Comments
Transcript
Buona scuola, cattiva scuola - La Ricerca
La ricerca 1 5009 RI09 - © SuperStock/Corbis - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale-D.L. 353/2003 (conv. In L 27/20/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NO/Torino – n. 8 anno 2015 Maggio 2015 Anno 3 Nuova Serie – 6 Euro www.laricerca.loescher.it N°8 Buona scuola, cattiva scuola SAPERI Come si valuta la scuola italiana? SCUOLA Autovalutazione e RAV: l’esperienza della rete AVIMES DOSSIER Il “teacher” sotto esame i quaderni I Quaderni della Ricerca sono agili monografie pensate come contributo autorevole al dibattito culturale e pedagogico italiano. I Quaderni della Ricerca / 05 I Quaderni della Ricerca / 01 I Quaderni della Ricerca 3639 3323 01 Il curricolo verticale di lingua straniera a cura di Gisella Langé 05 I Quaderni della Ricerca Imparare dalla lettura a cura di Simone Giusti e Federico Batini GIUSTI, BATINI / Imparare dalla lettura Langé / Il curricolo verticale di lingua straniera Ministero dell'Istruzione, dell'Università e delle Ricerca Ufficio Scolastico per la Lombardia 3323_Langhé.indd 3 I Quaderni della Ricerca Fare scuola nella classe digitale Per una letteratura delle competenze Tecnologie e didattica attiva fra teoria e pratiche d’uso innovative A cura di Natascia Tonelli Valeria Zagami 08 I Quaderni della Ricerca I Quaderni della Ricerca / 09 07 I Quaderni della Ricerca I Quaderni della Ricerca / 08 06 31/01/13 12:07 Identità sessuale: un’assenza ingiustificata Ricerca, strumenti e informazioni per la prevenzione del bullismo omofobico a scuola 09 10 I Quaderni della Ricerca La valutazione esterna a scuola: da “vincolo” a risorsa didattica 1954-2014 L’italiano tra scuola e televisione Un guida per attività di laboratorio in Italiano e Matematica e sulle competenze trasversali a partire dai test INVALSI Isabella Donfrancesco e Giuseppe Patota Federico Batini Giovanna Benetti, Mariarita Casellato Natura e possibilità della ragione umana I Quaderni della Ricerca Lingue straniere e disturbi specifici dell’apprendimento Romanae Disputationes 2013-14 Un quadro di riferimento per la progettazione di materiali glottodidattici accessibili a cura di Gian Paolo Terravecchia e Marco Ferrari 14 I Quaderni della Ricerca Fare CLIL Strumenti per l’insegnamento integrato di lingua e disciplina nella scuola secondaria 15 I Quaderni della Ricerca L’italiano L1 come lingua dello studio a cura di Paolo E. Balboni e Marco Mezzadri BalBoni, Mezzadri / l’italiano l1 come lingua dello studio a cura di Paolo E. Balboni e Carmel M. Coonan Università Ca’ Foscari Venezia BalBoni, Coonan / Fare Clil Michele Daloiso Gruppo di ricerca DEAL, Università Ca’ Foscari Venezia Amelia Stancanelli, Antonella Fatai, Maria Urzì I Quaderni della Ricerca / 15 Principi, strategie, esperienze 13 I Quaderni della Ricerca I Quaderni della Ricerca / 14 Imparare per competenze 12 DONFRANCESCO / L’italiano tra scuola e televisione BATINI / Identità sessuale: un’assenza ingiustificata I Quaderni della Ricerca I Quaderni della Ricerca / 12 Natura e possibilità della ragione umana Romanae Disputationes 2013-14 11 I Quaderni della ricerca Didattica per l’Eccellenza a cura di Alessandro Borri, Fernanda Minuz, Lorenza Rocca, Chiara Sola E-CLIL per una didattica innovativa a cura di Gisella Langé e Letizia Cinganotto 19 I Quaderni della Ricerca La scuola come organizzazione responsabile Andrea Caldelli I Quaderni della Ricerca / 20 Sillabo e descrittori dall’alfabetizzazione all’A1 I Quaderni della Ricerca 3554 Italiano L2 in contesti migratori 18 I Quaderni della Ricerca / 19 La didattica della lingua latina fra teoria e buone pratiche I Quaderni della Ricerca 0331 Prospettive per l’insegnamento del latino 17 I Quaderni della Ricerca / 18 I Quaderni della Ricerca 3717 I Quaderni della Ricerca / 16 16 20 I Quaderni della Ricerca OCSE: Skills Outlook 2013 Primi risultati della ricerca sulle competenze degli adulti Introduzione e cura di Federico Batini Commento di Federico Batini e Roberto Trinchero a cura di Andrea Balbo e Marco Ricucci OCSE: Skills Outlook 2013 caldelli / la scuola come organizzazione responsabile Langé / E-CLIL per una didattica innovativa BaLBo, Ricucci / Prospettive per l’insegnamento del latino 3717_PH1_Lange_167x240.indd 3 I Quaderni della Ricerca sono online www.laricerca.loescher.it Per le copie cartacee rivolgersi in libreria o presso l’agente di zona www.loescher.it/agenzie 10/04/15 14:50 0331_PH1_Caldelli_167x240.indd 3 10/04/15 14:51 3554_PH1_Ocse_167x240.indd 3 10/04/15 14:51 editoriale Un’idea di valutazione A uspice la Buona scuola di Renzi, si torna nuovamente a parlare di valutazione (e di autovalutazione: della scuola, degli insegnanti, delle pratiche, dei risultati, dei processi…). L’argomento è delicato e politicamente “pericoloso”, anche perché affrontato ogni volta come fosse la prima,con il piglio delle questioni vitali e gli argomenti delle decisioni capitali; ne va della libertà della Scuola, si dice da una parte. Ne va del futuro della Nazione, si risponde dall’altra… Il tutto (ossia la ridda di deduzioni e controdeduzioni) originato da un malinteso, almeno a parere di chi scrive: che la valutazione della scuola non sia già una realtà effettiva e operante; che non orienti già la scelta di famiglie; che non influenzi già gli esiti e le sorti degli studenti… Provo a spiegare la mia affermazione con un esempio pratico. Quando si trattò di scegliere la scuola superiore di mio figlio, qualche anno fa, chiesi un po’ in giro, per sapere quale fosse la fama dei due licei artistici della città. La risposta fu unanime: occorreva orientarsi senza dubbi verso il liceo privato di un certo ordine religioso, garanzia di serietà, preparazione, controllo, Che idea di scuola abbiamo decoro… Il liceo statale sarebbe stato meglio evitarlo, perché fucina di disadattati. in testa, quando chiediamo che Intimamente laico e statalista, sarei stato comunque pronto a essa venga valutata? E come soprassedere sui miei principi: ne andava del futuro di mio figlio, e pensiamo che si debba svolgere, di non mi sarei lasciato fuorviare da stereotipi ideologici. Sennonché, conseguenza, tale valutazione? quello stesso anno il «Corriere della Sera» pubblicò il rapporto della Fondazione Agnelli, che valutava le scuole in base all’esito dei loro studenti nel segmento scolastico superiore (in soldoni: il successo al primo anno di università) e che relegava il prestigioso liceo privato verso il fondo della classifica. Questioni di principio e valutazioni pratiche si sommarono,e mio figlio ora frequenta felicemente il liceo statale. Di contro, la valutazione cittadina del liceo religioso non sembra essere stata minimamente intaccata dalla stroncatura della Fondazione Agnelli. Contenti tutti, insomma. Com’è possibile? Credo che ciò dipenda dalla diversa idea di scuola che hanno i concittadini di mio figlio e gli “ideologi” della Fondazione Agnelli. Una diversa idea di scuola che, in assenza di una visione complessiva e condivisa, disegna di volta in volta la scuola che serve, o che piace, in quel contesto, per quelle persone, che chiacchierano in quello specifico salotto o che fanno pressione da quel particolare blog. Ed ecco, allora, il punto centrale della questione, che ritorna in moltissimi degli interventi presenti in questo numero della Ricerca. Che idea di scuola abbiamo in testa, quando chiediamo che essa venga valutata? E come pensiamo che si debba svolgere, di conseguenza, tale valutazione? A voler rischiare il semplicismo, si potrebbe dire che da un lato c’è la convinzione di chi pensa che la scuola debba produrre solo lavoratori competenti, flessibili e adatti al mercato globale; dall’altro, quella di chi la immagina solo educatrice di retti cittadini consapevoli di sé e rispettosi degli altri. Da qualche parte, nel mezzo, c’è la sfumatura, la gradazione che riuscirebbe a mettere d’accordo tutti, e che consentirebbe al sistema di trovare il modo più giusto (perché condiviso) di valutare e di valutarsi. “ „ Sandro Invidia, direttore editoriale di Loescher. La ricerca Periodico quadrimestrale Anno 3, Numero 8 Nuova Serie, Maggio 2015 autorizzazione n. 23 del Tribunale di Torino, 05/04/2012 iscrizione al ROC n. 1480 Editore Loescher Editore Direttore responsabile Martina Pasotti Direttore editoriale Ubaldo Nicola Redazione di questo numero Manuela Iannotta, Rebecca Impellizzieri, Sandro Invidia, Emanuela Mazzucchetti, Alessandra Nesti, Francesca Nicola, Chiara Romerio Grafica e impaginazione Leftloft - Milano/New York Pubblicità interna e di copertina Visual Grafika - Torino Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 - 20096 Seggiano di Pioltello (MI) La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Distribuzione Per informazioni scrivere a: [email protected] Autori di questo numero Anna Maria Ajello, Raimondo Bolletta, Sam Chaltain, Thomas Dee, Lina Grossi, Joel Klein, Giusi Marchetta, Stefano Molina, Silvana Mosca, Francesca Nicola, Domenico Pantaleo, Donatella Poliandri, Graziella Pozzo, Isabella Quadrelli, Sara Romiti, Robert Rothman, Jaap Scheerens, Francesco Scrima, Thomas Toch, James Wyckoff. © Loescher Editore via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino www.laricerca.loescher.it ISSN: 2282-2836 (cartaceo) ISSN: 2282-2852 (on-line) Sommario Come si vauta la scuola italiana? saperi scuola Definire la valutazione 56 Valutazione: un lungo percorso 11 La valutazione nel contesto italiano 62 L’autovalutazione migliora le competenze didattiche 16 L’altra faccia dell’INVALSI 18 Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? 6 Jaap Scheerens Stefano Molina Anna Maria Ajello Donatella Poliandri, Isabella Quadrelli, Sara Romiti 23 Raimondo Bolletta Silvana Mosca 69 La buona valutazione secondo i sindacati Domenico Pantaleo, Francesco Scrima 74 Leggere non è educativo Giusi Marchetta La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze Graziella Pozzo 28 La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato Lina Grossi La valutazione degli insegnanti USA dossier 36 Il “teacher” sotto esame 39 Esperienze di valutazione nelle scuole americane Francesca Nicola Thomas Toch, Robert Rothman 45 IMPACT: la strategia degli incentivi forti Thomas Dee, James Wyckoff 49 Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni Joel Klein 51 Rendere l’insegnamento sempre più difficile Sam Chaltain saperi Definire la valutazione Saperi / Definire la valutazione 6 Abbiamo intervistato il professor Scheerens, uno dei massimi teorici ed esperti di valutazione, a margine del seminario “Autovalutazione e contesto internazionale” svoltosi a Torino il 6 marzo. Intervista a Jaap Scheerens A cura di Alessandra Nesti La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 D: Che cos’è la valutazione? R: È qualcosa che facciamo in ogni momento della giornata. Valutiamo sempre, tutti i giorni. Fa parte della vita. Questo ovviamente se consideriamo un’accezione più colloquiale, generica del termine. Anche ora, qui in questa stanza, possiamo certamente dire cosa di questa ci piace e cosa non ci piace, esprimendo così un giudizio di valore. Quando parliamo di valutazione applicata al sistema nazionale di istruzione parliamo di un monitoraggio, prendendo in esame il sistema intero. Non si tratta soltanto dei test INVALSI; esistono approcci diversi alla valutazione: da un lato approcci sistematici, dipendenti da metodi scientifici, psicometrici, strutturati; dall’altro approcci più aperti, qualitativi. In una pubblicazione in lingua italiana (Scheerens et al., 2011) ho tentato di delineare un quadro esaustivo dei diversi metodi di valutazione, i quali dipendono sostanzialmente da tre dimensioni: 1. fonte dei dati (esami, prove, test, voti, dati amministrativi; statistiche; dati basati su ricerche o indagini di esperti, ispettori); 2. tre funzioni di base: rendicontazione, miglioramento, accreditamento; 3. gli oggetti della valutazione: il sistema educativo, i programmi educativi, le scuole, gli insegnanti, gli alunni. Quando si dispongono queste tre voci in uno schema e si incrociano le dimensioni con le funzioni 7 Saperi / Definire la valutazione François Bégaudeau come professore in La classe, 2008, diretto da Laurent Cantet. VISIONE D’INSIEME DEI DIVERSI TIPI DI MONITORAGGIO E VALUTAZIONE Fonte dei dati Dati derivanti da test e prove di accertamento Funzione Rendicontazione Oggetto Sistema 8 Accreditamento Accertamenti nazionali e internazionali Rendicontazione Miglioramento MIS MIS Accreditamento Analisi e indagini sistematiche Rendicontazione Miglioramento Commissioni interne di analisi Commissioni interne di analisi Accreditamento Programmi Valutazione formativa e sommativa degli esiti e dei processi mediante varie forme di dati Scuole Saperi / Definire la valutazione Miglioramento Dati amministrativi; statistiche Relazioni sulle prestazioni della scuola Autovalutazione di scuola basata sui test Certificazione Insegnanti Accertamento delle competenze Alunni Sistemi di monitoraggio degli alunni Esami MIS di scuola MIS di scuola Ispezioni Ispezioni Autovalutazione d’istituto MIS di scuola MIS di scuola Ispezioni Ispezioni MIS di scuola Controlli di qualità Monitoraggio del comportamento da parte degli insegnanti Tratto da J. Scheerens e altri, Valutare per gestire la scuola, Bruno Mondadori, Milano 2011. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 e con gli oggetti della valutazione, si ottiene una classificazione delle principali forme di monitoraggio e di valutazione (M&E) (cfr. tabella 1). Alcuni metodi possono avere più di una funzione: si possono usare test per la rendicontazione, per la valutazione sommativa, oppure per il miglioramento. La valutazione quindi non è mai una fotografia inerte: ha sempre uno scopo. D: Si parla sia di autovalutazione della scuola sia di valutazione esterna. Quali sono le differenze e quali le implicazioni per le scuole? R: Valutazione e autovalutazione hanno finalità e modalità diverse. La valutazione esterna ha una funzione di controllo, anche politico. Mira a verificare, ad esempio, se le riforme o i provvedimenti assunti a livello centrale hanno prodotto gli esiti previsti. Nell’autovalutazione, talvolta definita anche internal accountability, punto di vista e coinvolgimento sono diversi e partono ovviamente dall’interno della scuola. Nel definire un processo di valutazione di sistema è importante mettere in luce una prima fase di analisi delle variabili e di individuazione dei fattori che si ipotizza agiscano sul buon funzionamento della scuola. Successivamente si raccolgono i dati e le informazioni empiriche che possono fornire indicazioni e prove circa la presenza o meno di determinate caratteristiche (il numero delle assenze, così come i risultati di una prova di apprendimento ecc). Dall’altra parte ci sono confronti da fare rispetto al contesto normativo (l’applicazione di standard, norme, benchmark). Questi due aspetti sono sempre presenti, per questo credo che la sfida per la scuola sia duplice: abituarsi a lavorare basandosi sui dati e a utilizzare le informazioni raccolte in modo sistematico; e poi naturalmente dare un giudizio su quanto raccolto, interpretare i dati. Inoltre ci sono frameworks espliciti, ci sono norme, standard, che vanno utilizzati secondo certe regole. La domanda da porsi è: come possono le scuole fare un buon uso di tutto ciò? Una valutazione o autovalutazione basata sui dati genera l’aspettativa di qualcosa di più: migliorare. Si tratta di prendere decisioni e metterle in pratica: il seguito della valutazione è sempre un’azione,dopo la quale si procederà con nuove misurazioni, e così via. D: Bisogna quindi anche investire per formare le scuole alla valutazione, per sviluppare le competenze delle scuole su come usare i dati e i risultati e su come procedere per fasi conseguenti. 9 Saperi / Definire la valutazione R: Certamente. Questo è un aspetto molto centrale. L’aspetto interessante di una valutazione sistematica applicata alla scuola o al sistema educativo è che questa valutazione è sì data per scontata, ossia è “giusto” farla, con un senso anche ovvio; allo stesso tempo, in tutti i Paesi in cui si attua la valutazione delle scuole, questa appare sempre anche come un elemento estraneo, non naturale, imposto. Parte della professione dell’insegnante è valutare lo studente, ed è questo concetto di valutazione ad avere cittadinanza: gli insegnanti sono abituati a farlo. Nel momento in cui però gli insegnanti diventano oggetto di valutazione iniziano anche i problemi. Anche perché nel bagaglio della formazione professionale dell’insegnante spesso mancano elementi di metodologia della ricerca, non fanno parte del suo training, in genere sono qualcosa di nuovo. Nei Paesi con una tradizione più lunga di valutazione dei sistemi scolastici e delle scuole, le cose stanno – in parte – diversamente: ad esempio in Inghilterra, dopo trent’anni in cui si occupano di valutazione, forse qualcosa (concetti, procedure, metodi) è filtrato anche nella formazione degli insegnanti. E qui tocchiamo un punto nodale. Le principali differenze di metodi e risultati tra Paesi dipendono spesso proprio dal fattore “tempo”: da quanto tempo in quel Paese si studia ovvero si fa valutazione nelle scuole? L’Inghilterra, dicevamo, ha cominciato presto, seguita subito dopo dall’Olanda; la Germania più tardi, nel 2000 con l’indagine PISA. In Italia il per- corso di valutazione interna ed esterna è cominciato nel 1998, con l’autonomia e con le Indicazioni della Commissione europea, oltre che con la spinta data dall’indagine OCSE-PISA. Nell’ambito dell’autovalutazione, occorre tenere presente che è diversa in tutti i Paesi, ciascuno ha il proprio approccio. Spesso esiste un collegamento con la valutazione degli ispettorati: in Olanda, ad esempio, gli ispettorati valutano le scuole (valutazione esterna); però una parte di ciò che valutano è se la scuola è in grado di fare in autonomia un quality monitoring, l’autovalutazione. È stato anche fatto un esperimento in cui si è cercato di usare l’autovalutazione per risparmiare sui costi del lavoro degli ispettori esterni nel visitare le scuole.Quando l’autovalutazione di una scuola era molto positiva, allora la si prendeva per buona e non si procedeva oltre con le valutazioni esterne. Ma questo esperimento, durato cinque anni, non ha funzionato bene: una troppo alta percentuale delle scuole non è stata in grado di effettuare un’efficace autovalutazione. In molti Paesi le scuole non sono formate per autovalutarsi: manca forse una cultura dell’autoconsapevolezza, non sono consapevoli del loro status di produttori di bene (sociale ed economico). Un obiettivo importante sarebbe quindi rendere le scuole competenti nell’autovalutazione e consapevoli del loro ruolo. D: È possibile, e fino a che punto, una standardizzazione (benchmarking) della valutazione scolastica? R: È necessario distinguere tra concetto di standard e concetto di benchmark. Gli studi comparativi internazionali consentono di paragonare gli esiti dei sistemi di istruzione, in base ai quali si può scegliere, arbitrariamente, una serie di standard. Per esempio: scegliere come obiettivo ← Da La classe, 2008, diretto da Laurent Cantet. quello di fare come la Finlandia, ovvero raggiungere risultati paragonabili a quelli del Paese assunto come standard. Oppure si può scegliere di riferirsi a una media, e allora la valutazione riguarderà se si è sopra o sotto la media. O ancora, ci si paragona ai Paesi più vicini, oppure si valuta tenendo conto del fattore tempo: siamo stati migliori o peggiori di prima? È una valutazione dell’evoluzione longitudinale, che pone in risalto i progressi compiuti. D: E in Italia a che punto siamo? Saperi / Definire la valutazione 10 R: Penso che l’Italia sia a un punto molto interessante, veramente penso che sia stato fatto moltissimo negli ultimi cinque anni, tra INVALSI, VALeS, PON e altre ricerche. Ora è finalmente disponibile una quantità notevole di documenti; ci sono gli strumenti: un bel lavoro, che prima mancava e ora c’è, è completo, esauriente. La grande sfida per l’Italia, in questo momento, è un’implementazione: fare un buon uso di questo materiale. D: In Italia le proteste, soprattutto attraverso i sindacati, si sono concentrate sul poco tempo a disposizione per la compilazione dei questionari e soprattutto sull’opacità dell’operazione nei metodi e nell’utilizzo dei dati stessi – non solo da parte di INVALSI ma anche del ministero. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 R: Il prodotto di una autovalutazione dipende totalmente dalla scuola, ma è oggetto di interesse anche da parte di altre istituzioni. Ad esempio, i sindaci di una città,che possono comparare diversi istituti e usare i risultati per scopi differenti. È noto che in Inghilterra l’erogazione di fondi è legata alla bontà o meno dei punteggi ottenuti. Il rischio qui è che ci sia confusione di intenzioni valutative, anche da parte del ministero. Ovviamente la valutazione può essere vista anche come uno strumento di controllo, e quindi cambia completamente la motivazione a partecipare. D: Un’ultima domanda, sulla dimensione internazionale e anche sulla school effectiveness: quest’ultima è un sistema di valori che l’Italia sta importando? R: Partiamo dal principio. L’idea di fondo, anche nei progetti italiani (ad esempio AVIMES) sulla scia della sperimentazione fatta in Olanda, è che nel preparare uno strumento per l’autovalutazione sia essenziale, oltre che dotarsi di indicatori di output, anche sapere quali sono i metodi, l’organizzazione, lo stile di leadership, le modalità didattiche che davvero possono migliorare i risultati. L’idea della school effectiveness è “What works?”: cosa funziona? Adottandola per il progetto AVIMES, quest’istanza forte ha comportato la selezione di indicatori di processi e di variabili che hanno mostrato un impatto evidente sull’outcome. In questo modo si aiutano concretamente le scuole, perché il legame tra il miglioramento di questi fattori, variabili e malleabili, e il miglioramento dei risultati è diretto. Nel quadro di riferimento della school effectiveness gli output sono centrali. I processi sono importanti solo nella misura in cui hanno un impatto sui risultati. È una differenza sostanziale rispetto al modello INVALSI, in cui – talvolta – si valutano i processi di per sé, in assoluto (ad esempio, nel dire se un tipo di didattica è o non è innovativa tout court). Questa è una prospettiva non utilizzata nel modello della school effectiveness: l’innovazione di per sé non sarà mai un criterio autonomo. Ciò che conta è l’impatto finale che quest’innovazione avrà sui risultati di apprendimento. Una valutazione quotidiana in quest’ottica è più difficile,ovviamente: è una filosofia euristica che serve per scegliere, per fondare le decisioni su dati validi. Quando valutiamo una scuola, quindi, non possiamo non prendere in considerazione gli output. Gli output sono centrali, ed è la filosofia centrale del progetto AVIMES, che si pone in generale la seguente domanda: come si fa a far variare i processi (le variabili di processo) affinché cambino i risultati? Anche per INVALSI i risultati contano, sono centrali. Il Rapporto di autovalutazione è infatti articolato in: Contesto/risorse, Risultati, Processi. Ma i risultati derivati dai test riguardano, per ora, solo italiano e matematica. Tuttavia la metodologia utilizzata per la costruzione e validazione dei test e per la restituzione dei risultati alle scuole è molto efficace. I dati sono molti, gli strumenti sono affidabili: l’importante è che le scuole siano motivate e sostenute a utilizzarli. Jaap Scheerens è professore di Organizzazione e Management dell’educazione all’Università di Twente (Olanda). Le sue ricerche riguardano la comparazione internazionale nel settore dell’educazione, la valutazione e la qualità educativa. È autore di numerose pubblicazioni e articoli su riviste specializzate internazionali. In lingua italiana ha pubblicato: J. Scheerens, con G. Barzanò e S. Mosca, L’autovalutazione nella scuola, Bruno Mondadori, Milano 2000; J. Scheerens, L’istruzione intesa come sistema adattivo complesso; implicazione per gli studi sull’ efficacia educativa, in F. Abbano, G. Del Re e G. Monaco, Complessità dinamica dei processi educativi, Franco Angeli, Milano 2008; J. Scheerens, S. Mosca e R. Bolletta, Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano 2011. La valutazione nel contesto italiano L’analisi di Stefano Molina parte dal tema della valutazione per analizzare il complesso sistema scolastico italiano: perché è così difficile modificarlo e come la valutazione potrebbe costituire, se ben applicata, un motore per il cambiamento. 11 Saperi / La valutazione nel contesto italiano Intervista a Stefano Molina A cura di Rebecca Impellizieri D: Nel testo definitivo de La buona scuola sono stati mantenuti gli scatti di anzianità, e ci si è limitati introdurre dei “premi” per riconoscere il merito dei docenti (articolo 11); come commenterebbe questa scelta? R: Il tema è controverso e non solo nel mondo della scuola: che cosa deve essere oggetto di remunerazione nel lavoro di un individuo, in generale? Ci sono le competenze, le abilità, le capacità di risolvere i problemi e poi bisogna riconoscere qual è il ruolo dell’esperienza accumulata: più il mondo accelera meno l’esperienza ha un valore di per sé, anche se comunque continua a essere un aspetto importan- te. La scuola affronta la questione, molto generale, con questo movimento di andata e ritorno rispetto all’abolizione degli scatti di anzianità. Data l’impossibilità di affrontare in questa sede il problema generale (quale ruolo deve avere l’anzianità nella progressione salariale), questa fuga in avanti del progetto della Buona scuola e poi il ritorno indietro agli scatti di merito aggiuntivi, che peraltro nell’ultimo disegno di legge sembrerebbero attribuiti dal dirigente scolastico, è una buona dimostrazione della difficoltà di cambiare quella grande organizzazione che è la scuola italiana. Con il suo milione di dipendenti, con i suoi 10 milioni di utenti, e dunque con un numero ancora più alto di persone Robin Williams come professore in L’attimo fuggente, 1989, diretto da Peter Weir. ↓ collegate in qualche modo al sistema scolastico, è probabilmente la più grande organizzazione italiana. È governata in modo ancora molto centralistico ed è quindi per certi versi monolitica, nonostante l’autonomia. Ogni cambiamento di questo monolite si rivela nei fatti più difficile di quanto non prevedano a tavolino coloro che si impegnano in disegni di riforma, come si è visto in molti casi. Il tentativo di abolizione degli scatti di anzianità, giusto o sbagliato che fosse, è un buon esempio di quanto sia difficile introdurre un cambiamento significativo in una struttura molto complessa, e soprattutto molto grande. Saperi / La valutazione nel contesto italiano 12 D: Ritiene che in Italia sia auspicabile e/o realizzabile un sistema che preveda una carriera strutturata all’interno della professione docente, con passaggi permanenti basati su merito e impegno? R: Come Fondazione Agnelli riteniamo che sia un cambiamento importante e auspicabile, anche perché accompagnerebbe sensatamente la più grande trasformazione intervenuta nella scuola italiana: fino al ’99 era sostanzialmente un centro di erogazione di un servizio nazionale,uniforme su tutto il territorio; diventata scuola dell’autonomia, si è trasformata in una comunità intelligente, che interpreta non più i programmi ma i curricoli e ha un’offerta formativa differenziata sul territorio. In conseguenza di questo, si richiede oggi anche un cambiamento del profilo dell’insegnante: se prima il docente era sostanzialmente un erogatore di lezioni frontali tutte uguali, basate sulla necessità di seguire il programma,adesso si richiede alla scuola di essere un’organizzazione complessa, intelligente, che riflette sui propri risultati ed è in grado di offrire alla propria utenza un’offerta formativa originale e dinamica. In questa situazione, il profilo professionale del docente è più complesso e non è solo contraddistinto da una grande abilità diOggi si chiede dattica; è richiesta anche alla scuola di essere una grossa capacità relaun’organizzazione zionale, di farsi carico del complessa, intelligente, miglioramento dell’istituche riflette sui propri zione scolastica, e anche una capacità organizzatirisultati. va. È chiaro che la professionalità docente si sta articolando e modificando, così come la responsabilità del dirigente scolastico tende a crescere enormemente, ed è importante che la scuola si doti di figure che assumano delle responsabilità,tanto sul piano didattico quanto sul quello organizzativo. D’altra parte, se si pensa ai collaboratori del preside e alle funzioni strumentali, ci si accorge che nelle scuole c’è già un’organizzazione, che però non configura una vera e propria carriera, mancando il requisito della portabilità di La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 “ „ questa responsabilità aggiuntiva, nel momento in cui ci si muove da una scuola all’altra. La cosa che sottolineiamo come Fondazione Agnelli è che la strutturazione della carriera è importante non solo perché risponde alle esigenze della vita quotidiana della scuola autonoma, ma anche perché manderebbe un segnale molto importante a coloro che non sono docenti e che potrebbero avere intenzione di diventarlo se vi vedessero una professione più attraente, da tanti punti di vista: del prestigio, del reddito, della responsabilità. Una professione che si strutturi anche come una crescita e non solo come un lento trascorrere di compleanni può essere più stimolante anche per i giovani intraprendenti, eventualmente anche con la possibilità, una volta diventati docenti esperti, di assumere le posizioni dirigenziali della scuola, che sono sia la dirigenza scolastica sia la dirigenza tecnica di un eventuale ispettorato ancora tutto da ridefinire. La risposta alla domanda iniziale quindi è senz’altro positiva. D: A Farhenheit lei ha dichiarato che la valutazione deve essere fatta sulla scuola e sulla squadra dei docenti, non sul singolo docente, per ragioni metodologiche: può spiegarci quali? R: Qui andiamo un po’ sul tecnico: se siamo d’accordo su una premessa, e cioè che la valutazione nella scuola non possa prescindere dalla qualità degli apprendimenti degli studenti, allora dobbiamo riconoscere che la valutazione basata sulla qualità degli apprendimenti è fallace se non applica una prospettiva di valore aggiunto, o meglio se non si ragiona sui guadagni cognitivi. Gli apprendimenti infatti sono senz’altro migliori nella scuola che si trova al centro della grande città, o dove si iscrivono le figlie del dottore, mentre in periferia è probabile che gli apprendimenti siano molto meno buoni perché ci sono figli di immigrati o comunque situazioni svantaggiate. La scuola periferica non ha nessuna colpa di questo; semmai bisogna provare, attraverso tecniche statistiche, a verificare se il “trattamento” della scuola è stato positivo o negativo rispetto al trattamento medio. Si usa allora una tecnica che si chiama “valore aggiunto” che però tende a rilevare differenze statisticamente significative a condizione che le osservazioni siano numerose. In una scuola di trecento allievi si riesce a misurare il livello degli apprendimenti in modo più affidabile rispetto a quanto non si faccia in una singola classe, perché in questo caso il margine di errore statistico è molto più ampio, e c’è il rischio che lo strumento utilizzato non riesca a discriminare correttamente. Questo era quello che avevo in mente quando a Farhenheit ho parlato di ragioni metodologiche. Le cose importanti sono comunque che: 1) la valutazione deve tenere conto degli apprendimenti; 2) gli apprendimenti sono una cosa diversa dai risultati delle prove INVALSI. Questi ultimi sono un’approssimazione, ma, dati gli strumenti che abbiamo a disposizione al momento, sono la migliore approssimazione degli apprendimenti perché ci consentono di standardizzare, ossia di fare le stesse domande nello stesso modo su tutto il territorio nazionale, con gli stessi criteri di valutazione. Non ci basiamo quindi solo sulla valutazione da parte del singolo docente di quella classe, ma abbiamo risultati confrontabili. Non è poi il valore assoluto delle risposte giuste a permettere di dare un giudizio sulla scuola,bensì la differenza tra punteggio in entrata e punteggio in uscita,tenuto conto delle differenze di contesto e di stato sociale dei ragazzi. Una volta fatte queste premesse, si può dire quindi che esiste la possibilità di valutare la scuola,mentre valutare la singola classe e l’insegnante è tecnicamente molto più difficile. 