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Introduzione al problema degli N corpi
Capitolo 9 Introduzione al problema degli N corpi Dedichiamo questo capitolo conclusivo delle note del corso ad una introduzione al problema degli N corpi che, storicamente, è stato il problema per la cui soluzione sono stati elaborati molti dei metodi illustrati in precedenza. La visione innovativa al problema esposta da Poincaré nei tre volumi dei Nouvelles Méthodes de la Mécanique Celeste si trova peraltro alla base della moderna teoria dei sistemi dinamici. Non appare dunque inappropriato dedicare qualche pagina ad esplorare alcune linee del problema rinunciando da subito ad ogni pretesa di completezza. Dopo aver enunciato il problema ed un risultato generale di esistenza ed unicità della soluzione discuteremo gli integrali primi del moto ed esamineremo il problema del collasso totale, cioè di quella soluzione in cui, dopo un tempo finito, tutti i punti collidono nel loro centro di massa. Dimostreremo con il teorema di Sundman una condizione necessaria affinché ciò accada. Studieremo le soluzioni omografiche del problema degli N corpi che si riducono nel caso N = 3 alle soluzioni triangolari di Lagrange ed a quelle lineari di Eulero-Moulton. Infine, introdurremo il problema ristretto dei tre corpi, in cui uno dei corpi, P3 , ha massa nulla, in un riferimento rotante o sinodico usando le coordinate di Jacobi per ottenere l’integrale di Jacobi grazie al quale studieremo la topologia della regione accessibile al moto di P3 . Nell’esposizione seguiremo soprattutto il Cap. 2 del libro di Pollard [2]. 9.1 Formulazione del Problema Il problema degli N corpi consiste nello studio del moto di un sistema di N punti materiali P1 ,...,PN di masse m1 , m2 ,..., mN rispettivamente, soggetti alle mutue interazioni gravitazionali descritte dalla legge newtoniana. Quindi, detto ri il vettore posizione di Pi rispetto all’origine O di un sistema di riferimento 169 170 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI inerziale, l’equazione di moto per Pi è mi r̈i = N X j=1,j6=i Gmi mj (rj − ri ) 3 rij (9.1) dove rij := |rj − ri | è la distanza di Pi da Pj mentre G è la costante di gravitazione universale. Ciascun addendo a destra di (9.1) rappresenta la forza 2 gravitazionale che Pj esercita su Pi . Lo scalare Gmi mj /rij indica il modulo della forza mentre il versore (rj − ri )/rij indica che la forza è diretta lungo la congiungente Pi con Pj nel verso che va da Pi a Pj . Il sistema (9.1) è formato da N equazioni differenziali vettoriali del secondo ordine e la sua integrazione richede la conoscenza di 6N costanti di integrazione. Ora, se prendiamo come sistema l’insieme degli N corpi ed osserviamo che su di esso non agiscono forze o coppie esterne, dal momento che le forze gravitazionali sono interne al sistema, dalla prima equazione cardinale della dinamica R(ext) = Q̇ in cui R(ext) è il risultante delle forze esterne al sistema e Q è la quantità di moto del sistema, ricaviamo Q̇ = 0 PN per cui Q è una costante del moto. Siccome Q = M vC dove M := i=1 mi è la massa totale di tutti i punti materiali e vC la velocità del centro di massa del sistema, concludiamo che vC è costante e che il vettore posizione rC del centro di massa rispetto ad O segue legge oraria rC (t) = rC (0) + vC t dove rC (0) è la posizione di C all’istante iniziale. Dunque l’integrale primo della quantità di moto del sistema consente di ottenere 6 costanti di integrazioni e quindi di ridurre l’ordine di (9.1) a 6N − 6. Poiché il moto del centro di massa è rettilineo uniforme rispetto all’osservatore inerziale di partenza, possiamo fissare in esso l’origine O delle coordinate ed imporre il vincolo sui vettori posizione dei punti Pi N X mi ri = 0. (9.2) i=1 Dalla seconda equazione cardinale della dinamica abbiamo che K̇O = Mext O dove KO è il momento della quantità di moto degli N punti materiali rispetto ad O ed Mext O è il momento delle forze esterne rispetto ad O. Poiché in questo caso = 0, KO è costante del moto e permette la riduzione di ordine di (9.1) a Mext O 171 9.1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA 6N − 9. Infine, le forze gravitazionali sono conservative ed infatti possiamo ora verificare che la funzione scalare X mi mj (9.3) V =− G rij 1≤j<k≤N è l’energia potenziale del sistema dal momento che − N X ∂V = ∂ri j=1,j6=i Gmi mj (rj − ri ) 3 rij cioè è pari alla forza agente su Pi . Verifichiamo questa relazione per la componente xi e mostriamo dunque che − N X ∂V = ∂xi j=1,j6=i Gmi mj (xj − xi ). 