditoriali ha dato la
sveglia anche alle «vecchie signore» del capitalismo emiliano-romagnolo.
M. D. E.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le vincitrici della Start Cup 2015
BY-ento
Art
Bioridis
Il mangime del futuro
L’idrogel con dna sintetico Diagnostica, un prototipo
arriverà da colonie di insetti che rigenera i tessuti
riduce tempi e inefficienze

Galli
Il nostro
idrogel, una
volta
iniettato,
produce una
proteina per
favorire la
sua
colonizzazion
e da parte del
tessuto
cellulare
circostante

Tortori
Speriamo di
avere
completamen
te finanziato
il nostro
prototipo
entro la
prima metà
del 2016 e
avviare le
pratiche per
il brevetto
«N
el 2050 la popolazione umana raggiungerà i 9 miliardi: dovremo pensare bene come procurarci il cibo per nutrire
tutte queste persone». Basta questa premessa dal
palco della Start Cup per attirare l’attenzione del
pubblico e svelare il core-business di BY-ento, la
startup di 4 piacentini che si è meritata il podio
più alto della competition. «Gli insetti possono
diventare fonte proteica per la nutrizione animale
e fornire così una risposta alla spirale dei prezzi
che innescherà la domanda crescente di cibo»,
osserva Irina Vetere al lavoro sulla parte finanziaria della startup. La cui origine scaturisce dalla
tesi di laurea di Francesco Meles, 26 anni. Con lui
in squadra anche Maria Cristina Remuzzi, agronomo, e Claudia Sotgia, entomologa (nella foto).
«Vogliamo allevare insetti in un substrato ottenuto dagli scarti aziendali della mondatura dei vegetali, come bucce e pane secco — spiega Meles —
qui cresceranno la tarma della farina, della cera o
la mosca soldato nera, in un ambiente con umidità e temperatura controllate». Gli insetti così cresciuti verranno poi disidratati o essiccati per creare farine ad alto contenuto proteico destinati al
comparto zootecnico. All’inizio, prevedono gli
startupper, i destinatari saranno gli animali domestici per poi passare ai grandi allevamenti avicoli, suinicoli e dell’acquacoltura. Il primo stabilimento dovrebbe sorgere a metà dell’anno prossimo. Una vittoria che arriva proprio nella settimana in cui l’Ue dà il via libera alle nuove misure per
alghe e artropodi come «nuovi alimenti»
A. Rin.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
F
orse in regione passerà come la startup più
veloce della storia. Art è stata costituita solo a
luglio e già a fine ottobre è riuscita ad aggiudicarsi il suo primo finanziamento classificandosi seconda alla Start Cup. Tutto scaturisce dalla visione
di sei persone: Simone Lumetti ed Edoardo Manfredi, i due fondatori, Guido Macaluso, attuale presidente e Carlo Galli, vicepresidente (nella foto); a
loro si affiancano la cto Paola Lagonegro e Alberto
Ferrara. «Ogni anno milioni di persone si sottopongono a interventi di ricostruzione dei tessuti; solo
quello osseo ha un mercato di 2 miliardi e mezzo di
dollari», ragiona Galli, 37 anni, piacentino, ricercatore e titolare del corso di Rigenerazione dei tessuti
mineralizzati al centro di Biotecnologie per la Salute
dell’Università di Parma. «I fallimenti di molte terapie a riguardo sono ancora un problema rilevante,
perché molti biomateriali sono privi di quei segnali
che dicono all’organismo come reagire». Art propone una soluzione, il suo nome infatti è un acronimo
che sta per Apta Regenerative Technologies: biomolecole intelligenti arricchite con aptametri, dna sintetico che favorisce la risposta del corpo umano
catturando dall’organismo stesso quelle proteine in
grado di dirigere l’attività cellulare. «Il nostro prototipo è un idrogel che, una volta iniettato, produce
una proteina per favorire la sua colonizzazione da
parte del tessuto cellulare circostante». Le prime
applicazioni saranno in odontoiatria, stima Galli,
poi in ortopedia, ma ci vorranno 4-5 anni prima
dell’arrivo sul mercato: le sperimentazioni cliniche e
precliniche hanno lunghe gestazioni.
A. Rin.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«P
artiamo da tecnologie con cui lavoro da anni: il nostro prodotto va
a ricercare il maker di intervento
che richiama la malattia o risponde al farmaco, come una freccia che indica l’obiettivo». Andrea Tortori (nella foto), 34 anni da
Perugia, a Bologna ha trovato le basi per
costruire la sua Bioridis, terza classificata
nella Start Cup 2015. Una laurea in Biotecnologie poi un dottorato in Biologia molecolare, cinque anni fa l’imprenditore ha
maturato sotto le Due Torri le competenze
e la voglia per creare la sua startup biomedicale. Il suo prodotto è ancora top secret,
per questo con la somma ricevuta e altri
finanziamenti per cui è cominciata la caccia, Tortori conta di depositare nel più breve tempo possibile la richiesta di proprietà
intellettuale. «Speriamo di avere completamente finanziato il nostro prototipo entro
la prima metà del 2016 e avviare le pratiche
per il brevetto». Ad accompagnare questo
giovane scienziato nella sua avventura ci
sono altre tre menti: Mia Minashvili, economista, Gianmario Nieddu, esperto in
chimica organica, e Nicolò Rossi, ingegnere chimico. «La nostra ambizione è ridurre
le inefficienze dei laboratori research and
diagnostics, i tempi dei loro esami, ma
aumentarne stabilità ed efficienza». Bioridis punta al 30% del mercato dei life reagent.
A. Rin.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dai regali salva CO2
ai «mille»
dei Foo Fighters:
idee esplosive al TedX
S
ono emiliano-romagnoli, sono giovani innovatori e hanno partecipato
assieme ad altri italiani, sabato 24 ottobre, alla quinta
edizione di TedX a Bologna.
Un evento, nato in California
25 anni fa e diffusosi poi nel
resto del mondo, per portare
sul palco alcune «idee che
meritano di essere conosciute». Come quella di Paolo
Ferri, cresciuto in Emilia,
che ha creato « Wecity»,
l’app che trasforma ogni
grammo di Co2 emesso in
atmosfera in moneta virtuale
per premiare gli spostamenti urbani sostenibili. «Vai in
bici o viaggi su di un’auto
condivisa? Wecity ti regala
crediti Co2 per aggiudicarti
alcuni prodotti per la tua
mobilità. Dagli eco-viaggi, ai
voucher per il car-sharing,
agli accessori intelligenti.
Più ti sposti in maniera sostenibile più diventi ecologicamente ricco», ha spiegato
Ferri sul palco sottolineando
come gli sconti e i vantaggi
su prodotti e servizi possano
essere utilizzati all’interno
dello store online Wecity. Oltre all’app di Ferri, sul palco
di TedX è stata presentata
anche quella dedicata ai Foo
Fighters del faentino Fabio
Z a f fa g n i n i p e r r i v i ve re
l’emozione di quest’estate,
quando il giovane è riuscito
a riunire a Cesena 1.000 musicisti pronti a suonare «Learn to Fly» e a convincere la
band statunitense a fare tapp a i n E m i l i a - Ro m a g n a .
Un’idea fortunata, quella di
Zaffagnini, concretizzatasi
quasi da sola. Ma quando
questo non avviene, a correre in aiuto c’è MillenniaMInds Ltd, un azienda di successo situata in Silicon Valley
specializzata a sfruttare in
toto il potenziale della generazione identificata come
«Millennials», quella nata
dall’82 in poi. A presentarla
a TedX c’era il suo fondatore
romagnolo Luca Rossetti:
«Le vecchie generazioni dicono che i millennials sono
egocentrici, ma in realtà sono molto più determinati e
in loro vedo molto potenziale, per questo ho deciso di
appoggiarli» ha spiegato il
giovane. Per Forlì invece
c’era anche Lucia Chierchia,
che ha raccontato della sua
sfida per portare il modello
dell’Open innovation, teorizzato dall’economista statunitense Henry Chesbrough, nel
gruppo della multinazionale
svedese Electrolux, creando
nuove alleanze con partner
esterni. «L’obiettivo delle
imprese è fare innovazione.
Da qui nasce la necessità di
creare un ecosistema, come
Open innovation. Un nuovo
modo di fare business, costruito in sinergia con le
aziende e un network esterno rappresentato da inventori, startup e spin-off universitari».
Francesca Candioli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
BO
Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
5
BO
L’INTERVISTA
Vittorio Sgarbi
Il personaggio
La storia
La ricetta del critico per rivalutare il nostro
patrimonio: collegamenti tra arti diverse, legami
con il cibo e società di gestione pubblico-privato
Un ferrarese
poliedrico,
polemista in bilico
tra arte e politica
P
«Emilia togliti il velo»
Chi è
Vittorio Sgarbi,
Ferrara 1952,
è critico d’arte
e assessore
comunale a
Urbino. È stato
parlamentare,
l’ultimo
incarico con
Forza Italia
(2001-06), e
Sottosegretario
ai Beni Culturali
nel governo
Berlusconi II.
di Luciana Cavina
L’
arte antica come marchio di fabbrica.
Un’eccellenza che può convivere con
altre eccellenze dell’universo della produzione culturale o della produzione
industriale. Dal cibo di Fico al rombo
della Ferrari di Maranello. E l’Emilia-Romagna,
insomma, parola di Vittorio Sgarbi, può annoverare Guido Reni tra gli ambasciatori della
propria cultura per rilanciare l’economia. Senza
scandali. Perché, riassume il noto critico d’arte
ferrarese, «valorizzare il territorio, ritagliare
una propria vetrina nel mondo, è un’operazione che passa necessariamente dalla moltiplicazione di reddito e di benessere». E non è nemmeno più uno scandalo, anzi è una «scoperta»
che andrebbe meglio sfruttata, che con la cultura si fa impresa. Sostenibile. Il come è il vero
nucleo di un dibattito senza fine.
Lei ha di recente concluso a Palazzo Fava
a Bologna la mostra «Felsina Pittrice, da Cimabue a Morandi»: un’operazione virtuosa?
«Non ho fatto altro che ripetere quello che
aveva iniziato Roberto Longhi concentrando i
suoi studi sulla storia dell’arte partendo dall’arte padana. Con la prolusione del 1934 che diede inizio al suo insegnamento all’Alma Mater
rivoluzionò il pensiero attorno alla pittura bolognese: una scuola per tutto il 300, il 500 e il
600».
Dunque, ha riportato in luce questo primato. Il risultato in termini economici?
«Più di 80.000 presenze e una grande opportunità per Bologna e per la regione di tornare
al centro della storia dell’arte. Una spinta ulteriore a fare del capoluogo una meta di turismo
culturale. In un palazzo privato, Genus Bononiae, con la collaborazione del pubblico».
