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Imparare a morire per imparare a vivere
IMPARARE A MORIRE PER IMPARARE A VIVERE Ipnosi e meditazione possono aiutare a morire sereni Intervista al dott. Veetman Masshoefer VEETMAN Masshoefer è discepolo di Osho dal 1978, è direttore dell' Institute for Living and Dying. Ha lavorato in tutto il mondo con processi sulla morte e il morire, trasformazione e meditazione. Ha creato la meditazione "BARDO- Il risveglio dal sogno". Tutte le paure si radicano nella paura di morire. Aiutare il processo del morire con serena consapevolezza diventa terapia di vita e sostegno a chi deve effettivamente affrontare l'esperienza della morte. Il processo di cura proposto dal dott. Masshoefer comprende tecniche di ipnosi ed esperienze di meditazione, l'obbiettivo è aiutare a riconoscere il proprio sé profondo che trascende la morte e distaccarci dall'identificazione con il corpo e la mente che tra breve o tra lungo tempo si dissolveranno. 1 Inoltre il gruppo di ricerca diretto dal dott. Masshoefer utilizza e sta rielaborando l'antica conoscenza tibetana del Bardo, riconoscendole valore universale comprovato dalle esperienze contemporanee riportate da persone vicine alla morte che hanno fatto ritorno alla vita. Masshoefer ha una formazione in psicologia e sociologia. E' da molti anni discepolo di Osho Rajneesh ed ha approfondito la propria formazione psicologica attraverso l'ipnosi e molte tecniche corporee. Pratica da molti anni in Germania e altrove, per dare aiuto nel processo del morire con gruppi e individualmente, sta organizzando un centro rivolto a persone vicine alla morte e che vogliano essere condotte in quest'esperienza con serena consapevolezza e rispetto. Masshoefer svolge anche un lavoro di formazione professionale per persone interessate a sostenere ed aiutare chi sta per morire. Domanda: Quali studi hai compiuto? Masshoefer: Ho studiato In Germania psicologia e sociologia, poi sono diventato musicista! Domanda: Quindi all'inizio non lavoravi come psicologo? Masshoefer: No, ho preso la laurea e poi mi sono fermato per fare altre esperienze. Sono diventato discepolo di Osho Rajneesh e per alcuni anni la terapia l'ho fatta su me stesso... molto intensamente. Domanda: E poi in che direzione hai cominciato a lavorare? Masshoefer: Prima lavoravo con le terapie corporee: massaggi, shatstu, T'ai Chi, insegnavo T'ai Chi. Diciamo che avevo un indirizzo Zen. In Germania verso il 1980 questo tipo di lavoro terapeutico era ancora abbastanza nuovo. Conducevo anche gruppi di "encounter", poi per otto anni ho fatto gruppi e sessioni di de‑ipnosi. Alcuni anni fa ho partecipato a un training professionale di ipnosi con Elisabeth Michaels di Seattle (Washington, Usa). Meditare è un po' morire Domanda: Come ti sei orientato verso la morte e il processo del morire? Masshoefer: Sono sempre stato molto toccato dalla morte perché già molto presto sono morte persone che mi erano vicine, e più tardi quando facevo il musicista anche alcuni miei cari amici sono morti. Mi sono sempre confrontato con la morte e quando ho iniziato ad sperimentare il processo di meditazione ho scoperto che è un esperienza simile alla morte. Una vecchia parte di me doveva morire, era piuttosto doloroso, ogni persona che medita conosce quest'esperienza. Non sapevo veramente cosa fare! Ho iniziato in qualche modo e subito tutto accadeva in modo molto naturale. E' come lavorare con l'ipnosi quando emergono molte cose dal tuo inconscio e scopri la profondità della mente inconscia. Sentivo che esisteva un legame molto forte fra il lavoro sull'inconscio e la morte. Una volta un bravo astrologo ha studiato il mio tema natale e mi ha detto che questo era il mio lavoro, che dovevo lavorare con l'inconscio, con la morte e con persone che stanno morendo. Mi disse che questo lo sapevo già e che era il mio lavoro in questa vita. 2 Sentivo di dover aiutare le persone che stavano morendo, stare con loro, all'inizio non avevo veramente alcuna idea di come farlo. Non avevo avuto nessun tipo di insegnamento quindi ero lì solo con il mio intuito e con la mia presenza, poi ho trovato modi diversi per aiutare queste persone a rilassarsi, a lasciare andare certe paure e arrivare ad una comprensione diversa della morte. Ho imparato alcune cose presso il centro con cui collaboravo in Olanda dove si aiutava a morire. Ma in pratica ho dovuto veramente scoprire quasi tutto da solo. Ho iniziato a tenere gruppi sul processo del morire ed ho sviluppato un mio procedimento perché nessun altro teneva gruppi sulla morte a quei tempi. Concludere vicende non finite Domanda: Usavi tecniche che aiutano a sviluppare una consapevolezza particolare? Masshoefer: Sì. Innanzitutto era un lavoro sulle vicende della vita rimaste incompiute nella vita...noi li chiamiamo "unfinished business", le situazioni non concluse della nostra vita, per le quali sentiamo un forte attaccamento e un grande dolore nel cuore, nel centro del cuore. Questo è il primo lavoro, completare quello che è possibile completare Domanda: Come viene facilitata quest'esperienza? Masshoefer: Esistono metodi meditativi con cui si possono completare le situazioni con persone della nostra vita o con se stessi esprimendoci, scrivendo, trasformando qualsiasi emozione incompiuta. Sono meditazioni di trasformazione per esempio la meditazione di Atisha. Esiste poi la meditazione del perdono che agisce attraverso il cuore, accettando tutto semplicemente come è. Domanda: E le persone riescono ad arrivare ad un punto in cui si sentono libere? Masshoefer: Molto dipende da quanta esperienza di meditazione hanno avuto in precedenza. Il processo evidentemente ha bisogno di un po' di meditazione, di una preparazione durante la vita per comprendere che il centro del cuore ha il potere di trasformare. Ci sono state alcune persone talmente vicine alla morte da arrivare a questa comprensione...era così evidente che stavano morendo che hanno realmente potuto accettare. Non riesco a spiegare più specificamente come funziona questo processo, forse la persona si rende conto che non c'è futuro e di avere veramente la scelta di abbandonare tutti i risentimenti e le paure, sentire amore, aprire il cuore e perdonare anche se stessa, che è un evento molto forte e importante. Gli attaccamenti Domanda: E pensi che l'ipnoterapia possa aiutare a rivedere certe cose? Masshoefer: Ci sono metodi particolari per agire sulla tristezza, completare storie incomplete, perdonare. Il lavoro sta nel guidare le persone in uno stato ipnotico cosciente attraverso l'esperienza della morte, sino al momento prima di morire e attraverso l'esperienza stessa del morire. 