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L`evoluzione della poesia in Dylan Thomas

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L`evoluzione della poesia in Dylan Thomas
Gaetano Zenga
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas:
dall’ ‘io’ all’uomo
di Gaetano Zenga
1. Dylan Thomas e l’atto di scrivere
Dylan Thomas, generalmente considerato il meno intellettuale dei poeti inglesi, si distingue per il suo modo di concentrarsi sull’invenzione lirica di un nuovo
modello di mondo sensibile e per lo sforzo di creare un linguaggio che esprima con
immediatezza la visione della propria realtà.
Per il suo netto rifiuto di ogni intellettualismo e di ogni problematizzazione
ideologica, per il suo sforzo di fare poesia privilegiando la più semplice base organica dell’esperienza, il momento della nascita, Thomas è certamente diverso dai suoi
coetanei Wystan Hugh Auden, Stephen Spender e Louise MacNeice, perché egli
mostra delle affinità con altri moderni visionari come William Butler Yeats e James
Joyce .
Che dall’inizio della sua carriera letteraria Thomas avesse idee chiare sulla
sua arte è mostrato dalle sue lettere. In una lettera del Natale 1933, indirizzata a
Pamela Hansford Johnson, egli scrive:
Posso proprio riconoscere, non pensare, che nulla sia privo di interesse, posso
estendere le mie convinzioni e credere ancora una volta, come ho appassionatamente creduto e così appassionatamente voglio credere, nella magia di questo ardente e sconcertante universo, nel significato e nel potere dei simboli, nel
miracolo di me stesso e di tutti i mortali, nella divinità che è così vicina a noi, e
che desidera tanto essere più vicina, nell’incredibile meraviglia rosso-vivo, splendente del cielo che posso vedere in alto e del cielo al quale posso pensare dal
basso.1
Thomas è un poeta che ama andare contro corrente perché vuole distinguersi
dai suoi contemporanei. Infatti, in un’altra lettera a Pamela Hansford Johnson del
1933, il poeta mette in risalto che egli organizza il suo conflitto rigeneratore in
modo diverso dagli altri poeti, poiché, al contrario di essi, sceglie la materia morta,
tradizionalmente considerata simbolo di rovina:
1
Traduzione dell’autore (così come i successivi passi in prosa).
187
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
Se scrivo tanto spesso in termini di corpo, di morte, di malattia e di corruzione del corpo, non significa necessariamente che la mia Musa (non una delle
mie parole preferite ) sia sadica. Almeno per ora credo nello scrivere poesia
della carne, e in genere, della carne morta . Moltissimi poeti moderni scelgono come loro oggetto la carne ‘viva’, e con il loro accorto lavoro di dissezione, la trasformano in una carcassa. Io preferisco usare la carne ‘morta’, e con
tutta la positività di fede e di convinzione che ho dentro di me, costruirci una
carne ‘viva’.
L’atto dello scrivere per Thomas va necessariamente espresso in termini fisici
in linea con lo sviluppo fisiologico dei pensieri e delle azioni:
Tutti i pensieri e le azioni hanno origine dal corpo. Perciò la descrizione di un
pensiero o di un’azione - per quanto astrusa possa essere - può essere fatta
riducendola a livello fisico. Ogni idea, intuitiva o intellettuale può essere tradotta nei termini del corpo, della sua carne, pelle, sangue, tendini, vene, ghiandole, organi, cellule o sensi. Per il tramite della mia piccola isola legata da ossa
ho imparato tutto ciò che conosco, ho fatto esperienza di tutto e sentito tutto.
Tutto ciò che scrivo non è separabile dall’isola. Per quanto possibile, perciò,
ricorro allo scenario dell’isola per descrivere lo scenario dei miei pensieri, il
terremoto del corpo per descrivere il terremoto del cuore [...] (lettera a Pamela
Hansford Johnson, 1933).
Non ancora ventenne, Thomas si mostra già contrario ad ogni automatismo
verbale e a ogni introspezione morbosa.
A proposito dell’automatismo verbale, sempre a Pamela Hansford Johnson,
in un’altra lettera del 1933, egli scrive: “La scrittura automatica è indegna come
letteratura [...]. La mia facilità [...] è in realtà lavoro terribilmente faticoso. Scrivo
alla velocità di due versi all’ora. Ho scritto centinaia di poesie e ognuna mi è costata
ore e ore di dolore, sudore e tortura cerebrale”.
A Trevor Hughes, in una lettera del 1933, Thomas raccomanda di evitare
l’introspezione morbosa:
Ricordo di averti detto di evitare il più velocemente possibile la morbosità e
l’introspezione morbosa. Ora ti dico di scavare, profondamente, in te stesso,
finché non scoprirai la tua anima e finché non ti sarai conosciuto. Questi due
piccoli consigli non sono in contraddizione. La ricerca autentica dell’anima è
così lontana nell’ultimo cerchio dell’introspezione da essere fuori. Tu dovrai
prima rotare naturalmente su ogni cerchio. Ma finché non sarai giunto a quel
piccolo nucleo rosso e vivace, non sarai vivo. Il numero dei morti che camminano, respirano e parlano è sbalorditivo.
Nell’ambiente culturale del suo tempo, le precedenti affermazioni di Thomas
suonano come dichiarazioni di indipendenza e denuncia di una poesia da lui definita “stanca, affettata, evasiva di tutti i problemi della carne e dello spirito”.
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Gaetano Zenga
A giudizio di Thomas i più significativi rappresentanti di questo genere di
poesia sono poeti come Auden, Cecil Day Lewis, Ezra Pound e tutti i poundiani.
Thomas critica la sottomissione di molti poeti inglesi, dopo la prima guerra
mondiale, a certe regole che denotano, a suo parere, la loro inclinazione neoclassica,
anziché romantica.
La ribellione di Thomas all’establishment letterario, alla cultura ufficiale
del suo tempo, si spiega con il fatto che egli si batte per una partecipazione
attiva del poeta alla poesia che gli appartiene, contro quanti rifiutano una poesia
personale e favoriscono l’intellettualizzazione del mondo poetico. Il suo sforzo
è di porre al centro della poesia la sua personalità, perché questa diventi la sua
poesia. Thomas vuole un diretto coinvolgimento del poeta nel tessuto della sua
opera, al contrario di Thomas Sterne Eliot che definisce la poesia “evasione
dalla personalità” e considera il poeta come catalizzatore, al cui contatto, da un
miscuglio di idee nasce l’opera poetica, senza che il poeta venga coinvolto direttamente.
Va comunque chiarito, che anche se Thomas partecipa attivamente all’azione
della sua poesia, è al centro del suo sistema, lo crea, è se stesso nella sua poesia, non
ha una voce individuale in alcuna di esse, l’ ‘io’ della sua poesia diventa continuamente un ‘altro’.
In un saggio su Dylan Thomas, Vanna Gentili si sofferma sull’io indifferenziato nella poesia thomasiana: “Thomas non parla mai, o parla raramente di ‘altri’,
né descrive il mondo visibile; ma i processi che registra si riferiscono a un io indifferenziato, privo di qualificazioni psicologiche, che si dilata, protendendo i tentacoli della propria fisicità e del proprio patire, a inglobare la generalità umana e con
quella, gli elementi organici e inorganici del cosmo”.2
2. Le prime raccolte
Sin dal suo primo volume di poesie, Eighteen Poems, pubblicato nel 1934,
che ebbe un impatto immediato sui critici letterari per le sue immagini insolite,
violente e brillanti, il compito di Thomas fu di districare la misteriosa relazione fra
i cicli perpetui e i processi di nascita e morte, rigenerazione e distruzione sia nella
natura che nella configurazione fisica e psicologica dell’uomo.
La poesia di Thomas si distingue soprattutto per la sua coerenza tematica
caratterizzata dal sesso, dalla concezione, dal feto, dalla nascita come iniziazione
alla morte, elementi dell’esperienza umana per i quali la ragione non sa fornire alcuna spiegazione esauriente.
Thomas considerò i processi della biologia come una magica trasformazione
che produce unità dalla diversità e ripetutamente nella sua poesia cercò un rituale
2
Vanna GENTILI, Il mondo rappreso di Thomas, in «Paragone», 202, 1966.
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L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
poetico per celebrare questa unità, si considerino i notissimi versi: “The force that
through the green fuse drives the flower / Drives my green age (vv. 1-2)”.3
È su questa base biologica che Thomas costruisce la sua visione mitica
rigeneratrice, in linea con la visione mitica del mondo dei grandi romantici William
Blake e Samuel Taylor Coleridge. Questa visione mitica di Thomas, proprio all’inizio della sua carriera letteraria, segna la sua vocazione romantica in contrasto con
l’establishment letterario del suo tempo che, a suo giudizio, come è stato già notato,
mostra un’inclinazione neoclassica.
Un altro aspetto fondamentale della poesia thomasiana è il linguaggio, un
linguaggio privo dei propri significati convenzionali, fatto di termini ambigui,
distorti, volti ad acquisire nuove potenzialità di significati multipli.4 Certamente,
questa distorsione è responsabile dell’oscurità anche tematica della poesia giovanile
di Thomas, mentre nella poesia della maturità assume forme più accessibili.
Il linguaggio convenzionale viene intenzionalmente distorto da Thomas per
adattarlo alle esigenze della sua visione personale. L’esempio più significativo di
questa distorsione è costituito da due versi del sonetto IV appartenente a Altarwise
by owl-light (Come altare al lume di civetta),5 una delle opere più oscure di Thomas:
Button your bodice on a hump of splinters
My camel’s eyes will needle through the shroud (vv.9-10). 6
In questi versi, come in altre poesie,7 la nascita reca già il segno della morte, il
tema utero-tomba: “una gobba di schegge” indica appunto il feto, nascosto sotto il
vestito della madre incinta e immaginato dagli occhi sospettosi come frantumato
quasi a presagire i frammenti ossei della tomba; gli “occhi di cammello” scopriranno il feto segreto, penetrando attraverso il sudario che lo copre. L’immagine evangelica originale, che mette in relazione il cammello e la cruna dell’ago per esprimere
l’impossibilità per i ricchi di entrare in paradiso, è rovesciata da Thomas. Infatti,
l’immagine cruna-ago estranea al cammello e ai ricchi, viene sostituita dall’immagine cruna-occhio che appartiene al “cammello” che vede molto chiaramente, mentre
l’ago perde la sua funzione di simbolo di ostruzione.