13 Saperi / La valutazione nel contesto italiano D: Perché in Italia la valutazione ha sempre incontrato una resistenza così forte da parte dei docenti? R: In parte perché a nessuno piace essere giudicato sul proprio lavoro, e questa è una reazione umana. In Italia c’è poi un’aggravante: non sono mai stati esplicitati con chiarezza né i criteri né le finalità della presunta valutazione.Noi abbiamo un istituto INVALSI che elabora e somministra le prove in modo talvolta anche un po’ invasivo rispetto alla normale attività delle scuole; non si è mai chiarito molto bene che cosa si voglia fare, motivo per cui all’inizio le scuole si sono molto spaventate, a turno i docenti si sono compattati contro. Non c’è chiarezza né sui criteri né sulla finalità della valutazione, è inevitabile che la diffidenza naturale di cui parlavo prima venga accresciuta. Si genera così un’ostilità preventiva, che non fa bene alla capacità di un sistema di valutazione di generare miglioramento. D: Nel rapporto sulla valutazione (2014) affermate che senza valutazione “esterna” non c’è vera valutazione; secondo voi quindi il Sistema nazionale di valutazione in atto si concentra sufficientemente su questo aspetto? I risultati forniti saranno realmente affidabili/ utili? R: Si può affermare un po’ salomonicamente che nella guerra tra Oriazi e Curiazi,ossia tra sostenitori dell’autovalutazione da un lato e della valutazione esterna dall’altro in realtà non ha ragione nessuno, perché le due dimensioni della valutazione della scuola devono sapere convivere. L’autovalutazione da sola è ovviamente un esercizio del tutto autoreferenziale, che generalmente scivola verso l’autocompiacimento, o meglio verso una conclusione che è lo specchio della condizione psicologica delle persone che vi partecipano: se sono più depresse, scivolerà verso una condizione di autocommiserazione, se sono più ottimiste saranno invece portate a considerare la propria scuola di appartenenza la migliore del mondo. Anche la valutazione esterna tuttavia, se fatta solo con una logica ispettiva di premi e punizioni, non ha la capacità di generare quel cambiamento che la scuola ama chiamare “miglioramento”, perché alla fin fine, se quello che ci interessa è la crescita dei ragazzi, questa non la si può determinare per decreto, o con una pagella alla scuola; bisogna che anche a partire da quella pagella che la scuola riceve si generi un processo intelligente di riflessione sui propri punti di forza e di debolezza, che si traduce in azioni quotidiane, nelle classi, con gli studenti e nei collegi dei docenti. Questo è molto vicino a quello che i sostenitori dell’autovalutazione chiamano per l’appunto “autovalutazione”. Quindi l’equilibrio difficile da trovare è un circuito virtuoso tra comunità intelligenti che sanno riflettere su sé stesse, e hanno il coraggio di cambiare, e un sistema che, senza essere troppo invasivo, permetta a queste riflessioni isolate di non essere autocompiacimento, ma porti a uno scambio e stimoli al cambiamento laddove questi ↑ Da L’attimo fuggente, 1989, diretto da Peter Weir. miglioramento, tenendo poi presente che i docenti cambiano scuola in media più rapidamente rispetto ai 10 anni, quindi vi è anche un effetto di deresponsabilizzazione sul lungo periodo. Quindi, non voglio dire che il DPR 80 sia partito con il piede sbagliato, ma è partito nella direzione più facile. La fertilizzazione reciproca tra autovalutazione e valutazione esterna è tutta rinviata al secondo anno, in cui dovrebbero iniziare le visite ispettive. D: Quale uso ritiene sarà fatto dei dati raccolti dal Sistema di Valutazione nazionale? Saperi / La valutazione nel contesto italiano 14 La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 ↑ Da L’attimo fuggente, 1989, diretto da Peter Weir. sono più necessari. Questo è l’equilibrio difficile da trovare; il Sistema nazionale di Valutazione, che nasce con il DPR 80 – e che oggi sembra essere messo in crisi dall’esistenza di un disegno di legge sulla Buona scuola che lo considera quasi transitorio –, ha deciso per il primo anno scolastico, quello in corso, di puntare tutto sull’autovalutazione. Purtroppo sappiamo che questa scelta è stata fatta per mancanza di risorse interne: l’autovalutazione non costa niente, la valutazione esterna invece costa, soprattutto nel momento in cui prevede delle visite ispettive; uno dei problemi in Italia è che non abbiamo né un organico di ispettori,o meglio dirigenti tecnici, né osservatori delle scuole in grado di sopportare un carico di lavoro distribuito su 8500 istituzioni scolastiche più il sistema delle paritarie. Il sistema di valutazione infatti è nazionale, quindi chi ha il riconoscimento della parità deve sottostare alle stesse regole di valutazione delle scuole statali. Ora, con le poche decine di dirigenti tecnici che abbiamo a disposizione,e una manciata di osservatori, peraltro formati in modo molto occasionale, non si riesce a fare questo. Infatti è previsto un sistema di estrazione a sorte del 3% più un altro 7% di scuole: 10%, ossia una scuola ha una probabilità di essere visitata una volta ogni 10 anni. Questo non è esattamente il tipo di valutazione esterna tale da poter ingenerare un R: Attualmente nelle scuole si discute molto su come scrivere il RAV (Rapporto di autovalutazione); la nostra preoccupazione è che il dibattito,l’impegno, la fatica degli attori della scuola si concentri sulla scrittura del RAV e nessuno si ponga il problema della lettura del RAV. Noi avremo dei rapporti di autovalutazione, se fatti bene, molto complessi, anche perché, tra l’altro, le istituzioni scolastiche sono diventate molto grosse a seguito del dimensionamento e sovente hanno al loro interno anime diverse: gli istituti comprensivi mettono insieme infanzia, primaria e medie, gli istituti superiori possono avere al loro interno un classico, uno scientifico, un tecnico o un professionale, e un rapporto di autovalutazione serio non può non tener conto dei diversi problemi che possono nascere ai diversi ordini e gradi; ad esempio, nel momento in cui si parla di orientamento è chiaro che è diverso se viene fatto al Classico o al Professionale. Ma ci può essere appunto l’istituto che contiene diverse anime, e un rapporto di valutazione dovrebbe essere in grado di distinguere queste anime. Quindi i dati arriveranno da un grosso numero di scuole: chi leggerà, confronterà, valuterà la congruenza dei piani di miglioramento che nascono all’interno dei rapporti di autovalutazione? È un impegno enorme, che richiede professionalità e anche molte persone che ci sappiano lavorare. Questo al momento suscita qualche timore. Non basterà la pubblicazione su un portale, perché l’informazione per essere realmente preziosa ha bisogno di essere interpretata, elaborata, e questo è un problema non da poco. Per rispondere alla domanda iniziale quindi: è sempre bene che i dati siano raccolti, però deve poi esserci un momento di sintesi regionale,nazionale e al momento siamo curiosi di vedere come sarà svolta. Aggiungo un’ultima considerazione: l’enfasi posta quest’anno sull’autovalutazione apre due ordini di problemi: il primo è che l’autovalutazione non nasce quest’anno per volere del ministero e dell’INVALSI ma esiste da tempo. Uno schema come quello proposto dal Rapporto di autovalutazione e dai vari questionari rischia di essere soffocante per le migliori esperienze di autovalutazione D: Lei ha detto che la valutazione delle scuole ha un fine, quello della crescita dei ragazzi, è corretto? R: La valutazione delle scuole ha un fine che non può essere diverso dal fine ultimo dell’esistenza del sistema scolastico o di istruzione nazionale. La valutazione non può produrre degli obiettivi diversi da quelli che sono statuiti, condivisi, normati per il sistema. Di più: ogni idea di scuola implica un tipo di valutazione. Quindi alla domanda: «qual è l’obiettivo della valutazione oggi in Italia?» possiamo rispondere solo se abbiamo chiaro verso dove vogliamo far tendere la scuola italiana. C’è chi dice che l’unica cosa che conta sono gli apprendimenti, chi dice il benessere dei ragazzi, chi dice preparare dei lavoratori tosti per le sfide del XXI secolo. Per noi la scuola non può che avere una molteplicità di obiettivi: si pensi a quanto importante è l’inclusione dei ragazzi con disabilità, che non è tuttavia allineabile all’obiettivo dei migliori apprendimenti. Una volta però che si sia deciso a livello di collettività qual è l’obiettivo della scuola, e solo a quel punto, si può passare a una riflessione tecnica sulle migliori strumentazioni valutative in grado di orientare e sospingere la scuola nella direzione auspicata. Le prove INVALSI, che insistono su apprendimenti in italiano e matematica,sono coerenti con l’idea che tra le competenze di base indispensabili per un cittadino e un lavoratore di domani vi siano la capacità di padroneggiare la lingua italiana e la capacità di logica anche matematica. Da questo punto di vista quindi lo strumento di valutazione è coerente con l’idea di scuola che si ha. D: Che idea di scuola ha chi analizza il successo universitario per valutare le scuole superiori? R: Noi viviamo in un sistema in cui la formazione iniziale degli individui, l’unica che al momento funziona in Italia, è artificialmente spezzata in due: una cosa si chiama “scuola”, l’altra “università”. Forse questo era sensato quando solo il 10% della popolazione finiva l’università. Ora che auspicabilmente il 50% circa dei ragazzi completa gli studi (anche in termini di raggiungimento di una laurea triennale), questa divisione artificiale andrebbe superata,sebbene per quanto riguarda sia lo status sociale dei docenti sia il grado di proattività richiesto agli studenti, le differenze siano ancora moltissime. Vedere quante scuole superiori sono in grado di garantire il successo dei diplomati da secondaria a terziaria ci sembra il modo migliore di cercare di rimuovere quella barriera artificiale. Che ci sia continuità in questa costruzione di una carriera e di una base solida per il resto della vita è l’idea che sta a monte di una forma di valutazione/ orientamento che guarda al passaggio da scuola a università come un passaggio sempre più frequente e auspicabilmente fluido. D: Lei sa, vero, che in assenza di un sistema di valutazione ponderato vince la valutazione che si fa “dal parrucchiere” (cioè basata sulla chiacchiera e sul passaparola)? R: Questa è una delle cose che andiamo ripetendo nelle nostre conferenze: attenzione perché la scelta di una classe o di una scuola, in assenza di un sistema di valutazione serio e trasparente, se ieri si faceva con il modello della parrucchiera, oggi si fa con il modello Tripadvisor: l’effetto è moltiplicato per cento nell’epoca di internet. Le scuole e la loro nomea sono finite nel frullatore. Grazie alla potenza dei social network e di internet in generale la gestione dell’immagine delle scuole rischia di sfuggire agli stessi attori scolastici (dirigente e corpo docente). Basta un gruppo di pressione a far diventare di colpo la scuola “buona” o “cattiva”. Questo è un ulteriore motivo per desiderare un sistema serio e affidabile di valutazione nazionale Stefano Molina è ricercatore presso la Fondazione Giovanni Agnelli di Torino. 15 Saperi / La valutazione nel contesto italiano che già esistono e che sovente sono in rete. In Piemonte abbiamo ad esempio la rete delle scuole AVIMES. Queste scuole si trovano di fronte a due set di strumenti autovalutativi. I propri, magari messi a punto in anni di attività, adattati alle caratteristiche specifiche di quelle scuole, e un set che viene loro proposto dall’INVALSI e che in qualche modo entra in competizione. Paradossalmente, le esperienze migliori di autovalutazione sono in questo momento minacciate dall’esistenza di un set pensato a tavolino, testato, ma che è una media dei possibili approcci autovalutativi, ed è perciò lo stesso da Ragusa a Ivrea. Questo può generare conflitti o difficoltà. Il secondo problema è poi che ci sono delle scuole che sono fortemente indolenti e non hanno mai fatto autovalutazione,perché la hanno sempre ritenuta un’inopportuna perdita di tempo. Quanto queste scuole potranno realmente essere attivate da una proposta come quella fatta dal ministero e dall’INVALSI? Lo dico un po’ come battuta, ma in un convegno ho sentito dire che si sta creando un sottobosco di consulenti che per cento euro compilano il RAV delle scuole. Chiaramente le scuole che si fanno idealmente compilare il RAV da un consulente non sono in grado di partecipare proficuamente al circuito virtuoso un po’ ingenuamente immaginato dal DPR 80. L’altra faccia dell’INVALSI Anna Maria Ajello, presidente dell’INVALSI, chiarisce in quest’intervista il significato di “valutazione” all’origine del Sistema di Valutazione nazionale: non controllo ispettivo, ma induzione di un processo riflessivo in grado di produrre miglioramenti sostanziali nella scuola italiana Saperi / L’altra faccia dell’INVALSI 16 Intervista a Anna Maria Ajello A cura di Rebecca Impellizieri D: Recentemente lei ha dichiarato che l’avvio del Sistema nazionale di Valutazione delle scuole sarà un’occasione per mostrare un’altra faccia dell’INVALSI, diversa da quella di “controllore”: in che modo? R: Le spiego: il format del RAV (Rapporto di autovalutazione), che è stato distribuito nelle scuole, si articola in 5 sezioni, nelle quali si propongono dei criteri per riflettere sull’operato delle scuole stesse, in particolare relativamente a processi didattici e gestionali (vi sono poi altri aspetti, che coinvolgono contesto, risorse, esiti). Il RAV è piuttosto articolato, ma ciò che si domanda alle scuole è di fornire risposte a domande-guida, sulla base di indicatori elaborati, allo scopo di stimolare la riflessione: dalla stesura di questo rapporto dovrebbero in ultima analisi emergere sia aspetti positivi, sia elementi suscettibili di miglioramento. La valutazione in questo senso è vista come innesto di un processo riflessivo, finalizzato al miglioramento: forniamo dei criteri sulla base dei quali i docenti posL’INVALSI non è sano riflettere sul proprio interessato a svolgere una lavoro, e, individuando gli eventuali elementi di debofunzione di controllo, ma a fornire elementi in grado lezza/carenza, farsi aiutare sia dall’INDIRE sia da altri di sollecitare la riflessione enti che riconoscono come su aspetti da emendare o interlocutori per loro inteda correggere. ressanti, avviando così un percorso di miglioramento strutturato. Non è in gioco quindi un’idea di valutazione intesa come controllo ispettivo, ma come induzione di un processo riflessivo che dovrebbe portare al miglioramento. L’INVALSI in questo senso, oltre ad avere preparato il format ‒ messo a punto con il contributo di funzionari ministeriali facenti parte di un gruppo appositamente scelto ‒, propone anche i La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 “ „ risultati delle prove svolte nell’anno precedente: ancora una volta, questo sottolinea che, benché gli esiti delle prove siano riferiti a una classe e a un docente, che magari in quel momento non è più presente perché è cambiato, le informazioni che comunicano al collegio docenti e al dirigente sono quelle relative ai problemi della matematica e della comprensione di lettura e grammatica. Non si tratta quindi di attribuire un successo o insuccesso a soggetti singoli, ma di offrire delle informazioni generali sulla base dei risultati delle prove: l’INVALSI non è interessato a svolgere una funzione di controllo, ma a fornire elementi in grado di sollecitare la riflessione su aspetti da emendare o da correggere. In questo senso parlo di “altra faccia” della valutazione, quella peraltro che si sta affermando anche sul piano internazionale, perché il solo controllo non giustificherebbe altrimenti gli investimenti in termini di valutazione. D: Anche il Ministro Giannini ha ribadito che il sistema di valutazione non ha come obiettivo quello di produrre graduatorie da cui risultino perdenti o vincitori.Tuttavia il timore manifestato da molti docenti e dai sindacati è che i risultati derivanti da queste prove abbiano una ricaduta in termini di valutazione degli insegnanti. R: Ci sono due chiarimenti utili da fare a questo proposito: nel RAV proposto alle scuole non è contenuto nessun elemento che possa fornire indicazioni per la valutazione del docente o del dirigente. Nel caso del dirigente, la stesura del RAV darà luogo all’individuazione di punti critici e quindi quando il dirigente sarà contrattualizzato e inviato in una scuola piuttosto che in un’altra, saprà su quali problemi porre maggiore attenzione e coinvolgere i docenti nel miglioramento: in questo senso, di nuovo, compito del RAV è fornire l’elemento di informazione di base. Per i docenti questo collegamento non sussiste proprio, perché nel RAV non vi è alcun elemento da cui si possa inferire la competenza specifica del docente. In ultima analisi, è bene chiarire che l’INVALSI non ha voluto avere nessun ruolo (e non ha del resto subito pressioni in tal senso) nella valutazione dei docenti né dei dirigenti perché è qualcosa che riguarda il ministero e le sue funzioni in relazione al personale: noi non siamo coinvolti nel processo di valutazione delle persone. D: In generale, secondo lei è giusto/possibile che i docenti siano valutati? D: Quali sono stati i criteri ispiratori del RAV e come è stato realizzato? Quali reazioni sono state riscontrate fino a ora? Nella compilazione del questionario sulla scuola c’è stato qualche ritardo, c’è chi ha detto a causa di un’eccessiva complessità del documento. 17 R: In realtà le scuole, come sempre, si sono mostrare molto attive: il 98% ha già compilato il questionario. Abbiamo dovuto procrastinare di una settimana la consegna, ma, tenendo conto delle migliaia di scuole coinvolte, si tratta di una proroga di poco conto. Noi stessi al ministero abbiamo avuto qualche ritardo nella lettura dei dati. Il RAV è l’esito di ricerche condotte dall’INVALSI a partire dal 2008, dalle quali è emerso come modello di valutazione maggiormente efficace quello articolato in due passaggi: un primo momento di autovalutazione seguito da una fase di valutazione esterna (che partirà a settembre, attraverso visite di gruppi di esperti e di ispettori nelle scuole scelte). Si tratta in generale di un documento molto elaborato; dal 2008 a oggi si sono avvicendati numerosi progetti sperimentali finanziati dal fondo sociale europeo, ai quali hanno partecipato 2360 scuole: i numeri testimoniano che il coinvolgimento c’è stato e si tratta di campioni molto solidi, non di situazioni improvvisate. Tuttavia, ci tengo a dire che alcuni aspetti del documento devono essere ancora integrati e migliorati, ad esempio gli esiti a distanza dal punto di vista degli inserimenti lavorativi; abbiamo anche costituito un gruppo di ricerca sulla scuola dell’infanzia e un altro gruppo di lavoro che dovrà adattare maggiormente il RAV agli istituti professionali. Queste ricerche, insieme agli esiti della sperimentazione che avremo a luglio, saranno utili per apportare modifiche e adattamenti, come richiesto da qualsiasi processo che si implementi attraverso grandi numeri. Anna Maria Ajello è ordinario presso la Facoltà di Medicina della Sapienza di Roma. È presidente dell’INVALSI dal 2014. ↑ Danny DeVito come professore in Mezzo professore tra i marines, 1994, diretto da Penny Marshall. Saperi / L’altra faccia dell’INVALSI R: Mi chiede una valutazione politica,non tecnica: posso dire ciò che penso riguardo alla valutazione, tema che peraltro mi coinvolge molto anche in quanto docente universitaria. Il problema è che da un lato si devono trovare dei criteri in grado di rendere conto dell’impegno effettivo dei docenti: come avviene in tutte le categorie, vi sono differenze tra un insegnante e l’altro, ed è giusto riconoscere il lavoro di chi fa molto di più di quanto gli viene richiesto. D’altra parte però si deve porre attenzione a non innescare meccanismi dannosi per la scuola nel complesso: per evitare che ciò accada, i docenti devono in qualche misura essere consapevoli dei criteri di valutazione, negoziarli, nel senso di condividerli. L’obiettivo finale non è stilare una graduatoria, quanto piuttosto riconoscere l’impegno e la capacità professionale erogata da ciascun docente, verificabile attraverso i risultati degli alunni, ma non solo. La valutazione deve essere un fatto complessivo: vi sono infatti aspetti da prendere in considerazione che riguardano la didattica, la professione, il modo in cui vengono erogate una serie di attività che rendono possibile ed efficace la didattica stessa (stage, visite ai musei, attività culturali di vario tipo); ancora, si deve tenere conto della competenza professionale acquisita mediante i corsi e in tal senso la partecipazione a corsi di aggiornamento deve essere riconosciuta agli insegnanti. La multidimensionalità della competenza dei docenti del resto è affermata anche nel documento La Buona scuola di Renzi: si tratta adesso di vedere in che modo i docenti possano essere valutati in maniera adeguata, senza creare situazioni di forte conflittualità interna alla scuola, perché questo non gioverebbe al buon andamento della comunità scolastica in quanto tale. Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? 18 Che cosa raccontano le esperienze di autovalutazione di trecento scuole monitorate dall’INVALSI? Obiettivi e fasi del progetto, criticità e opportunità. di Donatella Poliandri, Isabella Quadrelli, Sara Romiti A partire dall’anno scolastico 201112 trecento scuole hanno aderito al progetto VALeS,impegnandosi in percorsi di autovalutazione e valutazione esterna e nella realizzazione di interventi di miglioramento. Il monitoraggio della prima fase del progetto, tramite l’analisi dei rapporti di autovalutazione prodotti dalle scuole, ha permesso di evidenziare i punti di forza e le criticità del percorso autovalutativo, e di riflettere sulle modalità più opportune per supportare le scuole nella fase attuale, di avvio del Sistema nazionale di Valutazione, che prevede per tutte le scuole italiane la realizzazione di attività di autovalutazione. VALeS (Valutazione e Sviluppo Scuola) è un progetto sperimentale promosso dal MIUR e realizzato in collaborazione con l’INVALSI e l’INDIRE. Il progetto si poneva la fiIl progetto VALeS ha nalità di sperimentare un costituito un cantiere modello di valutazione delper la sperimentazione le istituzioni scolastiche orientato al miglioramendi procedure, protocolli e to. Insieme ad altri progetti strumenti, funzionali alla pilota di valutazione delle realizzazione del Sistema scuole promossi dal MIUR nazionale di Valutazione. e dall’INVALSI, VALeS ha rappresentato una risposta alle sollecitazioni provenienti dall’Unione Europea in merito all’ampliamento e consolidamento nel nostro Paese della valutazione del sistema “ „ scolastico.Di fatto VALeS ha costituito un cantiere per la sperimentazione di procedure, protocolli e strumenti, funzionali alla realizzazione del Sistema nazionale di Valutazione previsto nel D.p.R. 80/2013. Il modello di valutazione proposto da VALeS si colloca all’interno di una prospettiva formativa, che non limita la valutazione a una funzione di rendicontazione e accountability verso l’esterno ma che la considera come il punto di partenza per una continua azione di miglioramento (Scheerens, Glass & Thomas 2003; Poliandri et al. 2012). Il miglioramento è inteso come l’insieme dei processi che la scuola mette in campo con tutti i soggetti che ne fanno parte per innalzare il livello di apprendimento degli studenti (Hopkins, Ainscow & West 1994). In quest’ottica la valutazione – sia interna, sia esterna – viene concepita come una risorsa che la scuola può utilizzare per migliorare la propria efficacia come comunità di apprendimento, attraverso l’individuazione di processi e meccanismi, sia gestionali sia legati alla progettazione e alla pratica didattica, che possono avere un impatto positivo sui progressi e sui risultati degli studenti. Il quadro di riferimento teorico del progetto VALeS si inserisce in questa prospettiva, individuando le priorità per lo sviluppo delle scuole e i processi ritenuti fondamentali sui quali agire per promuovere il miglioramento (INVALSI 2013). Dal punto di vista operativo il processo di valutazione-miglioramento viene scandito da tre fasi ← Silvio Orlando interprete a teatro de La scuola vent’anni dopo l’omonimo film, scritto da Starnone e diretto da Luchetti. 19 Il modello di autovalutazione del progetto VALeS — Il processo di valutazione e miglioramento proposto prende avvio dall’autovalutazione. Questa scelta sottolinea come l’azione valutativa debba partire dalla scuola, attraverso il coinvolgimento delle sue componenti e un’analisi che parta dalla conoscenza approfondita del contesto, per ritornare alla scuola stessa sotto forma di azioni di miglioramento. In questo percorso la valutazione esterna rappresenta un’occasione di confronto con un punto di vista esterno, che funge da stimolo per la scuola nel suo processo continuo di autovalutazione e miglioramento (OECD 2013). Il modello di autovalutazione utilizzato in VALeS si configura come strutturato e integrato con le altre fasi del processo. Il modello è strutturato poiché le scuole sono state chiamate a riflettere sul proprio operato utilizzando un quadro di riferimento teorico, strumenti e metodologie comuni a tutte le scuole partecipanti. Si è cercato tuttavia di lasciare spazio all’iniziativa delle scuole e alla rappresentazione delle specificità dei singoli contesti. L’integrazione tra i diversi momenti del percorso può essere colta in primo luogo dal fatto che i due momenti valutativi – quello interno e quello esterno – hanno condiviso lo stesso quadro di riferimento teorico. Il percorso di Il rapporto di autovalutazione prevedeva autovalutazione di riflettere ed esprimere un redatto dalla scuola giudizio sul proprio operato rappresenta una delle in alcune aree relative agli esiti degli studenti e ai profonti di informazione cessi a livello di scuola; le che i valutatori esterni stesse aree successivamenconsultano prima di te sono state analizzate aneffettuare la visita. che dai valutatori esterni.Le scuole e i valutatori esterni, inoltre, hanno utilizzato alcuni dati e strumenti comuni per esprimere i propri giudizi. Anche l’individuazione degli obiettivi di miglioramento è stata effettuata a partire dalle aree nelle quali è stata condotta la valutazione. L’integrazione tra autovalutazione e valutazione esterna si è realizzata anche in termini sostanziali poiché, ispirandosi al modello operativo dell’autovalutazione come processo integrato (Eurydice 2004), il protocollo del progetto VALeS prevede che il rapporto di autovalutazione redatto dalla scuola rappresenti una delle fonti di informazione che i valutatori esterni consultano prima di effettuare la visita a scuola. Per supportare le scuole nel percorso di auto- “ „ Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? idealmente concepite come passaggi che si susseguono all’interno di un processo ciclico: l’autovalutazione condotta dalle singole istituzioni scolastiche; la valutazione esterna realizzata da team di valutatori esterni; la pianificazione e realizzazione del miglioramento a opera della scuola. La progettazione e strutturazione delle prime due fasi è stata affidata all’INVALSI mentre il supporto delle scuole nella terza fase è stato affidato all’INDIRE. valutazione l’INVALSI ha messo a disposizione diversi strumenti: delle Linee guida per l’autovalutazione, un format per la scrittura del Rapporto di autovalutazione, un sistema di indicatori costruito a partire da dati provenienti da fonti diverse (dati del MIUR, esiti delle prove INVALSI di italiano e matematica, dati ottenuti dal Questionario scuola e dai Questionari studenti, genitori e insegnanti predisposti dall’INVALSI). Le Linee guida avevano l’obiettivo di illustrare le finalità dell’autovalutazione e di fornire indicazioni pratiche per condurre la riflessione, I risultati dell’analisi proponendo domande guimostrano la difficoltà da e suggerimenti sugli indelle scuole a leggere dicatori da considerare per e interpretare i dati ogni area. Il format del Rapporto di per valutare il proprio autovalutazione era articooperato: la maggior parte lato in diverse parti, comutilizza un approccio poste prevalentemente da descrittivo piuttosto che campi aperti.La prima parte valutativo. riguardava la descrizione del Contesto e delle Risorse. La seconda parte concerneva la valutazione degli Esiti e dei Processi; le scuole dovevano esprimere, per ciascuna area, un giudizio sulla propria performance utilizzando una scala a quattro livelli e descrivere sinteticamente le ragioni a supporto del giudizio espresso, a partire dall’analisi di evidenze osservabili o quantificabili (indicatori forniti centralmente, altre evidenze raccolte dalle scuole) e dal confronto con i valori di riferimento (medie regionali e nazionali, valori medi dell’insieme delle scuole VALeS, ecc.). La terza parte, di natura proattiva, prevedeva la descrizione degli obiettivi di miglioramento. Nella quarta, di natura critico-riflessiva, si chiedeva di descrivere il processo autovalutativo. “ Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? 