3 L'immagine e le sensazioni della morte diventano meno paurose, perché se si è rilassati ci si rende conto che è possibile attraversarla e sentire che una parte di noi continua a vivere. Domanda: Questo è veramente il lavoro principale. Masshoefer: E' il primo passo: lasciare andare il passato ed essere presenti. Lasciare andare gli attaccamenti... le persone che stanno morendo dicono che la cosa più dolorosa è la sensazione di attaccamento a persone e a situazioni che rende la morte così dolorosa. La paura inconscia della morte Domanda: E il passo successivo? Masshoefer: Il passo successivo in genere consiste nel riequilibrare la paura di morire, abbiamo molta paura conscia ed inconscia sulla morte perché non sappiamo cosa sia. Abbiamo imparato ad avere paura della morte. C'è molto da fare per ripulirci consapevolmente dalle vecchie idee sulla morte. E' possibile comprendere, quando si è molto vicini alla morte, che il corpo muore ma c'è qualcos'altro. Il corpo muore, la mente muore o cambia, ma c'è qualcos'altro che continua ad esistere. Abbiamo solo idee acquisite ma in realtà noi non sappiamo che cosa sia la morte. Domanda: Ci sono delle paure tipiche o più comuni come la paura dell'inferno o la paura di scomparire? Masshoefer: Sì. In questo lavoro abbiamo scoperto che c'è la paura del dolore, prima di morire e mentre si muore, abbiamo molta paura del dolore fisico e la paura della solitudine, moriremo da soli, saremo totalmente soli, questa è una paura molto forte. 4 Domanda: La paura di essere veramente soli quando si muore? Masshoefer: Ecco, nel momento di morire c'è la paura di trovarsi veramente soli, nessuno può venire con noi. Non si sa veramente cosa vuol dire essere veramente soli, non se ne ha l'esperienza e questa solitudine spaventa terribilmente. Un'altra paura molto forte è la paura di perdere tutto, il nome, la posizione sociale, la famiglia, gli amici. Di solito ci si rende conto di ciò poco prima di morire. Se non si trova qualcosa di più profondo nel proprio essere la vita è senza significato perché tutto semplicemente scompare. Domanda: E cosa fare di questo senso di inutilità? Masshoefer: Se la persona ha avuto qualche esperienza di meditazione è possibile darle un aiuto per essere pienamente consapevole del sé o dell'anima, comunque la vuoi chiamare. Ma per le persone che non hanno alcuna esperienza di meditazione questo punto è molto difficile perché conoscono solo il corpo e la mente e sentono che stanno veramente morendo, scomparendo, senza alcuna idea di cos'altro ci possa essere. Questo è il motivo per cui è bene andare in profondità attraverso la meditazione prima di morire, ed è questo lo scopo principale di questo istituto. E poi c'è la quarta grande paura, la paura dell'ignoto, non sappiamo cosa voglia dire morire e ci fa paura ciò che non conosciamo, è una paura che più o meno tutti conosciamo. Anche questa paura può essere ridimensionata con l'aiuto della meditazione e dell'ipnosi. Di fatto è la paura della nostra parte inconscia e ci si può rendere conto che non c'è solo buio e dolore e paura ma che c'è qualcos'altro e questo ci consente di rilassarci. Il dolore fisico nella morte Domanda: Quindi queste paure sono dovute alla mente inconscia, lasciando emergere queste idee inconsce si può morire senza paura? Masshoefer: Sono stato con alcune persone che appena prima di morire non provavano grande dolore fisico oppure a cui erano stati somministrati farmaci contro il dolore, negli ultimi momenti mi dicevano di sentire una profonda pace Domanda: Quante persone hai aiutato a morire? Masshoefer: Sono stato presente alla morte di una decina di persone, ma ho lavorato con molte altre persone, sia individualmente che in gruppo, che sapevano che sarebbero morte in alcuni mesi o entro un anno e ho potuto essere d'aiuto con una buona preparazione. Domanda: Prima parlavi delle persone che non hanno mai fatto meditazione. Quanto tempo è necessario per imparare a lasciar andare il dolore, la paura, per permettersi di essere presenti e consapevoli al momento della morte? Masshoefer: Se la persona è aperta e vuole veramente ricercare e scoprire, alcune settimane possono bastare perché l'intensità di queste settimane può essere molto forte. Una volta entrati nella fase in cui si accetta di star 5 morendo, l'ultima o la penultima fase prima di morire, allora 1' intensità di quelle settimane può essere tale da portare a una rapida comprensione profonda. Ma se c'è ancora lotta con l'idea di morire, o se c'è una negazione del fatto, allora non c'è molto da fare. Noi possiamo aiutare le persone ad attraversare le varie fasi di preparazione alla morte e a volte poche settimane o addirittura pochi giorni possono essere tanti. Domanda: E per quanto riguarda il dolore fisico... Immagino che la maggior parte delle persone con cui hai lavorato erano malati di cancro e quindi generalmente i malati di cancro verso la fine devono sopportare