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Buona scuola, cattiva scuola - La Ricerca

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Buona scuola, cattiva scuola - La Ricerca
La ricerca
1 5009
RI09 - © SuperStock/Corbis - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale-D.L. 353/2003 (conv. In L 27/20/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NO/Torino – n. 8 anno 2015
Maggio 2015 Anno 3 Nuova Serie – 6 Euro www.laricerca.loescher.it
N°8
Buona scuola,
cattiva scuola
SAPERI
Come si valuta la scuola
italiana?
SCUOLA
Autovalutazione e RAV:
l’esperienza della rete AVIMES
DOSSIER
Il “teacher” sotto esame
i quaderni
I Quaderni della Ricerca sono agili monografie pensate come contributo autorevole
al dibattito culturale e pedagogico italiano.
I Quaderni della Ricerca / 05
I Quaderni della Ricerca / 01
I Quaderni
della Ricerca
3639
3323
01
Il curricolo verticale
di lingua straniera
a cura di Gisella Langé
05
I Quaderni
della Ricerca
Imparare dalla lettura
a cura di Simone Giusti e Federico Batini
GIUSTI, BATINI / Imparare dalla lettura
Langé / Il curricolo verticale di lingua straniera
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e delle Ricerca
Ufficio
Scolastico
per la
Lombardia
3323_Langhé.indd 3
I Quaderni
della Ricerca
Fare scuola nella classe digitale
Per una letteratura
delle competenze
Tecnologie e didattica attiva fra teoria
e pratiche d’uso innovative
A cura di Natascia Tonelli
Valeria Zagami
08
I Quaderni
della Ricerca
I Quaderni della Ricerca / 09
07
I Quaderni
della Ricerca
I Quaderni della Ricerca / 08
06
31/01/13 12:07
Identità sessuale:
un’assenza ingiustificata
Ricerca, strumenti e informazioni per la prevenzione
del bullismo omofobico a scuola
09
10
I Quaderni
della Ricerca
La valutazione esterna a scuola:
da “vincolo” a risorsa didattica
1954-2014
L’italiano tra scuola e televisione
Un guida per attività di laboratorio
in Italiano e Matematica e sulle
competenze trasversali a partire
dai test INVALSI
Isabella Donfrancesco e Giuseppe Patota
Federico Batini
Giovanna Benetti, Mariarita Casellato
Natura e possibilità della ragione
umana
I Quaderni
della Ricerca
Lingue straniere e disturbi
specifici dell’apprendimento
Romanae Disputationes 2013-14
Un quadro di riferimento per la progettazione
di materiali glottodidattici accessibili
a cura di Gian Paolo Terravecchia e Marco Ferrari
14
I Quaderni
della Ricerca
Fare CLIL
Strumenti per l’insegnamento integrato di lingua
e disciplina nella scuola secondaria
15
I Quaderni
della Ricerca
L’italiano L1 come lingua
dello studio
a cura di Paolo E. Balboni e Marco Mezzadri
BalBoni, Mezzadri / l’italiano l1 come lingua dello studio
a cura di Paolo E. Balboni e Carmel M. Coonan
Università Ca’ Foscari Venezia
BalBoni, Coonan / Fare Clil
Michele Daloiso
Gruppo di ricerca DEAL, Università Ca’ Foscari Venezia
Amelia Stancanelli, Antonella Fatai, Maria Urzì
I Quaderni della Ricerca / 15
Principi, strategie, esperienze
13
I Quaderni
della Ricerca
I Quaderni della Ricerca / 14
Imparare per competenze
12
DONFRANCESCO / L’italiano tra scuola e televisione
BATINI / Identità sessuale: un’assenza ingiustificata
I Quaderni
della Ricerca
I Quaderni della Ricerca / 12 Natura e possibilità della ragione umana Romanae Disputationes 2013-14
11
I Quaderni
della ricerca
Didattica per l’Eccellenza
a cura di Alessandro Borri, Fernanda Minuz, Lorenza Rocca, Chiara Sola
E-CLIL per una didattica innovativa
a cura di Gisella Langé e Letizia Cinganotto
19
I Quaderni
della Ricerca
La scuola come organizzazione
responsabile
Andrea Caldelli
I Quaderni della Ricerca / 20
Sillabo e descrittori dall’alfabetizzazione all’A1
I Quaderni
della Ricerca
3554
Italiano L2 in contesti migratori
18
I Quaderni della Ricerca / 19
La didattica della lingua latina fra teoria
e buone pratiche
I Quaderni
della Ricerca
0331
Prospettive per l’insegnamento
del latino
17
I Quaderni della Ricerca / 18
I Quaderni
della Ricerca
3717
I Quaderni della Ricerca / 16
16
20
I Quaderni
della Ricerca
OCSE: Skills Outlook 2013
Primi risultati della ricerca sulle competenze
degli adulti
Introduzione e cura di Federico Batini
Commento di Federico Batini e Roberto Trinchero
a cura di Andrea Balbo e Marco Ricucci
OCSE: Skills Outlook 2013
caldelli / la scuola come organizzazione responsabile
Langé / E-CLIL per una didattica innovativa
BaLBo, Ricucci / Prospettive per l’insegnamento del latino
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I Quaderni della Ricerca sono online
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Per le copie cartacee rivolgersi in libreria o
presso l’agente di zona www.loescher.it/agenzie
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editoriale
Un’idea di valutazione
A
uspice la Buona scuola di Renzi, si torna nuovamente a parlare di valutazione (e di autovalutazione: della scuola, degli insegnanti, delle
pratiche, dei risultati, dei processi…).
L’argomento è delicato e politicamente “pericoloso”, anche perché
affrontato ogni volta come fosse la prima,con il piglio delle questioni
vitali e gli argomenti delle decisioni capitali; ne va della libertà della
Scuola, si dice da una parte. Ne va del futuro della Nazione, si risponde dall’altra…
Il tutto (ossia la ridda di deduzioni e controdeduzioni) originato da un malinteso,
almeno a parere di chi scrive: che la valutazione della scuola non sia già una realtà
effettiva e operante; che non orienti già la scelta di famiglie; che non influenzi già gli
esiti e le sorti degli studenti…
Provo a spiegare la mia affermazione con un esempio pratico.
Quando si trattò di scegliere la scuola superiore di mio figlio, qualche anno fa, chiesi
un po’ in giro, per sapere quale fosse la fama dei due licei artistici della città. La risposta
fu unanime: occorreva orientarsi senza dubbi verso il liceo privato di
un certo ordine religioso, garanzia di serietà, preparazione, controllo,
Che idea di scuola abbiamo
decoro… Il liceo statale sarebbe stato meglio evitarlo, perché fucina
di disadattati.
in testa, quando chiediamo che
Intimamente laico e statalista, sarei stato comunque pronto a
essa venga valutata? E come
soprassedere
sui miei principi: ne andava del futuro di mio figlio, e
pensiamo che si debba svolgere, di
non mi sarei lasciato fuorviare da stereotipi ideologici. Sennonché,
conseguenza, tale valutazione?
quello stesso anno il «Corriere della Sera» pubblicò il rapporto della
Fondazione Agnelli, che valutava le scuole in base all’esito dei loro
studenti nel segmento scolastico superiore (in soldoni: il successo al primo anno di
università) e che relegava il prestigioso liceo privato verso il fondo della classifica.
Questioni di principio e valutazioni pratiche si sommarono,e mio figlio ora frequenta
felicemente il liceo statale.
Di contro, la valutazione cittadina del liceo religioso non sembra essere stata minimamente intaccata dalla stroncatura della Fondazione Agnelli.
Contenti tutti, insomma.
Com’è possibile?
Credo che ciò dipenda dalla diversa idea di scuola che hanno i concittadini di mio
figlio e gli “ideologi” della Fondazione Agnelli. Una diversa idea di scuola che, in assenza
di una visione complessiva e condivisa, disegna di volta in volta la scuola che serve, o
che piace, in quel contesto, per quelle persone, che chiacchierano in quello specifico
salotto o che fanno pressione da quel particolare blog.
Ed ecco, allora, il punto centrale della questione, che ritorna in moltissimi degli interventi presenti in questo numero della Ricerca. Che idea di scuola abbiamo in testa,
quando chiediamo che essa venga valutata? E come pensiamo che si debba svolgere,
di conseguenza, tale valutazione? A voler rischiare il semplicismo, si potrebbe dire che
da un lato c’è la convinzione di chi pensa che la scuola debba produrre solo lavoratori
competenti, flessibili e adatti al mercato globale; dall’altro, quella di chi la immagina
solo educatrice di retti cittadini consapevoli di sé e rispettosi degli altri.
Da qualche parte, nel mezzo, c’è la sfumatura, la gradazione che riuscirebbe a mettere
d’accordo tutti, e che consentirebbe al sistema di trovare il modo più giusto (perché
condiviso) di valutare e di valutarsi.
“
„
Sandro Invidia, direttore editoriale di Loescher.
La ricerca
Periodico quadrimestrale
Anno 3, Numero 8 Nuova Serie, Maggio 2015
autorizzazione n. 23 del Tribunale di Torino,
05/04/2012 iscrizione al ROC n. 1480
Editore
Loescher Editore
Direttore responsabile
Martina Pasotti
Direttore editoriale
Ubaldo Nicola
Redazione di questo numero
Manuela Iannotta, Rebecca Impellizzieri,
Sandro Invidia, Emanuela Mazzucchetti,
Alessandra Nesti, Francesca Nicola,
Chiara Romerio
Grafica e impaginazione
Leftloft - Milano/New York
Pubblicità interna e di copertina
Visual Grafika - Torino
Stampa
Rotolito Lombarda
Via Sondrio, 3 - 20096 Seggiano di Pioltello (MI)
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Distribuzione
Per informazioni scrivere a:
[email protected]
Autori di questo numero
Anna Maria Ajello, Raimondo Bolletta,
Sam Chaltain, Thomas Dee, Lina Grossi,
Joel Klein, Giusi Marchetta,
Stefano Molina, Silvana Mosca,
Francesca Nicola, Domenico Pantaleo,
Donatella Poliandri, Graziella Pozzo,
Isabella Quadrelli, Sara Romiti,
Robert Rothman, Jaap Scheerens,
Francesco Scrima, Thomas Toch,
James Wyckoff.
© Loescher Editore
via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino
www.laricerca.loescher.it
ISSN: 2282-2836 (cartaceo)
ISSN: 2282-2852 (on-line)
Sommario
Come si vauta la scuola italiana?
saperi
scuola
Definire la valutazione
56
Valutazione: un lungo percorso
11
La valutazione nel contesto italiano
62
L’autovalutazione migliora
le competenze didattiche
16
L’altra faccia dell’INVALSI
18
Il percorso VALeS: quali
indicazioni per le scuole?
6
Jaap Scheerens
Stefano Molina
Anna Maria Ajello
Donatella Poliandri, Isabella Quadrelli,
Sara Romiti
23
Raimondo Bolletta
Silvana Mosca
69
La buona valutazione
secondo i sindacati
Domenico Pantaleo, Francesco Scrima
74
Leggere non è educativo
Giusi Marchetta
La progettazione, chiave di volta
per valutare le competenze
Graziella Pozzo
28
La competenza di scrittura
nella prima prova dell’esame di Stato
Lina Grossi
La valutazione degli insegnanti USA
dossier
36
Il “teacher” sotto esame
39
Esperienze di valutazione
nelle scuole americane
Francesca Nicola
Thomas Toch, Robert Rothman
45
IMPACT: la strategia
degli incentivi forti
Thomas Dee, James Wyckoff
49
Premiare i meritevoli
e cacciare i fannulloni
Joel Klein
51
Rendere l’insegnamento
sempre più difficile
Sam Chaltain
saperi
Definire
la valutazione
Saperi / Definire la valutazione
6
Abbiamo intervistato il
professor Scheerens, uno dei
massimi teorici ed esperti di
valutazione, a margine del
seminario “Autovalutazione
e contesto internazionale”
svoltosi a Torino il 6 marzo.
Intervista a Jaap Scheerens
A cura di Alessandra Nesti
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
D: Che cos’è la valutazione?
R: È qualcosa che facciamo in ogni momento della
giornata. Valutiamo sempre, tutti i giorni. Fa parte
della vita. Questo ovviamente se consideriamo
un’accezione più colloquiale, generica del termine.
Anche ora, qui in questa stanza, possiamo certamente dire cosa di questa ci piace e cosa non ci
piace, esprimendo così un giudizio di valore.
Quando parliamo di valutazione applicata al
sistema nazionale di istruzione parliamo di un
monitoraggio, prendendo in esame il sistema
intero. Non si tratta soltanto dei test INVALSI; esistono approcci diversi alla valutazione: da un lato
approcci sistematici, dipendenti da metodi scientifici, psicometrici, strutturati; dall’altro approcci
più aperti, qualitativi.
In una pubblicazione in lingua italiana (Scheerens et al., 2011) ho tentato di delineare un quadro
esaustivo dei diversi metodi di valutazione, i quali
dipendono sostanzialmente da tre dimensioni:
1. fonte dei dati (esami, prove, test, voti, dati amministrativi; statistiche; dati basati su ricerche
o indagini di esperti, ispettori);
2. tre funzioni di base: rendicontazione, miglioramento, accreditamento;
3. gli oggetti della valutazione: il sistema
educativo, i programmi educativi, le scuole,
gli insegnanti, gli alunni.
Quando si dispongono queste tre voci in uno schema e si incrociano le dimensioni con le funzioni
7
Saperi / Definire la valutazione
François Bégaudeau come professore in La classe, 2008,
diretto da Laurent Cantet.
VISIONE D’INSIEME DEI DIVERSI TIPI DI MONITORAGGIO E VALUTAZIONE
Fonte
dei dati
Dati derivanti da test
e prove di accertamento
Funzione Rendicontazione
Oggetto
Sistema
8
Accreditamento
Accertamenti
nazionali e
internazionali
Rendicontazione
Miglioramento
MIS
MIS
Accreditamento
Analisi e indagini sistematiche
Rendicontazione
Miglioramento
Commissioni
interne di
analisi
Commissioni
interne di
analisi
Accreditamento
Programmi Valutazione formativa e sommativa degli esiti e dei processi mediante varie forme di dati
Scuole
Saperi / Definire la valutazione
Miglioramento
Dati amministrativi;
statistiche
Relazioni sulle
prestazioni della
scuola
Autovalutazione
di scuola
basata sui
test
Certificazione
Insegnanti Accertamento
delle competenze
Alunni
Sistemi di
monitoraggio
degli
alunni
Esami
MIS di
scuola
MIS di
scuola
Ispezioni
Ispezioni
Autovalutazione
d’istituto
MIS di
scuola
MIS di
scuola
Ispezioni
Ispezioni
MIS di
scuola
Controlli
di qualità
Monitoraggio del
comportamento da
parte degli
insegnanti
Tratto da J. Scheerens e altri, Valutare per gestire la scuola, Bruno Mondadori, Milano 2011.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
e con gli oggetti della valutazione, si ottiene una
classificazione delle principali forme di monitoraggio e di valutazione (M&E) (cfr. tabella 1).
Alcuni metodi possono avere più di una funzione: si possono usare test per la rendicontazione,
per la valutazione sommativa, oppure per il miglioramento. La valutazione quindi non è mai una
fotografia inerte: ha sempre uno scopo.
D: Si parla sia di autovalutazione della scuola
sia di valutazione esterna. Quali sono le differenze e quali le implicazioni per le scuole?
R: Valutazione e autovalutazione hanno finalità
e modalità diverse. La valutazione esterna ha una
funzione di controllo, anche politico. Mira a verificare, ad esempio, se le riforme o i provvedimenti
assunti a livello centrale hanno prodotto gli esiti
previsti.
Nell’autovalutazione, talvolta definita anche internal accountability, punto di vista e coinvolgimento sono diversi e partono ovviamente dall’interno
della scuola.
Nel definire un processo di valutazione di sistema è importante mettere in luce una prima fase di
analisi delle variabili e di individuazione dei fattori
che si ipotizza agiscano sul buon funzionamento
della scuola. Successivamente si raccolgono i dati
e le informazioni empiriche che possono fornire
indicazioni e prove circa la presenza o meno di determinate caratteristiche (il numero delle assenze,
così come i risultati di una prova di apprendimento ecc). Dall’altra parte ci sono confronti da fare
rispetto al contesto normativo (l’applicazione di
standard, norme, benchmark).
Questi due aspetti sono sempre presenti, per
questo credo che la sfida per la scuola sia duplice:
abituarsi a lavorare basandosi sui dati e a utilizzare
le informazioni raccolte in modo sistematico; e poi
naturalmente dare un giudizio su quanto raccolto,
interpretare i dati. Inoltre ci sono frameworks espliciti, ci sono norme, standard, che vanno utilizzati
secondo certe regole.
La domanda da porsi è: come possono le scuole
fare un buon uso di tutto ciò? Una valutazione o
autovalutazione basata sui dati genera l’aspettativa di qualcosa di più: migliorare. Si tratta di
prendere decisioni e metterle in pratica: il seguito
della valutazione è sempre un’azione,dopo la quale
si procederà con nuove misurazioni, e così via.
D: Bisogna quindi anche investire per formare le scuole alla valutazione, per sviluppare le competenze delle scuole su come usare i dati e i risultati e su come procedere per
fasi conseguenti.
9
Saperi / Definire la valutazione
R: Certamente. Questo è un aspetto molto centrale.
L’aspetto interessante di una valutazione sistematica applicata alla scuola o al sistema educativo
è che questa valutazione è sì data per scontata,
ossia è “giusto” farla, con un senso anche ovvio;
allo stesso tempo, in tutti i Paesi in cui si attua la
valutazione delle scuole, questa appare sempre
anche come un elemento estraneo, non naturale,
imposto.
Parte della professione dell’insegnante è valutare lo studente, ed è questo concetto di valutazione
ad avere cittadinanza: gli insegnanti sono abituati
a farlo. Nel momento in cui però gli insegnanti
diventano oggetto di valutazione iniziano anche
i problemi. Anche perché nel bagaglio della formazione professionale dell’insegnante spesso
mancano elementi di metodologia della ricerca,
non fanno parte del suo training, in genere sono
qualcosa di nuovo.
Nei Paesi con una tradizione più lunga di valutazione dei sistemi scolastici e delle scuole, le cose
stanno – in parte – diversamente: ad esempio in
Inghilterra, dopo trent’anni in cui si occupano di
valutazione, forse qualcosa (concetti, procedure,
metodi) è filtrato anche nella formazione degli
insegnanti.
E qui tocchiamo un punto nodale. Le principali
differenze di metodi e risultati tra Paesi dipendono
spesso proprio dal fattore “tempo”: da quanto tempo in quel Paese si studia ovvero si fa valutazione
nelle scuole?
L’Inghilterra, dicevamo, ha cominciato presto,
seguita subito dopo dall’Olanda; la Germania più
tardi, nel 2000 con l’indagine PISA. In Italia il per-
corso di valutazione interna ed esterna è cominciato nel 1998, con l’autonomia e con le Indicazioni
della Commissione europea, oltre che con la spinta
data dall’indagine OCSE-PISA. Nell’ambito dell’autovalutazione, occorre tenere presente che è diversa in tutti i Paesi, ciascuno ha il proprio approccio.
Spesso esiste un collegamento con la valutazione degli ispettorati: in Olanda, ad esempio, gli
ispettorati valutano le scuole (valutazione esterna); però una parte di ciò che valutano è se la
scuola è in grado di fare in autonomia un quality
monitoring, l’autovalutazione. È stato anche fatto
un esperimento in cui si è cercato di usare l’autovalutazione per risparmiare sui costi del lavoro
degli ispettori esterni nel visitare le scuole.Quando
l’autovalutazione di una scuola era molto positiva,
allora la si prendeva per buona e non si procedeva
oltre con le valutazioni esterne. Ma questo esperimento, durato cinque anni, non ha funzionato
bene: una troppo alta percentuale delle scuole
non è stata in grado di effettuare un’efficace autovalutazione.
In molti Paesi le scuole non sono formate per
autovalutarsi: manca forse una cultura dell’autoconsapevolezza, non sono consapevoli del loro
status di produttori di bene (sociale ed economico).
Un obiettivo importante sarebbe quindi rendere le
scuole competenti nell’autovalutazione e consapevoli del loro ruolo.
D: È possibile, e fino a che punto, una standardizzazione (benchmarking) della valutazione scolastica?
R: È necessario distinguere tra concetto di standard e concetto di benchmark. Gli studi comparativi internazionali consentono di paragonare
gli esiti dei sistemi di istruzione, in base ai quali
si può scegliere, arbitrariamente, una serie di
standard. Per esempio: scegliere come obiettivo
←
Da La classe, 2008,
diretto da Laurent
Cantet.
quello di fare come la Finlandia, ovvero raggiungere risultati paragonabili a quelli del Paese
assunto come standard. Oppure si può scegliere
di riferirsi a una media, e allora la valutazione
riguarderà se si è sopra o sotto la media. O ancora, ci si paragona ai Paesi più vicini, oppure si
valuta tenendo conto del fattore tempo: siamo
stati migliori o peggiori di prima? È una valutazione dell’evoluzione longitudinale, che pone in
risalto i progressi compiuti.
D: E in Italia a che punto siamo?
Saperi / Definire la valutazione
10
R: Penso che l’Italia sia a un punto molto interessante, veramente penso che sia stato fatto moltissimo negli ultimi cinque anni, tra INVALSI, VALeS,
PON e altre ricerche.
Ora è finalmente disponibile una quantità notevole di documenti; ci sono gli strumenti: un bel
lavoro, che prima mancava e ora c’è, è completo,
esauriente.
La grande sfida per l’Italia, in questo momento,
è un’implementazione: fare un buon uso di questo
materiale.
D: In Italia le proteste, soprattutto attraverso
i sindacati, si sono concentrate sul poco tempo a disposizione per la compilazione dei questionari e soprattutto sull’opacità dell’operazione nei metodi e nell’utilizzo dei dati stessi – non solo da parte di INVALSI ma anche del
ministero.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
R: Il prodotto di una autovalutazione dipende
totalmente dalla scuola, ma è oggetto di interesse
anche da parte di altre istituzioni. Ad esempio, i
sindaci di una città,che possono comparare diversi
istituti e usare i risultati per scopi differenti.
È noto che in Inghilterra l’erogazione di fondi
è legata alla bontà o meno dei punteggi ottenuti.
Il rischio qui è che ci sia confusione di intenzioni
valutative, anche da parte del ministero.
Ovviamente la valutazione può essere vista anche come uno strumento di controllo, e quindi cambia completamente la motivazione a partecipare.
D: Un’ultima domanda, sulla dimensione internazionale e anche sulla school effectiveness:
quest’ultima è un sistema di valori che l’Italia
sta importando?
R: Partiamo dal principio. L’idea di fondo, anche
nei progetti italiani (ad esempio AVIMES) sulla scia
della sperimentazione fatta in Olanda, è che nel
preparare uno strumento per l’autovalutazione sia
essenziale, oltre che dotarsi di indicatori di output,
anche sapere quali sono i metodi, l’organizzazione,
lo stile di leadership, le modalità didattiche che
davvero possono migliorare i risultati.
L’idea della school effectiveness è “What works?”: cosa
funziona? Adottandola per il progetto AVIMES,
quest’istanza forte ha comportato la selezione di
indicatori di processi e di variabili che hanno mostrato un impatto evidente sull’outcome. In questo
modo si aiutano concretamente le scuole, perché
il legame tra il miglioramento di questi fattori, variabili e malleabili, e il miglioramento dei risultati
è diretto.
Nel quadro di riferimento della school effectiveness
gli output sono centrali. I processi sono importanti
solo nella misura in cui hanno un impatto sui risultati. È una differenza sostanziale rispetto al modello INVALSI, in cui – talvolta – si valutano i processi
di per sé, in assoluto (ad esempio, nel dire se un tipo
di didattica è o non è innovativa tout court).
Questa è una prospettiva non utilizzata nel
modello della school effectiveness: l’innovazione di
per sé non sarà mai un criterio autonomo. Ciò che
conta è l’impatto finale che quest’innovazione avrà
sui risultati di apprendimento. Una valutazione
quotidiana in quest’ottica è più difficile,ovviamente: è una filosofia euristica che serve per scegliere,
per fondare le decisioni su dati validi.
Quando valutiamo una scuola, quindi, non possiamo non prendere in considerazione gli output.
Gli output sono centrali, ed è la filosofia centrale
del progetto AVIMES, che si pone in generale la
seguente domanda: come si fa a far variare i processi (le variabili di processo) affinché cambino i
risultati?
Anche per INVALSI i risultati contano, sono
centrali. Il Rapporto di autovalutazione è infatti
articolato in: Contesto/risorse, Risultati, Processi. Ma
i risultati derivati dai test riguardano, per ora, solo
italiano e matematica. Tuttavia la metodologia
utilizzata per la costruzione e validazione dei test
e per la restituzione dei risultati alle scuole è molto
efficace. I dati sono molti, gli strumenti sono affidabili: l’importante è che le scuole siano motivate
e sostenute a utilizzarli.
Jaap Scheerens
è professore di Organizzazione e Management
dell’educazione all’Università di Twente (Olanda).
Le sue ricerche riguardano la comparazione
internazionale nel settore dell’educazione, la
valutazione e la qualità educativa. È autore di
numerose pubblicazioni e articoli su riviste
specializzate internazionali. In lingua italiana ha
pubblicato: J. Scheerens, con G. Barzanò e S. Mosca,
L’autovalutazione nella scuola, Bruno Mondadori,
Milano 2000; J. Scheerens, L’istruzione intesa come
sistema adattivo complesso; implicazione per gli studi sull’
efficacia educativa, in F. Abbano, G. Del Re e G. Monaco,
Complessità dinamica dei processi educativi, Franco Angeli,
Milano 2008; J. Scheerens, S. Mosca e R. Bolletta,
Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità
educativa, Bruno Mondadori, Milano 2011.
La valutazione
nel contesto italiano
L’analisi di Stefano Molina parte dal tema della
valutazione per analizzare il complesso sistema
scolastico italiano: perché è così difficile modificarlo
e come la valutazione potrebbe costituire, se ben
applicata, un motore per il cambiamento.
11
Saperi / La valutazione nel contesto italiano
Intervista a Stefano Molina
A cura di Rebecca Impellizieri
D: Nel testo definitivo de La buona scuola sono
stati mantenuti gli scatti di anzianità, e ci si
è limitati introdurre dei “premi” per riconoscere il merito dei docenti (articolo 11); come
commenterebbe questa scelta?
R: Il tema è controverso e non solo nel mondo della
scuola: che cosa deve essere oggetto di remunerazione nel lavoro di un individuo, in generale? Ci sono le competenze, le abilità, le capacità di risolvere
i problemi e poi bisogna riconoscere qual è il ruolo
dell’esperienza accumulata: più il mondo accelera
meno l’esperienza ha un valore di per sé, anche se
comunque continua a essere un aspetto importan-
te. La scuola affronta la questione, molto generale,
con questo movimento di andata e ritorno rispetto
all’abolizione degli scatti di anzianità. Data l’impossibilità di affrontare in questa sede il problema
generale (quale ruolo deve avere l’anzianità nella
progressione salariale), questa fuga in avanti del
progetto della Buona scuola e poi il ritorno indietro
agli scatti di merito aggiuntivi, che peraltro nell’ultimo disegno di legge sembrerebbero attribuiti dal
dirigente scolastico, è una buona dimostrazione
della difficoltà di cambiare quella grande organizzazione che è la scuola italiana. Con il suo milione
di dipendenti, con i suoi 10 milioni di utenti, e
dunque con un numero ancora più alto di persone
Robin Williams
come professore
in L’attimo fuggente,
1989, diretto da
Peter Weir.
↓
collegate in qualche modo al sistema scolastico, è
probabilmente la più grande organizzazione italiana. È governata in modo ancora molto centralistico
ed è quindi per certi versi monolitica, nonostante
l’autonomia. Ogni cambiamento di questo monolite si rivela nei fatti più difficile di quanto non
prevedano a tavolino coloro che si impegnano in
disegni di riforma, come si è visto in molti casi.
Il tentativo di abolizione degli scatti di anzianità,
giusto o sbagliato che fosse, è un buon esempio di
quanto sia difficile introdurre un cambiamento
significativo in una struttura molto complessa, e
soprattutto molto grande.
Saperi / La valutazione nel contesto italiano
12
D: Ritiene che in Italia sia auspicabile e/o
realizzabile un sistema che preveda una carriera strutturata all’interno della professione
docente, con passaggi permanenti basati su
merito e impegno?
R: Come Fondazione Agnelli riteniamo che sia un
cambiamento importante e auspicabile, anche
perché accompagnerebbe sensatamente la più
grande trasformazione intervenuta nella scuola
italiana: fino al ’99 era sostanzialmente un centro
di erogazione di un servizio nazionale,uniforme su
tutto il territorio; diventata scuola dell’autonomia,
si è trasformata in una comunità intelligente, che
interpreta non più i programmi ma i curricoli e ha
un’offerta formativa differenziata sul territorio. In
conseguenza di questo, si richiede oggi anche un
cambiamento del profilo dell’insegnante: se prima
il docente era sostanzialmente un erogatore di lezioni frontali tutte uguali, basate sulla necessità di
seguire il programma,adesso si richiede alla scuola
di essere un’organizzazione complessa, intelligente, che riflette sui propri risultati ed è in grado di
offrire alla propria utenza un’offerta formativa
originale e dinamica. In questa situazione, il profilo professionale del docente è più complesso e
non è solo contraddistinto
da una grande abilità diOggi si chiede
dattica; è richiesta anche
alla scuola di essere
una grossa capacità relaun’organizzazione
zionale, di farsi carico del
complessa, intelligente,
miglioramento dell’istituche riflette sui propri
zione scolastica, e anche
una capacità organizzatirisultati.
va. È chiaro che la professionalità docente si sta articolando e modificando,
così come la responsabilità del dirigente scolastico
tende a crescere enormemente, ed è importante
che la scuola si doti di figure che assumano delle
responsabilità,tanto sul piano didattico quanto sul
quello organizzativo. D’altra parte, se si pensa ai
collaboratori del preside e alle funzioni strumentali, ci si accorge che nelle scuole c’è già un’organizzazione, che però non configura una vera e propria
carriera, mancando il requisito della portabilità di
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
“
„
questa responsabilità aggiuntiva, nel momento in
cui ci si muove da una scuola all’altra. La cosa che
sottolineiamo come Fondazione Agnelli è che la
strutturazione della carriera è importante non solo
perché risponde alle esigenze della vita quotidiana
della scuola autonoma, ma anche perché manderebbe un segnale molto importante a coloro che
non sono docenti e che potrebbero avere intenzione di diventarlo se vi vedessero una professione più
attraente, da tanti punti di vista: del prestigio, del
reddito, della responsabilità. Una professione che
si strutturi anche come una crescita e non solo come un lento trascorrere di compleanni può essere
più stimolante anche per i giovani intraprendenti,
eventualmente anche con la possibilità, una volta
diventati docenti esperti, di assumere le posizioni
dirigenziali della scuola, che sono sia la dirigenza
scolastica sia la dirigenza tecnica di un eventuale
ispettorato ancora tutto da ridefinire.
La risposta alla domanda iniziale quindi è
senz’altro positiva.
D: A Farhenheit lei ha dichiarato che la valutazione deve essere fatta sulla scuola e sulla
squadra dei docenti, non sul singolo docente, per ragioni metodologiche: può spiegarci
quali?
