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emilia-romagna - Corriere di Bologna
www.corrieredibologna.it Lunedì, 2 Novembre 2015 L’intervista La strategia Negozi Vittorio Sgarbi: «Emilia-Romagna togliti il velo» Academy con Bocconi, Unieuro forma i retailer di domani Immobili commerciali, Bologna è l’ultima nelle compravendite 5 8 12 IMPRESE EMILIA-ROMAGNA UOMINI, AZIENDE, TERRITORI L’analisi Progetto Fico, una narrazione per Bologna Primo piano di Dario Di Vico Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera I l progetto Fico è stata presentato in pompa magna lunedì 26 ottobre all’Expo ed è quindi iniziato il count down ma la presentazione milanese si presta a tutta una serie di considerazioni che vanno al di là del conteggio-di-quanto-manca all’apertura. L’aspetto più interessante sul quale riflettere è il rapporto che va delineandosi sin dalle prime battute tra Oscar Farinetti e Bologna. L’impressione che si è avuta è che ciascuno abbia bisogno dell’altro, che l’inventore di Eataly cerchi un retroterra culturale e produttivo più largo e robusto del suo «vecchio» Piemonte e che Bologna necessiti hic et nunc di un acceleratore d’impresa o se preferite di una iniezione di adrenalina. Farinetti dà (in abbondanza) all’Emilia entrambe queste cose e le condisce con quella capacità di narrazione che oggi in loco purtroppo manca. Se dovessi coniare uno slogan direi «con Oscar non ci si annoia» ovvero la discussione diventa immediatamente verticale, è proiettata in avanti ed ha come naturale palcoscenico la dimensione globale. Per carità i successi internazionali dell’Emilia industriale parlano abbondantemente — e con profitto — la lingua del mondo ma quando il territorio deve presentarsi come sistema in una vetrina internazionale come è la Milano di oggi allora finisce per diventare subito «orizzontale», si carica di procedure e di riti, perde spontaneità e proiezione. continua a pagina 15 Ingegno una sessione di scribing per sviluppare meglio le idee a cura di Housatonic California dreamin’ Missione della Regione in Silicon Valley: promuovere le nostre aziende, ma anche inaugurare un presidio che aiuti le startup a crescere. Palma Costi: «Una volta rientrate creeranno lavoro». Intanto aumentano i fondi alle imprese innovative, mentre l’ultima Start Cup premia progetti biomedicali e legati all’alimentare. Le idee del TedX L’intervento Il Trattato transatlantico è un’occasione: non bisogna avere paura di Gianni Bessi G li incontri per definire i contenuti del Ttip — il Trattato transatlantico su commercio e investimenti che punta a creare una zona di libero scambio, così come le contestazioni — sono entrati nel vivo. È quindi il momento giusto per approfondire il tema, evitando i pregiudizi e cercando di avere un approccio «positivo», perché un Ttip definito da norme condivise e trasparenti è una grande opportunità per sostenere le produzioni e le esportazioni italiane. Così come avrà un significato politico, perché dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e ratificato dalle assemblee nazionali. Ci sono quindi ragioni urgenti per trovare un accordo: l’economia europea deve mantenersi concorrenziale e dobbiamo esplorare ogni opportunità in grado di aiutare la ripresa, dando ossigeno alle imprese e sostenendo, cosa fondamentale, l’occupazione. Come ha ricordato in più occasioni il membro della commissione agricola dell’Ue Paolo De Castro, grazie al Ttip saranno rimossi ostacoli tecnici e regolamentari con effetti positivi per molti settori: soprattutto l’agroalimentare, in particolare quello italiano, perché dopo quelli tedesco e francese, il mercato statunitense con il 9% è la terza destinazione delle nostre esportazioni nel settore, per un totale di 3 miliardi, che ci vede al primo posto per vino, olio, formaggi, salumi e prosciutti. continua a pagina 15 2 Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese BO PRIMO PIANO La Regione apre un presidio per startup in California e aumenta i fondi per gli innovatori. Costi: «Tornino qua e creino occupazione» L’Emilia-Romagna sogna la sua Silicon Valley Chi sono di Andrea Rinaldi N Palma Costi, assessore regionale alla Attività produttive Patrizio Bianchi, assessore regionale alla Formazione Fabio Rangoni, presidente di Aster el ‘66, come cantavano i Dik Dik, la California si sognava. Oggi la terra del sole non è più una destinazione mitica, ma un traguardo alla portata di molti. Per lo meno di quei molti che hanno in valigia una bella idea e tanto ingegno. La giunta Bonaccini finalmente ha capito l’immenso patrimonio di giovani innovatori che abita la via Emilia e su di loro ha deciso di scommettere. Prova provata sono gli ultimi sommovimenti nati in seno a via Aldo Moro. A cominciare dalla missione istituzionale che il presidente della Regione — assieme agli assessori Simona Caselli e Palma Costi, aziende leader dell’agroalimentare, atenei e industriali emiliani — condurrà in Silicon Valley da giovedì all'11 novembre. Sei giorni in cui Bonaccini incontrerà il governatore dello stato americano Jerry Brown e il suo ministro dell’agricoltura, vi- Missione Lo scopo della visita di Bonaccini è affiancare le nostre imprese sul mercato americano siterà il quartier generale di Google e il campus Apple, promuoverà la rete regionale Alta tecnologia e la Smart specialisation strategy dell’Emilia-Romagna nell’alimentare, ma soprattutto lancerà a Menlo Park il programma «Emilia-Romagna Technology venture launch program». E qui sta il bello. Perché 10 startup nostrane, grazie alla vittoria di un bando frequenteranno un corso intensivo di formazione, tra lezioni di finanza, esplorazioni di incubatori e workshop con promettenti aziende californiane. Per la cronaca le startup sono FruttaWeb di Marco Biasin, Sgnam di Giovanni Cavallo, Easy Dinner di Nicola Calboli, GoVid di Fabio Catani, Tickete di Massimo Giacchino, LocalJob di Andrea Lugli, Elements di Federico Thei, Plumestars di Anna Giulia Balducci, Saladz di Elena Galli, SpesaCasa di Roberto Pasi. La visita istituzionale porta però con sé un’altra novità: l’ufficializzazione del primo presidio della Regione in Silicon Valley, rappresentato da Irene Mingozzi, che si occuperà del tutoraggio delle nostre imprese innovative. Si trova a Downtown San La mappa dell’innovazione LE STARTUP IN REGIONE SETTORI 2015 3.842 Servizi internet 35,5% +123% 2013 1.719 Comunicazione e new media 12,05% 9 Rispetto al totale nazionale 27,1% Numero medio di addetti Ambiente e territorio 500.000 euro 77% Fatturato medio (+35% in 4 anni) Tasso di sopravvivenza elevato 20% Microelettronica e sensoristica I CAPOLUOGHI DOVE NASCONO % del totale regionale 1 Bologna 32,1 settima provincia italiana 2 Modena 27,1 3 Reggio Emilia 11,4% Edilizia, nuovi materiali e nanotecnologie Il resto meccanica, design e architettura, agroalimentare, energia e salute COSA CERCANO 62,5% 6 5 4 Ferrara 4 3 10% 57,5% 10 7 5 7 8,6 45% 5 ForlìCesena e Parma 6 Piacenza 7,1 4,3 1,4 7 Ravenna e Rimini Consulenze specialistiche Concorsi e premi per le imprese Formazione Fonte: Aster-Università di Bologna Francisco, per ora all’interno di un coworking: «Collaboriamo però con una società americana che è il nostro punto di appoggio fisico e operativo qua, a San Mateo in particolare — racconta Mingozzi — e nel 2016 prevediamo diverse tipologie di supporto alle startup regionali in California, dall’educational al fund raising». «Ci sono già soggetti efficientissimi che lavorano in Silicon Valley per facilitare l’accesso alle startup, il nostro ruolo non vuole essere quello di sostituirci a loro — precisa la ricercatrice —, ma quello di fare rete per massimizzare le loro opportunità». Lo ribadisce chiaro e tondo l’assessore alle Attività produttive, Palma Costi, «Attraverso il consorzio Aster abbiamo attivato questo presidio per aiutare i giovani startupper a trovare oppor- Kick-Er Da venerdì scorso i nuovi startupper possono essere aiutati nel fare collette online Finanziamenti Entro dicembre un nuovo bando da 10 milioni, mentre il fondo StartEr è salito a 20,5 57,5% 2 1 stato battezzato: si chiama KickEr, è stato ideato da Aster in collaborazione con la piattaforma Ginger, e da venerdì scorso offre un servizio di accompagnamento alla raccolta fondi online per costituire il capitale di partenza. «All’inizio ci siamo buttati sui fondi Por Fesr, poi c’è stata la linea dei bandi Spinner per nuove imprese, poi ancora i Tecnopoli e la ricerca agricola — racconta Patrizio Bianchi, assessore regionale alla Formazione — oggi stiamo unificando tutto questo e lo chiamiamo Smart specialisation strategy per fare sempre più politiche coordinate». Bianchi da ex rettore è uno che si è sempre speso per integrare il mondo delle aziende con quello delle università. Le sue parole cadono infatti dopo la sessione finale della sedicesima Start Cup. La competizione tra startup, organizzata quest’anno dal consorzio Aster, ha conosciuto quest’anno una nuova e vivace spinta: di 140 idee pervenute, solo 10 sono arrivate alla tunità di networking con investitori, imprese e università americane affinché ritornino qua, applichino le ulteriori conoscenze acquisite e creino occupazione». La cura startup per aumentare l’occupazione. A riprova, conferma Costi, entro dicembre uscirà un nuovo bando per startup e spin-off universitari da 10 milioni, mentre il fondo StartEr è stato incrementato a 20,5 milioni e finanzierà anche le nuove imprese innovative, ma non tecnologiche. Un altro propellente per gli aspiranti innovatori è invece già Informazione e orientamento finale del 26 ottobre e la scelta delle tre vincitrici (5.000 euro ciascuna il premio finale, vedi articolo a pagina 3) ha evidenziato chiaramente qual è la strada che si vuole imboccare per il futuro: biomedicale e salute. Dal 2010 sono state oltre 500 idee di impresa candidate alla gara che ha distribuito 18 premi regionali, altrettanti locali, ha coinvolto due assessorati e 6 atenei. Per capire come sta lievitando la competizione aiuta anche pesare la qualità, non solo la quantità. Quest’anno i candidati hanno presentato la loro startup con dei pitch di 4 minuti di fronte a due imprenditori esperti che ne hanno evidenziato su un palco i lati deboli, in pure stile televisivo a la «Shark Tank». «Questa è una terra dove le persone sono abituate a fare squadra», osserva Gianluca Dettori, il fondatore di DPixel che vuole fare di Bologna un hub dell’innovazione con le 50 migliori startup italiane. «E poi c’è stato un grosso mutamento culturale, 10 anni fa radunavamo 60 proposte imprenditoriali, oggi sono arrivate a 140». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 3 BO La locomotiva dell’innovazione La kermesse A Bologna L’analisi di Crif: la percentuale di imprese innovative sul totale delle società di capitale è superiore alla media italiana. Siamo primi anche per il numero di brevetti Incontri di orientamento con team con progetti d'impresa 63 Startup accompagnate da un mentor 42 71 Meles Vogliamo allevare insetti in un substrato ottenuto dagli scarti aziendali della mondatura dei vegetali I traguardi del 2014 in EmiliaRomagna Startup 98 D a un lato 541 startup innovative che spingono ricerca e hi-tech contaminando il terr i t o r i o ; d a l l ’a l t r o 3.000 società internazionalizzate con più di 25 anni di attività che fungono da apripista per intere filiere di subfornitura e trainano l’occupazione. È il ritratto dell’eccellenza industriale emiliano-romagnola realizzato dal gruppo bolognese di analisi finanziaria Crif fondato e guidato dall’imprenditore bolognese Carlo Gherardi. Crif ha scandagliato il brulichio di imprenditorialità che si colloca tra giovani realtà all’avanguardia, come Bio-On e Silicon Biosystem, e colossi manifatturieri mondiali, come Ima e Ducati, facendo oggi della nostra regione la locomotiva del Paese. La via Emilia guida infatti la classifica delle grandi regioni manifatturiere italiane, se si guarda all’incidenza delle startup innovative (quelle iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese, ex Dl 79/2012) sul tota- Bandi per startup pubblicati nella sezione dedicata 62 16 Startup che usufruiscono dei percorsi di Emilia Romagna Startup 6 Startup portate in fiera Tutoraggi di orientamento online le delle società di capitale: 0,49% contro lo 0,45% del Piemonte, lo 0,32% della Lombardia, lo 0,31 del Veneto e lo 0,28 della Toscana. Ed è prima anche per innovazione, con 3,46 brevetti ogni mille imprese contro i 3,32 della vicina Lombardia (che con 2.708 brevetti nel 2014, contro i 1.427 dell’Emilia-Romagna, ci batte solo in numeri assoluti secondo i dati del Mise). È allineato invece alla media italiana il dinamismo delle giovani imprese della via Emilia, quelle con meno di tre anni di vita e già internazionalizzate (tra attività di importexport e partecipazioni azio- narie estere): il loro fatturato è più che quintuplicato tra 2012 e 2013, secondo le elaborazioni Crif (+410%, ma si parte da numeri assoluti bassi essendo società appena nate). Ma è altrettanto sorprendente anche la tenuta della aziende «storiche», attive da più di un quarto di secolo, che hanno colto la sfida globale aprendo il loro business oltreconfine, tra attività commerciali e investimenti diretti esteri in entrata e in uscita. Dai bilanci di queste 3.000 società risulta che dall’inizio della crisi del 2007 a fine 2013 i ricavi sono saliti in media di oltre il 20% e il loro fatturato nel 2013 era già risalito sopra il dato pre-crisi (+7,5%) mentre le loro omologhe italiane hanno ancora quasi 5 punti da recuperare rispetto alle performance del 2007. Segno forse che il dinamismo delle nuove generazioni imprenditoriali ha dato la sveglia anche alle «vecchie signore» del capitalismo emiliano-romagnolo. M. D. E. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le vincitrici della Start Cup 2015 BY-ento Art Bioridis Il mangime del futuro L’idrogel con dna sintetico Diagnostica, un prototipo arriverà da colonie di insetti che rigenera i tessuti riduce tempi e inefficienze Galli Il nostro idrogel, una volta iniettato, produce una proteina per favorire la sua colonizzazion e da parte del tessuto cellulare circostante Tortori Speriamo di avere completamen te finanziato il nostro prototipo entro la prima metà del 2016 e avviare le pratiche per il brevetto «N el 2050 la popolazione umana raggiungerà i 9 miliardi: dovremo pensare bene come procurarci il cibo per nutrire tutte queste persone». Basta questa premessa dal palco della Start Cup per attirare l’attenzione del pubblico e svelare il core-business di BY-ento, la startup di 4 piacentini che si è meritata il podio più alto della competition. «Gli insetti possono diventare fonte proteica per la nutrizione animale e fornire così una risposta alla spirale dei prezzi che innescherà la domanda crescente di cibo», osserva Irina Vetere al lavoro sulla parte finanziaria della startup. La cui origine scaturisce dalla tesi di laurea di Francesco Meles, 26 anni. Con lui in squadra anche Maria Cristina Remuzzi, agronomo, e Claudia Sotgia, entomologa (nella foto). «Vogliamo allevare insetti in un substrato ottenuto dagli scarti aziendali della mondatura dei vegetali, come bucce e pane secco — spiega Meles — qui cresceranno la tarma della farina, della cera o la mosca soldato nera, in un ambiente con umidità e temperatura controllate». Gli insetti così cresciuti verranno poi disidratati o essiccati per creare farine ad alto contenuto proteico destinati al comparto zootecnico. All’inizio, prevedono gli startupper, i destinatari saranno gli animali domestici per poi passare ai grandi allevamenti avicoli, suinicoli e dell’acquacoltura. Il primo stabilimento dovrebbe sorgere a metà dell’anno prossimo. Una vittoria che arriva proprio nella settimana in cui l’Ue dà il via libera alle nuove misure per alghe e artropodi come «nuovi alimenti» A. Rin. © RIPRODUZIONE RISERVATA F orse in regione passerà come la startup più veloce della storia. Art è stata costituita solo a luglio e già a fine ottobre è riuscita ad aggiudicarsi il suo primo finanziamento classificandosi seconda alla Start Cup. Tutto scaturisce dalla visione di sei persone: Simone Lumetti ed Edoardo Manfredi, i due fondatori, Guido Macaluso, attuale presidente e Carlo Galli, vicepresidente (nella foto); a loro si affiancano la cto Paola Lagonegro e Alberto Ferrara. «Ogni anno milioni di persone si sottopongono a interventi di ricostruzione dei tessuti; solo quello osseo ha un mercato di 2 miliardi e mezzo di dollari», ragiona Galli, 37 anni, piacentino, ricercatore e titolare del corso di Rigenerazione dei tessuti mineralizzati al centro di Biotecnologie per la Salute dell’Università di Parma. «I fallimenti di molte terapie a riguardo sono ancora un problema rilevante, perché molti biomateriali sono privi di quei segnali che dicono all’organismo come reagire». Art propone una soluzione, il suo nome infatti è un acronimo che sta per Apta Regenerative Technologies: biomolecole intelligenti arricchite con aptametri, dna sintetico che favorisce la risposta del corpo umano catturando dall’organismo stesso quelle proteine in grado di dirigere l’attività cellulare. «Il nostro prototipo è un idrogel che, una volta iniettato, produce una proteina per favorire la sua colonizzazione da parte del tessuto cellulare circostante». Le prime applicazioni saranno in odontoiatria, stima Galli, poi in ortopedia, ma ci vorranno 4-5 anni prima dell’arrivo sul mercato: le sperimentazioni cliniche e precliniche hanno lunghe gestazioni. A. Rin. © RIPRODUZIONE RISERVATA «P artiamo da tecnologie con cui lavoro da anni: il nostro prodotto va a ricercare il maker di intervento che richiama la malattia o risponde al farmaco, come una freccia che indica l’obiettivo». Andrea Tortori (nella foto), 34 anni da Perugia, a Bologna ha trovato le basi per costruire la sua Bioridis, terza classificata nella Start Cup 2015. Una laurea in Biotecnologie poi un dottorato in Biologia molecolare, cinque anni fa l’imprenditore ha maturato sotto le Due Torri le competenze e la voglia per creare la sua startup biomedicale. Il suo prodotto è ancora top secret, per questo con la somma ricevuta e altri finanziamenti per cui è cominciata la caccia, Tortori conta di depositare nel più breve tempo possibile la richiesta di proprietà intellettuale. «Speriamo di avere completamente finanziato il nostro prototipo entro la prima metà del 2016 e avviare le pratiche per il brevetto». Ad accompagnare questo giovane scienziato nella sua avventura ci sono altre tre menti: Mia Minashvili, economista, Gianmario Nieddu, esperto in chimica organica, e Nicolò Rossi, ingegnere chimico. «La nostra ambizione è ridurre le inefficienze dei laboratori research and diagnostics, i tempi dei loro esami, ma aumentarne stabilità ed efficienza». Bioridis punta al 30% del mercato dei life reagent. A. Rin. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dai regali salva CO2 ai «mille» dei Foo Fighters: idee esplosive al TedX S ono emiliano-romagnoli, sono giovani innovatori e hanno partecipato assieme ad altri italiani, sabato 24 ottobre, alla quinta edizione di TedX a Bologna. Un evento, nato in California 25 anni fa e diffusosi poi nel resto del mondo, per portare sul palco alcune «idee che meritano di essere conosciute». Come quella di Paolo Ferri, cresciuto in Emilia, che ha creato « Wecity», l’app che trasforma ogni grammo di Co2 emesso in atmosfera in moneta virtuale per premiare gli spostamenti urbani sostenibili. «Vai in bici o viaggi su di un’auto condivisa? Wecity ti regala crediti Co2 per aggiudicarti alcuni prodotti per la tua mobilità. Dagli eco-viaggi, ai voucher per il car-sharing, agli accessori intelligenti. Più ti sposti in maniera sostenibile più diventi ecologicamente ricco», ha spiegato Ferri sul palco sottolineando come gli sconti e i vantaggi su prodotti e servizi possano essere utilizzati all’interno dello store online Wecity. Oltre all’app di Ferri, sul palco di TedX è stata presentata anche quella dedicata ai Foo Fighters del faentino Fabio Z a f fa g n i n i p e r r i v i ve re l’emozione di quest’estate, quando il giovane è riuscito a riunire a Cesena 1.000 musicisti pronti a suonare «Learn to Fly» e a convincere la band statunitense a fare tapp a i n E m i l i a - Ro m a g n a . Un’idea fortunata, quella di Zaffagnini, concretizzatasi quasi da sola. Ma quando questo non avviene, a correre in aiuto c’è MillenniaMInds Ltd, un azienda di successo situata in Silicon Valley specializzata a sfruttare in toto il potenziale della generazione identificata come «Millennials», quella nata dall’82 in poi. A presentarla a TedX c’era il suo fondatore romagnolo Luca Rossetti: «Le vecchie generazioni dicono che i millennials sono egocentrici, ma in realtà sono molto più determinati e in loro vedo molto potenziale, per questo ho deciso di appoggiarli» ha spiegato il giovane. Per Forlì invece c’era anche Lucia Chierchia, che ha raccontato della sua sfida per portare il modello dell’Open innovation, teorizzato dall’economista statunitense Henry Chesbrough, nel gruppo della multinazionale svedese Electrolux, creando nuove alleanze con partner esterni. «L’obiettivo delle imprese è fare innovazione. Da qui nasce la necessità di creare un ecosistema, come Open innovation. Un nuovo modo di fare business, costruito in sinergia con le aziende e un network esterno rappresentato da inventori, startup e spin-off universitari». Francesca Candioli © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 BO Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 5 BO L’INTERVISTA Vittorio Sgarbi Il personaggio La storia La ricetta del critico per rivalutare il nostro patrimonio: collegamenti tra arti diverse, legami con il cibo e società di gestione pubblico-privato Un ferrarese poliedrico, polemista in bilico tra arte e politica P «Emilia togliti il velo» Chi è Vittorio Sgarbi, Ferrara 1952, è critico d’arte e assessore comunale a Urbino. È stato parlamentare, l’ultimo incarico con Forza Italia (2001-06), e Sottosegretario ai Beni Culturali nel governo Berlusconi II. di Luciana Cavina L’ arte antica come marchio di fabbrica. Un’eccellenza che può convivere con altre eccellenze dell’universo della produzione culturale o della produzione industriale. Dal cibo di Fico al rombo della Ferrari di Maranello. E l’Emilia-Romagna, insomma, parola di Vittorio Sgarbi, può annoverare Guido Reni tra gli ambasciatori della propria cultura per rilanciare l’economia. Senza scandali. Perché, riassume il noto critico d’arte ferrarese, «valorizzare il territorio, ritagliare una propria vetrina nel mondo, è un’operazione che passa necessariamente dalla moltiplicazione di reddito e di benessere». E non è nemmeno più uno scandalo, anzi è una «scoperta» che andrebbe meglio sfruttata, che con la cultura si fa impresa. Sostenibile. Il come è il vero nucleo di un dibattito senza fine. Lei ha di recente concluso a Palazzo Fava a Bologna la mostra «Felsina Pittrice, da Cimabue a Morandi»: un’operazione virtuosa? «Non ho fatto altro che ripetere quello che aveva iniziato Roberto Longhi concentrando i suoi studi sulla storia dell’arte partendo dall’arte padana. Con la prolusione del 1934 che diede inizio al suo insegnamento all’Alma Mater rivoluzionò il pensiero attorno alla pittura