tantissimo dolore fisico. Cosa ci puoi dire di questo? Masshoefer: Nella maggioranza dei casi con cui ho lavorato io, le persone ricevevano cure con farmaci per alleviare una gran parte del dolore. Sono d'accordo con l'uso di farmaci antidolorifici se questi non inducono uno stato di incoscienza. Domanda: L'ipnosi aiuta? Masshoefer: Sì, è un'altra possibilità. Con l'ipnosi è possibile ridurre o addirittura rimuovere il dolore per qualche tempo. Per questo motivo insegniamo l'auto ‑ ipnosi. In alcuni paesi viene già usata, forse anche in Italia, per esempio nelle operazioni ai denti. Le persone vengono ipnotizzate e la parte del corpo interessata viene anestetizzata totalmente ed è possibile fare anche intere operazioni senza alcun dolore. Domanda: C'è qualche farmaco che andrebbe evitato per permettere alla coscienza di essere più chiara e più presente? La morfina per esempio rende più o meno inconsci. Masshoefer: Non conosco i nomi di tutti i farmaci perché non sono un medico ma generalmente consiglio di evitare tutti i farmaci che abbassano la soglia della coscienza, se è possibile. Se il dolore è troppo forte è comunque meglio usare farmaci anche se la persona è meno cosciente: se il dolore è troppo forte è impossibile qualsiasi tipo di rilassamento: Comunque anche qui la chiave è meditazione. Perché se la persona ha meditato riesce a distaccarsi almeno un po' dal dolore. Domanda: E se la persona sta soffrendo veramente tanto, qual è la tua opinione sull'eutanasia? Io generalmente sono favorevole all'eutanasia nel caso di persone che stanno soffrendo moltissimo e che non hanno futuro oltre ad una morte tremenda in ospedale. Ma nelle situazioni in cui lavori tu la questione è forse diversa. Masshoefer: Se una persona decide che vuole terminare la sua vita perché è diventata troppo dolorosa, allora io sono totalmente d'accordo. Se c'è una possibilità che la persona possa essere così cosciente ed ha ancora la possibilità di sviluppare consapevolezza, allora direi "cerca di continuare il più possibile". Domanda: Sai se esiste una sostanza, un veleno, che porta velocemente alla morte senza la perdita della coscienza? 6 Masshoefer: Non lo so. La consapevolezza nel morire Domanda: Hai degli esempi di persone che sono morte in piena consapevolezza? Masshoefer: Pienamente coscienti? E' difficile dire quando una persona muore effettivamente. Sono stato con due persone ancora abbastanza consce quando il cuore si è rallentato e fermato. Credo che se si ha un po' di esperienza di meditazione la consapevolezza sembra veramente ritrarsi all'interno, rimane lì e testimonia ciò che accade intorno. Non possiamo sapere tutto effettivamente perché possiamo solo osservare dall'esterno. Domanda: Hai avuto delle sensazioni in proposito? Masshoefer: Con persone rilassate e che non provavano molto dolore fisico ho sentito un grande senso di pace percepito da tutti coloro che erano nella stanza, le altre persone vicine, sia prima che dopo il decesso. Di solito si può restare con il corpo per almeno 36 ore dopo la morte, se le leggi dello stato ed il clima lo permettono. I casi che ho seguito erano in Europa dove questo è possibile. La maggior parte delle persone nella stanza raccontano di aver avuto una sensazione di profonda pace come se tutto l'amore dal cuore della persona potesse espandersi molto di più di quanto non avesse mai fatto durante la vita. Sono sensazioni molto molto belle. Mi ricordo una persona che è morta mentre la sua fidanzata gli teneva la mano sulla sua testa, sulla corona. Teneva lì la mano come se volesse veramente tenere qualcosa, lo fece inconsapevolmente nel suo dolore. Ad un certo punto sentì che c'era qualcosa di strano, come se il corpo fosse ancora vivo anche se era già morto. Anch'io ho toccato quel punto in cima alla testa ed era ancora molto caldo. Quando ha tolto la mano...in quel momento qualcosa...tutti lo hanno sentito, come se in quel momento l'energia o l'anima di quella persona uscisse dalla testa, è il punto in cui generalmente esce. Alcuni di noi lo hanno sentito ed è stata una bellissima esperienza. Non mi era mai accaduto prima. Ho toccato quel punto ed era veramente caldo anche se il corpo era morto ormai da 20 minuti o più. Prima c'era tensione nella stanza e non si sentiva quella sensazione di pace, ma dopo aver lasciato andare la testa si poteva veramente sentire una grande pace. Il Libro Tibetano dei Morti e il Bardo Domanda: Passiamo ad un discorso più esoterico. Cos'è la tua comprensione del "Bardo" e della visione della morte contenuta nel Libro Tibetano dei Morti? Masshoefer: Usiamo questo processo con chi medita da tempo. I1 Bardo è una tecnica antichissima usata in molte culture oltre quella tibetana. Studiamo questo testo come una mappa che percorre i livelli di transizione dalla morte del corpo fisico fino alla rinascita o alla dissolvenza nell'esistenza. Esso descrive tutti i passi percorsi dalla coscienza. Alcune persone che hanno avuto esperienze vicine alla morte e poi sono ritornate in vita, hanno vissuto la prima 7 parte del Bardo. Raccontano di aver visto colori e luci brillanti e di aver provato uno stato di immensa beatitudine che corrispondono al primo passo del Bardo. Chi ha vissuto questa esperienza ed è poi ritornato in vita racconta di aver provato uno stato di grande estasi e beatitudine, la maggioranza non voleva più tornare perché aveva scoperto una dimensione molto più bella di quanto avevano conosciuto in vita. Questa è la prima parte del Bardo e i Tibetani l'hanno descritto nello stesso modo in cui lo descrivono le persone oggigiorno. Questo ci prova che quella conoscenza è universale. Usiamo il Bardo quando la persona è ancora in vita. Si ascolta e riascolta il testo ancora e ancora e nel momento della morte qualcosa resta con noi