3 rij Infatti, poiché rjk = |rj −rk | = si ha ∂V ∂xi P = 1 2 P q (rj − rk ) · (rj − rk ) = 1≤j<k≤N 1≤i<k≤N Gmj mk 2(xj 3 rjk Gmi mk (xi 3 rik − xk ) P − xk ) q (xj − xk )2 + (yj − yk )2 + (zj − zk )2 ∂(xj −xk ) ∂xi 1≤j<i≤N + = P Gmj mi (xi 3 rij 1≤j<k≤N Gmj mk 2(xj 3 rjk − xj ) = − Pertanto l’energia meccanica totale E = T + V , dove PN j=1,j6=i − xk )(δij − δik ) = Gmi mj (xj 3 rij N T = 1X ṙi · ṙi ≥ 0 2 i=1 (9.4) è l’energia cinetica del sistema, si conserva e ciò riduce ulteriormente a 6N − 10 l’ordine del sistema (9.1). Ulteriori riduzioni a 6N −12 sono possibili eliminando il tempo e con l’eliminazione dei nodi attraverso il metodo di Jacobi ma non le prenderemo in esame. Talora al posto dell’energia potenziale V conviene usare il potenziale U = −V che è una funzione non negativa. Sia U che V sono funzioni omogenee di grado −1 nelle variabili rij cosı̀ come nelle variavili ri per cui, grazie al teorema di Eulero, valgono l’identità r· ∂U = −U ∂r X 1≤j<k≤N rij ∂U = −U . ∂rij (9.5) È chiaro che il numero di integrali primi trovati non è sufficiente ad integrare le equazioni (9.1) per N ≥ 3 ed in effetti vi sono stati molti tentativi di − xi ) . 172 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI ottenere altri integrali primi che fossero funzioni algebriche nelle posizioni e/o nelle velocità ma questo filone di ricerca si esaurı̀ quando Poincaré, Painlevé, Whittaker, Mac Millan sotto angolature differenti mostrarono l’impossibilità di ottenere ulteriori integrali primi di (9.1) nella classe di funzioni menzionate. Un altro risultato generale sul sistema (9.1) è il teorema locale di esistenza ed unicità della soluzione. Si può mostrare che, se all’istante iniziale t = 0 si ha r(0) := min 1≤i<j≤N rij (0) > 0, allora esiste un’unica soluzione di (9.1) almeno per un intervallo di tempo finito. L’annullarsi di r ad un certo istante t0 corrisponde allo sviluppo di una singolarità in tempo finito per le soluzioni di (9.1) e fisicamente si verifica quando c’è una collisione tra almeno due dei corpi, ovvero una pseudocollisione per cui almeno una coppia di punti non assume una posizione limite quanto t → t− 0, sempre rimanendo vero il fatto che r(t) → 0 per t → t0 . Come esempio di problema legato alle collisioni, in questa sezione vogliamo dimostrare un teorema, dovuto a Karl Sundman, che fornisce una condizione necessaria per il collasso totale degli N corpi, intendendo con ciò la situazione in cui, ad un certo istante, tutti i punti materiali collidono insieme. La dimostrazione del teorema di Sundman poggia sul concetto di momento (polare) di inerzia definito da N I := 1X mi ri2 2 i=1 (9.6) che è una funzione definita positiva ed omogenea di grado 2. La principale proprietà del momento di inerzia per i nostri scopi è l’identità di LagrangeJacobi, contenuta nel seguente Teorema 9.1 Sulle soluzioni di (9.1), il momento polare di inerzia sodisfa I¨ = E + T = 2T + V (9.7) dove T , V ed E sono, rispettivamente, l’energia cinetica, l’energia potenziale e l’energia meccanica totale del sistema. Dim. Eseguendo le due derivazioni rispetto al tempo, grazie a (9.4) e (9.6) abbiamo N X mi ri · r̈i I¨ = 2T + i=1 e, scritta la (9.1) nella forma mi r̈i = − ∂V , ∂ri e ricordando che V è una funzione omogenea di grado −1 abbiamo, dal teorema di Eulero (9.5), I¨ = 2T + V = E + T . 