Il giornalismo, tra carta stampata e multimedialità. di
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Il giornalismo, tra carta stampata e multimedialità. di
A mia madre e allo splendido rapporto che, con fatica, insieme, abbiamo costruito A mio padre per i sorrisi e le parole silenziose A mia sorella per le notti insonni passate a parlare e a ridere a crepapelle Ai cambiamenti, all’autunno, alle parole non dette, all’odore dei vestiti degli altri, agli sguardi tra sconosciuti, ai giorni tristi, ai passanti che sorridono, ai bambini, al sole nei giorni d’inverno, ai ricordi delle canzoni 1 “I grandi cambiamenti storici, quelli che alterano in modo radicale il modo in cui pensiamo e agiamo , si manifestano impercettibilmente nella società; fino a quando un bel giorno, all’improvviso, tutto quello che conosciamo diventa obsoleto e ci rendiamo conto di vivere in un mondo completamente nuovo.” Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso 2 INDICE INTRODUZIONE 1. Il medium è il messaggio 2. Temperatura dei giornali online, concetto di ri-mediazione CAPITOLO 1 1. Breve storia del giornalismo online 1.1 La storia americana 1.2 La storia italiana 1.3 La New Economy e la speculazione in borsa 1.4 I tentativi di uscire dalla crisi e la maturità del web 2. Repubblica.it CAPITOLO 2 La carta stampata 1. I tempi dell’editoria giornalistica 3 2. La negoziazione giornalistica 3. La crisi del giornalismo CAPITOLO 3 I giornali online 1. Consumi mediatici in numeri 2. Giornali online, multimedialità e crossmedialità 3. Forme di finanziamento dei giornali online 3.1. Paywall, premium o “tutto free”? 3.2. Crowndfunding 4. Citizen journalism 5. Giornali online e social network CAPITOLO 4 Il caso studio: BrindisiReport.it 1. Come nasce BrindisiReport.it 2. Un viaggio chiamato vita: le differenze tra la carta stampata e il giornale online. 3. L’interazione con l’utente e le forme di giornalismo partecipativo 4 4. La legislazione italiana e i giornali online, un mondo da scoprire. NOTA METODOLOGICA CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 5 INTRODUZIONE 1. Il medium è il messaggio “In una cultura come la nostra, abituata da tempo a frazionare e dividere ogni cosa al fine di controllarla, è forse sorprendente sentirsi ricordare che, per quanto riguarda le sue conseguenze pratiche, il medium è il messaggio. Che in altre parole le conseguenze individuali e sociali del medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, deriva dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da qualcuna di tali estensioni o da una nuova tecnologia”1. Queste parole di McLuhan, tratte da una delle sue opere più importanti, gli strumenti del comunicare, ci restituiscono una visione lucida di una realtà e di una tecnologia in continua evoluzione. La grandezza di questa riflessione sui media sta nel sottolineare la forza della tecnologia come estensione del nostro corpo, dei nostri sensi, delle nostre funzioni cerebrali, ed il potere di cambiamento che questa constatazione porta con sé. Gli anni in cui McLuhan scrive il suo saggio sono gli anni dell’esplosione di tecnologie come la televisione che rivoluzionarono completamente le abitudini e la cultura delle comunità. Un processo simile di cambiamento e sconvolgimento degli schemi, dei tempi e degli spazi è quello a cui stiamo assistendo con la rivoluzione del web 2.02, con quella che Rifkin definisce l’era dell’accesso3, in cui la società è dominata dai network e dell’accesso alle informazioni. Si passa dal prevalere della proprietà privata e la libertà individuale, al dominio dei fattori immateriali, delle reti impersonali, dell'accesso a conoscenze, idee ed esperienze fondamentali. Il punto sul quale è necessario fissare l’attenzione per poter comprendere il senso di questo lavoro, è il concetto di medium come strumento di trasformazione e 1 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, trad. it., Milano, il Saggiatore, 1967, p. 15 Di Bari, V., a cura di, Web 2.0: internet è cambiato, e voi?- i consigli dei principali esperti italiani ed internazionali per affrontare le nuove sfide, Il sole 24 ore, 2007 3 Rifkin, J., L’era dell’accesso, la rivoluzione della new economy, Milano, Mondadori, 2000 2 6 innovazione delle proporzioni, dei ritmi e degli schemi dei rapporti umani, perché in qualche maniera è lo strumento, il mezzo, il medium, che modifica le forme dell’agire umano4. Questo processo è ancora più evidente se la nostra attenzione si focalizza sul giornalismo e sui processi di mutamento innescati dall’innovazione apportata dal computer, dal web e dai supporti mobili. Il trasferimento di “mezzo” che il giornalismo ha dovuto affrontare sta modificando i tempi e gli spazi dell’agire umano. Gli aggiustamenti, gli assestamenti, in atto nel giornalismo, a livello di scrittura, di organizzazione del lavoro e di pubblico, non sono altro che la ricerca di un nuovo equilibrio tra i sensi estesi. Estensione, questa, prodotta dalle nuove tecnologie messe a disposizione dal web 2.0. “A seconda del senso che si estende o si autoamputa mediante la tecnologia, è abbastanza prevedibile la chiusura o la ricerca di un nuovo equilibrio tra gli altri sensi. [...] In quanto estensione e accelerazione della vita sensoriale, ogni medium influenza contemporaneamente l’intero campo dei sensi.[...] L’uomo è perpetuamente modificato dall’uso normale della tecnologia (o del proprio corpo variamente esteso) e trova a sua volta modi sempre nuovi per modificarla”5. Ed ancora “l’uso di un qualunque medium, o estensione dell’uomo, altera gli schemi di interdipendenza tra le persone come altera i rapporti tra i sensi.[...] tutte le tecnologie sono estensione del nostro sistema fisico e nervoso per aumentare il potere e la velocità. Se non ci fossero questi aumenti di potere e velocità, non ci sarebbero, o verrebbero eliminate, le nuove estensioni di noi stessi. Un simile aumento in un qualunque gruppo comunque composto, è infatti una spaccatura che provoca un mutamento dell’organizzazione.”6 Questo non significa ignorare i contenuti della comunicazione, ma porli alla fine di un processo di mutamento che parte dallo strumento, per poter, così, comprendere a pieno i potere coercitivo del medium, convinti del fatto che questi mutamenti facciano parte di quel processo più esteso e profondo di liquefazione della modernità di cui parla Bauman7. L’utilizzo di mezzi diversi produce messaggi e prodotti diversi e, quindi, anche ambiti di consumo diversi, ed è 4 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., p. 16 Ivi, pp. 54-55-56 6 Ivi, p. 99 7 Bauman, Z., Modernità liquida, Roma Bari, Ed. Laterza, 2002 5 7 proprio qui, nell’attività di consumo, che si materializza il potere coercitivo del mezzo che contribuisce a liquefare la modernità. Questa transizione sociale e culturale dallo stato solido a quello liquido nasce dall’abbattimento di tutti gli impedimenti e ostacoli sospettati di limitare la libertà individuale di scegliere e agire. Si è passati dalla fedeltà alla tradizione al dominio della razionalità strumentale e del ruolo predominante dell’economia, i corpi solidi che si sono liquefatti sono i legami che trasformano le scelte individuali in azioni collettive “i modelli di comunicazione e coordinamento tra politiche di vita condotte individualmente da un lato e le azioni politiche della collettività umana dall’altro [...] stiamo attualmente passando dall’epoca dei gruppi di riferimento preassegnati a quella del raffronto universale. [...] Oggigiorno modelli e configurazioni non sono più dati, e tanto meno assiomatici; ce ne sono semplicemente troppi, in contrasto tra loro ed in contraddizione nei rispettivi comandamenti, cosicché ciascuno di essi è stato spogliato di buona parte dei propri poteri di coercizione”8. Ciò di cui si parla qui non sono che quelle “ricette”9, per dirla come Berger e Luckmann, che fungono da libretto di istruzione per un vivere sociale, che permettono a noi tutti di affrontare i problemi di ordinaria amministrazione con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno. Queste “ricette” formano il bagaglio di conoscenze socialmente condivise del quale ogni individuo fruisce nella sua esistenza all’interno della “realtà della vita quotidiana”. Esse potrebbero essere paragonate a quella che Richard Sennet chiama “routine”10, prendendo in considerazione le idee contrapposte del pensiero di Diderot e di Smith, concludendo alla fine che la routine può disgregare ma anche proteggere. L’intento dunque di questo lavoro è studiare gli assestamenti dovuti al passaggio del giornalismo dalla carta stampata al digitale che fanno parte del fenomeno di liquefazione della modernità, e che contribuiscono così ad introdurre altre ricette e routine all’interno della realtà della vita quotidiana. 8 Ivi., intro. p 11 Berger, P. L. e Luckmann, T., La realtà come costruzione sociale; Il Mulino, Bologna, 1969 10 Sennet, R., L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, 2001 9 8 2. Temperatura dei giornali online, concetto di ri-mediazione Un altro strumento teorico fornitoci da McLuhan che aiuta a inquadrare lo stato dell’arte dei giornali online è senz’altro il concetto di temperatura dei media11. Un concetto questo molto dibattuto a livello teorico per la sua ambiguità. In questa sede quindi ci atterremo al significato tradizionale utilizzato per distinguere tra media caldi e media freddi. La temperatura è legata al grado di partecipazione che un media richiede a chi lo utilizza o ne fruisce. In questo senso i media "caldi" sono quelli che non esigono da parte di chi li utilizza una grande partecipazione, mentre i media "freddi" sono quelli che richiedono al fruitore maggiore partecipazione e coinvolgimento. Il livello di partecipazione che determina la temperatura di un medium è definito dal numero di canali sensoriali che sono impegnati durante il suo uso e il livello di definizione o di "intensità" con cui sono costruiti i messaggi. A questo proposito sarà interessante scoprire come la temperatura dei giornali si stia abbassando grazie al supporto del web. Possiamo dire che i giornali di carta stampata, già di per sé strumenti freddi, stiano diventando, col supporto di internet, dei media che abbisognano di un livello di partecipazione molto alto da parte dell’utente. Una peculiarità questa già appartenente al web 2.0 che con i social network ha sdoganato la figura dell’utente prosumer, produttore e consumatore allo stesso tempo. Per quanto riguarda il giornalismo, è un esempio di questa figura il giornalismo partecipativo che prevede il contributo degli utenti che possono inviare foto, video o articoli alle testate. Un argomento questo che sarà approfondito più avanti. Un altro aspetto importante da sottolineare è che grazie all’evoluzione continua della tecnologia c’è la tendenza dei media a divenire uno contenitore dell’altro, come, in questo caso, i giornali sulle piattaforme interattive. I giornali, già mezzi di comunicazione, vengono inglobati da un medium come il computer ed il web. 11 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., p. 31 9 Si mette in moto così un processo di ibridazione o ri-mediazione12 dei media che, in quanto estensione dei nostri sensi, quando agiscono l’uno sull’altro istituiscono nuovi rapporti, non soltanto tra i nostri sensi ma anche tra di loro. La rimediazione è una caratteristica distintiva dei nuovi media digitali, si parla di rimediazione dei media analogici da parte di quelli digitali. I media interagiscono continuamente tra di loro, in un processo di confronto ed integrazione, facendo sì che un medium sia in realtà un ibrido di diversi elementi. Ogni medium prende il posto del medium in uso, ereditando ed insieme riorganizzando le caratteristiche del vecchio medium e riformando il suo spazio culturale. Questa rimediazione si basa su due logiche contraddittorie: l’immediatezza e l’ipermediazione. Immediatezza sta a specificare il fatto che il medium si rende trasparente, il contatto con l’oggetto prova a diventare im-mediato, diretto, come una finestra sul mondo, mentre ipermediazione evoca il fatto che il medium, nonostante tutto, sia lì, sia presente e non scompaia e che crei valore perché percepito da chi lo utilizza. “L’ibrido, ossia l’incontro tra due media, è un momento di verità e di rivelazione dal quale nasce una nuova forma. Ogni volta che si stabilisce un immediato confronto tra due strumenti della comunicazione, anche noi siamo costretti, per così dire, ad un urto diretto con le nuove frontiere che vengono a stabilirsi tra le forme”13. L’evoluzione tecnologica, insomma, non eclissa totalmente il medium più anziano, i medium non vengono sostituiti dai prototipi più avanzati ma coesistono o vengono riadattati a nuovi media digitali. Nonostante l’avvento dei giornali online con le loro notizie in tempo reale, il mercato in ribasso e le perdite a livello di personale, ne è una testimonianza la sopravvivenza della carta stampata. 12 Bolter, Jay David, Grusin, Richard, Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, a cura di Alberto Marinelli. Trad. it. di Benedetta Gennato, Milano, Guerini e Associati, 2002 13 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., pp. 65-66 10 CAPITOLO 1 1. Breve storia del giornalismo online Come per l’avvento di ogni nuova tecnologia, il debutto dei giornali online ha prodotto una serie di preoccupazioni e timori. I più intraprendenti avevano predetto la scomparsa dei giornali in carta stampata, cannibalizzati dalla news in rete, mentre i più scettici non si erano allarmati più del dovuto, pensando che la stagione del giornalismo online sarebbe stata solo una moda passeggera. Dopo quasi vent’anni di storia del giornalismo online possiamo dire che, anche se con qualche difficoltà, come la ri-mediazione ci insegna, entrambi i formati sono sopravvissuti e coesistono. La storia del giornalismo online è storia recente. Possiamo suddividerla in quattro periodi14: - la fase pioneristica è una storia tutta americana, che va dal lancio delle prime testate online sino all’affermazione dei grandi network (1992-95); - la seconda fase è quella dei quattro anni successivi (1995-98) che vedono il debutto dell’Italia con i tentativi degli editori di sperimentare internet ed il nuovo giornalismo online, si concludono con il sexgate americano che segna un punto di svolta del giornalismo interattivo ed evidenzia il bisogno di un rinnovato equilibrio tra i nuovi media; - la terza fase (1998-2000) è quella dell’entusiasmo per la New Economy e la speculazione in borsa dei titoli tecnologici e delle aziende legate a 14 Pratellesi, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, p. 21 11 internet, sono gli anni del boom dei giornali online che si chiuderanno con lo scoppio della bolla speculativa (primo semestre 2000) e l’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001; - la quarta ed ultima fase è quella attuale che coincide con il tentativo di uscire dalla crisi a partire dal 2002 e con la fase matura del web nonché, diffusione della banda larga, alfabetizzazione digitale, affermazione del web 2.0 e dei ricavi pubblicitari. 1.1 La storia americana Il primo a sbarcare sul internet fu un piccolo giornale locale “News & Observer” di Raleigh nel North Carolina. Frank Daniels, direttore della testata, per svariati mesi organizzò corsi di computer e di navigazione sul web e ad ogni redattore furono concessi finanziamenti per comparsi un pc da usare in casa, fece di tutto per far diventare la sua redazione quella con la maggior alfabetizzazione informatica del paese. Il “Nando Times”, così fu chiamata la versione digitale, fece tutto da solo, decidendo di diventare esso stesso un fornitore di accesso ai servizi del web per la città di Relaigh, offrendo il collegamento, l’e-mail e gli articoli del giornale per ventisei dollari al mese, e ben 2.000 persone sottoscrissero l’abbonamento in fase sperimentale15. Il direttore, Daniels, disse che avevano scoperto che i motivi per cui i lettori preferivano la versione digitale aveva molto più a che fare con i servizi correlati che con l’informazione. Come si è già detto, nel 1992 negli Stati Uniti i primi ad avventurarsi sul web furono soprattutto i giornali medio-piccoli che avevano intravisto l’opportunità di ampliare il numero di lettori e la loro area di diffusione cercando di mantenere bassi i costi. E dopo un anno, nel 1993, fu anche il momento dei grandi gruppi editoriali che , come dimostra il caso della testata, “Usa Today” non ebbero 15 Staglianò, R., Giornalismo 2.0. Fare informazione al tempo di Internet, Roma, Carrocci, 2002, p. 20- 21 12 l’effetto sperato e molti furono costretti a fare marcia indietro. “Il popolarissimo quotidiano americano aveva deciso di capitalizzare online la sua rendita di 2 milioni di lettori in edicola: nell’aprile del 1995 era sbarcato in grande stile su internet (75 redattori elettronici e 225 collaboratori esterni per scrivere “speciali” per la rete), chiedendo 12 dollari e 95 cents al mese fino a 3ore di collegamento e 2 dollari e 3 cents in più per ogni ora supplementare. Un approccio muscolare e affetto da gigantismo, oltre che dall’ingenua deduzione che i lettori avrebbero considerato normale – dal momento che lo facevano per la versione cartacea – pagare per l’informazione elettronica. Dopo 120 giorni il fallimento dell’avventura era evidente: i 1.000 abbonati non bastavano nemmeno a pagare gli usceri. Con una rapida marcia indietro, il quotidiano aprì quindi le sue porte telematiche attirando il grosso pubblico dei lettori tradizionali che aveva fatto scappare con le sue iniziali pretese, potendo infine fatturare bei soldi con la pubblicità che il sito ospitava”16. Uno dei problemi più difficili da superare con l’ingresso nel web per i giornali è stata la questione del finanziamento e del mantenimento dei costi del giornale che alleggeritosi delle spese tipografiche, mantiene comunque i costi del personale. Gli unici modelli ad avere successo nel proporre la vendita dei contenuti sono stati il “Wall Street Journal”, il più autorevole giornale finanziario che per la sua peculiarità propone informazioni indispensabili per gli operatori del settore finanziario, e il “New York Times” sbarcato sul web abbastanza tardi, nel gennaio 1996. Sul NYT l’accesso alla prima pagina è libera ma la registrazione gratuita è obbligatoria per leggere gli articoli, grazie alla registrazione la testata ha creato un database di informazioni demografiche sui lettori utili per la vendita di spazi pubblicitari. Gli esempi apportati dai cugini americani hanno influenzato le scelte delle maggiori testate italiane che hanno poi ritardato il loro debutto sul web. Il modello di finanziamento non era chiaro e sicuro, anche se sembrava evidente che le notizie fossero naturalmente portate ad un supporto come la rete. 16 Ivi, p. 25 13 1.2 La storia italiana Nel panorama italiano il debutto dei giornali sul web risale al 1994-95. I primi a varcare la soglia furono l’ ”Unità”, il giornale del PDS, con l’allora direttore Walter Veltroni, che offriva tutti gli articoli in rete ma poca ipertestualità; e “L’Unione Sarda” che assunse personale per le mansioni specifiche della versione interattiva e offriva notizie in versione multimediale. Nella primavera del 199517 arrivano anche il “Corriere della sera”, la “Gazzetta dello Sport” e poco più tardi “Il Sole 24 Ore”, tutti con una versione digitale del quotidiano stampato, ma si tratta tuttavia di una riproposizione piuttosto elementare della versione cartacea. La diffusione di internet nelle case degli italiani era a quei tempi ancora molto scarsa e ciò aveva frenato gli editori nell’effettuare investimenti molto estesi in termini di risorse umane e tecnologie. Riccardo Stiglianò definisce con una parola la tendenza in voga in quegli anni: “Fu per la maggior parte una fiera del repurposing. Al minimo costo possibile, si riversavano sul web i medesimi contenuti del prodotto cartaceo, con la speranza di poter fare qualche soldo piazzando i banner pubblicitari in testa a quegli articoli. Fu così che si mosse sostanzialmente il “Corriere della Sera”, affidando ad una società informatica la pubblicazione online in automatico dei suoi testi, con risultati piuttosto sgradevoli dal punto di vista dell’impaginazione, dal momento che la codifica non era affatto esente da errori, e restituiva una lunga lista di articoli dalla quale era praticamente impossibile intuire alcuna gerarchia delle notizie, e neppure interna tra i vari pezzi che si occupavano dello stesso argomento. Se si trattava di un editoriale di una firma importante, di una breve da dieci righe o di qualsiasi altra cosa, lo si capiva solo dopo aver aperto il file”18 Nell’aprile del 1996 fu anche la volta di “La Repubblica” che colse l’occasione delle elezioni politiche per cominciare la sua avventura sul web. 17 Pratellesi, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, p. 23 18 Staglianò, R., Giornalismo 2.0. Fare informazione al tempo di Internet, Roma, Carrocci, 2002, p. 29 14 Questa fase si conclude con lo scandalo denominato in seguito, proprio dai giornali, sexgate. Il caso è rilevante per quanto riguarda la storia del giornalismo online perché per la prima volta una notizia venne diffusa prima sul web e poi sulla carta stampata. Lo scoop che ha colpito la Casa Bianca nel gennaio del 1998, è stato lanciato da “Drudge Report”, sito scandalistico-politico gestito da Matt Drudge, che ancor prima di avere il tempo di verificare la notizia, aveva inviato una mail a tutti i suoi utenti con un focus sulla relazione clandestina tra Bill Clinton e Monica Lenwisky, soffiando lo scoop al “Newsweek” di Los Angeles che poco prima di mandare in stampa il giornale aveva deciso di trattenere la notizia in attesa di ulteriori riscontri sulla vicenda. Sospendendo il giudizio sulla professionalità di Drudge, egli conserva il merito, se così si può chiamare, di aver permesso all’informazione online di dettare i tempi della notizia. Questo evento fece capire che qualcosa stava cambiando nel mondo dei media, la possibilità di editare le notizie in tempo reale aveva messo in crisi le regole del giornalismo. 