nella memoria, come parte della nostra consapevolezza e non muore. Questa memoria nel processo di morire è nove volte più forte che durante la vita. Dopo la morte passiamo molti stadi e transizioni e incontriamo tutte le ombre della nostra esistenza, tutte le nostre parti inconsce non del tutto chiare, se sappiamo incontrarle, fluiamo da una fase all'altra mentre se le rifuggiamo dovremo ripercorrere il cammino e rinascere. Se affrontiamo tutti gli stadi senza paura, ad un certo punto ci dissolviamo nel tutto. Lo scopo del Bardo è aiutare ad essere pronti a riconoscere qualsiasi esperienza dopo la morte come frutto della mente, dell'esperienza passata. Aiuta a prendersi totale responsabilità per qualsiasi cosa si incontri e a non averne paura perché è una nostra creazione. Possiamo scegliere se voltare le spalle o affrontarla e passarci attraverso. Si tratta di un processo che aiuta anche ì rinascere consapevolmente. Questa è l'ultima fase del Bardo in cui si impara a scegliere il luogo, i genitori, l'ambiente ed il corpo in cui rinascere, e a rinascere consapevolmente. Questa è l'ultima fase del Bardo, prima della successiva reincarnazione. E' un processo di apprendimento dal momento in cui si muore al momento della rinascita. Se una persona riesce a concludere tutto questo "karma", si illumina e non rinasce più. Oppure si può scegliere di rinascere comunque per svolgere un compito sulla Terra ed anche questo è questione di apprendimento. Domanda: E' il caso dei maestri, come i Dalai Lama, che prima di morire annunciano ai loro discepoli il luogo, la data e la situazione in cui rinasceranno. Masshoefer: Certo, questo richiede una morte cosciente. Questo brevemente è l'insegnamento del Bardo. Stiamo lavorando per renderlo il più scientifico e attuale possibile, tutte le fasi possano essere esplorate prima di morire effettivamente. L'unica cosa che ci rende inconsci è la nostra paura. Se non abbiamo paura possiamo restare coscienti. E' necessaria una guida, una guida interiore. Se sei stato discepolo di un maestro come Osho sentirai la sua presenza realmente, durante tutto il processo. Se sei stato con un maestro buddista o se sei veramente e profondamente connesso con la presenza di Gesù per esempio. Se qualcuno o qualche esperienza ha un significato profondo e reale dentro di te può farti da guida. Può essere anche la natura. Ma abbiamo bisogno di un punto focale a cui rivolgerci per chiedere consiglio. A volte non lo chiamiamo neanche Bardo con persone che non ne 8 hanno mai sentito parlare. Possiamo riferirlo a Gesù Cristo o Buddha, possiamo chiamarlo in una maniera totalmente diversa. Non ha importanza come lo chiamiamo. Morire con amore e serenità Domanda: Il progetto su cui state lavorando è creare un centro? Masshoefer: Sì. Sarà un centro dove la gente potrà venire e restare prima di morire se non vuole morire a casa o vuole semplicemente morire in un ambiente sereno e amorevole. Un centro dove si possa morire con le cure mediche e il dovuto rispetto. Vogliamo anche insegnare anche il modo per aiutare le persone morenti senza necessità di venire da noi, oppure per i casi in cui la persona sia costretta in ospedale. Domanda: Quindi sarà anche una scuola di formazione? Masshoefer: Sì, si potrà venire per apprendere il processo di sostegno dal punto di vista professionale o solo per la propria esperienza personale, per prepararsi alla morte, si può venire a prepararsi attraverso un lavoro individuale o di gruppo. E' meglio farlo prima quando si ha ancora la possibilità di muoversi, quando hai più energia e più consapevolezza anche un paio di giorni o un paio di settimane prima di morire. Domanda: Tu hai fatto molti gruppi in giro per il mondo sulla morte. Puoi raccontarci qualcosa di questa esperienza? Masshoefer: In effetti anche questi gruppi sono di preparazione alla morte. Ci sono spesso persone di età avanzata che non hanno mai sperimentato la meditazione. Normalmente i gruppi non sono così lunghi da attraversare l'intero processo ma almeno riusciamo a rendere l'idea di quanto sia importante prepararsi a morire. L'attenzione è su come usare la consapevolezza della morte per aiutarle a vedere ciò che si deve fare e si può fare mentre si è ancora in vita. Domanda: Puoi approfondire di più questo concetto? Masshoefer: Se affronti veramente il fatto che prima o poi devi morire, certamente ti chiederai "perché ho vissuto?" e la maggior parte delle persone che muoiono con una sensazione di frustrazione, di paura, di non‑senso perché si rendono conto che in verità la loro vita è andata sprecata, che non hanno veramente vissuto totalmente. Una persona che veramente accetta di dover morire, non ha importanza che questo avvenga ora o fra dieci anni o quindici anni, automaticamente cambia stile di vita. Comincia a ricercare le cose veramente importanti, comincia a chiedersi "Perché vivo? Non sono solo qui per fare il mio lavoro giornaliero, per mangiare e dormire. Ci deve essere qualcos'altro". E se si è sinceri la vita è felice e appagata. Se non lo si è la vita sembra sprecata. Il confronto con la morte rende questo concetto acutamente chiaro. Domanda: E nei gruppi lavori attraverso il corpo, le emozioni, la mente. Di fatto quello che dicevi prima è che tutti i blocchi, gli ostacoli nella nostra vita possono diventare problemi quando moriamo. Sono tutti processi non conclusi 9 o attaccamenti. In pratica quindi lavorate con un raggio complessivo di problematiche. Masshoefer: Sì. La prima parte è sempre di lavoro sui nostri problemi perlomeno per rendere molto chiaro e dare un'idea di quello che si può fare per risolverli. E sicuramente la chiave è sempre la meditazione ma anche la terapia può aiutare molto a ripulire problemi fisici, di personalità...poi la seconda parte è sempre iniziare, già