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«Ho sorriso poco, scusatemi»
GIOVEDÌ 15 GENNAIO 2015 In Italia EURO 1,50 www.corriere.it Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 Servizio Clienti - Tel. 02 63797510 mail: [email protected] FONDATO NEL 1876 Diamo solide sicurezze per guardare al futuro con ottimismo! e Vieni a scoprir su ti i nostri prodot p.it www.uniqagrou Un anno fa la scomparsa Nuova materia L’ultimo viaggio di Abbado Le ceneri in Engadina A scuola si studierà educazione ambientale di Paolo Di Stefano a pagina 47 di Claudia Voltattorni a pagina 34 Le dimissioni Il colloquio con i suoi collaboratori. Parlamento convocato dal 29 gennaio per l’elezione del successore «Ho sorriso poco, scusatemi» L’addio di Napolitano al Quirinale. Renzi: il nuovo presidente già entro la fine del mese di Marzio Breda LA CRITICA DAVVERO INGIUSTA G Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano «V continua a pagina 5 continua alle pagine 32 e 33 IL RIFORMISMO DELLA VOLONTÀ di Paolo Franchi A OMNIROMA Debito e crescita Il verdetto della Corte europea ARRIGO LEVI «Quando nel 2013 mi disse: sai che non sto bene?» ❞ Bce, sui titoli di Stato via libera all’acquisto Via libera della Corte di giustizia europea all’acquisto illimitato di titoli di Stato attraverso il programma Omt (Outright monetary transactions, transazioni monetarie dirette), annunciato dal presidente della Banca centrale europea Mario Draghi nell’estate 2012 per salvare l’euro: il Quantitative Easing (QE), l’acquisto massiccio di bond, debito sovrano incluso, che la Bce prepara da mesi e potrebbe essere votato già giovedì prossimo, è compatibile «in linea di principio» con i trattati europei, «se vengono rispettate alcune condizioni», e rientra dunque nel mandato di politica monetaria della Bce. ● GIANNELLI I nove anni di presidenza? «Certo che ne è valsa la pena, c’era in gioco l’interesse nazionale e per lui contava più di tutto». Così racconta al Corriere Arrigo Levi, giornalista, saggista e consigliere del Quirinale. Spiega il senso dello Stato di Giorgio Napolitano. E poi: «Nell’aprile 2013 mi presentai per sentire che cosa pensava delle molte pressioni affinché restasse al suo posto. Mi disse: ma non sai che non sto bene?». a pagina 6 IL CUSTODE DI TERRA SANTA «La guerra è dentro l’Islam» di Marco Garzonio «N on è in atto uno scontro di civiltà. Questa è innanzitutto una guerra interna all’Islam», dice al Corriere padre Pierbattista Pizzaballa, il francescano da 11 anni Custode a pagina 21 di Terra Santa. di Pierluigi Battista S carcerato ieri sera, e regolarmente in scena a Parigi con il suo spettacolo teatrale. Ma il caso del comico francese Dieudonné — fermato ieri mattina e rinviato a giudizio poche ore dopo per «apologia del terrorismo» — resta aperto. L’attore, noto per le prese di posizione provocatorie dai toni esplicitamente antisemiti, aveva scritto su Facebook «Je suis Charlie Coulibaly». a pagina 38 a pagina 20 Montefiori Mario Draghi, i sospetti tedeschi e le scelte italiane di Danilo Taino M a pagina 14 Ferraino, Savelli, Sensini a pagina 15 Fermato per poche ore, poi va in scena. Ha solidarizzato con i killer della strage di Parigi ● LE IDEE L’INTERVISTA A «DIE ZEIT» ario Draghi, in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit, respinge l’etichetta di «agente» dell’Italia, non l’accetta e dice di voler rispondere con i fatti. E il primo fatto è che il mandato della Bce è quello di garantire nell’eurozona una stabilità dei prezzi che al momento non c’è. Dieudonné, processo al comico antisemita 9 771120 498008 Quel pozzo senza fondo degli sperperi nei Comuni l contrario di quello che si scrive, in politica non esistono eredità. Dunque, nemmeno la presidenza di Giorgio Napolitano, pure tanto significativa, ne lascia una così chiara da vincolare il suo successore. ● CHE COSA LASCIA continua a pagina 11 50 1 1 5> L’INCHIESTA arie, eventuali e generiche». Manca solo questa dicitura, nelle voci dei bilanci dei Comuni italiani. Per il resto c’è tutto. Con legende così fumose che ti chiedi: cosa diavolo c’è sotto? Esempio: «Rimborso anticipazioni di cassa». Cioè? Boh… Quattro miliardi e mezzo di euro. Come l’Imu sulla prima casa. Lo rivela un nuovo sito da oggi online. Dove i cittadini possono, finalmente, confrontare quanto spendono per le stesse cose, dal materiale di cancelleria alle piante da vivaio, gli oltre ottomila municipi italiani. Alleluia! Purché questo lavoro straordinario venga aggiustato con l’obbligo, su troppe voci, di uscire dall’indefinito. da pagina 2 a pagina 13 È UNIQA Assicurazioni SpA - Milano - Aut. D.M. 5716 18/08/1966 (G.U. 217 01/09/1966) di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella iorgio Napolitano ha lasciato ieri il Quirinale dopo due mandati: «Ho sorriso poco, scusatemi». Il Parlamento convocato dal 29 gennaio per l’elezione del successore. di Antonio Polito comprensibile l’ostilità che si riversa anche in queste ore contro Napolitano da parte dei propagandisti dell’antipolitica; cioè di tutti coloro i quali hanno sperato che la crisi economica, morale e politica dell’Italia sfociasse in un collasso del sistema istituzionale, per sostituirlo con qualcos’altro. Un’ondata così forte di rabbia e disprezzo per i partiti e il Parlamento in Italia non si vedeva da tempo. Napolitano l’ha affrontata di petto, senza indulgenze, con severità. Nella convinzione che l’unico modo di domarla fosse il rinnovamento delle istituzioni democratiche. Da questo punto di vista è stato il più formidabile nemico degli agitatori. Si spiegano dunque l’astio e la collera con cui ne salutano l’addio. Meno comprensibile è l’ostilità che gli proviene da Berlusconi e dagli ambienti a lui vicini. Napolitano infatti, proprio per fronteggiare il rischio di collasso del sistema politico, ha avuto come stella polare della sua azione la stabilità di governo. Il che, in tutte le crisi politiche che si è trovato a gestire, lo ha portato sempre a favorire soluzioni che tenessero il centrodestra di Berlusconi dentro l’area di governo, o comunque agganciato. Al punto di irritare spesso gli oppositori dell’ex Cavaliere. ANNO 140 - N. 12 ● IL CASO LA «MEDIAZIONE» PER MILANO MICHEL HOUELLEBECQ SOTTOMISSIONE Il Csm e il patto con Robledo di Luigi Ferrarella L a «mediazione» è del vicepresidente del Csm Legnini. Il pm Robledo andrà per un anno alla Procura di Venezia per tornare a Milano solo quando il capo Bruti Liberati sarà in pensione. a pagina 31 DA OGGI IN LIBRERIA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 2 Primo piano Il dopo Napolitano L’ADDIO AL QUIRINALE 2 La firma della lettera con le dimissioni Poi il picchetto d’onore e il saluto allo staff Si apre la successione: il 29 la prima seduta dei grandi elettori 5 ROMA Sono le 10.50 quando una Lancia Thesis con i vetri oscurati esce dal Quirinale. Dal gruppo di curiosi assiepati davanti al portone si fa largo un uomo che si mette subito a gridare: «Vergogna, vergogna». Crede che nella macchina ci sia il presidente della Repubblica ed evidentemente cerca un momento di celebrità, dato che si è sistemato in favor di telecamere. Ma nessuno lo riprende e, soprattutto, nessuno lo imita. Giorgio Napolitano in realtà è ancora nel suo studio, dove dieci minuti prima ha firmato le tre lettere di dimissioni previste dal protocollo, e nell’auto c’è Donato Marra, suo segretario generale, che sta viaggiando verso Palazzo Madama, per consegnare il documento istituzionale a Pietro Grasso, che da questo momento entra nel pieno delle sue funzioni di supplente del capo dello Stato. Altre missive identiche sono recapitate a Laura Boldrini, che si prepara a leggerla a Montecitorio e cui competerà convocare il Parlamento in seduta comune, alle tre del pomeriggio del 29 gennaio. L’ultima lettera va a Palazzo Chigi, dal premier Matteo Renzi. Il primo atto della procedura per l’avvicendamento al Colle è quasi compiuto. Quasi, perché la conclusione si avrà soltanto con la cerimonia di saluto a Napolitano, prevista dopo il ritorno di Marra dal brevissimo tour dentro la Roma del potere, che richiede meno di mezz’ora. Nel cortile d’onore un picchetto interforze è già allineato e L’inno anche il reggimento La mano corazzieri ha ormai destra sugli schierato un reparto a occhi durante cavallo, al fianco della banda dei carabinieri. E in l’inno un angolo si preparano le troupe televisive e gli inviati spediti da tutt’Europa. Manca un quarto d’ora a mezzogiorno quando il presidente finalmente scende, preceduto da staffieri in polpe e seguito da un piccolo corteo dei consiglieri più stretti. Al fianco ha la moglie Clio e qualche passo più indietro il figlio Giulio. È pallidissimo e, cosa rara per lui, visibilmente emozionato. Cammina lentamente guardandosi attorno con l’aria di uno al quale scorra in mente il film di nove anni nei quali si è identificato, e totalmente, nell’istituzione che era stato chiamato a incarnare il 15 maggio 2006 e, di nuovo, il 20 aprile 2013. Napolitano scambia un commento con Clio e alcune parole con il caposcorta, in gergo «fox». Poi raggiunge il centro del cortile e, mentre la banda esegue l’Inno di Mameli, si passa la mano destra sugli occhi, come per asciugare la commozione. Ma è un attimo. Gli viene consegnata una copia dello stendardo presidenziale che in quegli stessi minuti viene ammainato dal torrino. Tutti hanno di colpo fretta. E adesso c’è ormai solo il tempo per un abbraccio ai consiglieri che lo hanno assistito per questa lunga stagione. La macchina che lo porterà a casa, al rione Monti, è già in moto sotto il grande portico. E mentre esce nella piazza un corazziere ci saluta dicendo: «Siamo entrati in sede vacante… ma fino a quando?». M. Br. © RIPRODUZIONE RISERVATA 3 4 6 Il grande abbraccio: così questi anni mi hanno cambiato 9 anni la durata complessiva dell’impegno di Napolitano come capo dello Stato (primo mandato 2006-2013, secondo 20132015) 11 i presidenti della Repubblica dal 1948 (De Nicola, Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro, Ciampi e Napolitano) di Marzio Breda «S cusatemi se vi sono sembrato, o se proprio non sono stato, abbastanza sorridente con voi. Sappiate però che vi sono davvero grato, e che vi avrò sempre cari per l’aiuto che mi avete dato in questi anni straordinari e che mi hanno cambiato molto, in profondità». Si è veramente liberato da un certo modo di essere, sia nel privato come sulla scena pubblica, soltanto nelle ultime ore al Quirinale, Giorgio Napolitano. E questo saluto ai collaboratori più stretti lo dimostra, perché scioglie un autocontrollo così assiduo e severo da farlo a volte apparire non solo poco partenopeo, ma quasi disumano perfino. Mentre stavolta l’empatia con chi lo circonda scatta sul serio e ciò che pensa glielo si legge nel volto. «Ne abbiamo passate, eh, presidente? Del resto, si sa: nessuna istituzione è un’isola del sublime», dice un suo consigliere, uscendo dallo studio dove sono appena state firmate le dimissioni e citando un’efficace battuta del costituzionalista Mario Fiorillo. È davvero così: sono stati due mandati straordinari, e anche duri e difficili, quelli di L’ammainabandiera Al Quirinale scende il vessillo del presidente (Ansa) Napolitano al vertice della Repubblica. Una stagione sulla quale ha lasciato il segno, specie nell’ultimo biennio, una logorante catena di attacchi e polemiche. Tensioni continue, che si sovrapponevano al già delicato e complicato lavoro «d’ufficio», e che adesso è dissolta. Il capo dello Stato è nello studio alla Vetrata e lì aspetta che il segretario generale Donato Marra completi il giro fra Palazzo Madama, Montecitorio e Palazzo Chigi per formalizzare il congedo. Questione di mezz’ora. Beve un caffè con lo staff. Gli mostrano qualche titolo dei giornali, ma soprattutto gli fanno scorrere le ultime lettere giunte al Quirinale dall’Italia e dal mondo. Parecchie hanno sul mittente i nomi di capi di Stato e di governo. Una è del Papa, «bellissima, un grande onore». Una porta il cartiglio dell’Eliseo ed è di François Hollande, affettuosa e piena di riconoscimenti, con un’aggiunta a mano: «Caro Giorgio, la Francia è orgogliosa di averti avuto come amico». La conferma che la cura con cui ha coltivato i rapporti internazionali produce sempre buoni dividendi. Gratificanti per lui, certo, ma soprattutto per il Paese, commenta. Il presidente legge e passa Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 PRIMO PIANO 3 1 Giorgio Napolitano, con la moglie Clio Bittoni, lascia il palazzo del Quirinale: sono trascorsi 8 anni e 8 mesi da quando iniziò il mandato di presidente della Repubblica (Ansa) 2 Nel cortile del palazzo il picchetto di un reparto interforze attende il presidente uscente per rendergli gli onori militari: viene suonato l’Inno di Mameli (LaPresse) 3 Napolitano, alle 10.43 di ieri, firma la lettera di dimissioni con cui lascia formalmente l’incarico da capo dello Stato (LaPresse) 1 oltre, siglando qualche missiva personale dettata alle segretarie la sera prima e aggiungendo alcune risposte da far spedire con urgenza, quando arriva Clio. È un po’ scocciata per aver «preso freddo nei saloni giù sotto», dov’era rimasta ad aspettare, convinta che le procedure fossero più brevi. Anche lei ha un’espressione fra il sollievo e un vago smarrimento. In fondo termina per entrambi una lunga parentesi e negli sguardi che dedica al marito si coglie l’attenzione apprensiva di chi vuol capire come stia prendendo quest’ultimo passaggio. Lo vede piuttosto provato. Un po’ in affanno, se non spossato. E questo forse la preoccupa. A chi l’affianca, la first lady L’emozione L’emozione del capo dello Stato che fa emergere un tratto affettuoso (espressione che peraltro non le è mai piaciuta, perché troppo pomposa) non domanda il classico «abbiamo preso tutto?» di quando si sta per completare un trasloco. Sa che ogni documento e oggetto è stato controllato e chiuso negli scatoloni da settimane. «Questo va agli archivi del Quirinale… questo negli uffici di Palazzo Giustiniani… questo a casa». Una selezione alla quale, per quanto riguarda le carte e i libri, ha voluto sovrintendere lo stesso presidente. Dal suo studio privato, cosiddetto «alla palazzina», si è voluto portare dietro alcuni volumi acquistati in tempi remoti, dai quali non si è mai separato e che a volte sfogliava come per prendere ossigeno. Per esempio, una raccolta di versi di Eugenio Montale, una di Giuseppe Ungaretti: passioni della giovinezza, assieme al teatro e alla musica, cui è ritornato sempre, quasi all’insegna del principio psicoanalitico del ❞ Sappiate che vi sono davvero grato e che vi avrò sempre cari per l’aiuto che mi avete dato Nello staff rispondono: ne abbiamo passate, eh, presidente; del resto nessuna istituzione è un’isola del sublime Le parole di Napolitano ai collaboratori «Scusate se non ho sorriso abbastanza» «regredire per progredire», cioè ricordare il passato per immaginare il futuro. E ciò che gli staffieri che lo accompagnavano l’altro ieri nell’ultima ricognizione hanno notato è che Napolitano, prima di spegnere la luce e chiudere la porta, si è girato intorno e ha «salutato» la stanza con la mano. Proprio un ciao ciao al piccolo dipinto di Giovanni Fatto- ri che sta accanto alla scrivania, al tavolo intorno al quale convocava le riunioni del mattino, alla copia della Costituzione sempre in vista su un leggio. A quel «libro sacro» della Repubblica ha rivendicato di essersi tenuto fedele in ogni momento. Insomma, nella logica descritta da Vincenzo Cuoco durante la rivoluzione I messaggi La soddisfazione per le ultime lettere di commiato giunte dall’Italia e dal mondo di Napoli del 1799, secondo cui «alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini»: e gli ordini — come ripeteva spesso pure Ciampi — sono naturalmente le istituzioni, che gli uomini devono tutelare con passione, virtù morali e impegno. L’impegno che aveva messo lui quando nel 2011 ha tenuto a battesimo il governo di Mario Monti e poi, una volta rieletto, quelli guidati da Enrico Letta e Matteo Renzi. Una «invenzione» del tutto sua il primo, mentre sugli altri due ha esercitato una sorta di alto patronato affidando loro la missione delle riforme. Lo hanno criticato molto, anche per questo oltre che in certe battaglie sulla giustizia, ma ora il presidente non ci pensa. Scende nel cortile d’onore senza più pronunciare parole, concentrato sull’addio. Ed è qui che il suo sorvegliatissimo carattere e la sua autodisciplina a non mostrare le emozioni hanno un secondo cedimento. Sarà per gli onori del cerimoniale, che stavolta sono dedicati proprio a lui, sarà per l’inno di Mameli che echeggia da un’ala all’altra del palazzo, fatto sta che si commuove visibilmente. Tanto da abbandonarsi ad affettuosità che neppure i suoi più intimi collaboratori gli hanno mai visto fare. Li abbraccia e li bacia tutti, uno a uno. Distribuendo qualche pacca sulla spalla a chi di loro ha gli occhi lucidi e addirittura abbandonandosi a qualche carezza. E nella piazza del Quirinale, mentre la macchina scende verso il quartiere dove l’ormai ex capo dello Stato torna ad abitare, ha il risarcimento della gente comune, che lo applaude e grida il suo nome. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Il segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra, a Palazzo Chigi consegna la lettera di dimissioni al premier Matteo Renzi (foto Ansa). La porta anche ai presidenti di Camera e Senato 5 Napolitano saluta funzionari e dipendenti della presidenza: un congedo commosso con strette di mano e baci (nella foto con la moglie di Donato Marra, Ap) 6 Napolitano lascia il Colle in macchina alle 12.09: la gente radunata in piazza del Quirinale lo saluta con un applauso (Ansa) 4 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 5 Primo piano Il dopo Napolitano Festa nel rione Monti per il ritorno a casa (e alla normalità) aspetta Napolitano per rifilargli le basette e spera che la signora Clio torni da lui ad accorciare la frangia, Adriano si consola rimembrando il tempo in cui tagliava i capelli a Prodi. «Con Clio ci diamo del tu — assicura il corniciaio — Ma solo quando nessuno ci sente». E il presidente? Affabile, garbato, galantuomo... Un coro, finché un artigiano apre un piccolo squarcio sull’economia domestica presidenziale: «Ci crede che sua eccellenza mi chiese cinque euro di sconto?». Al centro della scena sta Pietro Stecchiotti, il macellaio detto Pol Pet per l’antica fede comunista: «Mi sento la star di un film americano. Se Napolitano acconsente la festa si fa, altrimenti le cose che ho comprato per il buffet me le venderò al negozio». Sulla soglia della trattoria di fronte, Valentino Parlato assiste al via vai: «Napolitano è tornato? Io sono stato sempre contro — rivendica l’ex direttore del Manifesto — Ma quando fu attaccato in modo indegno mi dichiarai un corazziere in sua difesa». Monica Guerzoni Sabato il «bentornato» preparato dai negozianti Vicolo dei Serpenti, il cannone del Gianicolo ha da poco sparato il colpo di mezzogiorno, sui tetti di Roma splende il sole eppure il Napolitano che sbuca dall’auto blu è un po’ come il Dante della Divina Commedia, uscito a «riveder le stelle» nell’ultimo verso dell’Inferno. Il presidente emerito agita il cappello in segno di saluto verso la gente che lo acclama, mentre la mano sinistra alza due dita in segno di vittoria. C’è chi grida «bravo, grazie!» e c’è il «bentornato presidente» del ristorante sardo sotto casa, scritto con il gesso sulla lavagna del menù. Il portone che si chiude sigil- ROMA Il ruolo ● Con le dimissioni presentate ieri da capo dello Stato Giorgio Napolitano è diventato presidente emerito e senatore di diritto presidenziale, come previsto dall’articolo 59 della Costituzione (era già senatore a vita, carica che ricopriva prima della sua elezione, nel 2006). Siederà nell’aula del Senato ● Napolitano in quanto senatore a vita e presidente emerito avrà un suo ufficio a Palazzo Giustiniani ● La figura del presidente emerito è stata istituita da un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri nel 1998 ● L’ex capo dello Stato teoricamente potrebbe già partecipare alle votazioni sull’Italicum, in discussione proprio in questi giorni a Palazzo Madama. In Senato ha un seggio anche l’altro ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ● Durante le consultazioni per la formazione di un governo i presidenti emeriti vengono ascoltati per un parere dal capo dello Stato in carica in quel momento la l’addio al potere e l’abbraccio con la libertà. Dal rigore dei protocolli a una normalità agognata, passeggiate e caffè al baretto, con tanto di ventaglio di pasta sfoglia. Si può soffrire di claustrofobia nei 110 mila metri quadri di specchi e arazzi che videro sfilare trenta Papi e sentirsi finalmente a casa, con l’animo sgombro da nostalgie e rancori, in questi 120 metri zeppi di quadri e libri... Sotto le finestre i vicoli della «suburra» corrono verso i Fori Imperiali. Tra localini bio e botteghe radical chic aleggia il ricordo struggente del barbone Angelo, che riebbe l’auto in cui dormiva per intercessione di Napolitano. Il rione più antico di Roma lo accoglie come un figlio tornato dalla guerra e si prepara a festeggiarlo sabato in piazza. Le locandine sono già in stampa e il macellaio di via Panisperna, che da decenni affetta vitelli per il Quirinale, ha ordinato una torta a forma di Colosseo: «Bentornato, presidente». Manca solo lui. I monticiani si sentono dentro la storia anche loro e temono che «sua eccellenza» diserti la festa, stanco com’è per i nove anni passati al fronte sul Colle più alto. I negozianti fanno a gara nel pesare pani, pesci e amicizia certificata. Tra i barbieri la gelosia è leggenda. Se Mimmo A casa La festa del rione Monti per il ritorno di Napolitano © RIPRODUZIONE RISERVATA Quel riformismo della volontà e il baricentro spostato sul Colle L’analisi Con l’inconcludenza dei partiti l’interventismo si è trasformato da strappo in dovere SEGUE DALLA PRIMA Fatto salvo (e non è davvero poco) l’impegno paziente e indefesso per sostenere in tempi calamitosi l’unità nazionale e la stabilità politica e per tenere aperta nonostante tutto la via delle riforme che il vecchio presidente ha esercitato giorno dopo giorno, e che è forse la cifra più vera di questi nove, difficilissimi anni. È appena il caso di ricordare che in primo luogo per questo Napolitano, uno degli ultimi grandi esponenti della storia migliore della cosiddetta Prima Repubblica, è stato ferocemente contestato prima da destra, poi da sinistra, infine da destra e sinistra insieme, e a queste contestazioni ha sempre tenuto botta, amareggiato certo, ma senza indietreggiare. Anche per questo, caro presidente emerito, chapeau. L’eredità è però un’altra cosa. Lasciamo pure da parte la storia, ormai remota, del primo former communist, seppur riformista e socialdemocratico, al Quirinale. Restiamo alla presidenza.«È venuto il tempo della maturità della democrazia dell’alternanza anche in Italia», aveva scandito Napolitano il 15 maggio del 2006 nel discorso di insediamento, assicurando che avrebbe fatto di tutto, ma sempre nei limiti delle sue prerogative, perché si ponesse mano alle riforme necessarie a transitare dal bipolarismo selvatico a un bipolarismo di stampo, si diceva allora, europeo. Ma sul finire del settennato prese pubblicamente atto che le sue si erano rivelate «aspettative troppo fiduciose o avanzate»: nemmeno dopo la nascita del governo Monti, una creatura sua, le forze politiche che pure lo sostenevano in Parlamento avevano avuto un soprassalto riformatore, quella che si stava conclu- dendo era, per le riforme (a cominciare da quella elettorale), un’altra «legislatura perduta», gli elettori avrebbero di certo presentato il conto. Quanto salato fosse lo si seppe subito. L’Italia che andava ancora a votare, non si lasciava più leggere con gli occhiali del bipolarismo: era divisa in partes tres, e la terza parte (presidiata da Beppe Grillo) non aveva alcuna intenzione di allearsi con la prima, il Pd di Pier Luigi Bersani, per dare un governo al Paese. Per Napolitano, che a una democrazia dell’alternanza finalmente matura aveva creduto davvero, magari per un ottimismo della volontà una volta tanto più forte del pessimismo della ragione, era una sconfitta. Ma fu in questo inedito contesto che le faide interne al Pd resero impossibile l’elezione del nuovo capo dello Stato; e i leader delle principali forze politiche, Bersani in testa, si recarono con il cappello in mano al Quirinale per chiedergli di restare al suo posto, sapendo che non avrebbe potuto dire di no. In un Paese che sembrava ingovernabile vennero due governi, prima uno di unità na- L’omaggio Le mani di Giorgio Napolitano (nella foto Ansa) sulla copia dello stendardo presidenziale che gli è stata consegnata ieri nel cortile d’onore del Quirinale dal comandante del reggimento corazzieri. L’ex presidente poco prima aveva ricevuto gli onori militari da un reparto di formazione interforze zionale in versione ridotta, guidato da Enrico Letta, poi, dopo la defezione di Silvio Berlusconi, uno di unità nazionale in versione bonsai, guidato da Matteo Renzi. Il quale però, se vive anche grazie all’apporto della pattuglia di Angelino Alfano, si fa forte di un’intesa con l’ex Cavaliere in disarmo, il patto del Nazareno, apertamente contestata, oltre che dai Cinque Stelle, da settori importanti del Pd e di Forza Italia. Di questa anomala intesa non si conoscono gli esatti contorni. Ma si sa che regge, e che la sua prova del fuoco sarà l’elezione del nuovo capo dello Stato. In poche parole. Prima e dopo la rielezione Napolitano ha esercitato le prerogative presidenziali in una sorta di terra di nessuno: non più la Seconda Repubblica rivelatasi (brutto aggettivo per un riformista) irriformabile, non ancora, o solo virtualmente, la Terza, sempre che una Terza ci sia. Se non si parte da qui, le stesse dispute sui pretesi straripamenti di Napolitano sono vacue. Presidenti «notai» negli ultimi cinquant’anni non se ne sono visti. Da Giovanni Gronchi (1955) in giù i predecessori di Napolitano (con la parziale eccezione, forse, di Giovanni Leone e di Carlo Azeglio Ciampi) sono stati tutti interventisti, eccome, spesso dietro le quinte, talvolta in forme clamorose, in un caso almeno avventuroso a dir poco (quello di Antonio Segni, che nell’estate 1964 ricevette al Quirinale il comandante dell’Arma dei Carabinieri De La terra di nessuno Le prerogative esercitate nella terra di nessuno tra la Seconda e la Terza Repubblica Lorenzo, artefice del progetto golpista passato alla storia come «Piano Solo»). Intervenivano però (per condizionarlo e magari per stravolgerlo) dentro un quadro di riferimento relativamente certo: i partiti con le loro strategie, le classi dirigenti, gli apparati nevralgici dello Stato. Tutto questo a Napolitano non è toccato in sorte: nella sua stagione, il baricentro di una politica sempre più inconcludente si è spostato sul Quirinale, creando così le condizioni per trasformare l’«interventismo» presidenziale, da strappo alla regola qual era, in una sorta di dovere di garanzia democratica e nazionale nei confronti degli italiani e dei partner internazionali dell’Italia. Si può dissentire da questo o quell’atto di Napolitano, si capisce, ma non prescindere da questo dato di fatto né sottacere che a questa necessità Napolitano ha fatto fronte, oltre che con una sapienza politica e istituzionale ignota ai più, con un fortissimo senso di responsabilità verso il Paese. A proposito di eredità, però, è difficile credere che il vecchio presidente pensi di trasmettere un simile «dovere», come un lascito, a chi verrà al suo posto. Non lo hanno sottolineato in molti. Ma, nel suo ultimo messaggio di Capodanno, ha voluto spiegare agli italiani perché anche le sue dimissioni rientrino nel quadro di un «ritorno alla normalità costituzionale» di una Repubblica parlamentare. Il che, di questi tempi, non è purtroppo una certezza. Paolo Franchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 6 Primo piano Il dopo Napolitano ● La Nota di Massimo Franco IL PREMIER CERCA DI ESORCIZZARE LO SPETTRO DI UN PD LACERATO M atteo Renzi conta sullo spauracchio della primavera del 2013. Sa che allora un Pd quasi vincente alle elezioni politiche, non riuscì a trovare un nuovo capo dello Stato. E spera che quella vicenda, dalla quale il partito emerse lacerato dai personalismi e dalle candidature «bruciate» nel segreto dell’urna, sia un monito per i parlamentari; che li spinga a dare un segnale di unità da spendere soprattutto con l’opinione pubblica e il proprio elettorato. Ma il passaggio dalla delegittimazione ad una rilegittimazione non è scontato. Molto dipenderà da come il Pd arriverà alla vigilia del pomeriggio del 29 gennaio, quando si comincerà a votare. Le incognite si chiamano soprattutto riforme. Sia quella elettorale che del Senato appaiono in salita. Eppure, Renzi è convinto di strappare l’approvazione di entrambe per la fine del mese. Il segnale è il «no» che ieri i gruppi di maggioranza e FI hanno risposto alla richiesta delle opposizioni di bloccare tutto fino alla scelta del presidente della Repubblica. È vero che al Senato sono planati alcune decine di migliaia di emendamenti. Eppure, l’iniziativa della Lega è considerata tattica. E si dà per probabile che alla fine le modifiche possano essere ritirate o aggirate. Il problema, di nuovo, è il Pd. Renzi dovrà trovare un compromesso sull’Italicum con la minoranza, che non vuole troppi candidati «nominati» dal segretario. Solo così può esorcizzare il fantasma del 2013; e sperare di ottenere l’elezione di un «suo» capo dello Stato alla quarta votazione, quando basterà la maggioranza assoluta dei voti e non più quella di due terzi. A piazza del Nazareno, sede del partito, concedono che solo un rapporto più disteso con gli avversari interni può facilitare una soluzione rapida. Altrimenti, le manovre delle tribù dei tanti candidati democratici potrebbero trascinare il nulla di fatto per giorni: col rischio di regalare al movimento di Beppe Grillo un ruolo perfino maggiore di quello del 2013, quando riuscì a incunearsi nelle liti della sinistra con la candidatura del professor Stefano Rodotà. Renzi confida non tanto nella lealtà ma nella debolezza del centrodestra. La voce grossa fatta ieri da Silvio Berlusconi per arringare le sue truppe a Roma, convince fino ad un certo punto. Attaccare il governo e rispolverare lo spettro dei comunisti; o peggio dichiararsi forza risolutamente all’opposizione, suona più come un tentativo di placare i malumori della base di FI che come un annuncio di guerra al premier. La realtà è che Berlusconi ha margini ridotti di trattativa con l’attuale Pd. E l’asse istituzionale cementato dal patto del Nazareno lo vede in posizione subalterna. Appoggiare un capo dello Stato espresso da Renzi è una strada obbligata per non diventare marginale. Il problema sarà la marcia di avvicinamento al 29 gennaio: un percorso nel quale il metodo viene presentato come il passepartout per superare le resistenze soprattutto dentro il Pd. La Lega dice di temere che il Quirinale «sia merce di scambio tra Renzi e Berlusconi». E con Movimento 5 Stelle e Sel bolla la fretta di dire «sì» all’Italicum come l’ennesimo indizio di una gran voglia di elezioni anticipate. Ma la clausola che non prevede l’entrata in vigore della riforma prima del luglio del 2016 sembra rinviare qualunque desiderio di urne di almeno un anno e mezzo. Sempre che la successione a Giorgio Napolitano non diventi un incubo. Ma lo diventerebbe per tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’INTERVISTA ARRIGO LEVI «Quando nell’aprile del 2013 Giorgio mi disse che stava male» I messaggi ● François Hollande «Mi sia consentito unire la voce della Francia all’omaggio unanime. Sei un amico. E la Francia è orgogliosa di avere un amico come te» ● Angela Merkel «Un presidente di grande significato per l’Italia, a cui il Paese deve molto. Un interlocutore tenuto in considerazione dal popolo tedesco» ● Jean-Claude Juncker «Il mio caro amico è un’àncora di stabilità, presenza solida e rassicurante, e grande europeo. Ha superato ogni tempesta con equilibrio» Giorgio Napolitano ha chiuso il secondo mandato in una condizione paradossale e amara. Dopo aver accettato una rielezione che gli era stata chiesta da un largo fronte di partiti e che fu consacrata dagli applausi dell’intero Parlamento, è stato quasi di continuo sotto attacco. Politicamente e mediaticamente. Considerando a posteriori quella sua scelta, ne è valsa la pena? «Certo che ne è valsa la pena, perché c’era in gioco l’interesse nazionale. Cioè qualcosa che per lui contava più di qualsiasi prezzo ci fosse da pagare». Così dice Arrigo Levi, inviato e corrispondente nelle capitali di mezzo mondo, saggista e infine consigliere del Quirinale nelle stagioni di Ciampi e Napolitano, essendo amico di entrambi. Abituato a cogliere anche da piccoli dettagli la verità di un uomo, racconta un episodio illuminante per capire in quale chiave il senso dello Stato sia da applicare all’azione di questo presidente ormai vicinissimo al congedo. «Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel suo studio per sentire che cosa pensava delle tante pressioni, dei partiti ma non solo, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no?, gli domandai. E lui, di solito molto misurato, quel giorno ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti medici, e mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene? Che ho altro cui pensare? Ecco perché sono indisponibile». Poi però cambiò opinione. «Sì, passate ventiquattr’ore si sentì obbligato a cedere. Sciolse la riserva e fu rieletto. Da allora sembrò dimenticare tutto. Si rimise al lavoro e non ho mai più udito dalla sua bocca neppure un cenno alla stanchezza o alle preoccupazioni personali. Né tantomeno alle polemiche venute dopo. Sono persone, lui come Ciampi, di una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che viene dall’antifascismo e che si identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della Patria — e so di usare un’espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche — Napolitano avrebbe vissuto il proprio ritiro come una diserzione. Insomma, era indispensabile che rimanesse al suo posto per la salute della Repubblica. Per fortuna, con grande sacrificio, ha onorato l’impegno». Resta curioso che, nel Paese in cui trionfa l’epos giova- nilistico e il premier Renzi cita di continuo il mito di Telemaco, ci si sia affidati a una persona che viaggiava già verso i novant’anni. Quale significato simbolico si può ricavarne? «Mi mette un po’ a disagio una questione del genere, dato che sono quasi coetaneo di Napolitano», dice Levi, con una punta di civetteria. «Credo che nei momenti di svolta si riconosca il valore dell’esperienza e della continuità. Non dimenti- Il telegramma dallo Sri Lanka Il Papa: è stato esemplare e generoso Il Papa, che si trova in visita nello Sri Lanka, ha espresso con un telegramma a Napolitano «sincera stima e vivo apprezzamento per il suo generoso ed esemplare servizio alla nazione italiana». (Nella foto Epa il Papa durante una visita a un tempio buddista a Colombo) chiamolo: un anno e mezzo fa l’Italia era paralizzata da una crisi politica senza precedenti, una crisi di sistema. Era logico, dato che stavamo attraversando tempi eccezionali, ricorrere a qualcuno che avesse vissuto una lunga parabola dentro le istituzioni, anche se il suo vecchio percorso politico era lontano da quello di molti». Inutile ricordarle che le radici di Napolitano nel Pci sono state il pretesto di intermittenti recriminazioni del centrodestra. Mentre dalla sinistra più estrema gli si imputava un’eccessiva arrendevolezza verso Berlusconi, con l’accusa di averlo salvato quando i suoi governi vacillavano. «È trascorso molto tempo da quando il Pci era un problema in Italia e non lo è più da almeno vent’anni. In ogni caso Napolitano non è mai stato condizionato da quel passato, a lui interessava la stabilità del Paese. Perciò, evocare Berlusconi in un bilancio della sua doppia presidenza, significa parlare di cose completamente irrilevanti. Berlusconi ha rappresentato un fenomeno politico interessante e originale, da studiare perché ha coinvolto molti italiani, magari ossessionandoli per un verso o per l’altro. Ma credo di poter dire che, per gente come Napolitano e Ciampi, l’ex Cavaliere non sia mai stato un’ossessione. Semmai, verrebbe da dire, un incidente nella storia della Repubblica». E lo stesso vale per Grillo e per altri protagonisti dell’antipolitica? «Mi sembra che valgano gli stessi dubbi, che pongo senza arroganza. Quanto sono significative queste figure, che hanno magari una presa sull’opinione pubblica, nella vicenda nazionale? Sono dei patrioti? Quale impronta possono lasciare nell’identità di un Paese e nelle sue istituzioni? Davvero si può ritenere che la Storia si esprima attraverso di loro? Non siamo forse troppo schiacciati sul presente e troppo pronti a inventarci un mito, o un incubo, al giorno?». Chi è Arrigo Levi, 88 anni, direttore de La Stampa dal 1973 al 1978, editorialista del Corriere, è stato consigliere per le relazioni esterne del Quirinale con Ciampi e Napolitano Ragionamenti che Arrigo Levi estende alle critiche rivolte a Napolitano per la sfida con certi settori della magistratura. Le liquida con un’alzata di spalle: «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei suoi doveri. Lo dimostra la tranquillità — in quel caso ben più che un dono di carattere — con cui ha affrontato quella prova di forza». Che è stata «dura», e il consigliere Levi lo ammette, «ma che non va sovrastimata». Per lui bisognerebbe dunque relativizzare e contestualizzare criticamente quegli snodi sui quali la politica si è dilaniata. Quando Napolitano inventò il governo «tecnico» di Mario Monti e poi tenne a battesimo le «larghe intese» di Enrico ❞ I referti medici Insistevano per la rielezione, buttò sul tavolo un plico di referti. Poi si sentì obbligato a cedere e da lui non ho più sentito neppure un cenno alle sue paure Letta e, per ultimo, l’esecutivo «di scopo» (e lo scopo erano le riforme) di Matteo Renzi. Tre esempi in cui si è contestato al presidente di essere andato oltre i suoi poteri costituzionali. Polemiche malposte pure queste, per Levi. Che le respinge perché maturate «nella mente di chi ha una memoria breve». Basta riandare indietro nel tempo, spiega, per trovare «molti precedenti» di capi dello Stato che, nei periodi di crisi, «hanno colmato i vuoti della politica con scelte penetranti e incisive». In definitiva: «Era, ed è, loro compito prendere certe decisioni, senza curarsi di ciò che vorrebbero le maggioranze o le opposizioni, ma avendo come unica bussola un’idea di patriottismo repubblicano». Marzio Breda © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 7 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 8 Primo piano Il dopo Napolitano Dentro le stanze di palazzo Giustiniani Tevere Nel palazzo hanno sede l'appartamento di rappresentanza del presidente del Senato, la sala Zuccari, gli uffici dei senatorie a vita, dei presidenti emeriti del Senato, alcuni servizi e uffici dell'amministrazione. Dal 1901 al 1985 è stato anche la sede dell'organizzazione massonica del Grande Oriente d'Italia otti ond C via Camera Palazzo Montecitorio Giardini del Quirinale Via d r el Co Palazzo Giustiniani Palazzo Chigi 1 U Piano uffici R O M A so Palazzo del Quirinale 2 4 Sala della Costituzione Studio del capo dello Stato supplente Studio e segreteria Pietro Carlo Azeglio Ciampi Grasso 3 Studio e segreteria Giorgio Napolitano Altare della Patria m 6 7 Uffici Uffici a disposizione Appartamento Renato Schifani del segretario generale Pietro Grasso ex studio Cossiga del Quirinale presidente del Senato Donato Marra e capo dello Stato supplente Senato piazza Madama Piazza Navona 5 Uffici Mario Monti 200 3 1 2 U U 7 4 5 6 8 9 10 11 12 13 14 LA STORIA Realizzato alla fine del Cinquecento e ceduto nel 1590 ai Giustiniani, ricca famiglia genovese. A inizio del 900 una parte passò alla Cassa di Risparmio di Roma, una parte fu affittata al Grande Oriente d'Italia. Assegnato al Senato nel 1926, soltanto nel 1988 fu interamente nella disponibilità dell’istituzione. Qui venne firmata da Enrico De Nicola la Costituzione U U LO STENDARDO La bandiera esposta a palazzo Giustiniani è quella del supplente capo dello Stato 11 SALA ZUCCARI Corazziere 8 9 10 12 13 14 Uffici Pier Ferdinando Casini ex studio Andreotti Uffici Elena Cattaneo ex studio Napolitano Uffici Carlo Rubbia Uffici Marcello Pera Uffici Franco Marini Uffici Renzo Piano Illustrazione: Mirco Tangherlini Corriere della Sera Il primo giorno di Grasso: grande responsabilità Il supplente raggiunge a piedi palazzo Giustiniani. Il saluto al Senato: «A qualcuno non mancherò» Il ruolo ● Il presidente del Senato Pietro Grasso da ieri, con le dimissioni di Napolitano, ha assunto il ruolo di presidente della Repubblica supplente ROMA La giornata comincia alle 9.30, ancora da presidente del Senato. Come da mesi a questa parte, il clima è incandescente: la decisione di concedere subemendamenti alla maggioranza non va giù all’opposizione e ad alcuni senatori democratici e allora Pietro Grasso ci mette la faccia per l’ultima volta da presidente di Palazzo Madama. Alle undici, ecco la comunicazione attesa, con l’arrivo del segretario generale del Quirinale Donato Marra. E con l’ultimo saluto ai senatori: «L’Aula mi mancherà e metto in conto anche il fatto che a qualcuno non mancherò. Spero di tornare presto». Auspicio che indica la speranza che l’elezione del nuovo capo dello Stato sia rapida. Ma nel frattempo Grasso diventa presidente della Repubblica ad interim. Supplente come lo furono Cesare Merzagora, Giovanni Spadolini, Amintore Fanfani e Nicola Mancino. Dopo le comunicazioni di Marra, Grasso lascia palazzo Madama e percorre a piedi i pochi metri che lo dividono da palazzo Giustiniani, già presidiato dai corazzieri. Non utilizza il tunnel sotterraneo che collega i due palazzi, per sottolineare l’importanza di un passaggio istituzionale che deve essere fatto alla luce del sole. A palazzo Giustiniani In strada Il presidente del Senato Pietro Grasso (Ansa) viene esposto «lo stendardo del supplente», mentre comincia l’allestimento delle stanze adiacenti alla Sala della Costituzione, dove lavorerà Grasso. E dove, nel pomeriggio, dopo un rapido pranzo con la moglie, incontra alcuni funzionari del Quirinale e il capo del cerimoniale, Luigi Cremoni. Ma il pomeriggio è segnato anche da una telefonata «affettuosa» con Giorgio Napolitano. Grasso, che manterrà la stessa scorta che ha sin da quando era procuratore, pubblica un tweet, prima assoluta da un profilo personale per un presidente della Repubblica, sia pure supplente: «Una grande re- sponsabilità e una forte emozione. Affronterò questi giorni con spirito di servizio e animo sereno». Da questa mattina, comincerà il lavoro da supplente. In mattinata ci sarà l’incontro con il segretario generale e con i consiglieri del presidente, per una prima analisi dei dossier aperti, delle urgenze e di tutto quello che è indifferibile e indilazionabile, come è prassi in questi casi. Tra gli appuntamenti dei prossimi giorni, l’inaugurazione dell’anno giudiziario e la giornata della memoria. Alessandro Trocino © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 9 Primo piano Il dopo Napolitano Renzi: «Il nuovo presidente a fine mese» Ringrazia Napolitano e dribbla le domande sul totonomi: adesso serve un arbitro, un garante Poi l’avvertimento a Berlusconi: nessuno ha diritto di veto, potremmo scegliere il successore da soli I numeri ● I grandi elettori del futuro presidente della Repubblica saranno 1.009: 630 deputati, 315 senatori, 58 delegati delle regioni (3 per ciascuna, tranne la Valle d’Aosta, che a Roma ne invia uno soltanto) e sei senatori a vita, tra cui lo stesso Napolitano. ROMA È la fine di una giornata in qualche modo storica, Matteo Renzi si accomoda alle nove di sera negli studi de La7, fa il ritratto del prossimo presidente della Repubblica, «un arbitro, un garante», per l’ennesima volta rivolge un ringraziamento a Giorgio Napolitano, «una colonna delle istituzioni, che mi ha aiutato, indubbiamente, se le riforme si fanno è soprattutto merito suo», ma soprattutto manda una sorta di altolà a tutti coloro che pongono condizioni, in primo luogo Berlusconi: il prossimo capo dello Stato, visto che «nessuno ha diritto di veto», è anche possibile che «ce lo eleggiamo da soli». Scaramucce forse, inevitabili, ma chiare. La corsa all’elezione della prima carica dello Stato non è ancora iniziata, ma il presidente del Consiglio sente il bisogno di dire alcune cose in modo molto chiaro, «basta con la logica delle figurine, delle bandierine», se il Cavaliere dice «non uno di sinistra ce lo eleggiamo da soli, la logica del così o pomì, come diceva la pubblicità, non ha senso, io sono perché Berlusconi partecipi all’elezione, ma devono partecipare anche i leghisti, i grillini, la cosa che non è possibile è la competizione ideologica». Non c’è solo un’esternazione di sicurezza, di confidenza, nel processo che si sta schiuden- ❞ L’esempio A quali personaggi mi ispiro? A Bob Kennedy Ma spero di non fare la sua fine do. Mentre insiste nel sottolineare gli omaggi a Napolitano, «che ha fatto capire che l’Italia non può stare immobile, che è stato un vero riformatore, che ha detto che la Costituzione, così com’è, non funziona», ammette per la prima volta che il nome del successore è in qualche modo già nella sua mente, anzi «di nomi ce n’è abbiamo tanti in mente, ma occorre aggiungere che le istituzioni vanno difese e in qualche modo coccolate, i parlamentari non si spaventino di pressioni, anche su twitter, abbiano solo senso istituzionale». Una parte dell’intervista ha notazioni personali, il rapporto particolare con Napolitano, che «una volta mi ha fatto notare che fra noi due corrono 50 anni»; i 40 anni appena compiuti, un compleanno che «ho sentito, mi hanno fatto effetto, ho sempre pensato che gli anta fossero lontani da me, dopo di che la vita è bella per quello che è e io sono uno fortunato». Un personaggio cui si ispira? «Bob Kennedy, ma spero di non fare la sua fine». Di mattina, mentre le lettere di dimissioni di Napolitano vengono recapitate alle tre principali istituzioni del Paese, Camere e governo, Renzi fa comunque professione di ottimismo, «ragionevolmente a fine mese dovremo avere il nome del nuovo presidente, ci sono ● I grandi elettori sono stati convocati a Montecitorio il prossimo 29 gennaio alle 15: le prime tre votazioni prevedono una maggioranza di due terzi per avere una fumata bianca, dalla quarta votazione sarà sufficiente una maggioranza semplice. ● Caso unico nella storia italiana: sarà lo stesso Parlamento del 2013 a eleggere il nuovo capo dello Stato, anche se da allora sono cambiati gli equilibri tra i partiti. Napolitano fu rieletto alla sesta votazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA In tivù Il premier Matteo Renzi ieri sera ha tenuto a battesimo la nuova edizione della trasmissione «Le invasioni barbariche» condotta da Daria Bignardi: al centro dell’intervista le dimissioni di Napolitano e le manovre per la successione .................... (Ansa) ● Da ieri al 27 gennaio le Regioni sono chiamate a scegliere i loro 58 delegati: alcuni consigli sono stati già convocati. ● Secondo i primi calcoli — complicati però dal ruolo di Ncd al governo con il centrosinistra ma in alcune Regioni in maggioranza con il centrodestra — in linea di massima i delegati regionali saranno 35 esponenti di centrosinistra, 22 di centrodestra e 1 autonomista (il valdostano Rollandin). tanti uomini e donne in grado di ricoprire quel ruolo: la scorsa volta la politica non ce l’ha fatta, ma noi non possiamo fallire» dice alla presentazione del libro Corruzione a norma di legge, di Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri, nel corso di un dibattito moderato da Mario Calabresi, alla presenza del commissario anticorruzione, Raffaele Cantone, secondo alcuni anche lui con qualche chance di Quirinale. Anche se ai cronisti che chiedono Renzi risponde: «Cantone ha tanto da fare, non si farà rovinare la vita, voi però non dovete rovinarla a me». Marco Galluzzo di Francesco Verderami La rete del premier che mantiene i contatti con tutti i candidati Terrà fede al soprannome che gli hanno affibbiato in Consiglio dei ministri, perciò prima di lanciare un nome per il Colle Renzi «last minute» aspetterà fino all’ultimo, fino all’ultimo studierà i candidati e i sondaggi che sul loro conto ha commissionato. E siccome dai dati demoscopici emerge che nessun politico spicca oggi negli indici di gradimento, non ha definitivamente accantonato l’idea della sorpresa. Ma di questo il premier tace con i quirinabili, a cui dice o fa dire cose che non spengono le loro speranze. Per Amato ha avuto parole commendevoli, a Del Rio ha spiegato che «tu saresti il mio ideale», a Casini non ha opposto veti all’ipotesi di un esponente dell’area moderata al Quirinale. Tranne Cantone — a cui ieri ha cancellato ogni aspirazione sostenendo in pubblico che «lui ha già tanto da fare all’Autorità anticorruzione» — il leader del Pd fa sentire tutti in corsa. Se i candidati di Renzi si costituissero in Associazione, capirebbero che a ognuno di loro è stata detta sostanzialmente la stessa cosa. Sarà per via della sua indole o per la difficoltà politica di comporre al momento l’intricata faccenda, in ogni caso il premier sta alimentando le ambizioni di quanti vorrebbero succedere a Napolitano. E li tiene stretti a sé, grazie a un network di fedelissimi che risponde solo a lui e che ha il compito di monitorare i quirinabili e riferirgli ogni dettaglio delle loro conversazioni. Così a Delrio è stato assegnato il «fronte emiliano», dove sono di stanza Prodi e Castagnetti. Alla Boschi sono toccate la Severino e la Finocchiaro. La Madia è stata facilitata, visto che parla ogni giorno con il figlio di Mattarella, capo legislativo del suo dicastero. Nessuno si risparmia. Persino il sindaco di Firenze è coinvolto da Renzi nella «rete»: è Nardella infatti a tenere in via riservata i rapporti con Amato. Agli ex segretari del partito ci pensa invece il premier, conscio che «tutti i miei predecessori si sentono candidati in pectore per il Quirinale». E con loro Renzi parla, più di frequente manda sms di lu- Il retroscena ROMA singa o di rassicurazione. Ma tra questi c’è chi ricorda com’era rassicurante il messaggio inviato dal segretario del Pd a D’Alema quando era in ballo per una nomina in Europa: è un messaggio che l’ex premier ha tenuto nella memoria del telefonino e che ogni tanto mostra ai suoi interlocutori per metterli sull’avviso. In fondo però Renzi va capito. Deve gestire il passaggio più delicato della sua giovane carriera politica, con avversari interni ed esterni al suo partito che — a scrutinio segreto — vorrebbero riservargli il trattamento della rottamazione. Il premier però è convinto di partire nella corsa al Colle da una posizione di forza, e da lì poter mediare: «Nessuno — spiega — potrà fare un presidente della Repubblica contro L’obiettivo Il leader: nessuno può fare un presidente contro di me, ma dovrò sceglierlo con gli altri di me, anche se io dovrò farlo insieme agli altri». Gli «altri» sono Berlusconi, l’Area popolare di Alfano e la minoranza democratica. E pur di tenere dentro l’accordo il Cavaliere, mette in conto di perdere un pezzo del suo stesso partito. Il problema è di non perdere tanti pezzi del Pd e soprattutto di non ritrovarsi con una Forza Italia a pezzi. Questo è il maggior rischio, evidenziato ieri nell’Aula della Camera e riassunto in un tweet dal renziano Giachetti: «Dal dibattito sulle riforme si deduce che a giorni cadrà la giunta Maroni e che ad ore i fittiani usciranno da Forza Italia». Nonostante Berlusconi faccia sfoggio dei «nostri 150 grandi elettori» per dire che «al Quirinale non voteremo un capo dello Stato come gli ultimi tre», lo spettacolo offerto a Montecitorio non è stato un bel segnale per il premier alla vigilia della partita per il Quirinale. E come non bastasse, in vista delle prime tre votazioni — le più insidiose per Renzi — i dirigenti del Pd hanno segnalato a palazzo Chigi movimenti di truppe Cinquestelle, 415 i parlamentari del Pd che prenderanno parte al voto per il futuro capo dello Stato: a loro vanno aggiunti i delegati regionali, circa 35 137 i grandi elettori dei Cinque Stelle: rispetto al 2013 i pentastellati ne hanno persi 26, che sono stati espulsi o si sono dimessi dai gruppi M5S 130 i parlamentari che fanno parte dei gruppi di Forza Italia: nel 2013 il Pdl aveva 97 deputati e 91 senatori. Il gruppo poi si è scisso con la nascita di Ncd pronte a votare Prodi per tentare di sabotare il patto del Nazareno. Come ammette il vice segretario del Pd Guerini, il passaggio in cui è prevista la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori, «sarà delicato». Ecco spiegato l’endorsement per Veltroni, che di fatto viene contrapposto al fondatore dell’Ulivo. Guerini confuta la tesi, spiegando che «comunque un candidato forte si misura poi alla prova del consenso». Insomma, è solo l’inizio della sfida, non è pensabile sia già scritta la fine. Perciò al momento tutti nutrono speranze. Grasso, per esempio, agli occhi di Renzi si gioca la partita della vita con il «canguro», l’arma usata per eliminare gli emendamenti di massa presentati dalle opposizioni per fare ostruzionismo. E il presidente del Senato — pur da supplente di Napolitano — tiene la regia dell’Aula di palazzo Madama dov’è in gioco l’approvazione dell’Italicum prima delle votazioni per il Colle. Nell’attesa tutti si apprestano a manovre di posizionamento. Anche quello che un tempo fu il centrodestra — cioè i gruppi di Forza Italia e di Area popolare — dovrà decidere: marcerà in ordine sparso verso l’intesa con il premier o darà vita a un preventivo patto di consultazione? Alfano, puntando per il Colle su una personalità «garante di tutti e con sensibilità cattolica» si schiera per Casini. E Berlusconi? © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 11 Primo piano Il dopo Napolitano «Senza di noi non passa nessuno» Il commento La critica ingiusta Berlusconi chiede unità ai suoi senatori. E oggi vede Fitto per provare a ricucire Al raduno con i club conferma il Nazareno. E dona 20 mila euro a un’anziana SEGUE DALLA PRIMA C’è il pienone all’Auditorium del Santuario del Divino Amore dove Silvio Berlusconi fa la sua rentrée politica proprio nel giorno in cui Giorgio Napolitano lascia la scena restituendogli, di fatto, un ruolo centrale per le prossime, cruciali scelte. Ma al capo dello Stato che se ne va, il Cavaliere — rinfrancato dalla sua gente radunata dal capo dei Club Forza Silvio, Marcello Fiori, tanto da lanciare anche una colletta per una anziana che racconta dal palco la sua storia di povertà (le darà «20 mila euro») — non dedica nessun passaggio esplicito nel suo discorso. Napolitano è accomunato solo ai suoi due predecessori in un giudizio poco lusinghiero, che è la premessa per chiedere, stavolta, un capo dello Stato «che sia garante di tutti e non di una parte»: «Credo sia una domanda assolutamente logica e giusta pretendere di avere un presidente che non sia un seguito di tre presidenti di sinistra che hanno portato questo Paese a questa situazione non democratica». Non un saluto, una parola sia pure di circostanza. Dopo Napolitano, fa capire Berlusconi, non dovrà esserci un altro Napolitano. Uno che si comporti come lui avallando quello che ROMA continua a considerare un colpo di Stato, le sue dimissioni nel 2011: «Nei prossimi giorni depositeremo degli allegati alla nostra richiesta di una commissione di inchiesta su quei fatti», minaccia. Ma ai senatori azzurri, riuniti in sera per fare il punto su Quirinale e riforme (con loro anche la componente centrista dei Popolari di Mauro, quella di Gal e Umberto Bossi invitato a cena), in verità il leader di FI confida di credere che Renzi «non ci proporrà un nome di parte», anche perché «ha bisogno dei nostri sì per farlo passare». In pubblico comunque mette i paletti: «Oggi la sinistra ha il presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, del Consiglio dei ministri e della Consulta. Non può avere tutto. Insisteremo perché ci sia l’indicazione di un nome di garanzia che saremmo lieti di sostenere con i voti dei nostri 150 elettori uniti a quelli della sinistra». L’identikit non c’è, nemmeno la proposta. Ai senatori spiega: «Serve uno che non abbia ostilità nè pregiudizi nei nostri confronti». Ma che Berlusconi sia bendisposto nei confronti del premier lo dimostrano le parole che pronuncia al Divino Amore: una battuta L’incontro Il leader di FI Silvio Berlusconi (sotto) con il coordinatore dei club Forza Silvio Marcello Fiori ieri a Roma. In platea la fidanzata dell’ex premier Francesca Pascale (in alto) — «Volete farvi i selfie con me? Ma io non sono Renzi!» —; un solo passaggio da comizio: «I comunisti oggi si chiamano “democratici”, e hanno come programma una “dittatura”»; una conferma: «Il Nazareno è un prezzo che paghiamo alla nostra coerenza: se ci propongono riforme come le nostre del 2005, per il senso di responsabilità ci stiamo». In cambio, è il sottinteso, servirà un presidente che dia «garanzie». Soprattutto sul terreno della riconquista di una agibilità politica, che resta lontana come dimostra anche la decisione della Cassazione di ieri di non permettere a Berlusconi di viaggiare fuori dai confini nazionali, perché quella che sta scontando è «a tutti gli effetti una pena detentiva». Ma per ottenere quello di cui ha bisogno, il Cavaliere ha bisogno di un partito unito e di numeri certi. Per questo, mentre il nocciolo duro dei suoi fedelissimi si organizza (due sere fa una trentina di loro — fra i quali Bergamini, Romani, la Rossi — si sono visti a cena per serrare i ranghi e si rivedranno la prossima settimana), l’intenzione dell’ex premier è quella di ricucire con Raffaele Fitto. L’ex governatore, che conta su una componente di almeno 40 parlamentari, è stato convocato per stamattina a palazzo Grazioli, per cercare di arrivare a un’intesa, che resta però molto difficile. La sua pattuglia infatti, guidata dalla senatrice Bonfrisco, alla riunione di palazzo Grazioli ha annunciato una posizione molto dura: «Se non cambia il premio di lista, l’Italicum noi non lo votiamo». Un cul de sac, perché — per Berlusconi — il Nazareno non può essere messo in discussione: con Renzi «dobbiamo mantenere i patti, solo così lui manterrà i suoi». Paola Di Caro La vicenda ● Silvio Berlusconi, che sta scontando ai servizi sociali la pena inflitta per frode fiscale nel processo Mediaset, ha chiesto lo sconto previsto dalle norme sulla liberazione anticipata: 45 giorni. La pena dovrebbe finire all’inizio di marzo ● Due i tavoli aperti dal leader di Forza Italia in vista del voto per il Quirinale. Da un lato il dialogo con il premier per la scelta di un nome condiviso, sulla scia del patto del Nazareno per le riforme © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Dall’altro Berlusconi dovrà tenere compatto il partito: il timore è che qualche parlamentare dei dissidenti voti per far saltare il patto del Nazareno Nel 2010, quando Fini spaccò la maggioranza di centrodestra, Napolitano si adoperò affinché la discussione della mozione di sfiducia a Berlusconi fosse posticipata a dopo la legge di Stabilità. Questo diede un mese di tempo al premier, che lo usò per conquistare e trasferire voti in Parlamento, e gli consentì di ribaltare a sorpresa il risultato e restare in sella. Nel terribile autunno del 2011, quando il governo Berlusconi cadde al pari di tutti i governi dei Paesi travolti dalla crisi dei debiti sovrani, Napolitano non sciolse le Camere, indicendo elezioni che in quel momento avrebbe sicuramente vinto il centrosinistra guidato da Bersani, ma puntò sul governo Monti per uscire dalla emergenza finanziaria. Berlusconi gradì questa soluzione al punto che diede la fiducia al nuovo esecutivo, e per mesi lo sostenne; non a caso fu lui a proporre prima e a votare poi il bis di Napolitano. All’indomani delle ultime elezioni, il presidente negò a Bersani la possibilità di dar vita a un governo senza maggioranza parlamentare e incaricò invece Letta alla guida di un esecutivo che comprendesse Berlusconi. E quando Renzi arrivò sulla scena, Napolitano diede via libera al suo tentativo, che consisteva nel riportare nel gioco politico Berlusconi con il patto del Nazareno, nonostante nel frattempo fosse stato condannato per frode fiscale e decaduto dal Senato, e per questo avesse rotto con la maggioranza e con Alfano. Tutte queste scelte, peraltro pubblicamente motivate, ovviamente sono suscettibili di critiche; ma certo non per essere state di pregiudizio al centrodestra. I cui problemi politici di oggi hanno ben altre spiegazioni e radici. Antonio Polito © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista di Daria Gorodisky Chi è ● Paolo Romani, 67 anni, capogruppo al Senato di FI, è stato editore televisivo. Ha ricoperto l’incarico di ministro allo Sviluppo economico negli anni 2010 e 2011 ROMA Il mantra è «metodo condiviso». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, lo ripete e lo ripete quando parla di elezione del nuovo capo dello Stato. Sottolineando che il suo partito «è stato e resta determinante». «Spero solo che sia un principio acquisito. Siamo al traguardo di una riforma epocale verso il monocameralismo e di una nuova legge elettorale che darà più forza ai futuri governi: a maggior ragione abbiamo bisogno di una personalità di alto profilo e di massima garanzia per tutti». Una decina di giorni fa aveva escluso che questa figura potesse essere rappresentata da un tecnico… «Avevo parlato a titolo per- Romani: si può chiudere alla quarta votazione Il dissenso interno? Spesso serve per esistere sonale, perché ritengo che difficilmente un tecnico possa avere forte capacità politica, di mediazione. Però non è una regola assoluta, è difficile segnare questo tipo di demarcazioni. La qualità più importante che il futuro presidente deve avere è quella di raccogliere il consenso di tutti. Perché apparterrà anche alle stagioni che vanno oltre la legislatura attuale, ammesso poi che questa arrivi a scadenza naturale». Il dialogo «Non interrompiamo il dialogo sulle riforme. Anche se ci sono divergenze si va avanti» …e non concepiva per il Quirinale nessuno che avesse la tessera del Partito democratico. «Non sono disponibile a tratteggiare identikit. Né voglio partecipare a lotterie di proposte o veti». Dunque il confronto fra voi e il Pd va avanti, si tratta, il patto del Nazareno continua a tenere. «Noi non interrompiamo il dialogo. Siamo stati determinanti in agosto per la riforma del Senato e in dicembre per incardinare la legge elettorale. Ora abbiamo ancora dei punti di dissenso sul nuovo sistema di voto, ma si va avanti». In particolare, continuate a essere contrari al voto di lista. «Sì, perché le opposizioni ne uscirebbero tutte fortemente frammentate e deboli». Prevede comunque che la legge elettorale verrà votata prima del 29, quando inizierà la procedura per scegliere il sostituto di Giorgio Napolitano? «Per quanto riguarda il Senato, il programma è questo. Poi, naturalmente, la legge dovrà tornare alla Camera». Le divisioni interne al vostro partito rientreranno, riuscirete a convincere i dissenzienti? «C’è una larga maggioranza del gruppo che condivide la linea ribadita anche oggi (ieri per chi legge, ndr) da Berlusconi. Certo, anche in agosto e in dicembre ci sono stati voti in difformità rispetto alle indica- ❞ Il presidente deve avere il consenso di tutti. Andrà oltre la legislatura ammesso che arrivi a scadenza zioni del capogruppo. Spesso chi dissente lo fa per consentire a se stesso di esistere. Comunque ciascuno si assumerà le proprie responsabilità». Non temete franchi tiratori? «In condizioni difficili abbiamo raggiunto comunque il risultato per il Csm e per la Corte costituzionale». Crede che l’elezione per il Colle si concluderà in tempi rapidi? Il presidente del Consiglio Matteo Renzi prevede che avverrà entro la fine del mese. «Non ci sembra impossibile chiudere alla quarta votazione, e sarebbe anche un bel segnale di efficienza. Vediamo, abbiamo davanti due settimane…». © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 13 Primo piano Le riforme «Pronti a non votarlo» La minoranza dem fa muro sull’Italicum No alle opposizioni sul rinvio a dopo l’elezione per il Colle Aula quasi vuota al Senato — presidiata solo da un gruppetto di grillini, dalla minoranza del Pd, dalla presidente Anna Finocchiaro, dal leghista Roberto Calderoli e da un’attentissima Maria Elena Boschi, inamovibile dal banco del governo insieme al sottosegretario Luciano Pizzetti — in attesa che da martedì inizi la raffica di votazioni sui 40 mila e rotti emendamenti della legge elettorale. L’obiettivo del governo è quello di chiudere ben prima del 29 gennaio, giorno in cui i senatori si trasferiranno alla Camera per eleggere il capo dello Stato e il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, non sembra poi così spaventato dal numero spropositato di emendamenti prodotto da Calderoli: «Ce la faremo, magari per la fine della prossima settimana lavorando anche di sabato e di domenica». È saltata però la riunione di oggi in cui il segretario Matteo Renzi avrebbe dovuto domare la minoranza del Pd che al Senato sta preparando un documento politico da giocare se le richieste per limitare il numero dei deputati nominati non dovessero essere accolte. Avverte il bersaniano Miguel Gotor: «Ce la mettiamo tutta ma se il segretario non ci ascolta vuol dire che alla fine non voteremo l’Italicum. Non dico che votere- ROMA ● Il retroscena Summit con Di Maio da Casaleggio Quirinarie congelate I l ritorno ai territori, ai meet-up, all’«uno vale uno» da un lato e dall’altro la necessità — richiesta a gran voce non solo da parte della base ma anche da qualche fedelissimo — di scelte di peso, di «volti forti» in grado di catturare maggior appeal elettorale. I Cinque Stelle, dopo il post dello staff di Beppe Grillo sulle Regionali in Liguria («Non ci sono altre regole o salvatori della patria o nomi noti, per “vincere”») tornano a discutere. La preparazione della campagna elettorale, intanto, incombe già e ieri a Milano si è tenuto un vertice alla Casaleggio associati con — tra gli altri — Luigi Di Maio e il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque. «Questioni territoriali legate all’organizzazione del territorio», liquida la questione il vicepresidente della Camera all’uscita del meeting. Tuttavia è molto probabile che si sia discusso anche dell’argomento del giorno: le dimissioni di Giorgio Napolitano e, di conseguenza, la strategia da adottare in vista della scelta dell’elezione del futuro capo dello Stato. Punto fermo, si sa, le Quirinarie da svolgere in Rete, consultando gli attivisti. Ancora incerto, però, il metodo da adottare. L’idea che sembra prevalere è quella di aspettare le mosse di Matteo Renzi, senza scoprire le carte. Rispetto alla primavera 2013 l’atteggiamento è cambiato. E lo si può vedere anche dalle parole di Danilo Toninelli, che precisa all’agenzia Adnkronos: «Non facciamo nomi non perché siamo fermi sulle gambe ma perché è il sistema malato che non ce lo consente. Se li facciamo, ce li bruciano». Anche sulla data delle Quirinarie vige il massimo riserbo: possibile che la consultazione sia successiva all’ultima domenica di gennaio. Intanto, Beppe Grillo sarà a Roma giovedì prossimo, 22 gennaio, per partecipare a una iniziativa sul reddito di cittadinanza insieme a don Ciotti. Lì avrà l’occasione per testare con mano il puzzle sul destino del Quirinale. Emanuele Buzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso Liguria mo contro. Però...». L’ostacolo «quantitativo» rappresentato da Calderoli, dunque, sembra aggirabile con la tecnica del «canguro» (gli emendamenti seriali cadrebbero uno dopo l’altro) o magari perché l’esponente del Carroccio potrebbe fare forse parziale marcia indietro. Più delicato per il governo il problema «qualitativo» degli emendamenti presentati dalla minoranza del Pd che ha già schierato in aula una batteria di interventi di avvertimento ipercritici sull’Italicum; Massimo Mucchetti, Vannino Chiti, Miguel Gotor, Maurizio Migliavacca, Federico Fornaro e altri ancora hanno puntato sull’effetto di sistema che avranno la legge elettorale e la riforma del bicameralismo. Mucchetti ha spiegato che siamo davanti a «una politica del carciofo, a una mutazione genetica della forma di governo». Migliavacca ha insistito sul ripristino di un legame forte che ormai si è rotto tra eletti ed elettori: «E questo non si ottiene certo con l’aumento dei deputati nominati e non scelti dai cittadini». È dunque in preparazione un documento politico firmato da una trentina di senatori dem da sottoporre a Renzi nella riunione del chiarimento slittata a lunedì. Ma l’aria di rivolta non è poi così scontata. Pippo Civati 40% il tetto di voti da raggiungere per ottenere il premio di maggioranza al primo turno nel nuovo Italicum 3% la soglia di sbarramento prevista nella nuova versione dell’Italicum per le liste che corrono da sole In Aula Dall’alto, il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, il ministro Maria Elena Boschi e Luciano Pizzetti, sottosegretario (BenvegnùGuaitoli) va teorizzando che anche i bersaniani ora si stanno placando sulle riforme perché c’è una non tanto remota possibilità che pure l’ex segretario entri in gioco per il Quirinale. Segnali non amichevoli nei confronti del governo arrivano poi anche dalla minoranza di FI: i fittiani (40 parlamentari) minacciano di non seguire le indicazioni di voto di Berlusconi: alla Camera — dove continua la lenta marcia della riforma costituzionale che deve affrontare ancora più di mille vo- tazioni — Maurizio Bianconi ha addirittura chiesto «una commissione di inchiesta sul patto del Nazareno». Al Senato gli azzurri Bonfrisco e Minzolini si sono accodati a Sel, Lega e M5S per chiedere la sospensione dei voti sulle riforme in attesta che si elegga il capo dello Stato. Stessa richiesta alla Camera. A tutti, però, le presidenti Laura Boldrini e Valeria Fedeli (che da ieri sostituisce Grasso) hanno detto no. Dino Martirano 40 mila gli emendamenti alla nuova legge elettorale presentati a Palazzo Madama © RIPRODUZIONE RISERVATA Inchiesta sulle primarie ad Albenga E in un seggio arriva l’Anticrimine I garanti pd prendono tempo. Minacce a un collaboratore di Cofferati GENOVA Ancora fumata nera della commissione di garanzia per le primarie del centrosinistra in Liguria. Ieri i garanti si sono riuniti per esaminare 28 casi segnalati come irregolarità ai seggi e hanno aggiornato la seduta a domani «in mancanza di alcuni documenti richiesti e attesa la necessità di approfondimenti». A sottoporre ai garanti i casi sospetti e la presenza di flussi anomali di immigrati ai seggi sono i supporter di Sergio Cofferati, sconfitto dall’assessore regionale Raffaella Paita con 4.000 voti di distacco (29 mila a 25 mila). Mentre dal Pd nazionale arriva la richiesta, più o meno esplicita, di chiudere alla svelta la partita, a Genova la tensione è alle stelle. Ad aumentarla è arrivata la decisione della procura di Savona di aprire un fascicolo sulle primarie, relativo, sembra, al voto di circa 200 immigrati maghrebini nel seggio di Albenga. Il sospetto è che siano stati «ingaggiati» e abbiano anche ricevuto due o più euro per votare. E, se non bastasse, è filtrata ieri la notizia che il presidente del seggio genovese di Certosa — dove ha votato un alto numero di cittadini origi- La vicenda ● Raffaella Paita, 40 anni, dall’ottobre 2010 assessore alle Infrastrutture della Regione Liguria alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato alla presidenza della Regione ha sconfitto Cofferati con il 55 per cento ● Lo sfidante ha lamentato irregolarità nelle votazioni e la presenza di un numero anomalo di stranieri ai seggi. Le segnalazioni sono finite sul tavolo del Comitato dei garanti e della procura della Repubblica nari di Riesi, nella provincia di Caltanissetta — ha ricevuto la richiesta di investigatori impegnati nel campo della criminalità organizzata di visionare le liste dei votanti. Gli investigatori hanno posto alcune domande generali sulle modalità di voto e non ci sarebbe stata nessuna acquisizione di documenti — tutto quindi rientrerebbe in quella che si può definire un’attività informativa — ma il presidente del seggio ha preferito informare dell’acca- duto la segreteria del Pd. In questo clima sempre più rovente il rinvio della proclamazione ufficiale di Raffaella Paita quale vincitrice delle primarie e candidata ufficiale del centrosinistra per la presidenza della Regione sta facendo saltare i nervi ai suoi sostenitori. «Il comitato è inadempiente — ha attaccato ieri Arcangelo Merella, membro dello staff elettorale che ha convalidato la votazione di domenica scorsa — le regole dicono che la se- ❞ Lo staff di Paita La vittoria doveva già essere proclamata Non si può discutere il risultato Dopo la denuncia di Isabella Conti (Pd) Pressioni sul sindaco, commercialista nei guai Tra i nomi fatti ai magistrati da Isabella Conti, il sindaco di San Lazzaro (Bologna) che ha denunciato di essere stata minacciata perché intende bloccare la cosiddetta Colata di Idice, il maxi insediamento di 582 alloggi del valore di circa 300 milioni di euro, ci sarebbe anche quello del commercialista Germano Camellini, ex presidente del collegio dei revisori dei conti del Comune. I pm bolognesi vogliono verificare le posizioni di esponenti del Pd (il partito del sindaco Conti) e persone vicine alle coop e alle imprese coinvolte nel progetto edilizio, dai quali potrebbero essere partite pressioni. Camellini potrebbe essere interrogato. «Non ho mai minacciato nessuno. Spiegherò ai pm che ho agito come presidente dei revisori. Ero in Comune per la chiusura del bilancio e, saputo dell’idea di bloccare il progetto, ho suggerito di chiedere pareri legali» dice il commercialista. Oggi l’avvocato Tommaso Guerini, il suo legale, depositerà l’istanza per conoscere la posizione del suo assistito. © RIPRODUZIONE RISERVATA greteria politica doveva dichiarare la vittoria di Raffaella Paita subito, al massimo entro le otto di mattina del giorno successivo. Non c’è nessuna necessità di aspettare il responso dei garanti, i ricorsi eventualmente si fanno dopo ma il risultato del voto non può essere messo in discussione». Sembra che il comitato elettorale abbia anche valutato l’ipotesi di scrivere una lettera al comitato politico. La sensazione è che tutto ciò alla fine non faccia altro che avvelenare il clima intorno alla proclamazione di Paita. Intanto si deve registrare un episodio sgradevole, il collaboratore di Cofferati Andrea Contini ha ricevuto minacce di morte (vergate sulle cartoline elettorali dell’ex sindacalista e infilate nella buca delle lettere) e ha fatto denuncia alla Digos. «Credo — commenta Contini con filosofia — che qui qualcuno abbia perso la bussola. Ho ricevuto minacce in più fasi, le ultime sabato e ho fatto denuncia lunedì. Se avessi voluto strumentalizzare lo avrei detto prima. Ma credo veramente che ci si debba fermare». Erika Dellacasa © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 14 Primo piano L’Eurotower I giudici: la Bce può acquistare i titoli di Stato La Corte di giustizia Ue promuove le misure sui bond dei Paesi in difficoltà: piena discrezionalità Per Francoforte è una pietra miliare. I mercati scommettono sul «bazooka», euro e Btp ai minimi ● Lo studio Visco: l’economia illegale vale oltre 150 miliardi di Fabio Savelli P er ora siamo fermi al condizionale. A distanza di due anni dall’adozione del «rating di legalità» verrebbe da pensare che il «passaporto etico» per le imprese in regola sia stato finora confinato nel limbo delle dichiarazioni non tradotte in comportamenti fattuali. «Un contributo alla creazione di un contesto più trasparente — ha detto ieri in commissione Antimafia il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (foto) — potrebbe venire dal rating di legalità». L’inquilino di via Nazionale ha ricordato che un decreto del ministero delle Finanze prevede che le banche ne tengano conto nella concessione dei prestiti. L’imprenditore, l’amministratore, il direttore tecnico in regola (che non abbiano riportato sentenze di condanna e non siano stati soggetti di misure di prevenzione patrimoniale/personale) dovrebbero avere fino a tre «stellette», riconoscimento da esibire (e da rivendicare) nel rapporto con gli istituti di credito. Nelle parole del Governatore traspare la volontà di investire maggiormente su questo strumento, anche per contrastare «l’anomalia italiana» per la quale «i bonifici dall’Italia verso i paradisi fiscali sono di circa il 36% più elevati di quelli verso gli altri Paesi esteri». Un’anomalia che Visco correla alla criminalità organizzata (che così cela i proventi di furti e traffico di droga) e «all’opacità della legislazione finanziaria dei Paesi di destinazione». È un tasto dolente questo per Visco (la stessa tesi era stata evidenziata anche in un’altra recente apparizione pubblica alla presenza dei procuratori aggiunti di Milano e Roma) perché si traduce in «un deficit di credibilità» e in una perdita secca di investimenti diretti dall’estero quantificabile in 16 miliardi di euro negli ultimi sette anni. D’altronde secondo il titolare di Palazzo Koch l’economia illegale «pesa per il 10% del Prodotto interno lordo». Cioè circa 150 miliardi. fabiosavelli © RIPRODUZIONE RISERVATA L’acquisto illimitato di titoli di Stato attraverso il programma Omt, annunciato (ma finora mai usato) dal presidente della Bce Mario Draghi nell’estate del 2012 per salvare l’euro, è compatibile «in linea di principio» con i trattati europei, «se vengono rispettate alcune condizioni», e rientra dunque nel mandato di politica monetaria della Bce. E’ il parere dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea, Pedro Cruz Villalón, che dà un sostanziale via libera al Quantitative easing (QE) in stile americano, cioè l’acquisto massiccio di bond, debito sovrano incluso, che la Bce prepara da mesi e potrebbe essere votato già giovedì prossimo a Francoforte, quando si riunirà il Direttorio dell’Eurotower. Il parere dell’Avvocato generale non è vincolante, ma di solito viene seguito dalla Corte di giustizia. Perciò, anche se bisognerà aspettare alcuni mesi per la sentenza, sembra ormai caduto l’ostacolo legale che avrebbe potuto frenare l’azione di Draghi. Da qui la reazione immediata sui mercati: l’euro è sceso al livello più basso da oltre 9 anni, giù fino a 1,1727 sul dollaro, anche se poi in serata è tornato sopra quota 1,18, mentre il rendimento dei Btp decennali ha toccato il minimo storico dall’introduzione della moneta comune, all’1,71%, per poi chiudere a 1,74% con lo spread intorno a 130 punti. I Bund tedeschi a 5 anni sono tornati negativi. Ovvia l’esultanza all’Eurotower, che definisce il parere «una pietra miliare», precisando che l’Omt è «pronto e disponibile». L’opinione di Villalón chiarisce che «la Bce è la sola responsabile della definizione e dell’implementazione della politica monetaria», valuta Yves Mersch, membro del comitato esecutivo della Bce. Attraverso il portavoce del ministro delle Finanze Wolfgang Il caso di Mario Sensini L’arsenale della Bce La caduta dell'euro sul dollaro La discesa del rendimento del Btp decennale 1,365 2,9 1,3 2,5 IERI IERI 1,728% 1,1807 2 1,185 1,75 lug. ago. set. ott. nov. dic. gen. 2014 lug. ago. set. ott. nov. dic. gen. 2015 2014 2015 L’arsenale di Mario Draghi TLTRO COVERED A settembre BOND e a dicembre A ottobre la Bce la Bce ha cominciato ha lanciato ad acquistare due aste di covered bond, prestiti cioè obbligaalle banche zioni bancarie a un tasso garantite dello 0,15%, ABS con scadenza La Bce ha a 4 anni, cominciato vincolati ad acquistare alla concessione Abs, cioè titoli di credito cartolarizzati dalle banche che impaccheta imprese e tano mutui e famiglie prestiti bancari (ma non per a famiglie e mutui) imprese QE Il Quantitative easing (QE), è l’acquisto massiccio di titoli di Stato e corporate bond (obbligazioni aziendali) da parte della Bce. È l’arma finale per riportare il livello dell’inflazione nell’eurozona al 2%. Oggi è a -0,2% d’Arco -0,2 per cento l’indice dei prezzi a fine anno nell’eurozona Schäuble, Berlino si limita a dire che il parere dell’Avvocato generale della Corte di giustizia europea porta «chiarezza» e «mette in rilievo la posizione di fondo del governo tedesco». All’attacco, invece, va il presidente dell’istituto tedesco Ifo, Hans-Werner Sinn, da sempre contrario e allineato con i 37 mila tedeschi che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale di Karlsruhe definendo l’Omt illegittimo: dà «carta bianca alla Bce», così «si rischia di precipitare la zona euro in una grave crisi costituzionale», visto che il parere «ha clamorosamente contraddetto la Corte costituzionale tedesca». Di fatto, nelle sue conclusioni, Villalón non solo legittima lo scudo antispread promesso da Draghi nel luglio 2012, quando in piena crisi dei debiti sovrani disse che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile (il ce- Le banconote Italia, (quasi) addio ai tagli da 500 euro In Italia il numero di biglietti da 500 euro «è crollato», le banconote da 500 e 200 euro «sono sostanzialmente sparite» e quelle da 100 «si stanno riducendo». Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo dinanzi alla commissione Antimafia. © RIPRODUZIONE RISERVATA lebre «whatever it takes») per salvare la zona euro, ma rafforza l’indipendenza dell’Eurotower, che deve «godere di un ampio margine di discrezionalità». La motivazione? Ai tribunali manca «la specializzazione e l’esperienza di cui dispone la Bce», che perciò «deve godere di un ampio margine di discrezionalità nella programmazione e nell’esecuzione della politica monetaria della Ue. E il programma Omt «è una misura non convenzionale di politica monetaria». Anche se deve rispettare «determinate condizioni», ad esempio il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri e specificamente il principio di proporzionalità. Tolto di mezzo lo scoglio legale, l’ultimo ostacolo è rappresentato dall’opposizione in casa guidata dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Ma la Bce può prendere le sue decisioni a maggioranza. Giuliana Ferraino @16febbraio La vicenda ● L’Omt è il programma della Bce per comprare sul mercato secondario titoli del debito pubblico dei Paesi dell’eurozona ● La Corte costituzionale tedesca, dopo aver ricevuto 37 mila petizioni di cittadini tedeschi per dichiararne l’illegalità, ha rinviato la questione alla Corte di giustizia Ue © RIPRODUZIONE RISERVATA Effetto flessibilità, 5 miliardi in più Il piano a Bruxelles tra un mese Sul tavolo della Commissione prima dell’esame europeo di marzo Più tempo per arrivare al pareggio di bilancio, e più soldi da spendere già quest’anno nelle infrastrutture. La decisione della Commissione di rendere più flessibili le regole europee sui conti pubblici apre da subito nuove possibilità per il governo italiano. Restando sempre sotto il tetto del 3% di deficit, e garantendo quest’anno una sua correzione dello 0,25% in termini strutturali e non dello 0,5 come la vecchia regola, il solo rafforzamento del piano delle riforme permetterebbe di spostare oltre il 2017 (anche al 2019) l’equilibrio dei conti. Al pareggio, dunque si potrebbe arrivare con più calma, senza manovre correttive pesanti. Ma già quest’anno, poi, ci sarebbe la possibilità di spendere almeno 4-5 miliardi in più, senza che questi abbiano un impatto negativo sulla ROMA spesa, e dunque sul deficit. E per poter sfruttare al meglio i nuovi margini concessi da Bruxelles, il ministero dell’Economia si è messo subito al lavoro. Il primo obiettivo è aggiornare il Piano delle riforme, rafforzarlo, ad esempio con l’attuazione della delega fiscale, ed anticiparlo a fine febbraio. Normalmente il Piano viene inviato a Bruxelles ad aprile insieme al Def e all’aggiornamento del Programma di Stabilità, ma stavolta è importante che la Commissione lo valuti prima del nuovo esame, previsto a marzo. Le riforme potranno essere tenute in conto «ex ante» purché siano attuate, ben specificate, inserite in un calendario puntuale ed abbiano «un impatto verificabile». Per ciascuna, il governo dovrà dimostrare un impatto positivo sul potenziale di crescita, eventuali risparmi diretti di spesa o nuove entrate, ed il lavoro è già iniziato. Se l’effetto è positivo, sarà possibile «deviare» temporaneamente dal percorso che porta al pareggio di bilancio, oggi previsto nel 2017. Con la nuova impostazione, anche per l’Italia sarà poi possibile la deroga sugli investimenti, finora preclusa per via del debito sopra al 60% del Prodotto interno lordo. I contributi statali al Fondo Juncker per gli investi- menti saranno considerati «una tantum» e non impatteranno sul deficit. Come la quota dei finanziamenti nazionali che affiancano quelli Ue. Per l’Italia nel 2014 potrebbe significare 5 miliardi di investimenti pubblici aggiuntivi. Per il Financial Times la nuova posizione di Bruxelles «è un aiuto sostanziale per la promozione dei conti italiani», per Le Monde addirittura «un regalo a Renzi». Di certo l’Italia Al Senato Prestiti agli over 60 proprietari di casa La commissione Finanze del Senato ha dato il via libera al prestito vitalizio ipotecario. Si tratta di una forma di finanziamento che consente al proprietario ultrasessantenne di un immobile di convertire parte del valore in liquidità. Per l’approvazione definitiva il testo passa all’assemblea del Senato. ne beneficia, come è sicuro, si dice al Tesoro, che fosse uno dei Paesi più penalizzati dal rigido quadro precedente, che sottovalutava gli effetti negativi della recessione. Anche per questo al ministero sono molto soddisfatti del nuovo approccio al problema. Si riconosce, come sosteneva il Tesoro, che in tempi di forte recessione, o quando l’economia viaggia molto al di sotto del suo potenziale, come in Italia, gli sforzi di risanamento siano meno pesanti. Dallo 0,5 strutturale, per noi, si passa allo 0,25%. La medaglia, però, ha anche un’altra faccia: nei periodi di congiuntura positiva, o quando quella differenza sul potenziale sarà ridotta, la correzione dei conti dovrà esser più pesante di quella prevista oggi. Non più 0,5, ma tra 0,75 e 1% di Pil. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 15 LA BANCA CENTRALE IL PRESIDENTE Draghi, la ferita dei sospetti tedeschi «Mio padre mi insegnò il rigore» I colleghi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il 22 gennaio, la Banca centrale europea diventerà maggiorenne. Ha poco meno di 17 anni — è nata il 1° giugno 1998 — ma sta per lasciare la famiglia dei tutori e diventare indipendente. Mario Draghi, il suo presidente, la sta portando verso la maturità di chi risponde a se stesso e non alla volontà della madre più ingombrante, si chiami pure Germania, o della madre naturale, sia essa l’Italia: questo passaggio lo ha spiegato, difeso ed esaltato in una lunga intervista che viene pubblicata oggi da uno dei giornali più influenti della Germania, il settimanale Die Zeit. Parole rivolte innanzitutto all’opinione pubblica tedesca che spesso lo sospetta di essere un «agente italiano» nel corpo della banca dei 19 membri dell’Eurozona. Un’accusa, dice, che lo ferisce. Giovedì prossimo, appunto il 22 gennaio, il Consiglio dei governatori della Bce deciderà quasi certamente di dare il via al tanto chiacchierato Quantitative Easing (QE) sovrano, cioè all’acquisto massiccio di titoli pubblici di tutti i Paesi dell’euro. Potrà essere fatto in diversi modi: si vedrà. Di certo, sarà un passo fondamentale sotto due aspetti. Il primo, di merito, consiste nel fatto che si tratta dell’intervento praticamente di ultima istanza, nel senso che poi non ce ne sono altri, per dare un colpo forte alle aspettative di deflazione, cioè di calo dei prezzi, che se diventassero stabili e di lungo periodo schiaccerebbero per anni a venire la crescita economica dell’area euro. Con conseguenze gravi anche sul piano politico. Il secondo, di metodo ma non meno rilevante, è questo: nonostante politici, economisti e opinione pubblica della Germania siano contrari al QE sovrano e nonostante la Germania sia l’azionista più rilevante della banca centrale, la Bce darà la massima prova di indipendenza decidendo a maggioranza (quindi non all’unanimità), pensando agli interessi dell’intera Eurozona, non a quelli di un Paese o dell’altro. Nell’intervista a Die Zeit, Draghi dice di essere ferito dall’etichetta di «agente» dell’Italia, di non accettarla ma di volere rispondere con i fatti. E il fatto è che il mandato della Bce è quello di garantire la stabilità dei prezzi, la quale al momento non c’è. Se infatti il target è un’inflazione annua inferiore ma vicina al 2% e al momento è invece negativa per lo 0,2% (a dicembre, anche a causa del crollo del prezzo del petrolio), la differenza è di almeno due punti percentuali: se questo scostamento fosse all’insù, nessuno avrebbe da criticare un aumento dei tassi d’interesse; se è all’ingiù, vale la stessa regola, solo che i tassi sono già a zero e quindi servono anche misure non convenzionali, ad esempio l’acquisto di titoli dello Stato come forma di creazione di liquidità. Nell’intervista, I maestri BERLINO ● Ben Bernanke, nato nel 1953,ha guidato la Fed, la banca centrale statunitense, durante la crisi del 2007/2009 e fino a inizio 2014. Artefice di una politica monetaria decisamente accomodante, ha portato i tassi americani vicino allo zero e ha messo a punto una lunga serie di acquisti di titoli di Stato, il «quantitative easing» di cui ora si parla in Europa. Ha studiato al Mit con Draghi ● Paul Krugman, classe 1953, è un economista e saggista statunitense. Docente all’università di Princeton, ha vinto il Premio Nobel per l’Economia nel 2008. La filosofia economica di Krugman può essere descritta come neokeynesiana, favorevole a un maggiore intervento dello Stato. Anche lui, come Bernanke e Draghi, ha studiato al Mit di Boston Francoforte Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Giovedì prossimo i vertici dell’istituto si riuniscono per decidere sull’acquisto di titoli di Stato Draghi spiega che «il rischio di una deflazione è ancora basso ma maggiore di un anno fa»: le aspettative di inflazione dell’anno a venire erano storicamente in media dell’1,77%, nel 2013 sono scese all’1,08% e ora sono allo 0,37%. E la stessa caduta delle attese si verifica sui cinque e sui dieci anni prossimi. Sulla base di questi numeri, il presidente della Bce dice che la scelta del QE è fatta per l’intera Eurozona, non per favorire Paesi economicamente deboli (ad esempio l’Italia) o per punire i risparmiatori tedeschi che non amano i tassi troppo bassi. Ammette di non essere riuscito ancora a spiegarlo a tutti ma ribadisce che non è questione di premiare uno o punire l’altro. Tutti sanno, dice, che nell’Eurozona questo è il momento L’intervista L’anticipazione, ieri sul sito internet di «Die Zeit», dell’intervista al presidente della Bce Mario Draghi, pubblicata integralmente nel numero del settimanale tedesco oggi in edicola. Draghi conferma la sua determinazione per l’acquisto di titoli di Stato ❞ ❞ I prezzi Il rischio di una deflazione è ancora basso, ma maggiore di un anno fa. L’euro? È irreversibile ❞ Le mosse La Banca centrale europea non ha possibilità di azioni illimitate in vista del direttivo del 22 gennaio per «una politica monetaria espansiva che accompagni la crescita». E aggiunge che tutti i membri del Consiglio dei governatori della Bce sono interamente d’accordo con la necessità di realizzare il mandato di stabilità dei prezzi (il quasi 2%). Qui si apre un nodo importante. Giovedì prossimo, tra i membri del Consiglio — 19 governatori nazionali e sei membri del Consiglio esecutivo — qualcuno voterà contro: quasi certamente due tedeschi — Jens Weidmann e Sabine Lautenschläger — e probabilmente altri. Draghi ammette la presenza di opinioni diverse su come realizzare il mandato alla stabilità ma, aggiunge, le differenze dovrebbero essere limitate: «non abbiamo a disposizione possibilità infinite». Si vedrà il 22. Fatto sta che l’intervista rientra nelle iniziative di preparazione del terreno per le scelte di grande rilievo che la Bce farà quel giorno. Argomentazioni rivolte soprattutto alla Germania, sospettosa di quello che accadrà: ancora ieri, il ministro delle Finanze di Berlino Wolfgang Schäuble ha sostenuto di non vedere pericoli di deflazione. Draghi dice di avere un buon rapporto di lavoro con Angela Merkel, anche se non lo definirebbe un’amicizia. E sa che anche in Italia e in altri Paesi europei ci sono pregiudizi nei confronti della Germania. Ma si rivolge anche ai governi del Sud del continente, per dire che la politica monetaria da sola non basta, che servono le riforme e che il tutto funziona solo se aumenta la produttività e non si crea un livello insostenibile di indebitamento. Il tutto in un quadro di L’istituto è responsabile non solo per un Paese, ma per 19. La Banca non si muove né per premiare l’Italia né per punire la Germania. Questo il messaggio che ancora deve passare a Berlino euro «irreversibile»: realtà positiva anche per Paesi come la Grecia, che se dovesse abbandonarlo dovrebbe comunque fare le stesse riforme e in più, a causa della svalutazione, dovrebbe alzare i tassi d’interesse e probabilmente soffrire ancora più di oggi. Un Draghi europeo che non rinnega di essere italiano, di avere studiato negli anni della contestazione studentesca romana (con convinzioni liberalsocialiste) e di tornare volentieri in Italia. Ma che allo stesso tempo ha in mente prospettive più ampie. Grazie alla vita non sempre facile. Al padre che parlava tedesco quasi come l’italiano e che gli ha insegnato il valore del «duro lavoro» e del seguire le proprie convinzioni «con coraggio». Grazie agli studi in America, all’Mit con cinque professori Premi Nobel per l’Economia: Franco Modigliani, Paul Samuelson, Bob Solow, Robert Engle, Peter Diamond. E al fianco di studenti come Paul Krugman, altro Nobel, e Ben Bernanke, presidente dell’americana Fed fino a pochi mesi fa. Italiano, europeo, internazionale anche a costo di portarsi dietro da un paio di decenni il nomignolo «Mister Qualchealtroposto». Torna in Italia quando il lavoro alla Bce è finito. Viaggia perché questo è il compito del presidente della seconda banca centrale del mondo. Ma considera Francoforte, sede della banca, il centro della politica monetaria e finanziaria dell’Europa e la sua posizione un lavoro da portare fino in fondo, tanto da rifiutare ogni possibilità di succedere a Giorgio Napolitano in Italia. Tutto nonostante le critiche che gli arrivano da destra e sinistra (non si vincono elezioni evocando il suo nome, lo sa). La settimana del passaggio alla maturità e alla piena indipendenza della Bce è iniziata. Draghi sta per fare il passo: vuole che funzioni. Danilo Taino @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Federico Caffè, economista nato nel 1914 e scomparso nel 1987, fu uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia. Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli. Draghi è stato allievo di Caffè durante i suoi studi all’università La Sapienza ● Franco Modigliani, nato nel 1918 e scomparso nel 2003, ha vinto il Premio Nobel per l’Economia per «le pionieristiche analisi sul risparmio e sui mercati finanziari». Nato a Roma in una famiglia dell’alta borghesia ebraica, aveva lasciato l’Italia a vent’anni dopo l’emanazione delle leggi razziali. Ha vissuto per decenni negli Stati Uniti, dove ha insegnato al Mit 16 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 17 Primo piano Recessione e tasse Consumi fermi, l’inflazione torna indietro al 1959 Spinta alla deflazione per quest’anno dopo il magro +0,2% dei prezzi nel 2014. Debito a 2.160 miliardi Nel 2014 l’inflazione è ai minimi storici (+0,2%), mai così bassa dal 1959, un punto percentuale in meno rispetto al 2013. La situazione è determinata dal calo prolungato dei costi delle materie prime, soprattutto energetiche, e dei beni di importazione, che si aggiunge alla persistente debolezza della domanda di consumi delle famiglie. E se il mese di dicembre vede il tasso registrare una variazione «zero», il 2014 consegna al nuovo anno un’eredità che rischia di trascinare il 2015 in deflazione. Se i consumi sembrano ridotti all’osso, a novembre il debito pubblico, secondo Bankitalia, continua a lievitare (+2,6 miliardi) toccando i 2.160 miliardi, mentre le entrate tributarie rimangono pressoché in- ROMA Il futuro ● Nel 2014 l’inflazione è rimasta ferma a un più 0,2%. ● Nel 2015, se nel corso dell’anno si verificheranno variazioni congiunturali nulle, si arriverà a un tasso di crescita negativo dello 0,2%, in piena deflazione Il caso di Corinna De Cesare Dicembre 2013-dicembre 2014, variazioni percentuali tendenziali 0,8 0,7 0,7 0,7 0,6 0,6 0,5 0,5 0,5 0,4 0,4 0,3 0,3 0,2 0,1 0 -0,1 -0,2 0,1 dic gen 2013 feb mar apr mag giu 0,2 0,1 -0,1 lug ago 2014 set 0 -0,2 ott nov Fonte: Istat Dopo i tagli le addizionali regionali al massimo to permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza». Che hanno il compito di monitorare l’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari delle Regioni. E così, ha fatto sapere il Tesoro con una nota consultabile sul suo sito Internet, «per l’anno d’imposta 2014, nella suddetta Regione, si sono rea- Più autonomia Quest’anno viene ampliata al massimo l’autonomia tributaria delle Regioni lizzate le condizioni per confermare l’applicazione automatica delle maggiorazioni dell’aliquota dell’Irap nella misura di 0,15 punti percentuali e dell’addizionale regionale Irpef, nella misura di 0,30 punti percentuali». E nelle altre Regioni? Per ora, come ha evidenziato uno studio degli artigiani di Mestre, dic d’Arco variate (31,3 miliardi pari al +0,4% rispetto allo stesso mese del 2013). Volgendo lo sguardo all’area Ocse, i consumi privati hanno guidato l’incremento del Prodotto interno lordo nel terzo trimestre del 2014 (+0,6%) ri- Aliquota al 3,33%. Piemonte al top In Lombardia gli sgravi più alti MILANO Alla fine si torna sempre alla metafora della coperta troppo corta: quest’anno le Regioni subiranno una riduzione delle risorse erogate dallo Stato di 3,5 miliardi di euro. E come faranno mai gli enti regionali a compensare questo mancato flusso in arrivo da Roma? La risposta sta nel decreto legislativo 68 del 2011 sul federalismo regionale e in altri leggi, che per quest’anno, come spiegano i tecnici della Cgia di Mestre, ampliano al massimo l’autonomia tributaria delle Regioni. Nel caso specifico, per l’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Se nel 2012 e nel 2013 l’aliquota massima consentita arrivava fino all’1,73% e nel 2014 saliva al 2,33%, da quest’anno gli enti locali potranno applicare un’aliquota fino al 3,33%. Non solo, perché in un guazzabuglio di leggi in materia di federalismo fiscale, alcune Regioni in deficit sanitario che non raggiungono alcuni obiettivi di rientro, non solo possono, ma devono aumentare le tasse. Con un’aggravante: «se il deficit sanitario è particolarmente grave — spiega la Cgia — le Regioni sono obbligate a un piano di rientro, mancato il quale scattano ancora le aliquote dell’addizionale regionale di un ulteriore 0,3 per cento oltre la misura massima prevista dalla legislazione vigente». In un cortocircuito in cui gli enti locali inadempienti vengono sì penalizzati, ma a danno dei portafogli dei cittadini. Il Molise ad esempio, arrivato ad ottobre 2014 con un esercizio 2013 che aveva mancato alcuni obiettivi, è stato «bocciato» dal «tavolo per la verifica degli adempimenti e il comita- che segue il calo dello 0,2 di aprile-giugno. Se i consumi privati hanno fornito un limitato apporto positivo (+0,1%), le principali voci che hanno causato la contrazione della nostra economia sono stati investimenti (-0,2%), spesa pubblica e riduzione delle scorte. Tornando alle stime preliminari dell’Istat, i prezzi dei prodotti, influenzati dal calo del costo dei carburanti, «hanno segnato forti rallentamenti nella crescita o diminuzioni in quasi tutti i comparti — spiega l’Istituto — incluso quello alimentare, caratterizzato nei tre anni precedenti da elementi di rigidità». In questo quadro di bassa inflazione, «soltanto alcuni comparti dei servizi con una forte componente regolamentata hanno continuato a L’andamento dei prezzi sono solo cinque i governatori che hanno modificato le addizionali Irpef ma con un numero di contribuenti che rappresenta il 41,4% del totale nazionale. Le Regioni interessate sono Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia e Piemonte. Escluso dall’analisi il Lazio che, seppur in una seduta notturna di consiglio del 30 dicembre ha approvato una superaliquota del 3,33% si è riservato di presentare, entro aprile, un’ulteriore legge regionale per esentare i redditi più bassi. Ma per le altre cinque Regioni, gli aumenti scatteranno a partire da quest’anno con le trattenute a decorrere dal 2016: in generale per i lavoratori dipendenti il pagamento sarà detratto dalle buste paga nel conguaglio di fine anno mentre per i lavoratori autonomi la spesa sarà da mettere in conto durante la dichiarazione dei redditi. Gli aumenti, come si legge nel grafico, vanno dai 32 ai 38 euro dell’Abruzzo con un rincaro che varrà per quasi tutti i livelli di reddito, fino a toccare i spetto al periodo aprile-giugno (+0,4), in particolare nell’economia Usa (+1,2%) e in quella inglese (+0,6). Quadro ribaltato, secondo l’Ocse, in Italia: da noi, infatti, il Pil sempre nel periodo luglio-settembre 2014 ha visto una flessione dello 0,1% Dati in euro 2014 Reddito Abruzzo 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 50.000 60.000 E. Romagna 100.000 Il ministro Giuliano Poletti 2015 Lombardia Piemonte 314 306 246 264 350 346 296 275 264 350 397 408 308 343 456 433 393 366 343 456 La vicenda 481 519 419 425 566 519 491 466 424 575 568 606 606 511 682 606 593 582 510 712 654 692 692 598 797 692 694 697 596 850 827 865 865 771 1.028 865 897 928 768 1.125 1.038 1.000 1.110 1.038 80.000 Liguria 1.346 1.211 1.384 1.333 1.692 1.160 1.384 1.624 1.730 1.730 2.027 944 1.038 1.730 2.090 Fonte: Elaborazione Ufficio Studi CGIA 941 1.290 1.287 1.636 1.635 1.260 1.428 1.724 2.093 2.190 2.759 d’Arco 1.560 euro in più per i redditi più elevati della Liguria dove i contribuenti con più di 25 mila euro si troveranno invece a pagare 58 euro di differenza rispetto all’anno precedente. In Partite Iva, nuove soglie o forfait al 5% conferma che il governo correggerà il tiro sulla tassazione per le partite Iva, appena cambiata con la legge di Stabilità. Due le ipotesi. La prima, avanzata dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, è la reintroduzione delle vecchie regole (forfait del 5% sotto i 30 mila euro di fatturato) per i giovani under 35 anni o per i primi cinque anni di attività. Un sistema che andrebbe in parallelo alle soglie differenziate per tipo di attività introdotte un mese fa e che potrebbe entrare in un © RIPRODUZIONE RISERVATA Irpef, così gli aumenti Le ipotesi sul tavolo del governo ROMA Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sostenere l’inflazione». Per questi motivi nel 2014 il «carrello della spesa», sottolinea l’Istat, è in «netta decelerazione» rispetto al 2013: per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, il tasso scende addirittura in deflazione a dicembre (-0,2% dal +0,4% di novembre), mentre nella media del 2014 si registra una netta frenata al +0,3% dal +2,2% dello scorso anno. E nel 2014 un contributo importante al rallentamento dell’inflazione arriva anche dai prezzi degli alimentari lavorati. Se nel corso del 2015 si dovessero verificare variazioni congiunturali nulle, l’Istat ipotizza un’inflazione ancora con il segno negativo (-0,2%). Francesco Di Frischia emendamento al decreto legge Milleproroghe. La seconda ipotesi, contenuta in una risoluzione del Pd, è rivedere da capo soglie e aliquote per alcune categorie. Oggi il governo presenterà i suoi emendamenti alla riforma della pubblica amministrazione. Il ministro Marianna Madia conferma l’intenzione di «snellire i procedimenti» disciplinari, aggiungendo che per gli statali, in caso di licenziamento, il reintegro è la regola generale. L. Sal. © RIPRODUZIONE RISERVATA Piemonte l’incremento Irpef comporterà un inasprimento della tassazione significativo da 30 mila euro in su: se per i redditi più bassi infatti l’aumento sarà pari a zero, per quelli oltre la soglia dei 30 salirà gradualmente dai 9 fino a 2.500 euro (per la fascia 300 mila). Secondo questo studio della Cgia, le tasse saliranno soprattutto per i contribuenti con redditi medio alti. In particolar modo in Lombardia dove fino ai 100.000 euro (di reddito imponibile Irpef) non si avvertirà alcuna differenza rispetto all’anno scorso e anzi in alcuni casi potrebbe esserci anche un decremento Irpef. Idem per l’Emilia Romagna dove nelle fasce più basse si pagherà fino a 28 euro in meno. corinnadecesare © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Sono cinque le Regioni che hanno modificato le addizionali Irpef. A dirlo la Cgia di Mestre con uno studio che rileva che, ad esclusione della Lombardia, gli aumenti per il 2015 interesseranno i contribuenti con redditi medio-alti ● In linea generale, gli incrementi di imposta scatteranno per i redditi con più di 40.000 euro: se in Abruzzo il rincaro sarà di 38 euro e varrà per quasi tutti i livelli di reddito, in Emilia Romagna i redditi sino a 39.000 euro addirittura ci guadagnano ● In Liguria i contribuenti con più di 40.000 euro si troveranno un aumento di 5 euro, fino a toccare i 1.560 euro in più per i più ricchi Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 18 # Esteri Il video di Al Qaeda: «A ordinare l’attacco il capo Al Zawahiri» Il gruppo ● Dopo la morte di Osama bin Laden, l’organizzazione terroristica fondamentalista Al Qaeda è guidata dall’egiziano Ayman al Zawahiri (foto sopra), uno degli uomini più ricercati del pianeta ● Il gruppo islamista è suddiviso in diverse diramazioni sovranazionali ● La più importante è l’Aqip, cioè Al Qaeda nella Penisola Arabica, che ha i suoi centri di comando nello Yemen La filiale yemenita si attribuisce la strage di Parigi Un arresto negli Usa: preparava attentato al Congresso WASHINGTON Al Qaeda nella penisola arabica ha rivendicato con un video la battaglia di Parigi. Il dirigente Nasr al Ansi ha salutato gli «eroi della Jihad individuale», Said e Cherif Kouachi, e promesso «nuovo terrore». Minacce che hanno spinto ad innalzare la guardia. Gli Usa hanno annunciato l’arresto di un ventenne nell’Ohio pronto a colpire il Congresso. Un aspirante attentatore incastrato da un agente provocatore dell’Fbi. Il video fissa alcuni punti che dovranno ora essere verificati da chi indaga. L’attacco è stato pianificato, diretto e finanziato da tre distinte figure: Osama bin Laden, Ayman al Zawahiri, attuale leader della Qaeda-Centrale, e Anwar al Awlaki, referente per molti militanti occidentali ed eliminato nel 2011 da un drone Usa. Un riferimento per avvalorare l’idea di un’ope- Il giornale di Elisabetta Rosaspina I dubbi È legittimo chiedersi perché abbiano atteso così tanto tempo prima di agire dei fratelli Kouachi nello Yemen nel 2011, una missione usata per un rapido training e un contatto con Al Awlaki. Ambienti della sicurezza statunitense hanno sostenuto che uno dei terroristi sarebbe tornato in Francia con 20 mila euro, denaro poi usato per gli attentati. Indiscrezione che confermerebbe la versione di Al Qaeda. Lo scenario che si prospetta — ma che dovrà essere verificato — è il seguente. I Kouachi si recano nello Yemen, li preparano in modo veloce, li rimandano in Francia con le risorse necessarie e la raccomandazione a non creare sospetti. In realtà la polizia li tiene d’occhio almeno fino a questa estate, gli americani li inseriscono nella lista nera. Dunque sono nella rete, ma riescono a uscirne. Quindi si lanciano nel raid che realizza la strategia elaborata a Rivendicazione Il video che rivendica la strage di Parigi: Nasr al Ansi proclama «eroi» i fratelli Kouachi partire dal 2010 da Osama: basta piani grandiosi, meglio i «piccoli attacchi». Il quadro è plausibile, ha un suo filo storico, però è legittimo chiedersi perché abbiano atteso così tanto tempo prima di agire. Dal 2011 al 7 gennaio è un’eternità, potevano essere scoperti e solo gli errori nella sorveglianza lo hanno impedito. Non hanno mai comunicato in questi anni con lo Yemen? O hanno gabbato i controlli usando dei corrieri? C’è stato un or- dine d’attacco? Quanto alla rivendicazione ritardata due ipotesi. La prima, sposata da alcuni esperti, è scontata: i qaedisti vogliono far propria la «vittoria» e usano nomi famosi anche per rispondere alla concorrenza del Califfo. Altri ritengono invece che la fazione sia responsabile, unita da un vincolo leggero con gli esecutori, bombe umane padrone del loro timer. Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA Code all’alba di fronte alle edicole «Charlie» vende 5 milioni di copie Su eBay il settimanale scambiato per migliaia di euro. Air France lo distribuisce ● L’altra, in ordine di importanza, è l’Aqmi, ovvero Al Qaeda nel Maghreb islamico, con «sedi operative» e distaccamenti in Paesi come l’Algeria, la Libia e altri dell’area sahariana e subsahariana come il Mali ● Infine, nei Paesi del Levante travolti dalla guerra civile, come la Siria e l’Iraq, Al Qaeda è rappresentata dal gruppo fondamentalista Al Nusra, attualmente impegnato in una sanguinosa battaglia con il regime di Bashar Assad, che ancora controlla la regione di Damasco, e il governo di Bagdad, attualmente in mano agli sciiti razione elaborata nel tempo e secondo linee gerarchiche, anche se affidata a «lupi solitari». Nel filmato, Al Ansi spiega che l’assalto portato da Amedy Coulibaly è stata una coincidenza, un gesto di un «fratello mujahed». Sottolineatura che confermerebbe la differente affiliazione del killer, dichiaratosi membro dell’Isis e celebrato ieri da un video diffuso dal movimento del Califfo. Le parole dell’islamista risalgono un sentiero investigativo ritenuto attendibile dall’intelligence Usa. Intanto c’è il viaggio DALLA NOSTRA INVIATA PARIGI Charlie Hebdo non è morto, come speravano i fratelli Kouachi. Ma di sicuro è esaurito: già alle 5 e mezza di ieri mattina, nelle edicole degli aeroporti parigini. Ed entro le due o tre ore successive non c’era più una copia disponibile nel resto della Francia. Un edicolante di Pigalle si è spaventato quando ha visto cento persone piantonare all’alba la sua rivendita e, conscio di non aver copie per tutti, ha preferito rinviare l’apertura per attendere la dispersione spontanea della folla e scongiurare risse. In Italia il numero del dopo tragedia, abbinato a Il Fatto Quotidiano, era già irreperibile dopo le 7 e 30. «Se possiamo far rivivere la carta e i chioschi di giornali, e tramite loro Charlie Hebdo, allora abbiamo vinto», si è rallegrato Luz, au- tore della copertina del Maometto triste, che sarà stampata in 5 milioni e 370 mila esemplari. Ieri ne era arrivata un’avanguardia di «appena» 700 mila copie ai giornalai scatenando l’isteria da accaparramento. Crolla il record di FranceSoir, che aveva tirato 2 milioni e 300 mila copie alla morte del gene- rale de Gaulle. Una pensionata in coda giurava di voler fare incetta per solidarietà verso i caricaturisti assassinati. Ma non tutti erano animati da elevati sentimenti: poche ore dopo le prime copie erano già all’asta su eBay, con altri vecchi numeri, a prezzi oscillanti tra i 300 e i 130.000 euro (250.000 per il nuMascotte Il cocker spaniel, chiamato Lila, mascotte di Charlie Hebdo: il giorno della strage era in redazione mero 1 del 23 settembre 1970). «Un comportamento indecente», si è indignata la segreteria di Reporters sans Frontières. Ma anche un dubbio investimento per gli acquirenti: i camion faranno per giorni la spola tra la tipografia e i chioschi francesi rifornendoli di copie a tre euro l’una, e già oggi le quotazioni crolleranno. L’Istituto nazionale della proprietà intellettuale ha rifiutato di registrare il marchio «Je suis Charlie» che una cinquantina di azienda cercava di assicurarsi. «Attenzione ai crotali che fanno collette a nome nostro — avverte l’articolista Patrick Pelloux —. Meglio abbonarsi». E in effetti le sottoscrizioni sono passate da 10 mila a 120 mila. Charlie Hebdo ora cerca casa. «Non torneremo nella vecchia redazione», informa l’avvocato Richard Malka. Le Monde offre dei locali, ma occorre soddisfare i requisiti di sicurezza. Non tutti hanno perdonato. «Insultante — è il commento del Gran Muftì di Gerusalemme riferito alla caricatura del Profeta — così si offendono due miliardi di musulmani». Stessa reazione dall’Iran, mentre in Turchia sono stati bloccati i siti che riproducono la vignetta di Luz, ma non (per ora) il quotidiano d’opposizione Cumhuriyet che ha pubblicato quattro pagine delle 16 del nuovo Charlie, bandito però dal Senegal (con Libération). Negli Usa si discute la decisione del New York Times e della Cnn di non mostrare il disegno di Luz, per rispetto al pubblico musulmano. Scelta sbagliata, s’inalbera Margaret Sullivan, garante dei lettori che hanno dovuto soddisfare altrove la loro curiosità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 ESTERI 19 # ❞ La mia cliente è consapevole della delicatezza del caso. Ma ha ogni intenzione di piangere il suo uomo L’avvocato della compagna di Said Kouachi La sepoltura impossibile dei tre assassini I cimiteri francesi respingono le loro salme Il timore di un «pellegrinaggio» di fanatici. Potrebbero finire accanto alla tomba della vittima Ahmed Chi sono ● Dall’alto, i due killer franco-algerini dell’attacco a Charlie Hebdo, i fratelli Chérif e Said Kouachi, 32 e 34 anni. Erano collegati alla rete terrorista di Al Qaida nello Yemen, che ieri ha rivendicato gli attentati di Parigi. Chérif era stato condannato a 3 anni di carcere per il reclutamento di jihadisti a Parigi ● Amedy Coulibaly, 32 anni, è il killer della vigilessa di Montrouge e della strage al negozio kosher di Parigi. Arrestato dall’antiterrorismo nel 2010, era uscito dal carcere alla fine dello scorso anno. Aveva concordato gli attentati con i fratelli Kouachi che conosceva da tempo DAL NOSTRO INVIATO PARIGI Nessuno vuole l’angolo di Caino. Figurarsi Michel Dutruge, il sindaco di Dammartin-en-Goële che ancora non ha ripreso colore dopo quel venerdì pazzesco di sangue e tensione che aveva come epicentro il suo villaggio di casette bianche e prati verdi. «Con quelle due tombe si verrebbe a creare un luogo di culto al contrario, una meta di pellegrinaggio per fanatici, e chi può essere contento di una simile disgrazia? Certo, se me lo chiedono sono costretto a farlo». I corpi dei fratelli Kouachi sono ancora in custodia giudiziaria all’istituto legale di Parigi. Manca poco però al rilascio delle loro salme, al massimo entro la fine della settimana, fa sapere il portavoce del ministro dell’Interno. Il nulla osta sarà concesso dal procuratore di Parigi, una volta giunti i risultati delle autopsie. E in quel momento comincerà uno psicodramma del quale già si intravedono i contorni. La legge francese parla chiaro. A decidere il luogo è la famiglia, che può scegliere tra due possibilità, il luogo di residenza oppure il Comune dove è avvenuto il decesso. La sepoltura all’estero è possibile solo dopo l’autorizzazione del Paese interessato.Erano assassini, hanno fatto una strage. Erano tutti e tre cittadini francesi. Hanno diritto a un funerale e soprattutto a una tomba che potrebbe ben presto diventare un luogo di culto per estremisti islamici o svitati di ogni sorta. Nel marzo del 2012 il dilemma sull’ultima dimora di Mohamed Merah, l’uomo che a Tolosa uccise tre bambini e un adulto davanti alla scuola ebraica cittadina, dopo aver assassinato anche tre paracadutisti, venne gestito come peggio non si poteva. Il sindaco salì sulle barricate, minacciando le dimissioni in caso di tomba con nome e cognome dell’assassino. La famiglia chiese asilo in Algeria, la patria di origine, che prima rispose in modo possibilista e poi oppose un rifiuto «a Il supermercato Qui sopra, alcune immagini registrate dalle telecamere di sicurezza del negozio kosher che mostrano Amedy Coulibaly, gli ostaggi, e le vittime del terrorista tutela dell’ordine pubblico». Anche la sepoltura anonima sollevò proteste da parte delle istituzioni locali. Fu costretto ad intervenire l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, che invitò a farla breve. «Lo si sotterri — disse — senza ulteriori polemiche». Alla fine Merah venne sepol- to nella parte musulmana del cimitero di Cornebarrieu a Tolosa, sotto a una tomba anonima, ignota anche ai familiari più stretti, proprio per evitare il rischio di cui sopra. «La mia cliente è consapevole della delicatezza del caso e non vuole certo clamore e notorietà. Ma ha ogni intenzione di piangere il suo uomo». L’unico che finora si è fatto avanti è Antoine Flasaquier, l’avvocato della compagna di Said Kouachi, il cui ultimo domicilio conosciuto era Reims, nello Champagne. Assicura che non ci sarà alcuna stele o monumento mortuario, ma l’intenzione della sua cliente non sarebbe THE JOURNEY HAS JUST BEGUN THE DESIGN COLLECTION | ALBERTO WOOL JERSEY Rischio Il prefetto dell’Hauts -de-Seine teme conseguenze devastanti sui giovani delle banlieu certo l’anonimato al quale si era o è stata costretta la famiglia di Merah. Con grande sollievo del sindaco Dutruge, l’avvocato sembra escludere la soluzione di Dammartin-en-Goële. «Sarebbe un insulto agli abitanti del posto», dice. Chérif Kouachi risultava invece residente nella banlieue di Gennevilliers, a nord di Parigi, così come Amedy Coulibaly, che abitava poco distante, a Fontenay-aux-Roses. Il prefetto dell’Hauts-deSeine, che ha giurisdizione su quei due Comuni avrebbe già fatto sapere, in modo neppure troppo informale, di considerare la possibile inumazione in loco alla stregua di una piaga d’Egitto che avrebbe conseguenze «devastanti» sui giovani di quella complicatissima periferia. Ma se nessuno dovesse fare richiesta delle due salme, la destinazione finale più probabile sarebbe quella delle loro ultime residenze. C’è un solo cimitero islamico per tutta la banlieue nord di Parigi. È quello di Bobigny, dove l’altra mattina ha ricevuto l’ultimo saluto Ahmed Merabet, il poliziotto ucciso dai fratelli Kouachi. Marco Imarisio © RIPRODUZIONE RISERVATA Legami familiari Aereo evacuato Maimouna, la sorella ballerina di twerking Falso allarme bomba Paura a Fiumicino La sorpresa Coulibaly secondo i giornali francesi. Maimouna, 39 anni (foto) — sorella di Amedy, uno dei fondamentalisti islamici che hanno insanguinato Parigi — è di casa in televisione e una geniale promotrice della «Booty Therapy», un successo dai due lati dell’Atlantico: una danza di origine africana tutta incentrata sui movimenti del fondoschiena. Dai video su YouTube fino ai talk show tv, la disciplina rivisitata da Maimouna, ex animatrice della rete Trace, trae origine dal mapouka, ballo tradizionale della Costa d’Avorio, a cui si ispira il twerk, spesso associato ai balli sexy di Miley Cyrus o Nicki Minaj: nulla di più distante dai precetti fondamentalisti del fratello Amedy Coulibaly. Maimouna organizza corsi di Booty Therapy a Parigi: delle tragiche azioni del fratello non sapeva nulla. «Che cos’è questo? Un congegno per far saltare gli aerei». Un ingegnere sloveno con alcuni fogli in arabo, un oggetto elettronico «sospetto» (pare un contapassi) e una battuta molto fuori luogo. Tanto è bastato, ieri, a far scattare la psicosi attentato a Fiumicino, su un aereo della FlyNiki. Il velivolo, in partenza per Vienna alle 19.52 con 82 passeggeri e sei membri dell’equipaggio, stava rullando sulla pista quando sono iniziate urla e minacce. Il pilota, visto il caos, ha allertato la torre di controllo. L’aereo, fermato nell’area emergenze e circondato dalla polizia di frontiera, è stato evacuato e il volo annullato. Per due ore, artificieri e squadre cinofile hanno ispezionato velivolo e bagagli. L’ingegnere sloveno, un 40enne in viaggio di lavoro, è stato interrogato a lungo dalla Polaria: rischia una denuncia per procurato allarme. Solo alle 23.10 l’allerta è stata revocata, con ritardi e centinaia di passeggeri bloccati. Tre voli sono stati deviati a Ciampino. 20 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera ESTERI ❞ Charlie mette in discussione le religioni, un’idea. Dieudonné sostiene Mehdi Ouraoui esponente socialista il crimine contro delle persone reali Libertà o reato, Dieudonné divide la Francia Il comico antisemita andrà a processo il mese prossimo: aveva solidarizzato con gli autori delle stragi Per tutto il giorno in stato di fermo, la sera torna in scena. Nel Paese più di cinquanta indagati Chi è ● Dieudonné M’bala M’bala, in arte Dieudonné, è nato in Francia da padre camerunense e madre francese ● Ha già subito due condanne (con ammende per un totale di 48.000 euro) per avere espresso idee antisemite durante i suoi spettacoli ● Lo scorso settembre la procura di Parigi aveva già aperto contro di lui un’inchiesta per apologia del terrorismo dopo la diffusione di un video in cui ironizzava sulla decapitazione del giornalista James Foley ● Dieudonné ha inventato il gesto della «quenelle» (in francese, una pietanza a base di pesce), che è diventato virale tra i movimenti antisemiti. Variante del «gesto dell’ombrello», a sfondo chiaramente sessuale, secondo la Lega contro il razzismo e l’antisemitismo è un saluto nazista invertito e in quanto tale va bandito ● Il gesto della «quenelle» è stato ripreso anche dal calciatore Nicolas Anelka dopo un gol in Premier League nel dicembre 2013 ● Nel gennaio dello scorso anno il Consiglio di Stato ha annullato per motivi di ordine pubblico il suo spettacolo al teatro Zenith di Nantes DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L’ex comico Dieudonné non fa più ridere da almeno un decennio, il partito che ha fondato in autunno con l’ideologo autoproclamato «nazional-socialista» Alain Soral ha scarso seguito, il gesto para-fascista della «quenelle» è passato di moda ma un colpo di genio gli è riuscito, domenica sera. Mentre tutta la Francia manifestava in solidarietà con i morti di Charlie Hebdo e del supermercato ebraico gridando «Je suis Charlie», lui è riuscito a tornare in scena. Dieudonné ha riconquistato il primo piano con una frase tanto ignobile quanto furba, dal suo punto di vista. «Sappiate che stasera, per quel che mi riguarda, mi sento Charlie Coulibaly», ha scritto PARIGI L’intervista di Massimo Gaggi DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK «Quello che sta accadendo ci disorienta, ma bisogna stare attenti a non sbagliare analisi: l’islamismo radicale non è un movimento religioso ma è il modo in cui alcuni gruppi esprimono la loro barbarica rabbia politica utilizzando a questo fine una certa interpretazione della religione. I giovani jihadisti crescono estraniati dalla società nelle nazioni europee nei quali sono emigrati i loro genitori. Ma la stessa cosa avviene anche nelle comunità dei Paesi musulmani. Molti detestano costumi e tradizioni delle loro famiglie: il motivo per cui si sentono disconnessi tanto dalle società occidentali quanto dalle comunità musulmane e abbracciano l’islamismo radicale non è religioso. Ha più a che fare con la loro crisi di identità. La jihad dà loro un senso di appartenenza, una nuova identità: si riconoscono in obiettivi comuni spaventosamente chiari». Kenan Malik è un intellettuale molto particolare. Neurobiologo e psicologo indiano trapiantato in Gran Bretagna, ha insegnato storia della scienza e Dieudonné su Facebook, evocando il terrorista islamico Amédy Coulibaly che appena due giorni prima aveva ucciso — perché ebrei — Philippe Braham, Yoav Hattab, FrancoisMichel Saada e Yohan Cohen nell’azione al supermercato kosher di Vincennes, a Parigi. Il mondo si mobilita per Charlie Hebdo e in difesa della libertà di espressione? Dieudonné mette subito alla prova le autorità francesi, e le sfida a rispettare anche la sua, di libertà di espressione. Esercitata nel modo più disgustoso, inneggiando all’autore di una strage. Domenica sera Dieudonné ha scritto su Facebook un breve testo ironico nel quale raccontava di avere partecipato alla «marcia repubblicana»,«un momento magico comparabile al big-bang», «importante quanto l’incoronazione di Vercingetorige». Dopo la derisione della manifestazione, ecco la storpiatura dello slogan: «Mi sento Charlie Coulibaly». Lunedì l’apertura dell’indagine per «apologia di terrorismo», ieri mattina alle 7 una decina di agenti della polizia giudiziaria sono andati a casa di Dieudonné, e lo hanno arrestato. Interrogato nel pomeriggio, Dieudonné è stato poi scarcerato in serata e ha tenuto come previsto il suo spettacolo «La bestia immonda» al teatro della Main d’Or. L’ex comico comparirà in tribunale il prossimo 4 febbraio. L’arresto ha provocato una reazione quasi automatica: ma come, milioni di persone non hanno appena marciato in tutta la Francia per difendere la libertà d’espressione? Perché le Sotto accusa Il comico Dieudonné, 48 anni, a teatro. Già condannato per i suoi messaggi razzisti e antisemiti, da lunedì è indagato per apologia di terrorismo per aver scritto di sentirsi «Charlie Coulibaly» caricature di Charlie Hebdo su Maometto vanno difese a ogni costo, mentre per una frase Dieudonné rischia sette anni di prigione e 100 mila euro di ammenda? Una prima risposta l’ha data l’esponente socialista Mehdi Ouraoui: «Charlie mette in discussione le religioni, dunque un’idea. Dieudonné invece sostiene il crimine contro delle persone reali». L’avvocato Christophe Bigot conferma che il diritto francese «protegge le persone, non i simboli religiosi o le figure divine». Il delitto di blasfemia non esiste, quello di incitamento all’odio razziale, per esempio, sì. Nonostante l’enorme ondata di emozione contro il terrorismo — innanzitutto — e in difesa di Charlie Hebdo e del diritto di satira, in Francia resta- no in vigore numerose leggi che limitano la libertà di espressione: da quella del 1881 che garantisce — e inquadra — la libertà di stampa, per continuare con la legge Gayssot (1992) che punisce i negazionisti della Shoah, e poi la legge del 2012 contro la negazione del genocidio armeno, fino alla norma dello scorso novembre che inasprisce le pene per chi fa l’apologia del terrorismo. La marcia repubblicana di domenica non ha certo abrogato un dispositivo giuridico molto radicato. E infatti, oltre a Dieudonné, 54 persone sono state indagate in questi giorni per dichiarazioni favorevoli ai terroristi, e cinque sono state condannate. Stefano Montefiori @Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA Malik: «I giovani islamici sono in crisi E la jihad dà loro un senso d’identità» filosofia della biologia a Cambridge e Oxford, ma anche in varie università europee, da Oslo a quella europea di Firenze. I suoi studi su multiculturalismo, pluralismo e razza lo hanno portato a pubblicare diversi libri di successo come Uomini, bestie e zombie e Dalla Fatwa alla Jihad, un saggio sulle conseguenze del caso Salman Rushdie. E anche ad allontanarsi dalla sinistra europea marxista nella quale aveva militato per molti anni. Oggi lo si può definire un difensore dei valori dell’illuminismo che rifiuta il multiculturalismo ma è anche deciso a respingere ogni tentazione xenofoba. Quali errori attribuisce alla sinistra europea? «Da un lato una sua ampia ❞ L’errore della sinistra Ha usato l’illuminismo come arma di battaglia tra civiltà anziché come strumento di progresso parte ha abbracciato il multiculturalismo e il relativismo finendo per considerare razzista l’universalismo: lo ha accusato di imporre anche agli altri popoli le idee euro-americane della razionalità e della oggettività. In questo modo la sinistra ha rinunciato al suo impulso progressista nel nome del rispetto e della tolleranza. Poi c’è una sezione della sinistra, pensatori come Martin Amis o Bernard-Henry Lévy, che sono rimasti legati ai valori dell’illuminismo ma li hanno usati in modo tribale: non valori universali sui quali costruire una vera politica progressista, ma un mito che serve a definire l’Occidente. In questo modo l’illuminismo diventa un’arma nella battaglia tra le civiltà anziché essere lo strumento che definisce valori e attitudini necessarie per far avanzare diritti politici e progresso sociale». Lei quindi crede che stiam o a n d a n d o ve r s o u n o «scontro di civiltà», secondo il celebre monito di Samuel Huntington? «No, quella nozione la consideravo falsa vent’anni fa, quando il saggio fu pubblicato, e la considero falsa oggi. Que- Chi è ● L’indiano Kenan Malik ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Cambridge e Oxford. È un esperto di razza e pluralismo ● Ha scritto Dalla Fatwa alla Jihad, sul caso Rushdie sto non è uno scontro di civiltà tra Occidente e Islam ma un conflitto di valori sia all’interno dell’Occidente che nelle società islamiche. Valori chiave dell’Occidente come uguaglianza, democrazia e secolarismo sono contestati anche da molti non musulmani nelle nostre società, soprattutto in Europa. Basti pensare che in Francia rischia di arrivare al ballottaggio delle presidenziali una Marine Le Pen che di certo non incarna quei valori. I figli delle ex colonie nati in Francia vengono considerati tutti “africani” e “musulmani” anche se la maggioranza di quella comunità è più secolare, meno religiosa della vecchia Francia. Conosco gente venuta dal Bangladesh e dal Marocco più illuminista di chi ha genitori europei». Dunque metterla in termini di scontro di civiltà è addirittura pericoloso? «Esaspera l’aspetto religioso mentre il vero problema è quello dell’identità e il rifiuto della modernità. Se fossero nati 30 anni fa, i movimenti radicali islamici sarebbero stati certamente più secolari e si sarebbero espressi attraverso campagne e organizzazioni politiche, non con l’azione di cellule tribali, come vediamo oggi. Il problema è il cambiamento della natura delle rivolte: quelle anti-imperialiste della seconda metà del Novecento erano comunque basate sui valori dell’illuminismo europeo. I loro leader combattevano le potenze coloniali ma volevano modernizzare gli altri Paesi non occidentali, portare libertà, industrie, sviluppo economico. I vecchi movimenti rivoluzionari volevano godere dei frutti del progresso come gli europei, non contestavano il metodo scientifico né l’esistenza di valori universali. Quella dei radicali di oggi è, invece, una rivolta nichilista contro progresso e globalizzazione. Come ho scritto l’altro giorno sul New York Times, abbiamo vissuto l’orrore dei 148 bimbi massacrati dai talebani in una scuola pakistana come lo choc improvviso di un atto “disumano e medievale”. Ma quell’atto non è improvviso: negli ultimi cinque anni i talebani hanno attaccato nello stesso modo, anche se con bilanci non così tragici, ben mille scuole pakistane». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 ❞ ESTERI 21 L’Europa deve chiarire la propria identità, sapendo che per poter integrare devi definire con chiarezza i punti fermi irrinunciabili L’INTERVISTA IL CUSTODE DI TERRA SANTA «Non esiste lo scontro di civiltà Questa è una guerra interna all’Islam» Profilo ● Frate Padre Pierbattista Pizzaballa (foto), teologo e biblista francescano, è nato 49 anni fa a a Cologno al Serio, nella Bergamasca, la terra di papa Giovanni ● Terzo mandato È stato nominato custode di Terra Santa nel 2004, e riconfermato nel 2010 e poi ancora nel 2013 ● Nella Città Santa È arrivato a Gerusalemme 25 anni fa: un osservatorio privilegiato sul Medio Oriente e sulle vicende mondiali che rimandano ai conflitti regionali ● Regista del dialogo È stato il regista della preghiera comune per la pace in Medio Oriente tra ebrei, cristiani e musulmani voluta dal Papa di ritorno dal viaggio in Terra Santa ❞ di Marco Garzonio «Gli atti di terrorismo che insanguinano il Medio Oriente e l’Europa non sono frutto di uno scontro di civiltà. Questa è innanzitutto una guerra interna all’Islam. È inoltre la risposta sbagliata e drammatica di una parte dell’Islam alla modernità, ai problemi economici, morali, culturali che lo sviluppo pone. Nel mondo musulmano questa riflessione non è ancora stata fatta». Parla padre Pierbattista Pizzaballa, 50 anni ad aprile, il francescano Custode di Terra Santa da undici, cioè l’erede della capacità di incontro instaurata dal Santo di Assisi con il Saladino: l’altra faccia rispetto alle Crociate. Netanyahu e Abu Mazen in prima fila nella marcia di Parigi. Una circostanza dettata da un evento particolare o l’indizio di un cambiamento nei rapporti tra Israele e i Palestinesi? «Non mi sembra che spirino venti di cambiamento. La forza degli eventi li ha obbligati ad essere a Parigi. Ma le relazioni tra Israele e palestinesi non sono cambiate, purtroppo. Le elezioni che ci saranno tra un paio di mesi impongono un’attesa. Si capirà dopo». Hamas ha condannato gli attacchi terroristici in Francia: una presa di distanza dopo il plauso all’assassinio di 4 rabbini in sinagoga? «È una presa di posizione curiosa. Solo il tempo dirà se è mutata la strategia o se è stato un episodio. Resto un po’ freddo. Spesso in Medio Oriente ci sono due facce: una politica interna e la necessità di guadagnarsi credito internazionale». Gli attacchi di Parigi cambieranno il modo di pensare occidentale verso i conflitti che insanguinano il Medio Oriente? «Non sono i primi attacchi terroristici di matrice islamica in Europa. Si pensi a Madrid, a Londra, nella stessa Francia. La novità è l’impatto sull’opinione pubblica. Si stanno determinando le condizioni perché l’Europa compia un’opera di chiarimento su alcune parole lasciate nell’ambiguità. La parola integrazione. Cosa significa? Ci sono valori al centro della convivenza. I diritti fondamentali della persona: libertà di coscienza, uguaglianza uomo-donna, dignità e ruolo della donna, libertà di cultura, di espressione, legislazione sul lavoro, distinzione tra politica e religione e così via. Chi viene in Europa non può metterli in discussione. L’Europa deve chiarire la propria identità, sapendo che per poter integrare devi definire con chiarezza i punti fermi irrinunciabili». Diceva Martini che ci sarà pace nel mondo quando ci sarà pace a Gerusalemme. Solo un paradosso? «Gerusalemme ha un valore simbolico altissimo e, insieme, una rete di relazioni e interdipendenze molto strette col mondo. Le tensioni qui sono espressione di quelle mondiali. E viceversa. Se qui si dialoga si può riverberare sul pianeta una capacità di incontro». Nella mobilitazione di Parigi c’è solo l’Europa dei Lumi che difende la libertà di manifestare le proprie idee, o anche l’Europa che si ispira al solidarismo cristiano dei grandi leader nel dopoguerra? «L’Europa di oggi è diversa dai momenti che l’han vista nascere. Non so quanto il solidarismo di ispirazione cristiana animi oggi il Vecchio Continente. Basta guardare a come si è affrontato il tema dell’immigrazione, i salvataggi in mare e le politiche collegate. Certo, ciò che è accaduto a Parigi ha mosso nuove dinamiche, a partire dalla necessità di coordinarsi per rispondere al terrorismo». Quindi si è messo in moto solo un meccanismo che garantisca l’ordine pubblico? «Questa è una parte. C’è un’Europa che non fa notizia e lavora per l’integrazione, una rete di Città santa Uno scorcio di Gerusalemme, città sacra per le tre religioni monoteistiche (Ap) ● L’incontro Durante la quinta crociata, nel 1219, San Francesco incontrò vicino a Damietta, in Egitto, il Sultano, il capo dell’esercito musulmano, avversario dei crociati nella lotta per i luoghi santi. Il frate di Assisi, fautore del dialogo con il nemico e sbeffeggiato per questo dai crociati, fu invece ben accolto dal Sultano. Alla partenza, il capo dei saraceni lo colmò di doni, tra i quali il corno di avorio e argento conservato nella Basilica del Santo ad Assisi. Si narra che tra i due nacque una lunga e profonda amicizia. Noi religiosi dobbiamo evitare assolutizzazioni che portano ai fanatismi. In questo contesto, è soprattutto il mondo musulmano che ha molto da fare. Ma qualcosa comincia a muoversi movimenti, volontari, iniziative. Guardiamo a tale Europa, che conta più di quanto non si creda». Lei è a contatto con i cristiani di tutte le confessioni in Israele, Egitto, Siria, Giordania, Iraq, Libano. Che situazioni incontra? «Sono Paesi diversissimi tra loro. Israele non è come la Siria e l’Iraq. L’Egitto, oggi più tranquillo, offre aspetti e dinamiche interessanti e vivaci. Penso all’importante discorso del presidente Sisi dell’università Al Azhar. In generale vedo una debolezza istituzionale diffusa. Certo, incontro situazioni umane drammatiche, ma scopro anche tanta solidarietà, oltre a un’umanità negativa. Sono stato ad Aleppo. È una città da due anni sotto assedio. C’è rimasto chi non sa dove andare. Non c’è acqua e la concessione di un po’ di elettricità dipende dai ribelli. Eppure, imam e parroco si aiutano. I gesuiti distribuiscono 10 mila pasti al giorno e giovani volontari, cristiani e musulmani, li portano a chi ha bisogno. Ci sono tante realtà di cui i media non parlano. Sono il contraltare al fanatismo e alle decapitazioni». Molti cristiani affermano che stavano meglio sotto Saddam e Mubarak, che godevano di maggior libertà e protezione: ha fondamento tale giudizio? «Si trattava di regimi dittatoriali, che non sarò io certo a difendere. Ma ad essi sono subentrate dittature peggiori, a cominciare dal fondamentalismo». Che cosa dell’Isis attrae i giovani europei? «Non so spiegarmi come il fanatismo possa attrarre. Molti parlano di giovani disperati che vengono dalle periferie dove non c’è nulla. Ma poi vedi che accorrono anche persone istruite e ti chiedi se non vi sia un problema di formazione, l’incapacità di abituare fin dalla scuola i giovani a pensare, confrontarsi, problematizzare. L’Europa e soprattutto il Medio Oriente devono affrontare il tema dell’educazione». In Medio Oriente, tra la gente, non si avvertono reazioni di tipo umano a torture ed esecuzioni? «Sì, una reazione c’è, ma negli incontri personali. Mi aspettavo più fermezza da parte dei media in Medio Oriente. Forse qualcosa si muove. Penso alla reazione agli attentati di Parigi e al mondo che li esprime da parte di Al Azhar, l’università religiosa del Cairo, riferimento importante per l’Islam». Il Papa è stato il primo ad evocare l’immagine di «terza guerra mondiale». Quali elementi hanno suggerito al Pontefice quell’intuizione? «Il Papa ha uno sguardo d’assieme sulla realtà mondiale che pochi altri possono avere. Ha colto il cambiamento epocale e, in esso, la violenza che lo abita come nocciolo. Il fanatismo, il dire io sono nel giusto; o diventi come noi, o devi sparire. Poi, a seconda delle situazioni, si avrà in Medio Oriente l’Isis e in Africa Boko Haram. È un ritorno al punto più buio di secoli passati». Il Papa ha invitato alla preghiera comune in Vaticano ebrei, cristiani, musulmani. Dicono che lei sia stato regista. Possono fare qualcosa per la pace le tre religioni del Libro? «Possono fare tantissimo. Ma parliamo di religiosi, non di religioni, parola astratta. I religiosi all’interno dei loro mondi devono aver chiaro il ruolo dell’esperienza religiosa, le relazioni con Dio e tra questi e l’uomo e tra gli uomini, evitando assolutizzazioni che portano ai fanatismi. In questo contesto è soprattutto l’Islam che ha un grosso lavoro da fare in proposito. L’immagine di religiosi che dialogano tra loro è essenziale oggi. Non possiamo restare solo con l’immagine che ci trasmettono i fondamentalismi». L’Europa deve ora a fare i conti con la deriva antisemita. La comunità ebraica francese si è dimezzata, le comunità cristiane del Medio Oriente emigrano. In alcuni Paesi d’Europa i musulmani raggiungono la metà della popolazione. Che cosa sta accadendo? «Occorre guardare al mondo in trasformazione e a questi spostamenti senza spaventarsi. Finisce un’epoca, non il mondo. Le discriminazioni contro le minoranze sono la cartina di tornasole della nostra cecità e delle nostre paure. Credevamo che l’antisemitismo fosse finito dopo le efferatezze del nazismo e abbiamo allentato l’attenzione. Purtroppo c’è ancora il pregiudizio antiebraico e va combattuto. Bisogna distinguere aspetto politico e religioso. Si può non condividere la politica dello Stato di Israele, ma tale valutazione non può assumere connotazioni antiebraiche o diventare il pretesto per alimentare forme di antisemitismo». C’è un Islam moderato o parlarne esorcizza la paura? «Islam moderato è un’espressione molto europea. Risponde ai nostri bisogni di semplificazione. Dobbiamo imparare a conoscere meglio l’Islam, che è una realtà molto complessa. In quella galassia non tutto è fanatismo, non tutto è Isis: per carità. Certo, ci vuole un grande sforzo da parte dell’Occidente». Cosa non ha capito l’Occidente delle Primavere Arabe? «L’Occidente non ha compreso molto la complessità del Medio Oriente. Prima l’ha visto sotto il profilo dell’occupazione coloniale. Poi per soddisfare i propri bisogni economici ed energetici. Risultato? In Iraq e Libia si son fatti errori. Si volevano fermare dei dittatori, con i quali s’erano avuti rapporti di convenienza? Ci poteva stare, ma le iniziative si prendono se si ha in mente cosa può accadere. Le primavere arabe hanno espresso un cambiamento, ma quando s’è trattato di definire il dopo movimenti spontanei sono stati sequestrati dai fanatismi. I cambiamenti non sono finiti, ci aspetta un periodo di trasformazioni. Per esempio l’Isis non proseguirà nel tempo. Dobbiamo sapere che non si può puntare alla situazione precedente, che non ci saranno un Iraq o una Siria stati nazionali come in passato». Il leader della Lega afferma che milioni di musulmani son pronti a ucciderci e fa breccia in molte periferie... «Non dobbiamo rispondere a chiusure con altre chiusure. Il fanatismo si ferma con la prevenzione, combattendo l’ignoranza. I fanatici ci vogliono contro per giustificare i loro attacchi». Padre Pizzaballa, lei è ottimista? «Nel breve no. Sul lungo periodo sì. C’è una guerra in corso, ma le guerre finiscono. E allora c’è solo da ricostruire. Oggi magari non si intravvede una soluzione politica, ma non è finita la missione del Cristianesimo in Medio Oriente. Molto è distrutto, il seme è rimasto. Quello di Gesù, figlio dell’uomo». © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 ❞ ESTERI 23 C’è esigenza di coordinamento, ma anche la preoccupazione di creare altra burocrazia Angelino Alfano ministro dell’Interno Procura antiterrorismo, dubbi e ostacoli I magistrati al vertice con Alfano e Orlando: meglio dare più poteri all’Antimafia. Il ruolo dell’intelligence La vicenda ● Una delle idee per coordinare il lavoro delle Procure è quella di creare la Direzione nazionale antiterrorismo ● Ma sedici procuratori distrettuali antimafia ritengono che non serva ROMA Sedici procuratori distrettuali antimafia, titolari allo stesso tempo delle inchieste sull’eversione interna e di stampo internazionale, riuniti intorno allo stesso tavolo insieme ai ministri della Giustizia e dell’Interno sostengono all’unanimità che non serve una nuova Procura nazionale antiterrorismo, inteso come un nuovo ufficio giudiziario. Sarebbe sufficiente, dicono, affidare poteri di coordinamento anche su questa materia alla Superprocura antimafia che già esiste, «con aumento contenuto dell’organico». Detta così sembra fin troppo facile. In realtà restano aperte molte questioni: dall’organizzazione interna ai singoli uffici inquirenti (se creare strutture «rigide» come per le indagini su cosche e clan, oppure no, la- sciando inalterata la situazione attuale), ai poteri da accordare al superprocuratore per gli scambi di informazioni e la cooperazione tra gli organismi territoriali. E così la nascita della Direzione nazionale antiterrorismo, seppure come articolazione di quella Antimafia, si annuncia meno semplice di quanto si possa immaginare. A cominciare dal tipo di provvedimento con il quale sarà proposta dal governo; il Guardasigilli Andrea Orlando non ha escluso il ricorso al decreto legge, ma in assenza del presidente della Repubblica, e con diverse questioni tecniche ancora da risolvere, sembra più realistico un disegno di legge; da affidare semmai a un iter parlamentare accelerato. In modo da avere tempo e modo per approfondire la questione e sce- gliere gli strumenti adeguati. La premessa è che per fronteggiare l’emergenza del terrorismo di matrice islamica la prevenzione è più importante della repressione. E quindi andrebbe privilegiato il lavoro dell’intelligence, o della polizia giudiziaria nella misura in cui riesce a intercettare i preparativi di attentati, rispetto al lavoro tipico dei magistrati che normalmente intervengono su fatti avvenuti, o in via di svolgimento. È quello che, nella riunione coi ministri, ha spiegato ad esempio il procuratore di Catania Giovanni Salvi (che in passato, da pm a Roma, s’è occupato a lungo di terrorismo): sarebbero più utili sofisticati strumenti di investigazione a disposizione di polizia, carabinieri e servizi segreti, che strutture giudiziarie centralizzate. 20 I jihadisti indagati in Italia perché sospettati di preparare attentati 5 Mila La stima dei combattenti europei impegnati con l’Isis in Siria Otto anni fa, come componente del Consiglio superiore della magistratura, proprio lui fu relatore della proposta di istituire una Superprocura antiterrorismo nuova di zecca, eventualmente dotata anche di «veri e propri poteri di indagine». Oggi invece, sulla base dell’esperienza maturata dal 2006 in poi, Salvi ritiene che le strutture attualmente a disposizione abbiano ben lavorato e ottenuto risultati apprezzabili; così, anziché istituire una struttura autonoma potrebbe essere sufficiente affidare alla Direzione nazionale antimafia quello che continua a mancare: un potere di coordinamento effettivo e uno scambio continuo delle informazioni raccolte dai diversi uffici giudiziari, investigativi e di intelligence, e se possibile anche dall’estero. Questo è il punto centrale, sul quale l’esperienza maturata dalla Dna può tornare utile. Attraverso la banca dati antimafia, infatti, la necessità di collegamento (e dunque di coordinamento) tra le indagini emerge quasi automaticamente, quando si incrociano gli stessi nomi di persone inquisite o sottoposte a controlli, o situazioni analoghe da raffrontare per verificare possibili connessioni. Con il terrorismo sarebbe importante arrivare almeno allo stesso risultato, sebbene le inchieste siano meno numerose e — di conseguenza — i dati accumulati meno significativi. Ma al di là di annunci e progetti più o meno altisonanti, raggiungere un obiettivo simile sarebbe già un passo avanti. Giovanni Bianconi © RIPRODUZIONE RISERVATA L’inchiesta di Fiorenza Sarzanini ROMA «Il terrorista fa una vita di doppio senso. Fa la vita del terrorista e un’altra vita, diciamo normale, va al lavoro se ha il lavoro in regola. Anzi è preferibile avere un lavoro in regola come copertura, poiché l’extracomunitario che lavora e contribuisce allo Stato è apprezzato». La voce di Jelassi Rihad è una «voce di dentro». Perché lui è stato reclutato, addestrato e poi nel 2010, con altri due tunisini, ha deciso di raccontare ai carabinieri del Ros la vita di un jihadista. Le confessioni sono servite a far condannare tre mesi fa una «cellula» operativa in Puglia, ma soprattutto hanno aiutato gli specialisti dell’Arma a ricostruire i legami con altri gruppi a Roma, a Milano, in Francia e in Belgio. Secondo gli ultimi controlli cinque «foreign fighters» inseriti della lista dei 53 sarebbero rientrati in Italia. E su questo sono già state attivate nuove verifiche. Il lavaggio del cervello Le carte processuali svelano adesso strategie e obiettivi dei fondamentalisti. Dichiara infatti Rihad: «I gruppi da quattro o da sei persone hanno un legame con altri ma non si incontrano così, dodici o venti in un appartamento. Si incontrano in moschea così tanti. Di solito c’è un capo che comanda 4 o 5 gruppi, un capo spirituale». I «reclutatori», come evidenziano i carabinieri, «a differenza dei militanti per così dire addetti a compiti più strettamente operativi, non hanno un’estrazione povera e di emarginazione sociale, ma al contrario provengono da contesti socio-familiari agiati ed elitari, hanno una ottima cultura universitaria e spesso esperienze belliche significative». Sono loro a scandire le giornate dei «soldati» che devono preparare a immolarsi per la jihad. Lo fanno nei call center o nelle moschee, dove i seguaci passano ore e ore di fronte ai Sul campo Alcuni jihadisti affiliati all’Isis (Stato islamico) combattono contro le forze militari del governo di Bagdad lungo il confine tra Siria e Iraq (foto via Albaraka News/Ansa) La confessione del miliziano pentito «Così ci addestrano a odiare la vita» Un lavoro regolare usato come copertura. Rientrati in Italia 5 foreign fighters video. Si va da «Al Qaeda training» ad «Allah Akbar», da «L’amante della jihad» a «Taliba Mujaheddin», tutti con immagini originali dei combattimenti. Rihad spiega che le «guide» «insistono nel spiegarti e nel parlare della morte, che diventa un trauma, un’ossessione. Ti fanno diventare la vita un inferno. Non c’è via di uscita che la morte». Chokri Zouaoui, anche lui «pentito», parla esplicitamente di «lavag- Gli obiettivi preferiti «Il bersaglio civile viene privilegiato allo scopo di seminare il panico nella popolazione» gio del cervello» e dice: «Ho detto al mio avvocato: adesso tu sai tutto, sai la situazione, però ti garantisco una cosa, impara l’arabo, ti mando due settimane in mezzo a loro, e fammi vedere se non sei convinto di uccidere i tuoi compaesani». I bersagli «civili» Durante l’addestramento nei Paesi europei dove vivono, generalmente in maniera regolare, imparano anche dove e come colpire. Le indagini hanno accertato che «il bersaglio civile viene privilegiato dai terroristi di estrazione islamica rispetto a quello militare, e lo scopo di seminare il terrore nella popolazione assume un rilievo primario, superiore persino agli effetti materiali del- Il documento Le carte del Tribunale di Bari con il racconto del pentito Jelassi Rihad sulla «doppia vita» del terrorista l’azione militare-terroristica in senso stretto». Per farlo «consultano i numerosi siti gestiti da gruppi fondamentalisti, da cui estrapolano documenti (anche audio-video) che hanno ad oggetto le istruzioni per la costruzione di ordigni esplosivi, per l’utilizzo di armi, per l’impiego di tecniche di sabotaggio e di incursione militare». Quando sono pronti vengono mandati all’estero per l’addestramento finale. Racconta Rihad: «Quando uno lascia il lavoro, lascia anche la casa e lascia tutto: è un gesto di essere molto disponibili. Oppure quando uno abbandona la fidanzata e poi ritira tutti i suoi soldi dalla banca è chiaro che questa persona ha intenzione di andare nella terra... per l’addestramento. Frequentando la moschea si conoscono le persone che, diciamo, ti aiutano, che conoscono le vie, si mettono in contatto, cioè, una catena». In volo Roma-Peshawar I pentiti sono espliciti: «Da solo non potrai mai arrivare ai campi di addestramento. Raccomandato devi essere. Quindi L’indagine ● Il tunisino Jelassi Rihad è stato reclutato e addestrato per diventare un jihadista. Nel 2010, insieme a due connazionali, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri del Ros ● La sua confessione ha consentito di sgominare una cellula in Puglia e ricostruire i legami con altri gruppi a Roma, Milano, Francia e Belgio ti fanno vedere la strada. Non è così semplice, cioè devi avere tanta pazienza, sacrificio e vedono se sopporti. Puoi essere bloccato a Roma per mesi, che non puoi viaggiare perché la strada è un po’ calda, si dice così. C’erano delle case nei posti tranquilli dove rimangono per diversi giorni per far crescere la barba, i capelli. Ti fanno imparare come camminare, perché tu devi viaggiare come un pakistano. C’era il barbiere, il parrucchiere, tutto che ti fanno assomigliare al pakistano, non puoi partire con un aspetto così». Le indagini hanno ricostruito le rotte seguite dai «foreign fighters». Una parte da Roma e arriva a Peshawar, in Pakistan. L’altra parte da Milano, passa per Francoforte e arriva a Peshawar. I collaboratori hanno confermato che «si va con documenti falsi. Non puoi viaggiare con i tuoi documenti. Con i tuoi documenti puoi fare, per esempio, Roma-Francoforte, vai con i tuoi documenti, ma lì, nascondi i tuoi e vai con altri documenti falsi, che ti servono per andare lì e poi tornare. Addirittura tornano alla scadenza dei loro documenti. Tornano in Italia due settimane, venti giorni. Tutte queste cooperative, che c’erano, ti davano i contratti di lavoro, le buste paga, come se tu fossi in regola, lavori in Italia che in realtà eri lì in Afghanistan, rinnovi il permesso di soggiorno e tutto e poi torni. E questo succede, succedeva a tanti qui in Italia». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 Il documentario ❞ ESTERI Alla fine della guerra, ho fatto un film più atroce del peggior film d’orrore. Non mi ha più abbandonato Alfred Hitchcock Il campo Donne internate nel campo nazista di Bergen-Belsen nei giorni della liberazione, nel 1945. Il grande regista Alfred Hitchcock lavorò per tre settimane a un documentario girato con immagini provenienti dai maggiori lager nazisti, lavoro che per le circostanze post belliche (la crescente contrapposizion e con l’Urss) finì dimenticato in un archivio di Paolo Mereghetti L’impegno Il celebre cineasta britannico lavorò al docu-film tra giugno e luglio del 1945 zog e regista in proprio — non ha ottenuto il permesso di lavorare sui materiali «F3080». Ne è uscito un documentario sconvolgente, che per la prima volta mostra il lavoro fatto da Hitch, accompagnato dalla voce narrante di Helena Bonham Carter e intitolato Night Will Fall («La notte scenderà», citazione dalla serie Doctor Who: «Demons run when a good man goes to war / Night will fall and drown the sun / When a good man goes to war»). È andato in onda sulla rete franco-tedesca Arte martedì 13 (col titolo Images de la libération des camps) e verrà programmato dall’inglese Channel 4 sabato 24 febbraio. Augurandoci che presto arrivi anche in Italia. Che cosa si vede nel documentario? Le immagini, in gran parte inedite, della liberazione di undici campi, tra cui di Bergen-Belsen, Dachau, Buchenwald, Ebensee, Mauthausen, Majdanek, filmate da quattro operatori militari: gli inglesi Mike Lewis e William Lawrie, l’americano Arthur Mainzen e il sovietico Aleksandr Vorontsos, intervistati da Singer insieme ad altri testimoni, sopravvissuti ai campi, e al pubblico ministero che parlò per l’accusa al processo di Norimberga. Sfortunatamente non esistono riprese dell’incontro, avvenuto all’inizio degli anni Settanta, tra Hitchcock e il fondatore della Cinémathèque française Henri Langlois, che però nelle sue memorie riporta quello che gli aveva confidato il regista: «Alla fine della guerra, ho fatto un film che doveva mostrare la realtà dei fatti avve- La Shoah nelle immagini di Hitchcock Scoperto un anno fa, restaurato, emerge dagli archivi il filmato girato dal grande regista Air. La Rivoluzione Sottile - BTicino. La Rivoluzione Sottile - La Rivoluzione Sottile - sono marchi registrati proprietà BTicino. L’idea era quella di fare un documentario «didattico» che ricordasse ai tedeschi quello che volevano non vedere: gli orrori compiuti nei campi di concentramento. Un film «politico», come si sarebbe detto oggi. Ma eravamo nel 1945, la guerra era finita da pochissimo e l’alleato sovietico stava già diventando il nemico numero uno dell’Occidente: non si poteva caricare sulle spalle della Germania, almeno quella alleata di americani ed europei, un ulteriore senso di colpa. E così, nonostante a firmare quel documentario fosse stato chiamato Alfred Hitchcock, che vi aveva lavorato per sei settimane, tra giugno e luglio del 1945, il progetto era stato accantonato sine die e German Concentration Camps Factual Survey («Un’indagine fattuale sui campi di concentramento tedeschi», questo il titolo di lavorazione) fu archiviato insieme ai materiali ancora non montati nei depositi dell’Imperial War Museum di Londra, sotto la sigla F3080. Alcune di quelle immagini erano poi state mostrate, oltre a quelle girate da altri registi che avevano accompagnato la marcia degli Alleati, come gli americani George Stevens e Samuel Fuller, ma le scene che Hitchcock aveva montato sono rimaste nascoste per settant’anni, finché André Singer — già produttore di Werner Her- 25 nuti nei campi di concentramento nazisti. Atroce. Era ancora più atroce del peggior film d’orrore. Nessuno lo ha voluto vedere. Ma quel film non mi ha più abbandonato». Come mai proprio Hitchcock, che lavorava stabilmente a Hollywood dove aveva appena terminato Prigionieri dell’oceano e Io ti salverò era stato coinvolto in quel progetto? Il merito è tutto di Sidney Bernstein, co-fondatore nel 1925 della London Film Society, dove aveva stretto amicizia con il giovane Hitchcock, «infaticabile antifascista e mi- Air litante contro l’antisionismo», collaboratore negli anni Trenta del ministero dell’Informazione e poi, nel 1954, tra i fondatori di Grenada Television. Quando all’inizio del 1945 i primi campi sono liberati e le prime atroci immagini vengono inviate a Londra, Bernstein convince la Divisione guerra psicologica del Quartier generale delle forze di spedizione alleate a produrre un film «destinato in maniera specifica ai tedeschi, che fosse la prova inattaccabile delle loro atrocità». E Hitchcock accetta la proposta dell’amico, pronto a sob- Il profilo ● Alfred Hitchcock (1899-1980). Nel 1945 lasciò Hollywood per girare un docufilm sulla Shoah che non uscì mai barcarsi un viaggio in nave dagli Usa in Inghilterra dormendo — ha raccontato — «in un dormitorio con altre trenta persone». Segno che il lavoro lo interessava e infatti appena arrivato a Londra si mette al lavoro, insieme allo scrittore inglese Richard Crossman (che scrisse un primo trattamento) e al corrispondente di guerra australiano Colin Wills (che invece stese una vera e propria sceneggiatura). Hitchcock da parte sua dedicò quasi tutto il suo tempo a guardare i materiali che arrivavano dall’Europa, in- Ricordo indelebile «Hitch» confidò, anni dopo, che il lavoro sui campi non lo aveva più «abbandonato» ® La Rivoluzione Sottile di BTicino. SOTTILE COME NESSUNA, VANTAGGIOSA COME NON MAI. PROVATE A COPIARLA! sieme al montatore Peter Tanner. Il regista, forte della sua esperienza cinematografica, cercava soprattutto le riprese in continuo, le panoramiche, «perché nessuno potesse dire che quelle immagini erano state manipolate per falsificare la realtà». Un compito non facilissimo, visti i brevi caricatori delle cineprese 16mm in dotazione all’esercito, ma nel film di Singer ci sono molti esempi di quello che Hitchcock aveva selezionato e affidato a un primo montaggio. Sono immagini strazianti, difficili da sostenere anche a settant’anni di distanza. E più ancora dei volti dei morti, scavati dalle piaghe e dalla fame o maciullati dagli aguzzini, sconvolgono le scene in cui i soldati tedeschi prigionieri sono costretti a caricare i corpi dei morti, li trascinano e li gettano nelle fosse comuni, come se si trattasse di manichini, perché i rischi delle epidemie (soprattutto tifo) rischiavano di propagarsi e non lasciavano spazio né tempo nemmeno per un po’ di pietà. Poi, nell’agosto del ’45, le convenienze della politica fermarono il lavoro, Hitchcock tornò a Hollywood per girare Notorius - L’amante perduta e il materiale girato e in parte montato finì in uno scatolone dell’Imperial War Museum. È riemerso settant’anni dopo, con tutta la sua forza di sconvolgente testimonianza, a confermare quello che Bernstein andava continuamente ripetendo ai suoi collaboratori: «Un giorno capirete che tutto questo valeva la pena». © RIPRODUZIONE RISERVATA 26 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 27 Licenza prorogata a Latorre Per il marò altri 3 mesi in Italia Diplomazie di Luigi Offeddu Il documento Ue per allentare le sanzioni a Putin L’India concede al militare il tempo necessario per la convalescenza La vicenda N avi della flotta russa del Mar Nero presenti ieri fra Egeo, Mediterraneo, Mar Caspio e lo stesso Mar Nero: 26 incrociatori guidati dal «Mosca», già battezzato «Gloria», 45 fregate, 85 «distruttori», navi da sbarco come la «Saratov» della classe «Alligatore», sei corazzate di ultima generazione più altre dieci d’annata. Una presenza che Mosca non ha mai negato di voler rafforzare. Ma non è per paura o non solo per paura che l’altro ieri, a Bruxelles, i capi delle diplomazie dell’Ue hanno discusso su un documento che per la prima volta ipotizza di attenuare le sanzioni europee contro il Cremlino. Ne ha dato notizia il Wall Street ESTERI ● A settembre Massimiliano Latorre (foto) è colpito da ischemia in India e ottiene una licenza per venire in Italia per motivi di salute fino al 13 gennaio ● Il 5 gennaio Latorre subisce un intervento al cuore. Ieri la licenza è stata prorogata ROMA Altri tre mesi in Italia per Massimiliano Latorre e una mozione in votazione oggi a Strasburgo. È appeso a queste due buone notizie giunte ieri il futuro dei due fucilieri di marina accusati in India dell’omicidio di due pescatori, scambiati per pirati. In attesa di una «soluzione definitiva» che tutti, a partire dal ministro degli Esteri e della Difesa, Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, assieme a tutte le forze politiche ieri sono tornati ad auspicare. Ieri Massimiliano Latorre ha potuto festeggiare doppiamente. Per la decisione della Corte Suprema di New Delhi che gli ha concesso la proroga, per motivi umanitari, consentendogli di prolungare la convalescenza dall’intervento chirurgico al cuore. E per le dimissioni dall’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. Un sollievo del tutto temporaneo e blindato dalla pronuncia del giudice Anil R. Dave, che ha concesso il prolungamento del soggiorno in Italia solo a patto che si rispettino gli impegni contenuti in una lettera consegnata alla Corte dalla Difesa del marò: una garanzia scritta, firmata dall’ambasciatore d’Italia in India Daniele Mancini, in cui c’è un impegno a rispettare la nuova scadenza fissata per il rientro di Latorre. «Una notizia positiva», ha commentato il ministro degli Esteri Gentiloni, rimarcando il fatto che si trattava di una «richiesta basata su ragioni umanitarie», ma valutando positivamente che queste ragioni umanitarie siano state riconosciute anche dal rappresentante del governo indiano». «Bene la proroga. Continuiamo a lavorare per la soluzione definitiva», ha aggiunto, via Twitter il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Ma cosa accadrà quando le Pressing della Ue Oggi a Strasburgo si vota una mozione sul caso ragioni umanitarie dovranno lasciare il passo alla soluzione giudiziaria o politica? Qui la faccenda si complica, come ben sa Salvatore Girone che, a differenza del commilitone, è ancora in India con obbligo di soggiorno a New Delhi. Ancora in attesa della formulazione del capo di imputazione. Ma che «la vicenda non sia risolvibile nei tribunali e occorra una soluzione politica», lo fa notare anche l’ex ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid. Per questo ieri a Strasburgo si è tentata una nuova forma di pressione europea: una mozione già discussa ieri che oggi passerà al voto, nella quale si sostiene che la giurisdizione sul caso può essere italiana o europea. Lo ha annunciato con soddisfazione il vicepresidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: «Finalmente si pone il problema a livello euro- peo, per cui non è più una questione italiana, ma dell’Unione: è un’inversione di rotta». Certo è che il conto alla rovescia per Latorre è già scattato. Le condizioni sanitarie non sono ancora rosee, a giudicare dal bollettino medico, di ieri. «Permane la necessità di un prosieguo delle terapie consigliate e un attento monitoraggio nelle prossime settimane dell’evoluzione della sua situazione clinica». Ma, comunque vada il decorso post-operatorio, dovrà tornare tra 90 giorni in India. Ieri la compagna ha dichiarato: «Massimiliano è stanco, sono state due settimane difficili: l’operazione, il ricovero, e poi i diversi esami, anche molto stancanti. Il nostro auspicio è che in questi tre mesi la situazione si possa risolvere definitivamente». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA Lo scenario di Guido Santevecchi Journal, ma se ne parlava già da giorni. Lo avrebbero preparato gli analisti dell’Alto rappresentante per gli affari esteri Ue, Federica Mogherini, e ora verrà inviato ai capi di governo. Il testo proporrebbe all’Ue un «approccio più attivo», che dovrebbe essere «selettivo e graduale», e condizionato ad alcune prime concessioni della Russia in tema di Ucraina. Francia e Italia sarebbero i sostenitori principali dell’idea, l’Italia per ovvi motivi economici e la Francia anche per certe memorie storiche (non si parlava francese alla corte degli Zar, non si coniugavano anche in francese i maestosi sogni di Tolstoj?). La Germania punta ufficialmente i piedi all’idea di «graziare» a metà Putin, ma tiene d’occhio il libro-cassa: è lei, il primo partner commerciale di Mosca. Quella flotta fra Mediterraneo e Mar Nero, certo, preoccupa. E preoccupa il digiuno energetico imposto quasi a tutti da Mosca. Ma molto di più, desta allarme ciò che accade dentro l’impero di Putin, attanagliato dalla peggiore crisi economica degli ultimi 15 anni, anche a causa delle sanzioni Ue. Il governo ha appena lanciato un appello alla calma. Se il Cremlino dovesse sbandare, potrebbe ricorrere alla valvola di sfogo più antica: quella militare. «La Russia non si isolerà dal resto del mondo», dice il premier Dmitri Medvedev. Ma forse non promette: implora. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE 36 miliardi di euro, messi a bilancio per la spesa militare (+2%), un record dalla fine della Seconda guerra mondiale 132 miliardi di dollari (+12%) il bilancio militare stanziato dalla Cina lo scorso anno, pari a più di tre volte quello giapponese 20 aerei da pattugliamento antisommergibile P-1, tre droni Global Hawk, 5 V-22 Osprey e 6 caccia F-35 in dotazione all’Aviazione PECHINO È un bilancio dai molti primati quello approvato ieri dal nuovo governo di Tokyo per il 2015: oltre 96 trilioni di yen, 696 miliardi di euro. E il capitolo per la spesa militare sale a 36 miliardi di euro, il record nella storia del Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Per il terzo anno consecutivo il premier Shinzo Abe, che a dicembre ha vinto le elezioni anticipate, ha aumentato il budget della difesa, questa volta del 2% rispetto al 2014. «Una necessità legata al cambiamento di situazione intorno a noi», ha detto il ministro della Difesa Nakatani riferendosi alla contesa con la Cina per le isole Senkaku (che Pechino chiama Diaoyu e rivendica). Nakatani, nominato a dicembre, ha spiegato nei giorni scorsi che navi cinesi continuano a violare le acque territoriali giapponesi intorno alle isole, che in più occasioni le unità della Marina cinese hanno attivato i radar con procedure provocatorie e gli aerei da caccia hanno volato «a distanza ravvicinata e anormale da apparecchi giapponesi». Per questo alle forze armate di Tokyo serve un deterrente credibile, ha concluso il ministro, ex militare di carriera. I 36 miliardi di euro messi a bilancio quest’anno fanno parte di un programma per dare all’esercito di Tokyo 20 aerei da pattugliamento antisommergibile P-1, tre droni Global Hawk prodotti dalla Northrup Grumman, cinque apparecchi V-22 Osprey e sei caccia F-35 stealth. La Marina avrà due cacciatorpediniere con sistema radar Aegis e 30 mezzi per operazioni anfibie che equipaggeranno una nuova unità modellata sul corpo dei Marines americani: un apparato bellico studiato per tenere testa alla Cina. Shinzo Abe, impegnato nel Il Giappone mostra i muscoli Budget record per la Difesa contro le provocazioni cinesi tentativo di recuperare un dialogo con il presidente cinese Xi Jinping dopo quasi due anni di rottura, spiega il bilancio con un’espressione più cauta: «Pacifismo attivo». Assicura di non avere intenzione di tornare al passato militarista, di non voler stravolgere la Costituzione pacifista (che fu imposta dagli americani alla fine della guerra mondiale); spiega che il nuovo Giappone dev’essere in grado di combattere al fianco degli alleati in caso di una crisi, che potrebbe essere innescata per esempio da un attacco nordcoreano nella regione. Le parole di Nakatani hanno provocato la replica cinese: «Il ministro giapponese inventa la “minaccia cinese” per i suoi scopi». È un fatto comunque che il bilancio militare della Cina l’anno scorso è aumentato del 12 per cento, salendo a 132 miliardi di dollari, tre volte quello giapponese. Con questi presupposti il 15 agosto si celebra il 70° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale nel Pacifico. Le relazioni del Giappone con Cina e Sud Corea sono ancora avvelenate dal risentimento per l’aggressione giapponese e Pechino continua ad esigere scuse e pentimento dal governo di Tokyo. In realtà, diversi primi ministri nipponici si sono espressi: nel 1991 Miyazawa chiese per- «Pacifismo attivo» Abe nega un ritorno al passato militarista. Ma il riarmo «serve alle mutate condizioni» dono «per l’insopportabile tormento» inflitto dall’esercito imperiale ai Paesi vicini; nel 1995 Murayama confermò «profondo rimorso»; nel 2001 Koizumi depose una corona di fiori in Sud Corea. Shinzo Abe nel 2013 è andato allo Yasukuni, il sacrario dove con milioni di caduti giapponesi sono onorati anche 14 generali e politici condannati per crimini di guerra, riaprendo la ferita. Ha anche detto che non ripudierà le dichiarazioni dei suoi predecessori. Abe non si inginocchierà con gli occhi bassi come fece nel 1970 il tedesco Willy Brandt al ghetto di Varsavia, ma il suo discorso il 15 agosto potrebbe essere un punto di svolta, se anche la Cina saprà perdonare il passato. @guidosant © RIPRODUZIONE RISERVATA Deterrente Una flotta di incrociatori delle «Forze di autodifesa giapponesi» in navigazione. La spesa militare approvata nell’ultimo bilancio, per fornire «un deterrente credibile» al Giappone, prevede anche due cacciatorpediniere e 30 mezzi anfibi per la Marina (Reuters) 28 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 29 30 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 31 Cronache Procura di Milano, mediazione al Csm Robledo a Venezia finché resta Bruti La Corte dei conti Spese all’Ikea e per il compleanno con i soldi del Pdl «Minetti restituisca 13 mila euro» Nessun verdetto sul merito dello scontro: e il vice tornerà dopo la pensione del capo La «mediazione istituzionale» del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, sembra propiziare la tregua in Procura a Milano: oggi la prima commissione del Csm, invece di decidere se il procuratore Edmondo Bruti Liberati o il suo vice Alfredo Robledo o entrambi nuocciano all’ufficio per le accuse che si sono reciprocamente scambiati a partire dall’esposto 10 mesi fa di Robledo, accantonerà la procedura di eventuale incompatibilità ambientale; Bruti resterà capo a Milano fino alla pensione il 31 dicembre 2015; il Csm creerà le condizioni per l’urgenza di coprire un posto di sostituto procuratore generale a Venezia; e Robledo raccoglierà questo interpello e si offrirà volontario un anno a Venezia, potendo poi così subito tornare in Procura a Milano (dove nel frattempo Bruti sarà andato in pensione), e contando anche di riprendere il proprio posto di capo del pool anticorruzione dal quale era stato sollevato da Bruti. Andrebbe bene a tutti perché salverebbe la faccia di tutti. Legnini potrà marcare un successo personale, se tale si misura la capacità di mettere la Procura al riparo da un conto alla rovescia dilaniante che già l’ha ammaccata. Robledo, che riteneva i propri argomenti schiacciati dalla contraerea pro Bruti al Csm (la corrente di Md, la sponda di laici di centrodestra, l’appoggio del presidente della Repubblica uscente), imboccherà una comoda via d’uscita temporanea a Venezia, manterrà la chance di tornare a breve al proprio posto e potrà dirsi pago di veder riconosciuta la dignità del proprio esposto nel momento in cui Legnini assicura che il Csm ridiscuterà in generale i rapporti tra potere gerarchico dei capi delle Pro- 10 I mesi trascorsi da quando Robledo ha presentato l’esposto al Csm cure e autonomia dei vice e dei singoli pm. Bruti potrà mantenere la guida della Procura nel cruciale periodo di Expo 2015 e salutare con soddisfazione che l’ufficio (di cui rivendica standard di efficienza) recuperi la serenità a suo avviso compromessa dall’asserito solipsismo di Robledo. E il Csm si risparmierà lo psicodramma di una resa dei conti. Ma l’allineamento astrale, per poter funzionare, postula taciti corollari. I consiglieri Csm devono evidentemente accettare di farsi trattare come dei juke-box, che possono essere attivati o spenti a seconda delle sollecitazioni interne (di corrente) o esterne (di input istituzionali). Il futuro procuratore di Milano del 2016, chiunque sarà, partirà già dimezzato, perché l’unico modo per Robledo di essere sicuro di poter rientrare a capo del pool anticorruzione sarebbe che al momento della nomina qualcuno al Csm facesse presente al suc- I gameti arrivano dall’estero Pochi i donatori per l’eterologa Per le tante coppie italiane in lista per effettuare la fecondazione eterologa, la cicogna arriverà dall’estero: a 7 mesi dalla sentenza che ha reso possibile l’eterologa anche nel nostro Paese, infatti, mancano le donazioni di ovociti e si sta registrando un vero boom di richieste di gameti esteri. cessore di Bruti la necessità di adempiere a una implicita cambiale accesa ora per disinnescare la mina; e ugualmente dimezzato sarà il prossimo dirigente del pool, che Bruti (oggi titolare della delega) deve ancora individuare, e che la logica del «pacchetto» vorrebbe fosse nominato solo a titolo provvisorio, dovendo tacitamente ri-lasciare il posto a Robledo al suo rientro. La corsia preferenziale per coprire un posto vacante di pg a Venezia suonerà schiaffo per le disagiate sedi giudiziarie che, specie al Sud, analoga premura in passato non hanno sperimentato. E ingenua resterà l’attesa di sapere se dimenticare (Bruti) una delicata indagine in cassaforte per tre mesi sia svista neutra; se depositare (Robledo) i soldi di un maxisequestro secondo le modalità di legge sia un obbligo o un optional; e se il vero o il falso sia stato detto al Csm da chi afferma (Bruti-Boccassini) o nega (Robledo-GdF) il sovrapporsi di un doppio pedinamento nelle indagini Expo. La deludente lezione implicita è che i problemi in toga non si risolvono: si aggiustano. Le frizioni non si eliminano: si aggirano. Torti e ragioni non si appurano: si cloroformizzano in funzione delle mutevole geometrie. Vie d’uscita si trovano non nelle sedi istituzionali, ma circumnavigandole in colloqui esplorativi e telefonate informali. I proclamati rigidi principi diventano, alla bisogna, pastafrolle. I fatti non si chiariscono in veri o falsi, ma si lasciano galleggiare nell’indeterminatezza che li elide. La polvere non si spazza, ma si butta sotto il tappeto. Fino alla prossima (perduta) occasione. Luigi Ferrarella [email protected] Chi sono ● Edmondo Bruti Liberati (nella foto in alto), 70 anni, è il procuratore capo della Procura di Milano. Bruti Liberati è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati ● Alfredo Robledo (foto qui sopra), 64 anni, è procuratore aggiunto a Milano ● Dopo un anno a Venezia Robledo tornerà a Milano, spera di nuovo alla guida del pool tangenti © RIPRODUZIONE RISERVATA «L’azienda di Tiziano Renzi? Se necessario agiremo» Finanziamenti alla società del padre del premier, interviene Rossi: ma no a strumentalizzazioni FIRENZE Una società che cambia proprietari, pur rimanendo in famiglia, chiede un finanziamento con coperture e garanzie offerte dalla finanziaria della Regione Toscana e poi si trasferisce a Genova. E che in poco tempo cambia «genere»: da maschile diventa femminile per poi tornare ancora una volta maschile. Sembrano tutto sommato inezie amministrative e invece questi cambi e trasferimenti repentini, insieme alla divisione dell’azienda in due rami (buono e cattivo), avrebbero un valore monetario non proprio irrilevante (da 60 mila a 263 mila euro) e potrebbero aver violato le regole di Fidi Toscana che garantisce con soldi pubblici le imprese in difficoltà in cerca di finanziamenti. Se poi alla vicenda si aggiungono i nomi di Tiziano Renzi, delle figlie Matilde e Benedetta e della moglie Laura Bovoli, rispettivamente padre, sorelle e madre del premier, e che la Regione Toscana ammette qual- che presunta irregolarità sulle procedure, ecco che tutto diventa un nuovo caso. Tanto da far intervenire il presidente della Toscana, Enrico Rossi: «Se ci saranno da prendere provvedimenti li prenderemo senza scadere nella strumentalizzazione politica, che mi sem- La Consulta: referendum inammissibili Tribunali tagliati, no ai quesiti I referendum sulla riforma della geografia giudiziaria sono inammissibili. È la decisione della Consulta sui tre quesiti referendari promossi dai consigli regionali di Basilicata, Puglia, Sicilia, Abruzzo e Campania. I referendum abrogativi riguardavano la riorganizzazione degli Uffici giudiziari e in particolare le misure relative alla soppressione di 30 tribunali ordinari, delle corrispondenti Procure e di 220 sezioni staccate di tribunali ordinari, oltre alla mancata previsione nell’ordinamento giudiziario dei circondari dei tribunali soppressi. © RIPRODUZIONE RISERVATA bra piuttosto montata» ha detto il governatore. Si parla ancora di Chil Post, la società fallita di Tiziano Renzi sulla quale indaga per bancarotta fraudolenta la Procura di Genova. Non c’è un nuovo sviluppo giudiziario, bensì l’apertura di un filone politico-amministrativo, innescato da un’interrogazione del consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli; questi ha sollevato dubbi sulla concessione di un fido da 437 mila euro garantito alla Chil e solo in parte restituiti; la risposta dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gianfranco Simoncini, sembra in parte dare ragione a Donzelli. «Il passaggio da società maschile a femminile sembra un escamotage per prendere più soldi — sottolinea il consigliere di Fdi —. Le regole di Fidi Toscana prevedono infatti un’erogazione del 60% a copertura di prestiti di aziende maschili e dell’80% per quelle fem- minili. Tiziano Renzi ha deciso di cedere l’azienda a moglie e figlie che, dopo aver ottenuto i soldi, l’hanno passata ancora al padre e marito. E tutto questo senza informare, come da regolamento, Fidi Toscana». Nella risposta all’interrogazione la Regione, ha ammesso che effettivamente «le informazioni non sono state comunicate» e ha invitato «gli organi di Fidi a compiere ogni verifica». Donzelli ha chiesto di recuperare eventuali soldi incassati dalla famiglia Renzi irregolarmente. Di opposto parere Federico Bagattini, legale di Tiziano Renzi: «L’operazione è stata del tutto regolare tanto da non costituire un profilo di addebito mosso dalla Procura di Genova. Noi ci confrontiamo da una parte con i magistrati di Genova e dall’altra con il giudice civile e penale in caso di affermazione non vere e lesive della reputazione del nostro cliente». Marco Gasperetti © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è ● Tiziano Renzi (nella foto) è il padre del premier Matteo Renzi. È stato titolare della Chil Post, azienda che per ottenere finanziamenti previsti per l’imprenditoria femminile fu ceduta da Renzi senior alla moglie e alle figlie MILANO Il party per il compleanno e la spesa all’Ikea, assolutamente no, e neppure c’è ragione perché l’acquisito del libro «Mignottocrazia» possa in qualche modo essere fatto passare come spesa legata al mandato politico. Dopo quella penale, a novembre, a tre anni per favoreggiamento della prostituzione nell’appello del processo Ruby, ora sull’ex consigliera regionale del Pdl Nicole Minetti si abbatte anche la condanna della Corte dei conti della Lombardia a versare all’erario circa 13 mila euro. Condannato anche l’allora capogruppo del Pdl Paolo Valentini Puccitelli che, per aver avallato le note spesa della Minetti senza verificarle, dovrà pagare 6.513 euro. L’ex valletta eletta nel 2010 nel listino bloccato di Formigoni è uno dei 64 consiglieri lombardi di maggioranza e opposizione accusati di peculato nell’inchiesta sui rimborsi spese per milioni di euro per i quali il 2 febbraio comincerà l’udienza preliminare del gup Fabrizio D’Arcangelo. Dall’inchiesta penale il procuratore regionale della Corte dei conti Antonio Caruso e il sostituto Alessandro Napoli hanno aperto una serie di procedimenti contabili che via via arrivano alla sentenza. Le spese «devono rispondere a criteri di decoro, sobrietà ed economicità», scrivono i giudici e non lo fanno gli 832,80 euro spesi dalla Minetti all’Hotel Principe di Savoia l’11 marzo 2011, giorno del suo ventiseiesimo compleanno, oppure i 129,41 pagati a maggio 2010 all’Ikea e Leroy Merlin per comprare alcuni oggetti e i 16 per il libro di Paolo Guzzanti, un volume «all’evidenza estraneo a ogni esigenza di aggiornamento». La maggior parte dei rimborsi riguarda spese per taxi, consumazioni al bar e al ristorante per una sola persona che, come tali, non sono di «rappresentanza» ma «del tutto private e personali». I giudici, però, mitigano almeno in parte le responsabilità della Minetti perché nel Consiglio regionale della Lombardia quella delle spese pazze è stata «una prassi preesistente e risalente» a prima dell’elezione di una delle ospiti più presenti alle cene e ai dopocena di Arcore. Giuseppe Guastella [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera CRONACHE # L’INCHIESTA LE SPESE DEI MUNICIPI Il Comune che investe in matite e quello che sperpera per le liti In rete ● Matteo Flora, della «The Fool» di Milano (Monitoraggio, moderazione, gestione e tutela Legale della reputazione online) ha realizzato il portale soldipubblicireloaded (soldipubblici. mgpf.it) per dare la possibilità a tutti gli italiani di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie spese ● Le cifre sono ottenute dalla banca dati Siope (Sistema informativo operazioni pubblici enti) della Banca d’Italia, anche se non aggiornata in ogni sua parte ● Alcuni giorni fa un’operazione «trasparenza» sulle spese delle amministrazioni locali è stata lanciata anche dal governo con il sito soldipubblici.gov.it ● A realizzare il sito è stata l’équipe guidata da Giovanni Menduni del Politecnico di Milano basandosi «scrupolosamente sui dati ufficiali» proprio del Siope di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella SEGUE DALLA PRIMA È un pozzo senza fondo di informazioni fondamentali, numeri assurdi e curiosità, il sito soldipubblici.mgpf.it. Navighi un po’ e ti poni domande bizzarre: con chi sono in guerra a Micigliano, in provincia di Rieti, per spendere in «liti e patrocinio legale» 356 euro pro capite contro il miserabile centesimo (un cent!) del comune di Pisa o gli zero (zero carbonella) centesimi di altre migliaia di municipi? Oppure: quali animali si sono comprati a Barengo, in provincia di Novara, per spendere 26 euro abbondanti a testa contro i 2 centesimi di Nocera Inferiore? E cos’è questo «global service» che ha fatto scucire al Comune di Spoleto quasi 217 euro per ogni cittadino se a Pavia non hanno tirato fuori una sola monetina? Il pasticcio dei codici fiscali In realtà, molti dati vanno presi con le pinze. È ovvio, ad esempio, che il Comune di Longarone non spende un milione e mezzo di soldi pubblici per ogni cittadino: il guaio è che la banca dati originaria, il Siope (Sistema Informativo Operazioni Enti Pubblici) di Bankitalia, non è stato ancora aggiornato di recenti ritocchi. Vedi appunto Longarone, che dopo la fusione con Castellavazzo risulta avere 6 abitanti invece di 5.433. Peggio, la nuova realtà comunale conserva il nome di prima ma con due codici Istat, due codici fiscali... E pasticci simili sono segnalati per altri sei Comuni: Montoro, Fabbriche di Vergemoli, Scarperia, San Piero, Tremezzina e Val Brembilla. Un peccato, certo. Ma secondario rispetto alla massa enorme di numeri che consentono per la prima volta agli abitanti di Portofino o Bergolo, Marsala o Luserna, come dicevamo, di fare dei paragoni. E capire se il loro municipio, rispetto per esempio ai Comuni vicini, è amministrato bene o male. Per poterne poi chiedere conto. Una trasparenza che, rimossi i piccoli errori iniziali grazie alle inevitabili precisazioni di questo o quel municipio, dovrebbe consentire poi un maggiore controllo pubblico dei conti. E di conseguenza non solo contenere le spese ma arginare la corruzione che conta proprio, per prosperare, sul caos totale dei bilanci. Un sito web mette a confronto i bilanci delle amministrazioni: Pomezia sborsa per cancelleria 1,4 milioni; Micigliano 356 euro pro capite in parcelle di avvocati I dati Cifre in euro Totale Pro capite Spese per il trasporto pubblico locale (prime dieci città) 784.492.898,89 621 Milano 700.033.473,94 265 Roma Palermo Brescia Bari 157 91.523.944,31 Genova Venezia 230 220.825.353,16 Napoli 252 65.454.506,15 85 55.891.519,61 263 49.672.116,93 112 35.207.596,26 Catania 27.256.180,38 93 Padova 24.163.495,99 116 Spese per lo smaltimento dei rifiuti (prime dieci città) 521.459.529,51 Roma 305 292.631.662,81 Napoli 234 204.378.416,98 Torino 197 238 301.303.882,33 Milano Genova 123.134.651,4 211 Palermo 122.551.471,61 187 318 82.644.205,66 La squadra e le falle del sistema Venezia E dunque evviva Riccardo Luna, il giornalista esperto di startup innovative pubblicamente ringraziato per questo lavoro anche da Matteo Renzi. Evviva l’équipe di Giovanni Menduni del Politecnico di Milano che basandosi sui dati del Siope ha battezzato il sito soldipubblici.gov.it segnalando con onestà le iniziali discrepanze. Ed evviva Matteo Flora, della «Thefool» di Milano (Monitoraggio, Moderazione, Gestione e Tutela Legale della Reputazione Online) che ha fatto il passo successivo costruendo il portale soldipubblici.mgpf.it per dare la possibilità a tutti di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie spese. Certo, il sistema zoppica sulle varie voci dei bilanci. Che differenza c’è tra gli «incarichi professionali esterni» e gli «incarichi professionali»? Peggio ancora, certe caselle sono così generiche, come scrivevamo, da lasciare spazio a ogni interpretazione: «altre spese per servizi», «altri tributi», «altre infrastrutture» e così via. Prova provata della necessità di cambiare le regole definendo una volta per tutte per ministeri, Regioni, Province (finché ci saranno) e Comuni le diciture che possono essere utilizzate. Così da permettere di capire se sotto la dicitura «altri contratti di servizio» c’è una serata di fuo- Bologna 70.182.279,75 184 Bari 63.679.485,68 203 Padova 292 60.694.126,38 Spese per manifestazioni e convegni (prime dieci città) Salerno 47 6.287.662,43 1 Roma 5.120.109,09 Milano 4.513.816,46 3 Venezia 3.596.225,16 13 Verona 3.118.703,94 12 San Remo 2.252.818,91 41 Trieste 1.641.599,02 8 Prato 1.634.112,53 8 Padova 1.621.423,0 7 Jesolo 1.542.072,39 62 Fonte: sportale “Soldipubblici-reloaded” (soldipubblici.mgpf.it) Molti dati vanno presi con le pinze, tra tante voci generiche come «altri tributi», «altre spese per servizi» e «altre infrastrutture». In «rimborsi anticipazioni di cassa» sono stati versati ben 4 miliardi e mezzo di euro. Come sono stati impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i cassieri 454,4 € Quanto paga all’anno ognuno degli abitanti di Moncenisio (Torino) per le indennità degli organi istituzionali. È il comune con la cifra pro capite più alta d’Italia Corriere della Sera chi artificiali, un cenone clientelare o l’appalto per le fognature. I miliardi «scomparsi» Torniamo ai 4 miliardi e mezzo dei «Rimborsi anticipazioni di cassa», metà di quanto i Comuni hanno speso nel 2014 per gli stipendi del personale, nove miliardi. Come sono stati impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i cassieri municipali. Si tratta infatti di somme loro affidate per pagamenti in contanti dei quali non esistono riscontri immediati. Ci saranno magari il mese successivo, quando si scoprirà se sono stati usati ad esempio per viaggi o formazione professionale. O si capirà, per intuizione, dal rendiconto del bilancio. Ma la classificazione Siope non dice nulla di più. Una follia: la trasparenza esclude zone grigie. Per non dire di altre sovrapposizioni e intrighi che appaiono studiati apposta per non far capire nulla. Ci sono «trasferimenti correnti ad imprese di pubblici servizi» (253 milioni) e poi «trasferimenti correnti ad aziende speciali» (220 milioni), e poi «trasferimenti correnti ad altri enti del settore pubblico» (1,3 miliardi!) e «trasferimenti correnti ad altri» e «trasferimenti in conto capitale ad altri» e «trasferimenti correnti a imprese pubbliche»... Di cosa parliamo? Di cosa? Le categorie «gemelle» E cosa distingue i soldi per «Beni di valore culturale, storico, archeologico e artistico» e quelli per le «opere artistiche»? E come vanno distinti i denari spesi per «fabbricati civili a uso abitativo, commerciale e istituzionale» (1,3 miliardi!) e le «locazioni» (389 milioni) e gli «altri beni immobili» (un miliardo e 552 milioni!) e la «manutenzione ordinaria e riparazione di immobili» (752 milioni!) e le «altre spese di manutenzione ordinaria e riparazioni» pari a 571,6 milioni? E che differenza c’è fra «beni di rappresentanza» e i «servizi di rappresentanza»? Non esiste nemmeno la certezza che in quelle voci i Comuni mettano tutti le stesse cose. L’addetto che materialmente compila i mandati ha sì l’obbligo di metterci un codice: ma lo sceglie lui. Lui! E il tesoriere che stacca l’assegno non è tenuto a controllare che sia giusto, ma solo che un codice ci sia. E così sarà fino al prossimo 15 marzo, quando l’obbligo di fattura elettronica per le pubbliche amministrazioni almeno questo problema, Deo gratias, dovrebbe risolverlo. Le spese dei più piccoli Eppure, nonostante il guazzabuglio, qualcosa di come gli enti locali spendono i soldi si riesce finalmente a capire, grazie soprattutto al numeretto che gli «hacker» hanno messo accanto a ogni cifra: il valore pro capite, appunto. Quel numeretto dice, ad esempio, che certe dimensioni lillipuziane dei municipi non hanno senso. Il Comune più piccolo d’Italia, Pedesina in Provincia di Sondrio, paga per le indennità del sindaco e dei consiglieri comunali 9.358 euro: tanto quando spende (9.679 euro) alla voce «competenze per il personale a tempo indeterminato», forse un unico impiegato part-time. Fanno 283 euro a testa. Ovvio, con 33 abitanti, un sindaco e 11 consiglieri comunali... Moncenisio di consiglieri ne ha 11 per 34 abitanti, e spende ancora di più: 15.449 euro. Sono 454 euro a persona, che fanno di quel paese torinese il posto dove si stanziano più soldi pro capite per mantenere i pubblici amministratori. E anche per le consulenze: sempre che per «incarichi professionali» si intendano quelle. La spesa pro capite nell’ultimo anno è stata di 955 euro. Per un totale di 32.495 euro. Una cifra modesta, in assoluto. Neppure paragonabile con i 75,1 milioni (28 euro pro capite) di una città come Roma. Ma la dice lunga su quanto l’accorpamento dei Comuni minuscoli, pur nel rispetto delle tradizioni storiche e del diritto di rappresentanza, sia indispensabile per mettere sotto controllo la spesa. Pro capite a confronto I confronti, sul pro capite, possono essere micidiali. Gli amministratori locali a Roma costano 7,8 milioni: due euro per abitante. Che salgono a 3 a Milano, 5 a Napoli, 6 a Palermo, 11 Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 CRONACHE 33 # Le città che spendono di più 3.074 Milano Dati in euro 2.867 Brescia 3.880.739.341,79 2.323 2.159 Trento 540.536.709,37 Pro capite 1.822 Trieste Bolzano 249.451.907,12 Totale 241.422.779,52 366.629.922,07 2.992 3.442 Venezia Alessandria 267.645.130,52 892.423.964,51 1.915 1.853 Torino Padova 1.670.748.859,38 384.126.554,17 1.713 1.422 Genova Verona 998.080.801,55 360.420.093,07 1.704 1.587 Bologna Parma 648.669.792,8 282.077.394,15 1.580 1.221 Bari Modena 382.469.603,46 283.515.010,01 2.125 1.807 Napoli Prato 2.038.637.057,48 338.309.667,25 4.089 1.769 Cagliari Salerno 264.671.724,38 539.551.469,47 10.086 1.910 1.792 Messina Firenze 434.171.471,02 699.372.402,98 1.912 Perugia 3.472 1.747 L’Aquila Roma 311.785.137,56 1.293 4.610.969.990,3 688.958.963,54 Catania Palermo 847.127.849,02 1.009.464.206,89 Fonte: portale «Soldipubblici-reloaded» (soldipubblici.mgpf.it) a Cosenza, 12 a Siracusa e Caserta, 13 euro a Bolzano, 14 a Messina, 15 a Chieti, 22 a Vibo Valentia, 24 ad Aosta... Per carità, è chiaro che più piccola è una realtà e più lo stesso identico servizio costa. Ma una regolamentazione fissa sui gettoni di presenza decisi a livello nazionale in rapporto anche agli abitanti appare indispensabile: i 498 milioni stanziati nel 2014 per le indennità e i gettoni alle giunte e ai consiglieri comunali potrebbero essere spesi più equamente. Prendiamo una delle voci più grosse? Lo smaltimento dei rifiuti, che costa agli italiani quasi 8 miliardi e mezzo l’anno. Il Comune di Napoli nel 2014 ha sborsato 305 euro per ogni cittadino, Venezia 318: ovvio, in una città dove i turisti sono quotidianamente il triplo degli abitanti la raccolta differenziata è complicatissima. Ma si possono spendere 684 euro pro capite a Porto Cesareo, 760 a Capri, 802 a Caorle? Fermo restando, si capisce, che non sempre un’alta spesa pro capite denuncia una mancanza di efficienza. Prendiamo il trasporto pubblico locale: il Comune dove il costo è più elevato è Milano: 621 euro per abitante, contro i 265 di Roma, i 230 di Napoli, i 263 di Brescia e addirittura gli 85 di Palermo. La qualità del servizio di trasporto nel capoluogo lombardo non è minimamente paragonabile, però, non solo con quella dei capoluoghi siciliano o campano, ma neppure quella di Roma. Dove l’incasso dei biglietti è la metà rispetto a Milano e una società come l’Atac, fosse privata, sarebbe già fallita. E i servizi scolastici? A Milano si spendono 33 euro per abitante. Niente, in confronto ai 118 di Basiglio, il Comune più ricco d’Italia, o ai 108 di Maranello, il paese della Ferrari. In confronto ai 21 di Potenza, però, si tratta di un’enormità. Ma anche in rapporto ai 17 di Firenze, agli 11 di Li- Corriere della Sera Il paese più piccolo d’Italia, Pedesina, in provincia di Sondrio, conta 12 consiglieri su 33 abitanti: soltanto per le indennità degli eletti se ne vanno 9.358 euro vorno, agli 8 di Catania e Latina, ai 7 di Cagliari, ai 6 di Catanzaro... Onestamente: siamo sicuri che i servizi milanesi, in questo settore, valgano tre volte quelli livornesi? È qui che servono, i confronti. Com’è possibile che Milano nel 2014 per la voce «servizi ausiliari e pulizie» abbia speso 23 euro per abitante e Roma solo 7? Risponderete: la differenza si vede. Ma come la mettiamo con Potenza, che ne ha spesi 103? E Salerno: 120? E Muggia, che di euro ne ha investiti 138, può davvero dimostrare che valeva la pena di stanziare il triplo pro capite di Trieste (44 euro) con la quale confina? È così abissale, la differenza, o c’è qualcosa che non torna? 752 Milioni di euro Sono stati spesi dai Comuni in un anno alla voce «manutenzione ordinaria e riparazioni di immobili» «Varie e generiche» Della serie «varie e generiche»: a cosa si riferisce la voce «altri materiali di consumo» che assorbe in totale 518 milioni e vede in testa per numeri assoluti Ragusa e nel pro capite il borgo sudtirolese di Tires? Pennarelli, fotocopiatrici o sci? E come mai alla voce «Mezzi di trasporto» Roma risulta avere speso nell’ultimo anno 77,1 milioni contro 4,2 di Milano? Spese improvvise e non previste? Una cosa è certa. Una volta messa a punto la banca dati online con le precisazioni e le contestazioni di questo e quel Comune, nulla sarà più come prima. Già oggi i cittadini di Pomezia, per dire, hanno il diritto di chiedere: come mai per «carta, cancelleria e stampati» la città spende 1,4 milioni e cioè più di Milano (988 mila), Catania (971 mila) o Roma (769 mila)? E perché, si interrogheranno a Roio del Sangro, il loro Comune per «pubblicazioni, giornali e riviste» sborsa 53 euro pro capite contro i 2 di Trento? E come mai Cittareale ha speso 186 euro pro capite di «derrate alimentari»? Tempi duri, per gli amministratori spendaccioni. Purché non ci si accontenti di questo primo assaggio di trasparenza e si metta mano infine al modo insensato di fare i bilanci. E purché, dopo quelli comunali, vengano messi online, con la stessa chiarezza, i bilanci delle Regioni e dei ministeri. Che al momento, però, sembrano un po’ sordi... © RIPRODUZIONE RISERVATA I bilanci ● Più in profondità nella lettura dei bilanci dei Comuni italiani si scopre, per esempio, che quello di Milano è — nel Paese — la realtà che spende di più per l’acquisto dei quotidiani. Il capoluogo lombardo spende 1,23 milioni di euro (questo stando all’ultimo rilevamento). Al secondo posto c’è il Comune di Reggio Emilia che sborsa 603 mila euro. Quindi Trieste (460 mila euro), Campi Bisenzio (367 mila euro) e Bolzano (330 mila euro). Roma spende poco più di 47 mila euro ● Milano risulta anche al primo posto per quanto riguarda l’indennità degli organi istituzionali con una cifra che supera gli 88 milioni di euro. Segue Roma, che spende meno di un quarto rispetto al capoluogo lombardo (20 milioni di euro). Al terzo gradino c’è Napoli (15,1 milioni di euro), seguita da Torino (13,47 milioni), quindi Trento (12,5 milioni) Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera CRONACHE ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA 34 Il progetto ROMA Tutela dell’acqua, dei ma- Fusti radioattivi stoccati da anni «Intervenga il premier» Le parole ri, della flora e della fauna. Alimentazione sostenibile. Gestione dei rifiuti. Servizi ecosistemici. E poi, per i più grandi: green economy, green jobs e green talent, città sostenibile, inquinamento, consumo del suolo e rifiuti, adattamento ai cambiamenti climatici, incluso il dissesto idrogeologico. Tutto ciò si chiamerà «educazione ambientale» ed entrerà a scuola, dalla materna fino alla maturità. Fin dal prossimo settembre. Obbligatoria. L’hanno studiata insieme il ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione che han- ● I «nativi ambientali», secondo le intenzioni del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, sono quei bambini che imparano prima a fare la raccolta differenziata che a scrivere o a usare il computer Il ministro Giannini: «Un percorso didattico per preparare i ragazzi a comportarsi in modo virtuoso» no preparato un librone di duecento pagine con linee guida, spunti e materiali didattici per i docenti che dovranno trasmettere agli studenti una vera e propria «cultura ambientale» perché diventino, a dirla con il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, dei «Nativi ambientali», dal nome del progetto dei due ministeri. Non sarà proprio una materia a sé stante, ma si integrerà con tutte le altre, nell’orario esistente, che siano scienze, geografia, storia e perfino inglese, perché, dice Galletti, «oggi la cultura ambientale ha la stessa importanza delle altre materie, qui si parla della sopravvivenza del nostro pianeta: in Italia lavoriamo sempre in emergenza, invece se ognuno avesse rispetto per il proprio giardino non ci sarebbe bisogno di insegnarlo a scuola, non ci sono alternative». E allora, aggiunge la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, «bisogna costruire un percorso didattico per preparare i ragazzi ad un comportamento virtuoso, nella scuola deve entrare una cultura rivolta a questi temi: l’ambiente come il cibo, sono due argomenti per i quali abbiamo stabilito un programma per le scuole in vista dell’Expo 2015». Il progetto verrà firmato dai due ministri in febbraio a Casal di Principe dove le scuole locali con l’uni- In un Comune del Tarantino Clima, rifiuti e biodiversità: in classe si studia l’ambiente Nel 2016 tematiche verdi obbligatorie dalle materne alla maturità 2,6 Milioni Gli studenti della scuola primaria sono 2.596.200 7,8 Milioni Sono tutti gli studenti della scuola statale nel 2014-2015 versità di Napoli hanno realizzato un centro di cultura ambientale. Ma in realtà in quasi tutte le classi, dall’asilo in su, l’ambiente è già molto presente: che si insegni ai più piccoli la raccolta differenziata o si parli agli istituti tecnici di energia rinnovabile, i «nativi ambientali» sono già molto informati. Il punto, spiega la Giannini, «è che questa impostazione non sia più una cosa occasionale, lasciata alla bravura dei singoli docenti, ma che diventi parte dell’insegnamento in classe, perciò non ha un orario fisso, ma rientra in quel discorso di insegnamento multidisciplinare verso cui sta andando la scuola italiana». E Galletti: «È un progetto a cui credo molto, mi aspetto una grande collaborazione dal mondo della scuola: mia figlia di 9 anni deve saper fare la differenziata meglio di come usa l’iPad». Il saluto su Instagram Molti docenti però bocciano la novità: «Chiamano in maniera diversa cose che ci sono sempre state», interviene Giovanna Mezzatesta, preside della storica elementare Rinnovata Pizzigoni di Milano, dove da oltre cento anni i bambini si occupano di orti e animali della fattoria: «Noi non facciamo educazione ambientale? Tutela dell’acqua, gestione dei rifiuti, dissesto idrogeologico: non solo noi, da tempo ormai in tutte le scuole si affrontano questi temi, ma questi signori li leggono i curricula? Mi sembrano solo dei proclami». È più positivo Domenico Pantaleo, segre- Il sindacalista Cgil Pantaleo: «Una grande innovazione, però sono necessari investimenti e più docenti» tario della Cgil Scuola: «Mi sembra una grande innovazione, una buona idea che guarda anche al futuro in cui sempre più la tutela dell’ambiente sarà uno sbocco per l’occupazione». Però, «bisogna vedere come verrà realizzata: servono molti investimenti perché il numero dei docenti va rinforzato e loro vanno formati». Esulta invece Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera e presidente onorario di Legambiente: «È una scelta molto positiva, che deve rappresentare l’introduzione di forme nuove di apprendimento per educare alla convivenza civile e al futuro». E Simona Malpezzi, Pd: «I programmi vanno però ripensati per garantire un approccio continuativo». Claudia Voltattorni [email protected] ● L’espressione «nativi ambientali» è «parente» dei «nativi digitali», che indica le persone cresciute in mezzo alle nuove tecnologie digitali: computer, Internet, telefoni cellulari, iPad e MP3 ● Il primo a parlare di «nativi digitali» fu lo scrittore statunitense Marc Prensky nel suo Digital Natives, Digital Immigrants pubblicato nel 2001, dove indicava il nuovo gruppo di studenti che accede al sistema dell’educazione avendo già una estrema familiarità con le nuove tecnologie Doveva essere un deposito «temporaneo» di rifiuti radioattivi, in gran parte provenienti da attrezzature sanitarie. Invece l’area attende da anni una bonifica, con dentro ancora 16.724 fusti, dei quali 3.344 con materiali ancora radioattivi, mentre gli altri sono decaduti. È il sito Cemerad, nel comune di Statte, in provincia di Taranto. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha risposto a un’interrogazione parlamentare alla Camera e ha spiegato che «il ministero segue con attenzione» la situazione. Nel frattempo il presidente della commissione Ecomafie, Alessandro Bratti, ha denunciato «l’urgenza» della questione chiamando in causa anche il premier Matteo Renzi. «Questa è una situazione da risolvere non in breve ma in brevissimo tempo, per non dire dopo “l’avevamo detto”», ha affermato, ricordando che il deposito si trova a soli 15 km dall’Ilva. Tre anni fa era intervenuto anche l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che aveva fatto un sopralluogo. La società che gestiva il deposito, la Cemerad srl, che operava nella raccolta di rifiuti radioattivi da applicazioni medico-industriali, è fallita nel 2005. Da oltre dieci anni il sito è sotto sequestro preventivo con affidamento in custodia giudiziaria all’assessore all’Ecologia del comune di Statte. Secondo il ministro Galletti, il comando provinciale dei Vigili del fuoco sta ancora predisponendo «il Piano di emergenza» da attuare in caso di incidenti al deposito. E il comune di Statte ha calcolato in 5.125.000 di euro i costi per «l’ipotesi di caratterizzazione (cioè di verifica dei materiali contenuti e delle loro condizioni) dei fusti in loco e successivo smaltimento dei rifiuti speciali non radioattivi» e di «9.024.600 di euro» per «l’allontanamento di tutti i fusti per la successiva caratterizzazione e avvio allo smaltimento». Un’ipotesi, quest’ultima, spiega il ministro, che «risulterebbe attuabile solo mediante ricorso a procedure di urgenza». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Il caso Quegli attacchi informatici di cui nessuno parla di Daniele Manca O Sposini sta meglio, l’abbraccio di Mara «Il mio amore». Tre parole e un abbraccio affettuoso per il debutto su Instagram di Mara Venier. Il destinatario è Lamberto Sposini, giornalista colpito da ictus nel 2011 quando era in studio con la conduttrice a La vita in diretta. Sposini © RIPRODUZIONE RISERVATA appare sorridente e in buona salute. ltre 10 mila cyber attacchi alla pubblica amministrazione italiana. È il risultato di un’indagine basata su 300 questionari inviati ad altrettante amministrazioni italiane e che costituisce il cuore del primo rapporto sulla sicurezza informatica preparato dal Centro di ricerca di Cyber Intelligence and information Security (Cis) presso l’Università di Roma La Sapienza. Numeri che fanno pensare quanto si stia sottovalutando il tema. Troppo spesso si ritiene che gli attacchi informatici abbiano come principale obiettivo quello di ottenere dati. E di questo normalmente si tratta, si va da violazioni alla privacy allo spionaggio industriale. Ma la pervasività informatica è ormai tale che dai sistemi computerizzati dipende gran parte della nostra vita privata e collettiva. Mettere fuori uso i server che permettono a centrali elettriche di funzionare o, come viene riportato ad esempio nel rapporto, interrompere le contrattazioni di Borsa per una settimana, ha effetti economici ma anche fisici che vengono spesso sottovalutati. La ricerca condotta dal Cis diretto da Roberto Baldoni che ha rivelato le cifre sul numero di attacchi, si basa su questionari inviati a 42 amministrazioni centrali, 117 Comuni, 19 Regioni, il 25% delle Asl, il 4,5% degli ospedali. La formula del questionario non aiuta compiutamente a comprendere il livello di pericolosità e profondità del fenomeno. Sia l’Agenzia digitale sia il governo che quel rapporto hanno voluto potreb- bero però avviare indagini sul campo e approfondite, condotte da esperti del settore per identificare eventuali falle informatiche che possono essere dannose per i cittadini e il Paese. Il numero degli attacchi può spingere a un ingiustificato allarmismo. Anche se le «intrusioni» nelle centrali nucleari sudcoreane dello scorso dicembre, come pure quelle avvenute in Germania, mostrano che i rischi non sono solo potenziali. Così come notato nell’introduzione alla Ricerca, nel giro di 10 anni si è passati da attacchi condotti da singoli ad autentiche organizzazioni attive nel crimine informatico. Il rapporto contiene proposte per iniziare a ridurre i rischi. Ma ancora più utile sarebbe avere una mappa reale delle nostre debolezze. daniele_manca © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 CRONACHE 35 Samantha, la paura e il tweet: stiamo bene Sensore in tilt, allarme a bordo della stazione spaziale. Astronauti chiusi per ore in un’area sicura La vicenda ● L’astronauta Samantha Cristoforetti, 37 anni, è la prima donna italiana in missione per l’Agenzia spaziale europea e anche la prima donna italiana nello spazio ● Cristoforetti è in missione sulla Stazione spaziale internazionale (Iss), dove svolge diverse ricerche scientifiche ● L’Iss è un progetto di cinque agenzie spaziali: la Nasa (Usa), la Rka (Russia), l’Esa (Unione europea), la Jaxa (Giappone) e la Csa (Canada) ● È abitata dal 2 novembre del 2000 e dovrebbe orbitare sino al 2020 L’allarme è suonato all’improvviso. E sulla stazione spaziale internazionale (Iss) si è diffusa la paura. Anche Samantha Cristoforetti ha dovuto indossare assieme ai suoi compagni di viaggio la maschera antigas per proteggersi da eventuali esalazioni pericolose. E tutti e sei gli astronauti sono stati obbligati a rinchiudersi nel modulo russo Zvezda sigillando in fretta il portellone per separarsi dal resto della casa cosmica. «Stiamo tutti bene, qui siamo al sicuro», ha scritto su Twitter Cristoforetti. Ma la concitazione è grande e ogni attività viene sospesa in attesa di ordini da Houston. «Sono tutti al sicuro» i primi messaggi dal centro di controllo, anche se l’emergenza è continuata, a caccia delle cause di un potenziale incidente che avrebbe potuto avere drammatiche conseguenze. Nella mattinata i segnali di telemetria dalla base orbitale rivelava segni di perdita di ammoniaca. Un sensore mostra l’aumento in un accumulatore mentre la pressione atmosferica nell’ambiente aumenta. «Due indizi che prima di tutto ci imponevano di proteggere l’equipaggio», riferisce Mike Suffredini program manager di Iss alla Nasa. Tutto normale invece nel modulo russo Zvezda, il luogo adatto per rifugiarsi anche pensando al peggio e alla necessità di ritornare a Terra. Al modulo infatti sono agganciate le due navicelle Soyuz capaci di riportare a casa sani e salvi i sei astronauti. «Analizzando i dati è nato il sospetto che il problema fosse tuttavia un segnale sbagliato dei computer», spiega Bernardo Patti program manager di Iss all’agenzia spaziale europea (Esa). Falso allarme, dunque, tutto da dimostrare però, con gli ingegneri che cercano le cause e studiano eventuali rimedi. «Un evento tossico poteva essere un rischio serio paragonabile a un incendio a bordo e per questo ci sono diversi sistemi di protezione al fine di La scelta di Domenico Barili L’ex manager di Parmalat lavora alla mensa dei poveri Domenico Barili, 81 anni, ex capo del marketing Parmalat, sconta ai domiciliari 7 anni e 8 mesi Negli anni d’oro di Calisto Tanzi, era l’uomo delle sponsorizzazioni sportive a nove zeri che fecero conoscere il marchio Parmalat nel mondo. Ora, condannato in via definitiva a 7 anni e 8 mesi per il crac da 14 miliardi di euro dell’ex multinazionale del latte nel 2003, Domenico Barili, 81 anni, da mesi ai domiciliari, sconterà parte della pena facendo volontariato alla mensa dei poveri di padre Lino a Parma. Il compito dell’ex manager, per due mattine alla settimana, sarà quello di selezionare e gestire il cibo e le bevande in arrivo dall’esterno. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’iniziativa UniCredit Il «dono» per chi fa non profit La «competizione solidale», realizzata da Unicredit, finirà il 19 gennaio e sono 60 mila i voti giunti a oltre 900 non-profit (sulle oltre 1.050 presenti) sul sito ilMioDono.it, la piazza virtuale creata per rendere possibile l’incontro tra associazioni e donatori. Ai concorrenti occorrono almeno 100 voti per accedere alla ripartizione della donazione di UniCredit che © RIPRODUZIONE RISERVATA ammonta a 200 mila euro. La ricostruzione Ieri alle 9.44 del mattino, all’interno della Stazione spaziale internazionale, è scattato l’allarme. Il modulo Destiny dove si trovavano alcuni astronauti è stato isolato e all’equipaggio è stato ordinato di trasferirsi nel modulo russo Zvezda Dove si sono rifugiati. Modulo russo Zvezda Pannelli solari Dove erano. Modulo Usa Destiny L’interno del modulo Pannelli solari 2 Bagno 1 7 8 3 4 5 6 1 Cabine con sacchi a pelo per il riposo dei cosmonauti 2 Bicicletta e attrezzi ginnici: gli astronauti si allenano per un’ora al giorno 3 Impianto di controllo per l’acqua 4 Cucina di bordo con refrigeratore 5 Tavolo per mangiare e lavorare 6 14 oblò per osservare la Terra 7 Sbarre alle pareti su pavimento e soffitto utilizzate per muoversi in sicurezza 8 Etichette con i comandi bilingue: inglese e russo Corriere della Sera scongiurarlo» aggiunge Patti. All’interno della stazione circolano dei tubicini con dell’acqua la quale preleva il calore generato dai numerosi apparecchi elettronici. Questi tubicini entrano in un sistema collocato all’esterno del modulo americano Destiny trasferendo il loro calore a dei condotti con ammoniaca molto efficace per disperderlo attraverso dei radiatori. I segnali raccolti indicavano la possibilità che, per qualche rottura, dell’ammoniaca fosse penetrata nel circuito dell’acqua con la possibilità che, essendo un gas, si diffon- Nel modulo Cristoforetti indossa la maschera protettiva desse nell’aria diventando un grave pericolo per la respirazione degli astronauti. Più grave invece l’ipotesi di una contaminazione interna: per questo l’equipaggio è stato isolato. Per fortuna i test hanno fatto emergere il sospetto che all’origine di tutto ci fosse il software di un computer incaricato di gestire le due reti di raffreddamento, interna ed esterna. Ma bisognava essere certi. Per questo gli astronauti sono rimasti chiusi al sicuro. «Nella notte speriamo di riavviare i sistemi e solo allora torneremo alla normalità», precisa con cautela Grazie Presidente Napolitano da parte di tutte le vittime del lavoro per quello che ha fatto in questi anni per tutti noi, affinché non mancasse l’attenzione generale e il rispetto per la salute e la vita di tutti i lavoratori. Grazie per la Sua vicinanza e la Sua sensibilità verso i drammi di quanti si sono infortunati sul lavoro o che hanno contratto una malattia professionale e di cui in pochi si sono accorti. Ma ancor più sentitamente Le siamo grati per le parole di conforto e di solidarietà piena che ha sentito di condividere con tutti gli italiani, quando sono accaduti fatti di cronaca indegni per il nostro paese, con morti innocenti e ingiuste causate dall’attività lavorativa. Franco Bettoni Presidente Nazionale A SSOCIAZIONE N AZIONALE FRA L AVORATORI M UTILATI E I NVALIDI DEL L AVORO Mike Suffredini. Assieme a Cristoforetti sulla Iss ci sono due astronauti americani tra cui il comandante Butch Wilmore e tre cosmonauti russi inclusa Yelena Serova che segna il ritorno delle cosmonaute nello spazio dopo quasi vent’anni. Un «evento tossico» sulla stazione è uno dei peggiori incidenti che possono capitare assieme al fuoco e alla possibilità di uno scontro con qualche detrito vagante. Ma questa volta, per fortuna, a serpeggiare nell’aria è stata solo la paura. Giovanni Caprara © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Il caso Le giunte calabresi sciolte (per mancanza di donne) di Giusi Fasano S embra una questione di numeri e invece si tratta di sostanza. Dice la legge Delrio: nei Comuni con più di 3.000 residenti non si può nominare una giunta che non contenga almeno il 40% di presenze femminili. Rappresentanza da garantire anche nei Comuni più piccoli ma senza un obbligo percentuale preciso. Peccato che spesso, un po’ ovunque, i sindaci facciano finta di niente e tirino dritti verso giunte squilibrate, diciamo così, se non completamente maschili. «La formuletta per spiegare di aver violato la legge di solito è: le ho cercate ma non le ho trovate» sintetizza Stella Ciarletta, consigliera regionale di parità in Calabria. Che aggiunge: «Stavolta gli è andata male». È «andata male» ai Comuni di Rombiolo, nel Vibonese, e a Montalto Uffugo, Torano Castello e Vaccarizzo Albanese, nel Cosentino. Perché il Tar Calabria, con le sue prime sentenze del 2015, ha deciso di azzerare le quattro giunte per la mancata osservanza delle norme sulle pari opportunità. Non c’è stata nessuna adeguata istruttoria per dimostrare che non è stato possibile trovare donne alle quali affidare gli assessorati, dicono in sostanza i giudici. Dove per «adeguata istruttoria» si intende non il semplice rifiuto di questa o quella cittadina alla quale era stato proposto l’incarico. Istruttoria: cioè ricerca seria e approfondita, anche fuori dalla lista degli eletti e, se proprio è necessario, perfino fuori dai confini comunali, sempre nel rispetto degli orientamenti politici. Soltanto dopo tutti questi tentativi andati a vuoto si può rinunciare alla presenza femminile. Le sentenze del Tar calabrese sono una buona notizia. Ma come sempre ce n’è anche una cattiva. Su 149 Comuni che hanno votato per le amministrative ce ne sono più o meno la metà, quasi tutti sotto i 3.000 abitanti, che hanno giunte di soli uomini. «La verità?» chiede la consigliera Ciarletta. «Non avevamo soldi per portare tutti al Tar». © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 36 Moda Il Pitti di Firenze Accessori La calzatura sportiva piglia tutto e i marchi più classici e «alti» del made in Italy si adeguano: la suola diventa in gomma anche nei modelli artigianali, torna il polacchino anni Sessanta Scarpe, una su due è sneaker DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Il divo FIRENZE Nulla è più come prima Geox In cuoio, con le suole totalmente impermeabili e traspiranti Moreschi La stringata in tartan con suola in gomma Lotto Anima e fascino vintage per la nuova versione «Leggenda» a.testoni La runner in nappa con la stampa optical Converse Uno dei modelli della nuova collezione: trapuntato Cesare Paciotti Le sneaker 4US in pelle bianca e tessuto nella moda dove ormai sono i giovani a lanciare le tendenze. «Un buyer di Selfridges mi ha detto che oggi le sneaker valgono il 50 per cento del mercato delle scarpe da uomo. È incredibile come le cose siano cambiate», racconta Patric Cox, raffinato designer (già negli Anni 80 creava scarpe per Vivienne Westwood) arrivato al Pitti di a Firenze — il salone della moda maschile con le linee per il prossimo autunno/inverno — per presentare la collezione creata per Geox. «Le sneaker sono diventate come piccole opere d’arte — spiega —, non c’è grande griffe che non le proponga, da Saint Laurent a Prada e Gucci». Cox mostra le sue: il mocassino in vitello marron trattato con tintura naturale con la suola a cassetta tono su tono; in pelle grigia o bianca con la suola in tono cucita a mano. Hanno la suola a cassetta scura anche mocassini e stringate di Harrys, marchio made in England prodotto in Italia con Daniele Pacini, che dipinge le scarpe a mano. Gli stivaletti Beatles di Moreschi sono un mix di lavorazione e materiali: pelle unita a tweed o tartan e la suola carrarmato in gomma 2,2 cm «per camminare soft». Da a.testoni, Bruno Fantechi mostra le scarpe in pelle piena di cuciture e la suola in gomma con tramezza in cuoio: «Sono la sintesi perfetta dell’artigianalità italiana applicata al mondo informale» . La Swinging London domina in un ritorno massiccio del polacchino (con suola in gomma) che dal napoletano Castori ha anche le sembianze di un mocassino in suede rialzato con una ghetta. «Il problema della moda è far divertire l’uomo nell’acquisto», ammette il designer-imprenditore Massimo Rebecchi mostrando giacche (anche da smoking) dall’estetica rustica e invece in jersey (stretch). Ovviamente ci sono anche i brand classici delle running che rilanciano, riempiendo le scarpe di tattoo. O.X.S. fa tatuare lo stivaletto da lavoro ecologico dal guinness record Alle Tattoo. Da Adidas è piena di cuori la tomaia in pelle stampata cocco e suola in gomma Elvis Presley «il re del rock and roll» o semplicemente «il re», ma anche «Elvis il bacino», oltre che uno dei più famosi cantanti e chitarristi di tutti i tempi è stato icona di stile negli anni Sessanta. Nella foto (dal libro «Vestire da star. Le icone dello stile maschile» di Josh Sims, Mondadori) canta e balla scatenato indossando un paio di Jack Purcell, modello della Converse Sartorio Lo scarponcino ha metà tomaia nello stesso tessuto del pantalone La Martina Il «cortos», stivaletto con la zip dalla tradizione argentina Il marchio A rendere iconico le Converse All Star fu il campione di basket Charles «Chuck» Taylor. Diventato venditore dell’azienda di Mills Converse, Taylor negli anni Trenta diede il nome alle scarpe da basket, adottate per gli allenamenti dall’esercito Usa durante la II guerra, e poi dalla National Basketball League naturale. In seta stampata a palle di bigliardo la luxury tennis di Cesare Paciotti 4US arricchita da dettagli in vernice e metallo. Fluorescente quella di Alberto Premi, vincitore di «Who is on Next?» in ascesa. «Qui si trovano i migliori prodotti del made in Italy a prezzi accessibili», sintetizza il Il debutto di Furla Uomo presidente di Pitti Gaetano Marzotto nello stand di Sartorio (gruppo Kiton), dove lo scarponcino come quello indossato dai cacciatori di inizio secolo ha metà tomaia in misto cashmere check come il pantalone. Ha la tomaia in casentino bianco come il pannello del chiodo in pelle nera anche la stringata grossa di Gabriele Pasini e sono un patchwork di lane check e pelle i mocassini di Alberto Guardiani. La moda lusinga gli uomini. Orciani lancia la cintura senza fibbia: così non ti sentirai più in colpa se ingrassi un chilo. Maria Teresa Veneziani © RIPRODUZIONE RISERVATA Pinko La sneaker gioiello «Shine baby shine» Clarks Anfibio stringato in camoscio con suola in para O.X.S. Giovanissima la collezione di stringate «Tattoo» Diadora Uno dei nuovi modello della collezione Heritage La collezione di Peuterey Come la vuoi? La borsa che si assembla in negozio È il parka il miglior sostituto del cappotto DA UNO DEI NOSTRI INVIATI FIRENZE Decolla dalla Leopolda di Firenze il nuovo corso di Furla. «È un anno decisivo — racconta l’ad Eraldo Poletto (+45% di fatturato negli ultimi 3 anni) — con il lancio della collezione uomo, un prodotto di fascia “alta” che, nel made in Italy, soprattutto per il cliente straniero, è andato a colmare un vuoto importante. A febbraio presenteremo la prima linea di calzature mentre a giugno trasferiremo il nostro quartier generale in un palazzo ottocentesco di cinque piani (ex Palazzo Ricordi) accanto alla Galleria Vittorio Emanuele a Milano oltre all’ampliamento e il restyling del nostro flagship in piazza Duomo». Entro qualche mese anche una boutique sulla Fifth avenue a New York e nuove aperture a Madrid e Vienna. L’uomo Furla è un ragazzo a cui piace giocare con i colori, le forme e il design. A lui è dedicata una linea di zaini, borse da viaggio, modelli cross-body, cui si aggiungono custodie per smartphone, agende, porta computer, portafogli. A interpretare la collezione, una Modular bag (foto) che può essere assemblata in negozio e personalizzata con elementi di diversi colori e materiali, dalle pelli gommate al più classico motivo tartan. Flavia Fiorentino © RIPRODUZIONE RISERVATA DA UNO DEI NOSTRI INVIATI FIRENZE Su uno sfondo di luci riflesse con un grande minerale al centro dalle molteplici sfaccettature, Peuterey ha mandato in scena il suo nuovo total look che supera l’iconico capo spalla elegante e sportivo per offrire maglie, pantaloni, giacche con cui vestire in un contesto metropolitano, ma anche durante un viaggio nella natura. «Ci ispiriamo a un grande fotoreporter come Bill Cunningham del New York Times dinamico e versatile — racconta il direttore creativo del brand Riccardo Coppola — e per accompagnarlo in ogni momento siamo partiti dallo sportwear per arrivare a un parka strutturato in sostituzione del cappotto. Senza tradire la tradizione di capi pensati per affrontare il freddo, abbiamo creato una nuova linea fashion: panni di lana doppiati e nastrati, come il gessato, definiscono il concetto di un’eleganza tecnologica. Ma i dettagli sono la vera sorpresa: dall’interno staccabile al cappuccio di montone ecologico, alle zip waterproof e le tasche nascoste o a contrasto con il nylon». Capi iconici: una cappa, sia in lana che in tessuto tecnico, e un gilet multitasca, tipico dei fotografi. Peuterey Artic, invece, è una carrellata di imbottiti dalle straordinarie capacità termiche, per gli sport invernali. F. Fio. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 MODA 37 North Sails Il super manager e la svolta fashion del marchio che sa di mare DA UNO DEI NOSTRI INVIATI FIRENZE Dopo la recente acquisizione da parte del fondo americano Oakley Capital, la passione della vela ha portato Robert Polet, ex ceo di Gucci, ad imbarcarsi (anche come socio) nella nuova avventura di North Sails, in piena transizione da leader mondiale nella produzione di vele a marchio globale con collezioni moda (una anche dedicata alla donna). Polet affiancherà Eric Bijlsma, anche lui velista, e da poco uno dei maggiori azionisti e ceo di North Sails Apparel: «Con Robert siamo amici e amiamo il mare — ha spiegato Bijlsma — lui è il vero architetto del marchio. Le linee di abbigliamento non saranno solo funzionali e innovative, ma anche di grande impatto estetico». Due le collezioni: North Sails Blue, linea casual che incarna l’essenza del brand, e North Sails Black, linea di alta gamma che sarà disponibile in tutto il mondo per il prossimo autunno/ inverno. Un team di velisti e fashion designer hanno lavorato insieme, all’insegna di uno stile essenziale ma non minimalista: tessuti compatti, nastrature, impermeabilizzazioni prendono forma in volumi ampi e di tendenza. Il progetto «retro tech» è riuscito invece a rendere attuale ogni capo della tradizione alternando panno e feltro ai nylon di nuova generazione. Ocean Blue, infine, rappresenta la linea giovane e ribelle del brand: lineamenti heritage, ispirati a una San Francisco Anni 80 con tratti militari e un imprescindibile sapore sailor. F. Fio. Chi è ● Andrea Incontri, classe 1971, mantovano, si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano. Il 2009 segna il vero debutto nel prêt-à-porter Eco piuma, poncho, borsone «La normalità non banale» del marchio che porta il suo nome ● La svolta con il concorso «Who is on next?» 2010, che vince: la sua carriera decolla. Quest’anno è «special guest» del Pitti La sfilata di Andrea Incontri, da promessa a «special guest» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI FIRENZE Potrebbero essere atterrati dall’Asia o da un altro pianeta i ragazzi di Andrea Incontri che hanno sfilato sotto le volte affrescate di Palazzo Corsini. Camminano spediti sulla musica elettro pop, indossano giubbotti in tessuto loden (imbottito in eco piuma) con le maniche in neoprene, come il pantalone che però ha un taglio classico. Ai piedi il killer mocassino, in pelle spazzolata bordeaux a punta, con le borchie. Lo stilista nato a Mantova nel 1971 ma milanese d’adozione — laurea in Architettura al Politecnico — fu lanciato proprio da Pitti nel 2010 e ora torna in veste di special guest. «Internazionale, informale, iperfunzionale sono le tre parole che de- scrivono la collezione easy to wear 2016», spiega il designer. Una moda che interpreta lo stile new normal, la riscoperta della normalità, mai banale, però. Mentre in una sala sfilano 25 modelli e 4 modelle, in quella accanto altri 10 ragazzi in piedi sopra a un cubo argentato indossano tutti lunghi poncho con cappuccio in tessuto tecnico o in tessuto loden — dal nero al verde al beige e sabbia — e ghette antivento. Sulle spalle o in mano portano grosse borse, tutte nere, dalle linee pulite. «Tutto ruota attorno agli accessori», dice Incontri che ha creato 18 varianti di borse e 7 tipologie di zaini. «Le seconde borse sono diventate importanti come le prime. Queste sono pensate sia per uomini sia per donne perché oggi le funzioni sono equipara- te. La pelle di bufalo martellata è l’involucro di un contenitore che nasconde al suo interno tasche e pochette estraibili». Sono uomini veloci, quelli di Incontri, ma senza ansia. Rassicurante è la palette di colori: nero, blu, grigio, verde militare, aubergine e ruggine. Il parka imbottito può essere in nylon o in pelle nera. La giacca in panno ha 8 tasche, piccole e grandi, quasi una borsa. La camicia è il capo che percorre la collezione, anche in tessuto duvet morbidissimo (ocra o mattone) con collo in maglia con le iniziali AI sul davanti. Quella delle ragazze è lunga fino ai piedi ripresa in vita, tutta stampata di rose. Un tocco di romantica normalità. M. T. V. La sfilata Sopra, i ragazzi con il lungo poncho con cappuccio in tessuto tecnico o loden, ciascuno con una borsa diversa, presentati da Incontri. Qui accanto un abito della collezione femminile © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Riciclare i jeans fa tendenza, il rammendo come scelta etica Dalla riparazione di quelli usurati e rotti nascono nuove linee. La rivincita del denim italiano sul Giappone DA UNO DEI NOSTRI INVIATI FIRENZE La «nuda verità» sul denim di cui si discute allo stand della svedese Nudie è molto semplice, ma fa effetto parlarne nel corso di una fiera, come Pitti, basata sulle novità in arrivo nei negozi, le novità che gli uomini europei, asiatici, americani compreranno da maggio in poi. La verità è che un paio di jeans non muore — non dovrebbe morire — mai. Nudie offre riparazioni gratuite, addirittura un servizio di permuta dell’usato: porti i tuoi jeans usurati e rotti e ottiene il 20% di sconto sul nuovo (il tuo vecchio paio verrà rammendato e venduto come capo vintage). Da una campagna informativa online e di cartellonistica che spiega come riparare i propri jeans e insiste sul concetto di recupero a una nuova forma di «responsabilità aziendale». Questo non vuol dire ovviamente che sia finita la lunga è molto redditizia stagione dei jeans consumati ad arte durante la lavorazione — perfino alla Nudie, apostoli del recupero e 1873 anno di nascita del primo paio di jeans, creato negli Usa come indumento di lavoro per gli operai della ferrovia il riciclo, c’è un modello con una sagoma di tessuto consumato sulla tasca che ricorda il contorno di uno smartphone —; significa che il rammendo dei jeans, un tempo esclusiva dei cowboy e degli operatori di pozzi petroliferi texani è entrato definitivamente nel ciclo creativo-industriale delle «tendenze Pittiane». G-Star ha inaugurato, oltre al nuovo negozio fiorentino, la collezione basata sull’arte del rammendo. Il nuovo Restored Denim che nasce dalla riparazione di jeans strappati usurati: tecniche come quella del punto di rinforzo, ispirata alle riparazioni dei vestiti da lavoro, i rammendi su misura, le toppe con cuciture invisibili. Denim artigianale, venduto già strappato e già rammendato (il tra- monto dei ripped jeans che hanno mandato in giro una generazione di ragazzi e ragazze con ginocchia e spesso natiche parzialmente scoperte dagli strappi realizzati durante la produzione). Remco de Nijs, uno degli strateghi della casa, che non ha problemi ad accedere, se volesse, a un paio di jeans nuovi al giorno, è solito portare sempre gli stessi jeans 5 tasche il taglio tipico dei jeans. il termine jeans identifica il taglio dei pantaloni, a prescindere dal tessuto Gherardini La fabbrica (per i 130 anni) diventa un’opera d’arte Nove chilometri dello storico tessuto Softy avvolgono la facciata della sede di Scandicci di Gherardini in questi giorni di Pitti Uomo. Un’installazione di Marco Fallani (che richiama i lavori di Christo e le sue installazioni con l’utilizzo di tessuti come per trasformare interi edifici) per celebrare i 130 anni della maison di pelletteria più antica d’Italia (fondata nel 1885), che per l’occasione ha creato una versione ad hoc dell’altrettanto storica «Bellina». per far si che si personalizzino con l’usura naturale. E spiegava sorridendo che «il denim è un capo che si basa sulla fiducia. Sull’onestà». Da Closed invece la responsabilità aziendale prende la forma del lavaggio all’ozono che dura soltanto 30 minuti risparmiando acqua e energia; capi tinti e finiti a mano; l’asciugatura in forno a 80°; la serie Rivetto d’oro di Candiani Denim. PT05 è il jeans italiano di Pantaloni Torino, con un solo modello di denim giapponese che un tempo era invece la tendenza numero uno e che a questo Pitti è parso ridimensionato, una bella rivincita per il denim italiano. E, addirittura, GAS ha l’«atelier del made in Italy» per il denim con banda dorata o argentea realizzata in termo nastratura sulla cimosa, un procedimento brevettato, e le novità come il chino in denim, il vecchio classico pantalone militare inglese realizzato non con il solito twill di cotone ma con il denim. Matteo Persivale © RIPRODUZIONE RISERVATA 38 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera ● Il comico arrestato Campione dell’antisemitismo più turpe, l’umorista francese è un essere spregevole. Ma nel mondo della tolleranza, quello che vogliamo, il suo linguaggio malato va contestato, non trasferito in galera ANALISI & COMMENTI di Giovanni Belardelli Facciamo troppa retorica sulla scuola digitale E intanto i bambini non sanno più scrivere È consentito nutrire qualche dubbio sulla «scuola 2.0»? Non, ovviamente, sulla necessità che gli istituti scolastici siano forniti di computer e connessioni Internet veloci (cosa che spesso, soprattutto al Sud, non avviene), ma sul fatto che l’insegnamento sia interamente digitalizzato, nei materiali impiegati come nei metodi della didattica. I dubbi sono autorizzati da un esperimento che nel corso dell’anno passato ha interessato due scuole elementari romane. In esse si è dato agli alunni dalla III alla V classe il compito di scrivere ogni giorno poche righe (da 4 a 6) in corsivo; i componimenti sono poi stati analizzati sotto il profilo dei contenuti, della calligrafia, della sintassi ecc. L’iniziativa partiva dalla constatazione che la generazione dei nativi digitali sta perdendo la capacità di scrivere in corsivo, a favore dell’uso della tastiera o — per chi ancora sa usare quell’oggetto in via di estinzione che è la penna — dello stampatello. Il punto rilevante è, come ha osservato uno dei responsabili del progetto, Benedetto Vertecchi, che alla crescente difficoltà di scrivere a mano e alla parallela diffusione dei mezzi digitali corrispondono «una diminuzione della memoria, della capacità di orientamento spaziale e una meno precisa percezione delle relazioni temporali». Corrispondono, insomma, significative alterazioni nell’apprendimento. Ben venga allora una dotazione minimamente adeguata delle scuole nel campo degli strumenti digitali. Ma il nostro sistema di istruzione dovrebbe avere anche un compito che nessun altro oggi è in grado di svolgere adeguatamente: preservare non solo abilità a rischio di estinzione come la scrittura a mano, ma le specifiche capacità percettive e di organizzazione del pensiero che a quelle abilità sono connesse. Per fare ciò occorrerebbe però che, al ministero dell’Istruzione o a Palazzo Chigi, si fosse consapevoli del problema e si andasse oltre la facile retorica sulla «scuola 2.0». © RIPRODUZIONE RISERVATA Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it l comico Dieudonné è un essere spregevole, ma le società che non vogliono compromettere i princìpi della libertà di espressione devono consentire anche agli esseri spregevoli di dire la loro. Dieudonné non «pareggia» Charlie Hebdo, non è come i vignettisti del settimanale decimato dai fanatici ma di segno contrario. No. Charlie Hebdo non odia e non vuole annientare i rappresentanti delle religioni da prendere in giro, Dieudonné odia gli ebrei ed è un campione dell’antisemitismo più turpe. Charlie Hebdo è irriverente e provocatorio, Dieudonné invoca la camera a gas per il giornalista ebreo Patrick Coen nel tripudio degli spettatori che detestano gli ebrei come il loro comico sul palco. Charlie Hebdo ride, Dieudonné inventa la quenelle, che è un saluto nazista camuffato, fa premiare lo storico negazionista Robert Faurisson da un finto deportato con la stella gialla, irride le vittime dei campi di sterminio, chiama alla guerra santa contro Israele. Un essere spregevole, repellente, che con i suoi spettacoli riempie circhi e teatri: e si capisce perché un numero sempre crescente di ebrei francesi non senta più la Francia come casa propria e voglia partire per Israele, dove sono stati celebrati i funerali dei morti uccisi nel supermercato kosher. È proprio la lontananza assoluta dalle sconcezze propalate da Dieudonné che ci costringe a deplorare l’arresto che era stato disposto dalle autorità francesi (cui è seguita, nel pomeriggio, la scarcerazione) dopo il «Je suis Coulibaly» ostentato all’indomani delle carneficine di Parigi. Domenica milioni di persone hanno sfilato per le strade della capitale francese CHIARA DATTOLA I ● Il corsivo del giorno LIBERTÀ DI PAROLA ANCHE PER DIEUDONNÉ di Pierluigi Battista in difesa della libertà d’espressione. Si sono raccolti attorno a valori che nell’ordinarietà della routine passano inosservati. Hanno capito, dopo la strage che si è consumata nella redazione di un settimanale satirico, che non bisogna condividere idee e immagini per affermare il diritto inalienabile e non negoziabile di quelle idee e di quelle vignette di circolare liberamente. Quei francesi hanno stabilito un’ideale linea di demarcazione: di qua le società libere che tollerano i peggiori attacchi, persino a ciò che consideriamo più sacro e intangibile, di là i sistemi totalitari che considerano il dissenso un delitto, e includono in quella categoria ogni difformità non contemplata nei dogmi, nella dottrina, nei decreti fissati arbitrariamente dal potere. La libertà d’espressione deve valere anche per Dieudonné. Così come per quegli ebrei che in passato hanno manifestato davanti a teatri e tendoni per ricordare di che pasta antisemita fosse fatto quel personaggio che dileggiava i deportati, metteva alla berlina le stelle gialle, premiava chi considerava una «menzogna creata dai sionisti» lo sterminio di Auschwitz. È difficile accettare una tolleranza per idiozie tanto intollerabili. La tolleranza non è naturale, esige un grande sforzo quasi ascetico, costringe chi vorrebbe ribellarsi alle turpitudini di un Dieudonné a uno sforzo eroico di autodisciplina. Anche la libertà non ha nulla di «naturale», è una costruzione culturale, è una conquista faticosa ottenuta da pochi secoli, e solo in alcune parti del mondo. Se vogliamo difendere il valore della libertà, dobbiamo essere capaci di resistere alla tentazione censoria. Che non comporta indifferenza, rinuncia a combattere. Il conflitto tra idee e modelli culturali è l’ossigeno di una democrazia liberale e perciò non bisogna dare tregua a Dieudonné, bisogna gridare il disgusto per chi sputa sui morti della Shoah. Ma non bisogna arrestarlo, non bisogna metterlo in catene, non bisogna farne un martire per chi non aspetta altro che un guru che sappia calamitare l’odio crescente per ebrei e «infedeli». Solo così è possibile rivendicare una differenza tra «noi» e «loro»: nel mondo auspicato da Dieudonné l’intolleranza sarebbe assoluta e spietata. Nel mondo della libertà e della tolleranza il linguaggio malato di Dieudonné va contestato ma non trasferito in galera. E forse nemmeno rinviato a giudizio. Perché «Je suis Charlie» non venga dimenticato troppo presto. abbiano dichiarato di non essere stati all’origine del provvedimento. Una misura errata può essere introdotta in un provvedimento normativo per errore. E non mancano gli esempi in proposito. Ma nel caso in questione è difficile crederlo. La massima parte dei cittadini ignora che in base ai regolamenti vigenti le riunioni del Consiglio dei ministri sono precedute da un pre Consiglio ove i vari uffici legislativi dei ministeri esaminano, sotto la supervisione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio e del capo del dipartimento Affari giuridici e legislativi, i provvedimenti all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri. I partecipanti rappresentano il meglio dell’esperienza e della cultura giuridica presenti nella nostra Pubblica ammini- strazione, e provengono in larga parte dal Consiglio di Stato o dalla Corte dei conti. È impensabile che essi possano non aver compreso il reale portato dell’art. 19 bis del Decreto se il testo della misura fosse stato effettivamente sottoposto al loro esame. Purtroppo, troppo spesso anche il Consiglio dei ministri approva solo le linee generali di provvedimenti ancora in fieri, che vengono poi formulati puntualmente in un secondo tempo. È presumibile che questo sia ciò che è avvenuto. Ma se così è, è opportuno che il presidente Renzi non si limiti ad annunciare che la misura sarà rivista e che nel frattempo non entrerà in vigore, ma assicuri che essa verrà ritirata o radicalmente modificata. È insomma necessario e politicamente auspicabile — specie al- la vigilia delle delicate scadenze istituzionali e legislative che attendono le Camere — che l’errore venga non solo riconosciuto ma eliminato, e che non si cerchi di difendere la misura con argomenti speciosi, come qualcuno ha tentato di fare danneggiando il governo anziché aiutarlo. Non si deve essere più realisti del re; e il re, nella persona del capo del governo, si è già pronunciato indicando che gli effetti negativi saranno rimossi. I problemi del sistema fiscale italiano non si risolvono varando misure errate che possono tradursi in un vantaggio per i grandi evasori, ma rendendo più equa la distribuzione del carico fiscale. Deve essere quest’ultimo il vero obiettivo dell’attuazione della delega. Università di Firenze © RIPRODUZIONE RISERVATA UN ERRORE DA ELIMINARE LA CHIAREZZA CHE MANCA SUL PASTICCIO DEL 3% di Stefano Passigli C aro direttore, per meglio valutare la decisione del governo di depenalizzare qualsiasi evasione fiscale che resti nei limiti del 3% del reddito imponibile è opportuno considerare innanzitutto due aspetti. In primo luogo, occorre ricordare che la normativa vigente già configura l’esistenza di un reato solo se le imposte evase superano i 50 mila euro. La non rilevanza penale di eva- sioni fino al 3% dell’imponibile potrebbe invece coprire redditi ben più elevati dell’attuale soglia di 1.667.000 euro ed evasioni ben superiori a 50 mila euro. Depenalizzare in questo modo l’evasione non avrebbe l’effetto di tutelare chi fosse involontariamente caduto in errori o di rendere più «umano» il Fisco nei confronti dei piccoli evasori, ma quello di impedire il ricorso alla sanzione penale in molti casi di evasione da parte di contribuenti con redditi anche elevati o di ingenti violazioni Iva da parte delle imprese. Una decisione che va in di- rezione opposta a quella adottata dal Fisco degli Usa o dei maggiori Paesi europei. L’obiettivo del governo di rendere più agile il rapporto tra cittadini e Fisco è giusto, ma la misura adottata è inadeguata. Non deve dunque sorprendere che sia il presidente della Commissione cui il governo aveva affidato la formulazione dei provvedimenti attuativi della delega (il professor Gallo, già presidente della Corte costituzionale e ministro delle Finanze del governo Ciampi), sia i dirigenti del ministero direttamente competente in materia, © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 LA SPINTA NECESSARIA L’ITALIA NON SPRECHI L’OPPORTUNITÀ CHE HA DATO L’EUROPA di Maurizio Ferrera Flessibilità I governi nazionali potranno spendere più in investimenti e allungare i tempi per rispettare i vincoli Ue. Renzi acceleri su Jobs act e Terzo settore F ine delle politiche europee di austerità? No, ma una importante svolta in direzione della crescita, questo sì. Una Comunicazione adottata l’altro ieri dalla Commissione apre margini non indifferenti per usi «virtuosi» di risorse pubbliche, aggirando la tagliola del patto di Stabilità. Si tratta di quella flessibilità a gran voce chiesta da Matteo Renzi già dalla primavera scorsa e a lungo osteggiata da Angela Merkel e Barroso. Il Patto è già flessibile, si diceva, non c’è bisogno di nuove regole. La Comunicazione appena pubblicata non smentisce formalmente questa tesi, ma conferma che le regole non sono mai state applicate e che non esisteva neppure il manuale di istruzioni. I criteri del patto di Stabilità potranno essere allentati in tre casi: per i contributi nazionali al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (il cosiddetto piano Juncker); per gli investimenti in progetti cofinanziati dai Fondi europei; e per sostenere i costi di breve periodo delle riforme strutturali. Le maggiori uscite pubbliche collegate a questi tre tipi di misure verranno parzialmente abbuonate nel calcolo del deficit (il fatidico 3%). I governi nazionali potranno, in soldoni, spendere un po’ di più e/o allungare i tempi per rispettare i vincoli Ue. La «clausola delle riforme strutturali» è una novità quasi assoluta. Seppur vagamente prevista da un Regolamento del 1997, è finora rimasta lettera morta. L’Italia ha premuto per la sua applicazione sin dal governo Monti e un aiuto decisivo è arrivato lo scorso agosto da Mario Draghi, che si è schierato a favore nel suo discorso di Jackson Hole. La Comunicazione pone tre condizioni affinché una riforma possa essere considerata come «strutturale». Deve trattarsi innanzitutto di un provvedimento ambizioso, volto a superare storiche e profonde debolezze nazionali. L’impatto fiscale diretto deve essere chiaramente dimostrabile in termini di minori spese o di maggiori entrate (eventualmente anche grazie a più crescita e più occupazione). Infine, le riforme devono essere già approvate al momento in cui si chiede l’attivazione della clausola e ci deve essere un impegno solenne alla loro piena attuazione. Lo strumento attraverso cui un Paese membro può attivare la richiesta è il Programma nazionale di riforma, che tutti i governi Ue devono presentare ogni anno in aprile. In che modo può l’Italia sfruttare al più presto la nuova clausola? L’agenda è talmente ampia che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Ma è meglio concentrarsi su pochi realistici obiettivi. Ne propongo tre. I primi due riguardano l’attuazione del Jobs act, che ha il vantaggio di essere già una legge delega approvata dal Parlamento. Al suo interno ci sono la riforma dei servizi per l’impiego e l’adozione di un pacchetto di misure per favorire la conciliazione e dunque l’occupazione femminile. C’è poi la riforma del Terzo settore. Il disegno di legge delega su questo tema è all’esame del Parlamento e con un po’ di sforzo lo si potrebbe approvare entro i prossimi due mesi. È quasi superfluo sottolineare come su questi tre fronti si concentrino alcune delle più gravi debolezze strutturali del nostro sistema economico e sociale. Abbiamo un deficit storico di servizi alle persone e alle famiglie. In Francia e in Gran Bretagna gli occupati nel ❞ Misure Meglio concentrarsi su pochi realistici obiettivi, come la promozione del lavoro femminile e di un moderno settore «neoterziario sociale» settore sono un milione in più che in Italia. Questo buco è colmato dal welfare «fai da te», che è però diventato una trappola. La promozione di un moderno settore di «neoterziario sociale» potrebbe generare molti circoli virtuosi, anche sulla finanza pubblica. Siccome gran parte dei vantaggi andrebbe alle donne, potrebbe finalmente scattare quella «molla rosa» pronta a dare impulso alla crescita grazie al fattore D: il lavoro e il talento femminili. La delega del Jobs act in tema di conciliazione contiene peraltro molti altri elementi (come il tax credit e gli asili nido) a sostegno dell’occupazione femminile in ogni settore. Il rafforzamento dei servizi per l’impiego e di formazione sarebbe un tassello importante di questa strategia. E avrebbe, naturalmente, effetti positivi a largo spettro sul funzionamento di tutto il nostro mercato del lavoro. Un pacchetto di misure ambiziose e coerenti su questi tre fronti sarebbe perfettamente in linea con la strategia «Europa 2020»: difficile per la Commissione negare il carattere strutturale di un simile pacchetto. Resta un solo problema: la capacità e la credibilità progettuale e attuativa del governo. Se Matteo Renzi vuole far tesoro del successo appena ottenuto a Bruxelles, deve mettersi subito a galoppare a Roma. I suoi consulenti economici aspettano solo il via libera: si metta al lavoro una squadra di esperte ed esperti e si prepari un bel libro bianco da allegare al prossimo Programma di Riforma. Ne vale la pena, cerchiamo di non perdere questo treno. © RIPRODUZIONE RISERVATA ●I 39 MARÒ, SOLUZIONE IN 3 MESI? TUTTO È NELLE MANI DI MODI COMMENTI DAL MONDO Risorse idriche il modello della California nuova battaglia in ● ❞ La California è quella per il risparmio idrico. Nella Contea di San Diego sono preoccupati. Gli abitanti di questa città sono sempre considerati tra i più virtuosi. Ma nel mese di novembre il loro consumo ha raggiunto i 64 litri d’acqua pro capite (una cifra ancora positiva rispetto agli 89 litri consumati dagli altri californiani). Al punto che un editoriale del San Diego Union-Tribune, diretto da Jeff Light, fa un appello al senso civico degli abitanti della città californiana. Un monito fatto proprio anche dalle autorità. Alcol e coprifuoco L’Australia resta divisa legge sul coprifuoco ● ❞ La per gli alcolici nel New South Wales, sta lacerando la comunità australiana. Lo sottolinea un editoriale del Sydney Morning Herald, diretto da Darren Goodsir, dove si ricorda che il governo, dopo un periodo di sperimentazione, sta pensando di fare retromarcia e tornare al passato. Una decisione criticata da chi vede la pressione delle lobbies degli alcolici. Il provvedimento, sottolinea il quotidiano, ha ridotto la microcriminalità in alcune zone, ma a scapito della libertà di circolazione. Per questo, conclude, criticarla è giusto. a cura di Carlo Baroni l primo ministro indiano Narendra Modi ha intenzione di risolvere la vicenda dei due marò italiani entro i prossimi tre mesi. Attraverso un accordo politicogiudiziario tra Delhi e Roma già in discussione. Questa è la buona notizia, fatta filtrare ieri da fonti indiane in coincidenza con l’allungamento, di novanta giorni, della licenza di convalescenza a Massimiliano Latorre garantita dalla Corte Suprema su richiesta del governo Modi. L’impressione è che la soluzione politica sia questa volta più vicina rispetto alle illusioni che erano sorte in passato: il ritorno in Italia dell’ambasciatore in India Daniele Mancini, che secondo il settimanale Panorama sarà sostituito da Lorenzo Angeloni, potrebbe essere il segno di un cambio di fase. C’è però altro da aggiungere, meno esaltante. Innanzitutto, non è detto che la discussione tra India e Italia abbia un risultato accettabile per entrambe le parti. E non è nemmeno detto che lo stesso Modi possa avventurarsi in concessioni estreme: le pressioni interne sono contra- stanti. Alcune spingono per una soluzione favorevole a Latorre e al suo commilitone Salvatore Girone: l’ex ministro degli Esteri Salman Khursheed ha detto ieri all’Ansa che la disputa è irrisolvibile nei tribunali e «l’unica via d’uscita è una soluzione politica». Altre spingono invece per una risposta dura all’Italia: ne sono un segnale le indiscrezioni fatte uscire sulla stampa indiana nei giorni scorsi per sostenere che l’agenzia antiterrorismo Nia ritiene che i due marò abbiano ucciso senza ragione due pescatori indiani il 12 febbraio 2012. Il rischio è che il gioco del gatto (l’India) che tiene in vita il topo (l’Italia) senza però mai liberarlo, in funzione da quasi tre anni, continui. Anche se Modi arriverà davvero a una soluzione, però, questa sarà solo dipendente dalla sua volontà, dalla sua benevolenza. Non dall’azione politica di Roma, scarsa e confusa. Bene se ci sarà una soluzione. Molto male per la performance internazionale dell’Italia. Danilo Taino @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA LA SFIDA DELLE TV ONLINE CHE MIGLIORA L’OFFERTA L’ accordo firmato da Woody Allen con Amazon, per la realizzazione di una nuova serie televisiva, è l’ultimo episodio nella sfida lanciata dalle nuove «emittenti» via Internet. Un’offensiva che vede in prima fila Amazon e Netflix, e che sta suscitando la controreazione delle tv «tradizionali», come Sky e Hbo. I colossi della Rete stanno mettendo a segno un successo dopo l’altro. L’ingaggio del regista-cult newyorkese segue di poche ore il trionfo della società di Jeff Bezos ai Golden Globes, dove Transparent, la commedia seriale su una famiglia con il padre transgender, in arrivo anche in Italia, ha vinto due premi. House of Cards, prodotta da Netflix, è diventata un caso. Amazon e Netflix offrono streaming video, una formula che permette a chi possiede un televisore connesso a Internet di acquistare solo il film o lo spettacolo che gli interessa, senza bisogno di sottoscrivere un abbonamento satellitare o via cavo. La formula piace sem- pre di più. In Europa, secondo dati di Ihs, Netflix è terza, dopo Sky e Liberty, con 9,4 milioni di abbonati. Lo streaming insidia i colossi mediatici, ma la prima a negare la volontà di rimpiazzarli è proprio Netflix. E comprensibilmente, visto che trae ricavi e profitti, oltre che dalla produzione di programmi propri (come, appunto, la serie House of Cards), dalla distribuzione di quelli altrui. Una storia, positiva, di collaborazionecompetizione. Di sicuro comunque l’espandersi di società come Netflix, Amazon e Hulu spinge le televisioni a pagamento come Sky (che trasmette le serie più belle sul canale Atlantic) a migliorare la propria offerta. Un altro esempio: Hbo, la mitica emittente via cavo americana che ha reinventato la serie televisiva di qualità, ha aperto un sito web soltanto per lo streaming online. Si tratta in sostanza di un grande gioco del piccolo schermo, dove a guadagnarci, una volta tanto, è il telespettatore. Edoardo Segantini [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 40 ANAS S.p.A. Compartimento della viabilità per la Campania AVVISO DI RETTIFICA BANDO NALAV036-14 - GARA 38MS-14 - S.S.7IV “Domitiana” Lavori di manutenzione straordinaria per il miglioramento della sicurezza stradale e la razionalizzazione delle intersezioni a raso tra i Km 7+500 - 11+950 - 22+700 - 23+100. Sul foglio inserzioni della Gazzetta Ufficiale n. 6 del 14 gennaio 2015 è pubblicato l’Avviso relativo alla sospensione della procedura di gara per l’appalto in oggetto, al fine di consentire il perfezionamento degli atti tecnico-amministrativi propedeutici all’accessibilità delle aree interessate dai lavori. Nuovo Termine per la presentazione delle offerte: ore 12.00 del 25 marzo 2015. Prima seduta pubblica: ore 10:00 del 31 marzo 2015. IL DIRIGENTE AMMINISTRATIVO Avv. Massimo Siano VIALE KENNEDY, 25 - 80125 NAPOLI Tel. 081/7356111 - Fax 081/621411 sito internet www.stradeanas.it TRIBUNALE DI LATINA Ufficio fallimentare Fallimento “AUTO BARSI SERVICE S.R.L” n. 76/13 Giudice Delegato: Dott. Antonio Lollo Curatore: Dott. Gianpiero Macale ESTRATTO BANDO PER LA VENDITA SENZA INCANTO DEI BENI MOBILI ACQUISITI ALL’ATTIVO DEL FALLIMENTO La Curatela del Fallimento n. 76/2013 della AUTO BARSI SERVICE S.R.L, dichiarato con sentenza del 22/05/2013, AVVISA che intende raccogliere offerte di partecipazione alla procedura competitiva per la vendita senza incanto dei beni mobili acquisiti all’attivo del Fallimento, come da inventario e perizia di stima agli atti della Procedura, posti a gara nei 3 seguenti lotti: Lotti n. 1 - “Arredi e macchine per ufficio” n. 2 - “Macchinari ed attrezzatura d’officina” n. 3 - “Ricambi e accessori” Prezzo base in € oltre I.V.A. 4.200,00 8.400,00 5.000,00 Offerta minima in aumento in € oltre I.V.A. 420,00 840,00 500,00 Il tutto come meglio descritto e specificato nel “BANDO E REGOLAMENTO per la ricerca di offerte di partecipazione alla procedura competitiva per la vendita dei beni mobili acquisiti all’attivo del Fallimento” (e relativi allegati), alle condizioni, di cui segue stralcio, facendo, comunque, espresso riferimento al suddetto Bando e Regolamento il cui contenuto deve intendersi qui integralmente richiamato e trasfuso: - la vendita potrà essere effettuata anche per singoli lotti; - agli importi su indicati si dovrà aggiungere l’I.V.A. all’aliquota vigente; - i beni sono venduti nello stato di fatto e diritto in cui essi si trovano con oneri e spese di ritiro a carico dell’aggiudicatario, sono escluse successive contestazioni, con esonero del fallimento da ogni responsabilità e onere al riguardo. Eventuali vizi, mancanza di qualità, difformità o differenza di qualsiasi genere, pure in termini quantitativi, anche dovute ad azioni di rivendica svolte da parte di terzi qualora accolte ai sensi di legge, non potranno dar luogo ad alcun diritto in favore dell’aggiudicatario, essendosi di ciò tenuto conto nella determinazione del prezzo base d’asta, né la vendita potrà essere risolta per alcun motivo. Le offerte per l’acquisto dovranno essere effettuate mediante dichiarazione da presentarsi in busta chiusa ed intestata a “Fallimento n. 76/13 - Offerta acquisto beni” presso la Cancelleria fallimentare del Tribunale di Latina entro le ore 11,00 del giorno 04/02/2015. L’apertura delle buste avverrà il giorno 05/02/2015 alle ore 15,30 presso lo studio del Curatore dott. Gianpiero Macale. La versione integrale del Bando e Regolamento di gara, della perizia di stima e dell’inventario fallimentare sono disponibili presso la Cancelleria fallimentare, presso lo studio del Curatore dott. Gianpiero Macale, Corso della Repubblica 283, Piano 7, telefono 0773665400, fax 0773662346, pec [email protected], nonché in allegato alla pubblicazione sul sito www.astegiudiziarie.it. Latina, data di pubblicazione Il Curatore fallimentare - Dott. Gianpiero Macale AERONAUTICA MILITARE UFFICIO GENERALE CENTRO DI RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DIREZIONE DI AMMINISTRAZIONE Gli Enti e i Distaccamenti dell’A.M., dislocati su tutto il territorio nazionale, provvederanno, nel corso dell’anno 2015, all’effettuazione di sondaggi economici di mercato per: - l’acquisto di beni e servizi, in settori e categorie merceologiche elencate all’art. 129 del D.P.R. 236/2012 (ex. art. 2 del D.M. 16 marzo 2006) relativamente a quelli per i quali non sono operabili convenzioni stipulate da parte della CONSIP ovvero non sia possibile il ricorso al MEPA, ivi compresi gli interventi di meccanica e carrozzeria su autovetture e mezzi pesanti; - l’esecuzione di lavori, ai sensi dell’art. 125 D. Lgs 163/2006, afferenti a beni immobili, ad infrastrutture e relativi impianti ed in particolare: manutenzione, riparazione beni immobili ed aree verdi, manutenzione impianti fissi (termici, idraulici, elettrici, climatizzazione, etc.), tecnologici, idraulica, falegnameria. Gli operatori economici eventualmente interessati a presentare preventivi di spesa relativi ai suddetti sondaggi economici di mercato che avranno luogo, di volta in volta, nel corso dell’anno 2015, potranno inoltrare, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, apposita istanza su carta intestata, firmata dal legale rappresentante dell’impresa, nella quale dovranno indicare: i settori di interesse, il fatturato annuo e quant’altro elemento di informazione ritenuto necessario al fine di meglio illustrare l’attività dell’impresa. La suddetta istanza dovrà essere inviata agli Enti/Distaccamenti di specifico interesse, i cui indirizzi potranno essere rilevati sul sito WEB WWW.AERONAUTICA.DIFESA.IT - GARE D’APPALTO. IL DIRETTORE - Col. C.C.r.n. Alfredo TRITAPEPE Estratto invito a manifestare interesse per l’acquisto del Complesso Aziendale di Equiter S.r.l. in a.s. Il Commissario Straordinario di Equiter S.r.l., con sede legale in Roma, Via Catania 9, in amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. 347/03 (“Equiter”), a tanto autorizzato con provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 0001465 del 9 gennaio 2015, invita tutti i soggetti interessati a presentare manifestazioni di interesse entro le ore 18:00 (ora italiana) del 2 febbraio 2015, per l’acquisto del Complesso Aziendale, nei modi e nei termini indicati nell’invito a manifestare interesse allegato al Programma di Cessione del Complesso Aziendale di Equiter, autorizzato in data 7 agosto 2014 dal Ministero dello Sviluppo Economico e già pubblicato per intero sul sito www.equiter.com (l’“Invito”). La procedura di vendita coinvolge l’intero Complesso Aziendale facente capo a Equiter (il “Complesso Aziendale”). L’elenco dei beni materiali ed immateriali e dei contratti costituenti il Complesso Aziendale potrà essere richiesto al Commissario Straordinario, previa presentazione delle manifestazioni di interesse, al seguente indirizzo: Commissario Straordinario Equiter S.r.l. in a.s. Via Ugo De Carolis, 100, 00136 Roma, Fax: 06 35341159, PEC: [email protected] Allo stesso indirizzo potranno essere inviate tutte le comunicazioni relative all’Invito. L’Invito contiene l’indicazione dei requisiti soggettivi necessari per la presentazione di una manifestazione d’interesse, del contenuto minimo della manifestazione d’interesse e della documentazione da allegare a questa, nonché altre informazioni in merito alle manifestazioni di interesse e alla presente procedura. Il Commissario Straordinario sceglierà, a proprio insindacabile giudizio e senza alcun obbligo di motivazione, quali persone fisiche, giuridiche e/o cordate ammettere alla procedura di vendita. Il presente invito costituisce esclusivamente un estratto non completo dell’Invito. Esso non costituisce un invito ad offrire, né un’offerta al pubblico ex art. 1336 del Codice Civile, o una sollecitazione del pubblico risparmio ex art. 94 e ss. del D. Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998. La pubblicazione del presente estratto, dell’Invito e la ricezione delle manifestazioni d’interesse non comportano per il Commissario Straordinario alcun obbligo di ammissione alla procedura di vendita e/o di avvio di trattative per la vendita e/o di vendita nei confronti dei soggetti interessati all’acquisto né, per questi ultimi, alcun diritto a qualsivoglia prestazione da parte del Commissario Straordinario e/o di Equiter a qualsiasi titolo. Il testo in lingua italiana dell’Invito prevale sul presente estratto e su ogni testo pubblicato in lingua straniera. L’invio della manifestazione di interesse da parte dei soggetti interessati costituirà espressa accettazione da parte degli stessi di quanto previsto e riportato nell’Invito, che i soggetti interessati sono tenuti a leggere nella sua interezza. Il Commissario Straordinario Prof.ssa Daniela Saitta Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica Direzione Pianificazione Generale U.O. Piano Regolatore - P.R.G. Pubblicazione degli atti relativi alla Deliberazione A.C. n. 63 del 29 settembre 2014 con la quale è stato adottato il Programma di Trasformazione Urbanistica denominato “Via Longoni” Gli atti relativi alla Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 63 del 29 Settembre 2014 saranno pubblicati e consultabili nella sezione riservata all’Albo Pretorio on-line accessibile dal sito www.comune.roma.it e potranno anche essere visionati presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica U.O. Piano Regolatore P.R.G. via del Turismo, 30 - 00144 Roma (il lunedì dalle ore 9,00 - 12,00 e il giovedì dalle ore 9,00 - 12,00 e 14,00 - 16,00), dal 15 Gennaio 2015 e per i 15 giorni successivi. Gli interessati potranno fino a quindici giorni dopo la scadenza del periodo di deposito, entro il 13 febbraio 2015, presentare le eventuali osservazioni e le opposizioni che dovranno essere redatte in duplice copia - di cui una in bollo da € 16,00 per le sole opposizioni. Le osservazioni e le opposizioni potranno essere consegnate al protocollo del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, via del Turismo, 30 - 00144 Roma (il lunedì dalle ore 9,00 - 12,00 e il giovedì dalle ore 9,00 - 12,00 e 14,00 - 16,00) o inviate per raccomandata. Ai fini del rispetto della scadenza stabilita, farà fede la data del timbro postale. Dirigente - Arch. Vittoria Crisostomi Accordo di Programma art. 49 L.R. 38/99 D.Lgs. n. 267/2000 - art. 34 Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 63 del 29/09/2014 ENTE DI GOVERNO DEL TPL UFF. PERIFERICO PROVINCIA DI VENEZIA via Forte Marghera n. 191 30173 Mestre (VE) Sono indette le seguenti procedure ristrette: 1. “procedura a doppio oggetto per l’individuazione di un nuovo socio di ATVO s.p.a. con specifici compiti operativi, mediante sottoscrizione e versamento dell’aumento di capitale sociale (pari al 15%) riservato al medesimo ed affidamento ad ATVO s.p.a. della concessione dei servizi TPL urbani ed extraurbani per l’ambito di unità di rete del Veneto orientale”; importo dell’appalto: € 5.189.870,24; 2. “affidamento della gestione in regime di concessione dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbani su gomma relativi al collegamento tra Chioggia e Venezia”; importo dell’appalto: € 37.416.600,00; criterio di aggiudicazione: offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dei criteri indicati nell’invito a presentare offerte; Termine presentazione delle domande: ore 12.00 del 12/02/2015, pena l’esclusione. integrativa è La documentazione consultabile sul profilo: http://www.provincia.venezia.it/trasparenza/bandi-di-garaaperti.html. IL DIRIGENTE - ing. Paolo Gabbi Il Fall. Biemme Domus S.r.l., curatore Avv. Fabrizio Ravidà, vende beni immobili presenti presso il Comune di Velletri come di seguito individuati: (1) Piena proprietà dell’appezzamento di terreno distinto al NCT al fg. 67 p.lle: (a) 1109 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 01 ca. 74 - reddito dominicale Euro 0,05 - reddito Agrario Euro 0,02; (b) 1110 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 00 ca. 97 - reddito dominicale Euro 0,03 - reddito Agrario Euro 0,01; (c) 1111- bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 02 ca.45 - reddito dominicale Euro 0,08 - reddito Agrario Euro 0,03; (d) 1112 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 03 ca. 58 - reddito dominicale Euro 0,11 - reddito Agrario Euro 0,04; (e) 1112 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 03 ca. 58 - reddito dominicale Euro 0,11 - reddito Agrario Euro 0,04; (f) 1113 - bosco ceduo - cl. 5 - superficie are 04 ca. 72 - reddito dominicale Euro 0,15 - reddito Agrario Euro 0,05; (g) 1114 - bosco ceduo - cl. 5 superficie are 05 ca. 84 - reddito dominicale Euro 0,18 - reddito Agrario Euro 0,06; (h) 1116 - canneto - cl. 4 - superficie are 00 ca. 04 reddito dominicale Euro 0,01 - reddito Agrario Euro 0,01; (i) 1117 - canneto - cl. 4 - superficie are 01 ca. 54 - reddito dominicale Euro 0,28 - reddito Agrario Euro 0,32; (j) 1119 - canneto - cl. 4 - superficie are 03 ca. 04 - reddito dominicale Euro 0,55 - reddito Agrario Euro 0,63; (k) 1120 - canneto - cl. 4 - superficie are 01 ca. 17 - reddito dominicale Euro 0,21 - reddito Agrario Euro 0,24; (l) 1121 - vigneto cl. 2 - superficie are 18 ca. 50 - reddito dominicale Euro 26,27 - reddito Agrario Euro 15,29; (m) 1124 - vigneto - cl. 2 - superficie are 13 ca. 66 - reddito dominicale Euro 19,40 - reddito Agrario Euro 11,29; (n) 1125 - vigneto - cl. 2 - superficie are 14 ca. 39 - reddito dominicale Euro 20,44 - reddito Agrario Euro 11,89; (o) 1126 - vigneto - cl. 2 - superficie are 14 ca. 44 - reddito dominicale Euro 20,51 - reddito Agrario Euro 11,93; (2) Piena proprietà del casale inagibile ed in completo stato di abbandono, con annessa corte esclusiva (distinta la corte al NCT fg. 67 p.lla 1285 - Ente Urbano della superficie tra coperto e scoperto di mq. 1.845,00), distinto il casale al NCEU al fg. 67 - p.lla 1285 - Categoria A/7 - classe 5 - consistenza 8,5 vani - rendita Euro 1.185,27 - Via Ferruccio Parri snc piani: T-1. Confina con: Via Ferruccio e/o Francesco Parri (viottolo non asfaltato); e particelle - 1116, 1117, 1121, 1123, tutte del foglio 67, salvo altri. Sono disponibili perizia e relazione notarile. La procedura si svolgerà nelle forme di cui all’art. 107 l.f. Offerte, a partire dalla base d’asta € 50.000,00 (al netto di oneri fiscali che saranno a carico dell’acquirente così come le spese notarili e ogni altro accessorio) conformi al disciplinare di gara che a richiesta sarà trasmesso, entro il 26 gennaio 2014 ore 13:00 presso lo studio del curatore, Via Bertoloni 44/46, Roma (tel. 06/80690224). Apertura delle buste alle ore 16:00 del medesimo giorno presso lo studio del curatore. TRIBUNALE DI RIMINI Sezione Fallimentare Fallimento METHA GESTIONI SRL CON SOCIO UNICO IN LIQUIDAZIONE Giudice Delegato Dott.ssa Maria Antonietta Ricci PEC [email protected] SECONDO AVVISO DI VENDITA DI COMPENDI AZIENDALI OPERANTI NEL SETTORE ALBERGHIERO CON RIBASSO DEL 25% La procedura intestata vende in lotti distinti le singole aziende alberghiere di seguito descritte al prezzo base indicato in corrispondenza di ognuna di esse: LOTTO 1) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Torino Mirafiori, esercitata in Torino, Via Paolo Gaidano n. 113 - PREZZO BASE euro 67.000. LOTTO 2) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Plus Udine Tavagnacco, esercitata in Tavagnacco, Via Adia Alpi n. 10 - PREZZO BASE euro 48.000. LOTTO 3) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Milano Wattredici, esercitata in Milano, Via G. Watt n. 13 - PREZZO BASE euro 710.000. LOTTO 4) Azienda alberghiera denominata Idea Hotel Plus Milano San Siro, esercitata in Milano, Via Gaetano Airaghi n. 125 - PREZZO BASE euro 375.000. Le modalità e formalità della vendita sono riportate nel disciplinare pubblicato sul sito internet del Tribunale di Rimini. Copia del disciplinare e maggiori informazioni sulla vendita potranno essere richieste alla pec della procedura: [email protected]. La gara tra gli offerenti per ciascun Lotto, con inizio dal Lotto 1, si terrà avanti il Giudice Delegato al Fallimento nel suo Ufficio presso Il Tribunale Fallimentare di Rimini, Via C.A. dalla Chiesa 11, il giorno 30.01.2015 ore13.00. Le aziende sopra indicate sono allo stato oggetto di contratto di affitto temporaneo con scadenza al 31.12.2015. Si precisa che il presente annuncio non costituisce proposta né offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. né sollecitazione al pubblico risparmio, né impegna in alcun modo la curatela fallimentare. Rimini-Milano I Curatori del fallimento Dott. Claudio Ferrario - Dott. Giuseppe Chiarelli COMUNE DI STORO PROVINCIA DI TRENTO G5011405 Aggiudicato il 18.12.2014 con il criterio dell’offerta economica mente più vantaggiosa l'appalto per l’affido del servizio nido d’infanzia alla Città Futura soc.coop.soc., via Abondi 37, Trento. Esito agg.: www.comune.storo.tn.it . Ill fu unzionario dii Seegreteria d..ssa Cllaudia Za anetti Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 41 Economia Parigi Bolloré chiude l’Opa Havas e sale al 73% Il gruppo Bolloré chiude con successo l’Opa su Havas. In base ai dati preliminari dell’offerta sulla società della comunicazione, la partecipazione sale al 73% del capitale dal 30% precedente. «L’operazione rientra nella strategia di investimento di lungo termine in Havas avviata 10 anni fa» ha commentato il gruppo di Vincent Bolloré. Quest’ultimo ieri era in Benin per l’inaugurazione della stazione ferroviaria di Cotonou. Air La Rivoluzione Sottile ® © RIPRODUZIONE RISERVATA Unicredit, i soci prenotano i posti L’ipotesi Biasi e la conferma di Vita % "''' 1 ' '% 22 & &&, & !2" & ! " ' " " '' ! ' ""!" '' # # -.# )-# .-# .# )# .2# (# Ð Ð Ð Ð Ð Ð Ð Ð Ð Le fondazioni rinunciano a un seggio. Il ruolo di Aabar nella governance /& /& /& /& !'' '! "'' 22)# Ð & # Ð 2# Ð $ 0$ Ù Le tappe # ' , -..*2*( " '! '! , .-*2*.2 ' '! ' , 2*2-*-2 !'' " "' , -2*2* !'' " ' La Lente di Antonella Baccaro Savona e i pericoli incalcolabili dei derivati P rima regola per gestire i derivati: non crearli. L’economista Paolo Savona, ascoltato in commissione Finanze della Camera per l’indagine su questi strumenti finanziari, è stato netto. «Qualsiasi regolamento sui derivati si faccia, il mercato lo aggirerà». Quanto ai rischi, «nessuno è in grado di valutarli». Perciò sarebbe meglio proibire l’uso dei derivati a chiunque oppure consentirlo a privati che operino con fondi propri. Nel pubblico, dove le perdite ricadono sulla collettività, i derivati andrebbero evitati o almeno garantiti con un fondo di riserva approvato dal Parlamento. Una nuova sezione della Corte dei conti potrebbe garantire controlli «terzi». © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Al prossimo consiglio di amministrazione del 20 gennaio l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni (nella foto) presenterà la proposta di budget 2015. Al successivo board dell’11 febbraio saranno invece presentati conti 2014. Ghizzoni punta a un utile annuo di 2 miliardi di euro. Il 13 maggio ci sarà l’assemblea sul bilancio e sul rinnovo del board Il taglio degli amministratori nel prossimo consiglio di Unicredit da 19 a 17 comporta che due consiglieri si facciano da parte: ma chi tra i grandi soci rinuncerà al posto? La discussione in Piazza Aulenti è appena cominciata: a giocarsi quel posto sono le Fondazioni, ma anche i soci esteri. La partita non è semplice, né lo è il lavoro del presidente Giuseppe Vita e del vice Vincenzo Calandra Bonaura, incaricati di sondare gli umori degli azionisti. In Unicredit le Fondazioni contano ormai solo per il 9%, mentre sono cresciuti i soci esteri. Primo azionista è Aabar, fondo sovrano di Abu Dhabi, con il 5,02%, seguito dal fondo Usa BlackRock al 4,66%. Il fronte degli enti è rappresentato da Cariverona al 3,46%, Crt al 2,5% e Carimonte al 2,1% mentre hanno quote minime le fondazioni Manodori, Sicilia e Cr Treviso. Ci sono poi Del Vecchio (3%) e Caltagirone (1%). Nei giorni scorsi — compreso il comitato governance di martedì 13 in vista del consiglio del 20 gennaio sul budget 2015 — si è avviata un’analisi per individuare la strada migliore per accorpare i posti mantenendo al contempo le varie professionalità richieste dalla Banca d’Italia. «Il dialogo mi sembra molto costruttivo», riferisce uno dei protagonisti. RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano ● Il caso 6,60 IERI 5,02 -1,28% 5,15 2014 gen feb mar apr mag giu lug set ott nov dic gen d’Arco 29,7 miliardi la capitalizzazione di Unicredit a Piazza Affari. I soci italiani (fondazioni e privati) pesano ormai in totale per il 12% circa Sembra ormai certo che le fondazioni, che tre anni fa indicarono 7 consiglieri, rinunceranno a un posto. Ma non vogliono perderne un altro. Un passo indietro toccherebbe dunque agli stranieri (oggi sono 7 nel board, compresi i due in quota Aabar). C’è anche l’ipotesi di un taglio da 4 a 3 alle vicepresidenze, attualmente affidate a Fabrizio Palenzona (per Crt), al vicario Candido Fois (Cariverona), Calandra Bonaura (Carimonte) e Luca Cordero di Montezemolo (Aabar). Per Verona poi è possibile che si candidi Paolo Biasi, se lasciasse in anticipo la presidenza di Cariverona, in scadenza a novembre non rinnovabile. Scontata la conferma del ceo Federico Ghizzoni, è aperto il tema del presidente. Gli italiani sono compatti per un secondo mandato a Vita. Ma Aabar avrebbe sollevato l’esigenza di una figura internazionale alla presidenza, che però sarebbe già soddisfatta da Vita: già tre anni fa fu scelto in quanto manager italiano con carriera di successo tutta in Germania. Toccherà a Montezemolo mediare tra arabi e italiani. In realtà ciò che interessa ai soci è che la banca abbia buona redditività e spinga sull’internazionalizzazione. L’11 febbraio il board approverà i conti 2014 da cui dipende il dividendo: Ghizzoni vuole centrare l’obiettivo di 2 miliardi di utile; la stima Ubs è di 2,1. Musica per gli azionisti. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Ilva, a rischio il rientro dei fondi di Riva Il Tesoro: per la voluntary disclosure segnalare le operazioni sospette MILANO Il rientro dei capitali dei Riva sequestrati all’estero e fondamentali per attuare le prescrizioni dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) è a rischio. Il decreto legge sull’Ilva approvato la vigilia di Natale andrebbe a intervenire sull’articolo 1 comma quinquies AVVISO DI AGGIUDICAZIONE APPALTO L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A, con sede in Roma, via Salaria, 1027, rende noto l’esito della procedura negoziata ai sensi dell’art. 57, comma 2 lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 per la definizione di un accordo quadro con un unico operatore economico finalizzato alla fornitura di carta termica con ologramma applicato per la realizzazione di marche da bollo. L’esito di gara è stato pubblicato nel Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. 429590-2014-IT del 18/12/2014; CIG n. 55404625E0. L’appalto è stato aggiudicato in data 30/10/2014 alla società Fedrigoni S.p.A. con importo di aggiudicazione Euro 1.357.200,00 IVA esclusa. L’avviso di aggiudicazione integrale è disponibile sul sito internet www.ipzs.it. Il Direttore Acquisti (avv. Alessio Alfonso Chimenti) Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: Un anno a Piazza Affari Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 6665 Fax 02 2588 6114 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 Fax 081 49 777 12 Via Campania, 59 C - 00187 Roma Tel. 06 6882 8650 Fax 06 6882 8682 C.so Vittorio Emanuele II, 60 70122 Bari Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126 del precedente decreto 2013, creando dei «problemi» al rientro del miliardo e 200 milioni. A sollevare il caso, durante un’audizione in Senato, è stato il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco. «Se l’Italia rivuole questi soldi — ha detto — deve far rivivere il contenuto di quella norma». Il primo problema sollevato da Greco riguarda gli impegni con la Svizzera, che ha posto alcune «condizioni» come il fatto che «i soldi non vengano confiscati prima della sentenza passata in giudicato». Il secondo riguarda il fatto che «una elargizione dello Stato, ovvero una confisca preventiva di questo denaro senza una contropartita» potrebbe «avere dei riflessi in termini costituzionali e anche con l’Ue perché potrebbe rappresentare una sorta di aiuto di Stato». Per Greco una soluzione potrebbe essere «un’emissione di un prestito obbligazionario con un rendimento pari a quello medio del Fondo unico giustizia». Nei giorni scorsi il Tesoro ha diffuso una circolare sulla voluntary disclosure in cui si spiega che resta immutato l’obbligo di attivare le procedure di adeguata verifica della clientela e gli obblighi di registrazione e di segnalazione di eventuali operazioni sospette nel caso di elevato rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, come previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007 n. 231. Per Fabrizio Vedana, vicedirettore generale dell’Unione fiduciaria, «la circolare non risolve i dubbi interpretativi della legge. Si confida che Bankitalia circoscriva i termini di applicazione sull’obbligo di segnalazioni di operazioni sospette». Per Stefano Simontacchi, managing partner di L’accordo Tirrenia-Clessidra, firma anche Negri (f.mas.) Anche la Gip di Luigi Negri, socio di Tirrenia al 15%, ha accettato le condizioni dell’offerta avanzata da Vincenzo Onorato (primo socio al 40% con Moby) a Clessidra per cedere il suo 35% nel vettore navale. Il valore sarebbe di circa 10 milioni. Manca ora solo l’ok della Shipping Investment di Francesco Izzo, al 10%. Bonelli Erede Pappalardo, «non c’è un problema per avvocati e commercialisti, esclusi dall’obbligo dall’articolo 12 di quel decreto. Più complicata la situazione per le istituzioni finanziarie». Fr. Bas. © RIPRODUZIONE RISERVATA Crollo dei Bitcoin, in fumo miliardi (e illusioni) di Massimo Sideri I bitcoin — che già nel 2014 erano stati il peggior investimento in valuta del mondo passando da 1.200 a 300 dollari — stanno ora crollando di oltre il 30%: dal 1° gennaio sono stati bruciati 1,7 miliardi di dollari di capitalizzazione, di cui oltre un miliardo nelle sole ultime 24 ore. L’anno è iniziato con un buco da 5 milioni nella maggiore borsa europea, Bitstamp: un duro colpo per la fiducia nelle magnifiche sorti e progressive del «contante di Internet». Comprendere il fascino dei bitcoin non è scontato, ma la storia può aiutare. La tradizione vuole che la prima moneta sia stata coniata da Creso, re di Lidia, nel VII secolo a.C. Da allora ha fatto un lungo viaggio: dall’impero persiano ai greci, dai re ai signori feudali (che diventavano anch’essi, così, dei piccoli monarchi grazie al signoraggio) fino alle banche centrali. Ciò che collega tutte queste fasi storiche è che il diritto di «produrre» la moneta è sempre stato alieno alla persona comune. Ma il bitcoin ha venduto proprio l’illusione di poter essere, grazie a un pc, una piccola banca centrale o un Gonzaga. Ora, il crollo del valore ci riporta alla realtà. @massimosideri © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 42 CONSIGLI E STRATEGIE PER INVESTIRE AL MEGLIO *in più rispetto al prezzo del quotidiano 5 IN E-BOOK nei migliori store digitali e nell’app per iPad® Biblioteca del Corriere In edicola dal 19 gennaio con Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 Strategie Marchionne: lascio fra 4-5 anni Mai un suv Ferrari ECONOMIA «Abbiamo la migliore squadra. Me ne vado fra 4-5 anni». Sergio Marchionne, numero uno di Fca, ha ribadito ieri parlando in occasione dell’Automotive News World congress che lascerà il gruppo verso la fine del piano industriale al 2018. E ha aggiunto che «sono meno di 10» i candidati alla sua successione. Marchionne ha poi sottolineato che «il pubblico italiano capisce che senza Chrysler il futuro di Fiat sarebbe stato incerto. Non ho rimpianti: l’unione è un bene per tutte e due le aziende». Ha quindi confermato che «non ci sarà mai un suv Ferrari». Il top manager, che è anche presidente della Casa di Maranello, ha rimarcato che il gruppo «ha altri brand come Maserati per questo segmento e per competere con Porsche. La Ferrari non ha mai speso un soldo in pubblicità. Non lo ha mai fatto né lo farà. È un marchio unico che va preservato, dobbiamo essere molto selettivi perché deve rimanere tale». Una Ferrari, ha proseguito, dev’essere prodotta interamente in Italia «altrimenti sarebbe una bestemmia». Soffermandosi sui cambiamenti al vertice della «Rossa» ha detto che «Luca ha fatto un buon lavoro alla guida di Ferrari per 23 anni e Ferrari è stata campione nel 2008, ma bisognava cambiare. Lo stile delle macchine andava benissimo, le corse no. Iniziamo la stagione in ritardo perché la macchina non era pronta, ma miglioreremo. Sarà una stagione interessante». © RIPRODUZIONE RISERVATA «Consob, violata la collegialità» Il gruppo elettrico Enel sul mercato dei capitali lancia il concambio di sei prestiti Il Tar boccia la delibera che taglia lo stipendio al dirigente del dossier Unipol «Violata la regola della collegialità». Dunque «si deve disporre l’annullamento della delibera Consob n. 18822 del 7 marzo 2014». Lo dice una sentenza del Tar del Lazio. Quella delibera stabiliva il taglio dello stipendio di un dipendente: Marcello Minenna. Non uno qualsiasi ma il dirigente che entrò in rotta di collisione con il presiedente Giuseppe Vegas sulla valutazione dei derivati Unipol. Sette marzo 2014, al tavolo riunioni della Consob si siedono Vegas e il commissario Paolo Troiano. Sono loro la Commissione. Sono rimasti in due dopo la fine del mandato di Michele Pezzinga a dicembre (solo a giugno sarà nominato il terzo componente, Anna Genovese). C’è da votare su una questione interna molto delicata: provvedimenti disciplinari contro Minenna, capo dell’Ufficio analisi quantitativa, per aver violato le disposizioni autorizzando un collega a partecipare a un corso a Singapore. Lo sanno tutti negli uffici dell’Authority quanto sia stata violenta la rottura sulla valutazione dei derivati Unipol, passaggio chiave nel via libera alla fusione con Fonsai. Alcuni, a torto o a ragione, leggono i procedimenti disciplinari come un atto della guerra interna. Tre mesi prima della delibera sul taglio dello stipendio, esattamente il 13 dicembre 2013, la Consob aveva sul tavolo il lavoro di Minenna, secondo cui il portafoglio titoli strutturati di Unipol presentava un differenziale negativo di fair value tra i 592 e i 647 milioni. Simulazioni, stime ex ante (Unipol oggi ha dimezzato a 2,4 miliardi il portafoglio con 11 milioni di plusvalenze). La Commissione non prese in considerazione il dossier (a supporto tecnico) e con il voto doppio di Vegas, contrario Pezzinga e astenuto Troiano, decise che Unipol non doveva apportare correzioni, in linea con la proposta di Angelo Apponi, capo Divisione informazione emittenti (ufficio competente in materia), tre giorni fa nominato direttore generale. Lo scontro interno a Consob finisce anche nelle carte della Procura di Milano. Minenna è sentito come testimone dal pm Orsi che indaga per aggiotag- gio l’amministratore delegato Carlo Cimbri e tre manager Unipol. Nel frattempo la decisione di tagliargli lo stipendio (un quinto per sei mesi) è stata presa anche se Consob ha sempre negato qualsiasi relazione con il caso Unipol-Fonsai. Ma come è stata presa? Vegas e Troiano sono riuniti uno di fronte all’altro. Duo non faciunt 2 i commissari Consob dal dicembre 2013 a giugno 2014, con voto doppio per il presidente Wall Street Prima banca Usa Jp Morgan paga gli scandali Jp Morgan, la più grande banca Usa, paga gli scandali: l’utile cade del 6,6% a 4,92 miliardi dopo 1,1 miliardi accantonati. Per il ceo Jamie Dimon «le banche sono sotto attacco». collegium dice la massima latina (e la logica) ma il governo dorme e il terzo commissario non c’è ancora. Troiano sfodera il suo «no» motivato, Vegas «sì» due volte, da commissario e da presidente. Voto doppio, come se fosse una materia di inderogabile urgenza. La delibera 18822 passa. Minenna la impugna. Il Tar si pronuncia e la sentenza è depositata dal 10 novembre. Consob non ha ancora deciso se appellarla. La sanzione disciplinare è «illegittima» — si legge — e «inesistente» il fatto materiale contestato. E comunque per lungo tempo la Consob «ha funzionato, di fatto, come un organo monocratico» con «minori garanzie di indipendenza rispetto a un organo collegiale», garanzie che «sono assolutamente indefettibili nel caso di un’autorità amministrativa indipendente». La decisione di sanzionare Minenna, al quale Consob deve pagare le spese di giudizio, semmai «avrebbe dovuto essere assunta all’unanimità». Mario Gerevini [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 43 La vicenda ● La Consob taglia lo stipendio di un dirigente considerato «nemico» del presidente Vegas (sopra) ● La delibera passa con il voto doppio del presidente ● Minenna va al Tar che gli dà ragione: «Illegittima» L’Enel si riaffaccia sul mercato dei capitali: ieri mattina, tramite Enel Finance International, ha lanciato una nuova operazione con la quale si offre di ritirare sei dei propri bond in circolazione — con un valore complessivo di circa 5,5 miliardi — in cambio di una combinazione di un nuovo bond senior a 10 anni in euro e cash. Secondo quanto risulta all’agenzia Radiocor, nell’operazione il gruppo guidato da Francesco Starace è supportato da Banca Imi in qualità di dealer manager e da UniCredit come joint dealer manager e joint bookrunner. L’offerta è valida fino alle 17 del 21 gennaio e il regolamento è previsto per il 27 gennaio. I titoli in circolazione oggetto dell’ offerta di scambio hanno scadenze su settembre 2016, luglio 2017, aprile 2018, ottobre 2018, marzo 2020, e luglio 2021. L’operazione mira a ottimizzare le scadenze e il costo del debito. © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 44 ABILE impiegata tecnico-commerciale e acquisti offresi part-time in Milano. 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Bond TargetSettem.2016 ACC EUR 27,016 7,176 7,021 7,115 6,781 12,843 11,036 11,072 12,357 12,385 11,408 12,063 12,084 10,521 10,518 17,520 6,925 9,089 9,265 6,661 15,064 13,395 16,189 7,741 10,226 30,937 26,964 7,127 7,020 7,113 6,781 12,842 11,314 11,345 12,488 12,512 11,404 12,094 12,113 10,560 10,552 17,522 6,912 9,105 9,237 6,670 15,098 13,291 16,005 7,740 10,221 31,063 5,125 5,124 5,103 5,416 5,366 3,910 3,860 4,742 5,626 5,637 4,988 5,430 5,583 4,975 5,368 6,025 5,427 5,489 5,155 5,196 5,087 4,808 5,051 4,806 5,690 5,164 5,932 5,132 5,130 5,110 5,413 5,394 3,899 3,871 4,727 5,623 5,638 4,985 5,426 5,577 4,969 5,385 6,024 5,427 5,488 5,154 5,199 5,089 4,807 5,049 4,804 5,688 5,163 5,930 AZ F. Bond TargetSettem.2016 DIS AZ F. Cash 12 Mesi AZ F. Cash Overnight AZ F. Carry Strategy ACC AZ F. Carry Strategy DIS AZ F. Cat Bond ACC AZ F. Cat Bond DIS AZ F. CGM Opport Corp Bd AZ F. CGM Opport European AZ F. CGM Opport Global AZ F. CGM Opport Gov Bd AZ F. Commodity Trading AZ F. 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Patriot ACC AZ F. Patriot DIS AZ F. Qbond AZ F. Qinternational AZ F. QProtection AZ F. Qtrend AZ F. Renminbi Opport AZ F. Reserve Short Term AZ F. Short Term Gl High Yield ACC AZ F. Short Term Gl High Yield DIS AZ F. Solidity ACC AZ F. Solidity DIS AZ F. Strategic Trend AZ F. Top Rating ACC AZ F. Top Rating DIS AZ F. Trend AZ F. US Income SRILANKESE offresi part-time mattina come baby-sitter, domestica. Esperienza decennale. Referenziata. Diplomata inglese. 327.04.32.598 BADANTE referenziata, pluriennale esperienza, brava cuoca, offresi fissa/ giornata/week-end. 333.32.72.649 BADANTE 52enne, moldava referenziata offresi fissa/diurno, anche weekend, libera subito zone Milano, Parma, Trento. 328.64.32.374 COPPIA Sri Lanka offresi con alloggio come badanti. Ottimi cuochi. 328.21.81.261 Roma. OPERATORE sanitario diplomato con referenze disponibile per assistenza sanitaria. 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A Kairos Multi-Str. B Kairos Multi-Str. I Kairos Multi-Str. P Kairos Income Kairos Selection KAIROS INTERNATIONAL SICAV KIS - America A-USD KIS - America P KIS - America X KIS - Bond A-USD KIS - Bond D KIS - Bond P KIS - Bond Plus A Dist KIS - Bond Plus D KIS - Bond Plus P KIS - Dynamic A-USD KIS - Dynamic D KIS - Dynamic P KIS - Emerging Mkts A KIS - Emerging Mkts D KIS - Europa D KIS - Europa P KIS - Europa X KIS - Global Bond P KIS - Italia P KIS - Italia X KIS - Key KIS - Key X KIS - Liquidity D KIS - Liquidity P KIS - Multi-Str. UCITS A USD KIS - Multi-Str. 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Equity Quant A PS - Inter. Equity Quant B PS - Liquidity A PS - Liquidity B PS - Opportunistic Growth A PS - Opportunistic Growth B PS - Prestige A PS - Quintessenza A PS - Target A PS - Target B PS - Target C PS - Titan Aggressive A PS - Total Return A PS - Total Return B PS - Valeur Income A PS - Value A PS - Value B PS - Value C www.pegasocapitalsicav.com NM Augustum Corp Bd A NM Augustum Extra Euro High Qual Bd NM Augustum High Qual Bd A NM Balanced World Cons A NM Euro Bonds Short Term A NM Euro Equities A NM Global Equities EUR hdg A NM Inflation Linked Bond Europe A NM Italian Diversified Bond A NM Italian Diversified Bond I NM Large Europe Corp A NM Market Timing A NM Market Timing I NM Q7 Active Eq. Int. A NM Q7 Globalflex A NM Total Return Flexible A NM VolActive A NM VolActive I AUGUSTUM EQUITY EUROPE I 876131,658 AUGUSTUM G.A.M.E.S. A 571052,427 591889,167 AUGUSTUM G.A.M.E.S. 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A Piazza Affari il Ftse-Mib è arretrato dell’1,59% e le vendite hanno colpito in particolare Buzzi-Unicem (-4,75%), Moncler (-3,78%) e Prysmian (-3,09%). Giù anche Eni (-2,95%) penalizzata dal calo del petrolio. In rialzo, invece, Bpm (+1,77%), che spicca in un comparto bancario debole nonostante il leggero calo dello spread (a 130 punti base in chiusura). Fuori dal paniere delle blue-chips, infine, progressi per alcuni editoriali, come Monrif (+4,57%) e Rcs MediaGroup (+4,05%). © RIPRODUZIONE RISERVATA " /"" ( )55" ( %2)"& $ 99 30 99999999999999999999999999999999999999999999999978 M!(E) F99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999997F8 M!$MF #99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 $!22( 3D#/ >3G6 99999999999999999999999999999999999999999999999978 5M!2MM ;G# 3D-/- 99999999999999999999999999999999999999999999999978 M!2E( ?0,*0999999999999999999999999999999999999999999999999999978 5!MA5 ",#>369->#1L#9999999999999999999999999999999999999999978 5F!2MM #"#? 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 5!M)M #&&# 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 5!2)2 -41 #1#I/#?999999999999999999999999999999999999999999978 % /#>-3199999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 F!@(M 0-#1D+#?-?9999999999999999999999999999999999999999999999999978 M!E@( 06/-&319999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 (!F(M 1-0 3/"-1* 9999999999999999999999999999999999999999999978 E!$@M 1?/"3 D? 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Il nodo da sciogliere è se il nuovo strumento per il risanamento di aziende strategiche sarà interamente pubblico oppure se, più probabilmente, coinvolgerà capitali privati. Il programma prevede che la scelta venga fatta in tempo per presentare il provvedimento nel Consiglio dei ministri di martedì 20 gennaio, che dovrà approvare il pacchetto del cosiddetto investment compact. Per questo sono al lavoro i tecnici del ministero per l’Economia e del ministero per lo Sviluppo economico, i due coinvolti insieme ai consulenti della presidenza del consiglio e alla Cassa depositi e prestiti. L’esordio della società sarà sul caso Ilva, per poi estendere il modello ad altre realtà. Proprio l’Ilva guidata dal commissario straordinario Piero Gnudi (foto) richiede interventi d’emergenza, che potranno procedere più rapidamente se lo strumento sarà esclusivamente pubblico. Lo chiedono, in particolare, le banche creditrici, rassicurate dall’intervento dello Stato ma preoccupate di soluzioni più complesse che richiedano tempo e, di conseguenza, la necessità di altri finanziamenti ponte. La più esposta è Intesa Sanpaolo, seguita da Unicredit e Banco popolare. In tutto risultano finanziatrici per quasi 1,8 miliardi, di cui 250 milioni concessi nel settembre scorso ottenendo la prededucibilità, corsia preferenziale nel rimborso rispetto agli altri creditori. Il coinvolgimento di capitali privati rende più complessa l’operazione ma, come sottolineano sia il Mef sia la Cassa depositi e prestiti, ha almeno due effetti importanti: ridurre l’eventualità di una bocciatura in sede europea per violazione del divieto di aiuti di Stato alle aziende e innescare un effetto di leva finanziaria permettendo di sommare capitali privati a quelli pubblici. Sicuramente sarà una società a cui ne faranno capo altre, specializzate per tipologia d’intervento, anche se la ragione sociale potrà contenere la parola fondo. La nuova iniziativa completa la gamma degli strumenti d’intervento pubblici per la crescita delle aziende affiancando il Fondo strategico italiano (Fsi), la società Fondi italiani per le infrastrutture (F2i), il Fondo per le piccole e medie imprese, i finanziamenti per il venture capital. :M!M2 ,5!E( ,M!$E :M!A( ,M!(E % % ,F!$M :M!)5 % ,F!AF ,5!F) :M!A@ ,5!F$ :F!22 % ,M!55 :5!)2 ,F!E2 ,5!$2 :5!5$ ,M!)A ,5!$( ,M!(5 ,5!A) ,5!(2 ,M!2) ,5!M2 ,M!A5 % :M!E) ,5!E2 :M!A@ :E!($ :5!F) % % ,M!52 :5!@@ % ,5!EE ,M!)2 % ,5!FE ,M!F5 :)!)A ,M!M( ,F!MA % :M!$2 ,M!$A :E!() ,F!)) % :M!EA :5!$2 % % :5!A) :5!(M ,M!F5 ,)!@( ,E!A5 :M!$M ,M!F5 % :M!$@ % ,F!2M :M!@E :M!2E ,M!$5 ,M!@$ :F!2A ,5!$A :M!(E ,M!)$ :M!$F ,M!F@ % ,5!5A :M!E( ,M!ME ,F!FE ,5!)@ % :5!MA % ,M!@2 % % :5!(A ,E!M) % ,M!(A :)!5M ,M!)) % :5!)( ,M!EF ,M!(2 :5!F5 :5!@@ ,M!5E ,M!)( ,M!F2 ,M!$E 4 $/5 " % " %2)"& 2)"& ,E!2A M!(EE M!((2 F5E!) ,)!M@ M!@2F M!$EA F(E@!) ,5!FA $!2MM 2!55M 525$!) :A!A( 5M!FFM 55!M(M ))!2 EE!@ ,M!$M M!2E) M!2AM ,5!$( 5!MA5 5!55M $5!F ,5!FE 5F!A$M 5E!(MM 552!M ,@!FE 5!M)M 5!5F5 55!@ ,55!A( 5!$)M F!FMA FM$!A % % % % ,F!2M F!@(M F!$AM 5FM!2 ,)!EA M!E@E M!E2) E)!2 :@!5) )!$$) (!F(M 55@)!5 ,@!52 E!$@M )!5@M 55@(!$ :F!AF $!52M $!A5M 5@MM!@ % % % % ,F!$A 5!@AM 5!$FM )5)!@ ,M!$@ )!)5M )!$5F )@M!5 :F!FA 52!5(M FM!$2M 5@MMA!M :5!$M A!MAM A!AF( 5A$E!A :)!$M 2!)(M 5M!F2M $2$!@ ,F!22 5)!$2M 5(!@)M AA!$ ,F!M@ 5@!A)M 5$!E$M FAM)!$ ,E!F5 (!$$( A!M$M AE!@ ,)!(2 FF!FEM FE!EMM F($)!M ,)!F$ 5E!AFM 5)!F)M @E2!5 ,5F!@F )!$M) (!($M FE$M!( ,A!2E F!$)M E!55$ 5E5$!F ,5E!5A $!25( 5M!EMM EF@)!M % % % % :E!M5 F!FFA F!EEM 5)E!) ,(!M$ F!5EM F!EFM F((!M % :5)!(2 52A!@MM FF@!MMM :5E!(@ M!M(( M!M@M A)E!M :M!2@ 5!M2( 5!5)) E!M ,)!EA M!E2( M!)5E 5)E!$ :M!MA E!(E$ E!()F ((E!5 ,@!($ M!E($ M!)MM @2!( :5!5) M!(E) M!(@@ F(F$!$ % % % % ,A!$5 M!EM( M!EF@ FM$!M ,A!E) F!M)M F!5@$ FE$!$ ,M!A( F!M$F F!5@M F$!F ,5)!(F (!2FM @!MAM % ,5!FE 2!AMM 2!$)( AE!2 :(!)M M!)$( M!(F@ A2!E :M!EE M!E25 M!)ME $M!5 ,F!@E M!(A$ M!($@ 5EM(!M ,F!5( 5!$(M F!MMM 5$!E ,M!$$ M!()5 M!(@@ )F!M 5)!( ,2!2M M!)F( M!)@F :52!FE 2!EAM 55!)5M E55!A ,A!@$ M!F(F M!F@( 2!F % % % % :M!@E F!A2M 1+6 @5!( :5!($ FF!@MM FE!E(M 5EM!) % % % % % % % % :M!)@ FA!A(M F@!2AM 5$A@!M ,F!MM M!M$A M!M2M A$!E :)!)2 5@!M2M 5$!2MM 5F$M!@ ,$!F2 2!AEM 5M!(MM 5A5A!2 ,2!() (!$$M A!(MM F)E!M ,M!(E E!A5M E!$MM EE!2 ,F!FA )!@5M )!2(F E$F!( ,E!)E 5!E(M 5!E2$ 5A!) :M!EF 5!$)M 5!$$$ FF)!5 ,E!)2 M!$FM M!$@M 5MM!2 :A!M( )!2EM (!(5M E5(M!A ,E!FA F!5(M F!F@M FF!( ,F!@) 5!$E5 5!2MM $)!5 ,(!EE (!(MM (!$5( 2AA!2 % :)!E5 5!2FF F!M(M :E!(A 5M!F5M 5M!@@M 5$5!2 ,)!MF )!$2M (!EM( $MA!E :55!@2 F!A$) E!M5A EM!) ,(!5@ M!FM2 M!FFM 5A!$ ,F!$@ )!M)M )!EF) $5)!2 ,)!A( M!ME@ M!ME2 2!M ,F!$@ M!FEM M!FE@ FM!) ,@!M( M!F5F M!FE5 E$!F ,(!5E M!$)@ M!$2A A@@!) $5!E ,A!)$ M!F2M M!E5M ,E!FA A!F)( A!($( $A22!$ ,A!@E M!)ME M!)E@ F$$!5 % % % % :5!$5 M!FE( M!F)@ 55!F % % % % ,5!FA A!FEM A!E$M FM@@!A ,$!() M!@FM M!$FM $EE!5 % % % % :M!@M 5!E2@ 5!))@ )@!) ,)!M2 M!)EF M!)A( 52F!E % % % % ,)!2$ F!)$M F!AF$ )M!@ :5!@A 5!FM( #1+6 5M)!2 ,5!A( FM!M2M FM!A@M $FF!F ,E!)F 5E!F$M 5E!2MM (EA!$ :F!EA $!$MM 2!5FM (F$!) :)!5A 5)!@EM 5(!(@M FEE(!F :M!)$ 5!AF5 5!A2E (5)!E ,(!() 5!$5$ 5!2)$ F@E!$ :5!)E EE!EEM E)!FMM 5$2F!E ,F!5$ E!5EA E!F5$ )E!A ,)!5$ F!5EF F!F2) E!E ,5!$F )5!E5M )F!A)M 55$M!@ ,F!EE M!$)M M!$AM 2F!E " /"" ( )55" ( %2)"& 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 /919 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 /- 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 0. 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 1#/9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 1#/ >##1 I9999999999999999999999999999999999999999999978 1#>H-D999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 1*-1##>-1* 999999999999999999999999999999999999999999999999 78 1- 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 >*99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 >*K 6-D/ 99999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 >*K 6-D/ 5AI99999999999999999999999999999999975A8 ?6>-1#D 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 G.#"3?999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 G>3D#+ 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 J3>999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 J6>-H- 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 ) /. #1#I/#? 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Seguirà la strada già battuta dalle ex matricole Rottapharm e Intercos anche la Favini di Vicenza. Insieme a Fedrigoni doveva celebrare in Borsa l’anno delle ipo nel settore della carta. Il progetto sospeso lo scorso 25 ottobre torna così in un cassetto. I soci Orlando Italy (62% del capitale) e Crédit Agricole negoziano in esclusiva con un altro private equity. Si tratta di Progressio, società che fa capo ai manager Guido De Vivo e Filippo Gaggini, Mittel, Caritrento e Isa, che ha già firmato una lettera d’intenti. Il valore è di circa sette volte l’ebitda, pari a 16,5 milioni su 165 di ricavi. Una cifra stimata superiore a quella che sarebbe stata spuntata a Piazza Affari. Progressio vuole rafforzare il settore delle «carte release», trame per la produzione di ecopelle, con applicazioni dal lusso all’abbigliamento sportivo. Il resto del business viene dalle carte grafiche per il packaging per Gucci, Hermès e Cartier. © RIPRODUZIONE RISERVATA D- G> "#//<*#1L- *-3>1/-?D- "-33>9 31#D# G>## 31-1H#?D 99 -/13 ((( Favini, stop alla Borsa I soci vendono a Guido De Vivo M!5) M!5) M!5( M!5( M!5F M!FM " / 2) # D#>/-1 7H98 D#>/-1 7198 D#>/-1 763?D9@)8 >G*#>>1" >#1*3 D/-13 >#1*3 H-LL#>3 >#1*3 >1#?# )" //) FEF!E( F(@!2@ FE(!)( FA(!)( FE(!)( FA(!)( 2@2!M@ 5955A!2) 5$M!@A FM$!A( 5@2!@F FMA!($ 5@2!M@ FM(!() )" # // " >3 -/13 7G>3B*>98 >3 31"> 7G?"B31-8 EE!$E E)!MA 59FF$!@( 59FE(!MM >*#1D3 -/13 7G>3B.*98 /D-13 -/13 7G>3B*>98 //"-3 -/13 7G>3B*>98 ** 2)") ,,, ,,, ,,, ) )$@!AM E(!AA FF!$E )( (0,6 0, 5 ?#DD9 ,M!M)@ ,M!M)$ 5 0#?# M!MMA M!MMA F 0#?M!ME$ M!ME2 E 0#?M!MA2 M!M@M ) 0#?, , ( 0#?, , A 0#?M!5AF M!5A) )( (0,6 0, @ 0#?, , $ 0#?, , 2 0#?M!FE$ M!F)5 5M 0#?, , 55 0#?, , 5F 0#?- M!E5( M!E52 " /" /)3 D/- G>35@ 1" 1-0> -1/1"- >1- 66 66 #6## 6 66 66 M!M( M!M( 5 M M!M( M!M( " /" /)3 #>01- -6631# 99 H#L- 66 60 61 6 M!M( M!5 M!( M!F( M C 09+ B,09* :29 ::* *. 0,,9* 0.9 *. 2 . 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L’anniversario è stato anticipato da traduzioni di suoi testi, dall’Austria (dove l’editore Drava di Klagenfurt ha pubblicato Kleine Töne, meine Töne. Pice note, mie note) al mondo di lingua spagnola (Colores. Il poeta Virgilio Giotti (18851957), triestino Antologia 1909-1955, Editorial Pre-Textos). In catalano è invece uscita la versione degli Appunti inutili, il diario postumo uscito per i tipi del Ramo d’Oro nel 2007: editi da Callígraf, i testi tradotti da Anna Casassas hanno una prefazione di Anna De Simone e sono seguiti da una postfazione di Claudio Magris. Il colloquio Parla l’autore del thriller-commedia «La verità e altre bugie» (Marsilio), l’esordio più conteso dell’anno Ci vuole talento. Per mentire Sascha Arango e la falsità: «È solo una forma di comunicazione» Il caso ● Il volume è stato l’esordio più sorprendente della stagione, oggetto di aste tra gli editori, venduto in 22 Paesi ● Protagonista è Henry Hayden, scrittore di bestseller di fama internazionale, bugiardo (quasi) perfetto finché un imprevisto mette in pericolo matrimonio e carriera ● Sascha Arango è nato a Berlino nel 1959 da madre tedesca e padre colombiano. Sceneggiatore molto noto in Germania, è stato più volte premiato con il Grimme-Preis, prestigioso premio per la televisione di Elisabetta Rosaspina L a fortuna aiuta i mendaci. Soprattutto se eleganti, empatici, brillanti: alla Tom Ripley, insomma. A dimostrare spiccato talento per la contraffazione, qui, è un certo mister Hayden, scrittore di successo che, in verità, non ha mai vergato una sola linea dei suoi entusiasmanti bestseller. E nemmeno ci prova, in quanto dispone di una compulsiva e asociale ghostwriter, sua moglie Martha. È lei, trasparente e devota, la vera autrice dei suoi fortunati romanzi. L’ideale e insostituibile fonte della sua celebrità e del suo benessere. A ben vedere, Martha è tutto ciò che c’è di vero nella vita del marito. Insieme, formano una coppia dall’equilibrio perfetto: lei, solitaria e ritrosa, adora scrivere — non pubblicare — e odia comparire; lui, simpatico e mondano, impugna la penna soltanto per concedere autografi e firmare lucrosi contratti con il suo felice editore, che è convinto di avere sotto contratto e sotto gli occhi un genio narrativo. Quindi, meglio sgombrare subito il campo da ogni dubbio velenoso. Sascha Arango, lo giuri: ha scritto davvero lei La Verità e altre bugie o è stata sua moglie? «Mia moglie, mia moglie, naturalmente» ride, da Berlino dove abita, il 55enne autore di uno dei romanzi più contesi della stagione alle aste delle fiere letterarie. Se lo sono strappato di mano le case editrici di 22 Paesi e, per l’Italia, se lo è aggiudicato Marsilio, che lo manda oggi in libreria. Parrebbe un po’ insolita una bagarre simile per un esordio, se non fosse che Sascha Arango non è penna di primo pelo. Da anni è il pluridecorato sceneggiatore della serie televisiva po- liziesca più amata dai tedeschi, Tatort, ovvero Il luogo del delitto. Con i thriller, gli intrighi, i colpi di scena, dunque, aveva già la mano esercitata. Però ancora non si era potuto togliere la soddisfazione di un avvio così: «Nella vita sono pochi i momenti di grande certezza. Ma in quest’istante Henry vide nel futuro», senza dover ingaggiare una voce narrante fuori campo, per illustrare le sensazioni del protagonista di fronte all’evidenza della sua futura paternità. «Per questo mi diverte di più scrivere libri che copioni — spiega il neoromanziere, che comunque sta personalmente adattando il suo libro alle esigenze di Hollywood —. Non credo che gli sceneggiatori siano più bravi degli scrittori. Possiedono una tecnica diversa che consiste nell’arrivare al punto omettendo, anziché aggiungendo dettagli. La parte più difficile del lavoro è proprio in ciò che non scrivi». Tra poche «verità e altre bugie» il lettore avanza alla scoperta delle diverse sfaccettature di un personaggio che sa farsi perdonare, come opina il suo creatore: è la storia di un uomo che commette un errore e finisce nella patologia del mendacio, dove ogni bugia ne richiede un’altra e poi ancora un’altra, e un’altra, per occultare le precedenti. Affinando, frottola dopo frottola, quella che Arango definisce «una delle forme più interessanti di comunicazione». Sceneggiatore tedesco Dice al «Corriere» lo sceneggiatore Arango: «In Germania siamo in molti a voler fuggire dalla tv» Magari non la più nobile: «Mentiamo tutti. Rientra nella nostra creatività — obietta lo scrittore —. Non dico che sia una buona cosa, ma spesso la verità è l’ultima spiaggia. Mentiamo per renderci importanti, per vivere meglio, per cortesia. Per non ferire chi ci fa un regalo anche se non ci piace». D’accordo, ma chi è davvero Henry Hayden, questo accattivante e ineffabile mistificatore che un perfido spermatozoo, approfittando di una sua distrazione, ha inguaiato fin dal primo paragrafo? «È un tipo fortunato, che ha avuto però un’infanzia molto difficile. Man mano che si va avanti si rivela freddo, intelligente, astuto, ma fondamentalmente cerca di essere una buona persona con tutti» lo descrive, indulgente, Arango. Insomma. A dire il vero, tra il momento iniziale in cui l’ecografia dell’utero della sua amante (ed editor), Betty, gli rivela che sta per diventare padre, ma del figlio della donna sbagliata, e il finale (tutt’altro che definiti- ❞ Il protagonista è un uomo ambiguo, ma tranquillo e silenzioso Mi sono innamorato del furbo ed elegante Tom Ripley di Patricia Highsmith Registi che scrivono Sorrentino, Cronenberg & C.: dal set alle pagine Il canadese David Cronenberg (71 anni) Ciak, si scrive. La flotta di cineasti salpata verso la letteratura è sempre più folta. C’è Paolo Sorrentino in Italia, premio Oscar l’anno scorso con la Grande bellezza e terzo classificato al premio Strega, nel 2010, con la sua opera prima Hanno tutti ragione (Feltrinelli). C’è il settantenne David Cronenberg in Canada, regista di oltre 20 lungometraggi, attore in quasi altrettante pellicole altrui, e finalmente debuttante l’anno scorso in libreria con Divorati (Bompiani). Con il tedescocolombiano Arango in Germania, si conferma dunque l’irresistibile e reciproca attrazione tra autori (di libri) e autori (di film), una volta generalmente a senso unico: erano gli scrittori a fornire trame agli sceneggiatori, impegnati a proiettare sul grande schermo quello che ogni lettore immaginava nella sua testa. Personaggi, scenari, paesaggi. È andata così per un altro intreccio di diaboliche menzogne: Gone girl, il romanzo di Gillian Flynn pubblicato nel 2012 e adattato dalla stessa Flynn per il cinema, con il titolo L’amore bugiardo (libro tradotto da Rizzoli). Arango vorrebbe un Fassbinder per dirigere il suo primo libro, ma non si sbilancia sull’interprete principale: «Sottoporremo lo script a vari attori famosi». © RIPRODUZIONE RISERVATA (e.ro.) RENÉ MAGRITTE «PAESAGGIO INCANTATO» ● La verità e altre bugie esce oggi nelle Farfalle di Marsilio (traduzione di Alessandra Petrelli, pagine 248, 17) vo), Henry ha tempo di trasformarsi da dandy imbonitore in killer recidivo: «Sì — ammette il suo autore —, Henry è un personaggio ambiguo; si disprezza per quello che fa, ma non ha rimorsi. In fondo è un uomo tranquillo e silenzioso». Vorrebbe aggiungere forse «anche innocuo». Il che non è del tutto inesatto, almeno finché Henry non vede messe in pericolo l’agiatezza e la reputazione che si è miracolosamente conquistate per via coniugale. Ma le gambe corte delle sue bugie si manifestano sotto il busto di una vecchia conoscenza: «Gisbert Fasch, il mio personaggio preferito, dopo Henry — garantisce Arango —. Io mi sento un misto di Henry e di Fasch, il perdente». Non ha sex appeal, Fasch, non miete conquiste, è soltanto ostinato e solo. Non ha più illusioni, dopo aver accantonato quella di diventare scrittore, ma non ha dimenticato l’iroso, violento compagno di orfanatrofio che gli ha rubato il letto da adolescente, e si è impadronito del suo sogno da adulto. Ne nascerà un impari duello, dove è ancora la menzogna ad avere la meglio. Almeno provvisoriamente. Se la pazienza premia Honor Eisendraht, per esempio, discreta e fedele segretaria dell’editore Moreany, la punizione tarda. Sebbene Arango professi il suo amore per i suoi maestri russi, a cominciare da Dostoevskij, e inglesi: «Mi sono innamorato a 15 anni di Patricia Highsmith e del suo furbo ed elegante Tom Ripley — ricorda lo scrittore —. Spero che i lettori italiani simpatizzeranno con Henry, anche se è un personaggio negativo. E che finiranno per perdonarlo. Prometto: pagherà le sue colpe nella prossima puntata». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 ● In pagina L’aldiquà di Luca Ricci e i fantasmi quotidiani di Cristina Taglietti TERZA PAGINA o, te e il fantasma. Nella cucina c’è l’amica immaginaria della figlia che fa i biscotti con l’amica immaginaria del padre; in camera il piede della prima moglie defunta fa sentire il suo peso sul materasso (o è il gatto?); in fondo al corridoio il trompe l’oeil si apre su un giardino da cui vengono soffi d’aria; in I Elzeviro POVERA E NUDA VAI FILOSOFIA IN TELEVISIONE Segna libro salotto un finto marito e finto padre entrato dalla finestra aspetta che i suoi (finti) cari vadano a dargli un saluto prima che l’eclissi faccia del giorno notte; l’alone bagnato che si forma sul materasso di una coppia, è inspiegabile come i cerchi nel grano. È tutto vero, tutto falso: è il fantastico che Luca Ricci anima con grande padronanza drammaturgica e voce riconoscibile, in dodici racconti (alcuni inediti) dedicati ai Fantasmi dell’aldiquà (La scuola di Pitagora, pp. 110, 10, postfazione di Umberto Silva). Presenze domestiche, quasi complementi d’arredo in questi interni perfettamente descritti con il minimo dei 47 dettagli, così come gli elementi cui si accompagnano: amore, morte, tradimento, gelosia. La vita, insomma. O la possibilità di una vita. Gli occhi dei bambini sorvegliano tutto, anche il fantasma di Raymond Carver che Ricci, discretamente, convoca. © RIPRODUZIONE RISERVATA Protagonisti Un anno fa scompariva il grande direttore d’orchestra. Un libro di Giuseppina Manin lo ricorda Le ceneri di Abbado in Engadina L’ultimo viaggio sulle montagne di Raffaele La Capria S uccede anche questo, che quelli che hanno un posto in televisione, presentatori, conduttori, giornalisti eccetera, usino la televisione come se fosse di loro proprietà, come un podio da cui parlano al popolo diffondendo le proprie opinioni. Non capiscono, fanno finta di non capire, che la televisione non è cosa loro, e dunque non possono usarla, sfruttandone il potere, per propri fini e per il loro molto personale interesse. Per esempio accade che molti di questi personaggi scrivano libri letterariamente di nessuna importanza, saggi di attualità, di costume, politica, romanzi, che data la notorietà televisiva degli autori invadono le librerie, i giornali, il mercato, e tutto questo è normale, niente di male, tranne forse che la letteratura che vale passa in second’ordine. E accade anche che Tizio promuova in trasmissione uno di questi libri di un suo collega televisivo, e che il collega in un’altra trasmissione promuova il libro di Tizio, e questo non va bene. Insomma un circolo vizioso con questo di negativo: che dei veri libri e dei veri scrittori non si parla quasi mai. E oltre a ciò nei programmi più seguiti vengono chiamati e vengono promossi sempre i già promossi, i già famosi e mai quelli da promuovere. Ma questo è cosa nota, fa parte del costume nazionale accorrere in soccorso del vincitore. Si è mai sentito nominare un vero scrittore o un vero critico in una trasmissione, con la stessa insistenza e la stessa premurosa attenzione riservata al collega che occupa un posto in televisione? La cosa non mi meraviglia, la cultura è da tempo che latita dal nostro Paese, non sanno cosa sia i politici e, tranne rare eccezioni, non ne parlano mai col tono giusto, altre sono le cose che a loro interessano. Non ci sono grandi riviste, veri punti di incontro, una società che la tenga nella giusta considerazione. Solo i cosiddetti eventi, come lo Strega e simili, manifestazioni più mondane che culturali, più spesso «assessorili», per promuovere il turismo. E, sia detto per inciso, i premi sono raramente in danaro, sempre targhe targhette medaglie e medagliette, mai pecunia, sicché lo scrittore, quando è premiato, è solo usato. Si fa presto a dire destra: ma nell’Italia del dopoguerra, specie a partire dagli anni Sessanta, soltanto i neofascisti accettavano di essere classificati così. Eppure non si trattava certo dell’unica destra possibile: ve ne erano altre, più o meno mimetizzate, e alcune nuove sono poi emerse negli anni Novanta. Esplorano il tutto gli autori del libro a più voci Storia delle destre nell’Italia repubblicana, a cura di Giovanni Orsina (Rubbettino, pp. 285, 18) ✽ ✽ ✽ Devo continuare? Quando si leggono i giornali la cultura bisogna cercarla in un angolino, dopo le straripanti pagine dedicate alla cucina, alla moda, alla salute. La cultura è considerata secondaria. Prima, non molto tempo fa, c’era la terza pagina, Montale, Piovene, Moravia, Buzzati, Parise scrivevano elzeviri creativi, non articoli di informazione come oggi si fa per inseguire gli «eventi» e l’attualità. Come conseguenza di tutta questa situazione, anche la vita di chi deve guadagnarsela scrivendo libri o articoli è diventata grama. Lo dico in nome di tanti miei amici e lo dico anche per esperienza personale. Ma anche i nostri intellettuali, i rappresentanti della cultura che conta, avrebbero molte cose da rimproverarsi. I più bravi si sono rinchiusi nel loro recinto esclusivamente letterario, con polemichette esclusivamente letterarie, e spendono la loro intelligenza in quel recinto; altri meno bravi scrivono in un loro gergo intellettualistico che credono alto e invece è solo poco comunicativo; altri ancora, soprattutto i più giovani, sono eccessivamente competitivi e hanno come unica ambizione il successo. Pochi hanno un loro mondo poetico da esprimere, uno stile riconoscibile ed originale. Moravia, Pasolini, Calvino, Parise scrivevano in una lingua chiara e comprensibile, e spesso si sporcavano le mani, non erano «arroccati» e insieme smaniosi di successo mediatico. Insomma oggi anche gli intellettuali di questo tipo sono responsabili della situazione che si è creata e sono un esempio della scarsa sorveglianza critica che a tutti loro ha concesso un lasciapassare. Nel Paese che più deve alla cultura perché la cultura è alla base della sua identità, della sua lingua, dell’unica storia di cui non debba vergognarsi, sembra strano che la cultura sia trascurata fino a questo punto. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Per il conservatore un’abitudine sociale vale più di molti ritrovati nuovi non passati attraverso l’esperienza dei secoli». Traspare il disincanto di un Giuseppe Prezzolini quasi novantenne in questa frase tratta dal suo Manifesto dei conservatori, pubblicato per la prima volta da Rusconi nel 1971 e ora riproposto dalle Edizioni di Storia e Letteratura con un testo introduttivo di Gennaro Sangiuliano (pp. XXVIII116, 18) a cura di Antonio Carioti A sinistra: la piccola cappella di Crasta in Val Fex, in Engadina. Lì dietro, in mezzo alle altre, c’è la lapide del direttore d’orchestra Claudio Abbado (qui sopra). Nella foto, pubblicata da «Classic Voice», si riconoscono un rametto d’abete, alcune pigne e una caramella di Paolo Di Stefano L o raccontano come un sabato di luce bellissima, quell’1 novembre in cui i quattro figli di Claudio Abbado, Daniele, Alessandra, Sebastian e Misha, hanno posato l’urna con le ceneri di papà dentro un muretto di sasso che cinge il piccolo cimitero di Crasta. Poco più di due mesi fa. C’erano anche i tre nipoti, Tommaso, Francesca e Gigi. Una cerimonia molto ristretta per onorare il proposito di far tornare il grande direttore nei luoghi che amava di più, a duemila metri, poco distante da Sils Maria, in Engadina, dove da anni trascorreva le sue settimane di riposo e di contemplazione, di passeggiate tra larici e marmotte. A volte di studio: qui, nell’estate 2003, ha portato le partiture di Wagner e Debussy, le musiche d’esordio con l’Orchestra di Lucerna. Il libro di Giuseppina Manin, in libreria da oggi (Nel giardino della musica, Guanda), che racconta la vita e l’arte di Abbado, si chiude con il racconto di quella mattina. Tre quarti d’ora per raggiungere da Sils, a piedi o in carrozza, la chiesetta quattrocentesca di Crasta, dove spesso Abbado «entrava per ammirare l’abside affrescata con una teoria di angeli e santi coloratissimi», scrive Manin, «al centro una Vergine con il capo avvolto in un velo bianco, in alto un Cristo dentro una mandorla». Sono i luoghi che ispirarono Segantini, gli stessi frequentati da Nietzsche, da Hesse, da Marcuse. «Una volta arrivati alla piccola cappella bianca, il visitatore passa attraverso un recinto verde. Un po’ giardino un po’ camposanto. Poche tombe, semplici e commoventi come si usa in montagna. Intorno i prati, le montagne solenni, qualche mucca pigra che pascola beata. Un bel posto per riposare. Da vivi e anche da morti». Una lapide nuda, con nome e cognome, gli anni di nascita e di morte (1933-2014) incisi in basso a sinistra, quasi invisibili. Un rametto di abete, una caramella, alcune pigne, nient’altro. Quella mattina tre musicisti, amici di Claudio, hanno suonato musiche di Bach e di Schubert. Non ci tengono a far sapere i loro nomi. Era l’ampia Val Fex, dominata dal massiccio del Bernina e dai ghiacciai, il suo paesaggio del cuore, che d’estate alternava con il mare di Alghero e con il suo giardino «magico», curato amorevolmente. Qui, a 1.950 metri, qualcuno lo ricorda passeggiare, gracile e distinto, in solitudine. Pranzava alla Pensiun Crasta, una casa antica proprietà del falegname che aveva costruito i primi sci della zona. Tetto spiovente e cornici decorate alle finestre. All’interno, grandi credenze di legno chiaro. Un’idea di semplicità svizzera, familiare, le tovaglie bianche e i fiori al centro. La sua prima moglie, Giovanna Cavazzoni, il giorno della morte, 20 gennaio dell’anno scorso, ha ricordato che da giovane Claudio amava sfidare la montagna, appassionato com’era di altissime cime. Le gite, le escursioni, lei scalatrice pre- L’addio Una lapide nuda, un rametto di abete e tre musicisti che eseguono Bach e Schubert ● Il volume Nella biografia utopia e impegno del maestro L’impegno per una «musica accessibile a tutti», l’amore per la natura, la storica direzione della Scala, i «Berliner», e i 90 mila alberi chiesti nel 2010 al posto del cachet per tornare a Milano. C’è la passione, l’impegno e la carriera di Claudio Abbado nella biografia Nel giardino della musica, di Giuseppina Manin (Guanda, pp. 174, 14) che esce oggi, a un anno dalla morte del maestro avvenuta il 20 gennaio 2014, raccogliendo ricordi e aneddoti frutto di tante interviste per il «Corriere della Sera». E fa rivivere stagioni musicali memorabili, dal Don Carlo al Viaggio a Reims. Il museo veneziano Record di visitatori al Guggenheim Nel 2015 si punta sui fratelli Pollock I l 2014 alla Collezione Peggy Guggenheim si è concluso con numeri da record. Nel corso dell’anno il museo veneziano ha infatti contato 396.077 presenze durante i suoi 316 giorni di apertura, con una media giornaliera di 1.253 ospiti. Questo numero include 7.000 studenti e oltre 1.000 insegnanti del programma di formazione «A scuola di Guggenheim», 1.500 bambini dei laboratori domenicali del «Kids Day» e oltre 7.700 persone che hanno visitato la collezione in occasione di inaugurazioni e visite speciali. Il 2015 si apre offrendo al pubblico la possibilità di visitare fino al 19 gennaio la mostra Azimut/H. Continuità e nuovo, a cura di Luca Massimo Barbero, che con oltre 110.000 visitatori dalla sua apertura, il 20 settembre 2014, ha fatto riscoprire l’atmosfera della galleria e rivista fondate da Castellani e Manzoni nella Milano del 1959. Seguiranno mostre sui fratelli Pollock. Si comincia il 14 febbraio con la mostra Alchimia di Jackson Pollock e poi dal 23 aprile con Jackson Pollock e il fratello Charles. coce, lui alpinista, ma sciatore un po’ tardivo e subito spericolato: «La sfida era uno dei suoi modi di affrontare la vita, a quel tempo le guide alpine erano pochissime e in certe ore, attraversare da soli i ghiacciai era sconsigliato, ma lui non si fermava, era attratto da tutto ciò che era difficile, improbabile, pericoloso, e a volte voleva fare proprio lui, un po’ presuntuosamente, il capocordata». Non bastò a terrorizzarlo, un mezzogiorno di tanti anni fa, il boato di un ghiacciaio che si era staccato dall’alto e che veniva giù come una bomba: «Rimase tranquillo, abbiamo riattraversato la valle non appena il masso era precipitato. Aveva un coraggio che lo spingeva al di là del buonsenso, un amore fisico per la montagna che non lo tratteneva dal mettere a repentaglio il proprio corpo». Con l’avanzare dell’età, Abbado ha scelto Fex per passeggiare tranquillamente nei boschi, e per meditare fuori dal gorgo della celebrità. Non più le Alpi della giovinezza da conquistarsi con le proprie gambe sulle rocce e sui ghiacciai, non più la Valle d’Aosta, i 3.500 metri sopra Cervinia. Adesso, un’altitudine rispettabile ma vissuta senza il furore di chi vuole scalare. Negli ultimi vent’anni Abbado divideva i momenti liberi tra la Sardegna e l’Engadina. Ha goduto di queste montagne anche nell’ultima estate, prima di ritirarsi ad Alghero per affrontare la malattia, in autunno. «Qui le cime sono così vicine...», disse Abbado, «Ti entrano in camera dalla finestra. Qui i pensieri si allargano, come lo sguardo sul paesaggio. Il tempo si dilata. Tutto è così semplice e maestoso in montagna. Gli alberi svettano più alti, la loro chioma si fa più scura, le loro voci più sommesse e misteriose». Milano, nel frattempo, ricorda Giuseppina Manin, gli ha dedicato una lapide al Famedio, lo spazio del Monumentale riservato alle più celebri personalità cittadine. Le ceneri di Abbado sono state sparse in parte nel mare sardo, il resto è custodito in un muretto della Val Fex, dove il «tempo si dilata». © RIPRODUZIONE RISERVATA 48 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 SPETTACOLI Su «Sette» Francesco De Gregori si racconta a «Sette», in edicola domani con il «Corriere della Sera». Il cantautore racconta il suo progetto «Viva Voce», doppio album in cui rilegge i suoi classici e parla a ruota libera. «L’Italia si può ancora definire terra felice per la sua storia. E recentemente sono stato in Germania. Ho visto la differenza e capisci perché la Merkel voglia far pagare all’Italia lo scotto per questo “lavorare con lentezza”, una particolarità tutta italiana». De Gregori «L’Italia rimane una terra felice» Satira a Hollywood Peggior attrice, 2 nomination per Cameron Diaz Doppia candidatura per Cameron Diaz ai Golden Raspberry Awards, (detti anche Razzies) le cosiddette Pernacchie d’oro che dal 1981 incoronano i peggiori film e i peggiori attori dell’anno appena trascorso. La diva ha avuto nomination per «The Other Woman» e per «Sex Tape». Il film in testa al poco ambito riconoscimento è «Transformers 4 - Age of Extinction» di Michael Bay. Nonostante il grande successo di pubblico non ha convinto i critici ed è in lizza per sette categorie. Jennifer Lopez recenti Golden Globe dove non ha gradito la battuta sui “globi” del suo corpo detta da Jeremy Renner) Jennifer conferma che il suo obiettivo è girare e produrre diversi film e mettere da parte show e i suoi redditizi impegni per profumo, linee di moda e accessori. Che cosa le è piaciuto di più della sua Claire? «Le sue verità: è una donna a un crocevia, è una insegnante nella scuola locale, presa da tanti doveri. Ha smesso di chiedere a se stessa che cosa veramente vuole. L’ammirazione di quel ragazzo risveglia in lei slanci del passato, ma Claire ha una solida struttura morale, spesso in contrasto con la sua vulnerabilità». Nel genere thriller i suoi film preferiti sono quelli di Hitchcock. «Tornavo a casa e reinventavo le storie, davo un seguito». La diva in un thriller: sul set a 45 anni mi sento più libera «Basta con l’ossessione di apparire giovani» Chi è ● J. Lo. è nata a New York il 24 luglio 1969 da una famiglia di origini portoricane ● Ha iniziato la sua carriera nel cinema a metà anni 90. Ha lavorato anche con Coppola e Soderbergh ● Nel 1999 debutta nella musica col suo primo album «On the 6». In carriera ha venduto 80 milioni di dischi ● Sposata e divorziata tre volte, l’ultima con la popstar Marc Anthony da cui ha avuto due gemelli LOS ANGELES Jennifer Lopez ci riprova come attrice. Tutti i suoi fan, che seguono con attenzione le tante professioni dell’eterna ragazza del Bronx, sono pronti a vederla nel thriller The boy next door. Donne che l’ammirano, uomini che apprezzano le sue generose curve e persino i ragazzi. «Quello dei giovani è il mio pubblico preferito» dice la star che è anche impegnata, per chi non ha tutto ciò che lei ha conquistato, nella filantropia della sua Lopez Family Foundation. Una regola di J. Lo è, a suo dire da sempre, «stay hungry» e poco le importa che sia stata detta anche da Steve Jobs agli studenti dell’Università di St a n fo rd : « I o h o sempre voluto realizzare i miei sogni e “resto affamata” di emozioni e incontri». A 45 anni dice di sentirsi più che mai in armonia con il suo corpo e più libera di esprimersi dal punto di vista artistico. «Mi interessa interpretare donne della mia età, in esse ritrovo i miei cambiamenti e non mi spaventa affatto non essere più la J. Lo trentenne. Mi sento molto più realizzata e cosciente di ciò che scelgo e faccio ora che non nel mio passato. Ho sempre lavorato, ora è il momento di farlo con una coscienza e scelte focalizzate non sull’apparenza o la smania di apparire giovani, ma con tutto ciò che, invece, ho raggiunto nelle varie tappe. Tutto serve, anche gli errori. Il tempo che passa non ti toglie cose ma te ne dà altre e spesso molto più importanti. Ogni età ha un suo valore preciso, la mia di oggi è molto fertile». Non a caso ha anche co-prodotto il film diretto da Rob Cohen e scritto da una donna, Barbara Curry. Jennifer interpreta Claire Peterson, un’ultraquarantenne sposata con un figlio adolescente. Il ragazzo ha come amico il diciannovenne Ryan Guzman, professionista nella vita anche di arti marziali, ballerino provetto nonché modello, già definito dalla Hollywood in cerca di nuove star «il nuovo Tom Cruise». Ambientato a Los Angeles, in un distretto con le villette a schiera della classe media agiata, il thriller pone la diva al centro di un copione che il regista Cohen sviluppa per gradi. Dapprima presenta la famiglia, poi i desideri più segreti della signora che dopo 18 anni di matrimonio si scopre a spiare dalla finestra quell’amico atletico del timido figlio, arrivato a casa del nonno perché i suoi genitori sono morti apparentemente in un incidente. Sempre elegante (come ai ❞ Desideri Interpreto una donna matura che si scopre a spiare dalla finestra l’amico del figlio ❞ La battuta Non ho gradito la frase di Renner sui miei «globi» all’ultima festa del cinema «The boy next door» Jennifer Lopez in una scena del film diretto da Rob Cohen, presto sugli schermi L’autore condannato a Teheran Il regista iraniano Panahi in concorso al Festival di Berlino Dissidente Il regista iraniano Jafar Panahi (54 anni) 49 È quello di Jafar Panahi il nome forte della Berlinale, la rassegna cinematografica tedesca giunta alla 65ª edizione, che quest’anno si svolge dal 5 al 15 febbraio. Panahi sarà in gara con Taxi, interpretato da lui stesso. Il regista iraniano dissidente quattro anni fa è stato condannato a 6 anni di reclusione. Non solo: gli è stata anche preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran per 20 anni. Ma nonostante questo Panahi aveva già firmato con il suo collaboratore di sempre Closed curtain, premiato nel 2013 con l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura. Inevitabile quindi che il suo ultimo lavoro sia particolarmente atteso. Oltre al suo, sono stati resi noti altri sei titoli della selezione ufficiale: Queen of the Desert di Werner Herzog con Nicole Kidman, James Franco, Damian Lewis, Robert Pattinson; Body della polacca Malgorzata Szumowska, Big Father, Small Father and Other Stories del vietnamita Phan Dang Di, Diary of a Chambermaid di Benoît Jacquot con Léa Seydoux e Vincent Lindon, Victoria del tedesco Sebastian Schipper, Gone with the Bullets del cinese Wen Jiang. Fuori competizione invece ci sarà Mr. Holmes, il film diretto Bill Condon con Ian McKellen e Laura Linney. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le priorità nella sua vita quali sono, considerando che lei è da anni l’attrice latina più pagata? «Adoro ogni momento della vita e crescita dei miei gemelli Maximilian ed Emme. Migliorare le condizioni delle donne nel mondo è un mio obiettivo come imparare sempre qualcosa». Ha cominciato la carriera d’attrice con un piccolo film di grande qualità, Selena, poi ha interpretato anche flop colossali e ha venduto più di 80 milioni di dischi. Le prossime tappe? «Sarò presente al prossimo Sundance con Lila & Eve in cui ho recitato con Viola Davis. Mi piace anche doppiare film d’animazione». Confessa di rilassarsi soprattutto con una sorta di diario, in cui scrive giorno dopo giorno. «La vita non è un viaggio materiale o di vanità». Giovanna Grassi © RIPRODUZIONE RISERVATA La fiction Rai con Beppe Fiorello In tv la fiaba della bambina strappata agli orrori di Sarajevo Le puntate ● La fiction «L’angelo di Sarajevo» (in onda su Rai1 il 20 e 21 gennaio) è liberamente ispirata al romanzo del giornalista Franco Di Mare «Non chiedere perché» ROMA «L’angelo di Sarajevo», la fiction in onda su Rai1 il 20 e 21 gennaio, racconta la storia vera di una bambina, strappata all’orrore della guerra e adottata da un italiano. Quella bambina si chiama Stella, ora ha 23 anni e si sta per laureare in Economia. Il padre adottivo è il giornalista Franco Di Mare che dice: «Mia figlia non ha voluto partecipare alla stesura della sceneggiatura, né tantomeno vedere neanche un fotogramma della fiction prima della messa in onda perché per lei, vedere rappresentata la sua vita, è un’emozione troppo forte. Mi ha detto “papà, la vedremo insieme da soli a casa quando sarà trasmessa”. Le ho risposto di preparare i fazzoletti, perché si piange come vitelli! E per l’occasione ho comprato un televisore più grande». È l’estate del 1992. Sarajevo è sotto assedio. Un inviato di guerra della tv italiana (interpretato da Beppe Fiorello) assiste al bombardamento di un orfanotrofio dove, poco dopo, entra e incrocia lo sguardo impaurito della piccola Malina: decide di portarla via con sé. Prodotta da Raifiction e Picomedia, girata nei veri luoghi del conflitto con la regia di Enzo Monteleone, è liberamente ispirata al romanzo di Di Mare «Non chiedere perché». «Andrà in onda di martedì, invece che di lunedì – spiega il direttore di Raifiction Tinni Andreatta – per evitare lo scontro con “Scherzi a parte” con Bonolis su Canale 5: è un prodotto molto importante e bisogna per- mettere a più persone possibile di vederlo». Beppe Fiorello ha vissuto in maniera emotiva il suo personaggio e soprattutto l’incontro reale con la piccola attrice che impersona Malina, Iva Nikolic: recitare con una partner di 10 mesi non capita spesso. «No – afferma l’attore – perché lei non fingeva di interpretare un ruolo, ma faceva sul serio!». Emilia Costantini EmiliaCostantin Dramma Beppe Fiorello (45 anni) nella fiction di Rai1 © RIPRODUZIONE RISERVATA 50 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera SPETTACOLI In platea 7 giorni sul palco di Claudia Provvedini Harold Pinter Dittico La serra Il potere è stupido, dietro di esso piccoli uomini spaventati, schiacciati nell’ingranaggio. «Un’apocalisse comica» secondo il regista Marco Plini. Nel cast, Mauro Malinverno (foto), Luca Mammoli, Valentina Banci (dal 15, Bonci, Cesena) Goyescas e Suor Angelica Storie «al femminile». Nell’opera di Granados è centrale Rosario/ Giuseppina Piunti; in Puccini, nel ruolo della monaca Amarilli Nizza. Regia Andrea De Rosa, coreografia Michela Lucenti con Balletto Civile, dirige Renzetti (dal 15, Regio, Torino) TEATRO E MUSICA Al Verdi di Trieste In scena a Roma Lo scanzonato Wagner in maschera Mosè secondo Castellucci Eccessi e fumo negli occhi di Franco Cordelli I di Enrico Girardi I l titolo inaugurale di una stagione d’opera non ricca nei numeri ma tutt’altro che priva di contenuti culturali come quella del Teatro Verdi di Trieste è Das Liebesverbot (Il divieto d’amare) di Wagner (foto). Si fa raramente in Europa e persino in Germania, figurarsi in Italia. Eppure, nel suo seguire a suo modo il modello comico dei Paesi latini — il soggetto viene da una novella di Giambattista Giraldi Cinzio — l’opera è godibilissima, oltre che interessante per l’appassionato wagneriano, che vi trova molto di più del saggio giovanile di cui riferiscono i manuali. Trova i prodromi di quel tipo di «ingenuità» che anche lo smaliziato Wagner degli anni a venire non perderà mai; e vien da aggiungere, fortunatamente. E trova un melodismo da reggere il confronto con Donizetti o Auber. L’allestimento è frutto di una coproduzione che il Verdi ha realizzato con i teatri di Lipsia e il festival di Bayreuth. La regia di Aron Stiehl non ritrae la mano nel dar vita ai diversi tipi di comicità, dalla più leggera alla più «pesante», che attraversano l’azione. E si cura che la recitazione — il cast è formato da cantanti che hanno Wagner nel Dna — assecondi il gioco anche ove possa apparire più scanzonato del necessario. Cosicché il sangue giovane che scorre in queste arterie arriva vigoroso al cuore: una scelta giusta, anche se prende vita tra scene e costumi ultrakitsch. Oltre al cast, capeggiato dalla protagonista Lydia Easley, si apprezza la solidità e la chiarezza della direzione di Oliver von Dohnányi, maestro slovacco che non è figlio del celebre Christoph ma, come questi, discende dal leggendario Ernö (tedeschizzato in Ernst). © RIPRODUZIONE RISERVATA Il divieto d’amare di Richard Wagner. Sul podio von Dohnányi ●●●●●●●●●● 7,5 n Go down, Moses di Romeo Castellucci, in scena all’Argentina di Roma, si possono distinguere dieci più o meno sontuose sequenze. 1. Alcune persone fluttuano in una mezza luce, dietro un velatino. Viene appesa l’immagine di un coniglio. Sono gli adoratori e il (declassato) vitello d’oro. 2. Un cilindro ruotante, posto in orizzontale, gira freneticamente. Cresce il suo suono. Discende dall’alto una barba o un cespuglio, che s’impiglia nel cilindro. 3. In una stanza da bagno una donna si lamenta, è in corso un’emorragia. Con le mani imbratta tutto. La faccenda è lunga dieci-quindici minuti. Uno spiritual vi pone fine. 4. In un cassonetto delle immondizie c’è un fagotto nero di plastica. Intuiamo che là dentro giace il corpo di un neonato. Sul velatino le scritte: Tremava come una foglia. Teneva stretto a sé un sacchetto. 5. Stanza di polizia. Sta meglio ora? Dove ha messo il neonato? Ha fatto da sola o è stata costretta a buttarlo? 6. Interrogatorio. La ragazza squaderna un foglio, è quello con l’immagine del coniglio. La ragazza sembra parlare al coniglio. Di nuovo delle scritte: Era bello sentirlo inghiottire il latte. I suoi piccoli stantuffi dal naso. Gli schiocchi delle cartilagini. 7. Stanza d’ospedale. La ragazza arriva su una lettiga. L’aiutano a sdraiarsi dentro il tunnel della risonanza magnetica. 8. Di nuovo il cilindro nella consueta, per Castellucci, guerra delle immagini. Dall’alto scendono barbe o cespugli (forse metafora astratta del ro- veto ardente: ma lo si suppone per il titolo dello spettacolo). 9. Grotta preistorica. Uomini grugnenti fluttuano come gli uomini d’oggi dell’inizio. Mordono brandelli di carne sanguinolenta. Una sgradevole associazione ci fa pensare a quel neonato, a quell’uomo che non sarà: Mosè non sarà, né scenderà da nessuna montagna. (Scendi, Mosè di Faulkner: Insieme Un momento di «Go down, Moses», il nuovo spettacolo di Romeo Castellucci «L’ha venduto al Faraone, e ora è morto»: lo cito perché il regista nomina l’Esodo ma anche Faulkner). Un uomo e una donna si accoppiano. 10. La donna lascia l’impronta della mano sulla parete. Su quella parete traccia tre lettere: SOS. L’appello resuscita una frase: «Il popolo non sa d’essere popolo perché non sa d’essere schiavo». È la frase-chiave, il moralistico messaggio che Castellucci lancia alla platea. Platea che è parsa fredda, anzi stufa. 75 minuti li ha giudicati troppi. Personalmente ritengo troppo il tutto. Troppo: volontaristico, arbitrario, pretenzioso. Le scritte si giudicano da sé. In una c’era un errore di grammatica (associazione sbagliata di aggettivo a sostantivo). Il lamentoso Castellucci ripete che l’Europa lo ama ma l’Italia lo rifiuta, dimenticando la Biennale del 2013 e il mese a Bologna del 2014. Qualche tempo fa mi disse (con gentilezza) che ce l’avevo con lui. Non è così. Penso che egli abbia da tempo esaurito le sue risorse. È il destino dei creatori di teatro-immagine. Hanno tutti smesso ancor giovani. O sono morti, in tanti, troppo presto. Castellucci continua alzando la posta con l’arma della genericità, del fumo negli occhi. Che dire di più? Che «dare i voti» è sempre complicato, ma per l’assente Mosè qualunque voto sarebbe stupido. Moses è senza voto. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’importanza di chiamarsi Ernesto Lucia Poli diverte nel «j’accuse» di Wilde di Magda Poli L a commedia L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, ora in scena con la regia di Geppy Gleijeses (dal 21 al Sociale di Stradella), è una critica perfida ed elegante di una società resa asfittica dalla forma, feroce nel suo conservatorismo, paradossale nella sua ipocrisia, ridicola nel fintocolto dialogare, quell’Inghilterra vittoriana che condannerà e imprigionerà l’autore perché omosessuale. Nella fortunata Svagata Lucia Poli (74) in «L’importanza di chiamarsi Ernesto» edizione di Gleijeses si agitano personaggi mai farseschi e mai naturalistici imbevuti d’assurdo che dicono il nulla e il nulla hanno come sostanza, divorano parole, si aggrovigliano nella trama per poi districarsene con lievità, si nutrono di paradossi e sono l’esilarante specchio di un mondo vacuo e crudele. Tra dialoghi lievi e taglienti, Wilde si fa anche beffe della «pièce bien faite» alla francese e dei loro usurati intrecci, fatti di bugie, finti lutti, matrimoni contrastati, incredibili agnizio- ni impastati a temi come l’onore, i natali, la fedeltà. In una compagnia di buon livello, divertentissima è la Lady di Lucia Poli, personaggio ossessionato dal «bon ton», pervaso da uno svagato sarcasmo e da un’illogica logicità. Un colorito ritratto di una società popolata da marionette eleganti, annoiate, opportuniste e benpensanti. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’importanza di chiamarsi... regia di Geppy Gleijeses ●●●●●●●●●● 8 DISCHI Classica Lieder Cantautori Cascina Piovanotto Jazz Hamburg ’72 Pop Title Bostridge esalta Schubert La magia di Giorgio Conte Jarrett, talento dinamico Trainor annoia dopo la hit A l traguardo dei 50 anni il tenore inglese Ian Bostridge si regala un cofanetto (3 cd e 1 dvd Warner) che rappresenta il testamento in vita dell’arte sua. Ripresenta cioè i tre cicli di Lieder di Schubert incisi negli ultimi anni: un vertice della lirica da camera occidentale che, in anni e anni di continuo studio e ripensamento, giungono qui a un livello di profondità interpretativa difficilmente imitabili, se è vero che ogni parola, accento e intonazione di tale repertorio, bello da togliere il fiato, sono calibrati al millimetro. La voce ha una purezza che disorienta e l’intesa coi pianisti è eccellente: Uchida per «Die Schöne Müllerin», Andsnes per «Winterreise» e Pappano per «Schwanengesang». Abbassa il voto però il video realizzato con la regia di David © RIPRODUZIONE RISERVATA Alden. (E. Gir.) ●●●●●●●●●● 8 «A ffondato nella mia pigrizia come una ciliegia sotto spirito, circondato dalle mie canzoni, (...) tra le zolle di una terra amica, in compagnia di una bottiglia di Barbera avvolta in un lino bagnato, con pane e salame in agguato, mentre la mia fedele squaw rassetta in cucina, sotto un cielo fresco o assolato dondolo con la mia beata solitudine». Così Giorgio Conte, fratello di Paolo, presenta le nuove canzoni, figlie di un pigro «Otium», dell’album «Cascina Piovanotto» (Ala Bianca/ Warner), il buen ritiro nell’Astigiano. Voce chitarra fisarmonica e poco altro per una dimensione stralunata in cui sentirsi vivere, cogliendo il respiro della natura e la magia dell’amore e contrapposta alla fatica dell’adulterio («Gli amanti»). (Mario Luzzatto Fegiz) © RIPRODUZIONE RISERVATA ●●●●●●●●●● 8 N onostante le apparenze, il trio documentato da «Hamburg ’72» (Ecm) non è un «supergruppo» ma la formazione stabile che Keith Jarrett aveva creato negli ultimi anni Sessanta. Con Charlie Haden al contrabbasso e Paul Motian alla batteria, l’allora giovane musicista di Allentown, classe 1945, non si esibiva solo al pianoforte ma anche a sax soprano, flauto dolce, percussioni, mostrando l’inarrestabile vitalità del proprio talento. Questo concerto radiofonico del 14 giugno 1972, rimasto finora pressoché inedito, non rende forse fino in fondo la varietà espressiva e la profondità emozionale dei tre, ma basta il conclusivo «Song For Che» (15 minuti di continue invenzioni) per farne un meritevole classico. (Claudio Sessa) C’ è vita oltre il tormentone? Meghan Trainor ha azzeccato la prima mossa con «All About That Bass», brano dal gusto pop retro con messaggio di autoaffermazione per le ragazze di oggi. Con «Title» ecco l’album. Meghan mantiene la stessa linea: canzonette scritte con in mente i girl group anni 60, il doowop e i ritmi caraibici. A dirci che siamo nel 2014 ci sono dei beat hip hop su cui rappa («Bang Dem Sticks» e il secondo singolo «Lips Are Movin»). Anche nei testi si gioca sempre allo stesso tavolo: autoironia su serate finite male causa sbronza e consigli di autostima alle teen di oggi. Il problema è che fatti salvi un paio di brani (i singoli, «Walkashame» e «Title») la ripetitività diventa noia. (Andrea Laffranchi) © RIPRODUZIONE RISERVATA ●●●●●●●●●● 7,5 © RIPRODUZIONE RISERVATA ●●●●●●●●●● 6 Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 SPETTACOLI 51 La differenza Mischa Maisky Da Ben Jelloun Mullova Labèque Hamlet Travestie Otello secondo Luigi Lo Cascio Sua la regia e il ruolo di Jago (nella foto), Vincenzo Pirrotta è Otello. In lingua italiana e siciliana, 4 i personaggi, a tragedia avvenuta rivela il baratro che genera odio tra uomo e donna (dal 20, Piccolo Strehler, Milano) Suites di Bach La n.1 in Sol maggiore, n.4 in Mi bemolle maggiore, n.5 in Do minore, violoncello Mischa Maisky; il controtenore Tim Mead in pagine da Purcell a Monteverdi, a Haendel, L. Cummings al clavicembalo (15; 22, Argentina, Roma) Dalle ceneri Dare parola con la poesia ai dispersi delle guerre, sommersi nella neve, nella sabbia, per diventare voce di tutti. Regia Massimo Luconi; con Ibrahima Diouf, Ndiawar Diagne, M. Madaleine Mendy, Mamadou Seye, Jean G. Tekagne (in scena, Fabbricone, Prato) Victoria Mullova violino Katia Labèque piano In Mozart– Sonata La maggiore K526; Schumann-Sonata La minore op.105; Arvo Pärt–Fratres; Takemitsu-Distance de Fée; Ravel-Sonata in Sol maggiore. Società del Quartetto (20, Conservatorio, Milano) Poole, Petito e Shakespeare Dal seducente burlesque del ‘700 alla precaria famiglia napoletana di un Amleto dissociato, figlio senza padre. Di e con Emanuele Valenti e Gianni Vastarella di Punta Corsara (fino al 25, al Teatro Franco Parenti, © RIPRODUZIONE RISERVATA Milano) CINEMA The water diviner Crowe regista mischia epica e poesia A nche Russell Crowe passa con onore alla regia senza mirare alto e parte per Gallipoli, baricentro dei Dardanelli dove laggiù nel ‘15 l’avanzata alleata fece 250.000 morti da Australia e Nuova Zelanda. Tra questi, tre rampolli dell’agricolo rabdomante partito dal deserto casalingo per cercare, spinto in una tragedia greca, i corpi dei figli. L’intuizione divina del padre che pensa di scoprire dove si trovano i corpi, porta in dote al film bellico un invito poetico (un piccolo e non super eroe) che si cala in una avventura con inutile parentesi sentimentale. Film epico con geografie selvagge e sentimenti primordiali, The Water diviner somiglia al viso di pietra ruvida di Crowe che ha costretto la troupe a un duro training per calarci in un altro reale dove troviamo l’attore e poeta turco Erdogan nel ruolo del primo comandamento: la Solidarietà (m. po.) ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● 6,5 Box office 1 A American Sniper di Clint Eastwood, con Ben Affleck e Sienna Miller 3.590.609 2 G 3 A Si accettano miracoli di e con Alessandro Siani e Fabio De Luigi 2.518.495 The imitation game di Morten Tyldum, con Benedict Cumberbatch 1.362.363 IN DISCESA IN SALITA NOVITÀ STABILE G A N = ncastonato tra le vite straordinarie di Turing, Chris Kyle e di Luther King, ecco La teoria del tutto, il film su Stephen Hawking, l’astrofisico malato ma non minato da un blocco neurologico devastante, studente che nel ’63 a Cambridge conosce la ragazza che sarà sua moglie e madre di tre figli fino alla separazione dopo un quarto di secolo. Mentre il male gli impedisce di camminare, poi di parlare, Hawking è il trionfo dell’intelligenza pura e astratta, teorizza i buchi neri e rilancia prodigiose scoperte. Il film di James Marsh (Oscar per Man on wire, documentario sull’uomo che cammina tra le torri) è la cronaca di un rapporto difficile, visto con gli occhi non rinunciatari della signora Jane Hawking che ha descritto la relazione in un libro molto sentimental mood edito da Piemme. Questo il limite d’una produzione corret- G iulio Cesare come un immobiliarista che fa crescere un villaggio romano intorno ai Galli, assumendo schiavi, cambiando alleanze e combinando un sacco di guai come nello stile del celebre fumetto di Goscinny e Uderzo di cui il regista Louis Clichy, con gavetta alla Pixar, recupera una puntata uscita nel ’71. Con certo ritmo e certo humour (e pure certa volgarità nel doppiaggio in chiave romanesca) il cartoon, dopo otto anni, sazia i molti patiti dei celebri personaggi paleo-politici in passato vissuti anche grazie ad attori come Depardieu e Benigni. Tra Asterix, Obelix e la foresta ecologicamente segata anche una colonna sonora che recupera gaiezze d’oggi come «Tè per due» e una rumorosa allegria collettiva di calcolato infantilismo. (m. po.) 6,5 Big eyes Svolta di Tim Burton in stile Perry Mason A Pittrice Amy Adams (40 anni) è Margaret Keane nel film diretto da Tim Burton nche se gli infelici, pesti grandi occhi infantili dipinti nei ’50-‘60 da Margaret Keane sono quelli che hanno influenzato il suo potere visionario, Tim Burton raccontando la storia del raggiro di marketing d’arte, sta sotto al suo copyright di fantasy. Firma un film processo di genere, alla Perry Mason, in cui aspettiamo che venga messo alla prova di pennello il bugiardo tarantiniano Christoph Waltz, che odiamo anche per la sua prestazione sopra le righe che si contrappone a Amy Adams, ex star disneyana che nel gioco a togliere, lo supera per introspezione e verità. Interessante oggi questa truffa leggendaria che la dice più lunga di ieri sul plusvalore dei consigli d’arte pilotati e la cultura american pop. (m. po.) ●●●●●●●●●● La storia d’amore di Hawking lancia Redmayne all’Oscar Genio e morale, la vita incredibile di Alan Turing A I Il ritorno dell’eroe che resiste ai romani ●●●●●●●●●● The imitation game di Maurizio Porro Asterix e il regno degli Dei Baffi e alette Il volto di Asterix, protagonista del cartoon sull’invincibile eroe dei Galli La teoria del tutto 7 Coppia Eddie Redmayne (33 anni) e Felicity Jones (31) in una scena del film diretto da James Marsh ta, in cui forse si vorrebbe sapere qualcosa di più del rapporto del genio con la sua materia stellare e il concetto di Tempo. Il vero mistero dell’universo morale è l’accettazione di Hawking delle sue condizioni, superiorità che gli ha concesso di valicare i limiti e di diventare una astro-star. Certo in queste occasioni comanda il cast: Ed- die Redmayne, che ha preso lezioni di «disarmonia» da una ballerina, è così bravo che merita l’Oscar che forse avrà dopo il Golden Globe, attorniato da presenze intense, Felicity Jones e Charlie Cox, terzo lato di un triangolo più “mielò” che bergmaniano, © RIPRODUZIONE RISERVATA ●●●●●●●●●● 7 ltra vita sorprendente, l’analista matematico Alan Turing che ci salvò dai nazi decriptando la formula Enigma col primo rudimentale computer. Ma non bastò a salvarlo dalla condanna morale: era gay, accusato di atti osceni nel ‘52, fu castrato chimicamente e si uccise con una mela avvelenata come Biancaneve (le scuse inglesi arrivarono solo nel 2009). Ispirato al libro di Hodges (ed. Bollati Boringhieri), il film di Morten Tyldum, vincitore a Toronto, è tradizionale ma le sorprese vere della vita durante la guerra e il sorriso di Keira Knightley gli danno un aspetto da fiction e ci mettono di fronte all’eterno paradosso del genio a contatto con il genere (omofobo) umano. Turing ha il viso geometrico, infrangibile impassibile di Benedict Cumberbatch che certo si candida all’Oscar pur con molte sfumature di grigio melodrammatico. (m. po.) ●●●●●●●●●● 7 52 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 SPETTACOLI 53 Le iniziative del Corriere Da oggi in edicola il libro che ricostruisce la carriera dell’artista morto il 4 gennaio Una musica inconfondibile e l’invenzione dell’anglo-napoletano. L’amicizia con Troisi N ella notte fra il 4 e il 5 gennaio 2015 moriva improvvisamente Pino Daniele, musicista napoletano di gran classe che aveva saputo creare un nuovo linguaggio musicale e poetico per cantare quel crogiolo di stili e culture che trova nella città di Napoli il suo crocevia, fra blues e Mediterraneo, Oriente e America latina. Da oggi, per un mese, è in edicola con il Corriere della Sera al prezzo di euro 9,90 (più il costo del quotidiano) il libro Pino Daniele – Blues per sempre, un instant book dedicato alla vita e all’opera dell’artista partenopeo scritto e realizzato da una squadra di firme del Corriere. Il corpo centrale del libro è costituito da un viaggio nell’arte di Pino Daniele, sia sul piano della creatività musicale che su quello del linguaggio, quell’inimitabile anglo-napoletano che ha fatto scuola, e infine sulle dichiarazioni dello stesso Pino Daniele che spiega in dettaglio la sua filosofia umana e artistica. «I miei primi dischi sono stati un po’ naif — ammetteva —. Non c’era ancora la consapevolezza di creare qualcosa che rimanesse nel tempo. Non mi rendevo neanche conto di quello che stavo scrivendo. Tutto nasceva con naturalezza. Risale proprio a quel periodo una canzone come “Napule è”, diventata un classico del mio repertorio». Nel libro, Pino Daniele apre il suo cuore: «Nelle mie canzoni — confessa — parlo spesso di amore, inteso come amore universale, come tensione emotiva verso gli altri. Parlo anche di amore verso una persona, capire che non ha senso cercare sempre nuove emozioni, ma è meglio concentrarsi nel rapporto verso una donna. La propria donna. E che non diventi mai abitudine». Napoli e l’America: due mondi lontani e una contaminazione difficile da immaginare. Eppure il Mascalzone latino aveva intravisto una possibile strada per un crossover lessicale (ma ancor prima musicale) che sarebbe diventato l’arma vincente per scalare le classifiche. Nel libro (13 capitoli raccolti in oltre 140 pagine) non mancano altri elementi importanti per lumeggiare la personalità dell’artista scomparso: la famiglia d’origine, povera e numerosa, la fortuna di essere stato allevato da due zie che curarono la sua istruzione, le famiglie Sul palco Pino Daniele durante un concerto Il cantautore è morto a 59 anni per una crisi cardiaca PINO DANIELE CUORE BLUES ESORDIO, FAMIGLIA E SUCCESSO: VITA DA MASCALZONE LATINO «CANTO L’AMORE UNIVERSALE» successive e la sua complessa vita sentimentale e affettiva (due matrimoni, cinque figli), il contesto musicale della sua crescita con compagni di avventura come Rino Zurzolo, Enzo Avitabile, James Senese, Tullio De Piscopo, le collaborazioni internazionali e i duetti (da Eric Clapton a Jovanotti). Ampio spazio viene dedicato al rapporto di amicizia e artistico fra Pino Daniele e Massimo Troisi, e più in generale alla creazione di mirabili colonne sonore per il cinema. La vita e l’opera di Pino Daniele vengono contestualizzate in due scritti dai titoli significativi: «Una città che non ti lascia mai» sul suo rapporto conflittuale con Napoli e «Da Santa Chiara al mare» dedicato ai luoghi cari al cantautore. E non manca una disamina su Pino Daniele, la politica e i politici, verso i quali l’artista ha avuto umori variabili: sì a Bassolino e De Magistris, no a Bossi. Il libro si apre con una prefa- Copertina La cover del libro in edicola Nel testamento esclusa la compagna Amanda Premiati i figli, in particolare i più piccoli, e la seconda moglie. Niente ai fratelli NAPOLI Depositi, titoli, azioni societarie, beni immobili. E diritti d’autore. Il non indifferente patrimonio di Pino Daniele verrà suddiviso tra gli eredi nel rispetto del testamento che il cantautore aveva consegnato a un notaio romano e del cui contenuto i parenti sono stati informati pochi giorni fa. Seppure nella riservatezza che avvolge una vicenda strettamente privata, trapelano alcuni dettagli relativi alle volontà espresse dall’artista. Dall’eredità risulterebbe esclusa Amanda Bonini, la donna che da circa un paio d’anni era diventata la compagna di Daniele, che per lei aveva lasciato la moglie Fabiola Sciabbarrasi. Esclusa anche la famiglia napoletana del cantautore: i tre fratelli, le due sorelle, i nipoti. In cima alle volontà testamentarie di Pino Daniele ci sarebbero i figli: Alessandro e Cristina, avuti dalla prima moglie, Dorina Giangrande, e Sara, Sofia e Francesco (gli ultimi due minorenni), nati dal matrimonio con la Sciabbarrasi. A tutti e cinque andrebbe suddiviso il cinquanta per cento del Insieme Pino Daniele e Amanda Bonini patrimonio. L’altro cinquanta per cento andrebbe invece per metà a Fabiola (dalla quale non c’è mai stata separazione ufficiale) , mentre il rimanente andrebbe ripartito ancora tra i figli, ma solo fra i tre più piccoli. Pino Daniele avrebbe così voluto in qualche modo privilegiare Sara, Sofia e Francesco che a differenza degli altri due figli devono ancora costruirsi il futuro. Alessandro e Cristina, infatti, hanno già da tempo una loro autonomia finanziaria, essendo stati da anni entrambi professionalmente impegnati zione dello scrittore Francesco Piccolo nella quale si analizza il rapporto fra la musica di Pino Daniele e i fan. «Esistono due tipi di artista. Quello razionale, una sorta di artista-intellettuale, che sente il dovere di conoscere quante più cose possibili del mondo, altrimenti non saprebbe muoversi. E quello istintivo, che sembra essere nato, per esempio, con le dita sulla chitarra. Così sembrava Pino Daniele». Il viaggio fra parole e immagini si conclude con un paragrafo dedicato ai brani più noti del Mascalzone latino: sono riportati i testi di trenta canzoni con una spiegazione per una libera interpretazione dei pezzi composti in napoletano. Il Corriere della Sera propone dunque un ritratto a tutto campo di colui che ha spazzato via anni e anni di retorica e di stereotipi ammassati alle falde del Vesuvio. Lo ha tradito quel cuore che aveva cantato insieme con l’amico Massimo Troisi. Questo libro è un omaggio al Mascalzone latino, alla sua arte, alla sua capacità di raccontare (in musica e parole) le mille contraddizioni di una Napoli «che ‘a sape tutt’ ‘o munno ma nun sanno ‘a verità». Mario Luzzatto Fegiz © RIPRODUZIONE RISERVATA nell’entourage del padre. Trattata approfonditamente anche dal settimanale Oggi in edicola stamattina, la vicenda dell’eredità di Pino Daniele sembra far finire ai margini Amanda Bonini, che non solo è stata il suo ultimo amore, ma anche la persona che fisicamente gli è stata accanto nei momenti della tragedia, che lo ha accompagnato in auto dalla Maremma a Roma nel folle tentativo di raggiungere il Sant’Eugenio (dove c’era il cardiologo del cantautore) anziché il più vicino Pronto soccorso, e in pratica lo ha visto morire. Ora dovrà lasciare anche il casale nei pressi di Orbetello dove stava con il compagno. F. B. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il suo storico bassista De Rienzo: era una categoria dell’anima oltre ogni misura NAPOLI Gigi De Rienzo è uno dei musicisti napoletani che fa parte della storia di Pino Daniele. Bassista e coproduttore artistico di «Nero a metà» (1980) ha lavorato a più riprese con Pino e gli è stato accanto anche durante l’ultimo tour. «Il concerto di chiusura lo abbiamo fatto il 22 dicembre a Milano. Eravamo la band di allora e in più gli amici di sempre. Una atmosfera bellissima, eravamo felici. Se penso che quello sarebbe stato il suo ultimo concerto...». Per De Rienzo l’incontro con Pino Daniele è stato «un’opportun ità unica, perché era il tipo di artista con cui qualunque Sorridente musicista Il musicista avrebbe Gigi De Rienzo voluto suonare. Pino ha espresso una categoria dell’anima che ha un’estensione e ramificazioni non misurabili, perciò non si misura lo sgomento in cui ci ritroviamo. È stato un cantautore molto popolare, a tratti popolaresco, ma ha anche continuato a sentirsi il chitarrista del proprio gruppo, a studiare fino all’ultimo, inseguendo di volta in volta il mood di cui s’era innamorato. È stato considerato un bluesman, ma era troppo curioso, troppo sensibile per stare chiuso in un genere solo. Il suo evocare il blues era più probabilmente un vezzo: giocare con la musica meno enfatica, meno ingessata del mondo per dire «so’ uno ‘e miez ‘a via». Fulvio Bufi © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 54 Eventi La guida Oltre 450 espositori per una casa contro gli sprechi Dal 29 gennaio al 1° febbraio, Fiera Bolzano, in collaborazione con l’Agenzia di certificazione energetica degli edifici CasaClima, ospita Klimahouse, fiera internazionale che nel tempo (questa è la decima edizione) si è affermata come autorevole riferimento per tutti coloro (architetti, progettisti, costruttori edili e utenti finali) che desiderano costruire abitazioni secondo criteri di efficienza energetica e di sostenibilità. Oltre allo spazio espositivo con le novità proposte dalle aziende di settore presenti (oltre 450), la fiera offre convegni internazionali, incontri, workshop, seminari, mostre fotografiche sui più efficienti edifici CasaClima, dimostrazioni dal vivo sugli errori da evitare in edilizia, visite guidate a edifici CasaClima per operatori tecnici e utenti finali e premi alle aziende di settore più innovative sul fronte della sostenibilità. Info: tel. 0471/516000, www.fierabolzano.it/klimahouse, biglietto 10 euro (7 euro online previa registrazione) L’appuntamento La fiera di Bolzano Klimahouse compie dieci anni. Con l’agenzia CasaClima ha favorito la nascita di una cultura del risparmio energetico. Un autorevole progettista spiega perché ora la sfida verde deve passare su un piano etico di Mario Cucinella RIVOLUZIONE A SOSTENIBILE lcuni nuovi edifici affrontano il tema del risparmio energetico e, in maniera più amp i a , i l te m a d i nuovi linguaggi legati alla sostenibilità. Questi esempi, che si stanno moltiplicando in giro per il mondo, dimostrano la nascita di una nuova etica, della presa di coscienza del problema e, al tempo stesso, rappresentano una nuova sfida sia per l’architettura sia per il mondo della politica che deve vedere nella risoluzione del problema ambientale una grande risposta sociale. La sostenibilità, in architettura, non è semplicemente una questione tecnica ma è anche una spinta a ripensare gli edifici, la loro forma e l’uso dei materiali, inoltre stimola la necessità di una più profonda conoscenza del costruire e di un maggior dialogo con il contesto climatico e sociale. I modelli di sviluppo si sono concentrati sull’idea di produttività, efficienza e speculazione, concetti che insieme non hanno prodotto una diversificazione e complessità, ma un appiattimento di linguaggi e consumi indifferenti sia alle micro che alle macro economie fino agli stili di vita. Il fenomeno di una visione unica, di un’unica economia planetaria come del resto il modello edilizio ampiamente esportato in maniera indifferente, ha dimostrato tutti i suoi limiti attraverso una profonda insoddisfazione e un costo ambientale insostenibile. Le nuove tecnologie offrono, è vero, la possibilità all’architetto di scoprire nuovi linguaggi formali ma senza una visione la sola tecnologia non è sufficiente. L’EFFICIENZA NON BASTA PIÙ L’ARCHITETTO DEVE IMPARARE I VALORI DELLA CONVIVENZA Per troppo tempo abbiamo creduto a questa illusione semplice e chiara della tecnologia, tutto controllabile artificialmente, perfettamente prodotti dall’industria, con condizioni e spazio di lavoro indifferenti ai diversi climi e alle diverse cul- ❞ Il rapporto da ritrovare Abbiamo ceduto troppo alla tecnologia perdendo l’empatia con i luoghi in cui si costruisce I danni del protagonismo Bisogna domare una stravaganza che non è creatività: lascia spazi inutili, scenografie sorde ture. In questo rapporto ceduto alla tecnologia e all’economia, l’architettura ha perso quel rapporto d’empatia con i luoghi, con le condizioni climatiche. Nel cedere questi saperi l’architettura si è concentrata solo sulla pelle, sull’impatto visivo togliendo alla forma e il linguaggio la struttura fondamentale della lingua. Una rivoluzione vera e propria aprirà nuovi scenari sia per ciò che riguarda la trasformazione dell’enorme parco immobiliare esistente, responsabile di gran parte degli sprechi energetici e delle emissioni inquinanti, sia per la progettazione di nuovi edifici, e che deve partire da una nuova concezione del valore del progetto e della figura dell’architetto come portatore di valori etici ambientali e di conoscenza del costruire. Una figura socialmente utile. Un altro aspetto è quello dell’ A Pechino Il Sino-Italian Ecological and Energy Efficient Building realizzato dalla Mario Cucinella Architects (foto di Daniele Domenicali) impatto sociale. L’architettura che svilupperà il tema della sostenibilità, infatti, non cambia solo nella forma e nel linguaggio ma propone anche una nuova interpretazione degli stili di vita, un nuovo rapporto con l’abitare e con il mondo del lavoro e, soprattutto, la creazione di spazio pubblico. Dobbiamo rifarci delle domande. Vogliamo edifici che riducano le emissioni di C02, per il bene di tutti, e rispondano ai I vantaggi dell’impatto zero spiegati dagli stessi inquilini U n grande «albero del futuro» per festeggiare i dieci anni di Klimahouse. Creato dagli artigiani della Val Sarentino componendo tra loro le radici degli imponenti abeti della loro valle, l’albero svetta all’ingresso principale della Fiera di Bolzano, pronto ad accogliere le migliaia di persone attese dal 29 gennaio all’1 febbraio per la decima edizione della «Fiera internazionale per l’efficienza energetica e il risanamento in edilizia». Un albero al quale tutti potranno appendere foglie di legno sulle quali scrivere i propri sogni «green» per il pianeta. Un simbolo di sostenibilità che si propagherà in Rete grazie a un «albero del futuro», virtuale e interattivo sul sito klimahouse.it, pronto a raccogliere pensieri e intenti di una comunità che mischia passione e tecnica, conoscenza scientifica e visione. Sono quasi mezzo milione le persone che in questi dieci anni hanno visitato Klimahouse. Promosso dalla Fiera di Bolzano e nato in colla- borazione con l’Agenzia CasaClima, una delle realtà più note a livello internazionale per la certificazione energetica degli edifici, che fa capo alla Provincia autonoma di Bolzano, il salone in dieci anni si è imposto come punto di riferimento del settore, espandendosi poi in altri campi (con Klimaenergy e Klimamobility) e in altri territori. «Coerenza e sostenibilità sono le nostre parole d’ordine — spiega Reinhold Marsoner, direttore di Fiera Bolzano —. Così non abbiamo ampliato la nostra area fieristica ma organizzato edizioni itineranti di Klimahouse per il Centro e il Sud, quest’anno in Toscana (1719 aprile) e in Puglia (2-4ottobre)». Una scelta di successo andata a braccetto con l’espandersi della certificazione CasaClima. Il salone numero Le occasioni Visite anche all’hotel di Thoeni e alla casa di Kammerlander. Il direttore: «Sostenibili senza aumentare gli stand ma con fiere al Centro e al Sud» © RIPRODUZIONE RISERVATA Alla radice L’«albero del futuro» per i 10 anni di Klimahouse. È stato creato dagli artigiani della Val Sarentino (foto M. Parisi) Non solo gli stand, anche 16 tour tra gli edifici ecologici di Luca Barbieri L’autore Mario Cucinella, classe 1960, è fondatore della Mario Cucinella Architects, specializzata in progettazione architettonica, con particolare attenzione ai temi della sostenibilità e dell’impatto ambientale degli edifici. A Klimahouse interverrà venerdì 30 alle 9.30 nuovi bisogni sociali, economici e culturali delle nostre società? Allora dobbiamo fare uno sforzo tutto nuovo perché l’architettura riprenda dentro di se quei valori fondamentali che sono fondativi del fare architettura. Bisogna domare e controllare una stravaganza che non è creatività e che lascia spazi inutili e scenografie sorde. Dobbiamo ricominciare a vedere in questo complesso di cose i valori fondamentali, come i diritti e i bisogni essenziali dell’essere umano: non ci sarà sostenibilità senza una forte determinazione a difendere gli uomini, a dare loro gli strumenti per vivere insieme in maniera giusta, dove alla visione tecnologica e prestazionale, dobbiamo sovrapporre quella della bellezza delle emozioni, del piacere di stare insieme e di condivisione dello spazio comune. Finché non ci libereremo dell’eredità del secolo scorso e delle abitudini ormai consolidate, sarà anche difficile esprimere attraverso l’architettura una nuova società, un nuovo modo di aver cura del capitale naturale e del capitale sociale. La sfida è tutta qui e, contrariamente a quanti considerano la sostenibilità qualcosa di superficiale e accessorio, o «alla moda», bisogna quotidianamente lavorare per migliorare il nostro lavoro, costruire edifici più belli dentro e fuori, ma che segnino l’inizio di una nuova era. L’architettura può giocare un ruolo fondamentale sui temi legati al cambiamento climatico, l’architettura sarà, insieme ad altre discipline, una forza propellente per generare questo cambiamento che dovrà essere, prima di tutto, culturale. È ora di cambiare. dieci ospita, quest’anno, oltre 400 aziende che espongono le ultime novità di prodotto e i servizi più all’avanguardia del settore. Klimahouse propone anche un denso programma di congressi e di visite guidate che mischiano formazione tecnica e, perché no, anche turismo ambientale. Sì, perché una delle caratteristiche dell’Alto Adige è quella di rappresentare una sorta di grande parco tematico green che trova nell’appuntamento fieristico il suo concentrato. L’Alto Adige a impatto zero ha testimonial d’eccezione: dallo sciatore Gustav Thoeni proprietario del Clima Hotel progettato da Matteo Thun nel cuore del Parco dello Stelvio, alla CasaClima dell’alpinista Hans Kammerlander, passando per l’avveniristica sede di Salewa. Per valorizzare questo patrimonio diffuso i professionisti possono scegliere il proprio «Enertour» tra 16 visite guidate sul territorio. Con il Klimahouse City Parcour invece, anche i singoli cittadini possono mettere piede in case ad alta efficienza energetica: troveranno ad attenderli gli inquilini stessi che spiegheranno loro costi, vantaggi e quotidianità di una casa a impatto zero. All’insegna della sostenibilità, Klimahouse offre inoltre viaggi organizzati al Salone, da diverse città del Nord con una tappa intermedia a Trento per visitare il quartiere ecosostenible «Le Albere» progettato da Renzo Piano. Nel programma di convegni e workshop spicca il congresso internazionale «Costruire con intelligenza», il 30 e 31 gennaio con l’architetto Mario Cucinella e il professor Wolfgang Feist, precursore delle Case Passive. Sempre il 31 pomeriggio la presentazione di Charles Waldheim, chairman dell’Harvard School of Design, e una conferenza dell’archistar Kengo Kuma. «Dobbiamo cogliere il futuro con un nuovo atteggiamento — spiega Gernot Rössler, presidente di Fiera Bolzano —. L’edilizia sostenibile e il risparmio energetico, sono le vere sfide del nostro secolo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 EVENTI I numeri della crescita Scarica l’«app» Eventi Fondata nel 2006, in questi dieci anni Klimahouse ha richiamato 450.000 visitatori in tutta Italia (408.000 a Bolzano, 42.000 nelle edizioni itineranti via via promosse in Umbria, Puglia, Roma e Toscana). La pagina di Facebook conta 12.500 fan Senza traumi Un taglialegna contrassegna i tronchi appena abbattuti nella foresta certificata di Itacoatiara, nel Brasile settentrionale (foto Paulo Whitaker/Reuters) 55 Informazione, approfondimenti, gallery fotografiche e la mappa degli appuntamenti più importanti in Italia. È disponibile sull’App Store di Apple la nuova applicazione culturale del «Corriere della Sera Eventi». È gratis per 7 giorni. Eventi ● Il commento «Marchio» di fabbrica: la difesa dell’ambiente di Enrico Franco L unedì sera, chiudendo il suo intervento al Ricevimento degli imprenditori che la Confindustria provinciale organizza a gennaio per dettare l’agenda dell’anno, il presidente Stefan Pan ha ricordato come, in un terzo dei Comuni altoatesini, le aziende manifatturiere siano il primo datore di lavoro: «È il miglior presupposto — ha commentato — per consentire ai nostri contadini di avere una seconda occupazione e mantenere i loro masi. Così si tutela il paesaggio». La difesa dell’ambiente, dunque, in Sudtirolo è un impegno diffuso, non limitato agli ecologisti che, peraltro, sono ampiamente rappresentati pure politicamente, avendo ben tre eletti nel consiglio della Provincia autonoma. È proprio in virtù di una sensibilità condivisa che all’ombra delle Dolomiti, in una natura da molti invidiata, si è sviluppato da anni un forte distretto della green economy. Se altrove si corre ai ripari, qui si preferisce prevenire: giocare d’anticipo, ad esempio, significa consumare il minimo di energia possibile, prima ancora di preoccuparsi di produrla con fonti rinnovabili (altro primato locale). Il fiore all’occhiello di tale strategia è il marchio CasaClima, che certifica la qualità energetica degli edifici. Certo, costruire immobili che garantiscano più facilmente una temperatura adeguata comporta qualche costo aggiuntivo, ma l’investimento si ripaga presto nel tempo e l’edificio ha maggior valore sul mercato. In pochi anni, CasaClima è diventato un sigillo talmente prezioso da essere oggetto di continui tentativi di contraffazione, finora prontamente stoppati anche giudiziariamente. Ciò che spesso chi non vive in Alto Adige fatica a capire, è che la specialità del territorio e della sua comunità, al di là dei fattori storici e linguistici, è data da un comune sentire, dall’essere un sistema che si muove in sintonia. La Fiera di Bolzano ne è una lampante dimostrazione, in quanto non ha inseguito le mode (neppure quella dell’espansionismo fine a se stesso) ma ha privilegiato esposizioni che contribuiscono alla narrazione delle tipicità sudtirolesi. Il successo di Klimahouse, insomma, si spiega con la forza delle proposte autentiche, quella tipica del buon latte di montagna munto nei masi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Evoluzioni di Umberto Torelli C hi associa ancora le case in legno agli chalet di montagna, si sbaglia. Adesso le costruzioni multipiano in legno non hanno paura di sfidare il cielo. Il record di altezza spetta per ora al Treet Building di Bergen, in Norvegia. Uno skyscraper di 14 piani realizzato con struttura di travi e pilastri in legno lamellare. Ma presto a insidiarne il primato sarà Vancouver, in Canada, dove l’architetto Michael Green ha in fase di progettazione avveniristiche torri residenziali e business di 30 piani. «Oltre agli aspetti green e di sostenibilità ambientale, gli edifici in legno rappresentano una valida soluzione ai fenomeni sismici — spiega l’architetto Lorena De Agostini, consulente di proHolz Austria Promo Legno, l’associazione per la promozione del legno in edilizia — purché in fase di progettazione si tenga conto dell’intera struttu- Sempre più su: ora il legno è a un livello superiore Versatile e flessibile, sarà il materiale delle nuove torri di Vancouver, alte trenta piani ra e delle connessioni con la carpenteria metallica». L’esempio arriva da Christchurch in Nuova Zelanda. Dopo il terremoto del 2011, oltre un terzo delle abitazioni andarono distrutte. Il Governo mise subito a punto il Central Recovery Plan, con uno stanziamento di oltre 25 miliardi di euro, per costruire edifici antisismici, scegliendo il legno come materiale privilegiato. Tra quelli già realizzati a tempi record spicca il Merrit Building, con strutture portanti di legno collegate alle giunture tramite speciali martinetti idraulici: una soluzione che garantisce all’edificio di resistere ad ampi movimenti ondulatori. Per quanto riguarda l’Europa troviamo Vienna, dove l’ordinamento edilizio del 2007 consente l’uso del legno fino a un’altezza di sette piani. Nel complesso residenziale nella I progetti Agli antipodi Dopo il forte sisma di Christchurch, per la Nuova Zelanda è il materiale privilegiato nell’edilizia. Milano lo ha sperimentato nel social housing Sopra, le torri di Vancouver, dell’architetto Michael Green. In alto, la «Maison de l’Inde» a Parigi, di Rubner Wagramer Strasse gli elementi di legno lamellare sono assemblati in modo indipendente tra loro e questo rende l’intera struttura in regola con le rigide norme antincendio. In Italia sono oltre una ventina i complessi multipiano già realizzati. Tra queste spicca l’intervento di Social Housing più grande d’Europa, realizzato a Milano in via Cenni (Zona San Siro) dell’architetto Fabrizio Rossi Prodi. Quattro torri di nove piani, per 27 metri di altezza, realiz- zati con pannelli portanti in legno a strati incrociati. «Una soluzione valida sia per gli aspetti ecologico-ambientali, sia per le potenzialità tecniche — precisa l’architetto De Agostini —, il complesso già abitato prevede edifici multipiano con elevate prestazioni di sicurezza strutturale e comfort abitativo». L’altoatesina Rubner Holzbau, presente a Klimahouse, ha firmato «Maison de l’Inde» a Parigi, due torri multipiano in legno di sette piani, realizzato in soli 4 mesi. In totale, 72 alloggi rivolti agli studenti, all’interno della città universitaria. I progettisti dello studio LipskyRollet hanno prestato particolare attenzione all’inserimento nell’ambiente circostante, rivestendo il legno con un mosaico in pasta di vetro rosso-violetto, in perfetta armonia con i vicini fabbricati in mattoni rossi. @utorelli © RIPRODUZIONE RISERVATA 56 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 57 ● Risponde Sergio Romano ● Italians LIBERTÀ D’ESPRESSIONE SÌ, MA CON GIUDIZIO di Beppe Severgnini Quel che un presidente non deve essere LETTERE AL CORRIERE ISLAM E MUSULMANI Parole da usare Caro Romano. in questi giorni in cui le vicende del terrorismo fanatico a Parigi hanno riempito le cronache e i commenti giornalistici e televisivi, è invalso l’uso di impiegare come sinonimo di musulmano l’aggettivo «islamistico» per distinguerlo da «islamico» (anche lei, ad esempio, ha usato «movimento islamistico» e «ondata islamistica»). Si tratta di un errore in quanto per la lingua italiana «islamista» è solo sostantivo e significa «studioso dell’islamismo», cioè della religione islamica (dall’arabo Islam, fede, pace, sottomissione ad Allah). «Islamita», sostantivo, è invece «il seguace dell’islamismo», mentre l’aggettivo «islamitico» significa «riconducibile all’islamismo, specialmente dal punto di vista delle acquisizioni culturali e artistiche». Ad esempio, si usa «arte islamitica». Consiglio di usare con correttezza la lingua italiana e di non creare neologismi con lo stravolgimento improprio di vecchie parole. Franco Colombo, Muggia (Ts) Grazie per le precisazioni linguistiche, molto utili. Ma occorre ricordare che non sempre una parola assume significati nuovi soltanto per l’uso che ne fanno i giornalisti e i commentatori. E’ la realtà che crea situazioni e protagonisti per cui occorre trovare una parola adatta. L’uso, anche se talvolta improprio, è la vita della lingua. PAGAMENTI Cifre oltre i mille euro Ho cercato di pagare il bollo di 1.147 € della mia auto con carta di credito, ma mi è stato detto: «Accettiamo solo Il massacro compiuto a Parigi — assurdo, inconcepibile, da condannare senza nessuna esitazione — ci tocca così profondamente da far sì che i sentimenti abbiano facilmente il sopravvento sulla ragione. È ovvio che non c’è nessuna scusa per chi all’offesa reagisce con terribile inaudita violenza, ma perché non si vuole prendere atto della realtà? Che oggi esistano persone disposte a uccidere in nome di Allah, come una volta i cristiani uccidevano in nome di Dio, è una certezza, un fatto. Ora, ammesso che la libertà di burlarsi di Gesù o di Dio, di Maometto o di Allah sia cosa giusta, buona e ragionevole, se non è necessario perché devo esercitare tale libertà, sapendo così di mettere a repentaglio non solo la mia vita, ma anche quella dei miei familiari, degli amici, dei concittadini? Ha senso se — ripeto — non è necessario? In questo caso l’esercizio della libertà deve tener conto della responsabilità e della razionalità. E dettati dal sentimento e non dalla ragione sono tanti titoli di giornali analoghi al seguente: «Questo è l’Islam». No: questo è il fanatismo di alcuni islamici. Miriam Della Croce [email protected] Le lettere firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 @ [email protected] www.corriere.it [email protected] La tua opinione su sonar.corriere.it Putin non andrà ad Auschwitz per i 70 anni dalla liberazione del Lager, a causa delle tensioni con la Polonia. Giusto? Cara signora Della Croce, e reazioni delle opinioni pubbliche e dei governi democratici all’attentato contro la redazione di un giornale satirico francese hanno dato l’impressione che l’Occidente consideri la libertà d’espressione alla stregua di un valore assoluto e intoccabile, da difendere sempre e comunque, indipendentemente da ogni altra considerazione. Non è vero, naturalmente. Non vi è Paese, fra quelli rappresentati in prima fila alla grande manifestazione di Parigi, che non abbia leggi in cui vengono fissati confini e paletti. Il Paese vittima dell’attentato, la L SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì 36% 64% No contanti !». La legge che impedisce pagamenti in contanti per cifre superiori a 1.000 euro è stata abrogata e non ci è stato comunicato? massimo_fusari@ fastwebnet. it Nelle scuole pubbliche di New York ora è possibile tenere i cellulari in classe. Siete d’accordo? RADIO 1 Inno a ritmo di marcetta Perché alle 6 Radio 1 trasmette l’Inno eseguito dalla Filarmonica di Berlino (a ritmo di marcetta dei Bersaglieri)? Non abbiamo © RIPRODUZIONE RISERVATA forse di meglio come l’orchestra della Scala, la banda dei Carabinieri, ecc. ? Mario Ruggiero marioruggiero44@ gmail.com Massimo Fusari La domanda di oggi Francia dei diritti dell’uomo e del cittadino, proibisce la pubblicazione delle opinioni di Adolf Hitler (Mein Kampf) e quelle del misterioso falsario che denunciò, in un libello dei primi del Novecento, l’«assalto ebraico al potere mondiale» (I protocolli dei savi di Sion). Nel sistema legale francese la negazione del genocidio armeno e del genocidio ebraico non sono opinioni, ma reati. Un uomo politico francese di origine comunista, ma convertito all’Islam, Roger Garaudy, è stato condannato da un tribunale francese nel febbraio 1998 per avere scritto un libro (I miti fondatori della politica israeliana) in cui affermava che il genocidio ebraico è soltanto una fabbricazione sionista. Un altro tribunale francese, nel 1995, ha condannato, sia pure a una pena simbolica, Bernard Lewis, uno dei maggiori studiosi del Medio Oriente, per avere espresso qualche dubbio sull’opportunità di definire «genocidio» quello degli armeni durante la Prima guerra mondiale. Sempre in Francia ieri è stato rinviato a giudizio per «apologia di terrorismo» un comico francese originario del Camerun, Dieudonné M’bala M’bala, colpevole di avere accoppiato il nome del giornale satirico con quello di uno degli attentatori («Je suis Charlie Coulibaly»). In altre parole, cara Signora, la libertà di espressione è totale per quelle idee e opinioni che riflettono il pensiero dominante di una società nazionale in un determinato momento storico, più limitata quando offende lo stesso pensiero dominante. Se le vignette di Charlie Hebdo avessero preso di mira gli ebrei, le reazioni sarebbero state alquanto diverse. È comprensibile. Noi non possiamo dimenticare quali orribili conseguenze l’antisemitismo abbia avuto per la sorte di 6 milioni di persone. Ma non dovremmo dimenticare che anche le società musulmane hanno le loro memorie. DIPENDENTI PUBBLICI Pene raddoppiate Non passa giorno senza nuovi scandali dove sono coinvolti dipendenti pubblici o parlamentari. Chi deve fare rispettare le leggi, in caso di condanna non può essere trattato come un cittadino comune e le pene dovrebbero raddoppiare. Annibale Antonelli Formia (Lt) LAVORATORI MALATI Il primo giorno Una volta il primo giorno di malattia non veniva retribuito. Successivamente la norma è stata eliminata. Ora ne vediamo le conseguenze. Credo sarebbe utile ripristinarla al più presto. Isabella Coccolini G iornali, siti e telegiornali sono pieni di giudizi sui (quasi) nove anni al Quirinale di Giorgio Napolitano, perciò mi limito a cinque parole: è stato un buon presidente. Se dovessi scegliere una frase di saluto, non prenderei una citazione di Norberto Bobbio, ma un verso di Franco Battiato: «Com’è difficile restare calmi quando tutti intorno fanno rumore». E di chiasso, dal 2006, in Italia ne abbiamo fatto parecchio. Molti, più competenti di me, hanno spiegato le qualità che dovrebbe possedere il successore al Quirinale. Mi limiterò, dunque, a indicare quali caratteristiche il futuro presidente della Repubblica NON dovrebbe avere. Non dev’essere un dilettante. Il presidente della Repubblica è il Grande Arbitro (senza guardalinee), e un arbitro che non conosce il regolamento non serve. Musicisti, architetti e bibliotecari funzionano nei film («Benvenuto, Presidente» con Claudio Bisio). In realtà combinano disastri. La politica è un mestiere, non necessariamente a vita, un mestiere che, tenetevi forte, si può fare onestamente. Non dev’essere freddo. Noi italiani siamo empatici ed emotivi. Un presidente distaccato e impassibile ci metterebbe a disagio. Non dev’essere caldo. Un altro Cossiga versione Picconatore provocherebbe un esaurimento nervoso nazionale. Non dev’essere ambizioso. Il Quirinale non è un trampolino, è un colle. Non serve per saltare più in alto, ma per guardare lontano. Deve aver perso, in vita sua, il nuovo presidente: una bella sconfitta illumina ogni curriculum. Ma guai se usasse il nuovo incarico per regolare i conti. Non dev’essere timoroso. Il suo titolo è capo dello Stato, non vice di qualcuno o qualcosa. Non dev’essere neutro. Dev’essere intellettualmente onesto. Deve avere una storia piena di idee e convinzioni; non una carriera costellata di opportunismi e omissioni. Non dev’essere un uomo o una donna. Dev’essere una persona. Mandare una femmina al Colle, perché non c’è mai stata, sarebbe un errore. Mandarci un maschio, perché c’è sempre stato, sarebbe un’ignavia. Mandarci la persona sbagliata sarebbe un guaio. @beppesevergnini italians.corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA [email protected] Vauro INTERVENTI E REPLICHE Ebrei e musulmani: convivenza possibile Teniamo a ringraziare il Rabbino Giuseppe Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, per il suo intervento «La Bibbia messa ai margini e la crisi del Cristianesimo» (Corriere, 13 gennaio) e avere posto la seguente questione: «È possibile per l’Islam, in ossequio al Corano, e per necessità religiosa interiore dei musulmani osservanti (...) apprezzare positivamente, in una prospettiva teologica, ebrei e cristiani (...)