R: Qui andiamo un po’ sul tecnico: se siamo d’accordo su una premessa, e cioè che la valutazione
nella scuola non possa prescindere dalla qualità
degli apprendimenti degli studenti, allora dobbiamo riconoscere che la valutazione basata sulla qualità degli apprendimenti è fallace se non applica
una prospettiva di valore aggiunto, o meglio se non
si ragiona sui guadagni cognitivi. Gli apprendimenti infatti sono senz’altro migliori nella scuola
che si trova al centro della grande città, o dove si
iscrivono le figlie del dottore, mentre in periferia è
probabile che gli apprendimenti siano molto meno
buoni perché ci sono figli di immigrati o comunque situazioni svantaggiate. La scuola periferica
non ha nessuna colpa di questo; semmai bisogna
provare, attraverso tecniche statistiche, a verificare se il “trattamento” della scuola è stato positivo
o negativo rispetto al trattamento medio. Si usa
allora una tecnica che si chiama “valore aggiunto”
che però tende a rilevare differenze statisticamente significative a condizione che le osservazioni
siano numerose. In una scuola di trecento allievi
si riesce a misurare il livello degli apprendimenti
in modo più affidabile rispetto a quanto non si
faccia in una singola classe, perché in questo caso
il margine di errore statistico è molto più ampio, e
c’è il rischio che lo strumento utilizzato non riesca
a discriminare correttamente. Questo era quello
che avevo in mente quando a Farhenheit ho parlato
di ragioni metodologiche. Le cose importanti sono
comunque che: 1) la valutazione deve tenere conto
degli apprendimenti; 2) gli apprendimenti sono
una cosa diversa dai risultati delle prove INVALSI.
Questi ultimi sono un’approssimazione, ma, dati
gli strumenti che abbiamo a disposizione al momento, sono la migliore approssimazione degli
apprendimenti perché ci consentono di standardizzare, ossia di fare le stesse domande nello stesso
modo su tutto il territorio nazionale, con gli stessi
criteri di valutazione. Non ci basiamo quindi solo
sulla valutazione da parte del singolo docente di
quella classe, ma abbiamo risultati confrontabili.
Non è poi il valore assoluto delle risposte giuste a
permettere di dare un giudizio sulla scuola,bensì la
differenza tra punteggio in entrata e punteggio in
uscita,tenuto conto delle differenze di contesto e di
stato sociale dei ragazzi. Una volta fatte queste premesse, si può dire quindi che esiste la possibilità di
valutare la scuola,mentre valutare la singola classe
e l’insegnante è tecnicamente molto più difficile.
13
Saperi / La valutazione nel contesto italiano
D: Perché in Italia la valutazione ha sempre
incontrato una resistenza così forte da parte
dei docenti?
R: In parte perché a nessuno piace essere giudicato sul proprio lavoro, e questa è una reazione
umana. In Italia c’è poi un’aggravante: non sono
mai stati esplicitati con chiarezza né i criteri né
le finalità della presunta valutazione.Noi abbiamo
un istituto INVALSI che elabora e somministra
le prove in modo talvolta anche un po’ invasivo
rispetto alla normale attività delle scuole; non si
è mai chiarito molto bene che cosa si voglia fare,
motivo per cui all’inizio le scuole si sono molto
spaventate, a turno i docenti si sono compattati
contro. Non c’è chiarezza né sui criteri né sulla
finalità della valutazione, è inevitabile che la
diffidenza naturale di cui parlavo prima venga
accresciuta. Si genera così un’ostilità preventiva,
che non fa bene alla capacità di un sistema di valutazione di generare miglioramento.
D: Nel rapporto sulla valutazione (2014) affermate che senza valutazione “esterna” non c’è
vera valutazione; secondo voi quindi il Sistema nazionale di valutazione in atto si concentra sufficientemente su questo aspetto? I
risultati forniti saranno realmente affidabili/
utili?
R: Si può affermare un po’ salomonicamente che
nella guerra tra Oriazi e Curiazi,ossia tra sostenitori dell’autovalutazione da un lato e della valutazione esterna dall’altro in realtà non ha ragione nessuno, perché le due dimensioni della valutazione
della scuola devono sapere convivere.
L’autovalutazione da sola è ovviamente un esercizio del tutto autoreferenziale, che generalmente
scivola verso l’autocompiacimento, o meglio verso
una conclusione che è lo specchio della condizione
psicologica delle persone che vi partecipano: se sono più depresse, scivolerà verso una condizione di
autocommiserazione, se sono più ottimiste saranno invece portate a considerare la propria scuola di
appartenenza la migliore del mondo.
Anche la valutazione esterna tuttavia, se fatta
solo con una logica ispettiva di premi e punizioni,
non ha la capacità di generare quel cambiamento
che la scuola ama chiamare “miglioramento”,
perché alla fin fine, se quello che ci interessa è la
crescita dei ragazzi, questa non la si può determinare per decreto, o con una pagella alla scuola;
bisogna che anche a partire da quella pagella che la
scuola riceve si generi un processo intelligente di
riflessione sui propri punti di forza e di debolezza,
che si traduce in azioni quotidiane, nelle classi,
con gli studenti e nei collegi dei docenti. Questo
è molto vicino a quello che i sostenitori dell’autovalutazione chiamano per l’appunto “autovalutazione”. Quindi l’equilibrio difficile da trovare è
un circuito virtuoso tra comunità intelligenti che
sanno riflettere su sé stesse, e hanno il coraggio di
cambiare, e un sistema che, senza essere troppo
invasivo, permetta a queste riflessioni isolate di
non essere autocompiacimento, ma porti a uno
scambio e stimoli al cambiamento laddove questi
↑
Da L’attimo
fuggente, 1989,
diretto da Peter
Weir.
miglioramento, tenendo poi presente che i docenti cambiano scuola in media più rapidamente
rispetto ai 10 anni, quindi vi è anche un effetto di
deresponsabilizzazione sul lungo periodo. Quindi,
non voglio dire che il DPR 80 sia partito con il piede
sbagliato, ma è partito nella direzione più facile.
La fertilizzazione reciproca tra autovalutazione
e valutazione esterna è tutta rinviata al secondo
anno, in cui dovrebbero iniziare le visite ispettive.
D: Quale uso ritiene sarà fatto dei dati raccolti
dal Sistema di Valutazione nazionale?
Saperi / La valutazione nel contesto italiano
14
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
↑
Da L’attimo
fuggente, 1989,
diretto da Peter
Weir.
sono più necessari. Questo è l’equilibrio difficile
da trovare; il Sistema nazionale di Valutazione,
che nasce con il DPR 80 – e che oggi sembra essere
messo in crisi dall’esistenza di un disegno di legge
sulla Buona scuola che lo considera quasi transitorio –, ha deciso per il primo anno scolastico, quello
in corso, di puntare tutto sull’autovalutazione.
Purtroppo sappiamo che questa scelta è stata fatta
per mancanza di risorse interne: l’autovalutazione non costa niente, la valutazione esterna invece
costa, soprattutto nel momento in cui prevede
delle visite ispettive; uno dei problemi in Italia è
che non abbiamo né un organico di ispettori,o meglio dirigenti tecnici, né osservatori delle scuole in
grado di sopportare un carico di lavoro distribuito
su 8500 istituzioni scolastiche più il sistema delle
paritarie. Il sistema di valutazione infatti è nazionale, quindi chi ha il riconoscimento della parità
deve sottostare alle stesse regole di valutazione
delle scuole statali. Ora, con le poche decine di
dirigenti tecnici che abbiamo a disposizione,e una
manciata di osservatori, peraltro formati in modo
molto occasionale, non si riesce a fare questo. Infatti è previsto un sistema di estrazione a sorte del
3% più un altro 7% di scuole: 10%, ossia una scuola
ha una probabilità di essere visitata una volta
ogni 10 anni. Questo non è esattamente il tipo di
valutazione esterna tale da poter ingenerare un
R: Attualmente nelle scuole si discute molto su
come scrivere il RAV (Rapporto di autovalutazione); la
nostra preoccupazione è che il dibattito,l’impegno,
la fatica degli attori della scuola si concentri sulla
scrittura del RAV e nessuno si ponga il problema
della lettura del RAV. Noi avremo dei rapporti di
autovalutazione, se fatti bene, molto complessi,
anche perché, tra l’altro, le istituzioni scolastiche
sono diventate molto grosse a seguito del dimensionamento e sovente hanno al loro interno anime
diverse: gli istituti comprensivi mettono insieme
infanzia, primaria e medie, gli istituti superiori
possono avere al loro interno un classico, uno
scientifico, un tecnico o un professionale, e un rapporto di autovalutazione serio non può non tener
conto dei diversi problemi che possono nascere ai
diversi ordini e gradi; ad esempio, nel momento in
cui si parla di orientamento è chiaro che è diverso
se viene fatto al Classico o al Professionale. Ma ci
può essere appunto l’istituto che contiene diverse
anime, e un rapporto di valutazione dovrebbe essere in grado di distinguere queste anime.
Quindi i dati arriveranno da un grosso numero
di scuole: chi leggerà, confronterà, valuterà la congruenza dei piani di miglioramento che nascono
all’interno dei rapporti di autovalutazione? È un
impegno enorme, che richiede professionalità
e anche molte persone che ci sappiano lavorare.
Questo al momento suscita qualche timore. Non
basterà la pubblicazione su un portale, perché
l’informazione per essere realmente preziosa ha
bisogno di essere interpretata, elaborata, e questo
è un problema non da poco.
Per rispondere alla domanda iniziale quindi: è
sempre bene che i dati siano raccolti, però deve poi
esserci un momento di sintesi regionale,nazionale
e al momento siamo curiosi di vedere come sarà
svolta.
Aggiungo un’ultima considerazione: l’enfasi
posta quest’anno sull’autovalutazione apre due
ordini di problemi: il primo è che l’autovalutazione non nasce quest’anno per volere del ministero
e dell’INVALSI ma esiste da tempo. Uno schema
come quello proposto dal Rapporto di autovalutazione e dai vari questionari rischia di essere soffocante per le migliori esperienze di autovalutazione
D: Lei ha detto che la valutazione delle scuole
ha un fine, quello della crescita dei ragazzi, è
corretto?
R: La valutazione delle scuole ha un fine che non
può essere diverso dal fine ultimo dell’esistenza del
sistema scolastico o di istruzione nazionale. La valutazione non può produrre degli obiettivi diversi
da quelli che sono statuiti, condivisi, normati per
il sistema.
Di più: ogni idea di scuola implica un tipo di valutazione. Quindi alla domanda: «qual è l’obiettivo
della valutazione oggi in Italia?» possiamo rispondere solo se abbiamo chiaro verso dove vogliamo far
tendere la scuola italiana. C’è chi dice che l’unica
cosa che conta sono gli apprendimenti, chi dice il
benessere dei ragazzi, chi dice preparare dei lavoratori tosti per le sfide del XXI secolo.
Per noi la scuola non può che avere una molteplicità di obiettivi: si pensi a quanto importante
è l’inclusione dei ragazzi con disabilità, che non è
tuttavia allineabile all’obiettivo dei migliori apprendimenti. Una volta però che si sia deciso a livello di
collettività qual è l’obiettivo della scuola, e solo a
quel punto, si può passare a una riflessione tecnica
sulle migliori strumentazioni valutative in grado di
orientare e sospingere la scuola nella direzione auspicata. Le prove INVALSI, che insistono su apprendimenti in italiano e matematica,sono coerenti con
l’idea che tra le competenze di base indispensabili
per un cittadino e un lavoratore di domani vi siano
la capacità di padroneggiare la lingua italiana e la
capacità di logica anche matematica. Da questo
punto di vista quindi lo strumento di valutazione è
coerente con l’idea di scuola che si ha.
D: Che idea di scuola ha chi analizza il successo universitario per valutare le scuole superiori?
R: Noi viviamo in un sistema in cui la formazione
iniziale degli individui, l’unica che al momento
funziona in Italia, è artificialmente spezzata in
due: una cosa si chiama “scuola”, l’altra “università”. Forse questo era sensato quando solo il 10%
della popolazione finiva l’università. Ora che auspicabilmente il 50% circa dei ragazzi completa gli
studi (anche in termini di raggiungimento di una
laurea triennale), questa divisione artificiale andrebbe superata,sebbene per quanto riguarda sia lo
status sociale dei docenti sia il grado di proattività
richiesto agli studenti, le differenze siano ancora
moltissime. Vedere quante scuole superiori sono
in grado di garantire il successo dei diplomati da
secondaria a terziaria ci sembra il modo migliore
di cercare di rimuovere quella barriera artificiale.
Che ci sia continuità in questa costruzione di una
carriera e di una base solida per il resto della vita è
l’idea che sta a monte di una forma di valutazione/
orientamento che guarda al passaggio da scuola a
università come un passaggio sempre più frequente e auspicabilmente fluido.
D: Lei sa, vero, che in assenza di un sistema
di valutazione ponderato vince la valutazione
che si fa “dal parrucchiere” (cioè basata sulla
chiacchiera e sul passaparola)?
R: Questa è una delle cose che andiamo ripetendo
nelle nostre conferenze: attenzione perché la scelta di una classe o di una scuola, in assenza di un
sistema di valutazione serio e trasparente, se ieri
si faceva con il modello della parrucchiera, oggi si
fa con il modello Tripadvisor: l’effetto è moltiplicato per cento nell’epoca di internet. Le scuole e
la loro nomea sono finite nel frullatore. Grazie alla
potenza dei social network e di internet in generale la gestione dell’immagine delle scuole rischia
di sfuggire agli stessi attori scolastici (dirigente
e corpo docente). Basta un gruppo di pressione a
far diventare di colpo la scuola “buona” o “cattiva”.
Questo è un ulteriore motivo per desiderare un
sistema serio e affidabile di valutazione nazionale
Stefano Molina
è ricercatore presso la Fondazione Giovanni Agnelli
di Torino.
15
Saperi / La valutazione nel contesto italiano
che già esistono e che sovente sono in rete. In
Piemonte abbiamo ad esempio la rete delle scuole
AVIMES. Queste scuole si trovano di fronte a due
set di strumenti autovalutativi. I propri, magari
messi a punto in anni di attività, adattati alle
caratteristiche specifiche di quelle scuole, e un
set che viene loro proposto dall’INVALSI e che in
qualche modo entra in competizione. Paradossalmente, le esperienze migliori di autovalutazione
sono in questo momento minacciate dall’esistenza di un set pensato a tavolino, testato, ma che è
una media dei possibili approcci autovalutativi,
ed è perciò lo stesso da Ragusa a Ivrea. Questo può
generare conflitti o difficoltà.
Il secondo problema è poi che ci sono delle
scuole che sono fortemente indolenti e non hanno
mai fatto autovalutazione,perché la hanno sempre
ritenuta un’inopportuna perdita di tempo. Quanto
queste scuole potranno realmente essere attivate
da una proposta come quella fatta dal ministero
e dall’INVALSI? Lo dico un po’ come battuta, ma
in un convegno ho sentito dire che si sta creando
un sottobosco di consulenti che per cento euro
compilano il RAV delle scuole. Chiaramente le
scuole che si fanno idealmente compilare il RAV
da un consulente non sono in grado di partecipare
proficuamente al circuito virtuoso un po’ ingenuamente immaginato dal DPR 80.
L’altra faccia dell’INVALSI
Anna Maria Ajello, presidente dell’INVALSI, chiarisce
in quest’intervista il significato di “valutazione”
all’origine del Sistema di Valutazione nazionale: non
controllo ispettivo, ma induzione di un processo
riflessivo in grado di produrre miglioramenti sostanziali
nella scuola italiana
Saperi / L’altra faccia dell’INVALSI
16
Intervista a Anna Maria Ajello
A cura di Rebecca Impellizieri
D: Recentemente lei ha dichiarato che l’avvio del Sistema nazionale di Valutazione delle
scuole sarà un’occasione per mostrare un’altra faccia dell’INVALSI, diversa da quella di
“controllore”: in che modo?
R: Le spiego: il format del RAV (Rapporto di autovalutazione), che è stato distribuito nelle scuole, si
articola in 5 sezioni, nelle quali si propongono dei
criteri per riflettere sull’operato delle scuole stesse,
in particolare relativamente a processi didattici e
gestionali (vi sono poi altri aspetti, che coinvolgono contesto, risorse, esiti). Il RAV è piuttosto
articolato, ma ciò che si domanda alle scuole è di
fornire risposte a domande-guida, sulla base di indicatori elaborati, allo scopo di stimolare la riflessione: dalla stesura di questo rapporto dovrebbero
in ultima analisi emergere sia aspetti positivi, sia
elementi suscettibili di miglioramento. La valutazione in questo senso è vista come innesto di un
processo riflessivo, finalizzato al miglioramento:
forniamo dei criteri sulla
base dei quali i docenti posL’INVALSI non è
sano riflettere sul proprio
interessato a svolgere una lavoro, e, individuando gli
eventuali elementi di debofunzione di controllo, ma
a fornire elementi in grado lezza/carenza, farsi aiutare
sia dall’INDIRE sia da altri
di sollecitare la riflessione
enti che riconoscono come
su aspetti da emendare o
interlocutori per loro inteda correggere.
ressanti, avviando così un
percorso di miglioramento
strutturato. Non è in gioco quindi un’idea di valutazione intesa come controllo ispettivo, ma come
induzione di un processo riflessivo che dovrebbe
portare al miglioramento.
L’INVALSI in questo senso, oltre ad avere preparato il format ‒ messo a punto con il contributo
di funzionari ministeriali facenti parte di un
gruppo appositamente scelto ‒, propone anche i
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
“
„
risultati delle prove svolte nell’anno precedente:
ancora una volta, questo sottolinea che, benché
gli esiti delle prove siano riferiti a una classe e a
un docente, che magari in quel momento non è
più presente perché è cambiato, le informazioni
che comunicano al collegio docenti e al dirigente
sono quelle relative ai problemi della matematica
e della comprensione di lettura e grammatica.
Non si tratta quindi di attribuire un successo o
insuccesso a soggetti singoli, ma di offrire delle
informazioni generali sulla base dei risultati delle prove: l’INVALSI non è interessato a svolgere
una funzione di controllo, ma a fornire elementi
in grado di sollecitare la riflessione su aspetti da
emendare o da correggere. In questo senso parlo di
“altra faccia” della valutazione, quella peraltro che
si sta affermando anche sul piano internazionale,
perché il solo controllo non giustificherebbe altrimenti gli investimenti in termini di valutazione.
D: Anche il Ministro Giannini ha ribadito che
il sistema di valutazione non ha come obiettivo quello di produrre graduatorie da cui risultino perdenti o vincitori.Tuttavia il timore
manifestato da molti docenti e dai sindacati
è che i risultati derivanti da queste prove abbiano una ricaduta in termini di valutazione
degli insegnanti.
R: Ci sono due chiarimenti utili da fare a questo
proposito: nel RAV proposto alle scuole non è
contenuto nessun elemento che possa fornire
indicazioni per la valutazione del docente o del
dirigente. Nel caso del dirigente, la stesura del
RAV darà luogo all’individuazione di punti critici
e quindi quando il dirigente sarà contrattualizzato
e inviato in una scuola piuttosto che in un’altra,
saprà su quali problemi porre maggiore attenzione e coinvolgere i docenti nel miglioramento: in
questo senso, di nuovo, compito del RAV è fornire
l’elemento di informazione di base. Per i docenti
questo collegamento non sussiste proprio, perché
nel RAV non vi è alcun elemento da cui si possa
inferire la competenza specifica del docente.
In ultima analisi, è bene chiarire che l’INVALSI
non ha voluto avere nessun ruolo (e non ha del resto subito pressioni in tal senso) nella valutazione
dei docenti né dei dirigenti perché è qualcosa che
riguarda il ministero e le sue funzioni in relazione
al personale: noi non siamo coinvolti nel processo
di valutazione delle persone.
D: In generale, secondo lei è giusto/possibile
che i docenti siano valutati?
D: Quali sono stati i criteri ispiratori del RAV
e come è stato realizzato? Quali reazioni sono state riscontrate fino a ora? Nella compilazione del questionario sulla scuola c’è stato qualche ritardo, c’è chi ha detto a causa di
un’eccessiva complessità del documento.
17
R: In realtà le scuole, come sempre, si sono mostrare molto attive: il 98% ha già compilato il questionario. Abbiamo dovuto procrastinare di una
settimana la consegna, ma, tenendo conto delle
migliaia di scuole coinvolte, si tratta di una proroga di poco conto. Noi stessi al ministero abbiamo
avuto qualche ritardo nella lettura dei dati.
Il RAV è l’esito di ricerche condotte dall’INVALSI
a partire dal 2008, dalle quali è emerso come modello di valutazione maggiormente efficace quello
articolato in due passaggi: un primo momento di
autovalutazione seguito da una fase di valutazione
esterna (che partirà a settembre, attraverso visite di gruppi di esperti e di ispettori nelle scuole
scelte).
Si tratta in generale di un documento molto
elaborato; dal 2008 a oggi si sono avvicendati numerosi progetti sperimentali finanziati dal fondo
sociale europeo, ai quali hanno partecipato 2360
scuole: i numeri testimoniano che il coinvolgimento c’è stato e si tratta di campioni molto solidi,
non di situazioni improvvisate. Tuttavia, ci tengo
a dire che alcuni aspetti del documento devono
essere ancora integrati e migliorati, ad esempio gli
esiti a distanza dal punto di vista degli inserimenti
lavorativi; abbiamo anche costituito un gruppo di
ricerca sulla scuola dell’infanzia e un altro gruppo
di lavoro che dovrà adattare maggiormente il RAV
agli istituti professionali. Queste ricerche, insieme agli esiti della sperimentazione che avremo
a luglio, saranno utili per apportare modifiche e
adattamenti, come richiesto da qualsiasi processo
che si implementi attraverso grandi numeri.
Anna Maria Ajello
è ordinario presso la Facoltà di Medicina della Sapienza
di Roma. È presidente dell’INVALSI dal 2014.
↑
Danny DeVito
come professore
in Mezzo
professore tra i
marines, 1994,
diretto da Penny
Marshall.
Saperi / L’altra faccia dell’INVALSI
R: Mi chiede una valutazione politica,non tecnica:
posso dire ciò che penso riguardo alla valutazione,
tema che peraltro mi coinvolge molto anche in
quanto docente universitaria. Il problema è che
da un lato si devono trovare dei criteri in grado di
rendere conto dell’impegno effettivo dei docenti:
come avviene in tutte le categorie, vi sono differenze tra un insegnante e l’altro, ed è giusto riconoscere il lavoro di chi fa molto di più di quanto
gli viene richiesto. D’altra parte però si deve porre
attenzione a non innescare meccanismi dannosi
per la scuola nel complesso: per evitare che ciò
accada, i docenti devono in qualche misura essere
consapevoli dei criteri di valutazione, negoziarli,
nel senso di condividerli. L’obiettivo finale non è
stilare una graduatoria, quanto piuttosto riconoscere l’impegno e la capacità professionale erogata
da ciascun docente, verificabile attraverso i risultati degli alunni, ma non solo.
La valutazione deve essere un fatto complessivo:
vi sono infatti aspetti da prendere in considerazione che riguardano la didattica, la professione, il
modo in cui vengono erogate una serie di attività
che rendono possibile ed efficace la didattica stessa
(stage, visite ai musei, attività culturali di vario tipo); ancora, si deve tenere conto della competenza
professionale acquisita mediante i corsi e in tal
senso la partecipazione a corsi di aggiornamento
deve essere riconosciuta agli insegnanti. La multidimensionalità della competenza dei docenti
del resto è affermata anche nel documento La
Buona scuola di Renzi: si tratta adesso di vedere
in che modo i docenti possano essere valutati in
maniera adeguata, senza creare situazioni di forte
conflittualità interna alla scuola, perché questo
non gioverebbe al buon andamento della comunità
scolastica in quanto tale.
Il percorso VALeS:
quali indicazioni
per le scuole?
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole?
18
Che cosa raccontano le esperienze
di autovalutazione di trecento scuole
monitorate dall’INVALSI?
Obiettivi e fasi del progetto,
criticità e opportunità.
di Donatella Poliandri, Isabella Quadrelli, Sara Romiti
A
partire dall’anno scolastico 201112 trecento scuole hanno aderito
al progetto VALeS,impegnandosi
in percorsi di autovalutazione e
valutazione esterna e nella realizzazione di interventi di miglioramento. Il monitoraggio della prima fase del
progetto, tramite l’analisi dei rapporti di autovalutazione prodotti dalle scuole, ha permesso di
evidenziare i punti di forza e le criticità del percorso autovalutativo, e di riflettere sulle modalità
più opportune per supportare le scuole nella fase
attuale, di avvio del Sistema nazionale di Valutazione, che prevede per tutte le scuole italiane la
realizzazione di attività di autovalutazione.
VALeS (Valutazione e Sviluppo Scuola) è un
progetto sperimentale promosso dal MIUR e realizzato in collaborazione
con l’INVALSI e l’INDIRE.
Il progetto si poneva la fiIl progetto VALeS ha
nalità di sperimentare un
costituito un cantiere
modello di valutazione delper la sperimentazione
le istituzioni scolastiche
orientato al miglioramendi procedure, protocolli e
to. Insieme ad altri progetti
strumenti, funzionali alla
pilota di valutazione delle
realizzazione del Sistema
scuole promossi dal MIUR
nazionale di Valutazione.
e dall’INVALSI, VALeS ha
rappresentato una risposta
alle sollecitazioni provenienti dall’Unione Europea in merito all’ampliamento e consolidamento
nel nostro Paese della valutazione del sistema
“
„
scolastico.Di fatto VALeS ha costituito un cantiere
per la sperimentazione di procedure, protocolli
e strumenti, funzionali alla realizzazione del
Sistema nazionale di Valutazione previsto nel
D.p.R. 80/2013.
Il modello di valutazione proposto da VALeS si
colloca all’interno di una prospettiva formativa,
che non limita la valutazione a una funzione di
rendicontazione e accountability verso l’esterno
ma che la considera come il punto di partenza per una continua azione di miglioramento
(Scheerens, Glass & Thomas 2003; Poliandri et al.
2012). Il miglioramento è inteso come l’insieme
dei processi che la scuola mette in campo con
tutti i soggetti che ne fanno parte per innalzare il
livello di apprendimento degli studenti (Hopkins,
Ainscow & West 1994). In quest’ottica la valutazione – sia interna, sia esterna – viene concepita
come una risorsa che la scuola può utilizzare per
migliorare la propria efficacia come comunità di
apprendimento, attraverso l’individuazione di
processi e meccanismi, sia gestionali sia legati
alla progettazione e alla pratica didattica, che
possono avere un impatto positivo sui progressi
e sui risultati degli studenti. Il quadro di riferimento teorico del progetto VALeS si inserisce
in questa prospettiva, individuando le priorità
per lo sviluppo delle scuole e i processi ritenuti
fondamentali sui quali agire per promuovere il
miglioramento (INVALSI 2013).
Dal punto di vista operativo il processo di valutazione-miglioramento viene scandito da tre fasi
←
Silvio Orlando
interprete a
teatro de La
scuola vent’anni
dopo l’omonimo
film, scritto
da Starnone
e diretto da
Luchetti.
19
Il modello di autovalutazione
del progetto VALeS
—
Il processo di valutazione e miglioramento proposto prende avvio dall’autovalutazione. Questa
scelta sottolinea come l’azione valutativa debba
partire dalla scuola, attraverso il coinvolgimento
delle sue componenti e un’analisi che parta dalla
conoscenza approfondita del contesto, per ritornare alla scuola stessa sotto forma di azioni di
miglioramento. In questo percorso la valutazione
esterna rappresenta un’occasione di confronto con
un punto di vista esterno, che funge da stimolo per
la scuola nel suo processo continuo di autovalutazione e miglioramento (OECD 2013).
Il modello di autovalutazione utilizzato in VALeS si configura come strutturato e integrato con
le altre fasi del processo. Il modello è strutturato
poiché le scuole sono state chiamate a riflettere
sul proprio operato utilizzando un quadro di riferimento teorico, strumenti e metodologie comuni a
tutte le scuole partecipanti. Si è cercato tuttavia di
lasciare spazio all’iniziativa delle scuole e alla rappresentazione delle specificità dei singoli contesti.
L’integrazione tra i diversi momenti del percorso può essere colta in primo luogo dal fatto che i
due momenti valutativi – quello interno e quello
esterno – hanno condiviso
lo stesso quadro di riferimento teorico. Il percorso di
Il rapporto di
autovalutazione prevedeva
autovalutazione
di riflettere ed esprimere un
redatto dalla scuola
giudizio sul proprio operato
rappresenta una delle
in alcune aree relative agli
esiti degli studenti e ai profonti di informazione
cessi a livello di scuola; le
che i valutatori esterni
stesse aree successivamenconsultano prima di
te sono state analizzate aneffettuare la visita.
che dai valutatori esterni.Le
scuole e i valutatori esterni,
inoltre, hanno utilizzato alcuni dati e strumenti
comuni per esprimere i propri giudizi. Anche
l’individuazione degli obiettivi di miglioramento
è stata effettuata a partire dalle aree nelle quali è
stata condotta la valutazione. L’integrazione tra
autovalutazione e valutazione esterna si è realizzata anche in termini sostanziali poiché, ispirandosi
al modello operativo dell’autovalutazione come
processo integrato (Eurydice 2004), il protocollo
del progetto VALeS prevede che il rapporto di autovalutazione redatto dalla scuola rappresenti una
delle fonti di informazione che i valutatori esterni
consultano prima di effettuare la visita a scuola.
Per supportare le scuole nel percorso di auto-
“
„
Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole?
idealmente concepite come passaggi che si susseguono all’interno di un processo ciclico: l’autovalutazione condotta dalle singole istituzioni scolastiche; la valutazione esterna realizzata da team di
valutatori esterni; la pianificazione e realizzazione
del miglioramento a opera della scuola. La progettazione e strutturazione delle prime due fasi è stata
affidata all’INVALSI mentre il supporto delle scuole
nella terza fase è stato affidato all’INDIRE.
valutazione l’INVALSI ha messo a disposizione
diversi strumenti: delle Linee guida per l’autovalutazione, un format per la scrittura del Rapporto di
autovalutazione, un sistema di indicatori costruito a
partire da dati provenienti da fonti diverse (dati del
MIUR, esiti delle prove INVALSI di italiano e matematica, dati ottenuti dal Questionario scuola e dai
Questionari studenti, genitori e insegnanti predisposti
dall’INVALSI). Le Linee guida avevano l’obiettivo
di illustrare le finalità dell’autovalutazione e di
fornire indicazioni pratiche
per condurre la riflessione,
I risultati dell’analisi
proponendo domande guimostrano la difficoltà
da e suggerimenti sugli indelle scuole a leggere
dicatori da considerare per
e interpretare i dati
ogni area.
Il format del Rapporto di
per valutare il proprio
autovalutazione
era articooperato: la maggior parte
lato in diverse parti, comutilizza un approccio
poste prevalentemente da
descrittivo piuttosto che
campi aperti.La prima parte
valutativo.
riguardava la descrizione
del Contesto e delle Risorse.
La seconda parte concerneva la valutazione degli
Esiti e dei Processi; le scuole dovevano esprimere,
per ciascuna area, un giudizio sulla propria performance utilizzando una scala a quattro livelli e
descrivere sinteticamente le ragioni a supporto del
giudizio espresso, a partire dall’analisi di evidenze osservabili o quantificabili (indicatori forniti
centralmente, altre evidenze raccolte dalle scuole)
e dal confronto con i valori di riferimento (medie
regionali e nazionali, valori medi dell’insieme
delle scuole VALeS, ecc.). La terza parte, di natura
proattiva, prevedeva la descrizione degli obiettivi
di miglioramento. Nella quarta, di natura critico-riflessiva, si chiedeva di descrivere il processo
autovalutativo.
“
Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole?
20
„
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
L’analisi qualitativa dei
Rapporti di autovalutazione
—
Per valutare l’efficacia degli strumenti e del metodo proposto dall’INVALSI per supportare il
percorso di autovalutazione delle scuole, è stata
realizzata un’analisi qualitativa dei rapporti di autovalutazione (il rapporto tecnico sarà pubblicato
a breve sul sito dell’INVALSI). L’analisi si è focalizzata sulla qualità del percorso seguito dalle scuole
per valutare la propria performance e individuare
obiettivi di miglioramento.In particolare,l’analisi
qualitativa si proponeva di:
1. valutare il grado di utilizzo da parte delle scuole
degli indicatori messi a disposizione e di altre
evidenze prodotte dalle scuole stesse (completezza);
2. comprendere come le scuole hanno utilizzato
tali indicatori, ovvero se i dati sono stati letti
in relazione a valori di riferimento come ad
esempio medie provinciali, regionali, nazionali, scuole con background socio-economico
simile, ecc. (accuratezza);
3. valutare il livello di approfondimento della situazione della scuola nelle diverse aree (qualità
dell’analisi);
4. valutare la capacità di definire obiettivi di
miglioramento chiari, circoscritti e coerenti
con le aree di criticità individuate nel percorso
autovalutativo.