bolognese: una scuola per tutto il 300, il 500 e il 600». Dunque, ha riportato in luce questo primato. Il risultato in termini economici? «Più di 80.000 presenze e una grande opportunità per Bologna e per la regione di tornare al centro della storia dell’arte. Una spinta ulteriore a fare del capoluogo una meta di turismo culturale. In un palazzo privato, Genus Bononiae, con la collaborazione del pubblico». Bologna è già orientata al contemporaneo... «L’arte antica può convivere con il contemporaneo. Ma i momenti più felici per l’arte sono stati quelli delle grandi mostre curate da Arcangeli, Emiliani, Gnudi, Riccomini. Fino agli ani 70. Ma anche negli anni 80 c’è stata una bella mostra di Benati sui Carracci. Prima, nel 1956, Denis Mahon aveva organizzato l’esposizione sui Carracci poi ha portato l’arte emiliana alla National Gallery». La nostra prima vetrina europea? «L’arte di Guido Reni, i Carracci, Guercino, erano al centro dell’arte europea, questo va ribadito e spiegato. Soprattutto adesso che la gente si muove per visitare mostre, è più consapevole. Bologna e l’Emilia-Romagna sembra Palmira distrutta dall’Isis». In che senso? «Una civiltà sepolta minacciata dall’ignoranza. Ora va ri-esplorata. I prossimi passi sono il Rinascimento e il Barocco». Il cibo, però, sembra «tirare» più dell’arte... «La mostra che ho curato per Eataly a Expo “Il Tesoro d’Italia” attira almeno 3.000 visitatori al giorno. È una bella idea di Farinetti coniugare le eccellenze enogastronomiche con quelle artistiche. Una formula che può essere utilizzata anche a Fico, la cittadella dell’agroalimentare che sorgerà a Bologna». E Arte Fiera può essere una vetrina? «Lo è, ma solo per tre giorni all’anno. Bologna è stata davvero capitale dell’arte contempo- La valorizzazione si fa collegando per esempio musica, cinema e teatro, altro bacino ricchissimo cui la regione può attingere. O con autori di diverse epoche. Così si realizzano mostre, percorsi di rilettura, spettacoli. Si può lavorare sul modello alla Farinetti ranea fino al 1964 grazie alla presenza di Giorgio Morandi». Tutt’oggi con le opere di Morandi si organizzano mostre in tutto il mondo e da Shanghai a New York si parla di Bologna. «È giusto così, fa bene l’Istituzione Musei a valorizzarlo. Ma il dopo Morandi è una disperazione. La bellezza di Bologna è di epoche precedenti. Sono Jacopo della Quercia, Niccolò dall’Arca, geni come Crespi e Gandolfi. Anche per l’urbanistica: il Collegio di Spagna è un gioiello. La Fiera e Kenzo Tange, per esempio, sono il peggio della città». Continuiamo a parlare del capoluogo: la Regione deve contare soprattutto su Bologna? «Il capoluogo è il nastro di partenza. È il punto più centrale d’Italia. Qui si arriva facilmente con le reti ferroviarie e autostradali, ma tutta la regione è una miniera. Va solo tolto il velo. L’arte può attirare turismo e interesse internazionale per quasi tutte le città o i borghi della regione. Può creare, da sola, ricchezza e anche diventare indirettamente un sostegno per le eccellenze industriali che, anche in questo caso, già ci sono». A quali altre città va tolto il velo? «A Ferrara e Parma sicuramente. Ferrara, partendo da de Chirico e la metafisica poteva diventare il centro dell’arte contemporanea. Per un po’ ci ha creduto. Ma sembra finita la grande stagione del Palazzo dei Diamanti. Parma con il Parmigianino e il Correggio fino al 2006 ha messo in piedi mostre da 350.000 visitatori». Qual è, secondo lei, il modo vincente per continuare a valorizzare certe eccellenze? «Creando collegamenti con diverse arti. Musica, cinema e teatro, per esempio, altro bacino ricchissimo cui la regione può attingere. O con autori di diverse epoche. Così si realizzano mostre, percorsi di rilettura, spettacoli. Si può lavorare sul modello alla Farinetti in cui l’arte si fruisce anche attraverso il cibo. E tanta promozione». E il modello di gestione? «Si possono costruire società tra pubblico e privato. L’importante è tenere alto il valore culturale e scientifico di ogni operazione.Poi arrivano anche i profitti, su cui si può reinvestire». Molte realtà sono carenti in promozione? «Credo di sì. Se no non si spiega come nessuno sembra sapere che a Faenza c’è il museo della ceramica più importante del mondo. Che lì si produce la ceramica più preziosa. Se fosse a Parigi ci andrebbero 100.000 persone al mese. Ravenna, ancora, è il simbolo della cultura bizantina. È come Venezia. Molti turisti lo sanno, ma perché non ne parla tutto il mondo?» Quali tesori nelle province? «I castelli del Piacentino o Brisighella, un borgo che non ha eguali, nemmeno in Toscana, più famosa per i borghi. L’Emilia-Romagna è un concentrato di eccellenze. Con tutto il bello che ha non dovrebbe temere rivali». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA ersonaggio poliedrico. Molto noto al grande pubblico come critico e storico dell’arte è spesso sotto i riflettori, in qualità di opinionista un po’ a tutto tondo (lui stesso si è definito «polemista»), per le sue invettive — contro personalità della cultura o della vita pubblica — e per gli interventi sopra le righe. Dai libri, dagli schermi televisivi (è stato ospite e protagonista di numerose trasmissioni di successo a partire dal Maurizio Costanzo Show degli anni 80), o da diversi palcoscenici pubblici. Vittorio Sgarbi è stato di recente protagonista a Bologna per aver curato a Palazzo Fava (la più prestigiosa sede espositiva di Genus Bononiae) la mostra «Da Cimabue a Morandi. Felsina Pittrice» in cui venivano analizzati oltre sette secoli di arte emiliana, mettendo al centro la scuola bolognese come attrattiva di diverse correnti pittoriche. L’esposizione, da febbraio ad agosto, ha collezionato 80.000 presenze. Il critico ha già in cantiere, sempre insieme al circuito di Genus Bononiae — e con la collaborazione del Comune — altre esposizioni incentrare sul Barocco e sul Rinascimento. Come provocazione ha offerto anche la propria candidatura a sindaco della città per le elezioni amministrative del 2016 chiedendo appoggio ad ogni schieramento. Sempre sull’orlo della provocazione si è anche candidato a sindaco di Milano e assessore a Roma. Nato a Ferrara nel 1952 e laureato in filosofia con specializzazione in Storia dell’Arte all’Università di Bologna, Sgarbi è stato più volte discusso membro del Parlamento sotto diverse e opposte formazioni politiche, e di amministrazioni comunali tra cui quella di Milano. Ha collezionato anche incarichi ministeriali, suscitando polemiche di vario genere. Nel 2011 è incaricato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali come curatore del Padiglione Italia per la Biennale di Venezia. Quest’anno è ospite fisso del talk-show televisivo di Rai 2 Virus - Il contagio delle idee con uno spazio personale riservato a temi artistici-culturali. Collabora, tra le altre riviste, con il Corriere della Sera e il settimanale Sette sempre su temi riguardanti l’arte, il mercato dell’arte e le attribuzioni. A Expo, nel padiglione di Eataly ha curato la mostra «Il tesoro d’Italia» in cui ha inteso fare una sintesi delle eccellenze artistiche della storia italiana. Personaggio istrionico, trasmette il suo stile diretto e appassionato degli interventi dal vivo anche negli scritti. È autore infatti di numerosi saggi e pubblicazioni sull’arte e sulla critica d’arte tra monografie e cataloghi incentrati sulla pittura. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese BO PIANETA LAVORO Unieuro, Academy con la Bocconi e un futuro da leader dell’elettronica Formerà i retailer dei nuovi negozi. Intanto «Batte forte» la voglia di Borsa Chi sono di Alessandro Mazza D Giuseppe Silvestrini, presidente di Sgm Giancarlo Nicosanti, amministratore delegato di Sgm ue come i mondi dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici. Due come i «Mr trade» del Forlivese che hanno prima acquisito e poi rilanciato Unieuro. Una la rete di punti vendita, la più estesa d’Italia, che «batte forte sempre» dal quartier generale di Forlì. E un mercato da 14 miliardi di euro che «può crescere di più». La storia che ha portato Sgm a gestire Unieuro dopo l’excursus d’Oltremanica degli inglesi di Dixons è lunga quasi 80 anni e ha ancora un capitolo decisivo da scrivere. Ci sono stati cambi nelle quote e nel mercato; si è passati dall’ingrosso al retail, ma non è cambiato il patron forlivese Giuseppe Silvestrini. Cresciuto nella bottega del padre dove in principio si vendevano radio, macchine da cucire e bombole del gas, oggi a 74 anni è presidente di Unieuro, colosso del retail guidato dall’ad Giancarlo Nicosanti. Fondata nel 1937 dal padre Vittorio, è ora guidata dai figli Giuseppe e Maria Grazia (da qui il nome Sgm). Nel 1982, insieme all’attuale ad Nicosanti, è stato inaugurato a Forlì il primo «megastore» Marcopolo della Romagna da 1500 metri quadri. «Lo abbiamo chiamato così perché l’ingrosso dell’attività precedente era in via Marco Polo — ha spiegato Silvestrini — e il caso volle che abbiamo inaugurato nei giorni in cui su Rai 1 c’era la serie omonima e molte persone venivano allo store pensando di andare al cinema Marco Polo». Tra le tappe fondamentali di questa lunga carriera ce n’è una che è ancora da scrivere. Il fondo Rhone Capital, che detiene il 70% delle quote Unieuro (il restante: 15% Dixons, 15% famiglia Silvestrini e management), non è impegnato nella gestione del- Compagine societaria Dipendenti 70% I competitor Mediamarket (Media World e Saturn), Expert, Euronics Rhone Capital Punti vendita Mercato degli elettrodomestici 273 Affiliati 454 Dixons Retail (franchising leader inglese di negozi di elettrodomestici) Negozi 181 Diretti 15% 1,397 miliardi di euro 15% Fatturato l’azienda e dopo dieci anni di investimenti ha due strade per capitalizzare: «Può quotare il titolo Unieuro in Borsa — ha detto Nicosanti — o vendere a un altro fondo che lo quoterà. Il mio auspicio personale è quello di poter essere a guida della prima azienda italiana del settore quotata in Borsa. Poi che a fare questo passo ci accompagni Rhone o un altro fondo cambia poco per noi. Chi oggi può acquisire la nostra azienda — continua — può avere come obiettivo solo la quotazione, ma i tempi sono dettati da logiche che non governiamo noi come management». Il cruccio di Nicosanti e Silvestrini è il mercato italiano. Lo hanno ribadito più volte entrambi, domenica 25 ottobre, in occasione della giornata di formazione dedicata a dipendenti e affiliati al Centro Commerciale Punta di Ferro di Forlì: «Il mercato interno degli elettrodomestici – hanno detto — sviluppa un fatturato di circa 14 miliardi mentre in Germania è 42 miliardi in Germania 14 miliardi in Italia Sgm distribuzione e management di oltre 42 e i tedeschi sono solo 20 milioni in più. Il nostro obiettivo è quello di fare meglio il nostro mestiere e questo significa far crescere tutti». Da qui l’importanza per la formazione di chi gestisce i negozi affiliati, culminata quest’anno con il lancio dell’Academy Allievi Direttori: i corsi formeranno gli store manager in collaborazione con l’Università Bocconi di Milano nei settori Visual Merchandising e Sviluppo Manageriale. La nuova sfida è iniziata il 29 novembre 2013 quando Sgm ha perfezionato l’acquisizione della catena Unieuro, fondata dal papà di Oscar Farinetti, poi ceduta agli inglesi di Dixons nel 2002 per oltre 500 milioni di euro. La storia Fondata nel 1937 la Sgm nel 1982 apre Marcopolo. Nel 2013 rileva Unieuro A Rimini Riciclo ed economia green Da domani torna Ecomondo con 1.200 espositori e 400 buyer Taglia il nastro il ministro Galletti I Il gruppo 3.923 L’appuntamento Nel 2013 il matrimonio con Sgm ha