3
“La forza che nella verde miccia spinge il fiore /Spinge i miei verdi anni” (The force that through the
green fuse drives the flower).
4
Elder Olson ha criticato le forzature del linguaggio operate da Thomas, perché, a suo giudizio, esse non
gli consentono di capire se un termine è inteso in senso letterale o metaforico. Cfr. Elder OLSON, The poetry of
Dylan Thomas, Chicago, The University of Chicago Press, 1954.
5
È una raccolta di dieci sonetti; i primi sette sonetti furono pubblicati in Life and Letters Today, XIII, 2,
nel dicembre del 1935; gli altri tre furono scritti più tardi e raccolti insieme agli altri in Twenty-five Poems.
6
“Abbottonati il corpetto su una gobba di schegge,/ I miei occhi di cammello bucheranno come ago il
sudario”. (Le traduzioni delle poesie sono dell’autore o sono tratte da quelle di Ariodante Marianni, in Dylan
THOMAS, Poesie e racconti, Torino, Einaudi, 1996).
7
Si pensi ai versi 3-4 di Twenty-four years: “In the groin of the natural doorway I crouched like a tailor /
Sewing a shroud for a journey” (“Nel vano della porta naturale stavo accosciato come un sarto / A cucire il
sudario per un viaggio”).
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Gaetano Zenga
Thomas opera un vero e proprio rovesciamento delle formule del linguaggio
convenzionale, perché in questo modo egli intende protestare contro la visione statica
della realtà riflessa nel linguaggio ordinario. Il linguaggio ordinario è visto da Thomas
come una sorta di coltre opprimente che va squarciata con ogni mezzo. L’uso continuo, nella poesia thomasiana, del paradosso, dello slang, della paronomasia, della
catacresi, di rime assonanti, vocaliche, rappresenta la necessità di servirsi di tutti gli
strumenti linguistici idonei a garantire un linguaggio che assicuri convenientemente le relazioni con un universo nuovo e dinamico.
Inoltre, Thomas si serve del suo linguaggio come uno strumento, un modo
immaginativo per percepire lo spirituale, in un mondo dove gli imperativi morali
non hanno più valore, dove i valori etici sono quasi completamente scomparsi dalla
coscienza dell’uomo, dove non si ha più una concezione chiara del divino. Lo sforzo di Thomas è volto a ripristinare il contatto con il divino, rappresentando la realtà ‘caduta’.
Così si spiega, sia nelle prime poesie che nelle poesie della maturità, il forte
desiderio di Thomas di porsi in contatto con la forza occulta dell’universo. Egli lo
fa con molta sincerità, con un impegno estremo di illuminare la materia nascosta,
seguendo un modello morale che vuole rivelare.
Thomas cerca di darsi un metodo8 per la soluzione di questo problema. Segni evidenti delle prime formulazioni del suo metodo, possono essere colti nei consigli che egli dà all’amico scrittore Trevor Hughes:
Tu non sei davvero interessato alla gente. Dubito addirittura che tu sia uno
scrittore di narrativa. Perché andare nei caffè a cercare trame consunte, quando
le sole cose che ti stiano a cuore sono l’antagonistico interagire delle emozioni
e delle idee, l’attrito delle sensibilità, le corde cerebrali e nervose, le convoluzioni
dello stile, la tortuosità di nuove espressioni [...] quando devi dire qualcosa, per
quanto possa essere terribile, e il vocabolario con il quale dirlo [...] (lettera del
1933).
Sempre a Hughes, un anno prima, indica l’esempio di una prosa costruita
con i simboli del mondo e con i ‘fondamenti dell’anima’, anziché con trame e personaggi, descrivendo il suo rapporto con la realtà circostante. “Vorrei amare l’umanità, ma demoni divoratori di cadaveri, vampiri, squartatori di donne, stupratori di
bambini, ubriaconi tutti verruche, mezzani e finanzieri passano accanto alla finestra, diretti Dio sa dove e perché, in un sogno su e giù per la collina”. È la reazione
del giovane Thomas alla società, è il segno della sua paura per il mondo quotidiano
fatto di uomini e donne ordinari.
Occorre chiarire, comunque, che il disgusto thomasiano per la società
8
Per uno studio rigoroso e illuminante sul metodo della poesia thomasiana, in particolar modo per quanto riguarda la sua complessità degli usi linguistici e il loro aggancio con la situazione socio-culturale si veda
John BAYLEY, Dylan Thomas, in The Romantic survival: a study in poetic evolution, London, Constable, 1960.
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non assumerà mai i toni satirici di Jonathan Swift o di Joyce perché Thomas è
fondamentalmente poeta mitopoietico e visionario. Tuttavia, non si può non
ammettere che la questione dei rapporti umani tormenti Thomas, soprattutto in
poesie come I have longed to move away (Ho desiderato tanto allontanarmi).
Di fronte alla scelta se troncare i legami con le immagini ossessive, che lo
fanno il poeta che è, e diventare poeta sociale o continuare a scrivere poesia di ‘sé’,
questa poesia, come la sua simile Make me a mask (Fatemi una maschera), fa capire
che Thomas sceglie la seconda soluzione.
Il peso di questo dilemma, che Thomas avverte come minaccia per la sua
carriera letteraria, appare in maniera esplicita in una lettera del 1934 in cui dichiara
di non essere capace di descrivere scene ordinarie della realtà quotidiana:
Vorrei poter descrivere ciò che sto osservando [...]. Molto lontano, accanto alla
linea del cielo, tre donne e un uomo stanno raccogliendo molluschi. A centinaia gli
ostricai protestano intorno a loro. Anche qui vicino a me, una folla di donne silenziose sta raschiando la sabbia umida, grigia, con i manici frantumati delle caraffe, e
pulendo i molluschi nelle sudice piccole pozzanghere.[...] Ma vedi che ne sto facendo di nuovo una giornata letteraria. Non riesco mai a rendere giustizia agli infiniti
chilometri di melma e sabbia grigia, allo snervante silenzio delle pescatrici, alle
strida da anime spregevoli dei gabbiani e degli aironi, alle forme delle mammelle
delle pescatrici che penzolano grosse come barili. [...] Non riesco a dare realtà a
queste cose, eppure sono vive quanto me (lettera a Pamela Hansford Johnson).
In Especially when the October wind (Specialmente se il vento di ottobre),9
poesia scritta come la precedente lettera nel 1934, Thomas ritorna sul problema della
sua incapacità di descrivere scene ordinarie di oggetti, di uomini e di donne nelle
“Wordy shapes of women, and the rows/Of star-gestured children in the park” (vv.1112),10 perché chiuso in una torre di parole convenzionali. Il poeta si sente isolato nella
sua torre di parole insieme agli altri abitanti e oggetti naturali del proprio mondo, non
c’è più pausa tra lingua e realtà: la realtà inghiotte in crescendo il linguaggio esprimendosi con le sue parole man mano che le inghiotte. Il cuore indaffarato trema,
sparge sangue “sillabico” e le parole diventano sempre più “aride” e il paesaggio risponde con le “oscure” vocali degli uccelli. Con le parole convenzionali il poeta non
potrebbe più dare convincente espressione alla propria intuizione fisica, attraverso
pensieri e azioni che richiederebbero invece termini corporali come sangue, carne e
vene. Tuttavia egli cerca una lingua nuova che possa rendere vivo il mondo fisico
attraverso la fusione della terminologia del linguaggio syllabic (v.8), vowelled (v.13),
voices (v.14), speeches (v.16), signs (v.21), sins (v.24) con il mondo della natura: the
syllabic blood (v.8), the vowelled beeches (v.13), the oaken voices (v.14), the water’s
speeches (v.16), the meadow’s signs (v.21), the raven’s sins (v.24).11
9
La poesia è datata 6 settembre 1934 in Buffalo Notebook, e raccolta successivamente in Eighteen Poems.
“Verbali forme di donne e le file / Dei bambini nel parco che hanno gesti di stella”.
11
“il sangue sillabico”, “le vocali di faggio”, “i discorsi dell’acqua”, “le voci di quercia”, “i segni del
prato”, “i peccati del corvo”.
10
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Gaetano Zenga
Thomas riesce a interiorizzare il mondo trasformando il mondo in parole; lui
stesso, in questo modo, però, viene penetrato dal mondo in tutta la sua immediatezza sensoria. Il mondo sensibile diventa sostanza delle parole del poeta, che parla
il mondo e lo tocca come se stesso, cambia e diviene con esso. A ragione Thomas si
preoccupa perché l’equilibrio tra pensiero e sensazioni fisiche, il cardine che sorregge la sua poesia, è minacciato dalle parole convenzionali. Egli si trova di fronte
ad un terribile dilemma: se il poeta non può fidarsi della sua intuizione fisica, come
potrà descrivere convenientemente i pensieri e le azioni che da essa derivano e che
per lui, come si è visto, possono tradursi in termini corporali, carne, sangue, vene?
In alcune delle più complesse poesie di Eighteen Poems, come Light breaks
where no sun shines (La luce spunta dove non splende il sole ),12 egli affronta il
problema dell’intuizione creativa e della logica distruttiva della ragione. In questa
poesia l’immagine principale è l’alba che va interpretata come metafora della coscienza umana.13 Se il poeta fa spuntare l’alba dietro gli occhi è perché essa rappresenta la coscienza percettiva:
Dawn breaks behind the eyes;
From poles of skull and toe the windy blood
Slides like a sea (vv.13-15).14
Senza l’alba gli occhi stessi sono ridotti a oscure cavità che sono i simboli
della morte; con essa invece vengono rischiarati anche gli scarti della ragione, le
maleolenti incrostazioni dell’intelletto e le logiche morte vengono illuminate di
nuovo, il sangue si risveglia, come il segreto del suolo che con il suo sguardo si
trasforma in fertilità e fonte di nuova vita:
Light breaks on secret lots,
On tips of thought where thoughts smell in the rain;
When logics die,
The secret of the soil grows through the eye,
And blood jumps in the sun (vv.25-29).15
12
Datata 20 novembre 1933 in Buffalo Notebook; pubblicata con poche varianti ma con il titolo di Light
in The Listener, XI, 270 del 14 marzo 1934; raccolta in Eighteen Poems.