Sono stati analizzati 290 Rapporti di autovalutazione (RA). L’analisi è stata condotta con l’ausilio
del software per il trattamento dei dati qualitativi
QDA Miner.
I risultati dell’analisi qualitativa evidenziano in
generale che le scuole incontrano difficoltà nell’effettuare un’analisi approfondita della propria
situazione a partire dalla lettura e interpretazione
di evidenze empiriche. Il grado di utilizzo dei dati
è stato molto variabile tra le diverse aree del RA. Le
scuole hanno utilizzato maggiormente i dati nelle
aree afferenti gli esiti degli studenti; in queste aree
circa il 40% delle scuole ha utilizzato tutti i dati
messi a disposizione per esprimere un giudizio
sulla propria situazione e una quota simile ne ha
utilizzati alcuni. In queste aree le scuole potevano
utilizzare i dati del MIUR relativi al successo scolastico e ai risultati a distanza degli studenti e i dati
delle prove INVALSI per valutare il raggiungimento delle competenze di base e l’equità degli esiti.
Nelle aree afferenti ai processi il grado di utilizzo
degli indicatori (costruiti a partire dal Questionario
scuola e dai Questionari studenti,insegnanti e genitori dell’INVALSI) è stato inferiore. In generale, per i
processi si registra una quota più elevata di scuole
che effettua un’analisi della propria situazione
senza fare riferimento ad alcun dato. Tale quota
è molto variabile da area ad area: se da un lato in
alcune aree solo il 2% delle scuole non usa dati,
daltra parte, in altre aree non utilizza dati più del
70% delle scuole. Queste differenze possono essere
spiegate in parte con riferimento ai problemi di
accessibilità dei dati, ma sembrano riconducibili
anche alla difficoltà di lettura di alcuni indicatori
complessi, oltre che alla percezione di scarsa significatività di alcuni indicatori da parte di una
quota delle scuole.
Il livello di accuratezza con cui le scuole hanno
interpretato i dati è strettamente dipendente dal
grado di utilizzo degli stessi; pertanto, le scuole
hanno effettuato confronti con i valori di riferimento soprattutto nelle aree relative agli esiti degli
studenti mentre non hanno effettuato confronti
prevalentemente nelle aree relative ai processi
didattici ed organizzativi.
L’utilizzo di altri dati ed evidenze prodotti o raccolti direttamente ha riguardato circa il 40% delle
scuole. È interessante osservare che i dati prodotti
dalle scuole provengono con maggiore frequenza
CASE #1003
“Il numero di alunni che si sono immatricolati all’Università (22%) non si differenzia
significativamente con i dati della Provincia
e della Regione, ma risulta inferiore al dato
della Nazione. Mediana dei crediti al primo
anno accademico dei diplomati a.s. 2010/11
Scientifica: 3, Sociale: 17, Umanistica: 39;
Totale: 17”.
In oltre un terzo dei casi, le scuole che hanno utilizzato gli indicatori confrontandoli con i valori di
riferimento hanno saputo interpretarli in un’ottica valutativa, traendo indicazioni per pianificare
le azioni di miglioramento:
CASE #939
“L’istituto realizza il recupero delle competenze attraverso sportelli didattici modulari
con una prassi praticata solo al 57% su scala nazionale e realizza anche moduli per il
potenziamento delle competenze. I docenti
svolgono il lavoro di programmazione riunendosi prima per ambito disciplinare, poi
per dipartimento ed infine per consiglio di
classe.I dipartimenti di matematica,di fisica,
di latino e di scienze, curano la continuità
verticale del curricolo (prassi esercitata solo
al 37% su scala nazionale). La percezione
della qualità di insegnamento è buona per
gran parte dei genitori che valutano con
(7,53 ± 1,05) il lavoro dei docenti. Il dato è in
linea con il valore medio del campione (7,56
± 1,12). Punto di criticità è, tuttavia, la scarsa
pratica della didattica laboratoriale: solo il
4,5% degli studenti (contro il 21% delle scuole
campionate) svolge attività di laboratorio e
ciò determina insuccesso nelle valutazioni
delle materie di indirizzo nel 3° e 4° anno”.
L’individuazione degli obiettivi di miglioramento
è risultata coerente con le aree di criticità individuate nell’autovalutazione. Le scuole che si sono
attribuite punteggi bassi (1 e 2) in specifiche aree
con più frequenza hanno individuato obiettivi
di miglioramento in quelle stesse aree. Maggiori
difficoltà sono state incontrate nell’articolazione
operativa degli obiettivi. La maggior parte delle
scuole ha mostrato scarsa capacità di focalizzare
obiettivi di miglioramento circoscritti e valutabili,
e non è stata in grado di individuare indicatori
coerenti con gli obiettivi di miglioramento. Nella
maggior parte dei casi le formulazioni dei risultati
attesi sono coerenti con gli obiettivi individuati,
ma sono espresse per lo più in termini generali e
non misurabili o valutabili.
21
Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole?
dai sistemi di monitoraggio e valutazione realizzati dalle scuole stesse: infatti si tratta di dati
relativi ai risultati a distanza dei propri studenti e
di dati provenienti dall’attività di autovalutazione
già implementati dalle scuole. Ciò evidenzia come
il percorso autovalutativo proposto sia in grado
di dialogare ed eventualmente integrarsi con i
sistemi di autovalutazione già utilizzati dalle singole istituzioni scolastiche. L’esame del livello di
approfondimento ha evidenziato una maggiore
capacità delle scuole di effettuare un’analisi articolata, ovvero di evidenziare i punti di forza e di
debolezza a partire dall’interpretazione dei dati o
tenendo conto della specificità del proprio contesto. Il livello di articolazione varia da area ad area;
in generale una percentuale più elevata di scuole è
stata in grado di effettuare un’analisi approfondita
nelle aree afferenti ai processi (in media poco più
del 50% delle scuole) piuttosto che nelle aree afferenti agli esiti degli studenti (in media poco più
del 40%). Il livello medio di qualità dell’analisi non
è strettamente correlato al livello di completezza
e accuratezza nell’utilizzo dei dati. Si evidenziano
due tipi di situazioni: poco più di un terzo delle
scuole (34,4%) ha effettuato un’analisi approfondita a seguito della lettura e interpretazione dei
dati; il 45,8% ha invece svolto un’analisi articolata,
evidenziando punti di forza e di debolezza, ma basandosi prevalentemente sulla propria percezione
della qualità delle azioni realizzate piuttosto che su
evidenze empiriche.
Complessivamente l’analisi della qualità del
percorso di autovalutazione ha mostrato una difficoltà da parte delle scuole a leggere e interpretare
i dati per valutare il proprio operato: la maggior
parte delle scuole infatti ha utilizzato un approccio descrittivo piuttosto che valutativo. Pur utilizzando gli indicatori disponibili ed effettuando
confronti, molte scuole hanno condotto un’analisi
descrittiva, che non permette di individuare temi
salienti né in positivo né in negativo o di definire
linee di azione per sviluppare ulteriormente una
specifica area, come è evidente nel caso seguente:
Ancora Orlando
in una foto di
scena dello
spettacolo
La scuola
↓
CASE #820
Obiettivo: “Miglioramento delle attività e
strategie didattiche, soprattutto per quel che
riguarda la differenziazione dei compiti,in relazione alle diverse attitudini e capacità degli
alunni” – risultato atteso: “Equità degli esiti”.
La definizione di obiettivi circoscritti favorisce invece l’individuazione di risultati attesi misurabili
e valutabili.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Saperi / Il percorso VALeS: quali indicazioni per le scuole?
22
CASE #944
Obiettivo: “Miglioramento della progettazione didattica, monitoraggio delle scelte
procedurali previste dagli insegnanti per
favorire una migliore percezione della qualità dell’insegnamento” – risultato atteso:
“Programmare ed effettuare almeno una
Approfondire
—
J
• D. Hopkins, M. Ainscow, M. West,
School Improvement in an Era of Change,
Cassell, Londra 1994.
• OECD, Synergies for Better Learning. An
International Perspective on Evaluation and
Assessment, 2013.
• D. Poliandri, P. Muzzioli, I. Quadrelli,
S. Romiti, La valutazione delle scuole in Italia: indicazioni e tendenze da alcuni progetti
sperimentali, in «Autonomie Locali e
servizi sociali», n. 3, 2012, pp. 463-477.
• J. Scheerens, C. Glass, S.M. Thomas,
Education Evaluation, Assessment and
Monitoring. A Systemic Approach, Swet &
Zeitlinger, Lisse 2003.
• URL del progetto VALeS (www.
INVALSI.it/INVALSI/ri/vales/) dal quale
è possibile scaricare materiali e documenti.
• INVALSI, Valutare le scuole. Le logiche
generali del progetto VALeS, INVALSI, 2013,
www.INVALSI.it/INVALSI/ri/vales/documenti/Logiche_gen_progetto_VALeS.pdf.
• Eurydice, Valutazione delle scuole dell’istruzione obbligatoria in Europa, Eurydice,
2004, www.indire.it/lucabas/lkmw_file/
eurydice/Evaluation_schools_IT.pdf.
prova di competenza al termine del primo e
del secondo biennio per ogni dipartimento”.
Conclusioni
—
I risultati della ricerca hanno permesso all’INVALSI di rivedere e migliorare gli strumenti da
proporre alle scuole per l’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione. L’attuale proposta – che
si rivolge a tutte le scuole italiane, statali e paritarie – tiene conto delle indicazioni provenienti
dal progetto VALeS. Oltre a una ridefinizione
delle aree di valutazione, sono stati migliorati gli
indicatori di alcune aree e si è proceduto a una
maggiore strutturazione del percorso di lettura
e analisi dei dati, con domande guida più mirate
e con l’introduzione di rubriche di valutazione.
Anche la sezione dedicata alla definizione degli
obiettivi di miglioramento è stata rivista, con
la finalità di distinguere in modo più chiaro tra
obiettivi generali che la scuola si propone in relazione agli esiti degli studenti (priorità strategiche
di lungo termine) e le attività previste per il breve
periodo (obiettivi di processo), attraverso le quali
realizzare le priorità strategiche.
Molto lavoro resta da fare per supportare le
scuole affinché l’autovalutazione – divenuta obbligo di legge a partire da questo anno scolastico
– non venga vissuta come un adempimento burocratico, ma come un’occasione per la comunità
scolastica di confrontarsi su questioni di fondo
per il funzionamento della scuola. Se è vero che
molte scuole hanno “il polso della situazione”
e sanno quali sono gli ambiti nei quali devono
migliorare, non sempre però sanno quali leve
utilizzare per attuare un cambiamento o riescono
a quantificare lo sforzo richiesto per migliorare.
Un percorso strutturato di autovalutazione orientato al miglioramento può aiutarle a individuare
indicatori significativi per valutare il proprio operato e a riflettere sui processi sui quali è possibile
intervenire per generare il cambiamento.
Donatella Poliandri
è ricercatrice dell’area Valutazione delle scuole
INVALSI;
Isabella Quadrelli
è consulente INVALSI e docente a contratto per
l’Università di Urbino Carlo Bo e l’Università di Parma;
Sara Romiti
è ricercatrice dell’area Valutazione delle scuole
INVALSI.
La progettazione,
chiave di volta
per valutare le competenze
di Graziella Pozzo
L
a circolare del 13/02/2015 n. 3, contenente i due modelli per la Certificazione, uno per le classi quinta
della primaria e l’altro per le classi
terze della scuola secondaria di I
grado, chiede a tutte le scuole del
primo ciclo di istruzione di sperimentare per due
anni lo strumento e di inviare poi al ministero
osservazioni e commenti, in modo che esso possa
diventare definitivo ed essere usato sistematicamente a partire dal 2016. Si tratta dell’ultimo passaggio di un percorso verso la certificazione lungo
e talvolta accidentato, che ha prima coinvolto il
secondo ciclo con una sua specifica normativa1,
e che si risolve oggi per il primo ciclo in questa
importante tappa.
Non c’è lo spazio per ripercorrere tutte le fasi; basti ricordare che, a seguito delle direttive
europee, soprattutto in riferimento al riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche (EQF,
Europass, EQVET), l’adozione della Certificazione
delle competenze era già prevista dalla legge DPR
275/99, art. 10 che istituiva l’autonomia scolastica,
in cui si richiedeva di ri-orientare i curricoli alle
Nel Decreto Ministeriale 139 del 2007, che regolamenta
l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni, si
precisa anche che la certificazione delle competenze
scaturisce dalla somma qualitativa e quantitativa delle
rilevazioni e degli accertamenti effettuati durante il
percorso scolastico.
1
competenze e di innovare contestualmente la
didattica. In quell’occasione, seguendo una prassi
purtroppo consolidata nel nostro paese, si affidava
alle singole scuole il compito di elaborare lo strumento senza alcun tipo di sostegno. Di fatto, negli
anni successivi si è visto un proliferare di proposte,
alcune ingenue, altre che, al contrario, mostravano
come il documento elaborato fosse il risultato di
una riflessione all’interno delle scuole a partire
dai documenti ufficiali, tra cui le Indicazioni per il
ciclo dell’obbligo.
Un passo indietro per farne uno
in avanti: la prospettiva formativa
della certificazione
—
Il modello che oggi viene proposto, e che deriva dal
lungo lavoro di elaborazione svolto dal Comitato
tecnico per armonizzarlo con quanto prevede la
normativa europea a proposito delle Competenze
chiave, presenta due novità positive, congruenti
con l’autonomia delle scuole e la prospettiva formativa in cui si inserisce il documento. In primo
luogo, la richiesta di sperimentare lo strumento
certificativo, rivolta in un periodo in cui le scuole
sono implicate nel processo di autovalutazione
e nel RAV, viene sostenuta fornendo un modello.
Inoltre, le articolate linee guida che accompagnano lo strumento, e che aiutano a collocare
l’operazione di certificazione nel quadro di riferimento della proposta culturale e pedagogica delle
Indicazioni (DM 254/2012), sottolineano, al di là della
23
Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze
Solo con una buona progettazione è possibile una buona
valutazione e quindi una certificazione delle competenze
fondata sulle evidenze. Anzi, la progettazione può
diventare il dispositivo concettuale e operativo
principale per poter valutare (e certificare).
Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze
24
↑
Jack Black
supplente di
musica in
School of Rock,
2003, diretto da
Richard Linklater.
funzione certificativa, la sua funzione orientativa,
del tutto coerente con la prospettiva formativa che
dovrebbe informare le scelte pedagogiche ai vari
livelli dell’apprendimento scolare e dell’apprendimento adulto. In queste due novità si vede come il
passo avanti, il sostegno alle scuole che era mancato all’inizio (una specie di scaffolding alla Bruner),
sia paradossalmente il risultato del passo indietro
fatto dal ministero quando ha deciso di muoversi
in un’ottica emancipatoria, facendo sperimentare
uno strumento aperto prima di proporne la versione finale, responsabilizzando e valorizzando così
le competenze degli operatori della scuola, degli
insegnanti in primis.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Caratteristiche dello strumento
—
Anche le scelte operate dalla Commissione nel
proporre uno strumento aperto, suscettibile di
variazioni e integrazioni, sembrano rispondere, ricorsivamente, all’ottica formativa auspicata dalle
stesse linee guida:
• lo strumento ha come perno le competenze
chiave di cittadinanza – dodici in tutto – che
vengono coniugate con le competenze disciplinari, e ciò, coerentemente con il «profilo
dello studente» delineato nelle Indicazioni nazionali per il curricolo (2012, pp. 15-16) implica
che lo sviluppo delle competenze trasversali
va sviluppato intenzionalmente all’interno di
percorsi ad hoc;
• non si ricorre ai voti,ma vengono proposti quattro livelli, «avanzato», «intermedio», «base»,
«iniziale», per ognuno dei quali viene fornito
un elenco di indicatori che aiutano a definire
il profilo in termini di grado di autonomia
raggiunto dai singoli alunni. La scelta di non
inserire una voce in negativo corrispondente
a «insufficiente» sembra essere del tutto coerente con un’idea di competenze in sviluppo e
con l’ottica di potenziamento del soggetto che
apprende;
• alla fine dello strumento si trova uno spazio
bianco in cui inserire eventuali nuove aree
di competenza osservate nello svolgimento
delle attività scolastiche un invito ai docenti
ad integrare eventuali lacune dello strumento
e quindi a porsi come protagonisti e non solo
destinatari dei processi decisionali.
La competenza al centro
—
Prima di affrontare la questione di come prefigurarsi il processo di sperimentazione dello strumento, facciamo anche noi un passo indietro e
consideriamo la parola chiave della certificazione,
«competenza», termine che si trova a partire dagli
storici documenti europei degli anni ’90 (Cresson,
1995), e tuttora riferimento strategico in tutti i
contesti formativi che si fanno carico della gestione della complessità. Il termine «competenza» si
accompagna spesso con altre parole-satellite che,
lungi dal rispondere a esigenze di abbellimenti cosmetici,sono in realtà indicatori di un nuovo senso
e direzione da dare ai processi di formazione.Parole
come «competenze disciplinari», «competenze
trasversali», ma anche «conoscenze» « abilità»,
«disposizioni interne» - e qui ci fermiamo, rimandando alla letteratura sull’argomento, piuttosto
ricca anche nel nostro paese - sono tessere di una
mappa che delinea lo sfondo entro cui si muove lo
strumento della certificazione.
che metteva al centro l’insegnamento, a favore
della centralità dell’apprendente e dei suoi processi che presuppone un passaggio da processi di
riproduzione alla competenza d’azione. Seguendo
Le Boterf (2008), si tratta di passare da situazioni
caratterizzate dalla ripetizione, dalla semplicità,
dall’esecuzione delle consegne a situazioni caratterizzate dalla complessità, dagli imprevisti, dalla
presa d’iniziativa.Nel primo la competenza si limita al «saper fare». Nel secondo si definisce piuttosto
nel «saper agire e reagire»,«che cosa fare e quando».
Come mobilitare le risorse disponibili in classe?
Come far sì che in gioco ci sia non solo il saper fare,
ma un agire che sia intenzionale? Nel caso di compiti
complessi, insieme allo sviluppo di competenze
disciplinari entrano in gioco e si sviluppano, a seconda dei contesti, altre competenze tra cui: saper
individuare, gestire e risolvere situazioni problematiche, saper progettare, saper reperire ed elaborare informazioni, saper fare collegamenti, saper
comunicare; ma anche: saper gestire emozioni e
stress, saper collaborare, saper prendere decisioni,
sapersi autoregolare e auto valutare. L’elenco, derivato da diversi repertori di competenze trasversali,
intende mostrare come per sapersela cavare nelle
diverse situazioni si sviluppino, contestualmente
alle competenze disciplinari, anche competenze
che sono comuni ai vari ambiti.
Immaginiamo, per esempio, di proporre un
compito complesso in cui si richieda di progettare
una gita scolastica all’interno di certi vincoli dati
(sul territorio nazionale, nel raggio di 400 km, entro un budget complessivo stabilito, individuando il costo per ogni partecipante, ecc.). In questo
caso le operazioni matematiche individuate per
risolvere il problema deriveranno da una attenta
lettura del testo, l’individuazione e la valutazione dei vincoli indicati e
dunque, diversamente dal
Il ministero si è mosso in
saper fare («so fare una diun’ottica emancipatoria,
visione»), occorrerà saper
trasferire ciò che si sa e si
facendo sperimentare uno
sa fare nel contesto nuovo
strumento aperto prima
– che è sempre specifico –
di proporne la versione
avendo considerato tutte
finale.
le variabili. Ma ciò mostra
anche come per «risolvere
un problema» sia necessario attivare risorse che
vanno oltre la competenza matematica, in quanto
riguardano la competenza linguistica e le competenze trasversali, tra cui il «saper comprendere un
testo»,«saper acquisire e interpretare informazioni», «saper individuare collegamenti e relazioni»,
«saper agire in modo autonomo e responsabile» e,
nel caso in cui si lavori in gruppo, il «saper collaborare». E, ancora, mostra come nel fare questo si
sviluppi una qualità dinamica altamente apprezzabile nella gestione di situazioni complesse, qual
è la «sensibilità al contesto».
“
„
25
Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze
A partire dai primi anni del 2000, in Italia, come negli altri paesi europei, le politiche educative hanno sostenuto la necessità di passare da
una scuola delle conoscenze a una scuola delle
competenze, dove per competenza si intende la
comprovata capacità di sapersela cavare in una
situazione problematica sapendo attivare autonomamente tutte le risorse disponibili.A voler andare
all’etimologia, la radice del termine cum-petere rimanda al significato di tendere insieme verso un
obiettivo all’interno di un problema da risolvere.
La competenza presuppone pertanto un contesto,
anche sociale (e quindi con uno scopo e un destinatario), un problema da risolvere, e quindi la ricerca
di una soluzione. In questo senso essere competente
significa essere in grado di attivare le risorse disponibili, di organizzarle e di utilizzarle, per svolgere
un compito complesso, per realizzare un progetto,
per risolvere una situazione problematica.
Quali sono queste risorse? In primo luogo le
conoscenze e le abilità. Se le prime si riferiscono ai
saperi teorici, nozionistici – ciò che si sa –, le seconde rimandano alle procedure, al sapere come
fare.Ma non basta.Il costrutto competenza va oltre
il «sapere» e il «saper fare» per includere anche il
«saper essere» e il «saper imparare». Nella didattica
per competenze,accanto alle conoscenze e alle abilità, diventano così importanti anche le disposizioni
personali nei confronti della situazione di apprendimento, che comprendono motivazioni, valori,
rappresentazioni e atteggiamenti nei confronti
della proposta operativa e fattori strettamente
connessi all’identità, alla stima e all’immagine di
sé. In breve, quegli atteggiamenti emozionali e cognitivi che abilitano a reagire in modo appropriato
alle nuove situazioni: l’alunno mostra curiosità e
interesse? Sa rimanere concentrato e sa perseverare nel compito? Sa accettare le sfide ed è disponibile
a correre rischi anche a costo di un insuccesso? E
in quel caso sa tenere bassa la soglia d’ansia che
ne può derivare? Si vede bene come queste caratteristiche del soggetto possano influire sugli esiti.
In questo quadro diventa altrettanto importante
l’imparare a imparare, che rimanda alla capacità di
avere consapevolezza di quanto si fa,di riconoscere
eventuali punti di forza e di debolezza, di esercitare
il controllo esecutivo su quanto si fa; in breve, a
tutto ciò che concorre a definire la competenza in
termini di responsabilità e autonomia.
La competenza è dunque diversa dall’abilità, in
quanto richiede non tanto di riprodurre un saper
fare, ma di saper agire nel contesto dato tenendo
conto delle sue variabili e attivando tutte le risorse
necessarie per poterle trasferire nel nuovo contesto. Perché ci sia transfer è pertanto necessario
saper modulare contestualmente ciò che si sa e si
sa fare per adattarlo al nuovo contesto, sulla base
di valutazioni e di ragionamenti. Nella nuova prospettiva si rovescia il punto di vista tradizionale
Questo processo pone la questione di come valutare le competenze. Se da un lato, infatti, le conoscenze e le abilità attivate in un compito sono visibili
nelle prestazioni, e quindi facilmente osservabili,
come riuscire a valutare i processi e le disposizioni,
che pur larga parte hanno sugli esiti, visto che essi
sono interni, sotto alla superficie di un metaforico
iceberg, e quindi non visibili? Siamo così giunti
all’ultima svolta del nostro ragionamento, che
attraverso la valutazione permette di arrivare alla
certificazione.
Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze
26
La progettazione come dispositivo per
valutare e certificare le competenze
—
Per rispondere alla domanda possiamo dire che
per poter valutare e certificare le competenze è
importante praticare una valutazione di processo,
autentica,che avviene mentre l’alunno impara,basata sulla la raccolta di evidenze delle competenze
in sviluppo, rilevando indizi significativi anche
riguardo agli aspetti nascosti dell’apprendimento.
Ma quali indizi sono da ritenersi significativi? Per
dare una risposta a questa seconda domanda occorre richiamare il processo di progettazione: solo
con una buona progettazione è infatti possibile
una buona valutazione e quindi una certificazione
fondata sulle evidenze. Anzi, la progettazione può
diventare il dispositivo concettuale e operativo principale per poter valutare (e certificare).
Un buon punto di partenza nella progettazione
per competenze è partire dai traguardi e perseguirli
proponendo situazioni problematiche e compiti complessi, possibilmente con un riscontro nella realtà
(cfr. Fig. 1) su cui lavorare con una didattica laboratoriale; ponendo domande interessanti e propulsive, tali da far leva sulla motivazione, domande
che stimolino a cercare e immaginare soluzioni
possibili a questioni dibattute nel mondo reale,
uscendo dalle domande finte (di cui si conosce già
la risposta) che non aiutano a dare senso a ciò che si
fa,e che siano nel contempo significative anche per
le discipline coinvolte; studiando e analizzando il
problema, facendo ipotesi, immaginando percorsi
e soluzioni, mettendo così in moto strategie e
attivando processi interpretativi e di transfer che
sono superiori rispetto ai processi cognitivi più
frequentemente attivati a scuola, che si limitano
in molti casi a una pura ripetizione e applicazione
dei concetti appresi.
Ma nella progettazione occorre anche individuare in maniera puntuale e specifica le competenze disciplinari e trasversali in sviluppo e
le relative conoscenze e abilità, nominandole. Le
conoscenze dei vari ambiti disciplinari saranno
indicate con un sostantivo; per esempio: la struttura della frase interrogativa; il genere testuale
“resoconto”; il concetto di approssimazione; uno
specifico periodo storico, ecc. Le abilità saranno
indicate con verbi concreti, che rimandino a comportamenti osservabili e quindi rilevabili nelle
prestazioni; per esempio: comprendere il senso
globale di un messaggio orale; cogliere le relazioni
logiche tra parti di un testo; individuare lo scopo
di un testo; individuare il punto di vista; prendere
appunti; fare un piano prima di scrivere; calcolare
le potenze e applicarne le proprietà; raccogliere,
organizzare e rappresentare un insieme di dati
tramite istogrammi; raccogliere dati attraverso l’osservazione diretta dei fenomeni naturali;
individuare una possibile interpretazione dei
dati; presentare i risultati di un’analisi, ecc. Aiuta
inoltre disporre di indicatori che rimandino agli
atteggiamenti non visibili; per esempio, «chiede
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Competenza
Scopi e obiettivi di
apprendimento
Traguardi
Didattica laboratoriale:
situazioni problematiche
compiti complessi
Certificazione
Valutazione sommativa
Figura 1. La valutazione comincia con la progettazione
Valutazione diagnostica
e formativa
Partecipare alla costruzione dello
strumento con un percorso formativo
—
C’è un “ma”. A fronte degli aspetti positivi fin qui
evidenziati, insiti nel documento e nelle modalità
con cui ne viene chiesta la sperimentazione, resta
una domanda non banale. Se l’ottica sperimentale
della certificazione richiede un orientamento
sempre più forte sulle competenze trasversali,
quanto di fatto esse sono presenti e intenzionalmente sviluppate nelle varie proposte didattiche?
L’ottica della ricerca azione è certamente un modo
per innovare la didattica a partire da, e valorizzando, quanto l’insegnante sa e sa fare.Tuttavia, come
per l’apprendimento scolare, per potersi innestare
sul “noto” il “nuovo” ha bisogno di mediazione
e di mediatori; in breve, di forme di sostegno al
processo di auto-formazione e di azioni di accompagnamento in grado di sostenere gli insegnanti
nella progettazione di percorsi di apprendimento
che siano coerenti con una valutazione per competenze. Queste risorse ci sono? Se no, sarebbe
un peccato, data la natura della sfida. Anche se
gli insegnanti potrebbero dimostrare di saperla
cogliere, nonostante tutto.
Graziella Pozzo
svolge attività di formazione e di ricerca presso
vari Uffici Scolastici Regionali, enti di formazione,
Università e scuole in rete. Il suo campo di studio
e di indagine riguarda la progettazione di curricoli
per competenze, la meta cognizione, la valutazione
formativa e la ricerca azione per lo sviluppo
professionale degli insegnanti.
Autrice di numerosi articoli pubblicati su riviste
italiane e straniere, di materiali didattici e coautrice di opere, tra cui: Stili, strategie e strumenti per
l’insegnamento linguistico, RCS/La Nuova Italia, MilanoFirenze 2002; La ricerca azione, Carocci, Roma 2005;
Educare alla lettura, Carocci, Roma 2008.
Approfondire
—
J
• Ajello A.M., La competenza, Il Mulino,
Bologna 2002.
• Bruner J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari 1976.
• Castoldi M., Progettare per competenze,
Carocci, Roma 2011.
• Cresson E., Insegnare e apprendere, Ufficio
delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità
europee, Lussemburgo 1996.
• De Beni R., Moé A., Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna,2000.
• Dewey J., Esperienza e educazione, Raffaello
Cortina Editore, Milano 2012.
• Ellerani P., Gentile M., Sacristani Mottinelli M., Valutare a scuola, formare competenze,
SEI, Torino 2007.
• Le Boterf G., Costruire le competenze individuali e collettive, Guida, Napoli 2008.
• Losito B., Pozzo G., La ricerca azione, Carocci, Roma 2005.
• Maccario D., Insegnare per competenze, SEI,
Torino 2006.
• Mason L., Valutare a scuola, Cleup, Padova
1996.
• Pellerey M., Competenze, Tecnodid, Napoli
2010.
• Perrenoud P., Costruire competenze a partire
dalla scuola, Anicia, Roma 2000.
• Pozzo G., Promuovere le competenze attraverso compiti di realtà, in «Rivista dell’Istruzione»,
n. 4, 2010.
• Pozzo G., Fare il punto sulla valutazione: tra
mosse nazionali e prospettive internazionali, in
«Lend - Lingua e Nuova Didattica», n. 1, 2011.
• Pozzo G., Costruire competenze a scuola in
Benetti G., Casellato M., Imparare per competenze. I Quaderni della Ricerca, n. 11, Loescher,
Torino 2014.
• Rey B., Ripensare le competenze trasversali,
Franco Angeli, Milano 2003.
• Ryken D.S., Salganik L.H. (a cura di),
2007, Agire le competenze chiave, Franco Angeli,
Milano 2003.
• Schön D., Il professionista riflessivo, Dedalo,
Bari 1993.
• Spinosi M. (a cura di), Sviluppo delle competenze per una scuola di qualità, Tecnodid, Napoli
2010.
27
Saperi / La progettazione, chiave di volta per valutare le competenze
spiegazioni», «svolge l’attività in modo attento e
concentrato», per rilevare l’impegno; «riflette su
quanto propone e sa motivare», «sa riconoscere i
propri punti forti e deboli», «si sofferma su quanto
proposto e sa fare un piano d’azione», per rilevare
il livello di consapevolezza, di responsabilità verso
quanto si fa e di autonomia.
È questa cura minuziosa nel nominare in fase
di progettazione che garantisce una buona valutazione, la quale permette di osservare gli indizi
significativi nel processo. In questo modo tutto si
tiene: dalle specificazioni derivano gli indicatori di
competenza che permettono di rilevare le evidenze, e queste non potranno che essere significative,
visto che si riferiscono ad aspetti delle competenze
in sviluppo.Una volta disponibili e documentate,le
evidenze costituiranno la base per la valutazione e
quindi per la certificazione.
La competenza di
scrittura nella prima
prova dell’esame di Stato
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
28
La ricerca condotta sulle prove di italiano della
maturità suggerisce prospettive e indicazioni
utili per condividere standard valutativi,
migliorare esiti e correggere errori ricorrenti.
Parola d’ordine: sinergia tra le discipline.
di Lina Grossi
N
elle più recenti ipotesi di revisione degli esami di Stato
conclusivi del ciclo di studio
secondario di secondo grado
(cfr. DDL del 17/03/2015 all’art.
21) non sembra essere prevista
una modifica della prima prova scritta. Può però
rivelarsi utile riprendere il filo di un ragionamento
sulla valutazione della competenza di scrittura
della prima prova scritta di italiano (e in parte
anche della seconda prova di matematica nell’elemento di intersezione costituto dalla capacità
di ragionamento) con l’intento di una più ampia
possibile condivisione degli standard valutativi
e di razionalizzare il sistema di valutazione degli
studenti.