1.3 La New Economy e la speculazione in borsa Negli anni 1999-2000, grazie al buon andamento in borsa dei titoli tecnologici e delle aziende dot com19si iniziano a creare i presupposti per una concorrenza fra i siti delle maggiori testate italiane. L’introduzione e la diffusione di tecnologie innovative determinò cambiamenti profondi a livello economico e sociale, con una conseguente accelerazione della crescita della ricchezza, della produttività, degli investimenti (in capitale fisico e umano, in ricerca e innovazione), associata a una trasformazione degli stili di vita e ad un impatto sul profilo sociale degli individui-consumatori. L’esplosione di internet portò grande entusiasmo presso gli investitori e restituì il coraggio per intraprendere il cammino sul web a molti editori. Nel giugno del 2000 il “Corriere della Sera” inizia la sua ristrutturazione: il sito viene ridisegnato e trasformato in un vero e proprio giornale online, con una 19 Sono aziende il cui business è principalmente legato a internet, vengono chiamate così per il loro suffisso .com 15 redazione propria in grado di sviluppare autonomamente news ipertestuali e multimediali. E’ in questo biennio che nascono le iniziative più coraggiose nel campo dell’editoria online: Kataweb, portale del gruppo l’Espresso, legato alla Fiat e alla “Stampa”; Jumpy, del gruppo Fininvest; Caltanet, dell’editore Caltagirone e IlNuovo.it, giornale telematico voluto da e-Biscom per lanciare la connessione a banda larga di Fastweb, chiuso nel 2003. La crisi della New Economy, come la bolla speculativa, scoppia nella primavera del 2000. La delusione per i mancati successi della net economy prende in pochi mesi il posto dell’entusiasmo, lasciando dietro di sé solo debiti. Molte aziende dot com falliscono e a mettere in ginocchio le restanti, ci pensa l’attentato alle Torri Gemelle del’11 settembre del 2001 e la conseguente crisi economica. 1.4 I tentativi di uscire dalla crisi e la maturità del web Il giornalismo online si afferma definitivamente con la fase matura del web caratterizzata dalla diffusione della banda larga, dall’alfabetizzazione digitale della popolazione, dall’esplosione del web 2.0, con le sue piattaforme di social networking, e con il citizen journalism. Tutto ciò avviene a partire dal 2002 sino ad oggi, tempi, questi, in cui alcune testate registrano il sorpasso, in termini di utenti unici, della versione online rispetto alle copie cartacee vendute, come dimostrano il “NYT” e il “Guardian” negli USA ma anche “La Repubblica” ed il “Corriere della Sera” in Italia. E’ in questa fase che le maggiori testate online americane ed europee raggiungono il pareggio di bilancio e iniziano a produrre utili. L’insieme dei fattori grazie ai quali si assiste ad una ripresa della net economy hanno fatto si che anche gli investimenti pubblicitari iniziassero a trasferirsi sul web. Se pur con molta prudenza, è rilevante notare come nel Regno Unito nel corso del 2009 la pubblicità online abbia superato quella televisiva. Anche in Italia i dati sono abbastanza incoraggianti, continuano a nascere aziende specializzate nel settore e nel 2009 la pubblicità a fatto un salto del 10%20. Ancora 20 Lo confermano una ricerca IAB del novembre 2009 e una ricerca FCP- Assointernet del gennaio 2010. 16 non è possibile concludere che si tratti di una tendenza stabile21, anche se i dati dell’ultimo biennio sembrerebbero incoraggianti. 2. Repubblica.it Uno degli esperimenti italiani meglio riusciti è sicuramente quello di “La Repubblica”, che un po’ in ritardo rispetto ai competitor, approda sul web nell’aprile del 1996 in occasione delle elezioni politiche con approfondimenti speciali sulle elezioni. Il sito arriva a registrare 350.000 contatti in soli 20 giorni, numeri davvero significativi per quei tempi. La testata online inizia le sue pubblicazioni ufficialmente il 14 gennaio 1997, data simbolica che rievoca la fondazione avvenuta il 14 gennaio 1976. Rispetto agli altri giornali Repubblica.it dimostra subito uno spirito diverso, oltre a riportare le notizie dell’edizione cartacea, dà spazio alle notizie del giorno realizzate in tempo reale da una redazione composta da sei giornalisti e cinque operatori web. “Fu il primo giornale a produrre contenuto aggiuntivo rispetto a quello che la mattina andava in edicola, ma primo a coinvolgere tutti i giornalisti nel web. Primo a proporre in Italia una struttura grafica fatta di pochi “fondamentali” (l’albero dei contenuti a sinistra, un corpo centrale di notizie , l’area laterale a destra dedicata agli approfondimenti ipertestuali) che c’era già all’estero ma che in Italia non ci aveva mai provato nessuno; primo in quel gennaio ’97, a modellarlo sulle esigenze di una redazione e del farsi “in presa diretta” dell’informazione”22. 21 Cfr. Maistrello S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo, Milano, 2010 22 Zambardino, V., Dalla carta a internet, siamo già nel futuro, in Album per i 25 anni di “la Repubblica”, 14 gennaio 2001 17 (fig. 1.1, il sito di repubblica.it oggi) Molti esperimenti nati negli stessi anni in Italia falliscono. Alcuni travolti dall’esplosione della bolla speculativa altri sotto le pressioni provenienti dall’evoluzione della free press, quotidiani a distribuzione gratuita interamente finanziati dalla pubblicità, giornali che forniscono un’informazione basica e priva di approfondimenti ma che godono ancora di un supporto cartaceo, fondamentale per un paese ancora alle prese con l’alfabetizzazione digitale. E’ però soltanto dopo il 2006 che Repubblica.it insieme a il CorrieredellaSera.it e La GazzettadelloSport.it iniziano ad arricchire i loro articoli con reportage e video. Dopo il botto della bolla speculativa e di quella dei free press, con i quotidiani in crisi, sono soprattutto le versioni digitali dei quotidiani cartacei a registrare una crescita di mercato. Repubblica.it, che già nel 1999 amplia la redazione da cinque a dodici giornalisti e allarga l’orario di aggiornamento da 10 a 17 ore giornaliere, acquisendo così 600.000 pagine viste al giorno. Nel 2000 vengono superate per la prima volta il milione di pagine visualizzate al giorno e nel giorno dell’attentato alle Twin Towers si arriva a 5 milioni di pagine, un dato interessante anche se eccezionale. Nel febbraio 2004 con l’improvvisa morte di Marco Pantani si superano i record mensili con 115 milioni di pagine viste. Il 2005 ne registra 2 miliardi e il 2006 registra un nuovo record giornaliero in occasione delle elezioni politiche: 48 e 54 milioni di pagine viste al giorno. Grazie al calo delle vendite del 18 cartaceo e alla crisi economica nel bimestre ottobre-novembre 2011 si supera il miliardo di pagine visitate al giorno in occasione della notizia delle dimissioni di Silvio Berlusconi e dell’insediamento del governo Monti. In definitiva il giornale interattivo passa da 3 milioni nei primi mesi del 1997 sino ai 1000 milioni del 2011 di page view23. (fig.1.2, il sito de ilfattoquotidiano.it ) Una menzione speciale merita il caso de Il Fatto Quotidiano uscito in edicola il 23 settembre 2009 , le copie sono andate esaurite in poche ore, e lo stesso successo ha sorbito il sito internet messo online il 22 giugno del 2010, in quella data i server sono andati in tilt per il pieno dei contatti, dopo cinque mesi il giornale contava 240.000 visitatori al giorno. Ad ottobre 2010 la tiratura del cartaceo è stato di 150.000 copie e le pagine online visualizzate sono state 1.301.000 al giorno con una media di 251.000 lettori. Nel giro di un anno e mezzo il sito del Il Fatto Quotidiano ha superato quello de La Stampa nato nel 1995. 23 “Repubblica.it, un miliardo di click al mese e su Facebook i fan superano i 700mila”, Repubblica.it, 8 dicembre 2011 19 Questo è un evidente esempio di come i media possano convivere e non vengano necessariamente cannibalizzati dalle nuove tecnologie se non che, li affiancano e ne guidano il percorso. 20 CAPITOLO 2 La Carta Stampata 1. I tempi dell’editoria giornalistica Un elemento fondamentale che differenzia la redazione di un giornale online da quella di un cartaceo è il tempo. Un quotidiano cartaceo impone cicli di lavorazione di 24 ore affinché la notizia arrivi dalla redazione al lettore , si va dalla raccolta delle informazioni, alla verifica, alla scrittura dell’articolo, alla composizione delle pagine, sino alla stampa delle copie e alla consegna ai punti vendita. Il lavoro dei giornalisti inizia la mattina presto con la raccolta delle notizie, a metà giornata si fa una riunione per fare il punto della situazione, la sera si raccolgono i contributi e si licenziano le pagine prima che sia notte. E’ questo uno dei momenti cardini dell’editoria di un quotidiano, il momento in cui il giornale viene “confezionato” definitivamente e riprodotto sulle copie che poi verranno mandate in tipografia per la stampa. E’ qui che il giornale si ferma e fotografa la realtà di un determinato momento, qualsiasi aggiornamento deve necessariamente essere rimandato al giorno successivo. “Nel giornalismo come l’abbiamo conosciuto fino alla fine del XX secolo la chiusura, la deadline, la scadenza convenzionale del processo di produzione, è sempre stata un elemento costitutivo del metodo di lavoro, la chiave di volta che dettava a cascata i ritmi di produzione e, almeno indirettamente, anche il formato delle notizie”24. 24 Maistrello S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo, Milano, 2010, p. 89 21 Con l’ingresso del giornalismo all’interno del mondo interattivo del web però questa scansione rigida del tempo non è più necessaria, tempo e spazio si dilatano liberati dal bisogno di assecondare i ritmi della produzione e i limiti della distribuzione. La cosiddetta “deadline” perde il suo potere coercitivo grazie all’immediatezza del giornale online dove è possibile aggiornare, approfondire, correggere, ampliare e sostituire in qualsiasi momento le notizie pubblicate. “Il momento della pubblicazione e quello della distribuzione coincidono, come non poteva avvenire nel caso dei giornali e come poteva avvenire soltanto in parte nel caso dell’emissioni radiotelevisiva. In ambito editoriale e giornalistico, la logica di flusso si sostituisce a quella discreta delle edizioni e dei numeri chiusi, diventando predominante. Il lavoro di costruzione e di rifinitura delle notizie, che ha sempre preceduto il momento della pubblicazione ed era fin qui riservato alla cucina redazionale, dunque non visibile all’esterno, diventa ora parte integrante del modello di informazione, svolto in tempo reale sotto gli occhi dei lettori. E’ il giornalismo in beta perenne , una sorta di ammissione implicita di incompletezza e di imperfezione che richiama i software lasciati in prova per raccogliere impressioni e spunti di ragionamento”25. (fig. 2.1 l’allungamento del ciclo di vita di una notizia nei network digitali) Quella che era la prima pagina di un quotidiano viene sostituita dalla home page del giornale digitale che è dinamica, in continua evoluzione, dove le notizie si possono alternare anche nell’arco di poche ore, entrano, guadagnano visibilità ed 25 Ivi 22 escono. Solitamente la notizia viene affinata col tempo. Le prime informazioni che arrivano sul sito sono perlopiù flash di agenzia che vengono approfonditi poi dopo attraverso la verifica delle informazioni e delle fonti. Quando poi ci si trova di fronte ad un evento di particolare rilevanza che, per la sua complessità, rende difficile il compito di sintesi in tempo reale, l’articolo diventa una specie di cronaca in diretta fatto di lanci di agenzia e brevi aggiornamenti che appaiono in ordine cronologico inverso, dal più immediato a quello meno recente, in attesa di poter approfondire la notizia. Succede spesso che l’articolo assuma una forma a stella, circondato cioè da gallerie di immagini, video, registrazioni audio, link ad approfondimenti in blog di altri collaboratori del giornale, capaci di dimostrare la multimedialità del web come mezzo di diffusione del messaggio. (fig. 2.2 schema a stella di un articolo) Accade spesso anche che ci siano contributi o testimonianze inviati direttamente dai lettori, da chi si trova nel posto giusto nel momento giusto. 23 2. La negoziazione giornalistica Un altro punto cardine nel processo di produzione della notizia è la negoziazione giornalistica, cioè il processo grazie al quale la notizia passa dalle fonti al consumatore finale, il lettore, passando per il filtro della trattazione giornalistica. Nel modello classico dei giornali cartacei e dei mass media che si occupano di informazione in generale, questo processo è lineare e ordinato in fonte-giornalistalettore o pubblico. (fig. 2.3 modello classico di negoziazione giornalistica) Nell’era digitale però, grazie ai network e alle potenzialità del web 2.0 questo processo tende a modificarsi perdendo la sua peculiare linearità. I tre soggetti coinvolti, fonti, giornalisti e pubblico, diventano parte attiva del processo di negoziazione, in grado, cioè, di partecipare ugualmente alla ricezione e alla pubblicazione delle informazioni. «Le fonti possono saltare, o quanto meno affiancare, la mediazione giornalistica e rivolgersi direttamente ai consumatori finali delle loro informazioni. Il pubblico può interagire indifferentemente con le fonti e con i prodotti giornalistici, ma anche produrre contenuti che rientrano a loro volta nelle mediazioni giornalistiche per via della loro rilevanza informativa. I giornalisti, infine, continuano a svolgere il loro ruolo, ma devono imparare a farlo in un contesto completamente nuovo, dove non possiedono più alcuna esclusiva ad informare e dove ora interagiscono a doppia via con tutti gli anelli 24 della catena di produzione del senso»26. Con il venire meno delle limitazioni legate al processo produttivo dei giornali cartacei (fonti-raccolta notizie-redazione articoli-impaginazione-stampa-distribuzione), il processo di negoziazione smette di essere un procedimento compiuto con un inizio ed una fine che coincide con la messa in stampa del giornale, e si trasforma in un work in progress, in un procedimento sempre provvisorio e costantemente stimolato da elementi nuovi. (fig. 2.4 negoziazione giornalistica sul web) Se nell’era dei giornali cartacei, il lettore era totalmente escluso dal processo di negoziazione e di produzione della notizia, con l’evolversi delle tecnologie digitale, le cose sembrano essere ben diverse. Come già il meccanismo dell’audience televisiva ci ha dimostrato, anche nei giornali online le preferenze dei lettori assumono un ruolo sempre più centrale. L’utente digitale è sia pubblico e consumatore che produttore. Per questo ruolo nuovo assunto dall’internauta è stato coniato un neologismo: prosumer, produttore e consumatore allo stesso tempo. Come spiega bene G. P. Fabris: “ In realtà, al consumo nell’era della modernità non viene mai riconosciuto un autonomo statuto epistemologico, una propria distintiva specificità: il consumo dipende in tutto e per tutto dalla produzione, rappresenta una sorta di variabile dipendente dagli oggetti di accumulazione e di profitto che caratterizzano la società capitalista. Il consumo è un de cuius della produzione. […] Nella società nuova non solo il consumo 26 Ivi, p.92 25 acquisisce una riconosciuta centralità –mentre il ruolo del mondo della produzione e la cultura della fabbrica vanno appannandosi– ma la stessa tradizionale separazione tra produzione e consumo tende a sfumarsi e vede sempre più il consumatore nella veste di produttore o di partner delle impresa”27. Il web 2.0, dunque apre nuovi orizzonti di modificazione e democratizzazione dei mercati verso logiche sempre più al servizio dell’utente-consumatore più coinvolto nei processi di ideazione, in collaborazione con le aziende, di prodotti e contenuti. Ovviamente questa duplice veste dell’utente-lettore incide, e non poco, sul processo di costruzione della notizia, infatti si deve tener conto sia dell'aspetto educativo della notizia sia di quello commerciale. Il ruolo del pubblico nella negoziazione classica è indiretto, mentre con internet l’utente ha la possibilità di dialogare con i giornalisti e di inviare commenti sotto le notizie o di inviare contributi direttamente alla redazione. E' evidente che le due accezioni di destinatario possono convivere, ma è altrettanto chiaro che il processo di creazione della notizia parte da basi diverse a seconda che prevalga una concezione del primato del mercato o una prevalentemente educativa. Nel caso della propensione educativa ci si rivolge al pubblico in generale, non si effettuano differenziazioni, il bisogno di informarsi è per tutti, non può essere prerogativa di pochi; mentre nel secondo caso, quello della funzione commerciale, è facile che la testata tenti di innescare un rapporto stretto con i lettori per comprendere la sua identità e formare un target di riferimento che migliori il posizionamento del giornale. E’ qui, in questo punto esatto, che si innesca il potere coercitivo del medium come innovatore delle pratiche insite nella realtà della vita quotidiana che portano al processo di liquefazione della modernità di cui parla Bauman, all’alterazione di quelle ricette e routine insite nel bagaglio di conoscenze socialmente condiviso verso una logica dell’agire economica. I giornali cartacei, si autofinanziano con la vendita delle copie dei quotidiani e, sì, con una quota minimale di investimenti pubblicitari, ma gli utili dei giornali online, come di qualsiasi servizio reso gratuitamente sul web, deriva esclusivamente dalla vendita di spazi pubblicitari. Nei primi anni di maggior espansione di quella che è stata anche chiamata net economy, si è cercato un metodo univoco che potesse 27 Fabris, G. P., Societing, Egea, Milano, 2008, p.23 26 sostenere le spese della lavorazione delle notizie delle redazioni digitali: per esempio uno dei primi quotidiani americani ad intraprendere l’avventura del web, “Usa Today”, inizialmente proponeva un abbonamento a pagamento al sito tramite cui tutti i contenuti del giornale sarebbero stati visibili ai lettori, naturalmente i ricavi dei soli 1000 abbonati non bastarono e il giornale si vide costretto a fornire i propri servizi gratuitamente fatturando grazie alla vendita di spazi pubblicitari. Alcuni giornali hanno tentato la via per cui solo specifici contenuti o servizi, come i database, erano forniti a pagamento lasciando il resto alla libera consultazione dell’internauta. Altri ancora hanno puntato tutto sui proventi della vendita di spazi pubblicitari. L’unica cosa certa rimane il ruolo essenziale della pubblicità, unica vera fonte di guadagno per i siti e per i giornali online soprattutto a livello locale, l’utente medio è alquanto reticente quando si parla di pagare per informazioni o contenuti tratti da quotidiani online di fama nazionale, e mai lo farebbe per quelli di competenza locale. Dunque ciò che resta da fare per finanziare e per ricavare utili da una testata online è rivolgersi al marketing28, vendendo cioè alle aziende pubblicitarie clienti, fette di mercato composte dai lettori che vengono targettizzati per esser poi venduti. Naturalmente ciò che le aziende comprano non sono consumatori in carne ed ossa, ma informazioni, dati anagrafici e preferenze di consumo degli utenti del sito. Questo è uno dei cambiamenti apportati nel giornalismo dal passaggio dalla carta stampata al digitale. Ciò che il giornale vende non è più la notizia ma le informazioni legate al suo pubblico, applicando una logica dell’audience simile a quella televisiva da cui deriva, appunto, quella che alcuni chiamano “crisi del giornalismo”, la preminenza delle opinioni sui fatti29. 28 Cfr Cremonesini, V., Il potere degli oggetti: il marketing come dispositivo di controllo sociale; Franco Angeli, Milano, 2006, p. 42: “Il marketing, infatti, ha acquisito nel presente una rilevanza maggiore e più complessa delle sue origini […]Il marketing è andato definendosi sempre più in termini di cultura, abitudine, approcci metodologici in grado di elaborare scenari e strategie con cui si governa il presente e il futuro delle aziende per mantenere vitale la loro performance competitiva. Una cultura che ha invaso con la sua ottica, il mondo della vita quotidiana” . 29 Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione, Mondadori, Milano, 2011. 27 3. La crisi del giornalismo Quella che da qualche tempo viene chiamata “crisi del giornalismo” fa parte di un processo molto più esteso di ricerca delle coordinate per una lettura più sicura della realtà, messa in discussione dall’evoluzione delle tecnologie mediatiche. E’ un problema, questo, che verrà affrontato solo trasversalmente e che serve ad avere il quadro generale delle mutazioni sociali in corso apportate dal potere coercitivo del medium al quale ci si riferisce. Il giornalismo rappresenta quasi per definizione un campo privilegiato nel quale i segni della crisi si anticipano e iniziano a definirsi. Per dirla con le parole di Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della Sapienza di Roma: «Spesso sono i piccoli indizi a rivelare un imminente cambio di prospettiva: i simboli attraverso cui la crisi si manifesta e si rende riconoscibile cambiano con il tempo, rendendo precocemente sterile persino le categorie d’analisi più consolidate, e meno efficace la nostra capacità di lettura della realtà. Quando nel sistema dell’informazione viene a mancare questa propensione a leggere il mutamento, s’innesca un cortocircuito comunicativo che, inevitabilmente, volge lo sguardo al passato, idealizzandolo, e rende quindi indispensabile un affinamento degli strumenti culturali e degli indicatori analitici. La crisi appare come uno stato temporaneo di squilibrio di un sistema, accompagnato ad una grave incertezza e difficoltà, che non può essere risolto attraverso le risorse normalmente disponibili. […] Adattare il concetto di crisi al giornalismo implica la presa d’atto che in questo territorio si può evidenziare un caso particolare ma lampante di un più ampio deficit della mediazione, che rappresenta una delle cifre distintive della modernità». Il professor Morcellini aggiunge ancora «Oggi , il sistema dell’informazione e della politica, di fronte alle tendenze al ripiegamento dell’individuo e all’esclusione dell’altro dal proprio orizzonte cognitivo, si contraddistinguono per la sostanziale contiguità di linguaggi, metafore, strategie e salotti frequentati. Ciò che attualmente esprimono, 28 più che un progetto di una società fondata sulla giustizia e sull’equità, appare quasi come un progetto contro la società, a tutela dei particolarismi e delle rendite di posizione. Emblematico, in questo processo, è il ruolo delle rappresentazioni della società veicolate dai media e dalla politica, sempre presentate come fedeli riproduzioni del reale, quasi fossero la loro immagine speculare. Si tratta di immagini che appaiono sempre più minacciose e meno sovrapponibili all’esperienza quotidiana delle persone. In questo cortocircuito doloso tra immaginario e reale si configura uno stravolgimento dei ruoli e delle prerogative dei media: in una confusione estetizzante e spettacolare, la funzione dell’informazione sembra non essere più quella di raccontare la realtà con i migliori strumenti di cui dispone, ma riprodurre un nuovo immaginario, ad uso e consumo della politica e dei media stessi»30. Morcellini poi riconduce questa crisi del giornalismo a cinque diversi nuclei tematici: - Desacralizzazione della società: la crisi del giornalismo sconta la perdita di peso della società nella vita degli individui nel periodo della postmodernità, e raffigura anche le conseguenze di un processo di svuotamento delle relazioni significative con istituzioni, politica e vita pubblica che facevano fronte ai bisogni dei soggetti di costituirsi come personalità e identità. Al disincanto del mondo è corrisposto il disincanto del giornalismo come rappresentazione del mondo. - La crisi delle rappresentazioni sociali: con la perdita di valore della società sono arrivate anche le mutazioni degli immaginari sociali e linguistici caratteristici della cultura italiana sino alla metà degli anni Novanta, sostituiti con un riduzionismo di contenuti e linguaggi, sintetizzabile con l’espressione “racconto del mondo in poche battute”, introdotto dalle logiche televisive che hanno pervaso la realtà della vita quotidiana. Il consumo di massa della comunicazione ha abituato i lettori ad approcciarsi ad un numero più elevato di beni culturali, allargando il loro sguardo sul mondo ma riducendo la loro capacità di approfondimento. 