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Eventi di piena e frana in Italia settentrionale nel periodo 2002-2004

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Eventi di piena e frana in Italia settentrionale nel periodo 2002-2004
CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE
ISTITUTO DI RICERCA PER LA
GRUPPO NAZIONALE PER LA DIFESA
PROTEZIONE IDROGEOLOGICA, TORINO
DALLE CATASTROFI IDROGEOLOGICHE
Pubblicazione n. 2911 del GNDCI
EVENTI DI PIENA E FRANA
IN ITALIA SETTENTRIONALE
NEL PERIODO 2002-2004
A cura di Domenico Tropeano, Fabio Luino, Laura Turconi
SMS
I collaboratori:
ANDREA AGANGI - Geologo, collabora dal 2004 con l'IRPI di Torino, sviluppando indagini
riguardanti la stima del rischio in eventi calamitosi, la modellazione del danno legato ad
inondazioni e l'individuazione delle modificazioni morfologiche fluviali nel tempo.
CHIARA AUDISIO - Geologo. Dall'aprile 2002 si occupa di modellizzazione idrologica e dei
SIT applicati a gestione di banche dati su fenomeni di instabilità realizzate a partire dalla
raccolta e dall'organizzazione sistematica di dati storici pregressi.
MARCELLA BIDDOCCU - Ingegnere per l'Ambiente e il Territorio. Dal 2005 collabora come
assegnista di ricerca con l'IRPI: si occupa di raccolta ed elaborazione di dati pluviometrici e
territoriali ai fini della valutazione del danno in seguito ad eventi alluvionali.
MARCO CASAZZA - È specialista in Fisica Sanitaria (Indirizzo Ambientale) e titolare di un
incarico di ricerca annuale presso il CNR-ISAC di Bologna, dove si occupa dell'effetto delle
precipitazioni sulla erosività dei terreni e collabora con il laboratorio aerosol.
MARTA CHIARLE - Geologo, ricercatrice dell'IRPI Torino dal 2001. Studia in prevalenza gli
aspetti geologico-morfologici dei fenomeni d'instabilità che si sviluppano in ambiente alpino, con particolare attenzione alle colate detritiche torrentizie. In ambiente glacializzato,
segue le problematiche di pericolosità connesse alla presenza di masse glaciali e alle modificazioni in atto nell'ambiente periglaciale e glaciale in relazione al cambiamento climatico.
CHIARA GIORGIA CIRIO - Geologo, da tre anni collabora con l'IRPI nel ruolo di assegnista
di ricerca. Si occupa di studi geomorfologici nell'ambito della dinamica fluviale e torrentizia
e di indagini finalizzate alla stima del rischio idraulico ed alla valutazione dei danni causati
da eventi alluvionali, sviluppate anche mediante l'utilizzo di applicazioni GIS.
PAOLO FASSI - Geologo, collaboratore dal 1999 al 2004 dell'IRPI in diverse ricerche sul rischio idrogeologico in Lombardia; dal 2003 è coordinatore del Servizio Tecnico H24 della
Sala Operativa di Protezione Civile della Regione Lombardia, con compiti di supporto alla
gestione e alla prevenzione dei rischi.
WALTER GIULIETTO - Geologo, assegnista di ricerca dal 2004, studia l'interazione tra i
processi geomorfologici e le attività antropiche in ambiente fluviale attraverso rilievi di
campagna, raccolta di dati e sviluppo di modelli concettuali con strumenti GIS.
FRANCO GODONE
Si occupa di rilevamenti topografici ed aerofotogrammetrici in ambiente fluviale, glaciale,
alpino ed in aree colpite da processi naturali. Cura la progettazione, realizzazione e il rilevamento di reti per il monitoraggio delle deformazioni di versanti instabili con tecniche topografiche convenzionali e di geodesia satellitare (GPS).
SARA IANNOTTI
Geologo, ha collaborato con l'IRPI studiando i fenomeni di debris flow in ambiente glaciale
e gli eventi alluvionali in Italia settentrionale. Attualmente borsista presso l'IPLA di Torino.
GABRIELE SAVIO
Studente in Scienze Forestali, collabora con l'IRPI nelle osservazioni di terreno, nella raccolta ed elaborazione di dati nel campo di studi sulla pericolosità torrentizia e gli scenari di
evento nell'ambito dei Piani di Protezione Civile.
CNR-Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica
(IRPI) - Torino
Strada delle Cacce, 73
10135 Torino
www.irpi.to.cnr.it
Il presente volume è stato realizzato grazie
al contributo finanziario del GNDCI
ISBN 88-900099-8-5
Eventi di piena e frana in Italia settentrionale nel periodo 2002-2004
© Copyright 2006
Edizioni Società Meteorologica Subalpina
Castello Borello, Bussoleno (TO), Italia
Tel +39-0122 64 17 26
[email protected]
www.nimbus.it
Stampa e confezione: Graficat, Torino
In copertina: Fiumelatte, frazione di Varenna (LC). Massi di grandi dimensioni, precipitati dalle pendici del Monte Foppa il
13.11.2004, hanno interrotto le comunicazioni sul tratto feroviario Milano-Lecco-Sondrio-Tirano.
In IV:
Camandona (BI), effetti del sormonto del ponte sul T. Caramala durante la colata detritica del 05.06.2002
Colata detritica in propagazione a seguito di un forte temporale in Valle Stretta (Bardonecchia, TO) il 23.06.2002
Torrente Scrivia in piena ad Arquata Scrivia (AL) il 26.11.2002
Effetti della frana di fine novembre 2002 a Capizzone (Valle Imagna, BG)
Eventi di piena e frana
in Italia settentrionale
nel periodo 2002-2004
A cura di Domenico Tropeano1, Fabio Luino1, Laura Turconi2
Con la collaborazione di Andrea Agangi3, Chiara Audisio2, Marcella
Biddoccu2, Marco Casazza3, Marta Chiarle1, Chiara Giorgia Cirio2, Paolo Fassi3,
Walter Giulietto2, Franco Godone1, Sara Iannotti3, Gabriele Savio3
SMS
(1) C.N.R. - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI) - Torino
(2) C.N.R. - IRPI Torino, Assegnista di ricerca
(3) C.N.R. - IRPI Torino, Collaboratore esterno
Note sui collaboratori del volume:
ANDREA AGANGI, MARCELLA BIDDOCCU, CHIARA GIORGIA CIRIO e WALTER GIULIETTO hanno studiato il fenomeno alluvionale avvenuto in Valcuvia nel maggio
2002, non solo da un punto di vista naturale, ma soprattutto dal punto di
vista dei danni sofferti dalle aree urbanizzate.
CHIARA AUDISIO si è occupata dell'evento che ha colpito la Valsavaranche nel
giugno 2002, curando in particolar modo la parte geologica-geomorfologica.
MARCO CASAZZA ha partecipato all'analisi descrittiva dei fenomeni di piena
e frana che hanno interessato il Biellese nel giugno 2002.
MARTA CHIARLE ha collaborato allo studio degli eventi che hanno colpito la
Valcuvia e la Valsavaranche.
PAOLO FASSI si è occupato della raccolta dati, sin dai primi giorni dopo l'evento in Valcuvia, raccogliendo anche diverso materiale illustrativo.
FRANCO GODONE ha svolto rilievi e restituzioni topo-cartografiche in diverse
aree colpite.
SARA IANNOTTI ha collaborato alla raccolta ed analisi delle notizie provenienti
dalle testate giornalistiche.
GABRIELE SAVIO ha preso parte a ripetuti sopralluoghi nelle località colpite
da colate detritiche in Alta Valle di Susa, con raccolta di abbondante materiale illustrativo.
Il coordinamento editoriale del volume è stato curato da Fabio Luino.
IV
Ringraziamenti
Si ringraziano vivamente tutti coloro che hanno fornito un utile supporto
per la raccolta e l'elaborazione dei dati, in particolare il Nucleo Elicotteri
dei Vigili del Fuoco del Comando di Torino, il Nucleo Elicotteri del Comando dei Carabinieri di Orio al Serio, il Nucleo Elicotteri della Guardia di Finanza (Venegono Inf.), le Prefetture di Alessandria, Genova, Lecco, Sondrio,
Torino e Verbania. Si è rilevata anche la disponibilità delle Amministrazioni Comunali citate nel testo, nelle persone di Sindaci, Funzionari di Uffici
Tecnici e Polizia Municipale.
Tra i numerosi colleghi, liberi professionisti e collaboratori occasionali si
vogliono ringraziare:
Arch. ANTONELLA BELLONI, Dott. GIOVANNI CALDIROLI e Dott. ANDREA ZACCONE
(DG Protezione Civile Regione Lombardia);
Dott.ssa CARLA ARIOLI (Protezione Civile Provincia di Varese);
Geom. FABIO BARDELLI (Comunità Montana Valcuvia);
Dott.ssa NADIA BERTOLINI (Comune di Ardenno, Sondrio);
Dott. FRANCO BONETTO (Regione Autonoma Valle d'Aosta, Ufficio Cartografico);
Dott.ssa LUISA CAPERDONI (Amm. Provinciale di Lodi);
Dott.i PAOLA CERRI e VITTORIO PERAZZOLI (Comune di Nebbiuno, Novara);
Dott. ALBERTO DOTTA (Consorzio Forestale Alta Valle di Susa);
Dott. MARIANO LERBINI (Comune di Romagnese, Pavia);
Dott. CLAUDIO LUINO (Corpo Forestale dello Stato, Cuneo);
Dott.ssa STEFANIA MUSSINO (Torino);
Dott. ENRICO OLIVERO (Torino);
Dott. MASSIMO PASQUALOTTO (Regione Autonoma Valle d'Aosta, Direzione Tutela del Territorio);
Dott. SILVANO PASSAMONTI (Presidente della Comunità Montana Valtellina di
Morbegno);
Dott.ssa CHIARA PELISSERO (Torino);
Dott. DANIELE RAVAGNANI (Presidente Ordine dei Geologi della Regione Lombardia);
Ing. DANIELA ROVELLI (Comune di Sesto Calende, Varese);
SIRIO srl (Limena, Padova);
Dott.ssa ANNA VISINTIN (Pordenone);
Dott. GILBERTO ZAINA (Darfo Boario Terme, Brescia),
e infine i colleghi del CNR-IRPI di Torino Ing. MASSIMO ARATTANO, Dott. GIOVANNI MORTARA, Dott.ssa FRANCA MARAGA, Dott. GUIDO NIGRELLI, Geom. RENATO MASSOBRIO e Sig. PIER GIUSEPPE TREBÒ.
V
Riassunto
L'anno 2002 è stato caratterizzato da numerosi eventi idrologici, che hanno provocato consistenti effetti in Piemonte, Lombardia e Liguria: in particolare, gli eventi del 4-5 maggio (Lago Maggiore), 5-6 giugno (Prealpi Biellesi), 15 luglio (Valli Cuneesi) e seconda metà di novembre (Liguria e Lombardia, in particolare valli bergamasche, bassa Valtellina, Adda sublacuale); tali eventi hanno diffusamente interessato la rete idrografica principale e soprattutto la secondaria, con processi talora rilevanti di piene torrentizie con trasporto in massa e colate detritiche, e, sui versanti, innesco di
numerosi movimenti gravitativi superficiali, e rimobilizzazione di frane storiche. Nel bilancio degli effetti prodotti da piena e frana nel corso del 2002
(30 casi complessivi) si sono sfortunatamente registrate anche delle vittime.
Nel corso del 2003 i fenomeni manifestatisi sono correlabili principalmente ad episodi temporaleschi nel periodo estivo (colate detritiche del 17 giugno in Val Cenischia e del 19 agosto in alta Valle di Susa), e ad un evento
autunnale (3 dicembre) che ha localmente interessato il reticolato idrografico principale e secondario di pianura, in Piemonte. Il 29 agosto un nubifragio si è abbattuto in Val Canale (Friuli-Venezia Giulia) provocando centinaia di frane superficiali, spesso con innesco di colate detritiche che hanno colpito zone abitate e viabilità, causando due vittime.
Il 2004 è stato caratterizzato, invece, da scarsi eventi meteopluviometrici,
con effetti localizzati su versanti e reticolo idrografico minore; significative
sono state le colate detritiche occorse per l'evento del 6 agosto in Alta Valle di Susa (Bardonecchia e Cesana Torinese) e nella medio-bassa Valle d'Aosta (Saint Vincent).
In merito ai principali casi osservati, su un totale di 38 eventi censiti nel
triennio, si riportano in appendice alcuni stralci di notizie storiche conosciute, per dimostrare l'analogia con fenomeni prodottisi in passato negli
stessi luoghi, nonché la ricorrenza degli eventi, sia pure in forma diversificata da caso a caso.
VI
Abstract
A synthesis of landslide and flood events occurred in the years 2002-2004
in Northern Italy, is here reported.
Year 2002 has been characterized by several landslide, debris flow and
streamflood events; in particular the heavy rainfall occurred in Western Alps
on 4-5th May (Lake Maggiore), 5-6th June (T. Cervo Valley), 15th July 2002
in the Cuneo Province and during the second half of November (Low Valtelline and Liguria) caused damage to several villages and isolated houses. Soil
slips and debris flows occurred by hundreds in the mountain territory leading, in some cases, to apparent geo-morphological effects. Some debris flows
attained very important magnitudes in spite of the moderate relief energy
and the thick vegetation cover. Several industrial plants, touristic settlements
and bridges have been damaged; road interruptions have occurred by tens.
The effects of the meteorological events have been suffered also in the Tessin Canton (Switzerland).
On 29 August 2003, at the end of a climatic anomaly of prolonged drought
and warm conditions in the Mediterranean, a large atmospheric disturbance affected some areas in the Central and Eastern Alps, from the Tessin Valley (Switzerland) to Lower Carinthia (Gail Valley, Austria). In the afternoon,
between 02:00 p.m. and 07:30, p.m. a heavy cloudburst struck some localities in the Val Canale-Canal del Ferro (East Tagliamento Valley) in the Carnian Alps (Friuli-Venezia Giulia), where rainfall depth attained up to 285 mm
in four hours (maximum intensity 90 mm/h) and the whole event accounted
for cumulative 390 mm rainfall in 10 hours). As much as 300 debris flow processes and shallow slides were detected. The debris amount set in motion
accounted for several hundred thousands of cubic meters; single debris flows
deposits accounted for between a few hundreds to some ten thousands cubic meters, extreme values attaining peak values of 100,000 m³. Small tributaries, feeded by newly-formed debris flow fans, widened almost five-fold
their channel sections or resulted in a temporary sediment overload that led
to destruction or burial of roads along narrow valley floors. Three bridges
were destroyed and the main routes of communication damaged. Villages or
isolated houses were invaded by muddy-debris flows and water flood deposits, often 2 metres thick; two persons died.
VII
Premessa
Secondo consuetudine rimasta immutata dal 1970, gli eventi di frana e piena torrentizia e fluviale di un certo rilievo, relativi alle Regioni del Nord Italia, sono ogni anno osservati e documentati nel limite del possibile con una
certa sistematicità, tramite speditivi e tempestivi sopralluoghi sulle zone
colpite per raccogliere il maggior numero di dati, correlabili alle modalità e
dinamiche degli eventi stessi. Le osservazioni, i rilievi e misure sul campo
sono integrate da ricerca storica retrospettiva degli eventi che hanno interessato lo stesso areale e da analisi fotogrammetrica multitemporale. Secondo tali modalità operative, si è proceduto per gli anni 2002, 2003 e 2004.
La documentazione ottenuta dal personale CNR-IRPI, Sezione di Torino e
collaboratori esterni attraverso specifici e tempestivi sopralluoghi, integrati da testimonianze raccolte e verificate, nonché da numerose notizie di giornali (validate da informazioni assunte presso gli enti pubblici locali) ha reso possibile tracciare un quadro cronologico abbastanza completo, seppure sintetico, dei principali eventi (su un totale di 38, in maggior numero nel
2002) che hanno colpito, talora in modo esteso e violento, l'Italia Nord-occidentale, parte della Lombardia e del Friuli, nel corso dei tre anni citati. I
risultati delle ricognizioni hanno inoltre permesso significativi approfondimenti di studio, in parte già oggetto di note scientifiche (TROPEANO & TURCONI, 2002 e 2004; LUINO et al., 2003).
In appendice, secondo prassi, per le località interessate in passato da eventi analoghi si propone una trascrizione parziale o dimostrativa dei documenti conosciuti (inediti e bibliografici) inerenti descrizioni, o riferimenti,
circa gli effetti prodotti di volta in volta. Ciò consente di inquadrare nel tempo condizioni di criticità spesso «cicliche» e definire, ove possibile, in modo
approssimativo la frequenza di accadimento.
VIII
Anno 2002
15 FEBBRAIO
Precipitazioni piovose di entità anomala per il periodo dell’anno (1), convertitesi in neve nel corso della giornata, hanno prodotto fenomeni localizzati di allagamento per la fuoriuscita di alcuni canali irrigui e di corsi
d’acqua minori nella pianura piemontese. In Provincia di Torino, sono
stati interessati, peraltro in modo contenuto, gli abitati di Scalenghe,
Candiolo, Piobesi, None (Gora Assarti e bealere secondarie), Frazione
Oitana di Castagnole, Virle (2). Il Rio Tepice, in Comune di Trofarello, è
scorso a piene rive producendo a tratti piccoli avvallamenti di sponda,
mentre le acque di piena del T. Chisola, in prossimità dell’abitato di
Piobesi Torinese, hanno lambito alcuni terreni agricoli in destra, a monte
del ponte (fig. 1). Anche il sottopasso della ferrovia, lungo Strada Vivero in
Comune di Moncalieri, è stato allagato per un metro d’altezza; il piano
stradale di tale infrastruttura, già ampiamente noto agli automobilisti
quale punto critico della viabilità per la frequenza con cui si verificano
simili inconvenienti, si trova posto a circa 2,5 metri al di sotto del livello
di fondo di un contiguo canale in muratura, per cui tale tratto stradale è
soggetto a inevitabili fuoriuscite d’acqua. La piena del F. Po, non particolarmente rilevante, è stata tuttavia associata ad un elevato grado di torbidità (3).
1. Alveo del Torrente Chisola
(TO), ripreso verso monte dal
ponte lungo la S.S. 23, il 15 febbraio 2002: deflusso a piene
rive, con parziali tracimazioni
nella campagna adiacente.
1
4 MARZO
In Lombardia, nella frazione Garabuso di Acquate di Lecco, in piena notte
un boato ha preceduto il franamento del terrapieno del condominio «Don
Rodrigo». Il materiale ha invaso l’alveo del Rio Caldone (fig. 2), provocando un piccolo sbarramento. Sono state immediatamente sfollate 28 famiglie ed aperta un’inchiesta durante la quale si è scoperto che: a) l’edificio
non aveva ancora ottenuto il certificato di abitabilità, benchè totalmente
abitato; b) i condomini erano consapevoli di tutta una serie di imperfezioni interne ed esterne ed avevano cercato di citare in giudizio (1997) l’impresa che l’aveva edificato una decina di anni fa. Prevista una spesa per
la ristrutturazione pari a oltre 150.000 Euro.
a
b
2 a, b. Garabuso (LC): il 4 marzo
2002 alcune decine di metri cubi
di materiale di riporto intriso d'acqua hanno abbattuto un muro di
sostegno invadendo l'alveo del
Rio Caldone, formando un piccolo invaso. Nell'abitazione di colore rosa sono state rilevate alcune
crepe nei muri perimetrali.
13 MARZO
Le precipitazioni particolarmente abbondanti dell’autunno 2000, seguite
da copiose nevicate, hanno comportato in alcune valli piemontesi ed
aostane l’accentuazione di manifestazioni d’instabilità lungo i versanti.
Nel gennaio 2001, nella Valle del T. Rochemolles (Bardonecchia, Torino)
un fenomeno gravitativo aveva interessato il versante destro in località Les
Ajas. L’area coinvolta ricade nel settore medio-superiore del versante
destro del vallone drenato dal Rio Chanteral, il cui bacino, di non grandi
dimensioni (1,32 km2), ma ad elevatissima pendenza (96%), direttamente
incombe sul T. Rochemolles tra le borgate Issard e Rochemolles. Esso è
inciso in potenti masse di scisti carbonatici (Complesso del Lago Nero, F°
Bardonecchia, 1999), strutturati in pareti di roccia subverticali. I distacchi, caratterizzati da diffuse scariche o crolli parziali di materiale lapideo,
proseguiranno nei mesi ed anni successivi, talora con episodi di recrudescenza, come quelli registrati dal Consorzio Forestale Alta Valle di Susa il
13 marzo e il 21 ottobre 2002 e il 15 giugno e il 10 ottobre 2003.
2-4 MAGGIO
Il periodo compreso fra la sera del 2 e le prime ore del 4 maggio è stato
caratterizzato da precipitazioni intense a carattere temporalesco, con
quantitativi inusuali per piogge primaverili, seguite da altre 24 ore di pioggia di minore intensità. In Piemonte valori elevati sono stati registrati nelle
province di Novara, Vercelli (4) , Verbania-Cusio-Ossola, Biella ed
Alessandria. In particolar modo il 2 maggio nel Verbano sono stati regi-
2
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mm
strati valori di precipitazione giornaliera massima superiori a 200 mm
(255 mm a Cossogno), nell’Alto Sesia superiori a 150 mm (168,8 mm a
Sabbia), in Valle Gesso e Valle Bormida oltre 80 mm (97,2 mm a
Entracque). Nella giornata del 3 maggio si sono avuti valori intensi di pioggia sul Verbano (245,8 mm a Cannobio) e sul Biellese (224,8 mm a
Piedicavallo, 212,2 mm ad Oropa) con estensione nella pianura settentrionale del Novarese. Nel settore meridionale piemontese le precipitazioni maggiori hanno interessato il particolar modo la Valle Erro (132,4 mm
a Sassello), la Valle Orba (203,8 mm a Bosio-Capanne Marcarolo), la Valle
Bormida (88,8 a Saliceto Bergalli) e la Valle Belbo (62,2 mm a Nizza
Monferrato).
Le piogge, nei giorni del 4 e 5 maggio, si sono estese all’intera Regione
Piemonte senza intensità significative mantenendo, tuttavia, i valori maggiori nel settore nordorientale e meridionale.
In Lombardia, in alcune stazioni del Varesotto sono stati registrati valori
di precipitazione anche superiori a 300 mm (fig. 3), con punte di 200 mm
nell’arco di 10 ore nella mattinata del 3 maggio. Anche sulla sponda svizzero-lombarda sono stati registrati valori di precipitazione molto elevati
(5). A Milano nei giorni tra il 3 ed il 5 si è rilevata una precipitazione di
111,6 mm, superiore alla media dell’intero mese di maggio negli ultimi 30
anni (pari a 110 mm).
Gli scrosci temporaleschi hanno dato origine a fenomenologie tipiche di
eventi idrometeorologici intensi: a) piene torrentizie nei tributari di ordine
inferiore, b) incrementi di portata nei corsi d’acqua principali, tali comunque da non causare fenomeni di esondazione, c) movimenti gravitativi
superficiali e profondi.
Il livello del Lago Maggiore ha subito incrementi notevoli: a Laveno il massimo innalzamento è stato pari a 2,29 m. In alcuni tratti il lungolago è
stato sommerso dalle acque, così come è successo per il Lago Ceresio il 4
maggio e il Lago di Como il 5 maggio.
3. Precipitazioni cumulate in 14
Sulla sponda lombarda sono risultati danneggiati più o meno gravemente
stazioni ubicate nell'areale del
i comuni di: Arcisate-Brenno, Besozzo, Caravate, Casciago,
Lago Maggiore per il periodo comCastelveccana, Cittiglio, Cremenaga, Cunardo, Curiglia M., Ganna,
preso fra le ore 7 del 2 maggio e
le ore 18 del 5 maggio 2002.
Germignaga, Induno, Ispra, Laveno Mombello, Luino, Maccagno,
Mesenzana,
Montegrino,
Origgio, Pino Lago Maggiore,
Curve cumulate delle precipitazioni dalle 7.00 del 02.05 alle 18.00 del 05.05.2002
Portoceresio,
Ranco,
Samarate, Sesto Calende e
Campo dei
450
fiori
02.05
03.05
04.05
05.05
Tronzano
(segnalazioni
Centro
400
Geofisico
Protezione
Civile
Regione
Valle Oloma
Lombardia).
350
Castiglione
Olona
Nel territorio comunale di
Fagnano
300
Luino, il T. Tresa pur non
Castellanza
esondando, ha sfiorato le arca250
Legnano
te di uno dei ponti principali
Cassano
200
che è stato preventivamente
Caronno
chiuso alla circolazione. Il T.
150
Pino sul L.M.
Margorabbia, che scorre nel
100
Leggiuno
Comune di Luino solamente
Ranco
nella sua parte terminale, ha
50
Malpensa
invaso campi, scantinati e
0
Stabio
piani terra di alcuni edifici in
sponda destra, presso la località Casa Ferrattino. Lo stesso
intervalli orari
corso d’acqua, nel territorio di
3
b
a
4a. T. Margorabbia (VA) verso le
ore 13 del 3 maggio 2002: le acque stanno raggiungendo la loro
massima altezza prima di sormontare i muretti d'argine; b) Il
medesimo tratto del T. Margorabbia il giorno seguente: è ben visibile il collasso del ponte pedonale a causa del cedimento della pila centrale sulla quale era peraltro collocata un'asta idrometrica.
a
Germignaga, verso le ore 13 del 3 maggio ha raggiunto un’altezza critica,
lambendo i muri d’argine. L’impeto della corrente ha lesionato la pila centrale di un attraversamento presso la frazione Mondiscia (fig. 4).
L’esondazione ha interessato diverse abitazioni in sponda destra idrografica, ove l’altezza delle acque ha raggiunto valori di pochi decimetri, ma
sufficienti ad alluvionare i locali seminterrati di numerose abitazioni.
Analoga situazione si era già manifestata nell’ottobre 2000 e anche nel
settembre 1993. Tali abitazioni sono ubicate in una zona morfologicamente depressa: il piano campagna è infatti inferiore di circa 1-1,5 m
rispetto alla parte sommitale dei muri spondali di contenimento.
Nel territorio di Sesto Calende, comune ubicato sulla sponda sinistra del
Fiume Ticino alla chiusura del Lago Maggiore, la crescita del livello lacustre e del Fiume Ticino ha fatto sì che alcuni tratti di Viale Italia ed il quartiere Abbazia fossero sommersi dalle acque. Il capoluogo è stato interessato anche dallo straripamento in più punti del T. Lenza (bacino di 16,5
km2), tributario del Ticino. Il torrente, nell’attraversamento del centro abi-
b
c
5. Sesto Calende (VA): a) tratto del T. Lenza a monte dell'imbocco di un lungo tratto tombinato che attraversa un piazzale. Si notino i 3
tubi del diametro compreso fra 15-30 cm che, durante l'evento di piena, hanno trattenuto parte del materiale flottante, favorendo l'esondazione delle acque sul piazzale; b) lungo la sponda sinistra del T. Lenza, un cortile di una abitazione, costituito da materiale di riporto, ha subito un repentino svuotamento a causa dell'azione erosiva delle acque; c) box sotterranei di uno stabile di recente costruzione: le acque del T. Lenza (la posizione dell'alveo è indicata dalla freccia gialla) hanno invaso i box per un'altezza di almeno 80 cm e
anche i locali al pianterreno sono stati invasi dalle acque per un'altezza di circa 30 cm provocando notevoli danni. La ringhiera in primo piano, funzionando da pettine, ha trattenuto il detrito vegetale trasportato dalle acque.
4
tato (fig. 5), appare quasi senza soluzione di continuità «costretto» in un
modesto alveo canalizzato da muri d’argine sovente costituiti dagli stessi
muri perimetrali delle case. Numerose risultano essere le sue curve a
gomito, molto pericolose da un punto di vista idraulico. I ponti appaiono
sovente sottodimensionati: in alcuni casi, qualche metro a monte del
ponte si rileva la presenza di tubi dell’acquedotto e/o del metano che,
durante l’evento di piena, hanno esaltato gli effetti del passaggio della
veloce corrente che trascinava a valle rilevanti quantità di materiale flottante. Di particolare entità è stato il crollo di un muro d’argine e lo svuotamento quasi istantaneo del materiale di riporto costituente il cortile di
una casa di civile abitazione. Il collasso ha coinvolto un’automobile e il
suo proprietario, caduti entrambi nei vorticosi flutti del torrente. L’uomo,
aggrappatosi provvidenzialmente ad un albero, è riuscito ad essere tratto
velocemente in salvo da alcuni volontari e dai Vigili del Fuoco.
La repentina inondazione del T. Lenza non ha interessato solamente vecchie abitazioni, ma anche negozi ed edifici di recente costruzione per i
quali non sono stati adottati neppure i più elementari criteri edificatori:
valga come esempio il garage in sotterranea di un condominio realizzato a
pochi metri dall’alveo. Il garage, costruito in un vecchio alveo del torrente, è stato invaso dalle acque di esondazione con ingenti danni per gli
automezzi; anche la pavimentazione superficiale sovrastante il garage ha
subito cedimenti superficiali. In Sesto Calende anche altri corsi d’acqua
minori hanno provocato locali allagamenti di strade e scantinati: a) Fosso
della Capricciosa presso le scuole superiori di Via San Donato, presso il
Rione dell’Abbazia e il sottopasso della ferrovia, a circa 350 m dallo sbocco nel Ticino; b) Fosso del Maiolo in loc. C.na Casale. In ambedue i casi si
tratta di rii che solitamente, nelle migliore delle ipotesi, possiedono una
portata di qualche l/s, drenando bacini che non raggiungono neppure un
km2 di superficie. La stima dei danni per il solo Comune di Sesto Calende
è stata valutata intorno a 3 milioni di euro.
In provincia di Varese anche l’abitato di Gallarate ha subito l’inondazione
delle acque del T. Arnetta (6), mentre a Samarate il T. Arno ha allagato in
diversi punti il territorio (vie Augusta, Adriatico, Padova, Firenze, Grandi,
Bellini, Novara, Asiago, Verdi), provocando anche l’erosione di parte dell’argine. Ad Origgio, presso Saronno, le acque del Torrente Bozzella hanno
rotto l’argine in prossimità della cascina Regosella, invadendo successivamente la zona industriale.
A Milano, gli effetti dell’esondazione dei fiumi Seveso ed Olona si sono
sommati alla difficoltà di smaltimento delle acque meteoriche e a fenomeni di risalita di falda che hanno provocato il parziale allagamento di alcuni quartieri (in particolare Viale Zara e Piazza Istria) e abitati limitrofi dell’hinterland milanese (Nerviano e Pogliano Milanese). Presso quest’ultimo
comune, alle ore 8:30, in prossimità di Via Oberdan, la piena dell’Olona
ha provocato l’asportazione di parte della sponda. Altri casi localizzati si
sono manifestati a Rho, dove è rimasto isolato il quartiere San Martino per
lo straripamento del Torrente Bozzente intorno alle ore 18 del 3 maggio.
In Piemonte in diversi corsi d’acqua è stata superata la soglia di attenzione, in particolar modo sui torrenti Sessera, Mastallone, Meja (Suno), sul
Fiume Sesia (presso Palestro) e i torrenti Agogna e Bormida. Verso le ore
7:00 del 3 maggio il T. Agogna si è avvicinato al livello di tracimazione che
ha poi raggiunto verso mezzogiorno, straripando in diversi Comuni quali
Caltignaga, Cressa, Fontaneto d’Agogna, Momo, Nibbiola, Vespolate.
Domenica 5 maggio a Borgo Ticino, nel quartiere Pavia, il livello del fiume
è salito di 1,20 m sopra lo zero idrometrico.
Nell’Alessandrino l’entità della piena del Fiume Bormida ha comportato
5
diffuse ed estese esondazioni, iniziate nel tardo pomeriggio del 4 maggio,
a partire dal ponte della S.S. 35 bis sino alla confluenza del Fiume Tanaro
nel Po. Nel Monferrato vi sono state diverse esondazioni da parte di numerosi corsi d’acqua come il Torrente Gattola, che ha allagato alcune frazioni di Casale Monferrato, ed il Torrente Rotaldo, che ha causato l’interruzione della S.S. 31 Alessandria-Casale.
Per quanto concerne il territorio della Provincia Verbano-Cusio-Ossola,
tra i fenomeni di maggior rilevanza si collocano due eventi di frana, l’uno
in Val Vigezzo in Comune di Trontano, l’altro sulla sponda occidentale del
Lago Maggiore nel Comune di Cannero Riviera, sui quali si è condotto
apposito sopralluogo il giorno 7 maggio 2002.
a) Frana di Paiesco (Trontano). La prima manifestazione si è avuta il 3
maggio intorno alle ore 23:40 e ha coinvolto un volume approssimativo di
50.000 m3, su un dislivello di una ottantina di metri. Si è prodotta interruzione della S.S. 337 (7), tra il km 7+800 e il km 7+900. Si è trattato di
a
6 a, b. L'evento pluviometrico del
maggio 2002, che ha comportato
diffusi fenomeni d'instabilità sui
versanti soprattutto in alcuni settori della fascia perilacuale del
Lago Maggiore, ha innescato anche isolate frane, come quella sul
versante destro del T. Melezzo occidentale presso Paiesco (Trontano, Novara). Essa ha prodotto la
caduta di alcune migliaia di metri cubi di detriti, per rilascio e
crollo nell'ambito di rocce scistoso-cristalline intensamente fratturate: l'accumulo ha parzialmente invaso la strada statale
della Val Vigezzo precludendo il
traffico per diversi giorni (a).
La nicchia di distacco (b), è rappresentata da un evidente piano
di discontinuità subverticale che
ha costituito causa predisponente al fenomeno.
6
b
una tipica frana in roccia per scivolamento e crollo (fig. 6), a planimetria
subtriangolare simmetrica, aperta verso valle. La nicchia di distacco,
vistosamente impostata secondo un piano di frattura E-W, in asse con lo
sviluppo della valle principale, denota una dislocazione subverticale della
massa rocciosa e detritica che raggiunge una decina di metri. L’ammasso
detritico, a pezzatura eterogenea con grandi blocchi anche superiori, singolarmente, ai 10 m3 di volume, nel suo collasso è stato largamente trattenuto dal piano stradale, che è rimasto sepolto per una lunghezza di un
centinaio di metri. Altro materiale è precipitato nell’alveo del T. Melezzo
Occidentale ed in parte è stato convogliato a valle dal corso d’acqua in
piena. La localizzazione puntuale di tale fenomeno e di altro contiguo, a
monte, consistente in una colata detritica lungo il Rio Vasigone, tributario destro del Melezzo (con mobilizzazione di volumi dell’ordine delle centinaia di m³ che hanno temporaneamente incrementato i volumi solidi, poi
reincisi, lungo l’asta principale), a parità di condizioni geo-morfo-litologiche e topografiche dei dintorni in cui non si è osservata traccia di frana,
rispecchia con chiarezza la caduta di un rovescio di pioggia d’intensità elevata, estremamente limitata spazialmente.
E’ da osservare che gran parte del tracciato stradale si sviluppa lungo un
fondovalle inciso in rocce diffusamente fratturate, a luoghi intensamente
tettonizzate in quanto la geologia regionale è improntata a condizioni
strutturali particolarmente sfavorevoli dal punto di vista geotecnico e
della stabilità morfologica dei versanti. Più volte, e sin dal lontano passato, in tutta la Val Vigezzo si sono registrati, a pulsazioni cicliche irregolari, fenomeni di frana e colata di detrito di svariate dimensioni e anche
imponenti (ad esempio la non lontana «Rovina» di Travello, già nota sin
dall’anno 1500) che in tempi a noi più vicini hanno reso indispensabile,
lungo la S.S. 337, l’adozione di misure protettive quali reti paramassi o
tratti in galleria artificiale.
b) Frana in località Cheggio (Comune di Cannero Riviera). Il 3 maggio 2002
in località Piancassone-Cheggio si è riattivato e ampliato, rispetto a precedenti analoghi del 1998 e ottobre 2000, un fenomeno di frana con innesco a circa 80 m superiormente al piano stradale della S.S. 34, press’a
poco in corrispondenza della progressiva chilometrica 28. Sono state parzialmente coinvolte masse estremamente fratturate di rocce gneissiche,
ricoperte da modesta coltre detritica e terreni di riporto, dovuti alla antica pratica della sistemazione a terrazze a scopo coltivo e di stabilizzazione
dei pendii; ciò è testimoniato da ruderi di muretti a secco (opere abbandonate da tempo, con effetti visibilmente controproducenti in caso di
mancata manutenzione). Tale insieme lito-morfologico, assai diffuso nell’area esaminata, ha reagito negativamente alle abbondanti precipitazioni.
Circa 800 m3 di masse fluidificate con abbondante matrice limoso-sabbiosa e blocchi isolati anche superiori al metro cubo si sono abbattute a
valle, in parte trattenute da reti già poste in opera dopo le manifestazioni
del fenomeno di pochi anni prima. Un masso isolato ha impattato sulla
sede stradale per poi adagiarsi in un sottostante terreno in riva al Lago
Maggiore.
A tratti, l’intero versante ha manifestato in passato evidenze d’instabilità
tanto che la zona è indicata col toponimo «squarada», che, in dialetto locale, significa appunto «zona in frana».
Seppure in minore intensità, anche il Comune di Belgirate è stato interessato da diversi fenomeni franosi. Un primo movimento superficiale, si
è originato a pochi metri da alcuni fabbricati di un centro residenziale ed
ha provocato un parziale intasamento del Rio Valdera. Un secondo si è
innescato lungo la strada comunale di collegamento con il campo sportivo; il fango e i detriti si sono accumulati in corrispondenza di un’abitazione nel versante sottostante, ma il materiale più fine ha continuato il percorso provocando l’intasamento di un sottopasso della ferrovia. L’ultimo
fenomeno franoso ha prodotto l’asportazione di parte della strada comunale in corrispondenza della casa di riposo «Arcadia».
Si è generalmente constatata, ancora una volta, una diffusa fragilità di
territori intensamente urbanizzati, peraltro soggetti con discreta frequenza a eventi di «dissesto idrogeologico» pur non estremi per tali aree (come
l’evento in questione) e dove di regola non è neppur possibile, per la troppa compressione degli spazi, operare interventi strutturali di «messa in
sicurezza» di carattere definitivo.
In Comune di Nebbiuno (NO), in località Maré, si è manifestato un fenomeno di frana nel bacino del Rio Valcabbia (REGIONE PIEMONTE, 2002a).
Precedenti notizie relative ad un settore in frana in Comune di Nebbiuno
risalgono al novembre 1951 (8). Dai sopralluoghi effettuati risulta che il
fenomeno si è insediato sul versante destro, nell’ambito di micascisti a
forte grado di alterazione, con prevalente componente roto-traslazionale
poi evolutosi in colata lenta su un fronte di oltre 30 m al piede, dove il
7
7. La notte del 3 maggio 2002 il
versante destro del Rio Valcabbia
in Comune di Nebbiuno, sulla
sponda piemontese del Lago
Maggiore, è stato sede di una frana roto-traslazionale e di colata
che ha occluso lo stretto fondovalle. Lo sbarramento ha suscitato notevoli apprensioni per l'incolumità di persone e beni nel Capoluogo, che il rio attraversa costretto in sezioni idrauliche a malapena sufficienti per i deflussi liquidi. Nell'emergenza, si è provveduto a mantenere aperta una
sezione d'alveo sufficiente allo
smaltimento dell'invaso di monte
che si andava creando, predisponendo nel contempo tubazioni rigide a scopo di by-pass idraulico
(foto Comune di Nebbiuno).
materiale si è espanso lungo il Valcabbia, e 20-25 m di spessore
(fig. 7).
A distanza di pochi chilometri, nel Comune di Lesa, presso
Solcio, si è prodotta una frana per fluidificazione della coltre
detritica superficiale, con zona d’innesco localizzata in vicinanza di alcuni edifici; il materiale destabilizzato si è in parte convogliato nel Rio Valdera. Attività torrentizia con episodici processi di erosione si è prodotta anche lungo il Rio Paronelli
(REGIONE PIEMONTE, 2002a).
Ulteriori episodi nel Novarese sono stati registrati nel Comune
di Bogogno e ad Orta S. Giulio, dove il materiale mobilizzato di
circa 100 m³ di volume ha deviato il corso del T. Turiggia. Il 3
maggio nel Comune di Suno, il Torrente Meja è esondato e le
sue acque hanno invaso parte del centro abitato.
Lungo la sponda orientale del Lago Maggiore (9) sono stati
numerosi i comuni interessati dall’evento: tra i più colpiti è
risultato quello di Maccagno, al confine con il Comune di Luino.
Il 3 maggio si è innescato un movimento gravitativo che ha creato notevoli disagi per la circolazione stradale e ferroviaria. Una
colata di fango e detriti originatasi nella potente coltre di degradazione e alterazione di originarie rocce cristalline, prevalentemente gneissiche, si è innescata su una ripida parete sovrastante la S.S. costiera 394 e la ferrovia internazionale LuinoBellinzona (fig. 8). Il materiale mobilizzato, del volume di alcune centinaia di m3, ha sfiorato un casello ferroviario e pur interrompendo
le comunicazioni ferroviarie e stradali, non ha fortunatamente coinvolto
alcun mezzo di trasporto, nonostante il tratto risulti molto trafficato. Nel
a
b
8. Le intense piogge dei primi di maggio 2002 hanno particolarmente infierito sulla sponda lombarda del Lago Maggiore provocando numerose frane superficiali nella coltre di alterazione del
substrato. Nel caso particolare cui la foto è riferita, un imponente soil slip ha determinato per più
giorni la completa interruzione dell'importante strada costiera tra Luino e Maccagno e della soprastante ferrovia internazionale (a). La viabilità obbligata lungo tale scosceso tratto costiero già
in passato ebbe a subire dannose conseguenze da frane, come testimonia il documento qui riprodotto (b), a suo tempo redatto dall'I.R. Governo Austriaco (archivio storico IRPI Torino).
8
Comune di Cremenaga (Valle del F. Tresa) parte della strada provinciale è
stata coinvolta da una frana di circa 600 m3 di volume che ha causato l’isolamento del paese, mentre in quello di Castelveccana (VA), nella notte
tra il 2 e 3 maggio, una frana ha interrotto un tratto di Via Europa, subito a valle dell’intersezione di questa con la S.P. 69, portando all’isolamento delle zone Piana e La Sciarlasca. Un tratto di strada provinciale «delle
Marianne», che collega il Comune di Castelveccana con quello di
Arcumeggia, è stato interessato da fenomeni di colata superficiale; il
materiale mobilizzato che ha invaso la strada è stato repentinamente
rimosso. Frane di discreta entità (da diverse centinaia ad alcune migliaia
di m3) hanno temporaneamente bloccato il transito su arterie di primaria
importanza (A 26, S.S. 33 e 34, S.S. 629, S.S. 337) e compromesso i collegamenti stradali in diverse località su entrambe le sponde del Lago
Maggiore (Belgirate, Cannero Riviera). Le frane hanno coinvolto terreni di
copertura e/o porzioni di substrato roccioso (per lo più gneiss e micascisti), talora con minaccia per zone abitate (in particolare Nebbiuno e
Belgirate sulla sponda occidentale del Lago Maggiore).
Anche lungo la Val Veddasca si
sono prodotti numerosi fenomeni d’instabilità, anche a
danno di fitte zone boscate (fig.
9). Nell’Alto Lario Occidentale,
nel Comune di Gera Lario lungo
l’asta del T. San Vincenzo, alle
ore 17:10 del giorno 5 maggio,
si è manifestata una colata
detritica (10) di durata complessiva di circa 15 minuti, con
flusso più fluido e colorazione
più tenue rispetto a quella
occorsa alle ore 7:15 dell’11
agosto 2001, che per circa 10
minuti ebbe a trasportare
ingente carico litoide e vegetale
(11).
In Val Seriana, nel Bergamasco,
si sono verificate piccole interruzioni lungo le strade principali. In località Corna Piana
(Gandellino), si è parzialmente riattivata una frana (manifestatasi già il 6
novembre 2000), con caduta di alcuni massi provenienti dalla parte alta
del corpo di frana: l'Amministrazione Comunale, a titolo precauzionale, ha
provveduto all'evacuazione temporanea di 50 persone. Ad Endine è stata
segnalata la ripresa del movimento franoso in località San Felice, mentre
a Valbondione, in via precauzionale, è stato evacuato il campeggio.
In Val d’Adige, la statale del Brennero è stata interrotta per una frana
all’altezza di Colle Isarco.
A breve intervallo di tempo (3-4 giorni), un’altra perturbazione ha interessato le stesse località colpite dall’evento del 2-4 maggio, accentuando
localmente le fenomenologie su menzionate. I disagi si sono estesi anche
ad altre località, come lungo la S.S. 28 del Colle di Nava, nella zona dei
Rocchini di Ceva (località frequentemente interessata da interruzione per
frana), dove la sera del giorno 10 maggio si è prodotto un fenomeno di
colamento con parziale invasione della carreggiata. Questo nuovo evento
9. Un franamento superficiale, in
Val Veddasca, ha coinvolto, durante le piogge del maggio 2002,
una discreta porzione di suolo boscato, travolgendo decine di alberi a latifoglie e arbusti che hanno contribuito a occludere lo stretto fondovalle torrentizio, senza
però creare invaso data la notevole pendenza d'alveo (foto Guardia di Finanza).
9
ha interessato anche, in modo più contenuto, altre zone del Piemonte,
provocando la piena di numerosi torrenti e mettendo nuovamente in crisi
la rete di drenaggio superficiale secondaria.
UN CASO DI STUDIO: LA VALCUVIA
(a cura di Luino F., Chiarle M., Agangi A., Biddoccu M.,
Cirio C.G., Fassi P., Giulietto W., Godone F.)
10 a, b. Cittiglio (VA). Le acque del
T. Boesio in piena (indicato dalla
freccia) sormontano il muretto
d'argine sinistro e iniziano ad
inondare il piazzale antistante
l'ospedale.
a
10
Nel periodo 2-5 maggio 2002 una delle zone lombarde più colpite dagli
effetti dovuti alle intense precipitazioni è risultata essere stata la Valcuvia,
in provincia di Varese, e in particolar modo l’abitato di Cittiglio, ubicato
circa 3 km a monte del Comune di Laveno Mombello.
Il territorio comunale di Cittiglio, che si estende per un’area di 11,5 km²,
è attraversato dal Torrente Boesio (bacino di 45,8 km²) e da alcuni corsi
d’acqua minori, che durante l’evento alluvionale hanno raggiunto portate
notevoli. Nella tarda mattinata del 3 maggio il Boesio è esondato in diversi punti del territorio comunale, iniziando nella zona prossima alla segheria Fidanza, ubicata in sinistra idrografica, per ostruzione dell’attraversamento di servizio dello stabilimento da parte del legname flottato. Le acque
del T. Boesio, poco a valle, sono esondate in sponda sinistra, incanalandosi lungo una via privata, allagando il quartiere residenziale circostante.
Nei locali posti al piano terra delle abitazioni le altezze d’inondazione
hanno raggiunto valori fino al metro. Le acque sono quindi confluite in Via
Marconi, unendosi a quelle fuoriuscite all’altezza del ponte della stessa via
e coinvolgendo abitazioni ed attività commerciali.
Poco più a valle è ubicato l’ospedale, in una zona morfologicamente
depressa. L’allagamento del medesimo ha avuto inizio in maniera più
intensa verso le ore 10:30, quando le acque del Boesio hanno sormontato
il muro di sponda sinistro (fig. 10) immediatamente a valle di un piccolo
ponticello pedonale ad arco, inondando il piazzale antistante l’ospedale adibito a parcheggio (fig. 11). I degenti sono
stati prontamente trasportati presso gli ospedali più vicini e
presso un ospedale da campo allestito presso le scuole di
Brenta. Nel frattempo il tributario T. Boito allagava la sede
ferroviaria e, superato il passaggio a livello, confluiva in Via
b
Marconi lungo il lato W dell’ospedale,
contribuendo all’inondazione del parcheggio antistante l’ospedale. Verso le
ore 11:30 i locali interni dell’ospedale
sono stati raggiunti dalle acque del T.
Boesio provenienti da Via Marconi.
Nonostante il pronto intervento di
volontari della Protezione Civile, i
locali della parte vecchia dell’ospedale, del pronto soccorso, la centrale di
condizionamento delle sale operato-
a
11. Le acque del T. Boesio, una
volta inondato totalmente il parcheggio dell'ospedale di Cittiglio,
rientrano lentamente nell'alveo
nel primo pomeriggio del 3 maggio (foto tratta da Varesenews).
b
rie, il reparto di pediatria sono stati inondati nel breve spazio di 25’
(11:30-11:55): ingenti i danni subiti dalle strutture ospedaliere (fig. 12).
Il Torrente S. Giulio, tributario di destra che confluisce nel Boesio attraversando Cittiglio Alta, ha manifestato una notevole piena erodendo le
sponde in più punti. Sono stati scalzati lunghi tratti di opere di difesa, il
muro di sostegno del parco giochi e di alcune abitazioni, con minaccia per
la loro stabilità.
Le acque in piena del Boesio hanno raggiunto Laveno in tarda mattinata
del 3 maggio, straripando sia in sponda destra, sia in sinistra, prevalentemente nel settore compreso tra l’acquedotto e la località Molinetto. In
quest’ultima località, in prossimità dell’industria manifatturiera
Monterosa, le acque della Roggia Fassora (bacino di 2,6 km²) si dividono
in due canali in cemento: uno scorre tombinato al di sotto dello stabilimento e confluisce nel T. Boesio nelle vicinanze di Via Molinetto, l’altro
percorre il lato E dell’industria e confluisce nel torrente attraverso un’apertura nell’argine costruito a difesa del quartiere. Tale varco determina
la rottura di continuità dell’argine, precludendone quindi la funzionalità. In occasione della
piena le acque del Boesio si sono incanalate
attraverso l’apertura dell’argine, impedendo il
deflusso delle acque della Roggia Fassora e causando l’allagamento dell’industria manifatturiera (già avvenuto nell’agosto 1977) per altezze
variabili da pochi centimetri al metro. I fabbricati, i macchinari e le scorte dell’impresa sono stati
gravemente danneggiati. In seguito le acque di
rigurgito della Fassora e quelle provenienti dal
Boesio hanno trovato sfogo in corrispondenza di
Via Molinetto, inondando ampiamente un quartiere prevalentemente residenziale con livelli
idrometrici anche superiori al metro (fig. 13). Si
sono registrati ingenti danni non solo a spese di
12. Cittiglio (VA): a) piazzale antistante l'ospedale solitamente
occupato da alcune centinaia di
automezzi; b) tarda mattinata del
3 maggio 2002: le acque del Boesio invadono i locali bassi dell'ospedale e il parcheggio da dove
erano state rimosse quasi tutte le
autovetture.
13. Laveno Mombello (VA): le acque del T. Boesio e della Roggia
Fassora invadono improvvisamente Via Molinetto per altezze
prossime al metro.
11
14. La piena del Torrente Boesio
e di numerosi piccoli tributari avvenuta nei giorni 3-4 maggio
2002 ha riversato nel Lago Maggiore un ingente quantitativo di
detrito vegetale, che il moto ondoso e le correnti hanno in breve
tempo convogliato entro l'insenatura portuale di Laveno, rendendo difficoltoso il passaggio dei
mezzi natanti.
15 a, b. Località Vararo (VA), lato
posteriore di una abitazione invasa da un soil slip; b) particolare interessante di una nicchia di
distacco con presenza di un pipe,
ovvero condotto sotterraneo in
temporanea sovrapressione idrica cui è dovuto l'innesco di frane
superficiali.
abitazioni private, ma
anche ad unità commerciali e produttive
(soprattutto di recente
costruzione) ubicate in
sponda sinistra, in
zona Prataccio. Le
acque di piena del
Boesio, proseguendo
verso lo sbocco al
Lago, hanno attraversato l’abitato di Laveno
pur non provocando
danni: le acque sono traslate a piene rive, sfiorando l’esondazione in più
punti, in particolare nel tratto dove, in poco meno di 200 m, l’alveo è sormontato da ben quattro ponti.
Il materiale flottante trascinato a valle, ha però completamente invaso le
acque del porticciolo di Laveno con notevoli disagi per i natanti (fig. 14).
Con qualche decina di ore di ritardo, anche le acque del Lago Maggiore
hanno sommerso la parte più bassa di Piazza Caduti del Lavoro raggiungendo una quota di 195,04 m s.l.m. all’idrometro di Sesto Calende (5 maggio).
Un sopralluogo condotto nei giorni successivi ha consentito di verificare la
condizione morfoidrografica del T. Boesio, un corso d’acqua che attraversa gli abitati di Cittiglio e di Laveno «costretto» fra i muri d’argine delle abitazioni e sponde poco pronunciate. Esso è attraversato da numerosi ponti
sottodimensionati. Si sono rilevati ancora numerosi arbusti e alberi con
tronchi di diametro talora superiore a 20 cm. Anche il Torrente Boito
(bacino di circa 1,3 km²) ha subito massicci interventi antropici lungo l’alveo: il torrente scorre per lunghi tratti tombinato al di sotto di strade ed
abitazioni. Le sezioni di deflusso sono sottodimensionate e spesso parzial-
a
12
b
mente occluse da grate e reti che aggravano la già critica situazione idraulica esistente.
In Valcuvia durante l’evento temporalesco si sono registrati numerosi
movimenti gravitativi: essi hanno interessato il versante destro della valle,
caratterizzato da una maggiore acclività, innescandosi per saturazione e
fluidificazione della coltre superficiale, costituita da depositi a granulometria prevalentemente fine che ricoprono il substrato roccioso con spessore medio di pochi metri. I dissesti più importanti si sono verificati presso Via Gaggiolo e località Casere in Frazione Vararo (fig. 15) e lungo la S.P.
8, tra gli abitati di Vararo e di Cittiglio. La frana in Via Gaggiolo, di limitate dimensioni, ha interessato la sede stradale, coinvolgendo un’abitazione posta circa 20 m a valle della nicchia di distacco. In località Casere il
movimento gravitativo si è innescato per erosione regressiva in un deposito terrazzato, senza causare danni ad edifici ed infrastrutture. La sede
stradale della S.P. 8 è stata interessata in più punti da frane di scivolamento e colate detritiche. La conseguente interruzione della viabilità ha
causato il totale isolamento della frazione di Vararo. Nel territorio comunale di Laveno Mombello si sono innescati fenomeni franosi in numerosi
settori: nel concentrico (Via Lumaca e località Rebogliano), nelle frazioni
di Cerro (Via Gattirolo-Via Buonarroti) e di Brenna e lungo la strada provinciale per Vararo. Si è trattato nella maggior parte dei casi di movimenti gravitativi coivolgenti limitati volumi di terreno per saturazione e fluidificazione della coltre superficiale. Il fenomeno più significativo ha interessato il versante sovrastante Via Gattirolo, dove l’innescarsi di quattro
frane superficiali ha mobilitato un volume di materiali di circa 400 m3.
Complessivamente i fenomeni d’instabilità di versante, nel territorio
comunale, hanno causato numerosi cedimenti stradali, crolli di muri di
sostegno, lesioni al manto stradale su lunghi tratti di strade comunali,
con conseguenti interruzioni della viabilità.
9 MAGGIO
In Piemonte, una colata di fango e detriti, durante l’evento alluvionale del
14-15 ottobre 2000 aveva percorso l’incisione del Rio Sapé, al confine tra
i Comuni di Salbertrand e di Exilles, riversando materiali (circa 4500 m3)
nell’alveo della Dora Riparia in località Serre la Voute, mettendo in pericolo la struttura a più arcate supportante il canale derivatore AEM e che
sovrapassa il rio citato, producendo lievi lesioni sulla muratura esterna.
Nel periodo 3-9 maggio 2002 abbondanti precipitazioni a carattere discontinuo, ma con scrosci di discreta intensità hanno nuovamente interessato la zona, dando origine, nella giornata del 9 maggio, alla ripresa di un
fenomeno di colata di minore magnitudo (volume valutato pari a 1500 m³),
che ha nuovamente rischiato di compromettere, per l’apporto in massa di
detriti anche di grossa pezzatura, la sicurezza del manufatto citato.
Sopralluoghi tempestivi effettuati lungo l’asta del rio hanno permesso di
valutare che un’apprezzabile sovraincisione ne caratterizza l’intero sviluppo. Ben a monte della quota 1300 m circa è già presente una sezione di
scavo subtriangolare, mediamente dell’ampiezza di 15-20 metri e di profondità variabile tra i 6 e i 10 metri, neoformatasi per l’evento del 14-15
ottobre 2000, cui si sono sovraimposte altre fasi di erosione e crollo di
sponda, scavo di fondo e trasporto in tempi successivi e particolarmente
per l’evento temporalesco del 9 maggio 2002 (TURCONI & MUSSINO, 2003).
Diffuse evidenze morfologiche e litologiche testimoniano che l’intero versante esaminato corrisponde a un ammasso detritico a disposizione caotica e a pezzatura estremamente eterogenea, diretta risultante di un collasso di masse litoidi (Complesso dei Calcescisti l.s.) formatosi in epoca
13
postglaciale, con sovrapposte masse discontinue di natura morenica e
detritica, anch’esse ampiamente rimaneggiate da frane. In altri termini,
l’intero versante destro della Dora Riparia nel settore qui considerato non
è costituito da roccia in posto, ma da porzioni della medesima ripetutamente dislocate nei millenni, interessate da diffuse fratture beanti e più
spesso evidenziate da manifesti blocchi rocciosi isolati, di volumi anche
superiori al centinaio di m3, inglobati in una matrice a ciottoli e blocchi a
spigoli vivi con abbondante frazione fine limo-sabbiosa. In tale ammasso
discontinuo di materiali, di spessore non conosciuto, ma verosimilmente
di parecchie decine di metri e forse superiore al centinaio, costituente per
tali sue caratteristiche un enorme serbatoio di ritenzione, anche per lunghi periodi, di abbondanti acque di fusione nivale e di precipitazione
meteorica, è inciso, al pari degli altri circostanti, il bacino e l’asta di drenaggio del Rio Sapé. Visibilmente, numerosi blocchi e zolle di detrito sono
in procinto di franare entro l’asta del rio lungo tutto lo sviluppo osservato
(per centinaia di metri e su un dislivello complessivo di oltre 400 metri),
sempre in intima connessione con abbondanti masse arboree a prevalente Abete Rosso (notoriamente privo di consistente apparato radicale), e
latifoglie (Betulla). Si può lecitamente ipotizzare che in caso di ulteriori
eventi atmosferici di particolare intensità, nuove colate di detrito siano
suscettibili di prodursi, con distanze di trascinamento a valle complessivo valutabili nell’ordine di alcune centinaia di metri per ogni pulsazione di
colata e formazione di temporanei rallentamenti di deflusso per congestione di tronchi (log jam) senza escludere la possibilità che porzioni lapidee anche di proporzioni ciclopiche possano abbattersi sul fondovalle
della Dora Riparia, come di fatto è già avvenuto.
16. Colzate (BG), 11 marzo 2002:
masso di notevoli dimensioni, franato dal versante presso il Santuario di San Patrizio, si è fermato a poche decine di metri dalle
prime case abitate (per gentile
concessione dr. Ravagnani).
14
11 MAGGIO
In Val Seriana, la caduta di un grosso masso dalle scarpate rocciose presso il Santuario di San Patrizio, sulla strada comunale che da Colzate (BG)
conduce alla frazione di Bondo, ha causato la morte di tre persone. Sono
stati subito eseguiti lavori di consolidamento del pendio e di messa in
sicurezza della strada e delle sottostanti abitazioni (fig. 16). Il disboscamento operato nell’occasione dell’attuazione di quei lavori ha fatto anche
emergere in tutta la sua evidenza la preoccupante situazione
d’instabilità di quel tratto di
versante, che si trova lungo le
pendici sud-orientali del monte
Cavlera, tra la sponda destra
del fiume Serio e i 720 m di altitudine s.l.m.
Nella fascia superiore, al di
sopra dei 455 m, l’area presenta acclività accentuata e morfologia rupestre, con roccia affiorante o subaffiorante, ma fittamente colonizzata da vegetazione arborea ed arbustiva. Più in
basso il pendio digrada su terreni prativi che proseguono fino
all’inizio della zona abitata,
dove l’acclività è assai più
dolce. Questa fascia fa da raccordo con la sottostante piana
fluvio-glaciale quaternaria ed alluvionale recente del Fiume Serio.
La formazione rocciosa interessata dal dissesto è la Dolomia Principale
norica, costituita da dolomie massicce di colore grigio sulla frattura fresca
e rosa sulle superfici alterate; essa è organizzata in grosse bancate la cui
separazione di solito è poco evidente, abbondantemente fessurate e affette da dissoluzione carsica. La presenza di più sistemi di fratture, ben riconoscibili all’interno di questa formazione, favorisce certamente la disgregazione dell’ammasso, con l’infiltrazione d’acqua piovana e ruscellante,
con l’azione disgregante dei cicli di gelo e disgelo, con la dissoluzione carsica ed anche con l’azione meccanica degli apparati radicali delle piante.
Nella stessa località di Bondo di Colzate, presso il Santuario di San
Patrizio, evento analogo per dinamica e fenomenologia si era già manifestato il 13 settembre 1976; il materiale franato aveva causato lo sgombero di 10 abitazioni (TROPEANO & al., 1999).
Nella notte tra l’11 e il 12 maggio, inoltre, si è allagato nuovamente il sottopasso di Strada Vivero di Moncalieri (Provincia di Torino).
20, 21 e 27 MAGGIO
Episodi temporaleschi localizzati si sono ripetuti con effetti simili a quelli
avvenuti nell’ottobre 2000 e nel maggio 2001 (LOLLINO & al., 2002) nel territorio comunale di Scalenghe, nella seconda cintura a Sud di Torino. Gli
allagamenti si sono replicati a distanza di pochi giorni per effetto di temporali caratterizzati da scrosci piovosi piuttosto intensi, talora accompagnati da grandine; le principali cause sono da ricercarsi nell’inadeguata
rete di drenaggio delle acque meteoriche, nel cattivo sistema fognario e
nelle opere di tombinatura sottodimensionate, con conseguente disagio
per la viabilità e zone insediative ormai consuete a tale situazione.
4-6 GIUGNO
Nel tardo pomeriggio del 5 giugno le valli alpine occidentali hanno subito
gli effetti di precipitazioni che hanno raggiunto nelle aree epicentrali dell’evento valori cumulati superiori ai 300 mm nelle 24 ore (382 mm a
Trivero, 331 mm a Piedicavallo, 311,4 mm al Santuario di Oropa, 309,4
mm a Fobello). Ad Oropa il violento nubifragio provocò la caduta di 64 mm
in un’ora, 165 mm fra le 14 e le 18, con grandine e raffiche di vento. A
Trivero sono stati registrati 99 mm in un’ora, 169 mm in 3 ore, 266 mm
a
17 a, b. Alveo del torrente Elvo alla confluenza con il T. Olobbia
(provincia di Biella), due giorni
dopo la piena del 5-6 giugno
2002, che vi ha prodotto sensibili erosioni laterali.
b
15
in 6 ore, 308 mm in 12 ore. Per intensità di questo tipo, per le 12-24 ore,
si sono stimati tempi di ritorno superiori a 50 anni (BLANCHET & al., 2005).
Valori elevati si sono registrati anche nel Verbano (296,4 mm a Valstrona,
273,6 mm a Cossogno, 272,2 mm a Trontano, 258 mm a Mergozzo) e nel
Torinese (217 mm a Traversella, 191,2 mm a Sparone). Alle stazioni valdostane di Lillianes e Champorcher si sono registrati valori complessivi di
precipitazione di circa 160 mm tra il 4 e 5 giugno, con intensità massime
anche di 40 mm/ora.
A causa delle piogge intense, diversi bacini idrografici sono stati colpiti,
come quello del Sesia; a Borgosesia, infatti, il livello del corso d’acqua ha
raggiunto 5,45 m (con un incremento massimo di ben 1,96 m in 30 minuti) ed il Mastallone a Varallo 5,12 m. Ulteriori fenomeni di piena si sono
verificati anche sul Sessera (4,08 m a Pray), sull’Elvo (4,75 m a Carisio),
sul Cervo (6,46 m a Passobreve con portata di 400-500 m3/s), nei bacini
limitrofi della Dora Baltea (3,52 m a Tavagnasco), del Chiusella (2,58 m a
Parella) e del Soana (3,64 m a Pont).
L’areale in cui le conseguenze geo-morfologiche sono state più evidenti, è
assimilabile a una figura ad «S» allungata a contorno asimmetrico che, con
direzione S-SW/N-NE intercetta, nella Provincia di Biella e in parte quella di Vercelli, la Valle Elvo (fig. 17), l’intera valle del Cervo escluso l’alto
bacino, la testata della Val Sessera, la media Val Sesia e la Val Mastallone.
L’area così definita, dell’ordine di 180 km2, si sviluppa per una cinquantina di chilometri con ampiezza variabile tra gli 8-10 km nell’area più colpita (valli del Biellese Occidentale) e i 2-3 km per il restante. Minori pla18. Valle di Champorcher (AO).
Torrente Ruinaz, tributario sinistro del T. Ayasse, lungo il quale
si è prodotta per l'evento del giugno 2002 una colata di detrito,
esattamente come avvenuto il 78 ottobre 1977. Come allora, è
stata totalmente ostruita la strada regionale. Nell'immagine è ripreso un intervento di ripristino
di un'opera trasversale lesionata
nel corso dell'evento.
ghe di territorio che hanno pur risentito gli effetti dell’evento corrispondono, in Provincia di Torino, al tronco medio-inferiore della Val Soana e l’Alta
Valchiusella e, in Valle d’Aosta, la media Valle di Champorcher (fig. 18), la
Valle di Rhêmes (che sarà colpita con maggiori effetti il 23 giugno 2002) e
la Valle del L ys. Effetti marginali si sono pure risentiti in Valle Anzasca e
Valle Antrona (Provincia del Verbano Cusio Ossola) e lungo le aste del T.
Orco (fig. 19) e della Stura di Lanzo (fig. 20 e 21).
Nell’insieme dell’area considerata, complesse unità strutturali con preva-
16
19. Tratto pedemontano del Torrente Orco, pianura a
Nord di Torino (profondità di visuale circa 6 km): tipica
configurazione d'alveo a canali multipli, isole fluviali,
barre deposizionali, soggetto a profonde e radicali modificazioni planimetriche in occasione di piene straordinariamente elevate, com'è proprio dei corsi d'acqua divaganti su depositi alluvionali a grossa granulometria
e con elevata energia di trasporto combinata con alte
portate liquide. Le acque si presentano ancora torbide
due giorni dopo la piena ordinaria del 5-6 giugno 2002.
lenza di rocce cristalline e scistose, di età compresa tra il
Carbonifero ed il Giurassico,
costituiscono l’ossatura dei
versanti. Gli affioramenti rocciosi di frequente appaiono
interessati a macroscala da
discontinuità tettonico-strutturali che portano ad una
fitta trama di fratture, faglie,
intense «deformazioni plicative», che in più casi hanno
comportato
indebolimento
della compagine rocciosa, o
per riflesso ad una intensa
alterazione delle sue caratteristiche fisiche. In generale
tali complessi litologici sono
perciò ammantati da irregolari coperture di disgregazione
fisico-meccanica e di alterazione chimica (regosuoli),
ovvero depositi quaternari
connessi alla trascorsa attività glaciale, o, infine, prodotti
colluviali ed anche veri e propri corpi d’accumulo di detrito litoide connessi a fenomeni
gravitativi.