Il presente contributo si articola in tre paragrafi:
1. una breve sintesi della ricerca condotta dall’INVALSI nell’ambito della rilevazione degli apprendimenti degli studenti a conclusione dei
percorsi dell’istruzione secondaria superiore,
utilizzando le prove scritte di italiano e matematica degli esami di Stato;
2. la presentazione degli strumenti utilizzati: la
Scheda di valutazione e la Scheda di rilevazione degli
errori ricorrenti nella produzione scritta;
3. le prospettive di approfondimento in direzione
dell’analisi delle competenze logiche e argomentative, sulla base delle ricerche, nazionali
e internazionali, e dei materiali disponibili.
La ricerca
—
La prima prova dell’esame di Stato (la “Prova d’Italiano”) prevede, com’è noto, la redazione di quattro
tipologie diverse di elaborati. Questa modalità, introdotta ormai da più di un decennio, ha messo in
maggior risalto un fattore di criticità preesistente:
«la mancanza di una solida tradizione di metodi di
valutazione sufficientemente oggettivi. La diversità strutturale e formale degli elaborati prodotti
dai candidati ha reso, infatti, più evidente la necessità di individuare criteri e parametri valutativi
analitici, riferiti a indicatori e descrittori basilari e
“trasversali”, perché si ottenesse anche un effetto
unificante nelle procedure di valutazione attuate
da soggetti diversi,isolati o in gruppo,all’interno di
una stessa commissione esaminatrice».1.
La ricerca condotta dall’INVALSI sulle prove
dell’esame di Stato è la prima e a oggi l’unica realizzata a livello nazionale con l’intento specifico
di effettuare una «valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi
dell’istruzione secondaria superiore,utilizzando le
prove scritte degli esami di Stato» (Art.2 della Legge
n.1 dell’11/01/2007). Si tratta di una indagine complessa, che ha considerato gli elaborati prodotti
dagli studenti nelle sessioni 2007 (prima fase),2009
(seconda fase) e 2010 (terza fase), approfondendo
e affinando nel suo percorso diversi aspetti della
valutazione.
Nell’ambito della prima fase,l’attività si è concentrata su: i) l’analisi della capacità di scrittura degli
studenti alla fine del percorso di studi secondario;
ii) l’elaborazione e la validazione di idonei strumenti valutativi; iii) la produzione di dati sulla
variabilità delle valutazioni attribuite da correttori
diversi ad una stessa prova.Questo terzo aspetto ha
fornito elementi di riflessione e un significativo
passo in avanti a vantaggio di una maggiore og-
29
Dall’analisi del complesso dei dati relativi alla
valutazione è emerso un significativo divario tra
le votazioni attribuite dai due diversi tipi di valutatori – esterni e interni – soprattutto nell’area
della soglia della sufficienza e in quella della soglia
dell’eccellenza (si tratta di dati ampiamente resi
pubblici).
Il risultato complessivo della (ri)correzione della seconda fase, ossia degli elaborati di italiano campionati nella sessione di esame di Stato dell’anno 2009, ha messo in luce la scarsa padronanza
dell’uso scritto della lingua italiana nei ragazzi al
termine della scuola superiore. In tutte le quattro
fondamentali competenze in cui si struttura la padronanza della lingua italiana si è infatti registrato
un voto medio inferiore alla sufficienza (il rapporto
di ricerca è disponibile sul sito dell’INVALSI).
La terza fase dell’indagine si è concentrata, in
particolare, sull’analisi degli errori più diffusi
nell’uso della lingua italiana. Il campione degli
elaborati dell’esame di Stato 2010 è stato corretto
non più al fine della valutazione del testo prodotto,
ma della rilevazione degli errori più diffusi, con
l’ausilio di uno strumento appositamente costruito: la Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti nella
produzione scritta5.
L’analisi ha prodotto una casistica degli errori
ricorrenti nella produzione scritta, in uscita dalla
scuola secondaria di secondo grado a livello testuale, grammaticale, lessicale e ideativo: l’area nella
quale viene rilevata la percentuale maggiore di
errori è quella ideativa (oltre il 50% di errori), con
presenza di errori rilevanti in tutti i descrittori
dell’area (cfr. scheda riportata nel Documento 2 a
p. 34) su oltre il 25% delle prove codificate, e in particolare nei descrittori «Consistenza e precisione
di informazione e dati, assenza di affermazioni
a vario titolo imprecise» (nell’80,2% delle prove)
e «Rielaborazione delle informazioni, assenza
di affermazioni estemporanee o non mediate»
↑
Sergio Castellitto
in ‘O professore,
miniserie TV,
2008.
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
gettività nella valutazione di una prova complessa
quale quella di italiano.
La capacità di scrittura è stata declinata in relazione alla tipologia di prova scelta dai singoli
studenti, al tipo di istituto frequentato, alla padronanza della lingua italiana – articolata in quattro
competenze: testuale, grammaticale, lessicale e
semantica, ideativa.
Gli strumenti elaborati per uniformare i criteri
di correzione delle prove e rendere trasparenti le
valutazioni attribuite sono stati il Quadro di riferimento e la Scheda di valutazione, appositamente
predisposti in collaborazione con l’Accademia
della Crusca.2
L’attività di (ri)correzione, effettuata dai correttori esterni3, è stata realizzata sulle prove raccolte
tramite un campionamento casuale semplice di
studenti appartenenti alla popolazione dell’ultimo
anno della scuola secondaria di II grado. Contestualmente alla raccolta degli elaborati, è stata acquisita una scheda informativa relativa ad alcuni
dati di sfondo: il profilo dello studente (genere,
cittadinanza, anno di nascita ecc.); il curricolo
scolastico (eventuali ritardi e/o abbreviazioni del
percorso scolastico); i voti della prima, seconda e
terza prova; l’esito finale dell’esame; il voto conseguito nel I quadrimestre in italiano e matematica
(le materie oggetto della ricerca).
Sono stati condotti, e successivamente sottoposti ad analisi, quattro interventi di valutazione:
la valutazione della commissione di esame (che
tiene conto del percorso dello studente reale che
sta valutando4) e tre ulteriori valutazioni di correttori esterni su prove anonime anche riguardo a
tipologia di scuola e provenienza geografica. Delle
tre valutazioni esterne, una è stata effettuata sulla
base della Scheda di valutazione appositamente predisposta, che costituiva un elemento unificante
nell’articolazione del giudizio, mentre per le altre
due i correttori erano liberi nella scelta dei criteri.
(nell’82% delle prove). Di entità inferiore, ma non
meno significativa, la presenza di errori rilevata
tramite il descrittore «Organizzazione degli argomenti intorno ad un’idea di fondo, presenza e
sviluppo di un’idea di fondo» (nel 57,6% delle prove)
e tramite il descrittore «Scelta di argomenti pertinenti, presenza di riferimenti adeguati e funzionali al discorso» (nel 46,2% delle prove)6.
I risultati dello studio dunque, come afferma
Luca Serianni nella sua riflessione densa di spunti
operativi sugli esiti della rilevazione, «permettono
di sfatare alcuni pregiudizi e di richiamare l’attenzione sulle carenze effettive: un’operazione indispensabile per mettere in atto interventi mirati»7.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
30
Gli strumenti di valutazione
—
Gli strumenti di valutazione utilizzati nell’ambito
della ricerca sono stati realizzati e validati in collaborazione tra scuola, ricerca e accademia.
La Scheda di valutazione (Documento 1), parte
integrante del Quadro di riferimento della ricerca8 e
unica per tutte le tipologie di prove, si suddivide
in tre parti: i) attribuzione di un valore a ciascuno
dei diversi descrittori che compongono le singole
competenze linguistiche; ii) attribuzione di un
punteggio per singola competenza; iii) attribuzione di un punteggio alla
prova nel suo insieme.
Non è possibile trovare
Il vantaggio della schegli abbellimenti stilistici
da è permettere di valutare
in modo puntuale e anasenza concepire ed
litico la padronanza linesprimere un pensiero, né
guistica, mirando i diversi
comunicare un pensiero
livelli: quello dei singoli
chiaramente senza la
descrittori costitutivi delluce delle parole.
la «padronanza della lingua», quello delle quattro
(Cicerone, De oratore)
competenze linguistiche e
quello dell’elaborato nel suo complesso. Attraverso
le riletture dell’elaborato necessarie a rispondere
alle diverse forme di valutazione presenti nelle tre
parti della scheda, è possibile arrivare alla formulazione di un giudizio che da un lato tenga conto
degli elementi analitici – il valore attribuito ai singoli descrittori – e, dall’altro, assegni un punteggio
a ciascuna competenza e un voto all’elaborato nel
suo complesso, evitando che quest’ultimo risulti
dalla media dei punteggi assegnati a ciascuna
competenza.
La Scheda di rilevazione degli errori ricorrenti (Documento 2) è un approfondimento della scheda
precedente e si articola secondo le quattro competenze linguistiche già definite, al cui interno sono
collocati i descrittori specifici di ciascuna competenza, raggruppati per macroambito.
Nella riflessione su argomentazione e scrittura,
a margine della rilevazione del 2009, Dario Corno
partiva dalla considerazione che la capacità di ar-
“
„
gomentare è riscontrabile «in facoltà propriamente cognitive di cui la principale è la capacità ideativa predisposta nel reperire, valutare, organizzare
ed elaborare le idee che si presentano nel testo»9.
Pertanto concludeva asserendo che il curricolo di
scrittura avrebbe dovuto mostrare una maggiore
attenzione a far ragionare gli studenti sugli schemi linguistici (analisi del periodo) e sugli schemi
cognitivi (costruzione di modelli argomentativi).
L’indagine ha mostrato infatti come la competenza ideativa presenti il grado maggiore di criticità
nella produzione scritta in uscita dal percorso scolastico e ha confermato la difficoltà degli studenti
italiani nella gerarchizzazione delle idee e nella
padronanza delle tecniche argomentative.
Questa carenza, peraltro, emerge anche da altri
dati empirici sul percorso scolastico, che forniscono elementi a supporto della necessità di avviare la
costruzione di un curricolo verticale per lo sviluppo delle capacità logiche e argomentative, a partire
dalla scuola dell’infanzia.
Per il primo ciclo, gli esiti delle rilevazione
IEA-PIRLS 2011 sulle competenza di lettura evidenziano, per l’Italia, una difficoltà maggiore rispetto
ad altri paese OCSE nel dominio cognitivo «fare
inferenze semplici»10. A questo corrisponde, nella
rilevazione TIMSS 2011, al quarto anno di scolarità, una difficoltà in matematica e una ancora più
netta difficoltà in scienze, nella capacità di ragionamento. Inoltre nelle rilevazioni TIMSS sia per il
quarto sia per l’ottavo anno «sembra emergere una
certa debolezza degli studenti italiani nel processo
cognitivo di ragionamento»11. Tale tendenza, come
viene sottolineato nel rapporto12, costituisce un
dato di attenzione che, se confermato nelle rilevazioni future, rende necessaria una riflessione
didattico-metodologica.
Dall’analisi dei risultati 2011 delle rilevazioni
internazionali sembra emergere inoltre un peggioramento dei risultati degli studenti nel corso
degli anni e nel passaggio dalla scuola primaria
alla scuola secondaria. Al quarto anno di scolarità
gli studenti italiani si collocano al di sopra della
media internazionale, mentre all’ottavo ottengono
un punteggio intorno alla media.13
Proprio nella direzione della costruzione di
un curricolo verticale per un’educazione argomentativa di base, possono essere utilizzate le
indicazioni – riportate nei documenti istituzionali
e nei materiali resi pubblici delle ricerche nazionali e internazionali - su contenuti (il che cosa) e
su obiettivi e contesti di apprendimento (il come).
Tali indicazioni per la costruzione di un curricolo permetterebbero di avviare una riflessione
condivisa e, conseguentemente, di sperimentare
percorsi operativi di ricerca-azione che abbiano le
caratteristiche della verticalità e della gradualità,
a partire dalla scuola dell’infanzia14.
Va aggiunto, per chiarezza, che per il primo ciclo
le indicazioni per la costruzione di un curricolo
verticale sull’argomentazione di base sono più organiche e puntuali e forniscono materiale agli insegnanti e alle scuole per avviare interventi mirati
e coerenti anche su base nazionale, mentre man
mano che si sale le indicazioni sono meno dettagliate e non seguono una linea di continuità. Per
il secondo biennio e per l’ultimo anno spetterebbe
alle scuole un intervento di progettazione corposo
e complesso, in quanto sono attualmente pochi gli
elementi disponibili ai fini dell’elaborazione di un
curricolo verticale.
Cosa dicono i compiti di matematica
—
Cfr. F. Sabatini, Quadro di riferimento, www.invalsi.it/
download/QUADRORIFERIMENTO.pdf, p. 1.
2
Hanno supportato metodologicamente la ricerca e
contribuito alla definizione delle linee guida e degli
strumenti di valutazione, per l’italiano, l’Accademia
della Crusca, e per la matematica, l’UMI (Unione Matematica Italiana).
3
Nell’indagine sono denominati «correttori interni» i docenti della commissione d’esame e «correttori esterni»
i docenti selezionati dall’INVALSI tra i docenti di scuola
secondaria con esperienza di esami di Stato, provenienti
da tutti gli indirizzi di scuola e da tutte le aree geografiche, formati in appositi seminari.
4
Per la sessione 2007 il commissario interno era il docente di italiano della classe.
5
L’indagine è stata realizzata nell’ambito di una collaborazione tra INVALSI e Università La Sapienza di Roma,
con la consulenza scientifica del professor L. Serianni.
6
Cfr. C. di Chiacchio e P. Giangiacomo, Gli esiti della ricerca.
Risultati delle analisi descrittive, nel Rapporto disponibile
sul sito dell’INVALSI.
7
Cfr. L. Serianni, Quali sono i punti dolenti dell’italiano scritto
a scuola?, ib., pp. 37-42.
8
Il Quadro di riferimento dell’indagine è stato redatto
nel 2007 e rivisto nel 2009 sotto la guida dell’Accademia
della Crusca. Si tratta di un piccolo manuale, quasi un
prontuario di linguistica italiana, che mira a stabilire
criteri di giudizio sulla “norma” e a chiarire la validità
di taluni limiti all’accettabilità di vari usi linguistici.
9
Le citazioni sono tratte da Argomentazione e scrittura.
Cenni per un’analisi dei dati di valutazione che accompagna
l’analisi della Rilevazione degli apprendimenti. Prove scritte di
Italiano e Matematica, a.s. 2008-2009, disponibile sul sito
dell’INVALSI.
10 11 12 13
Cfr. Indagini IEA 2011 PIRLS e TIMSS: i risultati degli
studenti italiani in lettura, matematica e scienze, sito INVALSI, pp. 153-154; 165; 168.
14
cfr. L. Grossi, Per un curricolo verticale sull’argomentazione:
tra ricerca, evidenze empiriche e documenti istituzionali, di
prossima pubblicazione su Insegnareonline, rivista CIDI.
15
Cfr. Elementi della prova di matematica per l’analisi delle
competenze linguistiche, reperibile su www.invalsi.it/
download/rapporti/es2_0312/Rapporto_matematica_
prove_2010.pdf.
16
G. Bolondi, Invalsi: l’italiano manda in crisi anche la matematica, sul sito Il sussidiario
17
L.Serianni,Leggere scrivere argomentare,Laterza,Bari 2013.
Lina Grossi
ha collaborato in attività di formazione e ricerca con
università, enti di ricerca, associazioni d’insegnanti,
scuole e reti di scuole. Per l’INVALSI ha coordinato
progetti sulla valutazione degli apprendimenti e sulle
competenza di lettura e scrittura. Come insegnante di
liceo, si è occupata di didattica del latino e dell’italiano.
È autrice di articoli e saggi su riviste specializzate,
monografie, rapporti di ricerca, nonché di testi
scolastici e di ricerca didattica.
31
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
In questa ottica è auspicabile inoltre una collaborazione tra le discipline, in particolare tra italiano e matematica. Un lavoro di ricerca in questo
ambito è stato avviato contestualmente alla terza
fase della ricerca citata, i cui risultati sono stati
resi pubblici nel 2012. Con uno schema parallelo a
quello usato per i compiti di italiano (in qualche
caso traducendo i medesimi indicatori) si è cercato
di rilevare come le capacità logico-argomentative si esplicitano attraverso: la costruzione di un
discorso matematico; l’organizzazione delle idee;
l’utilizzo delle informazioni e la loro rielaborazione
mediante gli strumenti specifici del linguaggio
della matematica15.
Ne è scaturito un risultato non inatteso, come
scrive Giorgio Bolondi: «I compiti di italiano ci
dicono che i ragazzi non riescono a usare la lingua
italiana per collegare, saldare, ordinare le idee e
le esperienze; con una dinamica assolutamente
parallela, i compiti di matematica ci dicono che
non riescono a usare il linguaggio matematico
(e il linguaggio naturale) per collegare, ordinare
le informazioni e i risultati parziali, costruire
una argomentazione; verificare i propri risultati»16. Come per l’italiano, le carenze emerse dalla
rilevazione sulle seconde prove di matematica
mettono in risalto carenze non superficiali ma
stratificate e di lunga durata nella scuola italiana:
«una difficoltà trasversale di organizzazione del
pensiero, comune al discorso linguistico e a quello
matematico». Tutto questo, scrive ancora Bolondi,
suggerisce piste di lavoro per gli insegnanti e una
proposta peraltro non rivoluzionaria: che docenti di diverse discipline lavorino in sinergia, per
esempio sul lessico scientifico o nella stesura di
testi in attività di laboratorio.
In questa prospettiva la Scheda di rilevazione degli
errori ricorrenti può fornire indicazioni specifiche
in ambito didattico per realizzare esercizi mirati di
scrittura, funzionali alle singole esigenze didattiche e rispondenti alle carenze individuate.A questo
riguardo si può fare riferimento alle indicazioni e
alle ampie esemplificazioni disponibili sulla scrittura e l’argomentazione17.
NOTE
1
DOCUMENTO 1
SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLA I PROVA
ESAME DI STATO II CICLO
PARTE A – VALUTAZIONE ANALITICA
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
32
La “padronanza linguistica” è descrivibile e misurabile
attraverso indicatori, costituiti da quattro specifiche competenze, ciascuna delle quali è a sua volta analizzabile mediante descrittori essenziali.Tali competenze sono relative a:
1. la capacità di realizzare un testo come struttura coerente
e coesa, adeguata per assetto formale e caratteri complessivi alla finalità comunicativa;
2. l’uso corretto delle strutture del sistema linguistico e
della sua forma scritta;
3. l’ampiezza e l’uso semanticamente appropriato delle
risorse lessicali;
4. la capacità, sostenuta dall’insieme delle capacità sopra
indicate, di reperire, elaborare ed esporre idee e argomenti in un discorso chiaro ed efficace.
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA PADRONANZA LINGUISTICA
INDICATORI
COMPETENZE:
I.
TESTUALE
Impostazione e
articolazione
complessiva del testo
DESCRITTORI
di ciascuna competenza
a) Rispetto delle consegne (secondo il tipo di prova)
b) Coerenza e coesione nello svolgimento del discorso
c) Ordine nell’impaginazione e partizioni del testo
(in capoversi ed eventuali paragrafi)
a) Padronanza delle strutture morfosintattiche e della loro
II.
flessibilità e varietà
GRAMMATICALE
Uso delle strutture
grammaticali e del sistema b) Uso consapevole della punteggiatura in relazione al tipo di testo
ortografico e interpuntivo
c) Correttezza ortografica
III.
LESSICALE-SEMANTICA
Disponibilità di risorse
lessicali e dominio
della semantica
a) Consistenza del repertorio lessicale
b) Appropriatezza semantica e coerenza specifica del registro lessicale
c) Uso adeguato dei linguaggi settoriali
a) Scelta di argomenti pertinenti
IV.
IDEATIVA
Capacità di elaborazione
e ordinamento delle idee
b) Organizzazione degli argomenti intorno a un’idea di fondo
c) Consistenza e precisione di informazioni e dati
d) Rielaborazione delle informazioni attraverso commenti adeguati
e valutazioni personali non estemporanee
1. Ai quattro livelli si attribuiscono i seguenti valori
a = basso; b = medio-basso; c = medio-alto; d = alto
Livello1
a
b
c
d
PARTE B – VALUTAZIONE PER SINGOLA MATERIA
VALUTAZIONE PER COMPETENZE
I
Impostazione e
articolazione
testuale complessiva
II
Uso delle strutture
grammaticali e del
sistema ortografico
e interpuntivo
III
Disponibilità di risorse
lessicali e dominio
della semantica
Punteggio in
quindicesimi
per ogni competenza
IV
Capacità di elaborazione
e ordinamento
delle idee
33
VALUTAZIONE GLOBALE
VOTO sull’elaborato nel suo complesso (in quindicesimi)2
NOTA DI SEGNALAZIONI
relativa a fatti grafici esclusi dalla valutazione e dall’attribuzione dei punteggi
• Forte deformazione grafica delle lettere
☐
• Commistione di maiuscole corsive e maiuscole stampatello
☐
• Netta prevalenza di maiuscole stampatello
☐
• Uso di segni grafici provenienti da sistemi di scrittura
abbreviata (usi di SmS o chat del tipo xké, +, nn, ecc.)
2. È questa la sede nella quale si deve tenere maggio conto degli aspetti di “contenuto”.
☐
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
PARTE C – VALUTAZIONE GLOBALE
DOCUMENTO 2
SCHEDA DI RILEVAZIONE DEGLI ERRORI RICORRENTI
Anno scolastico
Codice identificativo
dello studente
Codice identificativo
del correttore
Tipologia di prova scelta
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA PADRONANZA LINGUISTICA
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
34
INDICATORI
COMPETENZE:
DESCRITTORI
di ciascuna competenza
A
Risposte puntuali alle singole domande
(anche attraverso una risposta unitaria)
Utilizzo dei documenti e dei dati forniti
B1
Rispetto delle
conseguenze
(secondo la
tipologia di
prova)
Titolo
Lunghezza
Utilizzo dei documenti e dei dati forniti
B2
Titolo
Tipo di giornale
Lunghezza
I.
TESTUALE
Impostazione e
articolazione
complessiva
del testo
C
Pertinenza alla traccia
D
Pertinenza alla traccia
Enunciazioni coerenti in sé
Enunciazioni contribuiscono alla costruzione di un testo
complessivamente coerente
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Corretto uso di connettivi
Coerenza e coesione
nello svolgimento
del discorso
Corretto uso di coesivi
Rispetto dei parallelismi sintattici (senza indebite violazioni
del progetto sintattico annunciato dal primo membro)
Esplicitazione delle inferenze che normalmente
in un testo orale vengono taciute
Enunciazione sintetica (assenza di amplificazioni
non funzionali al discorso)
Ordine nella
impaginazione e
partizione del testo
Testo organizzato secondo una progessione tematica compatta
(nell’analisi del testo, se non si opta per una modalità di risposta
per singole domande e nel saggio breve)
Corretto
uso
Sì
No
N/D
Uso corretto dei verbi (modi, tempi, transitivi e intransitivi)
Rispetto delle concordanze (soggetto e predicato, ecc)
Padronanza delle
strutture morfologiche
sintattiche e della loro
flessibilità e varietà
Uso corretto delle reggenze morfosintattiche
Uso corretto delle coerenze del gerundio
Rispetto della struttura morfologica del verbo
Virgolette metalinguistiche
Correttezza ortografica
e segni paragrafematici
Apostrofo
Parentesi
Accento
Altro
Uso appropriato dei termini
III.
LESSICALESEMANTICA
Disponibiltà di
risorse lessicali
e dominio della
semantica
Consistenza del
repertorio lessicale
Rispetto delle solidarietà lessicali
Assenza di malapropismi
Assenza di parole generiche usate come incapsulatori
Appropriatezza
semantica e coerenza
specifica del registro
lessicale
Coerenza delle scelte stilistiche ed espressive
Appropriatezza del registro in relazione al tipo di testo
Assenza di burocratismi usati in contesti non burocratici
IV.
IDEATIVA
Capacità di
elaborazione e
ordinamento
delle idee
Uso adeguato dei
linguaggi settoriali
Padronanza del linguaggio settoriale specifico (per esempio
scientifico e retorico-metrico nell’analisi di un testo poetico)
Scelta di argomenti
pertinenti
Presenza di riferimenti adeguati e funzionali al discorso
Organizzazione degli argomenti
attorno a un’idea di fondo
Corenza e precisione
di informazioni e dati
Presenza e sviluppo di un’idea di fondo
Assenza di affermazioni a vario titolo imprecise
(che tradiscono una preparazione lacunosa e affrettata)
Rielaborazione delle informazioni
Assenza di affermazioni estemporanee
attraverso commenti adeguati e valuta- o non mediate che rivelano scarso approfondimento
zioni personali non estemporanee
35
Saperi / La competenza di scrittura nella prima prova dell’esame di Stato
II.
Uso corretto del pronome relativo
GRAMMATICALE
Uso delle
Uso proprio di costrutti sintattici modellati sull’oralità
strutture
grammaticali
Uso proprio della frase nominale
e del sistema
ortografico e
Uso consapevole della punteggiatura
Uso corretto dei segni interpuntivi
interpuntivo
in relazione al tipo di testo
dossier
Il “teacher”
sotto esame
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / Il “teacher” sotto esame
36
Come si affronta all’estero,
in particolare negli Stati Uniti,
il problema della valutazione
degli insegnanti.
di Francesca Nicola
D
edichiamo questo Dossier ad approfondire l’attuale dibattito sulla valutazione meritrocratica degli insegnanti in corso negli Stati Uniti per
due buoni motivi. Il primo sta nella ricchezza della
sperimentazione. Di fatto, vuoi per il regime di
relativa autonomia con cui i singoli Stati organizzano la scuola, vuoi per il ragguardevole numero
di esperimenti pilota, oggi gli Stati Uniti appaiono
una fucina di esperienze diverse e spesso fra loro
discordanti. Se nella maggior parte delle città i
professori godono di aumenti di stipendio solo
per scatti di anzianità, in molte si tiene conto dei
risultati ottenuti dai loro allievi negli esami finali
e in altre ancora sono attivi programmi innovativi
fondati sull’idea che per smuovere i docenti dal
torpore siano necessari incentivi forti, sia positivi
sia negativi. Il più articolato fra questi, non a caso
denominato IMPACT, prevede una complessa valutazione basata su un gran numero di parametri,
dalla quale conseguono da una parte forti aumenti
di stipendio per i professori migliori ma dall’altra
il licenziamento immediato per quelli risultati insufficienti o incapaci di migliorarsi, cioè “appena
sufficienti” per due anni consecutivi.
Il secondo motivo di interesse della situazione
americana sta nella spinta operata da “Race to the
Top”, la riforma dell’educazione fortemente voluta
dal presidente Obama. Tale programma, infatti,
cerca di indirizzare le realtà scolastiche locali nello
stesso senso in cui pare dirigersi la Buona scuola
italiana,ossia verso una moderata differenziazione
stipendiale fra i professori sulla base di una valutazione in cui, oltre ai test finali degli allievi, ha un
forte peso anche il giudizio del preside, nell’idea
che la leva demiurgica di una scuola efficente risieda nella sua capacità di leadership.
Glenn Ford come professore in Il seme della violenza, 1955,
diretto da Richard Brooks.
37
Dossier / Il “teacher” sotto esame
Gli Stati Uniti sono quindi, oggi
e per noi, una situazione interessante. Ma non va però dimenticato che, almeno per quanto
riguarda il sistema pubblico elementare e secondario, le scuole
americane non raggiungono affatto il “top” mondiale, come pure vorrebbe il presidente Obama.
Cosa accade in Finlandia,
a Shangai e in Canada
—
Dossier / Il “teacher” sotto esame
38
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Da Il seme della
violenza, 1955,
diretto da
Richard Brooks.
↓
Se poi prendiamo in considerazione i Paesi veramente eccellenti in campo scolastico e
accademicamente sempre più
competitivi, come la Finlandia,
il Canada e Shanghai,le sorprese
non mancano.
Questi Paesi, infatti, non possiedono alcun sistema di differenziazione stipendiale dei
professori fondato sulla rilevazione dei risultati e/o su giudizi
valutativi del loro operato. Là
dove erano in atto, sono stati
abbandonati optando per una
strategia diversa, sintetizzabile
nell’idea di rendere la professione insegnante molto più difficile di quanto si sempre stata
nel passato. Si è scoperto che
si ottengono risultati migliori
obbligando i docenti a dedicare
molto tempo nel prepararsi a
entrare in aula. Da una parte,
acquisiscono così una significativa autonomia didattica,
dall’altra, soprattutto, l’orgoglio
professionale derivato dal superare prove difficili e continue
si è rivelato una motivazione al
maggior impegno persino superiore agli aumenti di stipendio
differenziati.
La Finlandia, per esempio,
esige che tutti gli insegnanti
ottengano una laurea magistrale in educazione. Inoltre, tutti i
programmi includono un impegnativo corso di pedagogia: chi
sale in cattedra deve aver scritto
una tesi su un tema di politica
educativa o di pratica didattica. Soprattutto, ogni insegnante
trascorre tutto il primo anno
della professione imparando da
un mentore esperto.
Shanghai ha un approccio un
po’ diverso: gli aspiranti insegnanti frequentano il 90% dei
corsi universitari delle materie
che poi insegneranno e sono
tenuti a portare a termine gli
stessi programmi universitari
degli studenti che conseguono un dottorato di ricerca in
matematica o in scienze. Come in Finlandia, tuttavia, i novelli insegnanti di Shanghai
trascorrono il primo anno di
lavoro sotto la supervisione di
un tutor, ossia di un docente
esperto che viene alleggerito di
alcune mansioni didattiche in
modo da poter dedicare parecchio tempo alla formazione dei
nuovi insegnanti.
Seguendo questo approccio,
la Finlandia è stata in grado di
abolire l’accountability basata sui
risultati dei test, scoprendo che
le persone che mettono molto
impegno nel prepararsi sono
poi ben attrezzate a sviluppare autonomamente programmi
di studio e autovalutazioni. Ciò
che soprattutto sta a cuore ai
professori, almeno a quelli finlandesi, non è guadagnare di
più dei colleghi scansafatiche,
ma percepire di svolgere una
professione prestigiosa. E il modo più efficace per aumentare il
prestigio di questa professione
non è renderlo più facile, ma più
difficile, in modo che sempre
più giovani intelligenti siano
attratti dal rigore dei programmi educativi.
Queste politiche, infine, si sono dimostrate vincenti anche
per un altro aspetto del problema educativo spesso occultato
dalle discussioni ideologiche:
l’importanza cioè di una buona
distribuzione sul territorio dei
professori eccellenti, in modo
che accettino di lavorare nelle
situazioni più problematiche
facendosene carico.
È uno sforzo aggiuntivo compiuto solo da insegnanti fortemente motivati,certamente ben
pagati, ma soprattutto orgogliosi di una professionalità duramente acquisita.
Francesca Nicola
è dottore in Antropologia
all’Università Bicocca di Milano.
Esperienze di valutazione
nelle scuole americane
La gestione delle scuole è fortemente differenziata
negli Stati americani, e i distretti attivano numerose
sperimentazioni. Ma i risultati non sono univoci.
39
di Thomas Toch e Robert Rothman
Ventuno anni dopo, nel 2004,
la Teaching Commission, un
panel di 19 luminari nazionali
presieduto da Louis Gerstner,già
chairman della IBM, affermava
la stessa urgenza, sottolineando
che «precludendo la possibilità di un compenso basato sulla
performance falliamo nell’attrarre gli individui più talentuosi
e motivati nelle nostre scuole».
Anche se dall’avvento del salario unico per gli insegnanti
negli anni Venti sono state fatti
molti esperimenti, la maggior
parte non sono durati più di un
paio di anni.Questo non dovrebbe sorprendere. I sindacati sono
in parte responsabili; hanno
combattuto l’aggancio degli stipendi alla performance a partire
dalla loro ascesa negli anni Sessanta. Ma vi è un’altra ragione
raramente menzionata: pagare
gli insegnanti sulla base della
performance richiede un sistema
di misurazione credibile della
qualità del lavoro docente, cosa
che la maggior parte delle scuole
pubbliche non ha.