173 9.1. FORMULAZIONE DEL PROBLEMA Osservazione. L’identità di Lagrange-Jacobi si può scrivere in molti modi equivalenti. Ad esempio I¨ = 2E − V = 2E + U . (9.8) È utile per il seguito esprimere I in termini delle distanze relative rij . Per questo osserviamo che N X i=1 2 = mi rij N X i=1 mi (ri − rj ) · (ri − rj ) = N X i=1 mi ri2 + M rj2 − 2rj · N X mi ri i=1 da cui, ricordando (9.2) e (9.6), seguono le N identità, una per ogni valore di j: N X 2 = 2I + M rj2 . mi rij i=1 Moltiplicando la j-esima identità per mj e sommando su tutti i valori di j otteniamo N X 2 = 4M I mi mj rij i,j=1 e ancora, siccome rii = 0 ed rij = rji N X 2 =2 mi mj rij i,j=1 X 2 , mi mj rij 1≤i<j≤N da cui segue l’identità cercata I= 1 2M X 2 mi mj rij (9.9) 1≤i<j≤N che mostra come I sia una funzione omogenea di grado 2 anche nelle distanze relative rij . Infine, premettiamo alla dimostrazione del teorema di Sundman un lemma di analisi reale. Lemma 9.1 Sia data la funzione f : [a, b] 7→ R definita sull’intervallo [a, b] della retta reale e di classe C 2 . Si supponga che, ∀x ∈ [a, b] valgano le seguenti disuguaglianze: f (x) ≥ 0, f 00 (x) ≥ 0 e che, inoltre, f (b) = 0. Allora f 0 (x) ≤ 0, ∀x ∈ [a, b]. Dim. La dimostrazione del lemma è immediata se si osserva che le ipotesi equivalgono a richiedere che la funzione non negativa e convessa f (x) abbia minimo assoluto nell’estremo destro di definizione x = b. Possiamo ora enunciare e dimostrare il Teorema di Sundman sul collasso totale. 174 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI Teorema 9.2 Condizione necesaria perché esista il collasso totale del sistema di N corpi descritto dall’equazione (9.1) è che KO = 0. Dim. Dalla definizione di momento della quantità di moto KO = N X i=1 mi ri × ṙi e ricordando che il modulo del prodotto vettoriale di due vettori non supera il prodotto dei moduli dei due vettori abbiamo |KO | ≤ N X i=1 mi |ri ||ṙi | = N X √ i=1 √ mi |ri | mi |ṙi | da cui, per la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz, segue !1/2 N !1/2 N X X 2 2 |KO | ≤ (mi ri ) (mi vi ) i=1 i=1 o, elevando al quadrato e ricordando le definizioni (9.4) e (9.6) |KO |2 ≤ 4IT e ancora, per la disuguaglianza di Lagrange-Jacobi (9.7), |KO |2 ≤ 4I(I¨ − E) (9.10) che costituisce la disuguaglianza di Sundman. Mostriamo ora che il collasso totale non può avvenire per t → +∞. Infatti, ¨ = +∞ poiché nel collasso totale U → +∞ (cfr. (9.8)2 ) si ha che limt→+∞ I(t) ¨ e dunque esiste un istante t tale che, ∀t > t I(t) > 2 e dunque, dopo due integrazioni, I(t) > t2 + at + b con a e b costanti. Ciò è assurdo in quanto limt→+∞ I(t) = +∞ mentre dalla definizione (9.6) si dovrebbe avere limt→+∞ I(t) = 0 nel caso di collasso totale. Pertanto, se il collasso totale avviene deve aver luogo ad un istante finito t1 . Dunque si ha lim I(t) = 0 , t→t− 1 lim U (t) = +∞ t→t− 1 ¨ = +∞ lim I(t) t→t− 1 dove l’ultimo limite è ancora conseguenza dell’identità (9.7). Da questo limite ¨ ≥ 0 per tutti gli istanti t ∈ [t0 , t1 ]. segue che esiste un istante t0 < t1 tale che I(t) Applicando il Lemma 9.1 alla funzione I(t) nell’intervallo [t0 , t1 ] abbiamo che ˙ ≤ 0 ∀t ∈ [t0 , t1 ]. Moltiplichiamo allora ambo i membri della disuguaglianza I(t) ˙ di Sundman (9.10) per la quantità positiva − II ottenendo −K 2 I˙ ˙ − I) ¨ ≤ 4I(E I 175 9.2. SOLUZIONI PARTICOLARI dove, per comodità, abbiamo indicato con K 2 il valore costante di |KO |2 . Integrando questa disuguaglianza tra t0 e t < t1 abbiamo I(t0 ) 1 1 2 K log ≤ E[I(t) − I(t0 )] + f rac12I˙2 (t0 ) − I˙2 (t) ≤ EI(t) + C 4 I(t) 2 dove C := 12 I˙2 (t0 ) − EI(t0 ) è una costante. Risolvendo rispetto a K 2 ricaviamo 0 ≤ K2 ≤ 4(C + EI(t)) log I(t0 ) I(t) e, siccome limt→t− I(t) = 0, abbiamo limt→t− K 2 = 0. Poiché K 2 è una costante 1 1 del moto, il teorema di Sundman è dimostrato. 9.2 Soluzioni particolari Quando una rappresentazione analitica della soluzione generale di una equazione differenziale è troppo difficile, si può concentrare l’attenzione sulla ricerca di soluzioni particolari che appartengano ad una classe speciale: è quanto faremo per l’equazione (9.1) in questa sezione. Una restrizione abbastanza naturale da imporre sul moto dei punti Pi è quella di richiedere che i vettori posizione ri appartengano ad un piano fisso e dunque si possa scrivere ri (t) = xi (t)ex + yi (t)ey . Ad ogni vettore nel piano possiamo associare un numero complesso, che indichiamo ancora con ri , tale che ri = xi + iyi . Le soluzioni piane che cerchiamo sono della forma ri (t) = φ(t)ai (9.11) dove gli N numeri complessi ai sono costanti, mentre il numero complesso φ(t) è funzione del tempo ma è lo stesso per tutti i punti Pi . Ricordando che la moltiplicazione per un numero complesso è geometricamente equivalente ad una dilatazione seguita da una rotazione nel piano, la configurazione