Nel caso particolare (ma non
esclusivo) dell’area Biellese i
prodotti
eluvio-colluviali
localmente possono raggiungere spessori anche di alcuni
metri: ciò giustifica i poderosi
20. T. Stura di Lanzo, in provincia di Torino (panoramica verso
monte, 7 giugno 2002), con acque
ancora cariche di sabbia e limo in
sospensione dopo la recente piena, non violenta come le precedenti del 5-6 novembre 1994 e
14-15 ottobre 2000, che avevano
sensibilmente accentuato un pluridecennale processo erosivo a
carico della sponda sinistra, con
distruzioni nell'area edificata qui
visibile (Borgata Francia in Comune di Caselle). Ciò malgrado
replicati, e documentati, interventi di difesa eseguiti in passato. Ultime in ordine di tempo, le
poderose strutture di protezione
spondale appena ultimate (pennelli a scogliera intestati a muro
continuo per ripristino fascia di
sponda) sono dirette ad allontanare il filone attivo della corrente
di piena. Una tipologia d'alveo come quella della Stura di Lanzo,
lungo l'intero tratto pedemontano, cela tuttavia insidie sintetizzabili nella foto: alveo monocursale subrettilineo in condizioni di
deflusso ordinario, con persistente ed intensa attività erosiva
di fondo; alveo pluricursale a canali intrecciati (braided stream)
per deflussi legati a eventi estremi con intensa rimobilizzazione
di depositi solidi grossolani che
possono, di volta in volta, deviare la corrente attiva, ostacolata
nel moto dalla formazione di barre deposizionali, verso altre zone
laterali non protette; ciò non
esclude, nel caso limite, la tracimazione delle sponde stesse dipendentemente dall'energia e soprattutto dai volumi liquido-solidi
in gioco. In tali situazioni-limite,
soltanto un'attenta analisi geomorfologica, possibilmente corroborata da una vasta documentazione storica pregressa, può portare un contributo risolutivo per
l'adozione di misure definitive ed
efficaci di prevenzione.
17
a
21 a, b. Confluenza del T. Ceronda nel T. Stura di Lanzo presso
Venaria (TO) il 7 giugno 2002 (a).
La piena ordinaria dei giorni precedenti ha ampliato preesistenti
erosioni spondali, a scapito sia di
terreni agricoli, sia dell'orlo di terrazzo fortemente destabilizzato
visibile in sponda destra (b); tutto ciò è in analogia con quanto già
osservato in occasione della grave alluvione dell'ottobre 2000.
b
solchi d’incisione su alcuni tratti di versante, in particolare nella Valle del
Cervo, osservati dopo l’evento del 5 giugno. L’intenso ruscellamento generato al suolo dalle violente precipitazioni abbattutesi nel pomeriggio, talora incrementato dal convogliamento di deflussi concentrati tramite superfici impermeabili (caso tipico: le reti stradali) su pendii a forte acclività ha
determinato in più casi processi di rapida ed eccessiva saturazione delle
coltri di suolo generando tipici soil slip per lo più evoluti in colate di fango
e detriti lungo le linee di impluvio e le incisioni dei versanti, inducendo
così in rete idrografica minore frequenti pulsazioni di piena. Ciò spiega gli
effetti talora distruttivi, a carico di abitazioni e infrastrutture (prime tra
esse, i già citati collegamenti stradali) che tali processi hanno comportato. Fattore aggravante, constatato nella quasi generalità dei casi, soprattutto laddove l’evoluzione dei processi si è trovata ad interagire con strutture antropiche, è stato il carico solido in massa, lapideo e vegetale, con
coinvolgimento frequente di grandi quantitativi di piante ad alto fusto.
Oltre la crisi generalizzata della rete idrografica minore, esaltata da opere
di canalizzazione, attraversamento, tombinatura, spesso inadeguate
anche a fronte di mere portate idrauliche di piena, si sono inoltre osservati locali processi di erosione accelerata e nei tratti pianeggianti fenomeni di esondazione.
Val Soana
In località Doblazio (Comune di Pont Canavese), in prossimità del bivio
lungo la S.S. 460 per la località Piangiacolin, il Rio Ladret (ramo destro)
ha sormontato e invaso la strada comunale principale (Via Roma) con
materiali fini sabbiosi. Nella stessa località, poco a monte, i materiali
detritici mobilizzati dalla piena del Rio Fontanarossa (volume stimabile
nell’ordine delle poche decine di metri cubi), verificatasi tra le ore 20:20 e
le 21:00 del 5 giugno, hanno invaso, con depositi a pezzatura anche grossolana, una strada comunale (Via Moletti) e l’area di proprietà della Ditta
ADS; il materiale più fine invece si è propagato lungo la strada suddetta;
nelle parti più basse prospicienti il corso d’acqua si sono riversate acque
a velocità di deflusso elevata e con battenti idraulici anche superiori al
metro (secondo testimonianze locali) invadendo un’abitazione civile e la
sottostante strada (Via Roma, in prossimità dei numeri civici 56 e 57). Più
a monte, lungo la S.P. 46, che dal Comune di Pont Canavese conduce
18
b
all’abitato di Frassinetto,
in località Fontanarossa,
dove si origina il ramo
sinistro dell’omonimo rio,
si è verificato il collasso di
una porzione di terreno,
per lo più costituita da
suolo pedogenizzato, in
corrispondenza di impluvio, che ha contribuito in
parte all’apporto di materiale solido in alveo (12).
Lungo il T. Verdassa, tributario sinistro del T.
Soana, lungo la cui asta è
ubicato il limite amministrativo dei Comuni di
Ingria e Frassinetto, si è
prodotto un intenso processo di trasporto solido
torrentizio (fig. 22).
In dieci punti è stata temporaneamente interrotta
la S.P. 47 tra Pont e Ronco
Canavese per franamenti,
il maggiore dei quali
all’imbocco della valle
(località Pian Rastel) ha
reso la strada inagibile per
alcuni giorni. Le interruzioni sono state causate da
alcuni soil slip, con invasione del corpo stradale
per volumi di ridotta entità
(< 10 m3), da fenomeni di
erosione concentrata con
produzione di solchi (gully)
22. Incisione del T. Verdassa, tributario sinistro del T. Soana nei
comuni di Frassinetto e Ingria
(TO), lungo la cui asta si è prodotto un intenso processo di trasporto solido torrentizio per la piena del 5-6 giugno 2002.
23. Le piogge del 5-6 giugno 2002
hanno riacutizzato, dopo l'alluvione dell'ottobre 2000, problemi
di viabilità lungo la S.P. 460 della Val Soana (TO), Il passaggio di
un soil slip, seguito da un processo di gullying (erosione da ruscellamento concentrato) (a), ha
riesumato dei depositi fluvioglaciali (b).
a
19
a
24. Il versante destro del Rio Santanel (a), tributario del T. Soana
in Comune di Valprato Soana, costituito da gneiss di norma tabulari e massicci ma, come nel caso
in esame, localmente tettonizzati
e a marcata scistosità, e affiancati a intercalazioni di Pietre Verdi, offre situazioni geologicamente e strutturalmente predisponenti a fenomeni gravitativi anche di imponenti dimensioni, come la geomorfologia generale dell'area rivela. In tale contesto evolutivo si inserisce la grande frana per scivolamento planare, con
parziale componente rotazionale,
che il 15-16 ottobre 2000 ebbe a
manifestarsi occludendo la stretta incisione in cui scorre il rio e lasciando scoperta la vasta superficie strutturale illustrata in figura (b). Ulteriori, assai lievi, assestamenti del corpo frana si sono
manifestati nella primavera dell'anno 2001 e, con spostamenti
centimetrici, in quella del 2002.
20
b
e da manifestazioni di trasporto solido in massa (prevalentemente mud- e
debris flow). Il più vistoso di questi fenomeni ha interessato due stretti
tornanti stradali a valle di località Bausano (fig. 23) (Comune di Pont
Canavese); appena a monte della località Configlié si è manifestato un
ampio fenomeno di colamento superficiale (soil slip) che ha invaso la carreggiata, con distacco e mobilizzazione di materiale dell’ordine di diverse
decine di m3. Lungo tutto il settore a monte, si sono manifestati diversi
fenomeni di soil slip, ruscellamento concentrato e mobilizzazione di detrito; in particolare sono stati interessati i versanti e gli impluvi nelle località Stroba, Borgata Frailino, all’ingresso di valle del territorio comunale di
Ingria e in località Villanova al confine amministrativo di Ronco Canavese.
Le tracce dell’evento sono sfumate verso monte dove, al momento del
sopralluogo, erano riconoscibili tracce della modesta piena di piccoli rii in
località Arcando. Nel Vallone di Forzo, piccoli tributari in sinistra idrografica hanno momentaneamente invaso la carreggiata per insufficienza delle
opere di tombinatura. Si è inoltre verificata una parziale riattivazione della
frana di Piamprato (Comune di Valprato Soana), versante destro del Rio
Santanel (fig. 24), manifestatasi con l’evento dell’ottobre 2000, quando si
era verificato anche un processo torrentizio con ingente trasporto solido in
massa, riversatosi in zona abitata a valle del concentrico di Piamprato, in
prossimità dell’attuale percorso del T. Santanel (come già accaduto nel
settembre 1993). Una modesta accentuazione del distacco della coltre
detritica dal substrato roccioso (micascisti, cloritoscisti, scisti granatiferi
e rocce gneissiche), da considerarsi nell’ambito di una più vasta porzione
di territorio interessata da evidenze geostrutturali, sede di attivazioni più
o meno rilevanti di fenomeni d’instabilità di versante, come evidenziato da
una speditiva analisi fotogrammetrica delle riprese aeree del 1963-64,
1973, 1979-80 e 1988 (CNR-IRPI Torino), si è manifestata in corrispondenza delle masse già dislocate nel 2000 con l’apertura di fenditure di
estensione ridotta (pochi centimetri); nel complesso, il materiale già mobilizzato con l’evento dell’autunno 2000 non ha quindi subito rilevanti spostamenti. A seguito di abbondanti permeazioni di acque prodotte dal disgelo primaverile, a cui vanno sommate le precipitazioni del 2-5 maggio e
soprattutto quelle del 4-5 giugno 2002, si sono constatati nel corso del
sopralluogo condotto il 19 giugno 2002 ulteriori, lievi movimenti nel corpo
dell’ammasso detritico di frana sul versante destro del Rio Santanel, tra le
quote 1650 m e 1750 m s.l.m. circa, già prodottisi a seguito dell’evento
pluviometrico estremo del 14-15 ottobre 2000 (13).
Indizio di tale fenomeno è rappresentato da una fessura perimetrale pressoché continua, beante e di scala centimetrica, che crea discontinuità tra
il piede della parete rocciosa e la zona apicale dell’accumulo di frana, per
lo sviluppo di alcune decine di metri. Altro indizio del recente movimento,
a componente rotazionale, era costituito da alcune Conifere, radicate nel
corpo frana, il cui apice vegetativo, come già tutto il fusto, era in evidente
contropendenza.
Il substrato roccioso, costituito da discontinue bancate di vario spessore
di micascisti e gneiss, localmente granatiferi, in associazione, per contatto strutturale, con subordinate Ofioliti (serpentinoscisti, scisti cloriticosericitici e prasiniti) presenta un assetto abbastanza omogeneo; ciò
rispecchia uno stile tettonico che, a più vasta scala, caratterizza gran
parte della Valle Soana. All’esame di aerofotografie stereoscopiche sono
infatti assai evidenti lineazioni ad asse ENE-WSW che tagliano trasversalmente i due fianchi della valle principale.
In tale contesto lito-strutturale vanno inquadrate le condizioni predisponenti che già nel passato hanno prodotto imponenti fenomeni di collasso
(volumi dell’ordine di diverse centinaia di migliaia di metri cubi) non solo
in prossimità dell’asta del Santanel, capaci di generare rilevanti accumuli anche sul versante sinistro del Soana, tra la località Pratorotondo e poco
a monte del nucleo abitato di Piamprato.
La frana dell’ottobre 2000 non rappresenta che l’ultima, grande pulsazione di un inarrestabile processo evolutivo, condizionato dalla natura stessa dei piani di scistosità, a giacitura fortemente inclinata parallela al pendio, dall’elevata fratturazione locale dell’ammasso roccioso, intersecato da
una rete capillare di piani di frattura, di caratteristiche litotecniche da
mediocri a scadenti; condizioni tutte tra le più sfavorevoli per consentire
a breve termine il raggiungimento di una nuova fase di temporaneo equilibrio o quiescenza della massa di recente dislocata. Essa è valutabile
complessivamente in un volume di 150.000 m3, tenuto conto dell’intero
sviluppo alla base di circa 300 m e di un fronte di distacco tabulare con
rigetto visibile mediamente di una decina di metri.
La situazione di versante su descritta si trova ad interagire con una situazione di regime idraulico complesso, che già non era sfuggita agli
Estensori del progetto di bonifica del bacino montano del Torrente Orco,
oltre 40 anni fa (14).
Successivamente al collasso dell’ottobre 2000, che aveva creato un inevitabile scompenso nell’assetto idraulico del rio, creando una sopraelevazione d’alveo nell’angusto vallone e sospingendo in parte i deflussi verso
una preesistente incisione che raggiunge il piano appena a monte dell’abitato di Piamprato, è stato effettuato il parziale rimodellamento del
nucleo frontale della massa detritica, con rimozione di cospicui volumi di
materiali e realizzazione di un vallo con la funzione primaria di deflettere
ulteriori apporti di acque, e soprattutto di materiali, verso la base dell’incisione ove scorre il filone attivo del Rio Santanel.
Val Chiusella
Le uniche tracce dell’evento (ruscellamento concentrato, piccoli smottamenti) sono apparse localizzate su una fascia ristretta di versante nell’alta valle, in corrispondenza della località Fondo.
Alta Valle Elvo
Il settore di territorio osservato si sviluppa lungo la strada Occhieppo
Superiore-Muzzano fino al Comune di Netro (strada per Donato), attraver-
21
a
25. La S.S. 338 fra Zubiena ed Occhieppo Inferiore (BI) si sviluppa
per lunghi tratti a mezzacosta: a)
Le colate superficiali hanno interessato il versante a monte dei
muri di contenimento che mediamente sono alti 3-4 metri sul piano viabile; b) le frane hanno moblizzato volumi da diversi m³ ad
alcune decine di m³.
22
b
so
Graglia
e
la
Frazione Colla (che è
rimasta temporaneamente isolata). In particolare, il Torrente
Oremo è straripato
invadendo anche sedi
viarie; tracce della
piena
sono
state
osservate
lungo
i
campi prospicienti il
corso d’acqua e la
strada che da Occhieppo Inferiore prosegue fino all’area cimiteriale del
Comune di Biella. Nei Comuni di Occhieppo Superiore ed Inferiore si sono
manifestati franamenti sparsi a danno della viabilità, erosioni laterali ed
esondazioni (Rio Romioglio, diverse rogge e T. Elvo) con danni strutturali
(15). La S.S. 419 da Settimo Vittone (TO) a Mongrando (BI) è stata in più
punti interrotta da colate superficiali innescatesi pochi metri al di sopra
del taglio stradale. Sulla carreggiata si sono accumulati volumi misti di
terra, arbusti ed alberi compresi fra pochi metri e alcune decine di metri
cubi (fig. 25). Gli accumuli hanno parzialmente interrotto la transitabilità:
la strada è stata chiusa preventivamente al traffico dalle prime ore del
mattino del 6 giugno. In corrispondenza dei limiti amministrativi dei
Comuni di Camburzano e Mongrando si sono manifestati alcuni allagamenti, soprattutto lungo i torrenti Vobbia e Bargnetto. In prossimità del
Comune di Muzzano si è innescata una frana nel ciglio della strada provinciale; quest’ultima e diverse strade comunali, sono state interessate
più punti da piccole invasioni di materiale lapideo e vegetale e sono state
sedi preferenziali per il deflusso delle acque di dilavamento e meteoriche.
In Comune di Netro, alla Frazione Colla, il Rio Ara ha asportato un attraversamento (fig. 26), pertanto i collegamenti con questa località sono stati
tempestivamente ripristinati mediante una strada provvisoria. Movimenti
gravitativi più rilevanti si sono osservati in prossimità della località Le
Selve, in direzione del Comune di Donato; uno di questi ha parzialmente
a
b
c
d
e
f
26. Colla di Netro (BI), 5 giugno 2002: a) i terreni completamente saturi d'acqua non sono più in grado di smaltire le intense precipitazioni; b) l'impermealizzazione delle strade, durante violenti scrosci temporaleschi, in casi come quello illustrato può essere la causa del
convogliamento di notevoli quantità d'acqua; c) l'azione delle acque in piena del Rio Ara inizia a lesionare il ponte di Netro. Nonostante il pericolo incombente, alle ore 14:34, l'opera di attraversamento viene ancora utilizzata per raggiungere la sponda opposta; d) alle
14:37 il ponte crolla: il cedimento interessa inizialmente la parte centrale della struttura; e) il collasso in seguito si amplia progressivamente coinvolgendo le parti ancora intatte, provocando la rapida fuga dei presenti; f) alle ore 18 la struttura è quasi totalmente crollata (sequenza fotografica per gentile concessione del Sig. Gastaldi di Netro).
23
27. L'evento pluviometrico del 5-6 giugno
2002 ha determinato la maggior concentrazione di effetti nel medio bacino del T. Cervo,
presso Biella. In risposta alla forte intensità
degli scrosci, laddove sussisteva una pur minima coltre di materiali detritici sciolti facilmente saturabili, si è riproposta anche a scala di dettaglio la tipologia consueta di franamento superficiale di testata (nel caso illustrato lungo la stessa incisione di torrente),
con diretto fluimento a valle dei materiali lungo le vie di drenaggio.
investito un’abitazione. In prossimità di Graglia Santuario, la
strada che conduce alla Frazione Bagneri (Comune di Muzzano) è
stata interrotta a causa di numerose frane, causate anche dalla
piena del Torrente Janca. Diverse interruzioni si sono anche rilevate lungo il sentiero che conduce dalla Chiesa alla strada (sterrata) che collega i Santuari di Graglia e di Oropa (16), passando
superiormente alla summenzionata località Bagneri; si sono inoltre segnalati danni, a monte della suddetta strada, in località
Salvine. Procedendo lungo la strada principale, superato il
Santuario della Madonna Lauretana e gli stabilimenti dell’omonima acqua minerale, in direzione della Frazione Bossola del
Comune di Netro, si è segnalata, oltre a numerose frane e al
manto stradale fortemente danneggiato, anche la presenza di un
canale di erosione creatosi durante l’evento meteopluviometrico
qui descritto.
A Pollone si sono avuti numerosi disagi per l’allagamento di diverse strade conseguente alla rottura della rete fognaria; si è verificato, inoltre, un cedimento di un ponte sul rio Vandorba, nella
località omonima, e diversi fenomeni di erosione spondale per
azione del Torrente Oremo a Fabbricane e lungo la strada antica
per Chiavolino. In località Cassina-Ormoglio-Campile, in prossimità del rio Orgoglio, una frana ha provocato il danneggiamento
della linea elettrica.
Per l’apprensione suscitata dal «troppo pieno» alla diga sul T.
Ingagna, che ha portato allo sfioro sommitale, è stato disposto lo
sgombero cautelativo di alcune abitazioni in Comune di
Mongrando (testimonianza locale).
Valle Cervo
Nel settore vallivo medio-superiore si sono osservati numerosi
b
a
28. Il 5-6 giugno 2002 intense piogge si sono abbattute sul Biellese occidentale, colpendo in modo particolare la Valle del T. Cervo, versante sinistro, ove sorge la maggioranza degli abitati. Tra questi, la Frazione Valmosca di Campiglia Cervo (a), che è
stata investita da diversi fenomeni di muddy debris flow (b), innescati da molteplici
soil slip a carico della spessa coltre di terreni pedogenizzati e fittamente boscati, che
ricoprono il substrato di rocce cristalline intrusive.
a
fenomeni di frana superficiale (fig. 27) per lo più di ridotte dimensioni (da
qualche m3 a qualche decina di m3) che hanno compromesso ogni collegamento stradale. I fenomeni hanno avuto innesco quasi contemporaneo,
in tutta l’alta Valle Cervo, nel tardo pomeriggio-sera del 5 giugno. Tipici
soil slip (un centinaio di casi, i più evidenti) si sono manifestati prevalentemente a gruppi e hanno avuto innesco per lo più in aree sotto cresta, a
spese della coltre detritico-eluviale, spesso in sottobosco (Latifoglie e
Conifere). In una trentina di casi, i fenomeni si sono successivamente
incanalati in impluvi e/o solchi torrentizi di rango minore, generando flussi di fango e detriti dell’ordine di alcune centinaia e sino ad alcune
migliaia di m3. Particolare addensamento dei fenomeni, con elevata energia di impatto sulle rigide strutture dei fabbricati si è riscontrato nei
Comuni di Campiglia Cervo, in particolare per il trasporto in massa del
Rio Piaro, tributario sinistro del T. Cervo, nell’abitato di Valmosca (frazione di Campiglia Cervo) (fig. 28) e Quittengo (Capoluogo, Frazione Romani
e «Malpensà», Rialmosso e Tomati) (fig. 29), dove sono state complessivamente semidistrutte o gravemente lesionate una decina di case di abitazione (fig. 30). La strada per Campiglia Cervo, a causa di una frana, è stata
interrotta all’altezza di Rialmosso.
Nel Comune di Miagliano una colata superficiale ha abbattuto un muro
perimetrale di un cortile, distruggendo parzialmente un edificio. Il cimitero è stato gravemente lesionato: il Rio di Miagliano, tributario di destra del
Cervo, che scorre sul fianco settentrionale del cimitero, ha eroso al piede
la sponda destra provocando il crollo e l’asportazione di alcune cappelle
con relative tombe (fig. 31a). Poco più a valle, il Rio Stono, affluente di
b
29. Durante l'evento del 5-6 giugno 2002, in provincia di Biella,
la maggior concentrazione di fenomeni d'instabilità, nell'ambito
dei terreni arcosici e suoli pedogenizzati del «Plutone granitico»
della Valle del Cervo («Sienite della Balma») si è avuta nei territori
comunali di Campiglia Cervo (a)
e Quittengo (b).
25
a
b
c
d
30 a, b, c, d. Valle del Cervo (BI):
durante l'evento del 5-6 giugno
2002, masse di terriccio soprassature con detrito lapideo hanno
dato innesco a processi impulsivi
di trasporto solido lungo la rete
idrografica elementare e secondaria provocando danni diffusi
sia ad opere stradali, sia edili, come nei quattro esempi qui illustrati.
26
destra del Cervo, al confine con
il Comune di Tollegno, ha provocato il crollo di un ponticello
della larghezza di circa 3 m (fig.
31b).
Ad Andorno Micca le acque del
Torrente Cervo hanno invaso
due piani di un fabbricato mentre diversi fenomeni d’instabilità hanno
provocato ulteriori danni; un vecchio edificio è stato abbattuto in prossimità del ponte sul Cervo lungo la S.P. Andorno-Miagliano; presso il confine comunale con Sagliano un edificio industriale è stato invaso da fango;
nelle vicinanze di cascina Vercelloni sono state lesionate delle gabbionate
di contenimento.
A Rosazza le acque di un impluvio minore (Rio Grametto), intubato in un
a
b
manufatto di sezione ridotta in prossimità della strada comunale, sono
fuoriuscite ed hanno divelto la pavimentazione per circa 200 m. In località Pianelli vi è stato un crollo parziale (fronte di 3x3 m) di un manufatto
di sostegno, a monte di una strada pedonale posta di fronte al cimitero.
In località Driagno, a San Paolo Cervo, le acque di un rio laterale in destra
orografica del Torrente Cervo hanno asportato la passerella ed una porzione di strada vicinale. Presso la località Mazzuchetti, circa 200 m a
monte dell’abitato, si è sviluppato un fenomeno di scivolamento rotazionale che ha interessato circa 200 m3 di materiale. Fluidificandosi, esso ha
generato una colata che ha raggiunto la prima abitazione a ridosso del
versante. A Tollegno si sono segnalate numerosi fenomeni di movimento
gravitativo presso la frazione Case Code e nelle località Caramelletto,
Ciarli e Cascine Bianche (REGIONE PIEMONTE, 2002b).
Da segnalare inoltre, nell’adiacente Valle del T. Oropa, alcune interruzioni per fenomeni di colata rapida innescatisi presso il M. Becco lungo la
strada che dal Santuario conduce alla Galleria Rosazza. In corrispondenza del versante destro della valle del Cervo (cresta Alpone-Cima Cucco), in
prossimità dello spartiacque con la valle del Torrente Oropa si è osservata un’elevata densità areale di soil slip (3-5 per ettaro), talora incanalati
lungo incisioni del pendio (fig. 32). Lungo il versante destro, tra i Comuni
di Piedicavallo e
di Rosazza, si è
manifestato
un
fenomeno isolato
di debris flow che
ha
interessato
terreni di copertura (prevalentemente) e substrato roccioso nell’ambito del «Plutone granitico»; in
prossimità dell’asta principale esso ha costituito
un lobo di arresto
lungo il suo pseu-
31. Biellese, giugno 2002: a) Miagliano: il rio omonimo ha eroso il
versante occidentale del muro di
cinta del cimitero, provocando il
suo crollo e quello di alcune cappelle tombali; b) il Rio Stono, al
confine con il Comune di Tollegno,
ha provocato una piccola voragine, in corrispondenza di un ponticello di servizio per alcune
aziende
32. Le intense piogge del 5-6 giugno 2002 in alcune località del
Biellese occidentale hanno dato
luogo, localmente, a frane per elevata fluidificazione di suolo, in
gran parte riconducibili alla tipica tipologia di soil slip. Il caso
partiolare illustrato (versante sinistro del T. Oropa, zona di testata) si riferisce a un'imponente
frana sperficiale a carico di terreni sciolti di copertura (suoli a
moderata pedogenesi) e di porzioni subaffioranti di substrato
roccioso (gneiss) a intensa fratturazione. Il fenomeno si è prodotto a poca distanza dalla stazione
meteorologica ubicata al Santuario di Oropa, ove si è registrato un
valore complessivo di 280 mm di
pioggia, poco meno della metà in
sole tre ore.
27
33. L'abitato di Chiavazza (Biella), posto allo sbocco del T. Cervo
nella pianura, occupa in parte gli
spazi pertinenti agli alvei di due
piccoli bacini collinari, e per tal
motivo acque di rigurgito per insufficiente capienza degli intubamenti sotterranei hanno invaso il
centro abitato, che a due giorni
dalle piogge violente del 5-6 giugno 2002 ancora presenta plaghe
di allagamento con deposito di limo dilavato dai versanti. Il fenomeno presenta una certa ricorrenza in caso di intensi rovesci
piovosi.
28
doconoide.
Numerosi fenomeni menzionati hanno avuto luogo per
«scollamento» della copertura eluvio-colluviale in prossimità delle incisioni torrentizie e/o degli impluvi. Allo
sbocco della Val Cervo, sul versante sinistro, «il giorno
5... il Rio Arico e il Rio Baraggia, che scendono dalla
Bertamelina verso Chiavazza (fig. 33), hanno causato
danni ingenti con ondate di fango e detriti...» (Il Biellese,
5 luglio 2002). L’evento si è ripetuto l’anno successivo
con nuovo allagamento dell’abitato.
All’interno della città di Biella, ove il T. Cervo scorre
sovente completamente incanalato fra argini spesso
costituiti da muri perimetrali di case e fabbriche (alcune
delle quali non più utilizzate), il pomeriggio del 5 giugno
le acque di piena hanno raggiunto una notevole portata
(la massima nell’ultimo secolo secondo BLANCHET & al.,
2005): le massime altezze sono state raggiunte verso le ore 19. I numerosi testimoni intervistati non ricordavano una piena paragonabile alla presente, anche se le osservazioni effettuate dal personale del CNR-IRPI di
Torino il 22 e il 26 settembre 1981 confermano che allora la piena del
Cervo fu maggiore in termini di altezza raggiunta. Il Ponte delle Signore,
realizzato ai primi dell’800 per mettere in comunicazione gli edifici del
Lanificio Pria, è stato travolto dalle acque tumultuose. Più a valle, presso
il ponte della Maddalena, l’alveo del T. Cervo che si divide in due rami
(quello di sinistra, più approfondito, da considerarsi il ramo ordinario, e
quello di destra, parzialmente limitato da una soglia rocciosa, che viene
rioccupato solamente in caso di eventi straordinari), è stato totalmente
invaso dalle acque di piena. Presso l’arcata destra sono state rilevate
altezze pari a circa 4 m sul fondo alveo, con profonde erosioni della sponda naturale (fig. 34a). Poco a monte del suddetto ponte, i vecchi edifici
industriali fiancheggianti l’alveo senza soluzione di continuità, sono stati
invasi dalle acque: lo spigolo di un edificio in destra è stato asportato (fig.
34b). Il Cervo ha eroso le sponde in più punti, provocando anche il collasso di alcuni muri d’argine in cemento armato. Numerose aree cittadine
sono state invase dalle acque del T. Oropa, Rio Sacchetto (nel quartiere
Chiavazza), rogge, canali, talora acque scorrenti sulle sedi stradali ed
acque di fogna, che si sono riversate all’interno di cortili, garages, cantine
e anche piani interrati, provocando gravi danni in particolare ai privati.
Numerosi automobilisti sono rimasti temporaneamente imprigionati nelle
loro autovetture intrappolate fra le zone invase dalle acque fangose.
Alcuni rioni di Biella (Pavignano, Vaglio, una parte di Chiavazza e Ronco)
sono rimaste senz’acqua a causa della rottura di una presa dell’acquedotto a Sagliano Micca (BLANCHET & al., 2005).
La valutazione della portata di massima piena effettuata con metodo indiretto lungo il T. Cervo a Tollegno (Biella) (20) è risultata pari a 499 m3/s,
equivalente ad un contributo unitario di 5,65 m3/s km2 (GODONE, 2002b).
Gli effetti della piena dei corsi d’acqua maggiori si sono protratti anche a
valle, come per il T. Cervo, in corrispondenza degli attraversamenti nei territori comunali di Castelletto Cervo (fig. 34c) e Buronzo, per il T. Viona in
Comune di Mongrando (fig. 34d), dove è stato necessario interrompere, in
via precauzionale, il transito in corrispondenza dell’attraversamento al
Lago Pistono, e il T. Olobbia, presso l’abitato di Cerrione.
Nell’alta Valle del Cervo sono noti, a partire dall’evento del 26 settembre
1666, non meno di 22 casi, talora assai gravi, di piena torrentizia e frana.
La ricorrenza media, nel lungo arco di tempo, risulterebbe di circa 15
a
b
c
d
anni.
Al di là delle caratteristiche di straordinarietà dell’evento pluviometrico
(con valori localmente paragonabili a quello precedente del 2-4 novembre
1968 che aveva colpito con effetti catastrofici le aree del Biellese orientale, questa volta risparmiate), ancora una volta è da constatare l’incidenza
negativa di fattori antropogenici sulle condizioni d’innesco, evoluzione
dinamica e dimensioni di alcuni fenomeni di colata di fango e detriti
osservati. Ci si riferisce in particolare a 1) terrazzamenti, 2) materiali di
riporto costituenti i giardini di abitazioni, sbancamenti stradali, ecc., 3)
mobilizzazione di materiale lungo i versanti per la messa in opera di pilastri di sostegno dei cavi dell’alta tensione o impianti connessi a sport
invernali, 4) depositi di «smarino» (nell’area sono state attive per decenni
numerose cave di pietra da costruzione), 5) opere di sovrapasso, canalizzazione e intubamento sicuramente inadeguate anche per semplici
deflussi liquidi di piena, 6) vaste plaghe boschive in totale abbandono: in
tutte le situazioni osservate, alla pari di quanto regolarmente constatato
negli ultimi decenni a seguito di eventi estremi in altre località alpine, il
carico vegetale (arbusti e soprattutto essenze ad alto fusto) costituisce
una componente percentualmente rilevante del carico solido totale.
34. Biella: a) alveo del Torrente
Cervo al Ponte della Maddalena:
profonde erosioni hanno intaccato le sponde naturali; b) immediatamente a monte del ponte le
acque hanno lesionato gravemente un edificio in destra idrografica; c) Comune di Castelletto
Cervo: ampie zone prospicienti
l'alveo del T. Cervo, alcuni giorni
dopo l'inondazione, risultavano
ancora parzialmente allagate e
caratterizzate dalla presenza di
rilevanti depositi di materiale fine; d) Comune di Mongrando: profonde erosioni spondali sono visibili nell'alveo del T. Viona.
35. Elevata concentrazione di soil
slip lungo il versante sinistro del
Rio Dolca, tributario sinistro del
Torrente Sessera (BI).
Valle Sessera
E’ stato preminentemente interessato un
particolare settore di testata, compreso
tra la Bocchetta di Sessera ed il Passo
della Boscarola, dove si sono osservate
diverse decine di fenomeni di franamento superficiale e flusso detritico per lo
più innescati nella coltre di alterazione
eluvio-colluviale che riveste il substrato
roccioso (prevalenti gabbrodioriti e
gneiss minuti). In particolare concentrazione, soil slip si sono manifestati lungo
il versante sinistro del Rio Dolca (fig. 35),
visibili anche dalla «Panoramica Zegna»
29
a
c
b
d
36. T. Caramala (Camandona, provincia di Biella): conseguentemente alla colata detritica del
5-6 giugno 2002, per cui sono sovrascorsi materiali di grossa taglia (a) sul precedente fondo alveo, l'intero deposito è stato reinciso sino a livello degli gneiss costituenti il substrato roccioso,
a giacitura conforme ai piani di scistosità, inclinati verso valle, e quindi favorevole a un dirompente effetto di scavo e trasporto, verosimilmente consumatosi nel giro di poche decine di minuti (b). Prova della rapidità del fenomeno è anche fornita da un temporaneo colmamento d'alveo, con trasporto violento di massi di gran mole che hanno prodotto vistose sbrecciature nella
traversa in cls del ponte, lungo la pista forestale di servizio che allaccia il Biellese alla Val Sesia, il sormonto dell'impalcato del medesimo ed il deposito dei materiali sul piano viabile e su
tratti di strada adiacente (c,d).
(S.S. 232), in località Bocchetta di Margosio presso Trivero. Una decina di
colate di fango e detriti, nell’area di impluvio di alcuni tributari, ha generato imponenti fenomeni di trasporto torrentizio in massa (alcune migliaia
di metri cubi mobilizzati). Uno dei fenomeni più rilevanti (17) tra quelli
osservati è stato il trasporto in massa lungo il T. Caramala, corso d’acqua
già noto in passato per l’attitudine alla produzione di apporti solidi.
Malgrado la ridotta dimensione del bacino (4,3 km2), l’elevata energia del
processo (fig. 36a, b) ha fatto sì che blocchi di grande taglia dapprima
urtassero violentemente la travata del ponte in c.a. che attraversa il torrente, e quindi ne sormontassero l’impalcato (fig. 36c, d) con deposito di
diversi massi sul medesimo, posto a oltre 9 metri d’altezza sul fondo del
30
canale di deflusso ordinario (18). A valle
della confluenza in Sessera, e di quella
successiva del T. Dolca, lungo l’asta principale si sono generate rilevanti pulsazioni
di piena: nell’abitato della Frazione
Masseranga di Portula, a circa 20 km di
distanza, il livello della piena ha superato
quello già notevole del 2-3 novembre 1968
creando apprensioni per la sicurezza di
aree urbanizzate, ma senza danni di rilievo. In tale tratto del T. Sessera la valutazione indiretta della portata di massima
piena ottenuto dall’analisi di tre sezioni
realizzate è risultata pari a 550 m3/s
(GODONE, 2002a) (19). La piena ha provocato il crollo e l’asportazione di un
parcheggio; a monte della località Piancone, sono state asportate alcune
opere idrauliche della centrale idroelettrica ed il ponte è stato sormontato
completamente dalle acque.
Alla prima onda di piena, avvenuta intorno alle ore 16:30, ne ha fatto
seguito una maggiore verso le ore 19:30, cioè almeno un’ora dopo che si
era manifestata la generale insorgenza dei fenomeni di versante nelle aree
epicentrali dell’evento. A esaltare localmente la forza d’urto della piena del
T. Sessera nell’abitato è stata verosimilmente la difesa in cls. di recente
realizzazione, che, nel restringere la sezione naturale di deflusso (fig. 37),
ha obbligato il filone della corrente di piena a deviare seguendo una brusca variazione di direzione, con effetti di riflusso.
Nel tronco a valle la piena è stata ben recepita e laminata lungo l’alveo; va
tenuto conto altresì che le precipitazioni «efficaci» si sono esclusivamente
concentrate in prossimità degli spartiacque con le valli Cervo e Sesia.
Alta Val Sesia
I comuni di Pila, Scopello (fig. 38), Scopa sono stati solo marginalmente
interessati dall’evento con sporadici fenomeni di soil slip e trasporto detritico in massa. Il fenomeno più rilevante (con l’apporto di varie centinaia di
metri cubi di detrito) si è manifestato nel pomeriggio del 5 giugno (intorno
alle ore 15:30; Il Giornale del Piemonte, 6 giugno 2002) in frazione Muro di
Scopa, in Alta Val Sesia, dove il Rio Riale
(Comba la Valle) (fig. 39) è fuoruscito in
apice di conoide sul lato destro, poche
decine di metri a valle di un’opera di difesa, risalente alla seconda metà del 1800,
messa in opera per impedire la riattivazione di un canale di disalveamento verosimilmente apertosi all’epoca. Il materiale
detritico dopo essersi riversato lungo il
conoide di deiezione su cui è posta parte
dell’abitato di Muro, attraverso una strada
secondaria ha poi raggiunto e interrotto
anche la S.S. 299 per Alagna Valsesia.
37. T. Sessera in frazione Masseranga di Portula, pochi giorni dopo la forte piena del 5-6 giugno
2002 innescata da piogge intense, concentrate soprattutto alla
testata sinistra del bacino. Il muro in cls in primo piano, impropriamente angolato anziché conforme all'andamento della curva
esterna della corrente e di altezza non sufficiente, è stato sormontato e le acque hanno eroso il
soprastante rilevato, destinato
ad area di posteggio.
38. Panoramica di un tratto di
fondovalle del Sesia (in primo piano, in sponda sinistra, l'abitato di
Scopello), in cui è chiaramente visibile il materasso mobile dei sedimenti di fondo, in cui il fiume ha
ripreso a divagare dopo la piena
pressoché ordinaria connessa all'evento pluviometrico del 5-6
giugno, che sui versanti di quella
località ha prodotto sporadici fenomeni di soil slip e debris flow.
Valle d’Aosta
Nell’area interessata dall’evento del 5 giugno, rientra in misura lieve la bassa Valle
d’Aosta. Al pluviografo di Salirod (St.
Vincent), su una pioggia complessiva di 89
31
39. Alveo del Rio Riale (Comba la
Valle), tributario sinistro del Fiume Sesia in località Muro (Comune di Scopa, provincia di Vercelli), vistosamente dilatato e totalmente ingombro di detrito a grossa pezzatura, mobilizzato in
massa per la piena del giugno
2002 che ha prodotto fuoriuscita
in sponda destra e deposito di
materiale progressivamente più
fine in prossimità di una sottostante area di recente edificazione e con invasione della S.S. per
Alagna. Anche nel secolo XIX tale corso d'acqua ebbe a disalveare, sempre in destra idrografica,
in apice di conoide e per tal motivo fu realizzato un robusto argine in pietrame e malta (da cui il
toponimo «Muro» della località,
fors'anche derivata da Mur(e),
termine tedesco utilizzato per indicare una colata detritica torrentizia: è infatti radicata in Valsesia la parlata walser di derivazione germanica).
40. (in alto a destra) Valle della
Dora Baltea, versante sinistro in
Comune di Saint Vincent. Colata
detritica innescata dall'evento
del 5 giugno 2002, lungo il vallone Roteuss, il cui bacino, inciso in
una ripida parete di rocce gneissiche (in secondo piano), è ricorrentemente soggetto a violenti fenomeni d'instabilità (crolli, valanghe, piene improvvise con trasporto di detriti).
32
mm tra le ore 1 e le 24, si rileva un primo scroscio significativo (10 mm tra le 14 e le 15)
con successivo incremento (15
mm tra le 15 e le 16). Ulteriore
apporto di relativa intensità (11
mm) si registra tra le 20 e le 21. Secondo testimonianze raccolte in zona,
soltanto intorno alle 2:00 di notte, lungo i due principali canaloni discendenti l’uno dal M. Zerbion (Roteuss) (fig. 40), l’altro dal M. Jetire (Grand
Valley), in parte incisi in marmi, basalti colonnari, gneiss e micascisti, si
sarebbero prodotte colate detritiche di modesta magnitudo, esauritesi in
un periodo di circa 30 minuti. I materiali si sono accumulati lungo le incisioni stesse e nella zona di confluenza presso la località Perriére, senza
raggiungere il fondovalle.
E’ stata interessata dall’evento anche la Valle di Champorcher (fig. 41). Nel
tratto stradale Hône-Pont Bozet, presso la frazione Valeille, il T. de Maison
Blanche, tributario di sinistra del T. Ayasse, ha provocato l’interruzione
della strada principale a causa di una colata detritico-torrentizia. La
massa solido-liquida, dopo aver ostruito la piccola luce del sottopasso, ha
sormontato la strada e divelto il guardrail in lamiera d’acciaio, proseguendo poi la sua discesa nell’impluvio. A poca distanza in linea d’aria,
nel territorio comunale di Arnad, presso la frazione di Echallod Inferiore,
si è manifestata un’altra colata detritica lungo l’asta del T. Fay, affluente
di destra della Dora Baltea. La miscela solido-liquida, circa una cinquantina di metri a monte della confluenza, ha sormontato un piccolo ponte di
una strada secondaria (fig. 42a), espandendo il proprio materiale detritico
su un tratto di alcune decine di metri. Risalendo l’alveo del rio si sono
potuti rilevare diversi effetti del passaggio della colata, quali la deposizione di materiale litoide, l’asportazione delle cortecce degli alberi ubicati
sulle sponde (fig. 42b), il piegamento dell’erba nelle zone distali. A circa
300 m a monte della confluenza nella Dora Baltea è presente un notevole
salto in roccia (fig. 42c): al piede di tale salto la massa fluente ha depositato un significativo volume detritico sulla sponda sinistra.
La terza colata detritico-torrentizia osservata si è manifestata in Val di
Rhêmes, nel comune di Rhêmes St. Georges (1234 m). La miscela
solido-liquida è traslata lungo l’alveo di un torrente tributario destro
del T. Dora di Rhêmes (fig. 43a), in località Bois du Ronc, approfondendo l’alveo ed erodendo le sponde naturali (fig. 43b). Il materiale
detritico ha colmato la ridotta luce del ponte (fig. 43c) e ha sormontato la carrozzabile, interrompendo la viabilità; un centinaio di metri
più a monte ha divelto e traslato di alcuni metri un pontile in acciaio
(fig. 43d). In base alle testimonianze del personale addetto alle macchine movimento terra, il fenomeno pare essersi verificato nelle
prime ore del 5 giugno. Risalendo l’alveo del torrente sono state
osservate la classiche tracce lasciate dai debris flow (fig. 44a): vale la
pena di segnalare il ritrovamento di un cospicuo tronco subfossile
(25 cm di diametro), riesumato dalla colata detritica per la lunghezza di circa 80 cm (fig. 44b).
a
41. Valle di Champorcher (Aosta),
settore destro. Per le piogge del 56 giugno 2002, fenomeno isolato
di soil slip/debris flow a carico
della sottile coltre superficiale,
ove numerose Conifere in essa radicate sono state spazzate via
non avendo trovato sufficiente
ancoraggio nel substrato di
gneiss subaffiorante.
b
c
42. Val d'Aosta, Comune di Arnad: a) tratto terminale del T. Fay presso la confluenza
nella Dora Baltea. Le ruspe hanno rapidamente rimosso il materiale detritico che aveva
intasato e sormontato il ponticello; b) particolare di tronco di betulla «scortecciato» dal
passaggio dalla miscela solido-liquida; c) ripido gradino morfologico in roccia del T. Fay,
a poche centinaia di metri dalla confluenza nella Dora Baltea, che testimonia la notevole pendenza dell'alveo.
33
a
b
c
d
43. Val di Rhêmes: tributario di destra nel Comune di Rhêmes-St-Georges a, b) due settori del tratto mediano del torrente, visti verso valle, nei
quali è evidente la forza erosiva della «coda» della colata detritica capace di reincidere profondamente il materiale deposto, riesumando il substrato roccioso; c) tratto terminale del torrente, immediatamente a monte
della strada che risale la Val di Rhêmes: le ruspe stanno rimuovendo il
materiale detritico che ha ostruito la ridotta sezione di deflusso; d) una
pesante grata in acciaio, costituente l'impalcato dell'attraversamento ed
ubicata un centinaio di metri a monte della strada di fondovalle, è stata
traslata di alcuni metri al violento passaggio della colata.
Nel Comune di Borgofranco d’Ivrea (Provincia di Torino) si sono manifestate alcune esondazioni ad opera di corsi d’acqua minori. Il Rio Riale
dopo aver invaso alcune vie del Capoluogo ha apportato materiale detritico anche grossolano lungo la strada provinciale Biò-Nomaglio con conseguente interruzione della stessa; situazione analoga si è proposta per il
Rio dei Mulini con allagamento anche di alcuni edifici e della strada provinciale per Nomaglio. In località Paratore lo stesso torrente ha danneggiato parte della viabilità secondaria e alcuni attraversamenti; le briglie
edificate lungo il corso d’acqua, dopo l’evento alluvionale del novembre
1994, sono quasi completamente colme di detriti apportati dalla piena
(REGIONE PIEMONTE, 2002b).
34
a
b
A monte del concentrico di Tavagnasco si sono innescate alcune frane
superficiali sul versante destro della Dora Baltea (fig. 45).
21 GIUGNO
Nelle prime ore della mattina del 21 giugno precipitazioni temporalesche
(21) hanno interessato l’alta Valle di Susa (Piemonte). Nel Rio Gautier,
maggiore tributario del T. Frejus nel Comune di Bardonecchia, si è prodotto un muddy-debris flow che si è propagato a valle esaurendosi nell’asta torrentizia principale. Nel bacino della Dora di
Vallestretta due debris flow (con magnitudo dell’ordine di
diverse centinaia di m3) prodotti da altrettanti tributari
anonimi discendenti dalla Guglia Rossa (m 2548) hanno
interrotto per alcune ore il transito sulla strada di accesso
alla Vallestretta.
23 GIUGNO
Al termine di un periodo di alta pressione durato 10 giorni
e caratterizzato da temperature eccezionalmente elevate, la
sera del 23 giugno l’arco alpino è stato raggiunto da una
perturbazione di origine atlantica associata a temporali violenti e localizzati. Le precipitazioni più cospicue si sono
concentrate sui rilievi al confine italo-francese, estendendosi fino alle adiacenti vallate del Massiccio del Gran
Paradiso, con isoterma zero attestata a quote superiori ai
3000 m s.l.m. L’evento pluviometrico ha coinvolto in successione dapprima il bacino della Dora di Vallestretta e
successivamente la Val di Cogne, quindi la Valsavarenche,
ed infine la Val di Rhêmes.
Nel bacino della Dora di Vallestretta si sono prodotte alcuni
debris flow sul versante sinistro: quella di maggiori dimensioni, innescatasi in un impluvio sottostante la Torre Germana
(2197 m), si è esaurita sul fondovalle (fig. 46 a, b, c, d).
Nelle vallate aostane coinvolte l’evento piovoso è stato registrato solamente da tre pluviografi, ubicati rispettivamente
a Eaux Rousses (Valsavarenche), Rhêmes Notre Dame (Val
di Rhêmes), Champorcher (Valle di Champorcher) (LUINO &
al., 2003). Quest’ultimo strumento ha misurato 2.4 mm in
17 minuti, tra le 18:30 e le 18:47, mentre gli altri due strumenti hanno misurato una precipitazione di 11 mm, rispettivamente tra le 19:00 e le 19:40 a Eaux Rousses e tra le
44. Val di Rhemes: (a) sezione mediana del torrente. L'accumulo lapideo costituente il cordone di sinistra ha una chiara struttura
embriciata; b) l'azione erosiva
della colata ha approfondito il
fondo del torrente riesumando un
tronco subfossile in sponda destra, contro il quale si sono addossati alcuni blocchi di roccia.
45. Le piogge intense del 5-6 giugno 2002 hanno marginalmente interessato, senza gravi conseguenze, anche settori della bassa Valle d'Aosta. Alcune frane superficiali si sono innescate, nell'ambito della copertura detritica glaciale, sul versante destro della valle, come nel caso qui illustrato, a monte del concentrico di
Tavagnasco (foto Comune di Tavagnasco).
35
a
b
c
d
46. Sequenza di immagini relative all'avanzamento di una colata detritica prodottasi il 23 giugno 2002 lungo il versante sinistro della
Valle Stretta (Torre Germana, 2197 m s.l.m.; Bardonecchia, Torino), dopo circa 45 minuti dall'inizio di un temporale di elevata intensità (intorno alle ore 16:00, ora legale), associato ad episodi di grandine. Il propagarsi del detrito calcareo-dolomitico è avvenuto in modo dapprima lento (a), poi sempre più rapido (b, c), anche per acquisto di progressiva energia di trasporto, connessa all'elevata pendenza, in grado di traslare blocchi plurimetrici fino al fondovalle. Il materiale è sovrascorso, con «fronti d'onda» dell'ordine del metro di
altezza e scarsa componente fluida, su depositi di precedenti pulsazioni di colata detritica, in parte rimaneggiandoli (d), e conferendo
alla morfologia finale del corpo depositato una superficie simile a «onde congelate», rappresentate da alternanze ripetute di depressioni e cordoli in rilievo, disposti in senso trasversale alla direzione di deflusso. Parte della massa detritica transitata ha travolto anche
vegetazione arbustiva e arborea (prevalentemente Pinus uncinata Miller) esistente alla base del cono detritico. L'azione di rielaborazione dei depositi sottostanti è risultata evidente anche ai testimoni oculari attraverso l'accentuata erosione (mediamente dell'ordine
dei 10-15 metri) prodottasi in apice del corpo deposizionale esistente alla base della parete rocciosa compresa tra Punta Gasparre (2411
m) e Punta Quattro Sorelle (2698 m). L'acqua meteorica (e, verosimilmente, quella di fusione di masse nevose preesistenti all'evento) si
è in gran parte infiltrata nel corpo del detrito grossolano ad elevata permeabilità, per poi essere restituita emergendo in corrispondenza di variazioni anche sensibili del profilo di pendenza della zona di transito, e innescando processi secondari di colata detritica a danno dei depositi stessi (un'evidenza geomorfologica di attivazione appare coincidente con detrito più chiaro, in destra foto, con geometria a «goccia» in primo piano) (fotografia per gentile concessione del Sig. Luca Calzone, Novara).
19:10 e le 19:35 a Rhêmes-Notre-Dame (dati gentilmente forniti dal
Servizio Cartografia ed Assetto Idrogeologico della Regione Valle d’Aosta).
Tuttavia, mentre al pluviografo di Rhêmes-Notre-Dame l’intensità di pioggia si è mantenuta sostanzialmente uniforme, a Eaux Rousses ben 7 mm
sono stati registrati nei primi 7 minuti del rovescio. Peraltro, poiché la stazione di Eaux Rousses è ubicata circa 3 km a monte dell’areale dove si è
concentrata la maggioranza dei fenomeni d’instabilità correlati all’evento
meteorologico, è ragionevole supporre che al nucleo più intenso del tem-
36
porale fossero associate quantità di precipitazione ancora superiori. A
riprova dell’estrema concentrazione areale dell’evento piovoso, si segnala
che la stazione di Pont (4,3 km a monte di Eaux Rousses) non ha registrato alcuna precipitazione.
UN CASO DI STUDIO: LA VALSAVARENCHE
(a cura di Luino F., Chiarle M., Audisio C.)
E’ ormai risaputo che i piccoli bacini alpini con superficie di pochi chilometri quadrati rappresentano una notevole fonte di pericolo durante eventi idrologici estremi. Il tempo di risposta del corso d’acqua alle precipitazioni, nella maggioranza dei casi, è funzione delle dimensioni del bacino
stesso (LUINO, 2005). Le frane che s’innescano in questi bacini, in particolare frane per saturazione e fluidificazione della coltre superficiale, possono evolvere in colate rapide in condizioni morfologiche particolari, contribuendo in
maniera sostanziale all’aumento del
materiale solido trasportato dai torrenti
verso il fondovalle.
Durante l’evento del 23 giugno 2002
(LUINO & al., 2003), fenomeni simili si
sono innescati nella porzione mediana
della Valsavarenche (fig. 47), dove, su di
un areale di circa 50 km2, entrambi i
fianchi vallivi sono stati segnati dagli
intensi processi erosivi innescati dalla
pioggia lungo il reticolato idrografico
minore o in corrispondenza di semplici
concavità del versante. Gli effetti del
nubifragio si sono manifestati, secondo
le testimonianze raccolte, intorno alle
19:30. Nel tratto di valle compreso tra
Eaux Rousses (1700 m s.l.m.) e Bois-deClin (1410 m s.l.m.) la gran parte dei tributari del T. Savara hanno subito un’attivazione più o meno accentuata, causando fenomeni di alluvionamento o erosione di coltivi e ben 14 interruzioni della
strada principale di fondovalle (S.R. 23)
lungo un tratto di circa 7 km. All’interno
di questo già circoscritto areale è stato
possibile riconoscere un particolare
addensamento di fenomeni nel tratto di
fondovalle compreso tra il ponte denominato Pont-de-Loup e l’abitato di
Valsavarenche, dove si sono verificate, su una distanza di appena 1 km,
ben 6 delle 14 interruzioni stradali avvenute (fig. 48).
Il nubifragio si è verificato in un momento particolarmente delicato per la
rete viaria locale: infatti, trattandosi di una domenica sera più di 500 turisti sono rimasti bloccati nella parte alta della vallata, mentre 3 autovetture sono state intrappolate tra interruzioni stradali successive, fortunatamente senza conseguenze per l’incolumità dei passeggeri. I turisti hanno
dovuto attendere 2 giorni i lavori di ripristino della rete viaria prima di
poter ridiscendere a valle.
47. Ubicazione dei bacini e degli
impluvi valdostani interessati da
attività torrentizia parossistica
nel corso dell'evento del 23 giugno 2002.
37
a
48. Valsavarenche: a) veduta aerea della confluenza Fouy-Savara. Il debris flow che si è manifestato lungo l'asta del T. Fouy è
stato uno dei fenomeni più importanti che si svilupparono per
effetto del nubifragio, sia per le
dimensioni dell'evento, sia per le
conseguenze sulla rete viaria regionale. Il flusso detritico, infatti,
fuoriuscendo dal canale ordinario, è andato a confluire nel Torrente Savara in corrispondenza
del Pont-du-Loup, che è stato trascinato 30 m più a valle per effetto della spinta esercitata dalla
colata (freccia); b) particolare, ripreso dalla strada, della grave interruzione causata dall'asportazione del ponte sul Savara.
b
Nel tratto in esame la Valsavarenche presenta caratteri geomorfologici
comuni a molte vallate alpine secondarie, con un fondovalle stretto tra
ripidi versanti rocciosi che si raccordano all’asse vallivo principale
mediante una falda detritica ben sviluppata o ripidi coni detritico-alluvionali.
I processi che hanno interessato la rete idrografica minore della
Valsavarenche hanno mostrato intensità e caratteristiche differenti a
seconda della morfologia e della litologia dei bacini coinvolti. La maggior
parte dei flussi detritici (14 dei 22 fenomeni avvenuti) si è sviluppata in
impluvi con superficie inferiore a 0,4 km2 o lungo semplici concavità del
versante e vi hanno fatto seguito modesti effetti deposizionali sul fondovalle, a testimoniare una significativa prevalenza della fase liquida su
quella solida. Il carico solido è stato alimentato dal materiale detritico presente lungo il canale di deflusso e dalla falda detritica che raccorda i versanti rocciosi al fondovalle. Queste fenomenologie si sono manifestate con
particolare intensità sul versante destro vallivo immediatamente a monte
di Degioz e poco a valle dell’abitato di Valsavarenche (fig. 49).
In alcuni casi, invece, i deflussi hanno mantenuto una componente solida
significativa, talora caratterizzata da granulometrie elevate (con massi di
a
49. Lungo la vallata, soprattutto
sul versante destro idrografico,
alcune colate di acqua e detrito
originatesi lungo incisioni di versante normalmente percorse dalle acque meteoriche, hanno intercettato la strada di fondovalle e
anche quelle a mezzacosta (immagini aeree per gentile concessione dell'Assessorato Territorio,
Ambiente e Opere Pubbliche della Regione Valle d'Aosta): a) poco
a valle dell'abitato di Valsavaranche, b) presso la frazione Les
Thoules.
38
b
a
b
c
d
volume fino a 5
m³). Processi di
questa natura si
sono sviluppati in
bacini idrografici
piccoli, ma ben
definiti, con aree
comprese tra 1,3
e 1,8 km2 e pendenza media del
canale tra 28° e
35°: i torrenti
coinvolti
sono
stati il Maisoncle,
il Fouy, il Bioula
e lo Chaud. In tre
casi
(torrenti
Fouy, Bioula e Chaud) sono state osservate forme erosionali e deposizionali caratteristiche di fenomeni di colata detritica torrentizia (marcata
sovraincisione del canale di deflusso, lobi e cordoni detritici, scorteccia-
e
50. Valsavarenche: a) profonda
erosione nell'alveo del T. Fouy determinata dal passaggio della colata detritica; b) sponda sinistra
del T. Chaud: lo scortecciamento
dei tronchi degli alberi disposti
lungo la direzione di transito del
flusso risulta essere una delle
tracce più evidenti lasciate dal
passaggio della colata detritica;
c) lobo detritico a grossi blocchi
abbandonato dalla colata sviluppatasi lungo il T. Chaud; d) canale
approfondito del T. Maisoncle, a
monte della strada di fondovalle,
con evidenziata la presunta altezza (5,60 m) del fronte della colata detritica sul fondo alveo; e)
deposito di spessore decimetrico,
a prevalente frazione fine, associato al flusso che ha percorso il
T. Maisoncle.
39
a
b
c
51. T. Maisoncle: a) il flusso detritico si è diviso in due rami in
corrispondenza dell'attraversamento della strada regionale, dove è stato distrutto il ponte (asterisco). Il cerchio giallo indica l'accumulo ritratto in Fig. 50e; lungo
i fondivalle alpini secondari, molto sovente l'attraversamento delle acque provenienti dai versanti
è regolato da tubi di diametro modesto che sottopassano la rete
viaria. E' il caso del T. Chaud (b),
il cui sottopasso non è stato in
grado di smaltire non tanto i deflussi liquidi quanto quelli solidi.
Il giorno seguente l'evento, una
pala meccanica deve ripulire la
strada regionale dai detriti trasportati dalla colata e risagomare l'alveo del torrente; c) analoga
situazione per l'attraversamento
della strada principale da parte
del T. Maisoncle
40
mento della vegetazione investita dal flusso) (fig. 50). Nel caso del T. Maisoncle,
invece, i caratteri morfologici e granulometrici dell’accumulo detritico hanno portato ad interpretare il fenomeno come
flusso iperconcentrato (fig. 51a).
A causa dell’elevata pendenza dei versanti e dei coni detritici che raccordano i tributari al fondovalle principale, i tributari
e le incisioni del versante tendenzialmente conferiscono direttamente all’alveo del
Savara i flussi solido-liquidi che li percorrono, salvo interferire con infrastrutture
localizzate lungo la direttrice di deflusso.
Data l’angustia del fondovalle, questa tendenza ha comportato due tipi di conseguenze:
- I flussi di colata caratterizzati da maggiore carico solido sono andati ad
interferire con il regolare deflusso delle acque del T. Savara, causandone
talora il temporaneo sbarramento (vedi T. Bioula e Fouy).
Fortunatamente, data l’estrema concentrazione areale e temporale dell’evento meteorologico, il T. Savara non presentava condizioni di portata critiche, a fronte delle quali tali sbarramenti avrebbero comportato conseguenze ben più gravi per il fondovalle (si ricorda a questo proposito quanto avvenuto nel corso dell’alluvione 2000 in Valle d’Aosta, evento di ben
altra portata).
- Le colate hanno conservato fino alla confluenza nel Savara un’elevata
velocità, e di conseguenza una considerevole forza d’impatto, specialmente nel caso di elevato contenuto solido. Così, il T. Maisoncle ha asportato
il ponte della strada regionale che attraversa il corso d’acqua nella porzione mediana del conoide, mentre il Fouy ha sospinto 35 m a valle il ponte
sul Savara della S.R. 23 (Pont-de-Loup), ubicato immediatamente a valle
della confluenza nel Savara stesso.
Negli altri casi il detrito ha ostruito gli attraversamenti stradali, senza tuttavia lesionarli. In molti casi l’ostruzione del canale di deflusso in corrispondenza degli attraversamenti stradali ed il conseguente allagamen-
a
b
c
d
to/alluvionamento di strade e coltivi è stato reso inevitabile dalla luce
estremamente ridotta assegnata alle opere di attraversamento (fig. 51b).
Contemporaneamente alla Valsavarenche è stata interessata dall’evento
temporalesco anche l’adiacente Valle di Rhêmes, dove il Rio di Artalle (fig.
52), tributario destro del corso d’acqua principale inciso in marmi grigi
listati e calcari, in corrispondenza dell’omonima frazione del Comune di
Rhêmes Nôtre Dame ha prodotto una colata detritica (22) con parziale
invasione della S.R. 23. Lungo i depositi abbandonati dalla colata sono
ben distinguibili almeno 5 fasi, di cui quattro riferibili a pulsazioni di
diversa energia corrispondenti a impulsi a granulometria via via minore,
ed un’ultima fase più prettamente torrentizia che ha portato ad incidere i
depositi precedenti. Il deposito complessivo sfuma verso monte in una
52. Rio di Artalle (Valle di Rhêmes, Regione Valle d'Aosta), pochi giorni dopo la colata detritica
del 23 giugno 2002. Visione complessiva del bacino (a, b) e parte
della zona di scorrimento-accumulo sviluppata sull'ampio conoide misto di transizione al fondovalle. Nel dettaglio (c, d) tratto
di canale, su pendio fortemente
inclinato nella zona medio-apicale del conoide con evidente sovraincisione d'alveo, a testimonianza che in tale settore ha avuto origine la traslazione del detrito a valle.
41
serie di cordoli laterali eretti in occasione di precedenti colate detritiche
che, a testimonianza di residenti dell’antico borgo, preesistente all’anno
1460, hanno interessato il rio (le più recenti furono osservate nell’agosto
1972 e nel settembre 1993). Sempre in Valle di Rhêmes, in località Cretaz,
lungo il T. Irego si è prodotto un fenomeno di trasporto in massa. A monte
della località Carré, lungo la S.R. 24 al Km 13, in sinistra idrografica del
T. Rhêmes, si sono manifestati ridotti fenomeni d’instabilità lungo il T.
Quesseunaz; in prossimità della località Carré invece si è prodotta una
colata detritica lungo il versante destro.
25-26 GIUGNO
In Comune di Limone Piemonte precipitazioni a carattere temporalesco (23)
nel tardo pomeriggio del 25 giugno (con acutizzazione dell’evento tra le 17
e le 18:30) hanno prodotto alcuni limitati fenomeni di fluidificazione della
coltre detritica superficiale (soil slip). In particolare a tale tipologia di fenomeno è ascrivibile l’innesco di una colata di materiale detritico, a granulometria piuttosto fine, manifestatasi lungo le piste da sci della Stazione
Limonetto quota 1400 (località Panice Soprana) che si è incanalata alle
spalle di un versante conformato a conca, al di sopra dell’imbocco della
Galleria del Colle di Tenda. Altri fenomeni di limitata estensione si sono
verificati lungo la costa destra spartiacque del Rio San Lorenzo, impostata su un corpo detritico in movimento per fenomeni lenti di deformazione;
tale dinamica è stata quasi sicuramente favorita ed accelerata dall’apertura, mediante sbancamento al piede e a mezza costa, di una pista di servizio per la manutenzione degli impianti di risalita.
Nella notte tra il 25 e il 26 giugno una precipitazione estremamente intensa e localizzata (72 mm in 2 ore, comunicazione informale del Comune di
Barge), si è abbattuta con areale di epicentro sulla pendice settentrionale
del Monte Bracco ed in particolare sul territorio di Barge ha investito versanti boschivi, aree coltive e zone abitate, provocando gravi danni ad
alcune abitazioni isolate, interrompendo strade locali e creando situazioni di temporanea emergenza nel Capoluogo e frazioni. Effetti dell’evento
meteopluviometrico si sono risentiti anche sotto forme di violente raffiche
di vento a Staffarda con lo sradicamento e l’abbattimento di diverse piante secolari e l’esondazione di piccoli corsi d’acqua nelle campagne contigue come il T. Ghiandone, nella fascia prealpina limitrofa alla bassa della
Valle Po e la Val Pellice. Nell’area montuosa di Barge, il substrato geologico è in preminenza costituito da gneiss e quarziti micacee del complesso
cristallino-scistoso paleozoico «Dora-Maira»; vi è inclusa una varietà tabulare caratteristica del M. Bracco, le note «bargioline» utilizzate quale pietra da rivestimenti, qua e là coltivata in passato in aree di cava, ora
abbandonate, per cui è stata realizzata una rete di stradelle che intersecano diversi impluvi e valloni lungo il monte. Tali rocce si presentano in
affioramento in buone condizioni litotecniche, talora invece sono coperte
da coltri di alterazione ed eluvio-colluviali, potenti 1-2 metri, localmente
anche più, mascherando un litotipo di base intensamente deformato e tettonizzato.
Gli scoscesi versanti che caratterizzano l’area sono diffusamente ammantati da bosco a prevalente castagno e frassino, con fitto sottobosco per lo
più in abbandono, mentre in passato varie forme conservative del suolo
erano con tutta evidenza praticate, quali muri di sostegno in pietra, terrazzamenti, piccoli fossi di drenaggio. Esigenze di collegamento con zone
abitate sparse, dove talora vecchi rustici sono stati riattati per l’utilizzo
come seconde case, hanno portato all’apertura e/o ampliamento di strade, tali da costituire oggi un denso reticolo di «drenaggio» aggiuntivo che
42
ha certamente interagito, anche negativamente, con gli intensi processi di
ruscellamento naturale innescatisi durante l’evento, che ha raggiunto la
fase parossistica, secondo le testimonianze locali, nelle prime ore mattutine (intorno le ore 1:00-1:30) del 26 giugno.
Quasi in contemporaneità, si sono prodotte ovunque, nell’ambito di pochi
km2, decine di frane per saturazione e rapida colata a valle di terreni altamente fluidificati (soil slip), per lo più coinvolgenti volumi di suolo modesti (1-10 m3), ma talora più elevati (qualche decina di m³) ed in alcuni casi
evolvendo in colate di fango e detriti incanalate lungo impluvi ed incisioni
torrentizie (muddy-debris flow), talora con trasporto di tronchi arborei e
abbondanti detriti legnosi (biomassa coinvolta nell’ordine di qualche centinaio di m3) che hanno incrementato l’effetto pulsatorio delle colate, come
nel caso del Cumbal d’la Ruja, a valle di località C. Erissolo, dove due edifici non abitati sono stati investiti riportando gravi danni strutturali; nel
tratto a valle (in località Cascina Camilla, Via Antica Torriana) tale massa,
intercettata da una strada sterrata, ha favorito il locale arresto di masse
fangoso-detritiche in un cascinale. Tali edifici, visibilmente di antica età
(tradizionalmente, ma non necessariamente per le vecchie abitazioni
erano prescelte zone ritenute sicure a memoria di anziani), sono prova dell’eccezionalità dell’evento.
Pressoché ovunque, si sono osservati fenomeni di intenso ruscellamento
laminare, con coinvolgimento di ciottoli, blocchi e massi costituenti la frazione grossolana della coltre detritico-superficiale o il sottofondo di strade
nel caso in cui le medesime apparivano solcate da rivoli e piccoli fossi. Un
fenomeno di erosione concentrata (gully) di maggiori proporzioni si è innescato in terreni colluviali e in parte di riporto antropico, per le abbondanti scaturigini a 1-2 metri di profondità ancor visibili ed eroganti acqua sorgiva a due giorni dall’evento (una decina di pipe di 5-10 cm di diametro su
un tratto lineare di 10-15 m).
Altre due abitazioni sono state investite, per fortuna marginalmente, da
frane superficiali: l’una, in località Bricco-San Quirico, Casa Marra
(Torriana Alta), da parte di un tipico soil slip (una decina di m³) a componente rotazionale nella zona d’innesco, il cui urto, replicato due volte, è
stato avvertito, dalle persone che dormivano in casa, come un boato associato a scossa di terremoto; l’altra, in località San Giuliano, da masse di
terriccio prodotte da scorrimento rotazionale (una trentina di m3).