nell'ambito del gruppo, a penetrare la morte stessa. La prima parte è solo preparazione, ma in ogni gruppo facciamo esperienza di ambedue parti: ripulendo il passato e acquistando più chiarezza su "cosa voglio veramente nella mia vita? Cosa mi appaga? Cosa manca". Ognuno sa profondamente dentro di sé se è appagato o meno, se i propri rapporti sono aperti e danno nutrimento o se sono frustrati, e questo spesso può creare un grande cambiamento nel giro di pochi giorni. Nella seconda parte si attraversa proprio il processo di morte tramite l'ipnosi e la meditazione, andando dentro l'inconscio per attraversare il buio e riemergere dall'altra parte. Nei gruppi più lunghi entriamo in questo territorio della morte talmente tante volte in ipnosi, volta dopo volta, finché ci si rende conto che sì, il corpo potrà morire e la mente potrà scomparire ma comunque "io ci sono". E questa comprensione porta via la paura. Se lasci andare la paura di morire tutte le altre paure scompaiono. Certo non accade in pochi giorni. Richiede del tempo. Senza paure si diventa più vivi Domanda: Uno dei grandi problemi che incontra anche la psicoterapia è proprio la paura. Siamo d'accordo sul fatto che le persone che hanno troppa paura di morire o altre paure in effetti non vivono mai. Hai avuto l'esperienza nei gruppi che quando si lascia andare la paura si diventa più vivi? Masshoefer: Sì, sì. Questa è la prima cosa di cui le persone si rendono conto già durante il gruppo: la paura di morire e di vivere sono la stessa cosa, sono paure connesse totalmente. Alcuni dicono "non ho paura della morte ma ho totalmente paura di vivere". Altri dicono "non ho paura di vivere ma ho paura di morire", ma è la stessa cosa. La radice è la stessa. La paura. Domanda: Il corpo cambia quando le persone si staccano dalla paura? Vedi dei cambiamenti nel fisico o nelle emozioni? Masshoefer: Molte volte lo si vede, altre volte non è così evidente e avviene più a livello di rilassamento profondo e questo a volte richiede del tempo. Ma anche nei gruppi molto corti la maggior parte delle persone si rende conto immediatamente di star diventando più viva nel corpo e nella espressione e nel modo di relazionarsi. Ci sono molti legami fra l'esperienza energetica di una persona e la paura: più l'energia è presente più c'è vitalità e meno c'è paura. Più c'è rilassamento e meno c'è paura. Quindi lavoriamo per imparare a rilassarci molto, molto profondamente...se una persona è veramente rilassata non esiste la paura. 10 Domanda: Sappiamo che usate nei gruppi le vostre registrazioni del Bardo. Masshoefer: La maggior parte delle persone che fanno i gruppi vuole poi anche la registrazione perché desidera riascoltarla. La raccomanderei solamente alle persone che hanno un po' di esperienza di meditazione perché porta in uno stato di coscienza molto profondo e alterato ed è come incontrare tutte le nostre parti di ombra. Una persona che non ha esperienza di meditazione potrebbe essere un po' terrificata, perciò sulla copertina è raccomandato solo se si conosce un po' sulla meditazione. Domanda: C'è qualcos'altro che vorresti dire? Masshoefer: Quello che possiamo fare per aiutare a morire consapevolmente è ritrovare spazi più lunghi e più profondi di meditazione solo così non avremo più paura della morte. Questa è l'unica cosa che aiuta veramente. E parlo anche dell'uso dell'ipnosi e anche di come usare i momenti prima di addormentarsi per entrare in uno spazio meditativo così che la meditazione possa continuare tutta la notte e l'inconscio possa lavorare per lasciare andare e meditare tutta la notte. Specificamente ricordo due cose: spazi di silenzio più profondi e più lunghi durante le meditazioni e approfondire la meditazione anche a livelli inconsci, per esempio entrando nel sonno coscientemente. Sento che questo è molto importante ed è su questo che mi concentro principalmente nel mio lavoro. Il vitale insegnamento del morire La morte ci toglie solo quello che non abbiamo imparato ad abbandonare. Cresciamo con condizionamenti che non soddisfano le nostre anime. Impariamo a disconnetterci dalla natura, dai sentimenti, dalla spontaneità, e ci viene insegnato ad avere successo, a vivere confortevolmente e ad essere intrattenuti e distratti da mille stimoli. Viviamo così nelle convenzioni superficiali che ci impediscono di conoscere realmente noi stessi e gli altri, e anche il mistero della vita. Abbiamo molto da imparare, cose che nessuno ci ha mai insegnato - cose importanti come vivere i sentimenti, l'amore, il rispetto per se stessi, la compassione, il risvegliarci al nostro essere, e quella più importante di tutte: il fatto che lasceremo questo corpo, questo mondo. La morte è l'accadimento che più ci trasforma ed è l'evento più negato nelle nostre vite ossessionate dal tempo, di fatto accadrà ad ognuno su questo pianeta. Nella nostra educazione l'argomento morte non è rappresentato. Le religioni ci alimentano con i credo che non ci aiutano ad affrontare il fatto della nostra mortalità. E non ci insegnano nulla del mistero e della trasformazione che è possibile col morire, o dei potenti insegnamenti che la morte ci può dare. La morte è diventata più o meno invisibile, il che rende impossibile a noi imparare qualcosa di essenziale dalla morte dei nostri cari, specialmente se loro sanno come morire! In altre culture gli anziani passavano la loro accettazione, la fiducia e il dono di lasciar andare ai giovani che così imparavano molto da loro. Ai nostri tempi gli anziani sono spesso consegnati a stati vegetativi dove sono già morti e ignorati prima di morire, drogati fino a che le loro luci interiori sono così fioche che difficilmente notano la loro stessa morte. Queste persone 11 non possono morire con dignità e gratitudine, con quella fiducia e apertura alla grazia