fatto lievitare la rete di distribuzione: da 93 punti vendita diretti e 88 affiliati oggi Unieuro conta 3.923 dipendenti e «454 negozi (tra diretti e affiliati) sul territorio nazionale» secondo i dati snocciolati da Nicosanti. Che aggiunge: «Ci sono 273 imprenditori affiliati che hanno fame di formazione e informazione per affrontare meglio il mercato». Per poter dare lustro a «un’attività in crisi» come era Unieuro prima del passaggio è stato necessario uno sforzo massiccio in comunicazione per dare corso alla nuova era. Tra i frutti c’è anche il nuovo brand presentato il 9 maggio 2015. «L’esercizio del 2014 – ha rivelato Silvestrini — si è chiuso con un fatturato di 1,397 miliardi di euro superando gli obiettivi che ci eravamo dati». Sui ricavi hanno inciso anche gli ultimi acquisti del presidente «Ho comprato due cellulari per i miei nipoti», ha detto ridendo. l grande salone dedicato alla green economy e all’economia circolare a Rimini dal 3 al 6 novembre. Ritorna, per la sua 19esima edizione, Ecomondo, la fiera internazionale del recupero di energia e materia e dello sviluppo sostenibile. All’expo romagnolo saranno oltre 1.200 le aziende espositrici, organizzate su 16 padiglioni e 400 i buyer provenienti da 90 Paesi per un totale, come sperano gli organizzatori, di oltre 100.000 visitatori. Tra aree espositive e convegni, la fiera aprirà martedì 3 novembre con la quarta edizione degli Stati generali della green economy, durante i quali sarà presentata la prima fotografia delle imprese sostenibili a livello nazionale. A concludere l’incontro ci sarà Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente. I lavori poi proseguiranno con cinque sessioni tematiche di approfondimento con circa 70 relatori su diversi argomenti. Dall’internazionalizzazione delle imprese dell’economia verde e la collaborazione ambientale Italia-Cina, al capitale naturale, all’appello delle imprese ecosostenibili per l’accordo globale sul clima, alla prevenzione del dissesto idrogeologico, alle politiche per il territorio, alla nuova In mostra Una lampadina intelligente presentata all'ultima edizione di Ecomondo economia dei rifiuti. Tra gli ospiti ci sarà anche lo storico dell’arte e docente universitario Philippe Daverio, invitato dal consorzio Corepla, che, il 4 novembre alle 15, parlerà delle mille vite della plastica tra riciclo e innovazione. L’intervento di Daverio riguarderà un mondo particolarmente virtuoso, quello della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica, saliti nel 2014 dell’8%, con una copertura della popolazione arrivata al 97%. Arricchiranno la kermesse, altri eventi come Key Energy sulla mobilità sostenibile, Key Wind, il meeting per le aziende del settore eolico, e Key Energy white evolution sull’efficienza energetica. Francesca Candioli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Florim apre le porte ai nuovi talenti, anche filosofi e letterati In ballo più di 20 posti per laureati under 30 nell’impresa modenese: obiettivo l’assunzione diretta L’ idea è quella di scovare i talenti appena mettono piede fuori dall’Università o addirittura dalle scuole, allevandoli poi direttamente in azienda. E considerando che «strategia che vince, non si cambia», avanti tutta con la formazione fatta in casa, in modo che i futuri impiegati conoscano già (e perfettamente) come funziona la macchina. Sono già 26 i giovani under 30 assunti in questi anni da Florim grazie al master che la storica azienda di ceramiche di Fiorano Modenese promuove dal 2011. E adesso si replica, con la quarta edizione del percorso didattico che prevede 800 ore di formazione per una durata di sei mesi tra lezioni frontali e affiancamento nei vari reparti dell’azienda: «La peculiarità che caratterizza questo progetto è proprio la formazione professionale di stampo nordeuropeo — spiega Davide Muccinelli, Project Manager — I ragazzi hanno così l’opportunità di entrare in contatto con tutti i reparti, dal processo produttivo fino alla commercializzazione del prodotto, vivendo l’azienda a 360 gradi». Un approccio che sembra ribaltare la formula standard della selezione in base agli studi e alle esperienze lavorative, delle settimane (o mesi) di contratto a tempo determinato o di stage. Nulla di tutto questo nell’azienda guidata da Claudio Lucchese, figlio del fondatore Giovanni: l’azienda modenese che tra unità produttive, società commerciali o partnership in Europa, America e Asia conta 1.300 dipendenti (e un fatturato 2014 di circa 330 milioni di euro) e che ha da poco brevettato — Fiorano A lezionedi prodotti nella sede della Florim con il Centro Softech dell’Università di Modena e Reggio Emilia — il primo pavimento sensoriale in ceramica, ha scelto di andare oltre facendo una sorta di passo indietro, puntando cioè direttamente a chi si è appena laureato (o diplomato): una formazione «made in Florim» con un master gratuito, che prevede inoltre un rimborso spese di 500 euro (oltre ai buoni pasto) col fine di un’assunzione diretta in azienda. La scelta sembra funzioni, con oltre l’80% dei partecipanti alle scorse edizioni entrato poi a far parte del gruppo che non è alla ricerca di soli ingegneri. Sono più di venti i profili richiesti per questa edizione che apre le porte, ad esempio, anche ai laureati in Lettere e Filosofia, Scienze Politiche, Giurisprudenza, Economia, Architettura (oltre a chi ha una laurea in Ingegneria gestionale, informatica, ambientale, materiale, civile) a patto che abbiano meno di 27 anni e una conoscenza dell’inglese di livello B1-C2. Chance anche per i neodiplomati con massimo 20 anni: «In senso più ampio l’obiettivo del progetto è facilitare l’incontro tra i giovani e il mondo delle imprese attraverso un’articolata attività di orientamento alle scelte professionali dei singoli candidati» evidenzia Muccinelli. I posti disponibili saranno 12, in linea con le passate edizioni, anche se potranno aumentare: per partecipare alle selezioni bisogna inviare una mail a [email protected], in pochi giorni le richieste di iscrizione hanno già superato quota 100. Gaetano Cervone © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 7 BO SCENARI Art Bonus, ai mecenati emiliani piace la lirica A sette mesi dal varo del decreto del ministro Franceschini in regione sono stati donati quasi 4,5 milioni, più da privati che da aziende. Sedici beneficiati, in testa i teatri dell’opera di Bologna, Modena e Parma Chi è Dario Franceschini, Ferrara, 1958, è Ministro dei Beni Culturali. È stato deputato e segretario nazionale del Partito Democratico Considerando che Parma con il suo teatro fu uno dei primi quattro progetti pilota dell’Art Bonus, c’è da dire che quel seme non fu gettato proprio al vento. Sette mesi dopo l’introduzione della misura voluta dal ministro Dario Franceschini, l’Emilia-Romagna può dire di averne capito bene le intenzioni e di aver dimostrato un solido senso civico. L’Art Bonus consente una detrazione del 65% fiscale sulle somme donate da imprese per tutelare il patrimonio artistico italiano. Al 23 ottobre — giorno in cui il titolare dei Beni Culturali ha presentato a Roma il primo bilancio dell’iniziativa per attrarre capitali privati nella gestione e tutela del patrimonio artistico italiano — nella nostra regione erano stati donati quasi 4,5 milioni di euro, di cui beneficeranno per restauri o finanziamenti 16 tra teatri e monumenti, sulle 36 istituzioni culturali che si erano candidate. Un plafond che ci colloca al terzo posto in Italia, dopo Lombardia (13 milioni) e Veneto (12 milioni, ma a farle schizzare in testa sono anche donazioni monstre come i 7 milioni di Unicredit per l’Arena di Verona). «Se si guarda agli interventi, si scopre che i privati pesano per una percentuale molto alta», dice Carolina Botti, direttrice centrale di Arcus, la società pubblica a cui è stato affidata la gestione del meccanismo dell’Art Bonus. «In Italia le persone fisiche che hanno contribuito finora sono state 567 sui 773 mecenati totali e anche in Emilia-Romagna registriamo molta vivacità: i donatori sono stati 109 e in questo insieme i cittadini privati sono una buona fetta, dopo le imprese». In cima alla top 36 degli enti beneficiari nella nostra regione figura la Fondazione Teatro Comunale di Bologna con la bellezza di 2.807.800 milioni di euro: ci sono due privati che han contribuito con 300 e 500 euro e poi mecenati del calibro di Alfa Wassermann (100.000 euro) e Manifatture Sigaro Toscano (120.000 euro), ma anche la Coop Ansaloni (25.000 euro) e l’azienda di trasporti Tper (33.000 euro). Il Teatro Comunale di Modena invece ha raccolto 619.551,62 euro, mentre il Teatro Regio di Parma 318.000 euro: qui un privato ha versato la bellezza di 100.000 euro, nel complesso più di tutto quello donato da 9 aziende. Record di elargizioni di privati per la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia: 52 me- Le donazioni Erogazioni liberali ricevute in euro Fondazione Teatro Comunale di Bologna 2.807.800 Fondazione Teatro Comunale di Modena 619.551,62 Teatro Regio di Parma 318.000 Fondazione I Teatri (Reggio Emilia) 298.950 Musei civici di Imola 142.000 Fontana del Nettuno (Bologna) 59.400 Galleria Estense (Modena) 32.456,89 Casa Piani sezione ragazzi della Biblioteca comunale Imola) 10.000 lomani, che però non possono competere con i 250.000 euro di Iren Spa. «Al momento dell’iscrizione gli enti che si candidano a incamerare i fondi dell’Art Bonus devono indicare un obiettivo di raccolta da sommare ad altri incassi per raggiungere la cifra necessaria alla gestione di esercizio o all'intervento di restauro — spiega Botti — le fondazioni lirico-sinfoniche per esempio Biblioteca comunale di Imola 8.000 Torre dell'Orologio (Novi di Modena) 1.150 Lapide marmorea di Cesare Battisti (Parma) 4.880 Istituzione Bologna Musei 1.000 Cripta Rasponi (Ravenna) 4.800 Rocca Rangoni di Spilamberto 1.000 Museo delle Storie di Pieve - Rocca (Pieve di Cento) 4.000 Restauro del colonnato di piazza Municipale (Ferrara) 88 hanno messo anche il loro bilancio, che però è coperto da bigliettazione, sponsor ed erogazioni pubbliche». Bologna e Modena ad esempio lo hanno stabilito in 5 milioni, Parma in 3 milioni, Reggio in 6. Tornando all’elenco, alla Galleria Estense un’impresa ha concesso 32.456,89 euro; per il restauro della fontana del Nettuno Valsoia ha elargito 10.000 euro, il Circolo della caccia 5.600 euro, la Termal 5.000, solo per citarne alcuni. Singolare la voce Torre dell’orologio di Novi di Modena, danneggiata dal sisma del 2012: due cittadini hanno regalato rispettivamente 1.000 e 150 euro. Ancora a Parma infine, per ora sono le Assicurazioni Generali a curarsi della Lapide di Cesare Battisti con 4.880 euro. Andrea Rinaldi © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 BO Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 9 BO SCENARI Laboratori e filosofia fast fashion: la Colombini punta a crescere con Febal Uno stile italiano, ma adatto a un cliente globale: ora va all’assalto di Dubai A nche il Titano volge lo sguardo verso il Golfo Persico. Dopo aver aperto, a febbraio 2014, uno showroom a Dubai, il Gruppo Colombini, appartenente all’omonima famiglia, orgogliosamente sammarinese da oltre quattro generazioni, ha ora inaugurato il secondo. Ma, questa volta, lo spazio espositivo da 400 metri quadrati porta le insegne di Febal Casa, eccetto una sola sezione, dedicata invece a Rossana: i due marchi sono stati entrambi acquisiti nel 2009 dall’azienda di Falciano, che, fondata esattamente mezzo secolo fa per produrre arredamenti per gli hotel della Riviera, con la diversificazione sia della proposta commerciale sia dei mercati di