Bologna è già orientata al contemporaneo...
«L’arte antica può convivere con il contemporaneo. Ma i momenti più felici per l’arte
sono stati quelli delle grandi mostre curate da
Arcangeli, Emiliani, Gnudi, Riccomini. Fino
agli ani 70. Ma anche negli anni 80 c’è stata
una bella mostra di Benati sui Carracci. Prima,
nel 1956, Denis Mahon aveva organizzato
l’esposizione sui Carracci poi ha portato l’arte
emiliana alla National Gallery».
La nostra prima vetrina europea?
«L’arte di Guido Reni, i Carracci, Guercino,
erano al centro dell’arte europea, questo va
ribadito e spiegato. Soprattutto adesso che la
gente si muove per visitare mostre, è più consapevole. Bologna e l’Emilia-Romagna sembra
Palmira distrutta dall’Isis».
In che senso?
«Una civiltà sepolta minacciata dall’ignoranza. Ora va ri-esplorata. I prossimi passi sono il
Rinascimento e il Barocco».
Il cibo, però, sembra «tirare» più dell’arte...
«La mostra che ho curato per Eataly a Expo
“Il Tesoro d’Italia” attira almeno 3.000 visitatori
al giorno. È una bella idea di Farinetti coniugare le eccellenze enogastronomiche con quelle
artistiche. Una formula che può essere utilizzata anche a Fico, la cittadella dell’agroalimentare
che sorgerà a Bologna».
E Arte Fiera può essere una vetrina?
«Lo è, ma solo per tre giorni all’anno. Bologna è stata davvero capitale dell’arte contempo-

La valorizzazione si fa collegando per esempio
musica, cinema e teatro, altro bacino
ricchissimo cui la regione può attingere. O con
autori di diverse epoche. Così si realizzano
mostre, percorsi di rilettura, spettacoli.
Si può lavorare sul modello alla Farinetti
ranea fino al 1964 grazie alla presenza di Giorgio Morandi».
Tutt’oggi con le opere di Morandi si organizzano mostre in tutto il mondo e da Shanghai a New York si parla di Bologna.
«È giusto così, fa bene l’Istituzione Musei a
valorizzarlo. Ma il dopo Morandi è una disperazione. La bellezza di Bologna è di epoche
precedenti. Sono Jacopo della Quercia, Niccolò
dall’Arca, geni come Crespi e Gandolfi. Anche
per l’urbanistica: il Collegio di Spagna è un
gioiello. La Fiera e Kenzo Tange, per esempio,
sono il peggio della città».
Continuiamo a parlare del capoluogo: la
Regione deve contare soprattutto su Bologna?
«Il capoluogo è il nastro di partenza. È il
punto più centrale d’Italia. Qui si arriva facilmente con le reti ferroviarie e autostradali, ma
tutta la regione è una miniera. Va solo tolto il
velo. L’arte può attirare turismo e interesse
internazionale per quasi tutte le città o i borghi
della regione. Può creare, da sola, ricchezza e
anche diventare indirettamente un sostegno
per le eccellenze industriali che, anche in questo caso, già ci sono».
A quali altre città va tolto il velo?
«A Ferrara e Parma sicuramente. Ferrara,
partendo da de Chirico e la metafisica poteva
diventare il centro dell’arte contemporanea. Per
un po’ ci ha creduto. Ma sembra finita la grande stagione del Palazzo dei Diamanti. Parma
con il Parmigianino e il Correggio fino al 2006
ha messo in piedi mostre da 350.000 visitatori».
Qual è, secondo lei, il modo vincente per
continuare a valorizzare certe eccellenze?
«Creando collegamenti con diverse arti. Musica, cinema e teatro, per esempio, altro bacino
ricchissimo cui la regione può attingere. O con
autori di diverse epoche. Così si realizzano mostre, percorsi di rilettura, spettacoli. Si può
lavorare sul modello alla Farinetti in cui l’arte
si fruisce anche attraverso il cibo. E tanta promozione».
E il modello di gestione?
«Si possono costruire società tra pubblico e
privato. L’importante è tenere alto il valore culturale e scientifico di ogni operazione.Poi arrivano anche i profitti, su cui si può reinvestire».
Molte realtà sono carenti in promozione?
«Credo di sì. Se no non si spiega come
nessuno sembra sapere che a Faenza c’è il
museo della ceramica più importante del mondo. Che lì si produce la ceramica più preziosa.
Se fosse a Parigi ci andrebbero 100.000 persone
al mese. Ravenna, ancora, è il simbolo della
cultura bizantina. È come Venezia. Molti turisti
lo sanno, ma perché non ne parla tutto il
mondo?»
Quali tesori nelle province?
«I castelli del Piacentino o Brisighella, un
borgo che non ha eguali, nemmeno in Toscana, più famosa per i borghi. L’Emilia-Romagna
è un concentrato di eccellenze. Con tutto il
bello che ha non dovrebbe temere rivali».
[email protected]
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ersonaggio poliedrico.
Molto noto al grande
pubblico come critico e
storico dell’arte è spesso sotto
i riflettori, in qualità di opinionista un po’ a tutto tondo
(lui stesso si è definito «polemista»), per le sue invettive —
contro personalità della cultura o della vita pubblica — e
per gli interventi sopra le righe. Dai libri, dagli schermi
televisivi (è stato ospite e protagonista di numerose trasmissioni di successo a partire
dal Maurizio Costanzo Show
degli anni 80), o da diversi
palcoscenici pubblici.
Vittorio Sgarbi è stato di recente protagonista a Bologna
per aver curato a Palazzo Fava
(la più prestigiosa sede espositiva di Genus Bononiae) la
mostra «Da Cimabue a Morandi. Felsina Pittrice» in cui
venivano analizzati oltre sette
secoli di arte emiliana, mettendo al centro la scuola bolognese come attrattiva di diverse correnti pittoriche. L’esposizione, da febbraio ad agosto,
ha collezionato 80.000 presenze. Il critico ha già in cantiere,
sempre insieme al circuito di
Genus Bononiae — e con la
collaborazione del Comune —
altre esposizioni incentrare
sul Barocco e sul Rinascimento.
Come provocazione ha offerto anche la propria candidatura a sindaco della città
per le elezioni amministrative
del 2016 chiedendo appoggio
ad ogni schieramento. Sempre
sull’orlo della provocazione si
è anche candidato a sindaco
di Milano e assessore a Roma.
Nato a Ferrara nel 1952 e
laureato in filosofia con specializzazione in Storia dell’Arte
all’Università di Bologna, Sgarbi è stato più volte discusso
membro del Parlamento sotto
diverse e opposte formazioni
politiche, e di amministrazioni comunali tra cui quella di
Milano. Ha collezionato anche
incarichi ministeriali, suscitando polemiche di vario genere. Nel 2011 è incaricato dal
ministero per i Beni e le Attività Culturali come curatore
del Padiglione Italia per la
Biennale di Venezia. Quest’anno è ospite fisso del talk-show
televisivo di Rai 2 Virus - Il
contagio delle idee con uno
spazio personale riservato a
temi artistici-culturali. Collabora, tra le altre riviste, con il
Corriere della Sera e il settimanale Sette sempre su temi
riguardanti l’arte, il mercato
dell’arte e le attribuzioni. A
Expo, nel padiglione di Eataly
ha curato la mostra «Il tesoro
d’Italia» in cui ha inteso fare
una sintesi delle eccellenze artistiche della storia italiana.
Personaggio istrionico, trasmette il suo stile diretto e
appassionato degli interventi
dal vivo anche negli scritti. È
autore infatti di numerosi saggi e pubblicazioni sull’arte e
sulla critica d’arte tra monografie e cataloghi incentrati
sulla pittura.
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Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
BO
PIANETA LAVORO
Unieuro, Academy con la Bocconi
e un futuro da leader dell’elettronica
Formerà i retailer dei nuovi negozi. Intanto «Batte forte» la voglia di Borsa
Chi sono
di Alessandro Mazza
D
 Giuseppe
Silvestrini,
presidente di
Sgm
 Giancarlo
Nicosanti,
amministratore
delegato di
Sgm
ue come i mondi dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici. Due come i
«Mr trade» del Forlivese che hanno prima acquisito e
poi rilanciato Unieuro. Una la
rete di punti vendita, la più
estesa d’Italia, che «batte forte
sempre» dal quartier generale
di Forlì. E un mercato da 14
miliardi di euro che «può crescere di più».
La storia che ha portato Sgm
a gestire Unieuro dopo l’excursus d’Oltremanica degli inglesi
di Dixons è lunga quasi 80 anni
e ha ancora un capitolo decisivo
da scrivere. Ci sono stati cambi
nelle quote e nel mercato; si è
passati dall’ingrosso al retail,
ma non è cambiato il patron
forlivese Giuseppe Silvestrini.
Cresciuto nella bottega del padre dove in principio si vendevano radio, macchine da cucire
e bombole del gas, oggi a 74
anni è presidente di Unieuro,
colosso del retail guidato dall’ad Giancarlo Nicosanti.
Fondata nel 1937 dal padre
Vittorio, è ora guidata dai figli
Giuseppe e Maria Grazia (da
qui il nome Sgm). Nel 1982, insieme all’attuale ad Nicosanti, è
stato inaugurato a Forlì il primo
«megastore» Marcopolo della
Romagna da 1500 metri quadri.
«Lo abbiamo chiamato così
perché l’ingrosso dell’attività
precedente era in via Marco Polo — ha spiegato Silvestrini —
e il caso volle che abbiamo
inaugurato nei giorni in cui su
Rai 1 c’era la serie omonima e
molte persone venivano allo
store pensando di andare al cinema Marco Polo».
Tra le tappe fondamentali di
questa lunga carriera ce n’è una
che è ancora da scrivere. Il fondo Rhone Capital, che detiene il
70% delle quote Unieuro (il restante: 15% Dixons, 15% famiglia
Silvestrini e management), non
è impegnato nella gestione del-
Compagine societaria
Dipendenti
70%
I competitor
Mediamarket
(Media World e Saturn),
Expert, Euronics
Rhone
Capital
Punti vendita
Mercato
degli elettrodomestici
273
Affiliati
454
Dixons Retail
(franchising
leader inglese
di negozi di
elettrodomestici)
Negozi
181
Diretti
15%
1,397
miliardi di euro
15%
Fatturato
l’azienda e dopo dieci anni di
investimenti ha due strade per
capitalizzare: «Può quotare il titolo Unieuro in Borsa — ha detto Nicosanti — o vendere a un
altro fondo che lo quoterà. Il
mio auspicio personale è quello
di poter essere a guida della
prima azienda italiana del settore quotata in Borsa. Poi che a
fare questo passo ci accompagni Rhone o un altro fondo
cambia poco per noi. Chi oggi
può acquisire la nostra azienda
— continua — può avere come
obiettivo solo la quotazione, ma
i tempi sono dettati da logiche
che non governiamo noi come
management».