20 „ La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 L’analisi qualitativa dei Rapporti di autovalutazione — Per valutare l’efficacia degli strumenti e del metodo proposto dall’INVALSI per supportare il percorso di autovalutazione delle scuole, è stata realizzata un’analisi qualitativa dei rapporti di autovalutazione (il rapporto tecnico sarà pubblicato a breve sul sito dell’INVALSI). L’analisi si è focalizzata sulla qualità del percorso seguito dalle scuole per valutare la propria performance e individuare obiettivi di miglioramento.In particolare,l’analisi qualitativa si proponeva di: 1. valutare il grado di utilizzo da parte delle scuole degli indicatori messi a disposizione e di altre evidenze prodotte dalle scuole stesse (completezza); 2. comprendere come le scuole hanno utilizzato tali indicatori, ovvero se i dati sono stati letti in relazione a valori di riferimento come ad esempio medie provinciali, regionali, nazionali, scuole con background socio-economico simile, ecc. (accuratezza); 3. valutare il livello di approfondimento della situazione della scuola nelle diverse aree (qualità dell’analisi); 4. valutare la capacità di definire obiettivi di miglioramento chiari, circoscritti e coerenti con le aree di criticità individuate nel percorso autovalutativo. Sono stati analizzati 290 Rapporti di autovalutazione (RA). L’analisi è stata condotta con l’ausilio del software per il trattamento dei dati qualitativi QDA Miner. I risultati dell’analisi qualitativa evidenziano in generale che le scuole incontrano difficoltà nell’effettuare un’analisi approfondita della propria situazione a partire dalla lettura e interpretazione di evidenze empiriche. Il grado di utilizzo dei dati è stato molto variabile tra le diverse aree del RA. Le scuole hanno utilizzato maggiormente i dati nelle aree afferenti gli esiti degli studenti; in queste aree circa il 40% delle scuole ha utilizzato tutti i dati messi a disposizione per esprimere un giudizio sulla propria situazione e una quota simile ne ha utilizzati alcuni. In queste aree le scuole potevano utilizzare i dati del MIUR relativi al successo scolastico e ai risultati a distanza degli studenti e i dati delle prove INVALSI per valutare il raggiungimento delle competenze di base e l’equità degli esiti. Nelle aree afferenti ai processi il grado di utilizzo degli indicatori (costruiti a partire dal Questionario scuola e dai Questionari studenti,insegnanti e genitori dell’INVALSI) è stato inferiore. In generale, per i processi si registra una quota più elevata di scuole che effettua un’analisi della propria situazione senza fare riferimento ad alcun dato. Tale quota è molto variabile da area ad area: se da un lato in alcune aree solo il 2% delle scuole non usa dati, daltra parte, in altre aree non utilizza dati più del 70% delle scuole. Queste differenze possono essere spiegate in parte con riferimento ai problemi di accessibilità dei dati, ma sembrano riconducibili anche alla difficoltà di lettura di alcuni indicatori complessi, oltre che alla percezione di scarsa significatività di alcuni indicatori da parte di una quota delle scuole. Il livello di accuratezza con cui le scuole hanno interpretato i dati è strettamente dipendente dal grado di utilizzo degli stessi; pertanto, le scuole hanno effettuato confronti con i valori di riferimento soprattutto nelle aree relative agli esiti degli studenti mentre non hanno effettuato confronti prevalentemente nelle aree relative ai processi didattici ed organizzativi. L’utilizzo di altri dati ed evidenze prodotti o raccolti direttamente ha riguardato circa il 40% delle scuole. È interessante osservare che i dati prodotti dalle scuole provengono con maggiore frequenza CASE #1003 “Il numero di alunni che si sono immatricolati all’Università (22%) non si differenzia significativamente con i dati della Provincia e della Regione, ma risulta inferiore al dato della Nazione. Mediana dei crediti al primo anno accademico dei diplomati a.s. 2010/11 Scientifica: 3, Sociale: 17, Umanistica: 39; Totale: 17”. In oltre un terzo dei casi, le scuole che hanno utilizzato gli indicatori confrontandoli con i valori di riferimento hanno saputo interpretarli in un’ottica valutativa, traendo indicazioni per pianificare le azioni di miglioramento: CASE #939 “L’istituto realizza il recupero delle competenze attraverso sportelli didattici modulari con una prassi praticata solo al 57% su scala nazionale e realizza anche moduli per il potenziamento delle competenze. I docenti svolgono il lavoro di programmazione riunendosi prima per ambito disciplinare, poi per dipartimento ed infine per consiglio di classe.I dipartimenti di matematica,di fisica, di latino e di scienze, curano la continuità verticale del curricolo (prassi esercitata solo al 37% su scala nazionale). La percezione della qualità di insegnamento è buona per gran parte dei genitori che valutano con (7,53 ± 1,05) il lavoro dei docenti. Il dato è in linea con il valore medio del campione (7,56 ± 1,12). Punto di criticità è, tuttavia, la scarsa pratica della didattica laboratoriale: solo il 4,5% degli studenti (contro il 21% delle scuole campionate) svolge attività di laboratorio e ciò determina insuccesso nelle valutazioni delle materie di indirizzo nel 3° e 4° anno”. L’individuazione degli obiettivi di miglioramento è risultata coerente con le aree di criticità individuate nell’autovalutazione. Le scuole che si sono attribuite punteggi bassi (1 e 2) in specifiche aree con più frequenza hanno individuato obiettivi di miglioramento in quelle stesse aree. Maggiori difficoltà sono state incontrate nell’articolazione operativa degli obiettivi. La maggior parte delle scuole ha mostrato scarsa capacità di focalizzare obiettivi di miglioramento circoscritti e valutabili, e non è stata in grado di individuare indicatori coerenti con gli obiettivi di miglioramento. Nella maggior parte dei casi le formulazioni dei risultati attesi sono coerenti con gli obiettivi individuati, ma sono espresse per lo più in termini generali e non misurabili o valutabili. 21 Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? dai sistemi di monitoraggio e valutazione realizzati dalle scuole stesse: infatti si tratta di dati relativi ai risultati a distanza dei propri studenti e di dati provenienti dall’attività di autovalutazione già implementati dalle scuole. Ciò evidenzia come il percorso autovalutativo proposto sia in grado di dialogare ed eventualmente integrarsi con i sistemi di autovalutazione già utilizzati dalle singole istituzioni scolastiche. L’esame del livello di approfondimento ha evidenziato una maggiore capacità delle scuole di effettuare un’analisi articolata, ovvero di evidenziare i punti di forza e di debolezza a partire dall’interpretazione dei dati o tenendo conto della specificità del proprio contesto. Il livello di articolazione varia da area ad area; in generale una percentuale più elevata di scuole è stata in grado di effettuare un’analisi approfondita nelle aree afferenti ai processi (in media poco più del 50% delle scuole) piuttosto che nelle aree afferenti agli esiti degli studenti (in media poco più del 40%). Il livello medio di qualità dell’analisi non è strettamente correlato al livello di completezza e accuratezza nell’utilizzo dei dati. Si evidenziano due tipi di situazioni: poco più di un terzo delle scuole (34,4%) ha effettuato un’analisi approfondita a seguito della lettura e interpretazione dei dati; il 45,8% ha invece svolto un’analisi articolata, evidenziando punti di forza e di debolezza, ma basandosi prevalentemente sulla propria percezione della qualità delle azioni realizzate piuttosto che su evidenze empiriche. Complessivamente l’analisi della qualità del percorso di autovalutazione ha mostrato una difficoltà da parte delle scuole a leggere e interpretare i dati per valutare il proprio operato: la maggior parte delle scuole infatti ha utilizzato un approccio descrittivo piuttosto che valutativo. Pur utilizzando gli indicatori disponibili ed effettuando confronti, molte scuole hanno condotto un’analisi descrittiva, che non permette di individuare temi salienti né in positivo né in negativo o di definire linee di azione per sviluppare ulteriormente una specifica area, come è evidente nel caso seguente: Ancora Orlando in una foto di scena dello spettacolo La scuola ↓ CASE #820 Obiettivo: “Miglioramento delle attività e strategie didattiche, soprattutto per quel che riguarda la differenziazione dei compiti,in relazione alle diverse attitudini e capacità degli alunni” – risultato atteso: “Equità degli esiti”. La definizione di obiettivi circoscritti favorisce invece l’individuazione di risultati attesi misurabili e valutabili. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole? 22 CASE #944 Obiettivo: “Miglioramento della progettazione didattica, monitoraggio delle scelte procedurali previste dagli insegnanti per favorire una migliore percezione della qualità dell’insegnamento” – risultato atteso: “Programmare ed effettuare almeno una Approfondire — J • D. Hopkins, M. Ainscow, M. West, School Improvement in an Era of Change, Cassell, Londra 1994. • OECD, Synergies for Better Learning. An International Perspective on Evaluation and Assessment, 2013. • D. Poliandri, P. Muzzioli, I. Quadrelli, S. Romiti, La valutazione delle scuole in Italia: indicazioni e tendenze da alcuni progetti sperimentali, in «Autonomie Locali e servizi sociali», n. 3, 2012, pp. 463-477. • J. Scheerens, C. Glass, S.M. Thomas, Education Evaluation, Assessment and Monitoring. A Systemic Approach, Swet & Zeitlinger, Lisse 2003. • URL del progetto VALeS (www. INVALSI.it/INVALSI/ri/vales/) dal quale è possibile scaricare materiali e documenti. • INVALSI, Valutare le scuole. Le logiche generali del progetto VALeS, INVALSI, 2013, www.INVALSI.it/INVALSI/ri/vales/documenti/Logiche_gen_progetto_VALeS.pdf. • Eurydice, Valutazione delle scuole dell’istruzione obbligatoria in Europa, Eurydice, 2004, www.indire.it/lucabas/lkmw_file/ eurydice/Evaluation_schools_IT.pdf. prova di competenza al termine del primo e del secondo biennio per ogni dipartimento”. Conclusioni — I risultati della ricerca hanno permesso all’INVALSI di rivedere e migliorare gli strumenti da proporre alle scuole per l’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione. L’attuale proposta – che si rivolge a tutte le scuole italiane, statali e paritarie – tiene conto delle indicazioni provenienti dal progetto VALeS. Oltre a una ridefinizione delle aree di valutazione, sono stati migliorati gli indicatori di alcune aree e si è proceduto a una maggiore strutturazione del percorso di lettura e analisi dei dati, con domande guida più mirate e con l’introduzione di rubriche di valutazione. Anche la sezione dedicata alla definizione degli obiettivi di miglioramento è stata rivista, con la finalità di distinguere in modo più chiaro tra obiettivi generali che la scuola si propone in relazione agli esiti degli studenti (priorità strategiche di lungo termine) e le attività previste per il breve periodo (obiettivi di processo), attraverso le quali realizzare le priorità strategiche. Molto lavoro resta da fare per supportare le scuole affinché l’autovalutazione – divenuta obbligo di legge a partire da questo anno scolastico – non venga vissuta come un adempimento burocratico, ma come un’occasione per la comunità scolastica di confrontarsi su questioni di fondo per il funzionamento della scuola. Se è vero che molte scuole hanno “il polso della situazione” e sanno quali sono gli ambiti nei quali devono migliorare, non sempre però sanno quali leve utilizzare per attuare un cambiamento o riescono a quantificare lo sforzo richiesto per migliorare. Un percorso strutturato di autovalutazione orientato al miglioramento può aiutarle a individuare indicatori significativi per valutare il proprio operato e a riflettere sui processi sui quali è possibile intervenire per generare il cambiamento. Donatella Poliandri è ricercatrice dell’area Valutazione delle scuole INVALSI; Isabella Quadrelli è consulente INVALSI e docente a contratto per l’Università di Urbino Carlo Bo e l’Università di Parma; Sara Romiti è ricercatrice dell’area Valutazione delle scuole INVALSI. La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze di Graziella Pozzo L a circolare del 13/02/2015 n. 3, contenente i due modelli per la Certificazione, uno per le classi quinta della primaria e l’altro per le classi terze della scuola secondaria di I grado, chiede a tutte le scuole del primo ciclo di istruzione di sperimentare per due anni lo strumento e di inviare poi al ministero osservazioni e commenti, in modo che esso possa diventare definitivo ed essere usato sistematicamente a partire dal 2016. Si tratta dell’ultimo passaggio di un percorso verso la certificazione lungo e talvolta accidentato, che ha prima coinvolto il secondo ciclo con una sua specifica normativa1, e che si risolve oggi per il primo ciclo in questa importante tappa. Non c’è lo spazio per ripercorrere tutte le fasi; basti ricordare che, a seguito delle direttive europee, soprattutto in riferimento al riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche (EQF, Europass, EQVET), l’adozione della Certificazione delle competenze era già prevista dalla legge DPR 275/99, art. 10 che istituiva l’autonomia scolastica, in cui si richiedeva di ri-orientare i curricoli alle Nel Decreto Ministeriale 139 del 2007, che regolamenta l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni, si precisa anche che la certificazione delle competenze scaturisce dalla somma qualitativa e quantitativa delle rilevazioni e degli accertamenti effettuati durante il percorso scolastico. 1 competenze e di innovare contestualmente la didattica. In quell’occasione, seguendo una prassi purtroppo consolidata nel nostro paese, si affidava alle singole scuole il compito di elaborare lo strumento senza alcun tipo di sostegno. Di fatto, negli anni successivi si è visto un proliferare di proposte, alcune ingenue, altre che, al contrario, mostravano come il documento elaborato fosse il risultato di una riflessione all’interno delle scuole a partire dai documenti ufficiali, tra cui le Indicazioni per il ciclo dell’obbligo. Un passo indietro per farne uno in avanti: la prospettiva formativa della certificazione — Il modello che oggi viene proposto, e che deriva dal lungo lavoro di elaborazione svolto dal Comitato tecnico per armonizzarlo con quanto prevede la normativa europea a proposito delle Competenze chiave, presenta due novità positive, congruenti con l’autonomia delle scuole e la prospettiva formativa in cui si inserisce il documento. In primo luogo, la richiesta di sperimentare lo strumento certificativo, rivolta in un periodo in cui le scuole sono implicate nel processo di autovalutazione e nel RAV, viene sostenuta fornendo un modello. Inoltre, le articolate linee guida che accompagnano lo strumento, e che aiutano a collocare l’operazione di certificazione nel quadro di riferimento della proposta culturale e pedagogica delle Indicazioni (DM 254/2012), sottolineano, al di là della 23 Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze Solo con una buona progettazione è possibile una buona valutazione e quindi una certificazione delle competenze fondata sulle evidenze. Anzi, la progettazione può diventare il dispositivo concettuale e operativo principale per poter valutare (e certificare). Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze 24 ↑ Jack Black supplente di musica in School of Rock, 2003, diretto da Richard Linklater. funzione certificativa, la sua funzione orientativa, del tutto coerente con la prospettiva formativa che dovrebbe informare le scelte pedagogiche ai vari livelli dell’apprendimento scolare e dell’apprendimento adulto. In queste due novità si vede come il passo avanti, il sostegno alle scuole che era mancato all’inizio (una specie di scaffolding alla Bruner), sia paradossalmente il risultato del passo indietro fatto dal ministero quando ha deciso di muoversi in un’ottica emancipatoria, facendo sperimentare uno strumento aperto prima di proporne la versione finale, responsabilizzando e valorizzando così le competenze degli operatori della scuola, degli insegnanti in primis. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Caratteristiche dello strumento — Anche le scelte operate dalla Commissione nel proporre uno strumento aperto, suscettibile di variazioni e integrazioni, sembrano rispondere, ricorsivamente, all’ottica formativa auspicata dalle stesse linee guida: • lo strumento ha come perno le competenze chiave di cittadinanza – dodici in tutto – che vengono coniugate con le competenze disciplinari, e ciò, coerentemente con il «profilo dello studente» delineato nelle Indicazioni nazionali per il curricolo (2012, pp. 15-16) implica che lo sviluppo delle competenze trasversali va sviluppato intenzionalmente all’interno di percorsi ad hoc; • non si ricorre ai voti,ma vengono proposti quattro livelli, «avanzato», «intermedio», «base», «iniziale», per ognuno dei quali viene fornito un elenco di indicatori che aiutano a definire il profilo in termini di grado di autonomia raggiunto dai singoli alunni. La scelta di non inserire una voce in negativo corrispondente a «insufficiente» sembra essere del tutto coerente con un’idea di competenze in sviluppo e con l’ottica di potenziamento del soggetto che apprende; • alla fine dello strumento si trova uno spazio bianco in cui inserire eventuali nuove aree di competenza osservate nello svolgimento delle attività scolastiche un invito ai docenti ad integrare eventuali lacune dello strumento e quindi a porsi come protagonisti e non solo destinatari dei processi decisionali. La competenza al centro — Prima di affrontare la questione di come prefigurarsi il processo di sperimentazione dello strumento, facciamo anche noi un passo indietro e consideriamo la parola chiave della certificazione, «competenza», termine che si trova a partire dagli storici documenti europei degli anni ’90 (Cresson, 1995), e tuttora riferimento strategico in tutti i contesti formativi che si fanno carico della gestione della complessità. Il termine «competenza» si accompagna spesso con altre parole-satellite che, lungi dal rispondere a esigenze di abbellimenti cosmetici,sono in realtà indicatori di un nuovo senso e direzione da dare ai processi di formazione.Parole come «competenze disciplinari», «competenze trasversali», ma anche «conoscenze» « abilità», «disposizioni interne» - e qui ci fermiamo, rimandando alla letteratura sull’argomento, piuttosto ricca anche nel nostro paese - sono tessere di una mappa che delinea lo sfondo entro cui si muove lo strumento della certificazione. che metteva al centro l’insegnamento, a favore della centralità dell’apprendente e dei suoi processi che presuppone un passaggio da processi di riproduzione alla competenza d’azione. Seguendo Le Boterf (2008), si tratta di passare da situazioni caratterizzate dalla ripetizione, dalla semplicità, dall’esecuzione delle consegne a situazioni caratterizzate dalla complessità, dagli imprevisti, dalla presa d’iniziativa.Nel primo la competenza si limita al «saper fare». Nel secondo si definisce piuttosto nel «saper agire e reagire»,«che cosa fare e quando». Come mobilitare le risorse disponibili in classe? Come far sì che in gioco ci sia non solo il saper fare, ma un agire che sia intenzionale? Nel caso di compiti complessi, insieme allo sviluppo di competenze disciplinari entrano in gioco e si sviluppano, a seconda dei contesti, altre competenze tra cui: saper individuare, gestire e risolvere situazioni problematiche, saper progettare, saper reperire ed elaborare informazioni, saper fare collegamenti, saper comunicare; ma anche: saper gestire emozioni e stress, saper collaborare, saper prendere decisioni, sapersi autoregolare e auto valutare. L’elenco, derivato da diversi repertori di competenze trasversali, intende mostrare come per sapersela cavare nelle diverse situazioni si sviluppino, contestualmente alle competenze disciplinari, anche competenze che sono comuni ai vari ambiti. Immaginiamo, per esempio, di proporre un compito complesso in cui si richieda di progettare una gita scolastica all’interno di certi vincoli dati (sul territorio nazionale, nel raggio di 400 km, entro un budget complessivo stabilito, individuando il costo per ogni partecipante, ecc.). In questo caso le operazioni matematiche individuate per risolvere il problema deriveranno da una attenta lettura del testo, l’individuazione e la valutazione dei vincoli indicati e dunque, diversamente dal Il ministero si è mosso in saper fare («so fare una diun’ottica emancipatoria, visione»), occorrerà saper trasferire ciò che si sa e si facendo sperimentare uno sa fare nel contesto nuovo strumento aperto prima – che è sempre specifico – di proporne la versione avendo considerato tutte finale. le variabili. Ma ciò mostra anche come per «risolvere un problema» sia necessario attivare risorse che vanno oltre la competenza matematica, in quanto riguardano la competenza linguistica e le competenze trasversali, tra cui il «saper comprendere un testo»,«saper acquisire e interpretare informazioni», «saper individuare collegamenti e relazioni», «saper agire in modo autonomo e responsabile» e, nel caso in cui si lavori in gruppo, il «saper collaborare». E, ancora, mostra come nel fare questo si sviluppi una qualità dinamica altamente apprezzabile nella gestione di situazioni complesse, qual è la «sensibilità al contesto». “ „ 25 Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze A partire dai primi anni del 2000, in Italia, come negli altri paesi europei, le politiche educative hanno sostenuto la necessità di passare da una scuola delle conoscenze a una scuola delle competenze, dove per competenza si intende la comprovata capacità di sapersela cavare in una situazione problematica sapendo attivare autonomamente tutte le risorse disponibili.A voler andare all’etimologia, la radice del termine cum-petere rimanda al significato di tendere insieme verso un obiettivo all’interno di un problema da risolvere. La competenza presuppone pertanto un contesto, anche sociale (e quindi con uno scopo e un destinatario), un problema da risolvere, e quindi la ricerca di una soluzione. In questo senso essere competente significa essere in grado di attivare le risorse disponibili, di organizzarle e di utilizzarle, per svolgere un compito complesso, per realizzare un progetto, per risolvere una situazione problematica. Quali sono queste risorse? In primo luogo le conoscenze e le abilità. Se le prime si riferiscono ai saperi teorici, nozionistici – ciò che si sa –, le seconde rimandano alle procedure, al sapere come fare.Ma non basta.Il costrutto competenza va oltre il «sapere» e il «saper fare» per includere anche il «saper essere» e il «saper imparare». Nella didattica per competenze,accanto alle conoscenze e alle abilità, diventano così importanti anche le disposizioni personali nei confronti della situazione di apprendimento, che comprendono motivazioni, valori, rappresentazioni e atteggiamenti nei confronti della proposta operativa e fattori strettamente connessi all’identità, alla stima e all’immagine di sé. In breve, quegli atteggiamenti emozionali e cognitivi che abilitano a reagire in modo appropriato alle nuove situazioni: l’alunno mostra curiosità e interesse? Sa rimanere concentrato e sa perseverare nel compito? Sa accettare le sfide ed è disponibile a correre rischi anche a costo di un insuccesso? E in quel caso sa tenere bassa la soglia d’ansia che ne può derivare? Si vede bene come queste caratteristiche del soggetto possano influire sugli esiti. In questo quadro diventa altrettanto importante l’imparare a imparare, che rimanda alla capacità di avere consapevolezza di quanto si fa,di riconoscere eventuali punti di forza e di debolezza, di esercitare il controllo esecutivo su quanto si fa; in breve, a tutto ciò che concorre a definire la competenza in termini di responsabilità e autonomia. La competenza è dunque diversa dall’abilità, in quanto richiede non tanto di riprodurre un saper fare, ma di saper agire nel contesto dato tenendo conto delle sue variabili e attivando tutte le risorse necessarie per poterle trasferire nel nuovo contesto. Perché ci sia transfer è pertanto necessario saper modulare contestualmente ciò che si sa e si sa fare per adattarlo al nuovo contesto, sulla base di valutazioni e di ragionamenti. Nella nuova prospettiva si rovescia il punto di vista tradizionale Questo processo pone la questione di come valutare le competenze. Se da un lato, infatti, le conoscenze e le abilità attivate in un compito sono visibili nelle prestazioni, e quindi facilmente osservabili, come riuscire a valutare i processi e le disposizioni, che pur larga parte hanno sugli esiti, visto che essi sono interni, sotto alla superficie di un metaforico iceberg, e quindi non visibili? Siamo così giunti all’ultima svolta del nostro ragionamento, che attraverso la valutazione permette di arrivare alla certificazione. Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze 26 La progettazione come dispositivo per valutare e certificare le competenze — Per rispondere alla domanda possiamo dire che per poter valutare e certificare le competenze è importante praticare una valutazione di processo, autentica,che avviene mentre l’alunno impara,basata sulla la raccolta di evidenze delle competenze in sviluppo, rilevando indizi significativi anche riguardo agli aspetti nascosti dell’apprendimento. Ma quali indizi sono da ritenersi significativi? Per dare una risposta a questa seconda domanda occorre richiamare il processo di progettazione: solo con una buona progettazione è infatti possibile una buona valutazione e quindi una certificazione fondata sulle evidenze. Anzi, la progettazione può diventare il dispositivo concettuale e operativo principale per poter valutare (e certificare). Un buon punto di partenza nella progettazione per competenze è partire dai traguardi e perseguirli proponendo situazioni problematiche e compiti complessi, possibilmente con un riscontro nella realtà (cfr. Fig. 1) su cui lavorare con una didattica laboratoriale; ponendo domande interessanti e propulsive, tali da far leva sulla motivazione, domande che stimolino a cercare e immaginare soluzioni possibili a questioni dibattute nel mondo reale, uscendo dalle domande finte (di cui si conosce già la risposta) che non aiutano a dare senso a ciò che si fa,e che siano nel contempo significative anche per le discipline coinvolte; studiando e analizzando il problema, facendo ipotesi, immaginando percorsi e soluzioni, mettendo così in moto strategie e attivando processi interpretativi e di transfer che sono superiori rispetto ai processi cognitivi più frequentemente attivati a scuola, che si limitano in molti casi a una pura ripetizione e applicazione dei concetti appresi. Ma nella progettazione occorre anche individuare in maniera puntuale e specifica le competenze disciplinari e trasversali in sviluppo e le relative conoscenze e abilità, nominandole. Le conoscenze dei vari ambiti disciplinari saranno indicate con un sostantivo; per esempio: la struttura della frase interrogativa; il genere testuale “resoconto”; il concetto di approssimazione; uno specifico periodo storico, ecc. Le abilità saranno indicate con verbi concreti, che rimandino a comportamenti osservabili e quindi rilevabili nelle prestazioni; per esempio: comprendere il senso globale di un messaggio orale; cogliere le relazioni logiche tra parti di un testo; individuare lo scopo di un testo; individuare il punto di vista; prendere appunti; fare un piano prima di scrivere; calcolare le potenze e applicarne le proprietà; raccogliere, organizzare e rappresentare un insieme di dati tramite istogrammi; raccogliere dati attraverso l’osservazione diretta dei fenomeni naturali; individuare una possibile interpretazione dei dati; presentare i risultati di un’analisi, ecc. Aiuta inoltre disporre di indicatori che rimandino agli atteggiamenti non visibili; per esempio, «chiede La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Competenza Scopi e obiettivi di apprendimento Traguardi Didattica laboratoriale: situazioni problematiche compiti complessi Certificazione Valutazione sommativa Figura 1. La valutazione comincia con la progettazione Valutazione diagnostica e formativa Partecipare alla costruzione dello strumento con un percorso formativo — C’è un “ma”. A fronte degli aspetti positivi fin qui evidenziati, insiti nel documento e nelle modalità con cui ne viene chiesta la sperimentazione, resta una domanda non banale. Se l’ottica sperimentale della certificazione richiede un orientamento sempre più forte sulle competenze trasversali, quanto di fatto esse sono presenti e intenzionalmente sviluppate nelle varie proposte didattiche? L’ottica della ricerca azione è certamente un modo per innovare la didattica a partire da, e valorizzando, quanto l’insegnante sa e sa fare.Tuttavia, come per l’apprendimento scolare, per potersi innestare sul “noto” il “nuovo” ha bisogno di mediazione e di mediatori; in breve, di forme di sostegno al processo di auto-formazione e di azioni di accompagnamento in grado di sostenere gli insegnanti nella progettazione di percorsi di apprendimento che siano coerenti con una valutazione per competenze. Queste risorse ci sono? Se no, sarebbe un peccato, data la natura della sfida. Anche se gli insegnanti potrebbero dimostrare di saperla cogliere, nonostante tutto. Graziella Pozzo svolge attività di formazione e di ricerca presso vari Uffici Scolastici Regionali, enti di formazione, Università e scuole in rete. Il suo campo di studio e di indagine riguarda la progettazione di curricoli per competenze, la meta cognizione, la valutazione formativa e la ricerca azione per lo sviluppo professionale degli insegnanti. Autrice di numerosi articoli pubblicati su riviste italiane e straniere, di materiali didattici e coautrice di opere, tra cui: Stili, strategie e strumenti per l’insegnamento linguistico, RCS/La Nuova Italia, MilanoFirenze 2002; La ricerca azione, Carocci, Roma 2005; Educare alla lettura, Carocci, Roma 2008. Approfondire — J • Ajello A.M., La competenza, Il Mulino, Bologna 2002. • Bruner J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1976. • Castoldi M., Progettare per competenze, Carocci, Roma 2011. • Cresson E., Insegnare e apprendere, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 1996. • De Beni R., Moé A., Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna,2000. • Dewey J., Esperienza e educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2012. • Ellerani P., Gentile M., Sacristani Mottinelli M., Valutare a scuola, formare competenze, SEI, Torino 2007. • Le Boterf G., Costruire le competenze individuali e collettive, Guida, Napoli 2008. • Losito B., Pozzo G., La ricerca azione, Carocci, Roma 2005. • Maccario D., Insegnare per competenze, SEI, Torino 2006. • Mason L., Valutare a scuola, Cleup, Padova 1996. • Pellerey M., Competenze, Tecnodid, Napoli 2010. • Perrenoud P., Costruire competenze a partire dalla scuola, Anicia, Roma 2000. • Pozzo G., Promuovere le competenze attraverso compiti di realtà, in «Rivista dell’Istruzione», n. 4, 2010. • Pozzo G., Fare il punto sulla valutazione: tra mosse nazionali e prospettive internazionali, in «Lend - Lingua e Nuova Didattica», n. 1, 2011. • Pozzo G., Costruire competenze a scuola in Benetti G., Casellato M., Imparare per competenze. I Quaderni della Ricerca, n. 11, Loescher, Torino 2014. • Rey B., Ripensare le competenze trasversali, Franco Angeli, Milano 2003. • Ryken D.S., Salganik L.H. (a cura di), 2007, Agire le competenze chiave, Franco Angeli, Milano 2003. • Schön D., Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993. • Spinosi M. (a cura di), Sviluppo delle competenze per una scuola di qualità, Tecnodid, Napoli 2010. 