destinazione ha registrato, nel 2014, 160 milioni di euro di ricavi, con una crescita annua dell’8,7% nel non facile mercato interno, e punta per l’esercizio in corso verso quota 170. Pochi chilometri più in là, Febal era nata nel 1959, all’alba, superfluo aggiungerlo, del boom economico, divenendo poi alfiere del distretto marchigiano delle cucine con Berloni Colombini Siamo convinti che nel nostro settore ci sia ancora molto spazio per creare una rete di punti vendita vicina alla filosofia dei brand del fast fashion e Scavolini. E, proprio come quest’ultimo concorrente, l’impresa del patron Armando Ferri si era fatta conoscere anche grazie alla pallacanestro: già sponsor a fine anni ‘70 di una squadra pesarese, il Delfino Porto, nel 1983-84 era passata in A1 sulle maglie del Napoli Basket. Brevi, invece, le avventure calcistiche: sulle divise del Bologna, nel 1981-1982, quando in campo emergeva un giovanissimo Roberto Mancini, e come fornitore dell’ultima grande Inter, nel 2008, quando Mancini aveva appena lasciato la panchina a Mourinho. Tuttavia, l’appeal rimaneva essenzialmente limitato all’Italia. La nuova proprietà, al contrario, si è issata al comando forte di una notorietà acquisita soprattutto oltre i patri confini, dove oggi gli showroom di Colombini Casa si apprestano a varcare la cinquantina, includendo quella Cina nella quale, nel 2006, è stata anche creata una filiale, dopo i tre poli produttivi di San Marino. La formula dei negozi è in genere il franchising, tuttavia con un forte controllo e coordinamento da parte della casa madre, che inoltre garantisce la formazione della rete commerciale con la Colombini Academy. Anzi: se Colombini aveva già testato sul proprio nome il completamento verticale dell’offerta, accostando alle camerette da notte le proposte per il reparto giorno, con il brand marchigiano l’operazione è stata di fatto replicata su una più elevata gamma. Da Febal è nata Febal Casa: l’intento è trasferire a tutta l’abitazione, dai divani ai letti, dalle poltrone agli armadi, il taglio concettuale prima applicato alle sole cucine, un taglio condiviso con una serie di matite d’eccellenza del panorama tricolore. Emanuel Colombini, 36enne amministratore delegato, sottolinea il «rinnovamento continuo di tutte le nostre linee prodotto, per un bud- Design Una delle moderne cucine con isola progettate dal gruppo sanmarinese Colombini in mostra allo showroom di Dubai get di investimenti che oscilla tra i 5 e i 6 milioni l’anno»: l’ultima frontiera si chiama Febal Lab, un incubatore di sperimentazioni in materia di design tutto interno al gruppo, che nel proprio processo creativo coinvolge, ormai da due anni, gli studenti internazionali dello Ied di Milano. «Siamo convinti che nel nostro settore ci sia ancora molto spazio per creare una rete di punti vendita vicina alla filosofia dei brand del fast fashion», continua Emanuel, figlio di Ivo, fondatore e tuttora presidente. Febal Casa ha pertanto avuto i propri monomarca, e non solo i 31 in patria, ma anche, appunto, i 15 esteri. L’apertura a Dubai conferma che la proposta total look è improntata a uno stile di vita italiano sì, ma adeguato alle esigenze del consumatore globale, perché «Febal è un marchio ormai pronto per raccogliere sul mercato internazionale i successi che merita. Lavoreremo a fondo perché questo accada in tempi brevi». Quattro giorni fa pure Rossana, brand che invece è rimasto confinato alle cucine, cucine però di alto lignaggio, con un modello esposto perfino al Moma di New York, ha inaugurato un nuovo showroom nell’elegantissimo quartiere londinese di Mayfair. È pertanto evidente come il gruppo Colombini, giunto ormai ai 900 dipendenti, punti ad aumentare una quota di export che l’anno scorso, pur in ascesa del 5,7% rispetto al 2013, si è fermata a 14,7 milioni. Nicola Tedeschini © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese BO L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI U na burocrazia più veloce e la messa in rete di infrastrutture e servizi per rendere più competitive le imprese che da Piacenza a Modena formano l’ossatura imprenditoriale medio padana. Sarebbe questo il risultato di un riassetto istituzionale che preveda la creazione dell’Area vasta Emilia, secondo Unindustria Reggio Emilia, Confindustria Piacenza e l’Unione parmense degli industriali che, in un protocollo congiunto, lanciano un appello alla Regione perché acceleri i tempi di attuazione della legge Delrio sul riordino dei sistemi amministrativi locali e l’abolizione delle province. Peccato che proprio il sistema confindustriale abbia preso una strada diversa, con l’aggregazione della territoriale di Modena a quelle di Bologna e Ferrara. Un progetto al quale inizialmente avrebbe dovuto aderire anche Reggio Emilia, poi sfilatasi per guardare verso Nord Ovest. Ora il protocollo congiunto formalizza Chi sono Alberto Rota, presidente Confindustria Piacenza; Alberto Figna, presidente Unione Industriali Parma; Mauro Severi, numero uno Confindustria Reggio Emilia in qualche modo la nascita della nuova aggregazione confindustriale Nord emiliana, ma sembra anche l’estremo tentativo di sfilare Modena dall’abbraccio con Bologna. Insomma, siamo agli sgoccioli di una partita che allo stato vede all’orizzonte tre nuovi soggetti di rappresentanza degli industriali: la Confindustria Romagna, la Confindustria Emilia-centro, e la Confindustria Emilia-Nord. La base da cui sono partite le tre associazioni per caldeggiare un’aggregazione sull’asse Modena-Piacenza è uno studio realizzato da Prometeia che ha preso in considerazione diversi aspetti delle quattro ex province: il mercato del lavoro, la specializzazione dei settori produttivi, le reti di imprese e le infrastrutture. Ne risulta la fotografia una realtà territoriale omogenea dal punto di vista storico, culturale, sociale ed economico, in grado di generare il 4% del Pil nazionale e di incidere per il 7,6% sull’export nel settore agro-industriale. Area vasta Emilia 7.526 13.175 14.913 20.250 55.863 Agricoltura Manifattura Costruzioni Commercio ESPORTAZIONI DI BENI Valori in milioni di euro Var. % ’08-’14 6,1 3,2 0 -0,2 1,1 Logistica e trasporti SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA Indice di specializzazione (Italia=100) calcolato sul valore della produzione delle imprese 313 137 91 95 131 129 172 180 71 98 108 162 117 97 71 120 173 110 93 62 139 166 127 89 80 RILEVANZA SETTORIALE SULL'ECONOMIA NAZIONALE Valore della produzione delle imprese incidenza sul totale nazionale in % 1,4 0,6 0,4 0,4 0,6 1,4 1,8 1,9 0,7 1,0 1,3 2,0 1,4 1,2 0,9 2,0 2,8 1,8 1,5 1,0 6,1 7,3 5,5 3,9 3,5 Il settore più rilevante tra le provincie dell'Area vasta Emilia è rappresentato dalla manifattura 28.253 Modena 10.769 Reggio Emilia 8.476 Parma 5.476 Qui il 4% del Pil italiano e le tre confindustrie vogliono Modena nel nuovo assetto Piacenza VALORE AGGIUNTO TOTALE Valori reali in milioni di euro 3.531 Area vasta Emilia: il rilancio di Piacenza, Parma e Reggio I dati economici DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO Valori in migliaia Forza Occupati Persone lavoro in cerca 133 120 12 215 199 15 247 231 16 326 300 26 920 850 70 Fonte: Prometeia su elaborazione Istat «La condivisione di una visione comune da parte delle aziende di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e, sottolineiamo, auspicabilmente Modena, testimonia come questi territori sentano forte l’esigenza di una nuova dimensione amministrativa che permetterebbe di avere risposte tempestive e di dare soluzioni omogenee ai problemi delle aziende in modo da evitare differenze di trattamento fra territori» rilancia Alberto Figna, presidente dell’Unione Parmense degli Industriali. E Mauro Severi, presidente di Unindustria Reggio Emilia aggiunge che «l’Area vasta Emilia ci consentirebbe di superare le logiche conservative del vecchio sistema delle province garantendo da un lato rilevanti economie di scala e di specializzazione nella fornitura di servizi pubblici e dall’altro un’importante capacità d’interazione con le città metropolitane di Bologna e Milano o con sistemi sovraordinati come la Regione, il Governo o l’Unione europea». Dalla ricerca di Prometeia risulta che le imprese attive sul territorio da Piacenza a Modena sono poco più di 185.000 e nel 2014 hanno realizzato un valore aggiunto di circa 55 miliardi di euro. Un dato che, anche se in calo rispetto ai valori pre-crisi (dal 2008 al 2014 la variazione media annuale è stata del -1,5%), Sul web Puoi leggere, commentare e condividere gli articoli di Corriere Imprese su www.corrieredi bologna.it ha continuato a generare ricchezza in termini di export, 28 miliardi di euro nell’ultimo anno, in aumento del 7% rispetto al 2008. I comparti più attivi sono quello agricolo e manifatturiero con un’incidenza del 6,1% e 7,3% a livello nazionale. I mercati di riferimento per i prodotti dell’area vasta Emilia sono per il 50,7 % l’Europa occidentale, per l’11,2% il Nord America, per il 10 % l’Asia e per l’8,1% la zona del nord Africa e del Medio oriente. Numeri positivi che devono però fare i conti, dice Prometeia, con ritardi legati al settore logistico e che rischia di incidere negativamente sulla competitività delle imprese. Un ritardo che la creazione dell’Area vasta, transitando dal modello della città diffusa al modello delle reti di città, potrebbe aiutare a colmare sia perché sarebbe in grado di programmare l’utilizzo e lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto, sia perché promuoverebbe politiche mirate ponendosi come interlocutore tra i diversi operatori. «L’Area vasta sarebbe una sintesi di quelle che sono le specializzazioni presenti nelle diverse province – spiega Alberto Rota, presidente Confindustria Piacenza – In questo modo si permetterebbe di mettere in connessione realtà che già da tempo lavorano insieme ma lo si farebbe avendo come interlocutore un soggetto unico in grado di esercitare funzioni di pianificazione territoriale, infrastrutturale e ambientale che consentono una semplificazione e una maggiore opportunità di sviluppo per le imprese». Dino Collazzo © RIPRODUZIONE RISERVATA a FAENZA dal 1981 SCONTI FINO AL 70% su tutta la collezione C.so Saffi, 48 - Tel. 0546.664341 - Si eseguono restauro e lavaggio specializzato Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 11 BO L’EMILIA-ROMAGNA DEI CAMPANILI Banca di Rimini e Bcc Valmarecchia, a nozze 4.500 soci con la benedizione di Cl Domenica il via libera alla fusione: direttore Massimo Conti, presidente Fabio Pula Il 2014 a confronto BANCA DI RIMINI BCC VALMARECCHIA *Dati in migliaia di euro 2.215 Q uando, a gennaio 2015, il governo Renzi si astenne dall’intervenire per via normativa sulle Bcc, non escludendo tuttavia di ripensarci in futuro, il sistema promise in cambio una seria autoriforma, che includesse un’accelerata sulle aggregazioni, o che almeno le agevolasse. Ora, in attesa che prenda corpo il progetto dei superpoli nazionali, vedi quella Cassa Centrale di cui Corriere Imprese ha parlato il 28 settembre, le aggregazioni in effetti iniziano. Domenica mattina, al PalaCongressi di via della Fiera, l’attuale Banca di Rimini approverà il matrimonio con la Bcc Valmarecchia, la cui assemblea straordinaria si svolgerà in contemporanea nella relativa sede legale. Le previsioni dicono che le voci critiche non mancheranno, ma non saranno tali da impedire l’entrata in operatività, dall’1 gennaio, della nuova Rimini Banca, un soggetto architettato dai due cda già la scorsa primavera, e che avrà 4.500 soci e quasi 1,5 miliardi di euro di raccolta da clientela. La presidenza andrà a Fabio 1,5 Miliardi La