Il cruccio di Nicosanti e Silvestrini è il mercato italiano. Lo
hanno ribadito più volte entrambi, domenica 25 ottobre, in
occasione della giornata di formazione dedicata a dipendenti
e affiliati al Centro Commerciale Punta di Ferro di Forlì: «Il
mercato interno degli elettrodomestici – hanno detto — sviluppa un fatturato di circa 14
miliardi mentre in Germania è
42
miliardi
in Germania
14
miliardi
in Italia
Sgm
distribuzione
e management
di oltre 42 e i tedeschi sono
solo 20 milioni in più. Il nostro
obiettivo è quello di fare meglio
il nostro mestiere e questo significa far crescere tutti». Da
qui l’importanza per la formazione di chi gestisce i negozi
affiliati, culminata quest’anno
con il lancio dell’Academy Allievi Direttori: i corsi formeranno gli store manager in collaborazione con l’Università Bocconi
di Milano nei settori Visual
Merchandising e Sviluppo Manageriale.
La nuova sfida è iniziata il 29
novembre 2013 quando Sgm ha
perfezionato l’acquisizione della
catena Unieuro, fondata dal papà di Oscar Farinetti, poi ceduta
agli inglesi di Dixons nel 2002
per oltre 500 milioni di euro.
La storia
Fondata nel 1937
la Sgm nel 1982 apre
Marcopolo. Nel 2013
rileva Unieuro
A Rimini
Riciclo ed economia green
Da domani torna Ecomondo
con 1.200 espositori e 400 buyer
Taglia il nastro il ministro Galletti
I
Il gruppo
3.923
L’appuntamento
Nel 2013 il matrimonio con
Sgm ha fatto lievitare la rete di
distribuzione: da 93 punti vendita diretti e 88 affiliati oggi
Unieuro conta 3.923 dipendenti
e «454 negozi (tra diretti e affiliati) sul territorio nazionale»
secondo i dati snocciolati da
Nicosanti. Che aggiunge: «Ci
sono 273 imprenditori affiliati
che hanno fame di formazione
e informazione per affrontare
meglio il mercato».
Per poter dare lustro a
«un’attività in crisi» come era
Unieuro prima del passaggio è
stato necessario uno sforzo
massiccio in comunicazione
per dare corso alla nuova era.
Tra i frutti c’è anche il nuovo
brand presentato il 9 maggio
2015. «L’esercizio del 2014 – ha
rivelato Silvestrini — si è chiuso
con un fatturato di 1,397 miliardi di euro superando gli obiettivi che ci eravamo dati». Sui ricavi hanno inciso anche gli ultimi acquisti del presidente «Ho
comprato due cellulari per i
miei nipoti», ha detto ridendo.
l grande salone dedicato alla green economy e
all’economia circolare a Rimini dal 3 al 6 novembre. Ritorna, per la sua 19esima edizione,
Ecomondo, la fiera internazionale del recupero
di energia e materia e dello sviluppo sostenibile.
All’expo romagnolo saranno oltre 1.200 le aziende espositrici, organizzate su 16 padiglioni e 400
i buyer provenienti da 90 Paesi per un totale,
come sperano gli organizzatori, di oltre 100.000
visitatori.
Tra aree espositive e convegni, la fiera aprirà
martedì 3 novembre con la quarta edizione degli
Stati generali della green economy, durante i
quali sarà presentata la prima fotografia delle
imprese sostenibili a livello nazionale. A concludere l’incontro ci sarà Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente. I lavori poi proseguiranno
con cinque sessioni tematiche di approfondimento con circa 70 relatori su diversi argomenti.
Dall’internazionalizzazione delle imprese dell’economia verde e la collaborazione ambientale
Italia-Cina, al capitale naturale, all’appello delle
imprese ecosostenibili per l’accordo globale sul
clima, alla prevenzione del dissesto idrogeologico, alle politiche per il territorio, alla nuova
In mostra Una lampadina intelligente presentata
all'ultima edizione di Ecomondo
economia dei rifiuti.
Tra gli ospiti ci sarà anche lo storico dell’arte
e docente universitario Philippe Daverio, invitato dal consorzio Corepla, che, il 4 novembre alle
15, parlerà delle mille vite della plastica tra riciclo e innovazione. L’intervento di Daverio riguarderà un mondo particolarmente virtuoso, quello
della raccolta differenziata degli imballaggi in
plastica, saliti nel 2014 dell’8%, con una copertura della popolazione arrivata al 97%. Arricchiranno la kermesse, altri eventi come Key Energy
sulla mobilità sostenibile, Key Wind, il meeting
per le aziende del settore eolico, e Key Energy
white evolution sull’efficienza energetica.
Francesca Candioli
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Florim apre le porte ai nuovi talenti, anche filosofi e letterati
In ballo più di 20 posti per laureati under 30 nell’impresa modenese: obiettivo l’assunzione diretta
L’
idea è quella di scovare
i talenti appena mettono piede fuori dall’Università o addirittura
dalle scuole, allevandoli poi
direttamente in azienda. E
considerando che «strategia
che vince, non si cambia»,
avanti tutta con la formazione
fatta in casa, in modo che i
futuri impiegati conoscano
già (e perfettamente) come
funziona la macchina.
Sono già 26 i giovani under
30 assunti in questi anni da
Florim grazie al master che la
storica azienda di ceramiche
di Fiorano Modenese promuove dal 2011. E adesso si
replica, con la quarta edizione
del percorso didattico che
prevede 800 ore di formazione per una durata di sei mesi
tra lezioni frontali e affiancamento nei vari reparti dell’azienda: «La peculiarità che
caratterizza questo progetto è
proprio la formazione professionale di stampo nordeuropeo — spiega Davide Muccinelli, Project Manager — I ragazzi hanno così l’opportunità
di entrare in contatto con tutti i reparti, dal processo produttivo fino alla commercializzazione del prodotto, vivendo l’azienda a 360 gradi».
Un approccio che sembra
ribaltare la formula standard
della selezione in base agli
studi e alle esperienze lavorative, delle settimane (o mesi)
di contratto a tempo determinato o di stage. Nulla di tutto
questo nell’azienda guidata da
Claudio Lucchese, figlio del
fondatore Giovanni: l’azienda
modenese che tra unità produttive, società commerciali o
partnership in Europa, America e Asia conta 1.300 dipendenti (e un fatturato 2014 di
circa 330 milioni di euro) e
che ha da poco brevettato —
Fiorano A lezionedi prodotti nella sede della Florim
con il Centro Softech dell’Università di Modena e Reggio
Emilia — il primo pavimento
sensoriale in ceramica, ha
scelto di andare oltre facendo
una sorta di passo indietro,
puntando cioè direttamente a
chi si è appena laureato (o
diplomato): una formazione
«made in Florim» con un master gratuito, che prevede
inoltre un rimborso spese di
500 euro (oltre ai buoni pasto) col fine di un’assunzione
diretta in azienda. La scelta
sembra funzioni, con oltre
l’80% dei partecipanti alle
scorse edizioni entrato poi a
far parte del gruppo che non
è alla ricerca di soli ingegneri.
Sono più di venti i profili
richiesti per questa edizione
che apre le porte, ad esempio,
anche ai laureati in Lettere e
Filosofia, Scienze Politiche,
Giurisprudenza, Economia,
Architettura (oltre a chi ha
una laurea in Ingegneria gestionale, informatica, ambientale, materiale, civile) a
patto che abbiano meno di 27
anni e una conoscenza dell’inglese di livello B1-C2.
Chance anche per i neodiplomati con massimo 20 anni:
«In senso più ampio l’obiettivo del progetto è facilitare
l’incontro tra i giovani e il
mondo delle imprese attraverso un’articolata attività di
orientamento alle scelte professionali dei singoli candidati» evidenzia Muccinelli. I posti disponibili saranno 12, in
linea con le passate edizioni,
anche se potranno aumentare: per partecipare alle selezioni bisogna inviare una
mail a [email protected], in
pochi giorni le richieste di
iscrizione hanno già superato
quota 100.
Gaetano Cervone
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Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
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BO
SCENARI
Art Bonus, ai mecenati emiliani piace la lirica
A sette mesi dal varo del decreto del ministro Franceschini in regione sono stati donati quasi 4,5 milioni,
più da privati che da aziende. Sedici beneficiati, in testa i teatri dell’opera di Bologna, Modena e Parma
Chi è
 Dario
Franceschini,
Ferrara, 1958,
è Ministro dei
Beni Culturali.
È stato
deputato e
segretario
nazionale del
Partito
Democratico
Considerando che Parma con
il suo teatro fu uno dei primi
quattro progetti pilota dell’Art
Bonus, c’è da dire che quel seme non fu gettato proprio al
vento. Sette mesi dopo l’introduzione della misura voluta dal
ministro Dario Franceschini,
l’Emilia-Romagna può dire di
averne capito bene le intenzioni
e di aver dimostrato un solido
senso civico. L’Art Bonus consente una detrazione del 65%
fiscale sulle somme donate da
imprese per tutelare il patrimonio artistico italiano.
Al 23 ottobre — giorno in cui
il titolare dei Beni Culturali ha
presentato a Roma il primo bilancio dell’iniziativa per attrarre
capitali privati nella gestione e
tutela del patrimonio artistico
italiano — nella nostra regione
erano stati donati quasi 4,5 milioni di euro, di cui beneficeranno per restauri o finanziamenti 16 tra teatri e monumenti, sulle 36 istituzioni culturali
che si erano candidate. Un plafond che ci colloca al terzo posto in Italia, dopo Lombardia
(13 milioni) e Veneto (12 milioni, ma a farle schizzare in testa
sono anche donazioni monstre
come i 7 milioni di Unicredit
per l’Arena di Verona).
«Se si guarda agli interventi,
si scopre che i privati pesano
per una percentuale molto alta», dice Carolina Botti, direttrice centrale di Arcus, la società
pubblica a cui è stato affidata la
gestione del meccanismo dell’Art Bonus. «In Italia le persone fisiche che hanno contribuito finora sono state 567 sui 773
mecenati totali e anche in Emilia-Romagna registriamo molta
vivacità: i donatori sono stati
109 e in questo insieme i cittadini privati sono una buona fetta, dopo le imprese».