che fiorisce nel morire consapevolmente. E non c'è neppure la garanzia che moriremo anziani, non possiamo sapere quando la morte verrà a noi. Fa molta differenza se moriamo consapevolmente o nel solito modo, il modo inconscio. Fa una grande differenza se possiamo essere in uno stato di amore quando ce ne andiamo, se possiamo essere presenti nel processo del dissolverci nel mistero dell'universo, la nostra vera casa. Quando siamo presenti siamo in uno stato di amore. Osho dice che abbiamo bisogno di entrambe le ali, amore e consapevolezza, per essere completi e soddisfatti, nella vita e nella morte. Ci vuole coraggio per incontrare se stessi, per imparare a essere presenti, per sentire e accettare ogni cosa che ci capita. Visto che cresciamo con paure e giudizi su molti aspetti di noi stessi, impariamo a rifiutare o a reprimere molte esperienze: gioia, sessualità, vulnerabilità, lacrime, risate, rabbia, dolore, paura, creatività, fiducia, solitudine, estasi, e molte altre! Tragicamente siamo troppo impegnati per preoccuparci di queste qualità, mentre la sofferenza della nostra vita innaturale cresce sempre di più, perché per molti la loro sofferenza non è il risultato della vita innaturale, ma del loro fallimento a soddisfare le richieste e i ruoli che la società si aspetta da loro. Questa è l'ipnosi di massa in cui la maggior parte della gente vive: credono che la loro sofferenza sia dovuta al fatto che non vivono secondo gli standard proposti dalla società e solo persone intelligenti e altamente evolute vedono questa prigione collettiva. Non sorprende che non teniamo in considerazione allo stesso modo la nostra morte. Non impariamo mai a morire in uno stato risvegliato, in uno stato di amore e gratitudine, in modo che la nostra morte sia il più grande dono a noi stessi e ai nostri cari. Qualcosa di molto più essenziale ci riguarda: imparare a morire è imparare a vivere veramente! Se siamo aperti, pazienti, e veramente alla ricerca della verità impariamo a aprirci e a lasciarci andare nella vita in quei momenti in cui i nostri condizionamenti ci vogliono chiusi. La morte può darci la chiave per essere presenti alla vita. E questo è l'essenziale da raggiungere nella vita! E ci sono così tante piccole e grandi morti che accadono nelle nostre vite che ci invitano a scoprire che il lasciar andare ci risveglia al presente, a diventare uno con la realtà esistenziale in tutte le possibili situazioni e sfide! La nostra società non valuta il dono di essere, semplicemente presenti, ma sollecita a ottenere e avere sempre di più. La maggior parte della gente è ossessiva sull'accaparrare quello che vuole, usando il potere, la furia e altri mezzi per ottenere ciò che pensano dispensi loro la felicità. Quest'istinto è profondamente radicato in tutti noi, ma non è li che la nostra crescita personale si deve fermare. Lo sviluppo della nostra società si é più o meno bloccato, stiamo distruggendo il pianeta e siamo attivamente o passivamente occupati a uccidere la vita in questo mondo, solo per ottenere quello che pensiamo di volere. A livello personale, la maggior parte delle nostre inquietudini 12 psicologiche ed emozionali, perfino molte malattie, e il nostro stress quotidiano esistono a causa delle lezioni negative apprese: ottenere il massimo che possiamo, e trattenerlo con tutte le forze. Possessività sui soldi, sull'amore, sul sesso, nel potere, nello stile di vita o sulle persone. Tutta la sofferenza collettiva e la distruzione sul nostro pianeta succede perché insistiamo nell'ottenere quello che vogliamo, ci accaniamo nell'averlo e tenercelo stretto. Ovviamente le nostre relazioni intime si portano appresso molto di questo incubo dell'ipnosi collettiva che riguarda l'attaccarsi e il possedersi in nome dell'amore. Questo non è amore, è dipendenza e schiavitù, l'opposto dell'amore. Preferiamo l'avere all'amare, rifiutando di arrenderci all'amore e alla meditazione che possono aiutarci nel nostro risveglio. Questo è il viaggio: da volere a lasciar andare, dal controllare al lasciarsi essere, dall'avere al dare. Ci rende ricchi interiormente, ma ci vuole coraggio perché siamo molto spaventati dall'idea di lasciarci andare. Finchè abbiamo questa paura, non possiamo lasciar morire nulla, e ci proteggiamo attaccandoci, il che crea più paura. Lasciar andare qualcosa o qualcuno è come la morte dei nostri credo, della nostra personalità e del solito modo di vivere in questo mondo insicuro. Non ci fidiamo che da ogni morte nasca qualcosa di nuovo, restiamo nella paura della perdita. Quando possiamo permettere alla morte di accadere siamo in grado di sperimentare il rinnovarsi e la trasformazione della morte. Altrimenti restiamo bloccati nella paura della morte e della vita. Il lasciar morire realmente qualcosa ci apre alla possibilità che la vita ci porti più nella fiducia, nel "divino", nell'unità con l'esistenza. Quando permettiamo alla morte di occupare il suo spazio naturale nella vita, ci vengono offerte molte opportunità di aprirci alla bellezza della vita: l'inatteso, la profondità, la vulnerabilità, la forza, la compassione e la fiducia che nasce quando impariamo che siamo tutt'uno con la vita, che non c'é nulla di cui aver paura! E quanto bello può allora essere sedersi col tuo amico morente, per aiutarlo a capire il mistero del morire, a rilassarsi nel silenzio della morte, a perdonare nel suo cuore e a trascendere le vecchie barriere dell'ego realizzando insieme che la morte è "la via del ritorno" in qualcosa di più vasto e più divino che la nostra vita fisica possa mai concederci. La morte è un invito ad accogliere il dono del lasciarsi andare. Può diventare l'attitudine del nostro stile di vita, e non saremo mai in difficoltà quando viviamo nell'abbandono. Imparare a lasciarsi andare è imparare il significato reale della liberazione, personale e universale. Significa fluire con gli accadimenti e i cambiamenti della vita, fluire con la creatività e l'ispirazione. Ci apre al nostro più vitale e potente potenziale di vivere autenticamente, non attaccandoci alle cose alle quali siamo soliti essere attaccati, ma ricevendo i doni della vita che trova il suo compimento nel dare, nel condividere, nel fidarsi, nell'essere amorevoli e semlicemente nell'essere, imparando ad arrenderci a ciò che ci viene portato via con gratitudine, e a fidarsi che una vita consapevole già ci da più di quello che noi potremmo chiedere. 