piana ricercata si ottiene dilatando e ruotando una configurazione inizialmente assegnata. Inserendo la (9.11) in (9.1) otteniamo |φ(t)|3 φ−1 (t)φ̈(t)ai = N X j=1,j6=i Gmi mj (aj − ai ) a3ij il cui membro di destra è costante. Pertanto deve essere tale anche il membro di sinistra e dunque esiste una costante −λ tale che φ̈ = −λ φ |φ|3 (9.12) che si può interpretare come equazione di moto in un piano del vettore posizione di un punto materiale di massa unitaria soggetto ad una forza inversamente 176 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI proporzionale al quadrato della distanza del punto dall’origine: il versore −φ/|φ| traduce il fatto che la forza per unità di massa λ/|φ|2 è centrale. Pertanto una qualsiasi funzione φ(t) che risolva il problema di Keplero nel piano è una scelta ammissibile per la rappresentazione (9.11). In particolare, per studiare moti limitati sono indicate le funzioni φ(t) che descrivono circonferenze ed ellissi. Una volta scelta la soluzione φ(t) di riferimento, la configurazione iniziale deve sodisfare l’equazione λai + N X j=1,j6=i Gmi mj (aj − ai ) = 0 : a3ij (9.13) configurazioni di questo tipo sono dette centrali e giocano un ruolo importante come stati asintotici nei pressi di una collisione totale. Una soluzione generale dell’equazione (9.13) è molto difficile ma alcuni risultati si possono ottenere interpretandola opportunamente. Se ricordiamo infatti la definizione di U = −V , possiamo servirci di (9.3) e (9.6) per interpretare (9.13) come ∂I ∂U (a) + λ (a) = 0 ∂r ∂r (9.14) dove r := {r1 , ..., rn }, a := {a1 , ..., an } e la notazione utilizzata è ∂U ∂U ∂U ∂U ∂U ∂U ∂U := , , , ...., , , . ∂r ∂x1 ∂y1 ∂z1 ∂xn ∂yn ∂zn Con questa precisazione, l’equazione (9.13) si può interpretare come condizione di estremalità per il potenziale U nel punto a appartenente alla varietà I = costante. Grazie a questa interpretazione, è possibile risolvere (9.13) in generale per N = 3 dove m1 m3 m2 m3 m1 m2 + + U =G r12 r13 r23 e, grazie alla (9.9), I= 1 1 2 2 2 (m1 m2 r12 + m1 m3 r13 + m2 m3 r23 )= J. 2M 2 Chiaramente possiamo riformulare (9.13) come problema di ricerca dei punti stazionari di U sulla varietà a J costante. L’equazione (9.14) diventa −G mi mj + λmi mj aij = 0 a2ij dove (i, j) è una qualsiasi delle coppie (1, 2), (1, 3) o (2, 3). Dunque la configurazione centrale nel caso N = 3 è data da 1/3 G a12 = a13 = a23 = : λ 177 9.2. SOLUZIONI PARTICOLARI + Figura 9.1: Soluzione triangolare di Lagrange. I tre punti materiali si muovono su tre circonferenze centrate nel centro di massa comune—qui indicato con un segno +—e ad ogni istante individuano un triangolo equilatero. i tre punti materiali sono ai vertici di un triangolo equilatero. La soluzione corrispondente di (9.1) è tale che ad ogni istante il triangolo dei tre corpi si deforma sodisfacendo due vincoli: il triangolo è equilatero e i suoi vertici appartengono o a circonferenze concentriche o ad ellissi aventi un fuoco in comune nel centro di massa del sistema (cfr. Fig. 9.1 per il caso circolare). Queste soluzioni particolari del problema dei tre corpi sono note come soluzioni di Lagrange. Osservazioni. Una volta determinata una soluzione a = {a1 , ..., an } di (9.13), ne esistono infinite. Infatti, se Q è una matrice ortogonale speciale che descrive una rotazione, è chiaro da (9.13) che anche Qa = {Qa1 , ..., Qan } ne è soluzione con lo stesso valore del moltiplicatore λ. Allo stesso modo, preso uno scalare τ , τ a = {τ a1 , ..., τ an } è ancora soluzione di (9.13) con λ riscalato a λ/τ 3 . Dunque, assegnata una soluzione di (9.13), la configurazione ruotata o soggetta ad una omotetia è ancora soluzione di (9.13). La costante λ deve essere positiva. Infatti, moltiplicando scalarmente (9.14) per a e ricordando che U è omogenea di grado −1 mentre I è omogenea di grado 2, dal teorema di Eulero sulle funzioni omogenee ricaviamo a· ∂U ∂I (a) + λa · (a) = −U (a) + 2λI(a) = 0 ∂r ∂r da cui segue l’asserto. Questo risultato assicura che la forza newtoniana che compare nell’equazione (9.12) è attrattiva. 