In cima alla top 36 degli enti
beneficiari nella nostra regione
figura la Fondazione Teatro Comunale di Bologna con la bellezza di 2.807.800 milioni di euro: ci sono due privati che han
contribuito con 300 e 500 euro
e poi mecenati del calibro di
Alfa Wassermann (100.000 euro) e Manifatture Sigaro Toscano (120.000 euro), ma anche la
Coop Ansaloni (25.000 euro) e
l’azienda di trasporti Tper
(33.000 euro).
Il Teatro Comunale di Modena invece ha raccolto 619.551,62
euro, mentre il Teatro Regio di
Parma 318.000 euro: qui un privato ha versato la bellezza di
100.000 euro, nel complesso
più di tutto quello donato da 9
aziende. Record di elargizioni
di privati per la Fondazione I
Teatri di Reggio Emilia: 52 me-
Le donazioni
Erogazioni liberali ricevute in euro
Fondazione Teatro
Comunale di Bologna
2.807.800
Fondazione Teatro
Comunale di Modena
619.551,62
Teatro Regio di Parma
318.000
Fondazione I Teatri
(Reggio Emilia)
298.950
Musei civici di Imola
142.000
Fontana del Nettuno
(Bologna)
59.400
Galleria Estense
(Modena)
32.456,89
Casa Piani sezione
ragazzi della
Biblioteca comunale
Imola)
10.000
lomani, che però non possono
competere con i 250.000 euro
di Iren Spa.
«Al momento dell’iscrizione
gli enti che si candidano a incamerare i fondi dell’Art Bonus
devono indicare un obiettivo di
raccolta da sommare ad altri incassi per raggiungere la cifra
necessaria alla gestione di esercizio o all'intervento di restauro
— spiega Botti — le fondazioni
lirico-sinfoniche per esempio
Biblioteca comunale
di Imola
8.000
Torre dell'Orologio
(Novi di Modena)
1.150
Lapide marmorea
di Cesare Battisti
(Parma)
4.880
Istituzione Bologna
Musei
1.000
Cripta Rasponi
(Ravenna)
4.800
Rocca Rangoni
di Spilamberto
1.000
Museo delle Storie
di Pieve - Rocca
(Pieve di Cento)
4.000
Restauro del colonnato
di piazza Municipale
(Ferrara)
88
hanno messo anche il loro bilancio, che però è coperto da
bigliettazione, sponsor ed erogazioni pubbliche». Bologna e
Modena ad esempio lo hanno
stabilito in 5 milioni, Parma in
3 milioni, Reggio in 6. Tornando all’elenco, alla Galleria
Estense un’impresa ha concesso
32.456,89 euro; per il restauro
della fontana del Nettuno Valsoia ha elargito 10.000 euro, il
Circolo della caccia 5.600 euro,
la Termal 5.000, solo per citarne alcuni. Singolare la voce Torre dell’orologio di Novi di Modena, danneggiata dal sisma
del 2012: due cittadini hanno
regalato rispettivamente 1.000 e
150 euro. Ancora a Parma infine, per ora sono le Assicurazioni Generali a curarsi della Lapide di Cesare Battisti con 4.880
euro.
Andrea Rinaldi
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Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
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SCENARI
Laboratori e filosofia fast fashion:
la Colombini punta a crescere con Febal
Uno stile italiano, ma adatto a un cliente
globale: ora va all’assalto di Dubai
A
nche il Titano volge lo
sguardo verso il Golfo
Persico. Dopo aver
aperto, a febbraio
2014, uno showroom a
Dubai, il Gruppo Colombini,
appartenente all’omonima famiglia, orgogliosamente sammarinese da oltre quattro generazioni, ha ora inaugurato il secondo. Ma, questa volta, lo spazio espositivo da 400 metri
quadrati porta le insegne di Febal Casa, eccetto una sola sezione, dedicata invece a Rossana: i
due marchi sono stati entrambi
acquisiti nel 2009 dall’azienda
di Falciano, che, fondata esattamente mezzo secolo fa per produrre arredamenti per gli hotel
della Riviera, con la diversificazione sia della proposta commerciale sia dei mercati di destinazione ha registrato, nel
2014, 160 milioni di euro di ricavi, con una crescita annua
dell’8,7% nel non facile mercato
interno, e punta per l’esercizio
in corso verso quota 170.
Pochi chilometri più in là,
Febal era nata nel 1959, all’alba,
superfluo aggiungerlo, del
boom economico, divenendo
poi alfiere del distretto marchigiano delle cucine con Berloni

Colombini
Siamo
convinti
che nel
nostro
settore ci
sia ancora
molto
spazio per
creare una
rete di
punti
vendita
vicina alla
filosofia dei
brand del
fast fashion
e Scavolini. E, proprio come
quest’ultimo concorrente, l’impresa del patron Armando Ferri
si era fatta conoscere anche
grazie alla pallacanestro: già
sponsor a fine anni ‘70 di una
squadra pesarese, il Delfino
Porto, nel 1983-84 era passata
in A1 sulle maglie del Napoli
Basket. Brevi, invece, le avventure calcistiche: sulle divise del
Bologna, nel 1981-1982, quando
in campo emergeva un giovanissimo Roberto Mancini, e come fornitore dell’ultima grande
Inter, nel 2008, quando Mancini aveva appena lasciato la panchina a Mourinho. Tuttavia,
l’appeal rimaneva essenzialmente limitato all’Italia. La
nuova proprietà, al contrario, si
è issata al comando forte di
una notorietà acquisita soprattutto oltre i patri confini, dove
oggi gli showroom di Colombini Casa si apprestano a varcare
la cinquantina, includendo
quella Cina nella quale, nel
2006, è stata anche creata una
filiale, dopo i tre poli produttivi
di San Marino. La formula dei
negozi è in genere il franchising, tuttavia con un forte controllo e coordinamento da parte della casa madre, che inoltre
garantisce la formazione della
rete commerciale con la Colombini Academy.
Anzi: se Colombini aveva già
testato sul proprio nome il
completamento verticale dell’offerta, accostando alle camerette da notte le proposte per il
reparto giorno, con il brand
marchigiano l’operazione è stata di fatto replicata su una più
elevata gamma. Da Febal è nata
Febal Casa: l’intento è trasferire
a tutta l’abitazione, dai divani ai
letti, dalle poltrone agli armadi,
il taglio concettuale prima applicato alle sole cucine, un taglio condiviso con una serie di
matite d’eccellenza del panorama tricolore. Emanuel Colombini, 36enne amministratore
delegato, sottolinea il «rinnovamento continuo di tutte le nostre linee prodotto, per un bud-
Design
Una delle
moderne
cucine con isola
progettate dal
gruppo
sanmarinese
Colombini in
mostra allo
showroom di
Dubai
get di investimenti che oscilla
tra i 5 e i 6 milioni l’anno»:
l’ultima frontiera si chiama Febal Lab, un incubatore di sperimentazioni in materia di design tutto interno al gruppo, che
nel proprio processo creativo
coinvolge, ormai da due anni,
gli studenti internazionali dello
Ied di Milano. «Siamo convinti
che nel nostro settore ci sia ancora molto spazio per creare
una rete di punti vendita vicina
alla filosofia dei brand del fast
fashion», continua Emanuel, figlio di Ivo, fondatore e tuttora
presidente. Febal Casa ha pertanto avuto i propri monomarca, e non solo i 31 in patria, ma
anche, appunto, i 15 esteri.
L’apertura a Dubai conferma
che la proposta total look è improntata a uno stile di vita italiano sì, ma adeguato alle esigenze del consumatore globale,
perché «Febal è un marchio ormai pronto per raccogliere sul
mercato internazionale i successi che merita. Lavoreremo a
fondo perché questo accada in
tempi brevi».
Quattro giorni fa pure Rossana, brand che invece è rimasto
confinato alle cucine, cucine
però di alto lignaggio, con un
modello esposto perfino al Moma di New York, ha inaugurato
un nuovo showroom nell’elegantissimo quartiere londinese
di Mayfair. È pertanto evidente
come il gruppo Colombini,
giunto ormai ai 900 dipendenti, punti ad aumentare una
quota di export che l’anno scorso, pur in ascesa del 5,7% rispetto al 2013, si è fermata a
14,7 milioni.
Nicola Tedeschini
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Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
BO
L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI
U
na burocrazia più veloce
e la messa in rete di infrastrutture e servizi per
rendere più competitive
le imprese che da Piacenza a Modena formano l’ossatura imprenditoriale medio padana. Sarebbe questo il risultato
di un riassetto istituzionale che
preveda la creazione dell’Area
vasta Emilia, secondo Unindustria Reggio Emilia, Confindustria Piacenza e l’Unione parmense degli industriali che, in
un protocollo congiunto, lanciano un appello alla Regione perché acceleri i tempi di attuazione della legge Delrio sul riordino
dei sistemi amministrativi locali
e l’abolizione delle province.
Peccato che proprio il sistema
confindustriale abbia preso una
strada diversa, con l’aggregazione della territoriale di Modena a
quelle di Bologna e Ferrara. Un
progetto al quale inizialmente
avrebbe dovuto aderire anche
Reggio Emilia, poi sfilatasi per
guardare verso Nord Ovest. Ora il
protocollo congiunto formalizza
Chi sono
Alberto Rota,
presidente
Confindustria
Piacenza;
Alberto Figna,
presidente Unione
Industriali Parma;
Mauro Severi,
numero uno
Confindustria
Reggio Emilia
in qualche modo la nascita della
nuova aggregazione confindustriale Nord emiliana, ma sembra anche l’estremo tentativo di
sfilare Modena dall’abbraccio
con Bologna. Insomma, siamo
agli sgoccioli di una partita che
allo stato vede all’orizzonte tre
nuovi soggetti di rappresentanza
degli industriali: la Confindustria Romagna, la Confindustria
Emilia-centro, e la Confindustria
Emilia-Nord.
La base da cui sono partite le
tre associazioni per caldeggiare
un’aggregazione sull’asse Modena-Piacenza è uno studio realizzato da Prometeia che ha preso
in considerazione diversi aspetti
delle quattro ex province: il mercato del lavoro, la specializzazione dei settori produttivi, le reti
di imprese e le infrastrutture. Ne
risulta la fotografia una realtà
territoriale omogenea dal punto
di vista storico, culturale, sociale
ed economico, in grado di generare il 4% del Pil nazionale e di
incidere per il 7,6% sull’export
nel settore agro-industriale.