13
I critici hanno fornito diverse interpretazioni sul tema di questa poesia. Elder Olson ritiene che la poesia
elabori “con estrema complessità le relazioni fra l’uomo e il mondo esterno”, proprio come fa, ancorché in
modo più semplice, The force that through the greene fuse drives the flower (E. OLSON, The Poetry of Dylan
Thomas…). Henry Treece crede che la poesia sia “una descrizione dello stato dell’esistenza” e il suo tema “il
processo vitale”. Cfr. Henry TREECE, Dylan Thomas. Dog among the fairies, London, Benn, 1959. Per William
York Tindall il tema della poesia è certamente “un enigma”: lotta fra oscurità e luce? Albeggiare della coscienza
e sopraggiungere della consapevolezza? O semplicemente una composizione astratta come in pittura? Cfr. William
York TINDALL, A reader’s guide to Dylan Thomas, New York, The Noonday press, 1962.
14
“L’alba appare dietro gli occhi; / Dai poli del cranio e dell’alluce il sangue ventoso/Scivola come un
mare”.
15
“La luce spunta su segreti appezzamenti,/Sugli scarti del pensiero dove i pensieri esalano alla pioggia; /
Quando le logiche muoiono, / Il segreto del suolo cresce attraverso l’occhio, / E il sangue balza nel sole”.
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Tuttavia, l’alba si arresta ogni volta che la coscienza dell’uomo si ingolfa nei
deserti della ragione: “Above the waste allotments the dawn halts” (v.30).16 Per
ritrovare la forza immaginativa e riconquistare il suo carattere creativo, la coscienza
deve sciogliere le forme cristallizzate del mondo e di se stessa.17
Se l’immaginazione è intesa da Thomas come forza vitale per la poesia, anche
le immagini sono considerate dal poeta come una particolare forza, una sorta di
forza matrice responsabile della loro origine e della loro distruzione.18
In una notissima lettera a Henry Treece, Thomas si sofferma sulla particolare
attenzione che dedica alla scelta delle immagini nella composizione delle proprie
poesie:
Una mia poesia necessita di una schiera di immagini, perché il suo centro è una
schiera di immagini. Io creo un’immagine, sebbene ‘creo’ non sia la parola giusta; io lascio forse che un’immagine si ‘crei’ in me emotivamente, e quindi vi
applico quel tanto di potere critico e intellettuale che posseggo; lascio che generi un’altra che contraddica la prima, faccio, della terza immagine generata
dalla congiunzione delle altre due, una quarta immagine contraddittoria e le
lascio cozzare tutte insieme, nell’ambito formale che mi sono imposto. Ciascuna immagine racchiude in sé il germe della propria distruzione, e il mio metodo
dialettico così come lo intendo, è un costante sorreggere e crollare delle immagini che si sprigionano dal germe centrale, che è esso stesso distruttivo e
costruttivo allo stesso tempo.
Giorgio Melchiori, tenendo in giusta considerazione il rigore con il quale
Thomas seguiva i complessi schemi metrici, ritmici e strofici delle sue poesie,
così commenta: “Si tratta d’una consapevolezza affine piuttosto alla disciplina
tecnica di un musicista; e sarebbe davvero interessante sostituire alla parola ‘immagine’ la parola ‘tema’. Penso che ne verrebbe fuori una buona descrizione
della tecnica creativa seguita dal compositore di un quartetto o d’una sinfonia”.19
Nel cogliere l’analogia tra la tecnica di composizione di Thomas e quella di
un musicista, Melchiori mette in risalto non solo un metodo di composizione, ma
anche e soprattuto un particolare processo mentale seguito dal poeta, in considerazione dell’importanza che egli attribuiva al suono delle parole.
Nella poesia thomasiana le immagini hanno una forma fisica, ed è concen-
16
“Sopra i terreni deserti l’alba arresta il suo corso”.
Per un’analisi capillare di Light breaks where no sun shines, si veda: Tomaso KEMENY, La poesia di
Dylan Thomas: enucleazione della dinamica compositiva, Milano, Cooperativa Scrittori, 1976.
18
John Bayley, nel già citato saggio, riconosce la particolare qualità dell’immaginazione thomasiana, ma
sottolinea che in essa “l’energia può agire spesso in sostituzione della chiarezza”.
19
Giorgio MELCHIORI, The tightrope walkers : Studies of Mannerism in Modern English Literature, London,
Routledge & Kegan Paul, 1956; [trad. it. a cura di Ruggero BIANCHI, I funamboli: il manierismo nella letteratura inglese da Joyce ai giovani arrabbiati, Torino, Einaudi, 1963].
17
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Gaetano Zenga
trandosi su questa forma, tralasciando temporaneamente le loro funzioni sul piano
connotativo, che è possibile individuare la dinamica di certe associazioni che a primo acchito appaiono iperboliche e strabilianti.
Ralph Maud, in uno studio critico su Dylan Thomas, con acutezza, osserva
che “ogni immagine deve essere modellata ad assolvere la funzione di creare il concetto finale e al tempo stesso di portare avanti una linea narrativa”.20
Infatti, è proprio la somiglianza della forma che permette a Thomas di compiere straordinari salti metaforici come, ad esempio, da lapis a fallo ad albero a
croce a torre a candela, con una facilità fantastica. Si può scoprire, quindi, che esistono delle forme basilari che interagiscono con altre forme, comportandosi quasi
sempre secondo un certo modello.
Il cerchio o la sfera rappresentano la stabilità armonica: il cerchio indica
spesso il grembo materno come in Before I knocked (Prima che io bussassi) e in
My world is pyramid (Il mio mondo è una piramide), o una fetta di spazio come
in In the beginning (Al principio). Inoltre, sia come figura anatomica che come
rappresentazione del cosmo, il cerchio è inizialmente vuoto o omogeneo e informe nel suo contenuto.
In Before I knocked, 21 l’io lirico ricorda di essere stato:
[...]shapeless as the water
That shaped the Jordan near my home
Was brother to Mnetha’s daughter
And sister to the fathering worm (vv.3-6).22
I versi sono una chiara allusione ad una mitica pre-esistenza in cui non esiste
alcuna differenziazione, neppure fra i sessi.
La forma lineare, al contrario del cerchio o della sfera, rappresenta il movimento. In the beginning presenta una serie di immagini che, come quella di “un
sorriso di luce traversa il viso vuoto”, sono basate sulla relazione geometrica cerchio-linea; in queste immagini, è sempre la forma lineare (elemento attivo), che si
inserisce in quella circolare (elemento passivo)23 e l’atto è descritto con immagini
che di solito si associano a quelle della narrazione biblica della creazione.
L’atto creativo, nelle prime poesie, è di solito visto con l’ottica della creatura
non ancora nata come un atto di aggressione. L’esempio più significativo di concepire l’atto creativo in termini di aggressione è costituito da I dreamed my genesis
20
Ralph N. MAUD, Entrances to Dylan Thomas’ Poetry, Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 1963.
Datata 6 settembre 1933 in Buffalo Notebook; raccolta in Eighteen Poems.
22
“[...] informe come l’acqua / Che formava il Giordano vicino alla mia casa/Ero fratello della figlia di
Mnetha / E sorella del verme generante”.
23
La penetrazione della linea nel cerchio fa pensare a una rappresentazione schematica della congiunzione
di maschio e femmina, anche se questa interpretazione non è mai dichiarata da Thomas in maniera esplicita.
21
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L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
(Sognai la mia genesi),24 nella quale Thomas affronta l’orrore della realtà contemporanea, frutto del mondo tecnologico, imperniato sul suo tema favorito: il processo nascita, morte, rinascita. Il poeta usa metafore del mondo della macchina e crea
immagini di orrore che fanno da sfondo al sogno del narratore. Il sogno, che si
estende dalla prima nascita del narratore, alla sua seconda nascita o resurrezione ed
include anche la sua morte in guerra, si rivela una grande delusione per la terribile
meccanizzazione del mondo tecnologico in cui viene a trovarsi il neonato:
I dreamed my genesis in sweat of sleep, breaking
Through the rotating shell, strong
As motor muscle on the drill, driving
Through vision and the girdered nerve (vv.1-4 ).25
L’atto con cui egli viene al mondo ha poco di umano, perché somiglia alla
messa in moto del motore di una automobile con il suo “guscio rotante” e il suo
“trapano”; la realtà che lo accoglie è fatta di limatura di metalli, di lame acuminate
ed è la stessa dove troverà la sua morte con il gas velenoso:
From limbs that had the measure of the worm, shuffled
Off from the creasing flesh, filed
Through all the irons in the grass, metal
Of suns in the man-melting night (vv.5-8).26
Con le metafore del mondo motorizzato, per descrivere l’attività organica
dell’uomo, Thomas mira ad esorcizzare gli orrori di quella realtà brutale per farli
sembrare irreali e quindi estranei all’uomo.
In All all and all the dry worlds lever (Tutto tutto e tutto gli aridi mondi
sollevano ),27 Thomas affronta il tema della realtà-illusione, fertilità-aridità, servendosi dei simboli dell’energia riproduttiva sprigionata dal corpo degli amanti. Gli
amanti somigliano a leve che trasmettono l’energia lavica e vivificano la terra “piattaforma del ghiaccio”, ma sono anche “aridi mondi” perché il loro amore si è fatto
immondo e meccanico ed è soltanto amore della “carne”:
How now my flesh, my naked fellow,
Dug of the sea, the glanded morrow,
Worm in the scalp, the staked and fallow.