Un insieme di fattori, mancanza di accountability per le performance scolastiche, ambivalenza dei sindacati e la pratica
dell’educazione pubblica di usare le credenziali degli insegnanti come un indicatore della loro
qualità, hanno determinato la
diffusione di sistemi di valutazione superficiali e capricciosi,
che spesso non misurano né la
qualità dell’istruzione, né l’apprendimento degli studenti.
Lo stato problematico della
valutazione degli insegnanti è
un problema largamente ignorato nell’educazione pubblica,
con conseguenze che vanno oltre il dibattito sul retribuire o
meno maestri e professori in
base alla performance. La loro
valutazione è al centro dell’impresa educativa, ma si tratta di
un’impresa che costerebbe 400
miliardi all’anno in salari e benefits. Il compito di costruire un
migliore sistema di valutazione
è difficile e importante.
Credenziali e non
prestazioni
—
Non è giusto aspettarsi che le
persone facciano di un compito
una priorità quando il sistema in
cui lavorano lancia il segnale che
quel compito non è importante.
È proprio questo il punto della
valutazione degli insegnanti.
L’istruzione pubblica definisce
la qualità degli insegnanti in
gran parte in termini di crediti
che hanno guadagnato al college, piuttosto che sulla base della
qualità del lavoro che svolgono
nelle aule o dei risultati che i loro
studenti raggiungono.
C’è certo del buon senso nel
pensare che gli insegnanti di
lettura (o reading, insegnamento
nella middle school americana)
che entrano nelle aule sappiano
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
G
enerazioni di riformatori hanno cercato di rafforzare i
ranks dell’insegnamento delle scuole pubbliche, e
quasi sempre le loro raccomandazioni hanno incluso l’abolizione dello stipendio fisso. La
pratica pressoché universale
nella scuola pubblica è pagare
gli insegnanti sulla base non
della loro prestazione, ma solo
dei crediti che hanno accumulato al college e del numero di
anni di insegnamento.
Già nel 1955 gli organizzatori
di una conferenza sull’educazione organizzata dalla Casa Bianca avvisavano il Presidente Eisenhower che «deve essere fatto
ogni sforzo per trovare modi per
premiare gli insegnanti a seconda della loro abilità senza aprire
le porte della scuola a pratiche
ingiuste». Un concetto ribadito
anche nel celeberrimo rapporto
Una nazione a rischio, un’analisi
sullo stato della scuola negli Stati
Uniti pubblicata a Washington
nel 1983 da parte dell’amministrazione Reagan, destinata a
diventare una pietra miliare nella storia dell’educazione americana. In quell’atto di accusa
che scosse gli Stati Uniti, e che
continua a influenzarne la politica educativa, si stabiliva che i
salari degli insegnanti dovevano
essere «professionalmente competitivi, sensibili al mercato e
basati sulle performance».
come i bambini imparano a leggere e che gli insegnanti di algebra siano dotati di strategie efficaci per insegnare le equazioni
di secondo grado, poiché tutte
queste sono competenze che a
rigor di logica dovrebbero essere
già state aquisite al college. Ma
studi recenti hanno dimostrato
che i crediti acquisiti non garantiscono affatto la capacità
di insegnare. Un rapporto del
2005 su 9400 insegnanti di Los
Angeles di Thomas Kane, professore ad Harvard e di Douglas
Staiger, docente a Dartmouth,
non ha trovato alcuna differenza
significativa fra i risultati degli
studenti di docenti che avevano
la certificazione rispetto e quelli di maestri che non la posedevano. In alcuni casi, anzi, gli
insegnanti senza licenza hanno
prodotto risultati nettamente
superiori a quelli certificati.
Nel suo tentativo di migliorare la scuola, la legge federale
No Child Left Behind (NCLB)
del 2001 ha involontariamente
intensificato la cultura “credenzialista” della pubblica istruzione. La legge ha infatti cercato
di migliorare la qualità degli
insegnanti, imponendo che le
scuole impieghino solo quelli
«altamente qualificati». Tutta-
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
40
“
Il programma dello stipendio
fisso è un prodotto del sessismo e
dei favoritismi che affliggevano la
professione docente all’inizio del
ventesimo secolo.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
„
via, per misurare la loro idoneità alla docenza, impone che gli
Stati utilizzino le qualifiche che
gli insegnanti portano in classe,
piuttosto che le loro prestazioni
concrete in aula. Il programma
dello stipendio fisso,un prodotto
del sessismo e dei favoritismi
che affliggevano la professione
docente all’inizio del XX secolo,
riflette e rafforza l’enfasi della
pubblica istruzione sulle credenziali a scapito delle prestazioni.
Non sorprende, allora, che
valutare i docenti non sia una
priorità in molti Stati. Il National Council on Teacher Quality
(NCTQ), un’organizzazione no
profit, riferisce che solo 14 Stati richiedono che le loro scuole
testino i loro insegnanti della
scuola pubblica almeno una volta l’anno. Alcuni sono addirittura più permissivi. Il Tennessee,
per esempio, richiede queste
valutazioni solo due volte ogni
dieci anni.
I sindacati?
Pessimi valutatori
—
Un’analisi del NCTQ dei contratti degli insegnanti nei 50
maggiori distretti della Nazione
(quelli cui si iscrive il 17% degli
studenti degli Stati Uniti), suggerisce che la valutazione degli
insegnanti non è imposta neanche dai regolamenti locali, nei
quali sono i sindacati a dettare
i requisiti professionali. Ma lo
studio ha rilevato che solo due
terzi dei mansionari sindacali
impone che maestri e professori
siano valutati almeno una volta
all’anno; un quarto lo richiede
solo ogni tre anni.
Le stesse valutazioni sono
poi generalmente di poco valore, riducendosi quasi sempre a
un’unica e rapida visita in aula
da parte di un amministratore non addestrato nella valutazione, guidato da una lista di
controllo delle condizioni della
classe e dei comportamenti degli insegnanti, lista che spesso
non ha niente a che fare con la
qualità dell’istruzione.In genere
si tratta di un paio di dozzine
di note, quali «Si veste in modo
presentabile», «Inizia a lavorare in orario», «La lezione tiene
occupati gli studenti», dice la
professoressa della Michigan
State University Mary Kennedy, studiosa della valutazione e
autrice di Inside Teaching: How
Classroom Life Undermines Reform.
«Nella maggior parte dei casi,
non è niente di più che il segnare
un soddisfacente o un insoddisfacente».
Con questi sistemi di valutazione è facile per gli insegnanti
ottenere un punteggio elevato, e
questo indipendentemente dal
fatto che i loro studenti imparino veramente. Raymond Pecheone, esperto di valutazione degli
insegnanti presso la Stanford
University, suggerisce a titolo
di esempio che un maestro può,
allo stato attuale, ottenere un
giudizio «soddisfacente» nella
voce «utilizzo delle immagini»
anche solo appendendo in aula
un modellino tridimensionale
del sistema solare, al di là del
fatto che gli studenti possono
uscire dalla classe senza alcuna
idea del ruolo del sole nel sistema solare o di altri concetti chiave. Non sorprende che i risultati
di tali valutazioni siano spesso dubbi. Donald Medley della
University of Virginia e Homer
Coker della Georgia State University, in uno studio del 1987
dal titolo The Accuracy of Principals’ Judgments of Teacher Performance, hanno illustrato diverse
ricerche che stabilivano come
la relazione tra il punteggio medio degli insegnanti e i successi
scolastici degli studenti fosse
«vicina allo zero».
I dirigenti scolastici se la sono cavata meglio. In un recente
studio, Brian Jacob della Kennedy School of Government di
Harvard e Lars Lefgren, della
Brigham Young University, hanno comparato i punteggi degli
insegnanti con i risultati degli
studenti su test standardizzati.
I dirigenti scolastici sono stati
in grado di identificare con una
certa precisione i loro insegnanti migliori e peggiori.
Va comunque detto che nella maggior parte dei sistemi
pubblici i dirigenti scolastici
non rendono operativi i loro
talenti. Un recente studio del
sistema scolastico di Chicago
condotto dall’organizzazione
no-profit New Teacher Project,
per esempio, ha scoperto che
l’87% delle 600 scuole della città
non ha emesso alcun voto «insoddisfacente» per un maestro
tra il 2003 e il 2006. Eppure ben
69 scuole del distretto state dichiarate fallimentari dalla città. Di tutte le valutazioni degli
insegnanti condotte in quegli
anni, solo il 3% ha prodotto un
voto «non soddisfacente», mentre il 93% dei 25 000 insegnanti
ha ricevuto voti come «molto
buono» ed «eccellente». Sembra
che i presidi usino le valutazioni
per aiutare gli insegnanti a migliorare le loro prestazioni tanto
spesso quanto danno valutazioni insoddisfacenti. In molti casi
non si preoccupano neppure di
discutere i risultati delle loro
valutazioni con gli insegnanti.
Molti riformatori della scuola,
tra cui i sostenitori dell’importanza di retribuire gli insegnanti in base alla performance,basano
le valutazioni sui voti degli studenti nei test standardizzati.
Si tratta di una strategia ragionevole: è il modo più diretto
per misurare le prestazioni degli
insegnanti, poiché l’insegnamento è, in ultima analisi, l’aiutare gli studenti a imparare. Ma
poiché, come detto, al momento
l’unico modo per misurare i risultati degli studenti su larga
scala è attraverso i punteggi dei
test standardizzati, il tutto si
complica.
Per prima cosa, solo circa
metà degli insegnanti degli Stati
Uniti insegna materie che vengono testate. Non è dunque possibile utilizzare i punteggi dei
test degli studenti per valutarne
l’altra metà.
In secondo luogo, la maggior
parte dei test standardizzati che
sarebbero stati utilizzati nelle
valutazioni degli insegnanti
oggi, ossia i test stabiliti da No
Child Left Behind, si focalizzano
su competenze di basso livello e
soprattutto su poche materie, in
primo luogo la lettura, la matematica e le scienze. Non misurano invece le abilità più avanzate,
come la scrittura espositiva o
la capacità di pensare in modo
creativo o analitico, e non considerano la storia, l’arte, la musica,
e altre materie. Di conseguenza,
non possono catturare l’abilità
di un insegnante nello stimolare gli studenti, ad esempio,
a imparare l’astronomia o ad
apprezzare un romanzo. Come
sostiene Pecheone «questi test
privilegiano un livello pedagogico molto basso».
Gli insegnanti migliori, quelli
che hanno un repertorio didattico più ampio e sono in grado
di coinvolgere gli studenti al di
là delle nozioni di base, sono in
svantaggio. Può essere ragionevole, di conseguenza, utilizzare i
punteggi dei test come modo per
scoraggiare i docenti più deboli,
ma non per individuare i migliori insegnanti.
C’è anche da dire che gli insegnanti hanno a che fare con
ragazzi diversi di classe in classe e di scuola in scuola. Alcuni
lavorano con studenti che provengono da contesti privilegiati,
che in precedenza hanno avuto ottimi maestri e che spesso
sono dunque molto brillanti.
Altri insegnano a studenti meno fortunati, meno preparati e
meno capaci. Dunque dare agli
insegnanti voti alti solo se i loro studenti hanno punteggi al-
ti si traduce in molti errori di
valutazione sulle reali capacità
degli insegnanti. I maestri di
bambini ricchi possono fare un
lavoro terribile in classe, ma è
probabile che i loro studenti ottengano comunque punteggi
più alti dei coetanei meno privilegiati. E gli insegnanti di studenti meno privilegiati possono
fare un grande lavoro ma avere
studenti con punteggi bassi. I
sistemi di valutazione di questo
tipo incorporano in partenza
questa ingiustizia, creando un
forte incentivo per gli insegnanti ad abbandonare il più in fretta
possibile le scuole più difficili.
Il modo più comune di riportare il rendimento degli studenti nei test standardizzati,inoltre,
è una percentuale da mettere a
confronto con gli standard statali. Ma Stati diversi hanno standard diversi. Quindi è molto più
facile per gli insegnanti avere
voti soddisfacenti in Stati con
bassi standard. Consideriamo
ad esempio il caso del Colorado
e della South Carolina.Il Thomas
B. Fordham Institute e la Northwest Evaluation Association,
entrambe società che studiano i test, hanno recentemente
calcolato quale sarebbe la performance degli studenti con un
punteggio appena sufficiente in
↑
Da Il seme della
violenza, 1955,
diretto da
Richard Brooks.
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
Misurare i professori
attraverso gli studenti
—
41
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
42
Da Il seme della
violenza, 1955,
diretto da
Richard Brooks.
↓
lettura e in matematica in un
test nazionale. Hanno scoperto
che gli studenti di terza media
in Colorado farebbero un 14%
sulla prova nazionale in lettura,
e che le loro controparti in South
Carolina, dove gli standard di
lettura sono molto più alti, realizzerebbe un 71%.
Non sorprende, di conseguenza, che molti insegnanti sono
fortemente contrari a valutazioni basate sostanzialmente o
esclusivamente sui risultati dei
test degli studenti. Vi è dunque
un rischio ulteriore di tali sistemi: le persone che vi sarebbero
sottoposte non pensano siano
credibili.
Nonostante quanto detto, sul
fronte dei test non vi sono solo notizie negative: stanno per
esempio emergendo diverse
soluzioni per ovviare all’ingiustizia delle valutazioni basate
su test fatte a insegnanti che
lavorano con studenti svantaggiati. Calcolando la performance
di un insegnante sulla base di
quanto i punteggi dei test dei
loro studenti aumentino nel
corso di un anno scolastico,
queste soluzioni sono in grado
di isolare gli effetti dei singoli
docenti sull’apprendimento dei
ragazzi e di determinare il “valore aggiunto” che forniscono.
Gli insegnanti non vengono così
premiati per avere una classe di
alto livello o penalizzati per il
fatto di insegnare a studenti che
vanno meno bene a scuola.
Permangono però due grandi
difficoltà. In primo luogo, la presenza di classi con un numero
molto basso di studenti rende
difficile calcolare statisticamente l’impatto magistrale sui
loro punteggi. In secondo luogo,
solo circa un terzo degli Stati
ha attualmente i sistemi necessari per collegare insegnanti e
studenti e per fare calcoli informatici. Alcuni sistemi scolastici
contrattano aziende private per
eseguirli. Ma sono ancora pochi, circa 300 su 14 000 a livello
nazionale.
Un nuovo modello:
TAP e BEST
—
Alcune iniziative locali, statali
e nazionali hanno cercato una
soluzione diversa, proponendo sistemi di valutazione più
completi. Charlotte Danielson
ha avuto in ciò un ruolo importante. Nei primi anni Novanta
lavorava presso l’Educational
Testing Service (ETS), la società
di test con sede a Princeton,New
Jersey, conosciuta per avere elaborato gli esami di ammissione
ai college, come SAT e GRE. In
quegli anni Danielson era entrata a far parte di una squadra
che si occupava di sviluppare
un pacchetto di esami per attribuire agli insegnanti la licenza,
noto come Praxis. Praxis I è una
prova di lettura e di matematica
di base; Praxis II una serie di test
su materie varie e su principi
pedagogi e didattici.
Danielson, che oggi ha 65
anni, ha poi lavorato a Praxis
III, un programma finalizzato
a misurare le competenze degli
insegnanti appena laureati. Il
suo compito è stato sviluppare
un sistema per formare i valutatori e per giudicarne i punti
di forza e di debolezza. Quando
ha debuttato nel 1993, Praxis III
faticava a prendere piede (oggi,
solo l’Arkansas e l’Ohio richiedono ai candidati di superare
una valutazione per avere la
licenza di insegnamento). Ma
Danielson aveva notato che gli
insegnanti della scuola pubblica
formati come valutatori apprezzavano il sistema e lo consideravano uno strumento efficace per
migliorare l’insegnamento. Ha
quindi esortato ETS ad adattare
Praxis III per la formazione e
la valutazione degli insegnanti
veterani. ETS non ha accettato,
ma ha dato il permesso a Danielson di andare avanti da sola con
il progetto. Lei lo ha fatto, e nel
1996 ha pubblicato un manuale,
Enhancing Professional Practice: A
Framework for Teaching (Migliorare la pratica professionale: un quadro
per l’insegnamento).
Danielson suddivide l’insegnamento in quattro categorie
(pianificazione e preparazione,
ambiente scolastico, istruzione,
e responsabilità professionali),
22 temi (che vanno dal dimostrare la conoscenza delle materie al
progettare modi per motivare
gli studenti), e 77 competenze
chiave (come e quando utilizzare diversi gruppi di studenti e le
modalità più efficaci di offrire
un feedback agli studenti).
Nel 1999 il System for Teacher and Student Advancement
corso del tempo, qualcosa che
le valutazioni non possono fare.
Persone addestrate dallo Stato
valutano i portfoli utilizzando
quattro giudizi: insegnanti incerti, competenti, abili, e avanzati. Lo Stato istituisce comitati
formati dai migliori insegnanti
del Connecticut per redigere le
norme, poi distribuite e fatte
circolare presso centinaia di insegnanti,amministratori,e team
di insegnanti in tutto il Paese
prima che gli standard siano
definiti. Mentre le valutazioni
tradizionali tendono a essere
unidimensionali, basandosi
esclusivamente su una singola
osservazione di un insegnante in classe, i modelli globali
catturano un quadro molto più
ricco delle performance di un insegnante. I portfoli, ad esempio,
comprendono materiale didattico, i lavori degli studenti, due
video di 20 minuti del candidato
mentre lavora con gli studenti
in aula, le riflessioni degli insegnanti sulle due lezioni registrate e note di colleghi e di genitori
degli studenti.
Anche il National Board or
Professional Teaching Standards, un’organizzazione no-profit e no-partisan che si dedica a
promuovere l’eccellenza nell’educazione negli Stati Uniti, utilizza il sistema dei portfoli. Gli
aspiranti insegnanti che chiedono all’organizzazione una certificazione di abilità alla docenza devono presentare un portfolio
didattico, oltre a dover superare
sei esercizi online in uno dei 400
centri di valutazione del Paese
per dimostrare le competenze
nelle materie che insegnano. In
totale, i candidati spendono tra
le 200 e le 400 ore a dimostrare la
loro competenza in cinque aree:
impegno per l’apprendimento
degli studenti; conoscenza della
materia e di come insegnarla;
monitoraggio dell’apprendimento degli studenti; capacità
di impostare in modo sistematico e strategico l’insegnamento;
crescita professionale.
Un vantaggio aggiunto dei
portfoli è che,a differenza dei test
standardizzati, possono essere
utilizzati per valutare i docenti
in quasi ogni disciplina. La certificazione del National Board è
in grado di includere infatti circa il 95% degli insegnanti delle
scuole elementari e secondarie.
Il lavoro di squadra
migliora la motivazione
—
Un altro modo per contrastare
la natura limitata e personale di
molte valutazioni convenzionali è sottoporre gli insegnanti a
più valutazioni da parte di più
valutatori.
Nelle scuole che utilizzano
il TAP, gli insegnanti vengono
valutati almeno tre volte all’anno da squadre di “master” e di
“mentori” (i master sono più
anziani e hanno meno ore insegnamento dei mentori).Le scuole combinano i vari punteggi
delle diverse valutazioni e dei
valutatori in un’unica valutazione annuale delle prestazioni.
“Un vantaggio aggiunto dei
portfoli è che, a differenza dei test
standardizzati, possono essere
utilizzati per valutare i docenti in
quasi ogni disciplina.
„
I valutatori TAP devono dimostrare la capacità di valutare prima che il TAP consenta loro di
fare le valutazioni dal vivo. Ogni
valutazione viene poi inserita
in un sistema di gestione delle prestazioni TAP che produce
grafici e diagrammi dei risultati
per confrontare i punteggi di
valutazione di una scuola con
gli standard a livello nazionale.
In Connecticut, ogni portfolio BEST è giudicato da tre valutatori addestrati dallo Stato
che insegnano la stessa materia
del candidato. I portfoli che non
vanno bene sono rivalutati da
una quarto valutatore. Come nel
programma TAP, i valutatori devono completare quasi una settimana di formazione e dimostrare la capacità di giudicare
43
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
(TAP) ha messo il modello di
Danielson al centro di un programma globale per rafforzare
l’insegnamento attraverso valutazioni didattiche, coaching, salti
di carriera e compensazioni basate sulla performance. Il sistema
è ora presente in 180 scuole con
5 000 docenti e 60 000 studentiIn cinque Stati e nel Distretto
di Columbia TAP ha ottimizzato
gli standard di insegnamento di
Danielson,trasformandoli in tre
categorie principali: istruzione
alla progettazione e alla pianificazione, ambiente di apprendimento e istruzione, 19 sottogruppi riferiti a fattori come le
ore destinate alla progettazione
delle lezioni, la frequenza e la
qualità delle domande in aula,
la garanzia che agli studenti
vengano insegnate competenze
impegnative.
Le scuole che usano il TAP valutano i loro insegnanti utilizzando una rubrica come quella
di Danielson, che formula un
voto alle prestazioni come «insoddisfacente», «competente»
o «esemplare». Come sostiene
Katie Gillespie, un insegnante di
quinta elementare a DC Preparatory Academy, una charter school
del distretto di Columbia al suo
terzo anno di utilizzo di TAP, «sono norme e rubriche che creano
un linguaggio comune sull’insegnamento per gli educatori».
Un altro esempio di valutazione
“completa” dell’insegnamento
è stato sperimentato dal Dipartimento della Pubblica Istruzione del Connecticut, che nel
1989 ha creato un programma
(il Connecticut’s Beginning Educator Support and Training Program,
BEST) per supportare il proprio
corpo docente prima fornendo
ai nuovi insegnanti mentori
e formatori e poi, nel secondo
anno, chiedendo a loro di presentare un portfolio che racconti
una loro unità didattica. Questa
deve impegnare almeno cinque
ore di insegnamento, in modo
da cogliere come i docenti stimolano la comprensione degli
studenti di un argomento nel
Dossier / Esperienze di valutazione nelle scuole americane
44
accuratamente i portfoli prima di
partecipare al programma. Non
sorprende che il fatto di utilizzare valutatori con competenze
nelle materie dei candidati, come fanno TAP e BEST, rafforzi la
qualità delle valutazioni. Come
rimarca Mike Gass, direttore
esecutivo dell’istruzione secondaria nella contea di Eagle, Colorado, dove 15 scuole del distretto
utilizzano TAP, «il processo di
apprendimento non è la stesso
per la chimica e per la lettura».
Nelle valutazioni tradizionali,
che vengono fatte da dirigenti
↑
Da Il seme della
violenza, 1955,
diretto da
Richard Brooks.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
“Ogni portfolio BEST è giudicato da
tre valutatori addestrati dallo Stato
che insegnano la stessa materia del
candidato.
„
scolastici o da loro assistenti, è
raramente possibile utilizzare
valutatori che abbiano la stessa preparazione del candidato,
soprattutto a livello della scuola
media e superiore, dove gli insegnanti di solito insegnano una
sola materia. Molte valutazioni,
di conseguenza, si concentrano
su come i docenti insegnano, a
scapito di ciò che insegnano.
La presenza di specialisti della materia, la valutazione delle
rubriche, la formazione dei valutatori che TAP e BEST garantiscono, aumenta l’affidabilità
delle valutazioni, producendo
giudizi più coerenti.A differenza
delle valutazioni tradizionali,
i sistemi di Toledo, Cincinnati
e del Connecticut fanno parte
di programmi per migliorare
le prestazioni degli insegnanti,
non solo per eliminare le mele
marce. In un’epoca in cui la ricerca sottolinea sempre più che
le condizioni di lavoro sono più
importanti di una retribuzione più elevata, gli insegnanti
nei programmi di valutazione
multifattoriali sostengono che
la combinazione di ampie valutazioni e del coaching che ricevono contribuisce a rendere le loro
condizioni di lavoro più professionali e quindi più attraenti.
La validità del giudizio
sta nella completezza
—
Le valutazioni complete, con
norme di punteggio, molteplici
osservazioni in classe da parte
di più valutatori e un ruolo attivo sia per gli studenti sia per
gli insegnanti, sono preziose,
indipendentemente dai risultati degli studenti e indipendentemente dal fatto che consentano
di eliminare pochi o molti cattivi
maestri. Contribuiscono al miglioramento dell’insegnamento e a creare un’atmosfera più
professionale nelle scuole. Rendono l’insegnamento pubblico
più attraente. Persone capaci
vogliono lavorare in ambienti
dove percepiscono d’essere importanti, e il fatto di usare sistemi di valutazione come motori
di miglioramento professionale
segnala che l’insegnamento è
uno di questi ambienti. Sistemi
di valutazione completi inviano
il messaggio che gli insegnanti
sono professionisti che fanno
un lavoro importante.
C’è sempre un certo grado di
soggettività nella valutazione di
un lavoro complesso, ma TAP e
altri sistemi completi utilizzano
standard, rubriche e valutatori molteplici sufficientemente obiettivi da essere credibili agli occhi degli insegnanti.
L’importanza di un ambiente di
lavoro professionale si riflette
in un sondaggio nazionale degli
insegnanti del 2007 organizzato
dalle associazioni no-profit Public
Agenda e National Comprehensive
Center for Teacher Quality (NCCTQ).
Entrambe hanno scoperto che,se
viene offerta una scelta tra due
scuole identiche, il 76% dei docenti nella secondaria e l’81% dei
maestri preferirebbe stare in una
scuola in cui gli amministratori
supportano gli insegnanti piuttosto che in un’altra con salari
superiori.
Nello stesso sondaggio, il 70%
degli insegnanti ha dichiarato
la propria disillusione verso la
politica del salario fisso. Quelli
più giovani, in particolare, vogliono lavorare in un ambiente
che premia le prestazioni.Non si
fidano né del fatto che dirigenti
scolastici li valutino, né che lo
facciano i test somministrati
agli studenti. In un rapporto del
2007, il Center for Reinventing Public Education, un ente no-profit,
ha sottolineato che solo il 3% dei
professori considerava valido il
punteggio dei test degli studenti
come fattore per determinare
i salari. «I punteggi dei test da
soli non sono la risposta», sintetizza Lowell Milken, creatore
e presidente della Milken Family
Foundation, «ma molteplici misure possono esserlo».
Tratto da: T. Toch e R. Rothman,
Rush to Judgement: Teachers Evaluations in Public Schools, Education Sector Report,gennaio 2008.
Traduzione di Francesca Nicola.
Thomas Toch, Robert Rothman
sono esperti di politiche educative
negli USA, autori di importanti
ricerche sugli effetti delle recenti
riforme.
IMPACT: la strategia
degli incentivi forti
Dal 2009 una controversa riforma scolastica nel distretto
di Columbia valuta gli insegnanti combinando fra loro
diversi criteri. È un sistema nato per rispondere alle critiche
sindacali, ma contempla anche il licenziamento dei
professori risultati insufficienti.
45
Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti
di Thomas Dee, James Wyckoff
N
egli ultimi anni
si è sviluppato un
grande consenso
attorno all’idea che
la qualità degli insegnanti sia un
fattore fondamentale nel successo scolastico degli studenti.
Non esiste però alcun consenso su come incoraggiare in modo sistematico il miglioramento
del loro lavoro. I distretti scolastici e le scuole stanziano risorse considerevoli per lo sviluppo
professionale degli insegnanti
(ad esempio, nella formazione),
nonostante il fatto che, sorprendentemente, vi siano prove poco
rigorose sull’efficacia di questi
sforzi. Inoltre solo in pochissimi
casi lo sviluppo professionale è
guidato da valutazioni precise
dei punti di forza e di debolezza
dei singoli insegnanti. Infine,
decenni di ricerche empiriche
hanno fornito poche indicazioni sulle caratteristiche di maestri e professori che possano
predirne le qualità. Tuttavia, i
programmi basati sullo stipendio fisso comunemente utilizzati nei distretti scolastici pubblici
degli Stati Uniti compensano gli
insegnanti in base a leggi che
di solito premiano solo l’esperienza degli insegnanti e le loro
credenziali accademiche.
I critici di questo status quo
sostengono che questi sistemi di
retribuzione rigidi non sono in
grado di attrarre e di mantenere
una forza lavoro insegnante di
alta qualità, soprattutto nelle
scuole più difficili, dove le condizioni di lavoro sono più dure
ma lo stipendio, a causa della
politica dello stipendio fisso, è
simile a quello delle scuole migliori. Un’insoddisfazione che
ha sollecitato nuovi sforzi per
progettare e attuare programmi
di valutazione delle prestazioni
e di retribuzione differenziata
degli insegnanti.
L’entusiasmo di alcuni politici verso l’abolizione del salario fisso è evidente in iniziative
federali e statali, come “Race to
the Top” che promuove, tra le
varie cose, la progettazione e
l’uso di misurazioni della performance dei docenti. Tuttavia,
questi sforzi sono anche straordinariamente controversi, e la
loro attuazione sembra essere
irregolarmente attuata nei vari
distretti scolastici della nazione.
La discussione, così scottante
negli Stati Uniti, sull’opportunità di riformare la valutazione
degli insegnanti e la loro retribuzione ha preso avvio diversi
anni fa sotto l’allora cancelliere Michelle Rhee a partire dai
cambiamenti introdotti nel
Distretto Scolastico di Columbia (District of Columbia Public
Schools, DCPS). Nell’anno accademico 2009-10, il distretto ha
introdotto IMPACT, un sistema
di valutazione degli insegnanti
progettato per guidare il miglioramento della qualità del lavoro
docente e degli studenti. Da una
parte IMPACT ha stabilito di-
“
IMPACT ha stabilito diverse
misurazioni esplicite delle prestazioni
degli insegnanti. Ha predisposto
sia grandi incentivi finanziari sia
minacce di licenziamento.
„
verse misurazioni esplicite delle
prestazioni degli insegnanti, e
dall’altra ha predisposto grandi
incentivi finanziari e minacce
di licenziamento. Nei primi tre
anni, gli insegnanti valutati come «molto efficaci» hanno ricevuto un sostanziale aumento di
stipendio, mentre altre centinaia, classificati inefficaci (o poco
efficaci per due anni consecutivi), sono stati licenziati.
Gli sforzi statali e locali per
fornire maggiori incentivi agli
insegnanti non sono affatto
nuovi. Un recente corpus di
studi sperimentali su piccola
scala suggerisce che gli incentivi finanziari a breve termine
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti
46
Denzel
Washington
professore
in Il potere della
parola, 2007,
diretto dallo
stesso
Washington.
↓
verso gli insegnanti vincolati
esclusivamente ai risultati degli
studenti nei test sono in gran
parte inefficaci.
Tuttavia, IMPACT ha diverse
caratteristiche che la distinguono dai programmi tradizionali:
in primo luogo include sia incentivi forti, quali, come già detto, la minaccia di licenziamento
per gli insegnanti a basso rendimento,sia grandi ricompense finanziarie per gli insegnanti con
alte prestazioni. Una seconda
caratteristica di IMPACT è che i
suoi incentivi sono legati a una
misurazione multidimensionale delle performance educative
(ad esempio a più osservazioni
in classe oltre ai punteggi dei
test degli alunni), che quasi
sicuramente hanno maggiore
validità dei meri punteggi dei
test. In terzo luogo, il distretto
di Columbia fornisce agli insegnanti il supporto necessario per aiutarli a soddisfare le
aspettative che IMPACT impone (ad esempio garantendo coach agli insegnanti). In quarto
luogo, gli incentivi di IMPACT
hanno forte credibilità per gli
insegnanti, perché fanno parte
di un programma pluriennale e
su ampia scala. Non sorprende
quindi che questo programma
innovativo abbia sollevato una
grande discussione a livello nazionale.
La valutazione
degli insegnanti
—
La pratica delle valutazioni degli
insegnanti si è evoluta rapidamente negli ultimi anni. Tradizionalmente, i presidi locali
hanno valutato le prestazioni
dei singoli insegnanti utilizzando procedure abbastanza
superficiali e relativamente non
strutturate che, semplicemente,
classificano i singoli insegnanti
come soddisfacenti o insoddisfacenti.