raccolta del denaro da clientela che si verrebbe a creare dalla fusione dei due istituti bancari riminesi Pula, mentre la direzione generale spetterà a Massimo Conti. Per un verso, dunque, considerando che entrambe le figure sono ascrivibili al mondo di Comunione e Liberazione, il costituendo istituto nasce sotto il segno dell’organizzazione che proprio in riva all’Adriatico tiene il Meeting. Per altro verso, è stato rispettato il «cencelliano» dogma, considerando che Conti lavora in Banca di Rimini e Pula già presiede la Valmarecchia. Quest’ultimo, in un cda idealmente paritetico con sei poltrone, avrà però voto doppio in caso di stallo. È uno dei dettagli in virtù dei quali, sebbene formalmente si tratti di una fusione alla pari che darà vita a una società nuova tout court, persone addentro la materia parlano di un’incorporazione dell’istituto del capoluogo da parte dei cugini. Invero, i numeri dicono che nello scorso esercizio hanno sorriso sia la Valmarecchia, in utile per 2,8 milioni; sia la promessa sposa, il cui utile di 1,3 milioni contrasta con un rosso attestatosi attorno ai 14 milioni tanto nel 2012 quanto nel 2013, anno in cui si è chiuso il piano Soci a fine anno 2.273 0 500 1000 1500 2000 2500 1.296 Utile netto* 2.793 0 500 1000 1500 2000 3000 2500 112.777 Crediti dubbi netti a fine esercizio* 41.840 0 20 40 60 80 100 120 18,8% % di crediti dubbi su totale crediti 12,7% 0 5 10 20 15 97.536 Patrimonio netto a fine esercizio* 102.329 0 20 40 60 80 100 Fonte: elaborazione propria basata sui bilanci depositati dalle società di rientro avviato con il commissariamento a cavallo delle due decadi. Sotto il profilo della qualità degli impieghi, tuttavia, al 31 dicembre scorso Banca di Rimini registrava crediti deteriorati lordi per quasi un terzo degli impieghi totali, pari a 515 milioni, mentre per la Valmarecchia il dato, del 18,26%, era molto più rassicurante. E a favore di quest’ultima pendono, se si eccettua la raccolta, altri indicatori. Ulteriori rumors suggeriscono che l’operazione sia stata a dir poco caldeggiata dalla Federazione regionale delle Bcc, che puntava sulle parallele nozze, in origine ritenute più probabili, tra gli altri due istituti della provincia, Malatestiana e Romagna Est. Queste ultime, interrompendo bruscamente le 120 trattative in estate proprio per disaccordi sulla governance, hanno anche congelato il progetto di arrivare, in un secondo momento, a un polo unico del Riminese: un polo in grado, più che di far concorrenza a Banca Carim, di riempire lo spazio che si aprirebbe con il possibile passaggio della stessa Carim in mani forestiere. Di certo, nell’attuale contesto, appare pericolosa la tentazione della concorrenza reciproca, tuttora presente tra le Bcc nonostante qualche recente fusione, considerando pure il crescente numero di cittadini che si servono di sistemi informatici anziché degli sportelli. Soprattutto in Romagna sono frequenti gli sconfinamenti degli istituti dal comune di origine a quelli limitrofi e meno limitrofi. La sovrapposizione era comunque un problema limitato nel caso di Banca di Rimini e Valmarecchia, che unite avranno 210 dipendenti, e il 9 ottobre hanno rinunciato ai 24 esuberi preventivati, grazie a un accordo con i sindacati basato su incentivi all’esodo e implementazione del part-time. Ora non resta che smentire l’ultimo precedente, quello delle Bcc di Macerone e Romagna Centro, le cui nozze, nel 2008, hanno fatto da anticamera al commissariamento del nuovo Credito cooperativo di Romagna. Una fusione, come in cuor proprio ammette pure qualche dirigente del settore, un po’ troppo rapida, risoltasi dunque in problemi a livello di governance e nondimeno contabili. Nicola Tedeschini © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese BO TERRITORI E CITTÀ Il borsino L’idea A Langhirano Grandi Città - solo capoluogo (compravendite) I sem 2014 I sem 2015 1 Variazione % 71 64 +10,9 143 2 181 -21,0 182 3 5 144 +26,4 Torino 4 148 4 Genova 141 10 Verona Milano 9 11 MODENA Trovare o vendere la casa ideale: con Morini nasce il «problem solving del real estate» 2 BOLOGNA +5,0 3 +3,6 Firenze 603 5 582 290 6 U creditizia che non facilita l’acquisto: le banche hanno ridotto di molto la copertura finanziaria, se prima erano disposte a erogare anche il 70% del prezzo dell’immobile, ora si fermano al 50% o anche meno. L’altro problema — continua Rossi — è la forte tassazione a cui è sottoposto il proprietario. Per stimolare il mercato, soprattutto in riferimento ai negozi di vicinato, Confesercenti ha lanciato l’idea di una legge nazionale che porti ai cosiddetti patti di deroga: il proprietario del negozio paga una cedolare secca e il comune potrebbe alleggerire l’Imu a chi affitta a canone concordato». Secondo il direttore dell’associazione, inoltre, le strade non legate al passeggio stanno perdendo appeal. Lo conferma anche Marco Rizzardi, affiliato Tecnocasa Immobili per l’Impresa: «A Bologna un negozio in via dell’Indipendenza non è mai vuoto, le cose cambiano già nella in via de’ Falegnami. Le differenze si calcolano nel giro di pochi metri quadrati». Mara Pitari na casupola da risistemare, un cliente alla ricerca della casa dei suoi sogni, e un venditore che non riesce a concludere l’affare perché sbaglia pubblicità. Sono solo alcuni dei casi che in questi giorni sono passati tra le mani di Mariella Morini che a Langhirano, nel Parmense, ha aperto il primo studio di problem solving immobiliare. «Mi sono costruita una figura lavorativa nuova, lontana da quello che oggi è l’agente immobiliare — spiega la giovane imprenditrice — Faccio la consulente, colei che aiuta il cliente a cercare la casa che desidera, o a riuscire a vendere immobili rimasti troppo a lungo disabitati». E per farlo si è dotata di una squadra di interior designer, architetti, geometri e altre figure che possano seguire ciascun caso da tutti i punti di vista. «Spesso — continua Morini — alcune compravendite non si formalizzano non tanto per fattori economici, ma per la difficoltà di comunicare e di percepire le potenzialità di una casa. Piccoli, ma necessari lavori di ristrutturazione, interventi di valorizzazione e pratiche burocratiche da espletare diventano a volte il vero ostacolo». Da qui è nata quindi l’idea di Morini, dopo dieci anni da agente immobiliare, di trasformare in lavoro un tipo di aiuto che le veniva sempre richiesto, puntando sul recupero edilizio e su di una rete di consulenti ad hoc, oltre che sull’home staging. Un servizio, molto diffuso negli Stati Uniti, per recuperare immobili rimasti invenduti troppo a lungo attraverso un insieme di tecniche, dal design al marketing, che permettono, a basso costo, di rilanciare il valore commerciale delle case. «Le persone che richiedono questo tipo di interventi sono in aumento e anche nel nostro territorio è prevedibile che la tendenza sia destinata a consolidarsi sempre più nei prossimi anni», aggiunge Morini che con la sua attività di problem solving, che conta già le prime decine di clienti, cerca di invertire la rotta negativa che negli ultimi anni ha caratterizzato il mercato immobiliare e chi opera in esso. Solo a Parma lo scorso agosto si contavano più di 11.200 annunci di immobili in vendita e oltre 4.850 in affitto: circa 91 annunci ogni 1000 abitanti (dati Osservatorio Immobiliare, 2015). «In periodi come questo la gente fa fatica a fidarsi, così vendere e comprare case sta diventando sempre più difficile. Bisogna iniziare a ridare importanza al fattore umano anche quando si vuole concludere un buon affare» ricorda Morini. Francesca Candioli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Roma 211 8 +37,4 Bari 126 7 Napoli 91 699 650 +7,5 338 9 11 6 +38,5 8 10 1 344 -1,7 67 7 43 +55,8 Palermo 152 120 +26,7 Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa su dati Agenzia delle Entrate A pro un negozio o un bar, ma vado in affitto. Se poi gli affari vanno bene, valuto anche l’acquisto dei muri. Sembra pensarla così la maggior parte dei nuovi imprenditori del commercio. Vale per Bologna, ma la tendenza è generale. Eppure, mentre nelle principali città italiane nei primi sei mesi del 2015 c’è stato un aumento delle transazioni immobiliari del settore commerciale, sotto le Due Torri si assiste a un vero e proprio tracollo. Meno 21% di compravendite rispetto al primo semestre del 2014 a Bologna città (i dati aggregati riguardano i negozi, i centri commerciali e gli alberghi). In cifre, sono stati venduti 143 spazi commerciali rispetto ai 181 dell’anno scorso. Lo dice Tecnocasa, elaborando i dati dell’Agenzia delle Entrate. Curioso, se si pensa che da gennaio a giugno la città ha assistito a un fiorire di negozi. Ma otto anni di crisi sulle spalle pesano, e chi scommette su una nuova attività preferisce restare cauto. Più audaci sono i commercianti nel resto d’Italia. Da Nord a Sud, nei primi sei mesi dell’anno sono state compravendute 12.634 unità immobiliari, pari al +2,5% rispetto al primo semestre 2014. Il trend è positivo per Bari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, e Verona. La città scaligera è al primo posto con le sue 67 compravendite (+55,8%). A seguire ci sono Palermo e Napoli: il capoluogo siciliano fa segnare 126 compravendite (+38,5%), mentre la città par- Immobili commerciali a picco Bologna fa peggio di tutta Italia Nei primi sei mesi del 2015 tracollo delle compravendite: -21% Tecnocasa: «Le Due Torri si comportano come una città di provincia» Chi è Loreno Rossi, direttore Confesercenti EmiliaRomagna tenopea aumenta del 37,4% (290 scambi). Roma e Milano sono sempre le realtà in cui si compravende di più, ma con aumenti contenuti: 699 nella Capitale (+7,5%) e 603 nel capoluogo lombardo (+3,6%). Oltre a Bologna, peggiore di tutte, Torino segna un leggero calo (338 transazioni a fronte di 344). Tutte le altre realtà, invece, mostrano volumi in aumento. In Emilia-Romagna cresce anche Modena con 152 immobili venduti rispetto ai 120 del primo semestre 2014 (+26,7%). «In Italia c’è stato un calo dei prezzi e questo sta incentivando gli investitori — spiega Fabiana Megliola, responsabile dell’Ufficio studi del gruppo Tecnocasa — Sono soprattutto loro a comprare per quanto riguarda il settore non residenziale. Si tratta di privati che hanno dei capitali a disposizione oppure di società immobiliari-. Gli utilizzatori, invece, generalmente vanno in affitto per vedere come va l’attività, poi valutano l’acquisto in un secondo momento». Eppure Bologna non sfon- da: anche nel 2014 la città non aveva dato segnali positivi (-0,9% dall’analisi Tecnocasa). «Ma le transazioni del settore commerciale sono fortemente legate all’economia della città — spiega Megliola — contano le strade pedonali e quelle di passaggio, e le città di provincia hanno un comportamento diverso rispetto alle grandi piazze». «Il calo è coerente con la situazione di difficoltà che c’è nel settore del commercio — riflette il direttore di Confesercenti Bologna, Loreno Rossi — Il dato segnala che da noi persiste la difficoltà del commercio: le attività che aprono sono poche e spesso chiudono nei primi 3 o 4 anni di vita. In più c’è una stretta Rossi Le banche hanno ridotto la copertura finanziaria e i proprietari son sottoposti a una forte tassazione Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 13 BO FOOD VALLEY Un codice che dialoga con lo smartphone traccia il prodotto italiano Dop e Igp Negli Usa L’agenda 3 novembre A Bologna è possibile visitare fino al 6 dicembre la mostra fotografica «L’industria bolognese: un dna riconosciuto» a Palazzo De’ Toschi, in piazza Minghetti 4/D L’evento Il Parmigiano Reggiano avvia la sperimentazione