178 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI + Figura 9.2: Soluzione collineare di Eulero-Moulton. A differenza della soluzione di Lagrange i tre punti restano allineati ad ogni istante. Un’altra classe di soluzioni particolari è quella in cui gli N punti sono allineati su una retta mobile. È possibile mostrare che esistono N !/2 configurazioni distinte di questo tipo, note come soluzioni di Eulero-Moulton. I singoli punti si muovono su coniche aventi un fuoco comune nel centro di massa del sistema, proprio come nel caso delle soluzioni di Lagrange (cfr. Cap. I di [1] e Fig. ??). 9.3 Il problema dei tre corpi: coordinate di Jacobi Quando N = 3, il sistema (9.1) si può riscrivere per esteso come r̈1 = r̈2 = r̈ = 3 Gm2 (r2 3 r12 − r1 ) + Gm3 (r3 3 r13 − r1 ) Gm1 (r1 3 r12 − r2 ) + Gm3 (r3 3 r23 − r2 ) Gm1 (r1 3 r13 − r3 ) + Gm2 (r2 3 r23 − r3 ) (9.15) con i vettori posizione soggetti al vincolo (9.2), 3 X i=1 mi ri = 0 . (9.16) 179 9.4. IL PROBLEMA RISTRETTO DEI TRE CORPI Il vincolo (9.16) viene incorporato automaticamente con la scelta delle coordinate di Jacobi r e % definite qui di seguito. Il vettore r := r2 − r1 individua la posizione di P2 rispetto a P1 mentre il vettore % individua la posizione di P3 rispetto al centro di massa C dei soli punti P1 e P2 . Rispetto al centro di massa O dei tre punti, il vettore posizione di C è rC = m3 r3 m1 r1 + m2 r2 =− m1 + m2 m0 dove nell’ultimo passaggio ci siamo serviti di (9.16) ed abbiamo introdotto la massa m0 := m1 + m2 dei corpi P1 e P2 . Abbiamo allora % := r3 − rC = r3 + m3 r3 M = r3 m0 m0 (9.17) dove ora M = m0 + m3 è la massa totale dei tre corpi. Per completare il cambio di coordinate occorre esprimere r3 − r1 e r3 − r2 in funzione di r e %. Abbiamo r3 − r1 = (r3 − rC ) + (rC − r1 ) = % + m2 m2 r2 − r1 =%+ r m0 m0 e r3 − r2 = (r3 − r1 ) + (r1 − r2 ) = % − m1 r. m0 Se sottraiamo la (9.15)1 dalla (9.15)2 ed utilizziamo le relazioni appena trovate ricaviamo % + m2 m−1 G % − m1 m−1 0 r 0 r − r̈ = − 3 m0 r + Gm3 (9.18) 3 3 r r23 r13 mentre, grazie alla (9.17)3 , se moltiplichiamo (9.15)3 per m0 /M otteniamo m1 m2 % − r + m r . (9.19) %̈ = −GM m−1 % + m 2 1 0 m0 m0 Le coordinate di Jacobi possono essere generalizzate con un processo iterativo al caso generale in cui N > 3 (pp. 92-94 di [1]). 9.4 Il problema ristretto dei tre corpi Anche se formulato nelle coordinate di Jacobi, il problema dei tre corpi rimane formidabile. Per questo si è cercato di studiarne una versione semplificata che potesse servire come punto di partenza per uno studio perurbativo del caso generale. L’osservazione alla base della semplificazione introdotta con il problema 180 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI ristretto dei tre corpi è che in molti casi una delle masse interagenti, ad esempio m3 , è molto più piccola rispetto alle altre due. Appare dunque giustificato porre nelle equazioni (9.18) e (9.19) m3 = 0 come primo passo e cosı̀ trattare P3 come un corpo di prova che viene influenzato da P1 e P2 , dette masse principali, ma che non le infuenza. Con questa ipotesi occorre effettuare una rivalutazione critica degli integrali primi di moto che non coincidono più con quello del problema generale in cui tutte le masse interagivano. Se, posto %1 := r13 e %2 := r23 , inseriamo m3 = 0 in (9.18) e (9.19) otteniamo G r̈ = − r3 m0 r %̈ = − Gm1 (% + %3 1 m2 m0 r) − Gm2 (% %32 − m1 m0 r) (9.20) dove, eliminando il termine della (9.18) a moltiplicare m3 si assume implicitamente che P3 non si avvicini troppo alle masse principali durante il moto perché in caso contrario l’annullarsi di %1 o %2 potrebbe compensare l’esiguità di m3 e non giustificare l’approssimazione (9.20). Osserviamo inoltre che, se m3 = 0, si ha m0 = M ed il centro di massa delle masse principali coincide con il centro di massa dell’intero sistema. L’equazione (9.20)1 ha una struttura semplice in quanto non contiene %. Essa afferma che il vettore r che individua la posizione di P2 rispetto a P1 è soluzione del problema di Keplero e dunque possiamo supporre che r segua un’orbita o circolare od ellittica, limitando l’attenzione ai moti confinati. Il problema ristretto circolare consiste nel supporre che r segua un’orbita circolare di raggio r0 e che, di conseguenza, le masse principali P1 e P2 ruotino attorno al comune centro di massa lungo circonferenze concentriche, descritte in un periodo T = 