Area vasta Emilia
7.526 13.175 14.913
20.250
55.863
Agricoltura Manifattura Costruzioni Commercio
ESPORTAZIONI DI BENI
Valori in milioni di euro
Var. % ’08-’14
6,1 3,2
0 -0,2 1,1
Logistica
e trasporti
SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA
Indice di specializzazione (Italia=100) calcolato sul valore
della produzione delle imprese
313
137
91
95
131
129
172
180
71
98
108
162
117
97
71
120
173
110
93
62
139
166
127
89
80
RILEVANZA SETTORIALE SULL'ECONOMIA NAZIONALE
Valore della produzione delle imprese
incidenza sul totale nazionale in %
1,4
0,6
0,4
0,4
0,6
1,4
1,8
1,9
0,7
1,0
1,3
2,0
1,4
1,2
0,9
2,0
2,8
1,8
1,5
1,0
6,1
7,3
5,5
3,9
3,5
Il settore più rilevante tra le provincie dell'Area vasta Emilia
è rappresentato dalla manifattura
28.253
Modena
10.769
Reggio Emilia
8.476
Parma
5.476
Qui il 4% del Pil italiano e le tre confindustrie
vogliono Modena nel nuovo assetto
Piacenza
VALORE AGGIUNTO TOTALE
Valori reali in milioni di euro
3.531
Area vasta Emilia:
il rilancio di Piacenza,
Parma e Reggio
I dati economici
DOMANDA
E OFFERTA DI LAVORO
Valori in migliaia
Forza Occupati Persone
lavoro
in cerca
133
120
12
215
199
15
247
231
16
326
300
26
920
850
70
Fonte: Prometeia su elaborazione Istat
«La condivisione di una visione comune da parte delle aziende di Piacenza, Parma, Reggio
Emilia e, sottolineiamo, auspicabilmente Modena, testimonia
come questi territori sentano
forte l’esigenza di una nuova dimensione amministrativa che
permetterebbe di avere risposte
tempestive e di dare soluzioni
omogenee ai problemi delle
aziende in modo da evitare differenze di trattamento fra territori» rilancia Alberto Figna, presidente dell’Unione Parmense
degli Industriali. E Mauro Severi,
presidente di Unindustria Reggio
Emilia aggiunge che «l’Area vasta Emilia ci consentirebbe di
superare le logiche conservative
del vecchio sistema delle province garantendo da un lato rilevanti economie di scala e di specializzazione nella fornitura di servizi pubblici e dall’altro un’importante capacità d’interazione
con le città metropolitane di Bologna e Milano o con sistemi sovraordinati come la Regione, il
Governo o l’Unione europea».
Dalla ricerca di Prometeia risulta che le imprese attive sul
territorio da Piacenza a Modena
sono poco più di 185.000 e nel
2014 hanno realizzato un valore
aggiunto di circa 55 miliardi di
euro. Un dato che, anche se in
calo rispetto ai valori pre-crisi
(dal 2008 al 2014 la variazione
media annuale è stata del -1,5%),
Sul web
Puoi leggere,
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articoli di
Corriere
Imprese su
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ha continuato a generare ricchezza in termini di export, 28
miliardi di euro nell’ultimo anno, in aumento del 7% rispetto al
2008. I comparti più attivi sono
quello agricolo e manifatturiero
con un’incidenza del 6,1% e 7,3%
a livello nazionale. I mercati di
riferimento per i prodotti dell’area vasta Emilia sono per il
50,7 % l’Europa occidentale, per
l’11,2% il Nord America, per il 10
% l’Asia e per l’8,1% la zona del
nord Africa e del Medio oriente.
Numeri positivi che devono
però fare i conti, dice Prometeia,
con ritardi legati al settore logistico e che rischia di incidere
negativamente sulla competitività delle imprese. Un ritardo che
la creazione dell’Area vasta, transitando dal modello della città
diffusa al modello delle reti di
città, potrebbe aiutare a colmare
sia perché sarebbe in grado di
programmare l’utilizzo e lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto, sia perché promuoverebbe politiche mirate ponendosi
come interlocutore tra i diversi
operatori.
«L’Area vasta sarebbe una sintesi di quelle che sono le specializzazioni presenti nelle diverse
province – spiega Alberto Rota,
presidente Confindustria Piacenza – In questo modo si permetterebbe di mettere in connessione
realtà che già da tempo lavorano
insieme ma lo si farebbe avendo
come interlocutore un soggetto
unico in grado di esercitare funzioni di pianificazione territoriale, infrastrutturale e ambientale
che consentono una semplificazione e una maggiore opportunità di sviluppo per le imprese».
Dino Collazzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
11
BO
L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI
Banca di Rimini e Bcc Valmarecchia,
a nozze 4.500 soci con la benedizione di Cl
Domenica il via libera alla fusione: direttore
Massimo Conti, presidente Fabio Pula
Il 2014 a confronto
BANCA DI RIMINI
BCC VALMARECCHIA
*Dati in migliaia di euro
2.215
Q
uando, a gennaio
2015, il governo Renzi si astenne dall’intervenire per via normativa sulle Bcc, non
escludendo tuttavia di ripensarci in futuro, il sistema promise in cambio una seria autoriforma, che includesse un’accelerata sulle aggregazioni, o
che almeno le agevolasse. Ora,
in attesa che prenda corpo il
progetto dei superpoli nazionali, vedi quella Cassa Centrale di
cui Corriere Imprese ha parlato
il 28 settembre, le aggregazioni
in effetti iniziano.
Domenica mattina, al PalaCongressi di via della Fiera, l’attuale Banca di Rimini approverà il matrimonio con la Bcc Valmarecchia, la cui assemblea
straordinaria si svolgerà in contemporanea nella relativa sede
legale. Le previsioni dicono che
le voci critiche non mancheranno, ma non saranno tali da
impedire l’entrata in operatività, dall’1 gennaio, della nuova
Rimini Banca, un soggetto architettato dai due cda già la
scorsa primavera, e che avrà
4.500 soci e quasi 1,5 miliardi
di euro di raccolta da clientela.
La presidenza andrà a Fabio
1,5
Miliardi
La raccolta del
denaro da
clientela che si
verrebbe a
creare dalla
fusione dei due
istituti bancari
riminesi
Pula, mentre la direzione generale spetterà a Massimo Conti.
Per un verso, dunque, considerando che entrambe le figure sono ascrivibili al mondo di
Comunione e Liberazione, il
costituendo istituto nasce sotto
il segno dell’organizzazione che
proprio in riva all’Adriatico tiene il Meeting. Per altro verso, è
stato rispettato il «cencelliano»
dogma, considerando che Conti lavora in Banca di Rimini e
Pula già presiede la Valmarecchia. Quest’ultimo, in un cda
idealmente paritetico con sei
poltrone, avrà però voto doppio
in caso di stallo. È uno dei dettagli in virtù dei quali, sebbene
formalmente si tratti di una fusione alla pari che darà vita a
una società nuova tout court,
persone addentro la materia
parlano di un’incorporazione
dell’istituto del capoluogo da
parte dei cugini.
Invero, i numeri dicono che
nello scorso esercizio hanno
sorriso sia la Valmarecchia, in
utile per 2,8 milioni; sia la promessa sposa, il cui utile di 1,3
milioni contrasta con un rosso
attestatosi attorno ai 14 milioni
tanto nel 2012 quanto nel 2013,
anno in cui si è chiuso il piano
Soci a fine anno
2.273
0
500
1000
1500
2000
2500
1.296
Utile netto*
2.793
0
500
1000
1500
2000
3000
2500
112.777
Crediti dubbi netti
a fine esercizio*
41.840
0
20
40
60
80
100
120
18,8%
% di crediti dubbi
su totale crediti
12,7%
0
5
10
20
15
97.536
Patrimonio netto
a fine esercizio*
102.329
0
20
40
60
80
100
Fonte: elaborazione propria basata sui bilanci depositati dalle società
di rientro avviato con il commissariamento a cavallo delle
due decadi. Sotto il profilo della qualità degli impieghi, tuttavia, al 31 dicembre scorso Banca di Rimini registrava crediti
deteriorati lordi per quasi un
terzo degli impieghi totali, pari
a 515 milioni, mentre per la
Valmarecchia il dato, del
18,26%, era molto più rassicurante. E a favore di quest’ultima
pendono, se si eccettua la raccolta, altri indicatori.
Ulteriori rumors suggeriscono che l’operazione sia stata a
dir poco caldeggiata dalla Federazione regionale delle Bcc,
che puntava sulle parallele nozze, in origine ritenute più probabili, tra gli altri due istituti
della provincia, Malatestiana e
Romagna Est. Queste ultime,
interrompendo bruscamente le
120
trattative in estate proprio per
disaccordi sulla governance,
hanno anche congelato il progetto di arrivare, in un secondo
momento, a un polo unico del
Riminese: un polo in grado,
più che di far concorrenza a
Banca Carim, di riempire lo
spazio che si aprirebbe con il
possibile passaggio della stessa
Carim in mani forestiere.
Di certo, nell’attuale contesto, appare pericolosa la tentazione della concorrenza reciproca, tuttora presente tra le
Bcc nonostante qualche recente fusione, considerando pure
il crescente numero di cittadini
che si servono di sistemi informatici anziché degli sportelli.
Soprattutto in Romagna sono
frequenti gli sconfinamenti degli istituti dal comune di origine a quelli limitrofi e meno limitrofi. La sovrapposizione era
comunque un problema limitato nel caso di Banca di Rimini
e Valmarecchia, che unite
avranno 210 dipendenti, e il 9
ottobre hanno rinunciato ai 24
esuberi preventivati, grazie a
un accordo con i sindacati basato su incentivi all’esodo e implementazione del part-time.
Ora non resta che smentire l’ultimo precedente, quello delle
Bcc di Macerone e Romagna
Centro, le cui nozze, nel 2008,
hanno fatto da anticamera al
commissariamento del nuovo
Credito cooperativo di Romagna. Una fusione, come in cuor
proprio ammette pure qualche
dirigente del settore, un po’
troppo rapida, risoltasi dunque
in problemi a livello di governance e nondimeno contabili.
Nicola Tedeschini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12
Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
BO
TERRITORI E CITTÀ
Il borsino
L’idea
A Langhirano
Grandi Città - solo capoluogo (compravendite)
I sem 2014
I sem 2015
1
Variazione %
71
64
+10,9
143
2
181
-21,0
182
3
5
144
+26,4
Torino
4
148
4
Genova
141
10 Verona
Milano
9
11
MODENA
Trovare o vendere la
casa ideale: con Morini
nasce il «problem
solving del real estate»
2 BOLOGNA
+5,0
3
+3,6
Firenze
603
5
582
290
6
U
creditizia che non facilita l’acquisto: le banche hanno ridotto di molto la copertura finanziaria, se prima erano disposte a erogare anche il 70% del
prezzo dell’immobile, ora si
fermano al 50% o anche meno. L’altro problema — continua Rossi — è la forte tassazione a cui è sottoposto il proprietario. Per stimolare il mercato, soprattutto in
riferimento ai negozi di vicinato, Confesercenti ha lanciato l’idea di una legge nazionale che porti ai cosiddetti patti
di deroga: il proprietario del
negozio paga una cedolare
secca e il comune potrebbe
alleggerire l’Imu a chi affitta a
canone concordato». Secondo
il direttore dell’associazione,
inoltre, le strade non legate al
passeggio stanno perdendo
appeal. Lo conferma anche
Marco Rizzardi, affiliato Tecnocasa Immobili per l’Impresa: «A Bologna un negozio in
via dell’Indipendenza non è
mai vuoto, le cose cambiano
già nella in via de’ Falegnami.