30 Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione, Mondadori, Milano, 2011, p. 9 29 - Rivoluzione degli stili narrativi: Il giornalismo ha rinunciato ad essere costruzione sapientemente narrativa del reale, appiattendosi a cronaca, rinunciando, sotto i colpi di un racconto ispirato alle fiction, che sembra intercetti meglio l’attenzione del pubblico, al compito, in comune con le scienze sociali, di raccontare il cambiamento, preferendo un racconto stereotipato della realtà e autoreferenziale della società, aumentando smodatamente l’attenzione per i fatti di cronaca nera. - “Licenziamento” del passato: il giornalismo nella sua veste di archivio ha condiviso la visione della memoria come qualcosa di sacro che ha rappresentato per molto tempo un elemento stabilizzatore fondato sulle esperienze del passato, ma che con l’euforia della comunicazione ha lasciato il passo alla smemoratezza interrompendo il suo lavoro di interpretazione del mondo sull’esperienza del passato. - Polarizzazione del conflitto e dell’identità: con la tendenza in atto verso un decadimento dello stile dell’argomentazione razionale dei fatti, della ricerca della verità e del riconoscimento di valori universalmente condivisi, il giornalismo perde il suo ruolo di luogo di confronto per divenire invece luogo di scontro, di semplice contrapposizione e schieramento. Ne sono un esempio le rappresentazioni della dialettica politica o il clima di scontro irrazionale degli utenti dei forum che dimostrano la polarizzazione del dibattito in opposte tifoserie, sintesi di un irriducibile antagonismo anomico verso un annullamento materiale e morale dell’altro31. 31 Cfr. Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione, Mondadori, Milano, 2011, pp. 10-12 30 CAPITOLO 3 Il giornalismo online 1. Consumi mediatici in numeri Per rendere il quadro di riferimento più particolareggiato e per avere un’idea, anche a livello quantitativo, della situazione del giornalismo italiano è indispensabile consultare i dati disponibili sui consumi mediatici con un focus particolare sulla stampa. Per motivi pratici si fa qui riferimento a dati precedentemente raccolti da agenzie specializzate a livello nazionale come Istat, Censis, Rapporto Nielsen, Audipress e Audiweb. I primi dati che consulteremo sono quelli derivanti al “decimo rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione” facente parte del“46° rapporto sulla situazione sociale del paese”32. I dati disponibili sui consumi mediatici del 2012 confermano che gli unici mezzi che riscuotono un successo crescente e incrementano la loro utenza sono quelli che integrano le funzioni dei vecchi media nell’ambiente di Internet, come gli smartphone (telefono e web) e i tablet (schermo della tv, lettura di libri e giornali, pc, web). Indipendentemente dal supporto usato, la televisione continua ad avere un pubblico di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione (il 98,3%: +0,9% di utenza complessiva rispetto al 2011), con 32 Disponibile su http://www.censis.it/Censis/browse/10?shadow_ricerca=118876, in versione cartacea, Comunicazione e media, pp.411-465, in Censis. “Quarantaseiesimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2012”, Franco Angeli, 2012, 31 aggiustamenti che dipendono dalla progressiva sostituzione del segnale analogico con quello digitale, dal successo consolidato delle tv satellitari (+1,6%) – che concedono all’utente una maggiore autonomia operativa rispetto alla tv tradizionale –, dalla maggiore diffusione della web tv (+1,2%) e della mobile tv (+1,6%). Oggi un quarto degli italiani collegati a Internet (24,2%) ha l’abitudine di guardare i programmi dai siti web delle emittenti televisive e il 42,4% li cerca su YouTube per costruirsi i propri palinsesti su misura. Queste percentuali, già considerevoli, aumentano quando si prende in esame la popolazione più giovane, salendo rispettivamente al 35,3% e al 56,6% tra gli internauti 14-29enni, che sono i soggetti che più degli altri incarnano le nuove tendenze. Tab. 3.1, L’evoluzione del consumo dei media, televisione, (val%). Anche la radio resta un mezzo a larghissima diffusione di massa (la ascolta l’83,9% della popolazione: +3,7% in un anno). Ma anche in questo caso si accresce l’importanza delle forme di radio che si determinano all’intersezione con l’ambiente di Internet: la radio ascoltata via web tramite il pc (+2,3%) e per mezzo dei telefoni cellulari (+1,4%), che stanno soppiantando un mezzo digitale di prima generazione come il lettore portatile di file mp3 (-1,7%). 32 Tab. 3.2, L’evoluzione del consumo dei media, radio, (val%). Per quel che riguarda i giornali, come testimoniano i dati, la carta stampata continua a perdere lettori: i lettori di quotidiani (-2,3% tra il 2011 e il 2012), che erano il 67% degli italiani cinque anni fa, nel 2007, sono diventati oggi solo il 45,5% – al contrario, i quotidiani on line contano il 2,1% di lettori in più rispetto allo scorso anno, arrivando a un’utenza del 20,3%. Perde lettori anche la free press, che si attesta al 25,7% di utenza (-11,8%), i settimanali (-1%) e l’editoria libraria (-6,5%). E proprio tra i giovani la disaffezione per la carta stampata è più grave: tra il 2011 e il 2012 i lettori di quotidiani di 14-29 anni sono diminuiti dal 35% al 33,6%, quelli di libri dal 68% al 57,9%. Il calo dei giornali gratuiti è stato verticale (in un anno si è passati dal 37,5% al 25,7% di utenza, registrando una differenza di 11,8 punti percentuali), determinato dalla chiusura di alcune testate, dall’eliminazione delle edizioni in alcune città e dal crollo degli investimenti pubblicitari nel settore, che hanno prodotto una riduzione delle copie complessive distribuite. Nel 2012 i settimanali si sono attestati al 27,5% e i mensili al 19,4%. 33 Tab. 3.3, L’evoluzione dei consumi dei media, giornali, (val%). E’ interessante notare come la “dieta mediatica” degli italiani sia cambiata in questi anni, dove per “dieta mediatica“ si intende il fitto sistema di relazioni e interazioni che si determinano in ciascun soggetto in base alla sua capacità di orientarsi nel mondo, non solo grazie all’impiego di un numero più o meno ampio di media, ma anche in base alla qualità intrinseca dei mezzi di comunicazione usati in prevalenza. Le persone con diete basate solo su media audiovisivi (tv e radio) erano nel 2002 il 46,6% del totale, mentre gli italiani con diete aperte a Internet erano solo il 17,1%. In dieci anni la situazione si è capovolta, perché se questi ultimi sono arrivati al 55,5%, i primi sono scesi al 25,2%. Il cultural divide ‒ la condizione di marginalità vissuta da chi “si nutre” con una dieta mediatica assortita solo con tv e radio ‒ non è scomparso e coinvolge ancora un quarto della popolazione, però non rappresenta più il tratto distintivo degli italiani, che si collocano ormai in maggioranza anche oltre il digital divide. Tra i giovani (14-29 anni) solo il 7% si orienta su una dieta mediatica basata essenzialmente sugli audiovisivi, così come il 9,7% dei soggetti più istruiti (diplomati e laureati), mentre il cultural divide risulta ancora non indifferente tra i più anziani, con 65 anni e oltre (43,2%), e le persone meno istruite, con un titolo di studio che non va oltre la licenzia media 34 (38,3%). La differenza si fa più netta con riferimento al digital divide, visto che di fronte solo al 13,4% di giovani e al 23,9% di soggetti più istruiti che non hanno confidenza con le nuove tecnologie, ci sono un 62% di persone meno istruite e un 83,5% di anziani estranei alle opportunità offerte da Internet. Tab. 3.4, L’evoluzione della dieta mediatica degli italiani (val%). A proposito di giornali, il Censis individua un “press divide”: nel 2006 le persone estranee ai mezzi a stampa rappresentavano il 33,9% della popolazione, nel 2012 sono diventate il 45,5%. Tra i 14 e i 29 anni a una percentuale irrisoria di persone con diete solo audiovisive (il 7%) fa da contraltare il 36% di giovani che navigano in Internet senza sentire il bisogno di leggere libri e giornali. Il dato sui soggetti più istruiti estranei ai mezzi a stampa (31,9%) risulta ancora più preoccupante. Che persone con al massimo il titolo di studio della scuola dell’obbligo abbiano poca confidenza con i testi a stampa (57%) è abbastanza prevedibile. Che quasi un terzo dei diplomati e dei laureati non legga libri e giornali stupisce di più. Anche perché il dato del 31,9% a essi riferito risulta dalla somma del 9,7% di persone che hanno una dieta audiovisiva e del 22,2% di chi ha comunque una dieta aperta a Internet. 35 Tab. 3.5, L’evoluzione del press divide, 2006-2012 (val. %). A fronte della riduzione dei consumi di quotidiani, i portali web d’informazione generici, che non fanno riferimento alle testate giornalistiche, sono utilizzati ormai da un terzo degli italiani (il 33% nel 2012). Non è il bisogno di informazione a essere diminuito, dunque, ma le strade percorse per acquisire le informazioni sono cambiate. Spesso si tratta di semplici aggregatori di notizie prelevate da organi ufficiali di informazione. Essi hanno successo nella misura in cui si adeguano alla tendenza diffusa tra i navigatori della rete di personalizzare non solo l’accesso alle fonti, ma anche la selezione dei contenuti di informazione. Un altro aspetto importante messo in evidenza dal rapporto Censis è il ruolo della pubblicità, in quanto in una fase di prolungata contrazione degli investimenti pubblicitari che ha colpito tutti i media, ancorché con intensità diversa, Internet è l’unico mezzo ad aver incrementato il volume della raccolta pubblicitaria. Si registra, infatti, una variazione a due cifre percentuali: +12,3% nel 2011 rispetto all’anno precedente, arrivando a 636 milioni di euro. Sebbene la fetta di mercato del web sia ancora ridotta (il 7,4% del totale), e la gran parte della torta rimanga al mezzo da sempre dominante (la tv assorbe il 53,6% dell’intero budget), dalla 36 ricerca emerge però una grande efficacia della pubblicità veicolata da Internet misurabile in termini di capacità di influenzare le scelte dei consumatori. Per il 62,6% degli utenti che hanno accesso a Internet reperire informazioni sui prodotti dalla rete è una pratica comune. Al primo posto tra i canali sfruttati nella ricerca diretta di informazioni commerciali figurano, con il 37,1% delle risposte, i siti Internet delle aziende produttrici o venditrici del prodotto o servizio desiderato. Il secondo canale è quello delle piazze virtuali e dei social network. Discutere, chiedere consigli agli iscritti di community e forum online, ottenerne il parere prima di effettuare un acquisto, è un’abitudine per il 19% degli italiani che navigano in rete. Chi vuole rivolgersi agli amici sceglie di scambiarsi informazioni attraverso i social network (10,5%), e c’è anche chi cerca recensioni video su YouTube (11,2%). La terza modalità di fruizione della pubblicità ondemand è l’e-commerce, rifiorito negli ultimi tempi con la tendenza dei gruppi di acquisto collettivo. Cercare le offerte promozionali sui siti di vendita online come eBay è un comportamento praticato dal 13,4% degli internauti, un’abitudine più diffusa rispetto alla ricerca sui portali di acquisto collettivo come Groupon (10,9%). Negli ultimi dodici mesi 24 italiani su 100 hanno acquistato un prodotto o un servizio grazie alla segnalazione pubblicitaria vista in televisione. Ma al secondo posto per capacità di influenza viene proprio Internet: il 13,6% degli italiani ha acquistato grazie alla pubblicità vista sul web. 37 Tab. 3.6, Prima di decidere di acquistare un nuovo prodotto/servizio, quali delle seguenti cose le capita di fare? (val. %). Tab. 3.7, Negli ultimi 12 mesi le è capitato di acquistare un prodotto/servizio grazie alla pubblicità che ha visto/sentito sui seguenti media? (val. %) 38 La tendenza in aumento del consumo di internet da parte degli italiani è confermata anche dalla ricerca “Watch & buy report” del maggio 2013 dell’agenzia Nielsen33 dalla quale si evince che l’italiano medio trascorre sempre più tempo di fronte a Tv, Pc e supporti mobili. Per quanto riguarda la televisione, rispetto al 2012, si registra un aumento dell’audience del 1,8% nel giorno medio e un aumento del 1,3% del numero di minuti visti da ogni singolo individuo (4 ore e 44 minuti al giorno). Se si passa ad esaminare i consumi di internet, si registra anche qui un aumento rispetto al 2012 del 6% e un aumento del tempo passato online (+16%). È però nel mondo dei supporti mobile che si registra l’aumento più consistente dei consumi e del tempo speso, rispettivamente +34% e +16% del tempo medio di navigazione tramite dispositivi mobile rispetto al 2012-2011 Tab. 3.8, Audience, tempo e investimenti relativi a Tv, Pc e mobile. Come abbiamo visto prima, gli investimenti pubblicitari sono in calo in tutti i media tranne che sul web. Questa tendenza è confermate anche dal rapporto Nielsen. 33 consultabile su www.nielsen.com/it 39 Tab. 3.9, Investimenti pubblicitari sui media. Nonostante il calo del 19,1% degli investimenti pubblicitari su Tv, essi ricoprono ancora più del 50% degli investimenti totali. E la stampa perde il 24,8% degli investimenti pubblicitari, in accordo con la perdita di lettori, dato non sorprendente vista la grande migrazione di lettori dall’analogico al digitale. Inoltre, secondo uno rapporto della FIEG34, Federazione Italiana Editori Giornali, con dati riferiti al 2010-2012, l’editoria quotidiana e periodica è in forte crisi. Gli effetti dell’evoluzione tecnologica sono amplificati dagli effetti della crisi economica. Nel 2011, su 52 imprese considerate, quelle in perdita sono state 37, mentre quelle in utile sono state 15. La situazione è notevolmente peggiorata rispetto all’anno precedente, quando a registrare perdite, su un universo di 54 imprese editrici di quotidiani, furono 29 imprese, contro le 25 in utile. Sul piano dei costi è proseguita l’azione di contenimento, ma con una decelerazione: dal -7,5% nel 2010 si è passati al -2,8% nel 2011, in gran parte per l’incremento delle materie prime, cresciute del 6,4%. Tra i costi si segnala in particolare il forte aumento del prezzo della carta, di oltre il 15%. 34 I rapporti sono consultabili alla pagina: http://www.fieg.it/studi.asp 40 Nella struttura dei conti economici delle imprese editrici di quotidiani si registra la forte ripresa dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato: dopo un periodo di stabilità, la percentuale del costo del lavoro sul fatturato (31,6% nel 2010 e nel 2011) è considerevolmente aumentata nel corso del 2012, giungendo a rappresentare il 35,1% del fatturato. A partire del 2012 diminuiscono per la prima volta i lettori. Fino al 2011, a fronte di vendite in calo si è registrata una crescita o una sostanziale tenuta della lettura: la crisi induceva a risparmiare sull’acquisto del giornale, ma le persone non rinunciavano a leggerlo. L’ultima rilevazione (Audipress 2013/I) indica in 21,005 milioni le persone che ogni giorno leggono un quotidiano, con una diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2012 del 14,8% corrispondente a 3,663 milioni di lettori. Parallelamente, l’indice di penetrazione è calato dal 46,8% al 40,7%: in un solo anno sei persone ogni cento che leggevano un quotidiano non lo leggono più! La riduzione del numero dei lettori si è progressivamente accentuata. Nella prima rilevazione del 2012 si è registrato un calo dell’1,0% rispetto alla precedente rilevazione, nella seconda il calo è stato del 3,8%, nella terza del 5,1%; nella prima rilevazione del 2013 il calo registrato è stato del 6,7% rispetto all’ultima rilevazione del 2012. É dal 2001 - con l’unica eccezione del 2006 allorquando si verificò una seppur minima e temporanea inversione di tendenza (+0,9%) - che il numero delle copie vendute di quotidiani è in costante flessione. La flessione peraltro si è accentuata a partire dal 2008, parallelamente all’insorgere della crisi economica e alla contrazione dei livelli di reddito e della capacità di spesa delle famiglie. Nel 2012 la flessione delle vendite è stata del 6,6% (da 4,272 a 3,990 milioni di copie), con una percentuale analoga a quella registrata nel corso del 2011 (-6,8%). In cinque anni, a partire dal 2007, i quotidiani hanno perso oltre 1,150 milioni di copie, con una riduzione percentuale di oltre 22 punti. 41 Tab. 3.10, Lettura dei quotidiani Per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari, tutti i mezzi, come si è già visto, ad eccezione di Internet (+5,3%, da 631 a 664 milioni di euro), hanno registrato un calo, ma la contrazione è particolarmente accentuata nel settore della stampa. Gli investimenti pubblicitari diminuiscono del 17,6% (da 1,356 a 1,117 miliardi di euro) sui quotidiani, del 18,4% (da 852 a 695 milioni di euro) sui periodici, del 15,3% (da 4,624 a 3,917 miliardi di euro) sulla tv, del 10,2% (da 433 a 388 milioni di euro) sulla radio. Allargando l’arco temporale di osservazione a partire dall’anno prima dell’esplosione della crisi economica (2007) si rileva come gli investimenti pubblicitari sulla stampa (quotidiani e periodici) siano diminuiti del -33,6%. Nello stesso periodo (2007/2012) anche gli investimenti pubblicitari sulla tv sono diminuiti, ma in maniera meno pesante (del 20%) con la conseguenza di una accentuazione dello storico squilibrio del mercato pubblicitario italiano in favore del mezzo televisivo. Nel 2007, la stampa raccoglieva il 32,1% delle risorse pubblicitarie e la tv il 42,1%. La crisi economica accompagnata dall’esplosione della pubblicità su Internet (cresciuta del 147% anche in virtù dei bassi livelli di 42 partenza) ha ridotto la quota pubblicitaria della tv di un punto (dal 42,1 al 41,1% nel 2012) e quella della stampa di oltre sei punti (dal 32,1 al 26,0%). I dati sugli investimenti pubblicitari relativi al primo trimestre del 2013 segnalano l’ulteriore aggravarsi della crisi del mercato pubblicitario in generale e degli investimenti sulla stampa in particolare. Il totale degli investimenti pubblicitari segna, infatti, un calo del 18,9% rispetto al primo trimestre del 2012, calo più accentuato sui periodici (-22,3%) e, ancor di più, sui quotidiani (-26,1%). In contro tendenza rispetto all’andamento della carta stampata, per i giornali online il numero di utenti attivi nel giorno medio è passato da 12,7 del 2011 a 14 milioni nel 2012 con un incremento del 10,8%. 2. Giornali online, multimedialità e crossmedialità Nel cap. 2 si è parlato della differenza tra le tempistiche dell’editoria dei quotidiani della carta stampata e quelle dei giornali online, si è fatto riferimento anche al mutamento avvenuto all’interno del processo di negoziazione giornalistica. In questo capitolo invece si intende dar conto delle peculiarità che fanno di un giornale online uno strumento differente rispetto al quotidiano cartaceo. Si prenderanno in considerazione, dunque, quelle caratteristiche dell’informazione digitale che contraddistinguono la produzione e la fruizione delle notizie sul web. Ecco alcune caratteristiche principali dei giornali online35: - Tempestività, intesa come aggiornamento continuo e senza orario o palinsesto. Le notizie vengono pubblicate il prima possibile anche solo in forma di flash di poche righe in modo da lanciare la notizia per poi approfondirle con articoli più dettagliati che seguono al lancio. Il successo di un sito è dettato anche dalla frequenza con cui i suoi contenuti vengono aggiornati e dalla velocità di 35 Cfr. - PRATELLESI, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, pp.110-115; e MAZZOCCO, D., Giornalismo digitale, architettura, programmazione, ottimizzazione, Edizioni della Sera, Roma, 2012, pp.45-51 43 trasmissione delle notizie, la possibilità cioè di dar conto dei fatti in tempo reale. Questo è un elemento determinante per i quotidiani online che eleva la competitività rispetto alle notizie già invecchiate disponibili sul cartaceo la mattina seguente. Sul web le notizie anno vita breve, il ciclo di vita delle notizie si esaurisce nell’arco di poche ore. - Spazio, determinante per superare i limiti imposti dalla carta, le possibilità di approfondimento sono quasi illimitate. Un tipo di approfondimento è costituito dai link che possono aiutare il lettore ad informarsi sull’argomento tramite collegamenti ipertestuali, informazioni già pubblicate o esterne. Inoltre, il recupero di documenti, articoli, commenti, e ricostruzioni è di gran lunga facilitata dal libero accesso ai database dei giornali e al reperimento di informazioni sul web. I vecchi articoli sono disponibili immediatamente con una semplice ricerca nel sito del giornale. Questa semplicità di reperimento di informazioni è tanto vera da aver creato delle discussioni su diritto alla privacy ed in particolare su quello che viene chiamato “diritto all’oblio”, cioè la tutela del passato delle persone coinvolte in fatti di cronaca o in articoli ormai datati. Alle redazioni dei giornali online capita spesso di ricevere richieste di cancellazione di vecchi articoli, ma la questione non è affatto semplice. Provando ad azzardare, una possibile soluzione potrebbe essere negare l’accesso a determinate notizie via web ma conservarle nelle banche dati dei giornali. - Interattività. Nei giornali online come nel web 2.0 il lettore o fruitore non ricopre più un ruolo esclusivamente passivo, ma diventa prosumer, produttore e consumatore al tempo stesso. Può decidere che cosa leggere, vedere e consultare, è coinvolto nel processo di ricerca e scrittura, come dimostra il giornalismo partecipativo, e può esprimere la propria opinione nei forum o sotto agli articoli stessi grazie alla funzione “commenta” dei siti. Inoltre grazia a applicazioni come Google news può crearsi il proprio giornale fatto su misura, creato dall’utente stesso in base ai propri interessi e consente di costituire all’interno dell’offerta informativa un proprio percorso. Inoltre la rete consente l’interazione tra utenti, tra lettori, attraverso le community che stimolano e facilitano la comunicazione diretta tra persone con gli stessi interessi. 