2π/ω, dove ω è la velocità angolare costante durante il moto. Una ulteriore semplificazione si ottiene considerando il problema piano nel quale si suppone che anche il moto di P3 sia confinato al piano in cui si muovono le masse principali. Ancora una volta, è conveniente introdurre il formalismo complesso e porre r = r0 eiωt = r0 (cos ωt + i sin ωt). Questa posizione ha un significato meccanico che si apprezza dalla Figura 9.3 infatti, poiché r ruota nel piano con velocità angolare costante ω, esso forma con l’asse fisso delle ascisse un angolo ωt. Lungo gli assi coordinati rotanti (ξ, η) r ha coordinate (r0 , 0): stiamo dunque effettuando il passaggio da un sistema di riferimento fisso con assi (x, y) ad uno che ruota con le masse principali e dunque non inerziale. Il sistema rotante in questione è detto sinodico. Il vettore % viene visto nel sistema sinodico come z(t) = ξ(t) + iη(t) e si ha % = zeiωt che, sostituita in (9.20)2 fornisce Gm2 m2 m1 Gm1 z+ r0 − 3 z− r0 . z̈ + 2iω ż − ω 2 z = − 3 %1 m0 %2 m0 (9.21) 181 9.4. IL PROBLEMA RISTRETTO DEI TRE CORPI y η P3 %2 %1 ξ P2 ωt x P1 Figura 9.3: Il sistema sinodico con coordinate (ξ, η) ruota con velocità angolare costante ω attorno al riferimento inerziale di assi (x, y). Rispetto al sistema sinodico le masse principali P1 e P2 sono ferme nei punti di coordinate (−µ, 0) ed (1 − µ, 0). Il punto P3 ha distanze da P1 e P2 pari a %1 e %2 , rispettivamente. 182 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI A sinistra dell’equazione per z sono comparsi i termini 2iω ż e −ω 2 z che corrispondono, rispettivamente, alla forza di Coriolis ed alla forza centrifuga agenti su P3 e che compaiono perché il sistema rotante non è inerziale. Per procedere, è bene porre (9.21) in forma adimensionale. Per questo occorre individuare un insieme di lunghezze, masse e tempi caratteristici del sistema rispetto alle quali riscalare le variabili coinvolte. La lunghezza caratteristica più naturale è r0 e conviene allora porre z %1,2 . z := %1,2 = r0 r0 Come tempo caratteristico consideriamo 1/ω e poniamo τ := ωt cosicché d dt d = ω dτ . Infine, appare opportuno riscalare le masse ad m0 e porre m1 m2 1−µ= . µ := m0 m0 Senza ledere la generalità, possiamo supporre µ ∈ (0, 21 ] e dunque considerare P2 come massa principale minore. Infine, siano (ξ1 , 0) e (ξ2 , 0) le coordinate di P1 e P2 nel sistema sinodico in modo che si abbia ξ2 − ξ1 = r0 . Poiché l’origine delle coordinate è nel centro di massa di P1 e P2 deve anche essere (1 − µ)ξ1 + µξ2 = 0 per cui si ottiene ξ1 = −µr0 < 0 ξ2 = (1 − µ)r0 > 0. Se introduciamo le coordinate adimensionali ξ i = ξ/r0 possiamo riscrivere l’equazione (9.20) come Gm0 1 − µ µ z̈ + 2iż − z = − 2 3 + µ) + − 1 + µ) , (z (z ω r0 %31 %32 dove ora il punto indica la derivazione rispetto a τ . Abbiamo ancora la libertà di scegliere le unità di misura (non le dimensioni!) in modo che il rapporto 0 adimensionale Gm sia uguale ad 1 e dunque, omettendo le barre per semplicità ω 2 r03 di notazione, scrivere l’equazione di moto adimensionale come µ 1−µ (z + µ) + 3 (z − 1 + µ) . (9.22) z̈ + 2iż − z = − %31 %2 Come ultimo passaggio, separiamo la parte reale da quella immaginaria dell’equazione (9.22) cosı̀ da giungere al sistema h i µ ¨ − 2η̇ − ξ = − 1−µ ξ (ξ + µ) + (ξ − 1 + µ) 3 3 %1 %2 (9.23) i h µ η̈ + 2ξ˙ − η = − 1−µ + %3 η . %3 1 2 9.4. IL PROBLEMA RISTRETTO DEI TRE CORPI Se osserviamo che p %1 = (ξ + µ)2 + η 2 e %2 = è possibile verificare che, introdotta la funzione Φ(ξ, η) := p (ξ + µ − 1)2 + η 2 1−µ µ 1 1 + + (ξ 2 + η 2 ) + µ(1 − µ) , %1 %2 2 2 le equazioni (9.23) si possono porre nella forma ∂Φ ξ¨ − 2η̇ = ∂ξ η̈ + 2ξ˙ = ∂Φ ∂η 183 (9.24) (9.25) (9.26) . La struttura della funzione Φ merita qualche commento. A parte il termine costante 12 µ(1 − µ) inserito per comodità successiva, i primi due addendi rappreµ sentano il potenziale U = 1−µ %1 + %2 gravitazionale mentre il termine quadratico 1 2 2 2 (ξ + η ) è il potenziale associato alla forza centrifuga. Φ rappresenta dunque un potenziale efficace nel sistema sinodico. Se ora moltiplichiamo (9.26)1 per ξ˙ e (9.26)2 per η̇ e sommiamo i risultati abbiamo ∂Φ ˙ ∂Φ η̇ ξ+ ξ¨ξ˙ + η̈ η̇ = ∂ξ ∂η ovvero d 1 ˙2 2 (ξ + η̇ ) − Φ = 0 dt 2 da cui si ricava l’integrale