27 Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze spiegazioni», «svolge l’attività in modo attento e concentrato», per rilevare l’impegno; «riflette su quanto propone e sa motivare», «sa riconoscere i propri punti forti e deboli», «si sofferma su quanto proposto e sa fare un piano d’azione», per rilevare il livello di consapevolezza, di responsabilità verso quanto si fa e di autonomia. È questa cura minuziosa nel nominare in fase di progettazione che garantisce una buona valutazione, la quale permette di osservare gli indizi significativi nel processo. In questo modo tutto si tiene: dalle specificazioni derivano gli indicatori di competenza che permettono di rilevare le evidenze, e queste non potranno che essere significative, visto che si riferiscono ad aspetti delle competenze in sviluppo.Una volta disponibili e documentate,le evidenze costituiranno la base per la valutazione e quindi per la certificazione. La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato 28 La ricerca condotta sulle prove di italiano della maturità suggerisce prospettive e indicazioni utili per condividere standard valutativi, migliorare esiti e correggere errori ricorrenti. Parola d’ordine: sinergia tra le discipline. di Lina Grossi N elle più recenti ipotesi di revisione degli esami di Stato conclusivi del ciclo di studio secondario di secondo grado (cfr. DDL del 17/03/2015 all’art. 21) non sembra essere prevista una modifica della prima prova scritta. Può però rivelarsi utile riprendere il filo di un ragionamento sulla valutazione della competenza di scrittura della prima prova scritta di italiano (e in parte anche della seconda prova di matematica nell’elemento di intersezione costituto dalla capacità di ragionamento) con l’intento di una più ampia possibile condivisione degli standard valutativi e di razionalizzare il sistema di valutazione degli studenti. Il presente contributo si articola in tre paragrafi: 1. una breve sintesi della ricerca condotta dall’INVALSI nell’ambito della rilevazione degli apprendimenti degli studenti a conclusione dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore, utilizzando le prove scritte di italiano e matematica degli esami di Stato; 2. la presentazione degli strumenti utilizzati: la Scheda di valutazione e la Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti nella produzione scritta; 3. le prospettive di approfondimento in direzione dell’analisi delle competenze logiche e argomentative, sulla base delle ricerche, nazionali e internazionali, e dei materiali disponibili. La ricerca — La prima prova dell’esame di Stato (la “Prova d’Italiano”) prevede, com’è noto, la redazione di quattro tipologie diverse di elaborati. Questa modalità, introdotta ormai da più di un decennio, ha messo in maggior risalto un fattore di criticità preesistente: «la mancanza di una solida tradizione di metodi di valutazione sufficientemente oggettivi. La diversità strutturale e formale degli elaborati prodotti dai candidati ha reso, infatti, più evidente la necessità di individuare criteri e parametri valutativi analitici, riferiti a indicatori e descrittori basilari e “trasversali”, perché si ottenesse anche un effetto unificante nelle procedure di valutazione attuate da soggetti diversi,isolati o in gruppo,all’interno di una stessa commissione esaminatrice».1. La ricerca condotta dall’INVALSI sulle prove dell’esame di Stato è la prima e a oggi l’unica realizzata a livello nazionale con l’intento specifico di effettuare una «valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore,utilizzando le prove scritte degli esami di Stato» (Art.2 della Legge n.1 dell’11/01/2007). Si tratta di una indagine complessa, che ha considerato gli elaborati prodotti dagli studenti nelle sessioni 2007 (prima fase),2009 (seconda fase) e 2010 (terza fase), approfondendo e affinando nel suo percorso diversi aspetti della valutazione. Nell’ambito della prima fase,l’attività si è concentrata su: i) l’analisi della capacità di scrittura degli studenti alla fine del percorso di studi secondario; ii) l’elaborazione e la validazione di idonei strumenti valutativi; iii) la produzione di dati sulla variabilità delle valutazioni attribuite da correttori diversi ad una stessa prova.Questo terzo aspetto ha fornito elementi di riflessione e un significativo passo in avanti a vantaggio di una maggiore og- 29 Dall’analisi del complesso dei dati relativi alla valutazione è emerso un significativo divario tra le votazioni attribuite dai due diversi tipi di valutatori – esterni e interni – soprattutto nell’area della soglia della sufficienza e in quella della soglia dell’eccellenza (si tratta di dati ampiamente resi pubblici). Il risultato complessivo della (ri)correzione della seconda fase, ossia degli elaborati di italiano campionati nella sessione di esame di Stato dell’anno 2009, ha messo in luce la scarsa padronanza dell’uso scritto della lingua italiana nei ragazzi al termine della scuola superiore. In tutte le quattro fondamentali competenze in cui si struttura la padronanza della lingua italiana si è infatti registrato un voto medio inferiore alla sufficienza (il rapporto di ricerca è disponibile sul sito dell’INVALSI). La terza fase dell’indagine si è concentrata, in particolare, sull’analisi degli errori più diffusi nell’uso della lingua italiana. Il campione degli elaborati dell’esame di Stato 2010 è stato corretto non più al fine della valutazione del testo prodotto, ma della rilevazione degli errori più diffusi, con l’ausilio di uno strumento appositamente costruito: la Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti nella produzione scritta5. L’analisi ha prodotto una casistica degli errori ricorrenti nella produzione scritta, in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado a livello testuale, grammaticale, lessicale e ideativo: l’area nella quale viene rilevata la percentuale maggiore di errori è quella ideativa (oltre il 50% di errori), con presenza di errori rilevanti in tutti i descrittori dell’area (cfr. scheda riportata nel Documento 2 a p. 34) su oltre il 25% delle prove codificate, e in particolare nei descrittori «Consistenza e precisione di informazione e dati, assenza di affermazioni a vario titolo imprecise» (nell’80,2% delle prove) e «Rielaborazione delle informazioni, assenza di affermazioni estemporanee o non mediate» ↑ Sergio Castellitto in ‘O professore, miniserie TV, 2008. Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato gettività nella valutazione di una prova complessa quale quella di italiano. La capacità di scrittura è stata declinata in relazione alla tipologia di prova scelta dai singoli studenti, al tipo di istituto frequentato, alla padronanza della lingua italiana – articolata in quattro competenze: testuale, grammaticale, lessicale e semantica, ideativa. Gli strumenti elaborati per uniformare i criteri di correzione delle prove e rendere trasparenti le valutazioni attribuite sono stati il Quadro di riferimento e la Scheda di valutazione, appositamente predisposti in collaborazione con l’Accademia della Crusca.2 L’attività di (ri)correzione, effettuata dai correttori esterni3, è stata realizzata sulle prove raccolte tramite un campionamento casuale semplice di studenti appartenenti alla popolazione dell’ultimo anno della scuola secondaria di II grado. Contestualmente alla raccolta degli elaborati, è stata acquisita una scheda informativa relativa ad alcuni dati di sfondo: il profilo dello studente (genere, cittadinanza, anno di nascita ecc.); il curricolo scolastico (eventuali ritardi e/o abbreviazioni del percorso scolastico); i voti della prima, seconda e terza prova; l’esito finale dell’esame; il voto conseguito nel I quadrimestre in italiano e matematica (le materie oggetto della ricerca). Sono stati condotti, e successivamente sottoposti ad analisi, quattro interventi di valutazione: la valutazione della commissione di esame (che tiene conto del percorso dello studente reale che sta valutando4) e tre ulteriori valutazioni di correttori esterni su prove anonime anche riguardo a tipologia di scuola e provenienza geografica. Delle tre valutazioni esterne, una è stata effettuata sulla base della Scheda di valutazione appositamente predisposta, che costituiva un elemento unificante nell’articolazione del giudizio, mentre per le altre due i correttori erano liberi nella scelta dei criteri. (nell’82% delle prove). Di entità inferiore, ma non meno significativa, la presenza di errori rilevata tramite il descrittore «Organizzazione degli argomenti intorno ad un’idea di fondo, presenza e sviluppo di un’idea di fondo» (nel 57,6% delle prove) e tramite il descrittore «Scelta di argomenti pertinenti, presenza di riferimenti adeguati e funzionali al discorso» (nel 46,2% delle prove)6. I risultati dello studio dunque, come afferma Luca Serianni nella sua riflessione densa di spunti operativi sugli esiti della rilevazione, «permettono di sfatare alcuni pregiudizi e di richiamare l’attenzione sulle carenze effettive: un’operazione indispensabile per mettere in atto interventi mirati»7. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato 30 Gli strumenti di valutazione — Gli strumenti di valutazione utilizzati nell’ambito della ricerca sono stati realizzati e validati in collaborazione tra scuola, ricerca e accademia. La Scheda di valutazione (Documento 1), parte integrante del Quadro di riferimento della ricerca8 e unica per tutte le tipologie di prove, si suddivide in tre parti: i) attribuzione di un valore a ciascuno dei diversi descrittori che compongono le singole competenze linguistiche; ii) attribuzione di un punteggio per singola competenza; iii) attribuzione di un punteggio alla prova nel suo insieme. Non è possibile trovare Il vantaggio della schegli abbellimenti stilistici da è permettere di valutare in modo puntuale e anasenza concepire ed litico la padronanza linesprimere un pensiero, né guistica, mirando i diversi comunicare un pensiero livelli: quello dei singoli chiaramente senza la descrittori costitutivi delluce delle parole. la «padronanza della lingua», quello delle quattro (Cicerone, De oratore) competenze linguistiche e quello dell’elaborato nel suo complesso. Attraverso le riletture dell’elaborato necessarie a rispondere alle diverse forme di valutazione presenti nelle tre parti della scheda, è possibile arrivare alla formulazione di un giudizio che da un lato tenga conto degli elementi analitici – il valore attribuito ai singoli descrittori – e, dall’altro, assegni un punteggio a ciascuna competenza e un voto all’elaborato nel suo complesso, evitando che quest’ultimo risulti dalla media dei punteggi assegnati a ciascuna competenza. La Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti (Documento 2) è un approfondimento della scheda precedente e si articola secondo le quattro competenze linguistiche già definite, al cui interno sono collocati i descrittori specifici di ciascuna competenza, raggruppati per macroambito. Nella riflessione su argomentazione e scrittura, a margine della rilevazione del 2009, Dario Corno partiva dalla considerazione che la capacità di ar- “ „ gomentare è riscontrabile «in facoltà propriamente cognitive di cui la principale è la capacità ideativa predisposta nel reperire, valutare, organizzare ed elaborare le idee che si presentano nel testo»9. Pertanto concludeva asserendo che il curricolo di scrittura avrebbe dovuto mostrare una maggiore attenzione a far ragionare gli studenti sugli schemi linguistici (analisi del periodo) e sugli schemi cognitivi (costruzione di modelli argomentativi). L’indagine ha mostrato infatti come la competenza ideativa presenti il grado maggiore di criticità nella produzione scritta in uscita dal percorso scolastico e ha confermato la difficoltà degli studenti italiani nella gerarchizzazione delle idee e nella padronanza delle tecniche argomentative. Questa carenza, peraltro, emerge anche da altri dati empirici sul percorso scolastico, che forniscono elementi a supporto della necessità di avviare la costruzione di un curricolo verticale per lo sviluppo delle capacità logiche e argomentative, a partire dalla scuola dell’infanzia. Per il primo ciclo, gli esiti delle rilevazione IEA-PIRLS 2011 sulle competenza di lettura evidenziano, per l’Italia, una difficoltà maggiore rispetto ad altri paese OCSE nel dominio cognitivo «fare inferenze semplici»10. A questo corrisponde, nella rilevazione TIMSS 2011, al quarto anno di scolarità, una difficoltà in matematica e una ancora più netta difficoltà in scienze, nella capacità di ragionamento. Inoltre nelle rilevazioni TIMSS sia per il quarto sia per l’ottavo anno «sembra emergere una certa debolezza degli studenti italiani nel processo cognitivo di ragionamento»11. Tale tendenza, come viene sottolineato nel rapporto12, costituisce un dato di attenzione che, se confermato nelle rilevazioni future, rende necessaria una riflessione didattico-metodologica. Dall’analisi dei risultati 2011 delle rilevazioni internazionali sembra emergere inoltre un peggioramento dei risultati degli studenti nel corso degli anni e nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria. Al quarto anno di scolarità gli studenti italiani si collocano al di sopra della media internazionale, mentre all’ottavo ottengono un punteggio intorno alla media.13 Proprio nella direzione della costruzione di un curricolo verticale per un’educazione argomentativa di base, possono essere utilizzate le indicazioni – riportate nei documenti istituzionali e nei materiali resi pubblici delle ricerche nazionali e internazionali - su contenuti (il che cosa) e su obiettivi e contesti di apprendimento (il come). Tali indicazioni per la costruzione di un curricolo permetterebbero di avviare una riflessione condivisa e, conseguentemente, di sperimentare percorsi operativi di ricerca-azione che abbiano le caratteristiche della verticalità e della gradualità, a partire dalla scuola dell’infanzia14. Va aggiunto, per chiarezza, che per il primo ciclo le indicazioni per la costruzione di un curricolo verticale sull’argomentazione di base sono più organiche e puntuali e forniscono materiale agli insegnanti e alle scuole per avviare interventi mirati e coerenti anche su base nazionale, mentre man mano che si sale le indicazioni sono meno dettagliate e non seguono una linea di continuità. Per il secondo biennio e per l’ultimo anno spetterebbe alle scuole un intervento di progettazione corposo e complesso, in quanto sono attualmente pochi gli elementi disponibili ai fini dell’elaborazione di un curricolo verticale. Cosa dicono i compiti di matematica — Cfr. F. Sabatini, Quadro di riferimento, www.invalsi.it/ download/QUADRORIFERIMENTO.pdf, p. 1. 2 Hanno supportato metodologicamente la ricerca e contribuito alla definizione delle linee guida e degli strumenti di valutazione, per l’italiano, l’Accademia della Crusca, e per la matematica, l’UMI (Unione Matematica Italiana). 3 Nell’indagine sono denominati «correttori interni» i docenti della commissione d’esame e «correttori esterni» i docenti selezionati dall’INVALSI tra i docenti di scuola secondaria con esperienza di esami di Stato, provenienti da tutti gli indirizzi di scuola e da tutte le aree geografiche, formati in appositi seminari. 4 Per la sessione 2007 il commissario interno era il docente di italiano della classe. 5 L’indagine è stata realizzata nell’ambito di una collaborazione tra INVALSI e Università La Sapienza di Roma, con la consulenza scientifica del professor L. Serianni. 6 Cfr. C. di Chiacchio e P. Giangiacomo, Gli esiti della ricerca. Risultati delle analisi descrittive, nel Rapporto disponibile sul sito dell’INVALSI. 7 Cfr. L. Serianni, Quali sono i punti dolenti dell’italiano scritto a scuola?, ib., pp. 37-42. 8 Il Quadro di riferimento dell’indagine è stato redatto nel 2007 e rivisto nel 2009 sotto la guida dell’Accademia della Crusca. Si tratta di un piccolo manuale, quasi un prontuario di linguistica italiana, che mira a stabilire criteri di giudizio sulla “norma” e a chiarire la validità di taluni limiti all’accettabilità di vari usi linguistici. 9 Le citazioni sono tratte da Argomentazione e scrittura. Cenni per un’analisi dei dati di valutazione che accompagna l’analisi della Rilevazione degli apprendimenti. Prove scritte di Italiano e Matematica, a.s. 2008-2009, disponibile sul sito dell’INVALSI. 10 11 12 13 Cfr. Indagini IEA 2011 PIRLS e TIMSS: i risultati degli studenti italiani in lettura, matematica e scienze, sito INVALSI, pp. 153-154; 165; 168. 14 cfr. L. Grossi, Per un curricolo verticale sull’argomentazione: tra ricerca, evidenze empiriche e documenti istituzionali, di prossima pubblicazione su Insegnareonline, rivista CIDI. 15 Cfr. Elementi della prova di matematica per l’analisi delle competenze linguistiche, reperibile su www.invalsi.it/ download/rapporti/es2_0312/Rapporto_matematica_ prove_2010.pdf. 16 G. Bolondi, Invalsi: l’italiano manda in crisi anche la matematica, sul sito Il sussidiario 17 L.Serianni,Leggere scrivere argomentare,Laterza,Bari 2013. Lina Grossi ha collaborato in attività di formazione e ricerca con università, enti di ricerca, associazioni d’insegnanti, scuole e reti di scuole. Per l’INVALSI ha coordinato progetti sulla valutazione degli apprendimenti e sulle competenza di lettura e scrittura. Come insegnante di liceo, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano. È autrice di articoli e saggi su riviste specializzate, monografie, rapporti di ricerca, nonché di testi scolastici e di ricerca didattica. 31 Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato In questa ottica è auspicabile inoltre una collaborazione tra le discipline, in particolare tra italiano e matematica. Un lavoro di ricerca in questo ambito è stato avviato contestualmente alla terza fase della ricerca citata, i cui risultati sono stati resi pubblici nel 2012. Con uno schema parallelo a quello usato per i compiti di italiano (in qualche caso traducendo i medesimi indicatori) si è cercato di rilevare come le capacità logico-argomentative si esplicitano attraverso: la costruzione di un discorso matematico; l’organizzazione delle idee; l’utilizzo delle informazioni e la loro rielaborazione mediante gli strumenti specifici del linguaggio della matematica15. Ne è scaturito un risultato non inatteso, come scrive Giorgio Bolondi: «I compiti di italiano ci dicono che i ragazzi non riescono a usare la lingua italiana per collegare, saldare, ordinare le idee e le esperienze; con una dinamica assolutamente parallela, i compiti di matematica ci dicono che non riescono a usare il linguaggio matematico (e il linguaggio naturale) per collegare, ordinare le informazioni e i risultati parziali, costruire una argomentazione; verificare i propri risultati»16. Come per l’italiano, le carenze emerse dalla rilevazione sulle seconde prove di matematica mettono in risalto carenze non superficiali ma stratificate e di lunga durata nella scuola italiana: «una difficoltà trasversale di organizzazione del pensiero, comune al discorso linguistico e a quello matematico». Tutto questo, scrive ancora Bolondi, suggerisce piste di lavoro per gli insegnanti e una proposta peraltro non rivoluzionaria: che docenti di diverse discipline lavorino in sinergia, per esempio sul lessico scientifico o nella stesura di testi in attività di laboratorio. In questa prospettiva la Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti può fornire indicazioni specifiche in ambito didattico per realizzare esercizi mirati di scrittura, funzionali alle singole esigenze didattiche e rispondenti alle carenze individuate.A questo riguardo si può fare riferimento alle indicazioni e alle ampie esemplificazioni disponibili sulla scrittura e l’argomentazione17. NOTE 1 DOCUMENTO 1 SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLA I PROVA ESAME DI STATO II CICLO PARTE A – VALUTAZIONE ANALITICA La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato 32 La “padronanza linguistica” è descrivibile e misurabile attraverso indicatori, costituiti da quattro specifiche competenze, ciascuna delle quali è a sua volta analizzabile mediante descrittori essenziali.Tali competenze sono relative a: 1. la capacità di realizzare un testo come struttura coerente e coesa, adeguata per assetto formale e caratteri complessivi alla finalità comunicativa; 2. l’uso corretto delle strutture del sistema linguistico e della sua forma scritta; 3. l’ampiezza e l’uso semanticamente appropriato delle risorse lessicali; 4. la capacità, sostenuta dall’insieme delle capacità sopra indicate, di reperire, elaborare ed esporre idee e argomenti in un discorso chiaro ed efficace. VALUTAZIONE ANALITICA DELLA PADRONANZA LINGUISTICA INDICATORI COMPETENZE: I. TESTUALE Impostazione e articolazione complessiva del testo DESCRITTORI di ciascuna competenza a) Rispetto delle consegne (secondo il tipo di prova) b) Coerenza e coesione nello svolgimento del discorso c) Ordine nell’impaginazione e partizioni del testo (in capoversi ed eventuali paragrafi) a) Padronanza delle strutture morfosintattiche e della loro II. flessibilità e varietà GRAMMATICALE Uso delle strutture grammaticali e del sistema b) Uso consapevole della punteggiatura in relazione al tipo di testo ortografico e interpuntivo c) Correttezza ortografica III. LESSICALE-SEMANTICA Disponibilità di risorse lessicali e dominio della semantica a) Consistenza del repertorio lessicale b) Appropriatezza semantica e coerenza specifica del registro lessicale c) Uso adeguato dei linguaggi settoriali a) Scelta di argomenti pertinenti IV. IDEATIVA Capacità di elaborazione e ordinamento delle idee b) Organizzazione degli argomenti intorno a un’idea di fondo c) Consistenza e precisione di informazioni e dati d) Rielaborazione delle informazioni attraverso commenti adeguati e valutazioni personali non estemporanee 1. Ai quattro livelli si attribuiscono i seguenti valori a = basso; b = medio-basso; c = medio-alto; d = alto Livello1 a b c d PARTE B – VALUTAZIONE PER SINGOLA MATERIA VALUTAZIONE PER COMPETENZE I Impostazione e articolazione testuale complessiva II Uso delle strutture grammaticali e del sistema ortografico e interpuntivo III Disponibilità di risorse lessicali e dominio della semantica Punteggio in quindicesimi per ogni competenza IV Capacità di elaborazione e ordinamento delle idee 33 VALUTAZIONE GLOBALE VOTO sull’elaborato nel suo complesso (in quindicesimi)2 NOTA DI SEGNALAZIONI relativa a fatti grafici esclusi dalla valutazione e dall’attribuzione dei punteggi • Forte deformazione grafica delle lettere ☐ • Commistione di maiuscole corsive e maiuscole stampatello ☐ • Netta prevalenza di maiuscole stampatello ☐ • Uso di segni grafici provenienti da sistemi di scrittura abbreviata (usi di SmS o chat del tipo xké, +, nn, ecc.) 2. È questa la sede nella quale si deve tenere maggio conto degli aspetti di “contenuto”. ☐ Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato PARTE C – VALUTAZIONE GLOBALE DOCUMENTO 2 SCHEDA DI RILEVAZIONE DEGLI ERRORI RICORRENTI Anno scolastico Codice identificativo dello studente Codice identificativo del correttore Tipologia di prova scelta VALUTAZIONE ANALITICA DELLA PADRONANZA LINGUISTICA Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato 34 INDICATORI COMPETENZE: DESCRITTORI di ciascuna competenza A Risposte puntuali alle singole domande (anche attraverso una risposta unitaria) Utilizzo dei documenti e dei dati forniti B1 Rispetto delle conseguenze (secondo la tipologia di prova) Titolo Lunghezza Utilizzo dei documenti e dei dati forniti B2 Titolo Tipo di giornale Lunghezza I. TESTUALE Impostazione e articolazione complessiva del testo C Pertinenza alla traccia D Pertinenza alla traccia Enunciazioni coerenti in sé Enunciazioni contribuiscono alla costruzione di un testo complessivamente coerente La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Corretto uso di connettivi Coerenza e coesione nello svolgimento del discorso Corretto uso di coesivi Rispetto dei parallelismi sintattici (senza indebite violazioni del progetto sintattico annunciato dal primo membro) Esplicitazione delle inferenze che normalmente in un testo orale vengono taciute Enunciazione sintetica (assenza di amplificazioni non funzionali al discorso) Ordine nella impaginazione e partizione del testo Testo organizzato secondo una progessione tematica compatta (nell’analisi del testo, se non si opta per una modalità di risposta per singole domande e nel saggio breve) Corretto uso Sì No N/D Uso corretto dei verbi (modi, tempi, transitivi e intransitivi) Rispetto delle concordanze (soggetto e predicato, ecc) Padronanza delle strutture morfologiche sintattiche e della loro flessibilità e varietà Uso corretto delle reggenze morfosintattiche Uso corretto delle coerenze del gerundio Rispetto della struttura morfologica del verbo Virgolette metalinguistiche Correttezza ortografica e segni paragrafematici Apostrofo Parentesi Accento Altro Uso appropriato dei termini III. LESSICALESEMANTICA Disponibiltà di risorse lessicali e dominio della semantica Consistenza del repertorio lessicale Rispetto delle solidarietà lessicali Assenza di malapropismi Assenza di parole generiche usate come incapsulatori Appropriatezza semantica e coerenza specifica del registro lessicale Coerenza delle scelte stilistiche ed espressive Appropriatezza del registro in relazione al tipo di testo Assenza di burocratismi usati in contesti non burocratici IV. IDEATIVA Capacità di elaborazione e ordinamento delle idee Uso adeguato dei linguaggi settoriali Padronanza del linguaggio settoriale specifico (per esempio scientifico e retorico-metrico nell’analisi di un testo poetico) Scelta di argomenti pertinenti Presenza di riferimenti adeguati e funzionali al discorso Organizzazione degli argomenti attorno a un’idea di fondo Corenza e precisione di informazioni e dati Presenza e sviluppo di un’idea di fondo Assenza di affermazioni a vario titolo imprecise (che tradiscono una preparazione lacunosa e affrettata) Rielaborazione delle informazioni Assenza di affermazioni estemporanee attraverso commenti adeguati e valuta- o non mediate che rivelano scarso approfondimento zioni personali non estemporanee 35 Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato II. Uso corretto del pronome relativo GRAMMATICALE Uso delle Uso proprio di costrutti sintattici modellati sull’oralità strutture grammaticali Uso proprio della frase nominale e del sistema ortografico e Uso consapevole della punteggiatura Uso corretto dei segni interpuntivi interpuntivo in relazione al tipo di testo dossier Il “teacher” sotto esame La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / Il “teacher” sotto esame 36 Come si affronta all’estero, in particolare negli Stati Uniti, il problema della valutazione degli insegnanti. di Francesca Nicola D edichiamo questo Dossier ad approfondire l’attuale dibattito sulla valutazione meritrocratica degli insegnanti in corso negli Stati Uniti per due buoni motivi. Il primo sta nella ricchezza della sperimentazione. Di fatto, vuoi per il regime di relativa autonomia con cui i singoli Stati organizzano la scuola, vuoi per il ragguardevole numero di esperimenti pilota, oggi gli Stati Uniti appaiono una fucina di esperienze diverse e spesso fra loro discordanti. Se nella maggior parte delle città i professori godono di aumenti di stipendio solo per scatti di anzianità, in molte si tiene conto dei risultati ottenuti dai loro allievi negli esami finali e in altre ancora sono attivi programmi innovativi fondati sull’idea che per smuovere i docenti dal torpore siano necessari incentivi forti, sia positivi sia negativi. Il più articolato fra questi, non a caso denominato IMPACT, prevede una complessa valutazione basata su un gran numero di parametri, dalla quale conseguono da una parte forti aumenti di stipendio per i professori migliori ma dall’altra il licenziamento immediato per quelli risultati insufficienti o incapaci di migliorarsi, cioè “appena sufficienti” per due anni consecutivi. Il secondo motivo di interesse della situazione americana sta nella spinta operata da “Race to the Top”, la riforma dell’educazione fortemente voluta dal presidente Obama. Tale programma, infatti, cerca di indirizzare le realtà scolastiche locali nello stesso senso in cui pare dirigersi la Buona scuola italiana,ossia verso una moderata differenziazione stipendiale fra i professori sulla base di una valutazione in cui, oltre ai test finali degli allievi, ha un forte peso anche il giudizio del preside, nell’idea che la leva demiurgica di una scuola efficente risieda nella sua capacità di leadership. Glenn Ford come professore in Il seme della violenza, 1955, diretto da Richard Brooks. 37 Dossier / Il “teacher” sotto esame Gli Stati Uniti sono quindi, oggi e per noi, una situazione interessante. Ma non va però dimenticato che, almeno per quanto riguarda il sistema pubblico elementare e secondario, le scuole americane non raggiungono affatto il “top” mondiale, come pure vorrebbe il presidente Obama. Cosa accade in Finlandia, a Shangai e in Canada — Dossier / Il “teacher” sotto esame 38 La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Da Il seme della violenza, 1955, diretto da Richard Brooks. ↓ Se poi prendiamo in considerazione i Paesi veramente eccellenti in campo scolastico e accademicamente sempre più competitivi, come la Finlandia, il Canada e Shanghai,le sorprese non mancano. Questi Paesi, infatti, non possiedono alcun sistema di differenziazione stipendiale dei professori fondato sulla rilevazione dei risultati e/o su giudizi valutativi del loro operato. Là dove erano in atto, sono stati abbandonati optando per una strategia diversa, sintetizzabile nell’idea di rendere la professione insegnante molto più difficile di quanto si sempre stata nel passato. Si è scoperto che si ottengono risultati migliori obbligando i docenti a dedicare molto tempo nel prepararsi a entrare in aula. Da una parte, acquisiscono così una significativa autonomia didattica, dall’altra, soprattutto, l’orgoglio professionale derivato dal superare prove difficili e continue si è rivelato una motivazione al maggior impegno persino superiore agli aumenti di stipendio differenziati. La Finlandia, per esempio, esige che tutti gli insegnanti ottengano una laurea magistrale in educazione. Inoltre, tutti i programmi includono un impegnativo corso di pedagogia: chi sale in cattedra deve aver scritto una tesi su un tema di politica educativa o di pratica didattica. Soprattutto, ogni insegnante trascorre tutto il primo anno della professione imparando da un mentore esperto. Shanghai ha un approccio un po’ diverso: gli aspiranti insegnanti frequentano il 90% dei corsi universitari delle materie che poi insegneranno e sono tenuti a portare a termine gli stessi programmi universitari degli studenti che conseguono un dottorato di ricerca in matematica o in scienze. Come in Finlandia, tuttavia, i novelli insegnanti di Shanghai trascorrono il primo anno di lavoro sotto la supervisione di un tutor, ossia di un docente esperto che viene alleggerito di alcune mansioni didattiche in modo da poter dedicare parecchio tempo alla formazione dei nuovi insegnanti. Seguendo questo approccio, la Finlandia è stata in grado di abolire l’accountability basata sui risultati dei test, scoprendo che le persone che mettono molto impegno nel prepararsi sono poi ben attrezzate a sviluppare autonomamente programmi di studio e autovalutazioni. Ciò che soprattutto sta a cuore ai professori, almeno a quelli finlandesi, non è guadagnare di più dei colleghi scansafatiche, ma percepire di svolgere una professione prestigiosa. E il modo più efficace per aumentare il prestigio di questa professione non è renderlo più facile, ma più difficile, in modo che sempre più giovani intelligenti siano attratti dal rigore dei programmi educativi. Queste politiche, infine, si sono dimostrate vincenti anche per un altro aspetto del problema educativo spesso occultato dalle discussioni ideologiche: l’importanza cioè di una buona distribuzione sul territorio dei professori eccellenti, in modo che accettino di lavorare nelle situazioni più problematiche facendosene carico. È uno sforzo aggiuntivo compiuto solo da insegnanti fortemente motivati,certamente ben pagati, ma soprattutto orgogliosi di una professionalità duramente acquisita. Francesca Nicola è dottore in Antropologia all’Università Bicocca di Milano. Esperienze di valutazione nelle scuole americane La gestione delle scuole è fortemente differenziata negli Stati americani, e i distretti attivano numerose sperimentazioni. Ma i risultati non sono univoci. 