Altri fenomeni sparsi di soil slip si sono manifestati nelle località Bricco
Luciano, con franamento lungo i versanti coltivati a vigneto, e parziale
asporto di una tettoia di un rustico (loc. La Colombotta), in località
Sarlungo lungo una delle strade comunali principali (Via Paesana, località Mondarello), Gabiola, Pian San Michele e nella zona compresa tra
Castello e Capoloira Alta. In quest’ultima località, si è manifestata anche
un’accentuata attività torrentizia per l’impulso di una colata di fango e
detriti incanalata nella Comba Cottara, con conseguente invasione delle
strade comunali in zona Capoloira.
12 LUGLIO
Tra la notte del giorno 12 e le prime ore del giorno successivo si sono innescati fenomeni di colata detritica lungo le aste torrentizie dei rii Bianco
(Val Pusteria) e Selva dei Molini (proprio a Selva una serie di rovesci ha
scaricato 54 mm di pioggia tra le ore 22 del giorno 12 e le 03 del giorno
13, con una punta di 35.8 mm in un’ora tra la mezzanotte e l’una).
Entrambe le località sono state interessate in passato e con elevata frequenza da processi analoghi. Per una tromba d’aria nel Vercellese numerose coltivazioni di mais hanno subito danni, in particolar modo nei comu-
43
ni di Santhià, Livorno Ferraris, Lenta, Formigliana e Greggio. Nel
Biellese sono stati colpiti maggiormente i comuni di Masserano e
Cavaglià: in quest’ultimo comune un capannone è stato scoperchiato. A Meina una frana in prossimità della piattaforma ecologica
per lo stoccaggio dei rifiuti ha coinvolto il terrapieno che è scivolato
successivamente verso il T. Tiasca (La Stampa, 15 luglio 2002).
53. Evento del 15 luglio 2002 in
Valle Pesio (CN): un piccolo affluente si è aperto un ramo secondario nello stretto fondovalle,
impostando il suo tracciato lungo
un tratto della pista agro-forestale che lo risaliva, trovando facile
esca nei terreni sciolti, non assestati naturalmente, che ne regolarizzavano la carreggiata.
54. L'estrema mobilità dell'alveo
del torrente Gesso, nel suo tratto
extravallivo alle porte di Cuneo, è
attestata dal buon numero di canali ancora attivi poco dopo il calare della piena del 15 luglio 2002:
lungo il filone principale appare ancora in atto l'erosione laterale dei
depositi alluvionali, rimobilizzati
lungo l'intera sezione di deflusso
durante la piena (fotografia di F.
Maraga).
44
14-15 LUGLIO
Precipitazioni di elevata intensità hanno prevalentemente interessato le valli alpine della Provincia di Cuneo (Piemonte meridionale)
comprese tra gli spartiacque con la Valle Corsaglia (24), ad E, e la
Valle Grana a NW, quasi tutte afferenti al bacino idrografico del F.
Tanaro.
L’areale ove maggiori sono stati i riflessi dell’evento meteopluviometrico (25) è compreso in una fascia che interseca buona parte delle
aste torrentizie e dei versanti posti a S-SE di Cuneo e a S-SW di
Mondovì, afferenti ai bacini del T. Tanaro (T. Brobbio, T. Pesio, T.
Ellero) (fig. 53) e T. Stura di Demonte (T. Gesso)(fig. 54 e 55). Le concentrazioni più alte di fenomeni (oltre 100 per km2), aventi comportato dissesti di varia entità in zone abitate, con danno e pericolo per
edifici, strade, infrastrutture, sono state osservate nei comuni di
Chiusa Pesio (fig. 56), Boves, Peveragno, Pianfei, Beinette, Margarita e
Morozzo, di Frabosa Sottana in Valle Maudagna, tributaria della Valle
Ellero, nelle valli Josina (fig. 57 e 58) e Colla (fig. 59, 60, 61 e 62), rispettivamente nei comuni di Peveragno e Boves, e nel Vallone Bousset presso
Entracque (fig. 63).
Presso quest’ultimo comune il Rio Sabbione ha danneggiato il ponte del
Mulino e ha eroso l’area delle piste da fondo. Ad Artesina, il Torrente
Maudagna è esondato allagando piazzali e danneggiando le condutture del
gas e luce ed il parcheggio degli impianti di
risalita (fig. 64). Anche i comuni di Sampeyre
e Melle (Val Varaita) hanno subìto disagi a
causa di tale evento pluviometrico; analoga
sorte è toccata in Valle Po ai comuni di Barge
e Crissolo, mentre presso Crissolo, nella giornata del 15 luglio, il F. Po ha eroso le sponde
in località «La Spiaggia». In Val Maira è stata
interrotta la strada ad Elva e Cartignano.
A Robilante il Vermenagna ha rotto gli argini
in prossimità dello stabilimento «Cuba» (fig.
65) e scavato un nuovo letto minacciando i
tralicci dell’Enel. A mezzanotte circa del giorno 15 il capannone della fabbrica di cioccolato è stato invaso da 1,20 m circa d’acqua.
Sempre il medesimo torrente ha allagato i
giardini Mussino a Vernante e lesionato il
ponte in fase di costruzione tra la variante di Roccavione e la «Bovesana»
(fig. 66) (La Stampa, 18 luglio 2002). L’area tra Vernante e Limone, invece, è stata coinvolta da un evento franoso con conseguente interruzione
della ferrovia Cuneo-Nizza. I comuni di Roccaforte, Frabosa Sottana (fraz.
Prato Nevoso), Brossasco (fraz. Costabella) e Torriana sono stati interessati da movimenti gravitativi (La Stampa, 17 luglio 2002).
Le osservazioni effettuate in corso di evento e nei giorni successivi hanno
permesso la stesura di una nota a stampa specifica, a cui si rimanda per
eventuali approfondimenti (TROPEANO & TURCONI, 2002). E’ da sottolineare
a
b
che quasi tutte le località colpite presentano un’elevata ricorrenza storica
di eventi alluvionali a diverso grado di gravità ed estensione, già riportati
in cronaca a partire da manoscritti del XVIII Secolo. L’evento del 15 luglio
2002 ha proposto una moltitudine di scenari di «dissesto», i cui effetti
sono apparsi spesso amplificati o incrementati dalle numerose strutture e
infrastrutture antropiche presenti. Durante l’evento due persone sono
decedute.
18 LUGLIO
Dopo alcuni giorni di pioggia continua, precipitazioni a carattere temporalesco hanno interessato Torino e diversi comuni della provincia. Gli
effetti si sono risentiti soprattutto a Trofarello, dove uno scroscio di 45
mm tra le ore 18:00 e le 19:00 (26), soprattutto concentrato nei primi 20
minuti, ha prodotto lo straripamento del Rio San Giuseppe, nella zona
industriale, senza danno di rilievo grazie alla realizzazione di recenti
interventi. Il sottopasso di strada Vivero, nel Comune di Moncalieri, è
stato nuovamente allagato con circa 1,5 m di acqua. Altri allagamenti si
sono verificati nella zona di Borgo Aje. Ogni strada pedecollinare nei terreni di Moncalieri e Trofarello appariva ricoperta dal tipico loess dilavato
da coltivi e dai tagli stradali; i settori maggiormente colpiti sono risultati
quelli di Testona e Moriondo (strade Maiole, del Bossolo, Boccardo e
Montano) (27).
55. L'evento temporalesco del 15
luglio 2002 ha provocato, in alcune aree della Provincia di Cuneo, diffuse frane superficiali e
processi d'intensa mobilizzazione di sedimenti entro la rete idrografica di ogni ordine e grado. Talora, come nel caso qui proposto,
l'apporto impulsivo di detriti in
area di confluenza (Rio Lausetto
nel Torrente Gesso, presso Valdieri) ha prodotto la deviazione
del filone centrale del corso d'acqua maggiore: a) vista dall'alto, b)
vista frontale.
56. Evento alluvionale del 14-15
luglio 2002. Strada provinciale
Chiusa Pesio-Pradeboni (Cuneo),
erroneamente tracciata nell'alveo
di piena dell'importante tributario sinistro del T. Pesio, il Rio
Grosso, che trae origine dal Monte Besimauda, vero epicentro delle piogge estreme che si sono abbattute nella località e per cui
hanno perso la vita due persone.
30 LUGLIO
In alta Valle Susa (Piemonte), nella serata (intorno alle ore
19:45) un temporale di forte intensità (28) ha interessato il
gruppo montuoso dello Chaberton.
Una colata detritica si è prodotta sulla falda SE e parte del
materiale si è depositato lungo la S.S. 24 del Monginevro al
Km 94, andando ad invadere anche un tratto della galleria
paravalanghe (il secondo procedendo verso monte) attraverso i tratti finestrati della stessa, bloccando una vettura in
transito.
Nel T. Grand Vallon, tributario in sinistra della Dora Riparia,
presso l’abitato di Cesana Torinese, un flusso detritico ha
interessato il tratto terminale in conoide; nella fase conclusiva dell’evento si è verificata una sensibile rimobilizzazione
dei depositi di neo-apporto nell’asta torrentizia.
45
a
57. Con origine sulle falde del M.
Besimauda (Cuneo), il Torrente
Josina, da molti decenni ridottosi a un innocuo ruscello alpestre
con alveo mediamente largo 2-3
m e sponde fittamente vegetate,
in seguito alle piogge temporalesche del 14-15 luglio 2002 ha ingigantito la sua sezione di deflusso lungo tutto il percorso (a).
L'alveo è inciso in substrato roccioso (porfiroidi, ovvero porfidi laminati, Besimauditi auctt.) a giacitura subverticale e intensamente dissecato da una profonda rete di fratture, beanti verso il
contatto con i materiali di copertura; questa coltre, potente sino a
6-8 m, che prima "sigillava" il fondo alveo, è stata certamente permeata da ingenti volumi idrici in
sovrapressione; il successivo rilascio di copiose masse idriche,
scaturite lungo tutta l'asta torrentizia, ha portato alla riesumazione su estesi tratti del substrato e a un'ampia svasatura dell'alveo preesistente per subitanea erosione dei depositi (b). Le
imponenti
masse
detritiche
transitate sono complessivamente valutabili in alcune decine di
migliaia di m³.
58. T. Josina presso Peveragno
(CN), circa 3 km a valle del sito illustrato nell'immagine precedente: pesanti conseguenze della
piena, accompagnata da un gran
numero di piante divelte dall'alveo e dalle sponde, sono state patite da un complesso residenziale di recente costruzione. Il fondovalle da lungo tempo non era
più andato soggetto a fenomeni
estremi di alluvionamento torrentizio.
46
b
In confluenza, il detrito si è arrestato formando un conoide effimero (con
volume stimabile in circa 1500 m3) (fig. 67), incastrato in precedenti depositi del tributario, che ha sospinto il corso d’acqua ricettore verso la sponda destra ove insiste il rilevato della S.S. 24. Un’opera trasversale appena
realizzata, nell’alveo della Dora, ha subito la parziale sconnessione della
platea in massi ciclopici.
Verosimilmente in contemporanea a quanto appena descritto, nella conca
di Bardonecchia, un muddy-debris flow, originatosi nel Rio Gautier, principale tributario del T. Frejus, si è propagato lungo l’asta torrentizialasciando evidenti tracce del suo passaggio nel tratto canalizzato che attraversa l’abitato, ed esaurendosi nell’alveo della Dora di Bardonecchia (29).
4 AGOSTO
Nel prosieguo decennale delle attività di monitoraggio nel bacino sperimentale CNR-IRPI del T. Moscardo (Friuli) è stata registrata dalle due stazioni ad ultrasuoni ivi installate una colata detritica di piccole dimensioni. L’evento non è stato invece registrato dalle stazioni sismiche poichè il
segnale non è risultato sufficientemente intenso da superare la soglia-trigger impostata per l’avvio delle registrazioni.
Le piogge registrate il 4 agosto si sono collocate al di sopra della curva
limite individuata grazie alle piogge registrate tra il 1989 ed il 1998, confermando la validità
della
curva
limite
stessa come soglia
che deve essere superata perché possano
verificarsi
colate
detritiche nel torrente
Moscardo.
9-10 AGOSTO
In Provincia di Torino,
nel
Comune
di
Moncalieri,
il
Rio
Tepice è straripato
lungo la strada intercomunale TrofarelloCambiano, invadendo
una fascia limitata di campagna. A Chieri si sono rilevati 58
mm di precipitazione il giorno 10 (fonte: Rete
Agrometeorologica Regione Piemonte).
19 AGOSTO
Un nubifragio ha interessato l’alta Valle di Susa, in particolare il settore montano afferente al M. Chaberton, ricorrentemente soggetto a fenomeni d’instabilità di versante e torrentizia che nella stagione estiva minacciano infrastrutture
stradali e la sicurezza della popolazione, soprattutto fluttuante, che frequenta la zona.
Il gruppo montuoso delimitato a W dal Rio Secco (in territorio francese), a SW dalla Piccola Dora di Claviere, a S dalla
Dora di Cesana e ad E dal Vallone di Desertes, quasi ai confini con il territorio di Oulx, è caratterizzato da possenti
bastionate in rocce calcareo-dolomitiche con subordinate
carniole, di età triassica, ammantate sui fianchi e nei canaloni da cospicue falde detritiche (fig. 68); esso trova la massima elevazione nel M. Chaberton (3130 m s.l.m.), tipicamente individuabile a gran distanza per la presenza, in vetta del medesimo, della storica
Batteria Militare.
Le piogge temporalesche, quando si abbattono su tali pareti montuose,
specie se accompagnate da vento traverso e/o da grandine, e quando l’isoterma zero °C è alquanto al di sopra dei 3000 m, possono conseguire
l’innesco di caratteristici fenomeni di colata detritica (debris flow), su versante/impluvio o canalizzati nelle incisioni torrentizie. L’IRPI/CNR di
Torino osserva dal 1990 tali processi nell’area citata, che hanno sinora
offerto una casistica varia di situazioni, che sempre però rispecchiano uno
stesso schema evolutivo e uno scenario replicante di effetti. Nell’arco degli
ultimi 12 anni si sono osservati per almeno quattro volte eventi di debris
flow, in contemporaneità, sulla falda SE dello Chaberton (con minaccia
per la S.S. del Monginevro), sulla falda E (Torrente Grand Vallon, con possibile minaccia per una struttura turistica) e sulla falda NE (Vallone del
Rio Fenils, con possibile minaccia per l’abitato della Frazione Vernin, già
avveratasi nella storica alluvione del 13-14 giugno 1957). Nell’evento del 3
agosto 1990 fu anche coinvolto l’intero bacino del Rio Secco ed alluvionato l’abitato di Claviere, con minaccia per parte dell’abitato di Cesana; caso
non più replicatosi da allora, grazie anche a interventi mitigatori del
rischio («piazze di deposito») e di protezione spondale nel frattempo realizzati sia in Comune di Montgenèvre che in quelli di Claviere e Cesana.
Casi isolati di flussi detritici in singoli impluvi/bacino sono ovviamente
più frequenti: si citano quelli, tipici di versante (Hangmüre), ovvero non
canalizzati in un vero e proprio alveo torrentizio, ma semplicemente originati entro impluvi in roccia, soliti avvenire sulla
costa SE dello Chaberton (fig. 69), che già nell’agosto 1998 e
per due volte nell’estate 2002 hanno sormontato le gallerie
artificiali lungo la S.S. 24 rifluendo all’interno delle gallerie
stesse tramite le finestrature ivi esistenti e causando il blocco del traffico se non addirittura l’isolamento in galleria di
veicoli in transito come accaduto nel 1998.
Il T. Grand Vallon ha in precedenza prodotto colate detritiche
di un certo rilievo (sempre nell’ordine di alcune migliaia di
metri cubi di magnitudo) nel 1990 (3 agosto), 1997 (28 agosto), 1998 (16 agosto), 1999 (13 luglio), 2000 (12 agosto).
Quasi sempre alle piene del T. Grand Vallon sono abbinati
59. L'evento pluviometrico estremo del 14-15 luglio 2002 ha conseguito gli effetti più diffusi e notevoli sui contrafforti e in prossimità del M. Besimauda. Esempio
è dato, fra gli altri, da numerose
frane superficiali, come quella
raffigurata, lungo il sentiero in
quota di collegamento tra le alte
valli Josina e Colla presso Boves.
Essa ha coinvolto detrito di falda
e coltre eluviale soprastante le
metamorfiti permiane note come
«porfidi laminati» e, più propriamente «Besimauditi», specifiche
dell'area in esame.
60. La piena estrema del luglio
2002 lungo il torrente Colla, in Comune di Boves (CN), ha creato
una generale rimobilizzazione
del materasso detritico ed alluvionale depositato lungo il canale torrentizio ed ai margini di questo, con diffuse erosioni laterali e
di fondo che hanno prodotto la
quasi totale distruzione di lunghi
tratti della strada comunale ad
uso agricolo e turistico, di necessità tracciata lungo lo stretto fondovalle.
47
61. Torrente Colla, in Comune di
Boves. Gli straordinari volumi di
deflusso, sempre accompagnati
al trasporto e mobilizzazione di
ingenti masse di detriti lapidei
anche a grossi blocchi e massi,
hanno costretto il filone attivo,
ostacolato nel moto da un grande
banco di depositi al centro alveo,
a ripiegare contro l'alta sponda
sinistra, in materiali incoerenti
detritico-alluvionali, provocando
di conseguenza il crollo parziale
di un vecchio edificio rurale (per
gentile concessione del Comune
di Boves).
62. Alveo del T. Colla nel tratto di
pianura presso Boves (CN). Un
edificio di costruzione recente imprudentemente collocato in troppa vicinanza della sponda sinistra, facilmente aggredibile da
piene di considerevole portata
come quella scatenatasi il 14-15
luglio 2002, ha subito parziale
crollo per erosione laterale (per
gentile concessione del Comune
di Boves).
fenomeni analoghi, a maggiore componente sabbioso-limosa (muddydebris flow) lungo l’adiacente Rio di Fenils, che scorre in prossimità dell’omonimo abitato.
A complicare le conseguenze di tali fenomeni possono aggiungersi gli effetti indiretti di piena della Dora di Cesana. Nel caso particolare del T. Grand
Vallon, esso tende, nella norma, a (ri)edificare un apparato di conoide,
talora dell’ordine di diverse migliaia di metri cubi, che obbliga alla confluenza le acque di piena di Dora, per riflusso, a formare un temporaneo
invaso; per conseguente innalzamento del pelo libero, la corrente di piena
ha possibilità di erodere un tratto in sponda destra, appena a monte della
confluenza, ove insiste il piano viario della S.S. 24 (fig. 70). Anche in questo caso gli interventi sistematori effettuati dovrebbero scongiurare ulteriori pericoli. Nel corso dell’estate 2002 è stata, inoltre, messa in opera,
una struttura di stabilizzazione in cls. del fondo alveo della Dora, immediatamente a valle della confluenza del T. Grand Vallon, che, se da un lato
dovrebbe conseguire lo scopo di ridurre la sovraincisione d’alveo per prevenire ulteriori fenomeni di arretramento e crollo dell’alta sponda in sinistra (che fu fortemente destabilizzata dalla piena fluviale del 13 giugno
2000), dall’altro costituisce ora una soglia fissa che in qualche caso, come
l’evento qui trattato dimostra, può favorire fenomeni di arretramento a
monte della sedimentazione indotta dal Grand Vallon e di conseguenza
innalzare il battente dei flussi di colata secondo la traiettoria dell’asse vallivo di tale affluente, cioè in direzione del corpo stradale della citata S.S.
63. Vallone di S. Giacomo (Valle Gesso, Entracque, Cuneo),
versante sinistro: soil slip in falda detritica su rocce cristallino-scistose, innescati dall'evento pluviometico del 14-15 luglio 2002.
48
64. Per le piogge temporalesche del 14-15 luglio 2002, la località turistica di Artesina, nelle Valli Monregalesi (Cuneo) è stata alluvionata dal
T. Maudagna, che altre volte ha prodotto effetti analoghi, quando lo stretto fondovalle non era così densamente occupato da edifici.
a
b
24, come precisamente avvenuto il 19 agosto 2002 (TROPEANO & TURCONI,
2002).
Si è inoltre osservata, col progredire degli anni, una sempre più accentuata riduzione dell’ormai sottile diaframma in terreni alluvionali che
separa le due anse contigue della Dora e del T. Grand Vallon.
Il replicarsi con particolare insistenza dei fenomeni su descritti costituisce
prova di fatto che tale settore della Valle di Susa costituisce un buon laboratorio en plein air per l’osservazione geomorfologico-idraulica sugli eventi parossistici e l’efficienza/efficacia delle opere di intervento (fig. 71) (cui
è inevitabilmente legata una componente sperimentale) per la riduzione
del rischio effettuate nell’area, secondo i più aggiornati dettami dell’ingegneria idraulica e forestale. Per tal motivo, dal luglio 2001 è operante una
stazione meteopluviometrica in alta quota (2250 m s.l.m.) sulla Cresta
Nera, spartiacque tra i bacini del Grand Vallon e del Rio di Fenils, in posizione baricentrica ottimale per l’area in esame per le distanze subchilometriche dai settori di testata dei diversi impluvi suscettibili di produrre
debris flow. Essa è stata realizzata grazie alla collaborazione dell’IRPI-CNR
di Torino con il Consorzio Forestale Alta Valle di Susa. Da diversi anni
viene inoltre effettuato il monitoraggio dell’evoluzione geomorfologica, a
piccola e grande scala, dei diversi fattori di «squilibrio» ambientale nell’area.
La sera del 19 agosto uno scroscio piovoso di particolare intensità (32 mm
valutati in circa 40’), è stato registrato tra le ore 19 e le 20 (ora legale) alla
stazione sopradetta. Tale situazione è stata verosimilmente favorita da
celle temporalesche createsi anche per contrasto termico al suolo; infatti,
a quota 2250 m si sono registrate temperature decisamente elevate,
mediamente oscillanti intorno ai 10 °C, confrontabili con quelle della sta-
a
65. Comune di Robilante (CN).
Durante la piena del 15 luglio
2002 il T. Vermenagna ha ampliato notevolmente il proprio alveo: a) le acque hanno invaso per
oltre un metro di altezza la fabbrica di cioccolato «Cuba»; b) la
panoramica aerea dimostra l'infelice posizione del capannone,
chiaramente ubicato in zona di
pertinenza fluviale.
66. La piena del torrente Gesso
presso Roccavione (Cuneo), il 15
luglio 2002, ha causato il crollo
pressoché totale del viadotto
ANAS in costruzione (a). Le acque
del T. Gesso hanno asportato i rilevati di accesso al Ponte della
Mellana (b), un attraversamento
ciclabile che univa la parte meridionale di Cuneo al Santuario
della Mellana nel vicino Comune
di Boves (fotografia di F. Maraga).
b
49
67. Nel corso dell'evento temporalesco del 30 luglio 2002, l'apporto
detritico del T. Grand Vallon nella
zona di confluenza, come di consueto, ha rimaneggiato il conoide
sospingendo la direzione di deflusso della Dora Riparia verso la
sponda opposta.
68. (in alto a destra) La spettacolare bastionata calcarea del versante est del M. Chaberton (Alta
Valle di Susa), profondamente incisa dal ramo principale del T. Grand
Vallon lungo un dislivello di circa
2000 metri, come appariva poche
ore dopo la colata detritica avvenuta il 19 agosto 2002. Si osservano le cospicue «riserve» di detrito, sempre disponibile per futuri
eventi analoghi, a ricorrenza pressoché annuale in quest'area.
zione IRPI CNR di Torino, posizionata sotto la vetta del M. Rocciamelone
(Val Cenischia), a quota 2100 m, ad una ventina di chilometri di distanza
in linea d’aria dalla prima, dove intorno alle ore 19:00-20:00 si registravano circa 11 °C. Per conseguenza, 15-20 minuti dopo, una colata della
magnitudo stimata tra i 1000 e i 2000 m3 percorreva la costa SE del Monte
Chaberton, sopravanzando, esattamente come accaduto nello stesso
punto 4 anni prima, la galleria paravalanghe in prossimità del suo imbocco lungo la S.S. 24 (fig. 72), e rifluendo in piccola misura (dell’ordine di
200 m3), tale però da bloccare ogni transito, entro la galleria stessa.
Veniva pertanto istituito il blocco totale della circolazione e quindi instaurato il passaggio alternato, protrattosi sino al pomeriggio del giorno 20.
Quasi in contemporaneità, i residenti nella Casa alpina (Villaggio Luce)
posta in prossimità del T. Grand Vallon, all’apice del suo conoide, avvertivano il consueto fragore «simile a terremoto» legato al passaggio di un
debris flow, osservato da diverse persone nel suo movimento come una
«frana che discendeva veloce lungo il torrente con rotolio di grandi massi
che si schiantavano tra loro producendo pulviscolo e schegge di detrito
proiettandole a distanza» e occupando l’intera sezione
d’alveo del torrente come attestato dagli abbondanti
depositi residuali lasciati bilateralmente lungo l’asta torrentizia. La durata del flusso si è protratta, secondo testimonianze concordi, per una decina di minuti; la magnitudo complessiva di massa in transito è valutabile in 1520.000 m3. Alla confluenza con la Dora di Cesana, il
detrito si è arrestato generando, come di consueto, un
conoide neoformato in alveo di Dora, spingendosi per
inerzia sino al piede del rilevato della S.S. 24, il cui piano
69. Versante meridionale del M. Chaberton, al confine Italo-Francese nei
comuni di Claviere e Cesana Torinese. Al piede dei numerosi canaloni incisi in rocce calcareo-dolomitiche del Trias si sono formati, attraverso i tempi, apparati di conoidi misti di origine nivale (valanghe), gravitativa (crolli),
detritico-torrentizia (debris flow). Gli effetti dell'ultimo evento temporalesco
del 19 agosto 2002, ossia forme di trasporto e soprattutto di accumulo, di
color grigio leggermente più intenso per la maggior ritenzione di umidità,
sono ben evidenti nella foto, ripresa da elicottero dei Vigili del Fuoco nell'ispezione compiuta a poche ore di distanza dal fenomeno; si è prodotta, ancor una volta, temporanea ostruzione al traffico lungo la S.S. 24, malgrado
i ripari (gallerie artificiali), concepiti originalmente come strutture paravalanghe ma incapaci, a causa delle finestre di aerazione, di impedire il rifluimento al loro interno di porzioni di colate in transito. Nel basso della foto è visibile una «piazza di deposito», predisposta all'attraversamento della stessa Statale lungo la Piccola Dora.
50
viario è risultato di un solo paio di metri più alto. La struttura trasversale
all’alveo di Dora, appena realizzata, appariva semisepolta ed aggirata
all’intestatura sinistra. Una concomitante colata di materiale a prevalente
componente più fine è sovrascorsa sul deposito principale protraendosi a
valle senza ulteriori conseguenze.
In risposta più tardiva allo scroscio, giustificata dalle maggiori dimensioni
del bacino idrografico, altra colata fangoso-detritica, innescatasi nel tributario sinistro (vallone che discende dalla Punta Chalanche Ronde, 3042 m)
(fig. 73) ed in zona prossimale alla cresta, discendeva lungo il Rio Fenils,
occupando le piene rive del torrente e sfiorando la travata del ponte. che
immette nella frazione Vernin, in destra del torrente, ricostruito dopo che
la piena dell’agosto 1990 aveva sormontato e distrutto il precedente in travatura di ferro e legname. Anche in questo caso i segni inequivocabili dei
depositi residui dimostrano che per pochi decimetri il flusso non è fuoruscito dalle sponde. All’arrivo del primo fronte di colata, intorno alle ore
19:30, ne ha fatto seguito uno successivo dopo diversi minuti, con trascinamento di piante ed arbusti. Il tutto si è protratto per circa 35 minuti. La
scogliera in destra, appena a valle dell’attraversamento centrale della frazione Vernin, a massi ciclopici subarrotondati e sovrapposti a scarpa verticale, poggianti direttamente sul fondo alveo, è stata in parte scalzata alla
base. In concomitanza con i casi descritti nel Rio Cresta Nera, contiguo al
T. Grand Vallon, si è prodotto un flusso detritico che, dopo aver percorso
l’incisione, in confluenza si è disposto a conoide (accumulo stimato in 2300 m3) invadendo l’alveo della Dora Riparia.
20 AGOSTO
In alta Val Camonica (30), nel settore compreso fra gli abitati di Malonno,
Corteno e Paisco Loveno, fra le ore 18:00 e le 18:30 si è abbattuto un evento meteorico caratterizzato da particolare intensità (alla stazione meteopluviometrica di Malonno sono stati registrati valori di precipitazione pari
a 32,8 mm in 6 ore). In concomitanza dell’evento, alla testata della Val
Moranda, nel Comune di Corteno Golgi (Brescia), si sono verificati fenomeni franosi di piccola entità, soprattutto in corrispondenza delle aste primarie del reticolato idrografico, riconducibili per lo più a scivolamenti
della coltre detritica eluvio-colluviale; quest’ultima raggiunge spessori di
1-1,5 metri e ricopre rocce metamorfiche del Basamento Cristallino
Sudalpino (Scisti di Edolo, Gneiss del Monte Tonale). La concomitanza dei
70. (a sinistra) L'evento temporalesco del 19 agosto 2002 ha prodotto una piena impulsiva nel bacino del T. Grand Vallon che, alla
confluenza con la Dora Riparia
presso Cesana Torinese, ha riprodotto gli effetti consueti di
creazione di un conoide detriticoalluvionale ex novo, con rigurgito
delle acque di Dora a monte e
creazione di temporaneo invaso;
il fenomeno risulta ora accentuato per la recente realizzazione di
una traversa stabilizzatrice nell'alveo di Dora, certamente necessaria per rallentare un pluridecennale processo erosivo (per
sottoescavazione al piede) a carico dell'alta sponda sinistra, ma
verosimilmente ubicata in posizione troppo avanzata rispetto al
baricentro del conoide, tale perciò da sopraelevarne i depositi ed
ostacolarne la reincisione da parte del corso d'acqua principale.
71. (a destra) T. Grand Vallon (Cesana Torinese), dopo l'evento di
trasporto in massa del 19 agosto
2002. Tratto d'alveo soggetto a
frequenti colate detritiche, a freno delle quali, nel 1996, era stata realizzata la briglia qui visibile, all'origine corredata di struttura filtrante e di platea di stabilizzazione a valle, entrambe progressivamente distrutte.
51
72. (a sinistra) Il versante SE del
Monte Chaberton (Alta Valle di
Susa), ammantato da una estesa
e potente coltre di detrito calcareo
e calcareo-dolomitico, può andar
ripetutamente soggetto durante i
temporali estivi a più o meno intensi flussi di detrito che ancor in
epoca recente hanno coinvolto il
tunnel paravalanghe lungo la
S.S. 24 del Monginevro, importante arteria di collegamento con
la vicina Francia. Anche nelle occasioni del 30 luglio e 19 agosto
2002 i materiali di colata, eludendo le strutture in lamiera poste in opera a chiusura delle finestrature originali (già in precedenza invase da detriti) sono rifluiti in quantità entro la galleria
bloccando il transito, in piena stagione turistica, per parecchie ore.
73. (a destra) Bacino del Rio di
Fenils (Alta Valle di Susa, Comune di Cesana Torinese), interessato quasi annualmente da colate detritiche che trovano facile alimento nelle cospicue falde di detrito al piede delle bastionate calcareo-dolomitiche di testata. Il fenomeno più recente, individuabile dalla scia di color grigio scuro,
è avvenuto il 19 agosto 2002; la
fotografia è stata scattata il giorno successivo.
fenomeni ha comportato l’apporto di discreti volumi di materiale detritico
lungo l’asta principale. Il rifluire della massa fangoso-detritica in transito
ha comportato l’insorgere di fenomeni erosivi nel tratto superiore dell’asta
e nelle aree immediatamente a valle: l’erosione alla base del versante
destro ha comportato un effetto di «richiamo» di masse detritiche instabili per movimenti gravitativi profondi. All’altezza dell’attraversamento del
guado lungo la strada forestale della Val Moranda, la presenza di un grosso masso (circa 10-15 m3) in alveo ha comportato parziale deviazione del
deflusso e l’innesco di fenomeni erosivi lungo la pista stessa.
26 AGOSTO
Nel territorio comunale di Druento (Torino) (31) a causa di un nubifragio
avvenuto intorno alle ore 18:00 sono tracimati il Rio Fellone e alcuni canali con invasione delle vie comunali (32); stesso scenario anche a San Mauro,
dove le acque del Rio Sant’Anna hanno invaso la Zona Pescatori. Nel
Canavese le intense precipitazioni hanno causato lo straripamento di alcune rogge con conseguente invasione «di strade e piazze trasformandole in
fiumi… [l’acqua] si era ritirata lasciando metri cubi di detriti. Centinaia le
persone al lavoro per togliere la melma, il fango appiccicoso, le pietre trascinate a valle dalla corrente: decine i negozi e le abitazioni invase… Numerosi
gli smottamenti che hanno bloccato strade secondarie: in frazione
Preparetto, in Comune di Castellamonte, tre famiglie hanno dovuto abbandonare la propria abitazione minacciata da una frana… Danni anche ad
Agliè... parte... del paese è stato sommerso dall’acqua, sotto 30 centimetri
di fango e melma sono finite alcune ditte di meccanica… ed un distributore
di benzina… Le stime si fanno anche a Rivarolo, Salassa e Valperga per
allagamenti…» (La Stampa, 28 agosto 2002). Anche in bassa Valle di Susa
lungo le aste del Rio di Bruzolo, T. Sessi (fig. 74) (Comune di Caprie) e T.
Gravio (Comune di Condove) si sono rilevate piene notevoli.
2 SETTEMBRE
Nella notte tra l’1 e il 2 settembre, precipitazioni a carattere di nubifragio
hanno investito con particolare intensità l’alta pianura a SW di Torino.
L’epicentro dell’evento piovoso si localizza tra il Comuni di Cumiana, nelle
Prealpi pinerolesi (128 mm tra le 22:40 e le 8:20, ora locale; fonte: Regione
Piemonte, Sala Situazioni), e i comuni di Candiolo (Prato Fiorito) e
Lombriasco (Istituto Salesiano), nell’area di Torino Sud, dove risultano
rispettivamente caduti 160 e 139 mm, soprattutto concentrati in circa 2
52
ore (Regione Piemonte, Servizio Agrometeo: segnalazione di L. Mercalli,
Società Meteorologica Italiana); a Torino Mirafiori (sede CNR) si sono registrati 51 mm, con massimo orario di 28 mm (ore 23:30-0:30). Tale scroscio risulta concomitante con quello rilevato alla stazione pluviometrica di
Cumiana, dove però il valore d’intensità è risultato di ben 43 mm in un’ora. Con ciò è ben spiegabile la straordinarietà dei volumi idrici defluiti non
solo lungo l’asta principale del torrente Chisola, ma anche i suoi tributari Rio Torto, T. Oitana e 5-6 altri corsi d’acqua minori, componenti la rete
idrografica del bacino di drenaggio.
A Cumiana diversi edifici sono stati allagati nei piani interrati, soprattutto nelle zone delle cascine Crimea, Bordino e frazione Luisetti (L’eco del
Chisone, 5 settembre 2002). Presso la Frazione Garelli si è manifestata
un’intensa attività torrentizia lungo un impluvio che attraversa l’abitato
con invasione parziale di alcuni fabbricati; a monte della stessa località il
corso d’acqua è fuoriuscito con modeste erosioni a danno della viabilità
(REGIONE PIEMONTE, 2002).
Più in generale, data la conformazione pianeggiante del territorio, le acque
si sono propagate a valle secondo vere e proprie superfici scolanti costituenti un sistema drenante complesso e disordinato in cui vie naturali di
deflusso, spesso modificate da attività dell’uomo, interagiscono con una
miriade di strutture antropiche a distribuzione casuale (aree abitate e
industriali, rilevati stradali e altre infrastrutture) sino alla confluenza nel
Fiume Po in territorio di Moncalieri.
Di fatto, gli ingenti apporti idrici concentrati in poche ore notturne (ipotizzabili pari a un volume complessivo di 10-15 milioni di metri cubi)
hanno interessato vaste superfici a suolo semipermeabile in condizioni
naturali (in buona parte terreni «ferrettizzati» impostati su depositi fluviali e fluvioglaciali del Pleistocene). Tali terreni, pressoché ovunque caratterizzati da falde freatiche a profondità modesta (da 1 a 4 metri), sono stati
largamente convertiti dalle originarie vocazioni d’uso agricolo ad aree di
impianto di sempre nuovi insediamenti abitativi e soprattutto industriali
che hanno contribuito in misura incisiva, localmente, alla totale impermeabilizzazione del suolo con drastica riduzione dei tempi di risposta
«naturali» del bacino idrografico e parallela concentrazione degli apporti
liquidi.
Nei centri abitati (Volvera, None, il più colpito, Candiolo, Piobesi e frazioni sparse contigue ai corsi d’acqua, Vinovo, marginalmente) l’evento si è
tradotto con precisa connotazione di «alluvione urbana» (urban flood), con
instaurazione, spesso, di correnti veloci a battente di 50-100 cm sul piano
stradale e trasporto, talora, di abbondante materiale solido sospeso.
L’abitato di None, che può considerarsi baricentrico rispetto all’areale
investito dalle piogge, è stato invaso dalle acque già nella notte, a iniziare
circa mezz’ora dopo la cessazione dello scroscio più violento e con progressiva crescita dei livelli sino alle ore 10-11, dopo di che per tutta la
tarda mattina le altezze d’acqua si sono mantenute pressoché costanti con
lievi variazioni (fig. 75a, b, c, d). Nel frattempo la massa di acque straripate si è propagata a valle (mentre verso monte lentamente rifluiva
lasciando solo più tracce di colture stramazzate secondo il verso di propagazione delle acque), interessando vaste superfici agrarie a irregolare
geometria (evidentemente alterate dall’azione antropica), più di rado
mostrando evidenti riattivazioni di vecchie linee di deflusso naturale obsolete (anche per emersione di falda), che hanno contribuito sensibilmente a
laminare i deflussi di piena. Nel solo Comune di None, nel triangolo definito dal Capoluogo a W, Cascina Confiengo ad E e Cascina Prato Fiorito a
NE è valutata un’area allagata complessiva pari a 3,5 km2. Si può pertan-
74. Il T. Sessi a Caprie (Valle di
Susa, provincia di Torino) in piena nel tratto apicale del suo conoide, la mattina del 26 agosto
2002, a seguito di piogge temporalesche. L'aspetto tumultuoso
delle acque, caratteristico di molti alvei di montagna, dipende dalle forti irregolarità del canale di
deflusso, inciso in sedimenti
grossolani.
53
a
75. Il nubifragio del 2 settembre
2002 ha causato, nel basso Pinerolese e nella cintura Sud di Torino, in sinistra Po, una piena generale di tutta la rete idrica afferente al sistema idrografico dei
torrenti Lemina e Chisola, vale a
dire una moltitudine di canali
(bealere), fossi campestri ed irrigui a cui è da aggiungersi un generalizzato fenomeno di risalita
di falda che ha generato allagamenti e ristagni idrici in aggiunta
agli straripamenti direttamente
legati a tracimazioni dei corsi
d'acqua. Gli esempi illustrati si riferiscono a: a, b) Capoluogo di
None inondato dalle acque della
Gora dei Mulini; c) pianura del T.
Chisola in prossimità della zona
industriale di None (Stabilimenti
Indesit); d) S.S. 23; e) centro abitato di Piobesi Torinese, inondato dalle acque del T. Essa.
54
to avanzare l’ipotesi che tale
complesso territoriale
abbia
immagazzinato
per diverse ore
volumi liquidi
nell’ordine
di
0,5 milioni di
metri cubi (33).
L’evento meteopluviometrico
ha interessato il settore
medio-inferiore del bacino
del T. Chisola e la zona del
basso Pinerolese che, conformata «a catino», ha dapprima
desunto le acque meteoriche
dalla fitta rete idrografica
superficiale che successivamente si sono
riversate nell’abitato
di
None
attraverso
le
numerose
canalizzazioni irrigue e
bealere
che
d e r i v a n o
dallo stesso
corso d’acqua
ed in particolare dal Rio
d
Torto, tributario destro
del T. Chisola, che vi confluisce appena a monte di None.
Le acque non più regimate si
sono riversate lungo le vie
comunali del Capoluogo ed
hanno raggiunto livelli superiori a 1,20 m nella zona industriale, dove sono stati allagati
diversi stabilimenti, la S.S. 23
del Sestriere per un tratto di
circa 1 km, e la linea ferroviaria Torino-Pinerolo, che è stata
interrotta anche a scopo precauzionale. Nelle strade comunali i livelli sono stati relativamente più bassi (100 cm in Via
Volvera, 70 cm in Via Sestriere
al bivio con Via Amerano, 30
cm nella principale Via Roma,
dove numerose attività com-
b
c
e
merciali sono state invase dalle acque, 60-70 cm in Via Buniva, 50-70 cm
nelle vie Stazione e Molino, dove scorre intubata la «Gora del Molino» (che
nel tratto a valle dell’abitato viene denominata «Gora dei Calzolai»), 40 cm
in Corso Castello e 60 cm al bivio di quest’ultimo con Via San Rocco). La
corrente di piena, proveniente da W dalle bealere (Gora Comunale e Gora
del Passo del Molino) derivate dal Rio Torto e dal Chisola e dal canale di
Airasca, si è espansa in tutta la zona abitata attraverso le vie Amerano,
San Lorenzo, Benedetto Croce, e seguendo i lievi gradienti della zona
urbana, si è diretta verso Est allagando anche Via Beinasco e, raggiungendo la S.P. 140 per Candiolo, si è propagata seguendo la direzione naturale delle acque a Sud del Cimitero Comunale di None allagando tutti i
campi circostanti. Nel settore a valle del Capoluogo, la Bealera Prati della
Valle ha inoltre invaso la parte a SW dell’abitato, isolando alcune cascine
(Cascina Utello) e la Bealera Armazone (che nel tratto a monte è definita
Gora dei Calzolai, già citata precedentemente); le acque fuoruscite hanno
poi allagato altre cascine in località Confiengo di None.
In prossimità dell’abitato di None, a valle della Stazione dei Carabinieri,
un canale, già nelle prime ore del mattino attraversava a corrente veloce
la stessa provinciale, esondando poi nei campi limitrofi. A Piobesi Torinese
(fig. 75e), intorno alle ore 19:00 erano ancora allagate alcune strade
comunali, quali ad esempio la principale Via Torino e Via Don Minzoni e
l’area del Campo Sportivo Comunale in destra, a valle del ponte sul
Chisola. Risulta pure evidente che lungo parte del concentrico di Piobesi
sono state allagate recenti edificazioni in destra del Rio Essa. Il deflusso
idrico proveniente dal reticolo temporaneamente instauratosi lungo la
campagna a monte dell’abitato, unitosi poi alle acque del Rio Essa, si è
riversato lungo le vie comunali con battenti idrici superiori al metro
(Vicolo Cavour, Via Faggiani). Anche nel Comune di Vinovo si sono verificati numerosi allagamenti nella zona prospiciente il Chisola e i rii minori
(Rio Martinetto); in particolare è stata invasa l’intera area limitrofa all’impianto di depurazione e alla Zona Industriale. Per l’esondazione di fossi
irrigui si sono prodotti già dalla prima mattina del giorno 2 vistosi allagamenti che hanno coinvolto il piano stradale (con livelli d’acqua di 30-40
cm) in prossimità del Villaggio Ippico (Villaggio Dega), al bivio per
Stupinigi e Garino (Nichelino). Il Chisola è straripato su entrambe le sponde tra Tetti Piatti e Barauda, nella zona di Moncalieri, e a Tetti Rolle, in
prossimità del Comune di Vinovo, interessando anche zone abitate.
Il T. Chisola ha proseguito con rilevanti esondazioni lungo tutto il suo
tratto a valle interessando ampie zone abitate. A Volvera il Canale del
Molino è straripato interessando le parti basse di un recente complesso di
abitazioni a SW del concentrico; il T. Chisola è tracimato in sponda sinistra a monte del ponte per Airasca, e in sponda destra subito a valle sommergendo altresì la strada per None. La portata al colmo del T. Chisola a
Volvera determinata con metodo indiretto «Slope-Area» mediante rilievo
topografico è stata valutata pari a 260,7 m3/s, equivalente ad un contributo unitario pari a 1,67 m3/s km2 (GODONE, 2002c); per contro, in occasione dell’evento di piena del 29-30 aprile 2000, alla stessa sezione era
stata valutata, con lo stesso metodo, una portata massima del T. Chisola
pari a 195 m3/s, con contributo unitario pari a 1,25 m3/s km2 (GODONE,
2000) (34). Allagamenti diffusi si sono manifestati in regione Pascolo Nuovo
e Serafini e all’ex molino di Via Airasca; questi ed altri settori urbani (Via
Pietro Micca e Via Piscina) sono già luoghi conosciuti per la loro «criticità»
poiché interessati in passato da eventi analoghi di allagamento non solo
prodotti dal T. Chisola, ma anche dal Rio Torto.
In territorio di Virle il T. Lemina (successivamente denominato Rio Oitana)
55
ha sormontato in sinistra la S.P. 138 per un tratto di circa 100 m con un
battente di 20 cm, ed ha proseguito nel tratto a valle interessando la frazione Oitana di Castagnole Piemonte, come ripetutamente osservato in più
occasioni nel corso degli ultimi anni. Sempre in territorio di Castagnole
alcuni canali hanno interessato l’abitato del capoluogo (principalmente
Via Garibaldi, sotto cui sono tombate alcune linee di drenaggio, e Via
Goito, nei pressi del Cimitero). Nel settore a Nord dello stesso abitato, la
Bealera Faletto ha allagato alcuni campi e invaso aree residenziali, compresa la Scuola Elementare, in parte interessate anche da risalita di falda.
La S.P. 141 che collega Castagnole a None è stata in almeno tre punti allagata, in corrispondenza di altrettanti canali minori (Rio del Mulino, che si
getta nel T. Essa, ed un altro paio di rii anonimi).
Alla confluenza del T. Chisola nel Po, il livello di piena ha raggiunto il suo
massimo a partire dalle ore 13 e sino alle 15, mantenendosi costante per
qualche tempo. Nessun danno è stato prodotto nel tratto terminale, se si
escludono erosioni bilaterali abbastanza continue a monte della Centrale
termoelettrica di Moncalieri, più che giustificate nel contesto geomorfologico e dinamico generale. L’effetto più sensibile osservato è stata l’erosione spondale per alcune decine di metri in sinistra, che in alcuni tratti procedeva al ritmo graduale di crolli di sponda per volumi inferiori al metro
cubo a intervalli medi di 5-10 minuti.
L’evento del 2 settembre 2002 ricalca uno scenario naturale che, in condizioni estreme e generalizzate, si ripropone a lunghi intervalli di tempo
(pluridecennali) e investe una superficie complessiva dell’ordine di 30
km2, nell’ambito del bacino di drenaggio del T. Chisola e sino alla confluenza in Po. Episodi locali di esondazione, lungo il corso d’acqua principale e/o corsi d’acqua minori, sono però suscettibili di verificarsi a «scacchiera» sul territorio considerato anche annualmente o più volte l’anno,
secondo la fenomenologia su descritta. Fortunatamente non sempre le
conseguenze sono così gravi e di volta in volta, pur nello stesso vasto areale del Pinerolese e dell’alta pianura a Sud di Torino, cambia la distribuzione delle piogge e di conseguenza l’entità dei processi e degli effetti, sempre tenuto conto delle variabili casuali che regolano distribuzione ed entità dei diversi «solidi» di pioggia.
Le osservazioni effettuate in tempo reale nel corso dell’esondazione hanno
dimostrato che alle acque esondate dal Chisola è riferibile soltanto una
parte degli allagamenti, mentre sono apparsi ben evidenti processi di allagamento e di ristagno d’acque connessi alla fittissima rete idrografica
minore, oltreché a diffuse emersioni temporanee di falda. La dinamica di
propagazione a valle delle acque di piena è apparsa, in più casi, condizionata da strutture antropiche formanti ostacolo e/o guida al deflusso delle
acque anche secondo versi di propagazione non naturali. Si sono inoltre
rilevate condizioni limite di transito delle acque in corrispondenza di alcune opere di attraversamento mantenutesi officiose per l’assenza di detriti
vegetali che avrebbero, in caso contrario, creato pericolose barriere al
deflusso.
Un programma razionale e coordinato di interventi strutturali di riduzione del rischio alluvionale nel territorio considerato varrà sempre e comunque come tale e dovrà necessariamente interfacciarsi con i Piani Comunali
di Protezione Civile, nell’ambito dei quali gli abitanti delle aree vulnerabili dovranno essere resi consapevoli e informati che la prevenzione totale,
basata unicamente su opere di difesa (argini, casse di laminazione, ecc)
non è in alcun modo possibile nel contesto geomorfologico-idraulico su
descritto, già pesantemente interessato dalle esistenti urbanizzazioni, la
cui ubicazione, in più casi, mal si concilia con gli spazi temporanei di per-
56
tinenza delle acque eccedenti le normali capacità degli alvei.
3 SETTEMBRE
In Comune di La Morra (CN), un temporale verificatosi nel pomeriggio del
giorno 3 settembre tra le ore 16:00 e le 17:00 (35) ha investito l’intero
nucleo abitato con conseguenti ingenti danni. Al pluviometro della Rete
Agrometeorologica Regionale si sono raccolti 62,8 mm di precipitazione. I
settori maggiormente colpiti sono state le località Berri, Gallinotto e la
Frazione Annunziata per invasione di materiale fangoso detritico lungo le
strade, e la Frazione Rivalta dove sono state parzialmente invase dall’acqua alcune abitazioni.
Durante la notte, in Comune di Mottalciata (Biellese), il Rio Mestra, che
scende dalle colline della Baraggia, e la Roggia di Mottalciata, canale derivatore del T. Cervo, sono straripati in corrispondenza dell’abitato ed
hanno invaso numerose abitazioni. Episodio analogo si era già manifestato durante la più gravosa alluvione avvenuta nel 1968 (Eco di Biella, 5 settembre 2002).
11 SETTEMBRE
Abbondanti precipitazioni accompagnate da forti raffiche di vento hanno
interessato diversi settori del Piemonte, soprattutto nell’astigiano (San
Damiano, Cisterna e San Martino Alfieri), dove le acque di ruscellamento
hanno invaso alcune sedi stradali e danneggiato diversi vigneti, a
Portacomaro e nel Capoluogo di Asti; nel Torinese (Caselle, Borgaro e
Cirié) si sono avuti numerosi allagamenti dovuti ad acque meteoriche (36).
A Torrazza Piemonte la Roggia dei Molini ha invaso diversi edifici e strade
comunali (Il Giornale del Piemonte, 10 settembre 2002; Comune di
Torrazza Piemonte).
15-18 SETTEMBRE
In Comune di Cusino (Val Cavargna, Como), si è prodotta una frana per
elevata fluidificazione di terreni eluvio-colluviali; in Comune di Porlezza
(Como), località Casarico San Mamete, si è manifestato un franamento di
terreni superficiali, in parte rimaneggiati per azione antropica (37).
Nel tardo pomeriggio del giorno 18, una porzione della fronte sospesa del
Ghiacciaio di Frébouge (Val Ferret, Valle d’Aosta) è crollata sul conoide
sottostante. Il deposito, di superficie pari a 10 ettari, risultava formato da
frammenti di ghiaccio eterometrici (con blocchi superiori ai 20 m³); i margini di tale deposito apparivano ripidi e con altezze variabili (1-5 m), con
evidenze di strutture di taglio. Alcuni blocchi avevano sopravanzato di
100-150 m il fronte dell’accumulo (DELINE & al., 2002).
21 SETTEMBRE
Precipitazioni abbondanti interessano la Liguria, in particolare la zona di
Genova e lo Spezzino. Tra gli abitati di Cogoleto e Varazze il T. Lerrone, in
località Portiglielo, ha invaso con detriti fangosi un camping (Il Giornale,
22 settembre 2002). Sono stati interessati da forti piogge anche alcuni settori al confine con la regione Toscana (Marina di Carrara) e il Novarese,
soprattutto la zona di Arona, Castelletto e Dormelletto (Il Giornale del
Piemonte, 22 settembre 2002).
15 OTTOBRE
In Comune di Loiano (Bologna) «il crollo di un fronte roccioso di circa 100
metri (dell’ordine di oltre 20 mila metri cubi di roccia) ha completamente
interrotto la S.P. 21 ‘Fondovalle del Savena’, per un tratto di circa 30 metri
57
e l’alveo del Fiume Savena con conseguente totale interruzione del traffico
veicolare e formazione di un invaso a monte» (La Protezione Civile italiana,
2003).
16-18 NOVEMBRE
Nei giorni tra il 15 e 17 novembre, in alcune aree del Piemonte sono caduti circa 600 mm di pioggia; in particolar modo presso la Diga del Chiotas,
ad Entracque, si sono registrati 430 mm ed in alta Val Tanaro, presso
Piaggia, 491 mm. Le intense precipitazioni che hanno interessato oltre al
Piemonte anche la Lombardia (300 mm in Valtellina) hanno prodotto diffusi fenomeni d’instabilità di versante e di criticità della rete idrografica,
in particolare nella zona del Verbano.
Ridotti franamenti si sono manifestati lungo la strada provinciale a
Intragna, la S.S. 34 nel tratto compreso tra Cannero Riviera e Cannobio,
la S.S. 337 della Valle Vigezzo, nei pressi del ponte di Paiesco e la strada
regionale del Monte Rosa, nei pressi della località Campioli in Comune di
Ceppo Morelli.
Diverse zone abitate hanno subito fenomeni di allagamento connessi per
lo più all’innalzamento del Lago Maggiore (38), soprattutto a Cannobio,
Cannero Riviera, Intra, Pallanza, Fondotoce, Feriolo, Baveno e Stresa; altri
allagamenti si sono registrati nel Novarese ad Arona e Dormelletto (Il
Giornale del Piemonte, 19 novembre 2002). In 72 ore il Lago ha avuto un
innalzamento di oltre 3 m, raggiungendo la quota massima di 196,67 m;
alle ore 8:00 del 14 novembre l’idrometro di Arona segnava 1,40 m mentre all’alba del 17 era salito a 4,72 m.
A causa delle forti piogge vi è stato, inoltre, un repentino aumento del
livello del Fiume Tanaro (39), con incremento maggiore registrato il 15
novembre. In 24 ore, l’idrometro ubicato ad Alba segnava un aumento di
circa 2 m e mezzo e di 3 m e mezzo in due giorni (Gazzetta di Alba, 27
novembre 2002). Un ulteriore incremento è avvenuto nella giornata del 16
novembre con la punta massima di circa 3 m ad Alba e di quasi 4 m presso l’idrometro di Farigliano (CN). A Ceva, alle ore 13:00 del 15 novembre
il corso d’acqua ha superato il livello di attenzione di 3,40 m, diminuendo
successivamente alle ore 18:00 di 90 cm (La Stampa, 18 novembre 2002).
Anche il Gesso ha avuto un aumento di livello, tracimando in prossimità
di Cuneo e provocando la rottura delle tubature dell’acquedotto; lo stesso
corso d’acqua ha provocato, inoltre, l’erosione di una delle rampe del
ponte tra Borgo e Boves (La Stampa, 19 novembre 2002).
A Fossano lo Stura ha superato il livello di attenzione oltrepassando, il 15
sera, di 10 cm la soglia di rischio mentre a Robilante il Vermenagna è salito di 1,80 m oltre la norma. In località Orse, sempre nel Cuneese, è stata
interrotta la S.S.28 del Colle di Nava per caduta massi sulla carreggiata
mentre a Garessio, in Val Tanaro, la strada provinciale per Casotto e
Pamparato ha avuto un cedimento della sede per alcune decine di metri
(La Stampa, 18 novembre 2002).
In Valsesia, tra le ore 15:00 e 18:00 del 16 novembre, diverse strade provinciali e la S.S. 299 per Alagna, sono state allagate a causa, oltre che dell’intensa precipitazione, dell’intasamento di tombini (La Stampa, 18
novembre 2002).
In provincia di Alessandria, a Castelnuovo Scrivia, il Torrente Scrivia è
uscito dall’alveo nel tratto in cui non era stato protetta la sponda interessata dagli eventi del 1994 e del 2000; a Spinetta Marengo alcuni garage e
scantinati sono stati allagati dalle acque del Rio Lovassina (soggetto a
straripamenti abituali).
Nell’Astigiano, in regione Castellero, nella zona industriale alla periferia di
58
Canelli è crollato un capanno per l’intensa precipitazione, ed in regione
Rocchea, sulla strada per Loazzolo, una colata di fango ha interessato
un’abitazione. A Rocchetta Tanaro si è registrata l’esondazione del Fiume
Tanaro e l’interruzione della strada che si collega con Masio, in prossimità della confluenza di questo corso d’acqua con il Bormida (La Stampa, 18
novembre 2002).
Alla periferia di Novara, tra il 16 e 17 novembre, le acque del T. Agogna
hanno inondato parte della frazione Torion Quartana, mentre a Cesto la
Roggia Mora ha superato le sponde naturali lungo la strada provinciale
per la Valsesia. A Pettenasco, sempre nel Novarese, è stata chiusa la S.S.
127 poiché il 16 novembre si è avuto un cedimento di parte del muretto di
sostegno per un fenomeno di smottamento (La Prealpina, 19 novembre
2002).
In Lombardia, tra il 16 e 17 novembre, il Po è cresciuto di circa 6 cm all’ora e a Cremona ha toccato i 2,74 m sopra lo zero idrometrico con livello di
guardia di 4,19 m (Corriere della Sera, 19 novembre 2002).
In particolare a Cannero si sono manifestati almeno tre fenomeni d’instabilità lungo la S.S. 34 del Lago Maggiore; in corrispondenza della progressiva chilometrica 28+250, si è in parte riattivato un precedente movimento di versante occorso il 7 giugno 1998 (40). Il giorno 3 maggio 2002 la nicchia di distacco ha subito un vistoso approfondimento ed il materiale
detritico nella sua evoluzione verso valle ha coinvolto anche alcuni muretti a secco con mobilizzazione di blocchi litoidi di dimensione submetrica
che si sono arrestati lungo il pendio senza raggiungere la strada sottostante. Lungo la stessa S.S. 34, in corrispondenza del Km 28+950, si è
riattivato altro processo d’instabilità manifestatosi già nelle prime ore del
giorno 11 novembre 2000 (41) e in modo più contenuto nel giugno 2001,
parzialmente oggetto di recenti interventi di contenimento. Tale fenomeno,
assimilabile ad un scivolamento rotazionale nella copertura detritica
superficiale, poi evolutosi in colata di fango, ha subito un ampliamento
della zona di innesco, di larghezza pari a circa 70 m, ed ha prodotto la
mobilizzazione del materiale detritico colluviale costituente il pendio in
concomitanza al perdurare delle precipitazioni.
Anche in Valtrompia, si è avuto un movimento gravitativo in prossimità
della S.S. 345, con interruzione di questa e conseguente isolamento di
San Colombano. Diversi comuni della provincia di Sondrio sono stati interessati da frane ed esondazioni come Albaredo per San Marco, Bema, Villa
di Tirano e Castello dell’Acqua; nella provincia di Bergamo, in Val Seriana
e Val Brembana, i comuni maggiormente colpiti da fenomeni gravitativi
sono stati Branzi, Valgoglio, Gandellino e Ardesio (Corriere della Sera, 19
novembre 2002).
In Comune di Talamona (bassa Valtellina) le abbondanti precipitazioni
hanno comportato concentrazioni di flusso idrico lungo i corsi d’acqua,
tali da manifestare diverse criticità. In particolare lungo tutta l’asta del
Torrente Roncaiola si sono mobilizzati rilevanti quantitativi di detrito;
l’apporto di materiale ha prodotto, in corso di piena, parziale ostruzione al
deflusso soprattutto in corrispondenza degli attraversamenti stradali e
delle opere idrauliche. Lungo l’asta de «La Valle Faedo», affluente sinistro
del T. Roncaiola, si è prodotta localmente erosione di fondo a danno delle
strutture accessorie e delle tubazioni di adduzione dell’acquedotto comunale. Anche lungo i torrenti Tartano e Malasca si sono rilevati intensi processi di rimobilizzazione di materiale detritico in alveo. Il Torrente Civasca
è esondato in più tratti, per l’abbondante apporto dei tributari, in particolare del «Vangun», che lo alimentano; il materiale detritico-fangoso si è
riversato lungo le strade ed ha interessato anche alcuni edifici residenzia-
59
a
76 a, b, c. Valle del Torrente Bitto, presso il Capoluogo di Albaredo (bassa Valtellina). Intense e
abbondanti piogge del novembre
2002 hanno provocato numerosissimi soil slip, particolarmente
in aree prative su terreni a forte
pendenza, coinvolgenti, come di
regola, spessori di suolo generalmente esigui ma innescati da cospicue scaturigini che hanno poi
prodotto intensi fenomeni di ruscellamento concentrato nei materiali di frana e nelle sottostanti
incisioni (fotografie per gentile
concessione del Comune di Albaredo per S. Marco).
60
li e la zona industriale.
L’apporto
detritico ingente (42)
verificatosi lungo il
Torrente Raciga (o
Ranciga) è verosimilmente da riferirsi
ad un fenomeno frab
noso manifestatosi
nel settore in quota
del bacino, che una
volta incanalatosi si
è riversato a valle
andando ad ostruire
l’opera di attraversamento esistente
in corrispondenza
della confluenza con
la valle Valsciga (43);
interventi tempestivi hanno impedito
l’invasione da parte
dei detriti della zona
abitata,
mentre
«l’acqua
fuoriuscita
c
ha invaso i terreni
limitrofi ed i fondi
sottostanti sino ai capannoni della zona industriale provocandone l’allagamento con deposito di ‘lita’ (44) che hanno invaso anche buona parte della
viabilità» (Rapporto d’evento, Comune di Talamona, 19 novembre 2002). Si
sono prodotti, inoltre, sul territorio comunale alcuni fenomeni di fluidificazione superficiale lungo i versanti, con locale invasione di materiale
detritico a danno della viabilità. Frane superficiali più o meno estese
hanno interessato l’alto bacino del Lesina in Comune di Delebio.
In Comune di Piateda diversi tratti di strade comunali (Piano-Previsdomini-Piateda Alta; Sazzo-Galli-Marocca; Monno-Vedello, che costeggia il T.
Venina) sono stati invasi da detriti per apporto solido da torrenti e valgelli minori (es. T. Seriolo/Paiosa), nonché per fluidificazione dei terreni
superficiali a monte dei tracciati viabili, con diverse interruzioni al transito. Particolarmente gravose le situazioni verificatesi nel nucleo abitato,
nei settori a monte di Via Paleari e di Via San Pietro Martire, zona Bosco
e Pam-Forti e a monte della confluenza del T. Seriolo, dove si è proceduto
con l’evacuazione prudenziale degli abitanti per «smottamenti» dal pendio
retrostante le abitazioni (Fonte: Comune di Piateda).
In provincia di Sondrio, nel Comune di Albaredo per San Marco (fig. 76),
a monte del Capoluogo, si sono prodotte numerose frane superficiali e
fenomeni di erosione concentrata, chiaro sintomo di re-impostazione di
una rete di drenaggio naturale, nell’ambito di un bacino idrografico, quale
quello del T. Bitto (fig. 77), in evidente stadio geomorfologico «giovanile».
Alcuni tornanti della statale per il Passo San Marco e altri tratti di strada
hanno in parte smorzato l’impatto delle numerose colate superficiali, fluite ad alta velocità e con prevalente matrice limoso-sabbiosa, tali da imprimere diffuse tracce sui muri di alcune case (fig. 78), fortunatamente senza
evidenti danni strutturali. Si sono altresì prodotti tipici soil slip (frane per
elevata saturazione e fluidificazione rapida di suoli), con nicchie di distac-
co impostate su impluvi o punti casuali del versante, situazione questa
che evidenzia ancora una volta l’assoluta imprevedibilità di tali processi.
La densità delle frane di scivolamento è stata stimata pari al 37%, mentre
le colate hanno rappresentato il 30% delle tipologie di fenomeni occorsi,
raggiungendo per il solo territorio di Albaredo per San Marco (SO) una
densità di 33 inneschi/km2 (BAILO & al., 2004). Sopra Albaredo, inoltre,
alcuni processi di trasporto in massa si sono osservati lungo il «Vallun
Rasure», che ha avuto il massimo di criticità tra le 15 e le ore 17 del giorno 16 novembre; il vallone anonimo di fronte allo stesso abitato di
Albaredo (versante sinistro) ha invece «scaricato» nella sera, intorno alle
18:30, provocando un «gran boato» secondo le testimonianze di alcuni presenti (fonte Comunità Montana Valtellina di Morbegno). Presso Arzo (SO)
si è manifestato un soil slip isolato.
In località Sazzo, nel Comune di Ponte in Valtellina (SO), in sinistra idrografica del F. Adda, un soil slip isolato manifestatosi nel primo pomeriggio
del 16 novembre 2002, innescatosi lungo un versante boscato (fig. 79) a
causa delle acque meteoriche convogliate dalla strada comunale soprastante ha investito un’autovettura in transito provocando due vittime, e
riversando circa 500 m3 di detrito.
Nel Comasco, il Torrente San Vincenzo (fig. 80) durante la piena ha trasportato notevoli quantitativi di materiale solido, al punto di colmare di
detriti le recenti strutture di contenimento messe in opera successivamente all’evento del 1997 (TROPEANO & CURTARELLO, 1998). La città di Como
ha subito un parziale allagamento ad opera del Lago, attestatosi ad un
livello di circa 160 m di quota s.l.m. (La Prealpina, 20 novembre 2002). A
causa di una frana è stata interrotta la S.S. 340 «Regina» all’altezza di
Colonno, così come l’autostrada A9 Como-Chiasso dopo l’uscita di ComoMonte Olimpino.
La provincia di Varese è stata interessata da fenomeni di esondazione, così
come il Verbano; il Lago Maggiore in crescita ha invaso il lungolago di
Laveno Mombello (fig. 81) (LUINO & al., 2005); il Ticino ha provocato danni
a
b
77. Le intense piogge del 16 novembre 2002 hanno avuto per
epicentro, in bassa Valtellina, il
versante destro del T. Bitto di Albaredo dove, in prossimità del
Capoluogo omonimo, si sono innescate decine di frane nella cotica di suolo superficiale, per lo
più prativa, a forte componente limosa. Talora le abbondanti scaturigini, unitamente alle acque di
intenso ruscellamento superficiale hanno prodotto deflussi eccedenti le opere di canalizzazione e
regimazione esistenti, con conseguenze peggiorative nel caso di
strutture rigide come nel caso illustrato.
78. Valle del Bitto di Albaredo per
S. Marco (Sondrio): a, b) abitazione marginalmente colpita da un
soil slip innescatosi, nel corso
dell'evento del novembre 2002,
su forte pendio privo di ostacoli,
il che ha determinato un forte incremento di velocità e di energia
cinetica ben testimoniato dall'altezza delle tracce lasciate sui muri dell'edificio.
61
79. In seguito alle piogge del novembre 2002, soprattutto il versante sinistro della bassa Valtellina è stato interessato da sparsi
franamenti, per lo più a carattere
superficiale: le acque ruscellanti
copiosamente su un versante ove
poco o nulla è valso, in pieno autunno, l'effetto protettivo della
coltre boschiva, alle quali sono da
aggiungere le abbondanti acque
di recapito di una soprastante cunetta stradale, hanno prodotto
una decina di scaturigini seguite
da scollamento e dilavamento di
detrito superficiale; il fenomeno si
è risolto, poche decine di metri a
valle, in un deposito di colata che
ha travolto una vettura in transito con la perdita di due vite umane.
80. (in alto a destra) Le piogge
persistenti del novembre 2002
hanno prodotto consistenti apporti detritici nell'alveo del T. San
Vincenzo presso Gera Lario (CO),
che nel tratto medio-apicale del
suo conoide sono risultati ben
contenuti dalle strutture di protezione esistenti, mantenute in costante efficienza dall'Amministrazione di quel Comune, che
nell'agosto 1951 ebbe a subire
conseguenze catastrofiche nell'abitato.