13 La morte ci insegna anche un'altra importante realtà della nostra vita: che noi possiamo solo essere vivi e psicologicamente maturi e appagati se accettiamo la nostra totale responsabilità per tutti gli aspetti della nostra vita, se smettiamo di incolpare gli altri o la società, se smettiamo di giocare il ruolo della vittima, se stiamo dalla parte della verità; questa é una delle domande più importanti che ogni persona che sta morendo deve affrontare: «ho veramente vissuto la mia vita? Ho imparato ad amare, a dare e a ricevere, o sono stato miserabile, pigro e possessivo?». E naturalmente, finché non incontriamo queste sfide nella nostra vita, nel profondo rimarremo sempre indegni ai nostri occhi, insoddisfatti, vendicativi o depressi, cercando di coprire ciò con la brama di potere, con i soldi, con gli intrattenimenti superficiali o con altri comportamenti comodi ma che non ci aiuteranno quando verrà il momento di indagare sulla qualità e sul significato della nostra intera vita. Se imparassimo a lasciarci andare potremmo comunque provare ad ottenere ciò che vogliamo, ma senza stress e avidità che creano solo maggiore sofferenza e paura. Nel mio lavoro affronto spesso temi legati al vivere, al morire, alla guarigione e alla trasformazione spirituale. Incontro gente che sta affrontando la sua morte o quella di una persona amata. Il veder morire qualcuno che abbiamo realmente amato ci fa essere molto vicini all'esperienza ultima di perdere tutto ciò che crediamo di essere o di avere, perché nella morte dobbiamo affrontare la verità che ogni cosa è temporanea. Vivere con questa verità, non sfuggirle per codardia, è intelligente perché ci confronta con la domanda: «cos'é veramente essenziale nella nostra vita?». Siccome tutti dovremo affrontare le aree incomplete della nostra vita prima o poi, è intelligente come esseri umani avere il coraggio di accettare la nostra mortalità ed esaminare la nostra vita, i nostri valori, la nostra capacità di dare e ricevere amore, di contribuire a rendere la vita sulla terra più creativa e consapevole. E quando iniziamo a vivere quotidianamente con la consapevolezza che "questa casa sta bruciando", ci viene la domanda più significativa di ogni percorso spirituale: «Chi sono io?». Questa domanda dissolverà tutte le illusioni e le idee di separazione, scopriremo l'essenza dentro di noi, non come concetto spirituale, ma come verità viva. La morte può insegnarci a dire addio, non come una fine, ma come un benvenuto alla vera vita che sempre continua. Nell'attraversare la paura del lasciarsi andare troveremo la chiave per ricevere le benedizioni di una vita vissuta nella fiducia, nella unione col tutto, che è già la nostra natura. Allora avremo trovato il dono più grande che la morte ci insegna sulla vita: la mancanza di paura. Solo allora può succedere una vera ribellione - la ribellione del risvegliarci a ciò che siamo, alla libertà nella nostra sconfinata essenza. 14 Non c'è perché Di seguito un discorso di Osho tenuto durante un Darshan (Incontro con il maestro) nel 1978 a una donna che aveva appena perduto la figlia: «Ciao Salila, cosa é successo? La bambina é scomparsa? Lasciala scomparire e non preoccuparti. Siamo tutti qui per scomparire prima o poi. La vita è molto precaria, accidentale, in qualsiasi momento possiamo partire. Perciò non preoccuparti dell'accaduto, non c'è perché. Tutte le risposte che possono essere date al tuo perché saranno solo consolazioni per razionalizzare una cosa misteriosa. Non sono interessato a consolare, perchè un gioco pericoloso quello delle consolazioni. Ti tiene al riparo dietro il paraurti. La verità è che la bimba era viva e ora non lo è più. Questo dovrebbe farti capire la qualità di sogno della vita. La vita è fatta di quella sostanza chiamata sogni. Possiamo vedere un bellissimo sogno ma può esser infranto da qualsiasi piccola cosa - solo un rumore ed il sogno scompare. Può esser stato un dolce sogno e uno si sente ferito e vuole chiudere gli occhi e continuare a sognare - ma ora più nulla può essere fatto. Invece di trovare spiegazioni e consolazioni, guarda sempre alla nuda verità. È triste, fa male, è doloroso: vedilo, è così, ma non cercare in qualche modo di evitarlo. Tutte le spiegazioni e le filosofie sono solo sforzi per categorizzare cose che non sono chiare, ma molto oscure e misteriose. Quando arrivano tali momenti sono di tremendo significato perché in questi momenti il risveglio è possibile. Quando la tua bimba muore è un tale shock; ti puoi risvegliare con quello shock piuttosto che piangere e sprecare un'opportunità. Dopo alcuni giorni lo shock non sarà più tale: il tempo guarisce ogni cosa. Dopo alcuni anni avrai dimenticato. Al termine della tua vita potrà sembrarti come se tu l'avessi visto in un qualche film o letto in un romanzo. Nel tempo potrebbe sfumare e sfumare così tanto che rimane solo un eco... prendilo ora. Questo è il momento in cui ti può aiutare ad essere all'erta, sveglio. Non perdere l'opportunità; tutte le consolazioni sono modi di mancare le opportunità. Non chiedere "perche". La vita è senza "perché" e la morte è senza "perché". Il perché non conosce risposta, non ha