Queste denominazioni binarie hanno prodotto solo in pochi
casi, se non addirittura in nessuno, conseguenze significative,
ad esempio per quanto riguarda
la retribuzione, l’avanzamento
di carriera o lo sviluppo professionale.In questi approcci meno
strutturati, infatti, quasi tutti gli
insegnanti sono di solito classificati come soddisfacenti.
I ricercatori continuano a fare
progressi verso il miglioramento della validità e dell’affidabilità dei sistemi di valutazione.
Tuttavia, un consenso crescente
sottolinea l’importanza di un
approccio equilibrato, basato
sull’articolazione di standard e
di obiettivi, fondato su più fonti
e che utilizzi molteplici valutatori accuratamente addestrati.
In particolare, le raccomandazioni finali del progetto Misures of Effective Teaching
(MET), uno studio di tre anni
che ha indagato la misurazione dell’insegnamento, ha concluso che l’efficacia degli insegnanti è meglio identificata da
misure che impiegano simultaneamente come dati i risultati scolastici degli studenti,
rigorose osservazioni in classe
e indagini tra gli studenti.
maggior parte degli incentivi
instabili e demoralizzanti.
Al contrario, Dale Ballou, professore di politiche pubbliche,
ha sottolineato che la premiazione del merito è più diffusa
nelle charter schools,letteralmente le “scuole del prestito”, ossia
le scuole primarie o secondarie
che ricevono denaro pubblico o
donazioni private e sono soggette alle stesse regole delle scuole
pubbliche, ma sono generalmente più autonome. Le riflessioni di Ballou suggerirebbero
che non vi è nulla di unico nei
contesti educativi che renderebbe gli incentivi impraticabili.
Piuttosto, Ballou attribuisce la
scarsa diffusione degli incentivi
agli insegnanti e ai sindacati.
L’incertezza degli studi
sulla valutazione
—
L’evidenza empirica sugli effetti degli incentivi per gli insegnanti è stata fino a poco tempo
fa metodologicamente debole.
Tuttavia, alcuni recenti studi
condotti in distretti specifici
hanno fornito alcune prove del
fatto che la produttività dei docenti aumenta quando sono forniti loro incentivi finanziari. Ad
esempio, Project on Incentives
in Teaching (POINT), uno studio durato tre anni, ha messo a
disposizione degli insegnanti di
matematica delle scuole medie
di Nashville premi individuali
per più 15 000 dollari se i loro
studenti raggiungevano soglie
di performance alte.
Un altro progetto ha fornito agli insegnanti di New York
premi fino a 3000 dollari per il
raggiungimento degli obiettivi
di performance. In questo studio,
le scuole hanno avuto una certa
flessibilità nella progettazione
dei loro incentivi e la maggior
parte ha scelto di impiegare degli incentivi di gruppo. Le stime
sull’impatto di questa esperienza suggeriscono che la presenza
di incentivi non ha aumentato
il rendimento scolastico e che
anzi potrebbe averlo abbassato.
Un terzo caso studio di incentivi
di gruppo di 6000 dollari è stato
condotto in un distretto scolastico della periferia del Texas e
non ha fornito alcuna evidenza
sugli effetti degli incentivi sui
risultati degli studenti, sugli atteggiamenti o le pratiche degli
insegnanti. Un quarto studio, focalizzatosi su nove scuole della
periferia di Chicago, ha concluso
che vi sono miglioramenti sostanziali in termini di prestazioni degli studenti quando gli
incentivi sono inquadrati come
potenziali perdite, piuttosto che
come guadagni. È interessante
notare che le minacce di licenziamento in IMPACT condividono
questa funzione di «avversione
alla perdita».
I risultati incerti di questi
studi sollevano notevoli dubbi
sull’efficacia di incentivi basati
su compensi come leva per il miglioramento dell’insegnamento. Una possibile spiegazione è
che gli insegnanti tendano già
in partenza a essere altamente
“Il distretto fornisce agli insegnanti
il supporto necessario per aiutarli
a soddisfare le aspettative che
IMPACT impone.
„
motivati, per cui ulteriori incentivi suscitano scarse risposte
comportamentali. Inoltre, può
essere che ai docenti manchi
la volontà (o, eventualmente, la
capacità) di rispondere agli incentivi collegati strettamente
ed esclusivamente ai punteggi
dei test. Notiamo anche che nessuno di questi esperimenti su
piccola scala è stato collocato in
una strategia di ampio respiro
per il reclutamento, lo sviluppo
professionale e il mantenimento di insegnanti efficaci, soprattutto nel lungo periodo.
Come funziona IMPACT
—
Nel contesto attuale, ci sono diversi motivi sostanziali per cui
IMPACT offre un’opportunità
unica di esaminare gli effetti di
47
Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti
I sistemi che si basano esclusivamente sullo stipendio fisso
sono stati quasi universali nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti per oltre mezzo secolo.
Tuttavia,in tutto questo periodo,
ci sono stati frequenti tentativi
statali e locali di mettere a disposizione agli insegnanti incentivi di vario tipo che legano
la retribuzione al merito. Queste includono ricompense per
il rendimento degli studenti (ad
esempio, nei punteggi dei test o
di laurea), per l’acquisizione di
competenze e certificazioni specifiche e per l’assunzione di ulteriori responsabilità professionali, nonché una compensazione
differenziata per gli insegnanti
di soggetti con bisogni speciali nelle scuole difficili. I fautori
degli incentivi agli insegnanti
sostengono che possono portare
a miglioramenti attraverso molteplici canali:
1. fornendo incentivi finanziari agli insegnanti perché si
concentrino maggiormente
e aumentino i loro sforzi;
2. incoraggiando lo sviluppo
di forti capacità di insegnamento;
3. aumentando gli incentivi
agli insegnanti altamente
performanti perché entrino o rimangano nelle scuole
soggette agli incentivi;
4. promuovendo una selezione
virtuosa dei docenti.
Tuttavia, in generale, i programmi di incentivazione degli ultimi cinquanta anni sono
stati di dimensioni modeste e
di breve durata. In un articolo
diventato ormai classico sulla
questione, gli economisti Richard Murnane e David Cohen
(1986) sostengono che il fallimento della maggior parte dei
programmi basati sul merito
per gli insegnanti è radicato in
un fondamentale «problema di
valutazione». Hanno cioè sostenuto che il sostegno a tali
iniziative si sgretola rapidamente perché la natura intrinsecamente «imprecisa» dell’insegnamento efficace rende la
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / IMPACT: la strategia degli incentivi forti
48
un pacchetto robusto di incentivi basati sulle prestazioni. In primo luogo è l’unico programma
che ha introdotto incentivi forti:
sia la minaccia di licenziamento
per gli insegnanti con un basso
rendimento sia incentivi finanziari molto alti per quelli con alte
prestazioni. In secondo luogo,
IMPACT collega gli incentivi a
una misurazione multiforme del
rendimento degli insegnanti, ad
esempio, con norme chiaramente articolate e con fonti diverse di
dati tra cui diverse osservazioni
strutturate in classe, piuttosto
che semplicemente con i punteggi dei test degli studenti. In
terzo luogo IMPACT ha fornito ai
docenti vari tipi di supporto, come tutor per aiutarli a soddisfare
le aspettative richieste. Infine,
“Ogni anno a ogni insegnante è
attribuito un unico punteggio che
riassume le sue prestazioni secondo
diversi fattori.
„
IMPACT non è un progetto pilota
su piccola scala e temporaneo,
ma piuttosto una grande iniziativa su scala nazionale.
Il funzionamento di IMPACT
è relativamente semplice. Alla
fine di ciascun anno accademico ai singoli insegnanti del distretto di Columbia è attribuito
un unico punteggio che riassume le loro prestazioni secondo
diversi fattori. La componente
principale del punteggio complessivo per la maggior parte
degli insegnanti si basa su rigorose osservazioni in classe legate al Teaching and Learning
Framework (TLF). Il TLF specifica i criteri con cui lo Stato definisce l’istruzione efficace in
base a più fattori (la bravura nel
preparare lezioni ben organizzate, la capacità di stimolare la
comprensione degli studenti e
di spiegare i contenuti in modo
chiaro, l’abilità di ottimizzare il
tempo), e struttura una rubrica
di punteggio. Il punteggio TLF
di un insegnante è tipicamente
basato su cinque osservazioni
formali: tre di queste sono fatte
da un amministratore (ad esempio da un dirigente o scolastico
o da un suo assistente) e due da
un “maestro educatore” (vale
a dire da un esperto professionista che viaggia in più scuole
per condurre osservazioni TLF
indipendentemente dagli amministratori). Solo la prima osservazione dell’amministratore
viene preventivamente annunciata agli insegnanti.
Considerare tutte
le variabili
—
Una seconda componente del
punteggio complessivo è basata
sulle prove di rendimento degli
studenti. Più in particolare, questi punteggi includono il calcolo dell’Individual Value Added
(IVA), ossia il contributo stimato
di un insegnante alla crescita
dei suoi studenti.È calcolato solo
per gli insegnanti del Gruppo 1,
quelli per cui è possibile la stima
del valore aggiunto (ad esempio
solo per gli insegnanti di lettura
e di matematica nelle classi che
vanno dalla quarta all’ottava).
L’IVA, quindi, non si applica alla
maggior parte dei docenti, circa
l’83%,per i quali vale invece il Teacher-Assessed Student-Achievement (TAS). All’inizio di ogni
anno accademico,gli insegnanti
scelgono (e gli amministratori
approvano) determinati obiettivi di apprendimento. Alla fine
dell’anno, gli amministratori
giudicano il tasso di successo
nel raggiungimento di questi
obiettivi attarverso una rubrica
che enfatizza l’apprendimento
degli studenti o la padronanza
dei contenuti didattici.
Tutti gli insegnanti sono valutati dai loro amministratori
attraverso una rubrica che misura il loro sostegno alle iniziative della scuola e la partnership
con le famiglie e con i colleghi,
ossia il cosiddetti Commitment
to School Community (CSC). Infine, i dirigenti scolastici valutano il Professionality Core (CP)
di ogni insegnante, vale a dire
la sua presenza, la puntualità e
il rispetto per le politiche e le
procedure scolastiche. La media
ponderata di questi punteggi
costituisce il risultato complessivo di un insegnante.
A loro volta, i punteggi sono
stati suddivisi in quattro categorie valutative della professionalità, che distinguono fra
insegnanti altamente efficaci
(HE) (punteggio di 350 o più),
efficaci (E) (punteggi 250-349),
poco efficaci (ME) (punteggi 175249) e inefficace (I) (sotto 175).
Gli insegnanti inefficaci sono
stati immediatamente licenziati e quelli valutati come poco
efficaci sono stati soggetti a una
minaccia di licenziamento.
Allo stesso tempo, con IMPACTplus, il distretto scolastico di Columbia ha però fornito
premi per gli insegnanti con
prestazioni alte. In particolare,
dal 2009 al 2012, IMPACTplus ha
messo a disposizione un bonus
una tantum per gli insegnanti
che ammonta a 25 000 dollari. Le
dimensioni dei bonus variavano
sulla base del fatto che il docente
insegnasse in una scuola difficile, che l’insegnante facesse
parte del gruppo 1 (ossia, come
già detto, del gruppo che include gli insegnanti cui si applica
la stima del valore aggiunto) e
che il docente insegnasse a soggetti con bisogni speciali. Per la
maggior parte degli insegnanti,
il valore concreto di questo aumento permanente di stipendio
può essere sostanziale.
Tratto da: T. Dee, J. Wyckoff, Incentives, Selection, and Teacher Performance: Evidence from IMPACT,
The National Bureau of Economic Research, ottobre 2013.
Traduzione di Francesca Nicola.
Thomas Dee
insegna educazione a Stanford.
James Wyckoff
insegna politiche educative alla
Università della Virginia.
Premiare i meritevoli
e cacciare i fannulloni
Questo editoriale del «Washington Post», di Joel Klein,
sino al 2011 direttore delle scuole di New York, ha
inaugurato un pubblico dibattito sul ruolo
dei docenti: perché il principio meritocratico
non si applica anche a loro?
49
C
on l’infuriare del dibattito sui sindacati
pubblici e, in particolare,sul loro ruolo nella riforma della scuola qui negli
Stati Uniti, è emersa nei media
un’infelice dicotomia tra gli insegnanti. Da un lato, i sindacati
e molti docenti sostengono che
maestri e professori sono diffamati ingiustamente, che lavorano duramente e in circostanze
difficili e che sono sottopagati.
I critici, invece, affermano che
il nostro sistema educativo non
funziona e che abbiamo bisogno
di insegnanti migliori. Notano
anche che oggi gli insegnanti
hanno tutele sociali inesistenti nel settore privato, come la
pensione a vita, i benefit sanitari
e giornate lavorative brevi. Entrambe le parti hanno ragione.
Insegnare è incredibilmente
difficile, soprattutto quando si
tratta di bambini delle comunità povere che vengono a scuola carichi di problemi enormi.
Molti insegnanti lavorano duramente, si fermano a scuola sin
dopo le sei e continuano a lavorare a casa per preparare lezioni
e compiti in classe.Alcuni ottengono ottimi risultati, anche con
gli studenti più difficili. Sono
veri eroi americani, e dovrebbero essere riconosciuti come tali.
Purtroppo, non lo sono.
D’altra parte, ce ne sono altri
che lavorano con l’orologio, si
fanno vedere un minuto prima
dell’ingresso in aula e lasciano
la scuola un minuto dopo le tre;
quando sono in classe fanno il
minimo indispensabile. Ottengono risultati pessimi con gli
studenti, e se si passa del tempo
nelle loro classi, come ho fatto
io negli ultimi otto anni, è dolorosamente ovvio che appartengono a un’altra categoria di
lavoratori.
Il problema è che la nostra
discussione troppo spesso non
riesce a distinguere tra questi
tipi diversi, trattandoli invece
allo stesso modo. Una posizione,
(o sei a favore o sei contro gli
insegnanti) che non solo falsa
il dibattito pubblico, ma azzera
la possibilità di fare qualcosa
di concreto. Qualsiasi riforma
deve iniziare a riconoscere che
gli insegnanti sono il nostro
bene più importante. Ecco perché abbiamo bisogno di trattare
l’insegnamento come una professione, sostenendone l’eccellenza, lottando per il suo miglioramento continuo e liberandolo
dai non professionisti.
Ahimè, non facciamo niente di tutto questo. Che siano
scrupolosi o meno, che lavorino in scuole problematiche o
in scuole prestigiose, gli inse-
gnanti americani sono trattati
esattamente allo stesso modo:
vengono pagati ogni anno un
po’ di più semplicemente per il
principio di anzianità.
Consideriamo le lotte per il
licenziamento degli insegnanti. In molti Stati dell’Unione, in
caso di esubero è obbligatorio licenziare i docenti sulla base del
principio di anzianità inversa: i
più vecchi rimangono mentre i
giovani sono fuori.Questo è folle.
Conoscete qualcuno che direbbe
«voglio il chirurgo più anziano»
piuttosto che «voglio il miglior
chirurgo»? Certo, l’esperienza
conta. Ecco perché, nel baseball,
la recluta dell’anno non è quasi
mai il giocatore più prezioso. Ma
è comunque migliore di molti
“Come direttore del Dipartimento
dell’Educazione di New York, la cosa
che mi ha scioccato di più è stata
che l’intero sistema evita distinzioni
in base al merito.
„
giocatori veterani, cosa di cui
ogni squadra tiene conto al momento di decidere la sua rosa.
Dal giorno in cui sono diventato direttore del Dipartimento
dell’Educazione della città di
New York, la cosa che mi ha
scioccato di più è stata che l’intero sistema evita distinzioni
Dossier / Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni
di Joel Klein
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / Premiare i meritevoli e cacciare i fannulloni
50
↑
Da Il potere
della parola,
2007, diretto
e interpretato
da Denzel
Washington.
in base al merito. I sindacati, in
particolare, hanno ben capito
che una volta che cominciamo
a differenziare in base al merito,
le persone si abituano a queste
differenze e ne tengono conto.
Nessuno vuole che un insegnante con un basso rendimento insegni al proprio figlio.
I critici sostengono che non
si può ragionevolmente valutare
la prestazione degli insegnanti,
e che dunque l’attuale sistema
organizzato in ranghi di anzianità è comunque il migliore.
Questo è ridicolo. Chi non pensa che alcuni suoi maestri sono
stati fantastici e altri terribili?
Anche se è vero che non ci
sono sistemi di valutazione
perfetti, tuttavia un sistema ragionevole e basato sul merito
è realizzabile. In primo luogo,
dovremmo guardare i progressi degli studenti che ogni insegnante ottiene confrontando
gli insegnanti che affrontano le
stesse sfide, ad esempio, quelli
che partono con bambini con
basso rendimento dovrebbero
essere confrontati solo con insegnanti nelle stesse condizioni. Molti ricercatori hanno fatto
proprio questo e hanno trovato
grandi differenze nei risultati.
Potrebbero anche essere applicati altri metodi più tradizionali, come l’adozione di una serie di criteri che possono essere
condivisi dai presidi e/o dagli
insegnanti più esperti. Potremmo prendere in considerazione
meriti come i contributi di un
insegnante alla comunità scolastica, ad esempio il rimanere
fino a tardi a scuola per allenare
una squadra di matematica.
Quali che siano i criteri, il
punto chiave è che dobbiamo
valutare, distinguere e fare derivare da tali distinzioni alcune
conseguenze. Facciamo agli insegnanti un enorme sfavore perpetuando il mito che non siamo
in grado di valutare la loro prestazione e che, di conseguenza,
né la loro eccellenza, né la loro
scarsa professionalità hanno un
peso. Gli insegnanti sono troppo
importanti per i nostri studenti e per il futuro del Paese per
considerarli ingranaggi intercambiabili.
Tratto da: J.Klein,What the school
reform misses about teachers, pubblicato l’11 marzo 2011 sul «The
Washington Post».
Traduzione di Francesca Nicola.
Joel Klein
è stato fino al 2011 direttore del
Dipartimento dell’Educazione della
città di New York, il più grande
degli Stati Uniti (serve più di un
milione di studenti distribuiti in
1660 scuole). È considerato una
delle persone più influenti nelle
politiche educative americane.
Rendere
l’insegnamento
sempre più difficile
Le esperienze dicono che il rendimento
dei professori non cresce valutandone
i risultati, ma modificando radicalmente
l’addestramento e la loro carriera.
51
L’
ex direttore delle
scuole di New York
Joel Klein ha scritto un editoriale sul
«Washington Post» in cui, giustamente, ci esorta a fare tutto
quello che serve per rafforzare
a lungo termine la professione
insegnante. La sua ricetta per
farlo, però, rivela fino a che punto sono state mal diagnosticati
sia il problema sia la soluzione.
Klein parte con il constatare come gli insegnanti siano
diventati «ingiustamente diffamati» nelle conversazioni in
corso sulla riforma dell’istruzione, e poi, dopo aver celebrato
quei pochi docenti valorosi che
definisce «eroi americani», dedica il resto dell’articolo a criticare quelli che fanno il minimo
indispensabile. Secondo Klein
il problema è «distinguere tra
questi tipi di insegnanti», non
trattarli allo stesso modo.
Voglio ribattere che il problema, più in generale, sta nel parlare di qualsiasi professione in
termini binari. Per essere chiari:
ci sono insegnanti che lavorano
guardando l’orologio. Li ho visti
con i miei occhi, e ho lavorato
con loro, con mille frustrazioni.
Sono una minoranza, come lo
sono gli insegnanti eroici. Qual-
siasi riforma scolastica, quindi,
ha bisogno di focalizzarsi meno
su questi stereotipi e più sulla
stragrande maggioranza delle
persone che insegnano, quelle
che potrebbero, con gli aiuti e
con le misure giuste, diventare
educatori migliori ma che invece lottano per rimanere a galla e
che spesso cambiano professione, stufi e scoraggiati.
Purtroppo Klein, da questo
punto di vista, manca l’obbiettivo. Non una volta il suo articolo menziona il nodo principale
della scuola: il processo di apprendimento. Piuttosto, Klein
si lamenta (a ragione) di aspetti
concreti del diritto del lavoro,
suggerendo (a torto) che tutto
ciò di cui abbiamo bisogno è un
sistema che «guarda a quanti
progressi gli insegnanti ottengono dai loro studenti».
Capisco la motivazione che lo
muove, ed è certamente attraente immaginare un processo
lineare e ordinato con cui misurare quanto gli adulti sono stati
in grado di insegnare. Ma, semplicemente, tutto questo non è
possibile. Su questo punto voglio
essere chiaro: ripensare il modo in cui valutiamo e diamo un
feedback agli insegnanti è parte
essenziale di qualsiasi riforma
a lungo termine, e ha senso che
una parte di tali valutazioni siano estrapolate a partire dalle
valutazioni degli studenti, siano
esse quantitative o qualitative.
Farlo bene, tuttavia, richiede
una comprensione molto più
profonda del continuum non lineare e individuale lungo cui si
dipana il rapporto fra insegnamento e apprendimento. Come
il signor Klein ha ribadito più
volte, si tratta di un mondo con
il quale egli stesso ha avuto poca interazione diretta, e verso
cui sembra aver sviluppato uno
scarso interesse.
In poche parole, i risultati
degli studenti, così come siamo arrivati a definirli, possono
o non possono significare un
“
È necessaria una comprensione
molto più profonda del continuum
non lineare e individuale lungo cui si
dipana il rapporto fra insegnamento
e apprendimento.
„
apprendimento effettivo. E l’eccellenza degli insegnanti, così
come Klein propone di definirla,
farebbe poco più che rafforzare
l’attuale, miope, sistema di valutazione dei docenti. Possiamo,
e dobbiamo, fare di meglio.
Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile
di Sam Chaltain
Un sistema equo e adeguato
deve affrontare la risorsa più
fondamentale di tutte, ossia la
preparazione degli educatori,
prima di tutto predisponendo
“
Se ci si aspetta che gli studenti
raggiungano standard più elevati,
anche gli educatori devono
rispettare standard più elevati.
„
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile
52
un apparato ben congegniato
che assicuri alta qualità e un
miglioramento della preparazione, garantendo anche che insegnanti ben addestrati siano a
disposizione di tutti gli studenti
in tutte le comunità del Paese.
Se ci si aspetta dagli studenti che raggiungano standard
più elevati, è ovvio che anche
gli educatori devono rispettare standard più elevati. Devono
saper insegnare in modi che
permettono ai ragazzi di padroneggiare contenuti impegnativi
e sono tenuti a rispondere alle
esigenze specifiche dei diversi
studenti, compresi quelli con
bisogni educativi speciali.
Studenti e famiglie come
capri espiatori
—
Investire in educatori qualificati è anche fondamentale per
l’innovazione delle scuole locali.
Se a queste va data fiducia su
varie questioni educative, insegnanti e dirigenti scolastici
devono essere profondamente
aggiornati sui processi di insegnamento e di apprendimento,
sul curriculum e sul miglioramento della scuola. Quando il
pubblico manca di fiducia verso
la professionalità degli educatori, tendenzialmente i legislatori aumentano le restrizioni
burocratiche che, in un circolo
vizioso, riducono, invece di aumentare l’efficacia della scuola.
La nostra incapacità di garantire che tutti gli educatori
abbiano la preparazione e i supporti di cui necessitano ha progressivamente soffocato la voce
degli insegnanti su come i nostri
figli dovrebbero essere educati.
Dal cosa insegnare ai bambini
a quali debbano essere le regole
per la loro promozione, abbiamo
delegato sempre più decisioni
alle autorità centralizzate.Il problema delle soluzioni burocratiche, però, è che i bambini non
sono standardizzati e quindi le
pratiche concrete non possono
essere ridotte a routine.Per essere
efficaci, gli insegnanti devono
sapere adattarsi alle esigenze
individuali degli studenti.
Per ironia della sorte, le politiche prescrittive create in nome
della responsabilità pubblica
possono ridurre la reattività di
una scuola verso le esigenze dei
suoi studenti e verso i desideri
dei loro genitori. Gli studenti e
le famiglie diventano così i capri
espiatori del fallimento scolastico, dal momento che nessuna
persona si assume la responsabilità dell’impatto collettivo che
il sistema ha sulle possibilità di
apprendimento degli allievi.
A differenza delle nazioni che
hanno ottimi risultati scolastici,
gli Stati Uniti lasciano la preparazione dei buoni insegnanti al
caso, senza un approccio sistematico al loro reclutamento, alla
loro preparazione, valutazione,
sviluppo, o mantenimento nella
professione. Di conseguenza, con
pochi aiuti governativi per la loro
preparazione e la loro supervisione, gli insegnanti americani
entrano con livelli di formazione drammaticamente diversi:
quelli meno preparati insegnano
ai bambini più vulnerabili. Hanno stipendi nettamente diversi:
quelli che insegnano agli studenti più bisognosi guadagnano
il minimo. Vivono in condizioni
radicalmente diverse: quelli delle
comunità più ricche beneficiano
di piccole classi e di condizioni di
lavoro favorevoli, mentre quelli
nelle comunità più povere spesso
insegnano in grandi classi senza
libri, materiale didattico e supporti necessari. Solo pochi godono di un mentoring o un coaching,
ossia di supervisione e aiuto da
parte di docenti esperti.
In molti Stati, le scuole che servono gli studenti con maggiori
bisogni devono fronteggiare un
continuo turnover di insegnanti,che mina sia l’apprendimento
degli studenti sia il progresso
della scuola nel complesso, contribuendo al fallimento a lungo
termine di entrambi.
Nel frattempo, negli ultimi
due decenni, le nazioni con
i migliori risultati scolastici,
che raramente sperimentano una carenza di insegnanti,
hanno fatto notevoli investimenti nella formazione docente e nella distribuzione equa
degli insegnanti. Questi Paesi
abitualmente preparano i loro
insegnanti più a lungo, li pagano bene in relazione a lavori concorrenti, e danno loro il
tempo necessario per imparare
la professione. Distribuiscono
inoltre gli insegnanti, in modo
che quelli ben preparati siano
presenti ovunque. Offrendo stipendi equi, e, talvolta, incentivi per le posizioni più difficili,
questi Paesi garantiscono una
formazione di alta qualità per
tutti i candidati, completamente a spese del governo,con almeno un anno di pratica didattica
in una scuola collegata all’università; la supervisione di insegnanti esperti per tutti i principianti nei loro primi anni di
insegnamento, da associare ad
altri aiuti,come un carico didattico ridotto e la pianificazione
condivisa; stipendi equi (spesso
con retribuzioni aggiuntive per
le posizioni difficili) e competitivi con altre professioni, quali ad esempio l’ingegneria; un
apprendimento professionale
continuo lungo un periodo che
va dalle 15 alle 25 ore settimanali di programmazione.
Mentre ci preoccupiamo di
garantire la formazione dei medici, degli ingegneri e di tecnici,
ignoriamo l’importanza della
preparazione e della distribuzione equa a livello nazionale degli
insegnanti, i quali educheranno
i lavoratori altamente qualificati
e i cittadini attenti del futuro.
Distribuire gli insegnati
bravi nelle aree difficili
—
da condizioni specifiche: presidi che siano anche forti leader
didattici; colleghi impegnati;
condizioni favorevoli come classi con un numero ragionevole di
ragazzi, materiali e attrezzature
sufficienti, tempo per la collaborazione, possibilità di avere
una voce in capitolo nelle varie decisioni didattiche e infine
un’adeguata retribuzione.
Retribuzioni speciali per
professori speciali
—
Le retribuzioni ad hoc per premiare l’impegno di insegnanti
disposti ad affrontare queste
sfide dovrebbero fare parte del
pacchetto,ma insieme alle altre
condizioni menzionate, perché
gli insegnanti sono motivati
soprattutto dal lavorare in ambienti in cui sono messi nella
condizione di star bene con gli
studenti, che è poi la vera ragione per cui hanno scelto quella
professione.
Con una spesa annuale di 500
milioni di dollari si potrebbero
dare come premio 10 000 dollari
annuali a 100 000 insegnanti,
reclutandoli nelle scuole ad alta
necessità come mentori e tutor.
Diversi studi dimostrano che insegnanti pienamente preparati
53
Ancora da Il
potere della
parola, 2007,
diretto da Denzel
Washington.
↓
Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile
Gli insegnanti non solo hanno
bisogno di una conoscenza profonda e flessibile dei contenuti
che insegnano,ma devono anche
essere addestrati comprendere
come gli allievi imparano in fasi
diverse, in modo da poter creare
un curriculum produttivo che si
basi su un andamento conoscitivo progressivo; come adattare
l’istruzione alle esigenze degli
studenti con bisogni speciali;
come identificare e modellare le
pratiche didattiche più consone
per i sempre più numerosi studenti bilingue; come valutare
l’apprendimento continuo in
modo da identificare i bisogni
degli studenti e rispondere con
strategie di insegnamento efficaci; come lavorare insieme ai
genitori e ai colleghi per costruire programmi scolastici efficaci.
La lezione che abbiamo imparato quasi mezzo secolo fa è
ancora valida: siamo in grado di
produrre un impegno nazionale
per avere docenti di alta qualità. La leadership federale nel
garantire un adeguato apporto
di maestri qualificati è essenziale, come lo è stata nel fornire
un adeguato numero di medici,
nello sviluppare ospedali legati
alle università e nel migliorare
l’istruzione medica per più di
40 anni.
In particolare, il governo federale dovrebbe creare incentivi
per l’assunzione di insegnanti
in aree e posizioni ad alta necessità. Gli Stati Uniti dovrebbero,
come minimo, fornire borse di
studio che finanzino gli insegnanti che accettano di lavorare
in aree difficili e in scuole a basso reddito per almeno quattro
anni, ossia nel periodo critico
in cui statisticamente la maggior parte decide di continuare
a insegnare o di abbandonare la
professione.
Coloro che si preparano a insegnare matematica, scienze,
che si occuperanno di BES o che
sono in grado di fare lezione da
bilingui dovrebbero essere preparati completamente a spese
del governo attraverso programmi di alta qualità, operazione
che costerebbe circa 800 milioni
di dollari all’anno.
Inoltre, dovrebbero essere
messi in atto alcuni incentivi
per attirare verso queste scuole
il maggior numero possibile di
insegnanti esperti, che possano
servire come mentori. Un afflusso che dovrebbe essere stimolato
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile
54
↑
Da Il potere della
parola, 2007,
diretto da Denzel
Washington.
nel momento in cui entrano per
la prima volta in aula rimangono nella professione più a lungo
e sono più efficaci nel promuovere l’apprendimento. Tuttavia
la qualità sia delle scuole tradizionali di formazione sia dei
programmi alternativi è molto
variabile. Mentre ci sono alcuni programmi di formazione di
straordinaria efficacia, non vi è
alcun processo sistematico che
garantisca la qualità della formazione nel suo complesso. È una
missione che dovrebbe essere
intrapresa il più in fretta possibile attraverso sovvenzioni e incentivi alle scuole di formazione.
Gli investimenti dovrebbero
concentrarsi sulla creazione di
scuole di sviluppo professionale
che, come gli ospedali universitari nel campo della medicina,
collaborino con le università
per offrire contesti di apprendimento di alta qualità per i bambini, i futuri insegnanti, e gli
insegnanti più esperti. Queste
partnership scuola-università,
tenendo corsi sull’insegnamento e l’apprendimento che sono
strettamente integrati con la
pratica clinica, creerebbero l’opportunità per coloro che accedono alla professione di apprendere le migliori pratiche didattiche
e di sviluppare le loro capacità
sotto l’ala di esperti. Una dotazione complessiva di 300 milioni di dollari consentirebbe
di migliorare sensibilmente la
qualità della formazione didattica statunitense.
Questi programmi sono particolarmente necessari proprio
nelle comunità dove spesso sono meno disponibili, ossia nelle
aree difficili del Paese. Invece di
dare ai più bisognosi insegnanti
con una formazione minima,
il governo federale dovrebbe
investire in programmi di insegnamento di alta qualità per
i candidati che si impegnano
in questi distretti. Come sperimentato in città come Chicago,
Boston e Denver, i futuri maestri
e professori partecipano alle lezioni di docenti esperti per un
anno intero, e in questo anno
ricevono uno stipendio, mentre
completano i lavori legati alla
abilitazione docente e mentre
conseguono un master presso
l’università partner. In quell’anno i futuri insegnanti imparano
a insegnare, e ripagano questo
investimento impegnandosi a
lavorare per quattro o cinque
anni nelle scuole del quartiere.