62
al Camping di Lisanza a Sesto Calende e l’Olona ha coinvolto la strada per
Gazzada. Fenomeni gravitativi hanno interessato, in Piemonte, la strada
provinciale per Bognanco e la frazione Cravegna nel Comune di Crodo,
dove un’abitazione è stata sfiorata da frana, e, in Lombardia, la Valle
Brembana lungo la strada per Valgoglio (La Prealpina, 19 novembre 2002).
23-27 NOVEMBRE
Dal 23 al 27 novembre si sono verificate intense precipitazioni con una
media di quasi 400 mm di pioggia in Liguria, Lombardia e Friuli-Venezia
Giulia. Nella prima di queste regioni si sono registrati, in quattro giorni,
475 mm a Vicomorasso (Genova) e 418 mm a Torriglia (Genova); nel
Bergamasco, a Carona 431 mm in 5 giorni, a Valtorta 276 mm e a Valle
Dorizzo (BS) 233 mm. Il fiume Brembo ha raggiunto la portata di 750
m3/s a San Pellegrino Terme e 1130 m3/s a Ponte Priolo il 26 novembre
(AUT. BACINO FIUME PO, 2003). In Friuli, in Provincia di Pordenone, 532 mm
a Piancavallo e Claut e 511 mm ad Andreis. Nella sola giornata del 26
novembre, in questi ultimi tre comuni, si sono avuti rispettivamente 217
mm, 248 mm e 200 mm di pioggia (Il Gazzettino Pordenone, 27 novembre
2002).
In Piemonte i danni più gravi sono stati registrati, in particolar modo, nel
Basso Piemonte e nel Verbano. Nella prima zona ad aver superato il limite d’attenzione non è stato solamente lo Scrivia, ma anche il Tanaro, il
Belbo, l’Orba ed il Po (La Stampa, 27 novembre 2002) (45). Nella provincia
81. Lungolago di Laveno Mombello invaso dalle acque del Lago Maggiore il 26 novembre 2002.
82. Torrente Scrivia in piena presso Arquata Scrivia alle ore 13:50 del 26 novembre 2002. Le acque hanno scalzato la pila centrale del ponte provocando il suo abbassamento e la relativa interruzione della viabilità.
a
b
di Alessandria lo Scrivia è esondato, causando la chiusura del tratto della
A7 Milano-Genova tra Tortona e Casei Gerola e della strada provinciale tra
Vignole Borbera e Arquata a seguito del cedimento di una pila di un ponte
(fig. 82). A Castelnuovo Scrivia, con il torrente in piena (fig. 83a) nel tardo
pomeriggio del 26 novembre sono state allagate alcune abitazioni (fig. 83b)
poste circa 300 m a monte del ponte principale sullo Scrivia.
Alcune valli del Genovesato, in prossimità dello spartiacque padano (ad
esempio quelle dei torrenti Verde ed Entella) sono state colpite da numerose frane ed allagamenti. Le intense precipitazioni si sono estese in parte
dell’alta Valle Scrivia (bacino del T. Vobbia) (46); per conseguenza una
piena piuttosto elevata ha interessato il corso d’acqua principale (47); tutta
la fascia lungo le sponde dello Scrivia, da Arquata sino a Tortona è stata
occupata dalle acque e tale ancora si presentava una settimana dopo, il 2
dicembre, nel corso di ricognizione aerea effettuata in collaborazione con
i VVF, Nucleo Elicotteri di Torino. Nel suo tratto compreso tra gli abitati di
Villalvernia e Rivalta Scrivia, a Sud di Tortona (Alessandria) il T. Scrivia
assume una geometria a canali «anastomosati» (tipo braided) poco incisi e
con tendenza a disegnare forme di divagazione laterale. La distesa di
materiale alluvionale (per lo più ciottoloso) appare solcata da una rete di
canali poco incisi negli stessi depositi, che caratterizzano l’alveo di
«magra». Nel corso delle piene (più frequenti nella stagione autunnale)
tutto o quasi l’alveo viene inondato ed in fase di decrescita il deflusso
superficiale si limita ai canali «anastomosati» in corrispondenza dei quali
la corrente esercita una debole azione erosiva.
Tale morfodinamica, intrinseca alle caratteristiche geomorfologiche del
modello fluviale e manifesta già da diversi decenni, ha portato il corso
d’acqua ad avere una sezione di deflusso di piena molto ampia (all’altezza
di Rivalta Scrivia), con attivazione di locali processi di erosione laterale
alternati a fasi di deposizione casuale di detriti a pezzatura medio-grossolana.
Nel corso dell’evento del 26 novembre 2002, le acque hanno invaso con
battenti idrici anche superiori a 1,10 m un’ampia porzione del fondovalle
e occupato antiche depressioni, provocando un’ampia lunata di erosione
a carico della stessa sponda sinistra, di fronte alla Cascina Carcassola
(Rivalta Scrivia), a testimonianza dell’ampia variabilità di processi che
possono manifestarsi in corsi d’acqua con andamento pluricanale. La tendenza ad invadere tali appezzamenti di terreno in sinistra Scrivia è testimoniata dalla presenza di difese discontinue, della tipologia costruttiva
83. Castelnuovo Scrivia: a) ponte
principale sullo Scrivia alle ore
16.15 del 26 novembre 2002; b)
case e strade allagate alcune centinaia di metri a monte del ponte,
in sinistra idrografica.
63
tipica dei primi anni ’50, ascrivibili a «pennelli» o repellenti
4.0
(denominati localmente «buzzo25.11.2002
26.11.2002
ni»), rappresentati da elementi
3.5
cilindrici di lunghezza variabile
addossati l’uno in adiacenza
3.0
dell’altro o usati singolarmente,
2.5
costituiti di materiale ciottoloso
a pezzatura pressoché omeomePioggia
2.0
H idrom.
trica medio-grossolana trattenuto da rete metallica. Tali dife1.5
se o «respingenti», utilizzati in
genere nelle immediate vicinan1.0
ze del corso d’acqua, o posti in
prossimità di esso, per allonta0.5
nare le acque, contrastandone
la spinta e quindi la temuta ero0.0
sione, oggi si trovano (come visibile però già nelle riprese aeree
effettuate nel 1976) a distanza
considerevole (diverse decine di metri dalla sponda attiva del T. Scrivia).
Nel periodo di osservazione più recente (tra il 1994 e il 2002) non sono
rilevabili apprezzabili variazioni dell’andamento dell’alveo, salvo le naturali e casuali divagazioni che portano a temporanea formazione di canali
e locali processi erosivi a danno della sponda, costituita da elementi ciottolosi facilmente asportabili, come rilevabile dalle fotografie aeree del
1994, in sponda sinistra appena a valle della località Carcassola. Va tuttavia rilevato che in occasione di eventi anche poco più che ordinari (come
quello avvenuto nel novembre 2002) il sito di osservazione possa essere
oggetto di processi erosivi e/o deposizionali (a discrezione del corso d’acqua), o di semplice invasione d’acqua per sommersione.
Da un esame dei livelli idrometrici registrati a cura dell’Ufficio Tecnico
della Provincia di Alessandria per un periodo di oltre cinquant’anni, tra il
1882 e la fine degli anni ’40, in particolare dall’analisi dalle oscillazioni
mensili dei massimi e minimi rilevati alle stazioni di Tortona (1882-1947)
e di Cassano Spinola (1882-1932) (per un complessivo ammontare di circa
750 dati), siti abbastanza rappresentativi dell’andamento del T. Scrivia
per il settore d’indagine, sono emerse considerazioni interessanti. Mentre
i «massimi» rilevati spesso sottostimano l’effettivo livello di piena in quanto i valori registrati venivano «letti» sempre intorno alle ore 12:00 di ciascun giorno e quindi più facilmente in fase di crescita o decrescita delle
acque e difficilmente in concomitanza del picco di piena, i «minimi» individuano condizioni di «magra» più prolungate nel tempo e possono essere
confrontati i valori tra le due stazioni prese a riferimento. Dalle oscillazioni rilevate, vi sono tre periodi con maggiori «concentrazioni» di fasi di minimo tra gli anni 1901-1905, 1920-1921 e 1924-1926 (con valori anche di
–0,80 m), in entrambi i siti di registrazione, che scartano la possibilità di
eventuali erosioni localizzate a danno del letto e semmai confermano l’instaurarsi di canali di deflusso, per un certo intervallo temporale, più incisi.
In occasione di piena ordinaria le sponde del T. Scrivia, nel tratto in prossimità di Rivalta Scrivia, possono essere soggette ad invasione di acque di
piena e, se mutano anche solo lievemente le condizioni a monte (sia per
effetto antropico che naturale) esse possono andare soggette a processi di
«inversione» di tendenza (da lungo tempo ascrivibili per lo più a prevalen-
Precipitazioni orarie a Rossiglione e livelli dell'Orba a Casalcermelli (AL)
70
24.11.2002
60
50
84. Rappresentazione semplificata dell'evento meteopluviometrico del 25-26 novembre 2002
nelle valli Orba e Stura, mediante l'analisi dei dati di due
stazioni di riferimento del CNRIRPI Torino: Rossiglione (precipitazioni, in sinistra) e Casalcermelli (livelli idrometrici, in destra); sulle ascisse la scala temporale (in ore).
64
23.00
21.00
19.00
17.00
15.00
13.00
9.00
11.00
7.00
5.00
3.00
1.00
23.00
21.00
19.00
9.00
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3.00
1.00
23.00
21.00
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15.00
0
17.00
10
15.00
20
13.00
30
11.00
m
mm/h
40
ti processi deposizionali nel tratto illustrato) e quindi l’erosione laterale
può procedere anche in tempi relativamente brevi vista la scarsa consistenza del materiale detritico costituente la sponda stessa.
In un contesto geografico più vasto, dalle indagini in aree sperimentali,
attrezzate dall’IRPI di Torino con pluviografi e idrometrografi da una quindicina d’anni, è emerso che per quanto riguarda la serie di piene che ha
interessato i bacini del Piemonte meridionale, quali Erro, Bormida di
Spigno, Bormida riunita, Orba, l’evento pluviometrico del 25-26 novembre
ha prodotto una piena con brusca risalita alla stazione di misura di
Casalcermelli (m 3,50: massimo nel periodo di osservazione) (fig. 84). E’
stato riconfermato il breve tempo di risposta (4-5 ore) del pur vasto bacino, riferito alle stazioni pluviometriche sub-baricentriche di testata, e
quindi il particolare interesse di proseguire gli studi lungo tale asta torrentizia anche tenuto conto dello storico pericolo che essa ha sempre rappresentato per i sobborghi della città di Alessandria.
In provincia di Verbania, diversi comuni sono stati allagati dalle acque del
Lago Maggiore (48) come Feriolo, Baveno, Mergozzo ed Arona (La Stampa,
27 novembre 2002).
Il Cuneese è stato sede di diversi processi d’instabilità di versante come
quelli che hanno coinvolto i comuni di Pamparato e la località Rivoli ad
Alba, in cui c’è stato il coinvolgimento di una strada privata che conduce
ad un agriturismo. Presso il Comune di S.Stefano Belbo, in particolar
modo alla collina di Gaminella, vi sono stati movimenti gravitativi che
hanno portato al danneggiamento della strada Robini che conduce a
Carelli ed in località Bauda (Il Gazzettino, 29 novembre 2002).
Il giorno 24 novembre a Chiavari (GE), nel quartiere Franca, il Torrente
Rupinaro in piena non è stato più contenuto dagli argini che hanno ceduto provocando un’onda di piena improvvisa che si è riversata contro adiacenti edifici; un uomo ha perso la vita travolto dalla massa d’acqua. «A
Leivi, sulle alture di Chiavari… le frazioni di Villa Oneto e Camposasco sono
isolate per frana… a San Colombano Certenoli, in Via Fontanabuona, già
colpita da precedenti alluvioni… una frana ha bloccato la statale 225…» (La
Stampa, 25 novembre 2002).
Nel Genovese il Torrente Bisagno ha subito un aumento di livello arrivando al suo massimo nelle prime ore del 26 novembre, ma, nonostante le
abbondanti piogge, il corso d’acqua, in ambito cittadino, è sempre rimasto
al di sotto del livello di sfioro di 2 metri. Alcuni rigurgiti dalla rete delle
acque bianche hanno, però, provocato l’allagamento di garage ed il franamento di alcune parti di sponda del corso d’acqua.
Il 27 novembre una frana si è abbattuta da un’altezza di circa 40 m sulla
S.S. 20 del Colle di Tenda, tra i Km 136 e 137, tra i comuni di Airole e San
Michele, a poca distanza dal confine francese (La Stampa, 28 novembre
2002).
A Piateda (Sondrio) a distanza di pochi giorni, si sono verificati nuovi fenomeni di piene di «valgelli» con trasporto solido e apporti detritici in corrispondenza degli attraversamenti stradali, e locali cedimenti di versante
lungo la viabilità comunale (strada per Ambria, interrotta anche per la
piena del T. Zappello e strada per la località San Giuseppe). Effetti minori si sono rilevati in corrispondenza delle località Busteggia e Barzellini
(Comune di Piateda).
Grazie ad un rapporto collaborativo ormai consolidato da diversi anni con
i Vigili del Fuoco, Ispettorato Regionale del Piemonte, ed in particolare con
i piloti e tecnici del Nucleo Elicotteri di Torino si è resa possibile una ricognizione che ha permesso di visualizzare secondo un piano di volo prestabilito, e nell’arco di 4 ore circa (tra le 12:20 e le 16:20 del 28 novembre),
65
85. Movimenti gravitativi, fenomeni torrentizi ed inondazioni sul
fondovalle del Fiume Adda nell'ultima decade di novembre
2002.
66
le tracce degli allagamenti e delle inondazioni che hanno in particolare
funestato il territorio lombardo nella terza decade di novembre. Per ragioni logistiche, il sopralluogo si è limitato alla zona dei Laghi di Varese e
Como, alla bassa Valtellina e a sezioni di deflusso significative lungo le
aste dei corsi d’acqua compresi tra i fiumi Sesia e Adda; i risultati emersi
da tale ricognizione non potevano che esser di larga massima, utili tuttavia per visualizzare in quasi contemporaneità l’evoluzione degli allagamenti nell’areale indagato.
Tutti gli specchi lacustri, pur con acque in ritiro, presentavano ancora
livelli elevati, tali da interessare zone edificate perilacuali, come il Lago di
Varese, quelli minori di Alserio, Pusiano, Annone ed il Lago di Como, ramo
di Lecco. Particolarmente evidente ed estesa è apparsa l’inondazione nell’alto Lario, nella zona del Piano di Spagna, ove confluiscono le acque
dell’Adda e del Mera, provenienti queste ultime dalla Valchiavenna, unica
valle non interessata da fenomeni di instabilità per l’evento del 23-26
novembre, che tuttavia ha fornito un sensibile contributo all’immissario.
La valle dell’Adda sopralacuale ed i versanti adiacenti sono stati perlustrati rapidamente sino all’altezza di Sondrio, focalizzando l’attenzione
sullo stato di piena dei torrenti tributari, dell’asta principale e le condizioni di allagamento residuo nella piana dell’Adda (fig. 85). Oltre a quello
principale, tutti i corsi d’acqua minori apparivano in stato di piena «ordinaria» e senza tracce di trasporto solido, con acque appena intorbidite se
non perfettamente chiare, tenuto conto altresì del relativamente basso
limite delle nevi cadute in quei giorni. Unica eccezione è apparsa il
Torrente Bitto presso Morbegno, d’intenso colore giallastro perchè ricco di
limi e sabbie in sospensione, dilavati dai numerosi accumuli di frane per
colata superficiale, soprattutto verificatesi nella settimana precedente (16
novembre) nei versanti del Bitto, ramo di Albaredo, che si erano depositati nella stretta incisione valliva sottostante. A monte, in destra idrografica, apparivano ancor torbide le acque di un canale che recapita in Adda
gli apporti dei «valgelli» soprastanti l’abitato di Ardenno, pesantemente
colpito da flussi fangoso-detritici nell’estate 1998 e ancor una volta interessato, il giorno 26 intorno alle ore 7:00, dagli apporti solidi dei «valgelli»
e soprattutto dalla Valle Scalini malgrado cospicui lavori di contenimento
delle colate nel frattempo eseguiti.
Non si sono constatati, ed in particolare sul versante sinistro dell’Adda,
che pochi franamenti superficiali sparsi, ancor legati all’evento del 16
novembre e al più «rinfrescati» dalle piogge dei giorni 26-27 novembre.
Nella piana dell’Adda, per lo più occupata da coltivi con edifici sparsi,
apparivano ancora tracce di allagamento residuo, con acque chiare che
colmavano lievi depressioni o tendenzialmente anse obsolete di antichi
percorsi fluviali. Nell’insieme tali allagamenti sono apparsi verosimilmente più legati ad emersioni di falda idrica superficiale o a «verse» connesse
all’idrografia minore che a tracimazioni d’alveo principale. Tali specchi
d’acqua, vere e proprie pozze residuali, sono apparsi via via più frequenti
col procedere a valle, come era logico attendersi.
Anche lungo la sponda orientale del Lario, i numerosi torrenti che intersecano le alte bastionate rocciose che delimitano lo specchio lacustre non
presentavano traccia alcuna di piena sensibile, salvo il T. Pioverna, contrassegnato da acque di intenso colore giallo-rossiccio, segno di franamenti verificatisi più a monte nel suo vasto bacino.
In provincia di Lecco sono stati segnalati numerosi eventi d’instabilità di
versante come ad Onno (Oliveto Lario), Limonta, Torre de’ Busi,
Valgreghentino ed in località Monte Barro (Galbiate). A Premana, nella
notte del 27 novembre, si sono verificati due movimenti gravitativi che
hanno provocato la chiusura della strada provinciale e del collegamento
tra l’area industriale di Giabbio e le altre vie di comunicazione locale. A
Calolziocorte, mercoledì 27 alle ore 8:00 circa, si è avuta una frana di
circa 1.000 m3 di volume i cui detriti si sono riversati nell’alveo del
Torrente Buliga. Giovedì 28, alle ore 8:50, si sono avuti i primi segnali di
movimento gravitativo lungo la S.P. 72 tra Colico e Dorio; alle 11:00 è franato il muretto di sostegno (10 m di altezza) sovrastato da rete paramassi
(Il Giornale di Lecco, 2 dicembre 2002).
Tornando alle osservazioni aeree dirette, nel pomeriggio del 28 novembre
le acque del Lago di Como, se si escludono i
moderati apporti di torbida all’estremo superiore,
da parte dell’Adda alla sua immissione, apparivano nel complesso limpide e con sporadiche zone
di detriti vegetali in flottazione. In particolare alla
sezione emissaria di Lecco, ed all’incile del successivo Lago di Olginate le acque sono apparse
chiarificate anche se ancora in gran piena e tali
da occupare ancora qualche plaga delle bassure
adiacenti, dove alcuni cascinali apparivano pur
sempre circondati dalle acque d’inondazione
dell’Adda sublacuale.
Anche i corsi d’acqua minori della zona tra
Varese e Bergamo sono apparsi contenuti nei loro
alvei e con acque appena intorbidite pur presentando talora modeste tracce di esondazione.
Successivamente si è percorsa una rotta di volo,
grosso modo parallela all’asse dell’Autostrada
Venezia-Torino, tale da intercettare i corsi d’acqua a Nord dell’area metropolitana di Milano. Il
grado di antropizzazione pressochè totale ha permesso di scorgere appena i corsi d’acqua che
attraversano le aree abitate e industriali, tutti
rientrati nei loro modesti alvei canalizzati salvo il
Lambro che presentava ancora qualche plaga di
esondazione dove i pochi spazi liberi hanno consentito alle acque di espandersi.
Il Fiume Ticino è l’unico, tra tutti i corsi d’acqua
86. Zona Nord-Est di Milano: aree
inondate dai fiumi Lambro ed Adda nel periodo 23-27 novembre
2002.
67
a
b
87. a) Milano: zone del Parco
Lambro inondate dalle acque del
fiume omonimo; b) Capoluogo di
Lodi: aree inondate dalle acque
del Fiume Adda con indicazione
in rosso delle altezze (cm) raggiunte dalle acque (elaborazione
grafica Dr. Lerbini).
88. Vista aerea di Lodi: a) ampie
zone allagate, in sinistra idrografica, a valle del ponte sull'Adda;
b) particolare di un quartiere dove sono ben evidenti i limiti raggiunti dalle acque (per gentile
concessione dott.sa Caperdoni).
a
68
osservati nel corso del sopralluogo, che presentava ancora
quasi tutte le sue zone di golena occupate da acque (49),
mentre, procedendo verso W e già in Piemonte, il
Terdoppio, l’Agogna, il Sesia, la Dora Baltea, e le campagne
a tali fiumi adiacenti apparivano sempre meno coinvolti
dall’evento piovoso dei giorni precedenti.
All’incirca negli stessi ambiti territoriali interessati da questo evento, nell’autunno del 1976 replicati eventi piovosi,
iniziati in settembre e conclusi a metà novembre generarono numerosi, sparsi dissesti sui versanti, oltre a una piena
d’acque (laghi, torrenti e fiumi) che interferì con negative
conseguenze
su
abitati
e
infrastrutture.
Indipendentemente da un raffronto con la situazione idrologica di allora, l’impressione di chi scrive è che l’evento qui
descritto, quasi geograficamente si sovrappone a parte delle aree del basso
Piemonte, del Verbano e della Lombardia colpite 26 anni addietro. Esso
ricalca in tono comunque minore, sia per estensione di territorio che per
intensità degli effetti, gli stessi scenari geografici di allora.
Le abbondanti precipitazioni abbattutesi su ampie aree delle Prealpi lombarde nei giorni 23-26 novembre e ancora in forma discontinua nei giorni successivi, hanno totalizzato valori pari alla metà, o addirittura superiori, rispetto alla precipitazione media annua. Oltre a diffuse esondazioni lungo i corsi
d’acqua Ticino,
Lambro,
Adda
(50) ,
Olona,
b
Seveso ed ulteriori corsi minori (T. Trobbia, Bevera, Lura, Molgora,
S.Antonio, Rio Torto e Canale Muzza) la regione lombarda è stata interessata da numerose frane, alcune delle quali di imponenti dimensioni.
Diversi corsi d’acqua hanno avuto un incremento di livello tale da esondare ed invadere parte dei comuni limitrofi come il Fiume Lambro (fig. 86)
che ha inondato, con le sue acque, il centro storico di Monza ed i comuni
di Ponte Lambro, San Maurizio di Cologno Monzese, Brugherio e il Parco
Lambro in Milano (fig. 87a). A causa della piena di tale corso d’acqua è
stato, inoltre, chiuso il ponte a Melegnano, sulla Via Emilia, nel tratto
Milano-Lodi. Altri comuni sono stati interessati direttamente dall’inondazione come Luino, Laveno Mombello, Sesto Calende nel Varesotto, Vaprio
d’Adda e Lodi (fig. 87b, 88, 89) le cui zone abitate più depresse sono state
invase dalle acque dell’Adda (le cui portate di piena dei giorni 17 e 24
novembre hanno raggiunto, se non superato localmente, i massimi storici degli ultimi due secoli), Borgoforte e S.Benedetto Po nel Mantovano (La
Stampa, 27 novembre 2002).
Un’ulteriore valutazione speditiva dei fenomeni e degli effetti accaduti è
stata resa possibile, il 1° dicembre (primo giorno di tempo sereno con condizioni ottimali di visibilità), grazie all’elicottero messo a disposizione dal
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri presso la Sezione territoriale di Orio al Serio, con sorvolo secondo rotte opportunamente prestabilite
sulle valli Pioverna (Provincia di Lecco), Seriana, Brembana, Imagna
(Provincia di Bergamo). Sopralluoghi a terra hanno fatto seguito lo stesso
giorno ed in quelli seguenti, anche in corso di nuove precipitazioni che
hanno suscitato ulteriori motivi di apprensione nelle località già colpite.
Sui fenomeni di maggiore rilievo è stato effettuato un esame retrospettivo
preliminare in base alla documentazione disponibile ed un’analisi fotointerpretativa multitemporale, da stereofoto degli ultimi 50 anni.
In generale non si sono constatati in nessuna località (al contrario di
quanto osservato nei giorni precedenti in alcuna aree della Valtellina)
fenomeni di frana per saturazione e colata rapida di suolo. Si è però avuto
modo di osservare isolati fenomeni d’instabilità superficiale, quasi sempre
coinvolgenti la viabilità, su cui non ci si è soffermati. Val tuttavia la pena
segnalare un incipiente fenomeno di scorrimento rotazionale che, in
Comune di Almenno, ha coinvolto senza gravi lesioni apparenti, una villa
di recente costruzione a lato della S.P. 172, interessando la sede stradale
89. Lodi: le acque dell'Adda hanno provocato la fuoriuscita di gasolio da alcune cisterne per il riscaldamento domestico.
90. La S.P. 5, in Valle del Bitto (sinistra Adda in Valtellina), collega
la strada di fondovalle con il Capoluogo di Bema: essa è ripetutamente soggetta a crolli lapidei
e franamenti vari, che ne fanno
una via di comunicazione particolarmente pericolosa in circostanze meteorologiche avverse,
come appunto è accaduto nel novembre e dicembre 2002. In tale
occasione il transito è rimasto interrotto per circa due mesi. E' qui
illustrata una massa fluida fangoso-detritica riversatasi lungo il
Canale del Lora, inciso negli
«gneiss di Morbegno».
69
b
c
a
91. Nell'ambito della grande massa di depositi non coerenti in cui
si è manifestata la frana di Bindo (Cortenova, provincia di Lecco), il versante destro del T. Rossiga è stato intaccato da alcune
frane superficiali (a); si è così generata una colata detritica che ha
invaso, in sinistra idrografica, i
cortili e i piani terreni di alcune
abitazioni (b). La colata detritica
del Rio Rossiga ha anche parzialmente ostruito il ponte della
vecchia sede della strada provinciale, a pochi metri dalla sede della nuova (c).
stessa che è stata asportata per una decina di metri. La voragine così formatasi ha intrappolato un’autovettura in transito che è stata fluitata un
centinaio di metri a valle senza grave danno per i due occupanti. In
Comune di Bema (Sondrio) si è avuta una riattivazione della frana, già
nota per fenomeni analoghi verificatisi nell’aprile 1956 e nel novembre
1993, che insiste lungo la strada provinciale Morbegno-Bema (fig. 90),
unica via di collegamento con l’abitato di Bema e che scorre parallelamente al T. Bitto di Albaredo, a mezza costa di un versante in gneiss molto
alterati con intercalate rocce milonitiche.
La ricognizione aerea, seguita da sopralluoghi su terreno lo stesso 1°
dicembre e giorni seguenti, si è incentrata su tre frane in stadio evoluto
(Cortenova, Brembilla, Capizzone) ed una incipiente (Gandellino).
UN CASO DI STUDIO:
LE FRANE DEL LECCHESE E DELLA BERGAMASCA
(a cura di Tropeano D., Luino F., Turconi L.)
Frana di Cortenova
La frana di Cortenova (LC), in destra idrografica della Valsassina (o Val
Pioverna) è stata senz’altro quella dalle dimensioni più imponenti fra quelle che si sono manifestate in Lombardia nell’ultima decade di novembre
2002. Nell’ipotesi di uno spessore medio dei materiali coinvolti pari a 20
m, il volume complessivo della massa collassata è risultata dell’ordine di
350.000 m3. Le litologie coinvolte, a blocchi e massi ciclopici con abbondante matrice sabbioso-limosa provengono da un substrato scistoso-cristallino (micascisti e gneiss minuti dei Laghi) e soprattutto sedimentario
terrigeno (conglomerato permocarbonifero in facies di «Verrucano lombardo») e senza dubbio includono materiale già ampiamente rimaneggiato di
deposito glaciale e soprattutto di frana postglaciale che caratterizza morfologicamente l’alto versante che sovrasta l’abitato della frazione Bindo.
70
a
b
Tale «riserva» virtuale di ulteriore
detrito già collassato in epoche
precedenti, presumibilmente, è
dell’ordine di 15
milioni
di
m3
(spessori ipotizzati di 10 m). Va
sottolineato che il
quadro litostrutturale e le connotazioni geomorfologico-topografiche, a una sommaria valutazione, consentono di
escludere
nelle
presenti condizioni l’ipotesi di un quadro evolutivo che preveda lo scollamento in blocco
dell’intera massa; essa appare tuttavia soggetta da tempo a degradazione
superficiale, a blocchi e masse di terriccio, sul settore sinistro, inciso dal
ramo destro del Rio Rossiga denominato «Valle del Pial». L’evidenza morfologica suaccennata non era sfuggita ad Autori precedenti. Nello studio
di GIANOTTI & al. (1987), sono correttamente, seppur in maniera incompleta, indicate alcune linee di discontinuità morfologica (51) che ben definiscono una nicchia ed un corpo di frana nel settore medio-alto del versante. Nel pomeriggio del 29 novembre sono stati avvertiti i primi sintomi d’instabilità. Dapprima si sono manifestate tre frane superficiali con tipologia
di soil slip, coinvolgenti su modesto spessore il settore di versante costituente il fianco sinistro dell’antica frana su citata (complessivi 33.000 m³).
Evidenti scaturigini di acque in pressione hanno alimentato, intorno alle
ore 16:00, una notevole colata detritica nella sottostante incisione della
Valle del Pial, poi riunita all’asta principale del T. Rossiga poco prima dello
sbocco in conoide su cui sorge l’area edificata di Bindo (fig. 91a). Il volume maggiore dei materiali si è depositato in apice sinistro (circa 8.000 m3),
formando un lobo aperto e vasto, dello spessore di 1-2 metri, seppellendo
c
92. La frazione Bindo, in Val Pioverna Comune di Cortenova (LC),
è stata duramente colpita da fenomeni di frana innescati dalle
piogge del novembre 2002, verificatisi soprattutto in due fasi, il 30
novembre ed il 3 dicembre; a tale data si riferiscono le immagini
(a, b), riprese fortuitamente poche
ore dopo il collasso principale.
Una massa rocciosa, per crollo e
«valanga di detrito», costituita da
masse di gneiss già disarticolate
per precedenti, antichi fenomeni
d'instabilità, ha investito 7
aziende e 18 case, prudentemente evacuate dagli abitanti ai primi sintomi d'instabilità ma con
gravi distruzioni: il fumo visibile
proviene dall'incendio di un edificio rimasto sepolto; c) sullo stesso versante, ripreso ad alcuni mesi di distanza (per gentile concessione della Sirio srl), sono facilmente riconoscibili la frana e le
vallecole della Val Rossiga che
hanno contribuito all'innesco della colata detritica della figura precedente.
71
a
b
93. Alcune località bergamasche,
come la Val Brembilla, appaiono
soggette a frane di talora rilevante entità, intrinsecamente legate alla litologia (alternanze di
calcari dolomitici, dolomie e marne argillose) ed all'assetto giaciturale degli strati (nel caso sfavorevole, a «franapoggio»). E' il caso della frana di Camorone, in Comune di Brembilla, avvenuta nei
giorni 27-30 novembre 2002. La
vista dal fianco sinistro (a), con
alberi reclinati e fratture beanti,
mette in evidenza il movimento
roto-traslazionale della massa
stratoide. Il fenomeno ha lesionato gravemente alcune abitazioni dell'abitato (b) sul versante sinistro del torrente Brembilla; evidenti sono stati gli effetti della
enorme spinta su alcune ringhiere metalliche (c). La traslazione
della massa è stata seguita, verso la base del pendio, da una lenta colata di materiale eterogeneo
con abbondante matrice argillosa
che ha progressivamente ostruito
la sezione di deflusso del torrente, provocando, a monte, la formazione di un invaso (d).
72
in parte alcune costruzioni e ostruendo il
vecchio ponte stradale (fig. 91b, c). Altro
c
materiale si è propagato sino alla confluenza col T. Pioverna secondo la dinamica
deposizionale a bicordolo di tipico debris
d
flow (volume complessivo stimato pari a
45.000 m3), andando a colmare gran parte
dell’alveo in corrispondenza del ponte della
S.P. 62 (52). Il giorno 30 intorno alle ore
20:00, preceduto da fenditure nel versante,
si è manifestato, ad Est dell’abitato di Bindo
e a partire da quota 650 circa, un primo
fenomeno di scivolamento roto-traslazionale e crollo nell’ambito della massa detritica
su descritta, che ha coinvolto un volume di
materiali stimato in 350.000 m3. Nella
notte, intorno alle ore 03:15 del 1° dicembre (secondo altre testimonianze
intorno alle ore 4:30, BAILO & al., 2004), si è avuto un nuovo franamento;
la parte distale dell’accumulo ha invaso parte del fondovalle, determinando un rallentamento ai deflussi da parte del T. Pioverna.
Complessivamente l’evento è durato 35 ore. Sono risultate sepolte e/o
distrutte 18 abitazioni e 7 aziende (fig. 92a, b, c).
Entrambi i casi d’instabilità di versante sono riconducibili a due momenti, tipologicamente dissimili e sfasati di alcune ore, di un solo fenomeno
degenerativo dell’equilibrio di un più ampio versante, ma fortunatamente
legato a perdite di equilibrio localizzate e connesse a emersioni puntuali di
falda idrica in pressione connessa alle sovrabbondanti piogge dei giorni
precedenti. Prova è data da ulteriori e ben più ridotti cedimenti della porzione sommitale del corpo frana e/o della corona di nicchia, avvenuti saltuariamente nei giorni successivi e sino al 4 dicembre.
All’esame di aerofotografie precedenti l’evento appaiono molto evidenti
morfologie di frana in cui è modellato il versante a monte dell’abitato di
Bindo, delimitato su una larghezza media di 650 m da due linee subparallele orientate in senso NE-SW, quella a valle definita da una incisione
piuttosto marcata subrettilinea, quella a monte da una linea più irregolare definita dall’incisione d’alveo del Rio Rossiga-Valle del Pial. Entrambe
convergono in alto, verso la quota 1250 m, formando una linea tipicamente arcuata. E’ altresì possibile distinguere altre linee d’incisione minori, una delle quali corrisponde all’incirca alla porzione basale di detrito
scollatasi il 26 novembre.
Cadute di blocchi dal pendio retrostante l’abitato di Bindo e fenomeni di
trasporto solido impulsivo lungo il T. Rossiga, avvenuti in passato, sono
verosimilmente da interpretare come sintomo di precedenti manifestazioni d’instabilità, sia pur limitate, del versante in questione. In particolare,
il fianco sinistro del grande corpo dell’antica frana appare solcato da due
frane superficiali, apportatrici di materiali all’alveo del torrente, le cui evidenze persistono sulle fotografie aeree dal 1960 in poi; una delle due è
apparsa ampliata con l’evento del 26 novembre 2002, l’altra quiescente.
Due altre invece sono di neoformazione. Non necessariamente ogni evento di apporto solido del Rio Rossiga è da correlare con riattivazioni di frana
ma a saltuaria disponibilità di materiali già residenti nell’incisione d’alveo.
Sono noti alcuni precedenti storici in Val Pioverna, in particolare riferiti
alla disastrosa frana di Primaluna, sempre sul fianco destro della valle, a
SE, pochi chilometri più a monte.
Frana di Brembilla
Nel Comune di Brembilla (BG), in sinistra idrografica del torrente omonimo, tributario destro del T. Brembo, la frazione abitata di Camorone è
stata coinvolta da un imponente fenomeno di frana mista roto-traslazionale evolutasi in colata che ha interessato una superficie pari a 11,6 ettari, del volume complessivo stimato di 800.000 m3, con spessori medi pari
a 10 m nella zona centrale del corpo di accumulo.
Il substrato dell’area in frana e zone limitrofe corrisponde in larga misura
a «scisti marnosi neri» (Argilliti di Riva di Solto) associati con calcari marnosi, e in subordine a calcari con intercalazioni marnose (Calcare di Zu),
appartenenti al Trias (Retico): materiali di base nel complesso con caratteristiche geomeccaniche scadenti, per di più ricoperti da lembi eluvio-colluviali se non da veri e propri detriti di frana antica, come nel caso in questione. L’area più vasta in cui si inserisce la frana qui considerata presenta, sia all’esame stereoscopico su foto aeree che alle ricognizioni su terreno, diffuse e accentuate morfologie riconducibili a fenomeni d’instabilità pregressi, di dimensioni anche maggiori di quello qui considerato.
Nel pomeriggio-sera del 27 novembre sono stati avvertiti i primi sintomi
d’instabilità. Nella parte alta del versante, intorno alla quota 600 m s.l.m.,
ha preso avvio uno scorrimento rotazionale (fig. 93a); successivamente il
movimento si è ampliato generando una colata lenta di fango e detriti che
nella giornata del 28 (a partire dalle ore 05:15) e nei giorni successivi ha
portato alla demolizione di 29 fabbricati, di cui 11 abitazioni (fig. 93b, c).
In seguito, nella parte alta del pendio collassato si è formato un piccolo
invaso per l’abbondanza delle acque di risorgiva al piede della scarpata
della nicchia di frana. Nella notte del 30 novembre il moto di scorrimento,
nel settore mediano, era ancora attivo (60-70 cm/ora); la mattina del giorno 1° dicembre il movimento appariva arrestato e lo stesso ruscello impostato nel corpo di frana presentava acque sensibilmente chiarificate. La
massa di fango e detriti, ostruito lo stretto fondovalle, ha creato un discreto invaso lungo il T. Brembilla (fig. 93d). E’ da rilevare che il cospicuo
apporto di torbida delle ore e dei giorni precedenti, prodotto dall’incisione
delle acque e rimaneggiato dall’attività di due pale escavatrici che erano in
opera per riaprire una via di deflusso al torrente, era tale da conferire un
intenso colore giallastro alle acque del Brembo lungo tutto il suo corso per
molti km a valle.
All’analisi aerofotografica della situazione precedente il collasso, risulta
evidente un corpo instabile da frana quiescente, evidenziato da una tipica
morfologia concavo-convessa in senso longitudinale al pendio, da una
zona di nicchia ben definita attestante più antichi fenomeni di collasso, e
da lievi avvallamenti-incisioni longitudinali ai margini della zona del
73
recente movimento. Non risultano notizie documentate d’archivio in merito a precedenti fenomeni di epoca storica, salvo una frana a Laxolo, frazione nei pressi di Brembilla, che «due anni fa inghiottì un sito industriale… il giorno dell’Epifania…» (Il Giornale, 1° dicembre 2002). Giova però
ricordare alcune segnalazioni di letteratura scientifica di casi analoghi di
frana avvenuti nei passati decenni, in zone geograficamente e geologicamente affini a quella qui considerata (v. capitolo finale).
Frana di Capizzone
Il 26-27 novembre, un fenomeno misto di scorrimento roto-traslativo e
colata, con scalzamento al piede operato dal T. Imagna in piena, si è manifestato sul versante destro della Valle Imagna, tributaria destra del T.
Brembo, in ambito geologico di calcari e argilliti del Retico, quasi ovunque
ammantati da potenti depositi colluviali e di frana. E' stato in prevalenza
interessato un terrazzo morfologico, di quota 330 m e dislivello 30 m sull'alveo del T. Imagna, ove è ubicata parte della località Medega nel Comune
di Capizzone (Fig. 94a) e un tratto della S.P. 14. Spettacolare effetto
distruttivo si è esplicato su strutture edificate e sulle sedi stradali, coinvolte nello spostamento reciproco di zolle di terreno con rigetto anche di
alcuni metri. L'areale interessato da tale dislocazione si può stimare intorno ai 10.000 m2. Nella notte tra il 26 e il 27 novembre sono stati avvertiti
i primi sintomi d'instabilità. Il giorno 27 (a partire dalle ore 5:00 e con
accentuazione intorno alle 22:00) la frana si è manifestata con l'apertura
di numerose ed evidenti fenditure nel terreno (Fig. 94b), sottolineate da
vistose lesioni su strutture ed infrastrutture (Figg. 94c, d, e). La parte
frontale è fluita entro l'alveo del T. Imagna, con formazione di un piccolo
bacino a monte: la tempestiva azione di escavatori ha contribuito a mantenere libera la sezione idraulica. Il movimento ha distrutto tre abitazioni
e il nuovo collettore fognario.
All’analisi aerofotografica della situazione precedente l’evento, risulta evidente sul fianco sinistro della Valle Imagna, proprio di fronte all’abitato di
Capizzone, una struttura morfologica ribassata a forma subtriangolare
allungata, bipartita in due nicchie obsolete a monte e allargata a ventaglio
a valle, incisa al piede dal torrente principale; simmetrico a questa, meno
evidente, è il «terrazzo» di Capizzone che si chiude rapidamente a conca
verso monte. Anche questo insieme morfologico sembra richiamare un
corpo di frana quiescente o deposito da colluvium. Non risultano notizie
documentate d'archivio in merito a precedenti fenomeni di epoca storica,
ma gli abitanti rammentano la presenza di una frattura alla testata della
frana verso la fine degli anni '60 del secolo scorso, la quale si è riattivata
anche nel novembre 2000. Sempre nel Comune di Brembilla, in località
Garateno (Valle Porno), si è innescata una frana di scivolamento che ha
danneggiato alcune abitazioni, la viabilità comunale, l'acquedotto e la rete
fognaria (REGIONE LOMBARDIA, 2006).
Frana di Gandellino
In Alta Val Seriana, presso la contrada Foppi di Gandellino, sul versante
destro del Fiume Serio, si è rimessa in movimento la frana di Corna Piana.
La stessa si era originata nel novembre 2000 e riattivata nel maggio 2002:
dopo i lavori di pronto intervento, il Genio Civile appaltò dei lavori di bonifica e messa in sicurezza della Valle Zuccotto basati sulla costruzione di
un vallo, disboscamento ed opere di drenaggio (trincee) e di sostegno (palificate doppie in legname e pietrame) e di una briglia alle testata della valle
per regimare le acque e stabilizzare il versante. Il protrarsi di ritardi nell'esecuzione di detti lavori e la non completa raccolta delle acque sotterra-
74
a
b
c
d
e
94. Capoluogo di Capizzone, Valle Imagna (Bergamo), versante destro. Per le piogge del 23-27 novembre 2002, si è rimessa in moto una pendice che già in anni precedenti aveva manifestato sintomi d'instabilità, nell'ambito di prodotti di accumulo di evidenti, antiche frane su substrato
calcareo-dolomitico, di depositi eluvio-colluviali e materiali di riporto. La massa in frana (a), con tipiche caratteristiche cinematiche di scorrimento
rotazionale nel settore a monte (b) e di colata lenta in quello inferiore, ha determinato occlusione dell'alveo del T. Imagna, traslazione e cedimento
di zolle con vistosi effetti distruttivi nel settore antropizzato. Particolarmente colpite alcune abitazioni (c, evidenziata in a) e le strade (d, e).
nee ha causato il riattivarsi della nuova frana il cui accumulo ha raggiunto e interrotto la strada provinciale (Fig. 95). Una colata di fango è avvenuta anche al confine tra i comuni di Gromo e Gandellino, nei pressi della
località Rivo: il fango ha invaso la strada in due momenti distinti, alle ore
4.30 e alle 9, causando la chiusura a tratti della strada per permettere i
75
primi interventi di pulizia e ripristino della viabilità. La zona di Gandellino
è d'altronde da tempo considerata a rischio per i numerosi casi d'instabilità verificatisi in un recente passato (LUINO & al., 2000).
In Val Taleggio (BG), un movimento gravitativo ha interrotto per caduta
massi la S.P. 25 che collega San Giovanni Bianco a Sottochiesa. La strada, larga circa 4 metri, è stata invasa dai blocchi rocciosi: la Val Taleggio
era raggiungibile solo passando da Brembilla. A pochi chilometri di
distanza, il giorno 27 novembre, in loc. Paccacorna (San Giovanni
Bianco), un rapido colamento incanalatosi lungo un impluvio ha invaso
con circa 20.000 m3 di materiale fangoso la sede stradale della S.P. della
Val Brembana, interrompendola per un tratto di 50 m (REGIONE LOMBARDIA,
2006).
A Zogno (BG) ridotti crolli hanno interessato il Capoluogo, mentre la strada che dal paese sale alla frazione Poscante, è stata invasa poco dopo mezzogiorno da blocchi lapidei. Nel territorio di Villa d'Almè, nei pressi della
località Ventolosa, il 26 novembre sono caduti altri massi rocciosi dal pendio, come era già successo la notte precedente. Uno smottamento del terreno si è verificato a Odiago, frazione di Pontida, sulla provinciale che da
Villa d'Adda conduce a Pontida; esso ha reso inagibile la strada denominata «Via per Odiago»: l'asfalto ha ceduto per una quindicina di metri.
Nella media Val Seriana sono stati segnalati smottamenti a Leffe e
Gandino. Un'altra frana tra Colzate e Casnigo ha bloccato la S.P. 45,
lasciando isolata l'alta valle.
Sul Lago d'Iseo emergenza anche a Riva di Solto, per una frana nei pressi
della località Zù che ha interessato la strada provinciale che da Sarnico
porta a Lovere… (L'Eco di Bergamo, 27 novembre 2002).
95. Gandellino (BG): frana di Corna Piana. L'accumulo ha invaso
la S.P. 35, interrompendo la viabilità (per gentile concessione Dr.
Ravagnani).
In Valcamonica, ad Edolo, un masso di diversi quintali ha causato l'interruzione della S.S. 42 del Tonale. Movimenti gravitativi si sono verificati
anche a Córteno Golgi (La Stampa, 27 novembre 2002). Una colata di
fango ha interessato la S.P. 6 che collega il fondovalle a Fresine e alla Val
Saviore. A San Rocco (Comune di Ossimo), ai piedi della Concarena, intorno alle ore 17:00 del giorno 29 novembre
una colata di fango ha investito un'abitazione, senza vittime tra gli abitanti che
la occupavano. In Val Palot nella notte
del 25 la strada che si collega a Fraine
(bassa Valcamonica) è stata interrotta a
causa della caduta di massi e fango sulla
carreggiata (40 m3 di terreno).
Nel Bresciano, fenomeni franosi sono
stati segnalati anche tra Collio (bacino
del F. Mella) e la frazione di Ivino (La
Stampa,
27
novembre
2002).
A
Lavenone, tre massi (il più grande dei
quali è stato stimato del peso di circa 15
tonnellate) si sono staccati dal Monte
Pizzicone provocando il danneggiamento
di alcune abitazioni;
In Valtellina sono diverse le situazioni
d'instabilità registrate: a Tresenda di
Teglio un fenomeno di fluidificazione
76
a
b
c
rapida di suolo si
è
manifestato
all'alba del giorno
26 a danno della
sottostante S.S.
38 «dello Stelvio» su cui transitavano alcune auto; numerosi gli abitati
allagati ed isolati (Frazioni Nigola, Vagella e Boalzo) per interruzione delle
vie di comunicazione (Libero, 27 novembre 2002). Alle ore 7:00 del giorno
26 novembre, ad Ardenno, diverse colate di fango e flussi iperconcentrati
manifestatisi lungo il Rio Scalini (Figure 96a, b, c) e il T. Velasca (Figura
97) hanno invaso le strade e la piazza principale del centro abitato, come
già accaduto in modo più rilevante nel 1998 (CURTARELLO & al., 1998). Altri
fenomeni di versante si sono rilevati a Dubino e a Civo, dove un edificio è
stato invaso completamente dal fango. A Chiuro «la ferrovia che collega
Tirano a Sondrio è stata investita dai detriti portati sui binari dal torrente
Valfontana» (Il Giornale, 28 novembre 2002). Alle ore 8:30 del 27 novembre la S.S. 28 è stata interrotta per una frana occorsa al Km 71+500, dove
il giorno precedente si era già manifestato un fenomeno di crollo.
Interrotta a causa di una frana la linea ferroviaria Lecco-Milano e anche
la linea Sondrio-Lecco per il deragliamento del vagone di un treno a
Mandello del Lario (a NW di Lecco), a causa della presenza di alcuni blocchi di roccia sui binari.
Anche il Comasco e gran parte della Brianza hanno subito i pesanti effetti dell'evento: il Lambro è esondato in più punti allagando, nella zona di
Merone, le frazioni Ponte Nuovo e Beggero; a Pusiano e ad Ossuccio diverse le interruzioni stradali (Libero, 27 novembre 2002).
96. Fase di esaurimento della piena del 26 novembre 2002 lungo un
tratto incanalato del Rio Scalini (a),
che attraversa l'abitato di Ardenno, Bassa Valtellina. Da epoca storica anche remota, il Rio Scalini,
piccolo tributario destro dell'Adda,
occasionalmente invade il centro
abitato (b) con deposito di fango e
detriti, originari di lembi di deposito glaciale, coltri eluviali e sottostanti emergenze di substrato
gneissico fortemente fratturato ed
alterato, profondamente incisi e su
pendii molto acclivi (c). Il fenomeno, replicatosi tre volte consecutive nell'estate 1998, si è nuovamente riproposto, malgrado le opere di canalizzazione preesistenti e
la recente esecuzione di una «piazza di deposito» all'apice del ripido
conoide, appena a monte dell'area
edificata (per gentile concessione
del Comune di Ardenno).
77
In Piemonte, a Casale Corte Cerro in località
Case Sparse-Fontanaccio, al confine con
Gravellona Toce, intorno alle ore 2:00 del
giorno 27 una frana si è manifestata in prossimità di alcuni edifici che sono stati preventivamente evacuati; ad Omegna la piena del T.
Nigoglia ha provocato il cedimento di un muro
di contenimento nell'area Pietra (Il Giornale
del Piemonte, 29 novembre 2002).
97. Effetti della piena del T. Velasca lungo le strade del Capoluogo di Ardenno; mezzi meccanici all'opera per limitare i danni
alle aree edificate (immagine tratta da un video, per gentile concessione del Comune di Ardenno).
78
Considerazioni generali sul dissesto idrogeologico nella Bergamasca e in Valtellina
Con riferimento al territorio montano della
provincia di Bergamo, le «condizioni climatiche... sono tipiche di un clima di tipo prealpino,
caratterizzato da una abbondante piovosità
(precipitazione media fra gli 800-1400 mm con
punte massime fra i 2000-2300 mm) con eventi spesso concentrati in un breve periodo e quindi importanti ai fini dei dissesti idrogeologici» (MUSMECI, 1969).
Per dar misura delle conseguenze connesse agli eventi meteopluviometrici dei giorni 23-26 novembre e successivi, e volendo fare un paragone con
situazioni di frana analoghe già riscontrate in passato, l'impressione di chi
scrive è che le situazioni in genere riscontrate è sostanzialmente non più
grave di quanto si ebbe modo di osservare nell'ottobre-novembre 1976 in
analoghe località. Vi è a dire che sicuramente l'incremento di valore e la
maggior diffusione di beni sul territorio (inclusa l'utenza automobilistica)
hanno reso più vulnerabile l'intero sistema. Basti pensare che in diversi
settori delle valli lombarde sono più numerosi che altrove gli insediamenti stabili e le attività industriali.
Andando un po' più a ritroso nel tempo, si evince dalla letteratura che non
solo le grandi frane sono una caratteristica ricorrente del territorio bergamasco legata a particolari formazioni geologiche sedimentarie predisposte
al fenomeno, ma esse, anzi, hanno costituito più volte oggetto di studio e
pubblicazione scientifica.
Contrariamente ad altre valli alpine, dove l'abbondanza di depositi glaciali costituisce spesso fonte primaria di terreni sensibili all'erosione ed
all'instabilità, nella Bergamasca (Valli Serio e Brembo) è noto che i ghiacciai quaternari della catena orobica erano assai più ridotti di quelli tipici
alpini e non discesero molto a Sud. Ad esempio quello del Serio non si
spinse più a valle di Clusone, e quello del Brembo non oltre Scalvina presso Lenna (DE SITTER & DE SITTER, 1949). L'alta complessità tettonica delle
formazioni sedimentarie, in gran parte a componente argilloso-marnosa e
carbonatica in commistione tale da ricordare certe formazioni appenniniche, giustifica nei risultati e negli aspetti fenomenologie di frana somiglianti, per contenuto litologico e morfologia, a quelle di ambiente proprio
di flysch o di «Complesso caotico indifferenziato». La frana di Camorone, su
citata, è tipicamente affine a tali tipologie.
Va posto in evidenza il fatto che le frane su descritte costituiscono parte,
o sono inserite nell'ambito, di ben più antichi fenomeni d'instabilità
(impropriamente «paleofrane») largamente diffusi nelle Prealpi della
Bergamasca, così come in altri settori delle Alpi. Taluni sono inseriti in un
contesto più generale di deformazioni gravitative profonde di versante
(DGPV), come studi al riguardo, già prodotti da tempo, dimostrano (es.
FORCELLA, 1987; FORCELLA & ROSSI, 1987). Circa la possibilità di una indi-
viduazione preliminare della manifestazione attiva delle frane qui descritte, all'esame fotointerpretativo appaiono riconoscibili abbastanza facilmente le morfologie sintomatiche ma sarebbe illecito presumere, senza
strumenti di analisi preventiva, il come, il quando e il dove avrebbero
potuto riattivarsi porzioni delle frane stesse.
Vaste aree antropizzate dell'intera regione alpina insistono su forme consimili e negli stessi ambienti geomorfologici e si reputa che molte e mirate analisi geotecniche, geostrutturali, come pure sondaggi geognostici
siano stati negli ultimi anni intensivamente eseguiti laddove esigenze
urbanistiche lo richiedevano. Si ha tuttavia motivo di ritenere che anche
negli anni a venire potranno insorgere nuove fenomenologie d'instabilità a
danno di edifici e infrastrutture laddove siano mancate in tempi recenti
opportunità di analisi approfondite e nel contempo l'indiscriminato sviluppo edilizio degli anni '60 e '70 (soprattutto) ha ormai fissato insediamenti e realtà sociali che necessiterebbero, a questo punto, di sistematiche valutazioni mirate all'accertamento delle loro condizioni di sicurezza
in rapporto agli scenari di rischio naturale producibili.
Quali ulteriori considerazioni generali possono valere, a trentasette anni
di distanza, le stesse parole di MUSMECI (1969): «Oggi si assiste a due processi opposti ugualmente dannosi: lo spopolamento o l'eccessivo affollamento delle zone montane. Conseguenza dello spopolamento è l'abbandono
dei boschi, la mancanza di opere di regimazione anche modeste ma che
sempre influivano a limitare il disordine idrogeologico, idraulico-forestale e
forestale. Conseguenza dell'affollamento è il taglio irrazionale dei boschi
alla ricerca sempre maggiore di spazio, sovraccarico di terreni non idonei
da parte delle costruzioni, circolazioni di acque bianche e nere, costruzioni
di strade, ecc.». Tutti tali fattori, certamente non all'origine ma sicura concausa di alcuni processi d'instabilità osservati nelle ricognizioni condotte
durante e dopo l'evento 2002, andrebbero dettagliatamente analizzati in
chiave di scenario nelle numerose aree antropizzate del territorio qui considerato, per apportare un significativo contributo di conoscenza utile per
le attività di prevenzione.
Gli eventi meteoidrologici del novembre 2002, con riferimento al territorio
della Valtellina in termini di effetti sul terreno, possono in una certa misura esser classificati nella serie cronologica degli eventi di piena e frana in
Provincia di Sondrio, deducibile dai numerosi dati bibliografici, d'archivio
e cronachistici raccolti dall'IRPI di Torino, con notizie risalenti al Secolo
XIII e, in forma più omogenea, agli ultimi due secoli.
A tal proposito torna utile considerare che, su 525 date/evento complessivamente censite sino ad ora, il 76% di esse è riferito a casi di attività torrentizia e fluviale con o senza notizie di frana, il rimanente concerne
esclusive notizie di frana, in genere fenomeno isolato; un attendibile riferimento può dunque esser fatto agli eventi censiti come «piene»: il 60% dei
casi, talora anche gravi se non catastrofici per conseguenze, è ascrivibile
ai mesi tardo-estivi e primo-autunnali; quasi la metà di essi ricadono in
agosto. Le piene autunnali, in gran parte pertinenti alla bassa Valtellina,
vedono la partecipazione del mese di novembre con l'ordine di grandezza,
in media, di una volta ogni dieci anni. Ciò che è insolito è la replica di
eventi in un breve lasso di tempo: casi analoghi al 2002 (2 volte in un
mese) sembrano esser accaduti soltanto nel 1960 (3 volte) e più indietro
ancora nel tempo, nel 1840 (ben 4 volte nel mese di novembre). L'ampio
risalto che i media hanno dedicato agli eventi valtellinesi nel 2002 deriva
dal comune fatto che la diffusione delle notizie è sempre più vasta, capillare e immediata nel territorio, ove d'altra parte i beni esposti incrementano di presenza e di valore, con il trascorrere del tempo.
79
In Friuli Venezia Giulia, a causa dell’esondazione del T. Cellina, è stata
chiusa la S.S. 251 con il conseguente isolamento della Valcellina dal
Comune di Barcis in poi. All’altezza della confluenza col il T. Varma l’acqua ha continuato ad esondare ed il giorno 29, alle ore 17:00, era alta
circa 70 cm sulla strada. A causa dell’esondazione del Cellina anche parte
del Comune di Tramonti è stata allagata (Il Gazzettino, 29 novembre
2002).
A Villanova, il 26 novembre, il Meduna ha iniziato a crescere di mezzo
metro all’ora e alle 19:00 ha invaso alcune vie del paese. La rottura degli
argini è stata fortunatamente evitata in riva destra, in prossimità della
confluenza con il T. Sentirone: qui dalle 20 del 26 novembre alle 8:00 del
giorno successivo il livello di piena si è mantenuto in fase di stanca sopra
la quota della sommità arginale (17,30-17,50 m s.l.m.), contenuto solamente dai sacchetti di sabbia posizionati dalle squadre di soccorso (DI
BERNARDO & al., 2003).
Anche il T. Noncello ha avuto un aumento di livello, con una differenza di
qualche ora rispetto al T. Meduna. Il giorno 26, alle ore 21:30, ha rotto
l’argine sinistro in Pordenone: in prossimità del Ponte di Adamo ed Eva ha
raggiunto un livello pari a 17,45 m s.l.m. (il livello ordinario è di 11 m
s.l.m.). Le acque hanno, inizialmente, raggiunto il parco e gli scantinati
del comando dei Vigili Urbani e, successivamente, diverse vie di
Pordenone come Via Revedde, Via Martiri Concordiesi e Via Gemelli dove
è situato il Policlinico S.Giorgio. Nelle aree morfologicamente più depresse le acque hanno superato i 4 m d’altezza sul piano campagna (DI
BERNARDO & al., 2003). Successivamente lo stesso fiume è tracimato a
Maglio e allagato alcune vie e gli archivi del Palazzo di Giustizia (Il
Gazzettino, 27 novembre 2002).
Sempre a Pordenone, alle ore 11:00 del 28 novembre, si è prodotta l’asportazione di una parte della sponda del T. Noncello tra il ponte Amman
ed il ponte di Adamo ed Eva, fenomeno già manifesto in dimensioni minori il 26-27 novembre. Parte dell’abitato ha subito allagamenti ed interessato, ad esempio, gli archivi del Palazzo di Giustizia e del Comune (Il
Gazzettino, 29 novembre 2002).
Nell’Alto Veronese vi è stata l’esondazione del Fiume Adige con interessamento degli abitati di Pescantina, Bussolengo e Pol di Pastrengo mentre il
Comune di Piassent, sempre nel Veneto, è rimasto isolato a causa di una
frana.
In Trentino, nel Comune di Bocenago, si è verificata una frana di circa
4.000 m3 di volume che ha interessato il paese fino alla piazza principale.
In Emilia Romagna, nella frazione di Fellicarolo (Fanano), una frana ha
coinvolto l’unica strada di collegamento al comune, isolando l’abitato.
5 DICEMBRE
In Valsabbia, in prossimità dell’abitato di Casto, «a causa della forte pioggia dei giorni scorsi» un blocco delle dimensioni di «circa cinque metri cubi
staccatosi da una parete rocciosa» ha investito un uomo ferendolo gravemente» (Il Giornale, 6 dicembre 2002).
28 DICEMBRE
In prossimità dell’abitato di Vidracco (Ivrea), lungo la strada per Issiglio,
intorno alle ore 9:00 del mattino, un «masso del peso di una tonnellata si
è staccato dalla parete che costeggia la strada» mentre un’auto stava
transitando con due persone a bordo (Il Giornale del Piemonte, 29 dicembre 2002).
80
Note
1
Al pluviografo del CNR-IRPI situato a Torino Mirafiori sono stati registrati 117 mm di
pioggia tra le ore 10:00 del 14 febbraio e le ore 20:00 del giorno successivo, mentre al pluviografo
di Pinerolo (RAM Piemonte), il giorno 15, sono caduti 89,2 mm (BLANCHET &. al., Nimbus 35-36,
2005). A Torino, mai a partire dal 1802 si erano rilevate precipitazioni così intense in 24 ore nel
mese di febbraio.
2
Come già avvenuto più volte nel corso degli ultimi anni, in particolare la stessa Gora
Assarti (Comune di None-Torino) ha replicato fedelmente quanto avvenuto nel 2001 (LOLLINO & al.,
2002).
3
Alla Centrale SMAT (Impianto PO3) in corrispondenza della confluenza del T. Sangone
con il F. Po, quest'ultimo ha raggiunto un livello di torbidità di oltre 950 NTU, superando la soglia
di criticità per l'impianto convenzionalmente stabilita a circa 700 NTU (Comunicazione personale
del Sig. Buffa, SMAT).
4
Nel bacino sperimentale del CNR-IRPI della «Valle della Gallina» (Lozzolo, Vercelli), che si
estende per 1,08 km2, nei giorni 2-3 maggio sono stati registrati 172,4 mm, di cui 106 mm il solo
giorno 2, con intensità oraria pari a 33 mm, a cui ha corrisposto una portata alla sezione di chiusura pari a 4,41 m3/s.
5
La rete di misura svizzera (Meteosvizzera) riporta per il periodo 1°-5 maggio 2002 valori
di pioggia massimi registrati alla stazione di Magadino (Canton Ticino), per complessivi 570 mm, di
cui 468 in due giorni. «Per Magadino il valore massimo precedente su 2 giorni consecutivi risale al
26-27 settembre 1991, con 334 mm. A titolo di paragone, la media pluriennale delle precipitazioni
per il mese di maggio a Magadino è di 218 mm. A Locarno Monti sono caduti nell'intero periodo di
precipitazioni 447 mm, mentre nelle stazioni poste più a Sud i quantitativi sono stati leggermente
inferiori con complessivamente 226 mm a Lugano e 313 mm a Stabio, dove la media pluriennale delle
precipitazioni mensili per il mese di maggio vede un valore di 201 mm a Lugano e 227 mm a Stabio.
La stazione di Stabio ha registrato un nuovo record di precipitazioni giornaliere con i 205 mm caduti in 24 ore il giorno 3 maggio» (dati gentilmente forniti dalla Dott.ssa Lorenza Re, SUPSI-IST,
Canobbio, Canton Ticino; http://www.meteosvizzera.ch.it/ Previsioni/Attualità/aktuell1.shtml).
6
L'allagamento di parte dell'abitato di Gallarate sarebbe avvenuto il 3 maggio, principalmente a danno di una strada comunale (Via Arno), tra le ore 20:00 e le 22:00 (comunicazione personale, Sig. Marco Picotti).
7
Un precedente fenomeno di frana si era già manifestato il 2 febbraio 1996 intorno alle ore
5:00, al confine tra i comuni di Masera e Trontano, lungo la stessa S.S. 337 della Val Vigezzo, in
sinistra orografica del T. Melezzo Occidentale all'altezza km 5+800 (Fonte: Prefettura del Verbano
Cusio Ossola). Secondo una relazione redatta all'epoca dal Servizio Geologico della Regione
Piemonte, il versante in frana, costituito dagli gneiss granitoidi appartenenti all'Unità MoncuccoOrsellina, sarebbe interessato da una dislocazione composita per la presenza di due sistemi di fratture a scala locale, i cui piani sarebbero orientati rispettivamente verso NW-SE, e NE-SW.
8
Una perizia di un tecnico incaricato dal Comune di Nebbiuno riporta che «il movimento
franoso si è verificato… a monte verso la frazione Fosseno, l'area della massa in movimento è di circa
mq 5100… La località è rappresentata da due fianchi ripidissimi convergenti verso un fondovalle
strettissimo (per la sola larghezza del torrente) lungo il quale scorre il Rio Strolo; l'un fianco guarda
verso sud-ovest, l'altro (sul quale si è manifestato il pericolo di frana) guarda verso nord-est. Nel tratto superiore della massa franosa, vi si trova il Comune di Nebbiuno-Fosseno, anch'esso compromesso per un tratto di circa ml 60. Il movimento franoso attualmente si presenta con un abbassamento
generale della massa per circa cm 50, ed uno slittamento in senso orizzontale di circa cm 18/20;
sulla sua superficie la massa presenta diverse rotture secondarie, abbastanza profonde. La valutazione del volume della massa in movimento è allo stato delle cose, assai difficile, comunque in via
approssimativa si può con sicurezza affermare che una massa di almeno 18/20.000 mc… Lo strato
superiore del suolo della massa franosa è formato da terreno vegetale frammista a frammenti di roccia stratificata in decomposizione… Il corso d'acqua Strolo, che per periodi di magra ha una portata
di poche centinaia di litri… in periodi eccezionali, come l'ultimo, la portata può anche salire ai 16/18
mc al secondo. Il torrente Strolo dopo aver alimentato la ex Filatura e la Cartiera di Nebbiuno, attraversa il centro abitato e si scarica lungo il fianco montuoso che scende al Lago Maggiore, assumendo il nome di Rio Colorio… Quando l'evento potrà verificarsi? E' presumibile che ciò possa accadere
dopo un intenso periodo di pioggia o durante il periodo di sgelo per le infiltrazioni invernali di acqua
nelle nuove fenditure… Qualunque sia poi la determinante dello slittamento di quella massa che si è
già mossa, il volume dei 18/20000 mc che si riverseranno in un fondo valle strettissimo, assumerebbero le porzioni di uno sbarramento gigantesco di terriccio frammisto a lastre rocciose friabilissime. Il pericolo dell'evento è tutto nel fatto che in fondo valle scorre il Rio Strolo; se ciò si verificasse
in ore diurne e in periodo di magra del torrente, aprire il varco alle sue acque per il deflusso a valle,
è cosa se non facile, quanto meno possibile. Impresa ardua diventerebbe, se l'evento si verificasse in
periodi di piena e per di più in ore notturne; nel giro di quattro/cinque ore si potrebbe creare un inva-
81
so di acqua pari a circa 300.000 m³, massa di tali proporzioni che porterebbe rovina al centro abitato di Nebbiuno ed alle Cartiere poste più a valle. Lasciare ad un intero paese, per un periodo che
potrebbe anche essere di anni, sospesa una tale tremenda prospettiva, pare, allo scrivente, da doversi evitare nel limite delle umane cose. Opinerebbe il sottoscritto, per un graduale franamento artificiale della massa pericolante, iniziandosi con l'alleggerimento della parte alta della frana, sopra la
mulattiera, con asportazione della porzione relativa che si è mossa; indi con varie piccole frane artificialmente determinate e relativa asportazione dei detriti, evitare il peggio. Il fatalismo di una attesa, dopo le recenti prove avute, non sarebbe né umano, né giustificato… l'incombente pericolo per
Nebbiuno è grave e va affrontato senza esitazioni. La spesa in via…approssimativa per tali opere preventive, potrebbe valutarsi in £ 12/15.000.000…» (a firma del Tecnico del Comune Geom.
Capelloni). Non è dato conoscere se gli interventi, all'epoca, siano o no stati effettuati.
9
Il Lago Maggiore a Pallanza, alle 12:30 del 5 maggio, ha raggiunto un livello massimo di
195,5 m s.l.m., che corrisponde anche al livello di esondazione della città.
10
Alle ore 24:00 del 3 maggio erano già stati registrati 78,2 mm di pioggia, mentre al termine del periodo piovoso, il 6 maggio, il quantitativo di pioggia complessivo fu pari a 247,8 mm; lo
strumento è collocato in prossimità della frana «Macialli», presso la testata del bacino.
11
Le piogge registrate tra l'8 ed il 13 agosto (ora di riferimento 24:00) furono pari a 93 mm
complessivi (fonte Comune di Gera Lario, 26 novembre 2002).