39 di Thomas Toch e Robert Rothman Ventuno anni dopo, nel 2004, la Teaching Commission, un panel di 19 luminari nazionali presieduto da Louis Gerstner,già chairman della IBM, affermava la stessa urgenza, sottolineando che «precludendo la possibilità di un compenso basato sulla performance falliamo nell’attrarre gli individui più talentuosi e motivati nelle nostre scuole». Anche se dall’avvento del salario unico per gli insegnanti negli anni Venti sono state fatti molti esperimenti, la maggior parte non sono durati più di un paio di anni.Questo non dovrebbe sorprendere. I sindacati sono in parte responsabili; hanno combattuto l’aggancio degli stipendi alla performance a partire dalla loro ascesa negli anni Sessanta. Ma vi è un’altra ragione raramente menzionata: pagare gli insegnanti sulla base della performance richiede un sistema di misurazione credibile della qualità del lavoro docente, cosa che la maggior parte delle scuole pubbliche non ha. Un insieme di fattori, mancanza di accountability per le performance scolastiche, ambivalenza dei sindacati e la pratica dell’educazione pubblica di usare le credenziali degli insegnanti come un indicatore della loro qualità, hanno determinato la diffusione di sistemi di valutazione superficiali e capricciosi, che spesso non misurano né la qualità dell’istruzione, né l’apprendimento degli studenti. Lo stato problematico della valutazione degli insegnanti è un problema largamente ignorato nell’educazione pubblica, con conseguenze che vanno oltre il dibattito sul retribuire o meno maestri e professori in base alla performance. La loro valutazione è al centro dell’impresa educativa, ma si tratta di un’impresa che costerebbe 400 miliardi all’anno in salari e benefits. Il compito di costruire un migliore sistema di valutazione è difficile e importante. Credenziali e non prestazioni — Non è giusto aspettarsi che le persone facciano di un compito una priorità quando il sistema in cui lavorano lancia il segnale che quel compito non è importante. È proprio questo il punto della valutazione degli insegnanti. L’istruzione pubblica definisce la qualità degli insegnanti in gran parte in termini di crediti che hanno guadagnato al college, piuttosto che sulla base della qualità del lavoro che svolgono nelle aule o dei risultati che i loro studenti raggiungono. C’è certo del buon senso nel pensare che gli insegnanti di lettura (o reading, insegnamento nella middle school americana) che entrano nelle aule sappiano Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane G enerazioni di riformatori hanno cercato di rafforzare i ranks dell’insegnamento delle scuole pubbliche, e quasi sempre le loro raccomandazioni hanno incluso l’abolizione dello stipendio fisso. La pratica pressoché universale nella scuola pubblica è pagare gli insegnanti sulla base non della loro prestazione, ma solo dei crediti che hanno accumulato al college e del numero di anni di insegnamento. Già nel 1955 gli organizzatori di una conferenza sull’educazione organizzata dalla Casa Bianca avvisavano il Presidente Eisenhower che «deve essere fatto ogni sforzo per trovare modi per premiare gli insegnanti a seconda della loro abilità senza aprire le porte della scuola a pratiche ingiuste». Un concetto ribadito anche nel celeberrimo rapporto Una nazione a rischio, un’analisi sullo stato della scuola negli Stati Uniti pubblicata a Washington nel 1983 da parte dell’amministrazione Reagan, destinata a diventare una pietra miliare nella storia dell’educazione americana. In quell’atto di accusa che scosse gli Stati Uniti, e che continua a influenzarne la politica educativa, si stabiliva che i salari degli insegnanti dovevano essere «professionalmente competitivi, sensibili al mercato e basati sulle performance». come i bambini imparano a leggere e che gli insegnanti di algebra siano dotati di strategie efficaci per insegnare le equazioni di secondo grado, poiché tutte queste sono competenze che a rigor di logica dovrebbero essere già state aquisite al college. Ma studi recenti hanno dimostrato che i crediti acquisiti non garantiscono affatto la capacità di insegnare. Un rapporto del 2005 su 9400 insegnanti di Los Angeles di Thomas Kane, professore ad Harvard e di Douglas Staiger, docente a Dartmouth, non ha trovato alcuna differenza significativa fra i risultati degli studenti di docenti che avevano la certificazione rispetto e quelli di maestri che non la posedevano. In alcuni casi, anzi, gli insegnanti senza licenza hanno prodotto risultati nettamente superiori a quelli certificati. Nel suo tentativo di migliorare la scuola, la legge federale No Child Left Behind (NCLB) del 2001 ha involontariamente intensificato la cultura “credenzialista” della pubblica istruzione. La legge ha infatti cercato di migliorare la qualità degli insegnanti, imponendo che le scuole impieghino solo quelli «altamente qualificati». Tutta- Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane 40 “ Il programma dello stipendio fisso è un prodotto del sessismo e dei favoritismi che affliggevano la professione docente all’inizio del ventesimo secolo. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 „ via, per misurare la loro idoneità alla docenza, impone che gli Stati utilizzino le qualifiche che gli insegnanti portano in classe, piuttosto che le loro prestazioni concrete in aula. Il programma dello stipendio fisso,un prodotto del sessismo e dei favoritismi che affliggevano la professione docente all’inizio del XX secolo, riflette e rafforza l’enfasi della pubblica istruzione sulle credenziali a scapito delle prestazioni. Non sorprende, allora, che valutare i docenti non sia una priorità in molti Stati. Il National Council on Teacher Quality (NCTQ), un’organizzazione no profit, riferisce che solo 14 Stati richiedono che le loro scuole testino i loro insegnanti della scuola pubblica almeno una volta l’anno. Alcuni sono addirittura più permissivi. Il Tennessee, per esempio, richiede queste valutazioni solo due volte ogni dieci anni. I sindacati? Pessimi valutatori — Un’analisi del NCTQ dei contratti degli insegnanti nei 50 maggiori distretti della Nazione (quelli cui si iscrive il 17% degli studenti degli Stati Uniti), suggerisce che la valutazione degli insegnanti non è imposta neanche dai regolamenti locali, nei quali sono i sindacati a dettare i requisiti professionali. Ma lo studio ha rilevato che solo due terzi dei mansionari sindacali impone che maestri e professori siano valutati almeno una volta all’anno; un quarto lo richiede solo ogni tre anni. Le stesse valutazioni sono poi generalmente di poco valore, riducendosi quasi sempre a un’unica e rapida visita in aula da parte di un amministratore non addestrato nella valutazione, guidato da una lista di controllo delle condizioni della classe e dei comportamenti degli insegnanti, lista che spesso non ha niente a che fare con la qualità dell’istruzione.In genere si tratta di un paio di dozzine di note, quali «Si veste in modo presentabile», «Inizia a lavorare in orario», «La lezione tiene occupati gli studenti», dice la professoressa della Michigan State University Mary Kennedy, studiosa della valutazione e autrice di Inside Teaching: How Classroom Life Undermines Reform. «Nella maggior parte dei casi, non è niente di più che il segnare un soddisfacente o un insoddisfacente». Con questi sistemi di valutazione è facile per gli insegnanti ottenere un punteggio elevato, e questo indipendentemente dal fatto che i loro studenti imparino veramente. Raymond Pecheone, esperto di valutazione degli insegnanti presso la Stanford University, suggerisce a titolo di esempio che un maestro può, allo stato attuale, ottenere un giudizio «soddisfacente» nella voce «utilizzo delle immagini» anche solo appendendo in aula un modellino tridimensionale del sistema solare, al di là del fatto che gli studenti possono uscire dalla classe senza alcuna idea del ruolo del sole nel sistema solare o di altri concetti chiave. Non sorprende che i risultati di tali valutazioni siano spesso dubbi. Donald Medley della University of Virginia e Homer Coker della Georgia State University, in uno studio del 1987 dal titolo The Accuracy of Principals’ Judgments of Teacher Performance, hanno illustrato diverse ricerche che stabilivano come la relazione tra il punteggio medio degli insegnanti e i successi scolastici degli studenti fosse «vicina allo zero». I dirigenti scolastici se la sono cavata meglio. In un recente studio, Brian Jacob della Kennedy School of Government di Harvard e Lars Lefgren, della Brigham Young University, hanno comparato i punteggi degli insegnanti con i risultati degli studenti su test standardizzati. I dirigenti scolastici sono stati in grado di identificare con una certa precisione i loro insegnanti migliori e peggiori. Va comunque detto che nella maggior parte dei sistemi pubblici i dirigenti scolastici non rendono operativi i loro talenti. Un recente studio del sistema scolastico di Chicago condotto dall’organizzazione no-profit New Teacher Project, per esempio, ha scoperto che l’87% delle 600 scuole della città non ha emesso alcun voto «insoddisfacente» per un maestro tra il 2003 e il 2006. Eppure ben 69 scuole del distretto state dichiarate fallimentari dalla città. Di tutte le valutazioni degli insegnanti condotte in quegli anni, solo il 3% ha prodotto un voto «non soddisfacente», mentre il 93% dei 25 000 insegnanti ha ricevuto voti come «molto buono» ed «eccellente». Sembra che i presidi usino le valutazioni per aiutare gli insegnanti a migliorare le loro prestazioni tanto spesso quanto danno valutazioni insoddisfacenti. In molti casi non si preoccupano neppure di discutere i risultati delle loro valutazioni con gli insegnanti. Molti riformatori della scuola, tra cui i sostenitori dell’importanza di retribuire gli insegnanti in base alla performance,basano le valutazioni sui voti degli studenti nei test standardizzati. Si tratta di una strategia ragionevole: è il modo più diretto per misurare le prestazioni degli insegnanti, poiché l’insegnamento è, in ultima analisi, l’aiutare gli studenti a imparare. Ma poiché, come detto, al momento l’unico modo per misurare i risultati degli studenti su larga scala è attraverso i punteggi dei test standardizzati, il tutto si complica. Per prima cosa, solo circa metà degli insegnanti degli Stati Uniti insegna materie che vengono testate. Non è dunque possibile utilizzare i punteggi dei test degli studenti per valutarne l’altra metà. In secondo luogo, la maggior parte dei test standardizzati che sarebbero stati utilizzati nelle valutazioni degli insegnanti oggi, ossia i test stabiliti da No Child Left Behind, si focalizzano su competenze di basso livello e soprattutto su poche materie, in primo luogo la lettura, la matematica e le scienze. Non misurano invece le abilità più avanzate, come la scrittura espositiva o la capacità di pensare in modo creativo o analitico, e non considerano la storia, l’arte, la musica, e altre materie. Di conseguenza, non possono catturare l’abilità di un insegnante nello stimolare gli studenti, ad esempio, a imparare l’astronomia o ad apprezzare un romanzo. Come sostiene Pecheone «questi test privilegiano un livello pedagogico molto basso». Gli insegnanti migliori, quelli che hanno un repertorio didattico più ampio e sono in grado di coinvolgere gli studenti al di là delle nozioni di base, sono in svantaggio. Può essere ragionevole, di conseguenza, utilizzare i punteggi dei test come modo per scoraggiare i docenti più deboli, ma non per individuare i migliori insegnanti. C’è anche da dire che gli insegnanti hanno a che fare con ragazzi diversi di classe in classe e di scuola in scuola. Alcuni lavorano con studenti che provengono da contesti privilegiati, che in precedenza hanno avuto ottimi maestri e che spesso sono dunque molto brillanti. Altri insegnano a studenti meno fortunati, meno preparati e meno capaci. Dunque dare agli insegnanti voti alti solo se i loro studenti hanno punteggi al- ti si traduce in molti errori di valutazione sulle reali capacità degli insegnanti. I maestri di bambini ricchi possono fare un lavoro terribile in classe, ma è probabile che i loro studenti ottengano comunque punteggi più alti dei coetanei meno privilegiati. E gli insegnanti di studenti meno privilegiati possono fare un grande lavoro ma avere studenti con punteggi bassi. I sistemi di valutazione di questo tipo incorporano in partenza questa ingiustizia, creando un forte incentivo per gli insegnanti ad abbandonare il più in fretta possibile le scuole più difficili. Il modo più comune di riportare il rendimento degli studenti nei test standardizzati,inoltre, è una percentuale da mettere a confronto con gli standard statali. Ma Stati diversi hanno standard diversi. Quindi è molto più facile per gli insegnanti avere voti soddisfacenti in Stati con bassi standard. Consideriamo ad esempio il caso del Colorado e della South Carolina.Il Thomas B. Fordham Institute e la Northwest Evaluation Association, entrambe società che studiano i test, hanno recentemente calcolato quale sarebbe la performance degli studenti con un punteggio appena sufficiente in ↑ Da Il seme della violenza, 1955, diretto da Richard Brooks. Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane Misurare i professori attraverso gli studenti — 41 La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane 42 Da Il seme della violenza, 1955, diretto da Richard Brooks. ↓ lettura e in matematica in un test nazionale. Hanno scoperto che gli studenti di terza media in Colorado farebbero un 14% sulla prova nazionale in lettura, e che le loro controparti in South Carolina, dove gli standard di lettura sono molto più alti, realizzerebbe un 71%. Non sorprende, di conseguenza, che molti insegnanti sono fortemente contrari a valutazioni basate sostanzialmente o esclusivamente sui risultati dei test degli studenti. Vi è dunque un rischio ulteriore di tali sistemi: le persone che vi sarebbero sottoposte non pensano siano credibili. Nonostante quanto detto, sul fronte dei test non vi sono solo notizie negative: stanno per esempio emergendo diverse soluzioni per ovviare all’ingiustizia delle valutazioni basate su test fatte a insegnanti che lavorano con studenti svantaggiati. Calcolando la performance di un insegnante sulla base di quanto i punteggi dei test dei loro studenti aumentino nel corso di un anno scolastico, queste soluzioni sono in grado di isolare gli effetti dei singoli docenti sull’apprendimento dei ragazzi e di determinare il “valore aggiunto” che forniscono. Gli insegnanti non vengono così premiati per avere una classe di alto livello o penalizzati per il fatto di insegnare a studenti che vanno meno bene a scuola. Permangono però due grandi difficoltà. In primo luogo, la presenza di classi con un numero molto basso di studenti rende difficile calcolare statisticamente l’impatto magistrale sui loro punteggi. In secondo luogo, solo circa un terzo degli Stati ha attualmente i sistemi necessari per collegare insegnanti e studenti e per fare calcoli informatici. Alcuni sistemi scolastici contrattano aziende private per eseguirli. Ma sono ancora pochi, circa 300 su 14 000 a livello nazionale. Un nuovo modello: TAP e BEST — Alcune iniziative locali, statali e nazionali hanno cercato una soluzione diversa, proponendo sistemi di valutazione più completi. Charlotte Danielson ha avuto in ciò un ruolo importante. Nei primi anni Novanta lavorava presso l’Educational Testing Service (ETS), la società di test con sede a Princeton,New Jersey, conosciuta per avere elaborato gli esami di ammissione ai college, come SAT e GRE. In quegli anni Danielson era entrata a far parte di una squadra che si occupava di sviluppare un pacchetto di esami per attribuire agli insegnanti la licenza, noto come Praxis. Praxis I è una prova di lettura e di matematica di base; Praxis II una serie di test su materie varie e su principi pedagogi e didattici. Danielson, che oggi ha 65 anni, ha poi lavorato a Praxis III, un programma finalizzato a misurare le competenze degli insegnanti appena laureati. Il suo compito è stato sviluppare un sistema per formare i valutatori e per giudicarne i punti di forza e di debolezza. Quando ha debuttato nel 1993, Praxis III faticava a prendere piede (oggi, solo l’Arkansas e l’Ohio richiedono ai candidati di superare una valutazione per avere la licenza di insegnamento). Ma Danielson aveva notato che gli insegnanti della scuola pubblica formati come valutatori apprezzavano il sistema e lo consideravano uno strumento efficace per migliorare l’insegnamento. Ha quindi esortato ETS ad adattare Praxis III per la formazione e la valutazione degli insegnanti veterani. ETS non ha accettato, ma ha dato il permesso a Danielson di andare avanti da sola con il progetto. Lei lo ha fatto, e nel 1996 ha pubblicato un manuale, Enhancing Professional Practice: A Framework for Teaching (Migliorare la pratica professionale: un quadro per l’insegnamento). Danielson suddivide l’insegnamento in quattro categorie (pianificazione e preparazione, ambiente scolastico, istruzione, e responsabilità professionali), 22 temi (che vanno dal dimostrare la conoscenza delle materie al progettare modi per motivare gli studenti), e 77 competenze chiave (come e quando utilizzare diversi gruppi di studenti e le modalità più efficaci di offrire un feedback agli studenti). Nel 1999 il System for Teacher and Student Advancement corso del tempo, qualcosa che le valutazioni non possono fare. Persone addestrate dallo Stato valutano i portfoli utilizzando quattro giudizi: insegnanti incerti, competenti, abili, e avanzati. Lo Stato istituisce comitati formati dai migliori insegnanti del Connecticut per redigere le norme, poi distribuite e fatte circolare presso centinaia di insegnanti,amministratori,e team di insegnanti in tutto il Paese prima che gli standard siano definiti. Mentre le valutazioni tradizionali tendono a essere unidimensionali, basandosi esclusivamente su una singola osservazione di un insegnante in classe, i modelli globali catturano un quadro molto più ricco delle performance di un insegnante. I portfoli, ad esempio, comprendono materiale didattico, i lavori degli studenti, due video di 20 minuti del candidato mentre lavora con gli studenti in aula, le riflessioni degli insegnanti sulle due lezioni registrate e note di colleghi e di genitori degli studenti. Anche il National Board or Professional Teaching Standards, un’organizzazione no-profit e no-partisan che si dedica a promuovere l’eccellenza nell’educazione negli Stati Uniti, utilizza il sistema dei portfoli. Gli aspiranti insegnanti che chiedono all’organizzazione una certificazione di abilità alla docenza devono presentare un portfolio didattico, oltre a dover superare sei esercizi online in uno dei 400 centri di valutazione del Paese per dimostrare le competenze nelle materie che insegnano. In totale, i candidati spendono tra le 200 e le 400 ore a dimostrare la loro competenza in cinque aree: impegno per l’apprendimento degli studenti; conoscenza della materia e di come insegnarla; monitoraggio dell’apprendimento degli studenti; capacità di impostare in modo sistematico e strategico l’insegnamento; crescita professionale. Un vantaggio aggiunto dei portfoli è che,a differenza dei test standardizzati, possono essere utilizzati per valutare i docenti in quasi ogni disciplina. La certificazione del National Board è in grado di includere infatti circa il 95% degli insegnanti delle scuole elementari e secondarie. Il lavoro di squadra migliora la motivazione — Un altro modo per contrastare la natura limitata e personale di molte valutazioni convenzionali è sottoporre gli insegnanti a più valutazioni da parte di più valutatori. Nelle scuole che utilizzano il TAP, gli insegnanti vengono valutati almeno tre volte all’anno da squadre di “master” e di “mentori” (i master sono più anziani e hanno meno ore insegnamento dei mentori).Le scuole combinano i vari punteggi delle diverse valutazioni e dei valutatori in un’unica valutazione annuale delle prestazioni. “Un vantaggio aggiunto dei portfoli è che, a differenza dei test standardizzati, possono essere utilizzati per valutare i docenti in quasi ogni disciplina. „ I valutatori TAP devono dimostrare la capacità di valutare prima che il TAP consenta loro di fare le valutazioni dal vivo. Ogni valutazione viene poi inserita in un sistema di gestione delle prestazioni TAP che produce grafici e diagrammi dei risultati per confrontare i punteggi di valutazione di una scuola con gli standard a livello nazionale. In Connecticut, ogni portfolio BEST è giudicato da tre valutatori addestrati dallo Stato che insegnano la stessa materia del candidato. I portfoli che non vanno bene sono rivalutati da una quarto valutatore. Come nel programma TAP, i valutatori devono completare quasi una settimana di formazione e dimostrare la capacità di giudicare 43 Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane (TAP) ha messo il modello di Danielson al centro di un programma globale per rafforzare l’insegnamento attraverso valutazioni didattiche, coaching, salti di carriera e compensazioni basate sulla performance. Il sistema è ora presente in 180 scuole con 5 000 docenti e 60 000 studentiIn cinque Stati e nel Distretto di Columbia TAP ha ottimizzato gli standard di insegnamento di Danielson,trasformandoli in tre categorie principali: istruzione alla progettazione e alla pianificazione, ambiente di apprendimento e istruzione, 19 sottogruppi riferiti a fattori come le ore destinate alla progettazione delle lezioni, la frequenza e la qualità delle domande in aula, la garanzia che agli studenti vengano insegnate competenze impegnative. Le scuole che usano il TAP valutano i loro insegnanti utilizzando una rubrica come quella di Danielson, che formula un voto alle prestazioni come «insoddisfacente», «competente» o «esemplare». Come sostiene Katie Gillespie, un insegnante di quinta elementare a DC Preparatory Academy, una charter school del distretto di Columbia al suo terzo anno di utilizzo di TAP, «sono norme e rubriche che creano un linguaggio comune sull’insegnamento per gli educatori». Un altro esempio di valutazione “completa” dell’insegnamento è stato sperimentato dal Dipartimento della Pubblica Istruzione del Connecticut, che nel 1989 ha creato un programma (il Connecticut’s Beginning Educator Support and Training Program, BEST) per supportare il proprio corpo docente prima fornendo ai nuovi insegnanti mentori e formatori e poi, nel secondo anno, chiedendo a loro di presentare un portfolio che racconti una loro unità didattica. Questa deve impegnare almeno cinque ore di insegnamento, in modo da cogliere come i docenti stimolano la comprensione degli studenti di un argomento nel Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane 44 accuratamente i portfoli prima di partecipare al programma. Non sorprende che il fatto di utilizzare valutatori con competenze nelle materie dei candidati, come fanno TAP e BEST, rafforzi la qualità delle valutazioni. Come rimarca Mike Gass, direttore esecutivo dell’istruzione secondaria nella contea di Eagle, Colorado, dove 15 scuole del distretto utilizzano TAP, «il processo di apprendimento non è la stesso per la chimica e per la lettura». Nelle valutazioni tradizionali, che vengono fatte da dirigenti ↑ Da Il seme della violenza, 1955, diretto da Richard Brooks. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 “Ogni portfolio BEST è giudicato da tre valutatori addestrati dallo Stato che insegnano la stessa materia del candidato. „ scolastici o da loro assistenti, è raramente possibile utilizzare valutatori che abbiano la stessa preparazione del candidato, soprattutto a livello della scuola media e superiore, dove gli insegnanti di solito insegnano una sola materia. Molte valutazioni, di conseguenza, si concentrano su come i docenti insegnano, a scapito di ciò che insegnano. La presenza di specialisti della materia, la valutazione delle rubriche, la formazione dei valutatori che TAP e BEST garantiscono, aumenta l’affidabilità delle valutazioni, producendo giudizi più coerenti.A differenza delle valutazioni tradizionali, i sistemi di Toledo, Cincinnati e del Connecticut fanno parte di programmi per migliorare le prestazioni degli insegnanti, non solo per eliminare le mele marce. In un’epoca in cui la ricerca sottolinea sempre più che le condizioni di lavoro sono più importanti di una retribuzione più elevata, gli insegnanti nei programmi di valutazione multifattoriali sostengono che la combinazione di ampie valutazioni e del coaching che ricevono contribuisce a rendere le loro condizioni di lavoro più professionali e quindi più attraenti. La validità del giudizio sta nella completezza — Le valutazioni complete, con norme di punteggio, molteplici osservazioni in classe da parte di più valutatori e un ruolo attivo sia per gli studenti sia per gli insegnanti, sono preziose, indipendentemente dai risultati degli studenti e indipendentemente dal fatto che consentano di eliminare pochi o molti cattivi maestri. Contribuiscono al miglioramento dell’insegnamento e a creare un’atmosfera più professionale nelle scuole. Rendono l’insegnamento pubblico più attraente. Persone capaci vogliono lavorare in ambienti dove percepiscono d’essere importanti, e il fatto di usare sistemi di valutazione come motori di miglioramento professionale segnala che l’insegnamento è uno di questi ambienti. Sistemi di valutazione completi inviano il messaggio che gli insegnanti sono professionisti che fanno un lavoro importante. C’è sempre un certo grado di soggettività nella valutazione di un lavoro complesso, ma TAP e altri sistemi completi utilizzano standard, rubriche e valutatori molteplici sufficientemente obiettivi da essere credibili agli occhi degli insegnanti. L’importanza di un ambiente di lavoro professionale si riflette in un sondaggio nazionale degli insegnanti del 2007 organizzato dalle associazioni no-profit Public Agenda e National Comprehensive Center for Teacher Quality (NCCTQ). Entrambe hanno scoperto che,se viene offerta una scelta tra due scuole identiche, il 76% dei docenti nella secondaria e l’81% dei maestri preferirebbe stare in una scuola in cui gli amministratori supportano gli insegnanti piuttosto che in un’altra con salari superiori. Nello stesso sondaggio, il 70% degli insegnanti ha dichiarato la propria disillusione verso la politica del salario fisso. Quelli più giovani, in particolare, vogliono lavorare in un ambiente che premia le prestazioni.Non si fidano né del fatto che dirigenti scolastici li valutino, né che lo facciano i test somministrati agli studenti. In un rapporto del 2007, il Center for Reinventing Public Education, un ente no-profit, ha sottolineato che solo il 3% dei professori considerava valido il punteggio dei test degli studenti come fattore per determinare i salari. «I punteggi dei test da soli non sono la risposta», sintetizza Lowell Milken, creatore e presidente della Milken Family Foundation, «ma molteplici misure possono esserlo». Tratto da: T. Toch e R. Rothman, Rush to Judgement: Teachers Evaluations in Public Schools, Education Sector Report,gennaio 2008. Traduzione di Francesca Nicola. Thomas Toch, Robert Rothman sono esperti di politiche educative negli USA, autori di importanti ricerche sugli effetti delle recenti riforme. IMPACT: la strategia degli incentivi forti Dal 2009 una controversa riforma scolastica nel distretto di Columbia valuta gli insegnanti combinando fra loro diversi criteri. È un sistema nato per rispondere alle critiche sindacali, ma contempla anche il licenziamento dei professori risultati insufficienti. 45 Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti di Thomas Dee, James Wyckoff N egli ultimi anni si è sviluppato un grande consenso attorno all’idea che la qualità degli insegnanti sia un fattore fondamentale nel successo scolastico degli studenti. Non esiste però alcun consenso su come incoraggiare in modo sistematico il miglioramento del loro lavoro. I distretti scolastici e le scuole stanziano risorse considerevoli per lo sviluppo professionale degli insegnanti (ad esempio, nella formazione), nonostante il fatto che, sorprendentemente, vi siano prove poco rigorose sull’efficacia di questi sforzi. Inoltre solo in pochissimi casi lo sviluppo professionale è guidato da valutazioni precise dei punti di forza e di debolezza dei singoli insegnanti. Infine, decenni di ricerche empiriche hanno fornito poche indicazioni sulle caratteristiche di maestri e professori che possano predirne le qualità. Tuttavia, i programmi basati sullo stipendio fisso comunemente utilizzati nei distretti scolastici pubblici degli Stati Uniti compensano gli insegnanti in base a leggi che di solito premiano solo l’esperienza degli insegnanti e le loro credenziali accademiche. I critici di questo status quo sostengono che questi sistemi di retribuzione rigidi non sono in grado di attrarre e di mantenere una forza lavoro insegnante di alta qualità, soprattutto nelle scuole più difficili, dove le condizioni di lavoro sono più dure ma lo stipendio, a causa della politica dello stipendio fisso, è simile a quello delle scuole migliori. Un’insoddisfazione che ha sollecitato nuovi sforzi per progettare e attuare programmi di valutazione delle prestazioni e di retribuzione differenziata degli insegnanti. L’entusiasmo di alcuni politici verso l’abolizione del salario fisso è evidente in iniziative federali e statali, come “Race to the Top” che promuove, tra le varie cose, la progettazione e l’uso di misurazioni della performance dei docenti. Tuttavia, questi sforzi sono anche straordinariamente controversi, e la loro attuazione sembra essere irregolarmente attuata nei vari distretti scolastici della nazione. La discussione, così scottante negli Stati Uniti, sull’opportunità di riformare la valutazione degli insegnanti e la loro retribuzione ha preso avvio diversi anni fa sotto l’allora cancelliere Michelle Rhee a partire dai cambiamenti introdotti nel Distretto Scolastico di Columbia (District of Columbia Public Schools, DCPS). Nell’anno accademico 2009-10, il distretto ha introdotto IMPACT, un sistema di valutazione degli insegnanti progettato per guidare il miglioramento della qualità del lavoro docente e degli studenti. Da una parte IMPACT ha stabilito di- “ IMPACT ha stabilito diverse misurazioni esplicite delle prestazioni degli insegnanti. Ha predisposto sia grandi incentivi finanziari sia minacce di licenziamento. „ verse misurazioni esplicite delle prestazioni degli insegnanti, e dall’altra ha predisposto grandi incentivi finanziari e minacce di licenziamento. Nei primi tre anni, gli insegnanti valutati come «molto efficaci» hanno ricevuto un sostanziale aumento di stipendio, mentre altre centinaia, classificati inefficaci (o poco efficaci per due anni consecutivi), sono stati licenziati. Gli sforzi statali e locali per fornire maggiori incentivi agli insegnanti non sono affatto nuovi. Un recente corpus di studi sperimentali su piccola scala suggerisce che gli incentivi finanziari a breve termine La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti 46 Denzel Washington professore in Il potere della parola, 2007, diretto dallo stesso Washington. ↓ verso gli insegnanti vincolati esclusivamente ai risultati degli studenti nei test sono in gran parte inefficaci. Tuttavia, IMPACT ha diverse caratteristiche che la distinguono dai programmi tradizionali: in primo luogo include sia incentivi forti, quali, come già detto, la minaccia di licenziamento per gli insegnanti a basso rendimento,sia grandi ricompense finanziarie per gli insegnanti con alte prestazioni. Una seconda caratteristica di IMPACT è che i suoi incentivi sono legati a una misurazione multidimensionale delle performance educative (ad esempio a più osservazioni in classe oltre ai punteggi dei test degli alunni), che quasi sicuramente hanno maggiore validità dei meri punteggi dei test. In terzo luogo, il distretto di Columbia fornisce agli insegnanti il supporto necessario per aiutarli a soddisfare le aspettative che IMPACT impone (ad esempio garantendo coach agli insegnanti). In quarto luogo, gli incentivi di IMPACT hanno forte credibilità per gli insegnanti, perché fanno parte di un programma pluriennale e su ampia scala. Non sorprende quindi che questo programma innovativo abbia sollevato una grande discussione a livello nazionale. La valutazione degli insegnanti — La pratica delle valutazioni degli insegnanti si è evoluta rapidamente negli ultimi anni. Tradizionalmente, i presidi locali hanno valutato le prestazioni dei singoli insegnanti utilizzando