Varie ricerche dimostrano che
oltre il 90 % dei laureati di questi
programmi continua a insegnare nei distretti dove sono stati
addestrati.
Un risultato aggiuntivo è che
i futuri insegnanti vengono in
questo modo aiutati a integrarsi
perfettamente negli ambienti in
cui probabilmente lavoreranno
nei primi anni, ma non con l’ottica di sopravvivere, quanto di
crescere e di diventare leader in
distretti dove la loro esperienza
è necessaria.I costi di una iniziativa di questo tipo sarebbero modesti. Per creare 100 programmi
situati nelle più grandi città
degli Stati Uniti, ad esempio assegnando 1 milione di dollari a
ogni programma per ciascuno
dei cinque anni, il costo annuale
sarebbe solo di circa 100 milioni
di dollari.
Basare la formazione
sulla prestazione
—
Gli investimenti federali dovrebbero anche includere il supporto
per lo sviluppo e l’attuazione di
un sistema di valutazione delle
prestazioni degli insegnanti che
giudichi se questi sono pronti
per insegnare. Diversi Stati, tra
cui il Connecticut e la California,
hanno incluso nella didattica
valutazioni della performance nel
Creare una West Point
dei professori
—
Uno studio recente sulle scuole
che funzionano bene seppure
in aree svantaggiate degli Stati
Uniti ha osservato che tali scuole enfatizzano la collaborazione
degli insegnanti e la collegialità
nella risoluzione di problemi.
Gli insegnanti lavorano insieme
per diagnosticare le esigenze di
apprendimento degli studenti
attraverso valutazioni formative, adattando l’istruzione per
soddisfare queste esigenze e sostenendosi a vicenda per migliorare le pratiche didattiche.
Se vogliamo migliorare la
qualità dell’apprendimento abbiamo bisogno di creare incentivi per il ripensamento degli orari scolastici, in modo da fornire
il tempo necessario perché tale
collaborazione avvenga. Il modo
in cui attualmente è pensata e
strutturata la professione degli
insegnanti pone questi ultimi in
aule sovraffollate, richiede loro
di fare la stessa cosa per trenta anni, con poche opportunità di condividere con i colleghi
ciò che sanno. Questi sistemi
creano percorsi di carriera che
forniscono agli insegnanti poca
influenza nelle decisioni principali dell’istruzione, e chiedono
loro di abbandonare l’aula se vogliono maggiore responsabilità
o stipendi sostanzialmente più
alti.Il messaggio è chiaro: chi lavora con i bambini ha uno status
lavorativo più basso.
Abbiamo bisogno di un continuum di carriera diverso, che
ponga l’insegnamento al primo
posto e che crei avanzamenti tali
da supportare i più esperti. Bisogna gratificare gli insegnanti
per l’acquisizione di conoscenze
supplementari che vanno incontro alle esigenze degli studenti e
per la disponibilità ad assumersi
incarichi di tutoraggio. Diverse
ricerche hanno stabilito che la
qualità del dirigente scolastico,
in particolare la misura in cui
si impegna in pratiche di leadership, è il fattore determinante di
un ambiente di apprendimento
sano, subito dopo la qualità degli
insegnanti. Inoltre, il più importante fattore determinante della
permanenza degli insegnanti
in una scuola è la qualità del
supporto amministrativo che
ricevono dal loro dirigente. In
breve, i presidi creano le condizioni che favoriscono o minano
la qualità dell’insegnamento,
costruiscono o distrugguno la
cultura della scuola che permette agli insegnanti e agli studenti
di avere successo.
Le crescenti difficoltà dei
presidi sono un’espressione sia
delle crescente complessità del
loro lavoro, sia della mancanza di programmi di formazione
che consentano loro di prepararsi alle sfide che devono affrontare. Mentre abbiamo una
conoscenza sempre più approfondita delle caratteristiche e
delle competenze che rendono i
presidi efficaci, compreso il loro
forte background come insegnan-
ti esperti sia di bambini che di
adulti, nella maggior parte delle
comunità mancano strategie
esplicite per identificare gli insegnanti di talento e per aiutarli a coltivare le loro capacità di
leadership.
Un’importante iniziativa federale dovrebbe essere quella
di promuovere programmi di
“La qualità del dirigente scolastico
è il fattore determinante di un
ambiente di apprendimento sano. „
leadership che offrono la formazione su come sostenere il
miglioramento didattico, come
organizzare scuole produttive,
e come guidare il cambiamento,
prevedendo anche uno stage a
tempo pieno sotto l’ala di dirigenti di scuole di successo.
Una media di 100 presidi di
alto livello potrebbe essere addestrata nei programmi statali
ogni anno al costo di 300 milioni
di dollari, fornendo un capitale
umano addestrato per condurre
le riforme che sono essenziali.
E il governo federale dovrebbe
mettere da parte 100 milioni di
dollari per creare una Accademia della leadership, una sorta
di “West Point” per lo sviluppo
di competenze sofisticate tra i
dirigenti scolastici più capaci,
in modo che possano affrontare
con sicurezza la sfida di trasformare le scuole di questa nazione.
Tratto da: S. Chaltain, What Joel
Klein Doesn’t Understand About
Teaching — and What We Should
Do Instead, pubblicato il 14 marzo 2011 sul suo blog Democracy,
Learning, Voice.
Traduzione di Francesca Nicola.
Sam Chaltain
è esperto di politiche scolastiche.
È stato direttore del Forum for
Education and Democracy.
Scrive regolarmente per il
«Washington Post» e collabora
con la CNN.
55
Dossier / Rendere l’insegnamento sempre più difficile
processo di abilitazione all’insegnamento. Ma la maggior parte
degli Stati continua a usare test
che misurano le competenze didattiche di base e la conoscenza
della materia, che non coincidono necessariamente con la
capacità di insegnare.
Il sostegno federale per lo sviluppo di un sistema nazionale
di valutazione delle prestazioni
docenti non fornirebbe solo uno
strumento utile per l’accountability, ma faciliterebbe anche la
mobilità degli insegnanti tra gli
Stati, creando una sorta di licenza mobile. Dovrebbe essere
sviluppato un sistema di valutazione degli insegnanti basato
sulle prestazioni, che fornisca
informazioni sull’efficacia docente sia misurando le pratiche
didattiche concrete attraverso
osservazioni in classe da parte di
docenti esperti o supervisori, sia
raccogliendo sistematicamente
dati sulla capacità di pianificazione del docente, sul suo modo
di comunicare con i colleghi e i
genitori degli allievi.
56
Valutazione:
un lungo
percorso
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
SCUOLA
Da ricercatore nel campo
della valutazione a insegnante
e poi dirigente; dalle reti
autonome di scuole a INVALSI:
Raimondo Bolletta è stato
valutatore e valutato, testimone
e fautore del processo di
costruzione del sistema
di valutazione.
di Raimondo Bolletta
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
L
e mie riflessioni si basano su un
percorso professionale che risale
ai primi anni Ottanta, durante i
quali, al Centro Europeo dell’Educazione e sotto la direzione di Aldo
Visalberghi e di Mario Gattullo,
nell’ambito del dottorato di ricerca incominciai
a occuparmi di test oggettivi per la valutazione
di sistema. Sulla base di un test oggettivo di matematica costruito e validato seguendo le metodologie delle ricerche IEA, pubblicai nel 1988 un
rapporto sull’attuazione dei nuovi programmi di
matematica di scuola media. Tornato all’insegnamento nella scuola secondaria, nel 1990, iniziai a
collaborare con il Provveditorato di Bergamo nel
progetto STRESA e successivamente con il progetto
AVIMES di Torino. Si è trattato di un’avventura più
che decennale, in cui reti di scuole autonome alla
ricerca di strumenti per il miglioramento si sono
cimentate nella costruzione e nella validazione di
questionari, test e protocolli di osservazione. Dal
1994 al 2007 ho lavorato all’INVALSI e dal 2007 sono
tornato a scuola come dirigente scolastico. Così, da
soggetto sono diventato oggetto della valutazione,
Adrien Brody supplente di lettere in una scuola della periferia
americana ne Il distacco, 2011, diretto da Tony Kaye.
57
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
58
come dirigente e come scuola. Dal 2011
sono in quiescenza e il mio punto di vista
sulla questione è ulteriormente cambiato.
Perché questa premessa? Quando si
riflette e si osservano le proprie idee e
la realtà come in uno specchio, è importante la prospettiva in cui ci si pone per
capire e giudicare. Inoltre è fondamentale collocare tali
“Ci troviamo in una
riflessioni in una
prospettiva storinuova fase in cui vi è
ca, poiché i procesun’accelerazione che
si di cui parliamo
coglie i protagonisti della
evolvono molto
vicenda scolastica spesso
rapidamente se
impreparati, per cui molti
li esaminiamo su
una scala almeno
sono propensi a
decennale. Ciò, ovreagire negativamente.„
viamente, vale sia
se si legge un articolo sia se si “legge” e si
valuta una singola scuola.
Ci troviamo in una nuova fase in cui vi è
un’accelerazione che coglie i protagonisti
della vicenda scolastica spesso impreparati, per cui molti sono propensi a reagire
negativamente.
Se penso al RAV, se rifletto su questa
fase, direi quasi storica, devo situarmi e
specificare da quale punto di vista osservo. Se sono un docente, potrei vedere nel
RAV la possibilità di valutare il dirigente
scolastico; se sono un DS, il RAV è una
nuova incombenza impegnativa di cui
non è chiaro ancora il ritorno operativo
sulla mia scuola; se parlo come genitore,
mi chiedo quali spazi posso avere per far
pesare la mia soddisfazione come utente;
se sono un genitore,posso sperare di avere
informazioni utili per scegliere bene la
scuola di mio figlio, se sono uno studente,
posso dir poco perché non l’ho capito e
non so se mi servirà; se sono un amministratore, spero di avere un nuovo strumento per governare meglio un sistema
che oscilla tra l’inerzia e l’ingovernabilità.
La pluralità di interessi e di punti di
vista rispetto alla valutazione scolastica
e alle scuole ha animato in questi anni
un dibattito che riflette rispettabili teorie pedagogiche e metodologie di ricerca
spesso opposte.
Occorre, però, ricordare che il dibattito
sulla valutazione nella scuola è stato segnato da almeno tre momenti:
• anni Settanta: introduzione di metodi
di accertamento del profitto scolastico più scientifici e affidabili per rispondere al disagio della popolazione
studentesca che contestava metodi
didattici e valutativi troppo vecchi;
• anni Novanta: necessità di dare efficienza al sistema scolastico visto
come fattore di sviluppo, ma anche
come notevole costo in economie che
cominciavano a decelerare.
• dal 2011: emergenza economica e necessità di ridare efficienza e produttività del sistema scolastico.
È del 2011 la lettera di intenti della BCE e
della commissione di Bruxelles che chiedeva all’Italia di intervenire sulla produttività del sistema scolastico all’interno di
una lista di riforme economiche ritenute
necessarie per superare la crisi finanziaria di allora. Ora risentiamo di quella
tempesta non ancora placata e risolta.
È forse utile ricordare i poli della discussione di questi anni, poiché la consapevolezza aiuta a sciogliere i problemi
tuttora aperti.
Valutazione di istituto
e valutazione di sistema
—
Per anni l’autovalutazione di istituto è
stata proposta come una soluzione antitetica alla valutazione di sistema. Nel
dibattito degli anni Novanta sull’attuazione dell’autonomia si ritenne che le
scuole autonome potessero autoregolarsi,
essere capaci di pianificare, controllare,
monitorare, valutare i processi più utili
per raggiungere gli obiettivi comuni fissati dallo Stato centrale o dalle regioni.
Nell’ambito della riforma Bassanini, che
prevedeva un diffuso sistema di valutazione dell’efficienza amministrativa
delle varie articolazioni con cui si andava
costituendo la Repubblica, viene però
sottolineata una riserva posta dal D.L.vo
30/7/1999 n.286, secondo cui «le verifiche
dell’efficienza, efficacia ed economicità
dell’azione amministrativa non si applicano alla attività didattica del personale
della scuola». Poco dopo la C.M. 21/12/1999
N. 312 fissava i «Criteri e procedure per la
valutazione dei capi di istituto».
Questo imprinting ha segnato il
dibattito sulle attività di valutazione
portate avanti dall’INVALSI a livello
di sistema: da un lato la diffidenza dei
docenti per i quali attraverso i test INVALSI si poteva violare quella riserva
promessa dal decreto 286, e dall’altro
la resistenza dei dirigenti scolastici a
farsi valutare sui risultati della propria
scuola se non avevano la possibilità di
scegliere e valutare i docenti.
59
Ma questo dibattito aveva anche dei risvolti propriamente metodologici: una
valutazione di sistema centralizzata richiedeva necessariamente l’uso di strumenti di accertamento di tipo oggettivo,
mentre l’autovalutazione di istituto consente approcci più qualitativi, più legati
alla soggettività dell’osservatore di cui
interessano la percezione, l’opinione o la
soddisfazione.
Le stesse scale utilizzate dovevano essere di tipo quantitativo, addirittura con
una metrica condivisa, mentre nell’autovalutazione erano possibili scale qualitative o spesso descrizioni e “racconti”
propri di profili di sistemi complessi.
Si contrapponeva l’approccio analitico
a quello globale e olistico. Proseguendo
nell’elenco di queste contrapposizioni,
ricordo che c’erano coloro che preferivano l’accertamento degli apprendimenti,
mentre altri centravano l’attenzione sul
clima o sulla qualità dei processi.
Il RAV, che prende avvio in tutte le
scuole in quest’anno scolastico, riassume
al suo interno queste antinomie, questo
dibattito; cerca di sommare e sintetizzare tutto, raccogliendo e rappresentando
quanto più possibile informazioni affidabili sulle singole scuole.
Il fatto che la griglia immaginata dal
RAV abbia per il momento dei buchi, delle
variabili che non sono ancora determinabili con dati di sistema, mostra che non ci
troviamo a un punto di arrivo, ma a una
tappa obbligata di un percorso ancora
piuttosto lungo. Il RAV dovrà essere integrato con strumenti di indagine specifici
che le singole scuole potranno adottare e
utilizzare secondo scelte di cui assumono
la diretta responsabilità.Questa è una delle sfide che lo stesso RAV lancia alle scuole
autonome per verificare la loro capacità di
autorappresentazione. Ma non è ancora
chiarissimo se questo strumento sarà
utilizzato, e in che forma, in processi di
valutazione esterna da parte di ispettori
o di esperti del proprio contesto di appartenenza. Questa è un’altra antinomia
presente nell’operazione: valutazione
esterna versus valutazione interna.
Ma veniamo alla questione forse più
radicale: misurazione versus valutazione.
Non si tratta di una contraddizione, ma
nel senso comune più diffuso permane
una certa confusione. Sono in realtà due
momenti della stessa procedura conoscitiva che ci serve per governare un processo complesso come quello della vita
di una scuola.
Il RAV forse risente di questa difficoltà
legata al momento della misura e a quello
della valutazione: raccogliere dati affidabili è sufficiente! È sufficiente per giudicare se una scuola è una Buona scuola?
Sarà possibile stilare una graduatoria di
scuole? Quali scuole andranno premiate?
Su quali intervenire con eventuali sanzioni? Si valuta per
decidere, ma ogni
“Una cultura della
decisione è un tavalutazione non può
glio a volte doloprescindere dalla
roso. Come dalla
consapevolezza dei criteri
conoscenza di fatti
che usiamo nel giudicare
si possa passare al
giudizio valutativo
i fatti: per giudicare bene
rimane incerto. Il
occorrono dati abbastanza
lavoro sul campo di
precisi e criteri espliciti e
questi anni, a Bercondivisibili.„
gamo e a Torino,
ha dimostrato che
una cultura della valutazione non può prescindere dalla consapevolezza dei criteri
che usiamo nel giudicare i fatti, e che per
giudicare bene occorrono dati abbastanza
precisi e criteri espliciti e condivisibili.
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
↑
Valerio
Mastandrea
maestro
d’italiano
di studenti
extracomunitari
in La mia classe
di Daniele
Gaglianone, del
2014.
flessibilità
clima
Relazioni
umane
crescita
Sistema
aperto
chiusura
apertura
Razionale
per obiettivi
Processi
interni
controllo
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
60
controllo
efficacia
Figura 1. Il modello di Quinn e Rohrbaugh.
Il valore della comparazione
—
Nello STRESA e nell’AVIMES la ricerca
della precisione del dato comportava una
cura attenta nella costruzione degli strumenti di rilevazione e successivamente una chiara assunzione dei criteri di
giudizio. In genere, nell’accertamento
degli apprendimenti, ma anche nella
rilevazione del gradimento e delle percezioni soggettive, la chiave interpretativa per valutare era la comparazione tra
un grande numero di casi singoli, vuoi
studenti, vuoi scuole. L’autovalutazione
non si poteva fare isolatamente ma era il
risultato di una comparazione sincronica
o diacronica tra le scuole delle reti.
Va detto che la comparazione non avveniva quasi mai attraverso la posizione in
una graduatoria unidimensionale,ma veniva effettuata raffrontando profili multidimensionali per cui ciascuna scuola
era stimolata a interpretare punti di forza
e di debolezza su cui intervenire con azioni di miglioramento.Va detto che il lavoro
pluriennale in rete, la costituzione di una
comunità allargata che condivideva la
gestione dei progetti di valutazione consentiva di verificare in itinere i risultati
raffrontati con l’immagine sociale di cui
ciascuna scuola godeva. Le sorprese o le
conferme erano l’esito più immediato di
riflessioni comuni e collegiali.
Il lavoro di quegli anni ha prodotto
due volumi collettanei che hanno socializzato in contesti più ampi una cultura
fatta di riflessione teorica, di produzione
di strumenti, di condivisione di risultati.
I due volumi documentano quanto ricca
e approfondita possa essere l’elaborazione di una comunità di scuole aperte alle
competenze specialistiche e alla ricerca
accademica. Il modello derivato dalle ricerche sulla school effectiveness, che ispira
fortemente anche la struttura del RAV, ha
consentito di procedere con sistematicità
nello studio dei fattori più promettenti
per il miglioramento.
L’adozione del modello di Quinn e
Rohrbaugh soprattutto nei questionari
sulla cultura identitaria degli istituti ci
ha mostrato come una scuola di qualità
corrisponda a un sistema di valori, a una
pluralità di interessi, a un equilibrio di richieste a volte antitetiche non riducibile
a una scala unidimensionale.
Tale modello considera due dimensioni
che possono caratterizzare un qualsiasi
sistema organizzativo, un qualsiasi sistema vivente soggetto a svilupparsi, a
sopravvivere o a morire. La prima dimensione concerne il grado di apertura verso
l’ambiente esterno. Ci sono sistemi chiusi
che scambiano poco con l’esterno e altri,
invece, che sono molto permeabili e scambiano risorse e prodotti con l’ambiente in
cui operano. L’altra dimensione concerne
il tipo di regolazione interna, il grado di
controllo dei processi interni, il grado di
flessibilità e di variazioni consentite nelle
procedure interne. Il grafico assume le
due dimensioni come assi di un piano e
individua quattro quadranti che, in gradi
variabili rispetto alla distanza dal punto
centrale, si caratterizzano e si differenziano.
Se applichiamo il modello alla vita di
una scuola possiamo individuare quattro tipologie di conduzione organizzativa: una scuola chiusa verso l’esterno ma
molto flessibile all’interno privilegia la
qualità delle relazioni umane e assume
Relazioni umane
0.7
0.5
0.3
0.1
-0.2
-0.4
-0.6
-0.8
Processi interni
Sistema aperto
Obiettivi razionali
315|1
ALTRI
MEDIA
61
Figura 2. Profili di istituto rispetto alle scale a priori.
Approfondire
—
J
• R. Bolletta, Autovalutazione
di istituto: strumenti, analisi, rappresentazioni, interpretazioni, in
G. Barzanò, S. Mosca, J. Scheerens (a cura di), L’autovalutazione
della scuola, Bruno Mondadori,
Milano 2000.
• R. Bolletta, Differenze di cultura organizzativa tra le scuole, in
J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta (a cura di), Valutare per gestire
la scuola. Governance, leadership e
qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano 2011.
chiunque giudica una realtà complessa come una scuola, chiunque, dovendo
scegliere dove allocare una nuova risorsa
per il miglioramento, propende per un
quadrante piuttosto che per un altro.
L’adozione di un approccio multidimensionale,e qui abbiamo citato solo due
dimensioni, porta a costruire profili non
riducibili a un solo punteggio. Nella figura 2 è riportato un esempio di restituzione
a una scuola di risultati di un questionario docenti sulla cultura identitaria del
proprio collegio docenti. Il radar riporta
le quattro caratteristiche evidenziate dal
modello di QR, e per ciascuna un punteggio espresso sotto forma di scarto rispetto
al valore medio delle scuole partecipanti
alla rete. In questo caso, la scuola (codice
315|1) indicata in azzurro è un po’ più
dinamica della media generale di rete
ma presenta uno scarto negativo nelle
relazioni umane. Ovviamente la lettura
del dato costituiva un lavoro interpretativo collegiale sia a livello di rete sia nella
scuola partecipante.
Capisco la difficoltà dei colleghi che
sono posti di fronte a questa nuova sfida,
e mi auguro che la colgano positivamente
riempiendola di vita nuova. È una buona
occasione per approfittare dell’esperienza delle scuole che in questi anni hanno
lavorato in rete sull’autovalutazione.
Raimondo Bolletta
Dottore di ricerca in Educazione, già
docente ricercatore presso l’INVALSI; è
stato Dirigente Scolastico. Ha collaborato a
ricerche valutative nazionali e internazionali
e a progetti di autovalutazione in reti locali
di scuole.
Scuola / Valutazione: un lungo percorso
come criterio di qualità il clima generale;
una scuola molto aperta verso l’esterno
e molto flessibile nella propria organizzazione interna può essere identificata
come un sistema aperto in cui il criterio
di valore fondamentale è la crescita; una
scuola aperta verso l’ambiente esterno
ma molto controllata è quella che risulta
centrata sui risultati degli obiettivi da
raggiungere e ha come criterio di valore
l’efficacia delle attività svolte; una scuola
molto controllata e molto chiusa è centrata sui propri processi interni e assume
come valori l’ordine e il controllo.
Ovviamente, chiunque può sostenere
che una scuola di qualità possiede tutte
queste caratteristiche in pari grado (si
troverebbe all’origine degli assi), efficace,
ordinata, gradevole, in espansione, ma
L’autovalutazione migliora
le competenze didattiche
L’esperienza virtuosa della rete di scuole AVIMES, raccontata dall’interno.
di Silvana Mosca
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
62
S
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
ullo sfondo del presente contributo c’è la prospettiva di una scuola operosa,
vivace, impegnata, ricca di idee e capace di sviluppare risorse e valori assai
vicini ai significati che Ambrogio Lorenzetti diede secoli or sono all’allegoria degli effetti del Buon Governo (fig. 1). Sarà possibile seguire il filo
rosso che, negli anni di pionierismo, molte realtà educative hanno saputo
rafforzare declinando efficacia, strutturazione, clima educativo e apertura
per una valutazione a supporto della qualità educativa? AVIMES accetta la sfida.
La rete AVIMES e la dialettica interno-esterno
—
L’acronimo AVIMES significa “Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola”. È una rete di cinquanta scuole che operano in Piemonte e in altre
regioni e collaborano per realizzare azioni di formazione, messa a punto e applicazione
di strumenti per rilevare dati, fare confronti, misurare, analizzare, interpretare, preparare materiali a supporto delle decisioni e dei conseguenti interventi di miglioramento.
La complessa dinamica fra valutazione interna e valutazione esterna è strutturale
ed è funzionale alla valutazione di scuola, di sistema, di classe. Si realizzano movimenti comparativi e interattivi in direzione verticale e orizzontale, in un intreccio plurale
di approcci multilivello. Molti sono gli attori implicati nelle situazioni, nelle relazioni
o nelle autoanalisi individuali e collettive: dirigente scolastico, insegnanti, studenti,
personale vario, genitori, esperti. La rete costituisce una palestra di interazioni nel
↑
Ambrogio
Lorenzetti,
Gli effetti del
Buon Governo in
città, sec. XIV,
Siena, Palazzo
Pubblico.
macro (Rete e INVALSI, ad esempio) e nel
micro (docenti di classi e scuole diverse),
dove interessi particolaristici o ansie
individuali sono più facilmente superabili, e dove i risultati positivi vanno a
vantaggio di molti.
Approccio all’autovalutazione
della scuola
—
Un primo approccio all’autovalutazione
della scuola può essere di tipo qualitativo,
basato sull’osservazione. Ci si può porre
domande preliminari: Perché autovalutarsi? Come farlo? Come programmare il percorso valutativo? Come organizzarsi? Abbiamo
competenze interne adeguate? Come utilizzare
le conclusioni autovalutative? (cfr. Barzanò,
Scheerens, 2000). Ma interrogarsi non basta: occorre riflettere sulla base di informazioni pertinenti, e reperire o produrre
nuovi dati sui vari indicatori presenti nel
modello autovalutativo scelto. Diventano
allora centrali le domande: Quali dati?,
Perché? Per quali scopi? Secondo AVIMES le
risposte sono innanzitutto insite nella
concezione della scuola come organizzazione
che apprende, la quale fa prioritariamente
ricorso ai propri dati e alle proprie risorse
finalizzandoli al miglioramento dell’apprendimento organizzativo, della qualità
delle relazioni umane e delle competenze
di tutti i suoi membri.
scuola
I dati, si dice comunemente, parlano da
soli; eppure fior di ricercatori s’impegnano non poco a interrogarli e a indagarne
ragioni, correlazioni e proiezioni verso il
domani. Nella scuola è necessario utilizzare i dati che provengono dall’esterno,
così come rilevare dati al proprio interno
per rendersi conto di come si sta lavorando o per rendere conto all’esterno.AVIMES
mette a disposizione strumenti, metodi e
supporti per compiere queste operazioni
con modalità rigorose, dando forza ai singoli e ai gruppi in modo che, di fronte a
eventuali valutazioni esterne, si conoscano le metodologie e se ne sappiano capire
e discutere consapevolmente gli esiti.
L’autoanalisi e l’autovalutazione della
scuola hanno come punto di attivazione
iniziale il dirigente scolastico. Vi è chi
attribuisce al capo di istituto il compito e
la responsabilità di valutare determinati
aspetti del funzionamento scolastico;
altri ritengono che le valutazioni siano
da compiere attraverso attori diversi.
AVIMES sostiene che il primo attore
chiamato a interrogarsi sia il dirigente
scolastico stesso.
Già nel 1999 (a seguito dell’attribuzione
dell’autonomia) fu predisposto uno strumento denominato Bilancio-Tempo, mediante il quale il dirigente descriveva le
proprie azioni nell’arco della giornata per
due settimane intere,scelte in due periodi
COORSE
Coordinamento Scuole Efficaci
scuola
scuola
MIUR-USR
INVALSI
Università
scuola (*)
La rete AVIMES
Esperti
Reti internazionali
VALINT e VALMAT
Progetto PETALL
Progetto JAPAN
Figura 2. Organigramma della Rete di scuole AVIMES (dal sito www. reteavimes.it).
(*) Tre o quattro insegnanti per ogni scuola, più il dirigente scolastico.
Gruppi di lavoro
ITALIANO
MATEMATICA
PERCEZIONI DI
ALLIEVI E GENITORI
CULTURA
ORGANIZZATIVA
LEADERSHIP, ecc.
63
TEMPO SETTIMANALE DEL DIRIGENTE SCOLASTICO
Attività
64
Marzo
Maggio
Media
Leadership educativa
23
22,7
22,9
Amministrazione
27,2
22,6
24,9
Organizzazione
27,7
25,5
26,6
Contatti con le famiglie
5,1
4,5
4,8
Sviluppo professionale del DS
13,3
20,9
17
Altro
3,7
3,8
3,8
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
Tabella 1. Alcuni dati percentuali di due settimane-campione, tratto da S. Mosca et al., 2000.
diversi dell’anno scolastico. Le attività venivano raggruppate in cinque categorie,
mutuando le voci OCSE di Education at a
glance,onde poter effettuare confronti con
linee di tendenza internazionali (tab. 1).
Autovalutazione della leadership
del dirigente scolastico
—
Dal confronto di ricerca internazionale
scaturisce, nel progetto europeo VALINT
(Valutazione interna in diversi contesti
socioculturali) coordinato da AVIMES,
un questionario originale di autovalutazione della leadership del dirigente
scolastico, basato sul concetto di leadership integrale, la quale comprende componenti sia educative sia amministrativo-gestionali. La leadership auspicata è
Quasi
mai
Qualche
volta
Spesso
Molto
spesso
Quasi
sempre
1
2
3
4
5
5. Facilita il consenso fra il personale
1,6
-
20,3
46,9
31,3
4,30
21. Fa emergere le differenze e cerca di comporle
1,6
3,1
31,3
42,2
21,9
3,99
28.Conduce discussioni aperte sulle differenze di opinione
3,1
4,7
18,8
51,6
20,3
4,10
29. Mostra interesse e impegno nelle relazioni
-
1,6
3,1
42,2
53,1
4,52
34. Trova soluzioni accettabili per le parti in conflitto
-
3,1
12,5
51,6
32,8
4,29
35. Mostra di avere a cuore il benessere del personale
-
1,6
7,8
39,1
51,6
4,46
36. Crea nella scuola un’atmosfera ordinata
-
4,7
17,2
42,2
35,9
4,60
COMPORTAMENTI DEL
DIRIGENTE SCOLASTICO
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
da un lato trasformazionale, dall’altro pedagogica: la prima favorisce l’attivazione
del miglioramento, la seconda si dedica
alle questioni che sono più direttamente
connesse agli apprendimenti relazionali
e cognitivi degli studenti.
Il questionario è articolato in trentasei
domande con una scala Likert a cinque
gradi. Si basa sul modello dei quattro quadranti di Quinn e Rohrbaugh e individua
otto possibili stili di leadership. È stato
validato in ambito europeo, ed è stato
applicato in diversi contesti nazionali
e in anni diversi. Lo strumento ha una
funzione di guida all’autoriflessione e
di strutturazione di discussioni fra pari,
da cui conseguono considerazioni e proposte basate su informazioni affidabili.
Si veda l’esempio di un estratto dei dati
Tabella 2. Da J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta, 2001.
Media
int.
relativi all’intensità di alcuni comportamenti connessi alla risoluzione dei conflitti (tab. 2).
Un modello per
l’autovalutazione dei docenti
—
Strumenti per l’autovalutazione
dell’efficacia dell’insegnamento
—
La teoria delle scuole efficaci è il nucleo
principale del modello di autovalutazione
della scuola applicato da AVIMES. I quattro blocchi che compongono la struttura
basilare della School Effectiveness (Contesto,
Risorse, Processi, Risultati) sono considerati in una configurazione dinamica secondo la teoria dei sistemi, che evidenzia
come dal blocco Risultati scaturisca una
freccia di retro¢azione che va al nesso tra
Risorse e Processi (fig. 3).
Com’è noto, i Processi sono le uniche variabili “manipolabili” per incidere sull’incremento e sulla qualità degli apprendimenti e degli esiti educativi. I dati di
risultato (esiti dei test, di prove oggettive,
di compiti di apprendimento, votazioni,
proiezioni ecc.) hanno la funzione di segnalare se e quanto i processi didattici e
organizzativi abbiano prodotto il cosid-
CONTESTO
PROCESSI
RISORSE
a livello di scuola
(es. leadership educativa)
RISULTATI
a livello di classe
(es. aspettative elevate
sul progresso degli alunni)
Figura 3. Sintesi dei principali risultati della ricerca sull’efficacia della scuola. Riduzione da J. Scheerens, 1989.
65
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
Sul medesimo modello concettuale di
Q&R è basato lo strumento VALINT-AVIMES per l’autovalutazione della cultura
organizzativa della scuola.