con tecnologia Codentify TM P resto il consumatore Usa potrà verificare se il prodotto è made in Italy semplicemente con l’ausilio di uno smartphone. «È una risposta concreta a ciò che in teoria potremmo ottenere, ma sarà molto difficile, dalla firma del Ttip — il trattato di libero scambio tra Usa e Ue — ossia il pieno riconoscimento del sistema europeo delle Dop e Igp e delle relative tutele giuridiche. Conviene quindi focalizzare l’attenzione sulla tracciabilità dei prodotti agroalimentari investendo in nuove tecnologie che possano permettere di risalire alla zona di origine», dice Denis Pantini responsabile settore Agroalimentare di Nomisma. Lo studioso sottolinea come da un recente studio condotto in sei metropoli degli States sia emerso che: primo, l’americano è davvero attento alla provenienza e all’autenticità dei prodotti che acquista (l’85% degli intervistati); secondo: «il made in Italy è di gran lunga il food importato più richiesto e il 74% sarebbe addirittura disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine italiana». Il mercato statunitense rappresenta circa il 20% dell’export agroalimentare Dop e Igp dell’Emilia Romagna «ma lo sbocco diventa ancor più interessante in prospettiva futura — avverte Pantini — considerata l’alta propensione all’acquisto e il reddito medio pro capite previsto in crescita del 4 per cento annuo nel prossimo quinquennio, che si aggira attualmente sui 42 mila dollari mentre in Italia è circa la metà». Ma quanto ancora dovremo aspettare prima di vedere il Parmigiano Reggiano «codificato»? «I test sperimentali, terminati proprio in questi giorni e effettuati su campioni di formaggio stagionato Dop, dimostrano che la tecnologia Codentify TM può essere estesa anche ai prodotti agroalimentari e che si può procedere stampando il codice direttamente sulla crosta di formaggio e non solo sull’etichetta, Come funziona Informazioni generali 1 (Codice Codentify, produttore e tipologia confezionamento) Pallet 2 Codice valido Cartone Informazioni del prodotto 3 (Codice, descrizione e mercato di riferimento) Contenitore trale avviene tramite connessione internet sicura». La tracciabilità è garantita da un processo di aggregazione dei codici, abbinati tra loro, dal code sul prodotto a quello sul cartone e infine sul pallet. In questo modo si possono seguire in tempo reale tutti i punti critici della movimentazione. Non solo. «È un modo per rafforzare il canale di fidelizzazione con il cliente dando magari consigli utili sulla corretta consumazione del prodotto, talora una ricetta, oppure offrendo un semplice benefit come un codice sconto o la possibilità di partecipare ad un concorso a premio con estrazione del numero cifrato». Tutto ciò a che prezzo? «Molto ridotto, se tutto il Consorzio del Parmigiano Reggiano utilizzasse tale sistema per l’autenticazione e il tracciamento dell’origine del prodotto (che verrebbe personalizzato e messo a disposizione da Fata Logistic Systems in qualità di Service Provider), il costo al chilo aumenterebbe solo di pochi centesimi di euro». B. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Unità di Vendita 2 Formaggi 4 3 Informazioni del produttore 4 (Stabilimento, data e linea produziuone) 5 Link a informazioni di geolocalizzazione 5 6 Bevande Stagione per stagione portuno addestramento, con l’intento di coinvolgere un domani anche la Dogana. Se applicato all’agroalimentare, il Codentify TM può diventare un valido sistema di tutela dell’origine di un prodotto a vantaggio non solo delle singole aziende ma dell’intera filiera. Addio, dunque, all’«italian sounding» e ai falsari del cibo tricolore che oltre a rappresentare un mancato introito per molti, creano confusione nei consumatori americani tant’è che «9 su 10 sarebbero interessati all’utilizzo di sistemi in grado di identificare l’autenticità dei prodotti visto che con la tracciabilità si sentono garantiti in termini di sicurezza alimentare, di origine e qualità». Il codice, fanno sapere dalla casa madre, «è protetto e sicuro; viene generato con un algoritmo molto complesso direttamente dal computer che comanda la stampante della linea produttiva dopo che questo, insieme al computer dello stabilimento, è stato autorizzato dal server centrale della Fata Logistic Systems. Il collegamento tra i pc ed il server cen- S angiovese e Albana sono tornati nel cuore degli Stati Uniti. Per la terza volta negli ultimi anni una nutrita delegazione di consorzi di aziende vinicole ha fatto assaporare il frutto delle proprie vigne al pubblico di potenziali importatori Oltreoceano. Al Simply Italian Great Wines US Tour ha partecipato anche il Consorzio Vini di Romagna che raggruppa 112 tra cantine e aziende associate da Rimini a San Lazzaro. Con una propria delegazione di 7 esperti ha fatto tappa a Chicago e San Francisco dal 26 al 28 ottobre per favorire il contatto tra produttori romagnoli e importatori e distributori a stelle e strisce. «In questi anni — ha dichiarato il presidente del Consorzio Vini di Romagna, Giordano Zinzani (nella foto) — abbiamo notato un interesse crescente per i nostri vini anche negli Stati Uniti. Lì preferiscono vini profumati e morbidi al gusto; è calato l’interesse per la barrique a favore di rossi in cui si possa assaporare il gusto dell’uva e, per i fruttati, della ciliegia marasca». Per Iem, International Exhibition Management, il promotore dell’evento rappresentati da Marina Nedic «gli Stati Uniti sono il primo mercato al mondo per importazione di vino. Nel corso del primo semestre del 2015 l’export tricolore nel mercato statunitense ha registrato un incremento in valore del +16,8% per gli imbottigliati e del +47,3% per gli spumanti, pari a più di 631 milioni di euro totali. Questi dati confermano ancora l’Italia come primo partner commerciale». Ale. Ma. 1 contribuendo così a rendere ancora più attendibile il sistema di tracciabilità», afferma Guido Calliano account manager della Fata Logistic Systems (Finmeccanica), l’azienda che sta implementando in Italia la tecnologia inventata dieci anni fa da Philip Morris, al momento applicata esclusivamente per combattere la contraffazione e il contrabbando di sigarette. «Si tratta di un codice alfanumerico di dodici cifre stampato sul pacchetto, che si può leggere su smartphone tramite un’apposita applicazione attualmente in fase di sperimentazione presso la Guardia di Finanza nell’ambito di un protocollo di collaborazione tecnologica con la Philip Morris. Fornisce tutte le informazioni che servono all’identificazione del prodotto: si riesce a capire se è autentico oppure no e la sua origine grazie a un controllo facile e immediato». La Fata Logistic ha fornito la App alla Guardia di Finanza insieme ad un portale dedicato a coloro che sono deputati al controllo dei carichi che transitano in Italia e ad un op- Il Consorzio Vini di Romagna va in Usa a caccia di nuovi clienti 6 Tab di risultato 4 novembre A Bologna l’incontro dalle 14.30 «L’evoluzione digitale per il settore ricettivo a portata di bonus» in via San Domenico 4 5 novembre All’Università di Ferrara giornata di formazione «Horizon 2020 Sc6: Europe in a changing world inclusive, innovative and reflective societies» dalle 9 alle 13 in via Voltapaletto 11 6 -7 novembre A Bologna è in programma dalle 9 la prima Iasc, l’International association for the study of commons. Una conferenza dal titolo «The city as a commons: reconceiving urban space, common goods and city governance » organizzata da LabGov all’Opificio Golinelli in via Paolo Nanni Costa. 7 novembre Continuano i sabati dell’Università di Parma per Expo. La rassegna in programma dalle 10 alle 13 a Palazzo del Governatore. Questa volta si parla di gusto e identità Lotta agli insetti con gli insetti e cura dei boschi Ecco come le castagne mantengono la loro bontà di Barbara Bertuzzi «S ono tornate a volare le api sui castagni, significa che la lotta biologica contro la vespa cinese ha prodotto buoni risultati e che gli alberi sono sani» dice soddisfatto Elvio Bellini, presidente del Centro di studio e documentazione sul castagno di Marradi, sull’Appennino tosco-romagnolo. Il merito è un po’ anche suo, oltre che dell’Università di Torino e delle Associazioni Castagno che insieme al Mipaaf hanno effettuato in questi ultimi anni migliaia di lanci del Torymus, l’imenottero antagonista naturale del cinipide. Le varietà di castagne in Italia sono circa 300. Lunghe, corte o tozze; quelle medio piccole che vanno bene da essiccare e si contano in 120-130 frutti al chilo. Poi ci sono i marroni, dai 50 ai 70 frutti al chilo (prezzi nella Gdo-Grande distribuzione da 3,9 a 6,4 euro/kg per le castagne; da 6,9 a 10 per i marroni; fonte: Cso). Il patrimonio genetico del frutto è sempre lo stesso, ma ciò che cambia sono gli ecotipi e i fenotipi sicché ogni località esprime una propria peculiarità dalla castagna di Zocca (Modena) al marrone di Castel del Rio Igp (Imola-Bologna). Il nostro territorio produce qualità, manca però una pianificazione produttiva. Cosa dobbiamo fare per rafforzare la filiera? «Curare meglio i castagneti con potature e concimazioni — suggerisce Bellini — e fare nuovi impianti sfruttando le tecniche della frutticoltura moderna: l’Emilia-Romagna insegna». Poi il nodo cruciale è il mercato: «soprattutto le importazioni selvagge dalla Turchia e dai paesi dell’Est che abbassano di molto la qualità del prodotto in commercio; spesso questa materia prima viene utilizzata dall’industria per fare farine e derivati invece di privilegiare le produzioni di eccellenza Dop e Igp italiane». «Qualità ottima, buon calibro e maturazione omogenea, è il marrone degli Appennini che ave- Il frutto L’albero che produce le castagne è la Castanea sativa, una pianta appartenente alla famiglia delle Fagacee. La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla posizione che essi occupano all’interno del riccio vamo oramai dimenticato», sbotta Gabriele Franceschelli, 76 ettari di castagneti nella vallata del Santerno (Imola). «In agosto — racconta — comincio la pulizia nel bosco poi raccolgo ad ottobre. La potatura? Ogni cinque-sei anni. Gli alberi sono secolari, alti anche trenta metri talvolta in zone impervie e serve personale specializzato». Quest’anno la resa è stata «a macchia di leopardo», da 6 quintali per ettarofino a 14-15 nelle zone più alte per un totale di 400 quintali di marroni di Castel del Rio Igp (Azienda agricola La Vallata, vendita diretta sui 5 euro al chilo). Dopo la «curatura», il metodo di mantenimento naturale che si fa immergendo le castagne in acqua fredda per otto-nove giorni (periodo di novena), la conservazione in celle frigorifere dura fino a marzo. «Il 50 frutti, così si chiama il marrone perfetto – dice Franceschelli – lo vendo ai caldarrostai tutto l’inverno». © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 BO Lunedì 2 Novembre 2015 Corriere Imprese Corriere Imprese Lunedì 2 Novembre 2015 BO Il controcanto di Massimo Degli Esposti EATALYWORD, COME CI VAI SE IL TRENO NON CE L’HAI? OPINIONI & COMMENTI L’analisi Progetto Fico, una narrazione per Bologna SEGUE DALLA PRIMA L a retorica si sostituisce all’innovazione e più che la voglia di scalare la dimensione globale quello che i protagonisti comunicano è il timore di alterare le distanze tra i territori. Fico si presenta, dunque, come una scossa per la cultura emiliana, supera lo sterile dibattito sul policentrismo e le competizioni di campanile (che dovrebbero servire a sedurre i turisti e non a giustificare rendite di posizione) e si pone l’obiettivo di conquistare «i cittadini del mondo». Ci riuscirà? Lo speriamo fortemente perché in fondo Fico è la vera continuità del miracolo Expo e di una rinnovata propens i o n e a « ve n d e r e » l’identità italiana. E se parliamo di agro-alimentare non c’è alcun dubbio che Bologna sia più vocata di Milano. Lo storytelling di Farinetti in questo lungo percorso si rivelerà sicuramente utile, ha promesso che il giorno dell’inaugurazione di Fico ci saranno schierate «tutte le televisioni del mondo», ha presentato le nuove biciclette Bianchi con due ruote davanti e il carrello della spesa come «una bomba» e ha ribadito come gli italiani — ovvero lo 0,83% della popolazione del mondo — hanno un grande futuro davanti a sé basta che la smettano di guardarsi indietro. Per Bologna è chiaro che si tratta di una sfida che ha pochi precedenti, attirare in città 6 milioni di visitatori l’anno, di cui 2 milioni di stranieri, è un obiettivo che oggi ha quasi dell’incredibile. Per vincerla pare evidente che bisogna mettere da parte i vecchi vestiti (il localismo minore e rissaiolo) e acquistarne di nuovi. E tutto sommato c’è il tempo per provarli e sentirseli addosso. 