44 - Multimedialità e crossmedialità. Ormai, a conti fatti, gli articoli costituiscono solo una parte della notizia e dell’informazione online. Oggi il giornale è scritto con più linguaggi (testo, grafica, foto, audio, video, animazione) che attraverso i link, formano l’ipertesto multimediale. Il web ha offerto questa grande possibilità ai giornalisti digitali che oggi hanno la possibilità di integrare i loro articoli con gallerie di foto e video in tempo reale. Il giornalismo, dunque, ha maturato la capacità di raccontare i fatti attraverso mezzi e linguaggi differenti. Il merito è attribuibile alla tecnologia che ha affinato la qualità delle immagini scattate anche con modeste macchine fotografiche e videocamere. L’introduzione di contributi audio e video ha permesso hai giornali online di diventare concorrenziali nei confronti di televisioni e radio. Per sopravvivere alla crisi e alla giungla di offerta informativa occorre un approccio multitasking ed un prodotto multimediale. L’esistenza futura delle grandi e piccole testate sarà determinata dalla capacità di articolare un’informazione crossmediale sul web, le immagini, i video e le fotogallery attirano un numero elevato di click. Il ruolo del giornalista si evolve, dall’essere solo una buona penna, oggi, gli viene richiesto di saper costruire le notizie in modo da adattarle a tutti i formati: testo, video, foto e audio. Viste le caratteristiche richieste dal giornalismo digitale per sviluppare un prodotto competitivo, Russo e Zambardino nel loro “Eretici digitali”, mettono a fuoco sei condizioni “necessarie, ma non sufficienti” per sopravvivere nell’epoca digitale: -integrazione delle redazioni, digitale e cartaceo; - apertura ai lettori nel processo di raccolta, editing e pubblicazione delle notizie, inserendo anche una fase di post editing a cura della redazione su segnalazione dei lettori; - capacità di rendere il prodotto multipiattaforma; - presenza nei luoghi di aggregazione degli utenti digitali, nei social network, sia per la raccolta delle informazioni che per la promozione di contenuti(da Facebook a Twitter, da Flickr a YouTube, esistono nuove straordinarie possibilità di entrare in connessione con le piattaforme del web 2.0 sia per acquisire lettori sia per sfruttare la leva delle conoscenze che in questi servizi vengono quotidianamente inserite dagli utenti). 45 - dato un qualsiasi argomento, esiste almeno un lettore che ne sa più di noi. Trovarlo, o fare in modo che egli si faccia trovare, e metterlo in condizioni di collaborare al processo di costruzione della notizia - apprendere le regole dell’Informazione liquida36. Infine, al mutamento delle caratteristiche del modo di fare giornalismo digitale corrisponde anche una aggiornamento nell’organizzazione della redazione online che verrà riassunto in alcune funzioni principali: -ricerca e selezione delle informazioni; - ricerca di foto e video; - elaborazione ed impaginazione; - pubblicazione; - prelievo di articoli da giornali di carta; - aggiornamento delle news; - gestione dei forum e dei blog; - gestione dei sondaggi e dell’interattività con i lettori37. Alcune redazioni prevedono un lavoro no stop di 24 ore, con un turno notturno, ed altre aggiornano il sito tra le 6-7 della mattina e le 0-2 della mattina successiva, questo avviene perché le notizie hanno un ciclo di vita brevissimo e rimbalzano velocemente da un media all’altro, invecchiando in fretta, per questo è importante l’aggiornamento continuo. 3. Forme di finanziamento dei giornali online 3.1. Paywall, premium o tutto free? Uno degli argomenti ancora molto dibattuti e senza una soluzione definitiva nell’ambito del giornalismo online è il modello di finanziamento da adottare per i 36 Cfr. Russo, M., Zambardino, V., Eretici digitali, pp. 32-33 Cfr. PRATELLESI, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano, 2008, p.138 37 46 siti. Mentre per i giornali cartacei i proventi derivano dalla vendita diretta delle copie e da spazi pubblicitari all’interno del giornale, per i giornali online ancora non esiste una soluzione univoca a questo problema. Sin dalla nascita dei primi giornali online gli esperimenti sono stati molteplici e alcuni non hanno sorbito l’effetto desiderato. Il più famoso è stato quello del quotidiano americano “Usa Today” che al momento dell’entrata nel mondo digitale nel 1995 aveva deciso di capitalizzare i proventi dei suoi 2 milioni di lettori organizzando una redazione composta da 75 redattori e ben 225 collaboratori esterni solo per l’edizione digitale, chiedendo in cambio agli utenti un abbonamento mensile del costo di 12 dollari e 95 cents per 3 ore al mese di collegamento e 2 dollari e 3 cents per ogni ora in più. Dopo pochi mesi dall’inaugurazione della redazione digitale i guadagni derivanti dai 1.000 abbonamenti non furono sufficienti per ammortizzare tutte le spese, ed il giornale si vide costretto ad aprire l’accesso alle sue informazioni recuperando i lettori che aveva fatto scappare con il muro dei contenuti a pagamento, il cosiddetto paywall, riversando le possibilità di guadagno sulla vendita di spazi pubblicitari. Il passaggio dalla carta al digitale, soprattutto per i veterani del mondo dell’informazione, non è stato per niente semplice. Le grandi firme del giornalismo hanno dovuto scontrarsi con la logica del “tutto gratis” sul web, con la reticenza, cioè, della maggior parte degli internauti, a pagare per accedere ai contenuti web. È questa la debolezza economica strutturale con cui i giornali online devono misurarsi. Per la maggior parte di loro, soprattutto per quelli locali, infatti, è difficilissimo raggiungere una massa tale di traffico da far esplodere il mercato pubblicitario. La forza del brand di un quotidiano in edicola è molto diversa da quella che la stessa testata può avere su internet. Di solito l’utente web cerca la singola informazione e non un quotidiano che lo guidi attraverso le notizie, e comunque tende a ricercare le notizie in senso orizzontale, confrontandole, cioè, tra di loro anche attraverso differenti siti di informazione e giornali, sfruttando per altro le potenzialità della rete. La diversificazione dei canali a disposizione dell’utente sminuisce i ricavi delle imprese del business dell’informazione. Se da un lato ci troviamo difronte alla reticenza degli utenti a pagare per contenuti web, dall’altro c’è l’instabilità del mercato pubblicitario che, 47 se pur in crescita negli investimenti internet, non è ancora chiaro se si tratti un tendenza stabile o solo passeggera. La scelta tra il paywall e il “tutto free” non è per niente semplice, a maggior ragione se si considera il fatto che, nel caso dei contenuti a pagamento, non è scontato che si raggiunga un numero sufficiente di abbonati che garantiscano le entrate necessarie per coprire le spese e produrre utili. Inoltre laddove gli utenti sono tanti, esiste poca disponibilità a pagare, visto che si tratta perlopiù di lettori occasionali e poco fidelizzati disposti, a trovare facilmente alternative gratuite di qualità simile. Mentre dove i lettori sono fidelizzati sono i numeri ad impedire la redditività delle barriere a pagamento38. Per non sottovalutare, poi, il fatto che chiudere un giornale, consentendone l’accesso solo tramite abbonamento, significherebbe negare, allo stesso, tutti i privilegi della rete, trasformandolo in un semplice strumento di lettura, un videotext. Una via di mezzo sembra essere costituita dal modello “premium”, si concede cioè, l’accesso ai servizi base come articoli e materiale interattivo, per poi metter in vendita i servizi speciali, come l’accesso all’archivio del giornale o l’upload del giornale cartaceo, scannerizzato per la lettura su supporto digitale. Un’altra moneta di scambio per i servizi aggiuntivi del modello “premium” è costituita, in alcuni casi, dai dati personali dell’utente, gli si chiede cioè di effettuare un login o una registrazione per reperire informazioni personali che poi verranno analizzate e vendute agli investitori pubblicitari che potranno, così, targettizzare meglio il mercato e selezionare con miglior efficacia il prodotto da pubblicizzare. Non, dunque, un vero pagamento, ma un ricompensa in informazioni personali, una piccola rinuncia alla privacy in cambio un servizio o un’altra informazione. A pensarci bene, è questo il vero paradosso della rete, si acquistano informazioni in cambio di altrettante informazioni. Il cliente finale dunque non è più il lettore del giornale o il fruitore della singola notizia, ma, a ben vedere, le agenzie pubblicitarie, il marketing, in una logica molto simile a quella dell’audience televisiva, i programmi con più ascolti attirano più pubblicità, allo stesso modo i giornali che attirano più click e più pagine visualizzate attraggono maggiori investimenti in pubblicità. Tutto a prescindere dalla qualità. 38 Cfr. Granieri, G., “Dimmi dove lo metti, il paywall”, pubblicato il 12 giugno 2009 si Blog Notes (http//www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=1109) 48 Dal fronte degli editori arrivano idee e anche qualche recriminazione. Alcuni fanno riferimento al fatto che in effetti gli unici proventi certi provengano dai fornitori della rete, delle connessioni a banda larga e dalle piattaforme sociali e di aggregazione che sfruttano i contenuti altrui. La domanda è: viene prima l’uovo o la gallina? Se non ci fossero i soggetti che producono i contenuti non ci sarebbero nemmeno gli aggregatori, se gli editori o gli utenti stessi non producessero contenuti le reti e le piattaforme sociali sarebbero vuote ed improduttive. Da qui dunque la richiesta degli editori di ripartire l’unica fonte di guadagno sicura. Una critica simile è stata mossa nei confronti del colosso Google, per il suo aggregatore Google News39, che in base ai flussi prodotti da alcune centinaia di fonti giornalistiche è in grado di creare automaticamente una gerarchia tra gli argomenti del giorno. L’homepage non è che un collage formato da titoli, immagini e un breve cappello, presi in prestito da altri giornali a cui l’utente viene reindirizzato nel momento in cui clicca la notizia. La richiesta specifica degli editori sarebbe far pagare a Google i diritti d’autore.40 Come si è visto dunque, la scelta tra i vari modelli commerciali non è esente da rischi, tant’è che, dopo circa vent’anni di storia del giornalismo online, non esiste una soluzione definitiva al problema, al contrario nascono sempre modi differenti per finanziare giornali o, come si vedrà, singole iniziative. 3.2. Il crowdfunding Preso atto dei motivi che rendono la scelta del modello di finanziamento ardua, e tenuto conto dell’instabilità economica mondiale (la crisi economica attanaglia i mercati dal 2008), negli ultimi anni si stanno sviluppando nuovi metodi di finanziamento che prevedono un contributo economico “dal basso”, si parla di crowdfunding. È una tecnica a cui si affidano spesso i realizzatori di video, film, musica e alcuni operatori del mondo dell’editoria. In quest’ultimo caso, di solito, 39 http///news.google.com -Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo, Milano, 2010, pp. 145- 158 40 49 attraverso un sito internet viene proposto un progetto di inchiesta e il budget necessario per realizzarlo che comprenda le spese e una remunerazione per il giornalista o l’equipe. Agli utenti viene chiesto di investire nel progetto attraverso un’offerta libera in denaro. Se le offerte raggiungono il budget pattuito l’inchiesta parte, nel caso contrario no41. Il primo ad utilizzare una tecnica di questo tipo è stato New Assignement, nel 2006, che proponeva questo esperimento giornalistico condotto da Jay Rosen alla New York University. Lo scopo dell’esperimento era conciliare gli interessi dei lettori con la passione e la professionalità dei giornalisti su temi che sarebbero poi stati sviluppati attraverso la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti che avrebbero anche raccolto i soldi necessari alla realizzazione dei singoli progetti. Da New Assignement è nato poi Spot.us un sito di informazione che si focalizza sul giornalismo d’inchiesta. Gli iscritti a Spot.us propongono i temi che attirano il loro interesse ed i giornalisti si rendono disponibili per svolgere il lavoro d’inchiesta, definendo un compenso che copra le spese e che sia adeguatamente remunerativo, qui poi, si da il via alla colletta a cui si può partecipare anche con modeste donazioni di denaro. Nessun finanziatore può coprire più del 20% del budget totale dell’inchiesta, l’intero processo è esposto in maniera trasparente sul sito. Quando la quota necessaria per realizzare l’inchiesta viene raccolta il giornalista procede alla realizzazione e ne pubblica i risultati su Spot.us. Poi, nel caso in cui una grande firma del giornalismo, o chi per lei, voglia acquistare l’articolo con i relativi diritti di esclusiva i soldi guadagnati ritornerebbero ai finanziatori originali in forma di crediti da spendere per sostenere nuovi progetti. Nel corso del primo anno di attività Spot.us ha raccolto 45.000 dollari finanziando così 40 inchieste, la donazione media si è aggirata intorno ai 20 dollari42. Uno degli esperimenti meglio riusciti nel campo del crowndfunding negli Stati Uniti. Anche l’Italia, se pur in maniera meno organizzata che negli USA, sta pian piano scoprendo questo modello di finanziamento giornalistico. È questo il caso di Claudia Vago conosciuta sul web come @tigella, una ragazza emiliana di 34 anni 41 Cfr. MAZZOCCO, D., Giornalismo digitale, architettura, programmazione, ottimizzazione, Edizioni della Sera, Roma, 2012, p. 150 42 Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo, Milano, 2010, pp 190-192 50 che nel gennaio del 2011 con lo scoppio della rivolta in Tunisia e poi con la “primavera araba” era diventata popolare su Twitter per aver rilanciato o retweetato alcuni account tunisini che seguiva insieme al marito di origini in parte tunisine, diventando così uno dei punti di riferimento in Italia per le informazione sulla rivoluzione araba sui social network. L’apprezzamento conquistato con il lavoro fatto sulla questione araba, l’aveva spinta a creare un progetto di crowndfunding, chiedendo al suo pubblico di finanziare il suo viaggio negli USA per seguire da vicino “Occupy Wall Street”, movimento nato il 17 settembre 2011, giorno in cui 5.000 manifestanti pacifici tentarono di raggiungere la zona di Wall Street a New York ma furono ostacolati dalle forze dell’ordine ed il corteo si trasformò in un’assemblea generale. L’obiettivo era quello di creare un movimento permanente capace di distogliere l’agenda del dibattito pubblico dall’egemonia del capitalismo finanziario. “Claudia ce l’ha fatta, ha raccolto 2.600 euro in una decina di giorni grazie alla piattaforma «Produzioni dal basso – nuove comunità economiche» (http://www.produzionidalbasso.com) e alla fine di aprile è partita per New York, dove ha assistito «da dentro» a manifestazioni e cortei, per poi spostarsi a Chicago dove il movimento «Occupy» intendeva contestare il vertice della NATO che si svolgeva in quella città. […] «Problemi dell’informazione » ha deciso di intervistarla per fare con lei un bilancio dell’esperimento. […] Proprio sul piano del metodo la sottoscrizione di Claudia suscitò qualche polemica, specie da quanti la accusavano di «svendere» il proprio lavoro. Allo stesso tempo altri lodarono l’impresa come un esempio del «giornalismo del futuro»”43. Il metodo del crowndfunding, come tutto ciò che è sperimentale, non è esente da critiche, l’articolo de “Problemi dell’informazione” lo mette ben in evidenza, ma ciò che è importante qui è sottolineare la nascita di nuovi modelli di finanziamento del giornalismo che nell’incontro/scontro con il mondo digitale ne modificano dalle fondamenta i meccanismi e le dinamiche, provocando ancora una volta quelli assestamenti che, inevitabilmente, vengono a crearsi nella rimediazione del mezzo “giornale” e che, dal canto loro, contribuiscono ad innescare quei meccanismi di mutamento socio-culturale che interessa sottolineare 43 A cura di Tedeschini Lalli, M., “Crowndfunding e contenuti liquidi, il giornalismo partecipativo e digitale di @tigella” in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2, agosto 2012 51 in questa sede e a cui si fa riferimento nell’introduzione. È importante dunque tenere a mente che Claudia Vago nel suo lavoro di reporter doveva dar conto del suo lavoro ai lettori che l’avevano finanziata e non al suo direttore, come sarebbe successo in una tradizionale redazione di un quotidiano cartaceo, per non parlare del fatto che per raccontare il movimento in tempo reale, Claudia, ha utilizzato i social network e un blog con aggiornamenti minuto per minuto e formati che vanno dalle immagini, al video, ai tweet e agli articoli in una prospettiva multimediale. Il caso di @tigella è sintomatico di un giornalismo costretto ad allargare i suoi orizzonti sia dal punto di vista produttivo, contribuire ad informare è oggi compito non solo dei professionisti ma anche degli utenti o di pubblici cittadini, sia dal punto di vista del consumatore, il lettore non ricopre più il semplice ruolo di fruitore, può far parte a pieno della macchina produttiva ed ha voce in capitolo in molti modi differenti, finanziando progetti o semplicemente commentando le notizie. 4. Citizen journalism Per Citizen journalism si intende giornalismo collaborativo fatto dalla partecipazione attiva dei lettori e degli utenti. Esistono diversi tipi di giornalismo partecipativo, ma ciò che tutti hanno in comune è la collaborazione, di vario livello, tra i lettori e i giornalisti, tra i consumatori e i produttori di informazioni. Nel 2005, Steve Outing ha tentato di stilare una classifica di 11 livelli che scandiscono il processo di adozione del citizen journalism all’interno del giornalismo44: - L’apertura degli articoli ai commenti del pubblico. I commenti fanno il loro ingresso con i primi blog, non sono un’apertura particolarmente significativa ma consentono ai lettori di reagire in qualche maniera, criticare ed aggiungere particolari. 44 Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo, Milano, 2010, pp 181-190 52 - La richiesta di aiuto del lettore. Alcuni articoli possono essere arricchiti dai contributi dei lettori a conoscenza, magari, di particolari o episodi sconosciuti al giornalista che possono integrare l’articolo o dare vita ad uno spazio per le testimonianze. - Open source reporting. Raggruppa tutti quei casi in cui un giornalista o un giornale confrontano le proprie idee con i lettori prima di mettere a punto un’indagine o un’inchiesta. - La piattaforma di blogging. Molti giornali ospitano all’interno del loro sito uno spazio dedicato ai blog dei lettori, fornendogli così la possibilità di render pubblico il proprio pensiero, aggregando nuovi punti di vista ed arricchendo il sito di contenuti di valore. - Condivisione trasparente delle scelte redazionali. Alcune testate hanno maturato la buona abitudine di rispondere regolarmente, in maniera diretta o tramite figure specializzate, alla curiosità e alla perplessità dei lettori, giustificando le proprie scelte e valutazioni giornalistiche. - Il sito indipendente di citizen journalism (con editing). Alcuni giornali promuovono spazi, indipendenti dalla testata stessa, aperti alla creatività dei propri lettori, sulla quale la redazione si riserva il diritto d controllarne i contenuti per garantire il rispetto di alcuni standard di uniformità e qualità, e ha l’ultima parola sulla loro pubblicazione. Più diffuse negli USA e a livello locale. - Il sito indipendente di citizen journalism (senza editing). È la stessa situazione del livello precedente senza però il lascia passare della redazione. - La pubblicazione su carta dei contenuti prodotti dai lettori. Le iniziative come i siti indipendenti di citizen journalism producono spesso contenuti interessanti e molto utili ai concittadini, così alcuni editori hanno pensato di stamparli su carta, diffondendoli come free press o in allegato con altri giornali. - L’ibrido: professionisti e citizen journalist lavorano insieme. Una piccola redazione di giornalisti seleziona e gestisce i contenuti proposti da 53 un’ampia comunità di collaboratori che fornisce notizie e approfondimenti. - Giornalisti e citizen journalist lavorano insieme e a stretto contatto. Il sito è realizzato da professionisti e collaboratori spontanei, che si dividono i compiti per valorizzare le capacità di ciascuno. La collaborazione delle persone è parte integrante del progetto editoriale. - Wiki journalism: tutti fanno tutto. Si tratta del modello collaborativo sdoganato da Wikipedia ma applicato alle notizie, chiunque può prendere parte alla realizzazione della notizia, creando, espandendo o correggendo le pagine del giornale in modo collaborativo. Ne è un esempio proprio www.wikinews.org creato da Wikimedia, la fonazione che gestisce wikipedia. Di esempi di citizen journalism ne esistono innumerevoli in tutto il mondo, uno per tutti in Italia, forse anche il più celebre, è YouReporter.it, una piattaforma di video-giornalismo partecipativo creata nel 2007 da due milanesi, Stefano de Nicolo e Alessandro Coscia. Raccoglie testimonianze spontanee degli utenti di eventi di cronaca in forma di video e foto. YouReporter.it è affiancato da un canale redazionale che prova a riorganizzare il materiale collaborativo per dar vita ad una testata digitale. Visti gli sviluppo si potrebbe dire che, come recita un famoso proverbio, “l’unione fa la forza”. Un coinvolgimento del lettore, tanto agognato, e degli utenti in generale divenuto ormai indispensabile grazie alle piattaforme digitali messe a punto dal web 2.0. Si tratta di ciò che viene anche chiamato crowdsourcing: “Quando si mette insieme un numero sufficiente di individui si ha una folla (crowd). Una delle cose che le folle fanno meglio dei giornalisti è raccogliere dati. […] Piattaforme sociali come Twitter e Facebook dimostrano che raccogliere e interpretare tutte le informazioni disponibili è un compito che va al di là delle possibilità umane. […] La disponibilità di risorse come le foto dei cittadini non rende inutile il giornalismo o i giornalisti, ma cambia il loro lavoro: non si è più la fonte dell’iniziale ripresa fotografica o dell’iniziale osservazione, ma si diventa la persona che richiede le informazioni rilevanti e che filtra e contestualizza i 54 risultati. La parola «crowdsourcing» implica per il giornalista una relazione uno-a molti: porre una domanda o estrarre una risposta da un ampio gruppo di persone. Ma la «folla» è a sua volta formata da una serie di individui che svolgono attività in collegamento con altri, che possono essere interrogate e usate per ottenere una versione più completa degli eventi o per scoprire cose che non erano facilmente o rapidamente ottenibili attraverso la tradizionale attività di raccolta di informazioni consumando le proverbiali «suole delle scarpe»”45. 