procedure abbastanza superficiali e relativamente non strutturate che, semplicemente, classificano i singoli insegnanti come soddisfacenti o insoddisfacenti. Queste denominazioni binarie hanno prodotto solo in pochi casi, se non addirittura in nessuno, conseguenze significative, ad esempio per quanto riguarda la retribuzione, l’avanzamento di carriera o lo sviluppo professionale.In questi approcci meno strutturati, infatti, quasi tutti gli insegnanti sono di solito classificati come soddisfacenti. I ricercatori continuano a fare progressi verso il miglioramento della validità e dell’affidabilità dei sistemi di valutazione. Tuttavia, un consenso crescente sottolinea l’importanza di un approccio equilibrato, basato sull’articolazione di standard e di obiettivi, fondato su più fonti e che utilizzi molteplici valutatori accuratamente addestrati. In particolare, le raccomandazioni finali del progetto Misures of Effective Teaching (MET), uno studio di tre anni che ha indagato la misurazione dell’insegnamento, ha concluso che l’efficacia degli insegnanti è meglio identificata da misure che impiegano simultaneamente come dati i risultati scolastici degli studenti, rigorose osservazioni in classe e indagini tra gli studenti. maggior parte degli incentivi instabili e demoralizzanti. Al contrario, Dale Ballou, professore di politiche pubbliche, ha sottolineato che la premiazione del merito è più diffusa nelle charter schools,letteralmente le “scuole del prestito”, ossia le scuole primarie o secondarie che ricevono denaro pubblico o donazioni private e sono soggette alle stesse regole delle scuole pubbliche, ma sono generalmente più autonome. Le riflessioni di Ballou suggerirebbero che non vi è nulla di unico nei contesti educativi che renderebbe gli incentivi impraticabili. Piuttosto, Ballou attribuisce la scarsa diffusione degli incentivi agli insegnanti e ai sindacati. L’incertezza degli studi sulla valutazione — L’evidenza empirica sugli effetti degli incentivi per gli insegnanti è stata fino a poco tempo fa metodologicamente debole. Tuttavia, alcuni recenti studi condotti in distretti specifici hanno fornito alcune prove del fatto che la produttività dei docenti aumenta quando sono forniti loro incentivi finanziari. Ad esempio, Project on Incentives in Teaching (POINT), uno studio durato tre anni, ha messo a disposizione degli insegnanti di matematica delle scuole medie di Nashville premi individuali per più 15 000 dollari se i loro studenti raggiungevano soglie di performance alte. Un altro progetto ha fornito agli insegnanti di New York premi fino a 3000 dollari per il raggiungimento degli obiettivi di performance. In questo studio, le scuole hanno avuto una certa flessibilità nella progettazione dei loro incentivi e la maggior parte ha scelto di impiegare degli incentivi di gruppo. Le stime sull’impatto di questa esperienza suggeriscono che la presenza di incentivi non ha aumentato il rendimento scolastico e che anzi potrebbe averlo abbassato. Un terzo caso studio di incentivi di gruppo di 6000 dollari è stato condotto in un distretto scolastico della periferia del Texas e non ha fornito alcuna evidenza sugli effetti degli incentivi sui risultati degli studenti, sugli atteggiamenti o le pratiche degli insegnanti. Un quarto studio, focalizzatosi su nove scuole della periferia di Chicago, ha concluso che vi sono miglioramenti sostanziali in termini di prestazioni degli studenti quando gli incentivi sono inquadrati come potenziali perdite, piuttosto che come guadagni. È interessante notare che le minacce di licenziamento in IMPACT condividono questa funzione di «avversione alla perdita». I risultati incerti di questi studi sollevano notevoli dubbi sull’efficacia di incentivi basati su compensi come leva per il miglioramento dell’insegnamento. Una possibile spiegazione è che gli insegnanti tendano già in partenza a essere altamente “Il distretto fornisce agli insegnanti il supporto necessario per aiutarli a soddisfare le aspettative che IMPACT impone. „ motivati, per cui ulteriori incentivi suscitano scarse risposte comportamentali. Inoltre, può essere che ai docenti manchi la volontà (o, eventualmente, la capacità) di rispondere agli incentivi collegati strettamente ed esclusivamente ai punteggi dei test. Notiamo anche che nessuno di questi esperimenti su piccola scala è stato collocato in una strategia di ampio respiro per il reclutamento, lo sviluppo professionale e il mantenimento di insegnanti efficaci, soprattutto nel lungo periodo. Come funziona IMPACT — Nel contesto attuale, ci sono diversi motivi sostanziali per cui IMPACT offre un’opportunità unica di esaminare gli effetti di 47 Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti I sistemi che si basano esclusivamente sullo stipendio fisso sono stati quasi universali nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti per oltre mezzo secolo. Tuttavia,in tutto questo periodo, ci sono stati frequenti tentativi statali e locali di mettere a disposizione agli insegnanti incentivi di vario tipo che legano la retribuzione al merito. Queste includono ricompense per il rendimento degli studenti (ad esempio, nei punteggi dei test o di laurea), per l’acquisizione di competenze e certificazioni specifiche e per l’assunzione di ulteriori responsabilità professionali, nonché una compensazione differenziata per gli insegnanti di soggetti con bisogni speciali nelle scuole difficili. I fautori degli incentivi agli insegnanti sostengono che possono portare a miglioramenti attraverso molteplici canali: 1. fornendo incentivi finanziari agli insegnanti perché si concentrino maggiormente e aumentino i loro sforzi; 2. incoraggiando lo sviluppo di forti capacità di insegnamento; 3. aumentando gli incentivi agli insegnanti altamente performanti perché entrino o rimangano nelle scuole soggette agli incentivi; 4. promuovendo una selezione virtuosa dei docenti. Tuttavia, in generale, i programmi di incentivazione degli ultimi cinquanta anni sono stati di dimensioni modeste e di breve durata. In un articolo diventato ormai classico sulla questione, gli economisti Richard Murnane e David Cohen (1986) sostengono che il fallimento della maggior parte dei programmi basati sul merito per gli insegnanti è radicato in un fondamentale «problema di valutazione». Hanno cioè sostenuto che il sostegno a tali iniziative si sgretola rapidamente perché la natura intrinsecamente «imprecisa» dell’insegnamento efficace rende la La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti 48 un pacchetto robusto di incentivi basati sulle prestazioni. In primo luogo è l’unico programma che ha introdotto incentivi forti: sia la minaccia di licenziamento per gli insegnanti con un basso rendimento sia incentivi finanziari molto alti per quelli con alte prestazioni. In secondo luogo, IMPACT collega gli incentivi a una misurazione multiforme del rendimento degli insegnanti, ad esempio, con norme chiaramente articolate e con fonti diverse di dati tra cui diverse osservazioni strutturate in classe, piuttosto che semplicemente con i punteggi dei test degli studenti. In terzo luogo IMPACT ha fornito ai docenti vari tipi di supporto, come tutor per aiutarli a soddisfare le aspettative richieste. Infine, “Ogni anno a ogni insegnante è attribuito un unico punteggio che riassume le sue prestazioni secondo diversi fattori. „ IMPACT non è un progetto pilota su piccola scala e temporaneo, ma piuttosto una grande iniziativa su scala nazionale. Il funzionamento di IMPACT è relativamente semplice. Alla fine di ciascun anno accademico ai singoli insegnanti del distretto di Columbia è attribuito un unico punteggio che riassume le loro prestazioni secondo diversi fattori. La componente principale del punteggio complessivo per la maggior parte degli insegnanti si basa su rigorose osservazioni in classe legate al Teaching and Learning Framework (TLF). Il TLF specifica i criteri con cui lo Stato definisce l’istruzione efficace in base a più fattori (la bravura nel preparare lezioni ben organizzate, la capacità di stimolare la comprensione degli studenti e di spiegare i contenuti in modo chiaro, l’abilità di ottimizzare il tempo), e struttura una rubrica di punteggio. Il punteggio TLF di un insegnante è tipicamente basato su cinque osservazioni formali: tre di queste sono fatte da un amministratore (ad esempio da un dirigente o scolastico o da un suo assistente) e due da un “maestro educatore” (vale a dire da un esperto professionista che viaggia in più scuole per condurre osservazioni TLF indipendentemente dagli amministratori). Solo la prima osservazione dell’amministratore viene preventivamente annunciata agli insegnanti. Considerare tutte le variabili — Una seconda componente del punteggio complessivo è basata sulle prove di rendimento degli studenti. Più in particolare, questi punteggi includono il calcolo dell’Individual Value Added (IVA), ossia il contributo stimato di un insegnante alla crescita dei suoi studenti.È calcolato solo per gli insegnanti del Gruppo 1, quelli per cui è possibile la stima del valore aggiunto (ad esempio solo per gli insegnanti di lettura e di matematica nelle classi che vanno dalla quarta all’ottava). L’IVA, quindi, non si applica alla maggior parte dei docenti, circa l’83%,per i quali vale invece il Teacher-Assessed Student-Achievement (TAS). All’inizio di ogni anno accademico,gli insegnanti scelgono (e gli amministratori approvano) determinati obiettivi di apprendimento. Alla fine dell’anno, gli amministratori giudicano il tasso di successo nel raggiungimento di questi obiettivi attarverso una rubrica che enfatizza l’apprendimento degli studenti o la padronanza dei contenuti didattici. Tutti gli insegnanti sono valutati dai loro amministratori attraverso una rubrica che misura il loro sostegno alle iniziative della scuola e la partnership con le famiglie e con i colleghi, ossia il cosiddetti Commitment to School Community (CSC). Infine, i dirigenti scolastici valutano il Professionality Core (CP) di ogni insegnante, vale a dire la sua presenza, la puntualità e il rispetto per le politiche e le procedure scolastiche. La media ponderata di questi punteggi costituisce il risultato complessivo di un insegnante. A loro volta, i punteggi sono stati suddivisi in quattro categorie valutative della professionalità, che distinguono fra insegnanti altamente efficaci (HE) (punteggio di 350 o più), efficaci (E) (punteggi 250-349), poco efficaci (ME) (punteggi 175249) e inefficace (I) (sotto 175). Gli insegnanti inefficaci sono stati immediatamente licenziati e quelli valutati come poco efficaci sono stati soggetti a una minaccia di licenziamento. Allo stesso tempo, con IMPACTplus, il distretto scolastico di Columbia ha però fornito premi per gli insegnanti con prestazioni alte. In particolare, dal 2009 al 2012, IMPACTplus ha messo a disposizione un bonus una tantum per gli insegnanti che ammonta a 25 000 dollari. Le dimensioni dei bonus variavano sulla base del fatto che il docente insegnasse in una scuola difficile, che l’insegnante facesse parte del gruppo 1 (ossia, come già detto, del gruppo che include gli insegnanti cui si applica la stima del valore aggiunto) e che il docente insegnasse a soggetti con bisogni speciali. Per la maggior parte degli insegnanti, il valore concreto di questo aumento permanente di stipendio può essere sostanziale. Tratto da: T. Dee, J. Wyckoff, Incentives, Selection, and Teacher Performance: Evidence from IMPACT, The National Bureau of Economic Research, ottobre 2013. Traduzione di Francesca Nicola. Thomas Dee insegna educazione a Stanford. James Wyckoff insegna politiche educative alla Università della Virginia. Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni Questo editoriale del «Washington Post», di Joel Klein, sino al 2011 direttore delle scuole di New York, ha inaugurato un pubblico dibattito sul ruolo dei docenti: perché il principio meritocratico non si applica anche a loro? 49 C on l’infuriare del dibattito sui sindacati pubblici e, in particolare,sul loro ruolo nella riforma della scuola qui negli Stati Uniti, è emersa nei media un’infelice dicotomia tra gli insegnanti. Da un lato, i sindacati e molti docenti sostengono che maestri e professori sono diffamati ingiustamente, che lavorano duramente e in circostanze difficili e che sono sottopagati. I critici, invece, affermano che il nostro sistema educativo non funziona e che abbiamo bisogno di insegnanti migliori. Notano anche che oggi gli insegnanti hanno tutele sociali inesistenti nel settore privato, come la pensione a vita, i benefit sanitari e giornate lavorative brevi. Entrambe le parti hanno ragione. Insegnare è incredibilmente difficile, soprattutto quando si tratta di bambini delle comunità povere che vengono a scuola carichi di problemi enormi. Molti insegnanti lavorano duramente, si fermano a scuola sin dopo le sei e continuano a lavorare a casa per preparare lezioni e compiti in classe.Alcuni ottengono ottimi risultati, anche con gli studenti più difficili. Sono veri eroi americani, e dovrebbero essere riconosciuti come tali. Purtroppo, non lo sono. D’altra parte, ce ne sono altri che lavorano con l’orologio, si fanno vedere un minuto prima dell’ingresso in aula e lasciano la scuola un minuto dopo le tre; quando sono in classe fanno il minimo indispensabile. Ottengono risultati pessimi con gli studenti, e se si passa del tempo nelle loro classi, come ho fatto io negli ultimi otto anni, è dolorosamente ovvio che appartengono a un’altra categoria di lavoratori. Il problema è che la nostra discussione troppo spesso non riesce a distinguere tra questi tipi diversi, trattandoli invece allo stesso modo. Una posizione, (o sei a favore o sei contro gli insegnanti) che non solo falsa il dibattito pubblico, ma azzera la possibilità di fare qualcosa di concreto. Qualsiasi riforma deve iniziare a riconoscere che gli insegnanti sono il nostro bene più importante. Ecco perché abbiamo bisogno di trattare l’insegnamento come una professione, sostenendone l’eccellenza, lottando per il suo miglioramento continuo e liberandolo dai non professionisti. Ahimè, non facciamo niente di tutto questo. Che siano scrupolosi o meno, che lavorino in scuole problematiche o in scuole prestigiose, gli inse- gnanti americani sono trattati esattamente allo stesso modo: vengono pagati ogni anno un po’ di più semplicemente per il principio di anzianità. Consideriamo le lotte per il licenziamento degli insegnanti. In molti Stati dell’Unione, in caso di esubero è obbligatorio licenziare i docenti sulla base del principio di anzianità inversa: i più vecchi rimangono mentre i giovani sono fuori.Questo è folle. Conoscete qualcuno che direbbe «voglio il chirurgo più anziano» piuttosto che «voglio il miglior chirurgo»? Certo, l’esperienza conta. Ecco perché, nel baseball, la recluta dell’anno non è quasi mai il giocatore più prezioso. Ma è comunque migliore di molti “Come direttore del Dipartimento dell’Educazione di New York, la cosa che mi ha scioccato di più è stata che l’intero sistema evita distinzioni in base al merito. „ giocatori veterani, cosa di cui ogni squadra tiene conto al momento di decidere la sua rosa. Dal giorno in cui sono diventato direttore del Dipartimento dell’Educazione della città di New York, la cosa che mi ha scioccato di più è stata che l’intero sistema evita distinzioni Dossier / Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni di Joel Klein La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni 50 ↑ Da Il potere della parola, 2007, diretto e interpretato da Denzel Washington. in base al merito. I sindacati, in particolare, hanno ben capito che una volta che cominciamo a differenziare in base al merito, le persone si abituano a queste differenze e ne tengono conto. Nessuno vuole che un insegnante con un basso rendimento insegni al proprio figlio. I critici sostengono che non si può ragionevolmente valutare la prestazione degli insegnanti, e che dunque l’attuale sistema organizzato in ranghi di anzianità è comunque il migliore. Questo è ridicolo. Chi non pensa che alcuni suoi maestri sono stati fantastici e altri terribili? Anche se è vero che non ci sono sistemi di valutazione perfetti, tuttavia un sistema ragionevole e basato sul merito è realizzabile. In primo luogo, dovremmo guardare i progressi degli studenti che ogni insegnante ottiene confrontando gli insegnanti che affrontano le stesse sfide, ad esempio, quelli che partono con bambini con basso rendimento dovrebbero essere confrontati solo con insegnanti nelle stesse condizioni. Molti ricercatori hanno fatto proprio questo e hanno trovato grandi differenze nei risultati. Potrebbero anche essere applicati altri metodi più tradizionali, come l’adozione di una serie di criteri che possono essere condivisi dai presidi e/o dagli insegnanti più esperti. Potremmo prendere in considerazione meriti come i contributi di un insegnante alla comunità scolastica, ad esempio il rimanere fino a tardi a scuola per allenare una squadra di matematica. Quali che siano i criteri, il punto chiave è che dobbiamo valutare, distinguere e fare derivare da tali distinzioni alcune conseguenze. Facciamo agli insegnanti un enorme sfavore perpetuando il mito che non siamo in grado di valutare la loro prestazione e che, di conseguenza, né la loro eccellenza, né la loro scarsa professionalità hanno un peso. Gli insegnanti sono troppo importanti per i nostri studenti e per il futuro del Paese per considerarli ingranaggi intercambiabili. Tratto da: J.Klein,What the school reform misses about teachers, pubblicato l’11 marzo 2011 sul «The Washington Post». Traduzione di Francesca Nicola. Joel Klein è stato fino al 2011 direttore del Dipartimento dell’Educazione della città di New York, il più grande degli Stati Uniti (serve più di un milione di studenti distribuiti in 1660 scuole). È considerato una delle persone più influenti nelle politiche educative americane. Rendere l’insegnamento sempre più difficile Le esperienze dicono che il rendimento dei professori non cresce valutandone i risultati, ma modificando radicalmente l’addestramento e la loro carriera. 51 L’ ex direttore delle scuole di New York Joel Klein ha scritto un editoriale sul «Washington Post» in cui, giustamente, ci esorta a fare tutto quello che serve per rafforzare a lungo termine la professione insegnante. La sua ricetta per farlo, però, rivela fino a che punto sono state mal diagnosticati sia il problema sia la soluzione. Klein parte con il constatare come gli insegnanti siano diventati «ingiustamente diffamati» nelle conversazioni in corso sulla riforma dell’istruzione, e poi, dopo aver celebrato quei pochi docenti valorosi che definisce «eroi americani», dedica il resto dell’articolo a criticare quelli che fanno il minimo indispensabile. Secondo Klein il problema è «distinguere tra questi tipi di insegnanti», non trattarli allo stesso modo. Voglio ribattere che il problema, più in generale, sta nel parlare di qualsiasi professione in termini binari. Per essere chiari: ci sono insegnanti che lavorano guardando l’orologio. Li ho visti con i miei occhi, e ho lavorato con loro, con mille frustrazioni. Sono una minoranza, come lo sono gli insegnanti eroici. Qual- siasi riforma scolastica, quindi, ha bisogno di focalizzarsi meno su questi stereotipi e più sulla stragrande maggioranza delle persone che insegnano, quelle che potrebbero, con gli aiuti e con le misure giuste, diventare educatori migliori ma che invece lottano per rimanere a galla e che spesso cambiano professione, stufi e scoraggiati. Purtroppo Klein, da questo punto di vista, manca l’obbiettivo. Non una volta il suo articolo menziona il nodo principale della scuola: il processo di apprendimento. Piuttosto, Klein si lamenta (a ragione) di aspetti concreti del diritto del lavoro, suggerendo (a torto) che tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un sistema che «guarda a quanti progressi gli insegnanti ottengono dai loro studenti». Capisco la motivazione che lo muove, ed è certamente attraente immaginare un processo lineare e ordinato con cui misurare quanto gli adulti sono stati in grado di insegnare. Ma, semplicemente, tutto questo non è possibile. Su questo punto voglio essere chiaro: ripensare il modo in cui valutiamo e diamo un feedback agli insegnanti è parte essenziale di qualsiasi riforma a lungo termine, e ha senso che una parte di tali valutazioni siano estrapolate a partire dalle valutazioni degli studenti, siano esse quantitative o qualitative. Farlo bene, tuttavia, richiede una comprensione molto più profonda del continuum non lineare e individuale lungo cui si dipana il rapporto fra insegnamento e apprendimento. Come il signor Klein ha ribadito più volte, si tratta di un mondo con il quale egli stesso ha avuto poca interazione diretta, e verso cui sembra aver sviluppato uno scarso interesse. In poche parole, i risultati degli studenti, così come siamo arrivati a definirli, possono o non possono significare un “ È necessaria una comprensione molto più profonda del continuum non lineare e individuale lungo cui si dipana il rapporto fra insegnamento e apprendimento. „ apprendimento effettivo. E l’eccellenza degli insegnanti, così come Klein propone di definirla, farebbe poco più che rafforzare l’attuale, miope, sistema di valutazione dei docenti. Possiamo, e dobbiamo, fare di meglio. Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile di Sam Chaltain Un sistema equo e adeguato deve affrontare la risorsa più fondamentale di tutte, ossia la preparazione degli educatori, prima di tutto predisponendo “ Se ci si aspetta che gli studenti raggiungano standard più elevati, anche gli educatori devono rispettare standard più elevati. „ La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile 52 un apparato ben congegniato che assicuri alta qualità e un miglioramento della preparazione, garantendo anche che insegnanti ben addestrati siano a disposizione di tutti gli studenti in tutte le comunità del Paese. Se ci si aspetta dagli studenti che raggiungano standard più elevati, è ovvio che anche gli educatori devono rispettare standard più elevati. Devono saper insegnare in modi che permettono ai ragazzi di padroneggiare contenuti impegnativi e sono tenuti a rispondere alle esigenze specifiche dei diversi studenti, compresi quelli con bisogni educativi speciali. Studenti e famiglie come capri espiatori — Investire in educatori qualificati è anche fondamentale per l’innovazione delle scuole locali. Se a queste va data fiducia su varie questioni educative, insegnanti e dirigenti scolastici devono essere profondamente aggiornati sui processi di insegnamento e di apprendimento, sul curriculum e sul miglioramento della scuola. Quando il pubblico manca di fiducia verso la professionalità degli educatori, tendenzialmente i legislatori aumentano le restrizioni burocratiche che, in un circolo vizioso, riducono, invece di aumentare l’efficacia della scuola. La nostra incapacità di garantire che tutti gli educatori abbiano la preparazione e i supporti di cui necessitano ha progressivamente soffocato la voce degli insegnanti su come i nostri figli dovrebbero essere educati. Dal cosa insegnare ai bambini a quali debbano essere le regole per la loro promozione, abbiamo delegato sempre più decisioni alle autorità centralizzate.Il problema delle soluzioni burocratiche, però, è che i bambini non sono standardizzati e quindi le pratiche concrete non possono essere ridotte a routine.Per essere efficaci, gli insegnanti devono sapere adattarsi alle esigenze individuali degli studenti. Per ironia della sorte, le politiche prescrittive create in nome della responsabilità pubblica possono ridurre la reattività di una scuola verso le esigenze dei suoi studenti e verso i desideri dei loro genitori. Gli studenti e le famiglie diventano così i capri espiatori del fallimento scolastico, dal momento che nessuna persona si assume la responsabilità dell’impatto collettivo che il sistema ha sulle possibilità di apprendimento degli allievi. A differenza delle nazioni che hanno ottimi risultati scolastici, gli Stati Uniti lasciano la preparazione dei buoni insegnanti al caso, senza un approccio sistematico al loro reclutamento, alla loro preparazione, valutazione, sviluppo, o mantenimento nella professione. Di conseguenza, con pochi aiuti governativi per la loro preparazione e la loro supervisione, gli insegnanti americani entrano con livelli di formazione drammaticamente diversi: quelli meno preparati insegnano ai bambini più vulnerabili. Hanno stipendi nettamente diversi: quelli che insegnano agli studenti più bisognosi guadagnano il minimo. Vivono in condizioni radicalmente diverse: quelli delle comunità più ricche beneficiano di piccole classi e di condizioni di lavoro favorevoli, mentre quelli nelle comunità più povere spesso insegnano in grandi classi senza libri, materiale didattico e supporti necessari. Solo pochi godono di un mentoring o un coaching, ossia di supervisione e aiuto da parte di docenti esperti. In molti Stati, le scuole che servono gli studenti con maggiori bisogni devono fronteggiare un continuo turnover di insegnanti,che mina sia l’apprendimento degli studenti sia il progresso della scuola nel complesso, contribuendo al fallimento a lungo termine di entrambi. Nel frattempo, negli ultimi due decenni, le nazioni con i migliori risultati scolastici, che raramente sperimentano una carenza di insegnanti, hanno fatto notevoli investimenti nella formazione docente e nella distribuzione equa degli insegnanti. Questi Paesi abitualmente preparano i loro insegnanti più a lungo, li pagano bene in relazione a lavori concorrenti, e danno loro il tempo necessario per imparare la professione. Distribuiscono inoltre gli insegnanti, in modo che quelli ben preparati siano presenti ovunque. Offrendo stipendi equi, e, talvolta, incentivi per le posizioni più difficili, questi Paesi garantiscono una formazione di alta qualità per tutti i candidati, completamente a spese del governo,con almeno un anno di pratica didattica in una scuola collegata all’università; la supervisione di insegnanti esperti per tutti i principianti nei loro primi anni di insegnamento, da associare ad altri aiuti,come un carico didattico ridotto e la pianificazione condivisa; stipendi equi (spesso con retribuzioni aggiuntive per le posizioni difficili) e competitivi con altre professioni, quali ad esempio l’ingegneria; un apprendimento professionale continuo lungo un periodo che va dalle 15 alle 25 ore settimanali di programmazione. Mentre ci preoccupiamo di garantire la formazione dei medici, degli ingegneri e di tecnici, ignoriamo l’importanza della preparazione e della distribuzione equa a livello nazionale degli insegnanti, i quali educheranno i lavoratori altamente qualificati e i cittadini attenti del futuro. Distribuire gli insegnati bravi nelle aree difficili — da condizioni specifiche: presidi che siano anche forti leader didattici; colleghi impegnati; condizioni favorevoli come classi con un numero ragionevole di ragazzi, materiali e attrezzature sufficienti, tempo per la collaborazione, possibilità di avere una voce in capitolo nelle varie decisioni didattiche e infine un’adeguata retribuzione. Retribuzioni speciali per professori speciali — Le retribuzioni ad hoc per premiare l’impegno di insegnanti disposti ad affrontare queste sfide dovrebbero fare parte del pacchetto,ma insieme alle altre condizioni menzionate, perché gli insegnanti sono motivati soprattutto dal lavorare in ambienti in cui sono messi nella condizione di star bene con gli studenti, che è poi la vera ragione per cui hanno scelto quella professione. Con una spesa annuale di 500 milioni di dollari si potrebbero dare come premio 10 000 dollari annuali a 100 000 insegnanti, reclutandoli nelle scuole ad alta necessità come mentori e tutor. Diversi studi dimostrano che insegnanti pienamente preparati 53 Ancora da Il potere della parola, 2007, diretto da Denzel Washington. ↓ Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile Gli insegnanti non solo hanno bisogno di una conoscenza profonda e flessibile dei contenuti che insegnano,ma devono anche essere addestrati comprendere come gli allievi imparano in fasi diverse, in modo da poter creare un curriculum produttivo che si basi su un andamento conoscitivo progressivo; come adattare l’istruzione alle esigenze degli studenti con bisogni speciali; come identificare e modellare le pratiche didattiche più consone per i sempre più numerosi studenti bilingue; come valutare l’apprendimento continuo in modo da identificare i bisogni degli studenti e rispondere con strategie di insegnamento efficaci; come lavorare insieme ai genitori e ai colleghi per costruire programmi scolastici efficaci. La lezione che abbiamo imparato quasi mezzo secolo fa è ancora valida: siamo in grado di produrre un impegno nazionale per avere docenti di alta qualità. La leadership federale nel garantire un adeguato apporto di maestri qualificati è essenziale, come lo è stata nel fornire un adeguato numero di medici, nello sviluppare ospedali legati alle università e nel migliorare l’istruzione medica per più di 40 anni. In particolare, il governo federale dovrebbe creare incentivi per l’assunzione di insegnanti in aree e posizioni ad alta necessità. Gli Stati Uniti dovrebbero, come minimo, fornire borse di studio che finanzino gli insegnanti che accettano di lavorare in aree difficili e in scuole a basso reddito per almeno quattro anni, ossia nel periodo critico in cui statisticamente la maggior parte decide di continuare a insegnare o di abbandonare la professione. Coloro che si preparano a insegnare matematica, scienze, che si occuperanno di BES o che sono in grado di fare lezione da bilingui dovrebbero essere preparati completamente a spese del governo attraverso programmi di alta qualità, operazione che costerebbe circa 800 milioni di dollari all’anno. Inoltre, dovrebbero essere messi in atto alcuni incentivi per attirare verso queste scuole il maggior numero possibile di insegnanti esperti, che possano servire come mentori. Un afflusso che dovrebbe essere stimolato La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile 54 ↑ Da Il potere della parola, 2007, diretto da Denzel Washington. nel momento in cui entrano per la prima volta in aula rimangono nella professione più a lungo e sono più efficaci nel promuovere l’apprendimento. Tuttavia la qualità sia delle scuole tradizionali di formazione sia dei programmi alternativi è molto variabile. Mentre ci sono alcuni programmi di formazione di straordinaria efficacia, non vi è alcun processo sistematico che garantisca la qualità della formazione nel suo complesso. È una missione che dovrebbe essere intrapresa il più in fretta possibile attraverso sovvenzioni e incentivi alle scuole di formazione. Gli investimenti dovrebbero concentrarsi sulla creazione di scuole di sviluppo professionale che, come gli ospedali universitari nel campo della medicina, collaborino con le università per offrire contesti di apprendimento di alta qualità per i bambini, i futuri insegnanti, e gli insegnanti più esperti. Queste partnership scuola-università, tenendo corsi sull’insegnamento e l’apprendimento che sono strettamente integrati con la pratica clinica, creerebbero l’opportunità per coloro che accedono alla professione di apprendere le migliori pratiche didattiche e di sviluppare le loro capacità sotto l’ala di esperti. Una dotazione complessiva di 300 milioni di dollari consentirebbe di migliorare sensibilmente la qualità della formazione didattica statunitense. Questi programmi sono particolarmente necessari proprio nelle comunità dove spesso sono meno disponibili, ossia nelle aree difficili del Paese. Invece di dare ai più bisognosi insegnanti con una formazione minima, il governo federale dovrebbe investire in programmi di