24
La poesia fu scritta in novembre o nei primi di dicembre del 1934, per essere inclusa in Eighteen Poems.
“Sognai la mia genesi nel sudore del sonno, rompendo/Il guscio rotante, potente come il muscolo/D’un
motore sul trapano, inoltrandomi/ Nella visione e nel nervo travato”.
26
“Da membra fatte a misura del verme, liberato / Dalla carne grinzosa, limato / Da tutti i ferri dell’erba,
metallo/ Di soli nella notte che gli uomini fonde”.
27
La poesia, scritta a novembre o nei primi giorni di dicembre del 1934, sarà inclusa in Eighteen Poems.
25
196
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All all and all, the corpse’s lover,
Skinny as sin, the foaming marrow,
All of the flesh, the dry worlds lever (vv.7-12).28
A ragione, Derek Stanford, in uno studio del 1954,29 sostiene che la poesia si
incentra sulle relazioni panteistiche fra la natura e l’uomo: il sesso è la leva del mondo perché senza di esso le cose rimarrebbero aride.
Il volume Twenyy-five Poems, pubblicato nel 1936, si incentra essenzialmente
sull’esplorazione dell’uomo, nella sua configurazione sia materiale che spirituale,
proponendo nuove tematiche, ma esse sono anche la continuazione delle tematiche
di Eighteen Poems, sebbene presentate in maniera diversa, perché la maggior parte
delle poesie sono stesure anteriori agli stessi Eighteen Poems.
Gli esempi più significativi sono: Ears in the turrets hear (Orecchie ascoltano
nelle torrette),30 che è la ripetizione della situazione di isolamento nella propria torre di parole, già descritta in Especially when the October Wind; The seed-at-zero (Il
seme a zero), che descrive la sublimazione dell’energia sessuale nella morte e la
continuità cosmica che accoglie il termine della vita (“il seme a zero”), è lo sviluppo
tematico di Light breaks where no sun shines o di The force that through the green
fuse drives the flower (La forza che nella verde miccia spinge il fiore).
In Should lanterns shine (Splendessero le lanterne),31 utilizzando il mito edenico,
Thomas presenta l’imperfezione della natura della vita, perché è “caduta”: ogni ragazzo esiterebbe a perdere la sua innocenza se conoscesse le conseguenze dell’atto
sessuale: “any boy of love/Look twice before he fell from grace (vv. 3-4)”.32
È opportuno chiarire che i valori o i miti utilizzati da Thomas nelle sue poesie, come il mito edenico o il processo biblico creazione-caduta-rigenerazione, vengono da lui filtrati come punti di riferimento del mondo in cui vive il poeta e delle
difficoltà che il poeta stesso incontra nella sua formazione. Se si considera, poi,
l’insistere di Thomas sulla genesi, sul grembo materno e il suo crescente interesse
per la sofferenza degli uomini, si comprende subito perché il simbolismo biblico,
28
“Eccoti qui mia carne, mio nudo compagno, / Mammella del mare, glandoluto domani, / Verme dello
scalpo, picchettato e incolto. / Tutto tutto e tutto, amante della salma, / Magro come il peccato, midollo
schiumante, /Tutto che è carne, gli aridi mondi sollevano”.
29
Derek STANFORD, Dylan Thomas, London, Spearman, 1954.
30
La poesia mette in rilievo la paura e la difficoltà di comunicazione dell’io lirico che lo costringono a rimanere
isolato, rinchiuso nella sua torre, prigioniero di se stesso, forse fino alla sua morte: “Shall I unbolt or stay / Alone
till the day I die /[...]/ Beyond this island bound / By a thin sea of flesh / And a bone coast, / The land lies out of
sound / And the hills out of mind. No birds or flying fish disturbs this island’s rest (vv. 5-16)”. (“Aprirò o resterò
/ solo fino alla morte / […] Oltre quest’isola cinta / Da un esile mare di carne / E da una costa d’osso, / I campi e
i colli si estendono / Oltre la mente e il suono. / Uccello o pesce volante / Non turba di quest’isola il riposo”).
31
La poesia fu pubblicata per la prima volta in New Verse, nel dicembre del 1935; poi fu raccolta in
Twenty-five Poems.
32
“Ogni giovane amoroso / Esiterebbe, prima di perdere la grazia”. (la traduzione al condizionale di look
del quarto verso sottintende would del terzo verso ).
197
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
che lui riteneva il migliore strumento per esprimere le sue idee e le sue emozioni,
abbia influenzato lo sviluppo della sua poesia.
Nelle prime poesie il messaggio biblico serve a Thomas per esprimere la sua
ribellione personale ai falsi miti di un cristianesimo degenerato, falso e ipocrita che
esalta l’assurda sofferenza dell’uomo come “divina necessità”. La linfa vitale di
Eighteen Poems è il suo profondo pessimismo che considera l’uomo come il frutto
di una assurda irrazionalità, alla quale occorre ribellarsi.
Nell’ultima fase delle poesie thomasiane, la presenza dell’Eden e della genesi
è sempre più frequente; in Twenty-five Poems c’è una vera e propria celebrazione
dell’Eden storico, come ad esempio in Incarnate devil (Diavolo incarnato):33
We in our Eden knew the secret guardian34
In sacred waters that no frost could harden,
And in the mighty mornings of the earth (vv.13-15).35
L’idea dell’Eden, che è rilevante alla linea centrale della poesia, è riferita all’uomo moderno, considerato nella sua interezza umana che fa esperienza di stati
‘edenici’ e che chiede perdono a Dio per i suoi peccati:
Incarnate devil in a talking snake,
The central plains of Asia in his garden,
[...]
In shapes of sin forked out the bearded apple,
And God walked there[...]
And played down pardon from the heaven’s hill (vv.1-6).36
Che il messaggio edenico sia rivolto all’uomo dell’oggi è confermato dalla
presenza del pronome personale we (noi), al settimo e al dodicesimo verso, che per
il poeta rappresenta l’intera umanità della quale lui stesso fa parte.
I dieci sonetti Altarwise by owl-light,37 che formano l’ultima poesia del volu-
33
La prima versione di questa poesia fu pubblicata con il titolo Poem for Sunday nel «Sunday Referee»
dell’11 agosto 1935. Il testo fu ampiamente riveduto nel gennaio del 1936 e poi pubblicato in Twenty-five Poems.
34
Il guardiano segreto è Dio come annuncia il quinto verso: “And God walked there Who was a fiddlinng
warden” (E là Iddio passeggiava, sviolinante guardiano).
35
“Nel nostro Eden conoscemmo il guardiano segreto / In acque consacrate che nessun gelo potrebbe
indurire, / E nei possenti mattini della terra”.
36
“Il diavolo incarnato in un serpente parlante, / Le pianure dell’Asia centrale nel suo giardino, / [ ...] / In forme
di peccato inforcò e trasse la mela barbuta; / E là Iddio passeggiava [...] / E suonava perdono dalla celeste collina”.
37
Di questa complessa composizione sono state fornite numerose interpretazioni. Le più note sono quelle di Elder Olson (OLSON, op.cit.), di Clark Emery (Clark EMERY, The world of Dylan Thomas, Miami Beach
(Florida), University of Miami Press, 1962) e di H.H. Kleinman (Hyman H. KLEINMAN, The religious sonnets
of Dylan Thomas. A study in imagery and meaning, Berkley, University of California Press, 1963) che privilegiano l’aspetto religioso; e di William York Tindall (W.Y.TINDALL, op. cit.) che la considera una ‘narrazione’
di vari stadi della vita del poeta stesso. Tuttavia, si può anche ritenere che i sonetti siano una continuazione e
una rielaborazione di tematiche precedenti arricchite di nuovi simboli.
198
Gaetano Zenga
me Twenty-five Poems, mostrano una reinterpretazione thomasiana dei simboli
cristiani.
Non è casuale che nel terzo sonetto Thomas tratti la perdita dell’innocenza
con l’uccisione di Abele da parte di Caino, che nell’ottavo celebri la crocifissione di
Cristo e che il decimo termini con l’augurio del poeta che il ritorno dell’innocenza
edenica abbia luogo nel giorno del Giudizio Universale, quando il verme distruttore costruirà con le “paglie” della falsità “il nido di pietà” nell’albero insanguinato
dell’esistenza:
Green as beginning, let the garden diving
Soar, with its two bark towers, 38 to that Day
When the worm builds with the gold straws of venom
My nest of mercies in the rude, red tree
(sonetto X, vv.11-14).39
Quest’ultima poesia di Twenty-five Poems rappresenta certamente la sintesi
dell’estensione delle altre poesie del volume e una nuova focalizzazione di tutte le
altre. Si può avere tale conferma se ci si sofferma a considerare, ad esempio, una poesia come This bread I break (Questo pane che spezzo),40 nella quale il dogma cristiano dell’eucarestia, come amore di Dio, viene interpretato come simbolo della distruzione operata dall’uomo sulla natura: “Man in the day or wind at night/ Laid the
crops low, broke the grape’s joy (vv.4-5). [...] The oat was merry in the wind; / Man
broke the sun, pulled the wind down (vv.9-10)”41 e su quella energia vitale dalla quale
è generato anche il poeta: “My wine you drink, my bread you snap (v.15)”.42
E ancora si consideri Find meat on bones (Cerca la carne sulle ossa):43 sulla scia
dell’eterna catena dell’esperienza che unisce padri e figli, di generazione in generazione, un padre e un figlio discutono in maniera molto franca sul tema della ribellione
all’azione distruttiva della continuità ciclica. Il padre esorta il figlio a godersi la vita:
‘Find meat on bones that soon have none,
And drink in the two milked crags,
The merriest marrow and the dregs. (vv.1-3).44
38
Le “due torri di scorza” rappresentano i simboli della creazione e della distruzione.