5. Giornali online e social network Se il punto sul quale si sta cercando di focalizzare l’attenzione sono le “scosse” di assestamento provocate dal passaggio del giornalismo dalla carta stampata, e dunque dall’analogico, al digitale, non si può non accennare alle innovazioni apportate dai social media e dalle piattaforme di social networking del web 2.0. Questi hanno inflitto il colpo decisivo al muro che separava nettamente i ruoli, finora confinati alla vendita, per le aziende, e alla sola facoltà di scelta d’acquisto di un prodotto per i consumatori. E senza dubbio questo è avvenuto anche nell’ambito del giornalismo anche grazie alle piattaforme di social networking. Come sostiene Vincenzo Cosenza “Cambia il paradigma comunicativo per i lettori, ma anche per giornali e giornalisti. La loro posizione nell’ecosistema. I primi non sono più solo soggetti passivi della comunicazione e i secondi si ritrovano a non essere più solo soggetti attivi o gli unici in grado di attivare la macchina delle notizie”46. Il primo ed anche il più famoso tra i social network è Facebook che in pochi anni si è trasformato in una gigantesca piazza per circa un miliardo di persone ed è anche diventato uno dei più efficaci mezzi di comunicazione personale e aziendale. Così per quanto riguarda le notizie sembra lecito pensare che gran parte 45 «Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present» di C.W. Anderson, E. Bell, C. Shirky, (Tow Center for Digital Journalism, Columbia Journalism School, N.Y. 2012, tradotto integralmente in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 3, dicembre 2012 46 Cosenza, V., Giornalismo, social media e nuove metriche, in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2, agosto 2012 55 degli utenti di Facebook possa apprendere le notizie dal social network per poi approfondirle sui siti d’origine, trattandolo, così, come una sorta di rassegna stampa sociale, dove la selezione delle notizie è fornita dal proprio gruppo di amici. Naturalmente Facebook rappresenta una svolta anche per le testate, che possono, in questo modo, instaurare un rapporto fiduciario e continuativo con i lettori. Secondo uno studio47 presentato alla sesta edizione del Festival Internazionale del Giornalismo ha messo in luce che il 63% delle 161 testate di qualunque periodicità prese in considerazione ha una presenza su Facebook. Tra i quotidiani l’88% ha una pagina ufficiale. Nel caso dei settimanali e dei mensili: tra i primi solo il 48% ha una presenza sul social network, mentre tra i secondi la percentuale è del 51%. Incrociando la quantità di “liker” con il grado di “engagement”, lo studio ha messo anche in evidenza quattro differenti modi, dei giornali, di permanere dei sul social network: - leader, coloro che hanno conquistato l’attenzione di un numero consistente di lettori e che li hanno anche saputi mantenere, attraverso pratiche volte al coinvolgimento. Gli unici 2 sono “La Repubblica” con 900.000 sostenitori e 364.000 interazioni (like, commenti, condivisioni, ecc.) e “Il Fatto Quotidiano”, con circa 750.000 fan e 348.000 interazioni; - fan collector, sono quelli che hanno adottato una strategia di incremento dei fan attraverso investimenti pubblicitari ma che non hanno avuto del tutto l’effetto desiderato. Fanno parte di questa categoria testate come il “Corriere della Sera” e «La Gazzetta dello Sport». Il primo pur riuscendo ad ottenere in media 441 reazioni per ogni post scritto, totalizza solo 15 interazioni per ogni 100 fan, segno di una base fan poco reattiva. Il secondo sviluppa 126 interazioni per post e solo 5 per ogni 100 fan; - engager, si tratta delle testate che non possiedono moltissimi fan, ma che, nonostante tutto riescono a coinvolgerli bene. “Leggo” è uno di questi, grazie alla sua capacità di generare il massimo delle interazioni per fan ossia in media 167 per ogni fan e 306 reazioni per ogni notizia pubblicata; 47 A questo indirizzo è possibile reperire il rapporto completo http://www.slideshare.net/Blogmeter/lastampa- italiana-su-facebook-il-paper 56 - lengard o ritardatari, visto il numero ridotto di liker ed un basso engagement totale. Alcuni sono «Tuttosport», «il Giornale», «l’Unità», il «Corriere dello Sport». Un altro importante contributo a livello di social networking è Twitter, che per l’informazione è forse anche più utilizzato di Facebook (le prime notizie della primavera araba si ricevettero proprio da Twitter). Un incremento consistente si è avuto tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando Audiweb ha stimato un numero di visitatori mensile nell’intorno di 3 milioni. Twitter ha una forma asimmetrica perché consente di seguire un personaggio pubblico o un semplice utente senza l’obbligo che egli debba ricambiare. Adatto per essere fruito facilmente in mobilità e per questo è stato accolto dai giornalisti come luogo ideale per stabilire la propria dimora digitale oltre che come strumento di lavoro (apprendere notizie e commentare o raccontare i fatti del momento)48. Il rapporto tra giornalismo e social network, dunque, non è che un altro tassello che ci conduce a constatare quanto il mondo dell’informazione stia cambiando e quanto questo influisca profondamente nel modo di fare informazione e nel modo di fruirne. La tendenza sembra essere quella del sempre maggiore coinvolgimento democratico dei lettori alla partecipazione attiva, anche dall’interno, nei processi produttivi. Questo, naturalmente, modifica il tradizionale modo di fare giornalismo attraverso il processo di adattamento al medium. 48 Cosenza, V., Giornalismo, social media e nuove metriche, in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2, agosto 2012 57 CAPITOLO 4 Il caso studio: BrindisiReport.it Nel tentativo di rendere maggiormente comprensibili le differenze e gli assestamenti prodotti dal passaggio del giornalismo dal cartaceo all’online, si è pensato di fornire un esempio concreto di sviluppo e di gestione di un giornale online. Si è preso dunque in considerazione, attraverso osservazione partecipante e interviste a testimoni privilegiati, il caso della redazione di BrindisiReport.it49, il primo quotidiano online della provincia di Brindisi, nato nel febbraio del 2010 e salito alle cronache nazionali per aver diffuso per primo il video dell’attentatore della strage del 19 maggio 2012 all’istituto professionale Morvillo Falcone di Brindisi. BrindisiReport.it si caratterizza come la realtà più seguita nella provincia di Brindisi. Dalla sua nascita sino all’ottobre 2013, ha collezionato 23.000.000 visite, dove per visite si intende tutte le volte che una pagina o l’intero sito viene visualizzato. Mediamente, ad oggi, BrindisiReport.it registra 641.959 visite mensili e circa un terzo di visitatori unici, 203.488, e 1.516.623 visualizzazioni di pagina50. BrindisiReport.it è presente anche su Facebook e da poco anche su Twitter, su Facebook con 20.662 liker e su Twitter con 1.439 follower. Le interviste semi-strutturate sono state effettuate ad parte della redazione, in particolare a: Vittorio Bruno Stamerra, settantenne originario di Tuturano, una frazione di Brindisi, è uno degli editori di BrindisiReport.it, ma anche giornalista professionista con una carriera nei principali giornali di Puglia e nazionali, la Gazzetta del Mezzogiorno, La stampa, la Rai per il Tg3 e poi il Quotidiano di Puglia come responsabile, da pensionato gestisce una piccola casa editrice di Brindisi, la Hobos. Marcello Orlandini, ha sessanta anni nativo di San Vito dei Normanni e vive ad Ostuni, è direttore responsabile ed editore di BrindisiReport.it 49 www.brindisireport.it Per visualizzazioni di pagina s intende il numero totale di pagine visualizzate e comprende le visualizzazioni ripetute della stessa pagina. I dati sono riferiti al mese di ottobre 2013 e sono ripresi da https://www.google.com/analytics/web/?hl=it#report/visitors-flow/a18957046w38013044p37580927/ 50 58 ha lavorato per Repubblica e per il Quotidiano di Puglia per molti anni. Roberta Grassi, giornalista professionista di trent’anni di Ostuni, proviene da un giornale cartaceo della provincia di Brindisi, Senza Colonne, che attualmente è solo un quotidiano online, e oltre ad essere l’unica, insieme a Marcello, giornalista professionista della redazione di BrindisiReport.it, lavora “a pezzo” per l’agenzia ANSA. 1. Come nasce BrindisiReport.it L’avventura di BrindiReport.it nasce nell’estate del 2009 quando un gruppo di amici costituiscono una società con l’idea di comprare una televisione locale. Il progetto dell’acquisto dell’emittente televisiva fallisce, e alcuni soci decidono di utilizzare i fondi residui come investimento in un altro progetto nel settore dell’editoria. Come ci spiega Marcello Orlandini nell’intervista: “mi fu proposto di preparare un piano editoriale per un periodico di economia e politica. Io replicai che probabilmente sarebbe stato più opportuno ed utile progettare invece la nascita di un giornale online perché la nuova frontiera dell’informazione era questa e sicuramente l’operazione sarebbe stata più interessante e innovativa rispetto a quella di un periodico stampato nel settore ,diciamo, della politica e dell’economia. Mi fu chiesto di attendere un paio di mesi perché la mia proposta potesse essere valutata meglio quindi fui richiamato, a settembre, ricevetti l’approvazione per preparare un piano editoriale per un quotidiano online. Il progetto è stato preparato in poche settimane quindi sottoposto nuovamente agli investitori, potenziali investitori, che diedero il via libera”. Della stessa storia Vittorio Bruno Stamerra dice: “l’avventura di Brindisireport.it credo che sia iniziata tra tre e quattro anni fa, abbiamo cominciato a concepirla nell’estate di quattro anni fa, poi ha preso il 59 via nell’inverno, se non sbaglio nel febbraio dell’anno successivo, eh, ed è partita da un esigenza che era largamente sentita sia in Marcello Orlandini, che in me, tenga conto che Marcello era uno dei riferimenti più importanti della redazione di Brindisi del Quotidiano quando io ero responsabile, e quindi avevamo, avvertivamo l’esigenza di un’informazione che fosse meno ossequiosa nei confronti del potere costituito, che fosse meno istituzionale, meno da ufficio stampa, e quindi ogni volta che ci incontravamo pensavamo a dei progetti a delle cose da fare. Avevamo pensato ad un nuovo quotidiano su carta, otto pagine, quattro pagine, taglio popolare, taglio medio-alto, un giornale di nicchia, poi avevamo pensato ad un settimanale, poi ad un mensile, sino a quando Marcello, non se n’è venuto con la proposta di un quotidiano online, abbiamo cominciato a discuterne e alla fine è venuta fuori l’idea di un quotidiano online. Abbiamo affidato la responsabilità ad un grafico, a Giovanni Rubaltelli, che ha fatto il progetto grafico, eh, Giovanni Rubaltelli è uno dei collaboratori della Hobos e poi siamo partiti, siamo partiti avendo a disposizione soprattutto una grande volontà, quella di essere una voce diversa, alternativa meno istituzionale sul panorama dell’informazione nella provincia di Brindisi, e siamo, piano piano, le cose hanno cominciato a girare per il verso giusto e oggi è quella realtà che tutti ci invidiano”. Marcello Orlandini, l’attuale direttore responsabile del giornale, all’epoca aveva lasciato da qualche anno il lavoro al “Quotidiano di Puglia” e lavorava presso un giornale cartaceo della provincia di Brindisi, “Senza Colonne”. Roberta Grassi è entrata a far parte della redazione solo nel 2012 mentre Vittorio Bruno Stamerra è uno dei fondatori, editore, proprietario del 40% dei capitali investiti in BrindisiReport.it. Marcello oltre ad esser l’anima della redazione, ne è anche la memoria storica, ne ha dato l’idea ed ha assistito a tutte le evoluzioni del piccolo quotidiano: “gli investitori erano Vittorio Bruno Stamerra, il mio ex direttore del periodo trascorso al Quotidiano di Brindisi Lecce e Taranto, come si chiamava allora, attuale Quotidiano di Puglia e l'altro investitore era un ex vice-presidente del 60 consiglio regionale della Puglia e attuale membro del consiglio di amministrazione delle Ferrovie Apulo Lucane, Carmine di Pietrangelo. Alla fine di settembre inizio di ottobre del 2009, il progetto era già pronto e quindi fui anche autorizzato a sottoporre agli editori ,perché ormai era stato deciso di fare quest’operazione, anche un progetto di redazione, e la mia idea era quella di avere una redazione al massimo di quattro persone, oltre a un fotografo e un web master, perché il web master è una figura tecnica essenziale per un giornale online, quindi una redazione molto piccola di sei persone inclusi i servizi tecnici e il sottoscritto; di avere una redazione in Cittadella della Ricerca perché si trattava di un contesto diciamo ottimale, per un progetto editoriale innovativo avere un giornale collocato in un luogo dove si fa alta formazione dove si fa ricerca perché con tutte le contraddizione possibile e immaginabili la Cittadella è comunque un luogo di formazione, un luogo di ricerca anche molto avanzata in alcuni settori, e non avere invece una redazione in città come tradizionalmente, solitamente, si fa per i giornali normali, ecco. Anche su queste due idee ho avuto ,ho ricevuto l’approvazione degli editori quindi abbiamo fatto insieme una selezione del personale, diciamo, scegliendo tra figure che avevano già un esperienza comunque di lavoro nel settore”[…]” poi è stato anche rinnovato il consiglio di amministrazione di questa vecchia società che di fatto era rimasta inattiva che aveva un capitale sociale versato di 200.000euro,è stato rinnovato il consiglio di amministrazione perché una parte dei vecchi soci erano interessati a un operazione della tv locale e non erano invece interessati a quest’avventura del giornale online e quindi sono stati sostituiti, o dai due investitori che mi avevano convocato che hanno rilevato anche le loro azioni, mentre invece la parte di minoranza delle azioni, il 15% è stata divisa tra il sottoscritto e l’attuale amministratore unico della società che è un consulente del lavoro. Quindi attualmente la società ha quattro soci io e l’attuale amministratore unico più i due investitori che ho già citato che hanno il pacchetto di maggioranza diviso tra il 40% Stamerra e il 45% di Pietrangelo.” Il progetto dunque parte del febbraio del 2010 con una piccola redazione formata da sei persone più l’amministratore unico, i due editori, Stamerra e di Pietrangelo, 61 e un web master. BrindisiReport.it è ancora in una fase di start-up e si basa su un modello di finanziamento rivolto alla vendita di spazi pubblicitari all’interno del sito, il direttore responsabile, Marcello Orlandini, lo racconta così: “Dal punto di vista finanziario, abbiamo anche deciso di trovare una figura in grado di garantire la raccolta pubblicitaria perché un giornale online si deve autofinanziare sostanzialmente, e l’unico mercato al quale può fare riferimento se non c’è un editore che copre tutto è comunque il mercato della pubblicità ordinario, diciamo. Questa rappresentava una difficoltà iniziale perché il trasferimento della pubblicità normalmente orientato sui prodotti cartacei, sul prodotto che invece utilizza il web come forma di diffusione rappresenta in ogni caso una sfida anche per l’investitore pubblicitario che non ha mai sperimentato il ritorno, diciamo, economico di un investimento di questo tipo, quindi avevamo il problema di convincere soprattutto aziende anche medio-grandi a investire dal punto di vista delle inserzioni pubblicitarie su un giornale online quindi questo è un problema che noi abbiamo affidato a una figura che aveva già esperienze in questo settore che poi è diventata la quinta unità anche della redazione perché è il direttore editoriale attuale che si occupa degli aspetti legati all’autofinanziamento del giornale.”[…]” il capitale sociale è stato inizialmente utilizzato per sostenere lo startup della nuova impresa editoriale però è stato poi ripianato gradualmente con gli introiti pubblicitari. Un'altra caratteristica di quest’operazione della fase dello start-up, che io considero non ancora terminata, malgrado siano passati più di tre anni perché noi siamo usciti col primo numero, il 26 febbraio 2010, è il sistema retributivo della redazione. Noi abbiamo deciso di non applicare il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti perché nella fase dello start-up sarebbe stato un costo insostenibile per l’impresa. Abbiamo privilegiato delle forme contrattuali meno remunerative per i giornalisti ma comunque garantite dal punto di vista dell’osservanza delle normative previdenziali, cioè noi abbiamo stipendi non alti ma abbiamo una regolarità contributiva costante anche perché l’ente di riferimento per la previdenza della nostra redazione è l’INPGI che è l’Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti Italiani, è molto severo nelle verifiche e nel controllo della regolarità retributiva 62 per altro noi per i nostri rapporti commerciali con committenti della pubblicità siamo molto spesso obbligati a esibire il DURC, documento unico di regolarità contributiva, questo documento unico di regolarità retributiva, viene rilasciato dall’IMPGI, quindi se non ci fosse regolarità retributiva non potremmo nemmeno accedere al mercato pubblicitario sostanzialmente almeno quello nei confronti delle grandi imprese o degli enti che comunque richiedono questo tipo di regolarità nei loro rapporti commerciali. Questo ci ha garantito un progressivo avvicinamento al pareggio di bilancio, graduale, ma ci siamo quasi, dopo tre anni e mezzo ed un contesto di crisi globale, questo è un ottimo risultato da un punto di vista economico. Nei tre anni e mezzo che sono trascorsi la redazione ha subito dei cambiamenti, cioè anche la redazione si è affinata rispetto alle esigenze di lavoro che pone un giornale online nel senso che dei colleghi che inizialmente facevano parte di quest’avventura non è rimasto praticamente nessuno ad eccezione del sottoscritto e del direttore editoriale, però oggi noi abbiamo una squadra che è cresciuta ed è allenata per lavorare come un giornale online che è un lavora che ha dei tempi di reazione, dei tempi di confezionamento del prodotto che sono nettamente diversi rispetto a quelli di un giornale tradizionale e questo è ciò che ha impedito alla squadra iniziale di poter proseguire trattandosi di colleghi che non si sono adeguati alla tempistica e hai metodi di lavoro richiesti da brindisireport.it sostanzialmente.