insegnamento di alta qualità per i candidati che si impegnano in questi distretti. Come sperimentato in città come Chicago, Boston e Denver, i futuri maestri e professori partecipano alle lezioni di docenti esperti per un anno intero, e in questo anno ricevono uno stipendio, mentre completano i lavori legati alla abilitazione docente e mentre conseguono un master presso l’università partner. In quell’anno i futuri insegnanti imparano a insegnare, e ripagano questo investimento impegnandosi a lavorare per quattro o cinque anni nelle scuole del quartiere. Varie ricerche dimostrano che oltre il 90 % dei laureati di questi programmi continua a insegnare nei distretti dove sono stati addestrati. Un risultato aggiuntivo è che i futuri insegnanti vengono in questo modo aiutati a integrarsi perfettamente negli ambienti in cui probabilmente lavoreranno nei primi anni, ma non con l’ottica di sopravvivere, quanto di crescere e di diventare leader in distretti dove la loro esperienza è necessaria.I costi di una iniziativa di questo tipo sarebbero modesti. Per creare 100 programmi situati nelle più grandi città degli Stati Uniti, ad esempio assegnando 1 milione di dollari a ogni programma per ciascuno dei cinque anni, il costo annuale sarebbe solo di circa 100 milioni di dollari. Basare la formazione sulla prestazione — Gli investimenti federali dovrebbero anche includere il supporto per lo sviluppo e l’attuazione di un sistema di valutazione delle prestazioni degli insegnanti che giudichi se questi sono pronti per insegnare. Diversi Stati, tra cui il Connecticut e la California, hanno incluso nella didattica valutazioni della performance nel Creare una West Point dei professori — Uno studio recente sulle scuole che funzionano bene seppure in aree svantaggiate degli Stati Uniti ha osservato che tali scuole enfatizzano la collaborazione degli insegnanti e la collegialità nella risoluzione di problemi. Gli insegnanti lavorano insieme per diagnosticare le esigenze di apprendimento degli studenti attraverso valutazioni formative, adattando l’istruzione per soddisfare queste esigenze e sostenendosi a vicenda per migliorare le pratiche didattiche. Se vogliamo migliorare la qualità dell’apprendimento abbiamo bisogno di creare incentivi per il ripensamento degli orari scolastici, in modo da fornire il tempo necessario perché tale collaborazione avvenga. Il modo in cui attualmente è pensata e strutturata la professione degli insegnanti pone questi ultimi in aule sovraffollate, richiede loro di fare la stessa cosa per trenta anni, con poche opportunità di condividere con i colleghi ciò che sanno. Questi sistemi creano percorsi di carriera che forniscono agli insegnanti poca influenza nelle decisioni principali dell’istruzione, e chiedono loro di abbandonare l’aula se vogliono maggiore responsabilità o stipendi sostanzialmente più alti.Il messaggio è chiaro: chi lavora con i bambini ha uno status lavorativo più basso. Abbiamo bisogno di un continuum di carriera diverso, che ponga l’insegnamento al primo posto e che crei avanzamenti tali da supportare i più esperti. Bisogna gratificare gli insegnanti per l’acquisizione di conoscenze supplementari che vanno incontro alle esigenze degli studenti e per la disponibilità ad assumersi incarichi di tutoraggio. Diverse ricerche hanno stabilito che la qualità del dirigente scolastico, in particolare la misura in cui si impegna in pratiche di leadership, è il fattore determinante di un ambiente di apprendimento sano, subito dopo la qualità degli insegnanti. Inoltre, il più importante fattore determinante della permanenza degli insegnanti in una scuola è la qualità del supporto amministrativo che ricevono dal loro dirigente. In breve, i presidi creano le condizioni che favoriscono o minano la qualità dell’insegnamento, costruiscono o distrugguno la cultura della scuola che permette agli insegnanti e agli studenti di avere successo. Le crescenti difficoltà dei presidi sono un’espressione sia delle crescente complessità del loro lavoro, sia della mancanza di programmi di formazione che consentano loro di prepararsi alle sfide che devono affrontare. Mentre abbiamo una conoscenza sempre più approfondita delle caratteristiche e delle competenze che rendono i presidi efficaci, compreso il loro forte background come insegnan- ti esperti sia di bambini che di adulti, nella maggior parte delle comunità mancano strategie esplicite per identificare gli insegnanti di talento e per aiutarli a coltivare le loro capacità di leadership. Un’importante iniziativa federale dovrebbe essere quella di promuovere programmi di “La qualità del dirigente scolastico è il fattore determinante di un ambiente di apprendimento sano. „ leadership che offrono la formazione su come sostenere il miglioramento didattico, come organizzare scuole produttive, e come guidare il cambiamento, prevedendo anche uno stage a tempo pieno sotto l’ala di dirigenti di scuole di successo. Una media di 100 presidi di alto livello potrebbe essere addestrata nei programmi statali ogni anno al costo di 300 milioni di dollari, fornendo un capitale umano addestrato per condurre le riforme che sono essenziali. E il governo federale dovrebbe mettere da parte 100 milioni di dollari per creare una Accademia della leadership, una sorta di “West Point” per lo sviluppo di competenze sofisticate tra i dirigenti scolastici più capaci, in modo che possano affrontare con sicurezza la sfida di trasformare le scuole di questa nazione. Tratto da: S. Chaltain, What Joel Klein Doesn’t Understand About Teaching — and What We Should Do Instead, pubblicato il 14 marzo 2011 sul suo blog Democracy, Learning, Voice. Traduzione di Francesca Nicola. Sam Chaltain è esperto di politiche scolastiche. È stato direttore del Forum for Education and Democracy. Scrive regolarmente per il «Washington Post» e collabora con la CNN. 55 Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile processo di abilitazione all’insegnamento. Ma la maggior parte degli Stati continua a usare test che misurano le competenze didattiche di base e la conoscenza della materia, che non coincidono necessariamente con la capacità di insegnare. Il sostegno federale per lo sviluppo di un sistema nazionale di valutazione delle prestazioni docenti non fornirebbe solo uno strumento utile per l’accountability, ma faciliterebbe anche la mobilità degli insegnanti tra gli Stati, creando una sorta di licenza mobile. Dovrebbe essere sviluppato un sistema di valutazione degli insegnanti basato sulle prestazioni, che fornisca informazioni sull’efficacia docente sia misurando le pratiche didattiche concrete attraverso osservazioni in classe da parte di docenti esperti o supervisori, sia raccogliendo sistematicamente dati sulla capacità di pianificazione del docente, sul suo modo di comunicare con i colleghi e i genitori degli allievi. 56 Valutazione: un lungo percorso Scuola / Valutazione: un lungo percorso SCUOLA Da ricercatore nel campo della valutazione a insegnante e poi dirigente; dalle reti autonome di scuole a INVALSI: Raimondo Bolletta è stato valutatore e valutato, testimone e fautore del processo di costruzione del sistema di valutazione. di Raimondo Bolletta La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 L e mie riflessioni si basano su un percorso professionale che risale ai primi anni Ottanta, durante i quali, al Centro Europeo dell’Educazione e sotto la direzione di Aldo Visalberghi e di Mario Gattullo, nell’ambito del dottorato di ricerca incominciai a occuparmi di test oggettivi per la valutazione di sistema. Sulla base di un test oggettivo di matematica costruito e validato seguendo le metodologie delle ricerche IEA, pubblicai nel 1988 un rapporto sull’attuazione dei nuovi programmi di matematica di scuola media. Tornato all’insegnamento nella scuola secondaria, nel 1990, iniziai a collaborare con il Provveditorato di Bergamo nel progetto STRESA e successivamente con il progetto AVIMES di Torino. Si è trattato di un’avventura più che decennale, in cui reti di scuole autonome alla ricerca di strumenti per il miglioramento si sono cimentate nella costruzione e nella validazione di questionari, test e protocolli di osservazione. Dal 1994 al 2007 ho lavorato all’INVALSI e dal 2007 sono tornato a scuola come dirigente scolastico. Così, da soggetto sono diventato oggetto della valutazione, Adrien Brody supplente di lettere in una scuola della periferia americana ne Il distacco, 2011, diretto da Tony Kaye. 57 Scuola / Valutazione: un lungo percorso La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Scuola / Valutazione: un lungo percorso 58 come dirigente e come scuola. Dal 2011 sono in quiescenza e il mio punto di vista sulla questione è ulteriormente cambiato. Perché questa premessa? Quando si riflette e si osservano le proprie idee e la realtà come in uno specchio, è importante la prospettiva in cui ci si pone per capire e giudicare. Inoltre è fondamentale collocare tali “Ci troviamo in una riflessioni in una prospettiva storinuova fase in cui vi è ca, poiché i procesun’accelerazione che si di cui parliamo coglie i protagonisti della evolvono molto vicenda scolastica spesso rapidamente se impreparati, per cui molti li esaminiamo su una scala almeno sono propensi a decennale. Ciò, ovreagire negativamente.„ viamente, vale sia se si legge un articolo sia se si “legge” e si valuta una singola scuola. Ci troviamo in una nuova fase in cui vi è un’accelerazione che coglie i protagonisti della vicenda scolastica spesso impreparati, per cui molti sono propensi a reagire negativamente. Se penso al RAV, se rifletto su questa fase, direi quasi storica, devo situarmi e specificare da quale punto di vista osservo. Se sono un docente, potrei vedere nel RAV la possibilità di valutare il dirigente scolastico; se sono un DS, il RAV è una nuova incombenza impegnativa di cui non è chiaro ancora il ritorno operativo sulla mia scuola; se parlo come genitore, mi chiedo quali spazi posso avere per far pesare la mia soddisfazione come utente; se sono un genitore,posso sperare di avere informazioni utili per scegliere bene la scuola di mio figlio, se sono uno studente, posso dir poco perché non l’ho capito e non so se mi servirà; se sono un amministratore, spero di avere un nuovo strumento per governare meglio un sistema che oscilla tra l’inerzia e l’ingovernabilità. La pluralità di interessi e di punti di vista rispetto alla valutazione scolastica e alle scuole ha animato in questi anni un dibattito che riflette rispettabili teorie pedagogiche e metodologie di ricerca spesso opposte. Occorre, però, ricordare che il dibattito sulla valutazione nella scuola è stato segnato da almeno tre momenti: • anni Settanta: introduzione di metodi di accertamento del profitto scolastico più scientifici e affidabili per rispondere al disagio della popolazione studentesca che contestava metodi didattici e valutativi troppo vecchi; • anni Novanta: necessità di dare efficienza al sistema scolastico visto come fattore di sviluppo, ma anche come notevole costo in economie che cominciavano a decelerare. • dal 2011: emergenza economica e necessità di ridare efficienza e produttività del sistema scolastico. È del 2011 la lettera di intenti della BCE e della commissione di Bruxelles che chiedeva all’Italia di intervenire sulla produttività del sistema scolastico all’interno di una lista di riforme economiche ritenute necessarie per superare la crisi finanziaria di allora. Ora risentiamo di quella tempesta non ancora placata e risolta. È forse utile ricordare i poli della discussione di questi anni, poiché la consapevolezza aiuta a sciogliere i problemi tuttora aperti. Valutazione di istituto e valutazione di sistema — Per anni l’autovalutazione di istituto è stata proposta come una soluzione antitetica alla valutazione di sistema. Nel dibattito degli anni Novanta sull’attuazione dell’autonomia si ritenne che le scuole autonome potessero autoregolarsi, essere capaci di pianificare, controllare, monitorare, valutare i processi più utili per raggiungere gli obiettivi comuni fissati dallo Stato centrale o dalle regioni. Nell’ambito della riforma Bassanini, che prevedeva un diffuso sistema di valutazione dell’efficienza amministrativa delle varie articolazioni con cui si andava costituendo la Repubblica, viene però sottolineata una riserva posta dal D.L.vo 30/7/1999 n.286, secondo cui «le verifiche dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa non si applicano alla attività didattica del personale della scuola». Poco dopo la C.M. 21/12/1999 N. 312 fissava i «Criteri e procedure per la valutazione dei capi di istituto». Questo imprinting ha segnato il dibattito sulle attività di valutazione portate avanti dall’INVALSI a livello di sistema: da un lato la diffidenza dei docenti per i quali attraverso i test INVALSI si poteva violare quella riserva promessa dal decreto 286, e dall’altro la resistenza dei dirigenti scolastici a farsi valutare sui risultati della propria scuola se non avevano la possibilità di scegliere e valutare i docenti. 59 Ma questo dibattito aveva anche dei risvolti propriamente metodologici: una valutazione di sistema centralizzata richiedeva necessariamente l’uso di strumenti di accertamento di tipo oggettivo, mentre l’autovalutazione di istituto consente approcci più qualitativi, più legati alla soggettività dell’osservatore di cui interessano la percezione, l’opinione o la soddisfazione. Le stesse scale utilizzate dovevano essere di tipo quantitativo, addirittura con una metrica condivisa, mentre nell’autovalutazione erano possibili scale qualitative o spesso descrizioni e “racconti” propri di profili di sistemi complessi. Si contrapponeva l’approccio analitico a quello globale e olistico. Proseguendo nell’elenco di queste contrapposizioni, ricordo che c’erano coloro che preferivano l’accertamento degli apprendimenti, mentre altri centravano l’attenzione sul clima o sulla qualità dei processi. Il RAV, che prende avvio in tutte le scuole in quest’anno scolastico, riassume al suo interno queste antinomie, questo dibattito; cerca di sommare e sintetizzare tutto, raccogliendo e rappresentando quanto più possibile informazioni affidabili sulle singole scuole. Il fatto che la griglia immaginata dal RAV abbia per il momento dei buchi, delle variabili che non sono ancora determinabili con dati di sistema, mostra che non ci troviamo a un punto di arrivo, ma a una tappa obbligata di un percorso ancora piuttosto lungo. Il RAV dovrà essere integrato con strumenti di indagine specifici che le singole scuole potranno adottare e utilizzare secondo scelte di cui assumono la diretta responsabilità.Questa è una delle sfide che lo stesso RAV lancia alle scuole autonome per verificare la loro capacità di autorappresentazione. Ma non è ancora chiarissimo se questo strumento sarà utilizzato, e in che forma, in processi di valutazione esterna da parte di ispettori o di esperti del proprio contesto di appartenenza. Questa è un’altra antinomia presente nell’operazione: valutazione esterna versus valutazione interna. Ma veniamo alla questione forse più radicale: misurazione versus valutazione. Non si tratta di una contraddizione, ma nel senso comune più diffuso permane una certa confusione. Sono in realtà due momenti della stessa procedura conoscitiva che ci serve per governare un processo complesso come quello della vita di una scuola. Il RAV forse risente di questa difficoltà legata al momento della misura e a quello della valutazione: raccogliere dati affidabili è sufficiente! È sufficiente per giudicare se una scuola è una Buona scuola? Sarà possibile stilare una graduatoria di scuole? Quali scuole andranno premiate? Su quali intervenire con eventuali sanzioni? Si valuta per decidere, ma ogni “Una cultura della decisione è un tavalutazione non può glio a volte doloprescindere dalla roso. Come dalla consapevolezza dei criteri conoscenza di fatti che usiamo nel giudicare si possa passare al giudizio valutativo i fatti: per giudicare bene rimane incerto. Il occorrono dati abbastanza lavoro sul campo di precisi e criteri espliciti e questi anni, a Bercondivisibili.„ gamo e a Torino, ha dimostrato che una cultura della valutazione non può prescindere dalla consapevolezza dei criteri che usiamo nel giudicare i fatti, e che per giudicare bene occorrono dati abbastanza precisi e criteri espliciti e condivisibili. Scuola / Valutazione: un lungo percorso ↑ Valerio Mastandrea maestro d’italiano di studenti extracomunitari in La mia classe di Daniele Gaglianone, del 2014. flessibilità clima Relazioni umane crescita Sistema aperto chiusura apertura Razionale per obiettivi Processi interni controllo La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Scuola / Valutazione: un lungo percorso 60 controllo efficacia Figura 1. Il modello di Quinn e Rohrbaugh. Il valore della comparazione — Nello STRESA e nell’AVIMES la ricerca della precisione del dato comportava una cura attenta nella costruzione degli strumenti di rilevazione e successivamente una chiara assunzione dei criteri di giudizio. In genere, nell’accertamento degli apprendimenti, ma anche nella rilevazione del gradimento e delle percezioni soggettive, la chiave interpretativa per valutare era la comparazione tra un grande numero di casi singoli, vuoi studenti, vuoi scuole. L’autovalutazione non si poteva fare isolatamente ma era il risultato di una comparazione sincronica o diacronica tra le scuole delle reti. Va detto che la comparazione non avveniva quasi mai attraverso la posizione in una graduatoria unidimensionale,ma veniva effettuata raffrontando profili multidimensionali per cui ciascuna scuola era stimolata a interpretare punti di forza e di debolezza su cui intervenire con azioni di miglioramento.Va detto che il lavoro pluriennale in rete, la costituzione di una comunità allargata che condivideva la gestione dei progetti di valutazione consentiva di verificare in itinere i risultati raffrontati con l’immagine sociale di cui ciascuna scuola godeva. Le sorprese o le conferme erano l’esito più immediato di riflessioni comuni e collegiali. Il lavoro di quegli anni ha prodotto due volumi collettanei che hanno socializzato in contesti più ampi una cultura fatta di riflessione teorica, di produzione di strumenti, di condivisione di risultati. I due volumi documentano quanto ricca e approfondita possa essere l’elaborazione di una comunità di scuole aperte alle competenze specialistiche e alla ricerca accademica. Il modello derivato dalle ricerche sulla school effectiveness, che ispira fortemente anche la struttura del RAV, ha consentito di procedere con sistematicità nello studio dei fattori più promettenti per il miglioramento. L’adozione del modello di Quinn e Rohrbaugh soprattutto nei questionari sulla cultura identitaria degli istituti ci ha mostrato come una scuola di qualità corrisponda a un sistema di valori, a una pluralità di interessi, a un equilibrio di richieste a volte antitetiche non riducibile a una scala unidimensionale. Tale modello considera due dimensioni che possono caratterizzare un qualsiasi sistema organizzativo, un qualsiasi sistema vivente soggetto a svilupparsi, a sopravvivere o a morire. La prima dimensione concerne il grado di apertura verso l’ambiente esterno. Ci sono sistemi chiusi che scambiano poco con l’esterno e altri, invece, che sono molto permeabili e scambiano risorse e prodotti con l’ambiente in cui operano. L’altra dimensione concerne il tipo di regolazione interna, il grado di controllo dei processi interni, il grado di flessibilità e di variazioni consentite nelle procedure interne. Il grafico assume le due dimensioni come assi di un piano e individua quattro quadranti che, in gradi variabili rispetto alla distanza dal punto centrale, si caratterizzano e si differenziano. Se applichiamo il modello alla vita di una scuola possiamo individuare quattro tipologie di conduzione organizzativa: una scuola chiusa verso l’esterno ma molto flessibile all’interno privilegia la qualità delle relazioni umane e assume Relazioni umane 0.7 0.5 0.3 0.1 -0.2 -0.4 -0.6 -0.8 Processi interni Sistema aperto Obiettivi razionali 315|1 ALTRI MEDIA 61 Figura 2. Profili di istituto rispetto alle scale a priori. Approfondire — J • R. Bolletta, Autovalutazione di istituto: strumenti, analisi, rappresentazioni, interpretazioni, in G. Barzanò, S. Mosca, J. Scheerens (a cura di), L’autovalutazione della scuola, Bruno Mondadori, Milano 2000. • R. Bolletta, Differenze di cultura organizzativa tra le scuole, in J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta (a cura di), Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano 2011. chiunque giudica una realtà complessa come una scuola, chiunque, dovendo scegliere dove allocare una nuova risorsa per il miglioramento, propende per un quadrante piuttosto che per un altro. L’adozione di un approccio multidimensionale,e qui abbiamo citato solo due dimensioni, porta a costruire profili non riducibili a un solo punteggio. Nella figura 2 è riportato un esempio di restituzione a una scuola di risultati di un questionario docenti sulla cultura identitaria del proprio collegio docenti. Il radar riporta le quattro caratteristiche evidenziate dal modello di QR, e per ciascuna un punteggio espresso sotto forma di scarto rispetto al valore medio delle scuole partecipanti alla rete. In questo caso, la scuola (codice 315|1) indicata in azzurro è un po’ più dinamica della media generale di rete ma presenta uno scarto negativo nelle relazioni umane. Ovviamente la lettura del dato costituiva un lavoro interpretativo collegiale sia a livello di rete sia nella scuola partecipante. Capisco la difficoltà dei colleghi che sono posti di fronte a questa nuova sfida, e mi auguro che la colgano positivamente riempiendola di vita nuova. È una buona occasione per approfittare dell’esperienza delle scuole che in questi anni hanno lavorato in rete sull’autovalutazione. Raimondo Bolletta Dottore di ricerca in Educazione, già docente ricercatore presso l’INVALSI; è stato Dirigente Scolastico. Ha collaborato a ricerche valutative nazionali e internazionali e a progetti di autovalutazione in reti locali di scuole. Scuola / Valutazione: un lungo percorso come criterio di qualità il clima generale; una scuola molto aperta verso l’esterno e molto flessibile nella propria organizzazione interna può essere identificata come un sistema aperto in cui il criterio di valore fondamentale è la crescita; una scuola aperta verso l’ambiente esterno ma molto controllata è quella che risulta centrata sui risultati degli obiettivi da raggiungere e ha come criterio di valore l’efficacia delle attività svolte; una scuola molto controllata e molto chiusa è centrata sui propri processi interni e assume come valori l’ordine e il controllo. Ovviamente, chiunque può sostenere che una scuola di qualità possiede tutte queste caratteristiche in pari grado (si troverebbe all’origine degli assi), efficace, ordinata, gradevole, in espansione, ma L’autovalutazione migliora le competenze didattiche L’esperienza virtuosa della rete di scuole AVIMES, raccontata dall’interno. di Silvana Mosca Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche 62 S La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 ullo sfondo del presente contributo c’è la prospettiva di una scuola operosa, vivace, impegnata, ricca di idee e capace di sviluppare risorse e valori assai vicini ai significati che Ambrogio Lorenzetti diede secoli or sono all’allegoria degli effetti del Buon Governo (fig. 1). Sarà possibile seguire il filo rosso che, negli anni di pionierismo, molte realtà educative hanno saputo rafforzare declinando efficacia, strutturazione, clima educativo e apertura per una valutazione a supporto della qualità educativa? AVIMES accetta la sfida. La rete AVIMES e la dialettica interno-esterno — L’acronimo AVIMES significa “Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola”. È una rete di cinquanta scuole che operano in Piemonte e in altre regioni e collaborano per realizzare azioni di formazione, messa a punto e applicazione di strumenti per rilevare dati, fare confronti, misurare, analizzare, interpretare, preparare materiali a supporto delle decisioni e dei conseguenti interventi di miglioramento. La complessa dinamica fra valutazione interna e valutazione esterna è strutturale ed è funzionale alla valutazione di scuola, di sistema, di classe. Si realizzano movimenti comparativi e interattivi in direzione verticale e orizzontale, in un intreccio plurale di approcci multilivello. Molti sono gli attori implicati nelle situazioni, nelle relazioni o nelle autoanalisi individuali e collettive: dirigente scolastico, insegnanti, studenti, personale vario, genitori, esperti. La rete costituisce una palestra di interazioni nel ↑ Ambrogio Lorenzetti, Gli effetti del Buon Governo in città, sec. XIV, Siena, Palazzo Pubblico. macro (Rete e INVALSI, ad esempio) e nel micro (docenti di classi e scuole diverse), dove interessi particolaristici o ansie individuali sono più facilmente superabili, e dove i risultati positivi vanno a vantaggio di molti. Approccio all’autovalutazione della scuola — Un primo approccio all’autovalutazione della scuola può essere di tipo qualitativo, basato sull’osservazione. Ci si può porre domande preliminari: Perché autovalutarsi? Come farlo? Come programmare il percorso valutativo? Come organizzarsi? Abbiamo competenze interne adeguate? Come utilizzare le conclusioni autovalutative? (cfr. Barzanò, Scheerens, 2000). Ma interrogarsi non basta: occorre riflettere sulla base di informazioni pertinenti, e reperire o produrre nuovi dati sui vari indicatori presenti nel modello autovalutativo scelto. Diventano allora centrali le domande: Quali dati?, Perché? Per quali scopi? Secondo AVIMES le risposte sono innanzitutto insite nella concezione della scuola come organizzazione che apprende, la quale fa prioritariamente ricorso ai propri dati e alle proprie risorse finalizzandoli al miglioramento dell’apprendimento organizzativo, della qualità delle relazioni umane e delle competenze di tutti i suoi membri. scuola I dati, si dice comunemente, parlano da soli; eppure fior di ricercatori s’impegnano non poco a interrogarli e a indagarne ragioni, correlazioni e proiezioni verso il domani. Nella scuola è necessario utilizzare i dati che provengono dall’esterno, così come rilevare dati al proprio interno per rendersi conto di come si sta lavorando o per rendere conto all’esterno.AVIMES mette a disposizione strumenti, metodi e supporti per compiere queste operazioni con modalità rigorose, dando forza ai singoli e ai gruppi in modo che, di fronte a eventuali valutazioni esterne, si conoscano le metodologie e se ne sappiano capire e discutere consapevolmente gli esiti. L’autoanalisi e l’autovalutazione della scuola hanno come punto di attivazione iniziale il dirigente scolastico. Vi è chi attribuisce al capo di istituto il compito e la responsabilità di valutare determinati aspetti del funzionamento scolastico; altri ritengono che le valutazioni siano da compiere attraverso attori diversi. AVIMES sostiene che il primo attore chiamato a interrogarsi sia il dirigente scolastico stesso. Già nel 1999 (a seguito dell’attribuzione dell’autonomia) fu predisposto uno strumento denominato Bilancio-Tempo, mediante il quale il dirigente descriveva le proprie azioni nell’arco della giornata per due settimane intere,scelte in due periodi COORSE Coordinamento Scuole Efficaci scuola scuola MIUR-USR INVALSI Università scuola (*) La rete AVIMES Esperti Reti internazionali VALINT e VALMAT Progetto PETALL Progetto JAPAN Figura 2. Organigramma della Rete di scuole AVIMES (dal sito www. reteavimes.it). (*) Tre o quattro insegnanti per ogni scuola, più il dirigente scolastico. Gruppi di lavoro ITALIANO MATEMATICA PERCEZIONI DI ALLIEVI E GENITORI CULTURA ORGANIZZATIVA LEADERSHIP, ecc. 63 TEMPO SETTIMANALE DEL DIRIGENTE SCOLASTICO Attività 64 Marzo Maggio Media Leadership educativa 23 22,7 22,9 Amministrazione 27,2 22,6 24,9 Organizzazione 27,7 25,5 26,6 Contatti con le famiglie 5,1 4,5 4,8 Sviluppo professionale del DS 13,3 20,9 17 Altro 3,7 3,8 3,8 Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche Tabella 1. Alcuni dati percentuali di due settimane-campione, tratto da S. Mosca et al., 2000. diversi dell’anno scolastico. Le attività venivano raggruppate in cinque categorie, mutuando le voci OCSE di Education at a glance,onde poter effettuare confronti con linee di tendenza internazionali (tab. 1). Autovalutazione della leadership del dirigente scolastico — Dal confronto di ricerca internazionale scaturisce, nel progetto europeo VALINT (Valutazione interna in diversi contesti socioculturali) coordinato da AVIMES, un questionario originale di autovalutazione della leadership del dirigente scolastico, basato sul concetto di leadership integrale, la quale comprende componenti sia educative sia amministrativo-gestionali. La leadership auspicata è Quasi mai Qualche volta Spesso Molto spesso Quasi sempre 1 2 3 4 5 5. Facilita il consenso fra il personale 1,6 - 20,3 46,9 31,3 4,30 21. Fa emergere le differenze e cerca di comporle 1,6 3,1 31,3 42,2 21,9 3,99 28.Conduce discussioni aperte sulle differenze di opinione 3,1 4,7 18,8 51,6 20,3 4,10 29. Mostra interesse e impegno nelle relazioni - 1,6 3,1 42,2 53,1 4,52 34. Trova soluzioni accettabili per le parti in conflitto - 3,1 12,5 51,6 32,8 4,29 35. Mostra di avere a cuore il benessere del personale - 1,6 7,8 39,1 51,6 4,46 36. Crea nella scuola un’atmosfera ordinata - 4,7 17,2 42,2 35,9 4,60 COMPORTAMENTI DEL DIRIGENTE SCOLASTICO La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 da un lato trasformazionale, dall’altro pedagogica: la prima favorisce l’attivazione del miglioramento, la seconda si dedica alle questioni che sono più direttamente connesse agli apprendimenti relazionali e cognitivi degli studenti. Il questionario è articolato in trentasei domande con una scala Likert a cinque gradi. Si basa sul modello dei quattro quadranti di Quinn e Rohrbaugh e individua otto possibili stili di leadership. È stato validato in ambito europeo, ed è stato applicato in diversi contesti nazionali e in anni diversi. Lo strumento ha una funzione di guida all’autoriflessione e di strutturazione di discussioni fra pari, da cui conseguono considerazioni e proposte basate su informazioni affidabili. Si veda l’esempio di un estratto dei dati Tabella 2. Da J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta, 2001. Media int. relativi all’intensità di alcuni comportamenti connessi alla risoluzione dei conflitti (tab. 2). Un modello per l’autovalutazione dei docenti — Strumenti per l’autovalutazione dell’efficacia dell’insegnamento — La teoria delle scuole efficaci è il nucleo principale del modello di autovalutazione della scuola applicato da AVIMES. I quattro blocchi che compongono la struttura basilare della School Effectiveness (Contesto, Risorse, Processi, Risultati) sono considerati in una configurazione dinamica secondo la teoria dei sistemi, che evidenzia come dal blocco Risultati scaturisca una freccia di retro¢azione che va al nesso tra Risorse e Processi (fig. 3). Com’è noto, i Processi sono le uniche variabili “manipolabili” per incidere sull’incremento e sulla qualità degli apprendimenti e degli esiti educativi. I dati di risultato (esiti dei test, di prove oggettive, di compiti di apprendimento, votazioni, proiezioni ecc.) hanno la funzione di segnalare se e quanto i processi didattici e organizzativi abbiano prodotto il cosid- CONTESTO PROCESSI RISORSE a livello di scuola (es. leadership educativa) RISULTATI a livello di classe (es. aspettative elevate sul progresso degli alunni) Figura 3. Sintesi dei principali risultati della ricerca sull’efficacia della scuola. Riduzione da J. Scheerens, 1989. 