Le differenze si calcolano nel
giro di pochi metri quadrati».
Mara Pitari
na casupola da risistemare,
un cliente alla ricerca della
casa dei suoi sogni, e un
venditore che non riesce a concludere l’affare perché sbaglia
pubblicità. Sono solo alcuni dei
casi che in questi giorni sono
passati tra le mani di Mariella
Morini che a Langhirano, nel
Parmense, ha aperto il primo
studio di problem solving immobiliare.
«Mi sono costruita una figura
lavorativa nuova, lontana da
quello che oggi è l’agente immobiliare — spiega la giovane imprenditrice — Faccio la consulente, colei che aiuta il cliente a
cercare la casa che desidera, o a
riuscire a vendere immobili rimasti troppo a lungo disabitati».
E per farlo si è dotata di una
squadra di interior designer, architetti, geometri e altre figure
che possano seguire ciascun caso da tutti i punti di vista.
«Spesso — continua Morini —
alcune compravendite non si
formalizzano non tanto per fattori economici, ma per la difficoltà di comunicare e di percepire le potenzialità di una casa.
Piccoli, ma necessari lavori di ristrutturazione, interventi di valorizzazione e pratiche burocratiche da espletare diventano a volte il vero ostacolo».
Da qui è nata quindi l’idea di
Morini, dopo dieci anni da agente immobiliare, di trasformare in
lavoro un tipo di aiuto che le
veniva sempre richiesto, puntando sul recupero edilizio e su di
una rete di consulenti ad hoc,
oltre che sull’home staging. Un
servizio, molto diffuso negli Stati Uniti, per recuperare immobili
rimasti invenduti troppo a lungo
attraverso un insieme di tecniche, dal design al marketing, che
permettono, a basso costo, di rilanciare il valore commerciale
delle case.
«Le persone che richiedono
questo tipo di interventi sono in
aumento e anche nel nostro territorio è prevedibile che la tendenza sia destinata a consolidarsi sempre più nei prossimi anni», aggiunge Morini che con la
sua attività di problem solving,
che conta già le prime decine di
clienti, cerca di invertire la rotta
negativa che negli ultimi anni ha
caratterizzato il mercato immobiliare e chi opera in esso. Solo
a Parma lo scorso agosto si contavano più di 11.200 annunci di
immobili in vendita e oltre 4.850
in affitto: circa 91 annunci ogni
1000 abitanti (dati Osservatorio
Immobiliare, 2015). «In periodi
come questo la gente fa fatica a
fidarsi, così vendere e comprare
case sta diventando sempre più
difficile. Bisogna iniziare a ridare
importanza al fattore umano anche quando si vuole concludere
un buon affare» ricorda Morini.
Francesca Candioli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Roma
211
8
+37,4
Bari
126
7
Napoli
91
699
650
+7,5
338
9
11
6
+38,5
8
10
1
344
-1,7
67
7
43
+55,8
Palermo
152
120
+26,7
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa su dati Agenzia delle Entrate
A
pro un negozio o un
bar, ma vado in affitto. Se poi gli affari
vanno bene, valuto
anche l’acquisto dei
muri. Sembra pensarla così la
maggior parte dei nuovi imprenditori del commercio. Vale per Bologna, ma la tendenza è generale. Eppure, mentre
nelle principali città italiane
nei primi sei mesi del 2015 c’è
stato un aumento delle transazioni immobiliari del settore commerciale, sotto le Due
Torri si assiste a un vero e
proprio tracollo. Meno 21% di
compravendite rispetto al primo semestre del 2014 a Bologna città (i dati aggregati riguardano i negozi, i centri
commerciali e gli alberghi). In
cifre, sono stati venduti 143
spazi commerciali rispetto ai
181 dell’anno scorso. Lo dice
Tecnocasa, elaborando i dati
dell’Agenzia delle Entrate. Curioso, se si pensa che da gennaio a giugno la città ha assistito a un fiorire di negozi.
Ma otto anni di crisi sulle
spalle pesano, e chi scommette su una nuova attività preferisce restare cauto. Più audaci
sono i commercianti nel resto
d’Italia. Da Nord a Sud, nei
primi sei mesi dell’anno sono
state compravendute 12.634
unità immobiliari, pari al
+2,5% rispetto al primo semestre 2014. Il trend è positivo
per Bari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma,
e Verona. La città scaligera è al
primo posto con le sue 67
compravendite (+55,8%). A seguire ci sono Palermo e Napoli: il capoluogo siciliano fa segnare 126 compravendite
(+38,5%), mentre la città par-
Immobili commerciali a picco
Bologna fa peggio di tutta Italia
Nei primi sei mesi del 2015 tracollo delle compravendite: -21%
Tecnocasa: «Le Due Torri si comportano come una città di provincia»
Chi è
 Loreno
Rossi,
direttore
Confesercenti
EmiliaRomagna
tenopea aumenta del 37,4%
(290 scambi). Roma e Milano
sono sempre le realtà in cui si
compravende di più, ma con
aumenti contenuti: 699 nella
Capitale (+7,5%) e 603 nel capoluogo lombardo (+3,6%).
Oltre a Bologna, peggiore di
tutte, Torino segna un leggero
calo (338 transazioni a fronte
di 344). Tutte le altre realtà,
invece, mostrano volumi in
aumento. In Emilia-Romagna
cresce anche Modena con 152
immobili venduti rispetto ai
120 del primo semestre 2014
(+26,7%).
«In Italia c’è stato un calo
dei prezzi e questo sta incentivando gli investitori — spiega Fabiana Megliola, responsabile dell’Ufficio studi del
gruppo Tecnocasa — Sono
soprattutto loro a comprare
per quanto riguarda il settore
non residenziale. Si tratta di
privati che hanno dei capitali
a disposizione oppure di società immobiliari-. Gli utilizzatori, invece, generalmente
vanno in affitto per vedere come va l’attività, poi valutano
l’acquisto in un secondo momento».
Eppure Bologna non sfon-
da: anche nel 2014 la città non
aveva dato segnali positivi
(-0,9% dall’analisi Tecnocasa).
«Ma le transazioni del settore
commerciale sono fortemente
legate all’economia della città
— spiega Megliola — contano
le strade pedonali e quelle di
passaggio, e le città di provincia hanno un comportamento
diverso rispetto alle grandi
piazze».
«Il calo è coerente con la
situazione di difficoltà che c’è
nel settore del commercio —
riflette il direttore di Confesercenti Bologna, Loreno Rossi — Il dato segnala che da
noi persiste la difficoltà del
commercio: le attività che
aprono sono poche e spesso
chiudono nei primi 3 o 4 anni
di vita. In più c’è una stretta

Rossi
Le banche hanno ridotto
la copertura finanziaria e i
proprietari son sottoposti
a una forte tassazione
Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
13
BO
FOOD VALLEY
Un codice che dialoga con lo smartphone
traccia il prodotto italiano Dop e Igp
Negli Usa
L’agenda
 3 novembre
A Bologna è
possibile visitare
fino al 6
dicembre la
mostra
fotografica
«L’industria
bolognese: un
dna
riconosciuto» a
Palazzo De’
Toschi, in piazza
Minghetti 4/D
L’evento
Il Parmigiano Reggiano avvia la sperimentazione con tecnologia Codentify TM
P
resto il consumatore
Usa potrà verificare se
il prodotto è made in
Italy semplicemente
con l’ausilio di uno
smartphone. «È una risposta
concreta a ciò che in teoria
potremmo ottenere, ma sarà
molto difficile, dalla firma del
Ttip — il trattato di libero
scambio tra Usa e Ue — ossia
il pieno riconoscimento del sistema europeo delle Dop e Igp
e delle relative tutele giuridiche. Conviene quindi focalizzare l’attenzione sulla tracciabilità dei prodotti agroalimentari investendo in nuove tecnologie che possano permettere
di risalire alla zona di origine», dice Denis Pantini responsabile settore Agroalimentare di Nomisma.
Lo studioso sottolinea come
da un recente studio condotto
in sei metropoli degli States
sia emerso che: primo, l’americano è davvero attento alla
provenienza e all’autenticità
dei prodotti che acquista
(l’85% degli intervistati); secondo: «il made in Italy è di
gran lunga il food importato
più richiesto e il 74% sarebbe
addirittura disposto a spendere di più per avere la certezza
dell’origine italiana». Il mercato statunitense rappresenta
circa il 20% dell’export agroalimentare Dop e Igp dell’Emilia
Romagna «ma lo sbocco diventa ancor più interessante in
prospettiva futura — avverte
Pantini — considerata l’alta
propensione all’acquisto e il
reddito medio pro capite previsto in crescita del 4 per cento
annuo nel prossimo quinquennio, che si aggira attualmente sui 42 mila dollari mentre in Italia è circa la metà».
Ma quanto ancora dovremo
aspettare prima di vedere il
Parmigiano Reggiano «codificato»? «I test sperimentali, terminati proprio in questi giorni
e effettuati su campioni di formaggio stagionato Dop, dimostrano che la tecnologia Codentify TM può essere estesa
anche ai prodotti agroalimentari e che si può procedere
stampando il codice direttamente sulla crosta di formaggio e non solo sull’etichetta,
Come funziona
Informazioni generali
1 (Codice Codentify, produttore
e tipologia confezionamento)
Pallet
2
Codice valido
Cartone
Informazioni del prodotto
3 (Codice, descrizione
e mercato di riferimento)
Contenitore
trale avviene tramite connessione internet sicura».
La tracciabilità è garantita
da un processo di aggregazione dei codici, abbinati tra loro,
dal code sul prodotto a quello
sul cartone e infine sul pallet.
In questo modo si possono seguire in tempo reale tutti i
punti critici della movimentazione. Non solo. «È un modo
per rafforzare il canale di fidelizzazione con il cliente dando
magari consigli utili sulla corretta consumazione del prodotto, talora una ricetta, oppure offrendo un semplice benefit come un codice sconto o la
possibilità di partecipare ad un
concorso a premio con estrazione del numero cifrato».
Tutto ciò a che prezzo?