[…] perché la loro esperienza, del resto come la mia, era unicamente improntata alla attività di redazione di un giornale tradizionale, mentre invece la cosa richiedeva un adeguamento anche se pure progressivo a ritmi e a esigenze diverse, infatti il confezionamento di un giornale online è una cosa progressiva in tempo reale e richiede non solo il testo scritto, ma richiede anche molto spesso la documentazione, fotografica di un evento, e anche la documentazione video di un evento, e anche la fornitura all’utente della documentazione collegata a determinati fatti, se esiste, se io parlo di una delibera della giunta regionale approvata in mattinata, io possibilmente devo allegare all’articolo anche la bozza della delibera e ciò , diciamo, è anche richiesto da sentenze della magistratura, per esempio o da altre circostanze di cui si occupa la cronaca di un giornale online, cioè un giornale online deve fornire all’utente, per essere un prodotto 63 anche vincente rispetto alla concorrenza, di più sul piano anche iconografico e documentale e quindi questo richiede un lavoro non solo di preparazione dei testi ma anche di ricerca e di documentazione delle fonti sia fotografica che diciamo documentale stessa. Un giornale online intanto deve avere alla base una piattaforma editoriale che sia adeguata alla impresa, quello non è un costo trascurabile, è un costo importante ma imprescindibile. Noi utilizziamo una piattaforma che ci viene fornita da un provider che è Aruba che è leader in Italia per quanto riguarda l’affitto, la vendita di piattaforme sul web. Noi ne abbiamo affittata una che ci costa di affitto 8-9.000 euro l’anno però ha le dimensioni, le capacità e le protezioni da attacchi esterni diciamo a livelli medio alti e quindi, a questa piattaforma noi poi abbiamo collegato il sistema operativo vero e proprio del giornale che è Wordpress, nelle sue versioni progressivamente aggiornate, e questo Wordpress ci consente allo stato attuale l’inserimento di video foto a anche di documentazione con meccanismi piuttosto celeri. Però noi a tutto questo abbiamo anche abbinato un sistema di interazione con i social network con vari social network non solo uno, noi utilizziamo Facebook per amplificare la diffusione delle nostre notizie infatti il giornale non ha solo la sua homepage, la sua piattaforma online ma ha anche una pagina Facebook, che è come se fosse un altro giornale, e che è anche la porta di accesso alle nostre notizie per 80% dei nostri lettori, quindi è fondamentale. Facebook nel contempo ci consente anche di archiviare e di caricare sia foto che video, e quindi ci fa anche da magazzino per una parte del materiale che noi pubblichiamo e lo stesso dicasi per YouTube, che è il nostro magazzino video: noi abbiamo prodotto dalla nascita del nostro giornale ad oggi centinaia e centinaia di video che non potremmo immagazzinare nella nostra piattaforma perché ne esauriremo prima o poi la capacità di archiviazione ma invece attraverso Facebook e YouTube possiamo semplicemente far accedere i nostri lettori ai video attraverso i link che noi inseriamo nei pezzi.” Anche Vittorio Stamerra, nella sua intervista parla del modello di finanziamento di BrindisiReport.it e di ciò che è necessario per fondare un giornale online: 64 “gli americani teorizzavano, io ho insegnato tecniche giornalistiche e storia della comunicazione, gli americani dicevano che per fare il giornale ci volevano tre cose, gli uomini, le idee e i soldi, se mancava una sola di queste componenti, il giornale, l’idea, il progetto era destinato a fallire punto e basta. Oggi diciamo che la rete ha sostituito una delle tre componenti cioè quella dei soldi perché uno senza soldi riesce comunque a proiettarsi all’esterno, a comunicare, è chiaro che per fare un prodotto che poi diventi un riferimento, deve avere il supporto finanziario, il supporto tecnico, però diciamo che oggi in termini di libertà, in termini di possibilità teorica, oggi si è più avvantaggiati rispetto al passato perché la rete ti da questa possibilità, però è chiaro che se tu vuoi essere impresa il discorso cambia, anche Grillo per poter diventare quello che è diventato ha dovuto affidarsi ad una struttura di marketing ad un investimento di carattere economico, ma diciamo che per fare un’impresa editoriale ancora oggi ci vogliono gli uomini, le idee e i soldi, un po’ meno con l’avvento della rete, infatti sul piano dei soldi, l’investimento che abbiamo fatto su BrindisiReport è stato economicamente più vantaggioso rispetto all’investimento che potevamo fare sulla carta stampata, perchè più che altro abbiamo risparmiato sui costi di stampa”[…]”tenga conto che sono forse già due anni che non sono amministratore, il modello finanziario penso che sia rimasto quello della vendita della pubblicità degli spazi pubblicitari, non credo sia stato neanche abbozzata l’ipotesi di fare degli abbonamenti e quindi di fare pagare l’accesso alla lettura degli articoli, cosa che le altre testate stanno incominciando a fare, non solo il Corriere della Sera, Repubblica, la Stampa, ma all’estero hanno incominciato prima rispetto agli italiani e lì è un, un’arma a doppio taglio, perché il quotidiano deve per forza avere una vetrina, quindi l’home page che è la prima pagina, quella comunque la devi dare al lettore, perché poi uno perché deve venire a leggere la notizia se tu non gli dai quantomeno il titolo, questo è un discorso abbastanza complicato perché alcuni giornali tendono a non dare neanche quello e a privilegiare l’abbonamento per forza, altri giornali stanno ancora in mezzo, la vetrina la danno anche abbastanza corposa, tipo la stampa. Eh, non c’è una linea comune ancora su questo problema, perché le ripeto l’economicità delle testate 65 online sta provando un sacco di difficoltà, nessuno ha trovato la quadra giusta, questo è, è la verità.” BrindisiReport.it dunque si fonda sul modello finanziario del “tutto free”, vendita di spazi pubblicitari all’interno del sito. 2. Un viaggio chiamato vita: le differenze tra la carta stampata e il giornale online. Tutti i protagonisti di questa storia sono accomunati dall’aver fatto, nella corso della loro vita, esperienza sia del giornale cartaceo che di quello online. Un apporto importante ai fini della ricerca perché permette di comprendere dal di dentro le difficoltà del passaggio del mezzo dall’analogico al digitale, visto dal punto di vista dei protagonisti che vivono giorno per giorno gli assestamenti, i vantaggi e le problematiche legate a questo nuovo modo di far giornalismo. La realtà, altro non è che il modo che gli individui hanno di fare esperienza dell’ambiente che abitano. Agli intervistati, dunque, è stato chiesto quali fossero, secondo la loro esperienza, le differenze principali tra un giornale cartaceo ed uno digitale. Roberta Grassi: “è stato molto bello entrare nella macchina del giornale cartaceo all’interno, perché ho fatto tanto desk, ho fatto sempre cronaca nera, cronaca giudiziaria, prevalentemente, ma ho fatto anche il resto, però stare in redazione significava impaginare gli articoli degli altri fare i titoli, cimentarsi, scegliere, vedere nascere ogni giorno un giornale secondo dei criteri, l’apertura, le notizie in primo piano, le brevi, poi anche l’impaginazione grafica era molto bella” […]”(Roberta si riferisce ai tempi del giornalismo) completamente diversi, io direi dei tempi assolutamente opposti rispetto al tempo reale che invece ho dovuto poi imparare a fare dopo con l’agenzia e con il sito internet, c’è da dire che, io ho fatto il giornale, un giornale locale, nel momento in cui il raffronto era ancora tutto cartaceo, perché per esempio BrindisiReport che è la prima realtà sul web 66 della provincia, è nato nel 2010. Quindi noi ci confrontavamo con gli altri giornali e la tempistica era principalmente quella, la tempistica del lavoro giornalistico, io credo di aver, vissuto, e sono fortunata, un grande passaggio del lavoro giornalistico, che ad esempio è quello della, io ho iniziato a lavorare prima di Facebook, quando Facebook non c’era, così come le altre generazioni possono raccontare delle mail che non c’erano, delle fotografie che invece erano stampate a mano, io subito, ho subito lavorato con i computer, mai con la macchina da scrivere, le sessioni d’esami si iniziavano a fare già con i computer però non c’era Facebook, quello fu il primo grande cambiamento all’interno del giornale, nella ricerca delle notizie, nell’acquisizione delle notizie, nella velocità di arrivo delle notizie dalla strada in redazione però i tempi del lavoro giornalistico cartaceo sono completamente diversi, hai la possibilità, hai la giornata intera per approfondire una notizia devi fare un pezzo di 80 righe, quindi non c’è bisogno di brevità, no,80-70 righe un’apertura in media e hai tutto il tempo che vuoi per scegliere la notizia, per svilupparla, fino alle due di notte, fino a che il giornale non va in stampa la puoi ,approfondire come ti pare, diciamo che è tutto spostato in tarda serata, tutto diverso è il lavoro in tempo reale perché lì devi fare una scelta, a un certo punto ti devi fermare, perché tu devi dare un servizio ai lettori che sia quanto più vicino al fatto però al contempo preciso, quindi è un lavoro molto più ansiogeno, però gratificante che può scoglionare, dove il margine di errore è molto più alto, lo dico soprattutto per il lavoro per l’agenzia, al fatto che l’agenzia che è una fonte di notizia secondaria, viene individuata come fonte di notizia secondaria per i giornali per la stampa in generale, l’agenzia deve rendere un servizio agli altri giornali”[…] “nelle redazioni di tutti i giornali ora a prescindere dal fatto che , ribadisco, Senza Colonne era una realtà molto locale e molto a gestione indipendente, molto nostra, alla fine potevamo fare un pochettino quello che, alla fine le riunioni non le facevamo più, però le riunioni sono due, una in tarda mattinata e uno intorno alle 16-17 del pomeriggio, la prima è una riunione in cui si decide che cosa fare, cioè si analizza innanzitutto quello che si è fatto, per vedere se si sono presi dei buchi (sospiro con sorriso) si analizza il lavoro che hai fatto il giorno prima, subito dopo si sceglie, si dà un pochettino, diciamo, il giornale inizia a prendere 67 forma, ma soltanto dal punto di vista delle idee, che cosa facciamo oggi? È la domanda. di che cosa ci occupiamo? Allora se ci sono stati fatti in mattinata tipo arresti, blitz, se si sa da calendario che ci sono degli appuntamenti importanti si inizia a calendarizzare, no?, si fa il primo timone, il primo timone sono tutte le pagine, si capisce quali sono le priorità e quanto spazio più o meno si vuole dare. Alle quattro si fa il punto, alle quattro è la riunione al termine della quale il timone intermedio deve essere fatto, è fatto, si stravolge soltanto se succedono delle cose molto importanti e poi si va avanti fino a chiusura, nei giornali normali, diciamo più o meno in tutti i giornali, ehm la chiusura credo sia intorno a mezzanotte e mezza , l’una, noi chiudevamo intorno alle due più o meno” […]”la tipografia rimane a lavoro tutta la notte, la tipografia ha un ordine di entrata dei giornali, noi eravamo, avevamo questo vantaggio, avevamo avuto sempre questo vantaggio, quello di essere gli ultimi, che poi è un vantaggio relativo, cioè, puoi raccogliere l’ultim’ora, noi eravamo gli ultimi, quindi sapevamo che oltre le due e mezza non dovevamo andare però prima di noi c’era il Quotidiano che non doveva andare oltre l’una e mezza, prima ancora la Gazzetta che non doveva andare oltre le dodici e mezza, dopo di che il giornale andava in stampa, tipo la rotativa, le lastre erano già pronte, e quindi dalle due fino alle cinque che iniziava la distribuzione.[…] Si iniziava a sentire in primo luogo nelle realtà molto locali che vivono di pubblicità molto locale e vivono di, un po’ meno in percentuale, però vivono anche delle vendite, del frutto delle vendite, sempre a livello locale, in un territorio in cui si legge pochissimo, la provincia di Brindisi, Senza Colonne inizia ad avere i suoi problemi economici, cioè, io non ho fatto la scelta, la mia scelta non è stata, lascio il cartaceo perchè voglio andare sul web, la mia scelta è stata soprattutto lascio il cartaceo, e lascio Senza Colonne, cioè non il cartaceo, lascio Senza Colonne, perché mi stava stretta, perché volevo andare avanti volevo aprire i miei orizzonti, volevo andare anche fuori, volevo fare altro. Quando poi ho , ho iniziato la ricerca di altro, perché l’ho iniziata dopo aver lasciato Senza Colonne, mi sono buttata sul web perché ritengo che sia l’investimento giornalistico del futuro, sul web e sull’agenzia, fermo restando che non mi dispiacerebbe avere una collaborazione con un giornale cartaceo comunque resto sempre affezionata al cartaceo, ma non 68 mi piacerebbe più lavorare in una redazione di un giornale cartaceo. Non mi piacerebbe più perché sono orari massacranti, si ormai è fuori, ormai la carriera, io voglio fare la giornalista e spero di continuare a fare la giornalista anche di strada in avanti, purtroppo nel nostro lavoro, questo è importantissimo e soprattutto nel cartaceo la carriera coincide con un distacco dalla notizia e dalla strada e dal lavoro giornalistico puro, perché si inizia da corrispondenti nei luoghi, chiami tutti i giorni i carabinieri, poi passi in una redazione e in una redazione chi fa un po’ di carriera è quello che si prende la responsabilità di dare consigli all’altro e di elaborare i testi degli altri e i titoli, quindi alla fine volente o dolente finisci dietro una scrivania, nel cartaceo dove c’è questo impianto grafico molto forte, preponderante, perché il giornale lo devi fare, cioè mano a mano che aumentano le tue responsabilità ti ritrovi dietro una scrivania a pensarlo il giornale e a dare disposizioni agli altri a fare meccanicamente il lavoro del grafico, anche perché i grafici non esistono più, c’è anche questo problema, i grafici non esistono più. Invece sul web dove si alleggerisce molto questo impianto da desk, vabbè qui la parte maggiore se la fa Marcello, ma ognuno di noi in cinque minuti se lo impagina un pezzo, se lo titola un pezzo, hai sempre la possibilità di stare a contatto diretto con le fonti, se succede qualcosa andare sul posto fotografare, a riprendere, a dare il servizio ai clienti, a stare in azione, e allo stesso tempo succede all’ANSA, alle agenzie, alle agenzie i miei colleghi che sono in redazione, quando c’è stato l’esplosione della bomba davanti alla Morvillo è venuto il collega da Bari con cinquant’anni di servizio, ha preso la macchina ed è venuto a fare l’inviato, perché loro pure, loro hanno un sistema editoriale per cui loro leggono la notizia, loro la passano e va in rete non c’è tutto il meccanismo grafico, se tornassi indietro lo rifarei perché so che anche fare carriera in questo settore significa non prendere il distacco, non prendere il larvo dall’attività giornalistica pura”. Roberta descrive la sua giornata tipo:” la mia giornata tipo, mi sveglio molto presto, e questo cambia rispetto ai giornali se vogliamo proprio entrare nelle questioni spicciole, cambiano un po’ gli orari della giornata, perché innanzitutto andando a letto alle 2 io non riuscivo a svegliarmi prima delle dieci, infatti si dice che i giornalisti si svegliano sempre tardi, invece adesso è cambiato tutto, mi 69 sveglio molto presto, intorno alle sei e mezza e guardo i telegiornali, guardo Telenorba, perché, ma per prima cosa i giornali, i giornali cartacei le prime edizioni dei giornali cartacei. Io guardo su internet innanzitutto le prima pagine poi dopo di che vedo di prenderli se c’è qualcosa che mi interessa, perché non abbiamo tutti questi soldi da spendere, tre euro al giorno, e quindi inizia cos. Poi guardo le mail, cerco un attimo di capire se c’è qualcosa di eclatante che è successo, poi generalmente ci sentiamo io e Marcello intorno alle otto-otto e mezza per fare un po’ il punto, per vedere che cosa c’è da fare, e poi io vado in tribunale, vado in tribunale perché, dicevo faccio prevalentemente la giudiziaria, ma vado in tribunale perché il tribunale è un buonissimo centro di convoglio di informazioni di ogni tipo anche la cronaca nera la controlli per tribunale perché l’arrestato per droga ha sempre un avvocato che quella mattina fa la convalida, quindi vado lì, faccio un giro nelle aule penali dove ci sono i processi di primo grado, faccio un giro nelle aule del GIP, quando c’è udienza davanti al GIP, dove ci sono gli abbreviati, i processi in abbreviato, dove ci sono i rinvii a giudizio, quindi le indagini che si chiudono, faccio un giro in Procura dove c’è il PM di turno che è quello che ha sotto controllo la cronaca nera perché al PM di turno vengono date tutte le informazioni su quello che succede, se mi rendo conto che ci sono delle udienze importanti rimango, rimango anche a pomeriggio altrimenti ritorno a mezzogiorno-mezzogiorno e mezzo ritorno qui, naturalmente ho sempre le mail sotto mano i colleghi su Wahtsapp, perché ormai è così, c’è uno scambio continuo, se ci sono grossi fatti di cronaca vado sul posto in cui bisogna andare, se ci sono conferenze stampa in Comune in o in Provincia, lo faccio per l’ANSA e deve essere davvero qualcosa di veramente serio perché altrimenti lo seguo con i comunicati stampa, diciamo che intorno alle dodici ho più o meno un’idea di quello che scriverò durante la giornata sia per uno che per l’altro, lo dico a lui (indica Marcello alle sue spalle), decidiamo che importanza dargli, che valore ha, di solito se le impagina lui altrimenti me lo impagino e me lo titolo da sola, proprio in virtù del fatto che comunque ai titoli sono abituata.” Marcello Orlandini: “allora il giornale di carta stampata non ha problemi di tempestività per cui può organizzare su un evento di particolare interesse una 70 serie di servizi correlati, dedicando a questo evento più pagine però i tempi di realizzazione di questo lavoro sono ovviamente molto più lunghi perché il giornale esce il giorno dopo i fatti narrati nei servizi. Noi dobbiamo dare invece queste notizie in tempo reale, pur facendo la scelta di fornire ai nostri lettori degli approfondimenti, per cui, intanto noi dobbiamo dare le notizie con dei flash, facciamo la scelta di raccontare un fatto di cronaca soprattutto, in poche righe avvertendo i lettori che si tratta dei primi lanci della notizia scrivendo nel titolo: punto flash, ultim’ora, ecc., a ciò seguono poi gli articoli più approfonditi man mano che le notizie vengono, diciamo, raccolte, verificate, perchè c’è anche l obbligo di una verifica fatta in tempi rapidi e questo rende più difficoltoso il nostro lavoro rispetto a quello diciamo del giornalista che lavora in un giornale tradizionale perché alle verifiche può dedicare più ore noi invece dobbiamo farle praticamente a tamburo battente in tempo reale, però noi in più abbiamo la possibilità di fare degli aggiornamenti continui della notizia e quindi fare anche delle rettifiche successive, però cerchiamo, dopo i primi flash, di prendere un pò più di tempo prima di dare le versioni definitive perché tanto la prima informazione l’abbiamo data, con i video le prime foto ecc.. poi per narrare meglio la vicenda possiamo riservarci diciamo un pò più di tempo, un’ora, due a volte trenta minuti a seconda di quando riusciamo a raccogliere le altre notizie, però nell’arco della giornata noi su un fatto di particolare rilevanza riusciamo a fornire anche gli approfondimenti, e quindi non è raro che noi su una notizia si possa anche dare al lettore, quattro o cinque articoli, su un fatto. Ecco le differenze sono sostanzialmente ripeto la difficoltà di trovare subito le conferme, di verificare le notizie in tempo reale, che noi dobbiamo fare comunque ma in tempi molto più ristretti rispetto a quelli a disposizione di un giornale tradizionale. […]un giornale online avrebbe bisogno dei turni di lavoro come in fabbrica siccome noi non possiamo permetterci il turno di notte perché siamo in pochi, il nostro arco lavorativo va dalle prime ore del mattino, non di rado le 7, fino alla mezzanotte a volte anche oltre se ci sono fatti di particolare gravità. Noi non abbiamo turni però sostanzialmente siccome abbiamo una divisione dei compiti chi si occupa dei fatti di cronaca nera e quella giudiziaria, ha i tempi di lavoro dettati dai fatti di cui si sta occupando ci possono essere delle giornate in 71 cui non ci sono grandi eventi di cronaca nera, per cui quel collega quel giorno lavora meno, e ci sono dei tempi meno incalzanti per lui e lo stesso dicasi per il collega che si occupa della giudiziaria, e lo stesso dicasi per il collega che si occupa di politica, che si occupa di economia, chi comunque deve garantire la presenza nell’arco di tutta la giornata è il direttore del giornale purtroppo, perché il direttore del giornale, tranne nei periodi in cui è in ferie o è assente per altre ragioni, deve essere sempre presente per rispondere ai quesiti che gli pongono anche i colleghi rispetto ad alcuni problemi che si presentano. La scrittura non cambia, perché noi stiamo cercando di applicare al giornale online le qualità definiamole così che uno solitamente cerca di garantire ai suoi lettori in un giornale tradizionale cioè lo stile, cerchiamo di garantire ai nostri articoli un certo anche stile nella scrittura, cioè non ci siamo posti il problema di essere più sintetici meno propensi a puntare sulla qualità cioè noi cerchiamo di dare dei testi che non siano solo asciutti, esaurienti, cerchiamo anche di dare una certa qualità nella scrittura quando ci riusciamo cerchiamo di curare anche questo aspetto, ovviamente poi ci scappa anche l’errore di battitura però quello è frutto della fretta o del sovraccarico del lavoro, però noi cerchiamo, di, quando è possibile di dare anche piacevolezza gradevolezza ai nostri testi.” Vittorio Bruno Stamerra: “Beh, innanzitutto il taglio da dare al racconto, il giornale online oggi deve misurarsi in tempo reale con il web, con la rete con la televisione, con tutti gli strumenti che oggi il mondo dell’informazione ha per essere sul campo immediatamente, e poi, e quindi questo pone un problema di linguaggio, nel senso che il linguaggio non può che essere un linguaggio immediato che da immediatamente il senso dei fatti della notizia, tanto più che è un, è uno strumento che è molto più integrato rispetto alla carta stampata, anche alla stessa televisione, oggi sulla linea di fuoco della notizia, tu puoi mandare immediatamente in rete, in stampa tra virgolette, fatti che stanno accadendo in quel momento e con un semplice telefonino, quindi è chiaro che la realtà è totalmente diversa, cioè oggi l’integrazione tra testo e immagine deve essere perfetta, non puoi più barare, quindi il linguaggio, il taglio dell’informazione non può che essere diversa, oggi i giornali che si fanno soprattutto in provincia nelle 72 testate locali, non può che essere il giornale del giorno dopo, con tutti i limiti che questo comporta , se prima io impiegavo dieci minuti per leggere un quotidiano locale oggi ci impiego un minuto, questa è la, mentre su quotidiano online io ci vado venti volte al giorno, questo è più o meno la differenza. Il modo di comunicare è totalmente diverso e, le faccio un esempio, qualche mese fa, un paio di anni fa forse, è stato fatto un grande quotidiano nazionale online, l’età media dei giornalisti, a parte il fatto di un grosso investimento, ma l’età media dei giornalisti non superava i 25 anni, e, e c’era una duttilità maggiore degli addetti rispetto a prima, quando ho cominciato a fare io il giornalista, il giornalista con la macchina fotografica in mano non esisteva, così come il giornalista non si poneva il problema dell’impaginazione, non si poneva il problema di come tagliare una fotografia, non parliamo di grafica perché addirittura in quel periodo, in quegli anni la grafica non esisteva, la grafica nei giornali è stata scoperta negli anni ottanta man mano che la carta stampata emulava la televisione, oggi i giornalisti dei quotidiani online devono essere capaci di fare tutto, devono essere capaci di scrivere ovviamente, di raccontare, ma di essere di saper fare anche l’ipertesto, devono, devono sapere anche di grafica, in qualche modo e quindi è diversa la figura del giornalista che si impiega nelle testate online, non so quello che può accadere nel futuro, non so, oggi le situazioni cambiano in maniera talmente veloce che se lei mi chiede che cosa accadrà tra dieci anni io non glielo so proprio dire, mentre vent’anni fa, trent’anni fa avrei saputo già dirglielo, ma oggi è un altro mondo, il giornalista è diverso, il giornalista oggi, del quotidiano online rispetto al giornalista di una volta, questo è, è più completo, ecco.