15 Le lettere vanno inviate a: Corriere di Bologna Via Baruzzi 1/2, 40138 Bologna e-mail: lettere@ corrieredibologna.it Fax: 051.3951289 oppure a: [email protected] [email protected] @ Dario Di Vico © RIPRODUZIONE RISERVATA Il sindaco di Bologna Virginio Merola non scherza e sul progetto Fico ha deciso di calare il suo asso nella manica. «Stiamo valutando la possibilità di una rete di trasporto dedicata, magari dei bus elettrici», ha infatti annunciato lunedì scorso a Milano, presentando la Disneyworld del cibo bolognese dal palcoscenico scintillante di Expo. I bolognesi, e i 6 milioni di visitatori di tutto il mondo attesi a Fico, avranno tirato un sospiro di sollievo. Pensavano forse di doversi fare a piedi i 7-8 chilometri che separano l’area del futuro parco agroalimentare dalla stazione Centrale, come profughi siriani al confine ungherese; oppure di mettersi in fila in piazza Medaglie d’Oro alla fermata di una linea suburbana (quelle azzurrine, che passano una volta all’ora, esclusi serali e festivi, ma ancor meno quando scatta l’orario estivo). Invece no: se la valutazione in corso avrà esito positivo, avranno a disposizione per il viaggio un «trasporto dedicato» tutto loro, forse addirittura un bel filobus ecologico. Da godersi, però, a lungo, anche Piazza Affari di Angelo Drusiani Ferrari, quotazione da ritorno al futuro un’oretta nei momenti di punta. Se poi l’affluenza rispetterà previsioni e auspici, per trasportare i 6 milioni di visitatori in 360 giorni — cioè in media 16.600 al giorno — ci vorranno 700-800 corse andata-ritorno. Vale a dire un centinaio di bus «dedicati», perennemente in movimento su uno dei percorsi già oggi fra i più congestionati dell’intera città. Tanto per avere un’idea, per l’area Nord di Bologna sarà come dover «digerire», ogni giorno dell’anno, un big match Bologna-Juve in zona Stadio. Non sappiamo se il sindaco abbia abbozzato questi calcoli prima di presentare la sua idea di «rete di trasporto dedicata». Pensiamo di no, altrimenti sarebbe stato zitto, o avrebbe promesso qualcosa di meno grottesco. Soprattutto trovandosi a Milano, in un quartiere fieristico servito da una linea di metropolitana ad alta capacità (una corsa da 500 passeggeri ogni 5 minuti), due svincoli autostradali, una stazione ferroviaria con tanto di Alta Velocità. Ma lì il 21° secolo è arrivato puntuale. Qui a Bologna, invece, Civis non docet, Crealis e Peple Mover nemmeno; qui il tempo si è fermato al filobus. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fatti e scenari A Rimini nasce la No tax area Un «gratta e vinci» per gli ultimi che fa mugugnare tutti gli altri R È di due settimane fa circa la quotazione di Ferrari. Sulla quotazione dell’azienda di Maranello oltre Atlantico molti commentatori hanno individuato nella valutazione della società un dato stellare, cercando di motivarla. Ma i più hanno definito la Ferrari modenese come il titolo azionario più costoso in circolazione. Mercoledì scorso 28 ottobre l’azienda ha reso noti al mercato i dati del terzo trimestre 2015. Valori in linea con le aspettative del mercato. Ovvero, sottolinea Matteo Zardoni di Banca Albertini Syz, ricavi a 723 milioni di euro, Ebitda a 214 milioni di euro e utile netto a 94 milioni di euro. La reazione del mercato a caldo è stato quello di riportare il prezzo sotto il valore di collocamento. Secondo il consenso medio degli analisti finanziari, Ferrari dovrebbe chiudere il 2015 con ricavi attorno a 2.850 milioni di euro ed un utile netto di 260 milioni di euro. Ai prezzi attuali di mercato significherebbe che Ferrari è valutata circa 35 volte gli utili e più di 4 volte i ricavi. In effetti, questi rapporti sono riscontrabili solo per alcuni titoli del lusso, quali Hermes, oppure ultratecnologici. Per Hermes tali multipli sono motivati dall’altissima riconoscibilità del marchio e dalla forte affezione della sua clientela per il marchio stesso. Per titoli di tipo tecnologico i multipli sono motivati dalla possibile crescita futura dei ricavi e quindi degli utili. Zardoni si chiede: «Possiamo considerare Ferrari al pari di Hermes?» Ferrari è una azienda eccezionale e il suo fatturato nei prossimi anni potrà anche crescere per vie nuove, quali merchandising o parchi a tema. Sempre nei prossimi anni il numero dei super ricchi sarà in continua crescita e se Ferrari sarà in grado di produrre auto con lo stesso outstanding attuale è prevedibile che l’azienda possa crescere senza grossi problemi. Ne consegue che le attuali quotazioni potrebbero essere plausibili. Attenzione, conclude Zardoni, che la parte preponderante dei ricavi rimarrà pur sempre la vendita di auto, con tutte le relative variabili legate all’acquisti di una supercar. Forse i potenziali clienti saranno gli stessi per Hermes e Ferrari, ma il modello di business e le variabili di contorno rimangono molto lontane. Un accostamento troppo vicino tra i due marchi forse non ha molto senso. L’intervento Il Trattato transatlantico è un’occasione: non bisogna avere paura SEGUE DALLA PRIMA C ome dimostra una recente ricerca di Nomisma, la «richiesta» di prodotti alimentari italiani è in forte crescita negli Usa (dal 2004 al 2014 è aumentata del 56%). Inoltre il Ttip ci permetterebbe anche di tutelare le nostre produzioni agroalimentari dal fenomeno dell’imitazione: negli Stati Uniti il business dei prodotti made in Italy taroccati è di circa 20 miliardi di dollari. Il tutto senza mettere in pericolo la sicurezza alimentare: il principio di precauzione non verrà toccato e non saranno commercializzati prodotti che non passeranno la verifica sulla nocività o meno per la salute. E il Ttip non toccherà le regole che l’Ue si è data in materia di Ogm e carne agli ormoni. Le cifre dell’export italiano verso gli Usa confermano che è necessario firmare l’accordo con gli Usa: solo prendendo in esame il primo semestre 2015, le esportazioni italiane sono aumentate del 27,5%. Per quanto riguarda la regione EmiliaRomagna, il dato dell’export nella prima metà dell’anno mostra un incremento del 24,2%, dovuto per oltre il 70% ai prodotti metalmeccanici, sui quali non gravano le barriere non tariffarie, a differenza dei prodotti agroalimentari. Cosa se ne può dedurre? Che rimuovere gli ostacoli tecnico-regolamentari al commercio di beni e servizi porterebbe ulteriori benefici in molti settori, soprattutto in quello agroalimentare: le barriere non tariffarie riguardano prosciutto di Parma, formaggi di latte vacci- © RIPRODUZIONE RISERVATA no, prodotti ortofrutticoli freschi, tutti prodotti in cui l’Emilia-Romagna vanta eccellenze mondiali, con oltre 41 Dop e Igp. L’abbattimento delle barriere commerciali, infine, avvantaggia le piccole e medie imprese, perché tendono a gravare su di loro in modo sproporzionato: le differenze di norme e regolamenti costringono oggi le aziende a compiere passaggi aggiuntivi per realizzare lo stesso prodotto in due tipologie o a rispettare due diverse procedure, con un aggravio dei costi di produzione che si calcola arrivino fino al 20-25%. Occorre compiere una scelta lungimirante: in mondo globale le difficoltà si risolvono solamente costruendo accordi e facilitando i meccanismi di scambio. Solo così si può riuscire a sostenere la ripresa e a creare occupazione. Gianni Bessi Consigliere Regione Emilia-Romagna © RIPRODUZIONE RISERVATA imini Rimini. Da commedia all’italiana degli anni 80 a richiamo generoso per i piccoli imprenditori e gli esercizi commerciali che abbiano iniziato (o si precipitino a farlo) una nuova attività nel 2015, con almeno un dipendente. Martedì scorso il capoluogo romagnolo ha annunciato la «No tax area», un fondo da 400.000 euro per rimborsare alle nuove attività il corrispettivo delle imposte locali (Imu, Tari, Icp) e del canone per occupazione di suolo pubblico (Cosap). Nell’Italia che pare aver ritrovato la fiducia certificata dall’Istat, la provincia romagnola ha colto al volo la buona notizia registrata da Movimprese (il sistema informativo delle Camere di commercio): a Rimini il terzo trimestre 2015 segna, dopo molto tempo, un piccolo saldo positivo tra nuove iscrizioni e cancellazioni all’anagrafe camerale: 22 imprese in più, che portano il totale da 34.498 iscrizioni a 34.520. Una goccia, ma pur sempre un segnale, che l’assessore alle attività economiche di Rimini, Jamil Sadegholvaad, con il consenso della giunta e in particolare dell’assessore al Bilancio Gian Luca Brasini, vuole incoraggiare: «È una scommessa sulla ripresa. Vogliamo sostenere in modo concreto e tangibile gli imprenditori che hanno deciso di investire su loro stessi e sul nostro territorio, e contribuito a creare occupazione». Il rimborso potrebbe interessare fino a un centinaio di imprese, con un importo medio di 3.600 euro. Tutto ciò che sostiene la ripresa economica, le imprese, i consumi delle famiglie è cosa buona e giusta. Però a volte si ha la tentazione di fare il lavoro degli altri e magari, senza volerlo, falsare la concor- Sindaco Andrea Gnassi, primo cittadino di Rimini renza. «No tax area», naturalmente, è un modo di dire, perché non si tratta di esenzione d’imposta, ma di un contributo «pari» a un’imposta versata. I comuni hanno già strumenti per esentare fasce di contribuenti dalle imposte locali. E la legislazione fiscale e contributiva già prevede incentivi alle startup (la legge di Stabilità 2016 rafforza gli strumenti sul fronte fiscale, pur attenuandoli un po’ su quello contributivo). Un incentivo in più per pochi, annunciato sul finire dell’anno e perciò casualmente retroattivo, è una sorta di «gratta e vinci» che regala un sorriso agli ultimi arrivati e strappa una smorfia alla maggioranza degli esclusi. Un po’ come nella parabola dei lavoratori della vigna. Ma quello è vangelo, e il «padrone» usava soldi suoi. Angelo Ciancarella © RIPRODUZIONE RISERVATA IMPRESE A cura della redazione del Corriere di Bologna Direttore responsabile: Enrico Franco Caporedattore centrale: Simone Sabattini Editoriale Corriere di Bologna s.r.l. Presidente: Alessandro Bompieri Amministratore Delegato: Massimo Monzio Compagnoni Testata in corso di registrazione presso il Tribunale Responsabile del trattamento dei dati (D.Lgs. 196/2003): Enrico Franco Sede legale: Via Cincinnato Baruzzi, 1/2 40138 Bologna © Copyright Editoriale Corriere di Bologna s.r.l. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. Diffusione: m-dis Spa Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano Tel. 02.25821 Pubblicità locale: SpeeD Società Pubblicità Editoriale e Digitale S.p.A. Via E. 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