bisogno di conoscerla. La vita non é un problema che può essere risolto, neppure la morte. La vita e la morte sono entrambi parte di un mistero che non conosce risposta. Il punto di domanda è la cosa suprema. Così tutto ciò che può essere fatto in tali situazioni è svegliarsi, perché questi shock possano diventare momenti di passaggio. Il pensare si ferma, lo shock è tale che la mente va in shock. Nulla sembra essere significativo, tutto sembra essere perso. Uno si sente un perfetto straniero, un outsider, senza radici. Questi sono momenti tremendamente significanti; questi sono i momenti quando entri in una nuova dimensione. E la morte è una delle porte più grandi che si aprono sul divino. Quando qualcuno così vicino, come lo è un bimbo per la madre, muore é come la morte di te 15 stessa, come se tu fossi morta, una parte di te é morta. Così semplicemente vedi che la vita è un sogno, che ogni cosa, presto o tardi, scomparirà, polvere nella polvere. Niente ha la sua dimora qui. Non possiamo fare la nostra casa qui. È un caravanserraglio, una permanenza di una notte e al mattino andiamo. Ma c'è una cosa che è costantemente qui e permanentemente qui quello è il tuo osservare, il tuo testimoniare. Ogni altra cosa sparisce, ogni altra cosa va e viene, solo il testimoniare resta. Perciò osserva l'intera cosa. Sii solo un testimone, non diventare identificato. Non essere una madre altrimenti sarai identificata. Sii solo un testimone, un silente osservatore, e quell'osservare ti aiuterà tremendamente, questa é la sola chiave che apre le porte dei misteri. Non che risolva qualcosa, ma ti rende capace di vivere il misterioso, e di viverlo totalmente. " BARDO - il risveglio dal sogno" è una interpretazione moderna e resa accessibile a tutti del "Libro Tibetano dei Morti" che, tradotto nel linguaggio dei nostri tempi, si rivela essere una guida dettagliatissima dei processi neurologici e psicologici del morire, ed anche dei vari livelli della dimensione spirituale di quella transizione chiamate "morte". BARDO significa intervallo, lo stato intermedio tra il completamente di una situazione e l´insorgere di un´altra. La morte é Bardo, cosi come la vita. Il Bardo é quindi anche una rappresentazione di ció che accade nel nostro quotidiano e puó insegnarci a vivere, oltre che a morire. " BARDO - il risveglio dal sogno" , ispirato al maestro spirituale Osho, puó trovare posto nel contesto di qualciasi dimensione spirituale indirizzata alla meditazione e all´espansione della coscienza. L´opera comprende un manuale di introduzione , una guida all´uso dei nastri che possono essere ascoltati in diverse sessioni di meditazione. In uno stato ricettivo di rilassamento la mente inconscia memorizzerá il processo, ponendo la basi per una vita piú responsabile e meditativa, per una morte cosciente e serena, per raggiungere quella liberazione che trascende vita e morte. The Osho Institute for Living and Dying is situated in Italy, Toscana, near Siena. The work of the Institute is called: THE OCEAN OF REALITY The Institute is concerned with the preparation for a conscious death, and the opportunity for the awakening to the reality of our true self, in life as in death. To awaken means to be capable to authentically live in the "present moment", which is the only real space to live in. It means to feel the unmanifest, "that which never dies" , and to surrender to life in all its expressions. 16 Then we are open to an authentic transformation, which will be the door for a conscious death in gratitude. A conscious death can really be the peak of our life, a re-entry into the dimension where we are no more separate from the OCEAN OF REALITY. Our work consists of - seminars and trainings about an authentic transformation towards a lifestyle with values like inner freedom, peace, compassion, reverence for life, love, meditation and trust. - trainings for those who would like to support and guide the dying , professionally or in the circle of their private life, towards a fearless and dignified death. - individual support in healing the impact of traumatic experience, for situations of grief and loss, in counseling for those who need clarity and healing in certain aspects of their life. - essential astrology, understanding the path of the soul in this life. - providing informations about alternative cancer care, other healing methods, about meditation and the world of consciousness. - connecting the individual with those who are trained to provide care for the dying, as well as support and guidance in situations of grief and loss. - offering CDs and tapes for selfhelp, relaxation and expanding consciousness. Osho Institute for Living and Dying *Veetman Masshoefer, Sukhi K. Bir* Untere Mühlenbergstr.19 D-37218 Gertenbach Tel. +49-5542-501909 Fax +49-5542-501998 * www.living-dying.com email: [email protected] "Sono istruzioni semplici, ma possono venire migliorate e ho intenzione di migliorarle, perché sono molto antiche e molto crude. Possono essere rifinite. Molto vi puó essere aggiunto, si può dare loro più dimensioni. Ma la cosa fondamentale é che ci sia spazio per la meditazione. La mia gente medita e sarà uno dei nostri lavori di base rivedere il "Bardo" in una forma perfezionata in modo da poterlo usare tra di noi. Il Tibet non è più lo stesso, ma possiamo creare la situazione, lo stato psicologico dove il "Bardo" - o qualcosa di simile che sia anche più evoluto possa aiutare la gente. E´ un processo magnifico. Proprio come il Giappone ha portato lo Zen dalle fonti di meditazione del buddismo, il Tibet ha dato vita dalle stesse fonti al "Bardo". Sono contributi immortali. Quando le armi nucleari verranno dimenticate, queste scoperte conserveranno intatto lo stesso significato, la stessa grandezza. Osho,da "Path of the Mystic" 17