?» e soprattutto per aver anche premesso in una frase: «Ci sono centinaia di migliaia di singoli musulmani, persone degne e buone, realmente religiose, che a queste domande hanno già risposto personalmente con il rispetto per il prossimo e per la sua fede, (...) tuttavia manca una reale inequivocabile, onesta, autorevole e vincolante riflessione teologica al riguardo». A questa legittima richiesta e in mancanza nell’Islam, così come nell’Ebraismo, di una autorità con riflesso universale (mentre lo stesso Islam è universale, versus unum), vorremmo rispondere con le stesse parole del Sacro Corano, citate anche dal professor Giulio Giorello — che sarà anche il moderatore del Rabbino Laras al prossimo incontro alla Biblioteca Ambrosiana di Milano del 9 febbraio, come lo fu con me il 15 dicembre scorso nel ciclo «Letture di nuovi Classici» — parole che affermano: «E se Dio avesse voluto, © 2015 RCS MEDIAGROUP S.P.A. 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Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. Centro stampa 09034 Elmas (Ca) - Via Omodeo, 5 - Tel. 070-60.131 • BEA printing sprl 16 rue du Bosquet - 1400 Nivelles - Belgium • Speedimpex USA, Inc. 38-38 9th Street Long Island City - NY 11101 - USA • CTC Coslada Avenida de Alemania, 12 - 28820 Coslada (Madrid) - Spagna • La Nación Bouchard 557 - 1106 Buenos Aires - Argentina • Miller Distributor Limited Miller House, Airport Way, Tarxien Road – Luqa LQA 1814 Malta • Hellenic Distribution Agency (CY) Ltd 208 Ioanni Kranidioti Avenue, Latsia 1300 Nicosia - Cyprus • FPS Fernost Presse Service Co. 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SERVIZIO CLIENTI: 02-63797510 (prodotti collaterali e promozioni). * Con “Sette” € 3,00; con “Io Donna” € 3,00; con “Style Magazine” € 3,50; con “Living” € 5,40; con “La matematica come un romanzo” € 9,40; con “Mila e Shiro” € 11,49; con “Je suis Charlie” € 6,40; con “Le parole di papa Francesco” € 7,40; con “Disney English” € 3,49; con “Pino Daniele. Blues per sempre” € 11,40; con “Grandangolo” € 7,40; con “Giovannino Guareschi” € 9,40; con “Agatha Christie” € 8,40; con “Agatha Christie Poirot” € 11,49; con “Il cane. Amarlo capirlo educarlo” € 11,49; con “Alda Merini” € 8,40; con “Español da zero” € 7,49; con “Diabolik. Nero su nero” € 8,49; con “Asterix” € 7,49; con “Il teatro di Eduardo” € 12,40; con “I capolavori dell’Arte” € 7,40; con “Jeeg Robot d’acciaio” € 7,49; con “Scuola del racconto” € 8,40; con “The Beatles” € 11,40 Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 58 Sport Formula 1 Sviluppo motori, via libera anche alla Honda Anche la Honda potrebbe ricevere l’ok per sviluppare i motori per tutto il 2015. La Casa giapponese, che rientra in F1 come fornitrice della McLaren, lunedì ha protestato con la Fia. La Federazione sembra ora orientata a rivedere la sua posizione e a fare sì che anche la Honda possa allinearsi a Ferrari, Mercedes e Renault e sviluppare le power unit. Resta da capire come reagiranno gli altri motoristi: ancorché debuttante e in teoria svantaggiata, la Honda avrebbe un benefit che gli altri un anno fa non poterono sfruttare. Mercato I bomber sono i più corteggiati, ma non ci sono soltanto loro: Destro vuole solo il Milan, tensione tra Osvaldo e l’Inter e tra Giovinco e la Juve. Azione di disturbo bianconera per Nainggolan Intrighi dentro l’area Telefoni caldi. Il mercato, in tempi di carestia, è una serie di trattative sfinenti, una specie di partita a scacchi fatta di bluff, lunghe pause e improvvise accelerazioni. E coinvolge soprattutto gli attaccanti, alti e piccoli, giovani e vecchi, italiani e stranieri, meglio se in scadenza di contratto e a caccia di rivincite. Destro e Pazzini, Mario Gomez e Osvaldo, Giovinco e Borriello, Gilardino ed Eto’o. Ma gli intrighi da qui al 2 febbraio si allargheranno alle altre zone del campo e coinvol- Trattative Eto’o sempre più Samp, Borriello al Genoa con buonuscita Roma: Quagliarella geranno giocatori importanti. L’Inter, rifondata con Podolski e Shaqiri, deve completare il maquillage con un centrocampista tra Lucas Leiva e Mario Suarez; la Roma deve trovare i soldi in fretta per riscattare Nainggolan e al tempo stesso chiede Darmian al Toro; la Juve cerca un trequartista ma trova solo porte chiuse; il Milan lavora sul centrocampista Baselli dell’Atalanta e per risolvere l’emergenza sulla fascia sinistra torna a pensare a Pasqual della Fiorentina senza trascurare il genoano Antonelli. Gli attaccanti sono il sale del mercato, che è in continua evo- Punte stellari 20 15,5 2,7 11,5 milioni di euro richiesti dalla Roma per Mattia Destro: l’attaccante vuole solo il Milan milioni di euro spesi due estati fa dalla Fiorentina per Mario Gomez: ora il tedesco è sul mercato milioni di euro l’ingaggio di Marco Borriello fino a fine stagione: passerà dalla Roma al Genoa milioni di euro la cifra spesa dalla Juventus per riscattare Sebastian Giovinco: sogna l’Arsenal luzione, dinamico come lo ha definito Galliani. Destro è il pezzo pregiato. Lui vuole divorziare dalla Roma e la Roma è pronta ad accontentarlo, ma a determinate condizioni: i giallorossi accettano solo il prestito con obbligo di riscatto e non con il semplice diritto, che è poi la proposta del Milan. Destro è nato all’Inter, ma ora vuole solo i rossoneri e avrebbe bocciato qualsiasi altra ipotesi, dalla Fiorentina sino al Torino. Serve tempo per trovare la quadratura perché il mercato è anche pazienza e saper trovare gli incastri giusti. Intanto, per abbassare la temperatura, il Milan ha tolto Pazzini dalla lista dei cedibili. Mossa strategica. Braccio di ferro tra l’Inter e Osvaldo: i nerazzurri non vogliono rafforzare le potenziali concorrenti, mentre l’italo argentino ha bocciato Cagliari e Genoa tanto che Preziosi ha trovato l’accordo con la Roma per il ritorno di Borriello: il centravanti ha ottenuto un contratto lungo 18 mesi e una buonuscita dei giallorossi. La Fiorentina, al di là delle precisazioni di Montella, non ritiene più incedibile Mario Gomez, ma Destro boccia lo scambio. Così i viola sondano il mercato straniero e Garcia pensa a Quagliarella. La Juve è prigioniera di Giovinco. Il bomberino tascabile è stato offerto all’Inter per Osvaldo e alla Fiorentina per anticipare di 6 mesi l’arrivo di Neto. Giovinco sino adesso ha bocciato tutto, ingolosito 7 milioni il valore del riscatto stabilito dall’Inter nella trattativa per Pablo Daniel Osvaldo con il Southampton. Ma i nerazzurri vogliono chiudere subito il rapporto con l’italoargentino dalle proposte dell’Arsenal. Occhio a Gilardino, corteggiato dalla stessa Fiorentina come dal Parma. Eto’o, invece, non è un intrigo, ma una questione di soldi. Il suo ritorno in Italia, alla Sampdoria, è sempre più vicino: c’è da colmare una differenza sull’ingaggio intorno a 500 mila euro. E per il passaggio di Muriel alla corte di Mihajlovic sono necessarie ulteriori visite mediche e uno sconto da parte dell’Udinese. All’estero si sta muovendo il Liverpool, che ha messo nel mirino Lavezzi del Psg. Il mercato è sfide sottotraccia molto sentite. La Roma sta forzando i tempi per riscattare Nainggolan ed è pronta a blindare il belga. È una lotta contro il tempo e contro i rivali dello scudetto. La Juve si sta muovendo nell’ombra per assicurarsi la metà del giocatore nelle mani del Cagliari. Ora però i bianconeri sono impegnati a trovare un trequartista da consegnare ad Allegri. Ma è una strada in salita perché, dopo i no del Galatasaray per Sneijder e del City per Jovetic, anche il Dortmund ha gelato Marotta e Paratici sull’armeno Mkhitaryan. All’Inter serve un centrocampista e i nomi sono due: Lucas Leiva e Mario Suarez. Mancini preferirebbe il brasiliano del Liverpool allo spagnolo dell’Atletico Madrid. Ilicic rifiuta il Bologna per il Toro. Alessandro Bocci Monica Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Ronaldo&Messi, la coppia da sogno che eccita Ancelotti «Pronto ad allenarli». Il portoghese rompe con la fidanzata e ha un figlio tifosissimo di Leo Il primo sponsor dell’operazione impossibile è il piccolo Cristianinho, 4 anni, figlio di Cristiano Ronaldo ma con un’insospettabile venerazione per Leo Messi: quando lo vede entrare in sala, pochi minuti prima della cerimonia di consegna del Pallone d’oro a papà, sgrana gli occhi e gli si fa incontro intimidito. «Che devo farci, ha visto un video con noi due su internet, e da quel giorno non parla che di te...» confesserà poi al rivale Cristiano senior, più divertito che invidioso. 7 Palloni d’oro Cristiano Ronaldo, 29 anni, e Leo Messi, 27 Il secondo sponsor ha qualche anno in più, si chiama Carlo Ancelotti, e una coppia del genere se la sogna di notte: «Se riesco a immaginare di allenare nella stessa squadra Ronaldo e Messi? Perché no... Uno è la bandiera del Real Madrid, l’altro del Barcellona, è difficile anche solo pensare che possa succedere, ma sarebbe una gran cosa averli tutti e due insieme». Unico problema: vista la loro valutazione di mercato (inestimabili, come un Van Gogh e un Monet sulla parete del tinello) anziché sul pullman sociale andrebbero accompagnati allo stadio dentro un furgone portavalori. Sognare non costa nulla, ma realizzare un sogno del genere costerebbe uno sproposito: Messi si sente stretto al Barcellona? E allora perché non comprarlo e metterlo di fianco a, chessò, un Cristiano Ronaldo? Un’opzione illegale persino per un fulminato della PlayStation, i due più forti giocatori del mondo (sette Palloni d’oro consecutivi in due) nella stessa squadra. Quando si dice: ti piace vincere facile. ❞ Ancelotti Allenare insieme Ronaldo e Messi? Perché no... Sarebbe una gran cosa averli tutti e due insieme La fortuna di Cristiano Ronaldo è la rivalità con Messi, la fortuna di Messi è la rivalità con Cristiano Ronaldo: «Voglio vincere subito un altro Pallone per raggiungere Leo» ha dichiarato subito dopo l’incoronazione il portoghese; «Cristiano ha meritato questa vittoria, ma l’anno prossimo toccherà di nuovo a me» ha replicato l’argentino. Il Neuer di turno stia preoccupato, e soprattutto rassegnato. In Formula 1 dicono che il tuo primo avversario è il compagno di squadra, e piazzare Ronaldo e Messi sotto uno stesso tetto significherebbe sì mettere insieme 61 più 58 gol segnati nell’anno solare 2014, ma anche farli giocare con un pallone solo. Di conseguenza, farli litigare. E se si parla di coppie, ora Cristiano è focalizzato su altro: pare che la sua storia con la modella russa Irina Shayk, «dimenticata» durante i canonici ringraziamenti da Pallone d’oro, sia ai titoli di coda. Non è dato sapere, in questo caso, il parere di Cristianinho. Roberto De Ponti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Giovedì 15 Gennaio 2015 SPORT 59 MotoGp Stoner, un altro anno come tester Honda Raid Basket Dakar, Roma esce illeso da un terribile incidente Datome in D-League, l’ex pro Maynor a Varese Casey Stoner prosegue l’attività di collaudatore di lusso della Honda anche nel 2015. Ritiratosi a fine 2012, l’australiano, 29 anni, iridato nel MotoGp 2007 (su Ducati) e 2011 (su Honda) ha provato l’ultima volta la RC213V nell’ottobre 2014. Ora salirà sul prototipo 2015 dal 29 al 31 gennaio a Sepang. Previsto un secondo test entro il 2015. TENNIS Fognini, la Errani e la Pennetta teste di serie all’Australian Open che parte lunedì. Intanto a Sydney, Fognini out con Del Potro (4-6, 6-2, 6-2); Bolelli, invece, promosso ai quarti: 6-3, 6-3 a Goffin. Nani Roma è stato vittima di un terribile incidente con la Mini nella 10a tappa della Dakar (da Calama a Salta, di nuovo in Argentina). Lo spagnolo, costretto a ritirarsi dal raid, si è capottato ripetutamente dopo essere decollato: vettura distrutta, ma sia lui sia il copilota, Michel Perin, sono usciti illesi. Roma, uno dei favoriti, aveva già visto compromessa la sua Dakar per una panne nella prima tappa. SCI Nuovo programma a Wengen: lo slalom passa a sabato e la discesa a domenica causa meteo sfavorevole; domani combinata. Stanco di finire in tribuna, Gigi Datome lascia i Detroit Pistons e passa alla D-League, la lega di formazione della Nba, vestendo la maglia dei Grand Rapids Drive, affiliati con i Pistons. «Così potrò pronto per una nuova chance» dice il giocatore azzurro. Serie A: Varese perde per almeno un mese Diawara (distacco parziale di una retina: stamane l’operazione a Monza) e ingaggia il play Eric Maynor, 27 anni, che ha giocato anche ad Oklahoma City con Russell Westbrook. Ma ancora non si sa chi, tra Robinson e Deane, gli lascerà il posto. Vita da Pazzo: segna, esce dal mercato e fa cambiare il modulo ● Il commento Com’è dura per i c.t. La cena indigesta di Roy Hodgson di Daniele Dallera G iorni duri, difficili per Roy Hodgson, c.t. dell’Inghilterra. Prima, si prende dell’«ignorante, folle, buffone», cortesie che viaggiano sul web solo per aver votato Mascherano al Pallone d’oro, preferendolo a Ronaldo e Messi. L’anno tormentato appena abbozzato del tecnico inglese continua con l’imprevisto bidone che gli ha tirato la Premier League rifiutando il cortese invito a una cena di lavoro per i giocatori di «interesse nazionale». Hodgson intendeva «convocarli» per fine mese per fare loro un discorsino, analizzare cose buone e cattive. Uno stage con le gambe ben piazzate sotto un tavolo, reso più attraente dalla cucina italiana per la quale il vecchio Roy ha un debole. Niente da fare, i club inglesi hanno preso carta e penna e hanno fatto sapere al c.t. che i loro giocatori sono troppo impegnati e non hanno tempo per cene di lavoro. Hodgson ha abbozzato facendo sapere che si sarebbe reso indisponibile per qualsiasi altra data: così imparano. La vita da c.t. non è faticosa solo in Italia dove Conte combatte per i famosi stage (i suoi non certo a cena), ma anche in Inghilterra dove evidentemente la Nazionale viene vista male anche se va al ristorante. Ma ora è allarme difesa: out Zapata e De Sciglio MILANO La febbre del martedì sera ha portato Giampaolo Pazzini in cima alla hit rossonera: era da tempo che il suo nome non risuonava così spesso. Per la prima volta in campo dal 1’, subito in gol e tolto dal mercato, almeno secondo comunicazione ufficiale mandata in onda su Milan channel. Non è proprio detto che i fatti siano legati da relazioni di causa-effetto (in fondo Pazzini con il Sassuolo ha solo fatto vedere quello che è e che può dare), ma l’ordine cronologico è questo. Se davvero la situazione resterà uguale anche il 2 febbraio alle 23 (momento di chiusura del mercato invernale), allora l’attaccante rossonero potrà guardare a questi giorni di voci e di febbre come quelli che gli hanno cambiato la stagione. Non di più, perché se resterà al Milan in questa sessione, andrà comunque in scadenza di contratto in estate. Ma la vita è adesso, con il gol al Sassuolo in girata acrobatica, con una prestazione decisamente convincente, con la conferma di quello che un centravanti d’area può dare anche a questo Milan (soprattutto contro le mediopiccole quando il contropiede non basta e soprattutto ora che si può contare sui cross di Cerci), con la foto di lui e la moglie sorridenti sui social dopo lo sfogo di mesi fa della signora, con il raffreddamento della pi- sta per Mattia Destro (per ora altrettanto bloccato dalla Roma). Il Pazzo, fino alla partita di Coppa Italia impiegato per 217’ racimolati qua e là, ha sfruttato bene la sua occasione, aiutando il Milan a superare il primo, importantissimo, dentro o fuori della stagione. E pensare che, quando finalmente era arrivato il suo momento, si è trovato Comunicazione La società a Milan Channel: «Pazzini resta qui». E Inzaghi pensa al 4-2-3-1 bollente per la febbre (ieri infatti ha saltato l’allenamento). Poco male: era già capitato a Ménez prima di Milan-Udinese e il francese aveva segnato due gol. Proprio in quell’occasione, Pazzini aveva scalato il primo gradino, superando Torres nelle gerarchie di Inzaghi: se Ménez non fosse riuscito a giocare, al suo posto sarebbe toccato a lui. Partito il Niño, ecco l’attaccante toscano in pole, ma sempre tra le riserve. Non è mai stato semplice il cammino di Pazzini al Milan: aveva appena cominciato a ingranare dopo il passaggio dall’Inter, quando arriva un concorrente come Mario Balotelli. Al termine di quella stagione (2012-2013) conclusa comunque con 37 presenze e 16 reti, si fa operare al ginocchio destro e sta fuori sei mesi. Torna in campo e al gol e non trova più l’allenatore che lo stimava particolarmente, Max Allegri. Con Seedorf gioca poco, con Inzaghi esplode Ménez. E ora? Ora Inzaghi sta pensando di cambiare modulo per sfruttare al meglio le caratteristiche del francese e del Pazzo: l’idea è quella di arrivare al 4-2-3-1, con Ménez impiegato sempre centralmente (dove preferisce), ma dietro la prima punta Pazzini. Magari non subito, ma il percorso di lavoro dovrebbe portare lì. Ma se l’attacco per ora esce dalle voci di mercato, è la difesa che vi entra prepotentemente, dopo gli infortuni di Zapata e De Sciglio, che preoccupano la società. Il colombiano ha subito nella partita con il Sassuolo un’infrazione ossea al secondo metatarso del piede destro e ne avrà per un mese. Lo sfortunatissimo De Sciglio, che aveva dato segni di ripresa, ha di nuovo male al piede che già aveva sofferto di fascite plantare: gli esami approfonditi saranno oggi (così come quelli al polpaccio di Muntari) ma si teme uno stop altrettanto lungo: ecco allora che la priorità del Milan torna il terzino sinistro, con il nome di Pasqual sempre caldo. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Ritorno al gol Giampaolo Pazzini, 30 anni, in rete contro il Sassuolo (LaPresse) La scelta di Shaq: «Mi voleva la Juve, ho preferito l’Inter» Lo svizzero: «Questa è la soluzione migliore. Puntiamo alla Champions. A Empoli spero di esordire» Chi è ● Xherdan Shaqiri, svizzero, è nato a Gnjilan, Kosovo, il 10 ottobre 1991. Ha giocato fino al 2012 nel Basilea, poi nel Bayern Monaco che ha lasciato il 9 gennaio 2015 per l’Inter ● Con la nazionale svizzera ha esordito nel 2010 e giocato 41 partite segnando 15 gol MILANO Maglia numero 91, proprio come l’anno di nascita: Xherdan Shaqiri è un ragazzo sveglio che ama lasciare il segno. In campo e fuori. E così nel giorno della sua presentazione ufficiale alla Pinetina ha subito regalato una frase che farà delirare il popolo interista. «Mi aveva cercato anche la Juventus, ma ho scelto l’Inter: la soluzione migliore per me». Già il ragazzo era stato accolto al suo arrivo all’aeroporto di Malpensa da oltre 500 tifosi esultanti, figuriamoci cosa accadrà ora dopo che si è presentato così. Domenica scorsa a San Siro la gente nerazzurra lo ha acclamato alla lettura delle formazioni e poi quando si è alzato dalla panchina per iniziare il riscaldamento. E pensare che non ha giocato neppure un minuto. Lui ha le idee chiare al riguardo: «Mi sono allenato bene in questi giorni e sabato a Empoli spero proprio di giocare subito per dare il mio contributo alla squadra che punta a tornare in Champions League nella prossima stagione. Sono fiducioso che l’Inter possa presto tornare dove si merita di stare un grande club come questo». Shaqiri è nato a Gjilan (Kosovo, ex Jugoslavia) da una famiglia che non si può proprio definire benestante e pare che, quando con i genitori e i fratelli si è trasferito in Svizzera, nei primi tempi abbia abitato in un appartamento senza riscalda- mento. E, infatti, con i primi soldi guadagnati col calcio ha subito comprato casa per i genitori ai quali è molto legato, come del resto ai fratelli. «La nostra è una famiglia molto unita tanto che a farmi da manager sono loro» ha ricordato lo svizzero nei giorni scorsi precisando che pure il Liverpool si era interessato a lui. «Sì: avevo diverse possibili- Il caso Giallo in Coppa d’Asia Giocatore giordano in semicoma dopo antidoping Dall’antidoping al semicoma. È accaduto, secondo il ricorso della Federcalcio giordana, all’attaccante Ahmad Hayel dopo la partita di Coppa d’Asia persa 1-0 dalla Giordania con l’Iraq lunedì a Brisbane, in Australia. Hayel, 30 anni, è tornato in albergo in uno stato di «semicoma, debolezza e ipotermia». Prima, aveva vomitato nella sala dei controlli, «troppo fredda», senza riuscire a completare il test. Al giocatore è stata data acqua senza sali o elettroliti nonostante il malore sofferto nelle quattro ore trascorse in attesa di fornire il campione di urina e, una volta in albergo, è stato portato in stanza «su una sedia a rotelle». La Confederazione asiatica si è difesa sostenendo di avere adottato «la procedura usuale come da regolamento» e precisando che «il medico della Giordania era presente alla procedura antidoping». Hayel adesso rischia di saltare la partita contro la Palestina. © RIPRODUZIONE RISERVATA Talento Xherdan Shaqiri, 23 anni, pronto a esordire sabato a Empoli (Ansa) tà che ho valutato in fretta, perché in realtà io avevo già deciso». Serve aggiungere che Roberto Mancini ha avuto un ruolo fondamentale nell’indirizzare la scelta di Shaqiri? «Credo nel tecnico e nel suo progetto: le sue parole, quando ci sentivamo al telefono, mi hanno colpito e convinto a venire all’Inter — ha sottolineato il giocatore —. E dopo i primi allenamenti con questo grande allenatore mi sono reso conto di aver fatto la scelta migliore». Felice il ragazzo e pure Roberto Mancini che lo ha accolto con poche ma significative parole: «Shaqiri arriva dal Bayern Monaco ed è nazionale svizzero: non credo serva aggiungere altro». E, invece, ha ancora qualcosa da dire: «Ricorderò per tutta la vita l’accoglienza ricevuta dai tifosi al mio arrivo a Milano: no, non mi aspettavo proprio tanto affetto. E ora farò di tutto per sdebitarmi in fretta». Franco Fiocchini © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 60 Mariapaola affranta abbraccia Luciana, Marina e Luca in questo triste momento per la perdita del cognato Gabriele - Milano, 13 gennaio 2015. Ricordiamo con affetto lamico Gabriele Famiglia Longhini. - Milano, 14 gennaio 2015. Maria, Erminio e Donata, Patrizia, Riccardo e Laura, Simona e Valter, Antonella e Roberto si stringono affettuosamente a Laura e ai figli Marina e Luca partecipando commossi al loro dolore per la perdita del caro "La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte". (Khayyam) I figli Cesare, Pietro e Lorenzo, le nuore Olivia e Nicoletta e le nipoti Luisa e Giulia ricordano con amore E serenamente scomparso, il 14 gennaio 2015, con profonda fede nel Signore, il Antonio De Lorenzi Ufficiale di collegamento Regio Esercito Italiano con l VIII Armata Britannica, Cavaliere d Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta, Grand Ufficiale dell Ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di Gran Croce dell Ordine al Merito Civile di Savoia, Cavaliere Professo dell Ordine Militare di Santo Stefano Papa e Martire.Con immenso dolore lo annunciano la cognata Donna Maria Antonietta Lodolo DOria, con il marito Ninì Coppola; i cugini Fineschi Sergardi, Giunti, Brandolini dAdda, Griccioli; i nipoti Torrigiani, Maglio, Sanminiatelli, Miari Fulcis, Castelbarco Albani, Palici di Suni, Cicogna Mozzoni, Medici del Vascello, Menini ed i parenti tutti.- I funerali avranno luogo nella chiesa di Santa Felicita, piazza Santa Felicita, Firenze, venerdì 16 gennaio 2015 alle ore 11,30.- Le ceneri verranno tumulate nella tomba di famiglia, nella chiesa di Monistero, Masse di Siena, a data da indicarsi. - Firenze, 15 gennaio 2015. La cerimonia funebre si terrà venerdì 15 gennaio alle ore 14 presso la chiesa San Francesco a Saronno. - Saronno, 13 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Carla e Maria Pia Borghi. Elena, Massimo, Lorenzo e Viola Gagliardi. Davide, Bruna, Paolo, Antonio, Guido. Achille, Paola Canti. Gabriele Bonatti - Concesio (BS), 15 gennaio 2015. I Consiglieri dellIstituto di Assistenza ai Minori ed agli Anziani di Milano, Alda Bencini, Maria Ferrario, Enrico Piccaluga, Elena Rolandi, Gianluigi Villaschi ed i soci, si uniscono commossi al dolore della famiglia per la scomparsa del Presidente Avv. Gabriele Bonatti costante sostenitore di tutte le iniziative benefiche a favore di giovani, anziani e famiglie in difficoltà. - Milano, 14 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Silvia Entronchi e famiglia. Viviana Malvisi e famiglia. l Tony sarai sempre nei nostri cuori.- Tua sorella Manuela con Piero, Stefania con Mario, Susanna con Roberto, Silvia con Marco. - Milano, 14 gennaio 2015. Edoardo e Luciana con Elisabetta, Francesca, Angelamaria ed Ambrogio, con Davide, Giorgio e Mascia e tutti i nipoti, sono vicini a Mirella, Cesare Olivia e figlie, Pietro Nicoletta, Lorenzo per la perdita del caro cognato e zio Antonio - Saronno, 14 gennaio 2015. Grazia partecipa con affetto al dolore dei figli e di Mirella per la perdita di I soci del Rotary Club Milano Castello ricordano avv. Gabriele Bonatti socio onorario e fondatore del nostro club. - Milano, 14 gennaio 2015. Il Vice Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves De Sanctis" o.n.l.u.s. Alda Bencini, i Consiglieri Gianpaolo Cagliani, Alessandra Colombo, Paolo De Martinis, Maria Ferrario, Egidio Galbusera ed i soci partecipano commossi al lutto della famiglia per la scomparsa dell Avv. Gabriele Bonatti fondatore, Presidente e guida per oltre quarantanni della Residenza Sanitaria assistenziale per Disabili di Olgiate Molgora nel ricordo della sua illuminata e costante dedizione a sostegno dei più deboli. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015. La Direttrice Paola Clerici, il Direttore Sanitario Stefano Mozzanica, il Segretario Osvaldo Chiarelli della Residenza Sanitario assistenziale per Disabili di Olgiate Molgora partecipano con affetto al dolore della famiglia per la scomparsa dell Avv. Gabriele Bonatti Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves De Sanctis" o.n.l.u.s., ricordandone con immenso rimpianto la profonda umanità e la grande competenza che hanno contraddistinto per oltre quarantanni la sua fattiva partecipazione alle iniziative a favore dei disabili. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015. Antonio - Saronno, 14 gennaio 2015. Biancamaria, Davide e Barbara, Uberto e Chicca ricordano con affetto Antonio - Saronno, 14 gennaio 2015. Antonio Ricordiamo le spensierate giornate passate insieme e ti pensiamo con affetto.- Ugo, Giovanna, Cristina e Chiara. - Milano - Saronno, 15 gennaio 2015. Partecipano al lutto: I cugini Canti e Sevesi con le loro famiglie. Nino e Carla, con Alessandro, Loredana e Federico partecipano commossi al dolore per la perdita del caro Antonio - Saronno, 15 gennaio 2015. Profondamente commossi partecipiamo al dolore di Mirella, Cesare, Pietro e Lorenzo per la scomparsa del carissimo amico Antonio Partecipa al lutto: Gianfranco Montecchio. Il personale della Residenza Sanitaria per Disabili, del Centro Socio Educativo e della "Casa di Sophia" si unisce al dolore della famiglia per la scomparsa dell Partecipano al lutto: Andrea e Luca Bellini. Gaetano Bonavita e famiglia. I collaboratori dello Studio Bellini. Presidente della Casa dei Ragazzi "Treves De Sanctis" o.n.l.u.s. sempre premuroso ed attento nei confronti di tutti gli operatori. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015. Gabriele Bonatti Ciao Bonatti, gli ospiti della Casa dei Ragazzi di Olgiate Molgora ti ricorderanno sempre con affetto. - Olgiate Molgora, 13 gennaio 2015. Siamo particolarmente vicini a Cesare, Pietro, Lorenzo, e Mirella per la perdita del carissimo Antonio Con affetto Dina, Roberto, Andrea, Claudia e Guido. - Lomazzo, 15 gennaio 2015. Dopo una lunga e bella vita è mancato allaffetto dei suoi cari Luigi (Gino) Silvestri Partecipano al lutto: Luciano, Teresa DAndrea. Ne danno il triste annuncio la moglie Vittoria, il figlio Alfredo con Roberta, Cecilia e Isabella, la figlia Patrizia con Alice, Andrea, Aurora e Guido.- Si ringraziano per le cure mediche prestate il Professore Roberto Franceschini e per laffettuosa assistenza quotidiana la badante Geta Nitica. - Milano, 13 gennaio 2015. I condomini di via Eustachi 21 Milano partecipano commossi al grave lutto che ha colpito la famiglia per la scomparsa del Giuseppe e Lilli con le loro famiglie si uniscono commossi al grande dolore di Vittoria, Alfredo e Patrizia per la perdita del caro Gabriele Bonatti sig. Giancarlo Rigante - Milano, 14 gennaio 2015. Nobile di Firenze e Nobile di Siena Nel ricordo del nostro indimenticabile amico Francesco Marilì, Anna e Giammi. - Moncalieri, 14 gennaio 2015. Gli Ufficiali del nucleo I.I.L.O. del Regio Esercito - Italian Liaison Unit VIII Armata Britannica membri della sezione Associazione Combattenti Guerra di Liberazione inquadrati nelle forze regolari partecipano con profondo dolore la scomparsa del N.H. Francesco Carlo Griccioli collega ed amico, per molti anni Presidente della sezione. - Firenze, 14 gennaio 2015. Cinzia e Chantal, Barbara e Lothar piangono la scomparsa della loro amata mamma e nonna N.D. Ciao con il quale abbiamo condiviso quarantanni di vita.- Fabrizio e Paola Bellini. - Milano, 14 gennaio 2015. Avv. Gabriele Bonatti N. U. Francesco Carlo Griccioli Gino - Milano, 14 gennaio 2015. Luciana Silvestri Polacco Le esequie si terranno sabato 17 gennaio, ore 11, presso la chiesetta del cimitero di Lambrate. - Milano, 14 gennaio 2015. Annarosa e Alberto sono vicini a Cinzia e Chantal per la perdita della cara Luciana sorella e amica di tutta una vita. - Milano, 14 gennaio 2015. Livio ed Elena con Andrea e Martina piangono la scomparsa della cara zia Luciana e sono vicini a Cinzia e Chantal in questo triste momento. - Milano, 14 gennaio 2015. Ciao carissima zia Luciana compagna di allegrissime e divertenti chiacchierate, "nonna virtuale" per incoraggiamenti e consigli, rimarrai sempre nei nostri cuori.- Emanuela, Sebastiano, Antonio e Benedetta si stringono forte a Cinzia, Chantal, Barbara e Lothar. - Milano, 14 gennaio 2015. Con infinita tristezza Augusto con Luisa, Giuditta con Achille salutano il loro amatissimo e indimenticabile fratello Vittorio Leva uomo di grande valore.- Le esequie si svolgeranno venerdì 16 alle ore 11 nella chiesa parrocchiale di Travedona. - Varese - Milano, 14 gennaio 2015. I direttori delle sedi CMTF Andrea, Anna, Laura, Lia, Manuela, Marco, Massimo, Maurizio, Pierfrancesco, Piergiorgio, Piero, con i didatti, ricordano e ringraziano Luigi Boscolo per essere stato un grande maestro nella professione e nella vita. - Milano, 13 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Luisanna e Umberta. Il Direttivo Sirts e soci partecipano con commozione alla scomparsa del socio fondatore, Presidente Onorario e nostro maestro Luigi Boscolo - Milano, 14 gennaio 2015. Francesco Vadilonga e Gloriana Rangone insieme con lo staff del Centro di Terapia dellAdolescenza e della Scuola di Psicoterapia Iris di Milano partecipano con dolore alla perdita del loro grande e indimenticabile maestro Luigi Boscolo - Milano, 14 gennaio 2015. La moglie Vanna, i figli Marco e Sergio e i nipoti Delia, Giorgio e Jonathan, annunciano la scomparsa di Emilio Pavesi - Milano, 14 gennaio 2015. Gli amici stringono in un tenero abbraccio Vanna, Marco, Sergio per la perdita del caro Emilio Ricorderemo sempre i nostri incontri, le belle sciate allietate dalla tua allegria.- Ci mancherai tanto.Aldo e Mirella, Virgilio e Laura, Sandro e Ester, Gigi, Emilia, Aurelio e Mariuccia, Mirco e Luisa, Cesare e Milvia, Gianni e Anna, Nicola e Rosa. - Milano, 14 gennaio 2015. A tumulazione avvenuta le figlie Carla, Maria e Teresa, unitamente a Lucio e Dario, annunciano con immenso dolore la scomparsa del loro amatissimo papà Dott. Angelo Nerini medico condotto uomo giusto e libero.- Ci mancheranno sempre e tanto la sua intelligenza, la sua saggezza, il suo amore.- Le figlie ringraziano di cuore tutti i medici che lhanno seguito, in particolare il Dottore Carlo Lodi per le sue cure premurose e coloro che lhanno stimato come persona e come medico.- Un grazie sentito a Mirella Agachi che si è presa cura di lui con devozione. - Codogno, 15 gennaio 2015. Zubin Mehta e lOrchestra Filarmonica di Israele, piangono la perdita di Yoko Nagae Ceschina una cara amica e una dei mecenati più importanti nel mondo della musica.- La sua generosità, unita al suo calore e entusiasmo, saranno per sempre nei nostri cuori. - Tel Aviv, 14 gennaio 2015. FAI Fondo Ambiente Italiano ricorda con profonda gratitudine Yoko Nagae Ceschina generosa e costante sostenitrice delle attività della fondazione. - Milano, 15 gennaio 2015. zio Vittorio - Milano, 13 gennaio 2015. Paolo Melaragno - Pozzilli, 14 gennaio 2015. Dario, Stella, Gaia e Giulia Rossetti sono vicini alla famiglia per la scomparsa del loro caro Alfonso Fucci - Legnano, 14 gennaio 2015. La Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi comunica che nel cinquantottesimo anniversario della scomparsa di Arturo Toscanini venerdì 16 gennaio alle ore 11 il Maestro verrà ricordato con Wally Wanda Walter Emilio Alvaro Di Stefano Luigi (Gigi) Viviani Il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale, il Direttore Sanitario, il Direttore Scientifico e il personale tutto IRCCS Neuromed, partecipano con sentita commozione al grave lutto che ha colpito il Presidente Professore Erberto Melaragno per la scomparsa del fratello La sorella Sandra, le cognate, i nipoti si uniscono al dolore della famiglia per la perdita del caro I nipoti Laura con Francesco Mariavittoria ed Edoardo, Patrizia e Guglielmo con Silvia, Andrea e Alessandra con Luca, Roberto con Caterina, Mariavittoria e Giacomo con Alessandro e Sara ricorderanno sempre con grande rimpianto il loro meraviglioso, amatissimo Romano Borroni, assieme ai figli Monica, Michele, Raffaella,Claudio è affettuosamente vicino a Rosa, Massimo, Alessandro e famiglie, per la morte dellamico di una vita Clelia Matelli alla quale li ha legati un affetto che non si è mai diluito nel tempo. - Milano, 14 gennaio 2015. - Milano, 14 gennaio 2015. Il Presidente Antonio DAmato, i componenti del Consiglio Direttivo e tutti i colleghi della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, profondamente rattristati, partecipano al dolore dei familiari per la scomparsa del collega - Varese - Milano, 14 gennaio 2015. I cugini Giovanni, Andrea e Mario Graziani, e Alberto, Benedetta, Gino, Carla e Isabella Ragazzi, con le loro famiglie, si stringono con tantissimo affetto a Elisabetta, Francesco e Clara nel dolore per la perdita della loro dolcissima mamma Cavaliere del Lavoro protagonista dello sviluppo dellindustria impiantistica e del cemento. - Roma, 14 gennaio 2015. I familiari annunciano la morte di Iolanda Sutera ved. Caprara Il funerale si terrà venerdì 16 gennaio alle 9 presso la chiesa di San Gioachimo a Milano. - Milano, 14 gennaio 2015. e RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it e-mail: [email protected] SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Corriere della Sera PER PAROLA: Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Walfredo nella cappella della Casa di Riposo per Musicisti in Milano, piazza Buonarroti 29. - Milano, 15 gennaio 2015. 15 gennaio 1986 - 15 gennaio 2015 "E ogni sera allo schiudersi di questo azzurro troppo perfetto mi torna in mente quel suo viso chiaro daffetto... e la voce del mio amico ritorna viva nel mio ricordo pieno di amore e di allegria". Sempre come allora Enrico Ballicolai Barbara. - Milano, 15 gennaio 2015. Enrico Ballico Lay Se è vero che le persone si amano per i loro difetti tu dovevi averne tanti.- Tuo papà che ti amerà sempre, che cerca di tenerti allegro ovunque tu sia. - Pietrasanta, 15 gennaio 2015. 16 gennaio 2014 - 16 gennaio 2015 architetto Giancarlo Pozzo con nostalgia e tenerezza ricordiamo Cin e la sua lunga vita serena.- Carla, Riccardo, Valentina e Caterina.- Una Santa Messa sarà celebrata venerdì 16 gennaio alle ore 18 in S. Maria della Passione a Milano. - Milano, 15 gennaio 2015. 15 gennaio 2014 - 15 gennaio 2015 "La vita si ascolta come si ascolta il mare.- Le onde montano, crescono, cambiano le cose poi tutto torna come prima, ma non è più la stessa cosa". (Alessandro Baricco) Gilberto Rodolfo Citterio Rossana. - Milano, 15 gennaio 2015. La famiglia Corvini ringrazia commossa tutti gli amici che hanno partecipato al dolore per la scomparsa dellamata Fiorenza Corvini Ravanelli - Zoate, 15 gennaio 2015. 2010 - 2015 Bob Noorda ...a me pare ieri.- Ciao Bob.- Ornella. - Milano, 15 gennaio 2015. 15 gennaio 2010 - 15 gennaio 2015 Mirella e Matteo ricordano sempre Gigi Speroni - Milano, 15 gennaio 2015. A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 300,00 Gazzetta dello Sport PER PAROLA: Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 185,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 - mercoledì 9/12.30 giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 e-mail: [email protected] Servizio sportello da lunedì a venerdì Milano: Via Solferino 36 orario continuato dalle 9 alle 17.30 Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”). Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e ambito di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e sui Suoi diritti, in conformità all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003. 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E in quella successiva può capitare — grazie ad azzeccati inserti fotografici — di trovare sulla strada non solo Coppi e Bartali ma anche Massignan o Battistini «quasi che l’autore abbia voluto chiamare tutti i ciclisti ad entrare in un gruppo ideale senza luogo e senza tempo, in una fratellanza senza confini» come scrive Romano Prodi nella sua prefazione, anche Allegri, spazio alla linea verde Morata e Coman anti Verona questa scaturita da una passione lunga e sincera. Ma perché il Giro e non il Tour di Nibali? Perché la Rosa fa parte della nostra memoria collettiva. E «per quell’attimo di armonia altrimenti indefinibile che accumuna i grandi ai piccoli e che crea un gruppo ideale nel quale c’è posto per tutti in ogni strada della nostra penisola...». p.tom. © RIPRODUZIONE RISERVATA I biancocelesti sfideranno il Milan Senza età Il gol realizzato da Miro Klose, 36 anni, contro il Torino (Ansa) «Coppa Italia un obiettivo, stadio pieno e gli stimoli non mancano» Lo Stadium è pieno. Il pallone lo porta la Juventus. E ai gol chi ci pensa? Senza Tevez e Pirlo (non convocati) e con Vidal forse in panchina, Allegri dovrebbe fare a meno di 25 reti su 45. Contro l’Hellas Verona — che deve fare a meno di Luca Toni, influenzato — è l’occasione per il resto dell’attacco juventino di dimostrare che il letargo è finito, anche se l’inverno deve ancora cominciare: Llorente ha segnato 5 gol (in 1.589 minuti: a segno ogni 317’), ma l’ultimo decisivo è quello di fine novembre a Mal- Torino, ore 21 Juventus Verona 4-3-1-2 5-3-2 30 Storari 1 Rafael 26 Lichtsteiner 71 Martic 19 Bonucci 2 Rodriguez 5 Ogbonna 4 Marquez 38 Mattiello 5 Sorensen 33 Agostini 20 Padoin 8 Marchisio 19 Greco 6 Pogba 77 Tachtsidis 10 Hallfredsson 37 Pereyra 7 Saviola 9 Morata 99 Nené 11 Coman Arbitro: Calvarese di Teramo Tv: ore 21 diretta Raidue moe; Morata (4 in 604’: ogni 151’) ha giocato quasi un terzo di Llorente e non timbra il cartellino da oltre due mesi (JuveParma, 7-0); Coman (0) è partito due volte titolare e non scende in campo da un mese; Giovinco (0) è disperso: titolare a Empoli l’1 novembre e poi comparsa in un paio di occasioni. Il turnover, soprattutto in attacco, alla Juve per adesso non esiste. Morata-Coman, 41 anni in due, potrebbe essere la coppia giusta per raggiungere il Parma ai quarti di finale. Ma il francesino può anche giocare dietro le punte. «Ho quattro attaccanti, due giocheranno il primo tempo e due il secondo — concede Allegri —. Per quanto riguarda Coman è un ragazzino del ‘96 e lo stesso Morata è un ragazzo che viene dal Real Ma- 61 SPORT drid ed è arrivato alla Juventus come un giocatore importante e credo che in futuro lo diventerà ancora di più. Giovinco trequartista? A spezzoni sì, ma lui è un attaccante, ha grandi qualità tecniche. I giocatori a disposizione li tratto come se dovessero rimanere fino a fine stagione». Compreso Pogba, tornato in vetrina dopo il gran gol al San Paolo: «Lo vogliono tutti ed è normale. È giovane e forte e credo abbia delle qualità per migliorare — sottolinea il tecnico — . Penso stia facendo meno di quelle che sono le sue reali potenzialità. Ora viviamo il presente, a giugno non si sa cosa può succedere...». Il presente parla di una Coppa Italia che a Torino manca da vent’anni e di un avversario che si è ri- Centravanti Alvaro Morata, 22 anni, spagnolo, è alla prima stagione con la Juventus. Finora ha segnato 4 gol in 18 partite e 577 minuti totali fra serie A e Champions. Solo 4 volte titolare: 2 in serie A e 2 in Champions (LaPresse) preso domenica battendo il Parma, ma è incupito da una stagione normale, dopo quella esaltante da neopromossa: «La Coppa è un obiettivo della stagione — dice Allegri — e dobbiamo fare il massimo per arrivare in fondo. Lo stadio sarà pieno e gli stimoli non mancheranno. Quelli che hanno giocato meno avranno una possibilità, ma non è un esame, perché quando vanno in campo io ho totale serenità. Hanno la possibilità di mettermi in difficoltà nelle scelte future: a fine campionato spesso è decisivo chi ha giocato meno». Mercato o non mercato qualche certezza in più in zona gol sarebbe necessaria. Fin da subito. Paolo Tomaselli L’altra partita Nel pomeriggio il Parma ha battuto il Cagliari 2-1, reti di Paletta, Sau e Rispoli Gli ottavi Martedì MILAN 2 SASSUOLO 1 Ieri PARMA 2 CAGLIARI 1 Ieri TORINO 1 LAZIO 3 Oggi, ore 21 JUVENTUS VERONA 20/1, ore 18 FIORENTINA ATALANTA 20/1, ore 21 ROMA EMPOLI 21/1, ore 21 INTER SAMPDORIA 22/1, ore 21 NAPOLI UDINESE Così nei quarti Questi gli accoppiamenti nei quarti 27/1, ore 21 MILAN-LAZIO 4/2, ore 21 vinc. InterSampdoria c. vinc. NapoliUdinese 3/2, ore 21 vinc. RomaEmpoli c. vinc. FiorentinaAtalanta 28/1, ore 21 vinc. JuventusVerona c. PARMA La Lazio ritrova Keita e Klose e batte il Toro in scioltezza Granata eliminati tra i fischi TORINO Vola la Lazio dei giovani e conquista i quarti di finale di Coppa Italia. Segnatevi questi due nomi: Keita Balde, classe 1995, e Danilo Cataldi, classe 1994, al debutto in prima squadra. Sono loro i volti freschi e di qualità della squadra biancoceleste che nel deserto dell’Olimpico (4.305 paganti) supera senza grandi problemi l’ostacolo Torino, brutto e contestato. Dopo il bel pari nel derby, un’altra prova convincente per la Lazio, che ritrova anche i gol di un Klose di nuovo brillante. Entrambi i tecnici si affidano al turnover: limitato quello del granata Ventura, alle prese con diverse assenze; più ampio quello del biancoceleste Pioli. Solo Radu e Parolo erano in campo dal primo minuto domenica scorsa contro la Roma. Gli altri nove undicesimi, comunque, convincono per solidità, qualità e organizzazione. È un mix di esperienza (Klose, Ledesma) e freschezza quello assemblato dal tecnico laziale che produce in fretta effetti positivi. Alla prima palla buona, Keita scappa in velocità, salta Maksimovic con un doppio passo e infila Padelli con un diagonale di sinistro. È il primo gol stagionale per il talento spagnolo di origine senegalese. È una bella Lazio: lo testimonia la trama che porta al raddoppio. Ancora Keita ispira Cataldi che rifinisce per Klose. Il tedesco deve solo spingere in porta. E il Toro? La squadra di Ventura fa una grande fatica: dei primi 45 minuti granata si ricordano solo le proteste per un tocco di mano in area di Konko su colpo di testa di Glik che ha fatto gridare al rigore. Per il resto solo fischi e contestazione, con destinatario principale il presidente Urbano Cairo, invitato, fin dal secondo minuto di gioco, ad andarsene e a investire sul mercato. Il primo acquisto di gennaio, Maxi Lopez, appena arrivato, viene lanciato da Ventura in apertura di ripresa al posto di un deludente Amauri. La scossa arriva: Martinez riapre subito la gara. Ma dura poco perché Padelli stende Klose; rigore ed espulsione per il portiere granata. Dal dischetto, Ledesma trasforma. Alla Lazio i quarti con il Milan, al Toro la contestazione. Filippo Bonsignore © RIPRODUZIONE RISERVATA Torino Lazio 1 3 Marcatori: Keita 13’, Klose, 29’ p.t; Martinez 4’, Ledesma rig. 12’ s.t. TORINO (3-4-1-2): Padelli 5; Maksimovic 5, Glik 5,5, Moretti 5,5; Darmian 6, Jansson 5,5 (Farnerud 5,5 16’ s.t.), Gazzi 6, Molinaro 5,5 (Castellazzi 6 11’ s.t.); El Kaddouri 4,5; Amauri 4 (Maxi Lopez 6 1’ s.t.), Martinez 6. All.: Ventura 5 LAZIO (4-3-1-2): Berisha 6; Konko 6 (Basta 6 23’ s.t.), Novaretti 6, Radu 5,5, Cavanda 5,5; Onazi 6,5, Ledesma 6,5, Parolo 6,5 (Tounkara s.v. 44’ s.t.); Cataldi 7 (Pereirinha s.v. 28’ s.t.); Klose 6,5, Keita 7. All.: Pioli 7 Arbitro: Russo 6 Espulso: Padelli 11’ s.t. Ammoniti: Amauri, Cavanda, Gazzi, Martinez Recuperi: 0’ più 4’ © RIPRODUZIONE RISERVATA Telecamere in porta: la B chiede di usarle già a maggio La richiesta del presidente Abodi per i playoff. Tavecchio dice sì per la A da agosto: «Scelta ineludibile» La vicenda ● Il n° 1 della Lega di B (dal 2010) Abodi vuole la Goal line technology già nei play off di maggio ● Il costo varia dai 160 ai 200 mila euro MILANO Il gruppo di lavoro sulla «Goal line technology» (Glt), istituito dal Consiglio federale del 17 dicembre (coordinatore il d.g. Uva) per studiare le modalità tecniche di applicazione in Italia delle telecamere per il gol/non gol, ha individuato le norme, che dovranno essere adottate dalle varie Leghe nel progetto operativo e che dovranno essere inserite nelle Noif, le norme organizzative interne federali: adesione a regolamenti e direttive Fifa; garanzia di uniformità d’applicazione nelle varie competizioni. Ha detto il presidente Tavecchio: «Sono convinto che l’utilizzo della Glt, a partire dal prossimo campionato, sia ormai un fatto ineludibile». Un modo per ribadire il netto cambio di strategia rispetto alle ultime tre stagioni. Insieme con il presidente dell’Aia, Nicchi, il d.g. della Lega di A, Brunelli, il consigliere federale Perrotta (in rappresentanza dei calciatori) era presente il numero uno della Lega di serie B, Andrea Abodi, che ha lanciato una proposta innovativa, per guadagnare tempo: l’introduzione della «Goal line technology» già nei playoff di questa stagione, che iniziano a fine maggio e riservati alle sei squadre che si sono piazzate fra il terzo e l’ottavo posto in 3 anni in serie A con gli addizionali (arbitri di porta). L’inizio il 25 agosto 2012, dopo il successo di Euro 2012 classifica. Dal punto di vista regolamentare non ci sono ostacoli all’introduzione della Glt, perché i playoff vengono considerati un torneo a parte rispetto al campionato, anche se ne rappresentano la naturale conclusione. La questione non è un dettaglio, perché non sarebbe possibile cambiare le regole all’interno di uno stesso torneo ed è per questo che la Glt non potrà essere adottata in Coppa Italia. Resta ancora da definire quale sistema adottare. La Fifa, a partire dalla Confederations Cup 2013, ha scelto il nuovissimo sistema Goalcontrol 4D (14 telecamere in azione), ma è possibile anche la soluzione del «goalref» oppure dell’«occhio di falco» ed esiste anche un quarto brevetto. Si tratta di scegliere la soluzione migliore come affidabilità tecnologica e come costi. Abodi è disponibile a fare da apripista, non soltanto per confermare che la Lega di B è sempre aperta agli esperimenti, ma anche perché preparerebbe il terreno alla Lega di A, che è pronto alla Glt a partire dal prossimo campionato. Al momento si prevede che per ogni stadio l’impianto possa costare fra i 160.000 e i 200.000 euro, ma la Lega di A ha la (fondata) speranza di trovare uno sponsor. I vertici della A vorrebbe chiudere il quadro normativo e tecnico entro febbraio, in modo da arrivare preparati al via libera di agosto. Tra marzo e aprile si dovrebbe anche decidere se confermare gli arbitri d’area (introdotti nel 2012-2013), ma è un’ipotesi che al momento appare quantomeno remota. La differenza fra arbitri di porta e tecnologia è rappresentata dal fatto che i primi vengono pagati dalla Figc e costano più di un milione all’anno, mentre l’introduzione della Glt ricadrà sulle società. In tempo di austerità tutto può servire. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovedì 15 Gennaio 2015 Corriere della Sera 62 Tv Teleraccomando di Maria Volpe -)%$ -)$$ ,)22 (2)22 (()22 (()2$ Santoro e Porro: il successore di Napolitano ::=)': ( +!-5*A'-+ ::=)': ( +!-5*A'-+ +!-5*A'-+ (()(2 ::=)': (1)22 5': (0)02 ( +!-5*A'-+ (%)22 ( +!-5*3 (%)2$ 5': (%)%2 * ::=)': (-)22 (-)02 (")$2 12)22 12)02 1()($ ::3 ( +!-5*A'-+ + ='A ( +!-5*A'-+ 5': ':'-+3 -+ 5+ ')) 5+6- )>' 10)1$ Il giorno dopo le dimissioni del capo dello Stato Giorgio Napolitano, si apre la partita per il successore al Colle. Michele Santoro ne parla con Giuliano Ferrara, Massimo Cacciari e Marco Travaglio. Anche Nicola Porro insieme all’ospite Alessandro Sallusti si occupa, oltre che delle stragi di Parigi, del successore di Napolitano. Servizio Pubblico La7, ore 21.10 Virus - Il contagio delle idee Rai2, ore 23.05 Il Duende arriva in Italia La prima esecuzione italiana di «Duende - The dark notes» di Luca Francesconi, che spiega: «Il Duende è storicamente il demone del flamenco. Come spiega García Lorca è una forza sotterranea di inaudita potenza». Commissionata dalla Rai, dalla BBC e dalla Radio svedese, l’opera è stata eseguita in prima italiana nel maggio 2014 dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta da Susanna Mälkki. Duende - The dark notes Rai5, ore 21.15 Oscar, è l’ora delle nomination In diretta l’annuncio delle nomination agli Oscar. Conferenza stampa per le prime 10 categorie e una seconda per le altre 13. 2015: Le nomination in diretta Sky Cinema 1, ore 14.30 ::=)':3 -+= 5=+- 60 ()22 ( +!-5*A'-+ ()02 +!-5*A'-+ ()0$ ::=)': 1)2$ & -=*+:' (-)($ (,)2$ (,)(2 (")22 (")%$ (')0$ 12)12 1()(2 11)22 11)$2 10)22 )")* +!-5*A'-+ )")* )")* )")* !3 )")* )")* )")* ':-* (-)%$ (,)%$ (")%$ (')%$ 1()(2 )':@ )':@ )':@ )':@ 10)22 -3 2)($ 1)($ )")* ,)$2 )")* ")02 )")* (2)22 (()22 (0)22 (0)02 1 +!-5*3 ::=)': 1 +!-5*A'-+ 1 +!-5*A'-+ (0)$2 1 00 +!-5*3 (%)22 ::=)': (-)($ )")* (,)22 (,)%$ (,)$$ (")22 (")12 (")$2 )")* +!-5*3 1 ))) +!-5*3 0-5: 1 +!-5*A'-+ )")* (')%2 )))) )")* 12)02 1 +!-5*A'-+ 12)$$ & >+:- 60-5:'>10)22 1 +!-5*A'-+ 10)2$ & ::=)': 1%)22 1 +!-5*A'-+ 2)($ -=*+:' ()(2 1 +!-5*A'-+ ()($ - )")* 0)(2 1 +!-5*3 ,)22 ,)02 ")22 (2)22 (()22 (()(2 (1)22 (1)1$ (1)%$ (0)(2 (%)22 (%)12 (%)$2 ($)2$ ($)(2 ($)$$ (-)%2 (")(2 (')22 (')02 12)22 12)($ 12)0$ 1()2$ )")* 10)0$ 5': 1%)22 2)(2 ()22 ()2$ 0 +!-5*3 +!-5*A'-+ 0 +!-5*A'-+ (0)22 (%)22 ($)02 (-)0$ (-)$$ (,)0$ (")$$ (')02 (')0$ 12)(2 12)%$ 1()($ (,)02 (,)0$ (")12 (')2$ 12)2$ 12)(2 1()22 1()22 !, $ !, !, $ + !, !, $ !, !, !, $ 1()22 + !, 5**:'- 16 <B/$23 ' @+ =50&@3 - *' 1 & -**' 16 <B/$23 ' *6 -'+3 - A'-+ 16 <B/;23 ' :>+ +'%&:3 - , & 5**:'- 1 <B/;23 ' )'>5 '56&'%)3 - %%! 1()$2 !, 1()$$ !, $ 1()$$ !, 11)%$ !, 11)$2 !, $ 10)0$ !, 10)%2 + !, 10)%$ !, $ ()02 !, (2)22 (()22 (0)22 (0)0$ (0)%2 -0 )( 6&-? 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È il commento eccessivamente tecnico, è il «4-4-2 contro il 3-5-2», è la seconda voce, è l’interminabile discussione se sui calci d’angolo è meglio marcare a uomo o a zona, sono TWILIGHT SAGA... Robert Pattinson I vampiri di Canale 5 battono la fiction italiana: per Pattinson 3.749.000 spettatori, 14,7% di share RAGION DI STATO Luca Argentero La fiction italiana superata dai vampiri di Canale 5: per Raiuno 3.668.000 spettatori, 13,6% di share. (. $$ 0) 06) 0 01 : capacità di non prendersi troppo sul serio (molto belle le chat fantasiose di Fayna), ma soprattutto ha il merito di farci entrare ancora nel mondo dei sogni. Riuscirà il Toro a comprare qualcuno che faccia dimenticare la delusione di Nocerino? Così, immagino, per tutte le squadre, salvo forse quella al vertice. La tv non può dare qualità (i casi sono molto rari); se la desidero nel calcio, vado a leggermi «Undici», rivista trimestrale calcistica, o qualche pezzo di Jack O’Malley. Nelle partite che vedo in tv vorrei ritrovarvi coraggio, solidarietà, vergogna, rivalsa, nobiltà e livore. Il resto è lavagna. © RIPRODUZIONE RISERVATA 06 05 0' 00 00 .%(&4 $$ )11 )0:' )1 )0:) )0)) )10 )0:6 )0: )0: )16 7. " le domande che gli ex calciatori fanno al collega allenatore nel dopo partita. La lavagna ricorda molto, nel campo degli studi sulla comunicazione, la moda della semiologia, ovvero il ridicolo tentativo di dare una veste scientifica all’ovvio. Per farla breve, alla «lavagna» dei pretenziosi sono preferibili gli sproloqui di un Vincent Candela, ex terzino giallorosso, che si presenta in uno dei tanti talk visibilmente alticcio. Per questo una delle poche trasmissioni che riesco a seguire ancora con piacere è «Calciomercato. L’originale» di Alessandro Bonan e Gianluca Di Marzio (Sky Sport 1, dal lunedì al venerdì, ore 23). Pur fornendo notizie, il programma ha la grande 7(8 ."%( ,7.4( )' &&"( 60 &&"( "& $4"%( ,7.4( 5 ."( )) ."( '"*# '(* #(* "# "0 #'"# # #" "#, "#" '"0 '+ $4"%( "(.&( $$-$4 *.//"(& $%&( $ (.+ " *"(8" "& /*./ /7$$ . "(&" /44&4."(&$" /($ $4.(8+ 8&.# 7& *.47.9"(& 4$&4" *(.4. *"( "7/ $ (.(8/4 4&4"//"% &8 /7$$ $*" /(*. " )+::: %4."+ %*. $ 4%*( $ &4.( $ 7 /$8( *"( /7 (/& 9"(+ (%&" %" $"(. 7& *(- (87&,7 (& *"( /($( /7 $7& 9(& $ 7+ 7&# 7& &7(8 *.47.9"(& *(.4. &8 "& *"&7. $ (.(8/4+ &%+ !$#((# ' $# #*"0 *"0'# ' (/4 (."&( "$&( .&4( &9" ."/4 &(8 ($( & ".&9 .7 " &(& -,7"$ (% %*(//( *($" ." (4&9 4&9.( '!# + $." 4&" $.%( $ !.( $"." $" ($ 78($( (*.4( "( " (8/" %*(.$" 8 " !" )# !#! #*. ) ##! #4!# )* 0 0 $ $ , !. $, $0 $ $$ $5 ) %#**# .! )#.#! 1!# )!4 !#2 !" !. / $ $ , $0 $+ $5 $ $, " $0 $ (.9 :25 (.9 2 (.9 120 (.9 2' !" %) ('1 **! !# %# $5 0 , / !. !" $, $/ $ " $ $, ) # *(( %(//( ($4( %(//( ($4( "44( !. 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