primo di Jacobi ξ˙2 + η̇ 2 = 2Φ − C (9.27) dove C è una costante. Se notiamo che 12 (ξ˙2 + η̇ 2 ) è l’energia cinetica nel sistema sinodico e ricordiamo il significato di Φ, concludiamo che l’integrale di Jacobi esprime la conservazione dell’energia nel sistema sinodico. È possibile conferire alla funzione Φ una forma più simmetrica rimpiazzando ξ ed η a vantaggio di %1 e %2 . Per questo è sufficiente elevare al quadrato le equazioni (9.24) %21 = (ξ + µ)2 + η 2 e %22 = (ξ + µ − 1)2 + η 2 , moltiplicare la prima equazione per (1 − µ) e la seconda per µ e sommare i risultati in modo da ottenere ξ 2 + η 2 = µ%22 + (1 − µ)%21 − µ(1 − µ) e dunque poter scrivere Φ(%1 , %2 ) = (1 − µ) 2 %21 1 % 1 + +µ 2 + . 2 %1 2 %2 (9.28) 184 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI Le equazioni di moto nella forma (9.26) ben si prestano allo studio delle configurazioni di equilibrio nel sistema sinodico, caratterizzate da ξ = η = costante. Lungo queste soluzioni P3 ruota solidalmente alle masse principali. ∂Φ Occorre annullare separatamente ∂Φ ∂ξ e ∂η ovvero porre, usando (9.28) ∂Φ ∂%1 ∂Φ ∂%2 ∂Φ = + =0 ∂ξ ∂%1 ∂ξ ∂%2 ∂ξ e ∂Φ ∂Φ ∂%1 ∂Φ ∂%2 = + = 0. ∂η ∂%1 ∂η ∂%2 ∂η Se ci serviamo di (9.24), queste equazioni si riscrivono come 1 1 (1 − µ) 1 − %31 (ξ + µ) + µ 1 − %32 (ξ + µ − 1) = 0 h (1 − µ) 1 − 1 %31 +µ 1− 1 %32 i (9.29) η = 0. Iniziamo ad esaminare le soluzioni di equilibrio con η 6= 0 che dunque richiedono 1 1 (1 − µ) 1 − 3 + µ 1 − 3 = 0 ; (9.30) %1 %2 sostituendo (9.30) in (9.29)1 vediamo che deve essere anche 1 1 =0 µ(1 − µ) 1 − 3 − 1 − 3 %1 %2 e siccome la funzione f (x) := 1− x13 è monotòna crescente per x > 0, deve essere %1 = %2 che, sostituita a sua volta in (9.30) fornisce %1 = %2 = 1 : se ricordiamo che nelle unità riscalate le due masse principali hanno distanza unitaria, concludiamo che esistono due configurazioni di equilibrio caratterizzate da η 6= 0 in cui la massa P3 occupa il terzo vertice di un triangolo equilatero di lato P1 P2 = 1. Queste configurazioni sono indicate in astronomia con la sigla L4 ed L5 , dove la L indica la parola librazione, e sono la trasposizione nel problema ristretto delle soluzioni di Lagrange del problema dei tre corpi completo. È notevole il fatto che le semplificazioni apportate ponendo m3 = 0 non cancellino tali configurazioni di equilibrio relativo. Nel caso η = 0, che corrisponde a soluzioni di equilibrio in cui i tre corpi sono allineati, l’equazione (9.29)2 è automaticamente sodisfatta. In questo caso, da (9.24) abbiamo anche %1 = |ξ + µ| e si aprono tre possibili scenari: %2 = |ξ + µ − 1| 9.4. IL PROBLEMA RISTRETTO DEI TRE CORPI 185 1. ξ < −µ, per cui P3 è alla sinistra di P1 . Abbiamo %1 = −(ξ + µ) e %2 = 1 − (ξ + µ) = 1 + %1 . 2. −µ < ξ < 1 − µ per cui P3 è interno al segmento congiungente le masse principali. Ora %1 = ξ + µ e %2 = 1 − (ξ + µ) = 1 − %1 . 3. ξ > 1 − µ cosicché P3 è a destra di P2 ed abbiamo %1 = ξ + µ e %2 = (ξ + µ) − 1 = %1 − 1. Nel caso 1), posto % := %1 e dunque %2 = 1 + %, la (9.29)1 diventa 1 1 =0 (1 − µ) % − 2 + µ 1 + % − % (1 + %)2 (9.31) che può essere posta nella forma F (%) := % − %−2 = −γ < 0 (1 + %) − (1 + %)−2 (9.32) dove la costante γ è data da γ = µ/(1 − µ). Analogamente, nel caso 3), posto % := %2 e dunque %1 = 1 + %, la (9.29)1 diventa 1 1 (1 − µ) 1 + % − +µ %− 2 =0 (9.33) (1 + %)2 % che ha la struttura 1 F (%) = − , γ (9.34) con F ancora data da (9.32). Ora, poiché nell’insieme % > 0 F 0 (%) > 0, F (1) = 0 e lim%→0+ F (%) = −∞ possiamo concludere che esiste un’unica soluzione % ∈ (0, 1) sia all’equazione (9.32) che all’equazione (9.34). Abbiamo cosı̀ trovato due configurazioni di equilibrio relativo per P3 : una, indicata con L1 , con P3 a sinistra di P1 , l’altra, indicata con L2 , con P3 a destra di P2 . Resta da studiare il caso 2) in cui poniamo ancora % := %1 cosı̀ da avere %2 = 1−% e da trasformare la (9.29)1 in 1 1 (1 − µ) % − 2 − µ 1 − % − =0 % (1 − %)2 che si riscrive nella forma F1 (%) := 1 − % − (1 − %)−2 1−µ > 1. = −2 %−% µ (9.35) Poiché in questo caso P3 è interna a P1 P2 , basta studiare il comportamento di F1 (%) quando % ∈ (0, 1). Non è difficile verificare che in questo intervallo F 0 (%) > 0, F ( 21 ) = 1 e che lim%→0+ F1 (%) = +∞ da cui concludiamo che esiste un unico valore di % ∈ [ 12 , 1) che risolve la (9.35). A tale soluzione corrisponde l’ultima configurazione di equilibrio relativo L3 per P3 . Dunque abbiamo recuperato nel problema ristretto anche le 3 soluzioni collineari di Eulero-Moulton. 