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college - Convitto Nazionale Tasso

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college - Convitto Nazionale Tasso
19/3/2016
Convitto nazionale il “college” di Salerno ­ Cronaca ­ la Città di Salerno
Convitto nazionale il “college” di Salerno ­ Cronaca ­ la
Città di Salerno
Un’istituto internazionale: tra i 300 alunni anche 40 stranieri
di Marina Illiano 0
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Quarantadue sono gli scalini che portano dall’androne fino alla classe terza, sezione A, del Convitto
Nazionale “Torquato Tasso” di Salerno, senza ovviamente tener conto dei cinque gradoni posti
all’ingresso dell’istituto. Arrivano a settantasette se si vuole raggiungere la stanza della presidenza.
Una scuola, il Convitto, nel cuore del centro storico, che sembra quasi essere sospesa nel tempo.
Tantissimi sono stati i personaggi illustri che si sono succeduti, anno dopo anno, tra quei banchi, che
hanno calcato quei pavimenti rimasti invariati, che sembrano quasi non aver subito alcun danno
dall’usura del tempo. Se ci si ferma un attimo sembra quasi che si riescano a percepire gli odori di un
tempo andato, che rivivono solo attraverso le memorie storiche di chi quella scuola è riuscito a viverla
da più tempo. Oggi, quello che salta subito all’occhio è che, ormai, il Convitto è una scuola del tutto
rinnovata e potenziata. Ma c’è una precisazione da fare: «Il termine convitto è ormai obsoleto»,
commenta il dirigente scolastico Virginia Loddo, alla guida dell’istituto da quest’anno. E aggiunge: «Il
nostro intento è quello di cambiare l’indicazione, appena sarà possibile, in “college”, perché poi in
fondo è quello che siamo». Una volta archiviata la questione del nome c’è un’altra precisazione di
merito che deve essere fatta: «La scuola non è privata come la maggior parte delle persone crede,
ma statale», sottolinea la stessa Loddo.
«Quest’anno – sottolinea invece l’educatore Marco Bencivenga – abbiamo cercato di dare un respiro
di internazionalizzazione all’edificio anche tramite il progetto “Escapi” in collaborazione con
l’associazione calabrese». Attualmente l’istituto ospita quaranta ragazzi stranieri provenienti
dall’Egitto, dal Kurdistan e dall’Iraq che rientrano in un progetto di interscambio culturale. «Il prossimo
29 e 30 maggio – aggiunge la preside Loddo – firmeremo un accordo per far partire anche i nostri
allievi».
Con una utenza complessiva di circa 300 alunni, l’istituto presenta forti caratteristiche di eterogeneità
dovute sia alle diverse fasce di età dei ragazzi, sia alle differenti realtà socio­culturali presenti nel
territorio. «Ritengo questo luogo – conclude la Loddo – come una comunità di dialogo, di ricerca, di
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esperienza sociale volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con
pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire agli studenti la formazione alla cittadinanza,
la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno ed il recupero delle
situazioni di svantaggio». Il Convitto e i suoi spazi, dunque, devono essere intesi non solo come un
luogo di studio ma anche di residenza. «Qui accogliamo anche studenti che poi frequentano altri
istituti», commenta il commissario straordinario, Pasquale Cuofano, che precisa come da quest’anno
le porte siano state aperte a tutti, comprese le diverse associazioni sparse sul territorio provinciale. E
aggiunge: «Per far comprendere in pieno la realtà che si vive qui ogni giorno, il nostro intento è
quello di rendere l’edificio un luogo di rieducazione alla cultura soprattutto per le nuove generazioni,
nella visione di una città che sta divenendo sempre più europea». Gli studenti del Convitto puntano
non soltanto allo studio e alle conoscenze ma anche all’attività agonistica e allo sport e in questo
vengono supportati dal docente di Scienze motorie, Immacolata D’Elia, che con loro si occupa anche
della parte teorica. Dimostrano di essere studenti perfettamente integrati nelle nuove multimedialità,
attivi e dinamici e con la testa sulle spalle; sognano in grande puntando non solo alla carriera
lavorativa ma anche al benessere fisico e perché no a costruirsi un futuro in campo agonistico. Come
ad esempio Antonella Fiordelisi, spadista a livello nazionale. «Provengo da una famiglia di sportivi.
Mio padre era calciatore e mia madre pallavolista», racconta la studentessa con un sorriso genuino
ed esplosivo. E sui suoi progetti futuri, la schermitrice, si lascia aperte due possibilità: «Vorrei aprire
una palestra e continuare quindi per la mia strada oppure iscrivermi all’università e frequentare il
corso di Giurisprudenza per diventare magistrato». Diversi scenari lavorativi, invece, sogna
Annamaria Casaburi che spera di indossare, un giorno, il camice bianco. «Dopo il diploma – racconta
la ragazza – vorrei iscrivermi a Medicina per diventare pediatra». Annamaria dimostra subito una
certa inclinazione verso i bambini, e aggiunge: «Spesso mi ritrovo a fare la baby sitter a mia sorella di
cinque anni». E una volta completati i compiti per la scuola si concede qualche lettura del suo
scrittore preferito: Charles Baudelaire.
Super social i ragazzi del Convitto che non perdono occasione per condividere tutto quello che
accade loro, come commenta anche l’insegnante di italiano, latino e greco, Sonia Perrotta, che
sottolinea come ci sia un netto divario tra le varie generazioni di studenti. «Siamo costretti –
commenta la docente – ad attirare la loro attenzione attraverso i nuovi media, anche perché ormai il
“sapere” con un clic è nelle loro mani». E sorridendo, la professoressa parla anche di come siano
cambiate le versioni in classe: «Ormai copiare è diventato semplicissimo. Quindi bisogna avere
sempre gli occhi ben aperti». Ma c’è anche chi ha scelto questo istituto perché portato per le materie
umanistiche come, ad esempio, Carmine Andrea Falco, che si divide tra le sue due grandi passioni: il
nuoto e la storia. «Sono un appassionato di storia romana, più che di quella contemporanea e questo
lo devo anche a mio nonno che nella sua casa possiede tantissimi libri che ho cominciato a leggere
fin da piccolo» racconta lo studente. E poi aggiunge: «Sono indeciso se iscrivermi, dopo la scuola, a
Storia e filosofia o a Beni culturali per poi specializzarmi come archeologo». Chi, invece, ha vissuto
per un intero anno all’estero è Rita Andrea Cirmeni che l’anno scorso ha studiato presso una scuola
in Bosnia. «Lì è tutto diverso – racconta la studentessa – a cominciare dal metodo adottato dai
professori. Lì si respira l’aria di un vero e proprio college. Per ogni lezione cambiavamo aula e
c’erano laboratori super attrezzati». Rita
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sogna un futuro fuori dai confini italiani: «Sto pensando di frequentare l’indirizzo di Economia,
valorizzazione e gestione del patrimonio turistico così da poter frequentare un anno e sei mesi a
Parigi presso un’università gemellata con l’Ateneo di Salerno». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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