«Molto ridotto, se tutto il Consorzio del Parmigiano Reggiano utilizzasse tale sistema per
l’autenticazione e il tracciamento dell’origine del prodotto (che verrebbe personalizzato e messo a disposizione da
Fata Logistic Systems in qualità di Service Provider), il costo
al chilo aumenterebbe solo di
pochi centesimi di euro».
B. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Unità
di Vendita
2
Formaggi
4
3
Informazioni del produttore
4 (Stabilimento, data
e linea produziuone)
5
Link a informazioni
di geolocalizzazione
5
6
Bevande
Stagione per stagione
portuno addestramento, con
l’intento di coinvolgere un domani anche la Dogana. Se applicato all’agroalimentare, il
Codentify TM può diventare
un valido sistema di tutela dell’origine di un prodotto a vantaggio non solo delle singole
aziende ma dell’intera filiera.
Addio, dunque, all’«italian
sounding» e ai falsari del cibo
tricolore che oltre a rappresentare un mancato introito per
molti, creano confusione nei
consumatori americani tant’è
che «9 su 10 sarebbero interessati all’utilizzo di sistemi in
grado di identificare l’autenticità dei prodotti visto che con
la tracciabilità si sentono garantiti in termini di sicurezza
alimentare, di origine e qualità».
Il codice, fanno sapere dalla
casa madre, «è protetto e sicuro; viene generato con un algoritmo molto complesso direttamente dal computer che
comanda la stampante della linea produttiva dopo che questo, insieme al computer dello
stabilimento, è stato autorizzato dal server centrale della Fata
Logistic Systems. Il collegamento tra i pc ed il server cen-
S
angiovese e Albana sono
tornati nel cuore degli Stati
Uniti. Per la terza volta negli ultimi anni una nutrita delegazione di consorzi di aziende
vinicole ha fatto assaporare il
frutto delle proprie vigne al
pubblico di potenziali importatori Oltreoceano. Al Simply Italian Great Wines US Tour ha
partecipato anche il Consorzio
Vini di Romagna che raggruppa
112 tra cantine e aziende associate da Rimini a San Lazzaro.
Con una propria delegazione di
7 esperti ha fatto tappa a Chicago e San Francisco dal 26 al 28
ottobre per favorire il contatto
tra produttori romagnoli e importatori e distributori a stelle e
strisce.
«In questi anni — ha dichiarato il presidente del Consorzio
Vini di Romagna, Giordano Zinzani (nella foto) — abbiamo notato un interesse crescente per i
nostri vini anche negli Stati Uniti. Lì preferiscono vini profumati e morbidi al gusto; è calato
l’interesse per la barrique a favore di rossi in cui si possa assaporare il gusto dell’uva e, per i
fruttati, della ciliegia marasca».
Per Iem, International Exhibition Management, il promotore
dell’evento rappresentati da Marina Nedic «gli Stati Uniti sono
il primo mercato al mondo per
importazione di vino. Nel corso
del primo semestre del 2015
l’export tricolore nel mercato
statunitense ha registrato un incremento in valore del +16,8%
per gli imbottigliati e del +47,3%
per gli spumanti, pari a più di
631 milioni di euro totali. Questi
dati confermano ancora l’Italia
come primo partner commerciale».
Ale. Ma.
1
contribuendo così a rendere
ancora più attendibile il sistema di tracciabilità», afferma
Guido Calliano account manager della Fata Logistic Systems
(Finmeccanica), l’azienda che
sta implementando in Italia la
tecnologia inventata dieci anni
fa da Philip Morris, al momento applicata esclusivamente
per combattere la contraffazione e il contrabbando di sigarette.
«Si tratta di un codice alfanumerico di dodici cifre stampato sul pacchetto, che si può
leggere su smartphone tramite
un’apposita applicazione attualmente in fase di sperimentazione presso la Guardia di
Finanza nell’ambito di un protocollo di collaborazione tecnologica con la Philip Morris.
Fornisce tutte le informazioni
che servono all’identificazione
del prodotto: si riesce a capire
se è autentico oppure no e la
sua origine grazie a un controllo facile e immediato».
La Fata Logistic ha fornito la
App alla Guardia di Finanza
insieme ad un portale dedicato a coloro che sono deputati
al controllo dei carichi che
transitano in Italia e ad un op-
Il Consorzio Vini
di Romagna
va in Usa a caccia
di nuovi clienti
6 Tab di risultato
 4 novembre
A Bologna
l’incontro dalle
14.30
«L’evoluzione
digitale per il
settore ricettivo a
portata di
bonus» in via San
Domenico 4
 5 novembre
All’Università di
Ferrara giornata
di formazione
«Horizon 2020
Sc6: Europe in a
changing world inclusive,
innovative and
reflective
societies» dalle 9
alle 13 in via
Voltapaletto 11
 6 -7 novembre
A Bologna è in
programma dalle
9 la prima Iasc,
l’International
association for
the study of
commons. Una
conferenza dal
titolo «The city as
a commons:
reconceiving
urban space,
common goods
and city
governance »
organizzata da
LabGov
all’Opificio
Golinelli in via
Paolo Nanni
Costa.
 7 novembre
Continuano i
sabati
dell’Università di
Parma per Expo.
La rassegna in
programma dalle
10 alle 13 a
Palazzo del
Governatore.
Questa volta si
parla di gusto e
identità
Lotta agli insetti con gli insetti e cura dei boschi
Ecco come le castagne mantengono la loro bontà
di Barbara Bertuzzi
«S
ono tornate a volare le api sui castagni, significa che la lotta biologica contro la vespa cinese ha prodotto buoni risultati e che gli alberi sono sani» dice soddisfatto Elvio Bellini, presidente del Centro di studio e
documentazione sul castagno di Marradi, sull’Appennino tosco-romagnolo. Il merito è un po’ anche suo, oltre che dell’Università di Torino e delle
Associazioni Castagno che insieme al Mipaaf hanno effettuato in questi ultimi anni migliaia di
lanci del Torymus, l’imenottero antagonista naturale del cinipide.
Le varietà di castagne in Italia sono circa 300.
Lunghe, corte o tozze; quelle medio piccole che
vanno bene da essiccare e si contano in 120-130
frutti al chilo. Poi ci sono i marroni, dai 50 ai 70
frutti al chilo (prezzi nella Gdo-Grande distribuzione da 3,9 a 6,4 euro/kg per le castagne; da 6,9
a 10 per i marroni; fonte: Cso). Il patrimonio
genetico del frutto è sempre lo stesso, ma ciò che
cambia sono gli ecotipi e i fenotipi sicché ogni
località esprime una propria peculiarità dalla castagna di Zocca (Modena) al marrone di Castel
del Rio Igp (Imola-Bologna).
Il nostro territorio produce qualità, manca però
una pianificazione produttiva. Cosa dobbiamo fare per rafforzare la filiera? «Curare meglio i castagneti con potature e concimazioni — suggerisce
Bellini — e fare nuovi impianti sfruttando le
tecniche della frutticoltura moderna: l’Emilia-Romagna insegna». Poi il nodo cruciale è il mercato:
«soprattutto le importazioni selvagge dalla Turchia e dai paesi dell’Est che abbassano di molto
la qualità del prodotto in commercio; spesso questa materia prima viene utilizzata dall’industria
per fare farine e derivati invece di privilegiare le
produzioni di eccellenza Dop e Igp italiane».
«Qualità ottima, buon calibro e maturazione
omogenea, è il marrone degli Appennini che ave-
Il frutto
L’albero che produce le castagne è la Castanea sativa,
una pianta appartenente alla famiglia delle Fagacee.
La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà
delle castagne, anche dal numero e dalla posizione
che essi occupano all’interno del riccio
vamo oramai dimenticato», sbotta Gabriele Franceschelli, 76 ettari di castagneti nella vallata del
Santerno (Imola). «In agosto — racconta — comincio la pulizia nel bosco poi raccolgo ad ottobre. La potatura? Ogni cinque-sei anni. Gli alberi
sono secolari, alti anche trenta metri talvolta in
zone impervie e serve personale specializzato».
Quest’anno la resa è stata «a macchia di leopardo», da 6 quintali per ettarofino a 14-15 nelle zone
più alte per un totale di 400 quintali di marroni
di Castel del Rio Igp (Azienda agricola La Vallata,
vendita diretta sui 5 euro al chilo). Dopo la «curatura», il metodo di mantenimento naturale che si
fa immergendo le castagne in acqua fredda per
otto-nove giorni (periodo di novena), la conservazione in celle frigorifere dura fino a marzo. «Il 50
frutti, così si chiama il marrone perfetto – dice
Franceschelli – lo vendo ai caldarrostai tutto l’inverno».
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BO
Lunedì 2 Novembre 2015
Corriere Imprese
Corriere Imprese
Lunedì 2 Novembre 2015
BO
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Il controcanto di Massimo Degli Esposti
EATALYWORD, COME CI VAI
SE IL TRENO NON CE L’HAI?
OPINIONI
& COMMENTI
L’analisi
Progetto Fico,
una narrazione
per Bologna
SEGUE DALLA PRIMA
L
a retorica si sostituisce all’innovazione e più
che la voglia di
scalare la dimensione globale quello che i protagonisti comunicano è il timore di
alterare le distanze tra i
territori.
Fico si presenta, dunque, come una scossa
per la cultura emiliana,
supera lo sterile dibattito sul policentrismo e
le competizioni di campanile (che dovrebbero
servire a sedurre i turisti e non a giustificare
rendite di posizione) e
si pone l’obiettivo di
conquistare «i cittadini
del mondo». Ci riuscirà? Lo speriamo fortemente perché in fondo
Fico è la vera continuità
del miracolo Expo e di
una rinnovata propens i o n e a « ve n d e r e »
l’identità italiana. E se
parliamo di agro-alimentare non c’è alcun
dubbio che Bologna sia
più vocata di Milano.
Lo storytelling di Farinetti in questo lungo
percorso si rivelerà sicuramente utile, ha
promesso che il giorno
dell’inaugurazione di
Fico ci saranno schierate «tutte le televisioni
del mondo», ha presentato le nuove biciclette
Bianchi con due ruote
davanti e il carrello della spesa come «una
bomba» e ha ribadito
come gli italiani — ovvero lo 0,83% della popolazione del mondo
— hanno un grande futuro davanti a sé basta
che la smettano di
guardarsi indietro. Per
Bologna è chiaro che si
tratta di una sfida che
ha pochi precedenti, attirare in città 6 milioni
di visitatori l’anno, di
cui 2 milioni di stranieri, è un obiettivo che
oggi ha quasi dell’incredibile. Per vincerla pare
evidente che bisogna
mettere da parte i vecchi vestiti (il localismo
minore e rissaiolo) e
acquistarne di nuovi. E
tutto sommato c’è il
tempo per provarli e
sentirseli addosso.