186 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI Nella letteratura specialistica vi è una considerevole mole di lavori dedicati alla stabilità dei punti di librazione L1 − L5 cui non possiamo in questa sede dedicare la dovuta attenzione. Per chiudere questo capitolo, introduciamo le curve di Hill che individuano le porzioni del piano {ξ, η} accessibili al punto materiale P3 al variare della costante C che figura in (9.27). Infatti, questa equazione pone una restrizione naturale alle regioni accessibili a P3 data dalla disuguaglianza 2Φ ≥ C . (9.36) La curva di livello 2Φ = C è per definizione simmetrica rispetto all’asse ξ e corrisponde a situazioni in cui la velocità di P3 nel sistema sinodico si annulla per cui si giustifica il nome di curve di velocità nulla attribuito ad esse oltre a quello di curve di Hill. Per studiare (9.36) determiniamo il minimo assoluto di Φ servendoci della rappresentazione (9.28) che possiamo riscrivere come Φ = µA + (1 − µ)B e B := 21 %21 + %−1 che mostra come, essendo 0 < µ < 1, dove A := 21 %22 + %−1 2 1 Φ è interpretabile come punto interno al segmento della retta reale delimitato a sinistra da min{A, B} e a destra da max{A, B}. Pertanto Φ ≥ min{A, B} e l’uguaglianza è possibile solo quando A = B. Dunque, poiché A e B sono due valori assunti dalla funzione g(x) := 12 x2 + x1 il minimo assoluto di Φ coincide con il minimo assoluto di g che è assunto in x = 1 e vale 23 . Concludiamo allora che 2Φ ≥ 3 con il valore 3 raggiunto quando %1 = %2 = 1, cioè nei punti di librazione L4 ed L5 . Possiamo pertanto trovare diversi regimi a seconda del valore di C in (9.36) 1. C ≤ 3: la (9.36) non pone alcuna restrizione e dunque in linea di principio non vi è punto del piano {ξ, η} che non sia visitabile da P3 , a patto di scegliere opportunamente le condizioni iniziali. 2. 3 < C < C1 (Figura 9.4) le curve di Hill sono curve chiuse che circondano i punti L4 ed L5 . Le regioni racchiuse dalla curve non sono esplorabili da P3 , Quando C = C1 , i due rami della curva di Hill si toccano in corrispondenza del punto di librazione L1 ed avviene un ulteriore cambio nella topologia della regione ammissibile per il moto. 3. C1 < C < C2 : (Figura 9.5) La curva di Hill ha al suo interno anche L1 e si deforma in modo che quando C = C2 vi è una autointersezione in corrispondenza di L2 . 4. C2 < C < C3 (Figura 9.6) Per questi valori di C P3 si muove in una regione limitata contenente le masse principali oppure orbiterà lontano da esse. Quando C = C3 si ha un’ultima autointersezione che avvviene in L3 . 187 9.4. IL PROBLEMA RISTRETTO DEI TRE CORPI η L4 L1 L3 P1 L2 P2 ξ L5 Figura 9.4: Nel sistema sinodico (ξ, η) la regione ombreggiata rappresenta la regione di piano non ammissibile per il moto di P3 , quando 3 < C < C1 . η L4 L1 P1 L3 P2 L2 ξ L5 Figura 9.5: Nel sistema sinodico (ξ, η) la curva chiusa racchiude la regione di piano non ammissibile per il moto di P3 , quando C1 < C < C2 . 188 CAPITOLO 9. INTRODUZIONE AL PROBLEMA DEGLI N CORPI η L4 L1 L3 P1 L2 P2 ξ L5 Figura 9.6: Nel sistema sinodico (ξ, η) la regione ombreggiata rappresenta la regione di piano non ammissibile per il moto di P3 , quando C2 < C < C3 . η L4 L1 L3 P1 P2 L2 ξ L5 Figura 9.7: Nel sistema sinodico (ξ, η) la regione ombreggiata rappresenta la regione di piano non ammissibile per il moto di P3 , quando C > C3 . 5. C > C3 la regione ammissibile cambia ancora topologia (Figura 9.7): il moto di P3 avviene o in una regione esterna ad entrambe le masse principali oppure in una delle regioni ovali che circondano P1 e P2 , rispettivamente. Dunque P3 diventa in quest’ultimo caso satellite di una sola della masse principali, ma non sono più possibili orbite che portino P3 da P1 a P2 . Bibliografia [1] K.R. Meyer, G.R. Hall: Introduction to Hamiltonian Dynamical Systems and the N-Body Problem. Springer, New York, (1992). [2] H. Pollard: Mathematical Introduction to Celestial Mechanics. Prentice Hall, ENglewood Cliffs (NJ), (1966). 189