12
Dalle cronache storiche si hanno notizie di eventi passati anche disastrosi per le conseguenze avute: ad esempio «nel giorno 22 luglio [1859], verso le ore 6 pomeridiane, trovavansi sul
monte Fontana Rossa, fini del comune di Frassinetto, per raccogliere il fieno, li seguenti individui,
cioè Urietti Mario, moglie Galpena d'anni 25, Bonatti Giuseppe d'anni 9… [più altri 6]… Insorto uno
spaventevole temporale, li suddetti individui, per ripararsi dall'intemperie, si recavano sotto l'incavo
di un grosso macigno, sito in mezzo del torrente Fontana Rossa… ma, vedendo che le acque del
medesimo ingrossavano, gli stessi individui… pensarono di tragittarlo… i tre primi furono vinti e travolti dalla fiumana che li trascinò alla distanza di 40 metri, riportando varie contusioni al capo, le
quali furono causa immediata della loro morte. Il quarto riportò anche egli delle contusioni al petto, e
gli altri riuscirono a salvarsi…» (La Dora Baltea, Ivrea, Anno XI, n. 31, giovedì 4 agosto 1859). Prima
ancora (secoli XVII e XVIII) i rii suddetti sono più volte citati, per i danni causati, negli Atti di visita per Corrosione.
13
In tale occasione, una decina di processi di colata detritica si erano manifestati sui versanti (in particolare quello destro) della conca di Piamprato e si erano manifestate parziali riattivazioni nel corpo della grande frana in destra del Soana, denominata di Cima Brenvetto.
14
A titolo di esempio, si riporta il seguente caso particolare. «I pascoli dell'Alpe Marmotta
sono delimitati verso il vallone del Rio Santanel da uno scosceso ciglione roccioso. L'omonimo rio...
incontra... una barriera naturale di roccia, attraverso la quale si è aperto uno stretto varco... A valle
di detta soglia il rio precipita nel sottostante vallone del Santanel... Immediatamente a monte della
soglia rocciosa, l'alveo del rio risulta pensile per un tratto di circa 25 metri, sostenuto in sponda
destra da un vecchio argine in pietrame a secco. Con quest'opera si è cercato di deviare il rio, facendo confluire le sue acque con quelle del rio Santanel, ma... accade che, durante le piene, le acque,
sormontato l'argine, riprendono il vecchio alveo scavato in un canale di roccia, che le convoglia in
direzione dell'abitato di Piamprato Soana. Le acque... ne percorrono le strade ed invadono i locali
posti al piano terreno delle abitazioni... occorre prevedere... allargamento e abbassamento della
soglia rocciosa... demolendo un tratto di parete rocciosa per un volume di circa 80 mc. - la costruzione in sponda destra di un argine in muratura... per una lunghezza di m 50... abbassamento di circa
1 metro del fondo dell'alveo per ml. 50x2 di larghezza... opportunità di provvedere allo sgombero dell'alveo del rio, a quota 1700-1800, nel tratto ove questi attraversa il detrito di falda per una lunghezza di circa m 200 con un movimento di materiale stimato in circa 600 mc... La spesa è.. L.
4.663.000» (Piano generale di bonifica del comprensorio di Bonifica Montana dell'Orco, 1960).
15
Documentazione tecnica inerente gli effetti dell'evento, da cui si sono tratte le presenti
indicazioni, è stata cortesemente fornita dai Comuni di Occhieppo Superiore, Occhieppo Inferiore
e Camburzano.
16
Alla stazione meteopluviometrica di Oropa il giorno 5 giugno tra le ore 15:00 e le ore
18:30 sono stati registrati 163,8 mm con un apice di 41 mm tra le ore 15:00 e le 15:30.
17
Effetti minori di trasporto in massa sono stati osservati lungo alcuni rii minori quali uno
anonimo di fronte ad Alpe-Rondolere, in destra Sessera, e lungo il Rio Calcinone, tributario sinistro, appena a monte del T. Caramala, che ha riversato quantitativi ridotti di detrito lungo la carreggiabile.
18
Misure indirette di velocità del T. Caramala (metodo JOHNSON & RODINE, 1984) effettuate
lungo un tratto d'alveo complessivo di circa 180 m a monte del ponte, mediante 4 sezioni ricostruite
sulla base delle tracce del passaggio della massa detritica, hanno dato valori rispettivamente di 1,8
m/s, 7,42 m/s, 4,44 m/s e 5,7 m/s procedendo da monte a valle.
19
Misura effettuata con metodo indiretto «Slope-Area» tramite apposito rilievo topografico di
82
dettaglio effettuato con stazione strumentale e georeferenziazione secondo il sistema Gauss-Boaga,
a monte della località abitata. Il tratto d'alveo oggetto di indagine ha una lunghezza paria a 193 m,
la pendenza del tratto d'alveo è pari a 2,49% e la superficie del bacino sotteso alla sezione considerata pari a 92,5 km2.
20
Misura effettuata con metodo indiretto «Slope-Area» lungo un tratto del T. Cervo a monte
del Comune di Tollegno, di lunghezza pari a 263 m, con pendenza media dell'alveo pari al 1,70% e
bacino sotteso alla sezione di chiusura di 88,3 km2 (GODONE, 2002b).
21
Il pluviometro di Camini Frejus, afferente alla rete meteorologica dell'Arpa Piemonte, ha
registrato nelle 24 ore precedenti le ore 9 del 21 giugno la caduta di soli 3,6 mm di pioggia complessiva.
22
Secondo testimonianza del Sig. Renato Chaiccan la prima pulsazione sarebbe avvenuta
tra le ore 19:30 e le ore 20:00 del giorno 23 giugno.
23
Circa 58 mm in un'ora (Stazione di Limone Piemonte), (comunicazione informale del Dott.
Domenico Brizio, Responsabile del Servizio Comunale di Protezione Civile di Bra), e 108,6 mm complessivi per l'evento.
24
In Valle Corsaglia non sono stati rilevati fenomeni di rilievo, salvo ridotti apporti detritici
dai tagli di versante lungo la strada principale, così pure lungo il tributario Rio Geremia sono stati
rilevati unicamente segni di piena ordinaria.
25
A titolo puramente rappresentativo dell'evento, si riporta che alla stazione pluviometrica
della Diga Piastra di Entracque (esistente dal 1916; Ufficio Idrografico del Po, gestita da Enel), la
precipitazione massima giornaliera del mese di luglio è stata registrata il 16 luglio 2002, con 150
mm, valore che supera il dato massimo registrato per lo stesso mese del 13 luglio 1954 (87 mm).
Complessivamente, per la quantità di pioggia cumulata registrata a Entracque (900 m slm), 289
mm in tre giorni, l'evento del 14-16 luglio 2002 si colloca al secondo posto nella serie degli eventi
più gravosi dal 1916, dopo quello del 7-9 ottobre 1996 (324 mm).
26
Valutazione diretta degli scriventi.
27
Le acque sono poi confluite nella sottostante Strada Genova, con ostruzione della viabilità principale (Il Mercoledì, 24 luglio 2002).
28
La stazione meteopluviometrica CNR-IRPI di Cresta Nera (2250 m s.l.m.) tra le ore 19 e le
20 ha misurato la caduta di 5,8 mm di pioggia; dalle tempistiche di accadimento dei fenomeni è
verosimile ipotizzare che tale precipitazione si sia verificata tra le 19,45 e le 20,00. Il Pluviometro
di Claviere, afferente alla rete meteorologica della Regione Piemonte, ha registrato nelle 24 ore precedenti le ore 9 del del 31 luglio la caduta di 8 mm di pioggia complessiva.
29
Il pluviometro di Camini Frejus, afferente alla rete meteorologica dell'Arpa Piemonte, ha
registrato nelle 24 ore precedenti le ore 9 del 31 luglio la caduta di 5,2 mm di pioggia complessiva;
tra le ore 9 del 29 luglio e la stessa ora del giorno successivo la precipitazione è stata di ben 35,8
mm.
30
Osservazioni e rilievi a cura del Dott. Gilberto Zaina.
31
L'evento è stato preceduto nei giorni antecedenti da almeno due eventi temporaleschi; a
Torino Mirafiori (pluviografo CNR-IRPI), infatti, è stato registrato un primo evento il giorno 22 agosto, caratterizzato da uno scroscio di 27,2 mm tra le ore 20:30 e le 22:00; quello successivo si è
verificato il 25 agosto con precipitazione complessiva di 62 mm (tra le ore 4:30 e le 12:00), di cui
32 mm nella prima ora e mezza. Nella vicina località di Pianezza, il pluviometro della Rete
Agrometeorologica Regionale ha rilevato 169 mm dal 21 al 27 agosto, con massimo apporto giornaliero di 57,8 mm il 25.
32
L'evento precedente, ben più gravoso, risale al 5-6 novembre 1994; un caso analogo, più
antico, è stato registrato nel 3 luglio 1875 (CNR-IRPI).
33
Le osservazioni in corso di evento hanno permesso di comprendere, in un insieme contemporaneo, l'evoluzione dinamica e gli effetti complessivi della piena, grazie alla collaborazione da
tempo instaurata con l'Ispettorato Vigili del Fuoco, Nucleo Elicotteri, che sin dalla prima mattina
ha reso disponibile un mezzo aereo. La ricognizione, integrata da immediati sopralluoghi a terra,
ha reso possibile redigere una planimetria abbastanza precisa e completa delle aree interessate dall'esondazione.
34
La valutazione della portata di massima piena del T. Chisola è stata effettuata dal Geom.
Franco Godone (CNR-IRPI Torino), con la collaborazione del Dott. Forestale Danilo Godone (Torino)
e del Sig. Giovanni Rivelli (CNR-IRPI Torino).
35
La documentazione tecnico-illustrativa è stata gentilmente fornita dal Comune di La
Morra.
36
L'evento è stato anticipato da uno precedente a carattere temporalesco il giorno 8 settembre, con uno scroscio di 50 mm tra le ore 0:40 e l'1:40, che ha interessato un più vasto areale
(pluviografo CNR-IRPI Torino sito a Mirafiori).
37
Comunicazione personale del Dott. Andrea Zaccone (DG Protezione Civile Regione
Lombardia).
83
38
A Verbania il Lago Maggiore, alle ore 12.30 del 17 novembre, ha raggiunto un livello massimo di 6,62 m sullo zero idrometrico, corrispondente ad un incremento di 3,40 m rispetto all'inizio dell'evento.
39
Ad esempio gli idrometri di Garessio e Farigliano hanno registrato rispettivamente incrementi massimi di 0,54 m e 0,94 m in 30 minuti.
40
Informazioni pervenute grazie alla collaborazione del Comune di Cannero Riviera e del
Dott. Geol. Italo Isoli (Prov. VCO).
41
Dati desunti in parte dalla Relazione di sopralluogo del 24.11.2002 della Regione
Piemonte, Direzione Servizi tecnici di prevenzione.
42
Valutazione del Comune di Talamona pari a circa 10.000 m3 di detriti.
43
Documentazione tecnica di dettaglio è stata cortesemente fornita dal Comune di
Talamona.
44
Il termine locale «lita» (es. «nitta», in Piemonte) indica genericamente depositi fangosi.
45
Per alcuni dei corsi d'acqua del Piemonte maggiormente interessati dall'evento, i livelli
idrometrici al colmo e relative portate furono: Tanaro a Montecastello 6,82 m - 2700 m3/s, Bormida
ad Alessandria 7,57 m - 1700 m3/s, Belbo a Castelnuovo 3,59 m, Orba a Casalcermelli 4,36 m 700 m3/s, Po a Ponte della Becca 4,96 m - 6000 m3/s (REGIONE PIEMONTE, Direzione Servizi Tecnici
di Prevenzione, 2002: «Rapporto preliminare sugli eventi meteorologici del novembre 2002»).
46
Si riportano i livelli idrometrici al colmo per i citati corsi d'acqua: Scrivia a Serravalle:
3,44 m, Scrivia a Guazzora 8,18 m, Vobbia a Isola del Cantone 2,72 m (REGIONE PIEMONTE, Direzione
Servizi Tecnici di Prevenzione, 2002: «Rapporto preliminare sugli eventi meteorologici del novembre
2002»).
47
Tra le esondazioni del T. Scrivia che in passato interessarono il suo tratto terminale, va
menzionata quella del 17 novembre 1886, in occasione della quale fu inondato l'abitato di Isola S.
Antonio, e del 16-18 maggio 1926; in quest'ultima lo Scrivia asportò un lungo tratto di difesa e di
sponda sinistra. Piene successive si ebbero il 29 ottobre 1945, nel novembre 1951 e nell'8-9 ottobre 1970. Particolarmente interessanti sono gli effetti dello straripamento del T. Scrivia il 24 marzo
1956 tra Rivalta e Castellar Ponzano (TROPEANO & al., 1999). Di rilievo, come accennato, è stato l'evento meteopluviometrico del 7-8 ottobre 1970, ben descritto da CIARMATORI (1973); in quell'occasione si ebbero gravi danni a Villalvernia, soprattutto per l'esondazione nella pianura. L'evento si
ripeté, con effetti minori, il 19 novembre dello stesso anno (TROPEANO & al., 1999). Dallo studio di
Ciarmatori si desume che durante l'evento dell'ottobre 1970 si registrò una portata di 1650 m3/s
alla sezione di Serravalle, superata dal valore di 1800 m3/s registrato allo stesso sito nell'ottobre
1945. Va considerato che l'alveo del T. Scrivia, a Serravalle, è abbastanza «stabile» rispetto ai tratti vallivi inferiori (es. Villarvernia e Tortona, dove l'alveo è caratterizzato da un materasso detritico
mobile con potenza plurimetrica) in quanto a poca profondità dai depositi alluvionali recenti emerge il substrato, che funge da livello di base, a contrasto dei processi erosivi. Nell'ottobre 1976, infatti, il T. Scrivia aggirò in sinistra il ponte di Villalvernia; una nuova piena nel novembre 1976 causò
l'allagamento di 50 ettari di terreno presso Isola S. Antonio (TROPEANO & al., 1999). L'esondazione
del 6-8 ottobre 1977 fu leggermente più contenuta rispetto a quella già verificatasi nell'ottobre
1970, e non si ebbero conseguenze di particolare rilievo, salvo fenomeni di sottoescavazione alle
pile del ponte di Villalvernia, con dissesto del piano viabile, e di quello di Tortona lungo la S.S. 10.
48
A Verbania il Lago Maggiore, alle ore 2 del 28 novembre ha raggiunto un livello massimo
di 6.57 m sullo zero idrometrico, corrispondente ad un incremento di 1,09 m m rispetto all'inizio
dell'evento.
49
Il Ticino, il giorno 26 novembre, ha raggiunto il livello di 2,52 m al Ponte Coperto di Pavia,
poco sopra il livello raggiunto il 17 novembre (2,45 m) fino a raggiungere il massimo valore, il giorno 27 novembre, al Ponte della Libertà (3,41 m).
50
L'Adda ha registrato un forte aumento di livello: infatti a Lodi ha raggiunto i 3,35 m (valore di oltre 20 cm superiore all'evento del 1960), invadendo successivamente il quartiere del Borgo
Adda e di Via Defendente sulla sponda destra e di Revellino sulla sponda sinistra.
51
Tale evidenza morfologica viene definita «orlo di scarpata potenzialmente interessata da
distacco». Nell'Inventario dei movimenti franosi redatto dalla Regione Lombardia (giugno 1998) è
cartografata seppur con imprecisione, nel settore medio-alto del versante alle spalle di Bindo, un'areola irregolare definita in legenda «Frana superficiale quiescente».
52
Secondo altra valutazione il materiale detrititco complessivo mobilizzato lungo il Torrente
Rossiga e che avrebbe raggiunto il conoide sarebbe pari a 100.000-150.000 m3 (BAILO & al., 2004).
84
Anno 2003
17 GIUGNO
In base ai dati forniti dal Settore meteoidrografico dell’Arpa Piemonte, un
evento pluviometrico ha investito dapprima la media Valsusa (Exilles,
località Finiere: 31,6 mm con intensità massima 20,6 mm in un’ora);
migrando a NE ha interessato la Val Clarea con 22,6 mm in 2 ore (max
intensità 15 mm/h) e successivamente l’alta Val Cenischia (Bar Cenisio:
21,1 mm di cui 10,6 in un’ora). Tra le ore 15:30 e le 18:00 circa, una serie
di rovesci temporaleschi si è abbattuta, infatti, nella conca di Novalesa
dando luogo ad un mud flow lungo il T. Claretto (Val Cenischia, Provincia
di Torino).
E’ ragionevole supporre che a ridosso dei contrafforti rocciosi di cresta,
che, nell’ambito della cerchia montuosa che recinge a guisa di bastionata
la «conca di Novalesa», raggiungono la massima quota con il M.
Rocciamelone (3538 m), le piogge siano state più intense, a giudicare dai
riflessi morfologici che localmente si sono osservati su alcuni settori delle
plaghe detritiche alla testata del T. Claretto, tra le quote 2800 e 2700 m
circa.
In questo sito, l’incidenza dei rovesci piovosi su terreni già in condizioni di
intensa saturazione per la fusione delle soprastanti placche nivali residue
(processo continuativo e persistente per le temperature eccezionalmente
elevate anche in alta quota nelle settimane precedenti) ha determinato il
repentino ed improvviso rilascio di volumi idrici aggiuntivi, con conseguente destabilizzazione di porzioni via via maggiori di masse detritiche
incoerenti.
La ricognizione aerea, effettuata la prima mattina del giorno 18 giugno
(53), ha consentito di evidenziare con la massima chiarezza una decina di
fenomeni di colata detritica a piccola scala, concentrati su area limitata
(2-3 ettari) alla testata del sottobacino del Rio Madel; parte di essi si erano
esauriti lungo la stessa falda detritica, altri erano confluiti nell’asta torrentizia dando così corpo a un fenomeno di colata fangoso-detritica
(muddy-debris flow), altamente fluidificata, costituita dai prodotti detritici stessi contenuti nell’incisione torrentizia e subordinatamente incrementata da apporti di colata laterale per soil slip prodotti da alcune scaturigini sul versante destro intorno a quota 2000 m.
Il Rio Madel costituisce il ramo destro da cui trae origine il Rio Claretto
(fig. 98a, b), mentre il parallelo ramo sinistro, già a suo tempo (23 giugno
1994) aveva ospitato un fenomeno identico di muddy-debris flow e per le
stesse concause (con l’eccezione che all’epoca non era neppure caduta
una goccia di pioggia).
85
a
98. Torrente Claretto: a) tratto
d'alveo in località Prapiano, quota 1750 m (Comune di Novalesa),
ove sono state ricostruite le velocità di deflusso della colata di
fango e detrito del 17 giugno
2003, previa restituzione topografica di dettaglio dell'intero settore; esse sono risultate mediamente comprese tra 5 e 8 m/s,
mediante l'applicazione delle formule di JOHNSON & RODINE (1984)
e HAIDEN (1925); b) depositi residuali della colata di fango nell'alveo del T. Claretto nel tratto
d'alveo in prossimità dell'abitato
di Novalesa (in primo piano); la
patina grigia, che parzialmente
ricopre la vegetazione nel tratto
più prossimo alla cascata, è dovuta all'impatto al suolo della miscela detritica.
b
La massa fangoso-detritica, una volta percorsa l’asta torrentizia per l’intero suo sviluppo, talora depositando volumi di detrito più consistenti in
zone di maggiore espansione naturale d’alveo, ha imboccato e percorso un
lungo tratto in roccia conformato a canyon senza determinarvi appariscenti ostruzioni, effettuando poi un salto terminale dell’altezza di varie
decine di metri e impattando con evidente effetto di «lancia idraulica» (firehose effect) sull’alveo in apice di conoide rimobilizzando a sua volta, parte
del preesistente deposito. Singolari e appariscenti effetti dello splash, irradiato a forma di ventaglio simmetrico per alcune decine di metri esternamente al piede della barra rocciosa, erano testimoniati da una diffusa
patina di rivestimento a limi e argille tipicamente di colore grigio per la
predominanza, nella matrice della miscela, di prodotti di disgregazione di
calcescisti filladici costituenti il substrato roccioso in quota e la matrice di
potenti plaghe di deposito glaciale tra le isoipse 2200 e 2400 metri. Il
canale di scorrimento in conoide, per l’intero suo sviluppo, appariva parzialmente colmato da un deposito residuale a ciottoli e massi con predominante matrice fine per una cubatura complessiva valutabile in diverse
migliaia di metri cubi.
L’irruzione della miscela fangoso-detritica nella zona abitata ha determinato una momentanea ostruzione della luce dello storico ponte ad arco ivi
esistente, rapidamente attenuatasi grazie all’elevata fluidificazione della
massa in transito e alla relativa pendenza del canale di deflusso.
Lungo due tratti significativi a quote differenti dell’alveo percorso dalla
miscela solido-liquida (fig. 98a, 99a, b) sono state effettuate misure di
velocità del fronte di colata (AMBROGIO & TURCONI, 2004).
6 AGOSTO
Nel tardo pomeriggio del 6 agosto precipitazioni temporalesche hanno
interessato l’Alta Valle di Susa; in Valle Thuras, Comune di Cesana
Torinese, in prossimità della località Rhuilles (54), in due bacini contigui,
Rio Saint (o V.ne Draia) e Rio Leità, si sono prodotti flussi detritici che,
dopo aver percorso le incisioni e originato locali sormonti delle sponde
incise, si sono espansi nell’alveo del T. Thuras determinando la formazio-
86
ne di modesti invasi, poi rapidamente smantellati dall’attività erosiva. I
conoidi neoformati (fig. 100a, b)
hanno raggiunto volumi stimabili in
diverse centinaia di m3 per il Rio
Saint, e in almeno un migliaio di m3
per il Rio Leità. Nel Rio Comba
Crosa, attiguo ai precedenti bacini,
si è prodotta una piena torrentizia
(debris flood), che ha mobilizzato,
nel solo tratto di alveo in conoide,
non meno di un migliaio di m3 di
detrito che, come nei casi precedenti, ha invaso l’alveo del T. Thuras.
29 AGOSTO
La situazione sinottica della fine di
agosto è stata caratterizzata dai
seguenti centri d’azione: 1) un anticiclone caldo sul Mediterraneo centrale; 2) una depressione tra la
a
Spagna ed il Golfo di Biscaglia; 3)
una discesa d’aria fredda dall’artico
verso la Gran Bretagna il giorno 28, che ha raggiunto il Golfo di Biscaglia
il 29; 4) una depressione al suolo posizionata il 29 sulla Germania. La
discesa verso S dell’aria fredda artica ha «spinto» la depressione «spagnola» verso E e verso le Alpi, sul bordo occidentale dell’anticiclone, instaurando un intenso flusso di correnti da SW in quota e da S al suolo. Queste
correnti erano decisamente calde e umide, frutto del forte riscaldamento
del Mediterraneo durante un’estate fra le più calde che si ricordino e del
richiamo, da parte della depressione «spagnola», di aria calda dal NordAfrica e dal Mediterraneo-occidentale (OSMER, 2003).
Nel tardo pomeriggio del 29 agosto 2003 una diffusa perturbazione ha
interessato alcune aree del Ticino sopralacuale, la Val Chiavenna e le Alpi
Orientali sino alla bassa Carinzia. Mentre nelle prime località si sono prodotti fenomeni di prevalente trasporto solido torrentizio a carattere sparso e di varia intensità (notevole la colata detritica lungo il T. Vallone in
Frazione Campo di Novate), un nubifragio di particolare violenza si è
abbattuto su alcune aree della Val Canale-Canal del Ferro, insistendo
nelle valli tributarie dei torrenti Uque e Malborghetto, oltre che sul versante destro del Fiume Fella nei comuni di Tarvisio, Malborghetto
Valbruna, Pontebba e Dogna.
L’evento meteorico, che in aree limitrofe all’epicentro e pertanto in possi-
a
b
99. Tracce lasciate dalla colata di
fango del 17 giugno 2003 del T.
Claretto nell'abitato di Novalesa:
a) veduta verso monte; b) verso
valle. Da valutazione indiretta alle diverse sezioni topografiche rilevate è risultata una velocità media di 3-4 m/s (metodo di JOHNSON & RODINE, 1984).
100. Nel corso dell'evento del 6
agosto 2003, in Valle Thuras,
lungo i rii Leità (a) e Saint (b), si
sono prodotti flussi detritici che
hanno invaso l'alveo dell'asta
principale; l'attività erosiva del
corso d'acqua principale ha messo in luce i blocchi di maggiori dimensioni.
b
87
101. Rappresentazione schematica degli effetti indotti dall'evento meteopluviometrico del 29 agosto 2003 in Val Canale (Friuli). In
legenda: (1) reticolato idrografico
minore, (2) corso d'acqua principale, (3) principali processi erosivi (rill o gully), (4) principali processi di frana, principalmente
ascrivibili a soil slip, (5) depositi
di debris flow/debris flood e principali tracce del loro passaggio,
(6) erosioni di sponda e tratti in
deposito, (7) area alluvionata, (8)
area inondata, (9) siti di campionamento, (10) strade comunali,
(11) strada nazionale, (12) linea
ferroviaria, (13) principali nuclei
abitati, (14) gruppi di case e edifici isolati (da TROPEANO & al.,
2004).
bile sottostima rispetto ai valori di pioggia che teoricamente si sarebbero
registrati laddove i fenomeni sono apparsi più concentrati e intensi, in
base a dati forniti dalla Regione FVG ha raggiunto valori eccezionali.
L’area interessata dalle forti piogge è stata quella tra le località di Moggio,
Sella Nevea, il M. Osternig, il Passo Pramollo e la Val Aupa. In particolare
si sono registrati: oltre 400 mm in 24 ore a Grauzaria di Moggio; 396 mm
in 24 ore a Pontebba (293 mm in sole 4 ore); 355 mm in 24 ore a
Malborghetto; 335 mm in 24 ore al pluviometro situato presso la galleria
per il Passo Pramollo (243 mm in sole 4 ore). Per quanto riguarda
Pontebba in sole 4 ore si è superato il precedente estremo registrato nel
1996 (199 mm in 6 ore), ma non si è superato quello in 24 ore del 1996
(465 mm) (OSMER, 2003).
UN CASO DI STUDIO:
L’EVENTO ALLUVIONALE NELL’ALTO FRIULI
(a cura di Tropeano D. e Turconi L.)
I fenomeni più diffusi e intensi si sono localizzati in un areale dell’ordine
di 50 km2 (fig. 101), compreso tra il versante destro del F. Fella e una linea
ideale parallela, che interseca i medio-alti bacini dell’Uque e del Rio di
Malborghetto, segnatamente nell’ambito del territorio comunale di
Malborghetto-Valbruna. Altri effetti appariscenti di elevata torrenzialità si
sono poi osservati in Val Pontebbana (Rio Bombaso in Comune di
Pontebba), lungo alcuni tributari in sinistra Fella tra Malborghetto e
Pontebba (valloni anonimi discendenti dal Monte Nebria; Rio dello Zolfo e,
soprattutto, rii Coran, Senata e Pirgler), e in destra Fella tra Malborghetto
e Dogna (oltre alle due aste più importanti già citate, una dozzina di val-
88
loni tra Ugovizza e
Malborghetto, tra cui il
Rio Silber; una decina di
altri a W di Malborghetto
e, decisamente più a
valle verso Pontebba, il
rio
Vogelbach).
All’estremo occidentale,
assai rilevanti sono pure
stati i processi di alluvionamento torrentizio
da parte di quasi tutti i
tributari del T. Aupa,
come pure lungo la stessa asta principale; essa
ha pure causato diffuse
erosioni laterali, anche a
scapito del corpo stradale di fondovalle, a tratti
asportato per decine e
anche centinaia di metri.
Gli enormi volumi idrici raccolti e convogliati in breve tempo alle testate
dei valloni, composti da erte pareti rocciose, con impluvi di raccolta di
dimensioni relativamente trascurabili in rapporto alla proiezione planimetrica delle loro superfici, ma assai notevoli se rapportati alle superfici
effettive, giustificano l’irruenza dei processi e le immediate capacità di
saturazione, in sedimenti e detriti di elevata permeabilità, tale da generare destabilizzazioni non solo alla sorgente del fenomeno, ma lungo tutta
l’asta incisa in roccia (fig. 102). Ai fenomeni più tipicamente ascrivibili alle
«colate detritiche» (debris flow), per le loro caratteristiche deposizionali
riflettenti le condizioni cinematiche che li hanno caratterizzati, appartiene
una moltitudine di processi (una ventina i principali) che si sono riattivati lungo il versante destro della Val Canale, a lato della S.S. 13 tra le progressive Km 207 e Km 212, ove tra l’altro sono stati apportati danni di
varia entità a edifici e infrastrutture. La rapidità (e di fatto l’imprevedibilità temporale) di alcuni fenomeni è stata tuttavia contrastata da un efficiente sistema di Protezione Civile, che ha consentito di minimizzare le
conseguenze
sulla
popolazione residente e turistica, nonostante i due casi di
decesso purtroppo
verificatisi.
Nei bacini a grado di
gerarchizzazione più
evoluto, e quindi di
dimensioni maggiori
(da 1-2 km2 a qualche decina di km2) il
processo prevalente
è stato di «sovralluvionamento» entro il
canale di deflusso,
con fuoruscita, spesso,
di
materiale
102. Evento del 29 agosto 2003
in Val Canale (Friuli). Mappa delle isoiete delle precipitazioni registrate nell'arco di 8 ore, sovrapposte alla mappa delle "isodensità" degli effetti lungo i versanti e
la rete idrografica. L'assenza di
stazioni di registrazione nella
parte settentrionale del territorio
studiato, nel settore prossimo al
confine austriaco (vedasi riquadro nella figura precedente), non
ha permesso l'estrapolazione delle isoiete. La distribuzione degli
effetti si combina abbastanza
bene con quella delle piogge, pur
se nel dettaglio lo strumento di registrazione non ha apprezzato localizzate entità di pioggia correlabile (chiazze di colore intenso
anche dove le isoiete sfumano in
valori differenti). In legenda una
scala relativa alla densità dei fenomeni rilevati (processi erosivi,
frane superficiali, colate detritiche, alluvionamenti torrentizi),
variabile da 5 a più di 20 fenomeni per km2). Le lettere indicano le diverse stazioni meteo considerate (da TROPEANO et al.,
2004).
103. Soil slip sul versante sinistro
del Rio Studena, tributario destro
del T. Pontebbana, in prossimità
dell'abitato di Pontebba (Val Canale).
89
104. Numerosi soil slip, connessi
all'evento del 29 agosto 2003 in
Val Canale, lungo il versante sinistro della Valle Rauna, sottobacino del T. Uque.
105. Tratto del T. Patamar, tributario destro del T. Uque, ampliatosi per erosione spondale di almeno 5 volte con seri danni per le
zone abitate.
90
detritico a maggior grado di fluidificazione nei casi
di rottura di pendio, in più casi facilitati da spianamenti artificiali che hanno funzionato da «piazze» di deposito laddove la luce dei manufatti di
sovrappasso non ha consentito lo smaltimento del
flusso «iperconcentrato» (debris flood). Una sostanziale differenza morfologica, per ciò che riguarda i
depositi legati ai due processi su citati, sta nel fatto
che i primi sono di regola contraddistinti da cordoli e lobi di arresto di colata; il corpo sedimentario
presenta tessitura eterometrica o sub-omeometrica
senza stratificazione apparente; viceversa nei
secondi la deposizione è prevalentemente stratoide
o laminare con significativa classazione dei granuli.
Valutazioni di densità delle miscele che hanno portato alla formazione di tali depositi, effettuate su
campioni opportunamente prelevati in loco e portati a saturazione in laboratorio, suggeriscono
valori prossimi a 2,2 kg/dm3 nel primo caso, e vicini a 2,0 kg/dm3 nel secondo, con prevalenza assoluta, nella composizione granulometrica, di ghiaia medio-fine (80-90% in
entrambi i campioni). Tra l’altro, ciò spiega nel primo caso la facilità di
presa in carico e trasporto di massi anche di ingenti cubature e, circa i
riflessi su strutture antropiche, come su forte pendio le pressioni esercitate possano tradursi in impatto distruttivo su strutture non elastiche.
A carattere sparso, nel territorio esaminato, si sono osservate frane superficiali ascrivibili alla tipologia degli «scivolamenti rapidi di suolo» (soil slip)
(fig. 103, 104), connessi a collasso di porzioni di terreno, generalmente di
modesto o minimo spessore, per elevata fluidificazione di masse incoerenti e conseguente fuoruscita di scaturigini improvvise. Si è anche osservata in più casi, nel corpo stesso della nicchia e del corpo frana, la manifestazione di 1-2 pulsazioni secondarie di debris flow, tipicizzate dai corrispondenti cordoli bilaterali. Assai spesso tali frane, quando canalizzate,
hanno dato innesco a, o incrementato, altrettanti
processi di debris flow.
Tale è la fenomenologia diffusamente riscontrata,
ad esempio, nel bacino del T. Uque dove è stato
particolarmente interessato il settore destro, corrispondentemente alla Val Rauna e al sottobacino
del Rio Patamar (Tamer) (fig. 105), da una trentina
di fenomeni di versante complessivi: da manifestazioni d’instabilità più ampie e preesistenti, ora riattivate (frane del Patamar, ove peraltro si è potuto
constatare la buona tenuta di opere idraulico-forestali di imbrigliamento), a frane di neoformazione
con apporto dei materiali fluidificati in rete idrografica, a fenomeni di erosione e dilavamento
superficiale.
Nel caso particolare dell’abitato di Ugovizza, apporti aggiuntivi di flussi detritici sono provenuti da
due valloni provenienti dalla «Vetta Secca», uno dei
quali, incombente su parte dell’abitato, ha creato
temporanea apprensione per la sussistenza di
alcuni massi in precario equilibrio, tempestiva-
mente rimossi.
Lungo le aste tributarie principali (T. Uque e Rio di Malborghetto) si sono
osservati straordinari ampliamenti della sezione di deflusso che spesso
hanno intaccato le falde detritico-colluviali alla base dei pendii. Ne sono
risultate, a luoghi e spesso in continuità, masse considerevoli di detriti e
sedimenti, parte prossimale delle quali è stata convogliata all’esterno dei
bacini montani con totale occlusione del canale di deflusso in area di
conoide e riversamento, sull’area di naturale espandimento laterale, dei
volumi solidi eccedenti la capacità del canale stesso. Le valutazioni sono
possibili grazie ai dati raccolti su terreno, in ordine agli spessori dei materiali depositati, e alle tempestive ricognizioni aeree effettuate appena dopo
l’evento che hanno permesso di delimitare le aree alluvionate.
Per il T. Uque è stato così calcolato un volume di deposito dei materiali,
alla fuoruscita della gola rocciosa ove si chiude il bacino, pari a circa
85.000 m3, il 90% dei quali è rappresentato da ghiaie, ciottoli e massi,
mentre la porzione più fine si è depositata nella zona distale, alla periferia
ed ai margini del centro abitato di Ugovizza, ed un quantitativo sicuramente ancor elevato è andato a confluire nel fiume Fella in corso di evento. Nella ragionevole ipotesi, suffragata da più testimonianze locali, che
l’alluvionamento dell’abitato si sia protratto per circa due ore, ne conseguirebbe un apporto solido medio, dal bacino, nell’ordine di 12 m3/s.
Nel bacino del Rio di Malborghetto (fig. 106), diffusi fenomeni torrentizi,
segnatamente da parte del tributario sinistro Rio Vocadulina, hanno dato
incremento al trasporto solido dell’asta principale, che proporzionatamente al bacino è risultato comunque assai meno ingente di quello del contiguo T. Uque.
Si può arguire che in uno degli areali più colpiti dall’evento, quale il sopradescritto, una sessantina di valloni su una novantina censiti in cartografia ufficiale (25.000 IGM), praticamente i 2/3 del totale esistente, si siano
«rinfrescati» ovvero abbiano mostrato segni di riattivazione di processi di
trasporto solido impulsivo, quiescenti o meglio «latenti» da alcuni anni.
Altre valli di maggior ampiezza (T. Uque) non avevano più manifestato
eventi parossistici da diversi decenni.
Salvo apporti di materiale più fine, in quantità non valutabile, i diversi torrenti e valloni secondari tributari del Fella non hanno
visibilmente incrementato la riserva di carico solido
esistente entro l’alveo fluviale, in quanto la massima
parte del detrito sceso a valle, in particolare la frazione a granulometria più grossolana, si è arrestata al
fondovalle. Maggiori incrementi, per contro, sono
stati apportati da alcuni tributari del versante sinistro (dove tuttavia la perturbazione ha conseguito
effetti modesti), quali il T. Saisera, Rio dello Zolfo (che
peraltro si è limitato a movimentare materiali già presenti in alveo: tutto quanto poteva risultare di nuovo
apporto da monte è stato regimato dalle briglie poste
in opera pochi anni addietro), i rii Senata, Coran e
Pirgler (quest’ultimo risulterebbe aver scaricato sul
piazzale dell’A23 circa 8000 m3 di detriti).
L’asta principale del Fella, lungo tutto il suo corso tra
Tarvisio e Dogna, è stata caratterizzata da deflussi
elevati con tempo di propagazione dell’onda di piena
estremamente ridotto tra i due capoluoghi, che
secondo interviste direttamente effettuate risulterebbe dell’ordine di 15-30 minuti. Alla testata della Val
106. Settore abitato di Malborghetto (Friuli) invaso dai detriti di
colata del 29 agosto 2003 in cui
si sono raggiunti spessori dei depositi superiori ai 2 metri.
107. Fiume Bormida, notevolmente ingrossato a seguito delle
piogge del dicembre 2003, ripreso a monte della città di Alessandria, alle ore 8:00 del 3 dicembre 2003.
91
Canale, il principale contributo è stato fornito dal torrente
Uque, il cui sopraggiungere impulsivo, accompagnato da
ingenti volumi solidi, è stato avvertito dalla popolazione di
Ugovizza tra le ore 17 e le 18 (intorno a quell’ora, risulta
crollato il campanile della chiesa parrocchiale, attigua all’alveo, i cui detriti avrebbero conferito maggiore impeto ai
deflussi).
Il fiume Fella, come osservato presso Pontebba, laddove delimitato da strette naturali con cui in parte hanno interagito
condizionamenti antropici (rilevati della S.S. 13), ha raggiunto battente idrometrico di 9-10 m, forse anche superiore. Lungo il suo corso si sono prodotte saltuarie erosioni di
sponda, talora concomitanti su ambo i lati, nella necessità di
adeguamento delle sezioni ai repentini e sensibili incrementi di deflusso.
108. Fiume Bormida ad Acqui
Terme (archi romani), ore 9:13 del
3 dicembre 2003.
109. Cairo Montenotte: Fiume
Bormida con deflusso di acque
moderatamente torbide ed a piena sezione, ripreso alle ore 11:13
del 3 dicembre 2003.
92
2-4 DICEMBRE
Le precipitazioni che hanno insistito per quattro giorni consecutivi sul settore occidentale del versante padano (Piemonte, Valle
d’Aosta, Liguria) (55) e che hanno comportato quantità cumulate di pioggia fino a 200-300 mm (tra l’1 e il 4 dicembre 107 mm a Cuneo, 138 a
Vercelli, 139 a Torino, 189 a Noasca, 258 a Oropa), con altezze di neve
sino a 2 m sui versanti a quote superiori ai 1500 metri, sono da considerarsi anomale nella tarda stagione autunnale, per quantità e soprattutto
per la relativa intensità dei rovesci piovosi che talora, per brevi durate, si
sono avvicinati ai 10-15 mm/ora.
Grazie soprattutto al fatto che, nella generalità dei casi, le piogge sono
state discontinue (con interruzioni anche di 8-10 ore tra una fase di rovescio e la successiva), il più sovente di modesta intensità (inferiore a 5-10
mm/h e quindi non in grado di dare innesco a sensibili processi di ruscellamento al suolo) il contributo al sistema idrografico è stato graduale.
Tenuto conto inoltre della quota relativamente bassa dello zero termico, la
piena di tutti i corsi d’acqua è apparsa contenuta entro i limiti golenali o
dei bassi terrazzi morfologici, senza dare luogo a esondazioni significative.
Ciò vale in particolare per i corsi d’acqua alimentati
dai bacini imbriferi pedemontani, appenninici e collinari del basso Piemonte e della pianura torinese,
dove maggiore è stata l’attenzione soprattutto in
riferimento alla situazione dei centri abitati che
ebbero a soffrire pesanti conseguenze in occasione
dei passati eventi parossistici, in particolare quello
del novembre 1994.
Dal punto di vista fisico-geografico, l’evento in questione presenta alcune analogie con quello del 18-19
dicembre 1960, che, localmente, ebbe a comportare
effetti ben più gravosi, con l’obbligo di evacuazione
di diverse aree abitate nel solo circondario di Torino.
A differenza dell’evento alluvionale del novembre
1994, che ebbe a colpire con esito disastroso gli
stessi areali, in questa occasione le relativamente
modeste intensità di pioggia non hanno avuto la
possibilità di innescare fenomeni di frana, che invece diffusissimi (circa 10.000) si erano allora manifestati nel territorio delle Langhe dando luogo a piene
parossistiche lungo tutta la rete idrografica afferen-
a
b
te al fiume Tanaro.
Come di consueto, sopralluoghi conoscitivi e documentaristici, unicamente terrestri, in corso di evento hanno avuto luogo nei giorni 2, 3 e 4 dicembre, segnatamente nelle valli Tanaro, Belbo, Bormida (fig. 107, 108, 109,
110a e b) ed Orba e fasce di pianura latistanti tali corsi d’acqua, nonchè
in alcuni settori del Torinese ove, a fronte di fenomenologie di evento naturale di per sè non rilevanti, elevate concentrazioni di infrastrutture antropiche rendevano meritevole di attenzione lo sviluppo ed evoluzione dei
fenomeni stessi.
Ad Alba il livello del Tanaro si è innalzato di 1,88 m rispetto alla settimana precedente: a titolo precauzionale è stato sgomberato il campo nomadi
ubicato lungo la sponda sinistra del Tanaro, presso la confluenza con il T.
Riddone. A causa di una frana è stata chiusa al transito la strada Bacona
in località Pineta, che s’immette sulla strada provinciale per Diano d’Alba.
Ad Asti il Tanaro ha raggiunto +2,42 m sopra lo zero idrometrico, mentre
ad Alessandria è stato chiuso il ponte della Cittadella sul Tanaro.
All’idrometro di Montecastello, dove lo stesso corso d’acqua ha già ricevuto le acque del Bormida e dell’Orba, il livello ha raggiunto +6,76 m sullo
a
110. Fiume Bormida di Spigno a
Ponti: confronto fra la situazione
delle ore 9:40 del 3 dicembre
2003 (a) e quella delle ore 12:00
del 5 novembre 1994 (b).
111. Fiume Tanaro: a) l'idrometro
di Montecastello, alle ore 18:30
del 3 dicembre, segnava 6,50 m
sullo zero idrometrico; b) area di
esondazione vista dalle alture di
Montecastello, verso le ore 15:15
dello stesso giorno.
b
93
zero idrometrico (fig. 111a). Ad aver superato il livello di attenzione, oltre
al Tanaro, sono stati diversi corsi d’acqua come la Bormida e l’Orba,
nell’Alessandrino ed Astigiano, il Malone nel Torinese.
Non si è riscontrata, in alcuna delle valli su citate, l’insorgenza di fenomeni d’instabilità manifesta su versante, mentre sono apparsi ovunque
notevoli i volumi e le concentrazioni dei deflussi idrici, con visibili ruscellamenti nelle aree denudate e coltive e loro naturale raccolta in rete idrografica, sollecitata talora sino a condizioni-limite con invasamento temporaneo, da totale a parziale, delle aree golenali di fondovalle e di pianura
(fig. 111b), cui si sono aggiunti fenomeni di allagamento per emergenze di
falda, sempre controllati dall’idrografia in atto e «quiescente» (cioè veri e
proprii percorsi canalizzati secondo l’andamento di antichi alvei, anche
nei casi in cui questi ultimi sono stati obliterati e parzialmente colmati per
pratiche agricole e urbanistiche).
Nel settore meridionale del Piemonte si è verificato un generalizzato e
lungo deflusso di piena, con trasporto torbido da medio a elevato (come è
la regola per alcuni torrenti e fiumi che incidono i terreni sedimentari
cenozoici e quaternari in tale area); nel settore pinerolese pedemontano,
aree del basso Canavese e circondario di Torino, si sono riscontrati diffusi fenomeni di ristagno ed emergenza di falda idrica, tracimazione di fossi
campestri e rii secondari nelle campagne, instaurazione di reti idrografiche effimere, sempre in contesto naturale salvo locali alterazioni/accentuazioni dei fenomeni stessi per la presenza delle diffuse reti stradali e
infrastrutturali, senza tuttavia dar luogo a vere situazioni di pericolo
incombente.
Senza alcun dubbio le attività di prevenzione diffusamente esercitate e
sempre più sviluppate in questi anni hanno avuto un ruolo importante nel
ridurre al minimo le possibilità di danni a beni e persone nella fase acuta
dell’evento.
Note
53
Tale sopralluogo, come in diverse altre occasioni tra il 1995 e il 2005, fu tempestivamente reso possibile grazie ad una continuativa collaborazione tra l'IRPI di Torino e il Nucleo
Elicotteri dei VVF (Ispettorato per il Piemonte e la Valle d'Aosta).
54
Secondo quanto riferito dal Sig. C. Massola, residente a Rhuilles, lo scroscio di maggiore intensità si sarebbe verificato attorno alle ore 17:15 (ora legale); non più di quindici minuti dopo, nel Rio Saint, il flusso detritico è fragorosamente transitato in alveo sfiorando la travata del ponte della strada per l'Alpe Thuras.
55
Le violente piogge che hanno interessato l'Italia hanno, negli stessi giorni, raggiunto
anche il bacino del Rodano ed il settore sud-est del Massiccio Centrale in Francia: l'evento
meteopluviometrico del 30 novembre-3 dicembre conclude un periodo già straordinariamente
piovoso per due episodi distinti (15-16 novembre e 21-24 novembre) che hanno reso saturi i terreni con oltre 200 mm di pioggia. Nella serata del 1°dicembre la situazione stazionaria di un
fronte perturbato favorì forti precipitazioni (piogge cumulate di oltre 300 mm, bacini del Gard,
Cèze e Ardèche) con conseguenti fenomeni di allagamento e criticità nella zona di Marsiglia (da
MÉTEO-FRANCE, 2003).
94
Anno 2004
5-7 MAGGIO
Lungo i rii Sacchetto e Chiebbia (sobborgo di Chiavazza, Biella), nel pomeriggio del giorno 5, si sono manifestati processi di trasporto in massa con
conseguenti alluvionamenti a detrito e materiale vegetale lungo le strade
del centro abitato e nelle zone di San Rocco e San Gerolamo (Il Biellese, 7
maggio 2004). Il periodo è stato caratterizzato da piogge abbondanti e
ripetute, talora intense: dal 28 aprile al 7 maggio si sono totalizzati 285,4
mm nella vicina località di Oropa, di cui 83 mm in 24 ore il 5 maggio.
Nel Varesotto, in Comune di Induno Olona si è rimobilizzato un settore di
versante instabile con componente fluido-fangosa a danno di alcune vie di
comunicazione urbane.
In Provincia di Brescia, le intense precipitazioni hanno generato effetti
d’instabilità lungo i versanti: a Capriolo, una frana con un fronte di 50 m
e spessore 3 m, proveniente dal Monte Belvedere, ha coinvolto nel pomeriggio del giorno 7 alcuni edifici, manifestando vistose fratture di tensione
(Giornale di Brescia, 9 maggio 2004); così pure in Valtrompia, dove a
Cesovo di Marcheno sono stati mobilizzati circa 150 m³ di materiale detritico («argilloso misto a blocchi di roccia e alberi») lungo la strada d’accesso all’abitato; altro fenomeno di frana ha interessato la strada tra
Lumezzane e Sarezzo (in loc. Termine).
3 AGOSTO
Precipitazioni temporalesche hanno interessato i rilievi di confine con la
Francia in prossimità di Bardonecchia. Le piogge cadute in Vallestretta (56)
hanno prodotto una modesta piena del corso d’acqua principale; intorno
alle ore 20 il bacino idroelettrico «Melezet-Sette Fontane» ha raggiunto il
massimo livello di regolazione, con necessità di sfioro a valle delle portate
eccedenti.
Nel bacino del T. Rho, alla base della bastionata del gruppo montuoso dei
Tre Re Magi, si sono prodotte modeste colate detritiche esauritesi nelle
falde detritiche sottostanti. In un vallone anonimo, in destra Rho e sottostante la P.ta Melchiorre, una colata detritica originatasi per rimozione del
detrito accumulatosi nell’angusta incisione, si è esaurita nel ristretto fondovalle invadendo l’alveo del T. Rho. Il T. Frejus, in risposta alle precipitazioni verificatesi (57), ha prodotto una modesta piena torrentizia che ha
rimaneggiato i depositi in alveo.
6 AGOSTO
Manifestazioni temporalesche nelle Alpi Occidentali hanno avuto partico-
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lari conseguenze in alta Valle di Susa (Provincia di Torino) e bassa Valle
d’Aosta.
L’alta valle della Dora Riparia (Comuni di Bardonecchia e Cesana
Torinese) è stata parzialmente interessata dall’evento, caratterizzato da
scrosci temporaleschi di breve durata, ma discreta intensità, con innesco
di fenomeni di colata detritica torrentizia nell’area di affioramento delle
caratteristiche rocce calcareo-dolomitiche, calcescisti e filladi con relativi
prodotti detritici. Come in numerosi altri casi precedenti, la presenza di
discreti corpi nivali, residui del precedente inverno, alle quote più alte,
soggetti da tempo a ricompattazione e fusione per il perdurare dello zero
termico oltre i 3000 m, ha concorso in misura determinante ai processi di
innesco e sviluppo iniziale di diversi fenomeni di debris flow. In corrispondenza di incisioni e impluvi, aree sorgente dei processi, i terreni si
trovavano infatti in condizioni di permanente saturazione idrica e il probabile, temporaneo effetto-sbarramento generato dal collasso di porzioni
anche modeste di tali «ponti di neve» per l’intensa pioggia sopravvenuta,
ha contribuito al subitaneo avvio di processi di ruscellamento concentrato da cui si sono originate le colate di detrito.
Lo stesso evento ha pure interessato, in Valle d’Aosta, il bacino del T.
Grand Valey (Comune di St. Vincent) che ha riversato una colata di detrito lungo l’asta principale, in gran parte contenuta nel tratto apicale, ma
fuoruscita nel settore medio-distale del conoide.
112. Versante sinistro della Vallestretta (Alta Valle di Susa, Torino) interessato da colate detritiche alimentate dal materiale calcareo-dolomitico
preesistente
disposto lungo il pendio (fotografia del 7 agosto 2004).
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Valle di Susa
Particolari effetti si sono osservati in Valle di Susa. In Comune di
Bardonecchia, bacino Dora di Vallestretta, nel tardo pomeriggio, alla stazione pluviografica dell’ENEL posta all’invaso idroelettrico in località Le
Sette Fontane sono stati registrati, su una quantità cumulata di appena
11.8 mm in 5 ore, 8 mm di pioggia iniziale in circa 20’. Tale intensità, ben
al disotto di valori-soglia comunemente ritenuti idonei all’innesco dei processi di soil slip/debris flow, difficilmente spiega lo sviluppo dei fenomeni.
E’ dunque possibile che l’intensità sia stata maggiore a quote superiori,
con effetti di concentrazione degli scrosci a ridosso dei contrafforti rocciosi che sovrastano, da un lato e dall’altro della Vallestretta, le ripide falde
di detriti che ricoprono per lunghi tratti i versanti. In tale contesto si sono
manifestate sul versante sinistro (fig. 112) alcune lievi riattivazioni di processi lungo i canaloni e le coltri detritiche che essi
alimentano: fenomeni occasionalmente già osservati, anche in epoca recente (giugno 2002). Sul versante destro, in corrispondenza dei primi tornanti
di strada che, dal bivio per il Colle della Scala (58)
conducono alla parte più elevata della valle, fenomeni di debris flow di maggiori proporzioni (magnitudo complessiva 2-3000 m3) sono scaturiti da due
valloni anonimi contigui, discendenti dalla Guglia
Rossa (q. 2548 m), interrompendo per alcune ore il
transito. Identico fenomeno era già stato osservato
per l’evento del luglio 1987 e, in misura assai più
ridotta, per quelli del 15 agosto 1998 e 21 giugno
2002.
Nella conca di Bardonecchia, una modesta colata
di fango e detriti (muddy-debris flow) si è generata
lungo l’asta del torrente Rho, a valle di numerosi
ma ridotti processi di ruscellamento concentrato e
colata detritica nei bacini tributari di destra, inne-
scati prevalentemente da fusione e collasso
rapido di residui
ponti di neve
sotto
l’effetto
della
pioggia
battente, sulle
falde sottostanti
i canaloni calcareo-dolomitici
(fig. 113).
Anche nel bacino del T. Frejus
si sono innescati
a
ex
novo
o
ampliati diversi
processi di ruscellamento concentrato nelle falde detritiche che fanno
b
corona all’asta principale (Rio Chatelard) e ai due principali tributari di
destra del T. Frejus, segnatamente il T. Gautier, che ha concorso a gene113 a, b. Zona sorgente di prorare un’onda di piena impulsiva lungo l’asta principale. In particolare si
cessi di colata detritica del 6
agosto 2004 lungo le falde desono constatate sensibili accentuazioni di movimento (rivelate da fenditutritche del versante destro del
re e strappi nella cotica erbosa di neoformazione, da centimetrici a pluriT. Rho (Bardonecchia), alla badecimetrici) dell’ingente deposito di collasso postglaciale che occupa il
se delle bastionate calcareo-dolomitiche; sull'innesco è evidenfondo del vallone del Gautier e che, inciso dal torrente, rappresenta una
te il ruolo preponderante eserciperenne e cospicua fonte di detrito del volume complessivo nell’ordine di
tato dalla fusione delle masse di
alcune centinaia di migliaia di m3.
neve tardiva.
(59)
Le intense precipitazioni
che nel tardo pomeriggio del 6 agosto 2004 si
sono abbattute sin dalla testata del
bacino del T. Frejus hanno originato intensi e diffusi processi di
ruscellamento concentrato che
hanno percorso le plaghe detritiche
sottostanti le pareti rocciose.
Gli accumuli detritici presenti in
incisioni ed impluvi sono stati rapidamente mobilizzati dando origine
a decine di modeste colate detritiche, con volumi compresi tra pochi
m³ e alcune centinaia di m3, alcune
delle quali si sono esaurite nell’ambito dei versanti, mentre la maggior
parte di esse si è propagata sino
alle aste torrentizie sottostanti.
Sulla base dei sopralluoghi postevento si sono potute condurre
osservazioni mirate alla descrizione
dei fenomeni occorsi.
Impluvi appena accennati nel
corpo dei versanti hanno restituito
a
b
flussi detritici rilevanti (fig. 114);
degna di nota è una colata detritica
osservata lungo un tributario ano- 114. Tratto medio-superiore del bacino del T. Frejus (Bardonecchia) interessato dall'evento del 6 agosto 2004 che ha indotto l'innesco qualche colata detritica lungo i vernimo del Rio Comba del Frejus: a santi, incanalatasi poi nell'asta principale (a), caratterizzata dal tipico cordolo laterafronte di una lieve conformazione le e lobi di arresto frontale (b, particolare della precedente).
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115. Visione frontale del settore
intermedio del bacino del Rio
Gautier (tributario destro del T.
Frejus, Bardonecchia) su cui insiste, in sponda sinistra, un esteso corpo in frana, riconoscibile da
numerosi scalini morfologici connessi a fasi parossistiche di mobilizzazione. Gli apporti lungo l'asta torrentizia provengono anche
per erosione al piede di tale massa instabile.
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ad impluvio ed una superficie di bacino piuttosto modesta si è originata,
per repentina rimozione del detrito, una colata detritica (con depositi residuali dell’ordine di 60-70 m3); una frazione del flusso è fuoriuscita lungo
il pendio ed ha assunto imprevedibili direzioni di scorrimento interessando una porzione di un impluvio adiacente prima di immettersi nuovamente in quello originale. Lungo i tributari Rio Graviere e Rio Pian dell’Acqua
si sono prodotte le colate di magnitudo maggiore, successivamente propagatesi fino al Rio Merdovine; quest’ultimo, insieme al Rivo Comba Cougno
e al Rivo Comba del Frejus, confluendo a quota 1750 m s.l.m., dà origine
all’asta principale del Torrente Frejus.
Le sponde del Rio Merdovine, caratterizzate da estese frane attive di crollo e scivolamento, hanno fornito apporto solido aggiuntivo alla miscela
detritica in transito. Più a valle, in prossimità di località Margh. Borca, si
è ulteriormente ampliato un preesistente sbarramento naturale costituito
da blocchi lapidei plurimetrici, con temporanea ostruzione al deflusso.
Lungo il Rivo Comba Gaudet, tributario in destra del T. Frejus, si sono
prodotte due diverse pulsazioni di colata detritica: il primo deposito è
stato sormontato ed in parte obliterato dagli apporti dell’asta principale, a
sua volta successivamente ricoperto dal materiale lapideo che si è disposto secondo una modesta struttura a conoide. Nell’asta principale, la
miscela detritica, dopo aver occupato completamente il ristretto fondovalle si è progressivamente concentrata a ridosso del versante sinistro provocandone parziale erosione per scalzamento al piede.
La presenza di una briglia, in località Camini Frejus, ha favorito la deposizione di una porzione del carico solido in transito (accumulo stimato dell’ordine di 250 m3). L’opera, che già in passato era stata interessata da
una significativa erosione in sponda sinistra, attualmente appare scalzata tanto da mettere in luce il piano di fondazione sia a centro alveo sia in
sinistra. A valle di Camini Frejus il corso d’acqua scorre per quasi 900 m
entro i propri depositi o a contatto con il substrato localmente affiorante:
in questo tratto sono prevalsi i fenomeni deposizionali su quelli erosivi.
Non si sono osservate apprezzabili accentuazioni dei fenomeni di versante in sponda sinistra.
A monte di Grange Merdovine la colata è verosimilmente transitata con
elevata velocità, soprattutto in relazione alla ridotta larghezza dell’incisione (5-6 metri), impostata in parte in roccia; localmente si è prodotta la
completa rimozione dei sedimenti fino al substrato roccioso.
In adiacenza alla sponda sinistra,
una preesistente direzione di
deflusso,
individuabile
dalla
depressione disposta parallelamente al corso d’acqua, è stata percorsa
da correnti veloci che hanno parzialmente abbattuto la vegetazione
esistente; poco a valle della suddetta località una passerella in legno
con luce di 30 m2 è stata lievemente sormontata dalla colata riportando modestissime lesioni alla spalla
sinistra.
Il Rio Gautier, principale tributario
del T. Frejus, a fronte di una superficie di 1,8 km2, è caratterizzato da
una elevata densità di drenaggio
(60). Nel corso dell’evento, gli impor-
tanti fenomeni di ruscellamento in testata, hanno mobilizzato, sotto forma
di colate detritiche, il materiale accumulatosi nelle incisioni. Ulteriori contributi di carico solido sono stati forniti da un ampio corpo deposizionale
incoerente esistente alla base della parete discendente da Cima della
Blave, ricorrentemente intaccato dal corso d’acqua e dagli apporti di due
tributari lungo il versante sinistro; si tratta di un esteso deposito di collasso di epoca postglaciale (61) (fig. 115) che, inciso al piede, contribuisce
in modo continuativo con significativi volumi lapidei. L’ammasso di frana,
nella porzione più prossima all’incisione, è stato nuovamente interessato
da accentuate erosioni associate a rilevanti crolli di sponda. La colata,
defluendo per un lungo tratto nel Vallone Gautier tra pareti in roccia, ha
acquistato particolare velocità; la presenza di opere trasversali recentemente realizzate ne ha ridotto l’energia; l’ultima briglia (a valle), costruita
pochi mesi prima dell’evento, inizialmente vuota, ha invasato almeno un
migliaio di m3. A valle dell’attraversamento della strada di fondovalle, si è
osservato un approfondimento nel corpo dei preesistenti depositi prossimo a 3 metri tanto da mettere in luce il substrato roccioso per un lungo
tratto.
Campionature della matrice del materiale depositato dal Rio Gautier
appena a monte della confluenza nel Frejus, e di quello lungo l’asta principale, rivelano composizione granulometrica non dissimile: la ghiaia rappresenta il 50% in peso del campione, la sabbia il 30%, limo-argilla la frazione restante; D50=2 mm. L’asta principale del Frejus, appena a valle
della confluenza dei tributari di testata, presenta una percentuale di
ghiaia leggermente superiore (56%), sabbia 28%, limo-argilla 8%; D50=3
mm. Il tenore in materiale fine dell’affluente Rio Gautier è sicuramente
accresciuto dalla presenza di un cospicuo deposito di sedimenti fini
(deposito glaciale di fondo), di potenza non nota, affiorante su lungo tratto dopo l’evento nel tratto intermedio del torrente, alla base dell’incisione,
per circa 50 cm di potenza. Un campione qui raccolto dimostra predominanza della frazione fine (70%) rispetto alla ghiaia: l’argilla rappresenta
circa il 40% del totale. Anche l’analisi granulometrica fornisce dunque
conferma che gli apporti del T. Gautier sono determinanti per l’innesco di
colate di fango e detrito che si propagano, grazie all’alta fluidificazione, per
lungo tratto dell’asta principale sino alla confluenza nella Dora di
Bardonecchia.
L’asta principale del T. Frejus, a valle della confluenza del citato tributario, scorre a ridosso del versante sinistro. Il noto movimento gravitativo
che interessa il pendio non ha mostrato segni di riattivazione. L’ampia
area sub-pianeggiante, che prelude all’imbocco dell’orrido, chiusa da due
briglie, ha favorito la deposizione di una frazione del carico solido (depositi residuali stimati in un migliaio di m3). Il deflusso della colata per un
lungo tratto tra le pareti dell’orrido ha in un certo qual modo «dosato» il
materiale detritico traslato verso valle sia in termini di magnitudo complessiva, sia come volumi dei blocchi di maggiori dimensioni.
Allo sbocco dell’orrido, la presenza di una briglia selettiva, che al sopraggiungere del flusso detritico ha prodotto un momentaneo fenomeno di
rigurgito, ha favorito il deposito a monte di circa 2200 m3 di detrito. A
valle di tale briglia, altre sei opere trasversali hanno smorzato l’energia
della colata e permesso la deposizione di una modesta frazione del carico
solido (i depositi residuali stimati in prossimità delle opere ammontano a
1800 m3).
Alle ore 20:15 (62), il flusso detritico è sopraggiunto in conoide percorrendo rapidamente l’alveo (63) e sormontando due attraversamenti (64) ed
alcuni tratti di difese spondali producendovi parziali sconnessioni; pochi
99
116. Il temporale del 6 agosto
2004, in Alta Valle di Susa, ha innescato una colata di fango e detriti lungo l'asta del T. Gautier, importante tributario destro del T.
Frejus totalmente inciso in calcescisti e filladi, principale immissario di detriti, a ricorrenza quasi annuale, nel corso d'acqua
principale, che occasionalmente
ha creato situazioni di allerta in
Bardonecchia per temporanei ingombri di materiali nel lungo tratto d'alveo canalizzato che attraversa quell'abitato. Nell'immagine, ripresa a poche ore dal passaggio della colata di fango e detriti, è evidente il massimo livello
raggiunto dalla miscela sui manufatti prossimi all'alveo.
istanti prima dell’arrivo del fronte era
stata osservata la completa cessazione
dei deflussi in alveo. La massa viscosoplastica, per almeno mezz’ora, è transitata nell’alveo canalizzato che attraversa l’abitato di Bardonecchia per poi
esaurirsi nell’arco di un’ora; i depositi
lasciati in tale tratto sono stati stimati
in circa 2500-2700 m3.
Nell’abitato di Bardonecchia le situazioni di maggior rischio potenziale sono
state: a) modesto scalzamento delle fondazioni del muro spondale posto a protezione di un edificio realizzato a ridosso
della sponda sinistra ed in zona di chiara pertinenza del corso d’acqua; b) sormonto di un tratto della sponda destra,
in prossimità di Via Einaudi e del ponte
omonimo con deposizione di modesti
accumuli detritici (fig. 116); c) momentanea ostruzione dell’attraversamento
della strada provinciale con invasione della strada stessa e di un piazzale
adiacente.
A valle del ponte, in corrispondenza della confluenza del Frejus con la
Dora di Valle Stretta, per l’apporto in massa di detriti si è formato un
momentaneo invaso poi rapidamente smantellato dal corso d’acqua. Sulla
pila del ponte ferroviario, esistente a 60 m dalla confluenza, sono state
impresse in modo evidente le tracce del passaggio della colata a 1.80 m dal
fondo alveo precedente all’evento. L’alveo della Dora di Valle Stretta, a
valle della confluenza del Frejus, ha svolto a tutti gli effetti la funzione di
«piazza di deposito»; infatti la notevole ampiezza dell’alveo, associata alla
riduzione di pendenza, ha favorito la deposizione di almeno 4000 m3 di
detriti. A valle dell’area industriale la Dora di Bardonecchia è stata interessata da una piena con elevato trasporto solido esauritasi a valle dell’abitato di Oulx, a oltre 10 km da Bardonecchia. In prossimità di porzioni
d’alveo a blanda pendenza si sono costituiti estesi accumuli di sedimenti
a granulometria fine; localmente, in tratti a rapida si è osservata la mobilizzazione di clasti sino a 30-40 cm. L’idrometro di Beaulard (Arpa
Piemonte), alle 21 locali, in concomitanza del passaggio della piena ha
registrato un picco di 58 cm, corrispondente ad una portata di 20 m3/sec.
La sovrabbondanza della matrice limoso-argillosa nell’impasto detritico
(circa il 50% secondo analisi granulometriche effettuate su campioni
appositamente prelevati) è stata testimoniata dall’intensa colorazione grigio-giallastra che la Dora Riparia già presentava, la mattina dopo, alle
porte di Torino e appariva all’osservazione aerea sempre più intensa risalendo la valle.
Valore di pioggia simile ai precedenti (10 mm) è stato osservato tra le
17:30 e le 18:00 al pluviografo ENEL sito all’invaso di Rochemolles, a
quota 1980 m, nel vallone omonimo. Allo scroscio iniziale ne è seguito uno
successivo, tra le ore 19:00 e le 19:30, di soli 4,6 mm. Non sono stati
osservati effetti sui versanti, se si eccettua la parziale rimobilizzazione
della cospicua coltre detritica venutasi a creare nel vallone di Les Ayas,
tributario destro del T. Rochemolles, poco a valle dell’abitato omonimo,
per la frana di crollo del 1° gennaio 2001 e successivamente incrementa-
100
ta da numerosi crolli periodici nella primavera di quell’anno e le successive, specie nel 2004.