65 Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche Sul medesimo modello concettuale di Q&R è basato lo strumento VALINT-AVIMES per l’autovalutazione della cultura organizzativa della scuola. Com’è noto, ogni istituzione scolastica presenta più o meno esplicitamente caratteri organizzativi e culturali particolari. La cultura latente influenza, a volte più dei regolamenti e dei documenti formali, i comportamenti e le azioni dei singoli e degli organi collegiali. Al fine di far emergere in modo positivo e proattivo questi elementi di natura antropologico-culturale e psi“I processi sono le uniche cologico-sociale, è variabili “manipolabili” per stato ideato e validato l’Inventario incidere sull’incremento VALINT della cultue sulla qualità degli ra organizzativa delapprendimenti e degli esiti la scuola (J. Scheeeducativi.„ rens, S. Mosca, R. Bolletta, 2011). Lo strumento è composto da parole-valori quali comprensione reciproca, impegno, flessibilità, coerenza. Il termine valori, in questa accezione, si riferisce alle caratteristiche che vengono ritenute importanti e che i membri della scuola considerano meritevoli di essere perseguite; a essi ispirano i loro modi di operare in quanto profes- sionisti educativi e organizzativi. I risultati delle applicazioni, rivolte agli interi collegi docenti, danno luogo a tavole di frequenze e a grafici radar di forte impatto sui rispondenti. È disponibile una guida alla lettura e all’interpretazione, affinché temi così pregnanti possano costituire una risorsa utilizzabile nel passaggio dall’autovalutazione al miglioramento. Di interesse e utilità anche la lettura incrociata con i dati derivati dal questionario sulla leadership rivolto al dirigente scolastico. D16. Disegna con il righello, nello spazio quadrettato, una figura geometrica che ha tutte queste caratteristiche: 1. ha quattro lati 2. i lati hanno la stessa misura 3. gli angoli non sono tutti uguali RISULTATI DEL CAMPIONE AVIMES Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche 66 Errata Non risponde 48,9% 46,5% 4,6 Figura 4. Prova INVALSI SNV 2011-12. Protocolli autentici AVIMES. Uno studente ha scritto: a sinistra «lati uguali», in alto a destra «angoli diversi», in basso «4 lati». detto Valore aggiunto ai dati di partenza, detratta l’influenza del background socio culturale. AVIMES approfondisce soprattutto quest’ultima funzione, ed evidenzia in proposito il ruolo del feedback come guida all’autoriflessione sui risultati e alla successiva azione di programmazione retroattiva. Uno start essenziale è offerto dalla considerazione dell’errore come risorsa per l’insegnamento e per l’apprendimento. Si tratta di circoscrivere con metodo di ricerca la zona di sviluppo prossimale (Vygotskij, 1974) e di avviare l’autovalutazione come stimolo per far evolvere le potenzialità dei singoli oppure dei gruppi. I protocolli autentici degli studenti, compresi i fascicoli compilati delle prove INVALSI, sono una miniera di informazioni in questa direzione. Si vedano,ad esempio,alcuni particolari di compilazioni di una prova INVALSI di matematica (fig. 4). Accanto al dato Clima Relazioni fra attori Ricerca-azione Formazione Leadership Processi Risultati Cultura organizzativa Valutazione diagnostica Programmazione retroattiva Figura 5. La dinamica “valutazione-feedback, da S. Mosca, M. Perotti, 2011. FEEDBACK FEEDBACK Ambiente esterno La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Corretta L’autovalutazione del clima educativo e dei rapporti con il territorio — Diversamente dai modelli di questionari comunemente utilizzati per le rendicontazioni o per comprovare i punti di vista incrociati di diversi attori, AVIMES utilizza strumenti proattivi: il questionario STRESA Io la penso così, rivolto agli studenti, e il questionario STRESA La percezione dei genitori, rivolto alle famiglie (R. Bolletta et al., 2000). Entrambi gli strumenti mirano principalmente ad attivare l’iniziativa dei due attori, al fine di mobilitarne energie e motivazioni idonee a concorrere al miglioramento dell’efficacia della scuola. A tal fine è stato elaborato un rapporto dell’applicazione decennale del questionario Io la penso così, nel quale sono riportati, oltre ai valori di riferimento generali, dati longitudinali e indicazioni di interventi migliorativi degli eventuali punti di debolezza individuati. Vengono offerti, ad esempio, spunti di educazione alle competenze sociali diagnosticate con le domande della sezione Io la penso così sui miei compagni, oppure vengono fornite griglie per approfondire le ipotesi interpretative (P. Maruca, 2014). Analogamente, il questionario La percezione dei genitori individua nelle domande sul come favorire l’apprendimento del figlio Approfondire — J • C. Argyris, D.A. Schonn, Theory in practice: increasing professional effectiveness, Jossey-Bass, San Francisco, 1974, trad. it. Apprendimento organizzativo, teoria, metodo e pratiche, Guerini e Associati, Milano 1998. • F. Arzarello et al., Matematica: non è solo questione di testa. Strumenti per osservare i processi di apprendimento in classe, Erickson, Trento 2011. • G. Barzanò, S. Mosca, J.Scheerens, L’autovalutazione nella scuola. Teorie, strumenti, esempi, Bruno Mondadori, Milano 2000. • R. Bolletta, L. Ruggeri, Io la penso così: la percezione degli alunni, in G. Barzanò, S. Mosca, J.Scheerens cit. • R. Bolletta et al., I genitori e la scuola, in G. Barzanò, S. Mosca, J.Scheerens, cit. • CERI-OCSE, Uno sguardo sull’educazione. Gli indicatori internazionali dell’istruzione, Armando, Roma 1996. • Gruppo Matematica AVIMES e G. Bolondi, Prove oggettive e valutazione su il Numero, USR Piemonte, Torino 2006. • Gruppo Lingua AVIMES, Leggere per capire, rielaborare, apprendere, USR Piemonte, Torino 2007. • Gruppo Matematica AVIMES, Un laboratorio per formare competenze, USR Piemonte, Torino 2008. • Gruppo Matematica AVIMES e R.Zan, Porsi e risolvere problemi, USR Piemonte, Torino 2011. • P. Maruca (a cura di), Gli allievi valutano la loro scuola, AVIMES, Torino 2014. • G. Morgan, Images of organisation, Sage, London 1986. • S. Mosca et al., Il tempo del capo d’istituto, in G. Barzanò, S. Mosca, J. Scheerens cit. • S. Mosca, M. Perotti, Uno studio di caso di autovalutazione nella scuola, in Scheerens et al. cit. • J. Scheerens, Process Indicators of school functioning, in «School Effectiveness and School Improvement», I, n. 1, 1989. • J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta (a cura di), Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano 2011. • L.S.Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti, Firenze 1974, 1990. 67 Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche desunto dalle tabelle pervenute dal sistema circa le percentuali di risposte corrette, sono significativi le tipologie di errori, i tentativi di risposte, le autocorrezioni; da questi il processo di insegnamento può avviare una didattica migliorativa non generica, funzionale a dare un autentico sostegno a chi apprende. La messa a punto di progettazioni didattiche e di materiali idonei all’autovalutazione e al conseguente miglioramento non è peraltro un compito semplice. Per questo motivo, la Rete pone in essere seminari, gruppi di studio, sperimentazioni per lo sviluppo professionale degli insegnanti e dei dirigenti. Le iniziative sono incentrate sui nodi critici individuati a seguito delle analisi di risultati derivanti da una pluralità di fonti connesse alle varie attività educativo-didattiche. Si crea in tal modo una dinamica circolare fra valutazione, feedback e programmazione retroattiva (fig. 5). L’autovalutazione e la valutazione si realizzano come in un film e non già come una semplice giustapposizione di istantanee fotografiche. ← Ambrogio Lorenzetti, Gli effetti del Buon Governo in campagna, particolare, sec. XIV, Siena, Palazzo Pubblico. Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche 68 a casa una delle aree di miglioramento più promettenti, quando, in sessioni di discussione per la restituzione dei risultati, si analizzano le motivazioni addotte alle risposte meno soddisfacenti a livello di classe o di istituto. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Sintesi autovalutative — Al fine di assegnare unitarietà e significatività alle operazioni autovalutative, le misurazioni e le valutazioni diagnostiche possono utilmente essere raccolte in una sintesi coerente con i quadri di riferimento sopra esposti: AVIMES ha costruito un Atlante dell’Autovalutazione strutturato secondo il quadrante dei modelli organiz- Approfondire — • www.reteavimes.it • www.INVALSI.it • www.istruzione.it/valutazione • www.piemonte.istruzione.it zativi e della qualità educativa di Quinn e Rohrbaugh, che consente di cogliere in un unico scenario le tensioni composite e articolate tra interno ed esterno, da un lato,e flessibilità e controllo,dall’altro,quali sono presenti nelle variegate aspirazioni degli attori educativi e nei vincoli posti dalle situazioni reali (cfr. il contributo di R.Bolletta nel presente numero della rivista). Un modello organizzatore di questo tipo può contribuire ad affrontare con modalità di ricerca-azione il passaggio dal Rapporto di Autovalutazione alle concrete prospettive del conseguente progetto di miglioramento. Silvana Mosca è coordinatore pedagogico della rete di scuole AVIMES e svolge attività di formazione, valutazione e ricerca. È stata docente in corsi universitari di perfezionamento per dirigenti scolastici e insegnanti e dirigente tecnico del MIUR; ha coordinato numerosi progetti europei su tematiche valutative, interculturali e di didattica della matematica. La buona valutazione secondo i sindacati La valutazione costituisce un fattore essenziale per migliorare la realtà scolastica italiana. Ne sono convinti il segretario di FLC CGIL Domenico Pantaleo e il segretario di CISL Scuola Francesco Scrima, che però puntano il dito contro il modello del governo Renzi. 69 Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati Intervista a Domenico Pantaleo e Francesco Scrima A cura di Manuela Iannotta D: «La valutazione non è uno scopo, ma è uno strumento che serve a raggiungere uno scopo: migliorare e mettere a frutto il potenziale di ogni singola scuola». Questa l’idea di valutazione di Stefania Giannini, il ministro dell’Istruzione del governo Renzi. Un governo che considera la valutazione un tema prioritario nella riorganizzazione del sistema educativo. Condividete questa visione del ministro? La valutazione può effettivamente migliorare la scuola italiana? Scrima: Già nel 2007 il Quaderno bianco del governo Prodi individuava in un efficace sistema di valutazione,denunciandone la mancanza,un fattore essenziale per migliorare le performance delle nostre scuole. Il senso e lo scopo della valutazione sono quelli cui si riferisce la ministra Giannini, ma l’approccio degli ultimi governi è stato del tutto diverso, piegato oltre misura verso una malintesa “meritocrazia” fatta di premi e castighi, di sicuro impatto mediatico, ma molto lontana da quanto la stessa Giannini sostiene. Un approccio prevalentemente classificatorio, che per la verità pervade anche buona parte delle proposte di questo governo. Stanco così le cose, non ci si può stupire se nel mondo della scuola i sentimenti più diffusi in tema di valutazione siano oggi l’ostilità e la diffidenza; si è fatto veramente troppo poco perché le pratiche valutative possano poggiare su un fondamento di larga condivisione da parte del corpo professionale. Da Mohamed Saïd Fellag come professore in Monsieur Lazhar, 2011, diretto da Philippe Falardeau. ↓ tempo indichiamo la valutazione come assoluta priorità. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati 70 Pantaleo: La valutazione è un tema strategico nell’ambito delle politiche di sviluppo sociale,educativo ed economico del Paese. Naturalmente deve essere rivolta al miglioramento del sistema, perché interessa la società e i cittadini; deve avere una forza progettuale per essere parte fondamentale del profilo formativo e culturale della scuola. La valutazione di sistema chiama in campo la coerenza tra l’azione di ciascun soggetto istituzionale e la responsabilità che gli è socialmente attribuita; pertanto, limitare la valutazione solo alle singole scuole senza mettere in campo un sistema complesso che riguarda anche i decisori politici, le burocrazie ministeriali, i sistemi istituzionali locali e regionali è, secondo noi, un approccio limitato. La valutazione ha bisogno di alcuni riferimenti valoriali che risiedono nei principi costituzionali e nella intransigente difesa della scuola pubblica. Il quadro di riferimento è rappresentato dal diritto all’apprendimento di qualità garantito a tutti e dal principio di uguaglianza sostanziale e formale sanciti dalla nostra Costituzione. D: Che cosa pensate del modello di valutazione del sistema di istruzione che il governo ha messo in atto? Scrima: In parte ho già risposto dicendo che l’approccio classificatorio è ancora troppo presente. Aggiungo, però, che le frequenti giravolte di questo governo nel definire le sue proposte per la scuola non consentono facilmente di misurarsi con ipotesi chiare e definite: si ha l’impressione di assistere a un particolare work in progress dove ci si affida molto più spesso all’improvvisazione che a una solida progettazione. Pantaleo: Presenta molte criticità. Da tempo denunciamo pubblicamente come l’architettura complessiva del Sistema nazionale di valutazione, delineata dal regolamento DPR 80/13, non solo non sembra finalizzata al miglioramento del sistema educativo del nostro Paese, a partire dalla lotta alla dispersione scolastica, ma appare anche scarsamente trasparente. Non a caso abbiamo impugnato sia il regolamento DPR80/13 che la direttiva triennale applicativa. Tutto sembra ridursi alla necessità di favorire una maggiore competizione e classificazione di scuole. Occorre sempre distinguere tra la valutazione di sistema, la valorizzazione professionale dei singoli lavoratori e la valutazione degli studenti, che è prerogativa della funzione docente. Prima vengono gli obiettivi e poi il sistema di misurazione, ma in realtà si procede “Un buon sistema di in termini esatvalutazione ha bisogno di tamente opposti. Vanno declinati e partecipazione, ma fino definiti prioritaad oggi abbiamo visto un riamente i livelli sistema calato dall’alto.„ essenziali delle prestazioni (cosa che non è mai stata fatta nel nostro Paese), i quali devono essere garantiti dallo Stato su tutto il territorio nazionale e devono essere improntati a standard di qualità. In realtà, tutto l’impianto del sistema di valutazione è determinato dai test INVALSI, che sono essenzialmente finalizzati a misurare gli apprendimenti secondo la vecchia logica per cui la scuola è semplice trasmissione di saperi, e non luogo di educazione alla cittadinanza, alla democrazia e all’analisi dei mutamenti della società con spirito critico e libero. Sarebbe auspicabile fare una riflessione seria sulla scientificità di questi test e sul fatto che si rischia di indirizzare tutti i processi di insegnamento/apprendimento alla buona riuscita dei test. Negli Stati Uniti, ad esempio, si è aperta una discussione interessante sull’efficacia di queste prove nel garantire il miglioramento degli apprendimenti. La funzione dell’INVALSI non può essere ridotta alla produzione dei test, ma deve essere finalizzata a fornire ai decisori politici quei dati che possono essere di supporto alle politiche scolastiche. Un buon sistema di valutazione ha bisogno di democrazia e partecipazione: fino ad oggi abbiamo visto un sistema calato dall’alto, non sono quasi mai stati attivati processi partecipativi, non sono stati messi in trasparenza gli indicatori e sono state ignorate le tante buone pratiche di autovalutazione e di rendicontazione sociale. La valutazione di per sé non migliora la scuola,ma può rappresentare una premessa indispensabile nel processo di innovazione, che deve essere seguita, però, da scelte orientate al superamento delle criticità a partire dalle risorse che sono state tagliate in questi anni. D: Quali devono essere i criteri per valutare le scuole? Pantaleo: Devono essere articolati, complessi e interdipendenti tra loro.Un primo criterio deve essere il contesto territoriale in cui le scuole operano; un altro è rappresentato dalle condizioni che favoriscono l’impegno di tutte le componenti della comunità scolastica (dirigenti, ATA, docenti, studenti, famiglie) al miglioramento dell’offerta formativa e della qualità didattica. Bisogna garantire risorse certe, umane e finanziarie, valutare il loro impatto in termini di miglioramento della qualità e analizza“Se le pratiche valutative re con attenzione i processi messi in non sono seguite atto nelle scuole da un supporto alla su curricolo, proriprogettazione didattica, gettazione e valuperdono la loro utilità.„ tazione. Infine, gli esiti dei risultati scolastici degli studenti devono essere prerogativa dei docenti e non delle prove standardizzate dell’INVALSI. D: Come può inserirsi l’autovalutazione delle scuole in questo processo di miglioramento della realtà scolastica italiana? Scrima: L’autovalutazione è il necessario punto di partenza di un processo che lo stesso regolamento sul SNV individua in termini corretti e condivisibili, nell’ottica di una valutazione di sistema che ha come punto di approdo la rendicontazione sociale. La valutazione esterna, comunque indispensabile, deve incrociare necessariamente quella che ogni scuola conduce su se stessa,perché soltanto così può essere assunta come elemento di un proprio convinto e attivo processo di miglioramento. D: Quanto conta la partecipazione degli studenti nella fase di valutazione delle istituzioni scolastiche? Scrima: È uno dei fattori di cui si può tener conto, in analogia a quanto può avvenire per altri pubblici servizi, in un’ottica di customer satisfaction rispetto alla quale non abbiamo pregiudizi di tipo ideologico, purché si tenga ben presente la distinzione tra l’espressione di un gradimento da parte dell’utenza e una valutazione competente su processi a elevata complessità. Oltretutto stiamo parlando di un’utenza (gli studenti) i cui personali comportamenti sono una delle variabili, sicuramente non secondaria, destinate a incidere sui risultati da cui normalmente si parte per una valutazione più complessiva. Quindi nessun rifiuto pregiudiziale, ma grande attenzione alle modalità con cui possono essere espresse le loro valutazioni, e al peso che devono avere. Pantaleo: Deve contare. Bisogna sempre sapere ascoltare i differenti punti di vista degli studenti, mentre negli ultimi anni la tendenza è stata quella di escluderli 71 Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati Scrima: Gli elementi di cui tener conto sono fondamentalmente due: gli esiti che si registrano in termini di risultati scolastici (ovviamente in un quadro ampio di comparazione) e le condizioni di contesto in cui la scuola agisce. Dopodiché non basta rilevare ciò che viene prodotto, bisogna capire se i processi che la scuola mette in atto siano adeguati e agire per migliorarne l’efficacia. Se le pratiche valutative non sono seguite da interventi di supporto alla “riprogettazione” dell’attività didattica, perdono gran parte del loro senso e della loro utilità. Pantaleo: L’autovalutazione dovrebbe essere un sistema condiviso,sostenuto da un patto tra tutti i soggetti coinvolti. L’efficacia di un sistema di autovalutazione si fonda sul coinvolgimento attivo di tutte le professionalità presenti nelle scuole, sulla valorizzazione e sull’esercizio responsabile del loro ruolo sociale. Non esiste valutazione senza condivisione e costruzione partecipata degli strumenti. L’opacità del percorso intrapreso dal MIUR è l’esatto contrario. Il Questionario Scuola, che interviene su aspetti delicatissimi che riguardano le scelte organizzative ed educative delle autonomie scolastiche, si presenta come un puro adempimento burocratico. Aspetto ancor più grave è la mancanza di informazioni sulle finalità e modalità di utilizzo dei dati ricavati dall’esterno e dallo stesso questionario. Le scuole non sono state nemmeno messe nelle condizioni di poter intervenire per implementare il questionario con ulteriori elementi di approfondimento. Il MIUR deve mettere in trasparenza finalità e modalità di utilizzo dell’elaborazione dei dati,che non possono portare alla classificazione delle scuole e alle conseguenti assegnazioni di premi o di finanziamenti diversificati. La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati 72 dalle scelte. Il sapere degli studenti, i loro linguaggi, gli strumenti del loro tempo, il loro modo di intendere la vita e il lavoro devono potere incidere sui processi formativi ed educativi. Occorre raccogliere le loro idee non per valutare individualmente i docenti, ma per cambiare profondamente le modalità con le quali si fanno le lezioni,i programmi,la didattica, e con cui si costruiscono relazioni tra docenti-studenti e famiglie, e tra essi e il territorio. Una scuola che vuole aprirsi al mondo non può essere nozionistica, e alcune volte autoreferenziale. D: La valutazione dei docenti è un altro tema caldo e dibattuto, anche per i possibili aumenti stipendiali. Qual è la vostra posizione in merito? Scrima: È pressoché scontato che ogni prestazione professionale, a maggior ragione quelle di forte impatto sulla persona e sui suoi diritti fondamentali (e l’istruzione è certamente fra essi), sia oggetto di valutazione. Il problema è come avviene la valutazione e quali effetti ne conseguono. Siamo ben consapevoli che, anche a parità formale di ruolo e funzioni del suo personale, un’organizzazione complessa può aver bisogno di utilizzare livelli di competenza, responsabilità e impegno professionale particolari e diversificati, che sarebbe ingiusto negare o ignorare. Non è dunque da escludersi che una valutazione del lavoro nella scuola possa avere riflessi anche in termini retributivi, ma a una precisa condizione: deve trattarsi di un riconoscimento aggiuntivo rispetto a un trattamento standard che oggi, per chi lavora nella scuola italiana, è da tutti riconosciuto come inadeguato. Ecco perché abbiamo chiesto e ottenuto che si accantonasse l’idea di finanziare il riconoscimento per merito attraverso un abbassamento generale degli stipendi, che sarebbe avvenuto eliminando gli scatti di anzianità. Ora che il governo sembra orientato a rendere disponibili risorse aggiuntive, anche se di entità modesta, si può tentare nella sede giusta, quella contrattuale, la ripresa di un percorso di valorizzazione professionale nella direzione che già i contratti precedenti e quello oggi vigente avevano indicato. Pantaleo: Noi siamo contrari alla valutazione individuale dei docenti. Nelle piattaforme contrattuali della FLC abbiamo indicato tre direttrici su cui costruire la valorizzazione professionale: il lavoro d’aula, gli incarichi aggiuntivi e il contesto. Intendiamo quindi costruire la possibilità di una valorizzazione professionale che non sia mera classificazione o competizione. Un nuovo contratto e il rilancio della contrattazione sono allo stesso tempo strumenti fondamentali di valorizzazione professionale e strumento di innovazione democratica. La qualità del lavoro delle persone ha un’immediata conseguenza sulla qualità del sistema scolastico. D: La scadenza per la compilazione del Questionario Scuola (primo passo verso l’autovalutazione d’istituto) è stata prorogata di una settimana a causa delle difficoltà riscontrate da alcuni istituti: primo segnale di Da Monsieur Lazhar, 2011, diretto da Philippe Falardeau. ↓ → Da Monsieur Lazhar, 2011, diretto da Philippe Falardeau. 73 Scrima: A questo appuntamento importante e delicato siamo giunti nel modo peggiore, a causa del clima negativo determinato da un modo assai discutibile di affrontare le tematiche della valutazione negli anni scorsi. Le tensioni si sono poi accentuate negli ultimi mesi anche per come,nel merito e nel metodo,le proposte del governo sulla Buona scuola sono state portate avanti. Si aggiunga una tempistica a dir poco compressa e l’assoluta mancanza di opportune azioni di accompagnamento per un’innovazione la cui importanza non si discute. Ancora una volta le scuole sono state lasciate sole a svolgere in fretta un lavoro che esige adeguato approfondimento per non ridursi a mero adempimento burocratico. Pantaleo: Anche noi abbiamo chiesto che ci fosse una proroga a causa delle difficoltà riscontrate dagli istituti e, come già detto, questa compilazione si è rivelata una pura pratica burocratica. per istruzione e formazione una vera strategia, invece di procedere per continue improvvisazioni. Di aprirsi al confronto e al dialogo con chi, come i sindacati e le associazioni professionali, conosce e rappresenta con responsabilità il mondo della scuola, la competenza e la passione di chi ci lavora, il cui protagonismo è fattore essenziale di successo per ogni processo di autentica innovazione. Pantaleo: Vorremmo finalmente avere un’occasione vera per dare il nostro contributo, invece si continua a procedere in maniera autoritaria, come confermato dal Piano scuola del governo. Per noi la valutazione non è un aspetto tecnico e neutro, ma riassume l’idea di scuola che si intende affermare nei prossimi anni. Noi vogliamo una scuola che educhi al pensiero critico, un luogo che sviluppi prima di tutto le relazioni umane, la civiltà e la democrazia.Occorre un dibattito pubblico sugli obiettivi da raggiungere e non l’imposizione dei soliti tecnocrati di pensieri unici e di dogmi. D: Che cosa chiedete al MIUR? Domenico Pantaleo Scrima: Di rendersi consapevole che l’autonomia delle scuole è cosa diversa dal lasciare che esse agiscano in uno stato di abbandono e senza risorse. Di prevedere è segretario generale di FLC CGIL. Francesco Scrima è segretario generale di CISL Scuola. Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati un iter difficile da attuare per le nostre scuole? racconti di scuola Leggere Non è educativo Scuola / Leggere non è educativo 74 Pubblichiamo un brano tratto dal recente Lettori si cresce, libro bello e necessario sul come provare a suscitare (e a non soffocare) l’amore e il piacere per la lettura a scuola. Ringraziamo l’autrice, Giusi Marchetta, e la casa editrice Einaudi per la gentile concessione. di Giusi Marchetta La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015 U na spada di Damocle pencola sulla testa dell’insegnante di italiano volenteroso mentre sceglie la narrativa per la sua classe: il tema. Il tema è quell’argomento che devi affrontare attraverso la lettura di un romanzo che sia esaustivo e socialmente accettato. Per le nostre scuole i più gettonati sono pressappoco gli stessi da vent’anni a questa parte: l’amicizia, la droga, il disagio giovanile, il rispetto per l’ambiente, la criminalità organizzata (preferibilmente la mafia,ma anche la camorra negli ultimi tempi ha acquistato punti grazie al successo di Saviano), il razzismo e l’antisemitismo. A questi classici d’antan si aggiungono i temi caldi del momento: bullismo, pericoli della rete e, meno spesso, il terrorismo. Insomma, Polito, non facciamo che trasmetterti l’idea di una letteratura buona, costantemente preoccupata di informarti, educarti e sensibilizzarti ai problemi del mondo. Non mi meraviglia quindi che tu associ i libri alla noia, alla morale e alla scuola: è colpa nostra se sei abituato a cercare tra le righe un insegnamento o un giudizio. Sarebbe il caso di smetterla. Non solo perché questa sottile forma di censura snatura un’arte che consiste proprio nel mettere continuamente in discussione il mondo e i suoi valori, ma anche perché se spogliamo la letteratura della sua portata rivoluzionaria e la rendiamo innocua, le togliamo tutto ciò che potrebbe suscitare l’interesse di chi dovrebbe leggerla. Certo, mi rendo conto che la violenza, il sesso e il turpiloquio presenti in certi romanzi rischierebbero di andare incontro all’ostilità delle famiglie dei nostri alunni. La cro- naca ci informa spessissimo di casi in cui la scuola è stata bersaglio di attacchi feroci da parte dei genitori per la presenza nei libri proposti di elementi considerati scabrosi (e che scabrosi non sono,come l’omosessualità o le nuove famiglie). Mi dico che vale la pena tentare, magari attraverso un compromesso. Ad esempio, di un autore importante ma problematico, come può̀ essere Bukowski, si potrebbero proporre le pagine più scolasticamente accettabili, lasciando agli alunni più colpiti e maturi la possibilità̀ di procurarsi da soli il resto che non si è assaggiato in classe. (Cosa che, peraltro, la scuola fa da sempre: si è mai letto tutto il Liber di Catullo?) Se l’insegnante di italiano volenteroso selezionerà bene, l’idea di letteratura che avranno i suoi alunni non sarà vincolata a una correttezza scolastica e benpensante, percepita come moralista e di fatto noiosa. O peggio, associata a qualcosa che spiega o, orrore, dà un ordine al mondo. Questo non significa rifiutarsi di trattare il tema. Ci sono libri meravigliosi che affrontano la violenza tra ragazzi, la criminalità organizzata o l’Olocausto. La mia incrollabile fiducia nella letteratura mi porta a credere che si sia scritto di qualunque argomento senza retorica, né un intento didascalico o moralista. Sulla mafia,ad esempio,non ho mai dovuto sorbirmi niente di educativo, ma non credo dimenticherò mai una pagina de Il giorno della civetta letta a scuola. Una sparatoria in piazza, una cosa veloce, conclusa con un morto a terra e tutti i presenti che scappano.Tranne il venditore di panelle. Interrogato dal maresciallo che, spazientito, gli chiede se ha visto chi ha sparato. «Perché?» risponde. «Hanno sparato?». Giusi Marchetta nata a Milano nel 1982, è cresciuta a Caserta, poi si è trasferita a Napoli. Oggi vive a Torino, dove è insegnante. Per Terre di Mezzo ha pubblicato le raccolte di racconti Dai un bacio a chi vuoi tu (2008), con la quale ha vinto il Premio Calvino, e Napoli ore 11 (2010). Il suo primo romanzo, L’iguana non vuole, è stato pubblicato nel 2011 da Rizzoli. Nel 2015 è uscito, per Einaudi, Lettori si cresce. Qdr Didattica e letteratura Una nuova collana scientifica destinata a scuola e università, diretta da Natascia Tonelli e Simone Giusti. Per riflettere su metodi e strumenti idonei a valorizzare il ruolo degli studi letterari, della scrittura, della lettura e dell’interpretazione delle opere. Comitato scientifico Remo Ceserani (Università di Bologna) Paolo Giovannetti (IULM) Pasquale Guaragnella (Università degli Studi di Bari) Marielle Macé (CRAL Parigi) Francisco Rico (Universitad Autònoma Barcelona) Francesco Stella (Università degli Studi di Siena) Piano editoriale 2014-2015 J.M. Schaeffer, Piccola ecologia degli studi letterari. Come e perché studiare la letteratura? . Ruozzi, Raccontare la scuola. C Testi, autori e forme del secondo Novecento Le competenze dell’italiano. Strategie di insegnamento e di valutazione, a cura di N. Tonelli ISSN 2385-0914 Per la scuola e per l'università I Quaderni della Ricerca sono online www.laricerca.loescher.it Per le copie cartacee rivolgersi in libreria o all’agente di zona www.loescher.it/agenzie la ricerca online Rivista e contenitore per dire, fare, condividere cultura La ricerca si affaccia alla rete con una finestra online: il sito nasce per ampliare le prospettive, arricchire il dibattito, captare e rilanciare nuovi argomenti, nuovi discorsi. In contatto diretto e quotidiano scambio con i suoi lettori. Il sito contiene gli articoli scritti per La ricerca cartacea e il pdf scaricabile, un aggiornamento quotidiano di notizie su attualità, istruzione, cultura, la sezione Scritto da voi, un’area dedicata alle normative riguardanti l’istruzione, e tutti i Quaderni della Ricerca. www.laricerca.loescher.it Su Facebook La ricerca Su Twitter @LaRicercaOnline