[…] (fa riferimento al giornale online) esiste una possibilità di verifica immediata, perché qui non è, mentre una volta i grandi lettori dei giornali che avevano la mazzetta compravano 2-3-4-5 giornali al giorno, oppure i manager o chi era attrezzato ad avere la rassegna stampa, si stava parlando di legge finanziaria e aveva nella rassegna stampa la posizione che nel panorama della comunicazione dell’informazione, i vari personaggi le varie testate riportano, adesso con un semplice click io sul mio telefonino c’ho già 7-10 telegiornali, giornali registrati, ta ta ta ta, passo e vedo immediatamente come il Corriere della Sera titola rispetto a Repubblica, rispetto ad altri, quindi le 73 differenze si colgono immediatamente, è molto più difficile occultare i fatti, quello si, perchè non puoi permetterti il lusso di dire questo mattone non è cascato in testa, perché stai omettendo una notizia così per chissà quale limite che hai nel fare il tuo mestiere, oggi l’informazione risulta molto più completa rispetto ai quotidiani online, c’hai la possibilità subito di fare la verifica e se uno buca la notizia la recupera subito, se vuole recuperarla.” 3. L’interazione con l’utente e le forme di giornalismo partecipativo Il web ha modificato le abitudini di produzione e di consumo dei prodotti e del giornalismo. Il cambiamento è evidente anche nelle piccole realtà come BrindisiReport.it dove la relazione con gli utenti è ancora più importante. In una dimensione piuttosto locale, il rapporto con l’utente diventa fondamentale per creare e mantenere una reputazione. Agli intervistati, perciò, sono state chieste delle riflessioni sul rapporto tra giornalista e utente, e sul giornalismo partecipativo. Roberta Grassi: “(si riferisce al giornale cartaceo) c’erano delle barriere, (con i giornali online) sono meno elevate, le barriere ci sono e ci devono essere perché il lavoro giornalistico è un lavoro selettivo, è un lavoro di scelta, perché l’informazione è una scelta, io non potrei veicolare tutto quello che accade, devo rispettare i tre criteri fondamentali, cioè devo fare innanzitutto questa prima scrematura, devo vedere se è vero, se è di interesse pubblico e poi devo vedere di renderlo in toni, la continenza no, in toni che siano, quindi devo fare prima questa scelta, già di per sé il lavoro giornalistico è questo, ehm ci sono delle esperienze come YouReporter che portano il lettore a diventare addirittura giornalista ad immedesimarsi nel ruolo del giornalista, anche lì c’è un filtro, c’è sempre un filtro, le distanze si sono ravvicinate moltissimo però, perché il lettore ha la possibilità di commentare direttamente su Facebook. Arriva, arriva, prima arrivare in una redazione da quando ci sono le e-mail, prima c’era la lettera, bisognava aspettare che arrivasse la lettera, adesso no, l’interazione è 74 immediata, anche dai commenti su Facebook. è più severo e immediato il ritorno di immagine che ha una notizia, subito, immediato, lo gestisci nella misura in cui non gli consenti, ma tu non gli puoi consentire di intervenire direttamente, lui può intervenire direttamente nei commenti di Facebook, nei commenti di Facebook ci si comporta che ognuno è penalmente responsabile, quindi ognuno è penalmente responsabile di quello che dice con il suo nome e cognome, nel momento in cui ci rendiamo conto che oltre alla notizia pubblicata su Facebook, che non è la notizia ufficiale del giornale, è un veicolo aggiuntivo, c’è il portale del giornale, sul portale del giornale, dove, per esempio sul nostro, il lettore non può commentare, altrimenti sarebbe folle o comunque sarebbe un blog, non sarebbe una redazione, nel momento in cui tu sposti sul social network, crei un flusso sul social network che è un flusso parallelo di diffusione della notizia, non quello canonico che è il portale, consente alle persone di intervenire, però lo fanno sotto la loro responsabilità penale e giuridica soggettiva, dal momento in cui ci rendiamo conto che ci sono delle informazioni che possono essere lesive, possono essere eccessive, che superino le regole di decoro che noi stessi imponiamo alla nostra pagina Facebook, li cancelliamo, li cancelliamo o interveniamo, è importante che il dibattito, che ogni notizia che si pubblica crei il dibattito, questo è sempre bello, è sempre meraviglioso, che lo cerei in tutte le forme , ma ti faccio un esempio recente, nel momento in cui si pubblica una notizia che è una notizia ed è normale che sia così, che lo stragista di Brindisi è in carcere è dimagrito di venti chili e che l’avvocato ne sta chiedendo la perizia psichiatrica, l’avvocato sta facendo il suo lavoro, ne sta chiedendo la perizia psichiatrica nel ricorso in appello, puntando all’assoluzione, che poi voglio dire che ognuno è libero di puntare a quello che gli pare ma c’è un giudice, c’è un magistrato, prima l’accusa e poi il giudice, capi d’accusa e poi il giudice, ma nel momento in cui ci rendiamo conto che nell’elenco di quei commenti si sta sbagliando, si stanno usando toni esasperati, non tanto nei confronti dello stragista ma nei confronti del povero avvocato che sta facendo il proprio lavoro, allora prima interveniamo, innanzitutto interveniamo, e facciamo un lavoro giornalistico, a ricordare che innanzitutto la notizia non è quella, che l’avvocato sta facendo il suo lavoro, attenzione moderate i toni, perché comunque l’avvocato sta facendo il suo lavoro, 75 sta garantendo il diritto alla difesa di un imputato, in primo luogo, nel momento in cui ci sono delle affermazioni che sono lesive o comunque vengono spiattellati sotto quella notizia ,magari elementi, dati che riguardano la vita privata coperti da privacy quelli coperti da privacy soprattutto, noi abbiamo l’obbligo di cancellarli, per forza di cose.” Ci sono stati episodi di giornalismo collaborativo?: “si, spessissimo succede, con le foto, con i video, e nel caso ci sono dei fatti che colpiscono molto l’immaginario collettivo, c’è stato, avviene in occasione dell’incidente stradale, se salta un autovelox che viene investito e travolto, se passa qualcuno di lì molto spesso ci ritroviamo il video in posta, succede, è capitato, usano la posta di Facebook, è capitato nel caso in cui, capita spesso quando il lettore sente l’esigenza, attraverso quello che fa, di denunciare qualcosa, e quindi ormai chi ti fornisce la notizia, chi chiede il tuo intervento, ti manda anche la fotografia, sempre, la fotografia sempre, è successo per esempio, nel caso in cui c’è stato il naufragio l’estate scorsa, il naufragio di uno yacht , dove si è ritrovata tantissima gente a vedere in diretta le operazioni di soccorso, ritenevano, sbagliando, perché poi si è appreso che stavano sbagliando, che ci fossero stati problemi, errori nella gestione della macchina del soccorso, lo hanno documentato e ci hanno fornito già il video, cioè ce lo hanno rappresentato attraverso il video, poi c’è da dire poi che l’altra faccia della medaglia è che molto spesso chiedono, molto spesso pretendono l’anonimato, molto spesso. vogliono l’anonimato in uscita. Non si può parlare di contributi anonimi perché nel momento in cui io posseggo le generalità e mi si chiede di non divulgarle non è un contributo anonimo è un contributo che io so da chi mi è arrivato, dove stava, chi era, chi non era e nel momento in cui dovesse essere sequestrato il video dalla procura della repubblica io sono in grado di dire come l’ho ricevuto, da dove è arrivato, chi lo ha girato, non è una lettera anonima, il contributo non è anonimo è la divulgazione che lo è, però talvolta no, talvolta si, i contributi ormai sono tantissimi, sembra che il mestiere del giornalista sia il mestiere più invidiato al mondo, tutti vogliono fare i giornalisti, se sapessero quanto ci pagano (sorriso con sospiro, ironico).” A proposito del crowdfunding: “può essere molto utile o molto pericoloso, è come il rapporto tra l’elettorato e il parlamentare, ci vuole il divieto di mandato 76 operativo, il giudizio deve essere indipendente nella selezione ed il finanziamento pone inevitabilmente da parte di chi finanzia, anche chi ha versato soli 5 euro pretende sempre qualcosa, ma io sono parzialmente d’accordo, dico sempre che è bene, che vadano chiariti tutti i ruoli prima che questa cosa si possa fare perché non si deve arrivare, che se io ho finanziato “Servizio Pubblico” con 5 euro, perché loro hanno fatto proprio così, debba pretendere, poi , debba influire, può pesare nella scelta, nelle scelte, nelle decisioni, è bene che si affermi sempre l’indipendenza assoluta tanta dallo sponsor quanto dal piccolo finanziatore , per chi fa il lavoro giornalistico, nella scelta della notizia. Bisognerebbe provare, sono tutte cose sperimentali, cioè io sono convinta che il web debba restare gratis, deve restare , l’accesso al web debba restare gratis, trovo assurdo quello che fanno Repubblica e Corriere che si fanno pagare la pagina 9 centesimi, perché non siamo in una fase in cui, il lettore di fronte a 9 centesimi non acquista la pagina, è matematico, d’altro canto abbiamo necessità di forme di finanziamento, io sono contraria all’intervento del lettore di fronte alla scelta della notizia, no sono favorevole all’ipotesi che il lettore possa finanziare una notizia piuttosto che un’altra, perché il lettore non è un giornalista, il lettore può finanziare il prodotto che faccio io però, non una notizia piuttosto che un’altra, perché altrimenti si potrebbero creare dei paradossi, delle class action che convogliano l’informazione secondo l’interesse, lobby, secondo interessi di particolari categorie di persone come si sono creati anche nel cartaceo giornali finanziati da lobby o anche da categorie di persone, la scelta del prodotto non la fa neanche l’editore, la fa il giornalista, deve essere un procedimento a posteriori, se ti piace la finanzi, ma no che scegli tu che cosa devo fare io, perché altrimenti non ha senso, è informazione pilotata, io devo rispondere solo e unicamente al mio ordine alle regole che mi, alla regolamentazione deontologica del mio ordine, ai criteri fissati dalla legge alla scelta o alla non scelta della notizia anche ad un discorso di massa di gradimento di interesse ma a principi che non possono essere stabiliti dalla moneta, quindi vanno benissimo le forme di finanziamento purchè non siano forme di condizionamento a priori, nella scelta, perché si possono creare dei gruppi di interesse, e lì parliamo di censura preventiva, di informazione pilotata, va sperimentato e anche in quel caso va 77 sperimentato, nel cartaceo, è questo il punto, l’intervento del finanziatore lettore è a posteriori, io faccio il prodotto tu decidi se comprarlo, e il prodotto è finito, se tu intervieni nella scelta di quello che devo fare io ne sono automaticamente condizionato, secondo me è una minaccia , è la mia idea.” Marcello Orlandini: “l interazione con l’utente è un problema complesso perchè richiede una redazione molto più numerosa di quella che abbiamo noi proprio per questa ragione noi non abbiamo scelto di ammettere i commenti direttamente in calce ai nostri articoli, come fanno invece grandi testate nazionali, o comunque le testate web legate alle testate nazionali delle reti nazionali perchè richiederebbe diciamo la presenza di uno più amministratori che si dedicano solo a questo compito, noi francamente non abbiamo la struttura organizzativa per fare ciò quindi noi abbiamo fatto una scelta di amministrare solo i commenti che riceviamo sul social network, Facebook. noi rispondiamo ai commenti che evidentemente rilevano un interpretazione errata dell’articolo oppure che contestano dell’articolo passaggio o impostazioni che noi riteniamo giuste e allora per dovere di chiarezza nei confronti dei lettori, interveniamo, o interveniamo anche per rimuovere commenti che non mancano, purtroppo, che sono offensivi nei confronti di altre persone, quelli vengono rimossi oppure vengono diciamo cancellati, oppure facciamo in modo che non compaiano e che siano visibili solo a chi li ha postati o ai suoi amici. Ci sono stati episodi di giornalismo collaborativo?: “si noi gli riceviamo principalmente attraverso due sistemi o la posta di redazione oppure la posta della nostra pagine Facebook che ci consentono di ricevere notizie molto spesso anche foto e video realizzati dai nostri lettori; cito un caso solo, nell’estate del 2012 ci è stato il rischio di annegamenti a catena durante una mareggiata sulla costa nord del capoluogo, dove ci sono gli stabilimenti balneari particolarmente attrezzati, che non sono sfociati in tragedia perché i bagnanti hanno organizzato una catena umana che ha consentito di raggiungere il gruppo di persone in difficoltà ad alcune decina di metri dalla riva ecco questo è avvenuto in pochi minuti, in 10 minuti, in un quarto d’ora, nessun giornale, nessuna testata è riuscita ad arrivare sul posto in tempo utile per riprendere questo evento, noi 78 siamo riusciti a farlo vedere materialmente, realmente ai nostri lettori, perché una delle persone che erano presenti sulla spiaggia col sul smartphone ha realizzato un video e ce l’ha mandato e noi siamo stati in gradi di fare vedere il video di questo salvataggio di massa diciamo che ha impegnato l’intera popolazione di una spiaggia a nord di Brindisi nell’operazione di soccorso. Noi chiediamo all’utente, rispondiamo e chiediamo, intanto, se vuole essere citato, se lui accetta noi diciamo che le foto ci sono state mandate dal lettore tizio e caio, se lui questo contributo video o anche testuale ritiene che debba rimanere anonimo, noi garantiamo l’anonimato certifichiamo che la lettera il messaggio erano firmati che però su richiesta di chi ce le ha inviati rispettiamo l’anonimato ecc.. e ovviamente noi ci assumiamo le responsabilità di ciò che pubblichiamo” Vittorio Bruno Stamerra: “questa cosa non ha ancora avuto un grande successo eh, c’è stato Gore il vicepresidente degli Stati Uniti d’America che ha lanciato una sua testata giornalistica fatta con questo spirito, cominciamo col dire che i patiti della rete sono ancora, non sono ancora la maggioranza dei lettori, sono tanti , stanno crescendo, però ancora non sono in grado di esser gli unici, come dire, capaci di, gli unici in grado di, non sono gli unici ecco. Questa cosa funziona in termini di integrazione, di rapporto più diretto, meno formale che c’è tra il lettore del quotidiano online mentre nella carta stampata il lettore non poteva interagire direttamente ma doveva scrivere la lettera e tu ricevevi la lettera il giorno dopo o a distanza di due giorni, tre giorni, e dovevi fare dare lo spazio nelle lettere, adesso immediatamente tu vai nell’infinito della rete e tu immediatamente rompi un diaframma, e c’è la reazione e ci può essere anche la partecipazione, quindi con effetto immediato, se tu dici una cosa immediatamente tu raccogli le reazioni e quindi sai già, d’altra parte quelli che fanno i sondaggi, lavorano con questo metodo.” funziona nella misura in cui c’è un interesse c’è un interesse, nella misura in cui io non sto mandando in rete anche attraverso i miei figli, le persone , i giovani che frequento, loro hanno un rapporto quasi, come dire di gruppo, di comunità tra di loro, io stasera sto andando a vedere Checco Zalone, e lo fanno sapere a mezzo mondo, io invece stasera voglio stare per i cazzi miei, perché lo devo dire a mezzo mondo, ho reso l’idea?, quindi è un 79 problema di metodo e di merito, di metodo perché ci sono ambiti, per carità se tu devi andare con la tua ragazza, o se tu stasera c’hai voglia di andartene ad ubriacare perché lo devi dire ad altre cinquanta persone?, e dall’altra di merito perché rilanciare in rete tutta una serie di informazioni, bisogna vedere fino a che punto l’informazione che mi stai riversando mi interessa, altrimenti non la guardo, perché dovrei guardare tutti, io ogni tanto quando ho voglia di andare, io non ci sto su Facebook, non ho voglia proprio di essere catalogato, io non c’ho Twitter, non c’ho niente, non mi frega niente, ogni tanto viene qualcuno, mi manda messaggi cose per aderire a, io gli mando una mail privata, dico, io sono lo stesso tuo amico però non voglio venire sui social network, non mi va, ho reso l’idea?, né mi va di, io so che c’ho migliaia di lettori, quando scrivevo per BrindisiReport, avevo, forse ero la firma che più riscuoteva lettori, e so pure che quello che scrivevo io provocava reazioni parolacce, ma perché devo infelicitarmi nella vita, io la sera se ho voglia di andare in un posto a farmi una passeggiata io ho voglia di essere sereno, perché se incontro qualcuno che ha detto che se Stamerra è cornuto io devo guardarlo sottecchi, così per non andarlo a prendere a calci, ho reso l’idea?, perché poi l’anonimato, il cosiddetto anonimato della rete consente tutte le libertà, anche le libertà più bestiali, ma che me frega a me, ma io non ci voglio stare, ecco perché, questi sono i salti generazionali.” 4. La legislazione italiana e i giornali online, un mondo da scoprire. Spesso succede che l’ordinamento giuridico non riesca a reggere il passo dei cambiamenti sociali e culturali di una società su problematiche nate dall’evoluzione dei costumi, delle abitudini o dallo sviluppo di nuove tecnologie. Nascono problematiche nuove che richiedono l’intervento del legislatore ma che per la loro complessità sono difficili da regolamentare, si creano così dei vuoti legislativi, delle zone franche, in cui il cittadino non può che usare le regole del buon senso per ovviare a questa mancanza. Il web, internet e il progressivo e incessante sviluppo delle tecnologie ad essi legate hanno introdotto nuovi quesiti a cui l’ordinamento giuridico italiano non ha ancora saputo dare una risposta. Si 80 parla per esempio delle garanzie legate alla tutela del diritto alla privacy. Nel giornalismo online alcune di queste questioni in sospeso sono legate all’accesso alle informazioni e a quello che viene chiamato diritto all’oblio. Per questo motivo agli intervistati è stato chiesto se secondo loro ci sia bisogno di una regolamentazione ad hoc, se la redazione di un giornale online cioè debba avere una regolamentazione, a livello legislativo, differente rispetto a quella di un giornale cartaceo, e quali siano gli ambiti in cui la mancanza di questa regolamentazione si fa più critica. Roberta Grassi: “Si, Si, è work in progress perché il giornalismo è esploso, il web è esploso, ancor prima che lo si potesse regolare, quindi così come, questa cosa anche a prescindere dal lavoro giornalistico, così come nella trasmissione di documenti, la firma digitale, si cercano strumenti che possano regolamentare il flusso di dati sul web, anche dal punto di vista normativo per quello che riguarda i giornali online credo che, che si stiano facendo dei passi un po’ graduali, che più che altro la posizione è questa, il giornalismo online va avanti ed il legislatore insegue cercando di limare o di eliminare, di regolamentare, sulla base dell’esperienza quello che non va, però effettivamente, sono due tipologie di informazioni, quella su carta e quella sul web, che non possono essere equiparate ed è proprio per quel discorso che facevo prima sulla scelta consapevole, il web mi capita, tu ti ritrovi ad essere lettore senza sapere nemmeno di esserlo, senza nemmeno sapere di stare fruendo di un contenuto giornalistico , andare in un edicola presuppone tutto quello che dicevamo prima, scegliere, fare, andare, comprare e l’immediatezza e l’ampiezza dei confini, amplifica notevolmente il rischio di diffamazione di lesione dei diritti di qualcuno, e c’è un altro elemento che per me è fondamentale, la permanenza, il web non scade, il contenuto tu te lo vai a guardare e a riguardare tutte le volte che vuoi, la foto di un arrestato, è vietato pubblicare la foto di un arrestato con fascetta, manette, però è una consuetudine anche perché è punita con un’ammenda quindi si corre il rischio non è niente di grave, pubblicare una foto di un arrestato sul web significa far si che ne rimanga traccia , anche se lo cancelli, per l’eternità, anche se questa persona viene assolta, la traccia della tua fotografia, che poi magari non la trovi 81 più, la trovi su un quadratino ripresa da quell’altro che l’ha ripresa da quell’altro, cioè non , non riesci a limitarlo e in questo momento non c’è una disposizione che vieti la pubblicazione di alcuni contenuti sul web che invece sono pubblicati sul cartaceo, cioè non viene tenuta in considerazione la differenza pazzesca di diffusione della notizia. Mi riferisco al diritto all’oblio, ma no solo al diritto all’oblio, al minimo mi riferisco al diritto all’oblio, perché il diritto all’oblio presuppone che se io che sono stato condannato, ad un certo punto qualcuno la debba smettere di pubblicare, pur avendo , cioè pur essendo stata lecita la pubblicazione della notizia una volta, a un certo punto bisogna obliare, nel caso della diffamazione, che è ancora peggio, cioè non parliamo di diritto all’oblio, cioè se io sbaglio persona se io pubblico uno che poi viene assolto non è diritto all’oblio, è un errore, rimane, rimane sul web la lesione della dignità di una persona, della sua reputazione, che il cardine della diffamazione diciamo che trova un supporto enorme, diciamo gigantesco rispetto a quello che è un giornale cartaceo, ad esempio questo non è regolamentato. E poi c’è un altro aspetto fondamentale che non è penale, ma è quello della regolamentazione del contratto giornalistico, del contratto giornalistico di come devono essere regolamentate le redazioni, i giornali al di sotto di un certo fatturato possono non avere un direttore responsabile che sia pubblicista o professionista, non devono registrarsi presso il tribunale ancora, cosa che è assurda perché nascono migliaia di realtà minuscole, locali e ci vuole un direttore responsabile, perché quella è garanzia che lì dietro c’è un lavoro giornalistico e non un lavoro di blog un lavoro fatto da persone che hanno dei titoli che fanno parte di un ordine e quindi sono sottoposti alla disciplina, alla deontologia di quell’ordine e anche alle scansioni disciplinari in caso di sanzioni, disciplinari no penali, e poi c’è un discorso proprio riguardo al contratto giornalistico e l’inquadramento dei giornalisti sul web, ancora non si