In Comune di Cesana Torinese la stazione meteopluviometrica realizzata
dall’IRPI in collaborazione con il Consorzio Forestale Alta Valle di Susa a
q. 2200 sulla Cresta Nera (spartiacque destro Rio di Fenils), tra le 20:20 e
le 23:05, ha registrato 16 mm di pioggia complessiva. Il probabile scroscio
decisivo, 8 mm in 30’, è terminato alle ore 21:45. Secondo testimoni occasionali, la colata lungo il Rio di Fenils è sopraggiunta a valle (località
Vernin) intorno alle ore 23. Il tempo di risposta, relativamente lento,
rispecchia, in conformità a dati già noti, una certa «inerzia» di bacino,
dovuta, oltre che a momentanee fasi di arresto del fronte di colata principale per ostruzioni e restringimenti vari al deflusso, alla relativa lentezza
delle colate secondarie. La velocità della colata rilevata speditivamente
con metodo topografico lungo il Rio Inferno, pur a sostenuta pendenza,
nel tratto ove intercetta l’ex strada militare, è stata valutata pari a 2,5 m/s
(secondo formula di HAIDEN, 1925); valore che appare sottostimato a fronte di velocità ben più elevate (sino a 12-13 m/s) rilevate altrove in Val di
Susa. E’ dunque stata interessata la
testata del bacino del Rio di Fenils (il
citato Rio dell’Inferno, unico tributario
sinistro, l’asta principale e soprattutto i
due piccoli tributari di destra sottostanti il M. Chaberton, q. 3130). Nel Rio
dell’Inferno la colata detritica ha preso
avvio sin nella parte sommitale della
falda detritica ai piedi del canalone roccioso sottostante la Chalanche Ronde,
mentre lungo l’asta principale l’apporto
di detrito è apparso più graduale e legato allo scorrimento e scavo di acque torrentizie. Gli effetti della colata, nella
lunga zona di transizione incisa in una
stretta gola rocciosa fiancheggiata da
coltri colluviali per lo più in frana e
sovrastate da bosco di Conifere, sono
stati amplificati proprio dalle anguste
condizioni di deflusso in un letto roccioso a forti salti e con sostenuta pendenza, che prelude al lungo apice del conoide incuneato a quota 1400 a monte della borgata Fenils, dove si è formato un primo lobo frontale di deposito di materiale anche molto grossolano
ma pur sempre eterogeneo, con massi isolati dell’ordine di diversi m3 che
si sono aggiunti ad altri già in precedenza depositati. Più a valle, con esatta replica di quanto osservato altre volte (3 agosto 1990, 13 luglio 1999,
12 agosto 2000, 19 agosto 2002), il fronte della massa detritica, stimata
approssimativamente un migliaio di m³, si è poi arrestato, disponendosi a
ventaglio, alla confluenza con la Dora di Cesana generando un modesto
invaso, per riflusso, nell’asta principale (fig. 117).
I contrafforti che discendono dalla vetta dello Chaberton danno anche origine agli impluvi di testata del T. Grand Vallon e di diversi canaloni che
sovrastano il versante sinistro della Piccola Dora. Nelle falde detritiche
sottostanti sono apparse in tutta evidenza modeste riattivazioni di solchi
di erosione che hanno dato origine a limitati apporti per colata detritica a
valle, senza però interessare in modo sostanziale il tratto terminale dell’a-
117. Confluenza del T. Fenils (Cesana Torinese) nella Dora di Cesana; si osservi come l'apporto in
massa di detriti, con tipica disposizione conoidale, abbia determinato una temporanea ostruzione al deflusso della Dora Riparia,
con formazione di invaso a monte. Un fenomeno simile è già avvenuto in passato diverse volte.
101
a
c
118. Vista frontale della zona di arresto degli apporti detritici del T. Grand
Valley (Saint Vincent, Aosta), come si presentava il giorno successivo all'evento (foto 7 agosto 2004, Regione Autonoma Valle d'Aosta) (a).
Il materiale detritico è fuoriuscito in diversi punti dall'asta canalizzata
che attraversa l'abitato, con apporto di grossi blocchi (anche plurimetrici) fino in prossimità della viabilità principale (strada regionale, ferrovia
e autostrada) (b).
La colata detritica è verosimilmente avvenuta con pulsazioni successive,
come risulterebbe dalla morfologia dei depositi riconoscibili mediante immagine aerea (c), che si sono manifestate con energie di trasporto differenti (trasporto di grossi blocchi in prossimità delle sponde, formazione
di lobi d'arresto per dispersione della fase fluida, attivazione di processi di erosione e deflusso con fasi a composizione meno solida nel corpo
dei depositi stessi, con sovrapposizione di materiale vegetale fluitato ancora più esternamente all'asse dell'alveo (c, in sinistra foto).
102
b
sta torrentizia del Grand Vallon nè la viabilità
lungo la S.S. del Monginevro nel tratto protetto dai paravalanghe, come invece accaduto in
precedenti occasioni.
Nel Rio Cresta Nera, contiguo al T. Grand
Vallon, si è prodotto un flusso detritico che,
dopo aver percorso l’incisione, alla confluenza
si è disposto a conoide ricoprendo parzialmente l’accumulo prodottosi due anni prima
(apporto stimato in circa 150 m3) e invadendo
l’alveo della Dora.
In contemporaneità ai casi su descritti, l’evento temporalesco ha interessato anche
altrove la Valle di Susa. Al pluviografo del
CNR-IRPI sito in località Fenil (q. 1195 m),
Comune di Salbertrand, versante sinistro
della Dora Riparia, sono stati registrati 15
mm di pioggia tra le ore 20:30 e le 21:30: lo
scroscio iniziale, pur abbastanza significativo
(10 mm in 15’), non ha tuttavia comportato
visibili influenze sui corsi d’acqua della zona.
Una quindicina di km a N-NE, in Val
Cenischia, è stato interessato un solo torrente sul versante sinistro, il Rio Lamet (o Rio
Malo), che ha origine nella falda detritica sottostante il Monte Lamet (q. 3478 m). Sino a
poche settimane addietro, sull’impluvio intorno a q. 2800 gravitavano ancora consistenti
masse di neve residua. Con le intense precipitazioni sopraggiunte, per
quanto di valore esiguo (65), lungo l’asta si è prodotto un flusso detritico,
ben assorbito dall’asta principale del Cenischia senza alcuna conseguenza.
Valle d’Aosta
La sera del 6 agosto 2004, a distanza di poche ore dal temporale in Val
Susa, analogo evento si è manifestato in bassa Valle d’Aosta, dove in una
vasta area limitrofa al bacino del T. Grand Valley, tributario sinistro della
Dora Baltea, sono state registrate, a cavallo tra le ore 23 e le 24 (solari)
precipitazioni comprese tra 8 mm e 20 mm (66); una importante colata
detritica si è prodotta in ambiente di rocce cristallino-scistose lungo l’asta
torrentizia che drena i valloni discendenti dalle pendici del Monte Zerbion,
sul versante sinistro della valle principale, creando temporanea apprensione nel Comune di Saint Vincent, che il torrente Grand Valley (fig. 118a,
b, c) appunto attraversa. Tuttavia non sono stati recati danni di rilievo a
beni immobili, a dispetto del notevole volume di detriti a prevalenti ciottoli, blocchi e massi (dell’ordine di 3000 m3 nel solo tratto percorrente la
zona abitata), in larga parte trattenuti dalle opere di imbrigliamento e
canalizzazione previamente realizzate a cura della Regione Autonoma.
Una nutrita serie storica di simili avvenimenti ha infatti sempre mantenuto desta, nel tempo, l’attenzione della popolazione locale sulla pericolosità di questo torrente.
IL TESTIMONE
Il Sig. Pier-Giorgio Crétier (67), la cui abitazione è posta nella zona apicale
del conoide a una ventina di metri dal torrente, intervistato dagli scriventi, ha reso di suo pugno una fedele e vivace testimonianza dell’evento del
6 agosto: «La giornata appena trascorsa era stata discretamente calda e
nella serata il cielo si era coperto di nubi. Alle 22.30 circa alcune gocce di
pioggia erano scese senza peraltro far presagire nulla di quello che sarebbe successo dopo. Alle 23.00 circa alcuni tuoni fortissimi avevano annunciato il temporale che si sarebbe scatenato di lì a pochi minuti. Per circa
mezz’ora la pioggia era scesa con incredibile intensità e verso le
23.20/23.30 un fulmine particolarmente forte era caduto nella zona a
monte della mia abitazione. Sono uscito di casa per rendermi conto di quanto stava avvenendo; casa mia e quelle situate intorno sembravano avere
dei leggeri tremolii e questo fatto mi aveva gettato addosso una certa
ansia… Un fortissimo vento accompagnava questi fenomeni. Guardando
dentro il torrente ho visto che i muri dell’arginatura erano sporchi di fango
e gocciolanti, e questo fatto mi ha fatto pensare che una piena era già
scesa, e che questa era la probabile causa dei tremolii alla casa… il torrente portava a valle pietre di grandi dimensioni. Raggiunsi il ponte situato a pochi metri a monte di casa mia e fui raggiunto in contemporanea da
alcuni vicini di casa. La pioggia continuava a scendere abbondante, e lampi
e tuoni assordanti accompagnavano lo scorrere veloce dell’acqua. Ad un
certo momento (all’incirca tra le 23.30 e 23.40) mentre eravamo in sei sul
ponte citato, udimmo uno scoppio fortissimo, quasi una mina fatta esplodere all’interno di una galleria; qualcuno di noi gridò VIA!!! Immaginando che
era ceduto un «tappo», facemmo una ventina di metri di corsa e in un attimo - forse solo cinque secondi - la nostra precedente postazione fu invasa
da una nuvola di acqua polverizzata mescolata con fango immediatamente
seguita da pietre e ancora una grandissima quantità di acqua e detriti. Il
terreno circostante tremava e alcune persone più distanti da noi gridavano.
Prima del sopraggiungere dell’acqua polverizzata si era sparso in abbon-
103
danza un terribile fetore di «terra marcia». Credo che il tutto durò non più di
dieci minuti circa. In quei brevissimi momenti vidi l’acqua che si dirigeva in
basso verso la mia abitazione portandosi dietro le protezioni in metallo del
ponte e una autovettura parcheggiata nei pressi del ponte, fortunatamente
senza passeggeri. Appena il livello dell’acqua scese un po’ raggiunsi casa
mia di corsa per far uscire mia moglie che si era rintanata al secondo piano.
Tutte le strade che convergono verso il ponte erano invase da pietre, alcune anche di grandi dimensioni, e da fango e limo in gran quantità… La mia
casa era stata risparmiata… Verso le due del mattino il cielo era caratterizzato da un manto di stelle e da una luna straordinariamente splendente. L’odore nauseabondo fu invece ancora avvertito l’indomani fin verso
metà mattinata, momento in cui l’acqua del torrente, ormai insignificante
rigagnolo, scorreva quasi beffardamente pulita.
N.B.: Mi sono confrontato con i miei vicini di casa per dare a queste poche
note il massimo del rigore e l’orario esatto della sequenza dei fatti».
Le litologie affioranti lungo le incisioni della parete S-SW dello Zerbion
appartengono all’unità tettonica superiore (Zona del Combin) della Zona
Piemontese (Guide Geologiche Regionali, 1992). Il M. Zerbion è formato da
una calotta sommitale di calcescisti, con rare intercalazioni stratiformi di
prasiniti, da una potente fascia mediana di dominanti metabasiti prasinitiche e da una banda basale di metagabbri, tutti appartenenti alla Zona
del Combin. Verso la valle del T. Evançon, lungo il versante NE del M.
Zerbion, sono distinguibili diverse nicchie di distacco di una frana, a conferma del sistema di fratturazione e dislocazione a cui è soggetto il settore in esame.
Nei giorni successivi all’evento, di concerto con l’Ente Regione ed il
Comune di Saint Vincent, si è effettuato un congruo numero di osservazioni, rilievi e misure, allo scopo di caratterizzare quantitativamente, se
possibile, i diversi parametri fisico-topografici alla base del fenomeno,
desumibili da ricognizione geomorfologica di dettaglio, rilievo topografico
speditivo, analisi geostrutturale e sedimentologica, rilievo dendrocronologico. L’esame è stato condotto lungo le due aste del Grand Valley e del
Roteuss, protraendosi per un certo tratto entro l’incisione in roccia, su un
dislivello complessivo, per entrambe, di m 100 rispetto al guado di attraversamento in località Perrière.
Nel tratto di ramo principale intorno a quota 1200 m (Rio Jetire), si sono
eseguiti alcuni rilievi strutturali in settori di affioramento del substrato
presenti lungo l’incisione torrentizia, per evidenziare le caratteristiche
geotecniche della roccia. I rilievi sono stati effettuati, tra le quote 1150 e
1100 m, in corrispondenza di affioramenti riferibili a tre litotipi differenti:
«serpentiniti» e «prasiniti», «micascisti» e «marmi». Tali litologie, caratterizzate da una scistosità primaria a diversa persistenza, hanno risposto in
maniera sensibilmente diversa ai sistemi di discontinuità rilevati, a componente pseudoverticale. La frequenza e la caratterizzazione degli elementi strutturali potrebbe essere oggetto di sistematiche indagini mirate lungo
le aste del T. Grand Valley all’assetto della roccia affiorante per valutare la
propensione alla produzione di detrito.
Gli elementi osservati, proiettati sul Diagramma di Schmidt, e successivamente elaborati mediante software Stereonet, hanno evidenziato le principali direzioni delle strutture deformative (Diagramma a rosa). Da ciò è
emerso come sia predominante un’unica fase deformativa nell’ambito
delle serpentiniti (con andamento medio 240/80), a cui è associata una
discontinuità primaria indotta dalla scistosità litologica con giacitura
media 350/45; mentre nell’ambito dei marmi si sono rilevate due famiglie
104
principali, pressoché ortogonali fra di loro, l’una con andamento simile a
quella precedentemente menzionata (con sensibile variazione nella giacitura media, anche per un numero più contenuto di dati rilevati, pari a
220/80) e l’altra con andamento medio rilevato di 312/95. Nell’ambito dei
micascisti, che affiorano in sponda sinistra, e poi in modo più continuo
verso valle, lungo l’incisione fino alla confluenza dei due rami del T. Grand
Valley, le famiglie di discontinuità rilevate sono diverse, di cui le tre principali sono: la prima, più persistente con andamento medio pari a 188/70,
la seconda, pressoché simmetrica alla precedente (350/60) ed infine un
terzo raggruppamento di fratture con giacitura media 110/95. I numerosi elementi strutturali rilevati in quest’ultimo litotipo, decisamente più
«fragile» rispetto agli altri per l’assetto stratificato di base della roccia scistosa e talora l’alterazione chimica per circolazione idrica all’interno della
massa, appaiono quindi non riconducibili altro che ad un intenso sistema
di dislocazione che porta la roccia primaria a disarticolarsi fino a costituire non solo materiale detritico grossolano, ma anche un prodotto sabbioso all’interno della matrice, come si è avuto modo di apprezzare in occasione dei rilievi, per il marcato colore rosso-rosato della stessa lungo il
suddetto ramo torrentizio del Jetire.
In corrispondenza del ramo T. Jetire, intorno a quota 1100 m, si è ricostruita una sezione di deflusso sulla base delle tracce lasciate al passaggio della colata detritica; grazie alle evidenze geo-morfologiche lungo il
tratto d’alveo curvilineo percorso è stata ricavata una velocità del fronte
della massa transitata con metodo indiretto (JOHNSON & RODINE, 1984),
pari a 6 m/s e corrispondente ad una portata solida di circa 200 m3/s. A
testimoniare le energie in gioco, che hanno portato alla deposizione dei
residui della colata detritica recente e di altre pregresse, le analisi granulometriche effettuate sia, su terreno, con il metodo del quadrillage, sia in
laboratorio a mezzo vagliatura standard, rivelano una pezzatura dei depositi decisamente ragguardevole. Nell’insieme, il contenuto grossolano
(ghiaia-ciottoli con qualche masso isolato) rappresenta il 25-30%, a cui va
aggiunto un 45-55% di ghiaia media-minuta; la frazione fine (sabbia e
limo) compone il 5-12%. Particolari depositi, come cordoli e lobi deposizionali, raggiungono valori di percentuale grossolana ben più elevati, con
ghiaia e ciottoli pari al 75%, ghiaie medio-fini circa 20%, sabbia praticamente assente (5%). Il diametro mediano varia tra 4 e 16 mm.
Anche la matrice dei depositi presenta una certa variabilità, sempre con
assoluta prevalenza della frazione sabbioso-ghiaiosa (ghiaia 15-70%, sabbia 20-60%, limo-argilla 8-24%; d50=2-7 mm).
Tramite dendrocronologia (68) è stato possibile determinare l’età di alcuni
alberi (Larix decidua) in posizione di crescita e del diametro massimo
osservato sui 60 cm, presenti in sito, opportunamente scelti proprio perché «marcavano» corpi deposizionali verosimilmente legati a colate detritiche di età diversa, o diacroni rispetto ad alcune di esse, e pertanto considerati significativi per datare colate di detrito avvenute nella parte alta del
bacino. Essi sono stati carotati mediante apposito strumento («Succhiello
di Pressler» o sonda incrementale), da cui sono stati ricavati cilindretti
(carote) del diametro di 5 mm, che hanno permesso la datazione delle
piante in posizione di vita senza arrecar loro danno: il foro eseguito infatti viene cicatrizzato dalla pianta nel giro di un anno. Si è evidenziata, in
linea di massima, una concordanza tra l’età delle piante campionate e
date corrispondenti ad alcuni eventi di piena in bassa Valle d’Aosta, per
cui verosimilmente fu interessato anche il bacino del Grand Valley, pur in
assenza di specifica documentazione.
Le analisi dendrocronologiche rivelano che le piante campionate (in nume-
105
ro di 5) radicate in varie posizioni reciproche con depositi di colata detritica precedenti o successivi, hanno età compresa fra 60 e 80 anni, lasciando verosimilmente supporre che gli eventi testimoniati, per gran parte dei
depositi oggi affioranti, potrebbero collocarsi intorno agli anni ‘20 e gli
anni ’40 rispettivamente. Ciò implicherebbe un «tempo di ricarica» del
bacino alimentatore, nella zona a monte di quella investigata, in termini
geologico-storici, decisamente breve; quindi una energica produzione, tuttora in atto, di detrito, sia dalle coperture sciolte, eluvio-colluviali, dei versanti, sia dal substrato roccioso medesimo. Per ciò che riguarda le prime,
l’origine dei blocchi di maggiori dimensioni va in parte ricercata nel prodotto di dilavamento di precedenti coperture glaciali, che, su pendenze
così sostenute, si ha ragione di ritenere siano già state fornite allo stretto
fondovalle dove dilagano i due torrenti principali, in ragione non inferiore
al 2%-5% per quanto desumibile dalle litologie alloctone presenti (gneiss
occhiadini), sempre con elevato grado di arrotondamento. Gli altri blocchi
(prevalenti pietre verdi e subordinati gneiss-micascisti), al pari della pressochè totalità dei prodotti detritici più ridotti provengono dunque dal
detrito di falda e dalla continua, annuale, demolizione della roccia stessa
laddove più esposta agli atmosferili e alla demolizione da parte dell’attività torrentizia. Allo scopo di valutare la «fragilità» e la propensione della
roccia stessa alla produzione di detrito, oltre che di ospitare temporanee
falde in pressione (nota concausa dell’improvvisa rottura e «frana» di porzioni di roccia in posto e detrito entro i canali torrentizi), sono state effettuate alcune analisi strutturali, di cui sono stati espressi i risultati in precedenza.
I detriti legnosi, per lo più tronchi, contenuti nei depositi di colata, sia
recenti che pregressi, sembrano costituire un modesto 1%-2%; da ciò si
deduce che il manto boschivo presente nella parte alta del bacino è ben
insediato ed efficace nel svolgere le sue funzioni di trattenuta del suolo.
Nel tronco superiore esaminato, i depositi residuali di nuovo apporto
ammontano a circa 1500 m³, di cui i 2/3 provenienti dal canalone principale, 1/3 dal canalone «Roteuss»; se si considera che in media, rispetto
alla situazione constatata dopo l’evento del giugno 2002, l’approfondimento d’alveo è stato di circa 1 m, il materiale più grossolano transitato
all’altezza del guado risulta dell’ordine di 10000 m3. In larga approssimazione, sembra dunque che la testata del bacino del Grand Valley abbia fornito un contributo non trascurabile all’apporto detritico che la sera del 6
agosto 2004 si è manifestato a partire dall’apice del conoide nell’area
urbanizzata alla periferia del Capoluogo, protraendosi poi lungo tutto il
corso del torrente sino a depositarsi a raggiera sul settore medio-distale
del conoide.
Circa la causa determinante dell’innesco dei fenomeni di colata simultaneamente prodottisi, il 6 agosto 2004, lungo l’asta del canalone in roccia
«Roteuss», le incisioni secondarie più a monte e soprattutto quella principale del Grand Valley discendente dal M. Jetire, non deve stupire la relativamente modesta quantità di pioggia intensa registrata in stazioni di pur
significativa collocazione planoaltimetrica, tenuto conto che anche pochi
mm (però mediati nel dato di acquisizione mai inferiore ai 10 minuti), se
tradotti in volumi d’acqua (sino a varie migliaia di m³) concentrati in
pochissimo tempo, al limite pressochè istantanei, e riversati su vaste
pareti impermeabili quali le bastionate rocciose che spesso incombono sui
canaloni e le falde detritiche ove di preferenza i fenomeni hanno innesco,
possono fungere da agenti scatenanti il processo.
Pur se frammentarie, le notizie storiche disponibili confermano che il bacino del T. Grand Valley è uno dei più «attivi» della bassa Valle d’Aosta, pro-
106
prio per la suscettività degli scoscesi canaloni di alimentazione, incisi in
rocce metamorfiche (Pietre Verdi) ad alto grado di tettonizzazione e perciò
profondamente e fittamente intersecate da piani di frattura, a convogliare
nell’incisione principale, pressochè a ogni occasione di disgelo o all’evenienza di temporali, discreti volumi di roccia e detrito che col trascorrere
degli anni si sovrappongono ai ben più consistenti depositi misti, ereditati da coltri glaciali (e testimoniati, oltre che dal relativo arrotondamento
dei clasti, dalla loro litologia alquanto eterogenea). Tale riserva di detrito,
valutabile con analisi «morfoclastica» per ciò che riguarda il contributo
percentuale delle fonti origine, e geometricamente per il valore complessivo, verosimilmente ammonta, nel tratto vallivo a monte dello sbocco in
conoide e limitatamente all’alveo, a non meno di 50-70.000 m3, che per
cause fisiche, (e fortunatamente) non potranno mai raggiungere in blocco
il conoide. Una valutazione del potenziale detritico mobilizzabile per un
evento estremo è possibile, e risulterebbe un valore indicativo di 30.000
m3.
Con riserva di ogni possibile approfondimento di indagine e valutazioni
più mirate e precise, si ha ragione di ritenere che l’esecuzione di idonee
strutture di regimazione e contenimento parziale degli apporti solidi alla
confluenza dei due rami di testata e, ove possibile, a monte dell’apice del
conoide, possa costituire un primo, valido baluardo protettivo e di riduzione degli apporti detritici in massa, suscettibili di prodursi, come l’analisi storica dimostra, anche a distanza di pochi anni.
11 AGOSTO
Poco a valle di Cervinia, presso la frazione Avouil, a causa delle precipitazioni intense, si è innescato un piccolo movimento gravitativo. Il materiale lapideo ha raggiunto l'alveo di un piccolo torrente ed è stato trascinato
a valle, interessando parzialmente anche il campo da golf di BreuilCervinia.
18 SETTEMBRE
UN CASO DI STUDIO:
LA FRANA DELLA CIMA THURWIESER
(a cura di Tropeano D. e Turconi L.)
Nel primo pomeriggio del 18 settembre 2004 un crollo in roccia e detrito
sul settore SE della linea di cresta (fig. 119a) che, secondo cartografia
IGM, dal punto quotato 3044 m conduce alla C.ma di Trafoi (in realtà
Cima Thurwieser 3657 m), coinvolgente alcune centinaia di migliaia di m3,
si è «incanalato» nel sottostante ramo destro del Rio Marè, tributario del T.
Zebrù, generando una sequenza di processi che nell’arco di poche decine
di secondi hanno portato a un cospicuo deposito di detriti rocciosi soprattutto in prossimità della base del vallone predetto, fortunatamente risparmiando gli edifici sottostanti. Il fronte dei materiali di caduta si è in massima parte attestato intorno a q. 2300 m (fig. 119b), ovvero 300 m a monte
della località Baita del Pastore, ove transita la pista che conduce al Rif. V
Alpini, rimasta interrotta più in alto facendo temere più serie conseguenze per un paio di escursionisti presenti nella zona, fortunatamente rimasti illesi (fig. 119c).
Secondo un testimone oculare (69) la massa dei detriti è precipitata in
modo improvviso e senza alcun segno premonitore. Un altro testimone,
sul versante opposto, ai primi sintomi del fenomeno azionava la videocamera che per fortunata circostanza recava con sé e che ha dato modo di
osservare lo sviluppo dell’evento, per la durata di una decina di secondi,
107
a
c
119. Punta Thurwieser (Val Zebrù
- SO): a) nicchia di distacco della
grande frana che si è originata il
18 settembre 2004; b) panoramica generale nella quale si nota la
nicchia, ma soprattutto il poderoso accumulo di frana che ha sormontato il ghiacciaio; c) parte distale dell'accumulo di frana che ha
interrotto il sentiero che conduce
al Rifugio V Alpini (per gentile
concessione Dr. Caldiroli).
108
poi trasmesso dalle principali emittenti televisive
locali e nazionali.
L’area interessata si colloca sul versante destro dell’alta Val Zebrù, ove affiorano tra la quota approssimativa 2300 m e la linea
di cresta Monte Cristallo
(m 3434) - Monte Zebrù
(m 3735) estese, imponenti masse dolomiticocalcaree («Dolomia del
Cristallo»: dolomie triassiche, cristalline, di colore
variabile dal grigio chiaro
al nero, in alternanza con
calcari dolomitici e superiormente calcari marnosi
neri, bituminosi) a strati
di varia potenza in giacitura variabile con prevalenza del motivo a immersione NW, quindi in complessiva contropendenza («reggipoggio») rispetto al
versante. Nel quadro tettonico semplificato, l’insieme di tali masse deriva
da sovrascorrimento delle stesse su
un complesso scistoso-gneissico di
età paleozoica. Per vicende strutturali
la massa carbonatica appare scomposta da dislocazioni e numerose linee
di discontinuità e di frattura naturalmente sottoposte, specie alle quote
più elevate, all’azione degli agenti
atmosferici, in particolare i cicli di
gelo-disgelo protrattisi in continuità
sino ad oggi in concomitanza con l’instaurarsi del permafrost a profondità
non note entro la compagine rocciosa.
Da q. 3000 m circa verso valle, il substrato roccioso è ricoperto da coltri
detritiche e depositi glaciali, con evidenti forme di modellamento legate a
una presenza recente della coltre glaciale, che rinserrano, soprattutto nei canaloni e nelle sponde adiacenti un
potenziale di resa detritica di difficile valutazione ma sicuramente nell’ordine complessivo di alcune centinaia di migliaia di m³. Laddove l’azione
protettiva della coltre glaciale è scomparsa da tempo (ci si riferisce alla
parete sud della dorsale M.Cristallo-Cima di Campo) si sviluppano una
quindicina di canaloni torrentizi metà dei quali hanno prodotto in epoca
recente poderosi conoidi misti, prevalentemente di apporto torrentizio,
che hanno condizionato, e condizionano tuttora, l’asta torrentizia principale del T. Zebrù.
Le cause del crollo risiedono nelle condizioni di «inerzia termica» nella pro-
b
fondità delle fratture della roccia in quota (ancor connesse a effetti pregressi di elevate temperature estive) e temporanei aumenti di temperatura nei giorni precedenti la frana; in subordine, nell’influenza delle precipitazioni nei giorni precedenti che hanno prodotto una moderata piena dei
corsi d’acqua con trasporto e deposito di detrito solido a pezzatura minuta: influenza verosimilmente modesta data la quota (probabile conversione in neve).
In totale assenza di precipitazioni (70), intorno alle ore 13:40 del 18 settembre si è verificato il distacco e crollo per ribaltamento e caduta libera
(per almeno 250 m) di importanti masse rocciose (volume stimato sui
900.000 m3) dal contrafforte SE di C.ma Thurwieser, con nicchia di distacco alla quota presumibile di 3400 m. Probabilmente vi è stato il concomitante coinvolgimento di masse detritiche e glacio-nivali (forse incorporate nel detrito di falda) sottostanti la parete, come poi dimostrato dalla
presenza di zolle di glacio-nevato ancor rilevate alla data del sopralluogo
(due giorni dopo) nel settore medio-alto dell’accumulo di base. Al processo di prevalente rockfall è conseguito, perché imposto dalla sottostante
morfologia, il convogliamento per rotolio e caduta delle porzioni di roccia
e detrito (rock avalanche) che con infiniti urti reciproci sprigionavano,
come in una reazione a catena, una densa nube di polveri e nell’istante
successivo si è sviluppato un fenomeno di colata detritica a grossi blocchi
(incluse porzioni con residui glacionivali) sovrascorso sull’accumulo di
base, nel settore medio-alto, coinvolgente un volume assai minore di quello prodottosi per libera caduta a gravità nell’istante precedente. Tale morfologia è evidenziabile per un cordolo bilaterale a grossi blocchi che si raccorda frontalmente a un lobo arcuato di arresto. L’accumulo si è esteso,
con varia forma e larghezza, su uno sviluppo totale di poco superiore a 2
km. La valutazione delle distanze percorse e delle superfici di invasione è
stata ricostruita da restituzione di foto aeree su cartografia CTR 1:10000
e misure al Digitizer Calcomp ®. Nota così la superficie d’accumulo, la
stima dei volumi depositati è stata effettuata assumendo un profilo trasversale medio del fondo, anteriore all’evento, con raccordo graduale a «U»
alle pareti e uno spessore medio del deposito pari a 3 metri. Va tenuto in
conto che in alcuni tratti tale spessore è irrilevante, trattandosi di sole
«velature» della superficie rocciosa preesistente, per contro altrove può
raggiungere e probabilmente superare 15-20 m (71).
La velocità complessiva presunta del fenomeno può verosimilmente stimarsi superiore a 30 m/s (in alcuni tratti superiore a 40 m/s), come nella
norma per fenomenologie di questo tipo. Chiunque si fosse trovato sulla
traiettoria non avrebbe avuto scampo, come esperienze anche di casi
recenti purtroppo dimostrano.
Nella sua precipitosa discesa a valle, la massa principale è stata contenuta entro il canalone in cui scorre il torrente glaciale costituente il ramo
destro del Rio Marè, in parte fuoriuscendone secondo direzioni tangenti
verso SE e così sormontando alcune prominenze rocciose tra le quote di
2700 m e 2400 m su una superficie di invasione complessiva dell’ordine
di 320.000 m2. Gli accumuli di maggior evidenza, a forma subtriangolare,
incastrati comunque in morfologie depresse legate a vecchi percorsi glaciali (morene laterali ben visibili), si riscontrano nella parte sommitale dell’accumulo al piede della parete (q. 2800-3000 m) e nella parte terminale
del canalone, attestandosi a q. 2300: il corpo centrale ha riempito l’intera
incisione per uno spessore massimo presunto sui 20 m e si rastrema lateralmente sino ad annullarsi, salvo un lobo in sinistra che ha cancellato
per un centinaio di metri la pista carrozzabile; alcuni blocchi isolati si
sono spinti in un raggio di qualche decina di metri all’intorno, mentre sca-
109
120. Fiumelatte, frazione di Varenna (LC): veduta aerea del versante interessato dal crollo del 13
novembre 2004, con la nicchia di
distacco e il percorso seguito dai
massi rocciosi per raggiungere la
frazione sottostante (per gentile
concessione Dr. Caldiroli).
riche di pietrisco sono evidenti anche oltre. Il detrito a
grossi blocchi costituente il piede dell’accumulo presenta pezzatura estremamente eterogenea, con numerosi
blocchi di volume tra 10 e 20 m3. In prima approssimazione il volume della massa principale di deposito potrebbe esser compreso tra 250.000 e 400.000 m3; l’intero
volume mobilizzato, appena inferiore al milione di m³
(intorno a 960.000 m3), è pur sempre ragguardevole (72)
alla luce delle considerazioni che seguono.
Alla data del sopralluogo (20 settembre) erano frequenti
le scariche di «assestamento», per quanto visibile collegate a detrito ancora instabile sottostante la zona di distacco e disposto su scalini morfologici entro l’incisione
alle quote più elevate. A giudicare dall’intensità, durata
e frequenza dei boati (anche una scarica al minuto) si
può argomentare che nelle ore centrali della giornata
masse di diverse decine di metri cubi siano ancora discese sino a zone di temporanea rottura di pendio, per poi
ridiscendere sino a una quota di riposo successiva.
Crolli di assestamento sia in parete che, ancor più facilmente, nel canalone detritico sono avvenuti nei giorni
seguenti e certamente riprenderanno nelle stagioni tardoprimaverili ed estive negli anni seguenti, come casi
analoghi già osservati in Piemonte e Valle d’Aosta in
epoca recente, in analoghi contesti geomorfologicoambientali, lasciano supporre. Il materasso detritico di
neo-apporto che attualmente invade il fondo e colma in
gran parte l’incisione del Rio Marè è destinato, in condizioni di deflusso
ordinario, a interdigitarsi con apporti alluvionali soprastanti dal ramo
destro e soprattutto sinistro del corso d’acqua. Certamente sarà inciso a
sua volta e andrà a generare apporti consistenti di materiale solido alla
fuoruscita dalla gola montana e lungo il piccolo conoide che oggi ne precede la confluenza nel T. Zebrù. Nel caso non improbabile di un evento di
piena parossistica connesso a un forte temporale accompagnato da temperature straordinariamente elevate in quota e caduta di pioggia sul
ghiacciaio soprastante, lo scenario che si prospetta è tipicamente di dam
break e ne andrebbero verificati gli effetti (certamente critici) sulla base di
opportuna modellistica di calcolo.
13 NOVEMBRE
Nel Comune di Varenna (LC), verso le ore 17:10 del 13 novembre, un crollo di 12-13.000 m3 di roccia, si è originato a circa 600 m di quota sulle
pendici del Monte Foppe (fig. 120). I diedri rocciosi hanno iniziato una
rapida caduta fatta di balzi di diverse decine di metri e rotolamenti: i
massi hanno abbattuto prima alcuni alberi lungo il ripido pendio, poi
lesionato gravemente le reti paramassi della ferrovia Milano-LeccoSondrio-Tirano, prima di giungere sulle case di Fiumelatte, frazione di
Varenna (LC). Sono state distrutte completamente due abitazioni e gravemente danneggiate altre cinque.
Il blocco di maggiori dimensioni si è schiantato su una casa ubicata a
fianco della linea ferroviaria (fig. 121a), provocando due vittime che al
momento del crollo erano nell’abitazione. Lo stesso blocco ha terminato la
propria corsa contro una casa situata immediatamente più a valle (fig.
121b) lesionandola parzialmente. L’energia d’impatto del blocco roccioso è
stata stimata in 50 kilojoule (comunicazione personale Dr. Bonalumi).
110
a
Un altro grande masso litoide (circa 40 m3) ha colpito
b
e distrutto parzialmente la facciata rivolta verso monte
della stazione ferroviaria di Fiumelatte (fig. 121c); è
risultata interrotta la linea ferroviaria succitata sulla quale si sono riversati alcuni massi di grandi dimensioni (fig. 121d) pochi minuti dopo il passaggio di un convoglio. Oltre ad essere stata compromessa la linea di alimentazione dei treni, con conseguente interruzione della corrente, si è
avuto anche il coinvolgimento dei cavi dell’alta tensione. La Protezione
Civile ha rapidamente sfollato 120 persone ospitate presso parenti o in
alberghi della zona. Un sopralluogo effettuato il giorno successivo ha rivelato ancora la presenza di una cinquantina di blocchi rocciosi presso la
nicchia e di alcuni grossi blocchi nel canale di frana (comunicazione personale Dr. Caldiroli). La Regione Lombardia ha rapidamente previsto tre
pronti interventi per una spesa complessiva pari a circa 480.000 euro: a)
disgaggio dei massi pericolanti e posizionamento di monitoraggio distometrico, b) pista di arroccamento al piede della frana e realizzazione di un
primo vallo di sicurezza, c) realizzazione di un secondo vallo paramassi
con posizionamento di reti e drenaggi (Relazione di sintesi, Protezione
Civile, REGIONE LOMBARDIA, 2004).
19 NOVEMBRE
Il 19 novembre
2004,
nel
Comune
di
Avigliana, si è
innescato
un
movimento gravitativo
che
ha
danneggiato
la
S.S.
589
nei
pressi di Borgata
Sada (fig. 122), a
SE
del
Lago
Piccolo (circa 360
m). Nella zona da
diverse settimane
era stato accumulato il mate-
d
121 - Fiumelatte, frazione di Varenna (LC): a) voragine aperta
nella casa colpita da un blocco
roccioso; b) lo stesso masso ha
terminato la sua corsa adagiandosi contro il muro perimetrale di
una abitazione. Il tetto appartiene ad una delle due case distrutte (per gentile concessione
Dr. Caldiroli); c) blocco di grandi
dimensioni che ha gravemente
lesionato la stazione ferroviaria
di Fiumelatte; d) altri massi che
hanno occupato la sede ferroviaria.
c
111
122. Frana di Avigliana (TO), 19 novembre 2004. Dall'elicottero si notano la cava dismessa (tratteggio bianco), il materiale accumulato ancora in posto e la nicchia di quello franato (tratteggio blu), la sede stradale traslata (tratto rosso) e gli alberi abbattuti in primo piano (per gentile concessione VVF Volontari Avigliana). L'asterisco indica la zona ritratta nella figura successiva.
a
riale di scavo (proveniente dal vicino cantiere
della «Variante dei Laghi di Avigliana»), ubicato
nei pressi della cava dimessa di serpentinite
detta «di Sada» (73).
Il 13 novembre era stato segnalato un cedimento verticale di alcune decine di centimetri del
terreno a valle del ciglio stradale, per una lunghezza di circa 200 m; il tratto di strada coinvolto era stato posto sotto sorveglianza, senza
interrompere tuttavia la circolazione. Verso le
ore 5.00 del 19 novembre il cedimento è
aumentato notevolmente, creando una scarpata di circa 2 metri a valle della carreggiata.
Successivamente la sede stradale è collassata,
fratturandosi profondamente e traslando di
alcuni metri verso valle; contemporaneamente
si è verificato il franamento di gran parte del
materiale depositato a monte della strada stessa.
Circa dodici ore dopo, mentre erano in corso
alcuni sopralluoghi, il fenomeno si è riattivato
velocemente, provocando l’ampliamento delle
fratture, l’abbattimento di diversi alberi e di pali della
luce nella zona di rigonfiamento e l’ostruzione di un
canale irriguo posto a circa 120 m dall’asse stradale
(fig. 123a).
Gli abitanti della casa ubicata sul fianco destro della
zona in frana sono stati allontanati per precauzione; la
viabilità lungo la S.S. 589 è stata interrotta ed è stato
b
123. Frana di Avigliana: a) particolare della zona di scorrimento della frana (asterisco nella fotografia precedente): si notino le proporzioni delle dislocazioni; b) panoramica aerea da SE dell'accumulo franoso dalla quale si evince la reale pendenza del deposito di cava
(mediamente 35°) e la traslazione subita dalla carrozzabile, pari a circa 25 m (per gentile concessione VVF Volontari Avigliana).
112
necessario intervenire per riaprire il canale Naviglio di Trana, riducendo
l’allagamento dei terreni agricoli della torbiera. La ricostruzione della strada è stata vincolata alla messa in sicurezza della zona in frana: è stato
necessario individuare un nuovo sito per lo stoccaggio del materiale proveniente dal cantiere.
E’ stato osservato che: a) la superficie originaria del terreno nel quale si è
sviluppata la frana aveva una pendenza inferiore a 10° (fig. 123b); b)
rispetto ad una classica frana per scivolamento rotazionale, la zona di
scorrimento risultava essere piuttosto ristretta, mentre il corpo della frana
era in gran parte costituito dalla zona di accumulo; c) nei 20 giorni precedenti all’evento a Giaveno (pressi Ruata Ollasio, quota 510 m), si erano
registrate precipitazioni pari a circa 230 mm (misurati da un pluviometro
localizzato nei pressi di Ruata Ollasio, gestito dai VVF Volontari del locale
Distaccamento), valore cumulato massimo dopo l’estate e dall’apertura del
cantiere, con precipitazioni costanti nel corso dei tre giorni precedenti al
primo movimento, anche se non particolarmente abbondanti; d) il materiale accumulato a ridosso del versante del Monte Cuneo ai piedi della
cava, secondo una stima effettuata in seguito all’evento, era maggiore di
15.000 m3, volume tale da generare un bulbo di influenza di profondità
almeno pari ai 10 m.
Considerate le osservazioni di cui sopra, l’evoluzione e le conseguenze del
fenomeno d’instabilità prodottosi, risulta avvalorata l’ipotesi che si sia
manifestata la rottura generale del terreno su cui poggiava il materiale di
riporto accumulato, che di conseguenza è franato. Questo fenomeno si
spiegherebbe con la presenza, ai piedi della cava, di terreno argilloso-torboso, dalle caratteristiche geotecniche decisamente inferiori alla copertura di origine morenica. Da successive indagini è risultata particolarmente
importante la presenza di limi al di sotto di uno strato superficiale di
torba.
Inoltre le piogge dei giorni precedenti avrebbero avuto un duplice ruolo
negativo, favorendo l’instabilità del terreno a causa dell’aumento del carico e del grado di saturazione dei terreni coesivi.
Secondo alcune testimonianze, ai piedi della cava in passato erano presenti delle sorgenti, non più sfruttate da tempo poiché nel corso dell’esercizio della cava la zona era stata bonificata con riporti di ghiaia, in modo
da facilitare l’accesso al fronte di scavo. In tal caso il carico avrebbe ulteriormente favorito la situazione di saturazione degli eventuali orizzonti di
torba ed argilla presenti a maggiore profondità.
Note
56
Al pluviografio ENEL, posizionato sul coronamento dell'invaso idroelettrico «Sette
Fontane», si sono misurati 9,8 mm in poco meno di due ore; nel giorno successivo, in poco
meno di un'ora, sono caduti 16,6 mm che però non hanno prodotto alcun effetto sul territorio.
57
Alla stazione meteopluviometrica di «Camini Frejus» afferente alla rete meteorologica
Arpa Piemonte è stata registrata una precipitazione totale di 14 mm in un'ora, con intensità
massima di 5,8 mm in 10 min.
58
Da un vallone anonimo della Guglia Rossa, un flusso detritico ha intercettato la strada di collegamento con Nevache interrompendo il transito. E' stato possibile osservare, ormai
totalmente vegetate, le evidenze morfologiche di precedenti eventi di trasporto solido in massa.
59
Alla stazione meteopluviometrica di «Camini Frejus», afferente alla rete Arpa
Piemonte, tra le 18:30 e le 19:20 (ora legale), è stata registrata la caduta di 8,8 mm di pioggia
complessiva con intensità massima di 3,6 mm in 10 min.
60
L'ampia porzione del bacino che ricorrentemente viene interessata da colate di detrito a scala di versante (con superficie prossima a 8 km2) svolge un ruolo minimale nell'apporto
detritico nell'asta principale del Frejus. La maggiore «zona origine» del detrito è il modesto tributario Rio Gautier, in grado, con i suoi apporti in massa, di influenzare tutta l'asta torrentizia
113
sino alla confluenza nella Dora.
61
Osservazioni ripetute nel corso degli anni 2004 e 2005 hanno permesso di apprezzare, sul corpo di frana, la formazione o l'ampliamento di gradini, trincee, fessure e ampi dislocamenti di zolle di terreno.
62
Tutti gli orari sono rapportati, per uniformità con le testimonianze raccolte, all'ora
legale.
63
Il T. Frejus attraversa radialmente la conca di Bardonecchia; l'alveo, a partire dagli
anni '50 del secolo scorso, è stato completamente canalizzato entro muri spondali in c.a./cls
con altezza media di 5 m e larghezza di 13 m.
64
La traccia lasciata dalla massa in transito ha consentito di apprezzare il massimo
livello raggiunto in prossimità dei manufatti.
65
Sono stati registrati 3.6 mm in 5', intorno le ore 20:00, al pluviografo del CNR-IRPI
di Pian Mardrel (q. 2150), circa 5 km a SE dell'impluvio di testata del torrente. Pressochè contemporaneamente, altro pluviografo dell'IRPI sito al Rifugio «Cà d'Asti» (2850 m) poco a est del
precedente, ha registrato 4 mm in 15', valore decisamente «smorzato» che testimonia la localizzazione limitata delle piogge che hanno caratterizzato l'evento.
66
L'Ufficio Meteorologico della Regione Autonoma Valle d'Aosta ha cortesemente fornito i dati relativi alle stazioni di S. Denis, S. Vincent, S. Denis Gr., Ayas e Chamois, rispettivamente pari a 6,4, 8,2, 15,7, 19,8 e 18,4 mm/h. La pioggia cumulata alla seconda stazione, ubicata in località Salirod a circa 2,5 km a SE del baricentro del bacino, da cui non è purtroppo
possibile estrarre il dato su intervallo più ristretto, non dà ragione della quantità di pioggia
effettivamente caduta nell'intorno del T. Grand Valley, avvertita da molti come un vero e proprio nubifragio durato più di mezz'ora.
67
Consigliere del Comune di St. Vincent, appassionato di storia locale e autore di alcuni saggi, due dei quali citati in bibliografia.
68
Questa tecnica trova applicazione in numerosi campi di ricerca, dalla climatologia alla
ecologia, nonché alla geomorfologia: in particolare, è possibile studiare e datare numerosi processi quali frane, colate detritiche, attività fluviale ecc.
69
Il Sig. Augusto Vitalini, intervistato in proposito, ha riferito che intorno alle 13:40 di
sabato 18 settembre accudiva alla proprie faccende in prossimità della «Baita del Pastore»
quando avvertiva improvvisamente un intenso e prolungato rumore «simile a quello di un elicottero che volava a bassa quota». Pochi istanti dopo vedeva il cielo oscurarsi per una densa
nube di polvere scura e preso da comprensibile paura correva al riparo dietro un muro. Tutto
sarà durato un minuto al massimo. Altro testimone, alle «Baite Campo», circa 2 km a valle,
avvertiva egualmente il fenomeno e percepiva un intenso odore «di polvere di calcare» sprigionatasi dall'impatto reciproco dei blocchi detritici, con effetti simili a un'esplosione come ben
documentato da un videoamatore occasionale presente alla scena.
70
Secondo quanto registrato alle stazioni di Ruinon (quota 2140 m) e di Prese Frodolfo
(quota 1250 m), poste rispettivamente a 7 e 6 km circa dalla Cima Thurwieser, nei giorni precedenti il collasso si ebbe una drastica variazione termica; nel corso dello stesso giorno 18 l'escursione termica fu addirittura di 13,9 °C (DEI CAS & al., 2004).
71
BELLINGERI & ZINI (2005) hanno affermato che lo spessore medio dell'accumulo fu di
circa 6,8 m, con punte di quasi 30 m nella zona dell'ex alveo del Rio Marè.
72
Altri autori hanno valutato un volume di 1,4-4,5 milioni di m3 (ROZMAN & al., 2004),
2,9 milioni di m3 (BELLINGERI & ZINI, 2005), sino a 5 milioni di m3 (COLA, 2005).
73
Da documenti presenti nell'archivio storico del CNR-IRPI Sezione di Torino, è stato
possibile risalire a due eventi significativi avvenuti nell'area in esame. La Gazzetta di Venezia
del 16 maggio 1885 riporta di una «voragine […] aperta precisamente fra l'angolo del Molino
Meano e la Borgata Sada. Il terreno inabissatosi è di 150 metri di lunghezza e del volume di 4000
metri cubi. Le acque del lago di S.Bernardino (Lago Piccolo) hanno invaso l'enorme vuoto che si è
prodotto. Il tratto di strada scomparso era di cinque metri sopra al livello del lago; presentemente è a sei metri sott'acqua. Si vuole che causa impellente del disastro siano state alluvioni sotterranee prodotte dalle continue piogge da Montecuni […]. Ci fu una sola vittima». Un secondo episodio risale al 1°giugno 1917, come risulta da un telegramma inviato dal Tenente Comandante
della Compagnia Susa al Ministero dei Lavori Pubblici (Direzione Generale dei Servizi Speciali),
in cui si comunica che «causa continue pioggie stamane ore 4 franava per circa 40 metri strada
provinciale Avigliana-Trana regione Sada, […] rendendo impossibile transito veicoli».
114
Eventi storici avvenuti in passato
in alcune aree colpite nel
periodo 2002-2004
(notizie tratte dall’archivio storico del CNR-IRPI di Torino)
VALCUVIA (TERRITORI
COMUNALI DI
CITTIGLIO
E
Nota: le date sono evidenziate in grassetto.
Quelle in corsivo, non
si riferiscono a date di
eventi alluvionali, ma
riportano
solamente
notizie pregresse utili
per una migliore comprensione della ricostruzione storica.
LAVENO)
1842, fine settembre – L’Ingegnere Capo dell’I.R. Ufficio Provinciale delle
Pubbliche Costruzioni in Como, con dispaccio N. 3334 del 2 ottobre 1842,
riferisce all’ «Imp. R.a Direzione Generale delle Pubb.e Costruzioni... il sottoscritto Ing.e in Capo, avute le dettagliate notizie... dei guasti derivati alle
strade Provinciali da Varese a Laveno, e da Cittiglio a Luvino, in causa
delle dirotte e continue pioggie recentemente cadute, si affretta di portarle a cognizione di codesta Imp.e Regia Direzione Generale.
La strada Prov.le da Varese a Laveno per lo straripamento delle acque del
torrente Bovesio venne in varj punti profondamente solcata in modo che
ne rimase per qualche tempo intercettato il passaggio, il quale poi fu
riaperto il giorno 29. Settembre p.p... Maggiori guasti sono quelli derivati
alla strada Prov.le da Cittiglio a Luvino in causa dei molti torrenti che la
intersecano e dai vicini monti soggetti in varj punti a scoscendimento... Il
torrentello superiore a Cittiglio straripò, e dopo avere solcato una tratta di
strada di metri 80 e svelti i paracarri di sariccio [«serizzo»] lungo un lato,
vi depose un ammasso di materie su tutta la suddetta fuga...».
1847, 25 agosto – «Guasti in genere sofferti dalle regie Strade da Varese
a Laveno e della Valcuvia per le straordinarie pioggie del giorno 25 corrente mese… Regia Strada Postale da Varese a Laveno. Il torrente Pezza
che attraversa questa regia Strada in territorio di Cittiglio immettendosi
nel Fiume Bovesio, in causa di alcune piante che le sue acque in piena trascinarono, distrusse quasi intieramente il selciato di sistemazione delle
sue sponde a fondo nell’ultima tratta...; otturò intieramente con ghiaje e
sassi la luce del ponte, e colmò il suo letto... Il Torrente Varano, o di San
Giulio, distrusse intieramente la tratta di scogliera costrutta da tre anni
dalla Pubblica Amministrazione a difesa della sponda sinistra superiormente al ponte, travolgendo seco anche l’attigua ala del ponte stesso e
suoi rivestimenti di granito… Reg. Strada Provinciale della Valcuvia. Nel
tronco di questa strada compreso tra Cittiglio e Bronta in attualità di
costruzione, la piena del Torrente Serpino distrusse il ponte appena ultimato, a compimento del quale non mancava che il banchettone ed il parapetto… I torrenti di Casale e di Vergobbio [Cuveglio], abbandonati al solito l’elevato loro letto, si gettarono sulla R. Strada depositandovi rilevante
quantità di ghiaja, e sassi, e formandovi anche profondi buchi, per cui il
passaggio rimase per più giorni intercettato… Il Torrente Gesone… distrusse parte a destra, e parte a sinistra... il grosso selciato di armatura de’
115
suoi argini abbassando assai nella parte superiore il suo letto, e depositando le materie prima del R. ponte e sotto al medesimo in modo che il suo
alveo è ivi quasi ricolmo…» (I.R. Ufficio Provinciale delle Pubbliche
Costruzioni in Como, all’I.R. Dir.Gen. delle P.C., 31 agosto 1847).
1924, 14 agosto – Servizio fotografico: «Il nubifragio sul Lago Maggiore.
Stresa, Pallanza, Laveno devastate da alluvioni e da frane. La serra della
villa Dora a Stresa distrutta interamente dalla valanga delle acque... La
piena del lago: una casa sommersa... Quel che resta del ponte a Leva...
Una strada che precipita in un baratro... Il disastro a Meina... Una casa
schiantata da una frana presso l’Arco Mirasole... Il grande nubifragio sul
Lago Maggiore: una casa e un garage travolti dalla furia torrenziale delle
acque a Laveno» (Il Mattino Illustrato, Anno I, N. 29, 25 agosto-1 settembre
1924, Napoli).
«Il Podestà di Laveno Mombello così scrive: ‘Il sottoscritto è vivamente
preoccupato per le conseguenze che potrebbero derivare all’abitato centrale di questo Comune da una nuova alluvione che determinasse un
eccezionale aumento di portata del torrente Riale, che scende dalla località Vararo con una pendenza ripidissima, specie nell’ultimo tratto prima di
giungere alla Galleria di scarico nel lago, che attraversa la Piazza
Monteggia e la Piazza Umberto 1°. Nell’ultima alluvione… vennero distrutte tutte le briglie che, a seguito dell’ancor più grave alluvione del 14 agosto 1924 e conseguente sconvolgimento del letto del torrente, erano state
costruite col sussidio statale.... Ora, se si verificasse una nuova alluvione,
stante l’attuale mancanza delle briglie, potrebbe molto facilmente accadere il convogliamento di tutto il materiale esistente lungo il letto del torrente, fino alla menzionata galleria, l’ostruzione completa della medesima,
e quindi come inevitabile conseguenza, l’allagamento del paese…» (R.
Prefettura di Varese, il Prefetto al Ministero LL. PP., 22 aprile 1933).
1926, giugno – «In seguito al crollo e all’affondamento di una parte del
lungo-Lago a Cannero, mi sono state fatte vive premure per un’indagine
completa sulle cause di tale evento, preoccupandosi gli interessati che,
data la profondità del Lago Maggiore in quella località, possa essere intervenuto un processo di corrosione che diverrebbe sempre più pericoloso
per le case e le ville che sorgono nella zona attigua...» (Ministero LL. PP.,
Divisione IX, 21 giugno 1926, all’Ing. Capo del Genio Civile Novara).
1928 – «Il torrente Riale passa attraverso l’abitato di Laveno e poiché il
tratto ivi coperto è suscettibile di essere facilmente ostruito dai materiali
convogliati durante le forti precipitazioni come già si è verificato nel 1928
e recentemente nel settembre u.s. [1932] e dare luogo a innondazioni e
danni notevoli entro l’abitato».
1932, 22-23 settembre – «Il nubifragio della notte dal 22 al 23 settembre
abbattutosi sulla parte occidentale di questa Provincia ha provocato
danni… Successivamente si sono avute piogge temporalesche [anteriormente al 26]… però i danni causati… non hanno fatto che aggravare in
qualche località quelli del nubifragio… le opere previste [ai torrenti] non
sono quelle che sarebbero necessarie ad una completa sistemazione…, ma
sono quelle generalmente dipendenti dai danni… Trattasi quindi di rifacimento di opere asportate, come muri di sostegno, difese ed altro, o opere
necessarie a ristabilire le sponde dove la violenza dell’acqua ha creato
pericolose lunate o corrosioni, a mezzo di difese in gabbionate… o piccoli
pennelli o briglie…». Le opere, riportate su allegata Carta al 25.000,
116
riguardano il T. Giona a Maccagno, il Luina a Luino, i torrenti CampagnaVaresella-Tigro-Muceno-Roné nei comuni di Portovaltravaglia e
Castelveccana, i torrenti Riale e Rialto a Laveno, i torrenti S. Giulio e
Vasaredo, affluenti del Boesio, a Cittiglio.
«I danni sono molto rilevanti… Nella notte dal 22 al 23, nel volgere di
poche ore un violento nubifragio abbattutosi sulla sponda orientale del
Verbano, per un tratto di circa 20 chilometri, tra Luino e Laveno, ha causato danni ingentissimi alle opere ferroviarie e stradali ed alle proprietà
private. Si è dovuto sospendere il traffico ferroviario lungo le linee LavenoLuino e Varese-Laveno, mentre sono rimaste completamente interrotte al
transito numerose strade... Manca la possibilità di una qualsiasi comunicazione rotabile tra i Comuni di Castelveccana e Porto Valtravaglia nonché
col Comune di Luino. A Porto Valtravaglia, un ponte sul torrente Rone, che
stabiliva le comunicazioni dell’abitato con la stazione venne completamente abbattuto… I Comuni di Laveno e Luino sono stati pure gravemente danneggiati…».
1946, 8 agosto – «A Cittiglio… il nubifragio dell’8 corrente mese ha provocato una repentina e considerevole piena nel torrente Valfareda scorrente nell’abitato, causando scoscendimenti di sponda e trascinamento a
valle di una considerevole quantità di materiali. Tali materiali poi si sono
depositati allo sbocco nel fiume Boesio provocandone il rigurgito delle
acque e conseguente allagamento delle abitazioni circostanti a detto fiume
e in special modo dell’Ospedale di Circolo… si rende pertanto necessario
provvedere d’urgenza allo sgombro dei materiali…».
1948, 4 settembre – «Lavori di riparazione al Ponte sul Torrente S. Giulio,
lungo la strada Cittiglio-Vararo in Comune di Cittiglio, danneggiato dall’alluvione del 4 settembre 1948… in seguito al crollo della spalla sinistra
e del muro frontale a valle».
1951, febbraio – «Il Torr. Valfareda…, in conseguenza dei nubifragi avvenuti nei giorni scorsi è eccezionalmente ingrossato, e data anche la fortissima pendenza del suo letto, ha trasportato a valle un ingente quantitativo di materiale ciottoloso, ostruendo l’alveo del T. Boesio in prossimità del
ponte sulla provinciale Varese-Laveno, e provocando in tal modo lo straripamento a monte dalla sponda sinistra… Detti allagamenti hanno provocato ingenti danni nei locali bassi dell’Ospedale, e molte derrate, che
erano immagazzinate nei locali del Consorzio Agrario, sono andate
distrutte». «Basta un temporale un po’ fuori dell’ordinario perché si rinnovi lo straripamento e l’allagamento dell’Ospedale di Cittiglio e del
Consorzio Agrario».
1953, 28-30 giugno – «Le piogge eccezionali cadute nei giorni 28, 29, 30
del giugno u.s…. hanno fra gli altri danni provocato nel torrente
Margorabbia le cui opere di difesa sono classificate di III categ. una piena
superiore a quelle finora conosciute… la piena ha determinato una rotta
dell’arginatura destra lunga circa m 120 in località Prassede con conseguente disalveo ed allagamento di circa ha. 60 e rotte diverse lungo ambedue le sponde a monte del ponte di Calcaterra» (Ministero LL.PP.,
L’Ispettore Generale, doc. 4 agosto 1953).
In Comune di Cuvio, sono rotti gli argini del T. Margorabbia, distrutte le
passerelle in c.a. in località Riviera e Cucco (Comune di Montegrino); «si
ebbe addirittura a deplorare il crollo di un ponte sul torrente Rancina,
affluente del Margorabbia, a servizio della strada provinciale Cittiglio-
117
Luino.
«E’ andato distrutto il ponte in ferro e muratura sul Torrente Margorabbia
in località Cucco… Il crollo del vecchio ponte è avvenuto per il rovesciamento della pila centrale sulla quale appoggiavano le travi in ferro… e la
soprastante impalcatura in tavole di legno…».
«A causa dello straripamento del fiume Margorabbia le acque hanno
asportato la sede stradale per m 300 [dalla Provinciale alla frazione
Cucco]… e per m 105 [dalla Provinciale alla fraz. Molino d’Anna]».
«Nel Comune di Castello Cabiaglio nei pressi del ponte sul torrente
Cantoni una grande massa d’acqua si è abbattuta, provenendo dalla montagna, sul ponte stesso demolendo completamente il muro d’ala in
destra… e provocando lesioni alle strutture… Anche il Comune di Ferrera
di Varese ha subito danni di una certa gravità inquantochè il suo territorio è stato investito sia dalle acque irrompenti in seguito alle rotture degli
argini del torrente Margorabbia, sia da masse d’acqua precipitate dalla
montagna. Conseguenze di tali calamità sono: l’asportazione completa di
una parte di strada in rilevato di accesso alla provinciale Laveno-Luino, il
lesionamento del ponticello in pietrame sul Biruncio, l’erosione molto profonda della strada che porta da Ferrera alla Centrale Elettrica, e da qui per
il Comune di Cunardo».
«Alcune strade comunali del Comune di Brissago a forte pendenza, furono
gravemente danneggiate dallo scorrere impetuoso delle acque… Comunale
da Roggiano alla Provinciale Luino-Varese, presenta forti solcature alla
sede stradale per una lunghezza di circa ml. 1418… Comunale di allacciamento delle frazioni Novello e Motto… forti erosioni con asportazioni di
tratti di corpo stradale per una lunghezza di circa ml. 332 e della profondità media di m 0.70… Comunale Brissago frazione Del Basso… forti erosioni alla sede stradale per una lunghezza di circa ml. 60...».
«La strada che dal Capoluogo porta alla frazione Roggiano è stata investita da una grande massa d’acqua proveniente dalla montagna ed i torrenti ingrossatisi… hanno provocato l’asportazione di una parte del corpo
stradale [in sinistra del Torrente Nay], e gravi danneggiamenti al ponte in
località Valle Cimitero».
ALTA VAL SESIA
1834 – «Provincia di Vallesesia, Mandamento di Scopa, Comune di
Scopa... 9 Settembre 1834 [Vice Intendenza di Varallo, Mazzo 108]... Il
Torrente... che discende ed attraversa direttamente la Borgata popolosa
del Muro, esso pure strascinò una quantità immensa di materia sassosa
che s’ammucchiò in mezzo a quell’abitato, e quindi ingombrò la roggia
inferiore dei due molini esistenti che fù quindi purgata da una quantità di
persone accorse in sussidio dei Mugnaj. Inferiormente verso il Confine del
territorio di Balmuccia, il torrente detto il Rialaccio escavò considerevolmente, ed esportò il ponte in legno che serviva al passaggio dei pedoni
sulla strada Provinciale alquanto guasta in quel luogo, ed il ponte in Vivo
sotto l’abitato di Scopetta fu in un fondamento pregiudicato da quel
Torrente d.o il Riale, ed esigge qualche riparo... La Sesia sparse acque e
ghiare pressochè generalmente lungo il suo corso, e rovinò il secondo fieno
ancor da tagliare, e detto fiume che poco sotto il ponte di Scopello si divideva in due distinti rami uno a destra, e l’altro a sinistra... E riguardo ai
danni dei particolari coll’inghiaram.o dei prati, e campi lungo la Sesia
credo che i medesimi possano ascendere a £ 2500...» (Archivio di Stato di
Varallo, V.I. Varallo, M. 137).
118
1857, 20-21 ottobre – Da Varallo (24 ottobre 1857) al «Sig. Ing. Della
Provincia... Dalla partecipazione fattasi a quest’Ufficio dai Signori Sindaci
di Borgosesia, Valduggia, Mollia, Vocca, Balmuccia e Scopa sui danni
recatisi alla viabilità pubblica dalle ultime straordinarie pioggie risulterebbe che... la Strada provinciale di Aosta troverebbesi intercettata a
Mollia, Vocca e Balmuccia per le copiose materie trascinatevi dai rivi che
cadono in prossimità della medema... e rotta per una tratta di circa 20
metri a Scopa tra le frazioni di Scopetta e Muro» (Archivio di Stato di
Varallo, V.I. Varallo, M. 137).
VALLI CERVO, ELVO
E
SESSERA
1916, 5 e 11 maggio – «L’inverno era stato molto piovoso e con un notevole innevamento tardivo; in marzo ed aprile valanghe di grosse dimensioni erano scese lungo i canaloni del Torrente Pragnetta, affluente di
destra del Cervo a Rosazza. La neve ed il terriccio di erosione avevano
«costruito» numerosi ed informi sbarramenti nell’alveo, che le piogge di
aprile avevano ben presto riempito. Alle 17:35 del 5 maggio una frana si
staccò in destra del Pragnetta impattando fortemente con la massa d’acqua dello sbarramento più a monte: l’onda di piena si riversò a valle coinvolgendo anche gli altri «depositi» d’acqua e distruggendo tutto ciò che trovava sul suo percorso, fino ad invadere la piazza della Chiesa, il parco
pubblico, lasciando fango e neve finanche sul ponte del cimitero... alle 3
di notte dell’11 maggio tra Bogna e Molino Lace rovinò una gigantesca
frana (circa 30.000 mc), che interessò la carrozzabile per Piedicavallo, la
tramvia Biella-Balma e la mulattiera per Ribella. I conseguenti disagi e
danni economici furono tutt’altro che indifferenti…» (Il Biellese, 2 luglio
2002).
1921, 19-20 agosto – «Dal 19 al 20 agosto una serie di temporali ingrossa Elvo e suoi affluenti, Cervo e Sessera; e fu proprio quest’ultimo a causare una vittima, un giovane di Pray che il giorno 21 si era recato lungo il
torrente per raccogliere legna trasportatavi dalla piena dei giorni precedenti. Il ponte sulla Ianca, congiungente Muzzano con Bagneri, è asportato dalla furia delle acque (idem la scorsa settimana) così come i ponti
sull’Elvo a monte di Sordevolo. Ad Occhieppo Superiore l’Elvo distrugge il
Lanificio Simone: dei 62 telai che conteneva ben 29 furono asportati completamente mentre i rimanenti rimasero inservibili. Il Cervo i guai principali li combina in alta valle: a Rosazza è crollata la traversa appena rifatta nei pressi della piazzetta del mercato, sul tratto di strada fra
Piedicavallo ed il ponte Pinchiolo è caduta una frana, il torrente Bele ha
asportato un tratto di strada presso il Santuario di San Giovanni, rendendo così non raggiungibile la Galleria Rosazza» (Il Biellese, 2 luglio
2002).
1926, 13-17 maggio – «Una frana ha ostruito la provinciale fra Graglia e
Netro, a Cerrione l’Elvo ha danneggiato il nuovo ponte di collegamento con
Vergnasco, numerose frane segnano le valli dello Strona e del Sessera,
così a Pralungo, Tollegno, Miagliano, ecc. A Campiglia ‘una frana è rimasta sospesa’... incombente su alcune abitazioni... Il Cervo ha colpito duramente a Chiavazza due stabilimenti lanieri (lanificio Angelo Mosca e filatura Fratelli Ogliaro), e la strada che unisce questo rione a Ronco è stata
ostruita da una frana appena oltrepassato il ponte sul Chiebbia.
Abbastanza colpita la Valle Oropa: ‘oltre il Favaro, presso la cosiddetta
Cappella Vuota, il suolo stradale è stato corroso da una frana... presso il
119
girone delle Cave, lungo il percorso del tram Oropa, una parte della scarpata stessa della strada ferrata è stata corrosa dal cedimento di una
massa enorme di terreno che avrà la lunghezza di una cinquantina di
metri ed una larghezza di oltre dieci’. D’altra parte è proprio nel maggio ’26
che ha iniziato a funzionare la stazione di rilevamento pluviometrico di
Salussola: dalle 9 antimeridiane del giorno 15 alla stessa ora del giorno
successivo ha registrato 157 mm (circa 200 meno che ad Oropa). Per fortuna a limitare i danni della pioggia ci ha pensato la neve: 4 cm ad Oropa
e circa 10 in Valle Cervo oltre i 900 m...» (Il Biellese, 2 luglio 2002).
1927 – «Ad essere colpita è la Val Sessera, con straripamento del Ponzone
ed allagamento di alcuni stabilimenti» (Il Biellese, 2 luglio 2002).
1935 – «La Gazzetta del Popolo del 28 agosto riporta ‘di notevole importanza sono stati i danni subiti dal paese di Mongrando, ove per lo straripamento del Viona è stato asportato il ponte che unisce la frazione Pistino
alla Borgata Ceresane, mentre le acque si sono gettate con pauroso impeto nelle campagne vicine abbattendo tutte le viti ed alcune piante e raggiungendo le abitazioni...» (Il Biellese, 2 luglio 2002).
1939, 5 agosto – «Il 5 agosto si scatena sul Biellese un temporale di inaudita violenza; riferendosi alle misure effettuate ad Oropa così dice il
Palladinelli...: ‘il pluviografo dell’Osservatorio in meno di 24 ore ha registrato l’ecezionale cifra di 287 mm, rovesciando in nove ore sulla nostra
Stazione ben 178 mm. Anzi in una mezz’ora toccò il culmine con 70 mm...