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Le lettere
vanno inviate a:
Corriere di Bologna
Via Baruzzi 1/2,
40138 Bologna
e-mail: lettere@
corrieredibologna.it
Fax: 051.3951289
oppure a:
[email protected]
[email protected]
@
Dario Di Vico
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Il sindaco di Bologna Virginio Merola non
scherza e sul progetto Fico ha deciso di calare il suo asso nella manica. «Stiamo valutando la possibilità di una rete di trasporto
dedicata, magari dei bus elettrici», ha infatti annunciato lunedì scorso a Milano, presentando la Disneyworld del cibo bolognese
dal palcoscenico scintillante di Expo. I bolognesi, e i 6 milioni di visitatori di tutto il
mondo attesi a Fico, avranno tirato un sospiro di sollievo. Pensavano forse di doversi
fare a piedi i 7-8 chilometri che separano
l’area del futuro parco agroalimentare dalla
stazione Centrale, come profughi siriani al
confine ungherese; oppure di mettersi in fila
in piazza Medaglie d’Oro alla fermata di
una linea suburbana (quelle azzurrine, che
passano una volta all’ora, esclusi serali e
festivi, ma ancor meno quando scatta l’orario estivo). Invece no: se la valutazione in
corso avrà esito positivo, avranno a disposizione per il viaggio un «trasporto dedicato»
tutto loro, forse addirittura un bel filobus
ecologico. Da godersi, però, a lungo, anche
Piazza Affari
di Angelo Drusiani
Ferrari, quotazione
da ritorno al futuro
un’oretta nei momenti di punta. Se poi l’affluenza rispetterà previsioni e auspici, per
trasportare i 6 milioni di visitatori in 360
giorni — cioè in media 16.600 al giorno —
ci vorranno 700-800 corse andata-ritorno.
Vale a dire un centinaio di bus «dedicati»,
perennemente in movimento su uno dei percorsi già oggi fra i più congestionati dell’intera città. Tanto per avere un’idea, per l’area
Nord di Bologna sarà come dover «digerire»,
ogni giorno dell’anno, un big match Bologna-Juve in zona Stadio.
Non sappiamo se il sindaco abbia abbozzato questi calcoli prima di presentare la
sua idea di «rete di trasporto dedicata».
Pensiamo di no, altrimenti sarebbe stato zitto, o avrebbe promesso qualcosa di meno
grottesco. Soprattutto trovandosi a Milano,
in un quartiere fieristico servito da una linea di metropolitana ad alta capacità (una
corsa da 500 passeggeri ogni 5 minuti), due
svincoli autostradali, una stazione ferroviaria con tanto di Alta Velocità. Ma lì il 21°
secolo è arrivato puntuale. Qui a Bologna,
invece, Civis non docet, Crealis e Peple Mover nemmeno; qui il tempo si è fermato al
filobus.
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Fatti e scenari
A Rimini nasce la No tax area
Un «gratta e vinci» per gli ultimi
che fa mugugnare tutti gli altri
R
È
di due settimane fa circa la quotazione di
Ferrari. Sulla quotazione dell’azienda di Maranello oltre Atlantico molti commentatori
hanno individuato nella valutazione della
società un dato stellare, cercando di motivarla.
Ma i più hanno definito la Ferrari modenese
come il titolo azionario più costoso in circolazione. Mercoledì scorso 28 ottobre l’azienda ha reso
noti al mercato i dati del terzo trimestre 2015.
Valori in linea con le aspettative del mercato.
Ovvero, sottolinea Matteo Zardoni di Banca Albertini Syz, ricavi a 723 milioni di euro, Ebitda a 214
milioni di euro e utile netto a 94 milioni di euro.
La reazione del mercato a caldo è stato quello di
riportare il prezzo sotto il valore di collocamento.
Secondo il consenso medio degli analisti finanziari, Ferrari dovrebbe chiudere il 2015 con ricavi
attorno a 2.850 milioni di euro ed un utile netto
di 260 milioni di euro. Ai prezzi attuali di mercato significherebbe che Ferrari è valutata circa 35
volte gli utili e più di 4 volte i ricavi. In effetti,
questi rapporti sono riscontrabili solo per alcuni
titoli del lusso, quali Hermes, oppure ultratecnologici. Per Hermes tali multipli sono motivati
dall’altissima riconoscibilità del marchio e dalla
forte affezione della sua clientela per il marchio
stesso. Per titoli di tipo tecnologico i multipli
sono motivati dalla possibile crescita futura dei
ricavi e quindi degli utili. Zardoni si chiede: «Possiamo considerare Ferrari al pari di Hermes?»
Ferrari è una azienda eccezionale e il suo fatturato nei prossimi anni potrà anche crescere per vie
nuove, quali merchandising o parchi a tema.
Sempre nei prossimi anni il numero dei super
ricchi sarà in continua crescita e se Ferrari sarà in
grado di produrre auto con lo stesso outstanding
attuale è prevedibile che l’azienda possa crescere
senza grossi problemi. Ne consegue che le attuali
quotazioni potrebbero essere plausibili. Attenzione, conclude Zardoni, che la parte preponderante
dei ricavi rimarrà pur sempre la vendita di auto,
con tutte le relative variabili legate all’acquisti di
una supercar. Forse i potenziali clienti saranno gli
stessi per Hermes e Ferrari, ma il modello di
business e le variabili di contorno rimangono
molto lontane. Un accostamento troppo vicino tra
i due marchi forse non ha molto senso.
L’intervento
Il Trattato transatlantico è un’occasione:
non bisogna avere paura
SEGUE DALLA PRIMA
C
ome dimostra una recente ricerca di Nomisma, la «richiesta» di
prodotti alimentari italiani è
in forte crescita negli Usa
(dal 2004 al 2014 è aumentata del 56%). Inoltre il Ttip ci
permetterebbe anche di tutelare le nostre produzioni
agroalimentari dal fenomeno dell’imitazione: negli Stati Uniti il business dei prodotti made in Italy taroccati
è di circa 20 miliardi di dollari. Il tutto senza mettere in
pericolo la sicurezza alimentare: il principio di precauzione non verrà toccato e
non saranno commercializzati prodotti che non passeranno la verifica sulla nocività o meno per la salute. E
il Ttip non toccherà le regole che l’Ue si è data in materia di Ogm e carne agli ormoni.
Le cifre dell’export italiano verso gli Usa confermano
che è necessario firmare
l’accordo con gli Usa: solo
prendendo in esame il primo semestre 2015, le esportazioni italiane sono aumentate del 27,5%. Per quanto
riguarda la regione EmiliaRomagna, il dato dell’export
nella prima metà dell’anno
mostra un incremento del
24,2%, dovuto per oltre il
70% ai prodotti metalmeccanici, sui quali non gravano
le barriere non tariffarie, a
differenza dei prodotti agroalimentari.
Cosa se ne può dedurre?
Che rimuovere gli ostacoli
tecnico-regolamentari al
commercio di beni e servizi
porterebbe ulteriori benefici
in molti settori, soprattutto
in quello agroalimentare: le
barriere non tariffarie riguardano prosciutto di Parma, formaggi di latte vacci-
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no, prodotti ortofrutticoli
freschi, tutti prodotti in cui
l’Emilia-Romagna vanta eccellenze mondiali, con oltre
41 Dop e Igp. L’abbattimento
delle barriere commerciali,
infine, avvantaggia le piccole e medie imprese, perché
tendono a gravare su di loro
in modo sproporzionato: le
differenze di norme e regolamenti costringono oggi le
aziende a compiere passaggi
aggiuntivi per realizzare lo
stesso prodotto in due tipologie o a rispettare due diverse procedure, con un aggravio dei costi di produzione che si calcola arrivino fino al 20-25%.
Occorre compiere una
scelta lungimirante: in mondo globale le difficoltà si risolvono solamente costruendo accordi e facilitando i
meccanismi di scambio. Solo così si può riuscire a sostenere la ripresa e a creare
occupazione.
Gianni Bessi
Consigliere Regione
Emilia-Romagna
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imini Rimini. Da commedia all’italiana degli
anni 80 a richiamo generoso per i piccoli imprenditori e gli esercizi commerciali che abbiano iniziato (o si precipitino a farlo) una nuova
attività nel 2015, con almeno un dipendente. Martedì
scorso il capoluogo romagnolo ha annunciato la «No
tax area», un fondo da 400.000 euro per rimborsare
alle nuove attività il corrispettivo delle imposte locali
(Imu, Tari, Icp) e del canone per occupazione di suolo
pubblico (Cosap). Nell’Italia che pare aver ritrovato la
fiducia certificata dall’Istat, la provincia romagnola ha
colto al volo la buona notizia registrata da Movimprese
(il sistema informativo delle Camere di commercio): a
Rimini il terzo trimestre 2015 segna, dopo molto tempo, un piccolo saldo positivo tra nuove iscrizioni e
cancellazioni all’anagrafe camerale: 22 imprese in più,
che portano il totale da 34.498 iscrizioni a 34.520. Una
goccia, ma pur sempre un segnale, che l’assessore alle
attività economiche di Rimini, Jamil Sadegholvaad,
con il consenso della giunta e in particolare dell’assessore al Bilancio Gian Luca Brasini, vuole incoraggiare:
«È una scommessa sulla ripresa. Vogliamo sostenere
in modo concreto e tangibile gli imprenditori che
hanno deciso di investire su loro stessi e sul nostro
territorio, e contribuito a creare occupazione». Il rimborso potrebbe interessare fino a un centinaio di
imprese, con un importo medio di 3.600 euro.
Tutto ciò che sostiene la ripresa economica, le
imprese, i consumi delle famiglie è cosa buona e
giusta. Però a volte si ha la tentazione di fare il lavoro
degli altri e magari, senza volerlo, falsare la concor-
Sindaco Andrea Gnassi, primo cittadino di Rimini
renza. «No tax area», naturalmente, è un modo di
dire, perché non si tratta di esenzione d’imposta, ma
di un contributo «pari» a un’imposta versata. I comuni
hanno già strumenti per esentare fasce di contribuenti
dalle imposte locali. E la legislazione fiscale e contributiva già prevede incentivi alle startup (la legge di
Stabilità 2016 rafforza gli strumenti sul fronte fiscale,
pur attenuandoli un po’ su quello contributivo). Un
incentivo in più per pochi, annunciato sul finire dell’anno e perciò casualmente retroattivo, è una sorta di
«gratta e vinci» che regala un sorriso agli ultimi arrivati e strappa una smorfia alla maggioranza degli
esclusi. Un po’ come nella parabola dei lavoratori della
vigna. Ma quello è vangelo, e il «padrone» usava soldi
suoi.
Angelo Ciancarella
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IMPRESE
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