“Che il giardino tuffandosi voli alto, verde come gli inizi, / Con le due torri di scorza, in direzione di quel
Giorno / Quando il verme costruirà con paglie d’oro di veleno / Il mio nido di pietà nel rozzo albero rosso”.
40
La poesia è datata 24 dicembre 1933 in Buffalo Notebook ed è raccolta successivamente in Eighteen
Poems.
41
“L’uomo di giorno o il vento nella notte/ Piegò a terra le messi, spezzò la gioia dell’uva. [...] Il frumento
era allegro in mezzo al vento; / L’uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento”.
42
“È il mio vino che bevi , è il mio pane che addenti”.
43
La poesia è datata 15 luglio 1933 in Buffalo Notebook ed è raccolta successivamente in Twenty-five
Poems.
44
“Cerca la carne sulle ossa che presto non ne avranno / E bevi alle due munte rupi / Il dolce midollo e la
feccia”.
39
199
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
E lo avverte di far presto prima che l’azione del tempo non sfiguri la bellezza
del corpo femminile:
Before the ladies’ breasts are hags
And the limbs are torn (vv.4-5)45
Dopo l’invito a godersi la vita, il padre cerca di convincere il figlio a ribellarsi:
‘Rebel against the binding moon
And the parliament of sky,
The kingcrafts of the wicked sea,
Autocracy of night and day,
Dictatorship of sun.
Rebel against the flesh and bone,
The word of the blood, the wily skin,
and the maggot no man can slay’ (vv.9-16).46
Tuttavia il figlio, ormai fiaccato dalla passione, non rispetta il consiglio del
padre:
‘The maggot that no man can kill
And the man no rope can hang
Rebel against my father’s dream
That out of a bower of red swine
Howls the foul fiend to heel.
I cannot murder, like a fool,
Season and sunshine, grace and girl,
Nor can I smother the sweet waking’.
Black night still ministers the moon,
And the sky lays down her laws,
The sea speaks in a kingly voice,
Light and dark are no enemies
But one companion (vv.24-37)47
45
“Prima che i seni delle dame siano flosci / E le membra a brandelli”.
“Ribellati al vincolo della luna / E al parlamento del cielo, / Al governo del mare perverso, / A tirannia
del giorno e della notte, / A dittatura del sole. / Ribellati all’osso e alla carne, / A parola di sangue, ad astuzia
di pelle, / E al verme che nessuno può ammazzare”.
47
“Il verme che nessuno può ammazzare / E l’uomo che nessuna corda impicca / Si ribellano al sogno di
mio padre / Che da un chiuso di porci scarlatti / Urla che al sozzo demonio obbedisca. / Non posso come un
pazzo assassinare / Stagione e sole, grazia e ragazza, / Né il mio dolce risveglio soffocare. / La nera notte
amministri la luna / E il cielo detti le sue leggi, / Il mare parli con voce regale, / Il buio e la luce non sono
nemici / Ma un compagno solo”.
46
200
Gaetano Zenga
Al padre che, nella sua caparbietà, si ostina a non accettare le condizioni della
natura ed impreca:
‘War on the spider and the wren!
War on the destiny of man!
Doom on the sun!’ (vv.38-40).48
Il figlio risponde, cercando di persuaderlo a cambiare atteggiamento e quindi
a ritrattare:
Before death takes you, O take back this
(v. 41). 49
La poesia ha una struttura abbastanza semplice: le prime due strofe presentano il contrasto tra corpo ed anima, qui è il padre che parla al figlio; le strofe seguenti
contengono la risposta. Il figlio rispetto al padre ha raggiunto un elevato grado di
spiritualità e respinge le tentazioni della carne proprio perché ne ha fatto esperienza:
‘The thirst is quenched, the hunger gone,
And my heart is cracked across;
My face is haggard in the glass,
My lips are withered with a kiss,
My breasts are thin (vv.17-21).50
Quindi, il giovane, che ha raggiunto un equilibrio tra corpo e anima, vive
anche in armonia con la natura e ne rispetta la sua continuità ciclica.
Il fatto che Altarwise by owl-light possa essere considerata un punto di riferimento importante, una estensione sintetica, una focalizzazione di tante poesie di
Thomas, dipende dal fatto che il nostro poeta era essenzialmente un poeta religioso, come egli stesso affermò nella sua nota ai Collected Poems:51 “Queste poesie con
tutta la loro asprezza, dubbi e confusione sono scritte per amore dell’Uomo e in
lode di Dio e sarei un dannato folle se così non fosse”.
Se in This bread I break Thomas tratta il dogma cristiano dell’eucarestia, in
una poesia dello stesso anno, Why east wind chills (Perché Levante gela)52 egli affronta il tema del mistero del mondo, ossia dell’impossibilità per l’uomo di conoscere la profondità del mondo, con le sue cause, alla luce di un radicale agnosticismo.
48
“Guerra al ragno e allo scricciolo! / Guerra al destino umano! / Distruzione al sole!”.
“Prima che morte ti prenda, ah sconfessalo”.
50
“La sete è spenta, la fame placata, / E lungo il cuore ho uno spacco; / La faccia è smunta allo specchio, / Le
labbra smorte dai baci / Ed è smagrito il mio petto”.
51
Il volume dei Collected Poems 1934-1952 fu pubblicato nel 1952.
52
La poesia è datata 1 luglio 1933 in Buffalo Notebook ed è raccolta successivamente in Twenty-five Poems.
49
201
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
La poesia stessa fa esperienza di un moltiplicarsi di domande simili ai perché dei
bambini che rimangono senza una risposta esauriente. L’unica risposta sarà una
“risposta nera”, ossia il mistero assoluto:
Why east wind chills and south wind cools
Shall not be known till windwell dries
And west’s no longer drowned
In winds that bring the fruit and rind
Of many a hundred falls;
Why silk is soft and the stone wounds
The child shall question all his days,
Why night-time rain and the breast’s blood
Both quench his thirst he’ll have a black reply (vv.1-9).53
L’impotenza razionale, l’incapacità per il poeta di fornire una spiegazione alle
forze oscure che governano il mondo, lo spingono a ripetere: “And I am dumb to tell
[...]”,54 in una delle sue prime poesie, The force that through the green fuse drives the
flower,55 che è scritta soltanto qualche mese dopo Why east wind chills. Il dilemma
qui annunciato, senza che ci sia una conclusione, caratterizza un po’ tutte le poesie di
Thomas. Si pensi, ad esempio, alla serie di domande che il poeta pone nel sonetto IV
di Altarwise by owl-light e che danno per scontato una risposta di impotenza da parte
della ragione umana:
What is the meter of the dictionary?
The size of genesis? the short spark’s gender?
Shade without shape? The shape of Pharaoh’s echo?
(My shape of age nagging the wounded whisper).
Which sixth of wind blew out the burning gentry?
(Questions are hunchbacks to the poker marrow).
What of a bamboo man among your acres?
Corset the boneyards for a crooked boy? (vv.1-8).56
La futilità del sapere rappresenta certamente uno dei temi più frequenti nella
prima stagione della poesia thomasiana. È proprio il senso dell’impotenza raziona-
53
“Perché levante gela e austro rinfresca / Non sarà conosciuto finché il pozzo del vento non dissecchi /
E l’ovest non resti più immerso / Nei venti che recano il frutto e la corteccia / Di centinaia di cadute; / Perché
la seta è soffice e la pietra ferisce / Il fanciullo si chiederà ogni giorno, / Perché pioggia notturna e sangue di
mammella / Tutti e due lo dissetano, avrà una nera risposta”.
54
“E sono muto per dire[...]”.
55
La poesia è datata 3 settembre 1933 in Buffalo Notebook ed è raccolta poi in Eighteen Poems.
56
“Qual è il metro del dizionario? / La misura Della genesi? Il genere della breve scintilla? / Ombra
informe? Forma dell’eco del Faraone? / (La mia forma d’età che molesta il bisbiglio ferito). / Quale sesto di
vento spense i brucianti possidenti? / (Le domande sono gobbe per il midollo dell’attizzatoio). / Che dire di
un uomo di bambù fra i tuoi acri di terra? / I recinti di ossa sono un busto per un ragazzo contorto?”
202
Gaetano Zenga
le che spinge Thomas a definire la sua poesia “due aspetti di un argomento irrisolto”:
è lo stesso dilemma senza sviluppo e senza risposta che, come è stato appena osservato, caratterizza tutte le poesie di Thomas.
Anche The hand that signed the paper (La mano che firmò il trattato),57 che
rappresenta una delle poesie più oggettive di Thomas, presenta la stessa visione di
quelle soggettive e personali: il senso dell’irrazionale, che qui caratterizza il destino
umano, visto nella prospettiva storica:
The hand that signed the paper felled a city;
Five sovereign fingers taxed the breath,
Doubled the globe of dead and halved a country;
These five kings did a king to death.
The mighty hand leads to a sloping shoulder,
The finger joints are cramped with chalk;
A goose’s quill has put an end to murder
That put an end to talk.
The hand that signed the treaty bred a fever,
And famine grew, and locusts came;
Great is the hand that holds dominion over
Man by a scribbled name.
The five kings count the dead but do not soften
The crusted wound nor stroke the brow;
A hand rules pity as a hand rules heaven,
Hands have no tears to flow.58
Per Thomas gli uomini che fanno questa storia sono un’umanità senza prospettiva di sviluppo che continuamente costruisce la propria caduta, una malvagia e
perversa macchina da guerra, una mano maledetta: “la mano che firmò il trattato”,
che “abbatté una città” e che “produsse una febbre”.
In questa visione pessimistica, la mano politica è quella stessa che, in The force
that through the green fuse drives my flower, compie simultaneamente due generi di
azioni opposte:
57
La poesia, che è datata 17 agosto 1933 in Buffalo Notebook, viene successivamente raccolta in TwentyFive Poems.