Il Torrente Oropa si era ingrossato eccezionalmente tanto da essere segnalato su una zona sismografica. Il torrente che scorre ad Ovest della Chiesa
nuova straripò, riversando le sue acque al di fuori in modo da formare una
diramazione che veniva ad affluire, per il portone N-O del piazzale della
Chiesa (antica) sul prato stesso del cortile. Le strade con le loro cunette si
erano trasformate in torrenti di occasione’. A Biella una frana distaccatasi dalla collina di Piazzo si abbatteva su una casa di Via Quintino Sella: la
massa di terra travolse una donna, il bambino che questa stava allattando ed un’altra figlia di neppur due anni, che morì soffocata. Un’altra vittima si ebbe a San Paolo Cervo: l’autista di un possidente locale mentre dall’autorimessa stava per raggiungere la villa padronale fu investito in pieno
da una frana... Una terza vita se la presero le acque del Quargnasca: un
carrettiere di 42 anni ritornava col suo carro a Cossato da Castellengo,
quando a monte del ponte di Castellengo fu travolto ‘dalle acque limacciose che salivano ad oltre un metro e mezzo sulla strada» (Il Biellese, 2 luglio
2002).
1947 – «La superficie totale del bacino [del Sessera] è di ha. 8789... la
vetta culminanate è Monte Bò (m 2550) e il punto più basso è a Coggiola
(m 469). Il torrente Sessera... dopo un percorso assai tortuoso di km 24
circa esce dalla chiostra del suo bacino montano a Coggiola... Affluenti
principali... sono i rii: Dolca, Caramala, Confienzo, Ardeggia, Camino,
Artignaga ecc. Il bacino montano... venne classificato... con R.D.
11/2/1929... In data 28/8/1930 il Comando di Centuria della Milizia
Nazionale Forestale di Vercelli compilò il progetto di sistemazione approvato dal Consiglio dei Lavori Pubblici il 13 Novembre 1930 N. 3420 per
l’importo di £ 2.920.000, di cui £ 2.080.76,20 per opere colturali, £
540.754 per opere di consolidamento... Le zone dalle quali normalmente
si staccano le valanghe che hanno l’effetto di trasportare grandi quantità
di congerie nel Sessera sono tre: una sulla sinistra del torrente che segna
120
il confine col Comune di Tavigliano, le altre due sono sottostanti alla linea
di displuvio tra Monticchio e Colma Bella...» (Ministero dell’Agricoltura e
delle Foreste. Direzione dei Servizi Forestali. Opere di sistemazione idraulico-forestale. Corpo delle Foreste, Comando Gruppo di Vercelli, Perizia di
stralcio dei lavori di sistemazione del bacino montano del Torrente
Sessera..., Relazione, Vercelli, 14 gennaio 1947, Cap. Mattioli Dr.
Giovanni).
1948 – «...opere da eseguirsi... Costruzione a Rio Caramala in Comune di
Camandona di ml. 30 di muretto a secco a monte della mulattiera che
dalla Casermetta Selletto Piccolo conduce a quella di Dolca. Tale muretto
servirà, oltre che di riparazione alla mulattiera, a fermare il materiale che
dal Rio Caramala viene riversato durante le piene sulla mulattiera stessa.
Lungo tutto il Rio e a monte dell’opera precedentemente menzionata
costruzione di n. 3 briglie [oggi non più esistenti] distanti fra loro in media
circa m 20 che dovranno servire a trattenere nell’alveo l’enorme quantità
di materiale di trasporto, costituito in gran parte da grossi sassi...»
(Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Direzione dei Servizi Forestali.
Opere di sistemazione idraulico-forestale. Esercizio 1947-48. Ispettorato
Ripartimentale, Provincia di Vercelli, XV^ Perizia di stralcio dei lavori di
sistemazione del bacino montano del Torrente Sessera..., Relazione,
Vercelli, 24 aprile 1948, Ispettore Aggiunto Gerace Dr. Michele).
1948 – «Opere da eseguirsi... località Rio Caramala; costruzione in muratura a secco di una briglia di trattenuta e consolidamento sponda»
(Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Direzione dei Servizi Forestali.
Opere di sistemazione idraulico-forestale. Corpo Forestale dello Stato.
Ispettorato Ripartimentale, Provincia di Vercelli, XVI Perizia di stralcio dei
lavori di sistemazione del bacino montano del Torrente Sessera...
Relazione, Vercelli, 29 novembre 1948, Ispettore Aggiunto Di Guglielmo
Dr. Angelo).
1949 – «Costruzione di traverse in muratura a secco per la correzione
degli alvei dei torrenti Artignaga, Caramala, ecc...» (Ministero
dell’Agricoltura e delle Foreste. Corpo Forestale dello Stato. Ispettorato
Ripartimentale di Vercelli. Opere di Sistemazione Idraulico-Forestale...
Perizia opere manutentorie e risarcimenti dei lavori di sistemazione del
bacino montano del Torrente Sessera... Relazione, Vercelli, 17 ottobre
1949, Il Capo dell’Ispettorato Ripartimentale Tiraboschi Dott. Giovanni).
1952 – «Le opere in muratura da eseguirsi nel Bacino Montano del
Torrente Sessera riguardano le valanghe... La difesa riguarda invece la
costruzione di opere nella zona valliva battuta dalla valanga... si è scelta
la sistemazione anzichè la difesa, sia perchè le opere di difesa assumerebbero entità grande, sia perchè è valso il principio tecnico di impedire la
caduta delle valanghe... e quindi di aumentare la resistenza di attrito sulla
via di percorso... si è scelto il terrazzamento con piazzole in muratura a
secco con piote erose nella parte superiore.. Le dimensioni delle terrazze
sono state calcolate tenendo presente la pendenza del terreno, la quantità di neve che spesso raggiunge annualmente l’altezza di m 2...» (Ministero
dell’Agricoltura e delle Foreste. Direzione Generale delle Foreste. Opere di
Sistemazione Idraulico-Forestale. Ispettorato Regionale di Torino....
Progetto (Perizia di XVIII stralcio) di sistemazione del bacino montano del
Torrente Sessera... Relazione, Vercelli, 3 maggio 1952, a firma Di
Guglielmo Dr. Angelo).
121
1953 – «Condizioni attuali del bacino del Sessera... per la sua orografia,
per la natura e composizione del terreno, per le condizioni climatiche e per
la recente distruzione o degradazione dei boschi presenta un accentuato
dissesto idrogeologico... nei periodi delle pioggie eccessive, il tempo di corrivazione è breve e la portata solida è molta. In occasione di alluvioni il
Sessera pertanto, nel suo vasto bacino montano, si gonfia, raduna e trasporta molto materiale e con grave danno e minaccia per Coggiola, per le
terre sottostanti e per i numerosi e importantissimi stabilimenti industriali, contribuendo notevolmente al disordine idraulico del fiume Sesia
nel quale sbocca. Nessun danno notevole è da lamentarsi invece nel bacino considerato in quanto in esso non vi sono centri abitati... nè strade
rotabili... e neanche coltivi... Questa circostanza dimostra come il Bacino
del Sessera incontestabilmente non può essere bonificato se non con una
razionale coltura silvana e con la pastorizia. Aspetti pedologici: Il bacino...
appartiene alla zona della diorite... generalmente compatta, si incontra
talora un po’ schistosa e laminata. Esistono qua e là delle zone piritifere
che, in passato, diedero luogo a ricerche minerarie di poca importanza. La
natura fisico-chimica assai resistente e compatta della formazione dioritica e la sua forma tettonica a prevalenza verticale sono le cause principali
del paesaggio del Sessera che è del tutto alpestre, impervio, selvaggio,
aspro, dirupato, in parte nudo, a tinta brunastra, a corsi d’acqua irregolarissimi, a forti creste dentate, e spiegano l’esistenza di una oro-idrografia così tormentata. Nella media Val Sessera vi è una zona schistosa-porfirica, di tinta brunastra o bruno-rossastra, la quale per la sua forma tettonica a sinclinale, e più per la natura poco resistente dei suoi schisti,
costituisce delle grandi solcature o allargamenti vallivi, originando speciali selle o passaggi, detti bocchette. Esistono scarsissime zone di calcari più o meno dolomitici presso Bocchetto Sessera, selletto Grosso e Alpe
Calcinone. Il glacialismo ebbe una importante azione nell’alto bacino... ma
la forma aspra e stretta delle valli non permise al materiale morenico che
di depositarsi in scarsa quantità e disperso qua e là specialmente sopra
l’alpe Briolo, ed in quantità ancora minore nella valle del confluente
Dolca... Tutto il bacino del Sessera è a pendenza fortissima... sono infatti
comuni le pendenze dal 50 al 70%, frequenti quelle superiori al 70%, scarse quelle del 30-40%... Località Artignaga: Sistemazione di piccole frane
ubicate a valle delle baite Artignaga di Sotto... si tratta di piccoli muri di
consolidamento da costruirsi al piede delle frane... in attesa che la coltre
vegetale abbia ad insediarsi...» (Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste.
Direzione Generale delle Foreste. Opere di Sistemazione IdraulicoForestale. Ispettorato Regionale di Torino.... Progetto (Perizia di XIX stralcio) di sistemazione del bacino montano del Torrente Sessera... Relazione,
Vercelli, 30 gennaio 1953, a firma Di Guglielmo Dr. Angelo).
1954 – «Lavori eseguiti... Costruzione di km 11 circa di strada carreggiabile di montagna... traverse in muratura a secco per la correzione degli
alvei dei torrenti Artignaga, Caramala, ecc... piazzuole paravalanghe e
muretti di sostegno frane e strade...» (Ministero dell’Agricoltura e delle
Foreste. Direzione Generale delle Foreste. Opere di Sistemazione
Idraulico-Forestale. Ispettorato Regionale di Torino.... Progetto (Perizia di
XXI stralcio) di sistemazione del bacino montano del Torrente Sessera...
Relazione, Vercelli, 26 luglio 1954, a firma di Dr. Di Guglielmo Angelo).
1955 – Sono previste quasi esclusivamente opere colturali in 6 località
(Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Direzione Generale
dell’Economia Montana e delle Foreste. Opere di Sistemazione Idraulico-
122
Forestale. Ispettorato Regionale di Torino.... Progetto (Perizia di XXII stralcio) di sistemazione del bacino montano del Torrente Sessera nei Comuni
di Bioglio, Callabiana, Coggiola, Trivero. Relazione, Vercelli, 28 febbraio1955, a firma Dr. Di Guglielmo Angelo).
VAL
DI
RHÊMES
E
VALSAVARENCHE
1596 - «Visita per la val d’Auosta d’Inondazione... Conseil du Duché
d’Auoste demonstrant... au nom de la Commune de Valsavarenche comme
pour authorité du dit conseil... maysons ruynées... par la grande et
extraordinaire [inondation]... ricognition... du val sauaranche... la ruyne
surnommée du long et du larg... sur la fin du mois d’aoult... du grand
matin nous transportames de compagnie des Sindis... et trouvé que l’impetuosité de la [crue]... auroit ruyné et demoly intierement la Cappelle du
dit lieu... ruyné des fondaments une maison, et de là [nous nous sommes
rendu] au village... [où l’on a vu] avoir lasse sur les possessions du dit village une infinité de mattiere tant [grande que petite] qui ont comblé la
plus grand partie des prez... comblé et ramplez de matiere les lits des torrents qui se sont espandus... Et [poursuivant en bas] au Village du
Vuistan... dispère de pouvoir remettre le dit ruisseau [dans son lit]... Et...
nous sommes trasportés au Mayson appélée... ou avons remarqué que la
[crue]... avait lassée dans le torrent en si grande aboundance de mattiere... aux pauvres habitants de la dite vallée... retablissement des maisons,
villages, mort des personnes, privés de leur bestail, et meubles... La ruyne
est passée par là... ayant endomagé... maisons et couvert d’une matiere
pierreuse une bonne partie des prez y existants,... village appellé moniez
aurions trouvé une possession du dit village une grand mattiere pierreuse... que l’on ne la pouroit... reparer... torrents qui se sont espandus...
tout le long de cette parroisse... ont abattu... maisons... Fait le X octobre
1596» (Atti di visita per corrosione, Archivio di Stato di Torino).
1832, 19 agosto - «Délibérations du Conseil double de la Commune de
Valsavarenche, soutenant recours à S.M. pour implorer de Sa R.le
Munificence un secours extraordinaire en faveur des particuliers et de la
Commune, victimes du grand désastre causé par l’eruption du glacier
supérieur à la montagne dite de Levionaz.... Lequel Conseil ensuite des
pertes considérables causées le dix neuf de ce mois vers les trois heures
du matin dans le territoire de cette commune que l’on a cru exposé à une
ruine totale, par l’erruption et la débacle du glacier supérieur à la montagne dite de Levionaz, ayant dabord ravagé, couvert de gros matériaux et
inondé le quart environ du sol de la même montagne, rasé et emporté
jusques aux fondements les quatre étables et une partie de la cuisine,
rendu victimes trois personnes, emporté avec les chaines au col 38 vaches
à lait, 1 torreau, 4 genisses, 4 genissons et 35 chevres ou boucs; Le desastre étant ensuite descendu dans la plaine avec la plus grande rapidité et
un fracas épouvantable, a aussi emporté, couvert de gros matériaux,
ravagé et inondé 42, 596 toises de propriétés particulières d’un bon rapport et du meilleur produit en grande partie avec la racolte, emporté deux
moulins, quantité de canaux d’irrigation, trois ponts de consorteries; de
plus emporté neuf ponts communaux, 1455 toises du Chemin public de la
Vallée sur trois divers points, ce qui a rendu et rend encore pour le présent la viabilité publique interceptée dans cette Commune montagneuse
fort étroite et reserrée par les énormes rochers qui la bordent des deux
cotés; Et dont le total des dommages d’après la consigne faite par chaque
particulier en contradictoire des administrateurs de chaque hameau...
123
des biens ravagés et en présence de ce conseil qui a aussi vu, visité et parcourru les divers lieux endommagès, s’élève d’après le rapport ci joint... à
la somme de cinquante mille deux cent trois livres... une telle perte est
extrêmement sensible et affligeante pour les habitants de cette Commune
qui sont sans commerce ni industrie, où le sol est aride et ingrat, où la
moitié au moins des particuliers ne pouvait déjà procurer du pain de ségale à leur familles que pendant une petite partie de l’année, où enfin l’on ne
vit généralement et journellement que de pommes de terre et de laitage...
si bien que ce nouveau désastre les jette dans la misère et dans la désolation» (Delibera del 29 agosto 1832, Archivio storico comunale di
Valsavarenche).
1929, 12 giugno - «A causa delle alluvioni 12 giugno corr. furono completamente asportati dalle acque della Dora di Rhemes vari tratti della
strada mulattiera comunale che congiunge le varie frazioni del Comune di
Rhemes site lungo il torrente stesso; i maggiori danni... si verificarono in
territorio delle frazioni Cachoz, a monte del Capoluogo Rhemes S.
Georges, nella frazione Proussa, in seguito ai materiali trasportati dallo
affluente Rigout, e l’intero tratto fra gli abitati di Brenan ed Artalle.
Furono asportati i ponti in legno sulla Dora presso gli abitati S. Georges,
Carrè, Creton e Frassiney... Rilevanti danni a proprietà private si sono
pure verificati a causa dell’interrimento od asportazione di vaste zone di
terreno coltivato a prato e campo, lungo tutta la vallata, ed in particolare
in territorio di Cachoz ove fu gravemente danneggiata la segheria e centrale idroelettrica di S. Georges, ‘Favrè’ e fu minacciata la annessa casa di
abitazione...» (Corpo Reale del Genio Civile, Provincia di Aosta, Ufficio di
Torino, Relazione, 18 giugno 1929).
«Nella giornata del dodici giugno u.s. nel comune di Rhêmes... gravissimi
danni furono arrecati... dalla piena impetuosa dei torrenti. Dal 24 settembre 1920 non verificavasi un simile cataclisma: le acque di molti torrenti, ingrossate smisuratamente dalle pioggie torrenziali, che caddero in
modo continuo per tutto il giorno, perfino sui più alti ghiacciai, uscirono
dai loro alvei... Il Signor Podestà di detto Comune mentre provvedeva ad
arginare sollecitamente le acque... avvertiva tempestivamente l’Ufficio del
Genio Civile... Elenco delle opere... 1° Ricostruzione di un tratto di strada
in regione Prè di Boursa... l’acqua del torrente... l’occupò interamente corrodendola e asportandola... II° Ricostruzione di un tratto di strada in
regione Sombapraz. A monte del tratto sopradescritto la strada per un
tratto di m. lin. 47 venne in parte rovinata... Proseguendo a monte ed a
poca distanza di esso la strada per una lunghezza di m. lin. 60 venne interamente occupata e sconvolta dalle acque... III° Sistemazione della strada
in regione Bioules. Riempimento nei tratti corrosi... lunghezza del tratto
da sistemare m. lin. 50... IV° Sgombro di una frana in regione Bioules.
Larghezza del tratto da sgombrare m. lin. 2.5, lunghezza m. lin. 40 altezza della frana m 1.5 in media... V° La strada comunale di Rhêmes a monte
del ponte di accesso alla frazione Proussaz costeggia il torrente, dimodochè... le acque per una lunghezza di m. 70 asportarono la massicciata...
VI°... A monte del tratto di strada sopra descritto e a poca distanza da esso
la strada primitiva fiancheggiava il torrente ad un’altezza di vari metri dal
medesimo. La furia delle acque per lo spostamento delle medesime sul lato
destro del corso corrosero il terreno e le proprietà raggiungendo la strada
e asportandola per un tratto di oltre 170 m... VII°. Sgombro della frana in
regione Rigot. Lunghezza della frana m. lin. 46, altezza media m. 1.70 larghezza m. 3,00 corrispondente a m3 234... VIII°... a valle del ponte Carré
le acque del torrente... asportarono la strada per un tratto di oltre 110 m...
124
IX° Costruzione di un tronco di strada a monte della frazione Cachoz... in
regione Sombapraz, la strada comunale primitiva, abbassandosi rapidamente e piegando verso il torrente ne raggiungeva il livello... il torrente
riversandosi sulla destra occupava interamente la strada asportandola...
X°... Il ponte (in legno) a valle della frazione Carè è stato completamente
asportato... XI°... in regione Les Gorges l’attuale piena ha demolito e
asportato la spalla sinistra (del ponte)... XII°... il ponte in legno e la strada di accesso di Frassiney vennero travolti dalle acque impetuose che in
tale località hanno una forte pendenza. L’erosione della sponda sinistra si
è spinta ancora maggiormente verso l’abitato... XIII°. Ricostruzione del
ponte in legno di Toéx. Tale ponte è stato completamente asportato...
XIV°.. Vari tratti di strada vennero danneggiati dalle acque dei torrenti che
asportarono la massicciata...». L’importo totale delle opere di ripristino
risulta di £ 77093,80 (Relazione sommaria sui lavori necessari per la ricostruzione e sistemazione di strade nel comune di Rhêmes, Villanova
Baltea, 20 luglio 1929).
1954, autunno-1955, settembre - «Perizia dei lavori di sistemazione
idraulica del Torrente Bioula, in Comune di Rhemes St. Georges... nasce
dai crestoni che seguono lo spartiacque fra la Valle di Rhemes e la Valle
Savara e che comprendono le punte di Rhan e di Chamoussiere... da
quota 2400 scende, con un percorso di metri 2200 circa, a quota 1390 per
gettarsi nella Dora, all’altezza della frazione Proussaz... L’asta iniziale del
torrente scorre incassata fra rocce... in continuo disfacimento ed in terreno di natura morenica; l’asta terminale è costituita da un notevole ed attivo cono di deiezione... La larghezza all’unghia di detto cono è di circa cinquanta metri ed il torrente divaga su tale letto. Alla prima precipitazione
atmosferica di una certa entità.. una gran massa di congerie è trasportata a valle. La strada di Rhemes, recentemente costruita... doveva, per esigenze planimetriche passare sul versante destro e quindi sul cono di deiezione... l’Amministrazione della Valle di Aosta faceva costruire una galleria attraverso il cono di deiezione. Ma l’opera non è stata completata con
una sistemazione del torrente... Infatti con la costruzione della galleria si
è interrotta la pendenza dell’alveo, creando sull’estradosso della stessa un
deposito di materiale che ha, come conseguenza, provocato il disalveamento del torrente. L’autunno scorso, in seguito ad una pioggia relativamente violenta, una gran massa di congerie è stata trasportata verso la
testata a valle della galleria ostruendone l’imbocco... » (Ministero
LL.PP.Genio Civile Aosta, Relazione di perizia n. 80, 9 settembre 1955).
«Dalla data delle operazioni di campagna ad oggi si sono verificate sostanziali variazioni dello stato di fatto del torrente. Infatti una alluvione verificatasi nello scorso mese di Settembre, ha completamente modificato l’altimetria della zona interessata..» (Ministero LL.PP. Genio Civile Aosta,
Relazione di perizia n. 83, 28 dicembre 1955).
1957, giugno - Nel giugno 1957 «le acque impetuose del torrente
Valsavaranche investirono con estrema violenza le opere in muratura a
sostegno dei ponti di Rovers e Petite Chevrere, che collegavano la rotabile
di Valsavaranche alla frazione di Chevrere ubicata sulla destra idrografica... l’Amm.ne Comunale di Introd... ha proposto la costruzione di un
ponte ad arco in c.a.... è previsto... ad arco parabolico di luce netta di ml.
26» (Ministero LL.PP. Genio Civile Aosta, Relazione di Perizia N. 31 maggio
1958).
«L’impeto della piena (1957), colmato il modesto alveo del torrente
Savara... si è rovesciata sulla strada comunale rotabile che allaccia Pont
125
di Valsavaranche alla statale n. 26... In seguito a comunicazione del
Sindaco... segnalante la necessità di provvedere all’immediato ripristino
della strada quasi bloccata dallo scoscendimento di materiale franato in
seguito alla caduta di nuove piogge, questo Ufficio... in data 24/VI/1958
chiedeva al Provveditorato OO.PP. Piemonte l’autorizzazione per l’immediata consegna dei lavori... Durante l’esecuzione dei lavori, in seguito al
nubifragio abbattutosi... nei giorni 19 e 20 agosto 1958, nuovi danni
ebbero a registrarsi sulla strada in parola. Infatti le acque del torrente
Savara, tornate in piena, trascinavano a valle buona parte delle congerie
franose disseminate nella parte alta del loro corso a seguito della precedente alluvione del giugno 57, determinando l’intasamento del ponte in
c.a. in località Rovinaud e l’ostruzione dell’alveo nel tratto immediatamente a valle del ponte stesso, appena sgombrato del materiale detritico
depositatovi dalla precedente alluvione, con conseguente... invasione dell’adiacente strada comunale... sono previsti... Sgombero dell’alveo... per
una lunghezza di ml. 300... Costruzione di un muro d’argine della lunghezza di ml. 95 circa... sulla sponda destra del torrente Savara a monte
del ponte di Rovinaud ed in prolungamento del tratto di ml. 80» (Genio
Civile Aosta, Relazione di perizia 119, 14 novembre 1958).
«La piena del Torrente Savara... ha gravemente danneggiato la strada
Comunale rotabile che allaccia Ponte di Valsavaranche alla statale di
fondo Valle n. 26... E’ da segnalare inoltre lo straripamento del torrente
Savara in località Rovinaux, il quale oltre a generare seria minaccia all’abitato omonimo, ha provocato il crollo dei muri... e l’intasamento del ponte
a travata in c.a. della luce di m 12... per il... sedimento delle materie terrose nella piana di Rovinaux situata subito a valle del ponte». Nel tratto
Fenille-Rovinaux sono 14 le interruzioni, nel tratto Rovinaux-Dejoz sono 9
(Genio Civile Aosta, Relazione di perizia N. 53).
«La piena del torrente Savara... ha gravemente danneggiato la strada
comunale che allaccia Ponte di Valsavaranche alla Statale di fondo Valle
n. 26... dalla Frazione Fenille Progressiva 5.984,39 a Ponte di
Valsavaranche Progr. 19.000. Crollo di muri di sostegno, scoscendimenti
della falda montana, corrosioni profonde di sponda sia in sinistra che in
destra idrografica del torrente Savara, hanno con la interruzione della
strada, generato minacce specie nell’abitato della frazione di Rovinaux...»
(Ministero LL.PP., Genio Civile Aosta, Relazione).
1958, giugno - «Sindaco Comune Valsavaranche segnala necessità provvedere ripristino provvisorio strade comunali et consolidamento Borgata
Rovenaud disastrati recenti piogge» (Telegramma del Genio Civile Aosta al
Provveditorato OO.PP. Piemonte, N. 17908, 25 giugno 1958).
«Un fabbricato sito nella parte bassa dell’abitato di Villeneuve, denominato borgo Cezan e sito a valle del terrapieno su cui scorre la strada
Nazionale statale 26 e sulla sponda destra idrografica dei torrenti Rhêmes
e Savara... nel momento dell’abbattimento del muro di sostegno della strada... l’acqua rigurgitando maggiormente giunse in modo assai violento nel
fabbricato... invadendone tutto il piano terreno... » (Comune di Villeneuve,
relazione di perizia, 16 agosto 1957). Nello stesso borgo alluvionato altro
fabbricato «comprendente al piano terreno n. 4 locali di cui uno adibito a
officina meccanica, uno adibito alla torchiatura delle noci... Un secondo
fabbricato... composto di... rimessa, locale del mulino e stalla, è stato pure
interessato dall’alluvione» (Genio Civile Aosta, relazione, 16 maggio 1958).
Nel 1958 (giugno) furono nuovamente dissestate le strade comunali di
Valsavaranche, e si aggravò il pericolo per la borgata Rovenaud, ancor più
col successivo evento del 19-20 agosto dello stesso anno: «Le acque del
126
torrente Savara... trascinavano a valle buona parte del carico detritico disseminato nella parte alta del loro corso a seguito della precedente alluvione» (1957), causando nuove ostruzioni d’alveo e straripamenti (TROPEANO &
al., 1995).
1958, agosto - «Progetto dei lavori di riparazione definitiva dei danni arrecati dall’alluvione del giugno 1957 alla strada comunale rotabile della
Valsavaranche. Sistemazione del tronco adiacente alla frazione Rovinaud.
Perizia suppletiva di s.u. per l’esecuzione di maggiori lavori imprevisti... in
dipendenza di danni di forza maggiore verificatisi col nubifragio dell’agosto
1958» (Genio Civile Aosta, 31 agosto 1958).
1963 - «Il torrente Savara nel corso superiore esercita una notevole azione
di erosione e di trasporto, azione che si riduce notevolmente nel corso inferiore, ove le sponde non sono arginate, formandovi dei depositi e creando
durante le piene situazioni locali pericolose per la vita ed i beni dei montanari... l’abitato di Fenille... è minacciato di essere invaso dalle acque da rendere necessario un immediato intervento con la costruzione a monte di un
muro spondale e lo sgombero di un tratto di alveo» (Genio Civile Aosta,
Relazione, 26 giugno 1963).
1972, agosto – La sera del 14 agosto 1972 diffusi dissesti si manifestarono
a monte e a valle del capoluogo di Valsavarenche, specialmente per straripamento di piccoli tributari tra Eaux Rousses e Rovenaud, provocando frequenti interruzioni lungo la strada di fondovalle. Alla stazione idrometrografica di Fenille (bacino sotteso 130 km2) si registrò un colmo di piena pari
a 62 m³/s, a fronte di una precipitazione ragguagliata di 48 mm (TROPEANO
& al., 1995).
1993, 24 settembre – Gli effetti rovinosi della piena si sono quasi tutti concentrati lungo vari tratti del T. Savara, in Comune di Valsavarenche, soprattutto a partire da Eaux Rousses sino a Molère. Non sono mancati apporti
occasionali di detrito per fenomeni di trasporto in massa da parte di tributari, ma i danni più gravi sono stati prodotti, soprattutto alla strada di fondovalle, per le erosioni laterali operate da parte del torrente principale, che
ne ha asportato in più tratti il rilevato. L’ampliamento della sezione di
deflusso, sino al quadruplo del valore precedente, è risultato di particolare
evidenza lungo un tratto di lunghezza approssimativa di 3,5 km compreso
tra Rovenaud e Fenille; lungo un tronco di circa 1,5 km si sono manifestate
ben 9 interruzioni per totale scomparsa del corpo stradale. Alcuni centri abitati, quali Maisonasse, Rovenaud, Grotta Ran, sono stati alluvionati dalle
acque straripate. Vari ponti sul Savara sono stati distrutti, in tutto o in
parte, quali ad esempio quelli di Rovenaud (asportata la travata sinistra), di
Bois de Clin, e di Molère (demolito per aggiramento della spalla sinistra) per
cui tutta la valle è rimasta per vari giorni isolata (TROPEANO & al., 1995).
2000, 14-15 ottobre - Sono stati più direttamente interessati: il tronco
mediano della valle principale; le valli di Rhêmes, Savarenche e Cogne in
destra idrografica; in sinistra, l’alta Valpelline (ramo T. Artanavaz e basso
Buthier), la bassa Valtournenche e in particolar modo, la media e alta Valle
di Gressoney. In Val di Rhêmes si sono osservati un centinaio di soil slip su
entrambi i versanti, parte dei quali evoluti in debris flow con magnitudo dell’ordine delle centinaia di m3, forse superiori. Nella contigua Valsavarenche,
si sono avuti alluvionamenti torrentizi, in particolare in località Rovenaud
(Bois de Clin), fenomeni tra l’altro ricorrenti ed ivi già osservati dopo gli
127
eventi dell’agosto 1972 e del settembre 1993 (TROPEANO & TURCONI, 2001).
BACINO
DEL
T. CHISOLA
1685, 1695, 1705, 1719, 1725 - Atti di visita di Corusione per la Città di
Moncalieri (1727, 1-9 aprile). «L’Ill.mo Sig. Conte Gio. Lorenzo fù Gaspare
Romagnano, et il Sig. ... Gio. Batt. fù Giuseppe Pattero Sindici della presente Città... rapresentano à V.S.Ill.ma haver il teritorio di d.a luoro Città
patitte diverse corusioni, ingiaramenti, et insabionamenti in occasione
delle escrescenze seguite dal fiume Po, Torenti None [Chisola] e Sangone
delli anni scorsi, et massime nel 1685, 1695, 1705, 1719, et 1725... con
molta augumentatione per esser che doppo il 1719 sono seguite le nottorie crescenze, et innondationi di d.o fiume Po, e Torrenti.». Il T. Chisola,
tra i territori di Moncalieri e Vinovo ha asportato complessivamente quasi
10 giornate piemontesi di terreno (Archivio di Stato, Torino).
1788, 26 maggio - «Per la pioggia continua il fiume Po, e il torrente None
[Chisola] soverchiamente cresciuto, si unirono insieme, allagarono l’interjacente campagna, e tutta la piazza del mercato sino alla casa del Pedaggio
di questa città [Moncalieri]... tale allagamento durò sino alli 28 corrente»
TROPEANO & al., 1999.
1810, 7-9 maggio - «Le piogge cadute in abbondanza per tre giorni consecutivi hanno provocato una piena tale, quale non la si vedeva dal 1791.
Il Po è salito di quasi sedici piedi in 24 ore, in maniera che tutti i bassi terreni dei Comuni rivieraschi sono stati inondati. In alta montagna il freddo ha fatto sì che nevicasse e che non fondesse la neve ancora esistente:
altrimenti gli affluenti del Po avrebbero potuto causare danni maggiori...
La strada di Cuneo presso Carmagnola è stata intercettata in sei punti;
una parte delle vie di questa città così come i sobborghi di Moncalieri
erano coperti da parecchi piedi d’acqua. Un ponte sul Pellice è stato interamente distrutto. Parecchi altri ponti sul Chisola sono stati asportati». La
piena del Po a Torino, decresciuta di 3-4 metri nei quattro giorni successivi, risalì di 2-3 m nei giorni 14 e 15, con nuove inondazioni delle aree
golenali.
1879, 27 maggio - A Cumiana è travolta una cascina, la borgata Barauda
di Moncalieri nella pianura limitrofa al Chisola è allagata.
1907, 25 ottobre - Straripamenti diffusi lungo il Chisola.
1908, 2-3 agosto - «Cumiana... Nella notte tra domenica e lunedì un violento uragano scoppiò verso le ore 1,30 e una pioggia torrenziale cadde
sull’alta valle della Chisola, la quale rapidamente ingrossò... si sparse per
la campagna... asportando pedanche, rompendo strade e ponti…» (L’Eco
del Chisone, 8 agosto 1908).
1937, 6 giugno - Allagamenti a None e Moncalieri (Barauda).
1949, 24 settembre – Esondazioni lungo il Chisola.
1969, 7 aprile – Straripa il Chisola presso None.
1981, 1° aprile - Il Chisola produce accentuate erosioni spondali a valle
di Vinovo, a titolo di curiosità, si aggiunge che per le piene vennero riesu-
128
mate piante fossili del Pleistocene non più segnalate dalla fine ‘700.
1994, 5-6 novembre – Esondazione generalizzata dei torrenti Chisola,
Oitana e tributari.
2000, 29-30 settembre – «Nel Pinerolese alcuni torrenti sono straripati:
il T. Lemina ha allagato diversi settori lungo il suo corso a Pinerolo,
Cercenasco, Virle; a Macello vistosi gli allagamenti anche per l’esondazione di alcuni corsi d’acqua minori e canali di scolo in quasi tutto il territorio comunale».
2001, 4-5 maggio – «Campagne e aree abitate sono allagate ad opera dei
torrenti Lemina e Chisola, fra cui parte dei territori comunali di
Scalenghe, Castagnole (Frazione Oitana e Capoluogo), Virle (S.P. 138),
None (strade comunali), Candiolo (Capoluogo e strada provinciale),
Vigone, Villafranca Piemonte, Airasca (strade comunali) ed alcuni settori,
per lo più coltivi, tra gli abitati di Piobesi e Vinovo».
2001, 17 agosto – «In Comune di None si sono manifestati numerosi allagamenti (Capoluogo e confine con Airasca) per l’elevata intensità di precipitazione, che non ha consentito il corretto deflusso delle acque meteoriche».
Omettendo, per ragioni di brevità, una pur stringata sintesi della ricchissima documentazione conservata presso l’IRPI-CNR di Torino circa eventi
storici di piena e frana nel settore valtellinese interessato dagli eventi del
novembre 2002, si ritiene di interesse riportare invece un sommario dimostrativo degli eventi passati nelle altre valli lombarde, di cui è trattato in
precedenza. La rilevanza e la frequenza dei fenomeni, con gli effetti associati, non richiede particolari commenti.
VAL PIOVERNA
XII secolo - «La Pioverna... che scende dal monte Corneto, tutta la valle
con ruinoso corso discorre, finchè, dopo aver accresciute le sue acque dai
torrenti valle di Cremeno, Bobbia, Acquaduro, Troggia e Freggerola, giunge a Taceno, ove s’incanala in valloni profondissimi e tortuosamente
tagliati dal corso delle acque secondo che il sasso quarzoso o calcare
opponevale diversa resistenza. Per entro i quali cupi e precipiti burroni
aggirandosi le acque, parte sfuggono per sotterranei anfratti al Lario, e
parte vanno a formare il celebrato Orrido di Bellano... Ai mali cagionati in
questo secolo [XII] dalla rabbia degli uomini, si aggiunsero quelli degli elementi e della natura... Qualche tempo dopo [il sec. XII] a Premana rilasciossi una falda di monte, e giù piombando per la ripida china, trascinò
seco alberi, capanne e sassi,e chiuso il varco al fiume Varrone l’obbligò a
rigurgitare fino alla Valmarcia. Però fra pochi giorni riapertasi l’uscita, il
lago scomparve» (in nota: Raccolta delle memorie antiche di Premana, MS
cit. favoritomi dal sacerdote sig. don. Bernardino Ratti) (ARRIGONI, 1840).
1762, 15 novembre - In Valsassina, «l’anno 1762 fu memorando per la
sovversione delle terre di Gero e Barcone. Giacevan esse alle falde del
monte Acrella fra Introbbio e Primaluna alla distanza di metri 133 l’una
dall’altra... verso mezzodì, il cielo sereno e tranquillo,... ad un tratto 115
individui vi ebber morte» (BALBIANI, 1877). Secondo altra Fonte: «Poco dopo
le undici franò la montagna e trascinò a fiume l’abitato, seppellendo cen-
129
tododici persone...» (PENSA, 1990). «Distaccatosi il terreno dal monte alla
terza parte dell’altezza e fin sotto il villaggio di Gero, via discorse trascinando seco le case sovrapposte a riserva di tre verso settentrione... scivolò il paese di Gero fino alla distanza di metri 156, ossia fino al piano presso la Pioverna. Per lunga tratta le case si sostennero in piedi, poi si squarciarono. Molte... giunsero intere fino all’accennato piano, ove... scavalcaron le prime e rivoltaronsi di mano in mano sossopra coi fondamenti all’insù... Dalle scrostate falde del monte staccossi un’enorme quantità di sassi
e ghiaja... parte investì Barcone e ne abbatté la metà verso Gero. Quanti
erano nelle case perirono... Solo Ambrogio Parolo ed una sua nuora...
scorsero un’apertura attraverso il terreno, che andava sempre più dilatandosi; ma appena l’oltrepassarono... videro lo scoscendimento e la
ruina» (BALBIANI, 1877). La frana, che ebbe principio nell’attuale località
Alpe Bargiàc, sbarrò per un certo tempo la Pioverna in località Rovina,
senza ulteriori danni (NANGERONI, 1974).
«Il prevosto parroco di Primaluna lasciò scritto nel registro mortuario, in
data 15 novembre 1762: «Questo è il giorno memorando e funestissimo
della ruina cascata sopra le due terre di Gero, e Barcone. Alle ore diciannove e mezza circa... per di sopra Gero, e Barcone circa un miglio si vide
sollevarsi dalla terra, come una colonna di aqua, che per essere investita
dal sole, sembrava una colonna di fuoco, ed in questo stesso punto staccavasi il monte, e rovinato in un baleno, sopra quelle due venne in icto
oculi sono state fracassate e sepolte, portatosi il materiale massime di
Gero sino quasi vicino alla Pioverna...». Aggiunge avere spedito parecchi
sacerdoti, con più vasi di Olio Santo, per amministrare l’estrema unzione
se possibile... Pochissimi fruirono di quei vantaggi spirituali, essendo
quasi tutti rimasti a notevole profondità sotterra... Il disastro accadde in
lunedì: le ore diciannove corrispondevano in quella stagione press’a poco
al mezzogiorno; forse alle undici degli orologi odierni... Il prevosto assegna
102 morti... rimasti sotto 92... Perirono pure presso a 400 capi di bestiame... Gero contava 33 case... le anime 170. A Barcone 32 famiglie con 155
abitanti... Benchè insistenti e copiose fossero state le pioggie dell’autunno, i giorni 14 e 15 novembre si mantennero sereni. A cielo tranquillo e
mancando segni premonitori, a un terzo dell’altezza si staccò dal monte
Agrella il terreno sovrastante a Gero, scorrendo fulmineamente per 150
metri fino al piano adiacente alla Pioverna, trascinando le case di Gero,
salve tre poste all’angolo settentrionale della terra, dove non giunse il rilascio. Una parte assai notevole del terriccio, dei sassi e dei macigni si
abbatté contro il vicino Barcone, atterrandone le case riguardanti Gero...
alcune giunsero intiere al piano, dove si sfasciarono; e fra queste l’oratorio di S. Giacomo. La causa venne attribuita per lo più a gonfiamento
eccessivo di acque invisibili, resi molli e lubrici gli strati sotterranei; altri
l’assegnarono a terremoto, asserendo che si fossero vedute agitarsi le
piante, mentre usciva dalla vetta qualcosa come un fumo... la
Congregazione di patrimonio della città di Milano ebbe dal Magistrato
Camerale questi ordini: 1- Sgravio della tassa personale per i due
Comuni... 3- Attesi gravi danni sofferti da altri quindici territori, sospendere anche per quei Comuni l’imposta prediale attinente al primo trimestre 1763, in attesa di opportuni schiarimenti a migliore stagione. 4-Per i
caseggiati di Vimogno e di Pasturo sia riparato... l’imminente pericolo, con
la deviazione delle acque... il sindaco provinciale della Valsassina... tolse
ogni comunicazione con la rovina, chiudendo con muri e palizzate le strade sottoposte al monte spaccato, che da Vimogno, traverso Barcone e
Gero, mettevano a Pessina... Fece appianare le cavità e le buche...
130
L’appianamento verso Gero fu di braccia 325 circa in lunghezza per 22 di
larghezza, con sopra sei oncie di terra; ma verso Barcone il fetore insoffribile richiese doppio strato, e la superficie fu di braccia 133 per 90. Il muro
costruito dalla parte di Gero... in direzione sud-nord, si stendeva per braccia 44... e sotto quello una palizzata lunga braccia 25... L’altro verso
Barcone, certamente parallelo al primo, di braccia 123... e la palizzata 100
braccia in lunghezza... Le provvidenze del Magistrato Camerale... furono
conseguenza della Relazione presentata il 26 novembre 1762 al conte
Firmian dall’ingegnere Gio. Gius. Gallarati... Egli è d’opinione che siasi
aperta la montagna in causa di terremoto... Il terremoto avere tratta origine dall’essersi all’interno condensate le acque di alcuni fontanili e di un
torrente sovrastante a Gero, le quali, nonostante il molto piovere, da qualche tempo non si vedevano scorrere per le vie usate. Le acque avrebbero
spinta l’aria compressa, con aiuto forse di particelle sulfuree e nitrose...
Giudica poi mal sicure le restanti case di Barcone, avendo scoperta nel
monte una fenditura lunga braccia 150 circa e larga 14... Nessun pericolo per le terre di Primaluna, Pessina e Vimogno, eccettuato quello dei torrenti rovinosi... Visitando poi la valle, rilevò che subirono danni le terre di
Bindo, Casargo, Cassina, Cortabio, Cortenova, Cremeno, Introbio,
Margno, Pagnona, Pasturo, Premana, Primaluna, Taceno, Vimogno: corrosioni dovunque, inghiaiamenti, formazione di nuovi canali, irruzione
delle acque nei terreni declivi, edifizi di fucine devastati. Due torrenti racchiudono e costeggiano Vimogno: la copia e la violenza delle acque, in particolare di quello chiamato Fontana, è tale che, pura con pioggia mediocre, inondano, corrodono, lasciano cumuli enormi di ghiaia. Da pochi
giorni rovinò una casa per tale cagione. Urge levare quegl’ingombri, per
lasciar correre le acque... regolare la Fontana per qualche tratto superiormente, con robusta inspallatura di grossi vivi e colonne di legno; proibire
il taglio di faggi e le capre. Disastri e pericoli non dissimili a Pasturo... Da
mezzogiorno gli scorre a fianco il torrente Cariola, oltremodo infesto per il
gran declivio, anche trasportando sassi di smisurata grossezza, costringendo gli abitanti accorrere al tocco di campana, come accadde negli scorsi giorni, per difendere le priprie case. Fa d’uopo introdurre in parte le
acque in altro canale superiore, che si scarica in un ramo della Pioverna,
detto valle di Gornigo. Con lettera 5 aprile 1763 il Firmian esorta il
Magistrato Cam. a spedire di nuovo il Gallarati per accertamenti... il
Gallarati... prescrisse come urgenti queste opere:... Scavo intorno allo sfasciume della Rovina, per dare sfogo alle acque e introdurle nella
Pioverna... Racconciare la strada che mette in comunicazione Cortabbio
con le terre vicine, corrosa dalla Pioverna... Otturare l’escavazioni del torrente Cariola sulla strada Pasturo-Lecco... Ai 21 giugno in alto luogo si
deplora che non siasi provveduto alle opere... Tornò pertanto in valle il
Gallarati... e con lui l’ingegnere Gian Carlo Besana... Da Primaluna, 14
luglio 1763, il Besana spedì un lungo rapporto, riferendo anche sui danni
di un temporale del 15 giugno [1763], e di quello particolarmente furiosissimo scatenatosi la notte di S. Pietro [29 giugno]. Preventivo delle
spese... strada interrotta dalla Rovina di Gero e Barcone e adattamento
della strada di mezzo... Riparazione della strada Cortabio-Taceno, distrutta in parte dalla Pioverna... riaprire a Vimogno il cavo della Fontana, e
levare l’acqua dalle case inondate e dalle sette inghiaiate [più altre interruzioni stradali e 11 ponti da rifare]... Il Besana propose che alla Fontana
di Vimogno si facesse il letto “a navazza”, con sassi grossi collegati con
profiloni di altri più grossi, in linea regolarmente pendente e retta, per
braccia 450 circa in lunghezza e non minore di 16 in larghezza, munendo
le sponde con muri di macigni a secco: per il che si richiedeva l’atterra-
131
mento di alcune case. I delegati si recarono quindi a Pasturo... e visitata
la Cariola, proposero di aprire su a Prabello il canale di sfogo da me già
menzionato... A preservare il caseggiato dalle furie della Cariola, che aveva
persino cambiato letto, si prevedeva la spesa di lire ottomila...» (ORLANDI,
1935).
«Anche alle frane il Vandelli rivolse la sua attenzione... dà notizia di uno
scoscendimento presso al Sasso Dirotto avvenuto il giorno 16 luglio 1763
e descrive... la frana di Gero... Su questa frana furono pubblicate in quei
tempi anche delle altre relazioni come: (Anonimo). Relazione di una montagna caduta nella Valsassina. Milano, 1762; questa nota fu ristampata
nel 1765 col titolo: Nuova, vera e distinta relazione di una montagna caduta nella Valsassina. – A. CHIESA MILESI, Relazione veridica della rovina
delle terre di Gero e Barcone nella Valsassina nell’anno 1762. Milano,
1763... «gran lavina accaduta nel giorno 15 novembre [1762] alle ore 19.
Si rilasciò, dicono, il terreno superiore a Gero alla terza parte incirca dell’altezza del monte, e diviso sino al disotto di Gero tutto via discese quel
pezzo di terreno colle case di Gero, eccettuatene tre a settentrione poste
nella fine del luogo... L’impetuosa discesa de’ grossi massi di pietre... rovinarono dalla parte di tramontana quasi la metà del villaggio di Barcone,
posto anch’esso alle radici del medesimo monte. Nel villaggio di Gero perirono 90 persone, ed in quello di Barcone 25... Le radici o base del monte
di pietra talcosa, e cornea stritolate, cioè le di loro pietre avendo perduto
il glutine pietroso, che unite per l’avanti le teneva, ecc. potrebbero essere
le vere cagioni, non già quelle, che soltanto proprie sono alle colline, e
come tali le osservò il Vallisnieri...» (DESIO, 1922).
«L’ordine dei tempi ci conduce all’anno 1762, memorando per la sovversione delle terre di Gero e Barcone. Giacevan esse alle falde del monte
Acrella... alla distanza di metri centotrentatre l’una dall’altra. Contava la
prima centosessanta abitanti, centocinquantacinque la seconda. Il terreno circostante era a prati e campi, il monte a tergo a selva, poi a bosco e
a pascolo colla cima nuda e sassosa. Era il 15 novembre verso mezzodì, il
cielo sereno e tranquillo, quando ad un tratto cento e quindici individui
vi ebber morte e tomba ad un tempo... Rasato dalle fondamenta scivolò il
paese di Gero fino alla distanza di metri centocinquantasei... Per lunga
tratta le case si sostennero in piedi, poi si squarciarono. Molte, fra cui
quella del cancellier censuario Milesi e l’oratorio di S. Giacomo, giunsero
intere fino all’accennato piano, ove esse pure sfasciaronsi; poiché giuntevi le prime... s’incastrarono nel terreno, onde le altre per la violenza del
concepito moto scavalcaron le prime e rivoltaronsi di mano in mano sossopra coi fondamenti all’insù.... Periron in Gero novanta persone, in
Barcone venticinque, quattrocento bestie fra bovine e capre, e le scritture
censuarie della valle. Sembra che l’infortunio sia proceduto dalla pioggie
copiose dell’autunno, che abbian reso molle e lubrico lo strato sotterraneo
di terra ingorda e bibace, per cui riempiuto e gonfiato staccossi e sdrucciolò. Le pioggie stesse avevano recati molti danni a strade, a ponti,
distrutte fucine e mulini, corrosi fondi. Pasturo appena fu salvo dal totale sterminio dal popolo accorso a deviare il torrente Cariola, che con quantità di acque e sassi lo investiva. Cortabbio, Bindo, Margno e Noceno
vidersi pure minacciati, e se non era il provvido governo d’allora, ed in
parte dell’italico, a ripararvi, forse a quest’ora non sarebbero più...»
(ARRIGONI, 1889).
«Rovinato poi nel 1867 da una terribile irruzione dell’Aquaduro il tronco
stradale dal Gesolo del Luzietta all’abitato d’Introbio, con distruzione del
ponte d’ingresso al paese, si costrussero di nuovo l’uno e l’altro, tenendo
132
la strada più in su verso il monte...» (ARRIGONI, 1889).
Col lungo volgere degli anni i torrentelli e rivi o meglio scoli di tanti valloncini avevano ammassato grande quantità di macigni e ghiaie nel proprio alveo e in quello del torrente Aquaduro, prima del suo sbocco dal
monte sopra Introbio: aggiungansi materie di alcune frane o sfaldamenti
in parte naturali ed in parte cagionate, specialmente sulla sinistra, dal
continuo pascolo delle capre e dal vandalismo di estirpare anche le radici
delle piante e dei boschi. Uscito poi all’aperto, le piantagioni fatte a difesa
dei fondi laterali, ma per imprevidenza o per ingordigia di qualche spanna
di più di terreno, troppo spinte nel letto, lo avevano reso così angusto al
di sotto del ponte da rimanere insufficiente o meno libero il corso delle
acque nell’occasione di piena, tanto più pel poco declivio. Queste sono le
cause per cui fu così terribile nel 1868 l’irruzione di detto torrente ingrossato dalla diluviante pioggia di più giorni. A funesto ricordo della sua
devastazione stanno i ruderi di un locale ad uso filanda, di due case masserizie diroccate, di un mulino inghiajato, un edifizio ad uso folla e tintura di mezzelane in parte distrutto. Per tre giorni minacciò d’invadere il
paese cominciando dal locale Pretorio, e tenne assediati in un albergo
posto sulla riva sinistra gli inquilini che vi erano, precluso ogni mezzo di
scampo, nell’ansia che da un momento all’altro il fabbricato crollasse o
restasse ingojato. Al di sotto del ponte tutta la campagna ai lati del torrente fino al Pioverna restò inghiajata e coperta di macigni per circa mezzo
chilometro di larghezza. Il terreno così inghiajato si chiamava Alle Gere,
segno che altra volta aveva subìto una simile devastazione, il che è confermato dalla tradizione del paese senza saperne dire l’epoca. Io credo sia
stata nel 1762... Chi deve e chi vi ha interesse sia vigilante ad impedire i
lamentati arbitrii sulle sponde e nell’alveo del torrente, affinchè i danni
non si ripetano» (ARRIGONI, 1889).
1801, novembre – Piogge straordinariamente intense produssero la piena
del torrente Rossiga con forte trasporto solido. Il letto del torrente risultò
totalmente ingombro di materiale così che le acque strariparono in corrispondenza dei fondi e della vicina strada Provinciale in destra orografica,
distrutta in parte (Fondo Prefettura, Dipartimento del Lario, Archivio di
Stato di Como).
1882 – In tale anno «piovve così a lungo e con tale esuberanza da interrompere in modo strano la comunicazione con Lecco pel tratto di strada
tra Balisio e Ballabio (sicchè fu necessario far trasportare da Lecco stesso
una barca per transitarvi). Ecco il fatto. A chiunque da Lecco si reca nella
Valle, salito che sia alla Cappella grande sotto Ballabio Superiore, si affaccia un vallone, così chiamato dai geologi, un altipiano ondulato che si
assomiglia ad una gran barca con fondo piatto, che non ha emissario... è
lungo un chilometro... Il piano erboso di quel vallone, detto Prato della
Chiesa, era tutto inondato a tale altezza da superare di oltre un metro il
rialzo della strada. Vi si era formato un lago da non potersi transitare nè
a piedi nè in ruotanti, e fu necessario trasportarvi da Lecco una barca per
trasbordarvi per alcuni giorni persone e mercanzie» (ARRIGONI, 1889).
1905, 24-25 agosto - «Memorabile fu lo straripamento della Cariola nella
notte fra il 24 e il 25 agosto 1905, che minacciò l’esterminio dell’abitato...
fu munita la sponda sinistra con alto muraglione, costruito nel 1907. Negli
anni 1912-1913 l’amministrazione forestale aggiunse numerose briglie nell’alveo della Cariola e della confluente valle Cugnoletta» (ORLANDI, 1935).
133
1944, 21 luglio – Piena con danni lungo alcuni corsi d’acqua del Comune
di Cortenova. In particolare il T. Rossiga rende impraticabili le strade di
accesso ad alcuni fondi in destra orografica a monte della Strada
Provinciale (Archivio Comune di Cortenova).
1951, giugno – «Forti piene hanno provocato degli ammassi di materiale
nei letti dei torrenti Rossiga, Valle S. Biagio e Valle dei Molini, facendo
deviare le acque dal loro corso naturale, per qualche tratto» (Archivio
Comune di Cortenova).
1951, 9 novembre – Violenti nubifragi causano una frana a monte dell’abitato di Bindo, che asporta circa 2000 m2 di bosco ceduo (Archivio
Comune di Cortenova).
1965, 1-3 settembre – Persistenti ed abbondanti piogge determinarono
una piena del T. Rossiga che, in prossimità dell’abitato di Cortenova, procurò danni alla viabilità (Archivio Comune di Cortenova). In tale contesto
venne richiesto al Genio Civile di provvedere ai lavori di arginatura del T.
Rossiga. In aerofotografie del 1971 appaiono 8-9 briglie di costruzione
recente nel tratto di conoide e in zona intravalliva.
1994, novembre – «Si riattivò una vecchia frana di crollo in roccia ubicata al piede del versante ad Est dell’abitato di Bindo. Il fenomeno ha interessato litotipi appartenenti alla formazione del “Verrucano Lombardo”. La
nicchia di frana è ubicata a quota 550 m circa e l’accumulo raggiunge il
fondovalle a quota 480 m. In particolare il settore settentrionale della nicchia apparve attivo e soggetto a limitati crolli di materiale. Il volume di
roccia interessata dal fenomeno fu stimato in diverse centinaia di metri
cubi. In seguito a eventi pluviometrici intensi si registrarono ancora in
seguito alcune riattivazioni del fenomeno, con minaccia per alcuni capanni adibiti a magazzini o di uso agricolo (Regione Lombardia, Assessorato
ai LL.PP., Servizio Provinciale del Genio Civile).
1996, 27-28 agosto – Piena con notevole trasporto solido del T. Rossiga,
che straripa sulla Strada Provinciale depositandovi grandi quantità di
materiale detritico. Sono danneggiati tratti di arginatura e due briglie
(Regione Lombardia, Settore Ambiente ed Energia).
1997, marzo – Si riattivò una vecchia frana di crollo in roccia ubicata al
piede del versante ad Est dell’abitato di Bindo. Venne segnalato il pericolo per le abitazioni sottostanti la parete rocciosa instabile (Comune di
Cortenova, richiesta di intervento di tecnici a Regione Lombardia).
VALLI SERIANA, BREMBANA, IMAGNA
Le fonti documentarie, soprattutto inedite, dell’IRPI-CNR permettono di
redigere una cronistoria preliminare dei fenomeni d’instabilità aventi
comportato effetti dannosi sul territorio, soprattutto a carico di strade e
centri abitati, che nel solo periodo 1834-1993 si riferiscono a 55 dateevento di piena torrentizia con associate frane, quasi tutte localizzate nei
mesi da giugno a ottobre. Altre 25 date, nel periodo 1849-1993, sono riferite a esclusivi eventi di frana (occasionalmente di valanga nel periodo
invernale), distribuiti nell’arco dell’anno e soprattutto in autunno. Le
piene torrentizie, sempre parossistiche se non vere e proprie «alluvioni»,
ricorrono in media, nelle valli, ogni tre anni. Si riportano alcuni stralci di
134
cronistoria.
XII Secolo - A Vedeseta un subitaneo distaccamento di montagna distrusse gran parte del villaggio, seppellendo sotto le sue ruine molti abitatori (in nota: Locatelli Giuseppe: Cenni ed osservazioni sulla vallata di
Taleggio, MS cit. mostratomi dal sacerdote sig. don Antonio Invernizzi).
1700, inizio – «Circa il principio del passato secolo nella Val Seriana
Superiore discese una spaventosa frana dalla parte di Valgoglio sulla
destra del Serio, la quale sepelì interamente una contrada di Gromo, ed
attraversò il fiume arrestandone il corso; che poi da se medesimo si ristabilì di nuovo non lasciando alcun vestigio di lago, nè di cascata di
acqua...».
1834, 27 agosto - I.R. Ufficio Provinciale delle Pubbliche Costruzioni in
Bergamo, N. 2504, 30 agosto 1834, all’I.R. Delegazione Prov.le in
Bergamo:
«Una straordinaria buffera strabocchevole d’acqua avvenuta il 27 corrente tra i Monti che costituiscono la Valle del Brembo e sue diramazioni e
quella del Serio, fece scendere impetuosi questi due Fiumi nonchè i
Torrenti minori che in essi si scaricano. E la piena fu così smisurata principalmente nel Brembo, che i più vecchj abitanti di quella Vallata non ne
ricordano altra non solo maggiore ma nemmeno eguale da oltre settant’anni. S.E. il Sig. Conte Governatore che trovavasi a S.t Pellegrino, e l’I.R.
Sig.r Delegato Prov.le ne furono testimonj occulari, ed hanno potuto conoscere in parte anche personalmente i danni che ne sono avvenuti alle
opere Regie Stradali».
«Fra i danni arrecati dalla straordinaria intemperie... vi hanno quelli successi sulla strada di Valle Seriana inferiore fra Nossa e Bondione dove
sono stati distrutti i due Ponti in muratura attraverso le valli Gojo e
Grabiasca... le acque deviando dalla prima loro direzione presero corso e
scorrono tuttora in un nuovo incerto alveo…» (La Direzione Generale…
riferisce all’I.R. Governo, Milano, 23 ottobre 1834).
1835, 1° ottobre – «La riflessibile intemperie... avendo fortemente ingrossate le acque del Fiume Serio, e quelle del Torrente Valegoljo, e Grabiasca
attraversanti la R.a Strada per Valle Seriana Inferiore nelle vicinanze del
Paese di Gromo, l’impeto delle loro piena rovinò una tratta di circa Metr.
40. Di detta R.a Strada nella località nominata sotto le Case di Ludrigno,
ed ha interamente distrutti i tre Ponti provvisorj, in legno, di cui i primi
due nella scorsa annata furono collocati sul Torrente Val Goglio, e l’altro
sul Grabiasca in sostituzione dei due di vivo, che per l’intemperie del 27
agosto 1834 sono stati interamente distrutti» (I.R. Ufficio Provinciale delle
Pubbliche Costruzioni in Bergamo, all’I.R. Direzione Generale delle
Pubbliche Costruzioni, 9 ottobre 1835).
1842, settembre – «Tronco da Albino a Fiorano… Poco prima della
Cappelletta dei morti di Rova dalle acque di piena della Valle Isla fu tagliata la Strada Regia in tutta la sua larghezza...» (L’Ingegnere di Delegazione
Benigno Giulini scrive al Sig. Ingegnere in Capo Provinciale, Bergamo, 29
settembre 1842).
1843, luglio – Da Milano, I.R. Governo, 29 luglio 1843, N. 5037. «La R.a
delegazione di Bergamo riferisce che le recenti piene del Fiume Serio avendo recato gravi guasti alla R.a Strada di Valle Seriana in due distinte loca-
135
lità, e che hanno intercettato il passaggio, ha ordinato che in via d’urgenza siano intrapresi i lavori di ripristino...» (Genio Civile Milano).
1844, 24 agosto – «I.R. Direzione Generale delle Pubbliche Costruzioni,
N. 6261, 13 settembre 1844... L’I.R. Governo... rimette per sollecito rapporto... un foglio della Delegazione di Bergamo con cui subordina l’informazione di quell’Uff. tecnico sui guasti cagionati dalla straordinaria alluvione del 24 Agosto p.p. alla R. Strada in Valle Seriana da Gromo a
Bondione...» (Genio Civile Milano).
1847, 21-22 luglio – Imperiale Regia Direzione Generale delle Pubbliche
Costruzioni (I.R.DGPC), Milano 16 settembre 1847, N. 6899 «riferisce
sulla spesa occorsa a riparare la R. Strada in Valle Seriana dai guasti causati dalla dirotta pioggia caduta nei g.ni 21. e 22. p.p. Luglio... onde riparare la R. Strada... che da Bergamo mette ad Albino...» (Genio Civile
Milano).
1849, 9 dicembre – «Imperiale Regia Direzione Lombarda delle Pubbliche
Costruzioni. N. 75... Milano 8 Gennajo 1850... All’I.R. Direzione Superiore
delle PP.CC. nel Regno Lom.-Ven.to in Verona. L’I.R. Direzione Prov.le delle
pp.cc. di Bergamo con rapporto 12. Xmbre p.p. anno N. 2699 informava
la scrivente che nel giorno 9. stesso Dicembre era successa una frana in
un tratto di crespone misto a terra ed altre congerie che sovrasta la R.
Strada di Valle Gandino alla così detta Cà de’ Santi nel Comune di Leffe di
modo che la Strada med. fu ingombrata dalle materie franate».
1850, 1-2 agosto – «Nella notte dal 1° al 2 corrente un forte temporale trasportò una quantità di congerie sulla R. Strada interna di Nembro discendente dalle vicine montagne in modo da impedire momentaneamente il
pubblico transito» (L’I.R. Ingegnere in Capo rassegna la perizia dei danni…
All’I.R. Direzione Lombarda delle PC in Milano, 5 agosto 1850). Stessa
data, l’I.R. Direzione Prov. delle Pubbl. Costr. all’I.R. Direzione Lombarda
delle Pubbl. Costruzioni, da Bergamo, N. 1748. «Le dirotte pioggie ultime
cadute hanno sensibilmente danneggiato in diversi tratti la R. Strada da
Clusone a Poltragno in Valle Seriana Inferiore...» (Genio Civile Milano).
1850, 14 agosto – In data 26 agosto 1850, l’I.R.Direzione Provinciale delle
Pubbliche Costruzioni di Bergamo (N. 7567) «riferisce sui guasti arrecati
alla Strada di Valle Seriana Superiore da Clusone al bivio di Poltragno
dalle straordinarie acque del g.no 14. corrente mese... le località danneggiate ammontano a dieci otto» (Genio Civile Milano).
1851, inizio ottobre – «All. I al rapporto N. 3358 del 1851. Progetto dei
lavori straordinarij di Manutenzione occorrenti per risarcimento di due
località danenggiate in conseguenza delle dirotte pioggie dei primi di ottobre lungo il tronco di R. Strada di Valle Seriana inferiore, da Fiorano alla
Case del Dosso... Bergamo 2. 9mbre 1851, L. Agliardi» Genio Civile
Milano).
1852, 12-13 ottobre – «Per fatto delle dirotte pioggie cadute… essendosi
manifestata una piena straordinaria nel torrente Valle Strozza influente
nel fiume Valle Imagna, venne scalzato dalle acque il fondamento del muro
di sostegno in calce alla R. Strada di Valle Imagna all’imbocco del Ponte in
vivo sulla detta Valle Strozza…» (I:R.Direzione Lombarda delle Pubbliche
Costruzioni, N. 10516, all’I.R.Direzione Sup. delle P.C. in Verona, 25 otto-
136
bre 1852).
1858, maggio – Lettera da Milano, N. 4105, all’I.R. Luogotenenza Lomb.a,
27 maggio 1858. «Le misure precauzionali adottate per prevenire ulteriori
cadute di macigni sui casolari di Bondione... ed ovviare a funeste conseguenze si ravvisano anche dalla Scrivente ben consigliate, ed allo stato
attuale dell’avvenuto disastro... dipendendo interamente le ulteriori disposizioni dall’esito dell’accurata visita che ora si sta praticando dai minatori ai massi ritenuti in pericolo di caduta. Converrà solo... di ingiungere
che le ispezioni a quella minacciante rupe sono effettuate con ogni cura;
che sia eliminato ogni pericolo coll’estendere i lavori d’assicurazione sino
al punto che le persone pratiche lo giudicheranno necessario; e che nel
frattempo siano allontanati da quella contrada tutti i lavoratori onde per
le viste di guadagno non restino vittima sotto altre probabili rovine. A ciò
ottenere sarebbe d’uopo interessare il proprietario di quei forni fusorj Sr.
facchi ed il Comune di Bondione onde procurino, in altra località, lavoro
a quegli operai, fino a che sarà giudicata abbastanza sicura la contrada
ora minacciata... la R. strada nulla ha sofferto per la caduta dei sudd.
macigni... trovasi talmente discosta da non temere anche successivamente per la sicurezza del pubblico trasporto» (Genio Civile Milano).
1859, 23-24 luglio – Con lettera N. 1404/98 del 18 agosto 1859, la Regia
Intendenza Generale in Bergamo «trasmette Rapporto dell’uff. Tecnico
Prov.le di Bergamo col quale chiede la Sanatoria approvazione per la spesa
incontrata per l’urgente riparazione al Tronco di R. Strada in Valle Seriana
dannenggiato dalle intemperie avvenute nei giorni 23 e 24 Luglio p.p.»
(Genio Civile Milano).
1860, 8 gennaio – «La scrivente Deputazione per provvedere ad alcune
istantanee riparazioni, non che per mantenere sopra luogo una personalità che prestasse ajuto e soccorso nell’infortunio accaduto il giorno 8.
Gennajo nella contrada di Ludrigno, non che per sussidiare i reali
Carabinieri, che accorsero prontamente a prestare l’opera loro in una tale
disgrazia, perchè non avesse a succedere violazioni di oggetti appartenenti ai poveri disgraziati, la Scrivente ha incaricato altro dei nostri
Deputati... onde provvedere ai bisogni che emergessero in proposito tanto
a tutela della pubblica sicurezza quanto per assicurare quei pochi supellettili di quelle disgraziate famiglie che rimasero dispersi per le rovine di
quella catastrofe alluvione». Segue nota «delle spese sostenute dal sottoscritto a sollievo dei danneggiati di Ludrigno» (Deputazione Comunale di
Ardesio, N. 36, 24 gennaio 1860, Al R. Sig. Commissario Distr.le di
Clusone).
1888, 13-14 settembre – «Sul fianco destro della Val Serina... su un
lembo di terrazzo ondulato... e delimitato a Sud-Ovest (verso Bracca) dal
rio dei Panni, e da un’altra valletta a Nord-Est (verso la frazione di
Pagliaro), sorgevano, all’altezza di c. 700 m., le due contrade di Truchel e
Bruga sud... in tutto 154 abitanti... Il disastro si manifestò terribile nella
notte dal 13 al 14 settembre. Dicono alcuni che sino dalla notte precedente si avvertì una forte scossa con traballamento. La mattina del 13 si
videro sotto al monte crepature leggere che si ampliarono la sera, e si continuavano a sentire boati sotterranei; le case si fendevano, e i miseri abitanti le abbandonarono, errando in preda al terrore... il ridente altipiano
andava sprofondandosi: aprivansi crepacci nella parte superiore... e sul
pendio il terreno coltivato scorreva al basso verso il torrente. La mattina
137
del 14 era interrotta la strada postale in fondo alla valle; la notte seguente avvenne il massimo franamento, che invase l’alveo del torrente arrestando il corso di esso, così che se ne formava un laghetto.
L’abbassamento della montagna si fece di più metri e i crepacci per più
giorni aumentarono. A Bruga restarono rovinate totalmente dieci case, e
le altre messe tutte in pericolo; le case di Truchel furono tutte danneggiate quale più, quale meno gravemente...» (TARAMELLI, 1888).
Presso Algua, sul versante sinistro del T. Serina, una frana «è precipitata
a valle sbarrando la Val Serina e demolendo la strada e buona parte delle
case di Bruga e di Truchel... si è trattato della rimessa in movimento di
una massa franosa preesistente» (DESIO A., pro-memoria sulle frane di
Algua, Milano, 24 marzo 1952).