Com’è noto, ogni istituzione scolastica presenta più o meno esplicitamente
caratteri organizzativi e culturali particolari. La cultura latente influenza, a
volte più dei regolamenti e dei documenti
formali, i comportamenti e le azioni dei
singoli e degli organi collegiali. Al fine di
far emergere in modo positivo e proattivo
questi elementi di natura antropologico-culturale e psi“I processi sono le uniche
cologico-sociale, è
variabili “manipolabili” per stato ideato e validato l’Inventario
incidere sull’incremento
VALINT della cultue sulla qualità degli
ra organizzativa delapprendimenti e degli esiti la scuola (J. Scheeeducativi.„
rens, S. Mosca, R.
Bolletta, 2011). Lo
strumento è composto da parole-valori
quali comprensione reciproca, impegno, flessibilità, coerenza. Il termine valori, in questa
accezione, si riferisce alle caratteristiche
che vengono ritenute importanti e che i
membri della scuola considerano meritevoli di essere perseguite; a essi ispirano i
loro modi di operare in quanto profes-
sionisti educativi e organizzativi. I risultati delle applicazioni, rivolte agli interi
collegi docenti, danno luogo a tavole di
frequenze e a grafici radar di forte impatto
sui rispondenti. È disponibile una guida
alla lettura e all’interpretazione, affinché
temi così pregnanti possano costituire una risorsa utilizzabile nel passaggio
dall’autovalutazione al miglioramento.
Di interesse e utilità anche la lettura
incrociata con i dati derivati dal questionario sulla leadership rivolto al dirigente
scolastico.
D16.
Disegna con il righello, nello spazio quadrettato, una figura geometrica che ha tutte
queste caratteristiche:
1. ha quattro lati
2. i lati hanno la stessa misura
3. gli angoli non sono tutti uguali
RISULTATI DEL CAMPIONE AVIMES
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
66
Errata
Non risponde
48,9%
46,5%
4,6
Figura 4. Prova INVALSI SNV 2011-12. Protocolli autentici AVIMES.
Uno studente ha scritto: a sinistra «lati uguali», in alto a destra «angoli diversi», in basso «4 lati».
detto Valore aggiunto ai dati di partenza,
detratta l’influenza del background socio
culturale.
AVIMES approfondisce soprattutto
quest’ultima funzione, ed evidenzia in
proposito il ruolo del feedback come guida all’autoriflessione sui risultati e alla
successiva azione di programmazione
retroattiva.
Uno start essenziale è offerto dalla considerazione dell’errore come risorsa per
l’insegnamento e per l’apprendimento.
Si tratta di circoscrivere con metodo di
ricerca la zona di sviluppo prossimale
(Vygotskij, 1974) e di avviare l’autovalutazione come stimolo per far evolvere le
potenzialità dei singoli oppure dei gruppi.
I protocolli autentici degli studenti, compresi i fascicoli compilati delle prove INVALSI, sono una miniera di informazioni
in questa direzione.
Si vedano,ad esempio,alcuni particolari di compilazioni di una prova INVALSI
di matematica (fig. 4). Accanto al dato
Clima
Relazioni
fra attori
Ricerca-azione
Formazione
Leadership
Processi
Risultati
Cultura
organizzativa
Valutazione
diagnostica
Programmazione
retroattiva
Figura 5. La dinamica “valutazione-feedback, da S. Mosca, M. Perotti, 2011.
FEEDBACK
FEEDBACK
Ambiente
esterno
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Corretta
L’autovalutazione del clima
educativo e dei rapporti
con il territorio
—
Diversamente dai modelli di questionari
comunemente utilizzati per le rendicontazioni o per comprovare i punti di vista
incrociati di diversi attori, AVIMES utilizza
strumenti proattivi: il questionario STRESA
Io la penso così, rivolto agli studenti, e il questionario STRESA La percezione dei genitori,
rivolto alle famiglie (R. Bolletta et al., 2000).
Entrambi gli strumenti mirano principalmente ad attivare l’iniziativa dei due attori,
al fine di mobilitarne energie e motivazioni idonee a concorrere al miglioramento
dell’efficacia della scuola. A tal fine è stato
elaborato un rapporto dell’applicazione
decennale del questionario Io la penso così,
nel quale sono riportati, oltre ai valori di
riferimento generali, dati longitudinali e
indicazioni di interventi migliorativi degli
eventuali punti di debolezza individuati.
Vengono offerti, ad esempio, spunti di educazione alle competenze sociali diagnosticate con le domande della sezione Io la penso
così sui miei compagni, oppure vengono
fornite griglie per approfondire le ipotesi
interpretative (P. Maruca, 2014).
Analogamente, il questionario La percezione dei genitori individua nelle domande
sul come favorire l’apprendimento del figlio
Approfondire
—
J
• C. Argyris, D.A. Schonn, Theory in practice:
increasing professional effectiveness, Jossey-Bass,
San Francisco, 1974, trad. it. Apprendimento
organizzativo, teoria, metodo e pratiche, Guerini e
Associati, Milano 1998.
• F. Arzarello et al., Matematica: non è solo questione di testa. Strumenti per osservare i processi di
apprendimento in classe, Erickson, Trento 2011.
• G. Barzanò, S. Mosca, J.Scheerens, L’autovalutazione nella scuola. Teorie, strumenti, esempi,
Bruno Mondadori, Milano 2000.
• R. Bolletta, L. Ruggeri, Io la penso così: la
percezione degli alunni, in G. Barzanò, S. Mosca,
J.Scheerens cit.
• R. Bolletta et al., I genitori e la scuola, in
G. Barzanò, S. Mosca, J.Scheerens, cit.
• CERI-OCSE, Uno sguardo sull’educazione.
Gli indicatori internazionali dell’istruzione, Armando, Roma 1996.
• Gruppo Matematica AVIMES e G. Bolondi,
Prove oggettive e valutazione su il Numero, USR
Piemonte, Torino 2006.
• Gruppo Lingua AVIMES, Leggere per capire,
rielaborare, apprendere, USR Piemonte, Torino
2007.
• Gruppo Matematica AVIMES, Un laboratorio
per formare competenze, USR Piemonte, Torino
2008.
• Gruppo Matematica AVIMES e R.Zan, Porsi e
risolvere problemi, USR Piemonte, Torino 2011.
• P. Maruca (a cura di), Gli allievi valutano la
loro scuola, AVIMES, Torino 2014.
• G. Morgan, Images of organisation, Sage,
London 1986.
• S. Mosca et al., Il tempo del capo d’istituto, in
G. Barzanò, S. Mosca, J. Scheerens cit.
• S. Mosca, M. Perotti, Uno studio di caso di
autovalutazione nella scuola, in Scheerens et al. cit.
• J. Scheerens, Process Indicators of school
functioning, in «School Effectiveness and School
Improvement», I, n. 1, 1989.
• J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta (a cura di),
Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership
e qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano
2011.
• L.S.Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti, Firenze
1974, 1990.
67
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
desunto dalle tabelle pervenute dal sistema
circa le percentuali di risposte corrette, sono significativi le tipologie di errori, i tentativi di risposte, le autocorrezioni; da questi
il processo di insegnamento può avviare
una didattica migliorativa non generica,
funzionale a dare un autentico sostegno a
chi apprende.
La messa a punto di progettazioni didattiche e di materiali idonei all’autovalutazione e al conseguente miglioramento non
è peraltro un compito semplice. Per questo
motivo, la Rete pone in essere seminari,
gruppi di studio, sperimentazioni per lo
sviluppo professionale degli insegnanti e
dei dirigenti. Le iniziative sono incentrate
sui nodi critici individuati a seguito delle
analisi di risultati derivanti da una pluralità
di fonti connesse alle varie attività educativo-didattiche.
Si crea in tal modo una dinamica circolare fra valutazione, feedback e programmazione retroattiva (fig. 5). L’autovalutazione e
la valutazione si realizzano come in un film
e non già come una semplice giustapposizione di istantanee fotografiche.
←
Ambrogio
Lorenzetti,
Gli effetti del
Buon Governo in
campagna,
particolare,
sec. XIV,
Siena, Palazzo
Pubblico.
Scuola / L’autovalutazione migliora le competenze didattiche
68
a casa una delle aree di miglioramento
più promettenti, quando, in sessioni di
discussione per la restituzione dei risultati, si analizzano le motivazioni addotte
alle risposte meno soddisfacenti a livello
di classe o di istituto.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Sintesi autovalutative
—
Al fine di assegnare unitarietà e significatività alle operazioni autovalutative, le
misurazioni e le valutazioni diagnostiche
possono utilmente essere raccolte in una
sintesi coerente con i quadri di riferimento sopra esposti: AVIMES ha costruito un
Atlante dell’Autovalutazione strutturato
secondo il quadrante dei modelli organiz-
Approfondire
—
• www.reteavimes.it
• www.INVALSI.it
• www.istruzione.it/valutazione
• www.piemonte.istruzione.it
zativi e della qualità educativa di Quinn
e Rohrbaugh, che consente di cogliere in
un unico scenario le tensioni composite e
articolate tra interno ed esterno, da un lato,e flessibilità e controllo,dall’altro,quali
sono presenti nelle variegate aspirazioni
degli attori educativi e nei vincoli posti
dalle situazioni reali (cfr. il contributo
di R.Bolletta nel presente numero della rivista). Un modello organizzatore di
questo tipo può contribuire ad affrontare
con modalità di ricerca-azione il passaggio dal Rapporto di Autovalutazione alle
concrete prospettive del conseguente
progetto di miglioramento.
Silvana Mosca
è coordinatore pedagogico della rete
di scuole AVIMES e svolge attività di
formazione, valutazione e ricerca.
È stata docente in corsi universitari di
perfezionamento per dirigenti scolastici e
insegnanti e dirigente tecnico del MIUR;
ha coordinato numerosi progetti europei
su tematiche valutative, interculturali e di
didattica della matematica.
La buona valutazione
secondo i sindacati
La valutazione costituisce un fattore essenziale per
migliorare la realtà scolastica italiana. Ne sono convinti il
segretario di FLC CGIL Domenico Pantaleo e il segretario
di CISL Scuola Francesco Scrima, che però puntano il dito
contro il modello del governo Renzi.
69
Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati
Intervista a Domenico Pantaleo e Francesco Scrima
A cura di Manuela Iannotta
D: «La valutazione non è uno scopo, ma è uno strumento che serve a raggiungere uno scopo: migliorare e mettere a frutto il potenziale di ogni singola scuola».
Questa l’idea di valutazione di Stefania Giannini, il ministro dell’Istruzione del
governo Renzi. Un governo che considera la valutazione un tema prioritario
nella riorganizzazione del sistema educativo. Condividete questa visione del
ministro? La valutazione può effettivamente migliorare la scuola italiana?
Scrima: Già nel 2007 il Quaderno bianco del governo Prodi individuava in un efficace sistema di valutazione,denunciandone la mancanza,un fattore essenziale per migliorare
le performance delle nostre scuole. Il senso e lo scopo della valutazione sono quelli cui
si riferisce la ministra Giannini, ma l’approccio degli ultimi governi è stato del tutto diverso, piegato oltre misura verso una malintesa “meritocrazia” fatta di premi e castighi,
di sicuro impatto mediatico, ma molto lontana da quanto la stessa Giannini sostiene.
Un approccio prevalentemente classificatorio, che per la verità pervade anche buona
parte delle proposte di questo governo. Stanco così le cose, non ci si può stupire se nel
mondo della scuola i sentimenti più diffusi in tema di valutazione siano oggi l’ostilità
e la diffidenza; si è fatto veramente troppo poco perché le pratiche valutative possano
poggiare su un fondamento di larga condivisione da parte del corpo professionale. Da
Mohamed Saïd
Fellag come
professore in
Monsieur Lazhar,
2011, diretto
da Philippe
Falardeau.
↓
tempo indichiamo la valutazione come
assoluta priorità.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati
70
Pantaleo: La valutazione è un tema strategico nell’ambito delle politiche di sviluppo sociale,educativo ed economico del
Paese. Naturalmente deve essere rivolta
al miglioramento del sistema, perché
interessa la società e i cittadini; deve
avere una forza progettuale per essere
parte fondamentale del profilo formativo
e culturale della scuola. La valutazione
di sistema chiama in campo la coerenza
tra l’azione di ciascun soggetto istituzionale e la responsabilità che gli è socialmente attribuita; pertanto, limitare la
valutazione solo alle singole scuole senza
mettere in campo un sistema complesso
che riguarda anche i decisori politici, le
burocrazie ministeriali, i sistemi istituzionali locali e regionali è, secondo noi,
un approccio limitato. La valutazione ha
bisogno di alcuni riferimenti valoriali
che risiedono nei principi costituzionali
e nella intransigente difesa della scuola
pubblica. Il quadro di riferimento è rappresentato dal diritto all’apprendimento
di qualità garantito a tutti e dal principio
di uguaglianza sostanziale e formale sanciti dalla nostra Costituzione.
D: Che cosa pensate del modello di
valutazione del sistema di istruzione
che il governo ha messo in atto?
Scrima: In parte ho già risposto dicendo
che l’approccio classificatorio è ancora
troppo presente. Aggiungo, però, che le
frequenti giravolte di questo governo nel
definire le sue proposte per la scuola non
consentono facilmente di misurarsi con
ipotesi chiare e definite: si ha l’impressione di assistere a un particolare work in
progress dove ci si affida molto più spesso
all’improvvisazione che a una solida progettazione.
Pantaleo: Presenta molte criticità. Da
tempo denunciamo pubblicamente come
l’architettura complessiva del Sistema
nazionale di valutazione, delineata dal
regolamento DPR 80/13, non solo non
sembra finalizzata al miglioramento del
sistema educativo del nostro Paese, a partire dalla lotta alla dispersione scolastica,
ma appare anche scarsamente trasparente. Non a caso abbiamo impugnato sia il
regolamento DPR80/13 che la direttiva
triennale applicativa.
Tutto sembra ridursi alla necessità di
favorire una maggiore competizione e
classificazione di scuole. Occorre sempre
distinguere tra la valutazione di sistema, la valorizzazione professionale dei
singoli lavoratori e la valutazione degli
studenti, che è prerogativa della funzione docente. Prima vengono gli obiettivi
e poi il sistema di misurazione, ma in
realtà si procede
“Un buon sistema di
in termini esatvalutazione ha bisogno di
tamente opposti.
Vanno declinati e
partecipazione, ma fino
definiti prioritaad oggi abbiamo visto un
riamente i livelli
sistema calato dall’alto.„
essenziali delle
prestazioni (cosa che non è mai stata
fatta nel nostro Paese), i quali devono
essere garantiti dallo Stato su tutto il
territorio nazionale e devono essere improntati a standard di qualità. In realtà,
tutto l’impianto del sistema di valutazione è determinato dai test INVALSI,
che sono essenzialmente finalizzati a
misurare gli apprendimenti secondo la
vecchia logica per cui la scuola è semplice trasmissione di saperi, e non luogo di educazione alla cittadinanza, alla
democrazia e all’analisi dei mutamenti
della società con spirito critico e libero.
Sarebbe auspicabile fare una riflessione
seria sulla scientificità di questi test e
sul fatto che si rischia di indirizzare tutti
i processi di insegnamento/apprendimento alla buona riuscita dei test.
Negli Stati Uniti, ad esempio, si è aperta una discussione interessante sull’efficacia di queste prove nel garantire il
miglioramento degli apprendimenti. La
funzione dell’INVALSI non può essere
ridotta alla produzione dei test, ma deve
essere finalizzata a fornire ai decisori
politici quei dati che possono essere di
supporto alle politiche scolastiche.
Un buon sistema di valutazione ha bisogno di democrazia e partecipazione:
fino ad oggi abbiamo visto un sistema
calato dall’alto, non sono quasi mai stati
attivati processi partecipativi, non sono
stati messi in trasparenza gli indicatori e
sono state ignorate le tante buone pratiche
di autovalutazione e di rendicontazione
sociale. La valutazione di per sé non migliora la scuola,ma può rappresentare una
premessa indispensabile nel processo di
innovazione, che deve essere seguita, però,
da scelte orientate al superamento delle
criticità a partire dalle risorse che sono
state tagliate in questi anni.
D: Quali devono essere i criteri per
valutare le scuole?
Pantaleo: Devono essere articolati, complessi e interdipendenti tra loro.Un primo
criterio deve essere il contesto territoriale
in cui le scuole operano; un altro è rappresentato dalle condizioni che favoriscono
l’impegno di tutte le componenti della
comunità scolastica (dirigenti, ATA, docenti, studenti, famiglie) al miglioramento dell’offerta formativa e della qualità
didattica. Bisogna garantire risorse certe,
umane e finanziarie, valutare il loro impatto in termini di miglioramento della
qualità e analizza“Se le pratiche valutative
re con attenzione i
processi messi in
non sono seguite
atto nelle scuole
da un supporto alla
su curricolo, proriprogettazione didattica,
gettazione e valuperdono la loro utilità.„
tazione. Infine, gli
esiti dei risultati
scolastici degli studenti devono essere
prerogativa dei docenti e non delle prove
standardizzate dell’INVALSI.
D: Come può inserirsi l’autovalutazione delle scuole in questo processo di
miglioramento della realtà scolastica
italiana?
Scrima: L’autovalutazione è il necessario
punto di partenza di un processo che lo
stesso regolamento sul SNV individua in
termini corretti e condivisibili, nell’ottica
di una valutazione di sistema che ha come punto di approdo la rendicontazione
sociale. La valutazione esterna, comunque
indispensabile, deve incrociare necessariamente quella che ogni scuola conduce
su se stessa,perché soltanto così può essere
assunta come elemento di un proprio convinto e attivo processo di miglioramento.
D: Quanto conta la partecipazione degli studenti nella fase di valutazione
delle istituzioni scolastiche?
Scrima: È uno dei fattori di cui si può
tener conto, in analogia a quanto può
avvenire per altri pubblici servizi, in
un’ottica di customer satisfaction rispetto
alla quale non abbiamo pregiudizi di tipo
ideologico, purché si tenga ben presente
la distinzione tra l’espressione di un gradimento da parte dell’utenza e una valutazione competente su processi a elevata
complessità. Oltretutto stiamo parlando
di un’utenza (gli studenti) i cui personali
comportamenti sono una delle variabili,
sicuramente non secondaria, destinate a
incidere sui risultati da cui normalmente
si parte per una valutazione più complessiva. Quindi nessun rifiuto pregiudiziale,
ma grande attenzione alle modalità con
cui possono essere espresse le loro valutazioni, e al peso che devono avere.
Pantaleo: Deve contare. Bisogna sempre
sapere ascoltare i differenti punti di vista
degli studenti, mentre negli ultimi anni
la tendenza è stata quella di escluderli
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Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati
Scrima: Gli elementi di cui tener conto
sono fondamentalmente due: gli esiti che
si registrano in termini di risultati scolastici (ovviamente in un quadro ampio
di comparazione) e le condizioni di contesto in cui la scuola agisce. Dopodiché
non basta rilevare ciò che viene prodotto,
bisogna capire se i processi che la scuola
mette in atto siano adeguati e agire per
migliorarne l’efficacia. Se le pratiche valutative non sono seguite da interventi di
supporto alla “riprogettazione” dell’attività didattica, perdono gran parte del loro
senso e della loro utilità.
Pantaleo: L’autovalutazione dovrebbe
essere un sistema condiviso,sostenuto da
un patto tra tutti i soggetti coinvolti. L’efficacia di un sistema di autovalutazione si
fonda sul coinvolgimento attivo di tutte le
professionalità presenti nelle scuole, sulla valorizzazione e sull’esercizio responsabile del loro ruolo sociale. Non esiste
valutazione senza condivisione e costruzione partecipata degli strumenti. L’opacità del percorso intrapreso dal MIUR è
l’esatto contrario. Il Questionario Scuola,
che interviene su aspetti delicatissimi
che riguardano le scelte organizzative ed
educative delle autonomie scolastiche,
si presenta come un puro adempimento
burocratico.
Aspetto ancor più grave è la mancanza
di informazioni sulle finalità e modalità
di utilizzo dei dati ricavati dall’esterno e
dallo stesso questionario. Le scuole non
sono state nemmeno messe nelle condizioni di poter intervenire per implementare il questionario con ulteriori elementi
di approfondimento. Il MIUR deve mettere in trasparenza finalità e modalità di
utilizzo dell’elaborazione dei dati,che non
possono portare alla classificazione delle
scuole e alle conseguenti assegnazioni
di premi o di finanziamenti diversificati.
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati
72
dalle scelte. Il sapere degli studenti, i loro
linguaggi, gli strumenti del loro tempo, il
loro modo di intendere la vita e il lavoro
devono potere incidere sui processi formativi ed educativi. Occorre raccogliere
le loro idee non per valutare individualmente i docenti, ma per cambiare profondamente le modalità con le quali si
fanno le lezioni,i programmi,la didattica,
e con cui si costruiscono relazioni tra
docenti-studenti e famiglie, e tra essi e
il territorio. Una scuola che vuole aprirsi
al mondo non può essere nozionistica, e
alcune volte autoreferenziale.
D: La valutazione dei docenti è un altro tema caldo e dibattuto, anche per
i possibili aumenti stipendiali. Qual è
la vostra posizione in merito?
Scrima: È pressoché scontato che ogni
prestazione professionale, a maggior ragione quelle di forte impatto sulla persona e sui suoi diritti fondamentali (e
l’istruzione è certamente fra essi), sia oggetto di valutazione. Il problema è come
avviene la valutazione e quali effetti ne
conseguono. Siamo ben consapevoli che,
anche a parità formale di ruolo e funzioni del suo personale, un’organizzazione
complessa può aver bisogno di utilizzare
livelli di competenza, responsabilità e
impegno professionale particolari e diversificati, che sarebbe ingiusto negare o
ignorare. Non è dunque da escludersi che
una valutazione del lavoro nella scuola
possa avere riflessi anche in termini retributivi, ma a una precisa condizione: deve
trattarsi di un riconoscimento aggiuntivo rispetto a un trattamento standard che
oggi, per chi lavora nella scuola italiana,
è da tutti riconosciuto come inadeguato.
Ecco perché abbiamo chiesto e ottenuto
che si accantonasse l’idea di finanziare
il riconoscimento per merito attraverso
un abbassamento generale degli stipendi, che sarebbe avvenuto eliminando gli
scatti di anzianità. Ora che il governo
sembra orientato a rendere disponibili risorse aggiuntive, anche se di entità
modesta, si può tentare nella sede giusta,
quella contrattuale, la ripresa di un percorso di valorizzazione professionale nella direzione che già i contratti precedenti
e quello oggi vigente avevano indicato.
Pantaleo: Noi siamo contrari alla valutazione individuale dei docenti. Nelle
piattaforme contrattuali della FLC abbiamo indicato tre direttrici su cui costruire la valorizzazione professionale: il
lavoro d’aula, gli incarichi aggiuntivi e il
contesto. Intendiamo quindi costruire la
possibilità di una valorizzazione professionale che non sia mera classificazione
o competizione. Un nuovo contratto e il
rilancio della contrattazione sono allo
stesso tempo strumenti fondamentali di
valorizzazione professionale e strumento
di innovazione democratica. La qualità
del lavoro delle persone ha un’immediata
conseguenza sulla qualità del sistema
scolastico.
D: La scadenza per la compilazione
del Questionario Scuola (primo passo verso l’autovalutazione d’istituto) è stata prorogata di una settimana a causa delle difficoltà riscontrate
da alcuni istituti: primo segnale di
Da Monsieur
Lazhar, 2011,
diretto da
Philippe
Falardeau.
↓
→
Da Monsieur
Lazhar, 2011,
diretto da
Philippe
Falardeau.
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Scrima: A questo appuntamento importante e delicato siamo giunti nel modo
peggiore, a causa del clima negativo determinato da un modo assai discutibile di
affrontare le tematiche della valutazione
negli anni scorsi. Le tensioni si sono poi
accentuate negli ultimi mesi anche per
come,nel merito e nel metodo,le proposte
del governo sulla Buona scuola sono state
portate avanti. Si aggiunga una tempistica a dir poco compressa e l’assoluta
mancanza di opportune azioni di accompagnamento per un’innovazione la cui
importanza non si discute. Ancora una
volta le scuole sono state lasciate sole a
svolgere in fretta un lavoro che esige adeguato approfondimento per non ridursi a
mero adempimento burocratico.
Pantaleo: Anche noi abbiamo chiesto
che ci fosse una proroga a causa delle difficoltà riscontrate dagli istituti e, come già
detto, questa compilazione si è rivelata
una pura pratica burocratica.
per istruzione e formazione una vera strategia, invece di procedere per continue
improvvisazioni. Di aprirsi al confronto
e al dialogo con chi, come i sindacati e
le associazioni professionali, conosce e
rappresenta con responsabilità il mondo
della scuola, la competenza e la passione
di chi ci lavora, il cui protagonismo è
fattore essenziale di successo per ogni
processo di autentica innovazione.
Pantaleo: Vorremmo finalmente avere
un’occasione vera per dare il nostro contributo, invece si continua a procedere in
maniera autoritaria, come confermato
dal Piano scuola del governo. Per noi la
valutazione non è un aspetto tecnico e
neutro, ma riassume l’idea di scuola che
si intende affermare nei prossimi anni.
Noi vogliamo una scuola che educhi al
pensiero critico, un luogo che sviluppi
prima di tutto le relazioni umane, la civiltà e la democrazia.Occorre un dibattito
pubblico sugli obiettivi da raggiungere e
non l’imposizione dei soliti tecnocrati di
pensieri unici e di dogmi.
D: Che cosa chiedete al MIUR?
Domenico Pantaleo
Scrima: Di rendersi consapevole che l’autonomia delle scuole è cosa diversa dal
lasciare che esse agiscano in uno stato di
abbandono e senza risorse. Di prevedere
è segretario generale di FLC CGIL.
Francesco Scrima
è segretario generale di CISL Scuola.
Scuola / La buona valutazione secondo i sindacati
un iter difficile da attuare per le nostre scuole?
racconti di scuola
Leggere
Non è
educativo
Scuola / Leggere non è educativo
74
Pubblichiamo un brano tratto dal
recente Lettori si cresce, libro bello
e necessario sul come provare a
suscitare (e a non soffocare) l’amore
e il piacere per la lettura a scuola.
Ringraziamo l’autrice, Giusi Marchetta,
e la casa editrice Einaudi per la gentile
concessione.
di Giusi Marchetta
La ricerca / N. 8 Nuova Serie. Maggio 2015
U
na spada di Damocle pencola sulla testa dell’insegnante di italiano volenteroso mentre sceglie
la narrativa per la sua classe: il tema.
Il tema è quell’argomento che devi affrontare
attraverso la lettura di un romanzo che sia esaustivo e socialmente accettato. Per le nostre scuole i più gettonati sono
pressappoco gli stessi da vent’anni a questa parte: l’amicizia,
la droga, il disagio giovanile, il rispetto per l’ambiente, la
criminalità organizzata (preferibilmente la mafia,ma anche
la camorra negli ultimi tempi ha acquistato punti grazie al
successo di Saviano), il razzismo e l’antisemitismo. A questi
classici d’antan si aggiungono i temi caldi del momento:
bullismo, pericoli della rete e, meno spesso, il terrorismo.
Insomma, Polito, non facciamo che trasmetterti l’idea
di una letteratura buona, costantemente preoccupata di
informarti, educarti e sensibilizzarti ai problemi del mondo.
Non mi meraviglia quindi che tu associ i libri alla noia, alla
morale e alla scuola: è colpa nostra se sei abituato a cercare
tra le righe un insegnamento o un giudizio.
Sarebbe il caso di smetterla. Non solo perché questa sottile
forma di censura snatura un’arte che consiste proprio nel
mettere continuamente in discussione il mondo e i suoi
valori, ma anche perché se spogliamo la letteratura della sua
portata rivoluzionaria e la rendiamo innocua, le togliamo
tutto ciò che potrebbe suscitare l’interesse di chi dovrebbe
leggerla.
Certo, mi rendo conto che la violenza, il sesso e il turpiloquio presenti in certi romanzi rischierebbero di andare
incontro all’ostilità delle famiglie dei nostri alunni. La cro-
naca ci informa spessissimo di casi in cui la scuola è stata
bersaglio di attacchi feroci da parte dei genitori per la presenza nei libri proposti di elementi considerati scabrosi (e che
scabrosi non sono,come l’omosessualità o le nuove famiglie).
Mi dico che vale la pena tentare, magari attraverso un
compromesso.
Ad esempio, di un autore importante ma problematico,
come può̀ essere Bukowski, si potrebbero proporre le pagine
più scolasticamente accettabili, lasciando agli alunni più
colpiti e maturi la possibilità̀ di procurarsi da soli il resto che
non si è assaggiato in classe. (Cosa che, peraltro, la scuola fa
da sempre: si è mai letto tutto il Liber di Catullo?)
Se l’insegnante di italiano volenteroso selezionerà bene,
l’idea di letteratura che avranno i suoi alunni non sarà vincolata a una correttezza scolastica e benpensante, percepita
come moralista e di fatto noiosa. O peggio, associata a qualcosa che spiega o, orrore, dà un ordine al mondo.
Questo non significa rifiutarsi di trattare il tema. Ci sono
libri meravigliosi che affrontano la violenza tra ragazzi, la
criminalità organizzata o l’Olocausto. La mia incrollabile
fiducia nella letteratura mi porta a credere che si sia scritto
di qualunque argomento senza retorica, né un intento didascalico o moralista.
Sulla mafia,ad esempio,non ho mai dovuto sorbirmi niente di educativo, ma non credo dimenticherò mai una pagina
de Il giorno della civetta letta a scuola.
Una sparatoria in piazza, una cosa veloce, conclusa con un
morto a terra e tutti i presenti che scappano.Tranne il venditore di panelle. Interrogato dal maresciallo che, spazientito,
gli chiede se ha visto chi ha sparato. «Perché?» risponde.
«Hanno sparato?».
Giusi Marchetta
nata a Milano nel 1982, è cresciuta a Caserta, poi si è trasferita
a Napoli. Oggi vive a Torino, dove è insegnante. Per Terre di
Mezzo ha pubblicato le raccolte di racconti Dai un bacio a chi vuoi
tu (2008), con la quale ha vinto il Premio Calvino, e Napoli ore 11
(2010). Il suo primo romanzo, L’iguana non vuole, è stato pubblicato
nel 2011 da Rizzoli. Nel 2015 è uscito, per Einaudi, Lettori si cresce.
Qdr
Didattica e letteratura
Una nuova collana scientifica destinata a scuola e università, diretta da Natascia Tonelli
e Simone Giusti. Per riflettere su metodi e strumenti idonei a valorizzare il ruolo degli
studi letterari, della scrittura, della lettura e dell’interpretazione delle opere.
Comitato scientifico
Remo Ceserani (Università di Bologna)
Paolo Giovannetti (IULM)
Pasquale Guaragnella
(Università degli Studi di Bari)
Marielle Macé (CRAL Parigi)
Francisco Rico
(Universitad Autònoma Barcelona)
Francesco Stella
(Università degli Studi di Siena)
Piano editoriale 2014-2015
J.M. Schaeffer, Piccola ecologia degli
studi letterari. Come e perché studiare
la letteratura?
. Ruozzi, Raccontare la scuola.
C
Testi, autori e forme del secondo Novecento
Le competenze dell’italiano.
Strategie di insegnamento e di valutazione,
a cura di N. Tonelli
ISSN 2385-0914
Per la scuola
e per l'università
I Quaderni della Ricerca sono online
www.laricerca.loescher.it
Per le copie cartacee rivolgersi in libreria o all’agente di zona www.loescher.it/agenzie
la ricerca online
Rivista e contenitore per dire, fare, condividere cultura
La ricerca si affaccia alla rete con una finestra online: il sito nasce per ampliare le prospettive,
arricchire il dibattito, captare e rilanciare nuovi argomenti, nuovi discorsi. In contatto diretto e
quotidiano scambio con i suoi lettori.
Il sito contiene gli articoli scritti per La ricerca cartacea e il pdf scaricabile, un aggiornamento
quotidiano di notizie su attualità, istruzione, cultura, la sezione Scritto da voi, un’area dedicata
alle normative riguardanti l’istruzione, e tutti i Quaderni della Ricerca.
www.laricerca.loescher.it
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