capisce bene come devono essere strutturate le redazioni che tipo di contratto quali sono i ruoli, nel giornale sai che ci sono il direttore, il vicedirettore, caporedattore, vice caporedattore, caposervizio, vice caposervizio, redattori, redattori ordinari e, inviato, c’è una piramide gerarchica di ruoli, nel web è tutto un po’, tutti fanno tutto, il direttore non sempre ha un contratto da articolo 1, 82 mentre in un giornale è impensabile fare un contratto ad un direttore senza articolo 1, non puoi avere un contratto co.co.co. non puoi proprio.” Marcello Orlandini: “il riconoscimento della particolarità dei giornali online non può venire dalla legge dello stato, la legge dello stato comporta per i giornali online gli stessi obblighi che comporta per i giornali tradizionali, cioè l’obbligo della registrazione, l’obbligo dell’iscrizione ai registri presso i tribunali competenti, l’obbligo adesso più recente di fare l’iscrizione al ROC che è il Registro degli Operatori della Comunicazione, e un giornale online, la società editrice è libera, perché poi questo è facoltativo, di iscriversi o meno alla federazione italiana degli editori, o meno, questo non è un problema, però diciamo l’attività dei giornali online è regolamentata dalla legge, così come è regolamentata quella dei giornali tradizionali senza fare distinzioni, purtroppo l’unica distinzione che si dovrebbe apportare adesso è quella diciamo tra virgolette disciplinare nel senso che nelle varie discussioni incorse in parlamento su le pene da erogare per i reati a mezzo stampa, vedi quello di diffamazione, si vorrebbe inserire un’aggravante per un reato se commesso attraverso un mezzo di informazione online, quindi diciamo, questo è lo stato dell’arte. Gran parte della peculiarità di questa attività dovrebbe essere riconosciuta in sede di rinnovo del contratto nazionale del lavoro, che per i giornalisti online ancora, pur trattandosi di giornalisti che a volte fanno un lavoro ancora più gravoso di quelli del giornale tradizionali, prevede addirittura compensi tabellari inferiori, quindi ci sono queste incongruenze, quindi c’è un problema di riconoscimento formale e normativo, lavorativo, c’è un problema che riguarda diciamo forse la legislazione nazionale, forse non è giusto che ci siano delle leggi particolari per il giornale online, in fondo si tratta sempre di informazione, l’unica cosa è che i veri temi da affrontare sono altri secondo me, e che vanno risolti che dovrebbero essere diciamo orientati da nuove linee guida, come per esempio quelle del diritto all’oblio, nel senso che se io vengo arrestato processato, condannato, della mia storia rimarrà traccia per quanto riguarda i giornali cartacei, in un archivio di un giornale, nell’archivio di una biblioteca provinciale o comunale che fa la 83 raccolta di quel giornale e comunque io sarò rintracciato tra vent’anni solo da una persona che sfogliando quei giornali si può imbattere nelle mie vicende di vita pregresse, mentre rintracciare le mie vicende di vita pregresse è facilissimo, cioè basta digitare il mio nome e vengono fuori anche a distanza di cinque anni le mie vicende del passato, anche quando io ho saldato quel debito, sono diventato un’altra persona, è chiaro, è una cosa che peserà per sempre, come diciamo, una coscienza virtuale, sempre costantemente presente ma è anche accessibile a tutti, quindi si dovrebbe decidere, secondo me, di comune accordo a livello nazionale a livello mondiale, a livello internazionale, quando alcune cose vanno sottratte all’accesso pubblico, non cancellate, perché poi nell’archivio io le posso pure tenere, le tecnologie mi consentono di rimuovere un articolo un servizio dal web ma di trattenerlo, per mio uso esclusivo, nel mio archivio, però bisogna chiedersi se è giusto che un reato commesso dieci anni fa resti traccia a distanza di tanto tempo a condizionare la vita di una persona che magari dopo aver pagato il suo debito cambia nazione va a lavorare dall’Italia in Irlanda e allora il datore di lavoro furbo va su internet digita il suo nome e scopre che la persona che gli sta di fronte ha commesso un furto d’auto ma poco gli importa che cinque anni dopo abbia finito di pagare il suo debito o che sia diventata una persona ineccepibile che sia sposata, abbia una vita regolare, quel vecchi problema può costituire un danno diciamo di immagine, anche un danno economico ad una persona, faccio un esempio ancora più calzante, io da giovane commetto dei reati, quindici anni dopo mio figlio adolescente scopre che suo padre, navigando sul web scopre che suo padre è stato protagonista di una vicenda che non gli ha mai raccontato e allora ovviamente capite che si creano dei problemi sociali personali umani e anche economici a volte di una certa portanza, allora come si risolve questo problema , il diritto all’oblio è giusto, non è giusto riconoscere il diritto all’oblio a una persona, e questo è un tema per esempio, perché il web ha cambiato diciamo la vita di tutti, la memoria degli eventi, questa è una cosa da risolvere, io quando devo rendere inaccessibile il mio archivio, perché il meccanismo è semplice, voi sapete che c’è Google o un altro motore di ricerca che incessantemente per tutto l’anno ogni decimo di secondo dell’anno, è sempre alla ricerca delle notizie e le immagazzina, ok, io rimuovo dall’accesso pubblico la 84 notizia di un reato commesso da una persona ma di questa notizia continuerà a rimanere traccia sul web, almeno del titolo, certo se io la rimuovo dal mio articolo se uno clicca quel link arriverà in un punto in cui dice articolo non trovato, immagine non trovata, pagina non trovata, ma se quella pagina è stata copiata da un altro blog che la tiene online è sempre visibile, è chiaro, perché Google , se io rimuovo la notizia il motore di ricerca, dopo che sono passati tre mesi, rimuove anche il link automaticamente, è chiaro, però se, solitamente succede questo, però rimane il titolo di quel fatto su web, anche se poi la ricerca non ti porta a nulla, quindi ci vorrebbero meccanismi da concordare da provider, server, informatori eccetera. Noi riceviamo continuamente richieste di rimozione di articoli, a volte sono immotivate perchè ci sono degli avvocati che lo fanno con tono anche intimidatorio e intimativo, “la invito a rimuovere quell’articolo perché danneggia il mio cliente”, non è che ti contestano l’esattezza o l’inesattezza dell’articolo, ti contestano il fatto che quell’articolo danneggia il suo cliente, le sue attività lavorative, noi gli rispondiamo, quando il tono è intimidatorio o perentorio, gli rispondiamo con un tono adeguato, “lei ci trasmetta le sentenze in base alle quali il suo cliente è stato ritenuto estraneo, è stato assolto dagli addebiti e noi volentieri le pubblicheremo, e non ci scrivono più, dopo tutte le minacce di querela, no scrive più nessuno. Un’altra cosa è se mi telefona una persona per cortesia, o mi scrive, io ho sbagliato, ho fatto questo, ho fatto quello, però per favore mi hanno rifiutato la richiesta di lavoro, mi fate la cortesia, io in quel caso volentieri senza avvocati, quella persona la accontento, diciamo perché io alla fine non ci perdo niente a cancellare una cosa di tre anni fa, è nel mio archivio quando mi serve io la trovo. Si succede non spessissimo ma c’è, solitamente sono vicende penali, noi abbiamo avuto un caso, per esempio, ma non solo penali, per esempio c’è una famiglia di Cellino San Marco, secondo me di persone fuori di testa, non so se è vero, che mo’ con tutti sti film che fanno ti vengono pure i dubbi. Sostanzialmente uno di loro, un ragazzino, dice che aveva visto un’immagine che si muoveva in un quadro, insomma praticamente tutti i famigliari si erano convinti che fosse posseduto, sono andati dal parroco è successo un casino, questo ha dato in escandescenza poi è successo ad un altro parente, insomma è andata l’ambulanza e se li è portati via tutti, in ospedale, in 85 psichiatria a brindisi, noi questa storia l’abbiamo raccontata, naturalmente senza fare i nomi dei soggetti. L’abbiamo raccontata dopo aver parlato col parroco e il maresciallo dei carabinieri che sono andati sul posto e hanno detto che quella cosa era successa davvero, perché hanno chiamato il parroco che volevano l’esorcista il coso, nu casino, no. Oh, dopo un anno telefona un parente di questi, avvocato, perché stesso cognome, vi intimo di togliere immediatamente quella notizia dal coso perché pa pa pa pa. Io gli ho scritto “caro avvocato, siccome si tratta di fatti di cronaca ampiamente verificati ed incontestabili perché ci sono le relazioni del 118 che noi abbiamo consultato” gli ho detto io, le relazioni dei carabinieri la testimonianza del parroco, lei può fare tutte le denunce che vuole se il tono che utilizza è questo e poi vediamo, ci vediamo in tribunale, poi quello sai, ha preso il telefono mi dovete fare la cortesia che quelli non stanno bene di testa, il figlio, il bambino, i parenti a Milano. Allora avvocato se lei la mette su questo piano io le vengo incontro se me lo chiede gentilmente io accolgo le sue richieste le richieste dei parenti e lo metto da pubblico a privato, io un bottoncino devo premere, tanto la gente le cose se l’è lette […] quindi io applicando il diritto all’oblio secondo i miei criteri l’accontento e la tolgo[…] io alcuno fattacci, tranne i fatti di particolare rilievo, li toglierei proprio, perché alla fine, no, se uno me li chiede io glielo faccio se uno vuole fare una ricerca, chiama me e io lo faccio accedere all’archivio con una chiave d’accesso particolare, o gli mando i pezzi, però questo è un problema dai.” Vittorio Bruno Stamerra: “la legge sulla stampa in Italia fino a qualche settimana fa non prevedeva nessuna funzione per i giornali online, fino a qualche tempo fa non era prevista neanche una obbligatorietà di una direzione responsabile, per cui, io credo che parecchi problemi che riguardano i quotidiani online non siano altro che un segmento di problemi molto più vasti che nel mondo della comunicazione dell’informazione è stato introdotto dalla rete, da internet, per cui è la, come si fa ad impedire ad un cittadino qualsiasi che va in rete di mettere le notizie le informazioni che vuole, va bene, visto che la rete è libera e poi diciamo che la scelta la fa il mercato, il cittadino, ho reso l’idea? Questo è chiaro, che c’è bisogno comunque che il legislatore dovrà risolvere certi problemi, penso ai 86 problemi della sicurezza, all’informazione sicura della salute dell’ambiente, che cosa può accadere se non c’è una verifica alle notizie che ogni giorno la rete ci manda nei nostri computer nelle nostre case, è chiaro che l’autorevolezza della fonte fa la differenza, noi non possiamo pretendere che la gente, conosca l’autorevolezza della fonte, non possiamo pretendere che la gente sia tutta acculturata, e scientificamente adulta. La legge , il legislatore deve trovare una risposta a questa domanda, una risposta qualunque, ma una risposta che rispetti i principi di libertà, di autonomia, per carità, ma proprio perché sappiamo che la libertà ha bisogno di non scader in altro, perché resti libertà. (a proposito del diritto all’oblio) Innanzitutto io credo che , le notizie che si vogliono mantenere segrete possono essere benissimo mantenute segrete e si sa come tenerle segrete, ci sono gli esperti di queste cose, e quindi, il problema è che le tecnologie che cosa, che risposte potranno darci tra cinque, dieci, vent’anni. Se esiste un grande cervello in grado di immagazzinare dati di tutti il pianeta all’infinito, se non sia necessario ripulire questi contenitori, che non saprei come chiamare, li chiamo contenitori, questi archivi, ma poi credo che sia un problema tecnico, perché la rete comunque è un fatto di libertà, la rete ti deve garantire. Io mi sono divertito ,adesso non ricordo più che sito è, mi sono divertito anni addietro ad andare su un sito americano che aveva messo in rete i nomi di tutti gli immigrati giunti negli Stati Uniti d’America dalla fine dell’ottocento fino al 1920-30 queste emigrazioni bibliche dall’Italia e dall’Europa, e ho trovato delle cose interessantissime, cioè io mettevo dentro uno dei nomi o dei cognomi della mia famiglia, tanto per dire, il cognome Stamerra, no, andavo lì e mi dava l’elenco di tutti gli Stamerra che erano entrati negli Stati Uniti, la data, la nave, la provenienza. Allora mi pongo la domanda, diritto all’oblio, il nonno dell’attuale candidato a sindaco di New York che si chiamava de Blasio, il sindaco, ha diritto a che nessuno sappia che lui è figlio di immigrati abruzzesi? Cioè c’è un diritto da parte del cittadino a dire io non voglio che gli altri sappiano le origini della mia famiglia e, non lo so io come si può risolvere il problema, non lo so, non so come si può impedire una cosa del genere. Cioè, io oggi Stamerra, che sono la quinta generazione di un mio avo che nel 1880 decise di andarsene in America immigrati, posso dire io agli americani, voi non dovete, e che titolo c’ho io? Cioè mi sembra un discorso, molto, molto tra 87 persone che vogliono cercare il pelo nell’uovo, non lo so, non mi pongo manco sto problema. […] lì, siamo sempre al solito, siamo sempre al solito, cioè tra chi dice io ho pagato la mia pena, si però tu sei stato protagonista di un fatto pubblico, qual è un processo, qual è un evento, ho reso l’idea? Per cui il fatto dell’oblio rispetto alla cronaca, allora stiamo mettendo l’oblio, il diritto all’oblio per i protagonisti di quei fatti, e stiamo invece impedendo il diritto di cronaca, in che modo il diritto all’oblio non contrasta con il diritto di cronaca? Perché io anche tra trent’anni voglio raccontare quello che è accaduto un giorno del novembre 2013 in quel di via di Catignano a Brindisi, perché non posso raccontarlo? Se la notizia ha un valore pubblico, se io sto svolgendo un ruolo garantito dalla legge, qual è il diritto di espressione, se io sto raccontando i fatti nel pieno rispetto della legge, perché non posso citare fatti vecchi per il solo fatto che sono entrati nel diritto all’oblio? E chi stabilisce il diritto all’oblio? Le ho fatto l’esempio dei miei avi emigrati in America nel 1880. Io ho ancora diritto a chiedere l’oblio per una notizia che riguarda un mio pro pro zio? E certe volte si, si montano delle polemiche su fatti che sono del tutto marginali, irrilevanti, di novità, penso.” 88 NOTA METODOLOGICA Il lavoro di ricerca qui svolto, nasce da una mia esperienza personale. Durante i tre anni degli studi per il conseguimento della laurea magistrale in Sociologia e Ricerca Sociale presso l’Università del Salento, ho collaborato con la redazione di BrindisiReport.it per la realizzazione di un’idea del Direttore del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’uomo, il professor Vitantonio Gioia, la progettazione di un giornale online universitario, quello che poi sarebbe diventato Unireport.Unisalento.it. La collaborazione per la realizzazione di Unireport mi ha permesso di passare molto tempo a stretto contatto con il direttore responsabile di BrindisiReport.it, Marcello Orlandini, e con gran parte della redazione. All’epoca dei fatti non avevo ancora maturato la scelta di svolgere la mia tesi di laurea sul tema del giornalismo online, dunque, quelle che nella metodologia della ricerca sociale vengono chiamate osservazioni partecipanti, io le ho svolte senza pretesa di scientificità, ma credo che in questi tre anni abbia avuto, ampiamente, modo di verificare o almeno di constatare, a distanza ravvicinata, molti aspetti degli argomenti che riporto in questa tesi. Se di metodo scientifico si può parlare, la ricerca si fonda, oltre che sul mio periodo di collaborazione trascorso nella redazione di BrindisiReport.it, sulla ricerca e l’interpretazione di dati statistici sul tema dei media ripresi da fonti certificate come il Censis, Nielsen, Audipress e Audiweb, e su tre interviste semi strutturate, della durata di circa 1 ora ciascuna, a quelli che ho ritenuto essere degli osservatori privilegiati del mondo del giornalismo online e in particolare della piccola realtà locale quale è BrindisiReport.it. Se mi si chiedesse di dar conto del mio metodo di ricerca rispetto al dibattito qualitativo/quantitativo, risponderei soltanto che, per il mio modo di vedere le cose, il mio lavoro non ha alcuna pretesa di scientificità, almeno per quel che riguarda le osservazioni e le interviste, il mio intento è stato, qui, cercare di far emergere i cambiamenti in atto, legati allo sviluppo di nuove tecnologie della comunicazione giornalistica che in qualche modo modificano il 89 modo di pensare e agire degli individui che con essi vengono a contatto. Prendendo in esame il singolo caso di BrindisiReport.it ho puntato lo sguardo sulla percezione del cambiamento che vivono le persone che lavorano nel campo e che di questo campo, ne fanno esperienza, pensando che potesse essere utile, ai fini della ricerca, per avere un’idea dell’intensità del mutamento. Mi è sembrato, dunque, naturale riportare, per intero, i concetti emersi dalle conversazioni utilizzando le parole degli intervistati. Ad ogni modo, le interviste sono state registrate e trascritte interamente e ne conservo i file. 90 CONCLUSIONI Il web con le proprie grammatiche narrative e con le nuove dinamiche relazionali ha costretto anche il giornalismo ad adattarsi e a prendere coscienza delle inedite pratiche di produzione e consumo che hanno ridisegnato l’ecosistema informativo. La costrizione di fronte alla quale è venuto a trovarsi il mondo del giornalismo è quella che alcuni autori hanno chiamato rimediazione, la rielaborazione, cioè, dei media analogici da parte di quelli digitali, in questo caso il passaggio del giornalismo dal cartaceo al digitale. Questo spostamento di mezzo, inteso proprio come strumento di comunicazione, come supporto, è in grado di evidenziare la forza e la grandezza della teorizzazione di McLuhan “il medium è il messaggio”. Non è il contenuto della comunicazione a modificare il pensiero e l’agire umano ma il mezzo stesso, perché il messaggio di un mezzo o di una tecnologia è contenuto nel cambiamento e rinnovamento di proporzioni, di ritmi e di schemi che introduce nei rapporti umani. Uno storico della comunicazione e studioso del pensiero di McLuhan, Peppino Ortoleva, ha sintetizzato in maniera ancora più chiara questo concetto dicendo che “i media sono metafore”. La parola metafora nell’etimologia greca, parte dal concetto di trasportare per arrivare all’idea di trasformare, perciò ciò che Ortoleva voleva dire è che i media trasportano il messaggio e nel trasportarlo lo trasformano. Questo è quello che si è voluto dimostrare in questo lavoro, il trasporto e la trasformazione legata al trasporto, del giornalismo online, nella convinzione che il trasloco dal mezzo dalla carta stampata al mezzo web rientri a far parte di un cambiamento più esteso come quello della liquefazione della modernità di cui parla Bauman. Si è cercato così di mettere in risalto le particolarità del mezzo giornale online, le innovazioni come la tempestività, l’interattività, la multimedialità, l’abbattimento dei limiti di spazio, ma anche i limiti come i modelli di finanziamento, ancora non del tutto sicuri. E per scoprire come alcuni dei soggetti coinvolti da vicinissimo stanno reagendo a questa modificazione di pensiero e azione che si concretizza nell’adattamento a proporzioni, a ritmi e a schemi diversi si è voluto prendere in considerazione un caso studio concreto, BrindisiReport.it, il giornale locale della provincia di 91 Brindisi, nella convinzione che solo attraverso questi soggetti avvantaggiati nell’osservazione per la loro posizione ravvicinata, si potesse avere una misura di questo cambiamento, un racconto attraverso le vite di ognuno degli intervistati del mutamento del mezzo come metafora. Dunque per dirla con il giornalismo, Who? I protagonisti di questa storia sono i giornalisti, i lettori e tutti gli utenti dei giornali online, tutti quelli che cliccano un articolo su un giornale online e tutti i giornalisti che di buon ora cominciano il loro lavoro per una testata digitale, e quelli che abbiamo chiamato prosumer , i consumatori e i produttori di informazione. Poi What? Il medium, il mezzo di comunicazione giornale online, internet e il cambiamento apportato dalla rimediazione del mezzo, dal passaggio, cioè, del giornalismo dall’analogico al digitale, dal cartaceo all’online. When? Da almeno un decennio, dall’esplosione del web e dall’inizio del processo di alfabetizzazione digitale, adesso e per il futuro prossimo. Where? Nel web, sui siti di testate online e sui social network che siano accessibili dal computer, da tablet o da smartphone, e su qualsiasi supporto con un accesso ad internet. Ed infine Why? Perché lo sviluppo e l’evoluzione di nuove tecnologie della comunicazione hanno imposto al giornalismo l’esigenza del cambiamento, il bisogno del rinnovamento e dell’adattamento alle nuove forme di fare informazione, perché il passaggio dalla carta stampata al giornale online ha prodotto delle scosse di assestamento come un in terremoto e riconquistare gli equilibri persi durante la grande scossa è un processo lungo, ed infine perché questi cambiamenti contribuiscono a liquefare la modernità introducendo nuovi modi di pensare ed agire. 92 BIBLIOGRAFIA - ANDREI, A., La questione della credibilità. Quando (e se) il giornalismo partecipativo diventa più affidabile di quello tradizionale, in Paolo SCANDALETTI – Michele SORICE (Ed.), Yes, credibility. La precaria credibilità del sistema dei media, Centro di Documentazione Giornalistica, 2010 - AGOSTINI, A., Giornalismi. Media e giornalisti in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004 - BAUMAN Z., Modernità liquida, Roma Bari, Ed. 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Dunque, ringrazio Marcello Orlandini per avermi dedicato tanto del suo tempo, per avermi insegnato tutto quello che so sul giornalismo, e per la fiducia incondizionata che ha sempre riversato su di me. Grazie anche a Roberta Grassi e Vittorio Bruno Stamerra per le interessantissime interviste. Grazie al prof. Davide Borrelli per i suo aiuto nella ricerca. Grazie al prof. Vitantonio Gioia per avermi fatto conoscere la realtà di BrindisiReport.it e Marcello. Un grazie particolare a C. per continuare ad esserci. E poi grazie a F. per l’aiuto nella sbobinatura delle interviste, grazie anche ad A. ed M. per avermi allietato le permanenze in casa a studiare. 98