58
“La mano che firmò il trattato abbatté una città; / Cinque dita sovrane tassarono il respiro, / Raddoppiarono il globo dei morti e dimezzarono un paese; / Quei cinque re misero a morte un re. - La mano possente
conduce a una spalla sgimbescia, / Il gesso rattrappisce le giunture delle dita; / Una penna d’oca ha messo fine
all’omicidio / Che ha messo fine ai negoziati. - La mano che firmò il trattato produsse una febbre, / E la
penuria crebbe, e le locuste vennero; / Grande è la mano che ha dominio sull’uomo / Scarabocchiando un
nome. - I cinque re contano i morti, ma la piaga / Incrostata non curano, la fronte non carezzano; / Una mano
governa la pietà come una mano governa il cielo; / Dalle mani non scorrono lacrime”.
203
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
The hand that whirls the water in the pool
Stirs the quicksand; that ropes the blowing wind
Hauls my shroud sail (vv.11-13).59
Anche se la mano è vista come una forza impersonale, la poesia di Thomas
esorta sempre a ribellarsi contro di essa.
3. La fine della produzione giovanile
Nel 1939 Thomas pubblicò The Map of Love, il volume che in qualche modo
chiude la produzione giovanile e rappresenta l’indagine più complessa che Thomas
abbia mai svolto, in linea con quanto aveva scritto a Henry Treece in una lettera del
maggio del 1938: “Moltissima della mia poesia è, lo so, un’indagine e un terrore di
spaventose aspettative, uno scoprire e affrontare la paura. Contengo in me una bestia, un angelo e un pazzo, e la mia ricerca concerne la loro azione e la mia difficoltà
consiste nel loro soggiogamento e nella loro vittoria, negli abbassamenti e nei
sollevamenti, e il mio sforzo è la loro autoespressione [...]”.
L’idea della poesia come ‘indagine’ e ‘terrore’ di ciò che esplora è sempre più
frequente nella poesia thomasiana man mano che Thomas si avvicina agli uomini
del suo tempo. Le poesie di questo volume mostrano una drammatizzazione dell’itinerario individualizzato del poeta, del suo soliloquio, nel senso di coinvolgimento
di un’area più vasta di esperienza, dell’intento di iniziare a rivelare come il “me
stesso” sia i “me stessi”, vittime di una tragica realtà.60
Thomas si prefigge di raggiungere questo obiettivo senza ricorrere, però, ad
una semplificazione descrittiva del suo linguaggio che, in The Map of Love, rivela
il potere affascinante della parola e la capacità di imprimere alla plasticità delle immagini un forte movimento di continua progressione: è il ponte che il poeta costruisce tra le sue parole e gli oggetti naturali, tra sé e il mondo.
Consideriamo alcuni versi significativi di poesie di questo nuovo volume,
per capire in che modo il poeta cerca di stabilire un rapporto con la realtà esterna e
in quale direzione si muove il suo linguaggio:
Convenient bird and beast lie lodged to suffer
The supper and knives of a mood.
[...]
Camped in the drug-white shower of nerves and food,
Savours the lick of the times through a deadly wood of hair
[...]
59
“La mano che vortica l’acqua nello stagno / Muove le sabbie mobili; quella che imbriglia i venti /
Trascina la vela del mio sudario”.
60
Thomas rivela esplicitamente questo intento nei versi di apertura di Ceremony after a fire raid (Cerimonia dopo un bombardamento), poesia scritta nel maggio de 1944: “Myselves / The grievers / Greve /
Among the streets burned to tireless death” (vv.1-4) (“Me stessi / Coloro che piangono / Piangono / Fra
strade arse sui roghi di instancabile morte”).
204
Gaetano Zenga
Nor ever, as the wild tongue breaks its tombs,
Rounds to look at the red, wagged root.
[...]
Shall I, struck on the hot and rocking street,
Not spin to stare at an old year
Toppling and burning in the muddle of towers and galleries
Like the mauled pictures of boys?
The salt person and blasted place
I furnish with the meat of a fable (vv.3-21).61
The fingers will forget green thumbs and mark
How, through the halfmoon’s vegetable eye,
Husk of young stars and handful zodiac,
[...]
The whispering ears will watch love drummed away
Down breeze and shell to a discordant beach,
And, lashed to syllables, the lynx tongue cry
That her fond wounds are mended bitterly.
My nostrils see her breath burn like a bush (vv.2-10).62
Once it was the colour of saying
Soaked my table the uglier side of a hill
With a capsized field where a school sat still
And a black and white patch of girls grew playing;
[...]
The shade of their trees was a word of many shades
And a lamp of lightning for the poor in the dark;
Now my saying shall be my undoing,
And every stone I wind off like a reel (vv.1-14).63
61
I versi sono tratti da Because the pleasure-bird whistles (Perché l’uccello-trastullo fischietta): “Uccello e
bestia appropriati ospito a sopportare / La cena e i coltelli di uno stato d’animo.[...] Accampato nello scroscio
bianco-droga di nervi e di cibo, / Assapora la linguata del tempo attraverso un bosco mortale di peli.[…] E
mai, mentre la lingua selvaggia spezza le sue tombe, / Si gira a guardare la rossa radice agitata. […] Non dovrò
io, balenato sulla strada bollente e rollante, / Girarmi a fissare un vecchio anno / Sfasciarsi in fiamme in un
pasticcio di torri e gallerie / Come i disegni sgualciti dei fanciulli? / La persona di sale e il luogo maledetto / Io
vi imbandisco con la carne di una favola”.
62
I versi sono tratti da When all my five and country senses see (Quando i miei cinque e campagnoli sensi
vedranno): “Le dita scorderanno i verdi pollici e con l’occhio / Vegetale della luna dell’unghia indicheranno, /
Manciata di zodiaco e pula di giovani stelle, / […] I mormoranti orecchi vedranno trascinar via amore / Per brezza
e conchiglia a suon di tamburo verso una spiaggia dissonante, / E, affibbiata alle sillabe, la lincea lingua griderà /
Che sue ferite d’amore son rammendate da amarezza. / Le mie narici vedranno il suo fiato bruciare come un rovo.”
63
I versi sono tratti da Once it was the colour of saying (Una volta era il colore del dire): “Una volta era il
colore del dire / Il fianco più brutto di una collina inondò il mio tavolo / Con un campo capovolto dove
sedeva una scuola / E una toppa bianca e nera di ragazze cresceva giocando;[…] L’ombra dei loro alberi era
una parola dalle molte sfumature / E una lampada di fulmini per i poveri al buio; / Ora il mio dire sarà il mio
disfare / E ogni pietra svolgerò come un gomitolo”.
205
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
In the final direction of the elementary town
I advance for as long as forever is (vv.8-9).64
Questi esempi, anche se non sono i più complessi della poesia thomasiana,
mostrano vari tipi di uso linguistico, ‘romantico’ e insieme ‘metafisico-concettistico’,
in una unione che spesso viene interrotta nella stessa poesia che risulta divisa in
due, dando quasi l’impressione di voler rinunciare ad essere un tutto intero.
La difficoltà, per il lettore, di cogliere la poesia nella sua interezza non dipende soltanto dal variare continuo di questi usi, dai significati multipli del linguaggio,
ma anche e soprattutto dalla mancanza di uno spazio sociale e retrospettivo che, in
altri poeti, facilita la comprensione dell’unità anche per componimenti complessi.
Il fatto è che Thomas rifiuta ogni forma di retrospezione perché è fedele a ciò
che sta accadendo e non a quello che è già accaduto.
Inoltre, la maggior parte dei versi delle precedenti poesie mostrano un uso
continuo della sinestesia; si pensi alle dita che “indicano” (nel senso di vedono), alle
orecchie che “mormorano” e “vedono”, alle narici che “vedono” in When all my
five and country senses see, al dire che ha un “colore” in Once it was the colour of
saying. L’uso della sinestesia riflette la convinzione di Thomas che i sensi sono parte della mente, il corpo dell’anima, e mostra la sua avversione per una concezione
della poesia che separa la mente dai sensi. Per Thomas persino la distinzione dei
sensi rappresenta un’imposizione artificiale della razionalità.
Tuttavia, questo scompiglio dei sensi, anche se i sensi stessi assicurano una
percezione unificata del mondo esterno, non porta Thomas a considerarli un dominio assoluto come nella dottrina dei Simbolisti.
È significativo, infatti, che in When all my five and country senses see, Thomas
affronti la questione della limitata azione dei sensi. Essi possono osservare e toccare
tutta la realtà esterna, ma non possono da soli accedere al mistero dell’amore, poiché è il cuore “nobile” che riesce a trovare carponi la via dell’amore:
My one and noble heart has witnesses
In all love’s countries, that will grope awake;
And when blind sleep drops on the spying senses,
The heart is sensual, though five eyes break (vv.11-14).65
In questa direzione, non comunque di rinuncia al suo assorbimento nella
realtà organica, ma di riconoscimento della sua incapacità di fare ciò che gli è dovuto, Thomas si muove in How shall my animal (Come potrà il mio animale):66 come
64
I versi sono tratti da Twenty-four years (Ventiquattro anni): “ Nella direzione finale della città elementare / Io vado avanti per quanto è lungo il sempre”.
65
“Il mio unico e nobile cuore ha testimoni in tutte / Le contrade d’amore, che desti andranno carponi; /
E quando cieco sonno cada sui sensi spianti, / Il cuore è sensuale, anche se crepano cinque occhi”.
66
La poesia fu inviata a Vernon Watkins con una lettera del marzo 1938; fu raccolta, poi, in The Map of
Love.
206
Gaetano Zenga
in altre poesie di questo volume il poeta è interessato a drammatizzare il suo rapporto con l’esterno, con gli altri e questa volta lo fa con l’intenzione di sfruttare
l’energia che avverte in se stesso.