1896, ottobre – «In Valle Serina... presso la frazione Algua del comune di
Pagliaro cadde dalla montagna di Cornolta una enorme frana lunga circa
400 metri. Ostruì completamente la valle, coprendo per buon tratto la
strada provinciale... le acque del torrente Serino per raggiungere un punto
di sfogo si alzarono tanto da formare un laghetto lungo 300 metri, largo
30 e profondo 15-20. Più tardi giunse notizia di altra frana nella stessa
località e di due persone rimastevi sotto» (La Sentinella delle Alpi, n. 254
del 31 ottobre 1896).
1923, 5 dicembre – «Vari giornali annunciarono in data 6 dicembre 1923
la caduta di una frana nei pressi di Peghera in Val Taleggio... il movimento... progrediva, così che il giorno 15 la zona colpita abbracciava una
superficie di 20 ettari... La Val Taleggio... deve la sua amenità alla presenza degli scisti marnosi neri, intercalati con calcari lamellari... che rappresentano il Retico e s’adagiano sopra le masse di scogliera della Dolomia
principale. Verso l’alto le intercalazioni calcaree... divengono sempre più
frequenti... così da dare origine a un nuovo orizzonte calcareo... La frana...
scese... sul fianco sinistro della valletta dello Sprin, confluente di destra
dell’Enna... in località Borgaleda, tra il Km 34 e il Km 35 della strada provinciale... Dopo cinque giorni di continui rovesci d’acqua, succeduti ad un
periodo asciutto e di gelo, verso le ore 18 del 5 dicembre la parte sporgente di un banco di calcari soprastante alla rotabile, cedette d’un tratto,
mentre, forse contemporaneamente, incominciava a scivolare... anche
una vasta plaga di terreno sottostante. Distrutti così dopo il primo crollo
circa 150 m di strada provinciale, il movimento... continuò anche nei giorni successivi, senza che l’area franosa guadagnasse molto in larghezza;
ma però venne a poco a poco completata anche la demolizione dei fabbricati sparsi sul fianco della montagna tra la provinciale e l’alveo dello
Sprin. Mentre proseguiva lo slittamento della zona prativa inferiore, che si
raggrinzava gonfiandosi verso il basso, continuarono per qualche tempo a
precipitare dall’alto della cornice dei blocchi, sinché il giorno 10, col cessare della pioggia e col riprendere del gelo, ogni movimento sensibile ebbe
termine... Questi fenomeni però dovettero essere ancora più frequenti e
grandiosi in passato, ossia immediatamente dopo la scomparsa dei ghiacciai quaternari che hanno occupato la Val Taleggio... Non rimane quindi
che cercare di evitare il più possibile le plaghe pericolose nella costruzione di edifici e di opere d’arte, eliminando a questo modo il pericolo di
danni e di vittime» (DESIO, 1924).
1927 - «Un costante pericolo per la viabilità e la incolumità pubblica è
rappresentato dal franamento di materiali e particolarmente di macigni su
un tratto della strada provinciale di Valle Bondione, sotto la frazione
138
Ludrigno... occasionato dal gelo e disgelo e dalle pioggie» (Il Podestà di
Ardesio all’On.le Commissione Reale per l’Amministrazione straordinaria
della Provincia, Bergamo, N. 59, 6 febbraio 1927).
1928, 31 ottobre-1° novembre – «Giorno primo corrente causa abbondanti pioggie frana località Piazzalunga comune S. Giovanni Bianco...
ostruì ottanta metri linea ferroviaria elettrica valle Brembana abbattendo
due pali linea... Strada comunale S. Giovanni Bianco-Taleggio... causa
straripamento torrente Enna distrutta quaranta metri. Strada provinciale
località S. Rocco Comune S. Pellegrino località Cardefoglia Comune
Brembilla e località Regu Comune Gerosa... asportata causa frana rispettivamente metri sei, metri quaranta e metri cinquanta. Strade San
Giovanni Bianco-Taleggio ostruite parecchi tratti da frana. A S.
Pellegrino... locale adibito teatro della società Terme ed il Tempio Caduti
Guerra vennero devastati pure da frana» (CC Zogno, telegr. Ministero
LL.PP., Isp. gen. SS, n. 116/25, 3 novembre 1928).
«In dipendenza delle dirotte piogge cadute nella notte del 31 ottobre 1928
e nel giorno 1 novembre successivo, il torrente Enna, affluente di destra
del fiume Brembo, ingrossatosi straordinariamente, danneggiò notevolmente la strada comunale detta dei Serrati, che distaccandosi dalla provinciale di Valle Brembana nei pressi dell’abitato di S. Giovanni Bianco e
risalendo la Valle Enna fa capo all’abitato di Taleggio… Il tratto di strada
maggiormente danneggiato è quello compreso fra le progressive 30+800 e
34+200, ove le acque del torrente, trasportando con la loro violenza grossi massi e tronchi d’alberi, non poterono trovare libero efflusso nell’angusto alveo incassato fra sponde rocciose e pareti pressoché verticali e si
riversarono pertanto sulla strada in oggetto…» (Corpo Reale del Genio
Civile, Ufficio di Bergamo… Comune di Taleggio… Relazione, 30 luglio
1934).
Il T. Rovaro in piena ostruisce il ponte lungo la ferrovia (Corriere della
Sera, 2 novembre 1928).
«Nel territorio del Comune di Pradalunga le acque convogliate dalle vallette Zuccoli e Pelotti e da altre minori scaricandosi con tutta violenza in un
piccolo canale-strada ne hanno rotto la sponda destra invadendo la
depressione di terreno a sud dell’abitato compreso fra la via Daniele
Piccioni e la strada comunale per Nembro, mentre alcuni fabbricati, ubicati nella depressione medesima in fregio alla sopracitata strada Piccinni,
sono stati invasi dalle acque nei piani terreni per un’altezza di circa metri
due...» (Corpo Reale del Genio Civile, Ufficio di Bergamo, Prot. N. 4342, 8
novembre 1928).
1932, 17 luglio – Il T. Rovaro straripa a Gazzaniga, allagando vasti tratti di campagna e interrompendo la strada provinciale e la ferrovia (L’Eco
di Bergamo, 1932).
1932, 22 luglio – Nella notte, a soli cinque giorni di distanza, si ripete la
piena del Rovaro (L’Eco di Bergamo, 1932).
1933, 22 giugno – A Gazzaniga, la strada provinciale è nuovamente interrotta per la piena del torrente (L’Eco di Bergamo, 1933).
1935, 4 ottobre - «Mi sono recato ieri alle ore 22 a Branzi… Dalla ricognizione fatta è risultato quanto segue:… Il ruscello ‘Valle Dossi’ che scende dai monti in sinistra del Brembo e scorre in prossimità della Frazione
Gardata del Comune di Branzi, per effetto del trasporto di materiali
139
ghiaiosi che hanno ostruito l’alveo e la sponda destra l’acque del ruscello,
di portata limitata (da circa 4 a 6 mc.) si sono riversate attraverso la sponda sinistra per i campi laterali investendo un palo a traliccio in ferro della
linea elettrica a 130.000 Volta della Soc. Lombarda e allagando per circa
30 cm di altezza le 10 case costituenti la Frazione Gardata ove dimorano
altrettante famiglie con circa 50 abitanti. Per l’intervento di questi è stato
ben presto deviato il corso delle acque… senza che risultino danni…
Presso l’abitato di Branzi ove la popolazione era agitata perché, dalla
cascata del Borleggia lungo la quale si scaricano le acque del relativo bacino imbrifero e quelle dei laghi Colombo, marcio e Gemelli le cui dighe sono
state costruite dalla Soc. Lombarda si scaricava una quantità di acqua
maggiore dell’ordinario… lo scrivente ha constatato che effettivamente la
portata… era alquanto elevata e aveva cagionato verso le ore 17 del giorno 4 la caduta di una passerella in cemento armato costruita dalla Società
Lombarda presso la confluenza del Borleggia col Brembo nonché l’abbattimento di una piccola casa… che era stata preventivamente sgombrata
dall’interessato… Sulla destra del Brembo di fronte alla predetta casa
abbattuta, esistono tre case in prossimità del Fiume… il Podestà… aveva
fino dalle ore 17 predisposto lo sgombro delle famiglie… da notizie telefoniche ricevute… è risultato che quantunque la pioggia massima caduta
dalle ore 9 del giorno 4 alle ore 23 dello stesso giorno abbia raggiunto mm
120, le dighe si sono comportate regolarmente… La pioggia caduta dalle
23,30 del giorno 4 alle 8,30 di questa mane ha dato al pluviometro mm 35
per cui può affermarsi che ogni pericolo sia scongiurato…» (Corpo Reale
del Genio Civile, BG, lettera dell’Ing. Capo alla Prefettura N. 2312, 5 ottobre 1935).
1937, 12-13 giugno - «Un tratto della sponda sinistra del Fiume Serio,
della lunghezza di circa 175 metri, di fronte alla stazione ferroviaria di
Vertova, è franato verso le ore 22.30 di ieri 12 corrente, ingombrando
totalmente l’alveo e arrestando il deflusso delle acque... il volume del
materiale franato, costituito da terra mista a grossi blocchi di ceppo, può
valutarsi in circa 175.000 metri cubi, di cui solo una parte ha raggiunto e
ingombrato l’alveo... Il materiale franato, nel suo movimento, ha raggiunto la sponda destra dove ha investito e demolito completamente una centrale idroelettrica... In seguito alla ostruzione del fiume, le acque hanno
rigurgitato a monte fino quasi al ponte di Casnigo, invadendo le campagne
adiacenti per una superficie di pochi ettari... La frana si è verificata in
esatta corrispondenza di alcune gallerie... a mezza costa della sponda
sinistra, per l’estrazione di argilla... sembra che al momento del franamento, nella galleria si trovassero, per il turno di notte, due operai che
non hanno più fatto ritorno alle loro case... I lavori di ricupero delle eventuali salme non sono stati fino ad ora iniziati… D’altra parte, qualsiasi
ricerca, in questo momento, può sembrare pericolosa date le condizioni
instabili del tempo, la natura sconvolta della zona franata in cui dovrebbero svolgersi le ricerche, e le notevoli lesioni nel terreno esistenti a tergo
del ciglio attuale superiore della frana, che fanno prevedere probabile altri
scoscendimenti di notevole entità...» (Ministero LL.PP., Corpo Reale del
Genio Civile, Bergamo, segnalazione alla R. Prefettura, 13 giugno 1937).
«...Durante l’ispezione abbiamo trovato fra il materiale dei legni costituenti l’armatura della galleria e pertanto ci siamo ancor più convinti che col
scivolamento della parete montana quasi tutta o tutta la galleria è stata
frantumata e trascinata a valle... Ci siamo pure convinti che continuando
i lavori iniziati non si sarebbe ottenuto alcun risultato mentre si metteva
in gravissimo pericolo la vita degli operai addetti ai lavori stessi... Con
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tutti i pompieri a disposizione ho iniziato allora i lavori di sgombero parziale dell’alveo del Fiume Serio per favorire il deflusso dell’enorme quantità d’acqua di rigurgito che era stata trattenuta a monte della frana… Nel
pomeriggio di ieri ho avuto modo di informare l’Ill.mo Signor Procuratore
del Re, venuto in luogo per l’inizio dell’istruttoria, che gli operai che lavorano per lo sgombero dell’alveo del Fiume Serio non correvano pericoli
speciali né diversi da quelli ai quali sono soggetti nell’esecuzione di lavori
analoghi, indipendenti dallo smottamento in oggetto…» (Studio Ingegneria
civile idraulica XX, Bergamo, all’Ing. Capo del Genio Civile, 14 giugno
1937). «...Dei 150.000 metri cubi di materiale a cui può valutarsi il movimento… circa 25.000 venivano a precipitare nel fiume formando uno
sbarramento della lunghezza di circa 70-80 metri, e dell’altezza di metri
sei circa, impedendo il deflusso delle acque e formando a tergo un lago di
ritenuta…» (Ministero LL.PP., Corpo Reale del Genio Civile, Bergamo,
Relazione, 21 giugno 1937).
1939, 3-4 settembre – «Sulle pendici del Monte Ruina, che sovrasta l’abitato di Pradalunga, ha inizio un torrentello detto della Valle Salini normalmente quasi asciutto, ma che in seguito alle forti pioggie dei giorni 3 e
4 settembre u.s. si è ingrossato talmente al punto da abbandonare, all’inizio dell’abitato, il suo letto naturale, imboccando una strada detta dei
Salini, ed entrando completamente nel centro del Capoluogo. Dall’impeto
dell’acqua sono stati investiti tre fabbricati nei quali l’acqua ha raggiunto
i m 1,50 di altezza, mentre su tutte le strade interne dell’abitato si è depositato materiale vario misto a sassi, per una altezza di metri 0,70 circa,
interrompendo in tal modo il transito. Contemporaneamente appena
sopra l’abitato, dove l’acqua è uscita dall’alveo naturale, una vasta zona di
terreno, scalzata al piede dalle acque di piena, ha franato ostruendo in
parte il letto del torrente e minacciando seriamente, in caso di ulteriore
movimento, l’incolumità dei fabbricati sottostanti…» (Corpo Reale del
Genio Civile, Ufficio di Bergamo, Relazione, 7 settembre 1939).
1941, 27 luglio – «Danni alluvionali causati… dal nubifragio abbattutosi
lungo la Valle Rigosa, e in particolare alle Frazioni Rigosa e Trafficanti
appartenenti al Comune di Bracca di Costa Serina… le strade di accesso
hanno subito gravi avarie» (R. Prefettura di Bergamo, N. prot. 16620, al
Ministero LL.PP., 7 agosto 1941). «I danni alluvionali... si sono estesi
anche al Comune di Bracca di Costa Serina... e su entrambi i versanti del
Torr. Ambriola del quale la Rigosa è un affluente... I danni consistono
essenzialmente nella interruzione delle comunicazioni stradali» (CRGenio
Civile Bergamo, N. 4066 al Ministero LL.PP.DGSS, 2 agosto 1941).
«Gravi danni causati… nei comuni di Selvino e di Aviatico dal nubifragio
abbattutosi in quelle località…» (R. Prefettura di Bergamo, lettera al
Ministero LL.PP., 5 agosto 1941).
1947, 4 aprile – «...Una imponente frana si è manifestata sulle colline che
chiudono il bacino della Valle Frassino... i materiali incoerenti sciolti dalle
acque del sottosuolo che hanno provocato la frana assieme a massi erratici discendono nell’alveo a forte pendenza e dopo avere ostruito il tronco
terminale coperto attraversante la strada provinciale e quella contigua
comunale hanno invaso le strade stesse nonché i cantinati ed i terreni
delle costruzioni adiacenti all’alveo del torrente. Tra la zona in frana e l’abitato due speroni in roccia, attraverso cui passa l’alveo del torrente,
impediscono che la frana minacci l’abitato che pertanto non corre alcun
pericolo mentre la massa di terreno distaccatosi ed instabile, in caso di
141
pioggia continuerà a scendere a valle in poltiglia impedendo il transito ove
non si provveda a creare dal ponte della ferrovia della Valle Brembana alla
confluenza nel Brembo un alveo sufficiente allo smaltimento delle acque e
dei materiali da essa trasportate. Questo Ufficio avendo constatato che il
primo ingorgo è stato causato dalla copertura abusiva da parte di privati
a monte della strada provinciale dell’alveo del T. Frassino… ha suggerito
agli Enti interessati di rompere subito la strada in corrispondenza dei
tombotti insufficienti… sarà bene aggiungere un paio di briglie a monte
del ponte della ferrovia mentre successivamente si potrà curare il rimboschimento della zona contigua alla frana» (Ministero LL.PP., Ufficio del
Genio Civile, Bergamo, lettera a Enti vari, 8 aprile 1947).
«La frana… ha origine nella particella catastale n. 486… I terreni… appartengono alla serie del Secondario-triassico. Trattasi di argille poggianti su
scheletro calcareo-argilloso… Fortunatamente le sponde della Valle del
Frassino sono incassate e costituite da roccia. Ne viene di conseguenza
che esse trattengono la massa ingente che tende a portarsi in basso, consentendo soltanto lo scorrimento alla parte semi-fluida… In tal modo si è
verificata la frana odierna, il cui materiale di scarico è costituito da alcune centinaia di metri cubi di fanghiglia argillosa; fanghiglia che, per la
strettezza dei tombotti sottostanti, a valle, la linea ferrata Val Brembana e
la parallela rotabile, ha determinato rigurgiti e allagamenti, oltre all’aver
ostruito le vie di comunicazione anzidette» (Gruppo forestale di Bergamo,
Relazione… e perizia sommaria dei lavori forestali necessari alla sistemazione della frana Valle Frassino…, 15 aprile 1947).
1949, 30 maggio – «Un violento nubifragio si abbatté sul territorio del
comune di Albino. La pioggia cadde con violenza per alcune ore ingrossando le numerose vallette che affluiscono al torrente Luio, nel territorio
delle frazioni oltre Serio, e al torrente Albina per la parte occidentale del
territorio…» (Comune di Albino, Progetto delle opere di sistemazione…,
Relazione descrittiva, 10 agosto 1949).
1949, 8 luglio – «Il carattere della alluvione che la sera... ebbe per epicentro la zona di Aviatico, apparve… in tutto il volume della sua eccezionalità. Le formazioni temporalesche di quella giornata, ed era un periodo
di persistente maltempo, si tradussero in una vera e propria cateratta di
acqua che si abbatté sulla zona avendo per fulcro – grosso modo – il gruppo roccioso della Cornaggiera. Da tale gruppo la notevole massa di acqua
precipitò a valle, irradiandosi sui versanti principali di meridione e di
ponente e formando rivi impetuosi lungo le linee di displuvio… La furia
delle acque della valle che scende da Aviatico a Rigosa, ha asportato il
ponte della strada mulattiera, situato all’altezza del vecchio mulino...
Notevolissimi sono i danni causati dall’erosione delle acque che avevano
trasformato, in molti punti, le strade in discariche di acqua e dei relativi
materiali di trasporto...» (Comune di Aviatico, Progetto delle opere di ripristino…, Relazione tecnica, 31 luglio 1949).
1950 – «Sovrastante alla Frazione Ludrigno, sulle pendici orientali del
Monte Secco esiste un masso roccioso di considerevoli proporzioni, pericolante e quasi in bilico. Se... tale masso dovesse precipitare... cadrebbe...
proprio in mezzo alle case della Frazione suddetta» (Comune di Ardesio,
alla Prefettura di Bergamo, n. 1661, 5 dicembre 1950).
1950, 2 ottobre – «In seguito al nubifragio… le acque dei due torrentelli
denominati Termine e Forcola, usciti dai loro letti, invasero [la strada
142
comunale mulattiera d’accesso da Ballabio all’abitato del Comune]…»
(Comune di Morterone, Nubifragio del giorno 28 settembre 1950…
Relazione tecnica, 2 ottobre 1950).
1951, 24 giugno – In Comune di Bracca di Costa Serina, a seguito di
«nubifragio scatenatosi nelle prime ore pomeridiane… causa la piena del
torrente Serina, le acque hanno travolto alcune difese spondali a gabbionate provocando notevoli corrosioni di sponda destra… Le acque scaricantesi dai pendii circostanti l’abitato hanno ostruito i normali tombotti
ed allagato alcuni locali al pianterreno...» (Ministero LL.PP., Genio Civile
Bergamo, a Enti vari, 26 giugno 1951). «Detto nubifragio ha provocato
numerose frane di terreno lungo la strada provinciale, le strade carrareccie e mulattiere comunali, e su proprietà private...» (Genio Civile Bergamo,
alla Prefettura di Bergamo, N. 7006, 26 giugno 1951).
1951, 20-21 novembre – «Durante la notte dal 20 al 21 novembre 1951,
una frana di vaste proporzioni si è verificata nella falda montana in sinistra del torrente Casere, a monte del ponte sul detto torrente della strada
comunale Vedeseta-Avolasio, nell’alta Valle Taleggio. Il fenomeno, che è
stato determinato dalla eccezionale quantità di pioggia caduta nella
zona… ha interessato una superficie di circa m 250x80, provocando il
franamento di una ingentissima quantità di materiali e grossi massi rocciosi. I materiali franati hanno ostruito completamente la luce, di m 4,00
del ponte su accennato ed hanno travolto i muri d’ala ed i tratti di strada
adiacenti al ponte stesso, per una lunghezza di circa ml. 50» (Ministero
LL.PP., Genio Civile Bergamo, Relazione, 17 dicembre 1951).
«Il torrente Rovaro… fin da tempi assai lontani convogliò al piano ingenti
quantità di materiale detritico. I danni più ingenti si sono avuti… allorquando il torrente impetuoso scava facilmente il letto incoerente, portando a valle sotto forma di lave torrentizie enormi quantità di brecciame calcareo e costituisce dei depositi di 6-7 metri di altezza che hanno invaso la
strada provinciale della Valle Seriana, la strada ferrata omonima, le ubertose campagne finitime, parte del letto del fiume Serio. Per ben due volte
si è dovuto spostare la sede della strada provinciale anzidetta, rifare un
buon tratto della strada ferrata, ricostruire due ponticelli… Per i lavori di
sistemazione idraulico-forestale dell’intero bacino, fu redatto in data 28
aprile 1932 un progetto… A quota 558 è stata costruita una grande briglia... A monte si sono costruite alcune briglie in pietrame a secco ed in
gabbioni metallici, nonché un pennello per deviare la corrente verso la
sponda sinistra, rocciosa... Nelle alluvioni del luglio e novembre 1951 un
grosso masso staccatosi dal versante sinistro ha danneggiato il repellente… Le briglie a secco ed in gabbioni sono state aggirate, mentre a monte
della briglia di trattenuta si è creato un notevole accumulo di materiale
detritico che in parte ha tracimato l’opera…» (MAF, Ispettorato
Ripartimentale di Bergamo, Opere di Sistemazione Idraulico-Forestale,
«Perizia dei lavori di manutenzione… Bacino Montano… Torrente Rovaro nei
Comuni di Aviatico e Albino»… Esercizio Finanziario 1952-53, Relazione, 30
aprile 1953).
1952, marzo – «Sul versante sinistro della Val Serina, fra la confluenza
dell’Ambriola ed il laghetto di Algua esistono due depositi di frana che con
le unghie terminali formano da sponda all’alveo del Serina. La frana situata più a valle ha una fronte sull’alveo di circa 200 m ed ha inizio circa 100
m a monte della confluenza dell’Ambriola e termine circa 30 m a valle del
143
ponte di Algua. La frana situata più a monte ha inizio verso valle circa 100
m a monte del ponte di Algua e termine poco a monte del ponte della rotabile presso l’incile del laghetto di Algua. La sua fronte nell’alveo s’aggira
sui 400 m di lunghezza... La frana superiore... [del 1888] sembra da
tempo... stabilizzata... La frana inferiore... presenta già qualche smottamento al piede, prodotto dalle recenti alluvioni. Il fiume Serina che ha
inciso il suo alveo entro il deposito di frana superiore tende ad approfondirlo e mantenere conseguentemente in fase di assestamento e di franosità continua le due scarpate...» (DESIO A., pro-memoria sulle frane di Algua,
Milano, 24 marzo 1952).
1954, 10 giugno – «Pomeriggio ieri 10 giugno violento nubifragio abbattevasi vaste zone montane tra Valle Brembana e Calolziocorte (Bergamo)
provocando straripamenti corsi d’acqua… Particolarmente grave irruenza
acque torrente Enna in Valle Taleggio che habet recato seri danni fondo et
opere strada S. Giovanni Bianco-Olda interrompendola tratto sei chilometri circa. Accertati crollo ponte località Roncaglie, offese gravi at altri tre
ponti più a monte et impianti Centrale Elettrica Società Orobie località
Serrati et interrotte linee elettriche telegrafiche e telefoniche. Travolto da
acque piena automezzo privato sostante lungo strada predetta... A stazione ferroviaria Vercurago (Bergamo) locomotiva treno accelerato n. 1555
viaggiatori proveniente Lecco diretto Bergamo causa detriti trasportati violenza acque usciva da binari» (Legione Territoriale CC BS, Compagnia
interna di Bergamo, segnalazione, 11 giugno 1954).
«...In Valle Taleggio, le acque di piena del Torrente Enna hanno arrecato
gravi danni al ponte in località Senesi, in Comune di Taleggio, determinando il crollo di muri d’argine… e provocando corrosioni e frane tali da
mettere in pericolo anche l’abitato» (Ministero LL.PP., Genio Civile
Bergamo, Relazione, 2 maggio 1960). «La eccezionale piena del torrente
Valle Mora verificatasi in seguito alle abbondanti pioggie del giugno 1954,
ha provocato lo scalzamento delle fondazioni del muro di sostegno della
sede stradale Olmo-Alverara...» (Ministero LL.PP., Genio Civile BG,
Relazione, 9 febbraio 1955).
1954, 15 settembre – «Violento nubifragio… Le acque del torrente Serina
e dell’affluente Torrente Manzo alimentate dalla eccezionale precipitazione sono esondate determinando vasti scoscendimenti di argini naturali
con asportazione di tronchi d’albero e materiali alluvionali…» (Ministero
LL.PP., Genio Civile, Bergamo, lettera a Enti vari, 19 settembre 1954).
1954, 11 dicembre – «Verso ore 11,30 oggi 11 corrente in località
Stabilimento Fonte Bracca, di Bracca di Costa Serina, forte pioggia habet
causato caduta frana metri cubi 300 circa su strada provinciale BergamoSerina-Oltre il Colle, ostruendola a chilometro progressivo 20,800»
(Legione terr. CC Brescia, Sezione di Zogno, N. 273/8, 11 dicembre 1954
a Enti vari).
1955, luglio – «Il Comune di Piazzolo… ha chiesto un sussidio.. per la
ricostruzione del ponte sul torrente Valle Scura, sulla strada dei Ronchi,
danneggiato dalle alluvioni del luglio 1955…» (Ministero LL.PP., Genio
Civile BG, Relazione, 29 agosto 1956).
1956, 15 aprile – «Le eccezionali condizioni atmosferiche del periodo dal
12 aprile scorso ad oggi hanno avuto una nuova ripercussione… lungo la
strada di allacciamento dei Comuni di Taleggio e Vedeseta alla stazione
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ferroviaria di S. Giovanni Bianco… Inoltre massi rocciosi e franamenti di
materiale alluvionale hanno ostruito in più punti la sede stradale»
(Ministero LL.PP., Genio Civile Bergamo, Relazione, 17 aprile 1956).
1957, 21-22 giugno – «Nella notte… violenti temporali si sono susseguiti
sull’alta Valle Brembana… Comune di Piazza Brembana. Il nubifragio di
eccezionale intensità scaricatosi sulle pendici del Monte Sole a nord dell’abitato di Piazza ha determinato l’esondazione di tre piccole vallette che
hanno scaricato notevoli quantità di materiale alluvionale nell’abitato sottostante...» (Ministero LL.PP., Genio Civile Bergamo, Relazione, 24 giugno
1957).
1957, giugno-luglio - «A seguito delle abbondanti ed ininterrotte precipitazioni dei mesi di giugno e luglio 1957… le acque del torrente Valle
Secco… hanno trascinato a valle una notevole quantità di materiale alluvionale che si sono riversati sulla sede stradale in “frazione Ponte Secco”
del Comune di Camerata Cornello ed hanno completamente ostruito la
luce di deflusso del ponte sulla strada stessa in modo che l’acqua di piena
sfogandosi sulla strada pubblica ha investito un fabbricato prospiciente la
strada stessa… lesionandolo gravemente…» (Ministero LL.PP., Genio Civile
BG, Relazione, 7 novembre 1957).
1959, 23-24 giugno – «A seguito del nubifragio… comprendente la zona
dei Comuni di Premolo, Parro e Ponte Nossa…, al fine di evitare danni
assai più gravi derivanti da un eventuale ripetersi di simili avversità atmosferiche, mai viste a memoria d’uomo, il Signor Sindaco del Comune di
Ponte Nossa ha affidato al sottoscritto [Geom. XX] l’incarico di accertare i
danni… La forza di caduta e la elevata velocità dell’acqua a fosso pieno
hanno trasportato a valle una massa enorme di detriti e veri massi di pietrame... Altra causa gravissima che ha provocato i luttuosi fatti di Nossa
è il totale disboscamento dell’erta ripidissima che sovrasta minacciosa l’abitato di Nossa... Da questa erta si sono staccate numerose frane...»
(Comune di Ponte Nossa, Relazione peritale… per stabilire i danni causati dall’alluvione del 23 giugno 1959, 26 giugno 1959).
«A seguito di un eccezionale nubifragio abbattutosi nel pomeriggio... su
tutto il territorio della Provincia di Bergamo, ed in particolare con inaudita violenza sulla media Valle Seriana, si sono verificati notevoli danni… in
Comune di Parre un vero fiume di fango ha invaso una casa a due piani,
provocando il crollo di un muro perimetrale: una donna è stata soffocata
dal fango, ed un passante che si era prodigato in un generoso tentativo di
salvataggio è stato schiacciato dal crollo delle murature delle scale…»
(Ministero LL.PP., Genio Civile Bergamo, Relazione, 26 giugno 1959).
1959, 22 agosto – «Un violento nubifragio ha provocato gravi danni nella
Val Brembana, colpendo soprattutto la zona fra Villa d’Almè e S. Giovanni
Bianco... Fortemente danneggiato è stato il centro di S. Pellegrino terme
dove numerose case sono state invase dalle acque fino all’altezza del II
piano» (Notiziario, Boll. Soc. Geogr. It., 1959, Serie VIII vol. XII pag. 400).
«Giorno 22 corrente violento uragano abbattutosi territorio Comune San
Pellegrino… habet prodotto vasti allagamenti con conseguente enorme
deposito materiale alluvionale. Vie comunali risultano ostruite mentre
alcuni fabbricati presentano scalzamenti fondazioni…» (Provveditorato
OO.PP. Lombardia, Marconigramma a Ministero LL.PP., 23 agosto 1959).
«Verso ore 7,30 in San Pellegrino Terme… seguito pioggia torrenziale scoppiava condotta sotterranea torrente Frasnito allagando quartiere Chiusa e
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ostruendo con acque e detriti strada provinciale Valle Brembana. Acque
habent invaso numerose cantine e piani terreni» (Telegramma CC a
Ministero LL.PP., 22 agosto 1959). «E’ stata trascinata enorme quantità
materiale roccioso e tronchi alberi sradicati» (CC Compagnia Interna
Bergamo a Enti vari, 22 agosto 1959).
«Le conseguenze della eccezionale precipitazione si sono subito manifestate con smottamenti di terreno e allagamenti per culminare con l’esondazione del torrente Valle Zocchi che, alimentato dalle acque di piena provenienti anche dalla Valle Merlanga, ha causato l’intasamento del tombotto che copre il tratto terminale attraversante per circa ml. 200 l’abitato di S. Pellegrino Terme nella zona di Piazzo Basso… per cui le acque si
sono riversate all’esterno travolgendo le sovrastrutture stradali, allagando
decine di abitazioni ed alcuni alberghi e ostruendo con circa 8000 metri
cubi di materiale la piazza S. Francesco e la sottostante traversa comunale di Valle Brembana, nonché varie strade interne…» (Ministero LL.PP.,
Genio Civile Bergamo, Relazione, 27 agosto 1959).
«Nubifragio avvenuto in questa zona [Zogno]... danni stati causati dall’ingolfamento del ponte in sopraelevazione della Valle Grande, della provinciale Bergamo-S. Pellegrino e precisamente al Km 16,350, data la notevole quantità dell’acqua e materiale da essa trasportato, l’arco del ponte si
ingolfava e l’intera valle si incanalava in direzione della mia abitazione
come un torrente …» (Ricorso di Privato a Prefettura di Bergamo e
Ministero LL.PP., da Zogno, 31 agosto 1959).
1959, 28 ottobre – «Danni alluvionali strada Prealpina Orobica, tronco
Oltre il Colle-bivio Zambla Bassa.... i danni causati dalle pioggie torrenziali hanno infatti interrotto in tre punti la strada che allaccia le frazioni
Zambla Bassa e Zambla Alta al Capoluogo... I danni consistono... nella
ostruzione della sede stradale con materiale franato dalla scarpata a
monte; nell’abbassamento della scarpata a valle con cedimento di un
muro di sostegno della lunghezza di m 60.00 circa e altezza di m 4; nello
smottamento del terreno a valle della strada con cedimento della scarpata e lesioni al corpo stradale per ml. 25 circa» (Genio Civile Bergamo, n.
15198, 29 ottobre 1959 a Enti vari).
1960, 16 settembre – «Il nubifragio del giorno 16 corrente e le pioggie torrenziali dei giorni successivi hanno provocato gravi danni in varie località
della provincia di Bergamo... Fra le località maggiormente colpite si trova
la Val Serina e la zona di Oltre il Colle dove si lamentano danni rilevanti...»
(Genio Civile Bergamo, relazione, 30 settembre 1960).
1960, 10-11 ottobre – «Le continue ed eccezionali precipitazioni susseguitesi dal giorno 9 all’11 corr. mese hanno provocato nuovi gravi danni
alle opere pubbliche specie nella Valle Serina già seriamente colpita dalle
recenti alluvioni di settembre. Un nuovo franamento e cedimento del
corpo stradale per una lunghezza di ml. 40 si è infatti manifestato lungo
la strada consorziale Serina-Oltre il Colle in prossimità del tronco che è
stato oggetto di un precedente intervento... è rimasto di nuovo isolato il
Comune di Oltre il Colle e le relative frazioni di Zambla Alta e Zambla
bassa...» (Genio Civile Bergamo, relazione, 27 ottobre 1960).
1960, 15 ottobre – «Persistenti piogge in corso habet determinato nuovo
cedimento e interruzione transito strada comunale allacciante località
Valle a Comune Oltre il Colle» (Provveditorato OO.PP.Lombardia,
Marconigramma a DGSS, n. 232, 15 ottobre 1960).
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1960, 6 novembre – «Recenti persistenti piogge habent determinato...
notevole franamento strada comunale Algua-Rigosa...» (Provveditorato
OO.PP. Lombardia a DGSS, n. 246, 7 novembre 1960). «La strada comunale... è rimasta completamente interrotta, per una lunghezza di circa ml.
80 da una enorme frana di materiale argilloso... tra le frazioni Ambriola e
Sambusita» (Genio Civile Bergamo, relazione).
1961, 22 giugno –«Prime ore stamane... abbondanti pioggie provocavano
smottamento terreno su strada comunale per San Gallo di S. Giovanni
Bianco (Bergamo), interrompendola... Anche strada comunale per
Dossena.. è interrotta... per smottamento terreno... Acque ingrossate torrente Serino di Serina... hanno reso pericolanti due case abitazione che
sono state fatte parzialmente sgomberare» (legione Territoriale
Carabinieri di Brescia, Sezione di Zogno, telegr. n. 7/4-1, 22 giugno 1961
a Enti vari).
«Le prolungate ed eccezionali precipitazioni atmosferiche dei giorni 21-22
giugno u.s. hanno provocato gravi danni alla strada di allacciamento del
Comune di S. Giovanni Bianco con le frazioni S. Pietro d’Orzio e S. Gallo.
Frane di notevole entità (circa 2200 mc.) hanno di nuovo interrotto, per
tutta la larghezza, la sede stradale dopo le frane verificatesi alcuni mesi
or sono. Dalle scarpate altro materiale roccioso e fanghiglia argillosa
minacciano di franare sulla strada mentre dalla pendice montana sovrastante continuano a precipitare massi posti in movimento a seguito delle
violente precipitazioni... dei giorni scorsi» (Genio Civile Bergamo, rel. di
per.n 1 agosto 1961).
1962, 20 giugno – «Il nubifragio scatenatosi... con particolare violenza
sulla media valle S. Martino ha provocato gravi danni nel territorio di
Pontida… L’acqua piovana non più convogliata nelle condotte ha allagato
case e strade con notevoli danni per le abitazioni private e per i depositi
dei negozi. L’esondazione del torrente Dordo ha allagato la frazione
Cerchiera e la strada provinciale di Valle S. Martino nella stessa località
e al Valletto» (Ministero LL.PP., Genio Civile Bergamo, segnal., 16 luglio
1962).
1963, maggio – «Piena Torrente Enna habet creato disalveo e minaccia
isolamento abitato Avolasio…» (Magispo, Marconigramma a Ministero
LL.PP., 25 maggio 1963).
1963, 8-9 agosto - «Nella notte... si è scatenato, sulla zona media della
Valle Seriana, un fortissimo temporale con un acquazzone di durata ed
intensità di precipitazione veramente eccezionale… Le operazioni subito
effettuate sono state lo sgombero delle strade comunali dal materiale trasportato dai torrenti posti a monte del centro abitato… si sono pure ricercate le cause di questi trasporti di materiale da parte delle acque e si sono
accertate numerose frane di terreno che hanno invaso il letto dei torrenti
e questi a loro volta hanno trascinato a valle il materiale…» (Comune di
Cene, progetto per la riparazione e la difesa delle strade comunali…,
Relazione tecnica, 25 agosto 1963).
1964, 1 e 2 settembre – «La piena del torrente Enna (ramo Casere)... ha
provocato gravi danni alle opere idrauliche esistenti sul torrente stesso
con aggiramento e asportazione della relativa difesa spondale e varie erosioni delle sponde…» (Ministero LL.PP., Genio Civile Bergamo, Relazione,
20 gennaio 1965).
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1966, autunno – «Fra le zone maggiormente colpite si trova la Valle
Serina ed in particolare il territorio del Comune di Oltre il Colle... I danni
alle opere pubbliche riguardano i torrenti della Valle del Drago e della
Valle Rossa che convogliano le acque provenienti dalle falde del Monte
Alben rispettivamente attraverso le contrade Bonaldi e Foppa del capoluogo. Data la forte acclività e la natura torrentizia dei due corsi d’acqua,
grandi quantità di materiale alluvionale si riversano ad ogni precipitazione sulle due contrade...» (Genio Civile Bergamo, relazione, 27 luglio 1968).
«I movimenti franosi [sono] largamente estesi nella provincia di Bergamo,
in quanto colpiscono le formazioni sedimentarie stratificate, con alternanze di calcari e argille, che sono largamente preponderanti nella serie
mesozoica di questa regione... La frana di Valcava si individuò... nell’autunno del 1912, quando ebbero luogo alcuni movimenti... in corrispondenza dell’asse della valle, entro la quale successivamente si sarebbero
verificati i franamenti maggiori (Valle Brutta)... nel settembre del 1922 si
verificò il dissesto di più grandi proporzioni, del quale si conoscono sia le
modalità (per le osservazioni di testimoni oculari), sia le dimensioni...
Infine, sempre in periodo autunnale, avvenne nel 1966, in seguito a precipitazioni di elevata intensità, la frana... copre un’area di circa 30.000
m2... Nel punto più largo, la frana ha un’estensione di circa 120 metri. La
sua lunghezza massima è di 350 metri. Il dislivello... misura circa 180
metri... il franamento è cominciato con l’individuazione di alcuni smottamenti lungo l’asse della Val Brutta... Successivamente, sono state notate
larghe fenditure nel terreno... Alcune... avevano l’aspetto di fossati disposti trasversalmente alla valle, lunghi alcune decine di metri e profondi
anche un metro. A questa fase è seguito il primo evento franoso di rilevante importanza (1922). Si è poi avuto un periodo di relativa quiete, ma
è continuata l’estensione delle fenditure, che si sono vieppiù allargate e
cresciute di numero, venendo man mano a interessare tutto il versante,
praticamente fino allo spartiacque. Si è infine avuto il franamento del
1966...» (FRANCANI, 1978).
1966, 4 novembre – «Le eccezionali precipitazioni... verificatesi nella
notte del 4/11/1966, hanno determinato una frana di vaste proporzioni
nel comune di S. Pellegrino Terme, in località Frasnadello, con smottamento di terreno lungo il pendio a Nord-Ovest della suddetta zona, verso
il sottostante conglomerato urbano del capoluogo, ed apertura di profondi solchi nei terreni immediatamente a valle dell’abitato della frazione.
Causa della frana è stata l’infiltrazione delle acque piovane nel terreno
tipicamente argilloso... l’Amministrazione Comunale di S. Pellegrino emetteva ordinanze di sgombero... dei caseggiati staticamente compronessi,
per un totale di 27 famiglie... agglomerato urbano... ubicato lungo la riva
destra del fiume Brembo» (Genio Civile Bergamo, relazione, 8 marzo
1967).
1972, 10 luglio – In Comune di Albino «si sono riversate grandi quantità
di materiale alluvionale proveniente dalle Valli S. Maria, Valle Secca, Valle
Albina, che hanno ostruito le strade del paese e frazioni relative… nonché
lo scoppio di tratti di fognatura… La viabilità interna degli abitati è stata
completamente interrotta per l’accumulo di materiali e detriti» (Ministero
LL.PP., Provveditorato OO.PP. Lombardia, Genio Civile Bergamo, Verbale
di Somma Urgenza, 10 agosto 1972).
«In Comune di Gazzaniga si sono riversate grandi quantità di materiale
alluvionale proveniente dalle Valli Rova, S. Rocco, S. Carlo, Misma e Valle
148
di Orezzo che hanno ostruito le strade e le piazze del paese nonché le abitazioni, i negozi, i magazzini prospicienti le strade stesse» (R. Lomb., Genio
Civile Bergamo, Verbale di somma urgenza, 11 luglio 1972). «La sera… tra
le ore 21 e le 23 circa, un violento temporale si scatenava lungo l’asse
della bassa Valle Seriana». Tra i vari casi di debris flow osservati, «maggiori volumi di trasporto solido ebbe il torrente Rovaro, che confluisce al
Fiume Serio all’estremità sud-occidentale di Gazzaniga... considerevoli
quantità di acqua e detriti sono... transitati oltre l’ultima briglia, superando la strada comunale, alluvionando la piana fino alla strada provinciale» (GOVI & MORTARA, 1981).
1976, 5-6 ottobre – «Nella notte fra il 5 ed il 6 ottobre 1976, a seguito di
un prolungato periodo di piogge intense, si manifestarono sintomi di dissesto lungo un versante incombente sull’abitato di San Pellegrino Terme...
si configuravano... in una fessura continua a forma semicircolare, passante proprio attraverso un fabbricato rurale chiamato “Cascina delle
Corne”, e nel movimento di alcuni grossi blocchi di dolomia sporgenti
dalla copertura eluviale... [il] cascinale... in capo a pochi giorni.... venne
tagliato in due e cadde in rovina... Il substrato roccioso... “Dolomia
Principale”, di età norica... risulta tettonicamente sovrapposta ad una formazione di età retica... scisti argilloso-marnosi bruno-nerastri con intercalati strati calcarei... La maggior parte dei sintomi che hanno caratterizzato il dissesto... costituisce prova di un movimento della coltre superficiale legato all’acclività del versante... Più preoccupante appariva l’apertura di fessure lungo il margine superiore dei blocchi...» (CANCELLI & al.,
1980).
1976, 10-11 novembre – «Dissesti localmente gravi si ebbero nelle valli
del Bergamasco, principalmente per frana. A Fuipiano Imagna si produsse una frana di masse rocciose e terriccio, coinvolgente circa 1 milione di
m³ di materiale, che distrusse le 10 case della frazione Pagafone e asportò un tratto della provinciale Sant’Omobono-Locatello, interrotta da un’altra frana poco a sud di questa località; analogo dissesto interruppe la provinciale tra S. Omobono e Rota Imagna.
La frana di Fuipiano, il cui movimento, dopo il rapido scoscendimento iniziale, si protrasse per 3-4 giorni in maniera più o meno lenta..., fu preceduta dalla comparsa di fessure orientate parallelamente al ciglio superiore. Essa coinvolse principalmente masse di calcari e calcari marnosi, con
intercalazioni di marne e marne argillose del Retico, su un versante già
sede di imponenti fenomeni gravitativi. In tale contesto la frana su descritta va intesa come la riattivazione parziale di cedimenti del corpo marginale di una massa precedentemente destabilizzata, estesa su un’area di
circa 2,5 km2, sul cui settore centrale, subpianeggiante o in lieve contropendenza, sorge il Capoluogo stesso di Fuipiano» (TROPEANO & al., 1999).
«Sintomi d’instabilità si ebbero... già 92 anni prima... con formazione di
gradini e fessure in corrispondenza dell’attuale ciglio di distacco»
(FORCELLA & ROSSI, 1987).
In Val Brembana, «uno smottamento in territorio di Serina, a lato del torrente omonimo, lambì una casa e ostruì in parte il corso d’acqua; il paese
di Paladina fu minacciato da altri smottamenti, anche per l’erosione operata dal Brembo in Fraz. Ghiaie. Modesti smottamenti interruppero le
strade Algua-Bracca e Zogno-Poscante; a Pontida, una frana di 1200 m³
di terriccio ostruì la strada per il Monte Canto, presso il Cimitero. Nel centro abitato di Nembro si ebbero frane per colata...» (TROPEANO & al., 1999).
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1990, 18 agosto – «Il giorno 18 agosto 1990, in seguito ad una precipitazione piovosa di forte intensità (40 mm nelle 24 ore precedenti misurati al
pluviometro ENEL di Ardesio), un fenomeno franoso si attivava sul versante destro dellla Valle Seriana, raggiungendo la strada provinciale n.
48... in prossimità della frazione Ludrigno... Una massa di fango e detriti
rocciosi interrompeva la viabilità per alcune ore... il dissesto... interessa
da decenni l’area... [si] evidenzia chiaramente come già durante l’evento
del marzo 1984 una parte della valanga abbia scavalcato l’argine meridionale, rinforzato da vecchi lavori di prevenzione e si sia posta in direzione
dell’abitato...» (Comune di Ardesio, relazione geologica a firma D.
Ravagnani, 3 ottobre 1990). «La Valle del Vendulo... costituisce via preferenziale di caduta di valanghe di tipo primaverile; nel corso dell’ultimo
secolo il fenomeno si è ripetuto per diverse volte andando ad interessare
la strada sottostante e in una occasione anche l’abitato delle frazione
Ludrigno (1916)» (Regione Lombardia, Relazione di sopralluogo in località
Ludrigno..., a firma M. Presbitero e G. Mannucci, 23 ottobre 1990).
1993, 7 ottobre – «Si segnala la caduta di un masso di grosse dimensioni (circa 4 mc) alle spalle della contrada Ludrigno... [il Sindaco] ordina lo
sgombero temporaneo degli edifici...» (Comune di Ardesio, Ordinanza di
sgombero di abitazioni..., n. 446, 8 ottobre 1993).
VAL CANALE
Con specifico riferimento alla Val Canale ed ai fenomeni di colata detritica torrentizia, escludendo perciò le pur numerose segnalazioni di frana (in
particolare crolli di roccia e detrito che a volte interruppero la ferrovia
Udine-Tarvisio e numerose strade secondarie), episodi di piena e trasporto solido massivo, a carattere parossistico, sono noti in Friuli a partire
dall’anno 1348.
Limitatamente agli eventi di piena che hanno comportato fenomeni sicuramente riconducibili ai debris flow, sono noti agli scriventi 45 casi tra il
1815 ed il 2003, la metà dei quali concentrata nella seconda metà del XX
Secolo. L’incremento quasi esponenziale delle notizie nella scala cronologica si spiega facilmente tenendo conto che col progredire degli anni
aumentano le probabilità della conservazione dei documenti storici e tecnici inerenti le notizie in oggetto, nonché l’incremento e progressiva diffusione dei beni esposti sul territorio con una crescente «sensibilità» degli
stessi agli agenti meteoidrologici particolarmente avversi. Ciò si accompagna a una sempre maggior risonanza dei fatti sui mezzi di informazione.
Di fatto, in base alle notizie disponibili, si rileva che nell’arco degli ultimi
100 anni un evento su porzioni determinate, sia ristrette che più vaste territorialmente, dell’intero bacino del Fella si è verificato circa ogni tre anni.
Eventi estesi a tutta la Val Canale si sono presumibilmente avuti in media
ogni 8-9 anni; quelli limitati al Tarvisiano ogni 6-7 anni, quelli in Val
d’Aupa ogni 6.
La cronaca retrospettiva, per quanto sia da ritenersi lacunosa e perciò in
difetto nella enumerazione degli eventi, può spingersi in maggior dettaglio
e si scopre, ad esempio, che la Val Uque è stata interessata altre volte da
piene violente, con alluvionamento dell’abitato di Ugovizza, in forma molto
discontinua nel tempo, e cioè ben 5 volte tra il 1885 e il 1923 (nel 1933 le
case furono soltanto minacciate) e non più negli 80 anni successivi. Ciò
spiega una possibile caduta di memoria storica dell’evento 1903, forse
ancor più intenso per effetti fisici dell’ultimo accaduto e purtuttavia presente nella tradizione locale (che perpetuava una solenne processione ogni
150
anno il 13 settembre, a ricordo dello scampato pericolo pur se anche allora si registrò una vittima).
Altri corsi d’acqua, per contro, manifestano una ricorrenza spiccata e
costante nel tempo di fenomeni di trasporto solido impulsivo: per citarne
alcuni, il Rio di Malborghetto, il Cucco, il Vogelbach in destra Fella; i rii
Zolfo, Granula, Coran e Pirgler in sinistra, già interessati almeno 16 volte
negli ultimi 150 anni e 4 volte nel volgere degli ultimi 13 anni.
La particolare posizione geografica della Val Canale, esposta alle correnti
umide e calde dell’alto Adriatico e alle correnti fredde sia di origine atlantica che dell’Europa centrale, la rende particolarmente sensibile a eventi
atmosferici di una certa rilevanza soprattutto nel periodo compreso tra la
seconda quindicina di agosto e la metà di novembre, periodo in cui si sono
verificati il 75% degli eventi di piena torrentizia.
GRAND VALLEY (VAL
D’AOSTA)
«Grand Valey nasce a circa duemila metri... Per buona parte dell’anno
resta pressoché asciutto, ma basta una precipitazione perché tutte le
acque… si raccolgano e, sovente in modo rovinoso, precipitino a valle. Da
tempo immemorabile si tramanda la leggenda-ricordo di una enorme catastrofe che inghiottì parte del nostro paese… La zona di sbocco del torrente a lato di Capard dopo le strette gole è conosciuta dagli anziani come le
rovine… Quando poco a sud si scavò per costruire la casa di riposo per
anziani e più in basso l’albergo Billia, furono trovate testimonianze romane (manufatti, sepolture e altro materiale). Scendendo ancora, in direzione Moulin, non vi sono edifici antichi; la stessa cosa si riscontra ancora
più in basso e nel borgo di Saint-Vincent... durante lo scavo di molte abitazioni della zona si è trovato, a grande profondità, uno spessore consistente di terreno alluvionale. Il nome dello stesso abitato di Torrent Sec, a
sud di questa immaginaria linea retta, è da collegare sicuramente ad un
cambio del corso del canale che ora scorre più a Ovest… Ai nostri giorni
molte paure sono sopite in quanto l’alveo del torrente è stato arginato ma
gli anziani della zona ripetono sommessamente: vedrete, un giorno il
Grand Valey tornerà ad essere grande…» (Crétier, 1994; l’Autore pubblica
anche una foto) «per far notare la profonda “ferita” del monte [Zerbion]
causata dal Roteuss: si tratta del grande canalone di scarico da cui nasce
il Grand Valey. In particolari periodi dell’anno questo rigagnolo si ingrossa notevolmente e… trascina con sé notevoli quantità di pietre. Il rumore
viene amplificato nelle strette gole di Trean e la popolazione che risiede in
zona identifica questi rumori con la titanica lotta combattuta tra il bene e
il male» (Op. cit.).
1892 - «Quando piove forte…il torrente Grand-Valey… porta con sé grandi quantità di pietre, alberi e terra… e quasi d’improvviso diventa un vero
e proprio pericolo per le popolazioni che sono stanziate a valle nei villaggi
di Ecrivin, Moulins e anche per una parte dello stesso borgo di SaintVincent. Nel punto di sbocco del torrente, dopo le strette gole di Tréan, la
popolazione ha voluto costruire un edificio sacro… Da tempo immemorabile si racconta di una grande catastrofe, causata dal torrente… La cappella è dunque frutto della volontà della popolazione che con la costruzione di questo edificio cementò fede, speranza e ancestrali paure… nel 1892
le acque del Gran-Valey accumularono nei pressi della cappella un’enorme massa di pietre e terra in quantità tale da lambire anche la base dell’edificio, che è situato a diversi metri dal letto del torrente. Un residente
raccontò al parroco Bich un episodio successo verso la fine del diciottesi-
151
mo secolo. Il troppo e tristemente famoso torrente divenne così impetuoso
e pericoloso che la popolazione, presa dal panico ma sempre fiduciosa
nella barriera spirituale posta dagli antenati, si recò massicciamente in
preghiera al Santuario… portandovi in processione il Santissimo
Sacramento. Da atti d’archivio, il tempio risulta già esistente nel 1614,
dunque la catastrofe rimasta impressa nella memoria collettiva è di data
anteriore» (CRÉTIER, 1999).
1893, 9 ottobre - «Saint Vincent... Dopo una pioggia fitta fitta di tutto il
pomeriggio, ieri sera [9 ottobre] verso le 7 un vero diluvio si riversò su questo ameno paesello. Alle 10 la via principale era affatto allagata e vicino
alla chiesa lo straordinario volume d’acqua trasportò un mucchio di pietre e travi... Nella vicina frazione di Vagnod per cui si accede alla rinomata Fons Salutis uguale disastro. Lo stabilimento fu salvo grazie al valido
muro di riparo che si trova sul di dietro. Per la lunghezza di cinque chilometri la strada mulattiera del colle di Zoux [Joux] è completamente rovinata» (Gazzetta Piemontese, 11-12 ott. 1893).
Il Centro di Studi Alpini del CNR, con sede in Trento (presso il Museo di
Storia Naturale), nel 1954 (data forse non casuale perché grande enfasi
era stata data in quel tempo agli studi sull’ambiente alpino-nel settembre
era stato conquistato il K2) promosse una Inchiesta sull’erosione del
suolo nelle Alpi Italiane «… per accertare e localizzare tutte le manifestazioni particolarmente intense e gravi della degradazione dei pendii…
per studiarne le cause e le conseguenze, specialmente nei riguardi della
vita vegetale ed umana e della economia delle regioni alpine... Perché la
inchiesta possa essere avviata ad una sollecita attuazione, il Centro di
Studi Alpini ritiene necessario anzitutto di procedere subito alla raccolta
di tutte le notizie intorno alle manifestazioni più evidenti e dannose della
degradazione nelle varie valli alpine, per avere un quadro, per quanto possibile, completo del fenomeno e della sua intensità, riservandosi in un
secondo tempo di addivenire allo studio più approfondito delle cause dell’erosione del suolo, specialmente nelle zone dove essa risulterà più intensa.
Pertanto rivolge viva preghiera a tutti gli Enti Amministrativi e Tecnici e a
coloro che, per la attività pubblica o privata che svolgono nel territorio
alpino, abbiano conoscenza e modo di accertare le manifestazioni più evidenti di erosione, perché vogliano aiutare il Centro Studi Alpini e fornirgli
notizie accurate e precise, riempiendo il modulo-questionario che si allega. Si prega in particolare di indicare con la maggiore precisione le località cui si riferiscono le notizie fornite, facendo riferimento possibilmente
alle tavolette topografiche al 25.000, e ciò per facilitare l’opera degli studiosi che dovranno in seguito visitare le località segnalate. Il questionario
mira a raccogliere dati su tutte le manifestazioni esteriori più intense e più
gravi della degradazione e della erosione e ad accertare le conseguenti
variazioni della morfologia, della distribuzione ed estensione dei boschi,
dei prati, dei pascoli e delle coltivazioni. Particolare attenzione dovrà essere data alle variazioni storiche dell’insediamento umano… e delle altre
opere dell’uomo (strade), che sono collegate ai diversi fenomeni di degradazione ed erosione, che gli uomini subiscono o spesso purtroppo provocano con l’inconsulta opera loro. Il Direttore del Centro di Studi Alpini».
Non si può che sottolineare l’attualità e la lungimiranza del documento su
accennato.
1951, 27 maggio - Il Comune di Saint Vincent rispose con chiarezza e
152
completezza al questionario su citato (circolare n. 1132 del 17.03.1954),
riferendosi in particolare al fenomeno in atto nel vallone del Torrente
«Grand-Valley», sulla pendice sud del Monte Zerbion, dove si origina, per
roccia scistosa, quasi a precipizio, alterata sul posto, una frana sulla
ramificazione Ovest del torrente che ha inizio a quota 1085 m s.m.: «nell’ulteriore decorso del torrente si formano depositi di materiali saltuariamente spostati dall’acqua provocando talvolta fuoruscite fuori alveo a partire da quota 700, formando in seguito cono di deiezione aprentesi nel terrazzo di fondo valle». Ciò avviene in caso di forti precipitazioni (sacchi d’acqua): «occasionalmente è stato con disastrose conseguenze per la zona coltiva e l’abitato di St. Vincent (parte Ovest)… nel XVI° secolo… più recentemente nel 1892, nel 1948 e nel 1951 ha potuto essere arginato… il letto
del torrente straripando al vertice del cono di deiezione minaccia di aprirsi altro letto invadendo zona coltiva ed abitata». Il Comune ignora se esistano riferimenti storici, salvo un articolo di giornale sull’evento del 1951
(27 maggio: in tale occasione venne osservato alla stazione pluviometrica
di Chatillon un valore di 53 mm in 24 h. Fonte: Annali Idrologici).
Da una relazione aggiuntiva, con allegata una cartolina con foto panoramica per meglio illustrare i problemi (24 marzo 1954), si ricava che l’apice del conoide «trovasi a quota 700 ove esiste un stretta rocciosa che
farebbe da ostacolo alle acque dense di materiali scendenti dal vallone
molto ripido; la pressione che ne deriverebbe porterebbe al riempimento
dell’alveo nel tratto sottostante con conseguente deviazione del percorso…
in tale deprecabile eventualità, oltre alla perdita di vite umane, beni materiali di ingente valore potrebbero essere distrutti. Fortunatamente da
quota 1085, ove finisce il precipizio, fino a quota 700, il percorso fa da
sedimentatore… il pericolo può diventare grave nei casi di violente precipitazioni dopo lunghi periodi di normalità, durante i quali si accumulano
nell’alveo i materiali franosi. Le arginature da costruirsi nel tratto più alto
del cono di deiezione sono necessarie per un breve tratto nella località sottostante alla Cappella della Madonna delle Nevi, detta di “Tromen”. Al
riguardo si ritiene utile precisare che detta Cappella è stata appunto
costruita e dedicata alla Madonna delle Nevi per implorarne la protezione
contro il suddetto pericolo e che la parola “Tromen” in celtico significa “dio
del tuono e del fulmine” e, per analogia, del temporale. Nel bacino imbrifero del torrente in oggetto esiste una zona interessante le pendici sud di
Punta Jettire, da quota 1800 fino alla vetta, che è presentemente priva di
vegetazione; tali pendici un tempo erano ricoperte da conifere; un incendio distrusse completamente il bosco e la semina non avvenne più naturalmente… sarebbe pertanto necessario il rimboschimento» (Comune di
St. Vincent, Archivio storico, Vol. 520/6).
A distanza di 50 anni, oggi si constata, lungo l’asta del torrente in zona
apicale del conoide la presenza di un efficiente sistema di briglie-traverse
e di muri di contenimento. La parte alta del bacino ospita un fitto bosco a
Conifere, con prevalenza di Abete rosso; un’ampia pista di servizio in località Jetire alla quota 1550 m fa presumere che opere di rimboschimento
siano state a suo tempo effettuate.
1958, 19 agosto - «A seguito dell’eccezionale nubifragio verificatosi il giorno 19 agosto 1958... il Torrente Neran ha deviato il suo corso minacciando gli abitati di Glarei di St. Vincent e Glarei di Chatillon» (Ministero
LL.PP., Rel. di Per. N. 102). «Particolarmente colpito... è stato anche l’acquedotto di S. Vincent... in corrispondenza della presa con l’asportazione
totale della tubazione» (Ministero LL.PP., Rel. di Per. N. 100).
«Particolarmente colpita... è stata la strada della Fons Salutis in Comune
153
di St. Vincent» (Ministero LL.PP., Rel. di Per. N. 103).
Al pluviografo di Châtillon è registrata la caduta di 154 mm in un giorno,
con un picco d’intensità pari a 40 mm in 50’ (Annali Idrologici). Su aerofotografie del 1959 (CNR-IRPI) è ben visibile la notevole dilatazione d’alveo
del Grand Valley, prodotta dalla piena, nonchè l’area di deposito, nel tronco medio-inferiore del conoide, dei materiali fuorusciti dall’alveo, press’a
poco seguendo le direzioni di flusso che si riproporrano, con pari ampiezza, con l’evento del 6 agosto 2004.
1993, 24 settembre – Nell’ambito di un ben più vasto evento alluvionale
che colpisce, oltre alla Liguria ed al Piemonte, alcuni settori della Valle
d’Aosta, nel primo pomeriggio un fenomeno di trasporto solido in massa
interessa l’asta del T. Grand Valley, che rilascia deposito nei pressi delle
Terme di Saint Vincent (TROPEANO & al., 1995). Al pluviografo di Chatillon
si registrano 143 mm in 24 ore, con massima intensità oraria di 25 mm
(TROPEANO et al., 1995).
2002, 5 giugno – Nella notte si producono colate detritiche di modesta
magnitudo lungo i rami di testata del Grand Valley; il fenomeno si esaurisce lungo l’asta torrentizia principale.
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TROPEANO D., GOVI M., MOR TARA G., TURITTO O., SORZANA P.F., NEGRINI G., ARATTANO M., 1999 Eventi alluvionali e frane nell'Italia Settentrionale. Periodo 1975-1981. CNR IRPI-GNDCI, Pubbl. n.
1927, 279 pp.
TROPEANO D., LUINO F., TURCONI L., 2002 - Evento del 23-26 novembre 2002. Frane in Lombardia. Rapporto di sintesi preliminare. CNR-IRPI, Sezione di Torino.
157
TROPEANO D., TURCONI L., 1998 - Colate detritiche del 12, 15 e 16 agosto 1998 in alta Valle di
Susa (Piemonte). GEAM, 35 (2-3), p. 177-188.
TROPEANO D., TURCONI L., 2002 - Effetti geomorfologici connessi all'evento alluvionale del 15 luglio 2002 nelle Valli Cuneesi (Piemonte meridionale). Pubbl. n. 2578, U.O. 1.29, CNR-GNDCI, GEAM,
106, 39 (2-3), p. 13-49.
TROPEANO D., TURCONI L., 2002 - Evento temporalesco del 19 agosto 2002 nel gruppo montuoso
dello Chaberton (Cesana Torinese). Rapporto di sintesi. CNR-IRPI, R.I. 2002/13.
TROPEANO D., TURCONI L., 2004 - Colate detritiche del 6 agosto 2004 in Alta Valle di Susa, 6 agosto 2004. Rapporto preliminare. CNR-IRPI.
TROPEANO D., TURCONI L., 2003 - Rapporto d'evento Piena dei corsi d'acqua (2-4 dicembre 2003)
nel Piemonte sud-occidentale. CNR-IRPI, R.I. 03/36.
TROPEANO D., TURCONI L., SANNA S., 2004 - Debris flow triggered by the 29 august 2003, cloudburst in Val Canale, Eastern Italian Alps. Int. Symp. Interpraevent 2004, Riva del Garda, Band 1, 1,
p. 121-132.
TURCONI L., MUSSINO S., 2003 - Colate detritiche sul versante destro della Dora Riparia (Exilles,
Valle di Susa): evento del 14-15 ottobre 2000. GEAM, 108, 40 (1), p. 63-76.
158
Indice
Riassunto
VI
Premessa
VIII
Anno 2002
febbraio
marzo
maggio
Un caso di studio: la Valcuvia
giugno
Un caso di studio: la Valsavarenche
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
Un caso di studio: le frane del Lecchese e della Bergamasca
dicembre
1
1
2
2
10
15
37
43
46
52
57
58
70
80
Anno 2003
giugno
agosto
Un caso di studio: l'evento alluvionale nell'Alto Friuli
dicembre
85
85
86
88
92
Anno 2004
maggio
agosto
Il testimone
settembre
Un caso di studio: la frana della Cima Thurwieser
novembre
95
95
95
103
107
107
110
Eventi storici avvenuti in passato in alcune aree colpite nel periodo 2002-2004
(notizie tratte dall’Archivio Storico del CNR-IRPI di Torino)
Valcuvia (Cittiglio e Laveno)
Alta Val Sesia
Valli Cervo, Elvo e Sessera
Valli Rhêmes e Savara
Bacino T. Chisola
Val Pioverna
Valli Seriana, Brembana e Imagna
Val Canale
Grand Valley
115
Bibliografia
155
115
118
119
123
128
129
134
150
151
159
DOMENICO TROPEANO
Geologo, ricercatore del CNR-IRPI dal 1971. Si occupa principalmente di prevenzione
del rischio connesso a frane, piene torrentizie e fluviali (su base di analisi storica, di
attività sperimentale sul campo e in laboratorio, e di osservazioni dirette sugli eventi
attuali). Dal 1986, su incarico del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, ha
espletato in decine di casi attività di consulenza tecnico-scientifica. E' stato coordinatore e responsabile scientifico di Gruppi di lavoro costituiti per gli studi pianificatori di
riassetto territoriale a valle delle problematiche suscitate dall'evento alluvionale del
14-15 ottobre 2000. Ha partecipato, in qualità di Relatore, a diversi incontri internazionali; ha svolto conferenze e Seminari di aggiornamento, su invito dell'Ordini Professionali di Geologi e Ingegneri, in varie sedi. Gestisce corsi per Disaster Manager e Coordinatori per maxi-emergenze. E' autore di oltre 100 pubblicazioni.
FABIO LUINO
Geologo, ricercatore del CNR-IRPI dal 1989. Si occupa di inondazioni, colate detritiche
torrentizie e frane. Studia tali fenomenologie prevalentemente da un punto di vista
geomorfologico e storico con finalità di pianificazione territoriale. Per il GNDCI, dal
1988 al 1998 è stato responsabile dell'U.O. 2.1. (Linea 2) e dal 1999 al 2002 dell'U.O.
3.51. (Linea 3). Dal 1994, in qualità di esperto del GNDCI, per conto del Dipartimento
Nazionale della Protezione Civile, effettua sopralluoghi atti a determinare l'esistenza di
pericolo incombente per la pubblica incolumità. E' stato editor di un convegno internazionale sulla prevenzione delle catastrofi idrogeologiche tenutosi ad Alba (CN) nel
novembre 1996. Partecipa a progetti internazionali, è correlatore di tesi univeristarie e
responsabile scientifico di convenzioni con Enti Regionali. Partecipa a convegni nazionali ed internazionali presentando i risultati delle proprie ricerche e del suo gruppo di
lavoro. E' collaboratore assiduo di Nimbus. Nel 2005 ha conseguito un Master in
Emergency Management presso l'I.Re.F. della Regione Lombardia. Per l'IRPI Torino è
responsabile del Reparto Gestione Dati Territoriali, che comprende l'archivio storico,
la biblioteca, la fototeca e la cineteca.
LAURA TURCONI
Geologo, collaboratore di ricerca del CNR-IRPI dal 1998. Si occupa principalmente di
dinamica torrentizia in ambito alpino con particolare attenzione ai processi di colata
detritica; le attività sperimentali condotte nel settore della prevenzione del rischio connesso a tali fenomeni hanno permesso di sviluppare un metodo per la valutazione del
potenziale detritico, secondo una specifica metodologia d'indagine, già in parte applicato anche oltralpe. Ha partecipato a numerosi sopralluoghi anche durante eventi alluvionali recenti ed espletato diverse consulenze specialistiche. Collabora a studi di
supporto ai Piani di Protezione Civile per l'individuazione dei rischi e dei possibili scenari evolutivi. Ha espletato attività di docenza nell'ambito di corsi per Dirigenti e Operatori di Protezione Civile, corsi universitari (Politecnico di Milano e Torino). L'attività
scientifica è stata già illustrata in diverse sedi nazionali e non, con pubblicazione a
stampa dei risultati ottenuti (circa 40 lavori).
ISBN
88-900099-8-5
EVENTI DI PIENA E FRANA IN ITALIA SETTENTRIONALE NEL PERIODO 2002-2004
Informazioni, cronache, dati e fotografie raccolti nei luoghi colpiti da
dissesti nel Nord Italia. Una base per studiare e pianificare il territorio.
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