Infatti, l’animale della poesia è la porzione di energia elementare, creativa,
racchiusa nel cranio del poeta che soffre l’oppressione del “muro di sillabe” dell’intelletto, così l’animale, non potendo esprimere tutta la sua furia, è destinato ad una
morte lenta:
How shall my animal
Whose wizard shape I trace in the cavernous skull,
Vessel of abscesses and exultation’s shell,
Endure burial under the spelling wall,
The invoked, shrouding veil at the cap of the face,
Who should be furious,
Drunk as a vineyard snail, flailed like an octopus,
Roaring, crawling, quarrel
With the outside weathers,
The natural circle of the discovered skies
Draw down to its weird eyes? (vv.1-11).67
Nella terza strofa della poesia, Thomas espone con chiarezza il mito moderno della propria poesia, differenziandosi dai poeti contemporanei che, con il
pretesto dell’attualità lanciano un’ “aurea mollica” come esca, per pescare
“tritoni”,68 ossia artificiali figure mitologiche, mentre lui è impegnato nell’affannosa ricerca dell’ “animale caverna d’incantesimi” nella propria mente ed è addolorato perché lo vede morire nell’atto di afferrarlo con le mani:
Fishermen of mermen
Creep and harp on the tide, sinking their charmed, bent pin
With bridebait of gold bread, I with a living skein,
Tongue and ear in the thread, angle the temple-bound
Curl-locked and animal cavepools of spells and bone,
Trace out a tentacle,
Nailed with an open eye, in the bowl of wounds and weed
To clasp my fury on ground
And clap its great blood down;
[...]
[...] sly scissors ground in frost
67
“Come potrà il mio animale / La cui forma stregata rintraccio nel cranio cavernoso, / Vaso di ascessi e
guscio d’esultanza, sopportare / D’essere seppellito sotto un muro di sillabe, / Il velo funebre evocato sul
berretto del volto, / Lui che dovrebbe infuriarsi, ubriaco / Come lumaca di vigneto, flagellato come un polpo,
/ Che dovrebbe ruggire, andar carponi, litigare / Con le esterne intemperie, / Il cerchio naturale dei cieli
palesati / Abbassare all’altezza dei suoi occhi bizzarri?”
68
Secondo il Tindall i “pescatori di tritoni” sono gli altri poeti, in particolare Eliot e gli eliotiani (cfr:
TINDALL, op. cit.).
207
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
Clack through the thicket of strength, love hewn in pillars
drops
With carved bird, saint, and sun, the wrackspiked maiden
mouth
Lops, as a bush plumed with flames, the rant of the fierce eye,
Clips short the gesture of breath (vv.23-39).69
Infatti, alla ‘luce’ della razionalità, il magma dell’energia creativa si trasforma in fredda pietra:
Sigh long, clay cold, lie shorn,
Cast high, stunned on gilled stone [...] (vv.34-35).70
Di certo, la stessa personalità del poeta viene recisa dalle “furtive forbici affilate nel gelo”, la stessa creazione della poesia,71 metaforicamente rappresentata come
un pilastro sul quale è sbozzato amore e sono scolpiti gli emblemi dell’esistenza
umana e naturale, crolla e rimane soffocata.
How shall my animal può costituire la fondazione della poesia matura di Dylan
Thomas: la poesia vista come rito, per un verso celebrazione della limitazione della
condizione umana, per l’altro esaltazione del ruolo e della capacità dell’ “animale” del
poeta che può superare tale limitazione.
Un’attenta analisi di alcuni versi, già considerati, come “Ora il mio dire sarà
il mio disfare /E ogni pietra svolgerò come un gomitolo”, tratti da Once it was the
colour of saying e “Nella direzione finale della città elementare / Io vado avanti per
quanto è lungo il sempre”, tratti da Twenty-four years, mostra che anche essi possono essere metaforicamente riferiti alla poesia.
Infatti l’atto di dire, di scrivere significa invertire la direzione dell’esperienza
e del fare; e ancora, se il vivere si riduce soltanto ad un andare avanti chiusi in se
stessi per tutto il tempo che dura la vita, il finito ‘sempre’, l’unica libertà possibile
che rimane alla poesia di Thomas è di ripercorrere all’indietro l’itinerario intrapreso dalla persona fisica soggetta al dominio della morte. Infine, con l’atto di dipanare
come un gomitolo la pietra in cui si trasformerà il proprio animale, il poeta ricompone
incessantemente il gomitolo della vita e sconfigge incessantemente il dipanarsi del
gomitolo funesto della morte. Così la poesia stessa si muoverà anche ‘nella direzione finale della città elementare’, cioè verso una fine che è un principio.
69
“I pescatori di tritoni strisciano e arpeggiano / Sulla marea, tuffando il loro magico spillo ricurvo /
Innescato con aurea mollica; io con una viva matassa, / Lingua e orecchio nel filo, pesco nel pozzo / Dell’animale caverna d’incantesimi e d’osso fasciata chiusa da riccioli e tempie, / Scopro un tentacolo, afferrato / Con
l’occhio aperto, nella scodella di piaghe ed erbacce / Per stringere al suolo la mia furia / E abbattere il suo
nobile sangue.[…] Furtive forbici affilate nel gelo / Scattano nel boschetto della forza, l’amore sbozzato nei
pilastri / Crolla con sole, santo e uccello scolpiti, / La vergine bocca spinata d’alghe morte / Sfronda, come un
cespuglio piumato di fiamme, / L’enfasi dell’occhio feroce , taglia netto il gestire del fiato”.
70
“Sospira a lungo, fredda creta, giaci recisa, / Gettata in alto, tramortita sullo scoglio branchiato […]”.
71
Secondo il Tindall, il tema della poesia è la creazione poetica. (Cfr. TINDALL, op. cit.)
208
Gaetano Zenga
In The tombstone told when she died (La lapide diceva quando è morta),72
Thomas continua a portare avanti il suo disegno di coinvolgimento, come poeta, in
un’area di esperienza più vasta e di maggiore interesse per i suoi simili. Infatti, egli
mostra compassione e pietà per la storia bizzarra della sventurata protagonista mai
conosciuta: l’ingiustizia sofferta dalla “vergine sposa”, che la gente diceva fosse morta
vergine prima della notte del suo matrimonio e della sua consumazione, viene riscattata dal poeta con un atto di memoria paragonabile a quella di un “film accelerato”
proiettato su un “muro mortale”: la vita pietrificata della donna riprende, in tal modo,
a vivere afferrata al dipanarsi delle parole del poeta in un ritorno alla sua genesi.
Il ritorno in vita della donna, ormai pietrificata, agganciata al dipanarsi delle
parole del poeta ricorda il poeta che, in Twenty-four years, come è stato già osservato, ricompone il gomitolo della vita e sconfigge il dipanarsi del gomitolo funesto
della morte.
Per la sua esperienza immaginativa, The tombstone told when she died può
essere considerata una delle poesie più tipiche della tematica thomasiana, poiché,
anche se eliminassimo la vergine morta, rimarrebbe il solito schema delle prime
poesie thomasiane in cui una creatura non ancora nata vede come in un “film accelerato” proiettato sul “muro mortale” dell’utero materno il suo sudario di morte.
Fin dalla prima strofa, quando Thomas adulto si ferma allibito davanti ai due
cognomi della donna sepolta, si mette in moto il processo di regressione del poeta, il
film all’indietro che porta all’utero materno dove per la prima volta egli previde la propria morte.
L’intenzione di Thomas di servirsi del funzionamento della memoria del telescopio per collegare l’uomo agli altri esseri umani, in un tempo in cui sono simultaneamente presenti passato presente e futuro, si manifesta già nei primi lapidari versi di apertura:
The tombstone told when she died.
Her two surnames stopped me still.
A virgin married at rest (vv.1-3).73
Questi versi rappresentano lo sfondo che attiva il flusso della sequenza della
coscienza di un eterno presente. Infatti, la poesia si articola su uno schema temporale
che abbraccia contemporaneamente il poeta non ancora nato, la donna nel sepolcro, il
poeta adulto che la osserva, la donna sul letto di morte prima della consumazione delle
sue nozze, le dicerie raccolte dal poeta su quella sventurata donna e sulla sua vicenda.
La seconda strofa presenta Thomas adulto che può finalmente meditare sulla
tomba della povera donna, mentre con la memoria di un “film accelerato” rivive la
propria esperienza nell’utero materno:
72
La poesia fu inviata a Vernon Watkins con una lettera del settembre 1938 e fu poi raccolta in The Map of
Love.
73
“La lapide diceva quando è morta. / I due cognomi mi bloccarono. / Una vergine sposa dorme in pace”.
209
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
I who saw in a hurried film
Death and this mad heroine
Meet once on a mortal wall (vv. 21-23).74
Ora il poeta ode dalla stessa voce della donna, diffusa dall’uccello di pietra
suo guardiano, che la morte la fecondò:
I died before bedtime came
But my womb was bellowing
And I felt with my bare fall
A blazing red harsh head tear up
And the dear floods of his hair (vv.26-30).75
4. I cambiamenti della poesia thomasiana
Le poesie scritte successivamente a quelle raccolte in The Map of Love mostrano che la tematica si è ampliata, non insiste più sul quasi esclusivo motivo della
morte-in-vita trattato spesso in maniera astratta. Se questo motivo continua ancora
è tuttavia legato ad esseri umani realmente visti vivere o morire. Si pensi al gobbetto
del parco in The hunchback in the park (Il gobbetto del parco), al padre di Thomas
in Do not go gentle into that good night (Non andartene docile in quella buona
notte), al vecchio di cent’anni morto durante un’incursione all’alba in Among those
killed in the dawn raid was a man aged a hundred (Fra le vittime dell’incursione
all’alba c’era un uomo di cent’anni), alla bambina morta a Londra durante un bombardamento in A refusal to mourn the death, by fire, of a child in London (Rifiuto a
piangere la morte tra le fiamme d’una bambina di Londra). Thomas si muove ancora nella direzione di drammatizzare il proprio rapporto con l’esterno, con gli altri
che ora egli guarda con simpatia e persino con tenerezza.
È significativo che le ultime due, insieme con Ceremony after a fire raid,
(Cerimonia dopo un bombardamento) siano state scritte in occasione dei bombardamenti di Londra e presentino, quindi, il tema della morte legato all’avvenimento
storico della seconda guerra mondiale. Queste poesie, come altre scritte in questo
periodo, si caratterizzano certamente come critica della violenza e dell’orrore del
mondo in cui l’uomo moderno vive, ma anche come flusso di vita e di entusiasmo
umano. Si consideri, ad esempio, l’entusiasmo con cui Thomas celebra il sentimento dell’amore in This side of the truth (Questo lato della verità),76 dedicata al figlio
Llwelyn:
74
“Io che vidi in un film accelerato / La morte e questa folle eroina / Incontrarsi una volta sopra un muro
mortale”.
75
“Io morii prima dell’ora del letto / Ma il mio grembo muggiva / E io sentii nel mio nudo cadere / Una
rossa avvampante ruvida testa lacerarmi / E il caro flutto dei suoi capelli”.
76
La poesia fu inviata a Vernon Watkins il 28 marzo 1945, pubblicata in «Life and Letters To-day», XLVI,
(luglio 1945), 95 e raccolta in Deaths and Entrances.
210
Gaetano Zenga
And all your deeds and words,
Each truth, each lie,
Die in unjudging love (vv.34-36).77
L’amore rappresenta per il poeta un sentimento di fratellanza universale, in
cui vita e morte, illusione e realtà, tutti gli opposti sono ugualmente sacri e necessari
nell’ottica di una visione assoluta che si pone come totalità capace di assorbire e
neutralizzare ogni rottura e divisione.
Di certo, lo scoppio della seconda guerra mondiale e il bisogno di rivolgersi
ad un pubblico sempre più vasto produssero un cambiamento nella poesia di Thomas.
Infatti, anche se la sua tecnica compositiva non subì alterazioni notevoli, la sua
posizione nei confronti del mondo risultò meno solipsista.
Questo cambiamento è frutto di un processo consapevole che, come si è visto, è iniziato con The Map of Love e continuerà fino a Deaths and Entrances, il
volume pubblicato nel 1946, e a In Country Sleep, il volume pubblicato nel 1952.
Infatti, anche se negli anni ‘40 la morte era dappertutto e Thomas si era sempre
preoccupato per il paradosso nascita-morte, i suoi volumi The Map of Love, Deaths
and Entrances e In Country Sleep mostrano una grande serenità interiore. In queste
opere c’è un movimento verso la luce, e malgrado i temi tragici di alcune poesie, c’è
una sorta di alone di sacro splendore che si irradia in molte di esse e che inonda il
paesaggio dell’innocenza della fanciullezza, come in Fern Hill (Colle delle Felci):78
Now as I was young and easy under the apple boughs
About the lilting house and happy as the grass was green,
The night above the dingle starry,
Time let me hail and climb
Golden in the heydays of his eyes,
And honoured among wagons I was prince of the apple
towns (vv.1-6).79
Ora il poeta parla esprimendo la verità del suo cuore, e prega che questa
verità possa essere cantata, come fa in Poem in October (Poesia in Ottobre):80
O may my heart’s truth
Still be sung
On this high hill in a year’s turning (vv.68-70).81
77
“E ogni tuo atto o parola, / Ogni verità, ogni menzogna, / Muoiono nell’amore che non giudica”.
La poesia fu pubblicata la prima volta in «Horizon», XII (1945), 70 (ottobre); venne poi raccolta in
Deaths and Entrances.
79
“Quando ero giovane e ingenuo sotto i rami del melo / Presso la casa armoniosa e felice come l’erba era
verde, / La notte alta sulla valletta stellata, / Il tempo mi lasciava esultare e arrampicarmi / Dorato nel fulgore
dei suoi occhi, / E fra i carri ero il principe onorato delle città di mele”.
80
Inviata a Vernon Watkins il 30 agosto 1944; pubblicata in «Horizon», XI (1945), 62 (febbraio); raccolta
in Deaths and Entrance.
81
“O possa ancora la verità del mio cuore / Esser cantata / Su quest’alta collina al volgere di un anno”.
78
211
L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo
The author’s prologue (Prologo dell’autore), poesia scritta nell’agosto del 1952
e raccolta nei Collected Poems, contiene spunti importanti sul nuovo atteggiamento di Thomas verso la poesia e sulla propria evoluzione come poeta nel rapportarsi
con gli altri esseri umani.
Infatti, il poeta è Noè e la poesia è un’arca in cui il tutto è fatto entrare per
essere salvato dall’inondazione del tempo:
Hark: I trumpet the place,
From fish to jumping hill! Look:
I build my bellowing ark
To the best of my love
As the flood begins (vv. 42-46).82
Si può di certo affermare che il processo di trasformazione lento ma consapevole del poeta, già notato per le poesie della maturità, era compiuto poiché Thomas
giovane che in Ears in the turrets hear si chiedeva “Shall I let in the stranger? / [...]
Or stay till the day I die?” (vv.30-32)83 si trasformava nel “Noè della baia” che urla
al “regno” del suo “prossimo” di accorrere alla sua arca:
O kingdom of neighbours, finned
Felled and quilled, flash to my patch
Work ark and the moonshine
Drinking Noah of the bay (vv.19-22).84
È opportuno chiarire che le poesie della maturità non mostrano soltanto questa
metamorfosi del poeta e, come si è già visto, una grande serenità interiore, ma anche
un’evoluzione dello stile. Infatti, probabilmente alcune delle prime composizioni
di Thomas possono essere il risultato di automatiche associazioni verbali, ma la sua
poesia matura mostra un esigente senso dello stile e della struttura.
Come afferma, a ragione, il Fraser, in merito alla poesia matura: “Il suo segno
principale non è più una concisione oscura, un fitto impacchettamento di immagini, ma una scioltezza rapida e muscolare che ci fa ricordare talvolta un Hopkins più
rilassato, talvolta uno Swinburne più concentrato”.85
Inoltre, la poesia thomasiana, nel suo sviluppo, rivela la presenza di diversi
influssi letterari: l’influsso Blake-Wordsworth è evidente nella celebrazione della
fanciullezza come stato di innocenza e di grazia; l’influsso Donne-Lawrence-JoyceYeats nel concetto dell’amore totale e nella preferenza per l’emozione e per l’im-
82
“Udite, udite: con tromba io celebro il luogo / Dai pesci al colle balzante! Guardate: / Io costruisco la
mia arca muggente / Con tutto l’amore che posso, / Mentre il diluvio ha inizio”.
83
“Lascerò entrare lo straniero? [...] O resterò chiuso fino alla morte?”
84
“O regno del mio prossimo, pinnato /Villoso e pennuto, precipitati alla mia arca /Tutta toppe, e al Noè
della baia/ Che trinca chiaro di luna “.
85
George Sutherland FRASER, Dylan Thomas, London, Longmans, Green & Co., 1957.
212
Gaetano Zenga
pulso sulla ragione; l’influsso Donne-Herbert-Joyce-Eliot nell’uso del wit e nel
funzionale gioco di parole; e ancora l’influsso Keats-Hopkins nella sensualità. Tutti
cercano un Dio cristiano perduto, o un sostituto nella Natura e nell’Arte. Così fa
anche Thomas; la sua poesia è la registrazione di una ricerca che non si conclude
mai in maniera soddisfacente.
Sempre a proposito di influssi, la critica si è continuamente chiesta quale
ruolo avessero avuto sull’opera di Thomas le sue origini gallesi. Le risposte sono
state contrastanti o elusive finché John Ackermann non dimostrò l’importanza di
tali origini. Oltre a mettere in risalto l’influenza esercitata dalla comunità gallese,
dalla sua tradizione, dalla sua cultura, dalla lettura di poesie e prose gallesi tradotte,
il critico si sofferma sulle principali caratteristiche dell’antica poesia bardica, erede
di una profonda consapevolezza “del dualismo della realtà, dell’unità nella disparità, della simultaneità della vita e della morte, e del tempo come istante eterno piuttosto che come qualcosa con un passato e un futuro distinti: alla sua base, è un
senso di paradosso o, con termini leggermente diversi, una concezione paradossale
dell’esistenza”.86 Ackermann sfrutta argomentazioni molto persuasive per dimostrare i punti di contatto riscontrabili nella poesia di Thomas. “I caratteri distintivi
della sua opera - egli sostiene - sono le qualità liriche, lo stretto controllo formale,
una concezione romantica della funzione del poeta e un atteggiamento religioso nei
confronti dell’esperienza. Tutte caratteristiche condivise con altri scrittori anglogallesi”.87
A questo punto è necessario sottolineare che il successo della poesia di Thomas
è soprattutto un successo dello stile. La sua lingua è vigorosa ed eccitante; le sue
idee impressionano per l’intensità con cui vengono trasmesse. Thomas forgia una
nuova lingua, usando parole, frasi e grammatica che nell’insieme sono essenzialmente familiari in se stesse, ma vengono organizzate in maniera insolita. L’ambiguità, che scaturisce dal fatto che il poeta dà al nome concreto un significato astratto, viene continuamente ampliata perché egli non conserva quella relazione, ma la
varia secondo il contesto. E ancora, la musicalità del verso dipende dall’uso frequente dell’allitterazione e delle assonanze.
Una delle definizioni più calzanti della poesia thomasiana è certamente quella di Marcello Pagnini che ha saputo coglierne le caratteristiche più salienti affermando che la poesia di Dylan Thomas “è composta da miriadi di sensazioni, di
immagini, di ricordi, di pensieri, di stati d’animo, di atteggiamenti seri e tragici uniti
ad altri scherzosi, ironici e satirico-caricaturali”.88
Malgrado le ovvie differenze di stile e di tecnica, Thomas occupa un posto
importante accanto a Hopkins come uno dei più dotati ed originali innovatori della
lingua della poesia inglese moderna.
86
John ACKERMANN, Dylan Thomas. His Life and Work, London, Oxford University Press, 1964.
Ibid..
88
Marcello PAGNINI, Difficoltà e oscurità: Il linguaggio del modernismo in Franco MARENCO (a cura di),
Storia della civiltà letteraria inglese, Torino, Einaudi, 1996, 3 voll.: vol. III.
87
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